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BODLEIAN LIBRARY
OXFORD
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DEI PIÙ INSIGNI
DOMENICANI
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z^;a ^'V^^]^.z7^,7.,fi^:i' ija p:isa
ÒitcnjOju/Jb, eàu'.
Bf/Cae.7 7
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MEMORIE
DEI PIÙ INSIGNI
PITTORI, S€IILTOBI E ARCHITETTI
CON AGGItNTA DI ALCDRI SOtlTTI IirTORNO LE BBUE ASTI
DEL P. L. VINC. MARCHESE
DBLLO STESSO ISTITUTO
fOLlilE PBIIO
FIRENZE
PRESSO ALCIDE PARENTI
1845
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A SUA ALTEZZA REALE
LA PRINCIPESSA.
MARIA TERESA
DI SAlDiailA
DUCHESSA DI LUCCA EC. EC.
/^a^ cod4 /od/a e^^/ /a dot/g cU c^iJiai'-
/enéie au Oécuhe m c:iiec/<ixiSu\ cne ^acaue
ó^i/e^a uod/ta^ €:^eéC4occAe ^n< eia Jauetz/s
t/a ^me/ca^jUa/e^' naiia/oL cc^ aaan/aA^s/t^a
àa/uci/uaine c/<d/aa<aj/e 4h, oan/ /e^r^a atii-
/uie e ^ia/eaaete /e nod/ia oA//iiiwè. ^yt^/Zoi c/a
tneit/awt cet/acmen/s c/a ^a/ ^ A/u ^neta aéa-
/i^/eaZ/ne/ fna detnAie cAe ^ Aenda cafne /lei ^
c/ad/ie /ndion/ ii/i/u e/ ijtenao^a i<i^^av€t// /^
eMfnA/ (u Oiic/ta dan/4/d<r/ta céui^^f/te^a c^e
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€teJceid< /tù^Àa Atii 4ieida cU C/a4< /tìàkuaeua
den/<me'n/i\ aia idea o^eUliu' ^ ^éeden/€\ym?e''
d /€€(/< cne /urtane 4'n/ei'?n</a jna^ ^n< canden-
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FK. VINCENZO MARCHESE
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PREFAZIONE
ia stona delle Belle Arti^ considerate sotto la in-
fluenza del Cristianesimo, può partirsi quasi in due
grandi epoche; la prima delle quali a cominciai*e dal YI
secolo si conduce fino a tutto il XII; che è a dire quel
lungo trattoci tempo che fu detto il sonno del genere
umano: la seconda salutati i prìncipii del XIII secolo
si protrae fin presso la metà del XYI. In quella è lode
bellissima della religione aver salvato le arti insieme
colle scienze e colle lettere dalle barbarìclie devasta-
zioni^ mantenendo le tradizioni sacre primitive^ anzi-
ché curando la forma; in questa averle portate a quella
eccellenza di forma e di concetto che raggiunsero ed
in parte perdettero nel secolo di Leone X. In ambedue
fu merito egregio averle inalzate alla dignità dei morali
concepimenti, e fatte educatrici del popolo. Percioc-
ché presso i greci ed i romani era ufiìcio delle arti far
diletto ai sensi con il bello della natura; ma il Cristia-
nesimo più che a quella dilettazione mirò sempre a
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G PREFAZIONE
perfezionare il cuore e la mente con T opera delle me-
desime. Né già osiamo asserire che di molta importan-
za non sia la storia delle arti considerate nelle Cata-
combe romane, o sotto r impero dei greci in Costan-
tinopoli; come eziandio non neghiamo esserlo per
molti capi nei secoli posteriori al XYI; ma diciamo
soltanto che la influenza della religione nelle arti, e
r azione dvUe arti su i popoli non fu così meraviglio-
sa, né così universalmente sentita come nelle due
epoche sopraccitate. E invero chi mai non ammira la
sublime origine dell' arte cristiana muovere il primo
passo fra lo squallore dei sepolcri; sparger di fiorì le
urne dei martiri; seguitare la religione fra le scurì ed
i carnefici) incuorare i fedeli al martirio, e tramandarne
i nomi e le gesta alla più tarda posterità? Ciò nonper-
tanto comecché santa, pure tenuta a celarsi come il pen-
siero del colpevole , sotto simboli misteriosi ed oscuri
non le fu dato crescere e sviluppare l' interna sua vi*
ta. Più misera sorte ebbero le arti presso de' greci in
Costantinopoli. Perciocché dopo breve e inonorata
esistenza, dal bestiai furore di Leone Isaurico e di Co^
stantinoCopronimo sbandeggiate, si ricoverarono sulla
terra ospitale del Lazio. Storia terribile é questa nella
quale veggonsi i cultori delle arti difendere il dogma
cattolico a prezzo della vita, e cingersi della corona
dei niartiri. Tanto nelle Catacombe avevano appreso a
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PREFAZIONE T
soffrire; tanto e sì profondamente l' arte sentiva la re-
ligione! E questa lotta con gli Iconoclasti meriterebbe
esser meglio studiata e descritta^ perchè ridondante
di grandi e pietosi fatti ^ e perchè quella eresia non fu
solo un attentato contro k fede del Cristianesimo^ ma
contro la civiltà e la ^rìa delle nazioni. Fu un cru-
dele dispogliamento di quanto l'uomo ha più caro^ del
modo cioè di rivelare all' altr' uomo i suoi affetti^ le
sue gioie ^ i suoi dolori^ le sue speranze^ ufficio clie
le arti dividono con la poesia e la eloquenza (1).
Sul declinare del secolo XVI e nel seguente dalla
dominazione straniera l' Italia guasta ^ snerva^^ vio-
lato dalle laidezze delle coiti ii pubblico pudore^ e
r esanpio di ógni bruttura dai superiori agli inferiori
gradi scendendo^ «ninuita la fede nei popoli per ope-
ra delle rdigiose riforme; le arti non bastando a fer-
mare tanta rovina^ lasciatesi andare a seconda di quella
corrente che seco tutta travolgeva la società^ caddero
nelle più oscene strane^ze^ e perduto ogni gentil sen-
timento^ si fecero ministre alle libidini dei potenti,
alle lascivie de^jl artisti^ servirono ad accrescere le
(1) ffel conciliabolo teautoti a Costaatinopoli per ordine dell' Impe-
ratore Coatantino Copronimo l'anno 754 non solo venne proscriUo il culto
delle sacre immagini come invenzione diabolica f ma fu eziandio dichia^
rata illecita V torte della pittura, V.ConciL tom. VII. p. 254.
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8 PREFAZIONE
nostre vergogne^ e a perpetuare la storia delle nostre
viltà.
Ma nei tempi di mezzo le arti assunsero veramen-
te un^ ìndole sublime ed un nobilissimo magistero.
Perciocché quando muta era la eloquenza^ smarrita la
filosofia^ crudele il diritto^ e la (avella stessa ispida e
dissonante^ le arti associate alla Religione^ impresero
l'alto ufficio di ammansire tanti popoli feroci ^ e delle
diverse schiatte dei barbari formare una sola e con-
corde famiglia. Per siffatta guisa l'artista può dirsi
Voratore, il vate, il filosofo, lo storico del medio evo;
ed in quel lungo periodo di tempo nel quale non è
dato che numerare i patimenti spietati degli oppressi,
e la barbarie degli oppressori ; ove non si trova la virtù
che per vederla infelice; né si rinviene il sapere che
pauroso e nei chiostri, le arti ci si porgono belle di ci-
viltà e di perfezionamento , e sembra loro affidato il
ministero di consolare l' umanità ne' suoi lunghi do-
lori. Epoca non pertanto così malnota e calunniata
nella storia delle arti che appena è che alcuno la de-
gni di un guardo; così che se taluni presero a scrivere
dello stato delle medesime nei bassi tempi, ciò fu per
deplorarne lo scadimento , e per intuonare su loro un
funebre inno^ senza punto avvedersi che quelle ceneri
palpitavano ancora di un caldo affetto, e sotto le roz-
ze forme era la vita che rigogliosa e soprabbondanle
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PREFAZIONE 9
^veva ili breve rivelarsi nelle scuole di Niccola pisano
e di Giotto. Vero è che per conto della pittura e della
scultura que' secoli^ in ciò che concerne la forma^ non
consolano gli studiosi dell'arte^ tuttoché nella minia-
tura e nel musaico anche per questo non vadan privi di
qualche lode. Ma nelF architettura sacra ci sembrano
così grandi da reggere al paragone con le età successi-
ve. Imperciocché se la classica euritmia de' greci e dei
romani era la più acconcia alla elegante e voluttuosa
religione dei gentili^ l'architettura detta gotica impro-
priamente^ è forse quella che meglio si addice al tem-
pio cristiano^ perché meglio sublima il pensiero^ me-
glio invita a quel profondo raccoglimento e a quelle
gravi meditazioni chela cattolica religione vuole da'
suoi adoratori. La qual cosa parve vera eziandio al
Muratori^ il quale osò asserire che i moderni pote-
rono veramente aggiungervi ordine ed eleganza, ma
nella maestà e solidità non soprastare agli antichi (1).
E Leon Battista Alberti per i cui precetti ed esem-
pi gli ordini dell' architettura greca e romana furono
novellamente posti in onore, confessò non pertanto
che r arte nei bassi tempi meglio trionfava nelle chie-
se cristiane: senza chela origine di quelle basiliche
(1) Oc Artibus Italicorum pott deciìnalionem Romani Imperii. Disseit,
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10 PREFAZIONE
è strettamente legata a molti avvenimenti civili e re-
ligiosi di quel tempo; e l'attento osservatore non vi
ravvisa soltanto delle pietre collocate e disposte con
maggiore o minore ordine e proporzione^ ma vi legge
mia pagina eloquente della storia; perciocckè meglio
che daUe rozze cronache e dagl' inspidi carmi dei Tro-
vatori^ il medio evo si rivela in que' monumenti; es-
sendo^ come ben disse Tommaseo^ l'architettura^ più
che ogni altr'arte^ significativa della vita pubblica (1).
E invero a quella vista ci tornano in mente e le Tre-
gue di Dio^ e le Crociate^ e il Feudalismo, e la Caval-
leria, con le virtù, i delitti, le poche gioie e le molte
sventure di que' tempi: e còme le loro volte risuonas-
sero per il corso di tanti secoli del canto e dei gemiti
de* padri nostri , i quali in quella tremenda lotta veni-
vano appiè degli altari onde chieder forza a soffrire e
a sperare, nella sola religione trovando uno schermo
alle violenze dei potenti, una guarentigia dei propri
diritti, ed un conforto ai mali della vita. L'artista
nell'innalzare un tempio all'Altissimo sentiva elevarsi
sopra tutte le convenzioni dell' arte > e non pensava che
a soddisfare ai bisogni civili e religiosi dell'età sua. E
come in quei secoli di rusticana semplicità erano nella
vita privata abborrenti da, ogni maniera di lusso,
(1) Nuovi scritti di N, Tomnuuto, voi. 2 parte 3 ptg. 317.
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PREFAZIONE li
volevano non pertanto che il . tempio di Dìo facesse
prova del loro ingegno^ deUa loro fede^ della rìcòhezza
e prosperità della patria. Nobilitata per sifl&rt^ta guisa
Tarte^ egli è facile intendere il perchè ci occórra ve*
derla sì di frequente nella storia di quei tempi profes-
sata non pure dall' uno e dall' altro clero , ma dai ve-
scovi stessi, ed è pur fìicile render ragione di quel sacro
entusiasmo che muoveva i popoli uell' innalzare ^i edi-
fia consacrati al culto divino^ quasi tutti gsireggiassero
in onorare quella religione, che era tanta materia alle
costumanze del popolo , e teneva gran parte di pubbli-
ca felicita. Cosi, a cagion di esempio, fabbricandosi dai
Benedittini la loro chiesa di 9. Pietro in Dive, il mona-
co Aimone con queste parole ne dava contezza a suoi
religiosi dell'abbazia di Tuttebery nell'Inghilterra.
« Ella è certamente cosa maravigliosa vedere uomini
potenti e superbi della loro nascita e delle loro ric-
chezze, attaccarsi ad un carro *con de' tiranti, e car-
r^giare pietre, calce, legna, e tutti i materiali neces-
sari alla costruzione del sacro edifizio. Tal fiata miUe
persone uomini e donne traggono uno stesso carro, sì
grande ne k il peso; e non pertanto vi regna il più
profondo silenzio. Quando si fermano tra via non si
ode che il racconto de' propri peccati, de' quali fassi
pubblica confessione con preghiere e con lagrime. Al-
lora i sacerdoti si adoperano a persuadere il perdono
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12 PREFAZIONB
delle offese^ la satìs&sione dei debiti ^ ec. ec , e se tro-
vasi alcuno ostinato sitìfattaniente phe rifiuti sottc^r-
si a queste pie esortazioni^ ei viene discacciato dal
santo consorzio » (ann. 861 ) (1). Ma servigi molto
maggiori rendeva tal fiata la pittura. Nel IX secolo Bo-
gori re de' Bulgari avendo richiesto il monaco Metodio
di alcun dipinto , l'artista effigiogli un giudizio finale
si pauroso e tremendo^ che quel barbaro principe ,
uditane dal solitario la dichiarazione, abbracciò tosto
il Cristianesimo, e con esso lo abbracciarono pure
tutti i suoi sudditi (2). Or quelle arti le quali valevano
produrre eifetti sì straordinari sulla mente e sul cuo-
re dei popoli, sembra non meritassero essere cosi su-
perficialmente considerate dagli storici come fino al
presente si è fatto. Dappoiché in quella età tennero
luogo della eloquenza e (fella filosofia, e quanto queste
operarono il bene della società; ricordandoci tutte le
antiche memorie, come a sopperire alla ignoranza del
volgo, non trovassero modo più acconcio, che rendere
quasi direi sensibili le principali verità della morale e
(1) Caomokt, Histoìre sommaire de V Architecture reltgieuse , militai''
re et civile au Moneti Age , eh. Vili pag." 176.
(2) D* Agircourt, Storia delVArte dimostrata coi monumenti , voi. 1.*
cap. XVIII pag. 264 in noia.
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PREFAZIONE la
della religione^ e porle loro innanzi col ministero
della pittiu^e della scultura (1).
Del rimanente ninno confidi darci una storia com-
pleta delle arti nei tempi di mezzo ^ senza studiare
quelle meravigliose instituzioni mona^tche^ che tanti
e sì grandi servigi resero alla società. GiHiciosiachè, i
monaci non furono soltanto i più versati nelle scienze
e nelle lettere ne' secoli ricordati^ ma eziandio i più
periti nel dipingere^ nello scolpire^ nell' architettare:
e dopo insegnata la legge del perdono ai feroci conqui-
statori^ lottato contro l'orgoglio dei potenti^ e &tta sen-
tire la parola evangelica fra le barbare leggi fendali ^ si
accingevano ad innalzar ponti^ ad arginar fiumi^ e co-
struire magnifiche cattedrali ed abbazie^ alcune delle
quali rimangono tuttora per ricordare ai posteri il loro
genio moltiforme^ come i loro benefizi. E & di me-
stieri dirlo; uè il patrocinio di Carlo Magno^ né quello
di Teodelinda^ di Teodorico^ e di alcuni Pcmtefici sa-
rebbero bastati a salvare le arti da tanta rovina , ove i
(1) S. GiECOB. Epist. 105 lib. IX « ìdcirco pictura in eeclesiis adhi~
betur, ut qui Htteraa nesdunt , taltem in parietibus legant quae legere
in cotUdòus non vtdenL » — E oe^i «tatati dei pittori «anesi del 1355,
si legge * « Noi siamo per la grafia di Dio manijeslalori agli uomini
grossi ch€ non sanno lettera, delle cose miracolose, operate per virtù,
ed in virtù della santa fede, e e. ec » Gati , Carteggio Inedito , e Archivio
delle Biformagioni ec voi. 1.®
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14 PREFAZIONE
monaci non le avessero con amore grandissimo^ pro-
tette e coltivate per il corso di tanti secoli. Essi accol-
sero le tradizioni sacre loro affidate dai bizantini^ e le
trasmisero all'età successive^ improntandole di quel-
la affetto e di quella melanconia che vi traluce a mal-
grado delle rozze forme che le rivestono^ e col profes^
sarle nobilitarono le arti dispregiate dai rozzi conqui-
statori. È pertanto grandemente a dolersi, che ninno
ci aU)ia fino al presente date le notizie degli artisti
Benedettini, e sottratti all'oblio tanti nomi degni di
bella fama; e questo nuovo servigio, me^o che dagli
altri, si attende al presente dai monaci stes^ , i quali
con la diligente ricerca dei loro archivi, e di quanto è
sopravanzato alla più clic vandalica dispersione degli
ultimi avvenimenti, potreU>ero forse darci ancora una
storia delle arti nei tempi di mezzo, sotto la influenza
del monachismo, di molta importanza. Glii mai ipiora
che nei monasteri di s. Gallo nella Svizzera, di Monte
Casino in Italia, di Solognac presso limoges in Fran-
cia, di Dune nelle Fiandre, ed in altri altrove, eranvi
fiorenti scuole di belle arti, alimentate e dirette da
que' solitari? che il primo trattato elementare della ori-
ficeria e della pittura italiana che si conosca, è dovuto
a Teofilo monaco del secolo XII; e che eziandio nei
secoli posteriori quando le arti risorgevano a nuova
gloria, i Camaldolensi nella pittura, gli Olivetani nelle
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PREFAZIONE 15
tarsie^ i Cassinesi nella miniatura^ e nella pittura dei ve-
tri noverano una eletta schiera di artisti? Con ciò si
chiarirebbe^ i monaci avere inteso veramente a provve-
dere in ogni tempo a tutti i bisogni intellettuali e mo-
rali della società.
Ma facendoci alquanto più distesamente a ragiona-
re dell'epoca seconda^ che s'intitola del Risorgimento ,
qui veramente la influenza della religione nelle arti^
come sopra tutta la società^ è maggiore di ogni concet-
to. £ invero fino dal secolo XH si era andato operando
cosi fatto movimento ch^ ben dava a conoscere a qual
felice termine sarebbe riuscito nei secoli avvenire. Im-
perciocché quando per le crociate e per la cavalleria
furono alquanto più addolciti i costumi^ ed allargato il
redimento civile dei popoli^ allora si fu messa in tutti
un'ardenza grandissima di più nobile e beato vivere^ e
parve gli uomini sentissero onta di quella ignoranza^
e indignazione di quella setvitù^ in cui erano giaciuti
per sì lunghi anni; e cercassero rannodare tutti i vin-
coli sociali che l' egoismo feudale aveVa^ non pure ral-
lentati^ ma infranti^ sacrificando alle passioni di pochi
i diritti e la felicità dell'intiero popolo^ e dapprima
stringendosi insieme nei municip), poscia nelle confe-
derazioni commerciali^ politiche e religiose; e dando nel
tempo stesso opera allo studio del diritto romano^ che
venne sapientemente sostituito alle leggi longobardiche^
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16 PREFAZIONE
per le quali la forza teneva il luogo della ragione.
Le due celebri università di Bologna e di Parigi creb-^
bero il fervore dei buoni studi j e le arti seguitando
quel movimento si elevarono a maggior nobijità di for-
ma e di concetto. La poesia vagiva con i Trovatori, ma
andava preparando il grande Allighierì; e la pittura
associandosi ai vati, non diede Giotto se non quando
Dante ebbe preso a cantare i tre regni della seconda
vita. E questo movimento in prò delle scienze e delle
arti sembrerà a tutta ragione meraviglioso considerata
la natura torbida dei tempi che allora correvano. Men«
tre U Italiani minacciati di servitù dalla casa di Svevia,
lacerati fra loro da guerre cittadine, pure non dimet-
tevano V animo generoso , che in quel tremendo con-
flitto sembrava crescer di vigore e di audacia. Lo stesso
vuol dirsi dei romani Pojitefici , i quali furono parte
principalissima del rinnovamento degli studi e delle
arti appunto quando più ferveva la lotta con l' impero
germanico, che tentava condurre la romana chiesa alla
misera ed abbietta condizione in cui cadde l'emula
sede in Costantinopoli. Per la qual cosa eternai gratitu-
dine debbono tutti i buoni italiani alla memoria , non
solo di Gregorio VII, e di Alessandro III, ma a quella
eziandio dei due Innocenzi III, e IV perchè ove V iniquo
disegno avesse avuto felice risultamento, spenta era la
gloria nostra, smarrite le scienze, le lettere e le arti, e
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PREFAZIONE 17
forse noi saremmo rimasti barbari^ come i greci rima-
sero. Del resto a ben comprendere la influenza della
religione nelle arti in quest'epoca secojida, meglio clie
nella storia è dato contemplarlo negli stupendi monu-
menti sacri di questa età, i quali per la copia e per la
bellezza vincono quelli dei secoli precedenti e dei poste-
riori* Dappoiché se nell' XI e nel XII si viddero sorgere
s. Marco di Venezia, la cattedrale di Pisa e in parte
quella di Siena, e riedificarsi monte ^Casino ec. ; il XIII ne
novera troppe più, non 8(do in Italia, ma nella Fran-
cia, nell' Alemagna, nell'Inghilterra e nel Belgio (1).E
questo universale fervore dei popoli per le arti, e que-
sto patrocinio delle arti per parte della religione , creava
per COSI dire e moltiplicava gli artisti. Allora apparve
quel raro ingegno di Niccola pisano, che la scultura
italiana saluta col nome di restauratore dell'arte, e che
nei discepoli Giovanni pisano ed Arnolfo perpetuò
quella scuola nobilissima, e fecondissima di grandi
(1) In Italia la basilica di a. Francesco di Assini é del 1228. Il duomo
di Firense del 1298. Quello di Orvieto del 1290. S. Antonio in Padova
del 1231. n Campo Santo di Pisa del 1278. S. Maria Novelb in Firenze
è dd 1279. S. Croce del 1294, e di questo aecolo tono, a. do. e Paolo,
la chiesa dei Frari in Venezia. Fuori d'Italia, le cattedrali di Colonia^ di
Beau vaia, di Chartres, di Reims, di Amiens, di BrujLelles, di Dunes,
di JoA, di Salisbury, di V^enstminster, di Burgos, di Toledo, ec. ec
sono latte appartenenti alla prima metà del secolo XIII.
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18 PREFAZIONE
scultori^ che doyea poi splendere dei nomi di Dona-
teUo^ dd Ghiberti, e di Michelangiolo Buonarroti. Ar-
nolfo preparò l'aringo al Brunellesco e a Leon Battista
Alberti; e Gimabue andava educando quel Giotto di Bo-
done^ che ebbe la gloria di aver prodotta una delle più
copiose e delle più elette scuole d'Italia. Giammai l'arte
cristiana^ dal momento in cui segnò timida e inosservata
sulle pareti delle catacombe e sopra le urne dei martiri
i primi simboli della sua fede^ed eran decorsi ben dodici
secoli y non vide giorni più belli di questi. Giammai tro-
vò tanta corrispondenza d' affetto e d' intelligenza nella
mente e nel cuore degli artisti; e allora spiegando tutta
la sua potenza e tutta la sua fecondità^ diede a cono-
scere che possedeva un tipo del bello il quale avrebbe
in breve emulate le greche e le romane forme^ e supe-
rati gli antichi per il sentimento sublime della virtù.
Fu già osservato nell'epoca prima con^e le arti
trovassero nelle instituzìoni monastiche dei primi se-
coli del medio evo , non pure patrocinio ed amore , ma
anche i maggiori ed i più valenti loro cultori; tutto-
ché per le ingiurie de' tempi molte loro produzioni
più non rimangano^ ed i nomi stessi ne siano obliati.
Il medesimo avvenne agli ordini religiosi insti tui ti nel
secolo XIII, i quali, nati appunto quando più ferveva
quel movimento progressivo della società, si ppserQ
tutti in secondarlo animosamente. E chi studiò l' indole
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PREFAZIONE 19
e la natala di quel secolo avrà potuto scorgere di leg*
gieri^ come gli istituti dei Minori e dei Predicatori
ne portino impressi i lineamenti, e siano, qua^i direi,
una emanazione del religioso entusiasmo che lo agi^
taVa. Quindi Y ardore e la costanza con cui si adopera^
rono a spegnere le discordie cittadine che per sì lun-
ghi anni e con A atroci fatti funestarono V Italia. E
quando fu necessità seguitare l'una delle due sette poli-
tiche, la Guelfa vo' dire o la Ghibellina, non stettero
mai in forse a favorire le parti del Pontefice e la inde-
pendenza italiana, non atterriti, non vinti dalle male
arti e dalle persecuzioni ddl' Imperatore Federico II, del
tiranno Eccellino, e di Lodovico di Baviera. £ quando
aU>isognò predicare la crociata; essi si posero in capo
a^^i eserciti; e quando gli oltramontani infettarono le
nostre contrade della sconcia eresia de' manichei, ne*
mica delle arti e ddla civiltà, non che della religione,
essi a purgarla di quella maledizione: e quando l'età
chiese diffusione di lumi e più umane e gentili dottri-
ne, essi allora diedero s. Tommaso, Alberto magno,
Bacone, s. Bonaventura ec. In breve, come il monachi-
smo nato fra il dolore e le lagrime dei popoli ndle
irruzioni barbariche ebbe per ufficio cessare quei mah,
e preparare la società a suoi futuri destini, così al
monachismo di estimazione e di forza morale scaduto,
sottentrarono gli Ordini del terzo decimo secolo, i quaU
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2a PREFAZIONE
nati nel più gran movimento della società, che cercava
ricomporsi su nuove e più solide basi, dovettero essi
pure prender parte in quella tremenda lotta della forza
e del diritto. E ciò che stimiamo servigio degno di
etema gratitudine, è Taver eglino contribuito a me^io
coUegare le discordanti classi della società, ponendosi fra
il pòpolo e la nobiltà quasi centro di unione. Del resto
quanto essi operarono in prò delle arti farà fors* anco
meglio conoscere l'indole loro; imperciocché all'amore
ed al patrocinio che alle medesime professarono. Vita*
lia va debitrice di gran parte de' capi lavori de' quali si
tiene meritamente onorata. E invero a chi brama co-
noscere la natura e i pregi dell' antica pittura italiana
fa di mestieri recarsi a considerar^ in Assisi la insi^
gne basilica di s. Francesco, ove i frati Minori invi-
tarono successivamente a dipingere i greci , Giun-
ta, Cimabue, Giotto, Pietro Gavallini, Giottino,
Buffalmacco, Filippo e Simone Memmi, Puccio Cst*
panna, e quanti in quell'età ebbero più grido. Per
simil guisa volendo in un sol monumento vedere
riunite le bellezze e i pregi della scultura italiana è
d' uopo venerare 1' urna sepolcrale che chiude in Bo-
logna le ceneri di s. Domenico; per ornamento del-
la quale i frati Predicatori si giovarono dell'opera di
Niccola pisano , dì fra Guglielmo , di Niccola di
Bari , allievo di Jacopo della Fonte, di Alfonso
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PREFAZIONE 2i
Lombardi^ di Gerolamo Coltellini e di Micbelangiolo
Buonarroti. Chi poi bramasse vedere tutte le arti del
disegno sfoggiare bellezze di ogni maniera veda il
tempio di s. Antonio in Padova^ di s. Croce e di s.
Maria Novella in Firenze^ dei Frari e di s. Giov. e Paolo
in Venezia^ e presso che tutte le loro chiese in Italia e
fuori. La qual considerazione desterà certamente me-
raviglia avuto riguarda alla povertà degli instituti e
all' austerezza delle leggi. Ma que' frati ^ i quali nei
primi secoli pativano difetto di ogni cosa^ volevano non
pertanto che il tempio di IM9 splendesse di tutta la
maestà e di tutta la bellezza delle arti. Innocente am-
bizione aUa quale siamo debitori di tanti e così rari
monumenti. Né già si tennero paghi a solo protegger-
le^ che datisi essi stessi a coltivare i singuli rami del
disegno gareggiarono con i più lodati artefici della loro
età. E invero quando i soli bizantini avevano rino-
manza nel musaico^ frate Mino da Turrita francescano
neUa prima metà del secolo XIII salì a molta gloria in
quel magistero. Gli architetti di s. Maria Novella dei
Predicatori, gareggiarono con Arnolfo. Fra Filippo Lip-
pi carmelitano seguito da gran maestro le traccie di
Masaccio.Il beato Giovanni Angelico e fraBartolommeo
domenicani, siedono fra i primi pittori dell'Italia. Il
Mon torsoli dei servi di Maria, meritò l'amore e la esti-
mazione di Micbelangiolo Buonarroti, che il volle socio
2
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32 PREFAZIONE
nei lavori del sepolcro di Giulio II in Roma^ e dei Me«
dici in Firenze, Fra Giocondo è tale architetto e lette-
rato che«olo vantaa competitoreLeonBatt. Alberti.TacT
ciò la eletta e numerosa schiera degli artisti degli altri
istituti^ dappoiché non ve ne ha alcuno che non ne
noveri degF insigni; (1) ma sarebbe ingratitudine tacere
i servigi resi alle arti da due ordini religiosi estinti da
lungo ten^pp^ i Gesuati e gli Umiliati, i quali per leggi
propri^ dediti ai lavori d' industria come la farmacia,
la tessitura dei panni, ec. coltivarono eziandio l' archi-;
tettura civile, militare e religiosa, e si trovano ben sol-
vente quai pubblici ingegneri al servigio della i^pub^
blica fiorentina e delle altre città della Toscana; ag-
giungendovi la pittura dei vetri nella quale riuscirono
veramente eccellenti (2) . Per siffatta guisa una fra 1q
(1) Chi amasse conoscere la serie dei principali arti(ìci de^li altri
Onrml religioni veda una nota lunghissima apposta da mons. Boltari in
fine della vita di fra Giovanni Angelico del Vasari. Ediz. di Livorno e
Firenze del 1771. Altri se ne troveranno ricordati nel decorso di queste
memorie. Nutriamo speranza di ottenere dalla gentilezza di alcuni reli-
giosi una serie assai più copiosa che daremo in fine dell'opera.
(2) Gatb, Carteggio inedito e Archivio delle Bijormag. ec. voi. 1.**
Append. sotto il giorno 5 aprile del 1317 riporta una supplica di ambedue gli
Qrdini diretta alla repubbl. fiorentina la quale comincia di questa guisa:
c( Cam frairer Sci. Salvatoris de septìmo (Gesuati) etfratres HumiUatorum
oMnium sanctorum de Florentia j olim et hodie multipli ci ter seruierint
et cotidie serviunt communi et populo florent. in omnibus quae ipsi coni"
mani expediunt, et dicti fratres Sci. Salvatoris habeant quemdam fundum
in quo sunt tiratoria pannorum , ideo ec. ec.
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PREFAZIONE 23
idee tanto vagheggiate da Carlo Denina intomo gli or-
dini religiosi^ di vederli dediti non pure alle scienze
sacre e profane^ ma alle belle arti^ ed ai lavori mecca-
nici (1), era già mandata ad effetto nel secolo XIV
per opera di due instituti^ che la nostra età cotanto
industriosa forse apprezzerebbe sopra molti di gene-
re diverso.
Questa lode del clero regolare in ordine alle arti
crescerebbe assai più ove ci piacesse dare la serie di
coloro^ i quali presero a scriverne la storia e dettarne i
precetti. E qui ci verrebbero su le prim^ i nomi chiaris-
simi.dei padri Pacioli^ Giocondo^ Ignazio Dan ti ^ Della
Valle, Alio, Federici , -Lapzi , Pungileoni j ec. e con ciò
si aggiungerebbe una pagina assai bella alla storia delle
società religione che loro manca tuttora.
Dal fin qui detto ognuno potrà scorgere facilmente
q^al vasto e nobile aringo avrebbe a percorrere chi a
lode della religione ed a prò delle arti prendesse a nar-
rare i servigi resi alle medesime dal cattolìcismo nelle
due epoche ricordate. E forse sarebbe facile dimostrare
eziandio, come Tarte cristiana fosse quasi sempre sotto
la influenza e la tutela del mopachismo; perciocché usci-
ta dalle catacombe copiane dopo le persecuzioni dei
(1) JiiVo/ii* d'haUa.ìih. XII cap. VI e lih. XXIV cap. V.
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21 PREFAZIONE
Cesari, ben tosto venne accolta dai monaci dell' Oriente,
che col proprio sangue la difesero dal furore degli Ico-
noclasti, e la coltivarono se non esclusivamente, certo
con lode maggiore. Da loro fu poscia trasmessa ai mo-
naci dell' Occidente nella invasione dei barbari; fmchè
gli ordini mendicanti del terzo decimo secolo, toltala
dall'infanzia la condussero alla sua maturità con la
duplice azione del proteggimento e dell' opera. Sarebbe
pertanto a desiderarsi che gì' instituti religiosi si fa-
cessero con nobil gara a ricerfcare ne' privati archivi e
quindi pubblicare le notizie di quegli artisti che lorq
appartengono. La qual cosa mentre riutriamo fiducia di
vedere quando che sia eseguita, ci affrettiamo a pre-
sentare un saggio della storia artistica dei frati Predica-^
tori, confidando sia per essere di un alcuna Utilità. Im-^
perciocché forse in niun' ordine non fiorirono mai in sì
gran copia e sì eccellenti i pittori, gli architetli, i colo»
ritori di vetri, gl'intarsiatori, i miniatori, quanto nel
domenicano. E noi li vedremo educare nella pittura
Raffaello d' Urbino e Bramante Lazzari; operare nei
duomi di Pisa, di Orvieto, di Milano, in s. Petro*
niodi Bologna ed in s. Pietro di Roma; gettar ponti
sulla Senna, sull'Amo e sul Minho; e dirigere opere
difficilissime di idraulica e di fortificazione militare
nelle principali città e fortezze dell'Italia; e quando
le arti eran volte in decadenza per la corruttela dei
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PREFAZIONE 25
tempi, con sempre memorando conato aver fatto prova
di rialzarle in Firenze ; di che la vita e la tragica morte
di fra Gerolamo Savonarola faranno ai posteri perenne
testimonianza. Ma ciò che stimiamo lode bellissima^
si è avere sopra la comune degli artisti meglio intesa
l'indole della pittura sacra ^ tenuta Tarte in conto di
cosa divina, e, ad eccezione di pochi, onoratala con
vita santissima. Vero è che le notizie di alcuni più in-
signi si trovano presso il Vasari e il Baldinucci, ma
quasi tutte incomplete e bisognevoli di molte corre-
zioni ed aggiunte; senza quelle in numero assai mag-
giore, che essi omisero interamente, comechè degne
di esser mandate alla memoria degli uomini. Né sa-
rebbe stato lieve servigio, come non fu lieye fatica,
da molti e sovente discordanti istgrici tessere unica
narrazione, che tutti li comprendesse; ma avendo ri-
cercati i pubblici e i privati archivi ebbi la sorte di rin-
venire copiose notizie tuttora inedite, le quali di nuova
luce la storia dell'arte fanno chiara. A cagione di esem-
pio, la vita di frate Bartolommeo della Porta, pittore
preclarissimo, si dà arricchita di molti documenti di cui
ninno potrà disconoscere la rilevanza. Nuova è quella
di fra Benedetto del Mugello miniatore, fratello di fra
Giovanni Angelico; e nuova eziandio quella di fra Do-
menico Portigiani scultore, allievo di Gian Bologna.
La vita di fra Guglielmo da Pisa omessa dal Vasari e
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26 PKEFAZIONC
dal Baldinucci, piuttosto accennata che scrìtta dal si-^
gnor Alessandro da MoiTona^ per nuovi documenti
rinvenuti di recente ofiriamo assai piò copiosa ed
importante. Alle scarse notizie che di fra Damia-
no da Bergamo principe degli intarsiatori italiani^
ci ebbe date il conte Tassi aggiungeremo molte e
preziose memorie tuttora inedite. Lo stesso dicasi
del beato Giacomo d' Ulma e di altri non pochi. Di
uno però ci siamo studiati scrivere la vita con quel-»
la maggior diligenza che per noi fu possibile^ non
omettendo ricerche o fatica perchè rispondesse in
qualche guisa al desiderio e alla espettazione de' suoi
ammiratori. -Certo Cno al presente di fra Giovanni An-
gelico non è stato scritto con quella accuratezza e co-
pia di notizie che valessero a sceverare la storia dalle
arbitrarie congetture degli odierni scrittori. Che se ve-
ramente le nostre ricerche negF archivi intomo questo
rarissimo dipintore non furono sempre coronate di fe-
lice risultamento^ pur tanto abbiamo aggiunto alla vita
che di lui ne diedero i due biografi toscani da satisfare
in gran parte al presente bisogno. Come non abbiamo
preso a scrivere che de' più insigni artisti dell' ordine,
confdiamo non ci verrà ascritto a colpa se difette-
ranno le memorie di altri così dell'Italia che d'oltre-
menti; ma essendo i più celebri presso che tutti
toscani, portiamo fiducia di averne a sufiicienza
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PREFAZIONE à7
favellato. Del resto ^ noi il confessiamo ingenuamente^
questo primo tentativo delle memorie artistiche dei
frati Predicatori sarà trovato manchevole in molti
luoghi; ma preghiamo i gentili che ci leggeranno a
considerare che i primi indagatori e ordinatori delle
antiche memorie hanno sempre maggiori difficoltà a
vincere, e più facile cagione di errori (1). Perciocché
fino al presente niuno ci aveva preceduto in questo
divisamento. Ove però nuove e più accurate ricerche
ci fornissero nuova messe, daremo in seguitò un vo-
lume di supplemento.
Non è adunque una storia quella che noi offeriamo
al presente, ma solo il risultamento delle nostre ri-
cerche quasi materia preparata a più perfetto lavoro.
Debito nostro non era pertanto versarsi sulla parte
estetica dell' arte, e di quella profferire giudizio; se non
dimeno alcuna fiata abbiamo creduto doverlo fare , ci
siamo studiati tenerci lontani dagli estremi tra quali si
dibattono al presente gli scrittori di quella. Ognuno ha
suo proprio modo di sentire e gustare i pregi delle
(1) Mons. GioT. Bottali in ana tua lettera al sig. Ma riette, che
leggesi oel voi. V delle Pittoriche, lasciò scritto: « Le persone che scri-
Tono delle tre belle arti pare che abbiano addosso qualche maledìsione,
poiché tutte han preso e prendono sbagli incredìbili. Lo dico per prova
io stesso, che ho (atto errore in cose che sapeva beae come il mìo nome. »
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38 PREFAZIONE
artt^ e quando uno emette modestamente il suo pa-
rere^ sarebbe fuor di ragione ascrivergli a colpa il dis-
sentire da quello degli altri. E invero pronunziare
tali giudizi che niuno possa né voglia contraddire è
impossibile più che in altra cosa nelle arti. Fu in noi
desiderio rendere un qualche servigio così alla religio-
ne come alle arti; destare net claustrali^ ove fosse
per mancare^ più acceso amore alle medesime^ che
un giorno coltivarono con tanta gloria; e se la gio-
vine età ^ se un buon volere/ se le durate fatiche
meritano alcuna indulgenza ncy portiamo fiducia di
conseguirla.
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MEMORIE
DQ nu IKSIGia
mOKI, SCULTORI fi IRdTEin
^<t#^
LIBRO PRIMO
CAPITOLO PRIMO
Condizione delle Arti in Italia n^ primordi del secolo XIII,
-e segnatamente dell* Architettura volgarmente appellata
Gotica 0 Tedesca
^#<ii»
i%Uoraqtuiiido i frati predicatori Yennero a compiere gli affiti
del loro religioso e drile apostolato , nel secondo decennio
dd secolo XIII; le BeDe Arti sorgevano dallo squaUore dei
bassi tempi alla luce di un'era novella, risalendo verso la lor
perfezione con quella stessa rapidità con la qnale n'erano ca-
dute Non però tutte ad un modo o ad un tempo medesimo;
percioocbè la pittura ed il musaico furono lunga pezza tardati
dai precetti e dagli esempi dei biaeantini; cosi che lenti » e quasi
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2a MEMORIE
direi, ingloriosi furono i passi che mossero per Giunta, per
Margarìtone di Arezzo, per Guido di Siena -e per Andrea Tafi;
mentre rapidi , e quasi giganteschi furono quelli che segnava
la scultura per opera di Niccola pisano e de' suoi discepoli ; e
strano e capriccioso oltremodo, ma non senza bellissima gloria ,
fu il procedere dell'architettura. Le cagioni di quel dicadi-
mento e di questo felice ritorno alla primiera eccellenza si
trovano narrate dagli storici delle arti ove più, ove meno accu-
ratamcnie ; e noi crediamo debito nostro toccare alquanto quelle
che concernono l'architettura, perciocché delle tre arti sorelle
questa di preferenza coltivarono i Domenicani nei primi due
secoli della loro instituziope. La necessita di erigersi diiese e
conventi dovea facilmente educarli ad un'arte che non ha a
solo scopo il diletto ma il bisogno; ed in essa salirono a tanta
altezza , che il Cicognara non dubitò asserire , essere forse i soli
i quali potessero influire sull'ingegno grandissimo di Niccola
pisano, ed aver seco lui contatto in questa materia (1).
Coloro che si fecero ad indagare i primi segni della rovina
in cui cadde questa primogenita fra le arti , credettero ravvisarli
sotto l'impero di Diocleziano e di Costantino» e citano le terme
dd primo, e l'arco trionfale del seqondo in Roma; ed in Spa-
latro neUa Dalmazia , il palazzo di Diocleziano [2]k Nei quali ^difizi
r occhio tosto ravvisa un licenzioso trapaasamento <li queUe leggi,
che i grandi maestri aveano poste quasi a infrenare l' arbitrio
(1) Sioria della Sctdtufxi luUiana , voi. 3 lib. Ili cap. VI pag. 366.
(2) CAUMorr, D'AcmcoimT.
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LIBRO 1. GAP. l il
ehi DOTatori. Viddero poi quésti ségni di decadenza cresciaìì a
dismisura in Bisanzio, senza, direi, modo di ritornare all'antica
forma , perciocché ivi non erano, siccome in Roma e ndle città
della Grecia, i bei modelli lasciati dagli artisti che aTeranlì pre-
ceduti ; e sacriOcandosi al lusso ogni legge, ogni ragione, quel male
già assai grande fecesi disperata €osi sono legati strettamente i
costumi alle arti di un popolo^ che dal modo di esprimere i suoi
eoocettì tosto apparisca la sua grandesEza o la sua abbiezione.
Venuti quindi i i[X)poli settentrionali ad invadere e manomettere
rEctropa^ andchè nitrodnrre nuovi fenetodindràrchìtettora, come
quelli che di arti ìk» sapevano pia che di «denze e 4i lettere,
mantennero il romano ; ma per ferità ed ignoranza', passando
ad altro estremo, lo dispogliarono di ogni ornamento e decoro,
solo pregio dèlie fabbriche stimando la solidità. E per certo in
tanta frequenza di guerre, di rapine, e d* incendi, nell'avvicendarsi
di tante orde feroci di popoli sitibondi di oro e di sangue, primo
bisogno fu cercare la sicurezza della vita e delle sostanze. Allora
le abìtaziooi private, e le chiese stesse , presero forma ed aspetto
di fortezze. Sursero i temuti castelli entro i quali si chiudevano i
barbari depredatori, e tutte qudle innumerevdi torri ddle quali
ancora non poche rimangono neHe nostre dttà. Con ciò si ebba
l'epoca prima dello stile impro|Nriamente da akmni detto ffoti-^
€0y perciocché cominciò troppo innanzi la venuta de' Goti, da
altri appdlato ramatuhlnxantino; ma che assai meglio dnrebbesi
romano barbaro^ e, in alcune provincie d'ItaUa, Itmbaido;
ed ha per contrassegno lo squallcnre, la nudità, la mancanza
di proporzione, e la mole ingente e pesante: e ne Canno fede
le antiche basUiche di s. Michele in Pavia , di s. Frediano in
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32 MEMORIA
Lacca, ed altre altrove. Questa cosi fatta forma di architettu-
ra durò quasi quanto il secolo XI, Buche sju gli ultimi di que-
sta e su i primi del seguente cominciò V arte a dirozzarsi
non poco, e sembra doversene ripetere la cagione dalle cro-
ciate, dal commercio con T Oriente, e dalle invasiooi dei Sa-
raceni; i quali, occupata presso che tutta la Spagna , invasa la
Francia e P Italia, mcdte delle loro foggie e costami lasciarono
ai popoli vinti o esterrefatti. Oltre le opere dette danuuchme
ed i rabeschi f la loro architettura venne imitata da noi, e ne
fanno fede nella Sicilia il palazzo ddla Ziza e la chiesa di Mon-
reale; e in Venezia ne appariscono alcuni segni nel s. Marco. Per-
ciocché quando correvano per noi i tenàpi infelicissimi, e ¥ igno-
ranza era più grande, ed i costumi rozzi e fieroci, gli Arabi
nella Spagna sl(^;giavano lusso di arti , come lo attestano le gra-
ziose e ricche fabbriche dell' AUambra , ddl'AIcazar, del Ge-
nérah'fo in Granata , la moschea or cattedrale di Cordova ; per
tacere del quanto valessero nelle scienze e nelle lettere. Nel men-
tre adunque in alcune parti d'ItaUa T architettura seguitava gli
esempi degli Orientali e rivestiva nuove e strane forme, in altre
opera vasi un^ diverso e assai più nobile mutamento. Gessate le
invasioni dei barbari, amalgamati hisieme tanti diversi popoli,
o stanchi o impotenti a piA nuocersi, nella pace die Ita dato go-
dere in quel tempo, si viddero sorgere, segnatamente nella To-
scana, non pochi sacri edifizi di molta bdleaa, i quaU, per
manco di fatica e dispendio, vennero innalzati con i ruderi degli
antichi monumenti romani, che in tanta copia rimanevano anco-
ra tra noi, quasi a rendere testimonianza dell'antica gloria e
della presente calamità. I quali avanzi collegavano poi come che
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LIBRO I. CAP. I. 38
ib§se senza considerazione alcuna di ordine e di proporzióne.
Dalla qnal opera avrebbono potuto trarre argomento a studiare
alquanto le opere degli antichi , e prender lume a rintracciare i
boooi metodi , se altre , ma a noi ignote cagioni, non gli avessero
consigliati diversamente. Roma, Firenze, Pisa, ec come qudle
che sopra molte città' dell' Italia erano ricche di maravigliose
fabbriche antiche , meglio si gioyarono delle medesime : e pnoss»
Tcdere tuttavia nel duomo, nel battistero, e nel campanile di
Pisa adoperate colonne , capitelli, basamenti, iscrizioni tolte a ro-
mani edifizi dei buoni secoli; come eziandio in s. Pietro a Gra-
do presso la stessa città, in Firenze nel s. Giovanni e in' s. Mi-
niato al Monte , ed in Fiesole nel duomo. Per questa guisa in Ita-
lia si P9SSÒ al secondo periodo dell' architettura gotica , il quale
fra tutti è forse il più ragionevole, per certa disposizione (K
parti che meglio si legano all'insieme; ma fu di troppo breve
iterata, non avendo proceduto oltre il secolo XII, e ristretto a
que' soli luoghi ove era dovizia di antichi monumenti.
Frattanto in questo stesso secolo duodecimo, e su i primi
del seguente^ accadeva nell'architettura cosi civile che religiosa ,
UH grandissimo rivolgimento die le cangiò totalmente forma ed
aspetto, e sembrò annunziare quello troppo maggiore che ope-
ravasi nella società. Coneiosiaehè , gli archi , i quali fino a quel
tempo si erano Toltati di tutto sesto, addivennero diagonali, o
a meglio dire di sesto acuto ; alle colonne e ai pilastri vennero
sostituite le colonne a fasci sottilissime, o pilastri ornati da
mezze colonne; ai capitelli dorid, corìnti, ec. che il secolo an-
tecedente avca tal fiata veduti adoperarsi con tanto ornamento
dell'arte, sottentrarono rabeschi e figure rQz;rissii^. Le volte
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34 MEMORIE
girarone altissime , e gli archi delle medesime poggiando gli ani
sopr^i degli altri, mostravano quasi a vicenda sospingersi al cielo,
incrociati) svelti, leggieri con ardire non più veduta Sembra, dice
il signor D* Aginoourt, avessero tolto a sciogliere il problema di
unire la perfetta solidità ad una sorprendente arditezza , che at-
terrisce rocchio , e ad una leggerezza piena di grazia che lo rìr
crea (1). Non è già che innanzi al detto (empo non si rinvenga tal
volta Farco di sesto acuto; che anzi il citato scrittore attesta aver-
ne trovati esempi in Italia dei secoli I^, X, XI, n^ era usatq
assai parcamente, e sempre alternato con quello di tutto sesto ,
come è a vedersi nei due monasteri di s. Benedetto e di s. Sco-
lastica in SiAbiacQ. Qr questa terza epooa ddlo stile gotico, ci
sembra dividersi in due periodi di. tempo. Il primo, che dura
quanto il secolo ^UI , è il più semplice e il meglio inteso nelle
sue4>roporzioni. Il secondo nel XIV; ed è il più ricco ed il più or-
nato di quanti ne presenta rarchiletlura sacra dei bassi lempi; ed
a quest'ultimo manifestamente appartengono le faodate dei duo-
mi di Siena e di Orvieto, e il duomo di Milano in cui per l'ul-
tima volta apparve in Italia il gotico in tulio lo splend^ire della
sua maestà e della sua ricchezza. Più lunga vita ebbe oUremonti,
ma fra noi credo intorno la metà del secolo XV mancasse per
opera di Leon B|\ttista Alberti , e del Brunellesco , i quali rivoca-
rono a vita li ordini delVarchi!et^ura greca e romana. Àbbenchè
(1) Storia delTJrte, ec loc cit. jwg. 216. — MerìUno esser Ielle
alcune pegioe eloquenlissime del eh. MonUlemberl suU' orìgine e sulla
natura dell' archilellura gotica o tedesca » nella introduzione alla Vita
di s. Elisabetta di Ungheria. —
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LIBRO I. GAP. L m
r uliiaio pariodo ddlo siile téotoiilco ceda al ptìmo ndla
proporzione de' membri, ed in certa severa maestà , non per-
tanto arrecò un vantaggio grandissimo a tutte le arti, perdoc-
cbè la brama dì profondere adornamenti di ogni maniera , in spe-
dai modo nelle facciate delle basiliche, obbligò gli artisti a me-
glio studiare il 4is9gnQ,.coa utiliM^ grandissima (|ella pittura e
della scultura ; sendo che nd ral)eschi , nd meandri , nd trafori ,
infine in tutti i capricdosi abbellimenti , co' quali si studiavano
adornare i sacri edifid , erano firutta , fiorì , animali , simboli mi-
steriosi, e ben sovente figurf^ di tutto o meso» rilievo; fin ehe si
giunse poi a ricoprire la immensa superfide delle bcdate, come
nel duomo di Orvieto, con storie copiosissime dell' antico é nuovo
Testamenlo. In altre si vedevano sculti i santi protettori delle
dttà, 1 grandi uomini della patria, i benefattori del tempio, e
ritratti gli architetti che avevanlo innalzato; e nel duomo di Siena
faron poste fino le insegne dì tutte le dttà federate a quella re-
pubUìca. Per siffatta guisa in uno stesso edifizio si riepilogavano
le glorie dvili religiose artistiche di un popolo, la sua storia , il
suo genio e la sua fede. Il musaico, la tarsia, i vetri colorati, i bron-
za, gli smalti venivano a sparger fiori sul sacro edifizio, ed e
questa la cagione potissima per la quale i più valiti architetti
dei due secoli XIII e XIV erano eziandio scultori , siccome Nic-
cola e Giovanni pisani. Agostino ed Agniolo sanesi; tal fiata pit-
tori e ardiitetti come Taddeo Gaddi , e non di rado , come V Or-
gdgna, abbracciavano tutte e tre le arti sorelle.
Allorquando pertanto sorgevano in Italia gli ordini" de' Fran-
cescani e dei Domenicani , succedeva nelF architettura quel can-
giamento che abbiamo indicato nel primo periodo dell'epoca terza;
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36
MEMORIE
die è a dire , qaando l' ìmltazioiie dell'antico die luogo alla go-
tica o tedesca ohe dùr si voglia (1).
(1) Coinprenderà fecilmente il lettore, che io questa partizione dello
alile gotico noa è dato ottenere una rigorosa esJittezza; perciocché l'ar-
chitettura, più che tutte le arti, si modifica a seconda de' tempi, de'Iuoghi ,
e dell' indole dei popoli. Quindi quella che si addice all' Italia non ben
cooTÌene alla Francia ed alla Germania. In pro?a di ciò daremo quella
«Mr«h^ Bourassé {Archeologia Crisi, eap. V pag. 72), die codsimnm con
qiteOa del sig. Caamoat, e discorda da qnelte del sig. D' Agincourt , «Ten-
do i due primi scrìtto piii particolarmente per la Francia , ed il seeoo*
do per l'Italia; .
ARCHITETTURA
DFX
MEDIO EVO
Rollalo
BtaàarnA
Prìmitiya dal 400 al 1000.
Secondaria dal lOOO al 1100.
Terza o di
Transazione dal ilOO al 1200.
Sisto Aarro
A Lancette dal 120Q al 1300.
A Raggi dal 1300 al 1400.
A Fiamma dal 1400 al 155a
Risorgimento alla metà del sec.XVI.
Rammentisi dopo ciò, che l'Orgagna yoltaya in Firenze gli archi di
tutto sesto fino dall'anno 1370 o in quel tomo.
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37
CAPITOLO n.
Fra Si$(o e Fra Rittcro ordiiteiH tasemù — Laro prime ijpere
in servigio della repubblica fiorentina, — Compiono il pfUazzo
del Podestà. — Ricostruiscono il ponte alla Càrraja. — Fab-
bricano la chiesa di e. M. Novella. — Dal Pontefice Niccolò
III sono chiamati in Roma ad operare nel Valicano.
^•^i
1 primi caltori delle arti che ci offra la storia dei frati
Predicatori sono due insigni architetti, e tali che la loro età
Ibrse non vide i maggicnri, eccettuato Niccola pisano ed Arnol-
fo; onde a ragione Tennero posti nel norero di coloro a' quali
la pubblica gratitudine dà lode di arer preparata la restaura-
zione dell'architettura italiana. Sono questi fra Sisto e fra Ri-
storo, religiosi conversi del 'con?ento di s. Maria Novella, dei
quali entriamo a tragioliare.
Fra Sbto area sortiti i natali in Firenze, precisamente nella
contrada di questo nome presso porta s. Pancrazio. Fra Ristoro
era nativo della terra di Campi, grosso borgo che dà il nome
ad altre borgate e parrocchie, a sette miglia da Firenze e quat-
tro da Prata Le preziose, ma troppo scarse notizie che di loro
ci furono tramandate, (e sono poche linee del Necrologio di
quel convento ) tacciono il nome dei genitori e l'anno della
3
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38 MEMORIE
nascita (1). Sembra noo pertanto doversi collocare tra il 1920 e
il 1225 ; che è a dire qoindici o Tenti anni innanzi a Cimabue.
Ignorasi ugoalmente da chi apprendessero Y arte del fabbricare.
Il Baldinnod, e il eh. prof. Niccolini» li giadicarono discepoli
o imitatori di Arnolfo, ma in quella rece dovrcbbesi con più
ragione crederli col Lanzi precettori di lui, se non fosse certo
Arnolfo ayere appresa Farte da Niccola Pisano (2). A togliere
o(;ni probabilità a quella opinione basti il sapere che Amolfp
(1) Necrùlogium ven* conv. *, Màriae Ifo^eUaé de Ftorentia Ord.
Praedic. aib ann. 1225. usì^ue ad ann. 1844. 2. voi. in 4.® uno a pagp 119.
membran. il di più cartaceo (Arch. di t. M. Novella.) Venne cominciato dal
P. Pietro Macci, che lo scritse Qno all'anno 1280 ; e fors'anco fino al 1301
che fa quello di sua morte. Fra Corrado Gualfredooci lo continuò fino al
1309. Fra ScoUrio Squarci fino al 1320. Fra Buonfante Boonfanti fino al
1337. Fra Paolo di t. Croce Qno al 1348* Fra Jaoopo Altoyiti fino al 1370,
Fra Paolo Bilenci ^o al 1381. In seguito si ignora da chi proseguito.
(I P. Yìac. Fiaeschi ne pubblicò nni^ piccola parte, cioè fino al 132Q
Heli* opera Memorie Jstoriche per servire alle 9^U degli Uomini Illustri
del conv. di s, M. Novella* Un yol. in 4.® Firenze 1780, Il rimanente
è tuttora inedito. Il Ceraccliiiii nei Fasti Teolog. pag. 308 appella quel
Necrologio diligentissimo , raro ed inarrivabile.
(2) BàLDtvooci, Notizie dei professori del disegno, toI. 1.® Vita di
Arnolfo. — O. B. Niocoum, Ehgio di L, B, Alberti, huni. Storia Pit*
torica deir Italia, voL 1.® parte 1.* Scuola Toscana. Che Arnolfo sia
discepolo di Niccola è oramai indubitato per un documento che leggesi
nelle Lettere Sanesi del P. Guglielmo della Valle, voi. 1.® liettera %yilh
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LIBRO I. GAP. IL 39
soprayyisse a fra Ristoro anni 37 « a fra Sisto 21 (1) . Erano
io qclel tempo diiari in Toscana nelle cose di ardiitettnra Iaco-
po» dal Vasari detto tedesco, e Niccola pisano. Il primo, edi-
ficatore della chiesa e de) convento dì s. Francesco di Assisi,
ayeya in Firenze eretto 11 ponte Robaconte, e nel 1218 posti i pi-
loni di quello alla Garraja , e fabbricata con soo disegno la chiesa
di s. Salvadore del Vescovado , quella di s. Hiéhele in piazza
BerteMe (oggi degli Àntinori) ed il palazzo del Podestà, che a
quanto sembra non ultimò ec. Il secondo noto per le grandi
fabbriche erette in patria , in Bologna, in Padova, in Venezia,
in Napoli ec ec lece in Firenze la chiesa di s. Trinità intorno
il ISSO. Anliite^ti maggipri di questi non furono in quella età
Ddla Toscana ; e forse fra Sisto e fra Ristoro si giovarono dei
ixmsigli o degli esempi di ambedue. Il Necrologio del loro con-
vento d tacque eziandio l'anno in cui vestirono l'abito Dome-
nicano; e non è senza verisimlglianza la congettura del P. Fine-
scfai , Q quale opinò che ciò avvenisse alloraquando il P. Aldo-
brandino Cavalcanti , essendo per la seconda volta priore del
convento di s. Maria Novella, fece ampliare l'antica chiesa di
questo nmne; offerendosi forse i due giovani architetti a condurre
quel lavoro> sotto le divise di s. Domenico, come in Assisi Filip-
po da Campelk) sotto quelle di s. Francesco avea diretto in gran
parte la faUnìca di quella insigne basilica (2). H Cavalcanti fu
(1) Il BaldÌQUcci avea collocata la morte di Aroolfo or sotto V anno
1300 or sotto il 1320. Nel Necrologu) di s. Roparata è sUto di recente
rinvenato esaer egli trapassato nel 1310.
(2) Memorie j ec pag. 343.
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40 MEMORIE
priore ia s. M. Novella dalFaiiiio 1244 fino al 1253; flaooedu-
togli a tutto il 1255 il P. Enrico da Massa ; nel 1256 venne nuo-
vamente eletto il P. Aldobrandino. Nella quale cronologia con il
Fineschi consente anche il P. Borghigiani (1).
Il primo saggio che diedero della loro penna nelle cose di
architettura» ricordato dalle antiche memorie, è un opera pub-
blica alla quale vennero invitati dal magistrato della città di Fi-
renze. Volendosi dar compimento al palazzo de' Priori cominciato
nel 1252 da Jacopo sopradetto» fta loro ingiunto dì innalzare al-
cuni voltoni» o fors'anco un cortile o chiostro; {magnai iesiu^
din$s) il che fu dai medesimi condotto con tal bravura, che là
città volle giovarsi nuovamente dell'opera loro in fabbriche di
più grande rilievo (2). Nei primi di ottobre dell' anno 12^9» per
dirottissime pioggie essendo l'Amo a dismisura cresdulo» sover*
chiale le sponde, si sparse ed inondò gran parie ddle adiacenti
campagne, e ddla stessa dttà di Firenze: e nella straboodie^
vole foga volse seco dagli Appennini grandissima quantità di ^1*
beri e legni, che attraversatisi alle pile del ponte s. Trinità, e
(1) Cronaca JnnaUstica del Con. di s, ìi. Novella , dtUV anno di sua
fondazione fino all'anno 1556; raccolta dal P, Fine. M, Boì^higituii ,yoL
3 in fol. MS. C Arcb. di s. M. Novella }.
(2) Avrerte il P. Fineschi che il palazzo de' Priori del quale
si fa menzione nel Necrologio , era probabilmente quello del Potestà or
detto del Bargello, non il palazzo Vecchio innalzato da Arnolfo nel 1298
quando già eran defunti i due architetti Domenicani Da un luogo della
cronaca di Gio. Villani ( lib. Vili cap. 26 ) appare manifestamente che
i Priori innanzi all'anno 1298 non avessero stabile dimora.
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UBRO I. GAP. U. 41
quelle in bveye smcMe ed atterrate , si disoiiestaiiienle urtarono
in qoeUe del ponte alla Carraja , ohe ancor es80 dovette cedere
e rovinare.
Questa memoranda inondazione fu capone di assai morti »
e ddla rovina- di molti edifizi (1). Volendo la Repubblica rifare
i due ponti e restaurare le Cid)brìcfae, fra gli architetti de' quali
si giovò in quella i)coorrenza , furono i due conversi di s. Maria
Novdk; ai quali commise il rifacimento del ponte alla Carraja.
Forse V altro venne affidato ad Arnolfo (2). 11 Vasari , il Baldi-
noeci ; il Lanzi , il Cicognara , con i due storici Domenicani Fi-
nesohi e Biliotti, afRermarono che fra Sisto e fra Ristoro rifa-
oessevo ambedue i ponti, n P. Borghigiani non ricorda che
quello di s. Trinità ; e ciò che è strano veramente, il P. Ti-
moteo Boltonio loro attribuisce in quella vece Q ponte di Ru-
baoonle che la piena non aveva atterrato (3). Niuno cita docu-
menti. Volendo pere stare alla autMìtà gr^visóma dd Necrologio
di 8. M. Novdìa» come qudlo che fti scritto da contemporaneo,
(1) Gio. Viù^m, lib. Vn cap. 34.
(2) La Guida di Firenze del 1830 eoo manifesto errore dice edi-
ficato il ponte alla Carraja nel 1318 sul disegno di Arnolfo, e soggiunge
che in seguito venisse costruito di pietra dall' Ammanato sotto Cosimo I.
In quella del 1841 si dà solo come probabile che vi operasse fra Gio-
vanni da Campi nella riedificaaione del 1334. Né più accurata è la Guida
leoBnte del eh. sig. Fed. Fantoisi(l8l2} die lo dice riatto ndla piena
del 1333 da Taddeo Oaddi. A suo luogo daremo notine più copiose di
questo ponte.
(3) Jnnaii mss. voi 1.^ pag. 88 ad ann. 1279. ( Arch. di s. Dome-
nico di Perugia ).
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42 MEMORIE
non, può asserirsi che i medesimi ridicessero se ndo il solo
della Carraja. Aicani credettero che l'attuale bd ponte di que-
sto nome sia quello stesso inalzato Tanno 1269 dai medesimi
conrersi, ma ciò è manifesto errore; essendo il presente opera
di altro architetto Domenicano, dd quale in seguito ragionerà*
mo. Per l'autorità di Giovanni Vijlani è indubitato, che innanzi
e dopo la piena del 1269, il ponte alla Carraja fosse di legno , e
fra %to e fra Ristoro gettassero di pietra soltanto i piloni , come
si disse ayer (atta Iacopo tedesco nd 1218. Furono però gettati
con tale maestria, che ressero alle gravissime piene degli anni
1282, 1284 e dd 1288 (1). Essendo poi avrenuU la rovina dd
ponte di legno, che vi era sc^apposto, per quelle feste narrate
dal Villani, (u nel 1304 fatto intieramente di pietra; e nuova-
mente distrutto dalla straordinaria e sempre memoranda inon-
dazìpne dd 1333, fìi ricostruito siccome è al presente.
Gli. storici di s. M. Novella credono assai ragionevolmente,
che i due architetti facessero in Firenze altre labbriche jn servigio
della Repubblica e dei privati cittadini , ma in tanta pov^tà di
notizie non possiamo accertarlo. Trovo bensì ricordato come sem-
plice conghiettura nella Guida del 1841 che fra Sisto e fra Ri-
storo abbiano eretta la piccola chiesa di s. Remigio della stessa
(1) SoIUDto l'anno 1291 ti trova una deliberazione della repubblica,
sotto il giorno 3 settembre di libr. 25 fl. p. ( florenor. parvor. )pro repara»
tione pontis C4vrariae e nel 21 d. libr. 200 ad opus et laborerium ponii*
s. 7)'initatis. V. Giti, Carteggio Inedito, ec voi. 1.® Append. 2.» Dalla t©-
nue somma assegnata per il ponle alla Carraja si deduce il bisogno di pic-
colo restauro.
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LIBRO L GAP. II. 43
dtti dì Firenze» per certa somigUaiiza di stile che sembra ad
alenili di rayyisarTÌ con qodlà di s. H. Novella. D P. Giuseppe
Bicfaa , provò la prima essere troppo anteriore atta seconda , e
in qoeDa vece opina , che i due conyorsi architetti ne togliesse-
ro il concetto per il loro tempio novellflnoi Combatte questa
qyiniooe dd dotto Gesuita il diiarissink^ sig. Federigo Fantozzi
ndla sua Guida ^d 1842 con le seguenti ragioni. « È parimenti
{nrerisimile die questa diiesa servisse di modello agli architetti
Domenicani per ardiitettare il magnifico tempio di santa Maria
NoveOa, come molti hanno scritto e pensato, poiché se è ve-
ro, come seoabra incontrastabile» che circa il 142S (ìa chiesa
A s. Remigio) passasse dal gnu del Vescovo in quello del P(h
polo in benemerenza di averla rinnovata verso quel tempo, e rì^
dotta nel modo presente» ec è maniCesto che non potè servire
di modello a quella di s. Maria Novdla eretta nel 1278. » (1)
A questa dimostrazione parmi opporsi evidentemente V architet-
tura stessa del tempio» la quale a mio avviso troppo appare più
antica » e non poco simile a quella di s. Trinità e di s. M. No-
vdla. In Firenze F architettura aveva fatti tali progressi nd i^8
per opera dd Brnndlesco e di L. B. Alberti da non potersi fa-
dhnepte concedere che si vdesse perpetuare lo stile gotico in
onta dd nuovi melodi; e qud dirsi rinnovata forse non acoen^
na» che ad una semplice restaurazione dell'antica fabbrica. Che
(1) Ifuotfa Guida ^ovvero descritione storico, artistico, critica della
Qtth e contomi di Firenze compilata da Federigo Fantozzi. Frrenxe
1842 pag. 158.
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44 MEMORIE
cbe ne sia dì questo Gatto lascerò agli iotelligeati dell'arte il
giadìcarne, noo areiylo prore bastanti per credere antori di
quella chiesa i due nostri architetti. Ma un' opera per la quale
il loro nome sali a molta odebrìtà si è certamente la fabbrica
di s. M. Norella della quale essi diedero il disegno. Confidiamo
che il lettore ci condonerà se saremo alquanto prolissi nel ra-
gionare della medesima per essere stata in ogni tempo un vero
santuario delle arti belle /e avere per oltre un secolo e meno
eserdtato l'arte e r ingegno di molti e valenti architetti Do<
menicani.
L'anno della venuta in Firenze dei frati {Predicatori non è
ben certo. Gli annalisti dell'Ordine ed il P. Finesehi la col-
locarono nd 1219 (1). il loro primo apparire in una dttà aveva
un carattere tutto speciale. Più o meno numerod si presentava-
no al nuovo popolo » e quasi gli si offerivano spontanei. In man-
canza di asilo si ricoveravano ad uno dei pubblid spedali-situati
presso le porte della' dita, eretti e mantenuti in quasi tot(e le
contrade d' Italia per accogliervi i poveri pellegrini. Pietoso con-
sìglio in tempi cbe l'ira delle fazioni oM)Iigava a girsene esule
e raminga tanta parte di dttadinil Nel giorno si spargevano
per le chiese e p^ le piazze, invitando il popolo ai lóro ser-
moni, che si ripetevano anche più fiale e in più luoghi. La cu-
ra del loro sostentamenlo aflidavano a Dio e alla carità dei fe-
deli. Se vi erano discordie civili, essi ponevano ogni opera ad
amicare gli animi, predicando la pace. Se la città era infella di
(1) jénnal. Ord. Praed. voi. 1.® pag. 245. Fiitmchi^ Memorie ce pre-
faz. e yita del B. Gio. da Salerno.
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LIBRO I. GAP. IL 45
errori , esn, forti campioni 4el vero, inTìtaTano gli eretici a pnb-
Uìehe conferenze e ne constavano le false dottrine. Tanto loro
aYTenne in Firenze, ove giunsero in numero di dodici avendo
a superiore il beato Giovanni da Salerno. Lo spedale presso por-
la s. Ciano primo gli accolse in questa dtti; e ivi si stettero
Gndiè dalla liberalità dd vescovo non fu a loro uso concedute
a piccolo oratorio cB s. Jacopo in pian di Ripoli , discosto più
che due m^lia da Firenze. Il <&agio del doversi recare più
volte ogni di a predicare nella cittii , rendendo loro importabile
quella distanza, li ricondusse ben tosto in altro spedale, che
fa quello di s. Pancrazio, probabilmente presso l'antica porta
di questo nome [i). Qui li rinvenne quando giunse in Firenze
(1) In pian di Bipoli ore prima abiUnmo i Domeaicani vi furono
collocate le monache dell' Oidìiie iatorao al 1224. Poi imdéntit in Firenae
a cagione delle guerre, l'anno 1292. Ebbero ttania in ria della Scala nella
chiesa e monattero che aerba tuttavia il nome di s. Jacopo di Rìpoli. Nel
1787 il Gran Duca Pietro Leopoldo toppretso quel monattero , vi eresie
un conaenratorio di nobili fÌBmciulle. È lode beUÌMÌroa delle monache
Domenicane di Firenie essere state tra primi e più caldi promotori dell'arte
tipografica nella loro patria. I padri fra Domenico da Pistoja e fra Pietro
da Pisa dell'ordine stesso direttori spirituali di quel monastero , vi in-
trodussero intorno l'anno 1476 non pure la stamperia, ma eziandìo la fon-
deria dei caratteri , che si £ioeva a spese delle monache. Alcune feligiose
si prestavano a comporre, e il celebre ser Bartolommeo Ponzio ne era
U correttore. Si trovano libri quivi stampati dal 1476, al 1484; nel
quale anno essendo mancato di viu fir. Domenico da Pistoja , cessò an-
cora la sUmperia. Il benemerito P. Vinc Fineschi ha pubblicato Noùsie
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46 MEMORIE
quell'anno 1219 s. l)onienicOt il quale in Siena eziandio per
difetto di abitazione ayea trovati i sooi religiosi nel pnbbUoo
spedfide di s. Maria Maddalena (1). Nel 1220 cresciuti di nume-
ro, alcuni ebbero trovato asilo presso i canonici di s. Paolo in
Palazznolo. Nell'agosto del 1221 il cardinale Ugolino, legato dd
PonteGee, venuto di Bologna^ ore aveva onorato di sua presenza
i funerali di s. Domenico, chiamalo alla gloria dei beati il 6 di
quello stesso mese, trovò in Firenze i frati Predicatori in disa-
gio grandissimo di abitazione , e come ei gli amava con affetto
di padre, si pose tosto in am'mo dÌ4>rocnrarglida. Dopo due m&-
si ottenne dal vescovo e dal capitolo della cattedrale la piccola
chiesa parrocchiale dì s. Maria or delta tra le VignCf or la
Novella. Il 12 novembre fu fermato l'atto di cessione, n 20 ne
presero possesso. Per inalzare di subito un piccolo convento , con
facoltà del Legato vendettero alcune terre che a qudla diiesa
appartenevano. L'antico tempio del quale rimane ancora una
parte sotto l'attuale, si stendeva in lunghezza quanto la metà della
croce di mezzo, e precisamente dalla cappella di s. Tommaso Ono
ai gradini dell' aitar maggiore. La porta d' ingresso metteva nella
istoriche sopra la stamperia di Bipoli, le quali possono sei^ire all' illu^
stratione della storia tipografica fiorentina. Un voi. in 8.^ Firenie 1781
per Francesco Mouke. Come al Finetchi • tlìiggirono alcune ediiioni di
opere uscite da quei torchi , ti supplirono il prop. Fossi , ed U can.
Domenico Moreni. V. Bibliograjia storico^ragìonata della Toscana, Tol.
1.<» pag. 372.
(1) In Milano la prima abitazione dei Domenicani fu lo spedale dei
pellegrini di S. Barnaba ove giunsero l'anno 1218 in numero di 12.
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LIBRO 1. CÀP. U. 47
piafza yecdìia. Del diiostro eretto allora per i rdigiosi può ye-
derseoe taitayia una parte nel cimHero dei medesimi, ove sono
gli archi murati. Esso Ganchegglaya la diiesa. In breye la pic-
cola ramiglioola dei Predicatori fu grandemente cresciuta. Molla
gioventù fiorentina per nobOtà di natali ,.per dovizie, per sapere
ragguardevole, richiese dd sacro abito il bealo Giovanni. Pas*
sato alla gloria dei comprensori i| Salernitano, il P. Aldobran-
dino Cavalcanti, che per V ingegno, i natali e le aderenze so-
prastava a tutti, acquistò in Firenze cosi fotta influenza, che a
lui si deve in gran parte l' incremento del convento noveUana
In questo mentre ( 1244] il sommo Pontefice Innocenzo IV
avuto sentore che la ««sia dei Manichei fattasi scudo del partitoGhì-
bellnio insolentivainFirenze,v' inviava s. Pietro di Verona Domeni-
cano con pienisshna autorità onde sradicare quella rea semenza.
La santità ddla vita e la doquenza che nel veronese eran gran-
dissime, commossero i rìttadini. n concorso ad udirlo era tale,
che troppo angusta era la diiesa, angusta la piazza stessa con-
tigua, n santo richiese la Repubblica fosse ampliata T antica
piazza di s. M. Novella, non essendovene di più capevoli in Fi-
renze ; e la Repubblica con decreto delli 12 dicembre 1244 ade-
riva alle instanze del nuovo apostolo, e faceva demdire quante
case bastassero al bisogno (1). n P. Alddbrandino senti allora la
(1) Questo presioto docomeDto ignorato d*l dotto P. GampAna nella
tua storia di a. Pietro ìt. yenne pabblicato» credo, la prima Tolta dal
P. G. Bicba Tanno f755, neU' opera Notizie suri fih$ delle chiese Jiortn'-
tinei e nuoyameote dal P. Finenhi nel 1790 nell'opera sopraciuu.
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48 MEMORIE
neeessità di più ampia chiesa , perchè il popolo non dovesse sot-
tostare alle intemperie delle stagioni nel!' adire la dima paro-
la e pensò a sopperirli. Per primo ottenne dal Pontefice due
brevi con i quali si concedevano indulgenze a chi avesse aiutata
di elemosine la nuova labbrica che egli andava divisando. Prov-
visoriamente si pensò ad ingrandire V antica. La direzione venne
affidata al P. Pasquale dell' Ancisa , ed al P. Pagano degli Adi-
mari» i quali dovettero essere assai intelligenti delle cose d'ar-
chitettura; e noi li vedremo dirigere fabbriche ia altre città della
Toscana. In questo mentre il P. Aldobrandino Testiva dd sacro
abito moltissimi de' più ragguardevoli cittadini, i quali tutti por-
tavano sussidi per la fobbrìca , e utili aderenze al convento. Ma
prezioso sopra ogni altro fii l'acquisto di due giovani architetti,
che si offmvano a quel lavoro sotto le divise di s. Domenico.
Erano questi fra Sisto e fra Ristoro; ai quali, dice Q P. Fi-
neschi, si aggiunse terzo un fra Dcxnenioo, ed altri maestri di
pi^re, o Yogliam dire, scarpellini, per dar compimento alla
fabbrica. Tutto ciò secondo il citato biografo sarebbe avvenuto
nell'anno 1S56 ó nel seguente (1).
Ampliata alquanto l'antica diiesa i religiosi vollero abbellir-
la di pittare per mano di qae' greci , che la Repubblica avea fotti
ventale intomo la metà det secolo XIII perchè educassero ali* arte
(1y Neil* articolo necrologico di questo fr. Domenico ( V. N.® 163 )
non li trova aver egli il consueto titolo di magitter lapidum t> archi^
tecius, come non si rinviene nel documento citato dal iud. P. Finetchl
nella vita del b. Giovanni da Salerno pg. li — • Per la qual cosa non
ho prove sufficienti per concedergli luogo fra gli artisti Domenicani.
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LIBRO I. GAP. II. 49
h gio?enlù fiorentina, non volendo giovarsi dell'opera dèi pi-
sani, sanesi, e di altri che erano nella Toscana e fiiorì, ai greci
certamente non inferiori. Questo fatto è prezioso per la storia
ddle arti ; e ai Domenicani di s. M. Novella toccò in sorte con
ciò dì porgere modo al genio di Cimaboe di rivelarsi per la pit-
tura (1). A rendersi utili, come è voluto dalle loro leggi, non
paghi delle latice apostolidie in die si versavano di continuo,
tenevano una scuola di grammatica (sotto questo nome in quel
secob e nel seguente erano compresi tutti gli studi in latinità]
per istruzione ddla gioventù fiorentina , come dei novìzi del con-
vento, n precettore era di quel tempo uno zio dd Cimaboe, dd
quale ignoriamo il nome, e se d (osse religioso o sacerdote
secdare (2). Il nipote frequentando la scuola del convento ;
(1) In dae tempi fanmo iaviuti i greci a dipingere in t. M. No-
féXU. La prima volta nell* antica chiesa, la ^seconda nella nno?a;edal
non aver saputo distinguere queste due epoche sono nate molte quistio-
ni fra li storici dell'arte. Cimabue dovette avere studiati i dipinti
deU* antica, e non della presente perchè cominciata ad erigersi nel 1279
quando egli contava digià 39 annL
(2) Questo maestro di grammatica quando non era religioso , ave-
va dal convento un fiorino il mese, vitto e alloggio iu convento. Dalle
antiche memorie dei libri di amministrazione del convento di s. M* No-
vella risulta , come non pure dai conventi della Toscana , ma dello Stato
Pontificio eziandio fossero inviati a quello studio di grammì|tica o la-
tinità, assaisaimi giovani , segnatamente nel secolo XIV atteso il sapere
e la virtii del beato Guido Regiolano che ne era maestro. Si trovano di
fiitto giovani venutivi dai conventi di Pisa, di Lucca, di Siena, di
Perugia, di Roma, di Pipemo, ec.y» Spogli dell' Jrchivio di s. Maria
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50 MEMORIE
quando gli veoiya latto , lasciato lo zio e i libri , fuggitasi presso
dd greci pittori, né mai da loro sard)besi dipartito. In scuola
poi, in luogo di attendere agli insegnamenti della grammatica,
scarabocchiava con la penna uomini, animdi, tl^pire da spiri-
tare. Veduto Tumore bizzarro di quel cen^dlo, fu giudicato per
lo meglio assecondarne l'inclinazione, e lo aflBdarono ai greci,
con che la scuola pittorica fiorentina eU)e il suo ficmdatore. Do-
gli a freschi dai greci operati non è più traccia. I presenti di
ignoto ddla scuola di Giotto fiirono eseguiti nel 1348 (!]. Narra
il Lami come a suoi giorni caduta una parte dell' antico lirtona-
co , apparire un avanzo di greca pittura rozzissima. Mal potreb-
bési giudicare al presente della forma e bellezza delT antica
chiesa per i mutamenti subiti. Sembra fosse piuttosto bassa ed
angusta. Le volte tutte colorite in azzurro oltremare , trapuntate
da nK>ltissime stélle in oro , come la chiesa inferiore di s. Fran-
cesco di Assisi; e ccMne quella aveva altresì le pareti da cima
a fondo dipinte con storie della Vergine e dei Santi.
Ma il P. Aldobrandino Cavalcanti non era pago di si angusto
tempio. Andava seco divisando inalzare dalle fondamenta un ma-
gnifico edifizio che il maggiore non avesse Firenze^ A quest'uo-
po adunava elemosipe, eccitava i devoti, i parenti, gli amici,
quanti poteva dei cittadini. Tutti i religiosi Domenicani delle più
Ifot^elta, Tol. 1 pag. 162. presso il Borghigiani, Cronaca Jnnalistica,ec*
sotto l'aQDO 1393 pag. 161; e il P. Modesto Biliotti nell'opera Chr<h-
nica pulcherrimae aedis magnigue coenohii #. Mariat Noveliae» Un voi.
in fol. ras. cap. XXXVl. pag. 40.
(1) V. BoROHiGUni ■ Fìubschi.
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LIBRO I. GAP. U. 51
insigoi riùni^ della città fooevano altrettanta V arere dae bra-
TÌ architetti nel cooyento medesimo era sprone'all' impresa, e non
sfiregevol vantaggio. Già si era sul porre mano al lavoro » quan-
do a Pontefice Gregorio X elesse il Cavalcanti a vescovo di
Orvieto (1272]. Con ciò venne ritardata di altri sette anni la
fabbrica, di quella chiesa. Recatosi il Pontefice in Lione al con-
ciKo ecumenico» il P. Cavalcanti fu dal Santo Padre. dichiarato
suo Vicarìo in Roma ; ufficio che per la subita morte di Grego-
rio X» e dei tre sucoessori Innocenzo V» Adriano V» Giovanni XX,
detto XXI, d tenne fino all'anno 1277. Fìnahnente Niccolò III
diagli facoltà di ritornare alla sua sede in Orvieto. Intorno a due
anni resse anccnra quella chiesa , ma nel marao dd 1279, forse
per cagione di salute^ si recò in patria , portando seco ragguar-
devcrie somma di danaro per la sua diletta fabbrica di s^ IL No-
vella. Fra Sisto e fra Ristoro all<M*a mostrarono il disegno dd
nuovo tempio, e fu tosto approvata Sul porre la prima pietra
dd grandioso edìfizio Iddio chiamò agli eterni riposi monsignore
Aldobrandino Cavalcanti, li 31 agosto 1279. Quell'onore venia
riserbato ad altro religioso in maggior dignità constitnito. Con
dò si ebbe legata la fondazione di quella chiesa ad uno tra più
Importanti e lieti avvenimenti delle storie fiorentine. Frate La-
tino Itfalabranca nipote dd Pontefice Niccolò lU, cardinale le-
galo alla Repubblica; già pacificatore glorioso delle fazioni Ge-
remd e Lambertazzi in Rologna, e degli altri Guelfi e Ghibel-
lini delie Romagne, veniva per <M*dine del Romano Pontefice a
compiere lo stesso ufficio nella città di Firenze, per discordie dtta-
dine tortiida e sanguinosa. Ascoltiamo Giovanni Villani. « Giunse
in Firen^ ( frate Latino ) con trecento cavalieri della chiesa
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ss MEMORIE
a di 8 del mese di ottobre, g^ aoni di Cristo 1378 (stile yeo-
ctuo]; e da' fiorentini e dal chericatofuriceyiito a grande onore
e processione, andandogli inoontro il carroccio e molti armeg-
giatori; e poi il detto Legato il di di santo Ldca Vangelista,
nel detto anno e mese (18 ottobre] fondò e bene&se la prima
pietra della nuova chiesa di santa Maria Norella de" frati Pre-
dicatori, ond'egli era frate ,*^ e in quel luogo de' frati trattò e
ordinò generalmente k pad tra tutti i cittadini Guelfi cori Gudfi ,
e poi da Guelfi a Ghibellmi ». II lieto ayyenimento non poteva
aver più sacro suggello, né segno che più chiaramente ne traman-
dasse la ricordanza ai nepoti, quanto Tedifiao di un tempio che
la divozione dei 4eddi inalzava al Dio ddla pace. Infranta però
ben presto dall'ambizione dei Buondelmonti questa concordia,
r infaticabil Legato con maggiore solennità e nuovo sacramento la
rinnovava nel febbraio. « Congregato ( seguita il Villani ] il popolo
di Firenze a parlamento nella piazza vecdiia della detta chiesa
(di s. M.^ Novella] tutta coperta di pezze, e con grancM perga-
mi di legname in su quali era il detto cardinale , e più vescovi , e
prelati, e eherici, e religiosi, e podestà, e capitano, e tutti i
consiglieri e gli ordini di Firenze , e in quello per io detto Legato
sermonato nobilmente e con grandi e molto belle autoritadi,come
alla materia si conveniva , siccome quegli ch'era savio e bello
predicatore ; e ciò fatto , si fece bascìare in bocca i sindachi ordi-
nati per li Guelfi e Ghibellini , pace facendo con grande allegrezza
per tutti i dttadini ; e furono cento cinquanta per parte. y> (1]
(1) Gio. VitLAm, Cronaca libr VII cap 6. Nioqolò BfAOcauvnu,
Storie, Fiorentine libr. II.
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LIBRO I. GAP. U. sa
GoQ si li^ auspici soifieya il ten^HO di s. IL No?eIla. la
quei seooli di fede V ìmialzanieato di un chiostro e di ana chiesa
era no avvetmneiito di cemniie esultaiiza. JD poYero sapeva ehe
in qoegli asili poteva diridere con i frati il pane die averano
mendicato aBe porte dei ricchi ; i dotti vi rinyenivano ona so-
cietà di cDltori e propagatori delle scienze; gH artfeti una sor-
gente d'inspirazioni, d'incoraggiamento, di layoro, di lacro;
le anime innamorate del cielo un pascolo proporzionato ai bro
bisogni; ed il fffpdo sempre che opprèsso, in essi trorava i suoi
difensori. Non é quindi a maravigliare se tutti offerivano le so-
stanze, e le braccia stesse alla fabbrica di qudle chiese e di quei
ehioslri, dai qaiaSì tanti- si partivano benefizj a pro della società.
Postosi mano al lavoro ne furano dichiarati architetti i due
conversi fra Sisto e fra Ristoro. Parecchi altri loro confratelli
eccelleoti migratori, e scarpellini , de' quali avremo cagione di
ragionare, condussero la fabbrica. Soprastanti e direttori erano
sempre religiosi dello stesso convento periti nell' arcUtettura (1).
Per siffatta guisa* qud tempio non venne inalzato che con fe
proprie lor braccia senza l'intervento di alcun artefice secola-
re; esempio assai raro nella storia dell'arte (2). Quindi vediamo
(1) Furooo sopraiitaati alla febbrica della chiesa dì s. M. Novella
fra Paaquale deirAncisa fino al 1284, fra Rainerio Guafterotti dettoti
Greco fino al 1317, fra Jacopo Passavanti che la vide ultimare intorno
il 1357. V. BiLiom, Cronaca cap. VIL
(2) I PP« Cistercenti fiamminghi cene porgono un consimile esem-
pio, i qoaU nella Mbrica della diieaa e monastero di Dunes non ado-
perarono €ÌM artefici propri. MnauA, Èiemorie degU ^trcMtetti amichi e
moderni, lib. 2. cap. 2.
4
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54 MEMORIE
per la basilica di Assisi, fer i duomi di Firenze, di Orvie-
to, di Milano, ec. aprirsi un generale concorso; invitarsi i cit-
tadini e gli oltramontani artici; dover lottare con i partiti,
vincere V emulazioni , e le basse arti degli inetti. I Domenicani
al contrario tutti di una patria , di uno institnto, di un convento
medesimo prestare concordi il senno e la mano al lavoro.
Vedtita la bellezza del disegno da riuscire H primo tempio di
Firenze, la Repubblica proteggitrice muiùficentissima ddle artf ,
porgeva ai religiosi tale una copia di snssidj che alcuni non du-
bitarono assmre sommassero a ben diecimila fiorini anitni e cen-
to moggia di calce fin che la fabbrica non Ibsse a termine con«>
dotta (1). Tania generosità trovò eco nd cuore dei cittadini; il
perchè le principali famiglie , e i molti vescovi Domenteani che
noverava di già qud ixnvento, concorsero con ragguardevoli som-
me a quell'opera nobilissima. Ma più che tutti valeva la elo-
quenza del celebre fra Remigio, che a dbUnguerio dall'altro
insigne letterato del secolo XVI, appartenente eziandio a questo
convento , fu detto il Seniore. Dotato di molto ingegno e di na-^
turale facondia , aveva sollevata la sacra eloquenza a una qualche
maggior dignità di concetti e di stile. Assai lontano però dalllm-
peto e dall' entusiasmo di fra Giovanni da Vicenza che avea ve-
duti dodici popoli [400 ifnila persone) pendere da' suoi cenni, e.
cessata l'ira delle fazipni abbracciarsi fratelli; diverso da quel
(1) La discrepania di tutti li storici nel detenninare quella lomina
ci tiene in ragionevole dìifidenxa. Molto ancora aiutò di meni la detta
fabbrica V arte della lana , come può rederti nel Biliotti e nel Finetc^i.
Omettiamo le altre per brevitli.
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UBRO I. GAP. n. 55
^terribile Sayoilarola che giunfle a bilanciare il partito dei Medi-
ci e donmiare Fireivee; fra Remigio non ci ricorda, se è lecito
il paragone, che le dicerie del Gasa all' Imperatór Garlo V, scrit-
te parò con tutta la semplicità del secolo XIII. Gi è rimasto un
suo ragionamento pronimciato ai nuovi Priori e Conialoniére di
giustizia nel prender possesso del loro uffizio li 23 dicembre 1293
nd quale loro raccomanda il tempio di santa Maria Novella.
Né furono inefficaci le sue pande^ perciocché si rinvengano due
decreti della Repubblica per sovvenzioni a queHa fabbrica , uno
dell! 23 settembre 12do, l'altro de* 6 giugno 1297(1).
La diiesa di s. M. Novella (2) ha Antna di croce latina in
tre navate^ Sei archi per parie di sesto acuto posano sopra
(1) Anno 1295, 2S sept. Pro eccUsiae $. M. Hovellae construcUo^
ne ti edCficaiùme Ubr. 1200. f, p* (floren. panror ) persolt^endae in qua^
tMtor terminis prò anno futuro fnitiando in kalend, fanuarii ptoxime
venturi. ''^ Anno 1297, 6 junii, Pro ecclesia e. 4f- NoveUaej quae de
novo raffici tur et rehedificatur Ubr, 1200 f. p. in termino unrus anni.
Gati, Archivio delle Biformagioni, Voi. 1. Appendice 2.*
(2) Misurata recentemeDte con ogni esattezza dal eh. sig. Fantozzi ,
si è troyata nella sua lunghezza dalla porta maggiore al fini^trooe del coro
br. 168. Ì5. 8., e quella della croce dalla cappella Ruoellat a quella dei
Strozzi , br. 71. 15. 6., e compresavi la profonditi delle cappelle , br. 104.
18. 10. La larghezza della nave traversale è di br. 19. 15. e compreso
lo sfondo delle cappelle , di br. 33. Quella della nave di mezzo , di br.
21. 8. 8., dei pilastri divisori br. 3. 3. e delle pìccole navate br. 10. 3. 4.
Così che la larghezza totale del gran braccio della croce è di br. 48. 1 . 4.
Nuova Guida di Firenze ec. pag. 505. Con che si correggono le dimensioni
date dai PP. Rlcba e Fineschi, che il suddetto architetto trovò errate.
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«6 MEMORIE
altrettanti pilastri di pietra serena o peperino, ornati da quattro
mezze colonne della pi^ra medesima. Le volte sodo cosi sfi)gate
e gli ard^i si ben tesi, che manca un sol punto onde passare
dall'architettura di fra Sisto e fra Ristoro a quella dell' Orga-
gna ilei secolo seguente. Ella ti fa mostra quanto questi archi-
tetti bene addentro penetrassero nei segreti della prospetdya,
perchè guardata di fondo la chiesa ti si porge più lunga as^i
ch'ella yeramente non sia; la quale illusione è prodotta all'oc*
chio dagli ardu i quali cominciando assai larghi ed estesi, ran-
no yia yia ristrìngendosi a misura che toccano l'estrema Iffira-
bile eziandio per questo, che ove le grandi yolte yengono gio^
sta il consueto rafforzate da grosse catene di ferro, in questa
indarno le cercheresti , perchè il tutto yi si regge fer yia di con-
trasto. Semplice e maestosa nel tempo stesso; solida e syelta,
unisce un insieme di bellezze che la rendono nel suo genere la
prima di Firenze , e al dire del Richa e del Fineschi , eziandio
dell'Italia: Ano a meritarle dal Buonarroti il nome gentile di
SpdiBa. Essa sembra digià annunziare l'architettura del Brunel-
lesco. Non troyi qui quella moltiplicità di membri inutili che af-
faticano l'occhio e generano confosione. Non quella soyerchia
copia e ricercatezza di adornamenti onde in quella stagione stu-
diayansi di abbellire i sacri edìGzj ; ma solo una rara e mae^
stosa semplicità. O ella si consideri allorché ammantata di seta,
sfolgorante di oro e di lumi splende in tutta la pompa del
giorni solenni; o meglio ancora si contempli nella sua seyera
semplicità, quando al tramontare del sole le grandi ombre
delle yoKe e dei piloni si incrociano e ripercuotono ndle oppo-
ste pareti, e la luce del giorno che muore tinta^dalla yaga
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LIBRO I. CAP. II. 57
iride dei yetri colorati dipinge tutti gli oggetti di mille colorì ,
sempre solleva mirabilmente lo spirito ed il caore a soavi e oe-
lestiaU peosierì (1). A lode maggiore dei dae citati architetti ag-
giungeremo in ultimo, che essi in Firenze non avevado certa-
mente modelli di pari bellezza; conciosiaché solamente negli an-
ni 1294 Arnolfo pose le fondamenta di s. Croce, e nel 1298 di
8. Maria del Fiore: che è a dhre la prima quattordici a^ni, e
b seconda diciotto dojK> s. M. Novella , cfuando i due artisti Do-
menicani erano trapassati. La imparzialità però della storia vuole
aggiungiamo, come gran parte della gloria di avere eretto quel
tempio sia dovuta a due altri ardiitetti dello stesso convento
die la condussero a termine nel secolo seguente.
Dopo che il Necrologio novellano dbbe ricordati i lavori fotti
da ambedue i conversi in patria , ci vien narrando come la fa-
ma del loro ingegno essendo pervenuta fino in Roma , il Ponte-
fice (né si dice qua! fosse) rmvitasse ad operare nel proprio
palazzo onde inalzare alcuni vòltoni, [primas teatudineà) siccome
avevano (atto in qudlo dei Priori o del Podestà in Firenze. Non
sai^ebbe fuori di ragione il credere ohe ciò avtenisse sotto il pon-
tificato di Niccolò III, zio a quel cardinale Latino che noi già
vedemmo porre la prima pietra di s. M. Novella , e che debbe
aver data oontezra al Papa de' due architetti.. Se dò è vero,
(1) Nel «ecolo XV leggevati tutU?ìa un' opera che or credo smar-
rita, e ìgnorau dai storici noyellani, intitolata De Pulchritudine sari'
ctae Mariae Noi^eUae. Si trova citata dal Savonarola in un suo ragiona-
mento alla Repubblica fiorentina presso il Burlamacchi. f^ita di fra Gi^
roiamo Savonarola pag. 70 edizione di Lucca del 1 7(M.
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58 MEMORIE
doveUe essere prfana dell' agosto del 1280 nd qaal mese ed anno
mori il suddetto Pontefice.
Or qui non vogliamo omettere una nostra ooi^ttura , ceri il
tèmpo adducK(H« di più vere e più copiose notizie , potrebbe im
giorno convertire in certezza. Ponendo a riscontro F epoca della
venuta in Roma dei due religiosi architetti , e quella della fobbri-
ca della basilica di s. Maria sopra Minerva dell'ordine stesso, e
vedutele convenire, mi nacque sospetto che fra Sisto e fra Ri-
storo ne abbiano dato il disegno, e per alcun temi>o diretti i
lavori. L' architettura di questa se diseguale, non è dissimile da
quella di s. M. Novella , salvochè nella sveltezza , forse non con-
sentita dalla vastità della chiesa medesima, sendo dopo le tre
basiliche, la più grande di Roma. Ia forma della croce è la
stessa. Due cappelle laterali al maggiore altare, e i cappelloni
alle due testate del braccio trasversale rispondono a quelle di
s. M. Novella in Firenze. Le colonne ugualmente a fasci, o vo-
gliam dire i pilastri ornati da quattro mezze colonne. E se non
fosse stata più e più volte rimodernata, uè subiti avesse tanti
cangiamenti , forse si vedrebbe a prim* occhio V architettura di fra
Sisto e fra Ristora Poniamo a confronto l'epoche. Queir istesso
P. Aldobrandino Cavalcanti che avea dato l' abito religioso ai due
suddetti artefici, e che aveva loro affidato il disegno di s. M.
Novella, sendo in Roma vicario del Pontefice, confermò l'atto
di cessione fatto dalle monache Renedettine In Campo Marzo
dell'antica e piccola chiesa di s. Maria sopra Minerva in favore
dei frati Predicatori ( 16 nov. 1274]. Sembra però che in allora
non si fosse ancor dato comineiamento al nuovo tempio, dappoi-
ché presso il P. Fontana trovasi un breve di Niccolò III, dei 24
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LIBRO I. GAP. II. 69
gingilo 1280 (anno che Tennero probaUbnenle in Ronia i due
oonyarsi ) diretto a Giovanni Colonna e Panddfo Sarelli senatori
romani, invitandcdi a dare i promessi snssìdj ai frati Predica^
lori per innahare la nnova chiesa ; e si dice manifestamente che
sene poneyaùo allora le fondamenta [cum itaque dieta ecclesia
nuipiaturfabrieori ad presene). Iforto Niccolò III , credè lo sto^
rico saddetto 9 rimanesse inlemotta la fabbrica Ano alla elezione
di Bonifacio VU; del quale abbiamo un breve dei 21 gennajo
1295 anno primo dd suo pontificato^ diretto al priore dei frati
Predicatori ove i prindpj di quel tempio vengono detti sontuo^
sissimi [filiere. plurimum sontuoso). Vero è iche fra Ristoro era
subitamente, ritornato in Firenze, ma fra Sis^lo si era trattenuto
in Roma per altri otto anni consecutivi, nel qual tempo potè
benissimo dirigere quella fabbrica da sembrare sontuosissima
nd 1295. Dappoiché F asserzione del Fontana die più non si la--
Torasse per il lungo giro di quattordici anni , che tanti decor-'
sero dalla morte di Niccolò III alla elezione di Bonifacio Vili,
è del tutto gratuita (1). Il Necrologio di s. M. Novella tace qu^
sto fatto , che pure avrebbe dovuto ricordare ; e questo argomento
negativo è degno di alcuna considerazione: ma sarà poi sèmpre
inverosimile che avendo i Domenicani in Roma due celebri ar--
diitetti dell'ordine loro^ volessero invitare un estraneo a diri^
gere la fabbrica di s. M. sopra Minerva (2] . Il fontana non
(1) De Romana Provincia Ordinis Pì*aedicat, cap. II tit. 1.^
(2) Nel 1636 troTO che iabbrìcandoti il braccio meridionale del
coDveiito della Minerva con diaegno di Paolo MarutceUo, era direttore
• topraslante alla^ fabbrica fra Giovanni Maria da Pesaro conveno Do-
menicano. FoRTAPA loc cit
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60 MEMORIE
seppe rinvenirne i' antore. Giuseppe Vasi pone la cessione del-
l' antica chiesa di questo nome ai frati Predicatori nel 1395. (1)
Lp stesso errore si trova nell'opera, Botm antica e modenm^
cavata dalle opere del Panvinio, del Pancirolo, e del Nardiai.
La Guida di Roma del 184S ripete qudl' errore. Il sig. D* AgiiH
ooort si tien pago di dire, che venne fabbricata nel XIV secolo
sotto il pontificato di Gregorio XI ; e fa le meraviglie perché
Farco di sesto acalo osasse mostrarsi ancora in qud tempo in
Roma. (2) La qual meraviglia è ftior di ogni ragione; d^qppoichè se
in Firenze l' Orgagna cominciato aveva a girare gii archi di tatto
tondo intomo al 1370 , nelle altre città dell' Italia si prosegai per
molti anni ad usare l'arco di sesto acuto. E il duomo di Mila-
no incominciato appunto sul tramontare di quel seodo; e il s.
Petronio di Bologna che ebbe i suoi prindpj nd 1393 ne sono
una prova validissima. Se non die, come abbiamo avvertito il
tempio minervitano è veramente anteriore di-4m secola
Il eh. sig. Valéry, dopo vedute le chiese de'PP. Predica-
tori di 8. Giovanni e Paolo in Venezia, di s. Niccolò di Trevi-
gi , di s. M. Novella in Fìrense , della Minerva in Roma , e
di s. Domenico Maggiore in Napoli , restò ammirato del carat-
tere tutto proprio dell* architettura gotica dei loro tcmpj, che ei
trovò nobile, semplice e maestosa. (3] Lo stesso paìre al eh.
sig. Montalembert delle chiese Dcmienicane della Francia; le quali,
(1) Magnificenze dì Roma antica e moderna' di Giuseppe Vasi,
Tol. 3 lìbr. 3. pag. 14.
(2) D'Agikcoubt^ Storia delVJrte, voi. 1.** parte 2. pag. 240.
(3) Fo/ages hi stori ques et litter. d'Italie, lirr. XII eh. Vili.
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LIBRO I. GAP. II. 61
al ,<Kre di questo scrittore, parvero fatte priocipal segno al
furore del pqpolo nella rivoluzione ddlo scorso secdo, che
molte ne <&Cmsse, motte ne mutilò, e converti ad usi profani;
fl qual destino ineorsero eziandio in non poche città deH'Ita^
lia(l)-
Non è alcuno mezzanamente versato ndla storia politica , re-
ligiosa e letteraria dell'Italia, che al primo p(Mrre il piede ndi
tempio Mnervìtano, non senta affacciarsi al pensiero una mol-
titudine dì idee or liete or tristi; e quasi non si vegga schierato
innamn il trionfale ingresso del secolo XVI e il suo infame e
sangnfaioso tramonto. Leone X, il Bembo, Paolo Manuzio che ri-
posano sotto queste volte , gli rammentano i bei giorni delle no-
stre glorie letterarie ed artìstiche, i giorni di Raflaéllo, di Hi-
chèlangiolo, ec Alla vista dei monumenti di Oemente VII; e di
Paolo IV tornano al pensiero il sacco di Roma, la riforma, e
tutte le dure prove cui il pontificato romano ebbe a sottostare
per la malvagità dei tempi e degli uomini Dalle quali conside-
razioni l'animo grandemente commosso o indignato, cerca tosto
riconfortarsi sul sepolcro del beato Angelico da Fiesole, e di
quella cara verginella sanese, la cui eloquenza più possente an-
cora di quella di Francesco Petrarca, riconduceva in Roma la
errante e sbattuta sedia del Pescatore.
(1) Du FandaUsme et du CatholicUme dan$ V Jrt, Paris 1859 pag.
47. « Je voui fads observer en passoni gu* une sorte de fatàUté touiè
particuiiere semble s'attacher aux églises construites ptn* les Domini''
ctànSf toujour et un goùt si simple, si pur, si regulier: elles sont
partout choisies en premier Ueu par les destructeurs. »
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6i MEMORIE
Qui ban termine le notizie di Pm Sisto e di fra Ristoro. U pri-
mo chinse i suoi giorni in Roma nel man» del 1289 addetto al
servizio delle religiose Domenicane del monastero di s. Sisto; il
secondo in patria nel 1283, e volle che le sue ceneri riposas-
sero sotto quel tempio che era il più bel titolo della gloria di
entrambi (1). Questi due architetti vennero ricordati con onore
dal Vasari nella vita di Gaddo Gaddi ; da mons. Bottari in una
lunghissima nota alla vita di fra Giovanni Angelico; dal Baldi-
nuccì net chiudere la vita di Arnolfo; dal Land nella Storia Pit-
torica ; ma con speciale tributo di lode dal cel. conte Leopd-
do Cicognara nella sua pregiatissima Storia della Scultura Ita-
liana , nei termini seguenti. « È strano che quasi coperti siano
di oblivione i nomi di fra Sisto e fra Ristoro florentini » autori
dei principali ponti sull'Amo in Firenze, dì molte volte nel pa-
lazzo pubblico di quella città , e del Vaticano in Roma : come non si
nomina ipiel fra Jacopo Talenti da Nipozzano, che unitamente
(1) Articoli necrologici dei due conversi
N.^ 133. « F>*. Bistarut conversut de Campi, hicjìtit maximus or»
thiteoius et una cum fratine Sixto cotwersoy qui est infra, et obiit iiò-
mae, et fecerunt nostram ecctesiam tanto eiquidem artificio ut ìuque
hodiesitin admiratianem,et hi duojecerunt nuignas ustudines palatii do^
minùTum Priorum Florenu'ae, et pontem Can^ariae, et primas testudinee
palata domini Papae , ubi obiit frat. Sixtus, »
N.^ 144. Fr. Sixtus conversus de porta s. PancratiideFico qui dici"
tur sanctus Sixtus, obiit Romae in loco dominar um s. Sixti, anno 1289.
m. martii- Che il primo moriste nel 1283 si deduce dal trovarsi il suo ar-
ticolo posto immediatamente dopo quello di un religioso morto in detto
anno, e seguitato da un altro morto nel 1284.
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LIBRO L GAP. U. 63
ai suddetti fece tante fobbriche in Firenze» ec Questi ardìi-
tetti del secolo XIII (il Talenti è del XIV) hanno tanto di-
ritto alla nostra riconoscenza , quanto che predsamente da loro
hanno principio i Cisti del risorgimento dell'architettura, e dopo
gK architetti pisani, e i costruttori ddla basilica di Venezia,
meritano il primo luogo in Italia. » (1)
Noi chiuderemo il presente capitolo col maniiestaiie fl de-
siderio che virissimo nutriamo, di vedere in quella stessa chiesa
che essi eressero dalle fondamenta, almeno una lapida , una me-
moria qualunque, la quale ricordi al cittadipo e*all' estraneo il
ìaro nome e il loro merito. Tardi Firenze eresse un monumen-
to ad Arnolfo e al BruneUesco; venga il giorno in cui sia pa-
gato ancora que^ debito alla memoria di fra Sisto e fra Ristoro
m 8. M. Novèlla I
(1) YoL in lib. m cap. 1 pag. 45.
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M MEMORIE
CAPITOLO m.
Architeli fimari Toscani, loro fabbriche in Prato , ih Firenze y
net Val d^ Arno, ec.
"uel religioso entosiasmo inspirato nei popoli italiani e d'ol-
tremonti dai novelli ordini mendicanti, sì rivela nella storia
dell'arte mercè un gran nomaro di labbriche , ove più ove me-
no sontuose, che di que' tempi quasi per incanto si ergevano
non pure nelle città, ma nei paesi ancora e nm villaggi, pre-
rìpuamente della Spagna e dell' Italia. Nel 1233 frate Giovanni
da Bologna Domenicano arringava il popolo di Reggio con quella
eloquenza calda ed animata che invitava gl'italiani al)a concorw
dia e alla pace nelle ire civili. Addomandò i mezzi necessarj per
erigere in Reggio una chiesa ed un convento ai suoi religiosi : ed
allora, scrive uno storico contemporaneo, avresti veduto tutto
quel popolo con fervore grandissimo otEerire le braccia e gli
averi, e tutte classi di persone gareggiare di zelo e di attività,
in quella guisa stessa che avevano alcuni secoli innanzi veduto i
Benedettini nella fabbrica del loro tempio in Dive. Quindi non pu-
re gli uomini ma le femmine stesse e i fanciulli , cosi de' nobili co-
me dei popolani; farsi a trasportare i materiali del sacro edi6zio;
e, dirigendone la fabbrica un fra Jacopino dell'ordine stesso, in
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UBRO L GAP. IH. 63
tre soli anni compiere quel sacro edifi2Ìo(l). In Perugia il magi-
stralo della città consegnò al bealo Niccolò da OioTenazao il patrio
fessiUo» dicendogli» che in qoalanqae luogo ei lo avesse fatto
sreatolare» yerrd)be innalzato un tempio a s. Domenico» ed un
asilo a suoi Ggli (2). Questo farvore dì sacri edifizj richiedeva
gran novero di ardutetti» di scarpdlini» d' ingegnìeri , e di per-
sone inleUigenti a presiedere alle fabbriche; e i novelli ordini
rd^iosi per questa stessa ragione avevano dovizia di artisti di
ogni maniera. Ciò apparirà vi^ne^ da quanto siamo per nar-
rare. Mancali i due architetti fra Sbto e fra Ristoro, la fab-
brica di s. M. Novella non v^nne in guisa alcuna interrotta,
che anzi per soprappiù s* impresero altre fabbriche nelle vicine
città e paesi ddla Toscana con l'opera di tre laici architetti di
qudlo stesso convento; i nomi dei quali si trovano ricordati nel
(1) Memoriale Poiestatwn Regien$ium, pretto il Muratori Ber. ItaL
Script. ToL VUI pag. 1107 e 1108. « De Jnceptione ecciesiae Jeeu Chri"
tti/rotrmn Praedicat* In anfto 1}33 in Jèetivitaie s. Jacobi primus lapis
ficdesiae J. Cfidt conseeratue per D. Jiòerium Reginor. ArdUpresbyU"
nun, et D. Nicoiaum Bpisc, et ad praedictum opus faciendum veniebant
ììonùnes et tmdieres reginorum, tam parvi quam magni, tam milites quam
pedites , tam rustici quam cipes , ferebantiapides , sabulonem e$. caidnam
sopra dorsum eorum , et in peìiibus yoHis, et cendalibus , et beatus itle
erat qui plus portare poterat. Et fecerunt omnia fondamenta domorum ,
et ecclesiae partem moraverunt.Etfrat. Joannes de Bononiafedtmagnam
praedicantiam inter castrom Leonem et castrom Francom et tane
fratrer Jacobinus superstabat ad laboreriu praedicta facienda. »
(2) FofT4V4, De fiumana Provincia. Ord. Prqedicatorum. Tit. VII
pag. 103.
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66 MEMORIE
Necrologia Sono fra Mazzetto, fra Borghese^e fra Albertino Maz*
zanti. Dei quali soltanto il secondo potè essere allievo difraSistoe
fra Ristoro, non cosi gli altri due, se non forse nel tempo che
tnttavia dimoravano al secolo. Fra Mazzetto, del qoale ignoria-
mo la patria , i genitori , V anno del nasdmeato, avea vestite le
divìse di s. Domenico Tanno 1298 nel convento di s. M. No-
vella, qoando già erano trapassati i doe primi architetti di quel-
la chiesa. Intorno al 1900 vennegli dai superiori aflSdata la fab-
brica di s. Domenico di Prato; il qnal tempio sorgeva per le s(d-
lecitadini di fra Niccolò Albertino, qod d'esso, che poi insigni-
to della sacra porpora tanta parte ebbe nei poKticI avvenimenti
della soa patria e della Toscana. La chiesa di s. Domenico in
quella città avea avuti i suoi principi nel 1281 forse con disegno di
tm Sisto e fra Ristoro, e ne avea diretti i lavori il P. Paolo Pilastri Ano
all'anno 1300 ; ma passato questi a r^gere i conventi di Pisa , di
Arezzo , di Firenze ec., fra Mazzetto assunse il carico di compiere
quella fabbrica. E ciò sia detto a malgrado l' autorità del Fine-
schi, il quale crede che ei prendesse a dirigerla Ooo dal 1281
laddove , come abbiamo avvertito solo nel 1298 , indossò V abito
Domenicano (!]. Né eziandìo al Vasari si può facilmente concedere
che nel 1300 il convento di Prato venisse restaurato da Giovanni
pisano , inviatovi dal card. Albertino , quando non si voglia cre-
dere ch'ei fosse là mandato a dar giudizio di quei lavori
die si erano incominciati dagli artisti Domenicani ; essendo
indubitato che nel 1322 non erano ancora compiuti né la
chiesa né il convento. Risultando dalle memorie rinvenute dal di.
(1) Memorie ec f^ita del P. Paolo Pilastri pag. 272.
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LIBRO I. GAP. III. 67
àg. Bamuttniele Sepetti» che il giorno 10 febbrajo di qo^iranno»
fra Lapo Domemcano, ano degli esecatori testamentari del car-
cHnale Niooolò Albertino, espose al magistrato di Prato , come
qnel cardinale avesse lasciata certa somma dì denaro per dar
compimento alla obesa e al conTcnto 4el sao ordine in p^
tria. (1) Intorno a dieci anni si adoperò fra Masetto in quella
fidbhrica » quando da immatiu^ morte rapito» chiose i sooi giorni
in Prato lì 11 ottobre 1310 dodiceshno anno della sua yita clan-
strale. Lo scrittore dd Necrologio di s. IL Noydla lasciò scritto
di kd 9 essere stato religioso devoto f verecondo ^ pudico f e porco
ddfacMare- Nette cote di arc^Mwra inieUigente e indusirioeo;
non pure nemico delTosio > ma infaticabile^ ed a tutti i suoi con-
(rotali carissimo. (3] Con le quali brèyi parole d viene ritratto
(1) -Diuonario geografico^ fisico, storico d^Ua Toscana, oompiUto
àk EniiMiiiiele Repetti ToL4pag. 649 — Fìreaie 1842. -p- Vaiali, Fiia
di Ificoola e Giot^anni pisani.
(2) Necrotogium Conv. S. Mariae Nw^tUae Ord. Praedic. N.® 198. Fr,
Ma^zettits conversus religiosus pariur et detfotus verecundus extitit et pu^
dicus, pauciloquens, carpentariusfuit peritus, et in ipsa arte industrius,
et architectans, devitans otium, et operosus ubique, et fralribus omnibus
gratus. Obiit Prati operi ecclesiae fratrum nostrorum presidens et insi~
Siene anno ifom. 1310 quinto idus octobris Fixit in ord,ann. 1 2 i^el circa,
È à* aopo avvertire come nel Necrologio novellano il vocabolo carpento^
rius, che importerebbe falegname, è sempre usato nel senso di architetto,
come può vederit in molti luoghi, ma segnatamente nell'articolo di fra
Giovanni da Campi che è eletto carpentarius , e non pertanto fu valen-
tissimo aKhileito. Alloraquando il Necrologio vuol dinotare un ^legname
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OS MEMORIE
l'animo 800; e sq yi è (adota tanta parte (fi sua vita , ri è però. Il
che monta aaiaissimo, basterolmente chiarita la di lai virtù. Dei
ianrori da questo architetto eseginti io s. Domenico di Pfcalo mal
potrebbesi dar giudiiio al presente, perdoechè incendiala nel
1647 qodla diiesa , yenne in quasi tutta la parte mtema riedifi-
cata con disegno (fi Baccio del Bianco (1).
MogKo ci è dato appreoare fl merito degU altri due architetti
lira Albertino Maoantie fra Borghese. Il primo ayea aortiti i natali
m Firenze nel popolo di Or San Michele iiìtorao all'anno ISGO. Dui
nome dd padre soo che fu Cambio potrebbesi tòrse trarre aiigo-
mento a aospettare esser desso congiunlo in parentela con fl ce-
lebre AmoUb, il qnale non fa figlio di Lapo, come per errore
scrisse il Vasari , ma si di Cambio , come provò il Baldinacd (2\
Vesti r abito religioso in s. M. Novella nel 1284 , quando lira Si-
sto era in Roma , e fra Ristoro era morto in Firenze Y anno innan-
zi. Per anni trentadnque servi a Dio neU'instituto dd frati Predi-
catori, e ottenne lode d* indostre architetto. N^ anni sessanta,
o in quel tomo , passò di questa vita nd suo convento di s. M.
Novdla fl 1319 (3).
Fra Borghese maggiore nell' età al Mazzanli era nato in
Firenze intomo al 1250 , da un tal maestro Ugolino architdto di
a«a il vocabolo di Ugnariut o Ugnorum faber. Goal leggeti negli articoli
233 e 321. NelGlouariodel DacangenÒQ ne rìnTenni però aìcon eaempio.
(1) Re ITTI loc cit.
(2) Notizie dei professori del disegno, ec toI. 1.®
(3) Necrolog. n.'*216. «F. AU>ertinusdict.Ma%*anteJiUus Cambi^pcp.
s. MichaeUs in Orto, carpentarius , et in edifiàis et ojfioinis fratrum
construendis peì*subtilis , obiit 1319 vixit in crd. circa 35 ann. »
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UBRO L GAP. UI. 69
^ dalquftleafrà (adkiieate appreri irudimeiiU dall'arte.
AUoiqiiaado pioièstò riastiliito Domeiiicaao io s. H.. Novella,
die Al r anno 1973 e fiMTse vigerioio deD'età sna^ erano latUyia
loqiieloonTeDloidQehMìgoLarchHeltifraSttto efraBslofo dai
quali polè rioerere esempi e consigli per eoDdursi a perfe-
aoae. Si preparavano appuata in quel tempo i materiali del
movo ediizio. Qoando ne fti poeta la prima pietra dal cardinale
Latino llalafaranca Tanno 1279 , fra Borghese potava digià aver
talpericia ndl'arte da oEforire l'ingegno e la mano al lavoro. Per
tempo brevissimo , e forse non più che otto mesi , 1 due primi ar-
chiCeCti diressero la fabbrica di s. M. Novella, invitati quindi ad
operare in Roma nel Vaticano dal Pontefice Niccolò III come ab-
biamo altrove accennato ; a niuno pertanto meglio che a fra Bor-
ghese poteva affidarsi l'esecuzione del disegno di quella chiesa.
Aggiuntosegll fra Albertino nel 1284» unitamente condussero
quella fabbrica per non brevi anni. E invero da un importante no-
tiaa rinvenuta dal P. Richa della compagnia di Gesù, si deduca
per ragionevole congettura che, ad ambedue sia dovuta la nave
orientale, costruita Fanno 1307, quando gli architetti fra Gio-
vanni da Campi , e fra Jacopo Talenti non avevano ancora vestite
le divise Domenicane (1) . Alternar fatiche e orazione , va-
(1)LU>rodi Ricordanze del eoa. di.t. M. Novella, sego. P. «^307. Jean»
UmpiaMione di fra Inolino Mintrbeui^ che vestì V abito di s. Domenico nel
1296, i Minerb€tii diedero fiorini d^ oro 300 oo quali ti fece la nat^e di
dues€ vereo la fnazaa vecchia, e furono dipinti in alio a f inesco Andrea di
Niccolò Wnerbetti, e Francesca sua donna, » Rkuu, Notizie Storiche deU
le chiese fiorentine voL III pag. 25.
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70 MEMORIE
gbeggiare il belio dell'arte, e per essa sollevare ?ieiiieglior animo
alcielo;associareaI genio esteiiooraosterezza del aolitario^eoooia
breve tutta la vita che'l boon frate Borghese menò per il ooi^di
anni quaranta nell*iiistitato dei frati Predicatori; finché ebbdoQio
cfaiaHiato alla pace dei giusti nel giorno 20 febbrajp dell' anno
1313 (!]. Molta lode panni doversi a questi due arohitelti per
aver saputo incarnare in parte il primiero concetto <fi Sisto e Ri-
storo; parciocchò ove in opere cosiflEeitte manchi la perizia negli
esecutori , viene o in parte o in tutto a menomare la bellezza del-
l'edifizio.
Nel tempo che fra Mazzetto dirigeva la fabbrica di s. Dome-
nico di Prato » e il Borghese e il Mazzanti quella di s. M. Novella»
alcuni religiosi o architetti , o solo intelligenti di quest'arte ne im-
prendevano altre assaissime in tutta la Toscana. La chiesa di s. Do-
menico di Pìstoja, i cui principi risalgono al 1280 o in qud tomo,
venne innalzata probabilmente come quella di Prato con disegno
di fra Sisto e fra Ristoro, e ne guidò tutli i lavori qud P. Pa-
squale dall' Ancisa , che già vedemmo moderare eziandio qudli dd
tempio novdlano dal 1279 fino al 1284. Dovette egli pertanto es-
sersi recato in Pistoja in quest'anno dopo aver lasciato in Firenze
il P. Rainerio Gualterotti che gli succedette in queir uflSda Con-
temporaneamente, osolo da breve intervallo divisi, sorgevano
(1) Necrol n.® 211. /V. Burgeruit eonversus filius oUm magistri
Ugolini CarpentariI, uulis et sedulu» arca opera tam eccUsie, quam oon^
ventati otium deyitavit, in nullo corporit sui parcetis , fuit solide vite, et
bone religionis\ sequutus antiquorum fratrum vestigia» ì^ixit in ord, ann^
40 et 1 mens. obiit anno dom* 1 313 die 20 febr.
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UBRO I. CAP. ni. 71
toni quelli ob{mzì die i frati Predioatori possederano gli andati
secoli odia Toacana, alcuni dei quali aaq[>liaU Ba tempi sacoessi-
Ti, adcfireonero conventi. Essi erano in numero di otto, a non
contare quello di s. Vincenzio di Trìdozio nella Romagna , appar-
tenente esdandio a s. H. Novdla. Quello di s. Domenico di Figline,
gro990 borgo sulla strada che da Arezzo mette a Firenze era do-
vuto alle cure del P. Pagano degli Adimari, che ne dfaresse la fab-
brica 9 e che fu poi compiuta dal P. Piefro Macci religioso assai perito
ndle cose di architettura. Al Macci ugualmente doveasi quello di
8. Maria a s. Casciano sulla strada che da Firenze conduce a Sie-
na. Quello di s. Giovanni in Val-d' Arno venne costruito per ope-
ra dì fra Giovanni deU' Ancisa. U primo e l' ultimo dei quali , non
cbe qudlo di s. Nicccdò di Monte Lupo, eretto per la generosità
di mona. Simone Saltarelli Domenicano arcivescovo di Pisa , ave-
vano unito uno spedale pubblico, quasi sulla foggia <fi quelli che
si dissero eretti anticamente presso le porte di ogni città , onde
raccogliervi i pellegrini (1). Per siffatta guìs^ i frati Predicatori
(1) Nell'articolo necrologico di mons. Saltarelli, o.^ 313. leggesi
• FecU etiam quoddam ho^itale in Monte Lupo in quo omnea fratres
Praedicatores reciperentur ad comestionem et dormitionem, ibi etiam or^
dinmni bonam éUmosinam prò aliis pauperibus, » Questi ospixi, oltre i
già ricordati erano, t Antonio e s. Gio?anni Battista della Querciola
a CaateUo. 8. Tommaso di F(^a no appartenente al convento d'Arezzo: la
ss. Annunziata in s. Gemignano, appartenente a quello di s. Domenico
di Siena; e a. Maria dell* Ancisa. Bohùmiaiktn Cronaca annalistica MS.
Tol. 3 pag. 307. Di alcuni di questi ospizi si trova fatta menzione nel-
l'articolo necrologico del P. Pietro Macci , che per la sua importanza
non possiamo omettere di trascrivere. N.® 100. « /*. Petrus fiL Gaù'gai 4^
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72 MEMORIE
vollororicambiarela carìCAt oboi popoli deUaTo6caiiaaTe?ano altra
fiala loro usata odi' aoooglierli negli spedali di s. M-Maddaleoaia
Siena.edinqqdlidis. Paolo e di $.Faiiorazio io Firease, quando
ignoti, priyi di proleziooi, poveri , oOnrivansi la prima volta alla
loro pietà. DaUe quali fabbridie erette per la più parte con ardii-
tetti» muratori, scarpellini dd solo oonvento di s. M. Novella,
ognuno potrà di leg^ri dedurre il num^o.e il valore degli ar-
tisti medesimi
Maccis sacerdos et predicatar, canicr bonus ^ scriptor gt'oiiosus , oonver*
saiione guietus , et fratribus gratut, ingeniosus circa mechanicà, et ad
edificia construenda industrius : fiat supprior in cotu^entu Fiorente insu^
per -consolationi , et recreationi frmtrum nostrorum studiose int^igilans,
et altof'um etiam pauperum hospitalitati intetideìis , Itospitale de fUghino
sibi a fratre Pagano de quo dictum est si^ra , sibi eommissum , md quem
prindpaliter pertinebat f sua edifiean^it industria , lectos ibidem, et aiim ad
hec necessaria cum multa diligentia procurando , et quaUur fraires mo-
stri omnes ibidem st^fficientem reffecUonem haberent jam discreUj quam
provide ordinavit, ad quos pleniori ferebatur affectu- Fratre autem Paga^
no predicto viam universe carnis ingresso, cura hospitalis ipsius est ei
prinapaliter eredita a Magistro Ordinis, qiù super ezcrescentibus pos^
sessionibus supradicti hospitalis, utpote fideiis dispensator et pradens^
territorium emit in s, Cassiano^ et locum profratribus simili modo rm*
piendii cepit edificare ibidem, quem moru preventus non potuit consw
mare. Mie hujus libelli, ( il Necrologio) et cronice compilator extitit,et
inventar : vixit in ord. attn^ 41 ob, ann, dom, 1 301, 1 1 juUi.
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13
CAPITOLO rv.
Di alcuni architetti Portoghesi del secolo XIH.
Innanzi a (u(tì gli architetti toscani die al)bianio rioMrdati ,
aTrenuiìO dovuto collocare per ragione di età tre portoghesi
chiari per dottrina' e santità di vita » i quali seppero accoppiare
alle fatiche apostoliche la cultura delle arti ; ina non che faces-
sero di queste seria occupazione , appena si trova che alcuna
fiata vi dessero opera. Per la qual cosa meglio che tra gli ar-
tisti forse doyeansi annoverare fra i cèldri banditori della di-
vina parola se , l' esempio del Milizia , che loro die luogo onorato
fra .i pia celebri ardiitetti antichi e moderni , non ci avesse
consigliato diversamente (1). Sono questi il beato Gundisalvo » il
beato Pietro Gonzalez, ed un certo ven. P. Lorenzo; i quali sotto
una sola appellazione meglio son noti col nome dei tre santi ar-
chitetti; dalla vita dei quali apparirà sempre più manifesto quel
vero che noi ci siamo studiati provare, come le arti nei bassi
tempi per opera dei claustrali si improntassero di un indole
eminentemente religiosa.
(1) Memorie degti architetti antichi e moderni joh i lib. 1 cap. 2.
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74 MEMORIE
Il b. Gundisalyo nato nella diocesi di Braga nel Portogallo»
assai provetto aveva vestito Y abito dei frati Predicatori. Tratto al-
Tamoredella solitudine , si costmsse alF uso degli antichi padri del
deserto, una cella ed una chiesuola in luogo romito» tre l^he
dalle sponde del Duro, su i oon6ni della provincia che dicono
Tras-os-montes. Da questa solitudine detta Amaranta si in-
titolò il santo anziché dalla patria. È cosa degna di considerazione,
che molti presi dalle sue virtù e dalla sua eloquenza» si tol-
sero a fabbricare abitazioni intomo alla cella del santo; e
da si umili cominciamenti ebbe origine la città di Amaranta.
Al b. Gundisalvo viene da tutti gli storici attribuito un magni-
fico ponte di pietra sul Timaga , opera di tale solidità che potò
reggere per quasi sei secoli, alle piene gravissime di qud tor^
rente. Li 10 gcnnajo dell* anno 1259 il santo architetto passò
alla gloria del cielo, ed in quel giorno stesso la chiesa cattoli-
ca ne celebra la memoria.
Il b. Pietro Gonzalez, volgarmente appellato $. Telmo f
era nativo della città di Astorga nella Spagna , ma passò
gran parte del viver suo nella città di Guìmaranez nel Por-
togallo , ove si dedicò alla salvezza delle anime col mi-
nistero della predicazione, ed ivi chiuse i suoi giorni il 15 aprile
1246 f onorato atìch' esso di pubblico culto. Gli storici lusitani , i JmI-
landisti , e, sulV autorità di essi il Milizia ; lo giudicano autore di un
bel ponte sul Hinho fra Rivada via e Ormse, opera, scrive lifi-
ehele Piò, troppo grande ad ogni gran re , l(tvorando et stesso e
assistendo come se fosse un manuale (1). Il P. Antonio Touron
(1) Delle Vite dt^li Uomini Illustri dell' Ord. di s. Domenico par. 1.*
libr. 1 pag. 3.
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LIBRO I. GAP, IV. «rS
crede che i suddetti scrittori cadessero tutti in errore per la so*
nùgliaitta dd nome, dap|k)iebé, ei dice, ilb. Gundisalyo neirì^
dkxna portoghese yien dettò Gonzalez ugualmente ebe il b. Pie^
tro; e che il ponte del- quale si ragiona sia quello soltanto eret-
to dal primo sul Timaga (!)• La Tenta di questo fatto meglio
che al ToimMi dovea esser nota agli storici lusitani, ma co^
monqiie sia non abbiamo altro saggio dd valore architettonico
di andieduè. DA yeo% P. Lorenao architetto del ponte di Ca^
Tei 9 non riuTenni alcuna notiaa. Il P. ICchele Piò fa onorata
menzione di un Padre Lorenzo ÌSeoAez portoghese, oratore in-
signe e di rara Tirtà, morto nd 1259, Tanno stesso che il b.
GundisalTO; ma die ei tosse architetto non^diee. Per quanto po-
Tere siano queste memorie, d contòrta non peHànto il pensiero
di Tedere tre rdigiosi occupati in opere di piAblica utilità, e
onorar l'arte con Tita e costumi santissimi (2).
(1) Fie* des Hommes lUuitret de tOrdre de ». Dominique vok 1.
Ut. 1.
(2) Sooa agualmeate celebri nella Spagna i due tanti arcbìteUì,
Giovanni di Ortega e Domenico della CaiMada de' quali ragiona il Miliiìa
Memorie ee. lib. 1 cap. Z
mi^
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7G MEMORIE
CAPITOLO V.
Notizie iniwno la vita -e le ùpere di Fra Qiiglietmo da Pi$a
seultore e architetto. -^ Condizioni delta scultura m Italia nei
primordi del secolo XIII -^ Prirn lavori di Fra Ouglielmo in
patria ed in Bologna,
t^hi si fa ft ricercare la gloria di Pisa nelle arti non speri
rinvenirla nel sonno torbido ed irrefiieto che dormi sotto dei
Medici; ma nei giorni d^ battaglia di Ifont'-aperti» o nella tre-
menda lotta con Genova , quando vedeva oongiivate a suoi da»-
ni tutte le città guelfe della Toscana. Allora è che Niccola pi-
sano STolgendo i germi lasciati da Giunta e da Bonanno^ con-
sultando l'antico, e più cbe l'antico il vero, fondaya tale una
scuola di scultura e dì architettura , cui dcbbesi lode di aver
ricondotto in Italia il buon gusto nelle arti. Scuola nobilissima
dalla quale uscirono Arnolfo» Giovanni e Andrea pisani , ec
Cosi a que' lieti cominciamenU avesse risposto il mezzo e il (ine ; ma
r infelice repubblica prima dai Genovesi prostrata alla Hdoria ;
poi insidiata e presa da Castrueoio{ dall'infame Appiano ven-
duta , qual vittima che si dibatte e che muore , lacera e san-
guinosa cadeva in potere dei Fiorentini. Allora le arti seguita-
rono la potenza e la gloria dei vincitori; e solo a quando a
quando volsero un sorrìso di riconoscenza a quella terra ospitale
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UBRO 1. GAP. V. 77
che ayeya presiodoto al loro ffsorghnento. Fra qpei grandi
che Miooolà educava aliarle cosi dello scolpire come del fabbri-
care, aimniraTasi an giovine, che d'ingegnò forse gareggiava
con tatti, e fìicilme&te nella pietà e ndla chiarezza del sangue
vinceva!!: il quale poi vestito T abito di frate Predicatore; fu il
primo che vi operasse di scalpella E perdio da molti sono tu(ta^
via ignorate o misd note cosi la vita come le opere^ noi ci stu-
dieremo farìe meglio conoscere ed apprezzare:
In Pisa da famiglia onorata nei primi seggi della Repub-
blica nacque fra Guglidmo Agnèlli. L'anno si ignora, né saria
fadle rinrvenirlo in tanta osicurìtà della storia , e in tanta pover-
tà di notizie die di lui ci furono tramandate (1). Il P. ìGcbde
Pfiò , senza apportar documenti , anzi mostrandosi ignaro di quan-
to ^xHiceme la vita di questo scultore, ci condurrebbe a cre-
dalo nato nel 12S; al che si oppone evidentemente la storia,
come vedremo a suo luogo (2). Bfeglio fora pertanto confessar
d'ignorarlo; e ove si volesse andare per lecongfaietture, dirio
(1) Il cognome Agnelli taciaio nella* cronaca originale del cony.
di a. Caterina di Pisa, ignorato dall'Alberti e dal P. Piò, fu noto al
P. Serafino Rani^ all'abate Grandi, aj signor Da Morrona, al Gardo-
ti, ec Pretto che tutti gli danno il titolo di beato. Il Raszi ci ha con-
teryato per toprappih il ritratto e lo ttemtaia della fiuniglia, che era un
agnello in uno tcudo bianco con tre sbarre rotte; e daU'ettere comu-
ne al beato Agnello AgneUi ugualmente pttano, religioto dell'ordine dei
Minori, ti deduce con molta probabilità che pastatte fra ambedue al-
cun grado di pafentela. Nel 1368^ GioTanni Agnello era doge di Pisa.
(2) Viu degU Uomini Illustri , ec lib. 1 ."* pag. 1 S5.
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78 MEMORIE
nato nel 1238, o io quet torno. Area Y Agnelli sortita dalla na-
tura un indole buona , che i consigli e gli esempj de' suoi indi-
rizzarono facilmente alla yirtù ; onde cresciuto negli anni e già
chiaro ndla scultura , ottenne dai popoli opinione e lode di uo-
mo santissimo. L'ingegno ebbe pronto e sveglialo, ma più che
delle scienze o ddle lettere, studioso del bello che si appalesa
nelle op^ della natura; laonde ancor giovnietto si pose con
ottimo consiglio sotto la dbciplina di Niccola pisano, la cui fa-
ma già grande, avea superata e yinta di lunga mano quella di
Bonanno, e degli altri artisti suoi contemporanei. E ciò a mio
avviso rende ragione perchè i pisani in quella età meglio che
seguitare Giunta nella pittura si volgessero alle arti dello ^cxA-
pire e del fabbricare. Altrove abbiamo accennato quali fpssero
le condizioni dell' architettura in Italia nel secolo XIII ; e come
appunto nei tempi di Niccola avvenisse quel rivolgimento di
idee e di principii che tramutò l'arte da una felice imitazione
degli antichi metodi, ndla creazione di un nuovo e immagiooso
stile, al quale non mancava certamente bellezza e maestà. Ma^
oltremodo infelice era lo stato della pittura e della scultura;
coodosiachè ambedue dalle vecchie tradizioni e più dagli esem-
pi dei Bizantini tardate, hon osavano con generoso ardimento
infrangere le catene di queUa servile imitazione, e togliere ad
esempio e modello la natura, fondamento essenzialissimo dell' ar*
te. Non pertanto se ben si considera la pittura era venuta in
assai peggior condizione, perdocchè i tempi e gli nomini ave-
vano distrutti i capi lavori del greco e del romano penndlo;
laddove la scultura poteva giovarsi tuttavia di molte statue e
bassi rilievi antichi sopravanzati alle barbariche devastazioni;
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UBRO I. GAP. V. 79
e questa fa la vera cagione p^robè imanzi alle arti latte pri-
ma a risorgere fosse la scaltora. QoÌQdi abbendiò molto si sto-
dìassero rialzarla, e forse non del latto inrelicemente, Benedet-
to degli Àntelani in Parma^ Bidoino in Locca , Bonanno in Pi-
sa, ViKgelmo in Modena, Grqamonte ed Enrico in Pistoia , non
pertanto, come qoelli che o non seppero, o non vollero gio-
Tarsì deUe opere degli antichi e sovrani maestri, e molto meno
studiare la natara, non ottennio lode,eaH'arte non pcMrsero molto
incremento. Ha quando Niccob pisano ebbe tolto a stod^re in
Roma e in patria gli avanzi della greca e della romana eccel-
lenza, aiutando qqdlo stadio con la considerazione del vero,
allora certamente parve che la scultura, scossa l'antica barbai
rie, sorgesse a vita novella. Erano in Pisa due (oziosi monu-
menti ornati a Imssi rilievi: ano, opera greca, offeriva le
storie d'iHKdito e Fedra; nell'altro, opera romana, era ri-
trita la cacda di Heleagro. Nicoola in Inogo di proporre a
suoi allievi lo stodio dei Bizantini, conforlavali alla imita-
zione dei due sarcofagi sopradetti, sete ritcneado éaDa vee-
diia scooh il «Aoleggiare proprio dell' arte eristiittia , e
quelle tradizioni, le quali, anzi che alla forma aveano atti-
nenza al concetto, e a un certo modo di significaria 0 conte
Gcognara ci ha dati i disegni di molte opere di Niccda e di
altre degli aurei secoli della scultura, dal cui confronto appar
manifesto quanto studio ei vi ponesse, e come si adoperasse
imitarle nel^nndo, nel panneggiare, nella espressione; tacendo
prova di vincere tutte le difficdtà che a quel primo tentativo
si attraversavano (1). E come era eziandio valentissimo ndlc co-
(1) Tedi le Uvole XIII e XIT della sua storia della Scultura.
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80 MEMORIE
se deffarchiteCtcmi, nell'ona e nell'altra ammaestrava i disce-
poli 9 per guisa che poi tatti qaal piò qaal meno riuscirono ec-
cellenti in ambedue le arti. Quando Y Agnelli si pose sotto il magi-
stero di Niccola pisano poteva trovarvi compagni eziandio Giovanni
figlio di lui, Arnolfo e Lapo fiorentini. L'arte in quel secolo e
nel seguente non aveva ancor tolto ad abbelBre le abitazioni dd
grandi, ma solo minisira del cuHo, traeva dalla religióne non
pure le inspirazioni, ma le cagioni dell' operare. Guglielmo non
pago di ofTerirle F ingegno e la mano, volle (arie sacrifizio di
lutto sé stesso, ed abbracciò in patria , a quanto sembra nel 1287
l'institoto dei frati Predicatori nel convento di s. Caterina; e
fosse umfltà, o desìo di meglio attèndere all'arte, volle essere
annoverato fra laici.
I Domemcani erano stati accolti in Pisa Y anno 1221 ; e co-
me era avvenuto altrove, per Tafflùenza grandissima del popo-
lo che traeva ad udirli bandire la divina parola ; furono ben to-
sto nella necessità di erigersi un nuovo e più vasto tempio. Nel
1282 posero mano alla fabbrica , e crede il sig. Alessandro da
Horrpna, che II disegno fosse dato da Niccola, ma 1' es^
cuzione sia dovuta a (hi Gngliehna Conceduto però che questi
nascesse nd 1238, Y opinione del dotto illustratore di Pisa mal
potrebbesj sostenere , conciosiachè egli avrebbe avuti soli quattor-
dici anni , età non convenevole a quel lavoro (1). Opina eziandio lo
stesso scrittore, die a dare un cotal saggio del suo valore nella
scultura , Y Agnelli ne facesse sperimento nella facdata della chie-
sa medesima , la quale potè essere Ultimata non pochi anni dopo.
(1) Pisa niustrata^YfÀ. 2 p. 1." $. 5.
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LIBRO L GAP. V. 81
Nei tempi del Iforrana «mmiravasi mi topralBDo lavoro di scal-
peOo DeHa grande formella sferica posta nel inezio di qudla fao>
data » ma oosi essa cbe altri lavori di scnlttira che l'adornavano fo-
rano o Udii o malconci ndb scorso setola Che fra Gnglidmo
molto operasse nella fobbrica dd convento è indobitato per V an-
loriti della cronaca di S. Caterina; e nel 1373, dovea essere in
gran parte oompiato, essendovisi raccolti i padri a generale capi-
Udo, fra qialrammiravasi qnd raro onore d'Ilalta s. Tommaso
dì A91Ì110. Noi avremo altra fiata occasione di favellare di que-
sto convento , ove fiorirono in ogni età rdKgiosI di grande pietà e
dottrma; e che ha il vanto di aver dati all'Italia tre de'snoi più
tersi prosatori, fra Bomenico Cavalca, fra Bartolomeo da S.
Goiicordio,e fra Giordano da Pisa (1).
Fra i primi lavori che di architettora operasse l'Agnelli sem-
bra doversi annoverare il campanile della Badia di Settimo nelle
vicinanze di Firensse, leggendovisi in nn marmoreo cartello
G|JGLI£L. MB FbCIT.
Il Morrona lo crede innalzato dal nostro frate ; e il Vasari vi rico-
Qobbe un discepolo di Niccola pisano, che seguitava fedelmen(e
(1) Ci è grato poter annaozUre come la preziosa cronaca di c}uel
conTeoto compilata dal P* Domenico da PeccioH sulle notizie lasciate
dal P. Bartolomeo da & Còncordio , mercè le cure del eh. piofess. Fran-
cesco Buooaini sarà in breve pubblicata ed inserita peli' Archivio Storicq
itaiiano adito da G. P.^ Vieusseui.
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82 MEMORIE
le (racoe dd maestro (1). Potendosi eoo molta ragione congettn-
rare, che avendo Nìooola a termine condotta la foUNrica di qodla
Badia, per le molte e gravi commissioni che di continoo a Ini si
offerivano, lasciasse a fra Goglielmo la cara di erigere con suo
<fisegnoil campanile della medesima.
Nel ten4>ocbe sotto la scorta dd maestro l'Agnelli attendeva
in patria e foori a qnesti e simili lavori , i Domenicani ioi Bologna
erano venati in questo coosigUo^cbe al santo fondatore dd loro in-
stilato fosse da erigere tal monnmento che l' Italia non avesse
pari in qael tempo. Ad opera tanto grande, invitarono molto av-
vedatamente Nicola pisano e fra Guglielmo, intorno al 126& E
perché qaesto fatto è della più grande importanza n^a storia
della italiana scultura; ci faremo a parlarne alquanto diste-
samente.
Lasciò scritto Giorgio Vasari , che r ama marmorea la qua-
le rinchiude le ceneri di s. Domenico, venisse scolpita da Nio-
cola nel termfaie di sei anni, dal 1223, al 1231. Questa data
ammessa da tutti per vera trasse tutti ia errore, e ciò che sem-
bra diflBcìle a credersi. Io stesso con. Leopoldo Gcognara. Un
leggier dubbio ne avea non pertanto mosso il Malvasia, e que-
sto bastò alla critica del chiarissimo sig. march. Virgilio Davia
pei' travedere la verità e sospettare dell'epoca vera, abbeachè
non giungesse per difetto di notizie ad averne certezza (2).
(1) Fiia di Niccola e Giovanni pisani,
(2) Memorie Storico^ Artistiche intorno ali* Arca di s, Domenico,
del mardi, Virgilio Davia. Un voi. in 8.® Bologna 1838. Tipi deDa Volpe
al Sassi. Opefetu assai pregevole e per le notizie che racchiude , e per
il guslo squisito del eh. autore in fatto di belle arti.
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LIBRO I. CAP. V. 83
SeDdvava a tutta ragione air autore della Felsina Pittrice, che
imaiìzi alla canonizzaziòDe di s. Domenico , non si potassero scol-
pire sul suo sepolcro le gesta miracolose del santo; e per giu-
sta illazione quelle storie essere state eseguite troppo posterior-
mente. Prendiamo ad esame la storia.
S. Domenico di Guzman ayea chiusi i suoi giorni in Bologna
fi 6 agosto 1221., n sacro corpo deposto in una cassa di ìegao^
era* stato tumulato a parte , senza alcun segno di onore e di ri-
verenza. I firati stessi a- evitare la taccia di venali incorsero
in quella (fi disamorati e d* ingrati , perciocehè impedirono il culto
e tolsero i voti che i fedeli portavano al luogo del tumulo per
le grazie ottenute. Ben dodici anni rimasero i preziosi avanzi del
gran Patriarca in tanta umiltà di sepolcro. Finalmente il Ponte-
fice Gregorio IX ingiunse al. beato Giorclano di Sassonia, se-
condò g^ìtt^le dell'Ordine, di trasferirU in luogo più decente,
e le dar principio al processo per la solenne canonizzazione del
santa Nel giorno pertanto 23 di maggio dell' anno 1233,
presenti l'Arcivescovo di Ravenna, il Magistrato della città di
Bologna, e innumerevole moltitudine di popolo, tolta di terra
la cassa di legno ove riposavano le ceneri del santo, apertala e
riconoscrato il cadavere , questo venne nuovamente chiuso in un ur-
na di marmo, o come altri scrìve, di pietra. Di ciò abUamo un
assai prezioso documento nella lettera che il beato Giordano sud-
detto diresse all' intiero Ordine dei PP. Predicatori in quella oc-
correnza (1). Deducesi dal fin qui detto che le ceneri di s.
(1) Gio. Bàtt. MiLumi, f^ita di j. Domenico, Appendice P. 2.* Dei
Monumenti i ìli. Epist. b. Jordani. alnstrumentis fabrilibus lapis duriori
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84 MEMORIE
Domenioo fino al giorao 23 maggio del 1333 eraao riaiaate chiu-
se in un umUe sepolcro di legno, e per dò Galsa la narraàooe
del Vasari Che poi l'urna in ohe vennero posteriormente rac-
chiuse fosse senza alcun opera di scultura , è indubitato per al*
tra ugualmente preziosa memoria die d è rimasta. Con ciò sia
die nel giorno 5 giugno ddl'anno 1267 essendosi fSeitta una se-
conda traslazione di qud sacro corpo, il beato Bartolomeo Ve-
scovo di Vicenza , dell' Ordine dd Predicatori , presente alla me-
desima, ne scrisse una pienissima rdazione in forma di lettera,
ed in essa dichiara apertamente, come T Ardvesoovo di Raven-
na trasferisse le reliquie dd s. Fondatore, de twnule lapideo
non caelat^j ad marmareum et caekUùm (1). Solo in questo di-
scordando da quanto ne lasdò scritto Oiordano di Sassonia , dia
questi dice marmoreo il sepolcro die il Vicentino appella lapideo.
caemento sepidlcro comfMtginatus auftrtur: et crai de subtus capsa lignea
terrae suffossa ec Delatum est corpus ad monumentum marmoreum
cum propriis aromatibus ibidem recondendum. »
(1) Ibid. $ IV. Malgrado ti evidente dichiarazione del b. Bartolo*
meo vicentino il eh. Davia scrìve « E tanto pia riescirh verosimile la
proposta data del 1 236 ( €Uino che presso a poco fissar deve la data della
fattuì*a del pisano ) ec Memorie , ec P. 2.* Append. 1.* Egli è evidente
che 8e nel 1267 il sacro corpo era tuttavia^^ìn un sepolcro di pietra o di
marmo senza opera di scultura^ non può aflRermarsi che Niccola fino
dal 1236, cioè 31 anno primti lo avente eseguito. Vero è che in seguito
il Davia mostra dubitare dì un epoca posteriore, ma la lettera del vi-
centino parmi dovesse chiarirf^i l'anno di quel lavoro, anche aeaza il
documento, che noi^ produrremo.
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UBRO 1..CAP. V. 85
DigGrepaina nata prokakilasente dalla fiialUà rtetsa dèUa fio-
tra ohe vevoè allora adopenUa. E jenaàMe segghinge Mh-
chde Piò, fuse di seii4)Uee peira, biaaoà fero e bella, ma
rotaa p quadra teooodo Vnao dei iemfi. Ciò Imstia cdiarire IV
ipooa Tera di quel maravigligso laverò di Nieoola Pisano. Se no*
che tengo- per nMfcttHtalo ebe soto nei primi dd 1966*
e forse dcon tempo innanzi ei lo abbia eseguito; penìoodhé leg-
gesi nella Tita diioi come li S9 settacihre del 1266 si recasse
in patria, e oon frate Mdano CSsteroense Termasse il contratto
di scolpire Q palpito del duomo di Siena , oon obbligo di con-
darlo a termine in sn solo anno, siccome lece. Per k qaal cosa
nel settembre del 1267- NiQcola Pisano era tnttavia in Siena. (1)
Gbe poi fra Guglielmo fosse presente alla traslazione suddetta «
▼ien narrato concordemente da' Leandro Alberti , dal Melloni ,
dal Piò e dal Razzi (2) ; i .qQalj ahhenchè non dicano se ciò avre-
(1) CìcoGMàMk, Sior^ della SeuU. lib. 3. -^ P. Giniuiliio I>k.l4 Yuui
LtUertSanesi^ toL 1.^ Lett. XVIII. Di quel maraTÌglioéo lavoro del
pulpito di Siena, NiccoU Pisano non ebbe di mercede che sole lire 651
Frate Melapo CisCercenae era uno degli opera) del duomo, e credo au*
cbe camerlingo. Nel 1271 si trova essere stato incaricato dalla repub*
blica di Siena di far riedificare la distrutta chiesa di s. .Cristoforo. E
nel 1291 si trova un fra Domenico dell'Ordine degli Umiliati operaio
della fabbrica di Castel Paganico in servigio della stessa repubblica. Lei"
tere Sanesi ec Létt. XXIV.
(2)L. kiMmDe Viris lUustr» Ord. Praed. lib. VI pag. 261. Mbllori,
Fita di s, Domenico cap. XXIII pag. 128 in nota. P. Michblb Piò, f7<e
digli Uomini Illustri di s. Domenico ^ lib. iP pag. 1 34. P. Sisàfiro Razsi ,
Fiu dei Santi è Beati del saero Ordine dei frati Predicatori.
6
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86 MEMORIE
nisse iieDa prima o DeHa seconda ; si dednoe non perfanlD fodl-
menle dover essere m quella del 1397 perdocchè ayoraquàndo (ta
fatta la prima traslazione V AgndK non era ancor nato. A
questo termine erano le congetture, kitomoil tempo e Fauto-
re che condusse quelP opera di scultura, e cosi prossime al
Tero da aver grado di morale certezza. RimaneTa soltanto che
per alcun autentico documento di que* tempi o a quelli yldno,
si portasse a quella maggiore evidenza che può dare la storia.
Fatto adunque ricerca dell'antica cronaca originale del convento
di-s. Galerìna da Pisa, che niuno a quanto- sembra aveva a tal
prqx)sito consultata, si ebbe tosto chiarito che ambedue i pi-
sani , maestro e discepolo, scolpirono il monumento nel tempo
che noi abbiamo indicato (1).
(1) (( Hic ( fìr. Gulietmus ) cum, beati Dominici corpus tandisBimum
in ioUempnìori tumulo tevaretur guem scuipserani ( sic )magistri NicoU
de PisiSf Policretior manù, sociatus dieto <a*Mtettori , ec
Debbo aUa gentilezza del eh. tig. profeas. F. Buonaiai di aver pò*
tuto estrarre questa e altre notizie daUa cronaca del ceoT.di s. Cate*
fina di Pisa.
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«r
CAPITOLO VI.
Descrizione delFArca di S. Domenico in Bologna — . Parie che
ti ebbe Niccola Pisano e Fra Guglielmo — Scultori che vi
^ operarono nei tempi sttccetsici
Il monuineiito ohe volganDcnte appellasi ¥ Arca dì ^ Do^
ineaico , è ndla sua altezza totale, dal pavimento fino alla pio
cola statoa dd Divio Redentore die s' iimatea salla dmasa , me-
tri 6, e centimetri 11. Nella longhezzametri 2,e centimetri ^.
Nd Oanchi largo metri 1 ; e centimetri 22. Diyidesi in tre paiv
tL Un imbasamento, TArcà propriainente detta, eoo coperchio;
il tntto di marmo statuario finissimou Esso è isolato nella cap*
pdla del santo per modo da potersi vedere da tutti i lati , e$«
sendo da o^ banda ornato di sculture. La sua forma, coma
quella dei sarcofogi di quel tempo^, è quadrilungo-rettilinea. Del-
le tre parti del monumento I^iccola pisano e fra Guglielmo non
scolpirono che l'Arca ove riposano le ceneri del S^nto, essen^
do la base o gradino di Alfonso Lombardi ferrarese; la cimasa^
ed alcune statue che l'adcnmano, di Niccola da Bari, detto an«
Cora Nicccdò dall' Urna; e i due dngtoU suUa mensa, ano di
Michelangiolo Buonarroti , T altro d'ignoto del secolo XV. Non
è punto a dubitarsi che Niccola pisano desse il ^Ksegno di tutte
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88 MEMORIE
le storie ddl' Arca proprìameofe delta , e togliesse a scolpire la
parte di fronte e le dee lateraB, affidando a fra Guglielmo la
parte posteriore. Imperciocché non è yerosimile che V Agndli
fa giome età volesse dmeotarsi a si disngoale confronta
Le storie scolpite net monomento formano sei comparti-
menti, doò due innanzi, uno per eiascnn lato, e due dietro. Le
Agore sono di mezzo-rilieTO, dell' altezza poco più di mezzo brac-
cio. Nel primo compartimento Niccola effigiò 3 miracolo opera-
to in Roma da s. Domenico, quando da morte risuscitò il gio-
vine Napoleone; e nel secondo, quando disputando nella Lin-
guadoca con gli eretici, venuti allo sperimento del Tuoco, furo-
no arsi i libri de'MiniiM, e illeso, nelle fiamme rimase qndlo
a Domenico. Le quali dne storie per. la composizicme, il dise-
gno, e segnatamente' per l'espressione sono quanto dir si possa
beOisaime, avuto riguardo all' età che vennero scolpile. Di
mesEO a questi due compartimenti fece di tutto riHevo svelta,
leggera, graziosa una statuiiia ddla B. Vergiue avente in brao«
do fl Divino suo figlio , la quale accresce bellezza a qud ricco
e squisito lavora Nel fianoo dal lato dell' evangelio ritrasse con
fino accorgimento due storie che vennero stranamente confuse
dal conte Gicognara. Una delle quali rappresenta i santi apostoli
Pietra e Paolo, i quaU al s. Fondatore consegnano il libro de-
gli evangdj affinchè quegli vada a diffonderto per la conversio-
ne degli eretici e dei peccatori; e neH* altra fece il Santo che
consegna questo stesso libro degli evangdj a suoi frati e gf in-
via a bandirio per ogni dove. Nel fianco dd lato dell'epistola
iDce una storia soltanto, la quale ricorda come gli angioli prov-
vedjcsserodicibola nascente famiglia de'fr^ti Predicatori, quando
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GoQgle
LIBRQ I. GAP. VL 80
Teouta mieiio la carità dei Cadali non arevaBo joome campa-
re la vita. Uguali .pregi rispleBdoiio m queste due storie; 9^
non die i due angioli di qaesl'iiltìiiia sono di cosi rara fadle»^
za e di cosi puro disegno, che niimo, vedute imaiiii le goffe
scalture di quella età ed eziaiHUa del secolo s^gueuie^ e oooti-
derate poi queste di Niecola » le credoebbe opera del secofe XHI»
ma di teaqpi troppo a quelli posteriori; dappoidiò il disegno»
le movenze e il pietre dei panni, tutto annunzia nn progreMO
nell'arte meravigliosa A ridosso dei quattro angoli dell' Artsa
scolpi i quattro dottori della chiesa» i quali sdbene nell'aria
daDe teste e ndla dabcurata esecuzioDe abbiano molto merito,
pure non ben proporzionati parvero al Daria
La imrte posteriore del monumento die noi giufiehiamo
disegnata da Nicoda ma eseguita da fìra Guglielmo, nei due
con^artìmenti anziché due storie ne presenta sei; tre ddle quaH
voglion dirsi piuttosto dd beato R^[inddo di Orleans discepolo
di 8. Domenico/ e tre dd santo Fondatore: e sono le seguenti
1.* Il b. Reginaldo il quale còlto da mortx> flerissimo, si abban-
dona fira le braccia di un giovane che lo sostiene, a.* La B. V.
risana F infermo e g^ addita l'abito del novdlo instituto de'frati
Predicatori, ingiungendogli di vestiria 3* Il medesimo die te*
nendo le sue mani fra quelle di s. Domenico è liberato da una
tentazione fortissima , cosi interpetra il Daria. Il secondo conn
partimento vien diviso dal primo con una bella statuina dd
Divin Redent(»re, che nd disegno non pure ma ndl' esecuzione
eziandio sembra^ opera di Niccola. Seguitala 4* storia, la quale
nppresento la visione di Onorio III Poalefice Massimo, cui
io sogno^parve vedere rovinosa e cadeoAe la basilica Latera-
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90 MEMORIE
nense, e 8. DomeDÌco ia atto di sorreggerla. La esecuriooe di
questo argomeiHa fu sempre malagevole a tutti i pittori che pre«
seto a £p]orìrl&; nudlo più dovea esserlo allo scultore per la
difficoltà di rendere la prospettiva. La 5.* offire Onorio III che
prende a disamina la regola e le leggi Domenicane. La 6.* fi-
nalmente la solenne approvazione delle medesime fatta da quel
Pontefice. Ognuno ravviserà di leggieri quanto infelicemente
fiofiaero scelti gli argomenti di queste sei storie, e quanto poco
si prestassero alla immaginazione dell' artista , laddove la vita
del gran Patriarca oflèrìva i più svariati e commoventi fatti, i
quali avrebbero come quelli della parte anteriore meglio fatto
risplendere V ingegno grandìasimo di Nicoola , e la esecuzione di
fra Guglielmo. E invero chi ha . vedute le stupen^ pitture di
Simone Memmi nel cappellone degH spagnuoli in s. Jtf. Noivélr
la, quelle rarissime dell'Angelico in Cortona e in Parigi, e lo
zoccolo o imbasamento dell' arca medesima , ove Alfonso Lom-
bardi tolse a scolpire altre storie del santo Fondatore ^^ tosto
ravviserà quanto lontano dal vero sia il detto del chiarissimo
sig. F. Rio, cui parve che la vita di s. Domenico non si jHre-
stasse quanto quella di s. Francesco alla poesia dell' arte cristia-
na. Nd che venne meritamente contradetto dal celebre Monta-
lembert, il quale con l'esempio appunto del Beato Angelico di-
mostrò Oailsa quell'asserzione. (1) E potrebbe aggrangersì ancora
(1) A. F. Rio, De la Poesie Chréttenne, an voi. in 8.** i>aris 1837
chap. Ili peg. 86. Pib fiate dorremo con lode parlare di quest' opera
imporUntiasima che tanto onora l' ingegno e la pietà del chiar.* autore.
MoiTALBMBBitT, Du VondoUstM tt du CathoUcisme dans 1^ Art, pa|; 88.
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UBRO 1. GAP- VI. 91
cbe aUorquando T Allighierì pcese a narrare le gesta di quel Giran^
de ndb Divina Commedia ci die <iqel canto duodecimo del Para-
diso cbe fira i belli può dirsi bellissimo^edi grandi e stupende im-
magini ripieno. Ma facendo ritomo ai lavori sopra descrìtti di fra
Xhiglidmo da Pisa , niuno negherà certamente essere non poco in*
fericNTì nella esecuiìone a quei di Niccola suo maestrale trovarsi
fai questa parte dd monumento molti difetti dell'età; perdocchò
non sempre proporzionate sono le membrane rìgide e dure le mo^
venze ; le estrenùtà né beo posate né ben finitele ciò che pii^ spia-
ce le figure affollate e strette le une sopra le altre. Del quale di-
fetto non debbesi a mio avviso dar colpa nèa Niccola nò al discepo-
lo, ma si a coloro i quali in spazio cosi angusto e in tali dimensio-
ni vollero si ^tlgiassero più stoHe che il luogo veramente non
comportava ; perciocché come fa altrove osservato, ove nella pur-*
te anteriore due sole storie eccupano due compartimenti, in
questa entro due se ne vollero sei. Malgrado i quali difetti niuno
che conosca le condizioni della scultura italiana nella metà del se-
colo XIII negherà che fra GugMdmo , se non raggiunse 3 mae-
stro, vuicesse non pertanto quanti in quella stagione operavano
di scultura , se ne eccettui Arnolfo e Giovanni pisano.
. A questi ornamenti di storìe che tutta fasciano e adomano
r urna sepolcrale di s. Domenico, i due artisti aggiunsero lungo
« entailUurs, comment se fait^il que V Ordre detfréres Précheurs mt
produit toni de grand artistes, et du premier rang , teU gtie fra Angelico
et fra Bariolommeo , tandis fue U nombre de ceum sortis desjhéres Mi^
neurs est infinimient moindre* Nom auouone que nous $ommes jaloux de
U mmndre peax€lU de la gioire de ». DominUfue ec. »
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92 MEMORIE
la ooniioe superiore an -fregio dì foglie di acanto frameoale va-
gamente da alcuni angdlettì ; il tatto condotto con^ bnon disegno
e diligenza infinita. Questi sono i layorì che l' Agndli esegui in Bo-
logna in compagnia di Niccola ; terminati i quali il maestro tornò
in patria 9 e il discepolo, come si disse, rimase spettatore del so-
lenne traslocamento delle reliquie del santo Padre. E dappoiché
tanto abbiamo scrìtto di quesl' urna , crediamo far cosa grata al
lettore accennando almeno i larori, che nei tempf successivi furo-
no dagli altri Talenti artefici eseguiti. La qual narrazione come
che strettamente non appartenga alle presenti memorie, non per-
tanto aTTisiamo possa riuscire accetta a tutti quelli amatori o
cultori ddle arti a' quali non fti conceduto anunirare qud mo-
numento, o loro non pervennero le preziose notizie die ne pub*
bKoava fai Bologna il marchese Davia.
Il concetto di Niccola pisano nitomo l'Area di s. Domenioo
non potea dirsi conq>iuto con le storie sopra descritte, mancando
tuttavia la base, e que'ricdìi e vaghi adornamenti che sopra e in-
tomo i sepolcri de' grandi uomini costuniavansi in qudk età. E a
cui piacesse farsi a indagare qual forse sana stato F intiero diso-
gno del monumento domenicano, ove al valente scultore fosse sta-
to conceduto mandarlo ad efletto, deve a mio avviso richiamare
alla mente quello che alla regina di Cipro ergeva intorno a quei
tempi Puccio in Assisi (se veramente dì Puccio é quell'opera) , e
al b. Benedetto XI in Perugia, Giovanni pisano; quel di Guido
Tarlati ni Arezzo, opera beUissìma di Agostino e Agnolo sanesidd
secolo XIV, o meglio ancora il magnifico altare della chiesa cat-
tedrrie di quella stessa città , ove riposano le sacre ceneri del
vescovo e martire s. Donato, cui Giovanni pisano ergeva tal
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UBRa I. GAP. VI. M
moiiiiineDtOy die sene eecettoi quel di 8.AgostiiìomPaTÌa,iiOQso
qoal altro lo Tinca o l' ugnagli in Italia (!]. Tatti questi mona-
menti e altri di qoe'tempi e a quelli yidni si adomavano non pu-
re con figure di tutto o mezzo riliero, ma eziandio con Topera
deir ardìitettura ; e sono pur raghe a vedersi qudle colonne spi-
rali sottilissime, sorrette da animali simbolid; que' tempietti go-
tici, quelle guglie intagliate a serafini trafori ; qneUijmgicdicberi*
BHido daDHina e dall' altra banda le oorfioe lasciano vedere la statua
giacente dd santo o dell'eroe; poscia nella base rabeschi in sraal-
io o musaico, e in ultimo chiudersi con una rozza si, ma aSettoo-
sa e devota iscrizione che invita il riguardante aila prece, o gli
riovda fl coninn fine degli uomini. Fosse diflatto di meoi o altra
a noi ignota cagioiie, intcumo a due secoli rimase Farea di s. Do-
menico in quella forma die avea ricevuta da due pisani sculto-
ri (2). Fhiahnente ranno 1469 i tirati Predicatori vennero nella
unanime determinazioQe di compiere fl monnmento m modo de^
gno dd gran Patriarca del quale racchiude le ceoeri. Le^iesi
(1 ) Il magnifico monomento di s. Agostino in PavUfu giudicato dal
conte Cicognaim opera de^i aHieTi di Agostino e Agnolo sanesi. Ebbe il suo
oominciamento li 14 dicembre 1362. Al presente decomposto in tntte le
sue parti giace in una stansa contìgua alla cattedrale. Era largo br. 2,
alto 1, lungo 5. Vi sono fra grandi e piccole di tutto o meteo Hliero
ben 290 figure- Costò ai religiosi Agostiniani pih di 4000' fiorini d'oro
di sole mercedi. Star, deità Scutt. libr. 3 cap. Y pag. 291 .
(2) Fiào alla metà del secolo XY Tenifa soprapposto aU* urna mar-
morea di s. Domenico un umile copercbio dì legno^ cui nei di feslÌTÌ
soprappoQe?asi un drappo d'oro.
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04 MEMORIE
tuttavia nel libro delconsigH dd coovenlo di s. Domejuico di Bo-
logna Tatto con il quale nel giorno 9 luglio dì quell'anno decreta-
vasi dai padri il lavoro , e se ne affidava V impresa a Mae$tro
Niccolò di Paglia scultore insigne: e con altra deliberazioiie
delli 10 agosto di quell'anno ^esso si concedeva all'artista stanza
in convento (i). Come ai religiosi non bastavano le raccolte de-
mosine, si volsero ai sedici Riformatori ddla città » i quali per
ciò che narra Leandro Alberti , deputati quattro del loro numero
promotori dell'opera, e destinata la somma di 700 scudi d'oro,
fecero tosto dar principio al lavoro dall' art^uce suddetto (2). Se
non che Y arte in cosi lungo volgere di anni avea fatti tanta rapi-
di avanzamenti , e il gusto era mutato in guisa, che non poteasi ragio-
nevobneute credere di yeder compiuto il monumento su lo stile
e col concetto degli, amichi maestri ; ma in qudla vece abbellksi
di tutte le ingenue e pure grazie della scoltm^ dei tempi iDhe per
lei volsero migliori. Quattro anni pose Niccola a lavware.U co-
perchio marmoreo che si -volle soprapporre all'arca domenicana
(1) Liker Consilior, s. Dominici Boaoniae ab anno i459,ad. ,,. un
¥oL infoi, MS, (Jrch. del conv,) pag, i9, 1469, 9 julii. De fabricatione
Arce s. Dominici nondum complete, debeat compievi per mag, Tficolaum
de Pulia. pag. 20» 1469, 10 augusti, Decretum ^uod mag, NicoUus fa^
bricare debeat in conwentu. »
(2) L. Aimti, de divi Dominici Calaguritani obitu et sepukura,
Bononiae 1535. a Et acceptU septingealit aureit, Untp fenrore id opat
protecuti snnt, ut sexta decima )ulii anni - 147S. operimeotum
marmoreum maximo ingenio et noa miuor'i artificio, elaboratum archae
imposilum fuerit. »
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LIMIO I. GAP. VI. 95
HI luogo A qiidlo di legao» e.nd giemo 16 di loglio dell'anno
it13 afabeii€faé mancante dì alcune statue, Ti fa collocato; i la-
vori del quale noi descrìveremo con le par^ stesse del eh. Da-*
via. «famakasi il marmoreo coperchio con elegante e Tarìata curva-
tura dal vivo della cornice superiore dell'arca , tutto ricoperto di
finte tbgtie snnmetricamente alternate su tutta la sua superficie,
formando nel suo cofano un ripiano, dal quale discendono attorno,
attorno e ad uguali distanze otto larghe zone , terminate al basso
in altrettante volute o rotoli , da servire di base a olto figure di
tutto tondo , che rappresentano li santi Francesco , Petronio , Do^
Bienico> Floriano, Procedo, Giovanni il Battista, e due altri
Santi i quali non nn fu dato conoscere p^ mancanza ili connotati
(Sùno % Si, fnmUri Vitak e Agricola.) Sovrapposto di' indicato
ripiano avvi nn ben architettato fregio ornato di Serafini , e co»
renato dalla corrispondente cornice ricca dì finissimi intagli, su
de* quattro a^joli della quale sono poste le figure di altrettanti
Profeti di tutto tondo, e nel messo de' due, i qaaU aUa taccia
anteriore dd monumento corrispondono, il Signor nostro in mezca
figura spof'gente nudo dal sepolcro e da due Angioli adorato. Al
di sqpra della cornice dell' indicato fregio scHrge un abata quasi
piramidale, su cui poggia una specie di candelabro di deganii^sima
fintna, che regge una figura di lutto tondo rappresentante un Dio
Padre, avente il globo nella sinistra, e ccdla destra in aUo di
benedite. Dalle anse del vaso di esso candelabro discendono due
grancfiosi encarpi o festoni, di fiori e di fi-ntta svariatamente
intrecciati , contro de' quali appoggiandosi due griu:losissimi putti,
posanti su due volute appiè del candelabro, gli fan urto col
peso de' loro corpi , studiandosi dì dargli una gradevole incor-
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96 MEMORIE
vatnra » (1). I quali tutti adornamenti e figprc sono A cosi sqpé*
sita bellezza, e condotti eon tanto amore e dìMgenta, che me-
ritarono a Niccola venire denominato dalfArea^ come Jacopo
suo maestro lo fu dalla Fcnte^ che avea sì lodevolmente scolpita
in Siena sua patria. A dar conipitnento al ricco fi^egìo rimane-
vano a farsi ancora alcune staine, le quali, forse perchè im-
pedito Niccola da altri più importanti lavori , e poi dalla morte
nel 1484 , non poterono esservi collocate , onde ciò che allora
{Nirve a dolersi, riuscì poi a maggior decoro del monumento
medesima Gonciosiachè dai fiorentini caccialo in esiglio Piero
de'Hedid il quale con pessime arti avea tolto a reggere la so*
miqpenta repubblica , Michelangiolo Buonarroti giovile quaAri*
lustra che dal Medici avea protegginiento e fiivoro cercando
scampo dagli sdegni del popolo, riparossi. prima in Venena eon
Piero, poscia in Bologna, ove da Giovan Francesco Adovrandi,
uno dei sedici del governo, con ogni umanità ricevuto, tolse ai
prieghi di lui a decorare l'urna Domenicana con Topera del
suo scalpello. Alcuni lasciarono scritto avervi egli scolpile ben
quattro statue; altri tre; chi ne ricorda due sidameote. Nei
seguiteremo l'opinione dd chiarissimo signor Vinoenao Vanwn
che ne fé diligente ricerca. « Sono alcuni storici, che aBérmano
avere Michelangiolo scolpite nell'arca di s. Domenico, oltre
TAngelo, le statue di s. Petronio, di s. Procub e di s. Vtmt*
Cesco. Ma per altre autorità si dimostra non avari lavorato
che i panni del s. Petronio lasciato tmperTetto da Niccola da
Bari; del s. Francesco non sono prove bastevoli alla opinione
(1) Memorie Sionco''artistiche , ce pag. 30^ 31.
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UBRO L GAP. VI. m
fi eaA; ed il s. Prooolo^ par documeàtì aotentid, si conosce
eseere opera falla iDnanii Micbelaogiolo » (1] . Sembra pertelo
che solo Tangiolo» il quale di preseole si vede sulla mensa
dal fallo ddl' evangelio sia opera del Bnonarroli (3). A ISur con*
Irapposlo all'altro simile ^ già vedaasi scodilo da ignoto su
qndla stessa mensa dal lalo ddl'epislola, il fiuonarroU iecèlo
piegalo a terra l' un de' ginòcchi hi allo di adorazione, e aventa
fra le mani nn candelabro. Lo rìvesU di lunga tunica con fael-
Bflshiio putito di pieghe, ed atleggionne il toIIo e la persona
a tanta rtrerenza, e dief^i si rara nobiltà di forme, che asolo
rìguardario tosto vi si ravrisa la sembianj» di uno spirito disceso
dal cido. Le altre staine, a quanto sembra, vennero tutte scol-
ile da Gerdamo Cdièllini bolognese nel secolo XVI, artista ei
pare di raro merita
Gomechè già splendesse di grandissimi pregi l'arca del s.
Fondatore, e niun'altra dell'Italia si potesse a quella paragonare,
(1) V Ang/elo del Buonarroti che adorna il monumento di *, Dome»
mito, illustrato dtdprof. Vinc. Vannini, Bologna 1840 ìd iP Ci gode l*i-
aiiBO di anooDxiarQ che questo ditttnto architetto bolognese da alcun
tempo si è dato a raccogliere notiiie inedite onde illustrare la magnifica
cappella ore sorge Tarca di s. Domenico. Colgo assai volentieri questa
occasione per attestargli la mia gratitudine per le nolisie di cui mi fu
* cortese intomo qualche artista dell'ordine Domenicano.
(2) Il Condivi che a lui attribuisce due statue, cioè il s. Petronio
e r Angelo, scrive che del primo ebbe ducati 12 e del secondo 18 e
soggiunge y che avrebbe fiitte eziandio le altre se le minacce dì un ar-
tista bolognese che quelle statue aveva in animo di scolpire, tion lo aves*
sere coasigtiato a partire di quella città. V. Vita di MiicheL
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08 ME HO R I E
non pertanto considerata nell'insieme (osto si polea facilmente
conoscere ihancarle una elevazione che rendesse il monumento
meglio proporzionato nelle sue parti, e all'occhio si offerisse
più svelto che in vero non era. Voleasi adunque uiio zoocolo o
base che lo sollevasse quanto iacea di mestieri , e con niKm fregi
e adornamenti gli crescesse leggiadria. Di ciò siamo debitori al ed.
Leandro Alberti bolognese, religioso di quello stesso éonreoto , il
quale con vivissime instanze indotto nel suo consiglio il gonfin
hmìere di giustìzia Antonio Marsigli , propose al senato ék Bo-
logna ed ottenne, che a spese del pubblico erario si facesse
una base ugualmente marmorea al sepolcro di s. Domenico, la
quale fosse ornata a storie in basso rilievo per mano del chia-
rissimo scultore Alfonso Lombardi ferrarese. La somma elargita
non fu che di cento scudi d'oro, avendo forse sopperito al dipiù
r Alberti e i suoi frati. 11 contratto con l'artefice è dei 20 novem-
bre 1532. Posto quindi mano all'opera. Alfonso divise il fregio
della base in cinque compartimenti di non uguale grandezza,
quattro dei quali più piccoli istoriò con fatti della vita del
santo, ed uno nel mezzo più grande adomò con una storia
del nuovo Testamento , vo' dire con 1' adorazione dei Magi.
Scolpi adunque nel primo con bellissime considerazioni la na-
scita di s. Domenico. Nel secondo ritrasse il santo che, fanciul-
lino di pochi anni, abbandonato il proprio letto, si adagia
sul nudo terreno. Nel terzo fece due storie, ovvero una stessa
in due tempi diversi. La fame travagliava la città di Palenza ;
e i ricchi e i potenti chiusi ad ogni pietà , non che soccorrere i
poverelli mostravano ignorar che patissero. Il giovane Guzmano
dato quanto aveva , vendè in ultimo i libri de' qjiiali faceagU
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LIBRO I. GAP. VI. 99
di mestieri oegK stadi delle fflosoeche e delle teologiche disci-
pline- E io questo y«fi al banco an cotale che ha semhiaiize di
osoriere, cod occhio diffidente namerare il danaro al santo il
qoale lo ys^ dispensando ad una turba di storpi e di faindici che
tutto k) inlomia. In ultimo scolpi il transito di s. Domenico^
e gli AngìoU che con mirriril festa e trionfo ne portano Tani*
ma beatissima al ciela Dire partitamente dei pregi di que^
ste cinque storie sarebbe yersarsi in troppo lungo discorso.
Bisogna yederle per, conoscere quanto valente arteCce fosse il
Lombardi, e quanto ben meritata la stima che di lui aveva
Hichelangiolo Buonarroti /il quale voUe averlo socio nel fon-
dere in Bologna la statua di Giulio U. Ciò che reca veramente
ammirazione è come in si piccole dimensioni ( le figure sono
alte un sol qnario di braccio bolognese, metri 0. 160 ) ei po^
tesse mostrare si ricca composizione, si buon disegno e si squi-
sito lavora B perchè ben disse il Gicognara , che infuori delle
dimensioni, tutto è grande in queste mirabili sculture (1]. Per
(1)L. Alberti, De divi Dominici Calaguri toni obitu et sepuUura. a Quia
et anno MDXXXIl basim marmoream miitutissimis figui'is insculptam ab
Mfotiso lombardo egregio statuario poni jussit ( i. e. Senatus Bononien-
tis ) prò qua aureos centutn, curante Leandro Alberto Bonon. et M, Jn^
tonio Marsilio vexillifero justitiae ad senatum referente y et ipse senatus,
videlicet XL viri, ex publico erario decrevit. Unum dixerim , absit in-
vidia verbo, me quamplurima nobilissima sepulcra ex argento, atque ex
lapidibus , ex aere diducta « idisse , non solum per Italiam , quam totam
peragravi , prout in geographia ac topographia ipsius ìtaliae ostendi, sed
etiam per Germaniam GcdUasque y et adhuc non solum superius ullum
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1CM> MEMORIE
siffatta guisa nel corso di tre.seooli la scultura itattaoa veone
a sparger Gori sul sqpoicro di quel grande, che sjprenate le
pompe e i diletti del secolo p^ Ja cariti dtà finatelU, si rese po-
vero yolontariOy e seguitò Cristo ndla via deUe umiliazioai e dèi
dolori; al quale Tltalia non sob, ma TEuropa tutta dere io
gran parte la cooserFaziooe ddla fede cattolica e ravanzameiito
delle sceme, ddle lettere e deDe arti
hoc Bonedstimo septdcra^ ted necpar vidi. » Copiotittlme e preiiote no-
tizie tntorao la tnlaUiione del corpo di t. Domeaioo, it euo sepolcro, là
chiesa, ec. ponno leggersi nella yita di s. I^menlco scritta dal dotto od
accurato P. Mellòai. V. cap. XXIII pag. 124 e seg. Bimanefa a decorerai
di scultore la parte anteriore 4^Ua mensa ; alcuni religiosi dì quel con»
vento con proprie qpese, nello tcorfto secolo ne affidarono la cura ad
artisti bolognesi ed estranei. Bfauro Tesi diede il disegno di tutti gli or*
uamenti; Carlo Bianconi eseguì quello della storia che tì è scolpita e
rappresenta la. sepoltura di s. Domenico. Alessandro Salyclini scolpi i
Iregi a gli ornamenti, e Giovanni Battista Boudard francese , direttore
della scuola di scultura in Parma ^ scolpi la storia sopradetta. I quali
lavori comechè latti in tempi per l'arte non felici, non pertanto hanno
molto merito.
►♦♦^
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lot
CAPITOLO VII.
S^fwita la YUa HFraGu^itlmo daPi$a.—Smi4mlwri nH dMmo
di Orvieto f e m patria. -r^ Sua morte.
-^♦4
I%>reratepfurtitaiaent6 lesettUoree i piegi onde rbpieiide ruma
di s. Domenico^ è di oMBlìeri ripigliare b vita di fea Guglielmo
Agnelli I biografi délT ordine, e la cronaca dd coarmlo di s. G»-
ieritta di Pisa, clie tolte ccfse d tacqoen di lui, Jiairano Ito
dolo che brereineiMe racconteremo. U giònioSdi gingno dell'anno
1867 ^m fermalo par il aotonne traaiocamento del corpo di «.Do-
mepico ndl'oma ooveilamenle scolpita dai dna artefici pisani A4
impedire ogni pia farlo ddle sacre reliqaie, Q generale dei frali
Predicatori, ollennlane bcollà dal Pontefice, fobnìnò la scorna-
Bica contro cU si attentasse rapirle. B iNioa frate Guglielmo
immemore A qudla terribile commìnaiione, tanto si adopera
e cosi destramente, die a lui renne fatto involare ona coalola del
santo, la qode con grandissima aegretem e gfabbilo del soo cuo-
re recata in Pisa, nascose sotto l'aliare di s. H. Maddalena nella
dnesa del suo instituto; stimandosi con ciò assai largamente rimu-
nerato di quanto aveya egli fatto per r adornamento del di lai se-
p<ricro in Bologna. Né mai ebbe rivelato ad alcuno quel furto, se
non quando venuto l' estremo momento del viver suo non avea
7
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102 MEMORIE
più a temere l' indignazione del generale dall'ordine (1). Or segoi-
lando a narrare le òpere da lui eseguite tn patria e fuori, dob-
biamo in prima riflulare una congettura del P. Guglidmo della
VftUe, il quale sospettò che Nicooia pisano, di Bologna recatosi
in Siena onde 6col|iire il bellissimo pulpito della cattedrale, con
Arnolfo e Lapo, secondo voleva il contratto, conducesse seco
eziandio il figlio Giovanni e F Agnelli; perdoechè sembrava al
dotto Francescano, che in si breve spazio di tempo, quale fu
quello conceduto a Niccola, non potesse con due soli allievi
compiere quell' inmienso lavoro. Ma cosiSatta opinione non è più
dato sostenere essendosi provato, che nel tempo in coi Nlceola
scolpiva il palpito sanese fra Guglielma dimorava io Bologna
nella metà appunto di qoell' anno 1267.
Qut abblanio un'inmiensa lacuna nette storia di Ara Go-
gHdmo, della quale chi volesse rondar raglMe, non potrebbe
che risalire a«qudla, non so se io dica modestia o trascoranza
degli antiidìi, più ambiziosi di spendere te vita in opere bdle
e onorate, che 4i quelle scrivere o favellare; nurito in ciò Aversi
dei moderni nei quali posstemo lamentare povertà (8 fatti , ma
non di parole. Non è veroéimile , come potrebbe apparire dal si-
tenzio delle crofiacbe, che un artista del merito dell' Agnetli- re-
stasse inoperoso per lo spazio di venlisei anni, e poi insieme ai
primi scultinri ddl'età sua fosse invitato, a operare in Orvieto
que' bassi-rilievi, che destano FammiraaoHe di tutti 0' inten-
denti delFarte. Né è chi ignori coiìie uguali e fonse maggiori tene-
bre coprono te vita e le opere di altri valenti scultori in tempi
(1) àLm»ti, Piò, ■ MB|.i.oBr.
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LIBRO I. GAP. VII. 103
meno daf M^trì kmtaHi, come i due rioontatf die 4iperarono
DeliVarna di s. Domenico /Nìcccflò da Buri e Gerolamo Còll^
Km. È. questa fonìe l'epoca più beila deHa yitft éi fra Gag^ìdmo,
qoaodo matnro di a«n, perfeziopato ttell'arte, potè coqAt*
nolfo diriderc la gloria di dafe all'Italia un'opera che le ac-
creacé éerUanente splendore. Haiidereino inùanri alGane notizie
troppo necesaarié a ineglio dichiarare la storia deffartiata é Fo*
pera cbe eì dovette eseguire.
TnUe le città ddr Italia /lei sei;;^ XIU e XIV diedero esem-
pio di eodliattto entnsiitsmo in prò delle arti, die ha certa*
melile- del i^wligàosò. Venesia^ Pisa^ Monte Gasmo avean dato
Fimpobb; Siena lo seguite ed eresse la sua magnfioa oattedràle*
Ffreme affidò ad ÀroolfQ T impresa di erigere tal tempio che
ben si addicesse ad un popolo per arti, per lettere, per eom-
merdo fknricMssiaio. Assisi , JPado^a , Bobigna/ec gareggiarono
con le altre città: Tutte però, se ne eccettui Assisi, erano
ricche e potenti ; ma destò meraTigHa- redere la piccola città
di Orvieto emulare nell'alto concetto e nella magniflcenza le
piò insigni dell'Italia con il suo duomo, che posto allato a
quello bdlissimo di Skm^ o io yiuoe o lo pareggia. Monumentò
glorioso del genio italiano, vero emporio deUe arti; ricco delle
sculture di Arnolfo, di fra Guglielmo, di Agostino ed Agn3lo
sanesi , dì Coro dì Gri^orio «aoese , dì I)oqalello, di Simone
Mosca, di Raffaello di Monte Lupo^ d'Ippolito Scalza disce-
polo del Buonarroti, del Gaccini, di Gbvan Bologna, oc e
per dò che è di .pittura adomo dal pennello di Gei^tìlp da Fa-
briano, dd beato Giovanni Angelico, di Beuozzo Gozsoli, 4i
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101 MEMORIE
Lmb SigBoidU^fe.Tanpfeereito.iionooiirQrodiili principe,
BUI eoa Fobokt del popolo (1). ^
La CMidamiie dd^dnomo di Orvieto risde «iraMiD 1390.
La priatia pietra Ai posta il di 13 Boyembre dal Ponteflee Nk>»
eelò IV. LorauBO Maitaoi diede il diaegno, e fti dichiarato ar«
chileltOt capo e direttore 4ella lalÉrioa. Voiendosi àk& f«d
tempio splendesse di tatta la luce ddle arti, farond inritali da
ogni parte d'Italia i più Talenti cultori d4)e medesiaae. Vi Ten«
nero sopra quaranta art^d, tra quali primegf^yano Arnolfo,
i Cosmati romani. Ramo Pagaoelìo, e prdUbilmente Gioraani
pisano (3). Fra GugUdmo si trova ricordato nelfe meoiorie
deir opera sotto l'anno ISaS; egli lavoraya nella loggia desti-
nata agli scultori e a^ scarpdiini; Quanto si trattenesse in Or-
vieto si ignora. Arnolfo ne dovette essere partito sui primi dd
làM, perebè In detto anno fti dato principfo cdn sn disegna al
magniflco tempio di s. Croce in Firenae , e quatiro anni dopa
a qnelto di s. M. del Fiore (3). Essendo pertanto ceda la paf*
(1) Scrisse mu storia del duomo di Ònrielo U P. Guglielmo daUa
Ville AL C. Uoto benemerilo ^lle arti. La pubblica nel 1791 senza
noma d' autore. Evvi unita u^a collezione di stampe risgoardanti i bassi
rilievi della iacciata , le statue che sono nell' interno , e le pittare dell* An-
gelico^ di Luca Signorelliy ec
(2) Storia del duomo di Orvieto. Dpcum. N.^ 11 pag. ^. I capi
scultori avevano poco pib di 6 soldi il giorno: i garzoni 2; Cosi Niccola
pisano quando operava in Siena aveva soltanto 8 soldi pisani.
(3) Arnolfo fìno dal 12S0 aveva scolpito in Orvieto il bel monumento
sepolcrale del card. Brayo in s. Domenico.
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LIBRO L CAP. VII. ti»
dft Onrialo # questo scidtore e aròUteCto, e dubbia la
A GtofMUtf 'pisaiib, cmeò la ragione di credere che
Fdpcra dei basitrBiefi sia in molta parie domta all'AgneBL
Di Mlì qoei ledcéoU rioordaU dal Vasari eomè oooq^ti in seot
yire marmi per qneUa basiHoa, non iti (roraio inemoria neirar-
cbMo della fabbrica che di vn sóbh ^Slemanno e di an fiammingo.
Fer bmUo tempo Ai crednto, die la pia parte e la pi6 rara dei
citati baasHrflieri si doresse allo scalpetto di Niooolae di Giovanni
pbanL Lo disse il Vasari e lo ripeterono tutti. Il P. DeHa Valle
Jktla diligènle Asamba ndl'- archivio dell' opona, ove erano eo-
piqrisanne nofiqe» non rinvenne giammai il nome dell'uno o
dtf nltio scultore; ifon pertanto, e ciò é degno di molta oo»-
U pose IQoDola primo nel lìovera di tutti^psdli che vi
Del ^o .Giovanni è probnbOe ma non consta per
i dooumenti« Il Ctoognara con giusta critica , adfimùsM
HloQifla pisano nato col secolo XIII; e fece riflettere che ponendo
le aciritnre ddla linciata ahneno contemporanee atta fiMataiione
dd dnomo orvietano (1S90) » Niccola sardibe stato nonagenario,
e ninno crederi CMihasnte che in tale età ei volesse o potesse
fa^rendere qnd lavoro [1]. Se Giorgio Vasari non fosse uso tanto
sovente a contradirsi, purmi che da fad medeomo potrdibe dedur-
si il tempo della morte di Nicoota, e la sofauione del dubbia
Narrando la vita dd figlio Giovanni , scrive: Ma finalmenie af>m-
io amto nuore efce Nkeoia tmfodré era morto^ $ene andò a Pi-
M , dorf fu per la virtù ma da tutta la città con molto onore
(1) Storia deità Sculutra, lib. 2 cap. 4.
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iOC MEMORIE
riceviUo^ ce o vedati «Icairi SUOI lavori-, % pisani dMerò cura a
€fÌovanni di fare Ctdifi:^ del Càngio Semk^ Dal jefae appiurìsce oo-
me aUorqaando GioTannl pose mano alla erezìoiie ilei Cam|[M> SaA-
to, il pàdire «no era di ^à trapassata Or «pic^ fabbrica fii eo-
mmciafanel 1278; che è a dire dodid anni innanzi che si ponesse
la prima pìdra del duomo 4i Orrielo. Concedato ?ero il raoooiao
dei Vasari, panni dileguato ogni ìAibbìà U P. Ddla*Valle vide la
dfffieoltjl dr queila cronologia , ma sembra tiòn la yalòtas^ gran
fatto; perciocché con certa sua ammirafaile indiCEerenza diòe ciie
settania e piit anni prima ( dalla foodaK. dr quel doomo ] Niceola
pismèò godeva rynitazione di ecceiientisiimo f avendo fatlo il depo-
sitò di s. Domenica in Balognar e vani puipUi della Tosìùò-
nati (1) Altrove poi oonsiderafa forse meglio la quesliobe, dal
tuono, affermativo cHsoese al didbbiò. Questa manemxa ( di
molte carte ) pia e pvà volte mi tenne dMbioso^ se dovessi ere^
dere al Y(isari', che le più belle sculture e i bassirrilievi della
facciala attribuisce a Niccolo pisano. Però non atendonoi nella
storia dell arte del secolo XIII un arte/U» che lo uguagli^ e
trovandosi in qtml tempo Artèolfo^ uno deipmmied^piUf^olenti
discepoli che egli soleva condurre seco neW esecuzione ddle molte
e importanti opere ordinategli nelk principali città dell' Italia^
mi pare meno erronea F opinione di coloro che tengono col Va-
sari (2). In qual modo p<H il biografo aretioo fosse tratto in
errore, parmi, se mal non mi avviso» di averlo rinvenuto.
(1) Storia del duomo dì Orvieto, Docuin. XCI*
(2) Ibid, cap. 1 pag. 99.
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UmO I. CAB. VII. i*W
Sarà appunto 9 P. D^a YaUe ohe ee lo additerà fra i docu-
meiitl relativi agli artisti jfcl secolo XV ( V. N.^ 70 ). Scrive lo
storico suddetto. « Qui ci si presenta tm M. Niccolò di Pisa con
m suo figlio abile seullerCy e probabilmenle nipote ( dopo daeoeuio
aoaiii ) di quM altro famoso che fioriva sul fimrm^ del- secolo
XIII; cacai si detnmo ipiù pregevdi bassi^Uievi della facciata
come si disse. » Farmi facile a dediirsi che il V^lsari o i suoi
eorrispoudenti, i quali è d'uopo confessare sonasi eurayano
gran bìtìù d'esattezza^ trovato^ neHe antiche memorie un NiCr
cola pisano ed un suo figlio scnUeri in Orrieta, tuttoché poste-
riori di due sècoli^ de fiuN>no tratti in errore per la somigliania
dei nome, della professione e d^a patria.
Dalla storia adimqoB di quella basica non è dato ccxmh
Sfiere a ecii sìa dovuta la parte [mocipale <U quelle scollare;
e 3 nostrp fra Guglielmo appena vi si trora ricordato in un»
nota , avendo il chiarissimo ai]iÉ>re dimenCìtòto quanta parie ei
quan(a lode gliene attrìboisse in una sua lettera dei 3 giugno
1787 diretta al signor Alessandro da Morrona, la quale Irorasi
inserita nell'opera Risa Illustrala (1).
(1) Nei termini seguenti. « Che dirà sentendo un altra scultore
pisano, fra Guglielmo dell'Ordine di s. Domenico al pari di esso ( Nic-
cola pisano ) valente nelC animare quelle ammirajbili storie ? ( del duomo
di Orvieto ). Quando io nei giorni scorsi per molte ore le ammirai,
gii affetti da esse in me eccitati, t animo mio jUori di me portando,
mi tenevano immobile e muto come il marmo, e il marmo dai due bravi
pisani animato con tanta eccellenza vivo n/i pareva y parlante, impe-^
rioso. . . . io tengo per Tsrio, che sino ai tempi di Mqffaello cosa pia
bella nelle produzioni dell'arte non siasi veduta giammai. »
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im MEMORIE
I bassMrilievi de" quali Tagamenle si adorna la CMciala del
duomo Orvìeiano, abbracciano in iioorcio la BloriadelTeooiiio
e del BUOYO Testamento; ì pia pregevoli dei quali fl P. Ddla Valle
d ha dati incisi in qualtordid taTole; e sono. — La creaijone de-
gli animali ^ la quale è oontenbta in due bassi-rflieYi ; quella del-
l'uomo e della donna ne abbraccia tre. Il divieto ai nostri pro-
genitori di cibarsi del frutto dell'albero fatale e la Iqro disuttl-
dienia. Il rimproyero del loro misfatto, e la cacciata ddTEden;
Adamo ed Eva in esigilo che fanno saggio dei mali della Tita.
Il sacrìfiiio di Caino e di Abefoi H primo fratriddfo— . E tra-
sportando lo spettatore dalla genesi del mondò aHa sua distra*
zione, flgurarono il risorgimeato universale neil' estremo del
giorni , le pene dei dannati e là gloria degli eletti MnAile epo-
pea ndla quale il pensiero valicando uno sterminato giro di se-
coli y si ferma a meditare come T umana lieimiglia passasse per
il doppio stadio d'innocenza o di colpa, ed in quello di pre-
mio o di pena! In quella età cosi calda di Cede, gl'italiani bra-
mavano aver sempre d' innanzi agli occhi e presènti al pensiero
gli argomenti delle loro sperante e dei loro timori, sia die il
pennello o lo scalpello dell'artista cristiano dovesse incarnare
un sublime concetto, o l'arinonia del suono si maritasse a quella
dd verso. Dante, Niccola Pisano, Giotto, non aveano segno o
parda che piò accendesse gì' italiani a nobilmente operare quan-
to il dogma cattolico ddla vita e ddla morte. Qufaidi e le
gioie stesse e le feste popolari erano improntate di questo ca-
rattere, essendo la rdigipne qud forte vincdo che armi, lettere»
scienze, arti, costumi stringeva in amichevole accordo.
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LIBBO I. GAP. VU. 1»
n Ooognara nd: porgere giadUo dei InMi-rttèvi Orrielaiii d
pifye eooesÓTaoieiite severo; nò tane volle riOeltere che bod ben
$1 addioeva nn paragone dei medesinii ood queW dei palpiti di Pi-
sa e di Siena, e le storie dd monomenlo di s. Domenico in Bolo-
gna ; perdoccbè questi doveano esser vedati a fareve distanza ; e
perciòfaroDo condotti ed esq^oiti con grandissima diligean; laddo-
ve quelli ddla CBMX!sata del duomo in Orvieto coUocati a media aM
a, esposti a tutte le ingiurie éA tempo non consentivano cosi pa-
àeote l'opera delle lime e ddle soU)ie, a dannò dell' eSstlo gene-
rale. Vero è che ninno deHa scuola di Nicocda giunse a uguati^
re il maestro nell'lmprimere nei marmi tutto il calore d^i ai-
ietti più svariati; ma ninno potrà ragionevobneiite negare che idU
cuni tra i hassi-rilievi Orvietani si^endanodi bellissimi pregi, se-
gnatamente la creazioDe di Adamo ed Èva , il sacriQzìo tf
JUìde,i nMtriprogenittNri intesi al lavoro, ec. Che se fra questi
ne sono a quando a quando degli inferiori, come il rimprovero
ddl' Eterno ai prevaricatori, le pene dd dannati ,ec., la mdtìpliciti
degli artisti die vi operaronoyi quali non avranno per certo tutti avo-
lo un merito uguale, d deltono rendere ragione ddla inegoag^iania
che si trova fra lassir Ma generalmente vi sono ben disegnati inndi,
snpa'ale mdte difficoltà del4isqino, ed i) concetto espresso con
moHa efficacia; né an<frè forse errato dicendo, che quel secolo
non d ofire opera più bdla di questa, dopo le ricordate di Nio-
cda pisano.
Quanto tempo V Agndli dimorasse in Orvieto non è ben
eerto, ma nd 1304 il troviamo in patria occupi^ in grandi la-
vori di scultura e di architettura: e dò rende ragione dd non
essere stato invitato dal cardinale Niccolò Albertino Domenicano
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uà MEMORIE
a scolpire in Perugia il monniiiei^ sepolcrale del setnine fon-
lefloe Benedetto XI deHo^tesso islitiito, Hianoato ai "tiri appoolo
in qoeH'aiuio IdM ai ^ di lug^Iio. Fa in qoeUa yeoe prescelto
Gioramii pisano, ebe Io esegai con molta sua lode. '
I monad Gamaldolensi di Pisa bramando dar compimento atta
kro chiesa di s. ICdiele in. Borgo, e decorame la facciata con
storie in basso-nUero, invitarono a quell'opera fra Guglielmo, già
chiaro per qaeHe fette in Orvieto. La chiesa ed il monastero
dì s. Michele in Borgo riconoscono la loro origine nel 101&
ARérma il Vasari , e con esso kri il sig. AlessaìMlro Da-Morrona , che
nel 1262 Niccola pisano V operasse non so che di scidlara o
di Architettara (1). In seguito quel tempio dovette essere rinno-
vato o in tutto o in parte; pei^occbè si legge come nel 1904 l'a-
bate Andrea di Volterra vi facesse eseguire dal nostro fra Guglid-
mo , oltre la facciata , il tetto e parte della chiesa. Questo impor-
tante lavoro di architettura insieme e di scultura occupò, a quan-
to sembra ,tultii nove anni chea fra Guglielmo bastarono ancora
di vita. Non ò verosimile però ohe eisolo scolpisse tutte le storie in
etàgià molto avanzata (aveva oltre passati i 60 anni); eia diversità del
meritò in esse annonzia per giudiiòo dd Morrona, diversità di artefici
collaboratori. Non pertanto parmi non si possa facilmente con*
cedere al dotto ilhfttratore di Pisa , che fra coloro che aiolà-
reno V Agnelli potesse essere Giovanni pisano, il nome del qua-
le come che assai celebre non si sarebbe per certo taciuto nella
iscrizione e che ricordava 1* aatore dei bassi-rilievi. E invero' trop-
po era Giovanni oppressalo di commissioni e di opere, per-
(1) Pisa lUuHrùtm, voi. 3 p. 1 cap. VI $ 2.
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UBRO l CAF. VU. Ili
ofierirsi socio di' Agn^ ; aè lurere temìpo dofotte tyer pMttU»
ÌB Penigia presso i religioisi di s. I>oiiMnìeo,.per-i iiaali^ oltve
ayére scolpito il moBanunto di Benedetto XI e quello di Vtìùs.
Nicoolò GuidaloUi institatcNre della nnifersiià peragiaa, rkostrol
con soo disegno là oaye dì raeczo della tor cinesà. Nel mentre cte
Guglielmo atleDdeyaaUa fobbrica $ s. Mìdieie ìa Bórgo è aHà wA-
tura de'diariiait fàgli iogiiHito di faaee eziandio xsà polputo isto-
riato Mlk fbggia di quei di Siena^ di Pisa e di Pistoja; e segui-
tando le tracce del «no maestro Nìccola autore dei nvédesfani» l'eb-
be in breve tempo scolpita Ma la barbarìodi quei 4empicl^<fiooii6Ì
dyili, distrusse lex)pQre dd buon frate pitanò, cosi le itoriodrila
facciata come queHe del p^r^nno; ood lìmaneiidoBa al presente
die sole otto trasferite alla Cattedfale, e ooUocat» parte sott»
le cantorie e parto su le pòrte delle due saoMia
Compiuti tutti i sópeadetti lavori con lode 4Mranefice e sed*-
dis&zione de' monaci /« voile perpetuane la menoria-eon un
iscrìzìoBe al presente distrutta, ma riporlala daH' abate Grandi
lieHa sua Epist. de Pandectis , come si legge nel Monona. Per
la quale «i la manìfasto che fra Guj^iehao è antoce dei layori
già ricordati; e si correggono eziandio tutti [gli storici che po-
sero la morte di lui sotto Tanna 1312, Paolo Tonici, U Piò, e
k) stesso Morrona, il quale con la iaerizione che egli riporta
àyea modo di conoscere ed emendare l' errore di quella data^ (a).
fanpercioocbè il vèrso, miUeno ireeehto tre$ datodmoydkD^ aper-
tàmentott mille trecento tredici r e Panno priino dell'impero
di Enrico VII, pure in quell' iscrizione ricordato, ci dà mani-
(a)Vedi Documento (ì).
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Ita heuorie
feflaiiieiiie Vmmo 131S. knperaooobè sé ^era atikK kiooto-
nato in MBaM oon la eorpna di ferro H 6 gwm^ del 1311.
seto però neiraono wtigaealit avea dota io Roma ^léHa di im-
p«alore. È nolo come iMOrase io BaoDonarento presso Sìeaa
li S4 agoato 131S. Noferando pertanto gU avi ddla sua ìoeo-
renamie in Boma^ avea regnato im anno, nn mese e fenti-
cinque gicNmì. In ferere» come si diiae, segnitoUo Ara Gnglielmo
Agnelli» il quale» giusta il Piò» contava anni novanlafi età » ma
pii prababilmente intorno a settanta, dopo averne passati dn-
qnantasei ndl'Mitoto dei fntà Predicatori» come leggesi ndla
cronaca del convento dì s. Caterina di Pisa (a).
Fra OogBelmo nwrjtaya pertanto no posto onorato neHa
storia della scultura italiana per i moltred importanti lavori da
lui eseguiti in patria, in Botogna, in Orvieta Ma come a molti
artisti è avvenuto, delle «uè fatiche aUrì colse la gloria. Non
deve adunque recar menviglia se A conte Gicognara non to ri-
corde che in una nota della sua storia (1) : vlat è però inconce-
pibile che A sig. Alessandro da Iforrona , il quale primo d diede
lenotiKiedcHasnavitaedeUesueopere, non consultasse eumene
(1) Storia delia Scultura, yoh 3 lib. 3 cip. Vi. « Jbbiamo anche
lofidi memwMli erttie aUa àumoria di firme Guglielmo Domenicano
urMtétto e eeuUore, e di cui si riportano memorie daltaltb. €randi
Camaidoiete nella sua Epist, De Pandectis e Leandro Àlkeni lo Mama
optimue lapidum Mculptot» Mori questo bratto frate, non omesm anche
dal Morrona, nel 1312 e poteva egli pure essere mittente nel tempo di
fueifi edifiii (di t. Maria Nojslla ) almeno per ultimarli^ »
(a) Vedi Documento (II).
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LIBRO I. GAP. VH. 113
avet lotto Tagio » la cronaca manofioritjte deleoBveato di s. Caterina
per la quale arrdribe almeno oonosciata 'h parte che questi dibe
nei monomento 4i 8. Domenico in Bologna (a). Del merito ano
come artista e come refigioso parct aver detto a solBcienaa, solo
aggiungeremo, phe probabilmente sno discepolo nell'arte fa un
tal frate Fazio knco éeH conyento di s. Caterina di Pisa ; che
nella cronaca ha il titolo di Magister Seulpttire. Egli a?rà pro-
babilmsnte aiutato r AgnelH né^molli snoi layorì, npa di lai non
si ha altra memoria che il breve elogio della sua pietà che ci
lasciò il cronista del convento» il quale ne segna la morte sotto
l'anno 1340.
(a) Vedi Documento (IH).
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114 MEMORIE
CAPITOLO Vili.
Architetti Bolognesi e Lombardi. — Loro fabbriche in Venezia ^
in Padova y in Treviri , in Milano.
-Molte volte d è occorso lamentare l'ingrato sflenzio deg^
storici 9 che lasciarono in obUyione non meritata artefici di bel-
r ingegno; la perdita delle antiche memorie avvenuta in tempi
dai nostri non lontani , quando dispersi i pacifici abitatori dei
chiqstri , e manomessi i loro archivi e le loro biblioteche » mol-
te ed importanti notizie tuttora inedite andarono perdutele ben
sovente ancora provammo dol<Mre per non aver potato con lun-
ghi viaggi estendere maggiormente le nostre ricerche, come ^a
richiesto dall'importanza dell'argomento. Ciò è quanto ci av-
viane pur di presente.
Tre magnifici templi eressero i Domenicani con proprii ar-
chitetti negli stati della repubUica di Venezia; e tali ohe poa-
no a buon diritto uguagliarsi ai più belli d'Italia; non pertan-
to appena possiamo accennare il nome de' loro artefici , o solo
dedurlo per valide conghielture. Sono questi s. Giovanni e
Paolo in Venezia, s. Agostino in Padova, e s. Niccolò di
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LIBRO I. GAP. Vm. 113
Treyìgì(l}. Goo hreri parole ci passerema dei primi doe^epiù d^-
stesameole parleremo del lerzo per la m^ggioir oopia. ddle
notizie.
1 frati Predicatori dovettero essere Tenati Mnoltaneameiite
ioJPadova el iq VencKia. In qoest' ultima cittàenHio stati prece-
doti -dal santo Fondatore rumio 1221. Probabilmente a prin-
cipio si ricOTeraroQO presso alcun privato cittadino, o Bd poih
Mici "spedali , come loro era avvenuto iù Siena , In Firenze , in
Ifilano, ec Giusta la t^ronaca di Andrea Dandolo, Iranno se-
sto dd dogato di Giacomo Hepolo , i Domenicatìi per il grido
della loro eloquen;tei, [ex Icmdatione puSlicae còncionis) otten-
nero da quel Doge un peòd di terra palustre e limacciosa nei
confini di s. Maria Formosa e di s. Marina , ed ivi idinalzaro-
no la loro chiesa e il loro convento (2). L'anno sesto del do-
gato di Giacomo Hépolo, secondo la cronologia del P. Bernar-
do De-Rid)eis, è il 1234 (3). Sono lungi però dal cred^e che
per si gran'^ tempo ì frati Predicatori dimorassero in Venezia sen-
za propria abitazione; potendosi congetturare che sul luogo
ceduto loro dal doge avessero eretto un più ampio e regolare
X^) E probabile che eziandìo la chiesa di s. Anastasia in Verona e
quel concento dei frati Predicatori siano stati eretti da architetti dell' Or-
dine ^ ma per mancanza di memorie non posso accertarlo.
(2) Liber. X cap. V p. XIII V. Ber, Italie. Script, voi. XII.
(3) De Rebus Congregationis b, Jacobi Salomotiii in Proteine, s.
Dominici F'enetiarum erectae. Commenta Histor. auctore fr» Jo. Frane.
Bernardo M. De Bttbeis. Veneliis 1751 un toL in 4.^ V. cap. II 5-
II pag. ^9.
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tic MEMORIE
edificio Nelb quale opinioiid consente il D&-Riibei8 per Pan-
tonta di Ferdinanda UgheUi , il qnale riportando nn preàoso
documento» ci induce a credere cbe fino dal ISM potessero
avere almeno un ospizio cosi in Venena che in Padova. Di-
cesi pertanto in qudil' antica memoria , come ^ìiordano da M>
dena yescoro padovano, a richiesta e supplicaiione di finale Gui-
done priore dei Doìnenicani (fi Padova» e di firnjte Martino prìo*
re di qod di Venesia, benedicesse la prima pietra del nuovo
tempio che i medesimi divisavano innaliare in Padova sotto la
invocaaóne di s. Agostino. Tutto ciò Fanno 1S27 nel giorno 5
di oltoiire (fl D^-Rubeis legge 1226] Per il qnal documento
viene aecertafo come in detto anno ndile città di Veneaa e di
PoKlova fesse una comunità di frati Predicatori, de' quali qnd
firate Guidone e quel /rate Martino etmo i superiori (t).
AHAbooo iucpiù luoghi dovuto anumrare l'attività e il con-
cetto graiMlissimo cqsI degli italiani come degU oltramontani in
erigere fiibbriehe sontuosissime in questo meraviglioso secolo
XUI; e come gareggiassero eziandio in magnificenza di dii^e
dì chiostri (^ stessi ordini religiosi novellamente ìnstituiti.jnaE-
grado la severa povertà che e' professavano. Venezia di presente
ce ne offire altro bdUssimo esempio. Avevano i frati Minori dato
cominciamento a un nuovo e magnifico tempio con disegno di
Niccola pisano: i Domenicani non potevano tenersi ristretti
nell'angustia di un piccolo oratorio, e diedero anch'essi prin-
cipio al loro, che per la somiglianza deli* architettura fò cre-
(1) Italia Sacra^ toL V pag. 444. De àtAeUy loc cit cip. 2
$. 2 ptg. 68.
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LIBRO L GAP. VIU. 117
dere al Cioognara fosse disiato dalto stesso artefice. Ma U
Vasari clie nella yha.di questo scoltore e architetto gli attri-
buisce il tempio dei Frari tace di quello di s. Gìovaani e Paolo.
I daigenti Ulnstratori delle più cospicue fabbriche di Venezia,
soggiongono a questo proposito: « Noi non abbiamo che opporre
a tal coi^iettnra ( del Gcognara ) . Ove però la medesima non
reggesse a tutte prore, sarebbe permesso credere, che siccome la
rdigiosa famiglia di questi padri ( Domenìcam ) bene spesso fioriva
di architeli domestici , cosi pure in tal caso avesse ricorso alla
industria di un suo fratello » (1). Oltremodo ci piace la riser-
batezza di questi scrittori, i quali per mancanza di notizie non
osarono proferire un giudizio. Nella importante operetta che ci
ha data il eh. ab.-Bourassé sui monumenti del mèdio evo, e
della quale già abbiamo fatta menzione, si leggono in una ap-
pendice, che credo del traduttore signor Carlo Valle, le seguenti
pande intorno quel tempio: <c La chiesa di s. Giovanni e Paolo
in mattoni cominciata nel 1246 non ancor tratta a termine nel
1390 fu costruita pd Domenicani di cui gli architetti seguivano
imo stile, mentre quelli dei Francescani ne seguivano un al-
tro » (2). Sarebbe a desiderarsi di conoscere a quali fonti lo scrit-
tore di qnell' app^endice abbia attinta cosiffatta notizia , e quale
fosse lo stile proprio dei frati Predicatori, e quale quello dei
frati ìfinori. L'ordine Francescano che iix magnificenza di tempi
(1) Fabbriche più cospicue di Fenettia, ec 2 voi. in fol. con inci-
tiooi. Venezia 1820. V. yol. 2 pag. 3.
(2) Archeolof^ia Cristiana , ^c. Appendice, pag. 225.
8
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118 MEMORIE
pareggia e beo solente Tìnoe tatti gli allri iostiluti» fosse di«
fetta di ftoprì architetti » o fosse la brama di giovarsi dei pii!i
valenti del secolo, è indubitato che nel XIII e fors'anco nel
XIV non eresse in Italia, per quanto m è noto, alcuna fab-
brica di importanza con T opera de' suoi religiosi jU basilica
di Assisi fu disegnata da un Jacopo tedesco, se il Vasari nar-
ra il vero; e fra Filippo da Campello non fece che dirigerne i
lavori. S. Croce in Firenze riconosce suo architetto il celebre
Arnolfo. S. Antonio in Padova e i Frati in Venezia , Niccola pi-
sano. Per la qual cosa mal potrd>besi dichiarare quale sUle o
metodo tenessero in quella età i frati Sfinori nell' innalzare le
loro chiese. Ma per tornare a quella di s. Giovanni e Paolo,
sembra indubitato avesse principio nel 1246: perciocché una
bolla di Innocenzo IV data nel giorno 10 luglio di quell'anno
stesso, 'concede indulgenza a tutti che aiutassero di mez^i quel
tempio dei Domenicani (1). Inutili furono le mie ricerche oqde
rinvenire l'architetto che primo ne porse il disegno; e abbenché
sìa molto probabile che fosse dello stesso instituto , il quale ayeva
di quei t^mpi dovizia cosi di architetti come di scarpellini e di mu-
ratori , non pertanto per difetto di notizie non oserei asseverarlo.
Venuto meno il danaro, rimase la fabbrica interrotta, o procedette
cosi a rilento che nel 1395 non ne era ancor fatta se non la metà
superiore. Da una lettera del ven. P. Raimondo da Capua oaaestrQ
generale dell' ordine , scritta di Palermo in data deili 26 marzo
1395 ci è dato conoscere, come riformandosi per sua sollecitudine
(1) BuUarium Ord. Praedic. voi. 1.^ pag. 166.
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LIBRO I. CAP. Vra. 119
ì conventi deiVeneti doiiiinj»per lo sdsmshe per la pestilenza sca-
doU dall'antica osseiranza, il popolo con larghissime elemosine
conctHTesse a restaurare gli antichi conventi, e a fabbricarne
de'nooyi ; laonde ben 20 mila fiorini furono in quella occasione
raccolti per condurre a termine il magnifico tempio di s. Gio-
vanni e Paola Con la qual somma , narra frate Antonio da Siena,
fu costruita la' metà inferiore del medesimo, la cappella di
s. I>omenico, ed il canq)anile, che si volle simile a quello dei
frati Iffinori (1). Dal fin qui detto appare manifesto , che se vera-
mente Niccola pisano diede H disegno di s. Giovanni e Paolo, come
opinò il Qcogiiara , non potè vederne eseguita che una piccela
parte. ^ nei lavori fatti nd secolo XIV è indubitato per T au-
torità del Gbirardacd e del Petrogalli , vi oprasse in qualità
di architetto frate Niccolò da.Im(4a, o frate Benvenuto da Bi3-
legna , ambedue laici Domenicani , e assai periti in quell' arte ,
i qwdi diressero eziandio per alcun tempo le fabbriche di s.
Agostino in Padova, e di s. Niccolò in Trevigi (2).
« La chiesa di s. Giovanni e Paolo in Venezia, misurata
nella sua lunghezza è p. 290. nella crociera 125. Larga nel corpo
p. 80, e ¥ altezza p. 108 che è a dire dieci piedi più lunga del
tempio di s. Antonio in Padova. La f(^rma è quadrilunga e tie-
ne della croce latina. Si divide in tre navi, delle quali quella
di mezzo sorpassa poco meno del doppio quelle dei fianchi. Cin-
que grandi archi di sesto acuto ad ambi i lati sostenuti da
(1) De Rubeis, loc cit. cap. 1 J V pag. 26.
(2) P. DoMBvico Fbdbuci, Memorie Trevigiane sulle opere del dise'^
SUO, ce voi. 2. Venezia 1803. V. voi 1-° pag. 174.
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120 MEMORIE
rebuste colomie , ne compongono la lunghezza Ano al braccio tra-
Tersale che segna la croce. Tutto è voltato a crocerà sopra le
colonne , coHa diflerenza , ohe dalla nave media muovono sopra
una pianta quasi quadrata, e qudle delle ali sopra una di dì*
suguali dimensioni » (1). 11 qual tempio, scrive il conte Cìco-
gnara, ricchissimo di ogni sorta di preziosità , può dirsi 11 Pan-
teon delle arti veneziane, massimamente dopo trasferitivi i gran
monumenti dì scultura e di pennello , che erano In procinto di
perire nelle diverse demolizioni di altre chiese della città [2].
Della chiesa dì s. Agostino in Padova, per opera di archi-
tettura e per adornamenti dì pitture e dì marmi , ragguardevo-
lissima, cominciata nel 1226, compiuta nel 1303 sotto la dire-
zione di fra Benvenuto architetto bolognese, perchè distrutta
dalle fondamenta l'anno 1822, non faremo altre parole; riser-
bandoci in quella vece a favellare più distesamente del vago
tempio di s. Niccolò di Trevigì di cui c'è presta copia maggiore
di notizie.
(1) Fabbriche più cospicue di Vencùa» Voi. 2 pag. 5
(2) Storia della Scultura, yol. 6 libr. VI cap. IV pag. 232. Pri-
meggia fra tatti quel meraviglioso dipinto del Tiziano, i| Martirio di
a. Pietro di Verona , il quale nella scuola del veneti tiene il posto che
la Trasfigurazione di Raffaello nella scuola romana. Venne dipinto in-
nanzi al 1537 e s. Pio V glielo fece ripetere con variazione di alcune
parti l' anno 1 566 quando Tiziano noverava già 89 anni di età. Questo
rarissimo quadro in tavola recato a Parigi nel 1797 fu restituito in tela
a Venezia nella pace generale.
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LIBRO I. GAP. Vili. 121
U bisogno di una parola di conforto e di pace nella (em«
pe^ dell'ire ci?ili,ey dirò anche ^ d*un fireno alla importabile
licenza dei grandi, faceva ai popoli riyeriti e cari i novelli or^
dini Mendicanti, aUoraqnando si facevano a bandire la legge
dell'amore e del perdono. Questo stesso bisogno fece accogliere
in Trevigi con parziali dimostrazioni di affetto i frati Predica-
tori l'anno 1221. E come la piccola chiesa lor concedala a prìn-
dpb non valeva a contenere la moltitndine grandissima del po^
pedo, nel 1231 la città decretava se ne ergesse dalle fondamenta
ona nuova e più grande (1). Al (juale decreto facendo eco la
generosità dei privali cittadini, offeriva aiuti di ogni maniera.
£ veramente ninno apostolato fu mai tanto nobile e grande
come quello che allora i frati Minori , e i frati Predicatori im-
prendevano a prò del popolo trevigiano e ddle altre città di
Padova , di Vicenza , ec. contro qud tigre di ferocia e di barbarie
(1) Neir Archivio del Comune di Trevigi, il P. Federici rinveDDe
il decreto di quella città per la erezione della chiesa dei frati Predica-
tori, che riporteremo per intiero, a In Christi nomine. Amen. Jd ho^
norem Dei et Sanctorum omnium , et ad confirmationem sanctae /idei
dtristianae, statuimsu et ordinamus quod per Commune Tarvisinae
CivitatisJiiU ecclesia una in congruo loco civitatis vel suburbiorum,
in quajrattes Ordinis Praedicatorum possint praedicationee faccine et
divina ojfficia celebrare si placuerit eis in civitate Tarvisina vel Su^
burbiis habere conventum , prò quo laòorerio Potestas Tarvisinus per
comune expendere possit et debeat usque ad summam quingentarum
librarum et plus ad woluntatem consilii et majoris partis. » FiDiRia
loc cit. voi. 1 pag. 17.
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1^ Memorie
Ezelìno da Romano , il cui nome lìa sempre esecrato da tutti
che sentono affetto all' Italia , ed hanno in onore 1* umana na-
tura.
Cosi il tempio di s. Maria Novella in Firenze segnava un
epoca di pace Tra i Guelfi e Ghibellnii, e quello di s. Niccolò
di Trevigi » era un tributo di riconosoenza che il popolo di (fucila
città offeriva ai zelanti difensori de' suoi più sacri diritti (1).
Finalmente nei primi del secolo XIV un cittadino di Trevigi,
un religioso di quello stesso convento dei frati Predicatori, per
dottrina e santità di vita chiarissimo , veiùva dapprima decorato
della satra porpora; poscia morto Boaiiacio Vili passava a mo-
derare i deslini della chiesa cattolica col nome di Benedetto XI.
In queir altezza costituito non dimenticò la patria e i suoi Trati.
Venne pertanto nella determinazione di abbellire con nuovi e
vaghi edifizi la città che gli avea dati i natali, e di erigere ai
Domenicani un magnifico tempio ed un chiostro , che pareggias-
sero in bellezza quei di Venezia, di Padova e di Verona. Tre-
vigi inviati suoi ambasciatori al Pontefice, presentò la pianta
(1) li Pontefice AleMtndro lY l'anno 1255 mandò lettere circolari
a tutti i T6AC0TÌy ai signori, alle cillk libere di Lombardia, dell' E«
roilia e della Marca Trivìgiana, ingiungendo loro di formare una crociata
contro il tiranno Ezeìino, e concedendo per quelli che vi fi arruolas-
sero tutte le indulgerne concedute a coloro che si recavano all'acqui-
sto di terra santa. Ogni corpo di armata scelse a suo conduttore un
religioso, e le truppe bolognesi erano guidate da quel frate Giovanni
da Vicenxa Domenicano che avea riconciliati i Guelfi e i Ghibellini
nella pianura di Paquara. SisMoirDi, Storia delle BepubbUche luUiane
dei secoli di mezzo. Voi. 3 cap. XIX. .
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LIBRO I. CÀP. Vili. 123
deOa città 9 e i frati Predicatori inviarono il disegno della nuova
chiesa, cavato in gran parte da quelle di s. Giovanni e Paolo
e dì s. Agostino. Di mezzo alle più liete spei^nze una morte'
inmiatora vedovava la chiesa di uno de^suoi più grandi Ponte-
fici e dileguava ì conceputi disegni di quelle fabbriche; non perù
quella del nuovo tempio. Imperciocché essendo tuttavia cardi*
naie, il Boccasini aveva a quest'uopo elargiti 25 mila ducati
d'oro, e pria di morire depositati nelle mani dei vescovi Do-
menicani di Mantova e di Ferrara altri td mila ; con la qual
somma fu eretta la diiesa e impresa la Tabbrìca del nuovo con-
veofò. Abbenché non si trovi ricordato il nome deir architetto
che ne porse il disegno, non pertanto non dubito punto, che
sia quello stesso fra Benvenuto da Bologna , il quale nel 1309
compieva il tempio di s. Agostino in Padova ; essendo molto ve-
rosimile che avendo in quel tempo i Domenicani un artista del
proprio instituto non volessero preferirgli un estraneo. E ciù a
mio avviso gioverà a distruggere un opinione del eh. P. H. Fe-
derici , il quale trovù veramente ndle antiche memorie di quel
convento, come dirìgesse la fabbrica della chiesa in quatità di ar-
dìitetto un laico p^ nome fra Benvenuto, ma perciocché era
di que' tempi in Trevigi un religioso Francescano di questo
stesso nome, e architetto esso pure, sospette che questi e non
quegli possa esseme stato l'autore, contro Tautorìtà del Ght-
rardacd die il dice Domem'cano (lì.
(1) Fbdbrici^ Ioc. cit. Tol. i.° pag. 174. In TreTÌgi come in tutto Io
stato Veneto in quel secolo XIV erano non pochi religiosi assai Tersati
nelle cose di architettura, e nel 1315 tre se ne rinvengono occupati
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124 MEMORIE
L'anno in cui ebbe comincìamento Q sacro edìflzk) non 6
ben cerio, ma è forse Ira il 1310 e il 1315. Tre anni dopo sem-
bra fosse già molto inoltrato. Rimasto interrotto a cagione delle
guerre por lo spazio di trentanni, cioè dal 1318 6no al 1348
fu in quest* anno nuovamente riassunto il lavoro sotto la dire-
zione dell'altro arehitelto Domenicano fra Niccolò da Imola che
lo condusse a. termine nel 1352. Dal fin qui detto apparirà ma-
nifesto quanto lontana dal vero sia V asserzione del conte Oco-
gnara, il quale, fermo nel suo consiglio di attribuire a Niccola
pisano tutte quelle fabbriche più insigni d' Italia appartenenti al
secolo XIII, delle quali de' suoi giorni se ne ignoravano gli au-
tori, eziandio il tempio Domenicano di Trevigi giudicò disegnato
da Niccola e solo eseguito dai frati architetti (1) : ma come abbia-
mo altrove avvertito, il celebre scultore e architetto pisano «ra
morto fino dal 1278 che è a dire ben trentadue anni innanzi si
desse principio al medesimo.
« Se il tempio di s. Niccolò di Trevigi , scrive il P. M. Fe-
derici , ceder deve per la vastità e copia di lavori al duomo di
intorno i Uvori idraulici sopra la Piave. E intorno a quel tempo
desimo fioriva qdel frate Giovanni Agostiniano architetto e ingegnere
dei Comuni di Bassano, di Trevigi e di Padova, nella quale ultima
città fece il tetto della sala della Ragione, una delle opere più singo-
lari dell' architettura italiana. Il celebre salone di Padova è nejla
sua lunghezza p. 256, largo 86, alto 72, onde il Milizia Io appella
il più gran salone del mondo. Memor. degli architetti atit. e mod.
voi. 1.® libr. 2 cap. 2 pag. 150.
(1) Storia della Scultura, voi. 3 libr. Ili cap. VI pag. 42.
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LIBRO I. CAP. Vm. 125
HilaiK), a quelli di Orvieto e di Siena, se alla chiesa di s. Maria
No?dla dì Firenze, se a quella di s. Petronio in Bologna , a quella
del5aii/o (Antonio) in Padova, ed a qualche altra, opere tutte
nel tempo medesimo travagliate con copia di c(AonneH&> e di
archi»dìgagiie,feDestrelle,comici,efllastrelli,nonèdi minor
pregio però per r arditezza degli archi, e delle colonne, de' pSa-
stri superiori, per le belle cinque cappelle e feoestre, che tutta-
via veggonsi nella sua semplicità ^ solidità e grandeEsa. La porta
maggiore è con focdata di scannellature di marmo una sol-
tanto, ma, regolare, siccome l'aquilonare di pari lavoro. In
questa chiesa più che nelle altre vi regna molto dì armonia fra
la lunghezza, larghezza, ed altezza » (1). Ciò die pamiì degno
veramente dì considerazione in questo tempio si è , che essendo
in lunghezza e in larghezza più breve di quei del Santo in Pa-
dova e di s. Giovanni e Paolo in Venezia, tutti li vince poi
nell' altezza delle sue volte per guisa che al padovano soprasta
ben ottanta piedi e al veneto ottantadue, se non è occorso
errore di dira nelle dimensioni date dal P. Federici [2). Com-
piuta l'anno 1352 la chiesa suddetta, si volle abbellirla con
l'opera ddle arti. Era in quella città il pittore Tommaso di
Modena, artista di molto merito, avuta considerazione ai tempi.
0 P. Francesco Massa lo invitò a dipingere la chiesa; ed il P.
Vazzola tutte le storie ed capitolo. Per siffatta guisa s. Nicocriò
di Trevìgi ritraeva perfettamente Timmagiiie di s. M. Novella
(1) Memorie 7>eing..y6L 1.^ p«rte 2 pag. 175.
(2) È lunga p. 274; larga nella eroderà 107; larga nel corpo 79;
alta 190. FtDEKia, loc cit.
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126 MEMORIE
in Firenze; concìosiachè ambedue da propri archil^ti innalzale,
compiute ambedue nel tempo medesimo; è si l'nna ohe l'altra
per opera di due religiosi delle arti studiosissimi , decorata co' più
rari penikelli del loro secolo.
Le pitture delle quali si adoma il tempio trivigiano dovet-
tero essere tra il 1353 e il 1354. Nel secolo XIV era invalso
l'uso, come abbiamo altrove accennato, di ornare le pareti
deUe chiese con storie o scolpite in marmo, o colorite a buon
fresco, de' fatti principali del vecchio e nuovo Testamento, per
guisa che ovunque l'occhio si riposasse, fosse pare nei vetri
stessi delle finestre, nelle volte, ec ivi leggesse un ricordo^ o
gli si oOSerisse una lenone solenne di morale civile e religiosa.
Tommaso di Modena die facilmente non aveva la fecondità del
Gaddi, del Memmi, dello Spinello, si tenne pago ad una Ico-
nografia leggendaria, e colorì le immagini di un gran novero
di santi nel giro di tutta la chiesa , di fronte e sopni degli ar-
chi, con tutti que' simboli de' quali piacevasi meravigliosamente
la pietà dei fedeli. Molti di questi dipinti più non esistono, di-
strutti nel 1400 per restauri e cangiamenti subiti dalla fabbri-
ca. Del merito di quei dipinti e della loro significazione, assai
copiosamente discorre il Federici. I religiosi del convento grati
alla manoria del P. M. Massa che a proprie spese avea fatto
eseguire quelle pitture, gli eressero dopo morte un marmoreo se-
polcro^ Ma di maggiore importanza per la storia dell'ordine so^
no quelle che nel 1332 fece lo stesso Tommaso di Modena nel
capitolo del convento medesima Formano d'esse una galleria
storica di tutti i più insigni Domenicani , i quali fino a quell' anno
avevano o eoa la santità della vita o con la dottrina illustrato
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UBBO L GAP. Vili. i27
fl loro ìnstilulo. Là vedi, assieme con loro elogio» la serie di tutti
i maestri generali e dì tutti i cardinali ddl'ordime; e nei fregi
troyi descritto il novero delle provinde, e qodlo dei conyenti
ddla proyinda ddla Lombardia inferiore, cni il conyento.Tre*
y^no era aggregato. Pittore che a tutta ragione il P. Federici
intitola Storia Sacray LeUeraria e Politica detf ordine dei Predio
catori nel primo secolo della loro instituxhne. È yero^imile die
il pittore ira Gioyanni Angelico nel dipingere una più brcfye» ma
consìmile galleria nel capitolo del convento di s. Marco di Firen-
ze , si procacciasse copia di qua di Treyigi , pardocdiè, il Fede-
ricì cbe yide Tona e l'altra trovò rispondere entrambe perfetta-
mente. E invero Giorgio Vasari scrive, che l'Angelico, aiuiahdolo
i frali con mandare per essi in diversi luoghi^ fece molti ritratti
di naturale. ìiolta lode è dovuta al P. M. Federici, il quale
iOnstrando quei dipinti e dandogli incisi» rese un importante
servigio alla storia dell'arte^ ed a quella del suo instituto;
inq^erciocchè innanzi a quel tempo, erano poco men che i-
gnorati (1).
Qui hanno termine le notizie intomo la chiesa di s. Nic-
olò di Treyigi , e i loro architetti ira Benvenuto da Bologna e
fin Niccolò da Imola. Solo del primo ci piace avvertire come
neD' anno 1314 lo troviamo in patria incaricato dal magi-
strato di quella città , con altri sei ingegneri , di un importante
lavoro. Essendosi colmato il canale o Namglio che serviva a
(1) Il Laosi, che forse non li conobbe cbe «ulle incisioni date dal
P. Domenico Federici, ne parla nella Storia della Pittura nell'epoca
1.' della Scuola Modenese.
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128 MEMORIE
tragittare le persone e le mercanzie da Bologna a Farara , per
gaisa da impedire ogni comunicazione fra le due città : fra Ben-
venuto e gli altri ingegneri deputati a ricondurlo all'antico oso.
Tennero nel consiglio di cavare il fondo del detto naviglio ndla
profondità di due pertiche, per la lunghezza di 600» pigliando dal-
l'una all'altra riva cinque piedi di sodo, affine di dargli un letto
maggiore, e voltando le acque per il Cavadiccio o Grossetta, il
qnal canale conduce a Ravenna. Il che eseguirono; e la città di
Bologna spese in quell'operazione sopra 5000 lire (1). Altro di lui
non ci è dato sapere. Nutriamo speranza che in tante ricerche di
archivi pubblici e privati si possa col tempo meglio conoscere
la vita e le opere di questi due insigni architetti Domenicani
Innanzi di chiudere le memcNrie trivigiane, ci piace ripor-
tare una notizia conservataci dal benemerito P. Federici , p^ la
quale ci è fatto noto l' amore che alle arti belle nutrivano i rdi-
giosi di quel convento, e che merita essere ricordato. Nel privato
archivio di s. Niccolò, iu dallo stesso Federici rinvenuto im atto
Ormato dal P. Blassa, col quale nell'anno 1347 questi faceva dono
al suo convento di Trevigi di un prezioso museo di oggetti di
belle arti da lui con grande sollecitudine e dispendio grandissimo
raccolti, e ove si noveravano libri miniati, immagini dipinte,
vasi preziosi, cristalli figurati, corniole, camei , una Beata Ver«
gine di alabastro , ed un altra di avorio. Al qual dono aggiun-
se una raccolta di codici che sommavano a un gran numero,
di poeti, di storici e di filosofi. La qual cosa parci degna di
(1) P. Chuubibo Ghibabdacci, Agottìn. Hisunìa di Bologna , 2 yoì,
ìd fol. Bologna 1596. V. voi. 1.*» libr. XVII pag. 573.
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LIBRO I. CAP. Vili. 129
considerazione, perciocché in poche città dell' Italia , anche pres-
so ì grandi signori e prìncipi, non era facil cosa in quel se-
colo rinrenirc tanta dovizia di libri e dì oggetti di belle arti.
Gò valga a disinganno di coloro, i quali avvisano, i frati dd
secolo XIQ e XIV essere stati cosi infatuati della mistica e soo-
laiMica teologia, che, di quella in fuori, non volessero, nò sa-
pessero pascere la mente di più lieti studi.
Détto degli architetti bolognesi , rimane che favelliamo dei
lombardi. E qui veramente più che altra fiata dobbiamo lamen-
tare la penuria , anzi la assoluta mancanza delle opportune no-
tizie. Nel che proviamo tanto pena maggiore in quanto che ci
è noto essere fiorito appunto sul tramontare del secolo XIV
nella città dì Milano tale architetto dell'ordine che meritava
essere con gratitudine incordato dagli storici delle arti. Fu chi
appellò il medio evo l'epoca delle grandi celebrità anonime; e
invero in nnm altro tempo sì rinviene cosi meravigliosa attività
e tanto studio di celarsi alla memoria dei posteri.
n Ticozzi nel dizionario e il Cicognara nella storia della
scultura , rammentano con onore due frati architetti apparte-
nenti l'uno all'ordine dei Minori, l'altro a quello dei Predica-
tori, i quali, innalzandosi l'insigne tempio del duomo di Milano,
vennero con molti altri ingegneri e architetti cosi italiani che
d' oltremonti invitati a operare in quella fabbrica (1). Sono que-
sti, fra Giovanni da Giiìssano, Domenicano, e fra Andreolode
Ferrari , Francescano. Ma inutilmente cercheresti nell' uno e
nell'altro scrittore alcuna notizia della vita e delle opere di
(1) Slor> della SfuU, voi. 3 Jibr. Ili cap. 1.
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130 MEMORIE
questi due religiosi; invano ne diiederesti al Milizia ohe prese
a raccogliere le memorie de' più insigni architetti. Questo solo
per essi ci è data conoscere, ebe nel 1390 ambedue erano in
Milano in servigio dell'opera del duomo. Il duca Giovanni Ga-
leazzo Visconti ne avea fatte porre le fondamenta l'anno 1386.
Ma non essjendo piaciuto quanto erasi Ce^tto ndla spazio di al-
cuni mesi» venne distrutta «e ripresa nuovamente la Eaibbrica
sotto altra forma nell'ottobre del 1387. Con pessimo consiglio
aveva il Visconti ii^vitata tal noverp di architetti e^ di ingegneri
da molli e lontani paesi; che in luogo di aiuto , la fabbrica
ne ebbe a patire disagio e ritardo grandissimo. Perciocché la
disparità ddle opinioni, le gare e le emulazioni si frappone-
vano ad ogni tratto al di lei avanzamento. Ciò porse occasione
a far meglio risplendere il merito dei due religiosi artefici ; per-
chè nata disparità di giudizi , e concitati gli animi dalla discor-
dia per cagione di alcuni lavori, furono invitati giudici delle
contese frate Andreolo e frate Giovannp ; alla lora prudenza e
sapere rimettendo la decisione della quistioqe, e di comporre
gli animi alla concordia. Qui hanno fine le notizie ohe di ambedue
ci dà il Qcognara e il Tioozzi. Se non che giudico assai proba-^
bQe che fra Giovanni possa aver diretta eziandio la fabbrica d(^l
convento e ddla chiesa di s. Eustorgio in Blilano , che appunto
intomo a quel tempo sì quello che questa ebbero un incremento;
sembrando ragionevole il credere, che avendo i frati Predicatori
un valente architetto in quella città occupato in opera tanto gran-
de, volessero giovarsi dell'arte sua a decoro del pròprio tempio.
Non tacerò che il eh. signor Michele Qafli , il quale di recente
ci ha data un accuratissbna e dotta illustrazione delta chiesa
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LIBRO I. GAP. Vili. 131
di s. Eustorgio» non ricorda gbimnAl frate Gioraiinì da Cìihis-
sano come ardiitetto della medesima ; ma ciò potè essere per
difetto dì doeamenti; e ognun sa quanto gli anilohi cronisti
(onero trascorati in questo proposita Né io intendo trapassare
i confini di nna sempUoe congettura.
Nel 1S18 la città di Milano aveya accolta una colonia di (irati
Predicattyri inviati dal s. Fondatore in numero di 12» e come era
loro accaduto in Firenze, si ricoverarono dapprima nel pubblico
^pedale dei Pdlegrini o di s. Barnaba. Nel 1220 passarono ad uffi-
ciare la cbiesa di s-Spstorgìo» e nel 1^7 ne ottennero la proprie-
tà. Se in Firenze come abbiamo altrove osservato i Domenicani
avevano asspnto ¥ ufficio di annunziare la pace neUe discor-
die citladine ; se in Trevigi fidminavano colla potenza della
parola la tirannide del feroce Ezelino; una non men difficile né
meno importante missione gK attendeva in Milano. La sconcia e
feroce setta de^ Manichei o Paterini, si era col favore delle armi
imperiali introdotta nelle terre lombarde, l^aga soltanto dap-
prima di spargere dogmi tendnrosi e di corrompere il costume;
cresciuta in breve di potenza e di audacia trascorreva alle sedi-
zioni e alle rapine. Ài flgU di s. Domenica e di s. Francesco (che
corsero sempre ambedue uno stesso aringo) R.oma affidava il mini-
stero di purgare l'Italia da quel contagio: valessersi deHa dottrina
della predicazione e dell'esempio, e dove ne facesse mestieri, non
(»nettessero eziandio l'esecuzione di quelle severe leggi che gli im-
peratori e i pontefici avevano contro gli eretici fulminate. Si ado-
perava con zelo grandissimo in quest'ufficio in Milano e nella Lom-
bardia s. Pietro di Verona dell'ordine dei Predicatori, quando il
giorno 6 aprile 1252 esso e il compagno aggrediti per via dagli
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132 MEMORIE
eretici, trafitti cadevaDO sotto i loro pugnali. I milanesi voUeno
con ogni significazione di affetto € di gratitudine onorare la me-
mom del zelantissimo difensore della loro fede, e gli eressero on
magnifico monumento marmoreo per opera di Baldoccio pisano;
il qoal monumento se non ngnag^ nella perfezione del lavoro
quel di s. Domenico in Bologna, quel di Guido Tarlati, e di s.
Donato in Arezzo; né quello di s. Agostino in Pavia, li pareg-
gia e forse li vince in magnificenza (1). Né di dò paghi i mi-
(1) Btlduccio, come sospettò il Cicogoara ed il Ltmi fa probtbil*
mente discepolo di Andrea pisano. J lui, scrive il yenì,Ju dal Duca
Jzione ingiunto di fifrmare un disegno il più grandioso che fosse pos^
sibiUy e si studiasse eseguirlo con tutta la diligenza e lo sforxo ikWarie»
Ckxmw. Stor. della Scultura, libr. 3. cap. YIII pag. 422. — Yaaai, Sto»
ria di Milano, toL 1.® pag. 422. — Il monumento marmoreo di s. Pie-
tro martire, è nella sua lunghezza cubiti 5 e oncie 14 1/2. Nella lar-
ghezza, cubiti 1 e oncie 23. Tutta l'altezza dell'arca da terra 6no alla
statua del Salvatore, è di cubiti 12 e oncie 12. È scolpito a rabeschi,
storiato d'otto fatti del santo in basso-riiiero , con molte statue che
10 adomano ai Banchi e nella sommità. Fu ultimato Tanno 1339. Non
è già vero ciò che scrissero alcuni che si debba principalmente aUe cure
e generosità di Azzone Visconti , e di Giovanni suo zio vescovo di Novara;
perciocché narra il Taegio {JmpL Chronicae p. 2 pag. 192) che, m^iia'
ad hujus archae fabricationem de dìuersis mundi partibun largas trat»
mìsere elemosjrnas. E noverando partitamente le oblazioni, dice come
il re e la regina di Cipro inviassero 300 ducati d'oro; 100 un no-
bile di quell'isola. Altrettanti il cardinale Matteo Orsini Domenicano.
11 vescovo Giovanni Visconti , 50 ; il duca Azzone 50 , e 60 carra
di calce per le fondamenta e la base; più 20 ducati d'oro per
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LIBRO L GAP. VOI. 133
laaesi ooDOorsero ood ogni largbezia di-oflerle alla tMurìca del
cooyento e ddk chiesa. Soprastante ai. lavori fu un fra Bel-
tramo da Bobbiano, rdìgiòso dì qud convento» il quale do-
vette essere peMo nelle cose di arohitettura, come per oonsoeto
lo orano coloro che venivano a quesf ufficio deputati (1). Rima-
sta alcun tempo interrotta la fabbrica, fu proseguita dall' Ar-
civescovo Ottone Visconti nel 1278; e credesi che allora venisse
allungata la chiesa , rìducendola alla forma presente. Nel 1290
si lece la voUa della cappdla al lato sinistro del maggiore
altare. La torre delle campane, secondo il manuscrìtto di Gal-
vano Fiamma, fu incominciata nel 1297 e compiuta nel 1309.
In mc^ti di questi lavori , per ragione del tempo , potè avere
operato l'architetto fra Giovanni da Giussano. Noterò per inci-
denza, die nella torre di s. Eustorgio Fanno 1306 fu collocato
il primo orologio ad uso pubblico, che allora vedesse Y Italia (2).
indorare l' arca medesima. I qaali peraoDaggi vennero poi tutti scolpiti nel
coperchio deU'arca. D. Erasmo Boggia diede 30 ducati d'oro^ e molti
altri nobili della Francia, della Germania e dell* Inghilterra concorsero
con abbondanti elemosine. Tutta la spesa ammontò a 2000 ducati d'oro.
Campisà, yita di s, Pietro martire, libr. IV cap. 2 pag. 270. e seg. —
MiCBBLB Cafyi, DefUt Chiesa di s. Eustorgio di Milano, lUustrazione Sto^-
rico-monumeìUale^epigrafica. Milano 1841 un toI. in 8.^ ?. pag. 104.
(1) Catti, loc cit. pag. XX.
(2) L' anno 1 395 ebbe il suo orologio pubblico anche la città di
Forlì, e fu opera di un frate Gaspare Domenicano, che Paolo Boiiolì
appella professore eccellente ed ingegnere. V. Storia di Forlì, libr. Vili
Yol. 2 pag. 57. — Un giorno forse ci sarà dato conoscere alcun' opera
di maggiore importanza di quésto ingegnere e meccanico dell'Ordine.
9
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134 M E M O R I E ^^^
Questa povertà di notizie che delle opere e degli artisti bo*
lognesi, veneti 9 lombardi abbiamo dovuto lamentare nei due
secoli XIII e XIV trovare compero nella copia ed importanza
maggiore di qudle che riguardano i secoli XV e XVI cosi fe-
condi e si gloriosi per tutte le arti dd disegno.
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135
CAPITOLO IX.'
Memorie di Fra Giovanni da Can^y e di Fra Jacopo Talenti
arckUeUi toscani -— Compiono il tempio di- s. M. Novella* — ^
Fabbricano il miovo convento. — Ricostruiscono di pietra il
ponte alla Carraja, e incalzano altre fabbriche m servizio
della Repubblica e dei privati cittadini.
Jrirenze madre e maestra di ogni belParte d offre nuovi e va-
lenU artefici , de' quali essa meglio onorò il nome e ricordò le o-
pere; perciocché come ninna città mai la Tinse nella scienza e
ndl' amore delle arti imitatrici^ cosi ninna T uguagliò nella cura
e soQedtndine di tramandare ai posteri la memoria di quei tra
suol figli, che a la e all'Italia tutta crebbero onore. E ad ognu-
no die sulle sponde dell' Arno abbia potuto bearsi di quel deb
e di quella soave favella, di leggieri verrà scorto, come in tutti
i sud dttadini sia quasi dird naturato quest'amore alle arti, e
in tutti un finissimo senso a portarne giudijno, e diOiise ezian-
dio nd volgo stesso le nozioni generali del bello. Tanto è pri«
vOegiato questo popolo, in cui le arti come il linguaggio sono
l'espressione di un animo che sente squisitamente le bellezze
della natura!
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13« MEMORIE
11 (empio di s. BL Novdla in Firenze, eominciato da fira
Sislo e fra Ristoro; proseguito nella sola nave orientale da fira
Borghese e da Ara Albertino, ci rìcondooe a fayellare di altri due
insigni architetti, che gli diedero compimento nella metà del se-
colo XIV, e che nella perizia dd fabbricare raggiunsero il Gaddi
e rOrgagna. Sono questi i due Imci fra Giovanni da Campi e fra
Jacopo Talenti. E veramente può asseverarsi essere stato qud
tempio per il corso di sopra cent'anni, una scuola di architet-
tura, nella quale si educarono alfarte, éome vedremo, un nu-
mero grandissimo di giovani religiosi, che forse sarebbero un
giorno addivenuti valenti arteBd, se morte immatura non ne
troncava la vita. Nel favellare dei quali seguiteremo le [tracce
del prezioso Necrologio, deplorando la perdfta di quelle notizie
che a grande studio e fatica avea raccolte il P. Fineschi , e che
alla sua morte andarono smarrite.
* Fra Giovanni Brachetti avea sortiti i natali nella terra di
Campi patria di fra Ristora L'anno dd m^dmento ci è ignoto,
ma non sf anderebbe forse molto lungi dal vero ponendolo in-
tomo al 1280. Non potè essere allievo nell' architettura dà fra
Sisto o dd compagno, ma di fra Albertino o di Amollb. Ci (a
noto il Necrologio che egli non visse nell' ordine che soli 22 anni ,
avendo vestito l'abito Domenicano nel 1317; la qual cosa ci
muove a^credere che egli, si rendesse religioso in età matura,
o che^morisse in giovine età, e allora farebbe di mestieri collo-
care la sua nascita molti anni dopo.
Fra Jacopo Talenti assai più giovane del sopra t^tato,
era nato nel castello di Nipozzano , diocesi di Fiesole , e due
miglia e mezzo distante da Pontassieve. Di lui pure si tace nel
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UBRO I. GAP. IX. *37
Necrologio ramio in coi nacque, 0 nome dei genitori, e Tanno
in cai Testi r abito religiosa Sembra gimigesse ad età assai a-
Tanzata , e sopravvisse a fra Giovanni ^ anni. Nella storia del
duomo -di Orvieto ò fatta menzione di nn Francesco Talenti fio-
rentino, il quale nel 1327 operava in qudla basilica, ed era nel
novioro degli sciatori e degli scarpellini , con la paga di cinque
soldi il giorno, che si dava ai capi dell'arte. Da ciò >altri potrebbe
trarre argomento che questi fosse il nostro Jacopo, il quale avesse
mutato nome in religione , siccome è proprio dei frati Mendicanti ;
ma avendo noi rinvenuto come in queir anno egli fosse di già a-
scritto all'ordine Domenicano, sembra che Francesco possa essere
un suo stretto parente; la qual cosa ci rivelerebbe che il nostro
religioso appartenesse a fami^ia dedita alle arti (1) . Nel Ne-
crologio fra Jacopo ha il titolo di Magister lapidum, die davasi
agli scarpellini, e tal fiata eziandio agli scuItoH, come può ve-
dersi nel Gcognara (2). G pare pertanto che prima occupazio-
ne del Talenti fosse quella di scarpellino, e che studiasse, o
solo si perfezionasse nell'architettura sotto fra Giovanni da Cam-
pi. A lui debbonsi adunque attribuire quelle opere dì intaglio
e di scultura che sono nel tempio di s. M. Novella , i capitelli
(1) Storia del duomo di Orvieto, Docun. N."* XXIV pag. 272. Fab^
bricandoci la librerìa di •• M. No?ella^ si Uova laToranri in qoaUtk di
nnratore un maestro Giovanni Talenti, cbe dorrebbe essere frateUo o
BÌpote di Jacopo. Bomobigusi,* Cronaca JnnaL yoL 1 pag. 377.
(2) Un Atdaino scultore e architetto Tcnésiano in una sua opera
si sottoscrive « Arduinue Tajapetra ftdt. » CicooHAaA , Star, della ScuU.
libr. Ili cap. 2.
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138 MEMORIE
delle colonne, gli ornamenti delle antiche porle e delle GAestre,
i bei laTori dì quelle del cappellone degli Spagnoli , e quelli ora
dislititti che ammiraYansi nel panie o pulpito che divideva la
chiesa suddetta (1). Mancato ai vivi fra Albertino Hananti Fanno
1319 fra Giovanni da Campi, che da due anni avea vestite le
divise dell' ordine tdsc ei solo a dirigere e compiere la chiesa.
Soprastante ai lavori fino all'anno 1317 era stato fra Rainerio
Gualterotti fiorentino, soprannominato il greco ^ al quale suc-
cedette immediatamente il celebre fra Jacopo Passavanti. La
Repubblica fiorentina , abbenchè si innalzasse allora il gran tem-
pio di s. M. del Fiore , era stata generosa con s. M. Novellai ; e
r anno stesso in cui si era posta la prima pietra ddla nuova
cattedrale (1298), avea concedute lire 1300 da ripartirsi fira le
chiese di s. Croce, di s. M. Novella e dì s. Spirito (2). Con le
(1) DtLiom , Chronica ec. cap. VI. pag. 9. « Supei'ipswn (pontem)
privalim sact'ificabant ccrtis diebus , festis autem diaconus et subdiaco^
nus canlabant hic epistolam, evangeUiun ìUe , idgue super marmoream
illam cotumnam egregie sculptam , et quatuor euangelistarum Jiguris
notatam, gnae post pontìs dejectionem anno dom. i56S Jactam, in ho^
spitium deportata , atque ibi erecta ad lectionem hospitibus habendam
prostrai,» Questo ponte fu distrutto li 22 ottobre di quell'anno, con
dispiacere di molti. Gate , Carteggio Inedito, ec. voi. 2.® Append. pag. 480.
E allora tolsero ' anche il lorO le chiese di s. Croce, di Ogni Santi, dei
Cannine , di s. Pier Maggiore e di s. Felicita. Esso dividendo la chiesa
per metà serviva a separare gli uomini dalle donne , occupando i pri-
mi la parte superiore, e le femmine la parte inferiore.
(2) Gate, loco cit. voi. 1.** Append. 2.
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LIBRO I. CAP. IX. 139
etecDOsine oRèrledai cìtt^dliìl, e quelle Inviate dai prelati dell'or-
dìDe y che lauti ne noverava in quel secolo il convento novel-
lano, 81 potè avanzare il sacro ediGzio con celerità* Ma sopra
ogni altro per zelo ed inteUigienza in promuovere quella fab-
brica dlstingoevasi il Passavanti. Questo religioso che era in-
sieme dicitore focondo, terso ed elegante scrittore , dotto sopra
molli di qudl'età, avea stretta amicizia eon i più insigni arti-
sti di Firenze, c(A Gaddi, col Metnmi , colFOrgagna, ec. i quali
lutti ridiìedeva di consigUo, e tutti invitò ad abbellire quel tem-
pio; il perchè mercè le sue cure, e quelle de' religiosi che gli
succedettero , addivenne, come il Campo Santo pisano e la ba-
silica di 8. Francesco di Assisi , una galleria di preziosi dipinti,
e di rare opere di belle arti. Ignoriamo quando fra Jacopo Ta-
lenti venisse ad unirsi a fra Giovanni, ma. è indubitalo per ao-
lorìtà del Necrologio, che egli ebbe grandissuna parte in quella
fabbrica , e certamente la condusse a termine. Né forse si an-
drdUie molto lungi dal vero aflérmando che egli oe prendesse
la direzione l'ipM> 1339, che fu quello ddla morte del suo com-
pagno; e quando ciò fosse, ei vi avrebbe solo operato per ben
dicìotto anni. Si l'uno die «l'altro vennero aiutali da non po-
di! lairì di quel convento che erano eccellenti muratori. Segui-
tando il disegno di fra Sisto e fra Ristoro, innalzarono la gran
nave di mezzo e la ocddentale. Della traversale non eressero
che la cappdla maggiore, quella contigua dì s. Luca o de' Gondì,
e i due cappelloni di fondo alle testate, cioè quello de'Rucel-
lai , e r altro degli Str^izzi intitolato a s. Tommaso di Aquino.
Le tre cappelle laterali al maggiore altare, come manifesta-
mente annunzia l'ardiitetlura, sono di un'epoca posteriore*
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140 MEMORIE
Finalmente ocurrendo Fanno 1357 ebbe 11 suo compimento la cfak>-
sa di s. Maria Novdla , in cui furono spesi ben 100,000 fiorini
d'oro, e intorno a 77 anni di tempo (1). La bcdata tutta in-
crostata dì marmi bianchi e neri fti |principiata dopo il 1350,
e terminata nel 1470, a spese di due diverse Eeunfiglie. Ed ezian-
dio quésta è doYuta in gran parte alle soUedtodini dd Passa-
vanti; perciocché per l'amicizia die a lui lo univa, messer
Turrino Baldesi nel 1349 diede 400 fiorini d'oro per fare le
tre porte e l'ornamento delle medesime: con la qual sonuna
la facciata fu condòtta inclnsivamente fino agli archi sotto il
primo cornicione. Nel 1456 fu ripresa a spese di messer Gio-
vanni di Paolo Rucellai, e compiuta nd 1470 con disegno del
cel. Leon Battista Albedi {2).
In un secolo cosi fecondo di artisti e si glorioso per l'arte
cristiana , quando ognuno bramava leggere sulle pareti del
tempio le pagine più sublimi della Bibbia, le leggende popola-
ri, e perfino la cantica dell' Allighieri , aH' artista si apriva
un vasto e nobile aringo ove esercitare l'ingegno, e inspi-
rarsi a quanto la religione ha di più nobile ed affettuoso; e la
pittura era una grande lezione mofale e religiosa degna d'un
popolo cristiano. Bene adunque mostrò conoscere' i bisogni
(1) Il eh. sìg. Fed. Fantozsi scriye nella Nuova Guida, (pag. 504}
che venne ultimata l'anno 1349 da fra Giovanni da Campi. Ma que-
sto architetto era morto dieci anni innanzi, cioè nel 1339.
(2) Lettera del P. Vinc Fineschi, sulla facciaU di s. M. Novella^
inserita nelle Novelle Letterarie del 1779. — Gio. Masselli , Note alla
vita di L, B. Alberti del Vasari ^ nota 1 7. pag. 308.
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LIBRO I. CAP. IX. 141
ddl'età sua firate tacojpo Passayanti allena quando mvitaTa ad ab-
beUìre la chiesa di s. ML Novdla il Gaddì, 0 Memnal, VOrgagna,
Boifalinacoo» i quali» eìDcettuato Spinello di Arezzo, e Pietro
CayaUii romano, ninno Tìnceva nella poeria dell'arte. Dì già
ammiratasi ndla eappella de'RuoeBai quella merayigliosa ta-
vola della B. V. dipinta da Gìmaibae; la quale era stata recata
in quel tempio a suono di trombe e con solennissima proces-
sione nel popolare entusiamio dd fiorentini. E ben era dovere
che ove primamente f attìsta si era inspirato all'amore dell'arte
ivi si ammirasse uno de' suoi più rari dipinti. Giotto vi aveva
collocato un crocifisso che vedesi tuttavia sulla porta d'ingressa
AH' Orgagna fti dato a dipingere la cappella maggiore , o vo-
gtiam dare il coro, e la cappella degli Strozzi. Fece nella prima
in molti compartimenti alcune storie della B. V. di s. Giovanni
Battista e di s. Domenico; le quali pitture guaste dall'umidità,
furono rifette da Domenico del Ghirlandalo nel seodo seguente,
operandovi eaandio alcuna cosa il giovinetto Michelangiolo Buo-
narroti, con che annunziava il suo ingegno grandissimo (1). Nella
seconda cappella dipinse l' Orgagna i due novissimi, l'Inferno e
0 Paradiso. E bome la Divina Commedia formava di già le delizie
del popolo, e T Orgagna né era oltremodo invaghito, divise l'In-
ferno secondo le bolge dantesche, le popolò di spiriti maledetti ,
gli atteggiò agli spasimi , ai dolori nel diversi e orribili tormenti
immaginati dal poeta. Argomenfo che avea esercitato Tingcgno
(1) n Ghirlandaio n'ebbe di prezzo, 1000 fiorini d'oro. Fu termi-
nau Tanno 1490.
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Uà MEMORIE
dì Niccola pisano 9 di Giotto, ec. e che si trova cosi sovente e
eoo tanta nÈiestrìa ripetuto dai gioitesdii. Se l'arte non vi è
perfetta, se il nudo non ha buon disegno, se la composizione è
ben sovente confusa; vi regna però tutta la poesia di Dante;
tutto l'orrore di quel luogo ove è sbandita la speranza , e sem-
bra in vederlo di udire:
Diversi suoni, orrìbili (avelie.
Parole di dolore, accenti d'ira,
Voci alte , 6oche , e suon di man con elle.
Inferno, Canto UI.
Di pontro effigiò la gloria dei celesti, ed ivi spiegò tanta bel-
lezza, e tanla maestrìa, che da due diversi arteCd sembrano
eseguili questi due novissimi. Vero è che il Paradiso, per as-
serzione del P. Borghigiani , venne posterìormente ritoccato dal
Veraccini [1]. In ultimo TOrgagna dipinse la bella tavola per
l'altare di s. Tommaso , ove appose il suo nome e l'anno 1357.
A Buonamìco BufTalmacco erano state affidate molti anni innanzi
le pitture di una cappella che era ove al presente si ha l'adito
al campanile; e delle quali rimane upa. tavola sulla porta del
medesimo, si guasta però e malconcia che non è più dato ri-
conoscervi la mano del prìmo dipintore. Ma preziose sopra
ogni altra furono quelle pitture che Taddeo Gaddi, e Simone
Memmi eseguirono nel!' antico capìtolo , al presente detto il
Cappellone degli Spagnoli^ per averne avuto alcun tempo la
proprietà questa nazione. Del quale edìtizio come di monumento
(1) Cronaca Annoi, voi. Ili ad arni. 1556 pag. 329 e 330.
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LIBRO I. GAP. IX. 143
dì grande iii4K)r(a]ìza odia storia della {ottura italiana , e cosi
mal noto aDa più parte , diremo alcone parole.
Boonamico di Lapo (kiidalolli mercante fiorentino, aeqoi-
stata una piccola cappella contigua alla chiesa vecchia di s. M.
Novella, fece porre le fondamenta del vasto capitolo, Taono
1^0. Dovea servire per le adunanze dei religiosi, e per cele-
brarvi annualmente con molta pompa la festa del SS. Corpo di
Cristo (1). Errarono perciò i PP. Fineschi e Borghigiani , i quali
ne segnarono la erezione sotto Tanno 1350 iid qual tempo non
vi avrdMie certamente potuto dipkigare Simone Afemmi morto in
Avignone Tanno 1344 (2). Quale dei due architetti sopra citati
ne fosse Tanlore non è ben certo. I tre storici Domenicani,
Biliotti , Borghigiani è Fineschi , con il Mecatti, ne fanno autore
fra Jao^ Talenti ; ma io sono dì avviso che in qudla vece sia dovuto
a fra Giovanni da Campi ; perchè il Talenti od 1320 era in troppo
giovine età, e fra Giovanni già da tre anni aveva vestito T abi-
to di s. Domenico e dirigeva i lavori della chiesa. A tutto ciò
si aggiunge, che contemporaneamente doveasi fSabbrìcare il bel
chiostro detto il Verde ^^ ed il Fineschi ne fa autore fra Giovan-
ni Compiuta la fabbrica del capitolo, il Guidalotti volle ador-
narla di pitture dei più eccdlenli pennelli. Prescelse per primo
(1) MicàTTi , NoUùe Storiche riguardanti il Capitolo dei PP, Do^
menicani di s, M. Novella, un toI. in 4.^ Firenze 1737 pdg. 3. — Fi-
Rton Forestiero Lietruito in j. M, Novella, pag. 44. — Boigbic ad
hunc ann.
(2) Gio. RòMii, Storia della PiUura Italiana toI. 2.^ Epoca 1."
cap. XII pag. 98.
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144 MEMORIE
Simone Mfimmì , U quale, oome bone aTverte 11 eh. profess. Ro-
sìnit non potè operarci prima dell'anno 1336; anno In etri tor-
nò di Avignone ove avea veduta la celebre Laura che poi ri-
trasse In qod capitolo (1). Secondo a dipingervi fa Taddeo Gad-
dì , ma 11 qaando non saprei dire. Sulla lapide sq[iolcrale ebeohìu-
de le ceneri di Mico Guidalotti si legge, come l'anno 1355, che
fu qnello di sua morte, il capitolo era di già dipìnto; e Invero
anche Taddeo Gaddi dovea essere mancato di vita intorno a qfuel
tempo (2 . Lat spesa imporlo ben 850 fiorini d' oro. Or qui si
affacciaiosto una gravissima difiiadtà. L' ab. Hecattì , ed il Flneschi
rinvennero come 11 suddetto Mico Guidalotti alla morte sua .la-
sciasse al fratello Domenico altri 325 fiorini d'oro per condurre
a termine le pitture del capitolo ; alla qnal somma perchè forse
insufficiente, Domenico ne aggiunse altri 92. Abbiamo da tutto
ciò che il capìtolo Importò la spesa di 1265 fiorim*, die
in queir anno 1355 non era compiuto , e che rimaneva-
no a farsi ancora molte pitture/ per le quali ne furono
sborsati altri 415. Ma a chi Arxnìo mai affidati questi dipinti se
(1) Rotiici, toc. cit.
(2) Lakzi, Storia Pittorica, epoca 1.* Scuola Fiorentina»
Iscrizione posta al sepolcro del Guidalotti.
Hic iaeet Michus
(ìlius din Lapii de GuidatotUt mercator
qui fecit fieri et dipìngi istnd Capitului^i
curo cappella, sepullus in habitu ordiois
A. D. MCCCLV die III septenbrit
requietcat in p;ice
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LIBRO I. GAP. IX- 145
il Hemmì e il Gaddi erano già morti , e se tutto quanto il ea-
pitòto, paftio la volta ara stata dai medcsiiiii colorita? Non
arendo veduto il docomento dell' oltitoa volontà del Goidalotti,
giudico verofiiiiule obe i 415 fiorini dovessero essere impiegati nell'a-
domamento ddl' altare , e in quelle opere di scoi tura cfae beUameote
adornano la porta e i finestroni dd capitolo, dovuti forse alto
scalpalo di fira Jacopo Talenti (1). Detto ddla Tabbrica , diremo
ddle pitture. Bramandosi un saggiadi pittura storica , simbolica
e leggendaria , si ebbe ricorso al Passavanti ; il quale forni gli
artisti delle opportune notizie e diresse il lavoro (2). Simone
Memnai tolse a dipingere tre parti; l'orientale, la meridionale
e la settentrionale. Nella meridionale fece alcune stcnrie di s.
Domenico e di Sb Pietro martire in gran parte perdute. Neil' o-
riei^le ritrasse la cbiesa militante e la chiesa trionfante. Nella
prima ^igiò le principali dignità dviB ed ecclesiastica; ed è
dc^ppiamente preziosa per i ritratti che d haoonsQrv^ti del Pon-
tefice Benedetto XI, di Enrico VII imperatore, di Filippo il bello
re di Francia, del card. Niccolò Albertino di Prato, di fra An-
giolo Accia juoliDoinenicano vescovo di Firenze, come di Cimabue,
(1) Non sarebbe ezÌAndio fuor di ragione il credere che restasse solo
a dipingersi la tribuna o cappella dello stesso capitolo , della quale è
menzione nella lapida. Chi in seguito ti operasse non è<:erto} deperite
però quelle pitture nel 1590. furono rifatte dai discepoli di Alessandro
Allori e dal Poccetti.
(2) Il eh. prof. Rosini scrive che ì dipinti di questo capitolo furono
probabilmente diretti dal cel. fra Domenico Cavalca pisano, ma credo
prenda equivoco con fr. Jacopo Passavanti , perciocché tutte le memorie
del convento di s. M. Novella ciò afifermano di quest'ultimo.
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146 MEMORIE
dì Giotto, dì Arnolfo, del Petravca ec. Forse era suo ooo-
oeCto mostrare come dì meizo agli errori, alle ambizioiii ed ai
piaceri che Maodiscono o travagliano la vita umana , i veri se-
guaci di G. C, mercè il suo divino aiuto, pervengano alla pa-
tria edeste. Acceonò per gli orrori la setta dei Manichei , della
quale era infetta Firenze non s(rio, ma gran parte d'Italia. Fi-
gurò gli eretici dispulare con i cattolici ; altrove volpi iiseguite
da cani bianchi e nari; con die volle ricordare la vigilaiiza dei
frati Predicatori , i quali ovunque vedessero Terrore, sotto qua-
lunque forma o sembianza, lo combattevano senza tregua. A
dinotare i piaceri e la voluttà onde sono adescali e sedotti i
mortali ritrasse una schiera di giovani danzatrici , e fra esse vedi
la bella Laura per la quale tanto vanfeggiò Francesco Petrarca.
Similmente a significare le ambizioni di onori e di potenza ,
pose le più alte dignità della chiesa e delT impero. Poi figurò
la confessione, Tassohizione e la penitenza per le quali si ò
introdotti nella chiesa trionfante. In breve, ritrasse egli a colorì
quanto conr terso ed elegante stile avea scritto l' autore dello
Secchio di vera penitenza. Nella parte settentrionale di^iinie la
salita di Cristo al calvario; la sua crocifissione e morte» e la
discesa di Lui al limbo dd Padri. Pitture tutte per la invenzio-
ne, la poesia e il disegno veramente meravigliose. Giammai il
Memmi mi parve si grande come in questi a freschi del capi-
tolo. Sono eziandio un elogio della pittura cristiana e della bon-
tà deir artista. Taddeo Gaddi non raggiungeva il Memmi ndla
poesia del comporre , ma forse superayalo nel disegna Si atten-
ne perciò a più semplice composizione. Nella parte ocddenlale
che gli fu data a dipingere, ritrasse il trionfo di s. Tommaso
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LIBRO I. CAP. IX. 147
dì Aquino snU' errore , ed insieme la sua ceìesie sapienza; quasi in
quella guisa che fece il pittore Francesco Traini in Pisa nella gran
taTola che Tedesi in s. Caterina. Figurò pertanto il s. Dottore
seduto in catteto con libro aperto in mano; lo circondò di
patriarchi, di profeti, di apostoli e di dottori; ai piedi di lui
pose gli eretici confusi , e compreso di vergogna T arabo Aver-
roe corrompitore ddla dottrina di Aristotile; i cui deliri avea
TAquInate con tanta forza d'ingegno confutati. Nella parte in-
fericNre espresse in quattordici figure muliebri le yirtà e le
scienze più cospicue, e al di sotto di esse i più celebri cultori
deUe medesime. Della qual pittura simbolica molto si piacevano
i bizantini e i giotteschi. Ndla volta del capitolo colori la ri-
surrezione di G. C., la discesa dello Spirito Santo nel cenacolo,
e la navicella di Pietro agitata dai flutti. 11 Gaddi pose in
qudr opera tanto studio e diligenza per la emulazione del
Hemoù, che tra i suoi dipinti è forse questo il piò insane.
Le fin qui noverate sono le opere di pittura dovute in gran
parte allo zelo ed alla intelligenza del Passavànti. Ma egli può
asserirsi francamente , che cominciando dai Greci e da Cimabue,
quel tempio e quei chiostri esercitarono V arte e V ingegno di tutti
i più valenti dipintori della scuola fiorentina , eccettualo Andrea
del Sarto, e fra Bartolomeo della Porta; percioccliè oltre i ri-
cordali, vi operarono Spinello di Arezzo, V Angelico, Filippo
Lippi , Paolo Uccello, Masaccio, ec.; ed appare dalle antiche me*
morie come le pareti di quella chiesa fossero daU* alto al basso
tulle adorne dì pitture della ^uola giottesca, le quali in gran
parte furono dislrutte nel secolo XVI quando per consiglio e
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148 MEMORIE
sotto la dircasioDe di Giorgio Vasari teiiDC rìmodeniata. Ciò ba-
sti del (empio di s. M. Novella*
Seguitando a narrare la Tita delF architetto fira Giovanni
da Campi , i privati lavori ddla.ohiesa e dd chiostro non erano
oosiflatti che gli vietassero adoperarsi nei puÌMici , ai qoali eia
di llreqaente invitato par la opinione ohe «vevasi deUa sua pe-
rizia ndl'arte. Neg^ anni 1319 e 13il sembra ohe i muratori e i
scarpellini Domenicani dd convento di s. M. , Nov^a fossero adope-
rati nel servigio della Repubblica per la ererione di alcune flibbrì-
di(; e se ne hanno i decreti nell'archivio delle RiformagionL
Facilmente Ora Giovanni avrà diretti tutti questi lavori. In quello
del 1319 si ricorda la fabbrica di una abitaziooe contigua al loro
convento per albergarvi gli uflhuali della Repubblica , e gli il-
lustri personaggi che transitavano per Firenase. Questo edifizio
si faceva in gran parte a spese dei religiosi, abbenché fosse di
pubblica utilità ; e il consiglio non concedette altra sovvenzione
ai medesimi che sole 200 lire (1). In questo divisamelo
erano venuti i frati Predicatori per togliersi il disagio gran-
dissimo di albergare costoro nel proprio convento; percioc-
ché non avendo la Repubblica luogo a dò atto inviava sempre
(1) Gaii, Ioc. cit. ( Fratrib. $, M. Nwellae 1. 200 f. p. ) « guod
ipsi fratres hediffictun statuerint circa portam eorum conventus quaii^
dam domum st^fftcientem et spatiosam, quae us<jue ad totam akìtudi'
nem murorum ìam perducta est , et erit maxime necessaria ad recipien»
dum qfficiaUs comuni fior, nec non etiam aiios cives , secundum 4jfuod
diversi caius occureì'imt, ad quos quidem redpiendos ipsi fratres non Aa*
bentdoMOs suffltientes et apertas, qtumamodum muUolies est expertum.»
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LIBRO l GAP. DL 149
gli illuslrl yiaggìatori nei divergi conTenti ddla città ^ e segnata-
mente in qaèllo di s. M. Novella , abbenchè allora assai povero
ed angusto. QnelV abitazione non pertanto dovette essere ben lun^
gì dal bastare al bisogno; e invero Tanno 1419 dovendo aoco-
gliere fl Pontefice Martino V con il seguito di cardinali e di
prdatiy la dttà fece murare appòsitamente nel convento stesso
di s. M. Novella un magnifico appartamento con danari ddl^o-
pera del duomo, impiegandovi la somma di 1500 fiorini (1).
Assai più importante è il decreto delti 10 febbrajo 1321
col quale la Repubblica assegna ai frati Predicatori la' grave
somma .di 2000 fiorini per restauri di anticbe fabbriche, e la
erezione di nuove. Abbenchè non si dica se queste fossero della
città ovrero dei religiosi; parmi non pertanto dd)basi credere,
che gH architetti e muratori di s. M. Novella fossero con quel
decreto invitati ai pubblici lavori ^^ siccome appunto in quel
(1) Gate Ioc. cìt. d/e 31 Janum-ii 1419. Operar ii opere Majoris
Ecclesiae FUtrent. teneantur expensts ipsiut opere fieri faceì'e in loco
cont^ntus Pratrum, f . Marie Novelle unum habitationem 'prò sanciis"
timo domino Martino V, Excedi non possit summam fior. 1500. curi.
Il ' Pontefice suddetto reduce allora dal concilio 4i Costanza si trat-
tenne con la sua corte in s. M. Novella per lo spasio di sei mesi. Eu-
genio IV yenutoyS nel 1434, tì dimorò per ben sei anni in due volte,
e vi tenne il concilio ecumenico per la riunione dei Greci. Nel 1451. quel
convento accolse l'imp. Federico III e Ladislao suo nipote re di Ungheria.
L'anno 1459, vi venne il Pontefice Pio II. Nel 1474. Cristierno re di Svezia;
e nel 1515 il sommo Pontefice Leone X. V. Bobohigiaii^Biliotti, ec
10
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150 MEMORIE
secolo facevano gli ordini degli Umiliati e dei Gesoati. Non
essendo yerosiipile che un Istituto di frali Mendicanti avesse pro-
prietà di molte abitazioni , e che la Repubblica -ydesse Gir dono
aj medesimi di somma tanto ragguardevole (1).
Ma un'opera che raccomanderà sempre ai posteri il nome
di fra Giovanni da Campi è il presente bel ponte di pietra sai-
l'Amo, volgarmente detto della Carraja, da lui eretto nuova-
mente dopo essere stato distrutto qudlo che i due suoi confra-
tdli fra Sisto e fra Ristoro avevano innalzato nel secolo prece-
dente. E perchè alcuni tentarono togliere a lui questa gloria ,
noi con documenti certissimi faremo prova di mantenergliela.
Dì già fu narrato come sugli ullìmi dell'anno 1269, o nei
primi del seguente i due architetti Qovellani ne avessero gettati
i piloni, e come agli altri della città, soprapponesservi poi un ponte
di legno. L'anno 1304 questo ponte andò in rovina per la se-
guente cagione. Firenze era nuovamente lacerata da cittadine
discordie. Ai Guelfi e Ghibellini erano succeduti i Bianchi e i
Neri. 11 vescovo Lottierì, anziché sedare quei moti funesti, co-
me era debito di padre e di pastore, si pose in quella vece
capo del partito dei Bianchi. Benedetto XI , avuto avviso con
quanto crudel guerra si lacerassero quei miseri cittadini, inviò
in Firenze il card. Niccolò Albertino di Prato dell'ordine dei
Predicatori, onde comporre gli animi alla pace. Rammentava il
Pontefice , che l' anno 1279 un altro religioso dello stesso iastituto
(1) GàTB, loc. cit. <r anno 1321. iO febr. Ubr. 2000 f. p. deputen-
turjrairibus s. Dominici prò reparatione domorum et constructione de
novo fienda de domibus et aliit pluribus. »
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UBRO L GAP. IX. 151
e della stesa dignità rhrestllo avea EBteOmeDte sedate qnelle
lazìoiiì; « Questo messer Niccolò, scrive Gioyaimi Villani, cardi-
nale della terra di Prato , era frate predicatore, molto savio
di sGrìttura e di senno natarale, sottile e sagace e avveduto, e
grande pratico, e di progenia di ghibellini)» (1). L'appartenere
ad una famiglia che parteggiava manirestamente per una delle due
sette polìtiche, il rese sospetto al popolo, che non volle udir parole di
pace; ond'egli abbandonata Firenze si recò in patria. Non per-
tanto nel seguente anno, alquanto posali gli sdegni, *sì volle fe-
steggiare il suo ritomo da Prato con feste popolari (2). «Quei del
Borgo san Frìano, prosegue il Villani, avevano per costarne di
farà più nuovi e diversi gioocfai, si mandarono un bando che
chiunque volesse saper novelle dell'altro mondo, dovesse ess^e
il di delle Calen di Maggio su '1 ponte alla Garraja e d'intor-
no all'Amo; e ordinarono in Arno sopra barche e naviceUe
palchi e fedonvi la somiglianza e figura dello 'nfemo con fu>
dìi e altre pene e martorK , con uomini conlrafatli a demonia
(1) Cronaca libr. Vili cap. 66. — Niocolò Macchiatblli, 5<ori e fVo-
rcntine It'b, 2.**
(2) Il popolo fiorentino assai vago di questi spettacoli ne fa-
ceva molti annualmente nelle diverse chiese della città. I princi-
pali erano: di t. Ignazio martire in s. M. Novella , dell' Assun-
lione al Carmine, di a. Bartolommeo in s Croce, e dello Spirito Santo
nella chiesa degli Agostiniani di questo nome: e fu appunto in uno di
qaesti spettacoli che incendiò la chiesa di santo Spirito nel 1471 e venne
quindi tanto elegantemente ricostruita sul disegno lasciato dal Bru-
nellesco. Tutte queste feste eseguite in modo veramente teatrale, erano
dirette dall'ingegno meraviglioso del Cecca.
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158 MEMORIE
orribili a vedere, e altri i quali aye^aiio figure d'auiine ignude,
che pareano persone , e meUevaogli in qaegU diversi tonneoU
COD grandissime grida, e strida, e tempesta, la quale parea
odiosa e spaventevole a udve e a vedere; e per lo nuovo giuo-
co vi trassono a vedere molti Cittadini, e '1 ponte alla Carraja,
il quale allora era di legname da pila a pUa^ A caricò si di
gente che rovinò in più parti, e cadde colla gente che v'era
suso, onde molte genti vi morirono e annegarono, e di motte
se ne guastarono le persone , sicché il giuoco da beffe avvenne
col vero, e compera Ito il bando, molti per morte n'andarono
a sapere novdle dell* altro mondo ji (1). Dopo qaeUa rovina M
ponte alla Carraja venne intieramente rifatto di pietra, ma igno-
rasi chi ne fosse l'architetta Nell'archivio delle Riformagioni
si legge una deliberazione del 27 agosto 1332 per (ar lastricare
quel ponte (2). Era di recente compiuto il lav<Nro, quando nd
1 novembre dell' anno 1333 avvenne la più gran piena ddl' Ar-
no che forse mai ricordi la città di Firenze. Imperciocché dopo
recati danni gravissimi in Valdarno, in Casentino, in pian d'A-
rezzo, da molti e grossi torrenti oltre misura cresciuto, non si
tosto era giunto presso Firenze che tosto univasi colla Sieve. Al-
lora insofferente di freno; soverchiate le sponde, atterrava da
prima il ponte alla Carraja, salvo due archi; poscia quello di
s. Trinità, salvo una pila e un arco; il ponte Vecchio, stipato
(1) Villa»! loc cit Scrive Giorgio Va tari die qaesU rappreittiU-
xione dell* Inferno era ttaU concepila e diretta da qael binarro •pirilo
di Boonainico Buffalmacco.
(2) Gate, loc. cit.
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LIBRO I. GAP. IX. 153
£ molto legname in parte abbatteva, e in parte quello di Ru-
baconte « quindi con impeto grandissimo si roresdaya sulla in-
fdice città con immiénsa rovina y e con morte di ben trecetito per-
sone. Narra Giovanni Villani testimonio di veduta , che volendo
slimare a valore di moneta il danno patito in quella disavventura
dal comune di Firenze, fra ponti, CBtbbriche, ec giudica dtrepassa-
re i 150 mila fiorini d'oro (1). Abbisognando pertanto la Repub-
Mica di valenti ardiitetti , prescdse infra gli altri Taddeo Gad-
di e fr^ Giovanni da Campi. Al primo affidò i restauri del ponte
Vecchio; al secondo il riracimento di quello alla Carraja. Scri-
vono il Vasari e i Baldinucd , che il ponte di s. Trinità fosse
ricostruito dal Gaddi , ma il Bottarì nelle note alla vita di que-
sto pittore e ardritetto , sospetta in quella vece venisse innalzato
da fra Giovanni (2). Forse errò il Baldinucd ove scrive, che il
Gaddi rifeci con suo modello il ponte Vecchio di tutte pietre ri-
quadrate ; dappoiché il cronista fiorentino afferma che soltanto
H riitrinsero due pile al medesimo. L'altro della Carraja venne
riTatto per intiero; e lo afferma lo stesso Villani: nel mese di
luglio delPasmo 1334 si cominciò a fondare il nuavoponte alla
Carraja » (3). Che poi quest'ultimo sìa dovuto a fra Giovanni da
Campi , oltre l' autorità del Baldinucd e di mons. Bottarì , abbia-
mo quella gravissima del necrologio, il quale manifestamente
(1) Gm. VtLLAm, loc di. libr. XI. cap. XIL
(2) File dei pittori, scultori, architetii di Giorgio Fasori, nell'e
dizione di LiTomo del 1767 per Marco Coltellini.
(3) Gio. ViLLAm, loc cit
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154 MEMORIE
a lui ne attribuisce tutta la lode (1]. Un altro doq meno
prezioso documento rinvenne ai suoi gloriti il P. Borghigiani; ed
era l'antico libro del bor fiere o stndaoo del convento, ove si
leggevano alcune partite di danaro dal Comune pagato a ira
Giovanni per quel lavoro. E sotto Y anno 1337 si ricordava oo«
me lo slesso converso architetto rilasciasse al sindaco fiorini 30
delle sue mercedi per la fabbrica del ponte alla Garraja, onde
fossero impiegati nel fare il pavimento al nuovo dormentorio*
cui attendeva indefessamente fra Jacopo Talenti (2). Dopo le quali
autorità di scrittori contemporanei , credo niuoo vorrà più dinega-
re a fra Giovanni la gloria di quella fabbrica. Ebbe questa il suo com-
pimento nd gennajo dell' anno 1336 e importò la spesa di sopra SS
mila fiorini d' oro (3). Quello di s. Trinità , per quanto afferma il Va-
sari, ne importò 20 mila; e deve essere un errore di stampa
nel Baldijiucci ove si legge 200 mila; dappoiché si disse col
Villani, che tutti i danni cagionati da quella inondazione non
oltrepassarono i 150 mila fiorini d' oro. Uguale arrore o
(1) NecroL s. M, Nweliae nP 27*7 « ipse factus est per comune
totius iUius operis (del ponte ) principali^ et unicus archiuctor. » Fino
dal primo giorno di novembre dell' anno 1 333 in cui cominciò la piena
delle acque ti trova nell* Arch. delle Riformagioni memoria di una de-
putazione o balìa ad providendum gitali ter et quomodo in dieta dx^i'^
tate Florent. pottit transiri et iri super ftumine Jrni , et ab una parte
dicti fluminis Arni ad aliam partem,» Gi.t« , loc cit.
(2) Cron. Ànnalist, ad hunc annum pag. 366.
(3) YiLLAHi, loc. cit.
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LffiRO L GAP. IK. 155
esageraàooe trascorse ore II saddelto scrittore narriai che li
ponte Vecchio ne importasse 60 mila (1).
Il ponte aUa Carraja di cinque archi , etutto di pietre riqoa*
drate , è il presente che si vede' in Firenze , e die, dopo qnello
dì 8. Trinila posteriore di dcpe seoolf , é il più bello di quanti ne
SODO sopra Amo. Per le gravi piene soprayyemille nei tempi
soooessiyi ékbe mestieri di qualche rìsarclmeiìto; e nella gravissi-
ma del i5S7» che ne avea atterrate due pile e due archi » vennero
questi ritenti per opera di Bartolomeo Ammapnato; non già tutto
il ponte come per manifesto errore leggesi nelk Guida di Firenze
dd iS&iy (2). Quando ciò non fesse provato da scrittori con-
temporanei, basterebbe a mto avviso considerare l'architettura
stessa dd ponte. Tengo non pertanto come certissimo, che del-
rAmmannalo, oltre le due pile e I doe archi, siano gH speroni
fortissimi che rafforzano le pile, uguali a quelli di s. Trinità
del medesimo architetto.
Nel tempo che fra Giovanni da Campi dava opera agli in^
portanti lavori affidatigli dalla repubblica , il converso fra Jacopo
(1} Notizie dei Professori del disegno. Decennio III del sec. 2.
(2) In un libio di Ricordanve del coiiy. di i. Marco di Firenze,
MS. segnato con lettera fi. foL 120. a tergo» ti legge: « Bicordo co»
me oggi giorno XIII di sept, 1557 a tre ore di notte la vigilia di «.
Croce Arno fiume per le grandissime pioggie inondò e usci fuori del
letto suo ruppe sopra Firenze mezMo miglio, ec< , • , . In Firenze ro»
vino il ponte s. Trinità tutto, il ponu alla Carraja dua pile et dua
archi, et guastò una gran parU di ponte Buhaconie, di modo che
non si pelea passare. » ec»
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156 MEMORIE
Talenti , e gli altri architetti e muratori Domeoicaoi erano intesi
alla fabbrica della chiesa e del consenta Secondo il disegno la-
sciato da fra Sisto e fra Ristoro, fecero intomo al 1330 il bdlissi-
mo campanile ; e ciò deducesi da questo, che neUe antiche campane
leggevasì, in una Vanno 1331, e nell'altra il 1334. È nella sua
altezza ben 118 braccia, compresa la pergamena; ed ha tale
sveltezza che, se ne eccettui quello meraviglioso del duomo,
non so qual altro in Firenze lo vinca o pareggi Importò la
spesa di ben 11 mila Gorini d'oro (1). L'amx) 1334 oondussero
a termine il magnifico cappellone di s. Niccolò con T attigua
sacristia, dipmta a buon Tresco con storie di G, C da Spinello
di Arezzo. Soprastante a quel lavoro iìi il religioso fr. Ottayiano
Rustici , nelle cose di architettura versatisaimo. Sotto la dfanenone
del Talenti si trovano- lavorare in qualità dì capi muratori due
conversi dello stesso concento fra Lapo Bruschi, e fra Fran-
cesco da Carmignano (2). In questo mentre il memorando stra-
ripamento dell'Amo cagionava danni gravissimi alla primitiva
chiesa sotterranea e all'antico convento; segnatamente l'inferiore
dormentorio, che per essere a troppo basso livello facilmente
(1) La tpeta deOa fabbrica del campaDile fu fatu per la più parte
da mona. Simooe Saltarelli archrescoTo di Pi«a religioao del convento di
8. M. Norella.
(2) Il P. Borghigiani icrire come dagli spogli dell' ArchÌTÌo di t.
M. Novella ti deduce che col Talenti dirigeTa eziandio quei lavori fra
Giovanui da Campi: ciò dovrebbe estere alcun mese ìnnanai che egli
imprendesse la fabbrica del ponte alla Garraja, appunto in quell'anno
1331 V^ Cron. Annalistica, ec. pag. 530 ad aan. 1333.
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LIBRO L GAP. IX. iST
vennero occupate dalle acque. €oiìobbaro allora quei reUgmi ohe
a guarentirsi dalle Alture inondazioni fiicea dì mestieri erigere
dalle fondaiDNita un nooro e più vasto coByeoio a troppo mag-^
ffare altezza che non era Y antico. Già da akoni anni ayeyano
inqireso a fabbricare un nuovo dormentorio che bastasseal nu-
mero ogDor crescente dei religiosi , come si deduce da una sup*
plica che i medesimi porsero alla repubUica U pomo 12 aprile
1334 supplica %norata dagli storici tutti del conventa In que-
sta essi dichiaravano trovarsi privi dei meizi necessari a con>-
piere cosi la fobbrìca della chiesa come Y ingrandimento del
dormentorio già da lungo tempo intrapreso; supplicare quin-
di perchè loro venissero conceduti due ^pem di terra uno di
1500 br. e l'altro di 800 quadrate (1). Qualibsse il risultamento
di questa petizione si ignora. Or seguitando la cronologia del
P. Borghigiani, awertvemo come il nuovo braccio del eoo^
vento venne innalzato sopra il chiostro grande; e, come i pila-
stri del medesimo erano troppo deboli e impari al peso che
loro si ^vea sovrapporre, convenne raflbrzar& Questa fabbri-
ca certamente grandissima , abbisognava di somme ragguarde-
voli; e come non tutte si ebbero ad un tempo medesimo, e si
dovette abbandonare e riprendere più e più volte il lavoro,
Varcfaittura del detto chiostro risultò irregolare, come può di
leggieri ravisarsi anco al presente. Tra coloro che concorsero
alle spese di quel sontuoso edificio , si distinsero frate Giovanni
Inbngati, 3 quale con l'aiuto de' suoi congiunti, fece edificar
(1) Qài*, loc cit. Se Doa è ocoeno errore nella cifra.
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158 MEMORIE
Vaia merìdioiiale. L'occidentale è dovuta a mons. Aogdo Ac-
dajuoli yesc. dì Firenze. Moos. Simone SallareUi ardy. di Pisa
e fra Sodario Squarci, tulli figli di questo convènto, suppli-
rono in gran parte aUa spesa di quanto rimaneva a farsi. Quan-
do venisse ultimato si T uno che V altro non è ben certo. L'anno
1337 « faceva il pavimento del nuovo dormentorio; e nel 1340
non era certamente ancora compiuto il chiostro, perciocché il
P. Borghigiani, rinvenne memorie di lascili per condurlo a
fine (1). Questo bel chiostro di 56 archi è il più grande di quan-
ti sono in Firenze. Poco innanzi al 1570 si cominciò a (teco-
rarlo di preziosi dipioti par cura e sollecitudine del ven. P.
Alessandro Capocchi; e vi operarono i più insigni pittori della
scuola fiorentina , par modo che a giudizio delLanzi , può legger-
si in esso la storia pittorica di questa scuola ndla sua epoca
terza ; perciocché vi operarono, il Bronzino, Aless. Allori, Santi
di Tito, Cosimo Gamberucci, il Pocoelti e& (2) i quaH vi co-
lorirono storie dì s. Domenico, di s. Pietro marlfa^, di s. Tom-
maso di Aquino e dì s. Antonino; tutte a spese dei religiosi
del convento. Ad eccezione dì alcuni lunettoùi, venne ultimato
ranno 1582.
Nel tempo che più ferveva il lavoro della fabbrica ddla
chiesa e del convento cessava di vivere dopo hmga infermità il
(1) BoaoBiGUJii, Cron. Annoi, voL 2.** pag. 1. lu/ o/lfi. 1341. — Av-
Ttrtiamo come le date delle fabbriche che andiamo Doyerando sono tolte
dal Borghigiani; il perchè non rispondiamo della loro esatteaf.
(2) Stov. Piuorka, toI. 1." tcaola fiorenlioa epoca 3. pag. 171.
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LIBRO I. GAP. IX. 139
Talenle ardùtelto (ra Giovanili da Campi l' anno 1339 > yenddofr-
simo ddia sua vita claustrale , e lasciava dolore grandissiino
della sua perdita non pure ne* suoi confratelli, ma Micora in
tutti i cittadidi ai quali avea prestata indefessamente l'opera
sua nei privati e nei pubblici lavori. ^£l)be lode non pure di arte-
6ce peritissimo, ma dì religioso integerrimo ed esemplare (1)«
(1) Necrologium i. M, Nwellae , NS* Ì)l, « /*. Johannes convertus
fiL olim Brachetti de Campii, fUit morum nuUuritate , nec non pre^
àp/ua honestate prepoUens, Hic effectus est in ordine bonus carpenta^
rius et industrius in edifidis construendis, Uhde contigit, quod post
diluvium quod inundatfit Fiorentiam anno domini 1333 ad rehedifica*'
tiotum dei pofUe alia Carraja , quod prefatam diluvium dissipatiti ipse
fitclus est per Comune totius ilUus operis princi polis et unicus architef»
ctor, tandemque ipsum cum honore ordinis et suo laudabiUter consw
mmni, ita ut in oliiM operibus àvitatis continue ed avide peteretur.
Fixit. autem in ordine ann, XXIL Tandemque longa egritudine pau~
iatim ad extrema deductus obiit anno domini 1339. »
II P. ViKC. FiKiacBi scrive, eaaere congettura che la chiesa di s.
Domenico di Caiaggio fosse fabbricata con disegno di fr. Giovanni da
Campiy e soggiunge che al medesimo architetto sono dovuti i dormen-
tori di sotto del cony. di s. M. Novella. V. Docum. alla vita del B,
Gio. da Salerno pag. 73. in nota^ e Vita di fr. Remigio , pag. 169.
Avvertirò sul proposito , che se la chiesa di s. Domenico di Cafaggìo fu
incominciata Fanno 1297, come sembra indicare il documento dal mede-
simo riportato , è poco verisimile che ne abbia dato il disegno fr. Giovanni ,
il quale soltanto nel 1317 Testi l'abito Domenicano. Non vi è difficoltà
per i dormeotorj di s. M. Novella, purché se ne assegni la fabbrica- non
nel 1293, come sembra che opini il suddetto, ma a tempi posteriori.
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160 MEMORIE
Ninno obe vedute abbia le opere sne, segnatamente il ponte alla
Carraja , il Cappellone degli Spagnnoli, e il chiostro Varde in s.
M. Novdla, gli negherà certamente nn posto distinto fra gli
architetti del secolo XIV , e come tale yenne col dovuto onore
ricordato dal Baldinucd , dal Gcognara , e da Mons. Bottari in
una lunghissima nota alla vita dell'Anglico. Che poi cosi esso
che fra Sisto, fra Ristoro, e fra Jacopo Talenti, fossero per-
fettamente ignoti a Francesco Milizia, faranno le meraviglie
coloro i quali non sanno quanto povere di crìtica, e di notizie
siano le sue memorie degli architetti antidii e moderni.
In tanta dovìzia di arteCd , i religiosi di s. M. Novella non
furono in forse nel trasceglierc cui aflBdare il proseguimento di
tutti i lavori della chiesa e ed convento; e ne diedero tosto il
carico a fra Jacopo Talenti, il quale di conserva col compa-
gno vi aveva per V adcUetro atteso non breve tempa E veramente
posti a confronto gli ediflzi dell'uno e dell' altro si rinviene tanta
medesimezza di arte e di ingegno che non da due diversi , ma
da un solo architetto sembrano inalzati. In questo solo mi
parve sempre meraviglioso il Talenti, nella celerità con la
quale conduceva le sue fabbriche, imprendendone più alla vol-
ta, e tutte compiendo in brevissimo tempo. Non ancora intie-
ramente ultimata era la chiesa di s. M. Novella che egli già
dava principio alla sacristia, nobile e severo edifizio nel quale
non sai se più debba ammirarsi la solidità o la sveltezza. Nel
1350 dovea essere finita, perciocché in quell'anno era recata
ad uso di cappdla della famiglia Cavalcanti, e vi aveva un
monumento marmoreo Mainardo Cavalcanti gran Smiscaloo della
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LIBRO I. GAP. IX. 161
regina Gìoyaima di Napoli (1). Intorno a quello stesso anno
(1350) gettava le fimdamenta del refettorio, che nel 13S3 già
era compiuta Ben hìì ricorda aver veduti refettorii più grandi di
qinesto, abbenchò grandissimo, ma il più slogato e il più mae-
stoso non mai (3). Cosi esso come il cappellone di s. Niccolò
denno considerarsi tra suoi più perfetti lavori , con tanto ardi*
mento son lanciate le volte, con tanta proporzione di parti, e
si b^a diqiXMÌzione di lumi Posto, fine alla chiesa nel 13o7
due anni appresso alzava le volle ddl' antico ospizio, che di
presente fa le veci dèi refettorio: Nel 1360 riprendeva la fab-
brica del dormentorio; e niolto tempo innanzi, aveva già eretta
la biblioteca e la cappella di s. Antonio abbate. Due volte da-
neggiato il campanile dal fulmbe, due volte lo restaurò. A tutti
questi lavori certamente grandissimi > si aggiungano di presente
quelli che imprendeva in servigio della Repubblica e dei privati
cittadini, di che non ci lascia dubitare l'autorità dd Necro-
logio, che il dice per molti anni occupato nei medesimi. Se è
lode bellissima dei primi due architetti aver dato il disegnp del
tempio di s. M. Novella, non è certamente inferiore quella del
Talenti che lo condusse ad ottima perfezione. £d io non ho mai
considerato la chiesa medesima e le labbrichè or ric(H*dale che
(1) FimsCHi, Foresu Instr. pag. 35. Il P. Borghigiani ne assegna la
erezione Tanno 1360, ma è forse una svista del dotto istorito.
(2) Negli antichi libri di amministrazione del convento leggevasi
il dono di 20 Gorini d*oro che il cel. Passavanti faceva onde qael re-
fettorio fosse dipinto, come veramente fu per opera di un ignoto delU
scuola di Giotto. V. Borghig.
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162 MEMORIE
da grandissima TenerazioDe non fòssi compreso Terso di arte-
fice tanto insigne; il qoale come che nell'arte e nell'ingegno
facifanente i^uagliasse il Gaddi e l'Orgagna, fìi non pertanto di
cosi rara modestia e umiltà , die si studiò aenqnre nascondersi
nel silenzio della sua sditndine; e come gli altri architetti suoi
confratelli che avevanlo preceduto , In Dio sedo cercò fl premio
e la lode delle sue onorate btrche. Gessò di mere ndla pesti-
lenza dell'anno 1362 il giorno 2 dì ottobre; e il Necrologio , cosi
parco lodatore dei rdigiosi dettanti , ne ricorda la bonti del co-
stume e lo zdo della gloria dell'ordine cui apparteneva (1).
(1) Necrolog. s. M. Nwellae, NP 4ia « F. Jacobu9 TaUnti de Ne-
pozano conyersus magisUr lapìdum €t edificiorum bonus in tantum quod
Comune Ftorent. in suis edificiis pei* multos annoi eum requirehat , et
olii magni cive$. Per manus istius opevam et consilium magna pars
ecclesie s, M, NoueUe constructa est et Capitulum et sacristia , (di al-
tra mano ) et multa principalia opera. In conventu fuit bone et kone--
ste vite , et zelator sui ordinis per annos ( manca ) Tandem post muU
tos labores anno domini 1 362 die 2 oetobris devote ti*ansivit ad requiem
queun optaviu » A malgrado che in quest' a? ticolo a lui ti attribuisca il
capitolo, ( Cappellone degli Spagnoli ) essendo un aggiunta fatta po->
sterìormente al necrologio, non so indurmi a crederne autore il Talenti che
allora forse non contava i Tenti anni di età, ma in quella vece parmi
pili ragionevole attribuirlo a ir« Giovanni da Campi, come abbiamo al-
trove accennato.
»>tt^"
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163
CAPITOLO X.
Di Fra Giovannino da Mareoymo^ % di aUri religiosi arehitetii
del convento di s. M» Novella^ allievi di Fra Giovanni
da Campi e di Fra Jacopo Talenti.
JUemonuida nella storia d'Italia fla sempre la pestilenza dei-
ranno 1348, <rhe dalle parti orientali recata nella nostra pe-
nisola, tante yi feee stragi, tanto vi arrecò disertamento e ster-
minio, dì tanti e si <»rribili mali fq cagione, che non credo
altra, alnieno nei tristi efletti, le si possa in guisa alcuna pan
ragonare. Giovanni Boccaccio d lasciò una pietosissima descrizione
della strage che ella fece in Firenze , ed a quella lettura V ani-
mo è compreso da insolito raccapriccio. Pressoché centomila
cittadini sì crede fossero vittime di quel tremendo flagello. Il
convento di s. M. Novella pianse la morte di sopra ottanta ro-
ligiosl, fra i quali molti giovani artisti educati alle cose di ar-
chitettura dai due conversi fra Giovanni e fra Iacopo. Alcuni
superstiti furono vittime m età ugualmente immatura delle suc-
cessive pestilenze; dappoiché il morbo resosi indigeno, quasi
ogni anno per cdtre un secolo, quando più quando meno, ripullu-
lava, e mieteva nuove vite. Quindi in quella dell* anno 1362 nella
quale fu spento il Talenti, morirono in quel convento ventolto
religiosi. In qudla del 1383, quattordici; fra' quali il beato
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164 MEMORIE
Alessio Strozzi nella fiorente età dì trenlaquattro anni. Venti ne
ftiroQO rapiti in quefla del 1400 ; nore in quella del 1417 ec.
Fra le vittime di quella avvenuta l'anno 1348 ^ in matura
età, fu un converso architetto, ignorato (te tutti gli storici
dell'arte, e solo ricordato dal Necrologia È questi un tal fra
Giovannino, del quale si taop il cognome. Trasse i natali in
Marcojano del Mugclla Vesti l'abito religioso in s. Maria No-
vella Tanno 1302, o in quel tomo; dal che si deduce facil-
mente che apprendesse l'arie da fra Giovanni da Campi. Col-
tivò alquanto la pittura, ma di proposilo si diede air archi-
tettura per il bisogno grandissimo che ne aveva il suo conven-
to. Se in Firenze operasse nei pubblici lavori non ini è noto,
ma deve senza meno avere aiutato il Talenti nella fabbrica di
s. M. Novella. È indubitato però che i vari conventi della sua
provincia lo richiesero, e si giovarono dell'opera sua in molti
e grandi edifizi. Quello poi che d dà prova non dubbia del
merito suo grandissimo, è Tessere stato invitato a Roma ad
operare nella insigne basilica di s. Pietro. Si ignora non per-
tanto da qual Pontefice , T anno in cui vi si recò , e quanto vi
ebbe operato. Tutto ciò è certamente a dolersi di veder ta-
ciuto dal Necrologio, se non che lo scrittore di quel tempo,
che dovette essere fra Jacopo Altoviti , sembra piò » studiasse
rilevarne le virtù delT animo, che la perizia del fabbricare;
onde d vien narrando , cóme fosse religioso di rita mirar
bilmente esemplare, di astinenza e di orazione grandissnna ,
parco del sonno, e nel fabbricare, nello scolpire, nA dipinge-
re indefesso*' unic() suo ricreamenlo essere stato questo, che a
coloro i quali nel tempo che lavorava gli facean corona , ve-
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UBBO L CAP. X. 165
lura narrapdo eoa gr^xia bellìssifiui i più bd tratti dalla aaqra
ScriHora. Dopo tìU santa ed operosisi^uim» ooHo da pestOa^pa
ndla sua età di corca aassant'aoDi, si lipoi^ nel ^igoEve il
giorno 16 aprile 1348 (1). Ci gode l'animp in pensare che il
aoiiie di tapto virtuoso artefice, per dnqqe secoli rimasto sepolto
Ddla oUivioiie, in queste noistre poyere mefoorie, sia la prima
Tolta coQQsoiato ed apimìrfito dal pubblìeo*
Segoitando a noverape gU altri religiosi dì quel ceavenlo
che attendevano alle cose di arehitetturai troriamo nel Necro-
logio , ( N."" 309 ) un converso per nogie fra Matteo Gnidoori
da Campi , lodato come indostrioso e sollecito Carpentiere^ wario
a giorno 25 agosto 1346 , vissuto nell'ordine anni 39. Fa già
altrove avvertito in qoal senso debba intendersi la parola Cor-
ptniarius, osata sempre dal Necrologio a sigaificaxioiie di ar*
chitetta Fra Gìotvanni da SetUgnano ò detto alquanto
(1) Nea'ologium, N.^ 321. F, Joannìnus de Marcojano de Macello
coiwersus fuit in vita miràbiliter etemplaris , multarum cAstinentiarum
et vigiHarum et orationum, nunquam vacando olio. Mam cum esset
optimuM lignorum ftéer et carpentarius perutilis ( eooo «ssai bep dW
stÌDti r architetto dal falegnaaie) multa et magna edijldorum perfiteit
in diversis conventikue provinciae, ao etiam in Urbe in EcoUna «•
Peuri» Fuit insuper bonus pigptmiarius ^ (pittore) erM etiam ài\»Wu^
ctus huju* mtÌ9» Historias Bibliae memariter retinebol in ifuarum nar~
radona dum operaretur manibuf devotum solatium capiebat. Tandem
decursis in ordine annis XLFI vel circa , ei Deus , ut pie a*edi po^
test, post diutinos labores, quietis tribuit mantionem, anno Domini
1348 die XFI apriUs, »
11
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166 MEMORIE
strato in qaeB'arte; morì in gìovanissiiDa età il 5 giugno
1348 (N."" 339). Un fra Francesco dd Mordlo è appettato
studioso delTarte medesima. Dopo soU dieci anni di yita dau-
s(ra1e, ognafanente cbe gli altri colto da pestilenza, mori nd
luglio dell'anno stesso ( N.^ 371 ]. Finalmente fra Giacomo dì
Andrea fiorentino conyersOy ba lode di perito nei lavori in pie-
tra, in legno e in yetro. Fu per alcun tempo in Roma , e mori
di pestilenza in Viterbo neff agosto delF anno 1369 vissuto nel-
r ordine anni quaranta ( N.^ 458 ]. Venne ricordato dagli storia
Biliotti e Borghigiani (1). Di alcuni che si dedicarono ad altri
rami del disegno si ragionerà altrove. Ma particolar menzione
merita quel fra Francesco da Carmignano, il quale a quanto
sembra Ai ingegnere, ed aveva m compagnia di fra Lapo Bru-
schi operato nella fabbrica del cappellone di s. Niccolò, come
si disse. Di costui narrasi un grazioso aneddoto. Un cotal frate
Ubertino De' Filippi sacerdote dello stesso convento, intomo
air anno 134S prese dal pa*gamo a concitare la gioventù ficnien-
tina ad una crociata contro dd Saraceni ; spirito che una lunga
serie di calamità, e il corsp di (re secoli non erano ancora giunti
a capo di spegnere. Ignoro lo scopo di quest' armamento, percioc-
ché Tolemaide era già da moltissimi anni venuta in potere dd
turchi ( 1291 ); ma probabilmente era appunto il riacquisto della
medesima che si toglieva a motivo di qudlMmpresa. Tosto ebbe
adunato un certo numero di armati , e fra questi ben died rdìgiosi
del suo convento, parte sacerdoti e parte laici, tra' quali era fra
(1) Chron. cap. XX pag. 24.— Boegb. Cron. JanaL oJa/tn. 1368
pog. 116,
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LffiRO I. GAP. X. IW
Franoesco da Cannignano , fattosi Arate Ubertino capo di quella
truppa di avrenturicri , parli alla volta delF Oriente (1). Fra le
prodezse operale da costoro le cronache dei coorento narrano,
come il OQHveno Ara Francesco preiMlene a dMg»(*e le maèdifne
il oppagnaikme , e tQtte qndle opere di fortificazioni miKiarì che
ne^ assalti e nelle difese di un eaercitoaoo necessarie. Nei quali'
lavori si condusse con singolare brarura e coraggio, per modo che
ai nemid fece quanto deinno più seppe e potò. In premio delFope-
rato chiese ed oUeane essere protnosso all'ordine saoordotale (2).
(1) Oltre fra Franoesoo da Garmignaoo» e fra Ubertino de' Filippi , furo-
no a ^elk 8|pediztOQe fm Bariotomeo di Buooaoorso > fra Qttavittio di Sle-'
iiuio, fra Tommato Bfaizei» fra Pieirodi Pergolotli Aidins^i, fra Lotto >
de' Rigaietti y fra Domeoioo di Castel Fiorentino , e fra Bartolomeo di
Acoae {Joon, ToUmaide). I^ell'asaedio di s. Gioranni d' Acri ^ come si
disse presa dai turchi Tanno 1291 , si trovano combattere due altri reli-
giosi del convento di s. M. Novella^ fra Lapo da Cascia , e fra Matteo da
Firenze: Jl primo dei quali vi lasciò la vita (NecroL n^A46 e 147 ). E
sembra che vi fosiC presente eziandio un frale Manetto de' Calcagni, sa-
cerdote, del quale scrive il Necrologio che, obiit ultra mare in Àcon,
È d* uopo avvertire altresì , che i DoaienicanI avevano in quel tempo un
convento in Tolemaide del quale fa menzione fra Riooido da Monte Croce
ceL missionario, nel suo Itinerario. .
(2} BaioTTi , Chronic. cap. XXXV. peg^ 39. « Qui cum esset conver-^
utSa€t machinéu^tMi ùelUearism €^truend0rwn.^faim9gnarMM0proJhcius^
est asm gmbusdam patribus m ehrùtimnorum exerdttmi cantra Turoas.
QuihuSf centra chrislìanos beliantiòuA multa intulisset incomoda y et
ekrisdanos multum juuisset, kabitum meruil et obtinuii ulericoruta. >
V. anche il Necrol, nP 363.
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m MEMORIE
I campati dal ferro ottomanOt faroDO poi io Fireiiae mietati
dalla pestilenza di quei Calale asno 1348.
Gompiata é 4Hiìai la storia artìstica 4i & M. NoveUa ; aò dopo
il secolo XIV é più concedalo rinTcnire in quel convento aleon
yideole cultore deHe arti» ae ne ecoettni pochi miniatori, del
quali in breve larrilerenio. Vedemmo il nomerò grande e i pre»
gbdcf suoi architetti; non che l'amore portato a tntle le arti del
disegno» con l'opera ddle qpuHy nel giro di sei secoli i reli-
giosi di qud oonrento si studiarono sempre abbellire la loro
chiesa e i loro chiostri. E se la sempre fatate pestilenza dd
1348 e le snccessive non mietevano tanti giovani stodiori del-
l'architettora » savehboori certamenle per essi rinnovati gli
esempi di tn Sisto» di fra Ristoro e dei compagni (1). in bre-
ve vedremo trasndgrare le arti presso l'altro convento di s.
Marco della stessa cHtJi» ove non più l'architettara» ma la pittura»
malgrado i rigori dt una prima riforma» vi étbe tal culto»
che forse mai l' uguale in altro chiostro d' Italia. E parve invero
che r arte si piacesse di quella austerezza » e meglio assecondasse
0) Aggiungeremo, come nella Cronaca del P. Modesto Btiìottì,
(c«p. LYIII. pag. e? a tergo) ai ha la seguente notizia . . . . F. J^e-
ronimus Bicci secando praefecturae suae anno (1582) tres jistfeneioe^
dificatoriae artis perito* ad Ordinem recepii canuersot, quorum opera
et labore multa cum domi tum ruri instaurata, et non panca denao
faeta fUemnU » E il P. Giuaeppe Ridia scrire , che « quasi tutte U
belle custodie , urne e busti (Mia Sacritlia) sono lopori di laici di s,
M. Novella, oi^e sempre sono stati poUntuomini in qualcuna delle tre
arti^ » Notizie Storiche delle Chiese Fiorentine, ¥oL III pag. 45.
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UBRO L GAP. X. 169
fl geoio estetico degli artisti ; perdoochè non si tosto imprende-
▼asi da s. Antooiiio quella restaarazione dell'antica osserranza,
die FAngdico ne abbelliTa gli esordi co' suoi celesti dipinti;
e quella poi pel SaTonaroIa rinnovata e diOusa , emergeyane Q
Pdrta. Grandi invero ambedue i ristoratori » grande la loro in-
fluenza sull'arte: in modo che veduti i dipinti ddl' Angelico ognu-
no vi ravvisa la parte che sul' artista d}be l'animo soavissimo
del santo arcivescovo di Firenze; e considerata la fierezza e
grandiosità di fra Bartolomeo della Porta , tosto t<nmano alla
mente le ùere invettive del frate repubblicano, e la sua tre-
menda rovina.
■ ■>» *
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171
SAGGIO
BBf
IINIITORI DOIBNIGINI
CAPTOLO XL
Miniatori dei secoli XIV e XV in s. M- Novella e ins. Marco
di Firenze^ e in $. Caterina di Pisa.
Jua miniatara è si importante nella sua storia, si copiosa di
grandi artisti , si vaga , si ricca nel suo genere, che ben iheriterd>-
be die alcuno prendesse à scriverne con amore e diligenza le vi-
cende e i progressi. Per questa parte è tuttavia incompleta la
storia generale delle arti italiane; come lo è pure per quella
dei vetri, del musaico e della tarsia.
Cagione di ciò fu tra noi la rara dovizia dei sommi, che
sollevarono a tanta gloria la pittura storica da quasi tutta trarre
a sé r altrui ammirazione; in modo che a paragone di quella
le arti minori vennero, quasi direi, non curate. Non pertanto ò
appunto nella miniatura ove è di mestieri studiare la genesi
della pittura ne' bassi tempi. Essa sola, dopo l'architettura,
sostenne l'onore dell'arte per un lungo corso di secoli; e senza
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172 MEMORIE
di lei forse si ignorerebbe se in cpielk età gli italiani aves-
sero mai preso a dipìngere, avendo U tempo e gli nomini di-
strutto quanto della pittura propriamente detta erasi fino al-
lora operalo, se ne eccettui pochi e ignobili avanzi del mu-
saico. E invekt) il signor Seroox d' Agintourt nello scrivere la
storia della pittura durante il lungo periodo del medio evo,
non potè darci che F esame di un numero grandissimo di quelle
miniature, le quali tuttavia rimangono nelle principali biblio-
teche di Europa.
Nata nelle grandi vicende politiche delle irruzioni barba-
riche, cresciuta all'ombra romita dei chiostri, nutrita alla let-
tura delle pie leggende e delle salmodie dei monaci, addol-
civa la loro solitudine, pasceva la loro pietà, rendeva preziosi
i codici dei classici, che i barbari non apprezzavano se non
pel molto oro onde lucevano, e per i vaghi colori che li ador*
navana Improntandosi dell' afletto e del misticismo della vita
contemplativa , essa abbellivasi mirabilmente della poesia biblica
e liturgica della chiesa cattolica. Quindi, se lo scrittore delle
cronache o delle pie leggende era eziandio miniatore, come
nelle rozze ma calde espressioni, imprimeva lutto F affetto nei
suoi piccoli quadri; che poi coronava di un vago serto di fiorì,
per guisa che la parola trovasse sempre un'eco nelle grazie
del suo pennello; il quale, è d'uopo il dirlo, era troppo so*
vente migliore interpetre dei secreti del suo cuore, che non la
barbara Tavella degli Slavi , ò il più barbaro latino che egli ado-
perava. « Quindi , ( come ben riflette un celebre scrittore del
nostri giorni , ] il rigore della clausura monastica era ih pari
tempo un ostacolo alta influenza del paganesimo, ed alle gioie
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UBRO L GAP. XI. i7S
proGme dd seeolo, e doperà deVarle ripresa regolanmate
quasi esercizio asoedoo nel silenzb deHa cella , addifeniva, seoofr-
duido le Tane oocQpazkmi del giorno, nna associazioae del mo-
mento alle gide o ai dolori passati deUa chiesa, una oomme-
morazioDe di martirio o di miracolo, mi atto di fede sopra
alcun dogma particolare, mi devoto pellegrinaggio a qualche
sepolcro o sopra n calrario, o meglio ancora, si conrertira in
una fervida preghiera accompagnata da una abbondante eflbsione
di lagrime, come racconta il Vasari del beato Angelico » (1).
b questa guisa la miniatmra percorse molti secoli nei di^
Tersi dìiostri dei Benedettini, éA CamaMolensi, dei Domenicani ,
ec nor^rando fina suoi coltiTatori nomi chiarissimi per sapienta
chrile» e per autorità di comando, come un Cassiodoro, un
card. Oio. Dominici, ec. B dappoiché col celebre D. Giulio Qo-
rio de^ Canonici Regolari , d)be dato tal saggio di sé da coUo-
oarrf accanto ai più grandi pittori del secolo di Raffaelto, c^
dendo il luogo alla stampa ed alla incisione, quasi intieramente
mancò. Vero è che essa non si era limitata soltanto a tendi e
deroti concetti, ma a quando a quando aveva tentato eziandio i
più svariati argomenti; ed ofa coU'idilio e coli' egloga, ora con
la epopea e con la storia, gareggiato avea di grazia, di forza
e di beUeaa. Quindi Atavante, Gherardo il miniatore, Simone
Ifemmi^ si piacquero abbellii Marziano Cappella , Silio Italico,
r Eneide , Y Egloghe di VirgOio , ec ; e se l' Alighieri nella Divina
Conmiedia ricordò con onore iduegran padri della pittura italica,
(1) V. hsù. De ia Poesie CMtienne. diap. VI ptg. 174.
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174 MEMORIE
Chnabue e Giotto» non omise però i due più odébrì miaiiitori
del guo geook), Oderìgi da Gubbio e Franco bolognese (1). Nobile
adunque e vasto argomento si offirirebbe a colui» che knpreih
desse a darci una storia della miniatura italiana, ddla quale
tuttavia rimangono molti e preziosi tesori nelle pubUidie e nelle
clausjirali biblioteche dì Roma » di Ferrara » di Modena» dì Siena e
di Firenze; e si verrebbe con ciò a supplire a quanto ne omise
il d' Agincourt » il quale la condusse soltanto presso il risorgi-
mento della pittura (2). Abbiamo pertanto giudicato opportuno
mandare innanzi alla storia dei pittori Domenicani» questo breve
saggio intomo i miniatori d^o stesso instituto» perchè vera-
mente li precedettero» e perchè non è dato comprendere fl beato
Giovanni Angelico» uè generalmente tutti i giotteschi » che fuixmo
sì eccellenti in quest' arte » se prima non siamo iniziati alla storia
della miniatura. Chi mai ignora che i greci stessi» non che la nu-
merosa discendenza di Giotto» cominciavano il loro tirocinio dalla
medesima; e che cresdute gradatamente le dimensìoDi» meglio
studiate le teorie del chiaroscuro» perfezionato il disegno» l'arte sì
innalzava alla grande pittura storica ? che molta parte dei d^nti
(1 ) Purgai. Canto XI.
(2) Alcaa saggio ce oe ha dato il eh. signor Rio oell' opera rioor*
data, pieno dì affetto e di poesia. Sembra però ohe non yedesse le ra-.
rissime miniatore delia dacale biblioteca di Modena, eseguite da Gio-
vanni Russi per il Duca Borso intomo al 1455^ e che non ricordasse
quelle di D. Giulio Clovio, perchè forse scritto non ayrebbe che» les
artiste» ultremontains vinrent étonner t lialie par la perfectìon qu iU
sm^aient donner h ce genre d' oufrages » loc. cit. pag. 18 \
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UBHO I. GAP. XL 175
cosi in tavola carne a beato degU artisti mederimi non sono
ohe repliche di quelle steise istorie che in brevissioio spazio at^
Taao numito od oodid o nei Hbri da coro? e ohe essendo troppo
megio coDsenrate le pergamene ohe noa le tavole o le pareti»
e meno dai liloochi eootamhttle, oflrano più esattasMite i tipi
e le tradiaoiii deDe due scuole? Àggiii^gi Fuso invatao presso
g)i anfichi di apporre ad ogni qmdro una predeHa o gradkio,
ove in iMcccde storie era narrata la vita del santo nella tavola
effigiato; non che ^ ornamenti stessi delle comicit le qnsli di
picoofe e graoosisBinìe figurine adornavano» onde all'artista bcea
di meatieri studiare la nnùatara; e CimAne e GMto non la
sdegnarona
E qni per pruno ci è d'uopo avvertire come di due sorta
faflsera i cultori di quesf arte; i mmicuàri propriamente detti e
i mmiaion-^aUignt/L Ai primi si apparteneva coiorire le storie» i
fregi» i rabeschi e il metter d'aio g^ <niiamenfi dd codice.
Ai secondi scrivere tutta l'opera, e quelle lettane iniziali» Io
più volle tratteggiate dì rossd e ceruleo» piene di volute» d|
ricami e dì capricci» neBe quali più che l'ingegno è datoane
mirare la pazienza dello scritlore. Ove costui ibsse perito neH'ar-
te sua appellavasi Mb scrittore (pulehar mirrar ]. IX questi
ultimi era gran copia nei chiostri. Non di rado però una stessa
persona miniava e scriveva il codice; e allora veramente riu-
sciva più perfetto il lavoro. È d' uopo avvertire eziandio com^
ben sovente nelle antiche memorie si trovino con lo stesso vo-
cabolo di belio scrittore confusi gli uni e gli altri» laonde é fa-
cile prendere equivoco sul merito dei medesimi.
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1T6 MEMORIE
1 primi» de" quali io abMa rinyeoRilo memorfai ndk trmad»
deirordiiie,àppar(ftiigoiio alla prima metàdd iMoloXIVe at oon-
vento di 8. M. Novdla ; ma gK scrittori di quel Meerdogio noa
raoeDdo gfamoiai distìmme da minialore a acriUore» e lutti ap«
pdUuìAo belH .scriiiwi laaoteo molto diAUoti se yerameale deb*
banai amioyerare ira i primi o fra i aeooodi (1). Ubo aoilantolia
titolo <fi piitoc^» ed è un sacerdote par nome frale Gmdo» flg^ di
m tal Niooolò del popolo di s. Tnula ; lodato per la boolà del
costume 6 r uflbno della predioaaoBe» dioesi ptdcher pkiar et
Mai mBChanku». Costui in ìmg(^ di tiogar di minio poteva eneve
pittore ia larda e in nairo; ed ò il primo cbe ixir ordloe Dom»*
nicano io trovi decorato di questo titolo. Come gli altri architetti
norellaoi, ei pwe fa vittima della mortiCora pestilauaa dell' anno
1348, dopo aoO 12 aooi di vila danitrale (2). Opere certe dei
ricordali noi nott abbiamo; solo può oongettnrarsi che di alaa-
dI di questi siano quelli antioliiasiad Ubri corali che di presente
si cuslodiscooo nel noviziato ad convento medeshno» ornati da
picode ma graziosissime Agore. Foche opere atimo slcoome queste
importanti per la storia della miniatnra italiana nd primo periodo
del risorgimento delle arti. 11 disegno, il edere e la compasmone
anwTJano manifestamente un ìmmitatore dei Greci o diCimabue.
(1) Ricorderemo infra gli altri i PP. Pietro Macci , morto nel 1301.
Fra Caro Bellocci morto nel 1316. Fra Tommaso, morto nel 1336. Fra
Blatteo Marconaldi morto nel 1348. Fra Tommaso di Romena morto
nel 1358. ec Tutti questi hanno il titolo di ptdcher tcriptar,
(2) Necrol. s. M, NweiUe, nP 367.
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UBRO L GAP. XI. 177
Le iKainagioiii sono score e tenrkxie. Ifoo pertanto in que' Tolti
è Dna ttpranioDe eke fadknente non si rinviene nelle opere dei
greci; e le pieghe più Mie ohe non eomporta l'età. FocU
ergpfasiiBi sono gli adomaaienti alle leUere iniziali, li poi aà*
nMe la frescheen e traspareaaa del colorilo, dopo un il Im^o
prò di aimi tottavia senza akuna aUerarione. Appariseoao v^
ramenle in alcuni Inogliì segni di posteriori ritoodii, ma pò*
ehi, e focili a eseere raTi»4t Un daUNO wm pertanto mi necque
soir antichità loro dalla forma del caratiere dei libri medesnni,
che a me panre più reoeole che non sono le miniataee. Giù fece
credere al ehiarissnno pittore GamiBo Peccit il quale meco li esa*-
nùnò, cbe yeramenie appartengano ad €fN>ca alquanto poeleriore;
e conae eziandio nel tempi di Gioito alcuni» oialgfido gli afanaa*
menti Calti dall'arte, s tennero ostinataneate aH'lmitmmè dei
greei e di Cimabne, oori facesse il miniatore di qoesti libri corali
Le glorie che più mi panrero degne di eoosiderazioae' sono nna
natifità di & C, l'adomiQBe dei Magi, la ifaurreaene, e Yn-
eensione al cido: tulli piccoli quadri di focile e ragioneTole
A qneito staso secolo XIV appartengono pure alcuni uà*
idalori del convento di s. Caterina di Fisa; di coi due con titolo
di hdli scriUorì, e sono un P. Domeoioo Pòllini sardo, e il P.
Alessandro della Spina , inventore degli occhiali. Quesl' uUimo
non pure è delio bello scrittore, ma miniatore eziandio (1). Nella
(I) Chron, Jnti^, s* Kmtktrinae Ord. Prmedie- Fisarmm, {Mg. iS*
« Av AUmtmder de Spina vir modestm et bomut^ qmu indit oetUis
facto scivit et /acere, Occularia ab alio fftimo Jkota conmnieare nolente^
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178 MEMORIE
pittura si lodano m fra Pietro KesoU, ed od fra Jaeopo
GoalteroCti, i quali, <we d ftwse piadoto di formare una inset*
tologla pittorica, avremino potuto aggiangerli a quel frate Guido
<fi 8. Maria Novella e poi tutti inserirli nd novero dd pittori
Domenicani; ma ore è dovizia di grandi arte6ci, non è ragio-
nevole diseppellire dalla polvere nomi giustamente condannati
all'oMia Dd libri corali del convento di Pisa non rimangono
che sd in quel Seminario Arcivescovile, guasti e mutilati per
modo da i|on poterne dare giudizia
In questa sorgeva quel beatissimo secolo decimoquinto nd
quale le arti vennero a tanta e si rara eccdlenza per la oa<
stigatezza dd disegno e la semplice ed evì^tente composizione.
La miniatura seguitando quel progresso, si inq)rontò di tutti i
pregi e di tutte le bdlezze proprie di quell'epoca. E qui yera-
mente si apre una serie di valenti miniatori toscani, che tortài
ranno a queste memorie copiosa e lieta materia di ragionare.
Pongo per primo il P. M. IBchele Sertìni della Gasa, religioso
dd convento di s. Maria Novdla, dottore della università fio-
rentina, mancato ai vivi Fanno 1416. Di lui è memoria nette
cronache di qud convento, e solenne testioionianza dd merito
suo nel tinger di minio in due grandi saAtm che, unitameale
agli altri già ricordati ponno vedersi nel noviziato di qud
ipse fecit , et omnibus comunica^it corde Mlari et volente* Cantare ,
scribere, miniare et omnia scivit quae manus mechanicae valent. »
Dì questo ioaigne religioso Tenne pubblicato un Elogio dal P. Stanislao
Canovai delle Scuole Pie. — Fia Giacomo figlio di Lanfranco Gualtarolti
mori ArciiescoFo Turritano nel 1379. —
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UBIIO I. GAP. XL 17»
ooiì?eQ(o (1). Se odb eseeonone sono tal (bla mferiorì a queUì
di s. Marco, segnatamente nei fregi e negli adornamenti , hanno
non pertanto il merito di un boon disegno e. di una felice com-
posizione nefle storie. Danneggiati però molto dai ritocchi A
altra mano; moltissimo dall'uso di sopra tre secoli. Bellissimi
sono i firontespiij delTuno e dell'altro, uguali perfettamente.
NeDa parte superiore è un Dìo padre neU'atlo d^a creazione;
Beila inferiore il profeta David che sposando alT armonia del-
Varpa i carmi inspirati magnifica la sapienza e la bontà'del Grea-
tiMTe in questa stAiime man^estazione de^ suoi divini attrSniti.
Harayigliose poi sono due figure che adornano il salmo Ì09. Do-
vendo rendere il concetto di quelle pande: dixU domnus d^
nmo meOf sede a dextris meis^éìeegoò e colori due Ègaee non
pur simfli ma uguali a Anotiyre la medesimezza della natura
diviBa cosi nel padre come nel figfia Siedono esse con gnin-
fissima maestà; se non che T Etemo, giusta la visione dell'Apo-
calisse, tiene in su i ginocchi aperto un vdume ove è il con-
sueto Alfa e Omega ; laddove il Verbo tiene chiuso il volume
ed accenna la piaga del costato. Non è facile esprimere a pa-
rche la maestà di queste due figure veramente divine; e non
(1) Nei tempi del P. M. Boiobioumi questi due Mlberi ti adopern-
Tane quotidianamente nel coro di t. M. Nofeila, ed era tradisìoBe lo»*
«ero miniati dal P. M. Serliili. Il disegno e la conpoibione annuii-»
ziando an artista che fioriva appunto sa gli aitimi del secolo XIV o su
i primi del seguente , mi confermarono nefl* opinione che siano yera-
mcnte opra del suddetto religioso. K. Ckron* ÀnnmL voi. 2® pag. 2Ì&
ad ann. 1416.
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180 MEMORIE
si può non aomiinm la bellena di ^leir ampio e nobile |^
ludameoto» cbe seendenclo dagli oneri» si ripiega su i gioooolii
di ambedue m modo iacile e natortde. Nuova mi parve la
maniera di esprimere rAuDuamàouo della B. V.; percioeebé»
oltre le due figure dell* Angelo e della Vergine» vi ieoe quei
profeti, che l'adorato mislero dell' Ineamazione avevano più
maniieslamente antiveduto; e sul d^inoand pose due firalieelli in
gìnocciMo, i quali con grandissima divozione venerano la Madre
di Dio. Egregiamente disegnala è pure la figura di on re Oavid
al salmo 88 e altre che omettiamo per brevità.
In quello stesso seoolo fiorirono in s. M. Novdla due allri
miniatori con lode ricordati dal Necrologio e daUe cronache»
ma de' quali non rimane alcuna certa op^a (1).
(1) Sono qoMti il P. Biagio di IioraiMO D»'Filippft« lodato eonn
eloquente oretora» e acriltoie e raioiettre ottimo } mori li 22 tettembie
1510. ( KecroL a.® 750. ) ^ L'altro è il P. Antoaio di Gioyaimi IH*
Bossi f il qoale comecché «la lunga e immedicabile infermiti reto inabile
ad altri studi , si occupò sempre dello scrivere e miniare i libri corali
del suo convento. Fu vittima della pestilensa dell'anno 1495, e di lui
fanno memoria il Necrologio al n.^ 716^ e il P. Bomoeicuiiy che nelle
antiche carte dell* Archivio rinvenne eziandio il novero delle spese per
quelle miniatore. ( loc cit pag. 164. ) ^* Ha quello stesso novixiato
due Antifonari, forte miniati intorno ai tempi del De'Boaai» Q del P.
De' Filippi , ove aoMO alcune vaghe miniatura di una ben intesa com*
posieioBe, ana alquanto deboli nel disegno e nel colore.
Nette memorie della fabbrica della chiesa di s. Domeaieo ia Bolo-
gna tnivansi la partite di spese somministrate dal convento per i scrit*
tori e i miniatori dei libri del coro e della biblioteca; e si ricordano
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LIBRO L GAP. XI. m
Tempo è adii si (rtioeeihi a biroUaie iktt'aKi^ coovapl^
A 8. Hurao, ore la aaniìiMra aèycra deooi Ifa i |Mi gmwiì
«attori cba qoestaìrtb taiili in Italia, e ohe ioli oocMp^rauia
latto qaeslD breffe sa^ dèi nnoiaWì dell' ortlioe Datteakaoo;
easeodo andate smarrite òdii te nolifide che i ISbA oovaii di tùM
ecBTenll ddlo flesso intitdto nella gètteiitte ÈùfpNJrìiK^ dei cUa^
stri, arreoiila nefla invasiene delle ara^ frauoes.
E qai per prime panni deversi Mte grandiamia al heatf
GìoTanni Dominici, dell'ordine dei PredicaKKit poi eardinfede di
a. Cbieaei, il <t«ale hi tntli i coofenli che ei^ e rifinradara ndb
regolar disciplma, o ergerà dalle fiwdaiaenta cosi degli aomioi
come delle danne, hi tiriti fltxattivasr introdmrre quest'arte notar
lisfiima, la quale mvabilmentB giova a aeltevim k mente ed il
cuore a easti e santi pensieri Rimangono a perenne testimenianm
di ^anlo io dico molte lettere di lui scritte alle religiose Dome-
nicane dd monasiero del C&rpùs Iknnmi m Yeneiia eretto dal
medesimo; ndte quali loro porge consi^ intòmo il modo di bea
4!endurre i lavori di nunio, e si offre di ultimare quei più diflBcili
die esse non avevano sapnto eseguire (1). A lui pertanto giudico
come occupati in que«t* etercisio an fra Marco converto, scrittore; e un
fra Bartolomeo miniatore e pittore. Incominciarono ad operare li 3 feb-
braio 1474, e te ne ha memoria Gno aU'anno 1476. Debbo qnetfa no**
tiak alla gentilena del dottore Viiiceino Vannini di Bologna. I libri mi-*
niati dal aoddeito piò non etutono, giacché qudli dei qnati ti torrono
di prajente quei religìoti vengo at^urato non etiere miniati.
(1) Comm$ntarÌ0 deUa vita dèi ò, Giotwmi Baockini^ Un voL in ioL
MS. Arcb. di ». Mavcp. V. $. XXX.
12
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18S MEMORIE
doveni in gran parte se in Fieariee poi in s. Marco di Firen» e
negli altri di questa congregarione» florinao sempre molti e Ta-
lenti miniatori ; aegnatamente i due flratelH del Mugello» fin Gio-
Tanid e fra Benedetto, si ciliari negli anndi deHe arti» e dieei
probaMlmente rioerette aU' ordine dei frati Predicatori podù
istanti prima di partire di Firenze» onde senrire il Pontefice Gre-
gorio Xll nei tempi dtfficHissinii dello scisma. Vero è che il bealo
Giovanni Angelico non è dai più conosciuto se non per i suoi di-
pinti in tavola ed in fresco» ma die egli sia stato eziandio raris-
simo miniatore» quando lo avesse taciuto il Vasari» ne rendono
testimonianza i suoi stessi dipinti» ne* quali apertamente si ap-
palesano i precetti ed i melodi dei miniatori; il modo semplioe
e castigato del comporre e quello di contornare le figure» la leg-
gereifea e trasparenza delle ombre» tutte le grazie» tutta la dili-
genza » tutto il brio di costerà B invero, fino alla prima metà
del secolo XV appena usavasi dai pittori alcun tentativo di paese;
ed in ciò i miniatori forse preced^tero tutti » abbenohò in quegli
spazi angusti la prospettiva si mostrasse timida e paurosa » e ri-
stringesse i foncp 0 con alberi esili o con nude montagne. Molto
amore» molta vita collocavano nelle teste delle figure; poca o
^ìUDSi nelle estremità» che alla fo^a dei greci le più volte na-
scondevano. Con brevi tratti esprimevaqo il concetto dell'ani-
mo; e pochi saprebbero al paro di costoro con si ddxdi mezzi
produrre si mirabile eSétto. Da loro tutti appresero il facile pie-
gare dei panni ; e negli argomenti teneri » devoti e graziosi » eUe-
ro sovente eedissati i pia valenti dipintori. Ma la magia del co-
lore» quell'iride sempre cangiante» qudr alternare si maestre-
volmente dei toni più caldi con i più languidi » quella luce che
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LIBRO I. GAP. XI. 188
▼i splende» malgrado il bsehio ddToro che tì briBd per en-
tro e d^ioionio, è tal cosa da non potersi dke a parole. Ag^
gìongi la Mkoa e Tarietà dei fregi e degH adornamenti aoo»-
lorj y ma che odia miniatara tengono il pia deBe y(rite loogo
primario; quel capriccioso e bizarro acoonamento di fieri» di
frotta, <K ammali, di figaro fimtastiobe e simbcriiiche» e non di
rado di riiteroli caricatmre» fi tntlo esegoito con grandissima di«
ligeoia. Cosi salla scorta degli Arabi, i miniatori sembra pre^
faidessero allo stacSo delle ftùttesdU^ nel quale tanta lode acqm-
starono Morto di Fdtre, GioTanni da Udine, Baldassarre Peraz»
zi, e altri assai. Ora io stimo die ogniono, il qnale sia medio-
cremente yersato nelle opere dell'Anglico, debba raryisarvi
tosto cosiflbtti caratteri, segnatamente in qoelie picode tavole
cbe adomano la galleria degli Dffiq in HreosBe, F dtra ddTAc-
cademia fiorentina, i reliqnieri di s. H. NoTélla, ec
Come a mimatore, Giorgio Vasari attriboisce a fra Giovan-
ni Angdioo le opere seguenti. « Sono di mano di fr. Giovanni
in 8. Maria del Fiore dne grandissimi libri miniati divinamente,
i qaaK sono tonati con molta venerazione e riccamente adomati,
né si veggiono se non nei giorni stdennissimi. » Di questi libri
invano io e il eh. sig. Giovanni Masselli abbiamo latta ricerca
nella cattedrale. Molti cbe ne vidi hanno altra origine, e ricor-
dano presso che tatti la seconda metà del secolo XV o la pri-
ma metà del segaente (1).
(1j Pili avveoluroso ili noi sembra fosse il eh. profl Rosini, che
potè vederli, scrirendo Frutto di questo esercizio ( del mioiare ) sotw
I Uirri corali di s. Domenico di Fiesole, Forse due di quelli del Duomo
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iU MEMORIE
SeguUa il Vtsari ia altra loofo della ?Ha deir Aogriico.
« Sodo di mano di fra Oio?aaiii nel sim> contento di s. Marco di
FiienBe aloom libri da 0(hx> miniali tanto beMi^ ohe non ai può
dir più» ed a questi amili sono alooni altri ohe lasoiè in s. Do-
meoioo di Fiesole eon incredibile diligenza lavoratL Ben è ?ero
che a far qpnsti bi aiutato da nn sno maggior fratello che ora
similmente minialfire » ed assai esercitato nella pittnra. » Alooni
errori sono in qoesle parole dd Vasari » che noi eoa Taiato di
eertissimi documentici stndievemo emendare^ Prmiieraiiiente i li*
bri eorali .del conv. di s. Marco che il biografo aretino attribuì-
see a fra Giovanni, non sono opera sna ma del firateUo, come
nella rita di Im si proterà. Quei di Fiesole in gran parte pia
non esistonOt e quei che rimangono non hanno opera di minio,
se ne eccettni alcuni rabeschi. Sono in Firenie, ma assai più
fuori d'Italia, molti togli di questi libri, credati opera dell'An-
gelico, che l'avidità, o la barbarie fe'mntilare; eoonbaguari
uno beUissimo fu venduto ad un Atemanno, giudicato fra le mi-
gliori opere di miniatnra che mai faxxsse il Fiesolano» Girava
per quanta era l' ampiezza del foglio un vago serto di fiori e di
frutta, fra i quali erano in dodici ovatini dodici mezze figure
di Apostoli, e nel mezzo una Vergioe annunziata dall'Angela
Che fra Giovanni possa avere aiutato il firataUo ndle molto mi-
niature da libri di s. Marco Io credo certissimo; sembrandomi
di Firenze , che restano, e non pochi altri che furono trasportati fuori
et Italia» Storia della Pittura, voi. 2. cap. XVII. pag. 254. — > Gio.
MiasBLLi Note al Vasari ddl'Edra. di Firenie per David Pastigli 1832. —
voi. 1.0 NoU 39.
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UBRO L GAP. XI. t»
akane figure Ènm pm% ék kd dì0egiiitenHioolofil6;eoeAdoCli
MI ftuBa parinioae dm ei poneva in tutta le optretoo^Ndk
MtBoteea daDo staso owiffuloi si ócumeatti no «lieo nìasnls
DoKiadcaiio fitto sorif ere e miniBTO di Cosimo dei Modid y ed
è a seooiido fri i dttqoe die liisstigioo; io esso é ém màm*
torà indubitatamente sua » e da annoyerarsi fri le più belle di
^jOBBlo pittori. Keoi nella patte snpoieie dd privo fe^ fra
le iKivoie^ mi ifio padre in atto di irnsàm, e ndfai porte io-
fariore prostrati aletidl sMli die de?otamedte Io adorano; e sono
s. Domenico» s. Pfetm tnarfife, s. Tommaso Ai Aquho^ s. Fra»-
eeseo, ec. tatto Agore die ricordano qtidle che d cotort gran-
di al Tero nd capitolo, o qodle che ammifansi nella eelh deBa
ineoranajiooe della & Y. Nimo ehe vedute non FaMMlet poltd
credere di leggieri come in si piccole figurine potesse esprime-i
re tanto bene r afletto e la pietà grandissima, con la quale quei
santi innalzano le loro preci all' Altissimo ; condotte poi con un
tocco di pennello franco e leggiero come i dipinti di una gran
dimensione. D'appiedi in un tondino lece mezza figura di un Cri-
sto legato die ricorda l'altra dell'appartamento dei Medid nello
stesso convento. È a dolersi che questa rara miniatura sia stata
in più luoghi ritoccata. Quelle die seguitano ndlo stesso volume
sembrano opera di altro miniatore; il quale rifece ove i rabeschi,
ove alcuna piccola storia; ed un terzo miniatore entro i vani delle let-
tere iniziali seguitando il primo disegno, quando ritoccò, quan-
do intieramente miniò alcune piccole storie graziosissime, che a
me parvero fatte sul terminare dd secolo XY. Nella festività
della Resurrezione è una reminiscenza delle Marie al sepolcro
che l'Angelico dipinse a buon fresco nel conventa In quella
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166 MEMOR I£
ddl'AfloeosMoe, «ugnila di Apo^oH cn la B. V. de'qiiAK
8cdo vederi 9 toKo; beUisame figure^ ma ritooeale; intatta però
ma mezza figura di G. Cristo che afioende Ira le natole. Quanto
mai può dirai bèlla è una dìsoeta ddlo Spirito Santo» che gia«
dico <tell' Angdico o del firaldo, e solla qnale nìona mano pro-
fana osò posarsi
Non conoscendo aUr^ opera di minio che possa con corteoa
a lui/attriboirsf» passeremo a narrar la vita e descmere le ope-
re di fra Benedetto» veramente sommo in quest'arte; e percbò
e|^ ebbe col fratello Giovanni comune le consoetodini ddlo stato
claustrale e lo stadio dd miniare e del dipingere , leggermente ci
passeremo della vita, e più distesamente ragioneremo delle qpe-
re» dovendone di bel nuovo favellare in qodla più copiosa del-
rAngdioo.
**^
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187
CAPITOLO XII.
Notizie deUa vUa e delle opere del mmiatare e pittare
Fra Benedetto del Mugello.
•••
Isella fertile e vasta proTinda del Mugdk), presso il castelk)
di Viodìio, che la BepubUica fiorentina innabava a iafrenare
rambiziooe e la potenza dà conti Gnidi, nacqae fra^ened^lo
da un tal Pietrcu del quale la storia d tacque il cognome. Ove
tosse vero qoanto narra il Vasari, essere stato fra Benedetto
maggiore di età ddl' Angelico, dovrebbesi collocare l'anno del
suo nascimento intomo al 1386, ma trovatosi l'atto della sua
processione rdigiosa segnato posteriormente a quel del firatdlo
Giovanni, e nell'anno medesimo, panni ragionevole fl dubbio
die d fosse minore ii età, e si debba in quella vece crederlo
nato intomo al 1389, Da chi apprendesse il disegno si ignora,
e ricercarlo saria senza frutta Poteva aver fatti al secob buoni
stndj ndl'arte, quando in Fiesole prese l'abito Domenicano
l'anno 1407 , forse dieciottesimo delFetà sua* Nd seguente emise
la solenne professione, probabilmente in Cortona ove era il no-
viziato, essendo però aggregato, e come dicono aflBgliato,a
qodlo di s. Domenico di Fiesole, nel novero dd cMerìrì (1):
(1) Cronica coiw, «. Dominici dt Feudi» MS. mi voi. in (bl. cod.
cartaceo. ( Ardi, dì a. Marco ) ▼. fol. 97 a tergo « 1407. Fr. Benedi''
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i88 MEMORIE
Non mi è no(o se eì dimoraste in Cortona cpando questa città
venne aggredita e presa da Ladislao 're' di Napoli; o se erasi
di già recata io Fiesole, $iccQii(ie siioip j/ii^ |trd»«b^e^ ^l^ora ne
dovette essere partito nel 1409 fer vV^ende politiche e religiose
che altrove si narreranno, e non tornatovi prima del 1418. Quan-
to in una indole buona possano le caste gioie della rdigione,
le pratiche severe del chiostro, gli esempi di un'insigne virtù,
parve in lui manifesto. Gonciosiaché per le esortazioni e gli
esempi del fratello, angelico veramente, eper quelli luminosi»-
shnt di s. Antonino, venne in tanta lode di bontà , che in breve
tu annoverato fra i primi e più venerandi padri di qnd con-
vento. E ninna cosa a mio avviso coai bene ci rende immagine
della sua bontà quanto T amicizia, die finché visse Io strinse
ed unì con s. Antonino; il quale di un fortissimo affetto amando
i due fratelli del Mugello, V uno e ¥ altro seco condusse ki Fi-
renze l'anno 1437, dopo che da Cosimo dei Medio! ebbe otte-
nuto il nuovo convento di s. Marco. Qkiifì unlM vissero otto
anni consecutivi ; nd qual tempo volendo s. Antonino con si>-
lenne dimostrazione appalesare la stima the egli nutriva ddla
vir(ù di fra Benedetto, lo invitò a dividere seco il governo di
quella religiosa comunità, eleggendolo sempre sotlopriore ogiri qial
volta fosse egli il priore. Il magnifico Cosimo dd Medici , al <|iiale
era ben noto il merito di lui nell'arte di ^luminare i eodid e i
ciM$ Puri de Mugello iuxta. Vichìwn , germoaus praedicU frat. Joannis,
qui et futi tcriptor optimus, et muUos libros scripsit et notavit prò
ctmtu: aceepit haèitum clericorum . . . . c« eetfuetm mnmo fiitii profeta
sionem.
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LIBRO L GAP. XU. 18»
Bfi del mHo, Ymno 1443 dMe t «arioo « fra Benedetto di
sorirere e mUtro tatti qadH deOa ichieM e della sacristia di
& Marco; ed egli eoo l'aiiita di deoM B«oi religiori che erano
eeeeUeati caDignifi» lotti li eoadoase a termiae, ano eoceUnatOt
wHoflpomdidttqQeai»: iirtiea che impiovlè la sómma gratiseh^
di ben 1500 ducati. Quelle sterminato laToro non era die in^
oomiDciato, cpiando i rdigiosi di & Domenico di Fiesole dessero
fra Benedetto priore di quel convento; e avendone s. Antonino,
in qnel tempo vicario ge^t^Ie, sanoooata la elezione con la sua
antorità, Oi buon miniatore fece ritorno all'amena colUoa, ove
prinuimepte aveva vestite in copipagnia dd fratello le divise
dnmfnicane (1). Inlomo a tre anni resse qnella reUgiosa fimi*
gfia« e cop fli esempi la edì^; né era ancor gJanlo il lenA*
na dd tea» ed nUitto anso dd sno reggimento^ cbed'improv-
viso colla da pcitiknm» si ripoe^nd Signore!' anno 144B» forse
5&^ di san età. ignovad il mese, H giorno e il luogo stesso
dela sna morte; perdoeeèè scrive il P. Timoteo Bottonio (An-
noi, voi. St fNig. 95.) che non in Fiesole ma in s. Marco di Fi-
renze cessasse di vivere; e invero nella cronaca di quest'ultimo
conventò sì trova Tatto necrologico di fra Benedetto , laddove
quella di Fiesole solo brevemente lo accenna. Potendosi crede-
re che , o a cagione dd libri che d tuttavia miniava per il coro
di s. Marco, o forse apparso segno di pestilenza in Fiesole» cre-
dendo fu^la, si recasse in Firenze. Gli storid dd due conventi
onorarono la sua memoria con brevi ma belle parole d'enco-
mio. Qud di Firenze Io appella religioso integerrimo, e nd
(1) Cron. conv. s. Dominici de Fesulis, fol. 49 a tergo*
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J90 MEMORIE
nome e oeUe opere benedetta Qad cB FieMle lo dm devoloe
MDto (1). Dovette e»ere edàndfo verstto a safideiiza neBe
scienae sacre e nella predicanone, perdooebè all'officio di sa-
periore le ooetìtiMioai dell'Ordine non cooaentono sia elevato cin
è digfinno di buoni ttndj, e non abbia altiCndine ad anoonriave
la divina parola; e nei fervori di qndk riffarma, la qnale di
(1) Articolo oecrologico di fra Benedetto tratto dalla Cronaca , o co-
me fuor di ragione si intitola AnnaUa conv. s. Marci de FloretUia Ord.
Pt-aedic. ab ejus receptione, ec, 1 435 tti^f/« ^ f e. MS. un voi in fol. cod.
cart ( Arch. di s. Blarco )
« A fol. 211. JFV. BenedicUiM Petri de Mugello filius nathus et
Urne prior existens Fesulani conventuè , germanus Jratris Joanm's , iU
Ime tam mirandi pictm*i$, cmjue arte picturaefire onuies hujiu con"
ventau eattanl . Uic re et nomine Benedictas morihue et t^ita integerri^
mia fiUt , et sine querela in ordine oonferttUise, Extitii amUm exeeU
lentissimus , non modo suorum, eed et plurimorum t^mpor^mt eeri^
ptor et miniator, Cuius manut litterie, cantus nota et, minio ei.{iàc)
omnee fere libri chori hujus eocleeiae *. Marci- Jntiphonaria ndelicetf
Gradualia et Psalteria, dempto ultimo duntaxat festivo Graduali. Hic
ex ea peste invasus alacer mortem intuitus, sacramentis omnibus rite
perceptis in domino requievit ipso anno 1448. sepultus in comunibus
frau*um sepulturis. Bequiescat inpace.ìt
Articolo necrologico tratto dalla Cronaca del conr. di a. Domenico
dì Fiesole a fol. 146. « Frat, Bentdictus Petri de Mugello germanus prae»
dicti pictoris ( r Angelico ) obiit . . . . ( manca) hicjìdt egregius jcn-
ptor et scripsit pene omnes libros chori s. Marci et nouwit , et aliquos
etiam hic Fesulis. Fuit hic Pater devotus et sanctus, et bono fine quie»
vit in domino, » Quiyi è evidentemente confuto lo scrittore col mi-
niatore.
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UBnO I. GAP. XII. 191
dotti e maotà uomini non pMira difielto» non è a credere A to-
IcBse iofrangere una legge principaUttima.
Detto detta vita, parleremp ddle opere, n biflogoo crea le
arti ; il dHetto die nasce dall'eMdzio di quelle toro dà perfer
acne. H bisogno di asito aYeTa invitali alTareUtetlnra i ikatì
Predicatori; qnelto dei libri soliti adoperarsi neU'eserdzto dd
cnlto li trasse alla miidatara : la vaghezza del colorire condus-
se altri a seguitarli , e Tarte che primamente fu necessaria, ad-
cBvenne piacevole a molli, e per questa guisa si perpetuò nd diio-
stri Domenicani
Gli esempi dd fratelto Gtovanni, e forse ancora i consigli di s. An-
tonino indussero fra Benedetto a dedicarvisi. H primo saggto
che ne diede in miniare alcuni libri corali del convento di s.
Domenioo di Fiesole, come narra la ovonaca; e forse erano
quelli che a Vasari attribuisce all'Angelico. Qud di s. Marco»
che si disse incominciati a miniare nd 144S e che alla sua
morte non erano dd tutto comphiti, lo ftmmo due aniu dopo
da un religìoao delTOrdhie del Ifinori, dd quale si ignora H
nome ( iÌS3.) U P. Roberto Ubaldini scrittore della cronaca dd
convento di s. Marco li novera partitamente ; e sono quaUordid vdu-
mi fra Graduali e Antifonarj , tutti di sua mano scritti e miniati ;
eccettuato r ultimo volume del Graduale festivo» e forse tre volu-
mi dd Graduale della feria» che per morte non ultimò; ma che fu-
rono» per ciò che egli scrive, miniati da un rdigioso dell'Ordine dd
IBnori (1) . Lo stesso Ubaldini però nuovamente favellando dì que-
(1) Jnnai. Conv* #. Marci, JbL $• a tergo « Nam quatuordedM yo-
lumina GraduaUum » et Jntiphonariorum aeripta sunt manu supradicti
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192 MEMORIE
sti Kbrl IR «Uro luogo déHa croMoi alena, non coetltoa dn
r ultimo volume del Gradoale bttàfo (1)« Per la qml «va «alo
quesC^uMoiopotrebberi con oertcna altriboire ri IfiDorìti. Scrìsse
ognalmente ira Bniedetui» e ìmmò i dm Slitti, alconi missali;
e H Ubió degli iafilalorì che non è aDumiiiato (i^. Tutti qm^
fratri» Benedicti prioris conyenius Fesulani^ excepto ultimo volumìne
Graduali t fonivi, et tribus volumiiùbus Gnidualis ferialis , quae impera
fetta remanserunt propter super venientem mortem : quae postea completa
fuerunt per quemdam Ordinis Minorum. Sed et tam conyentui Fesulano
ratione primi scriptoris] quam secuiido scriptori satis factum semper muc^
cessii^e fuit a Domino Cosma. Scripsit simiL'ter idem /rat. Benedictus
duo Psalteriachori , requirente eodem Cosma, et Ubrum Ini'itatoriorum.»
AccennMickw due «Kversi tcrittori in Fiesole ad in s. Maico , nasce n«
l^onéyoit dubbio •» i» debba pMetor hòé piuttotlo «1 cronisU di Fie-
lele cke » questo di s. Mafco.
(fj V»4i VArfàisiÀo Necfol. sopm citato»
(2> Neilft Biblialeea di s. Marco pel novero dei MSS» sono ém^gn
«issali, due sakeii miniati^ e alcani breviarii» ed «n ufeié delia B. T.
I due Salteri so»o evvleatemeaie di fra Benedotto e le piccole miniature
cbe gli adomano sono assai belle, ma la piìi parte ritoccate. Alcuni mis-
sali sono miniati da un imperito f e ru6izio della B. V. che dovea es*-
sere egregiamente alluminato, è sì malconcio dalle posteriori deformisi
sime miniature da non apparir più traccia del suo essere primitivo. Nel
IV e nel VI missale si legge : Istud missale est conv, s. Marci de Flo^
rent. Ord. Praedic. et fecit fieri Cosmas Ihoannis Medicis. Nel III è
eiiandio l'arme dei Medici ed una rarissima Epifania, con altre mi-
niature ,^che^io giudico di altra mano e non inferiore a fra Benedetto.
E degno eviandfo di molta consideratione un CblletCaiìo miniato forse
aei primi det*secolo|Xyi.
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LIBRO I. GAP. XII. 193
tf NM noQ mio pardull, amie scrive il di. A. F. Rio, ma sor*
voQO toltam all'uso dei rd^iosi» e sono fa niimen) di TeoU*
BOQ compresi i dne salteri e i missili. L'aumeoto deiaei è po*-
aCerìire ai leiiijpi dell' annalista» peroiooché alcani di mole so*
weiftia Aivooo in due <H?i8i; vero è altresì che tre non hanM
ùfem di hiìbìd. Quelli che io credo fadshilAlaaieote di fra Be«
nedelto sono i eontraesegnali con le leUare aibbeliclie dtirA«
fino al P« I dna primi {Graduali 4ei ionii) sopo i più ricchi di
bep e di storie, ed elaborati eoo grandiaràia diligenza. Di fron-
te al primoé r arme dei Medici e le seguenti miniature: cioè Gesù
&Ì9to che diiama all'apostolato Pietro e Andrea. -«^ La lapi-
dazbnedis. Stefano; oveè un assai vago paeseegran freschezza di
colore — S. Giovanni evangelista» figura egregiamei^ diso-
gnata e adonta» ma guasta diil' attrito» a assai più da l'a»-
dado di chi pretese restaurarla. Nei fregi aurati della lettera
ioÌBale vedesi una iscriziene» della qnale solo potei leggere la
seguenti parole» che ci tolgono ogni duUio intorno all'origine
di questi libri . . . . hos libros sms pectmiis ^ iUuBtrissùims civU
.... mufta é£ m(^fna beneficia^ ei hoc templwn txt$ruxU Co- *
fmoi Medie. — * Segue una strage d^li Innocenti. — S» Agnese
V. M.» graziosissiaia figurina — . La conversione di s. Pa<4o» de-
bole nel disegno , ma con bella prospettiva di paese. — • La Pu^
rificazioDe della B. V^ alquanto inferiore nel merito alle altre -*->
Cna assai pregevole Anounxiarione. — Seguita quindi il Comu-
ne degli apostoli, dei martori» ec.; nei quafi ripetè sempre lo
stesso concetto; cioè G. C. che benedice ora gli Apostoli, ora
un martire» e quando le vergini ec. Sopra molti per diligenza e per
disegno merita lode un bellissimo crodfisso che vederi all'uffizio
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194 MEMORIE
votivo deDa Croce. Nel secondo volaiiie segnalo con lettera B.
si ammira a principb nna Annaiiziazioiie di un Care alquanto
più grandioso. — Seguita il martirio di s. Pietro di Verona Do-
menicano — . Assai grazioso è on s. Ofovannino condotto al de-
serto da on Angdo» ben disegnato e meglio colorito. -^ S. Pi^
tro Apostolo che apre il cielo ad un'anima. Nei 0(«gi della let«
tera iniziale si legge con motta difficoltà una iscrizione latina»
la quale, come Taltra già ricordata» narra che il convento di
s. Ifarco venne ediOcato dai Siedici. Oltremodo ci piace questo
frequente ridiiamare alla memoria de'suoi religiosi che faceva
fra Benedetto, i beneflq ricevuti da quella generosa famiglia.
Sogno di animo che sente il benefizio. Nel giorno di s. H. Mad«-
dalena esegui un coro di Angioli che soUevano al cido la santa
penitente; concetto che, dai greci trasmesso ai giotteschi, per il
giro di molti secoli piacque all'arte cristiana . Eziandio ndla
lettera iniziale di questo foglio abbiamo una nuova commemo-
razione dei benefizi fatti alla chiesa ed al convento dalla lami-
glia medicea. Nella solennità del P. s. I>omenico colori una as«
sai bella figura del santo fondatore dell' Ordine dei Predicatori.
Uguali pregi hanno nna Assunzione ed una Natività deDa B. V.
che seguitano immediatamente. Ma a tutti per disegno corretto
e tAìce esecuzione va innanzi nna figura di s. Micliele Arcan-
gela Per cagione di brevità ometteremo quelle degli altri volu-
mi. Solo a provare come fra Benedetto avesse V arte di ben
comporre i suoi piccoli quadri , recherò ad esempio due minia-
ture; la prima delle quali posta al comune di un martire del
secondo volume, rappresenta un santo neiratto di essere dal
carnefice dicoUato, e Gesù Cristo per incuorarlo al martirio pò-
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UBRO I. GàP. XU. IdS
sia la smiflira mano sul capo di lui, eon la destra gfi aecena
B delo. Ha più bdla enandìo é quella che yedesi di fronte 9I
Tolmne ooBlraseegDalo dalla leltera L (antìfomaio) ndla qnate
?deiìdo sìgaifioare come CL C predioeflse agli apo9t«li i ttava*
gfi e i patimenli grandissimi che loro eraoo per soprastare dopo
la sua dipartita da questa terra; a meglio rendere il suo ooo-
cettD, pose innanzi al Salvatore e agli Apostoli la figura di un
gtoràie, il cpiale bendati gK ooohi, e legale a tergo le mani,
è in atto di essere trucidato. E yeramente questa figura posta
di fronte agU stupefatti ed atterriti discepoli , rende meraviglio-
sanienle il pensiero del dipintore, il tutto poi disegnato e colo-
rito in modo da essere questa una ddle sue più rare opere di
nAno. Ne|^ altri vdumi non si ravvisa che una storia soltanto nel
primo foglio. Chi poi desidera in un'opera sola veder raccòlti
tutti i pregi e tutte le grazie che egli sparse e versò in si gran
novero di miniature, e quella che più sia atta a farci conoscere
il merito suo grandis^mo in questo genere di pittura, veda la
maravigiiosa adorazione dei Magi che adoma fl primo votame
ddGradualefi9Stìvo,( Sf^. P.)ed eadandio il primo foglio di qudlo
slesso volume, ove 0 tu consideri la composizione, il disegno,
il colore.o la varietà e ricchezza dei fregi, tutto trovi in essa per-
fetto. Questa adorazione dei Magi è una felice imitazione di quella
piuttosto divnia che umana opera ddl' Angelico, la quale ador-»
na l'appartamento di Cosimo dei ^tedici nel convento di s. Marca
Si ammira in fra Benedetto un facile e bello piegare di pan-
ni, e in dò non cede al fratello. Diligentissimo nelle leste, è poi
soverdìiamente trascurato nelle estremità, difiBtto comune alla
piò parte dd miniatori di questo secolo. Nel celestiale dd volti
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196 MEMORIE
BOB raggteige T Angeliea, abèenchè i suoi siano nobni ed espfdB-
ttYL Panni alquanto debole nel disegno» dm feHoe nd ooufKr-
re e nell'a^nippare k figure. Per la disposUooe e ItCMbem
dei adorilo pud fadiiiMBte oonteadere eoi più rari raieiatori; e .
Mi paese pochi, amio ragione aH'età, lo raggioogoiKK DìffieO-
meote potrebbe aegarai obe il fraldlo la ^/tàmse «K dÌBegni, per^
eiocchè non poche delle sue minatiire aooo lepUohe di quadri
dell' Angflioo, oon piccole ▼ariaàool Ne|^ adornamenti di fiori,
di ihitta e di animali non è aeinpre Tario e ricco» kna aegmta
fedebnenie quel fare cooTemioBale proprio dei quatirocenlislL
SoKanlo al secolo XVI era dato portare questa parte dd dise-
gno ad una meravigliosa bdlezsa. Nei fregi di unti questi yoIch
mi si Tedono a quando a piando ridicole caricature, le quali
ninno veramente vorrdibe in opere cosiffatte. Ma nei secoli XIV e
XV erano assai comnni aBa pàtura come alla scultura , segnaia-
mente fuori d'Italia; e i tempi che aUora correvano consenti*
vano oosi fatta licenza. Dobbiamo per ultimo avvertire, come
inlomo aUa metà del secolo dedmosesto tatti questi libri venis-
sero restaurati cosi nelle lelitere e ndle note, come neUte figure
da un altto miniatore, del quale io breve si ragionerà; e Ibrae
al medesimo sono dovute alcuae durezte ébe appariscono in più
luoghi, e segnatamente nelle estremità. Volendo porre et cwh
fronte i libri corali del duomo di Siena con questi di s. Marco,
parci che, eccettuati quelli miniati da Liberale da Verona pit-
tore e miniatore dd secolo XYI , gli altri di D. Benedetto da
Matera monaco Benedettino, di fra Gabbride Mattó Servita , di
Ansano di Pietro sio^se , e di quanti altri vi operaroa) ,
cedano nel disegno e nella composizione a questi di fira Bene-
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UBRO I. CAP. XII. 197
delto dd Mugello , e solo li viacano net fhegi e negli ornamenti
beUisfiimi e ricchissimi. Molto i ritocchi» assaissimo Tuso di
quattro secoli danneggiarono questi di s. Marco, laddove quei
della cattedrale di Siena sono con grandissima cura e diligenza
custoditi (1) .
Rimand a dire alcuna cosa di fra Benedetto come di oul-
tere della grande pittura slorica ; perciooebò é opinione di mAti
che egli aiutasse il {rateilo neUa ìnramereTole serie de'di lui di-
pinti ; sembrando di£Bcile e quasi impossibfta a o^edersi che da scio
avesse potuto rAagelicocotanto, e sì dOigentemente operare. A ciò
si aggiunge die il Vasari parlando di iraBenedetto ndla vita dd-
r Angdico» dice aperlo che d fosse oisai esercitato nellapiiàura:
e invero i consigli e gli esempi di tanto maestro potevano con-
durlo ad ogni ottima perfezione. 11 eh. prot Resini nella re-
cente e preziosa storia deUa pittura italiana credette aver riur
venuto il modo per distinguere i dipinti di fra Giovanni
da ^leOi di fra Benedetto: condossiachè avendo osservato
come alcune tavde dd primo siano riocbe di moU'oro, e àltne
assai meno, congettura che le prime siano dell'Angelico e le
seconde del iratdlo (2). Ma questa opinione ddl' illustre autore
non mi si lascia creder vera» poiché è indubilato che la magare
(1) Ignoro come il Vasari nella rita di Agnolo Gadili potesse scri-
vere die, « Pietra du Perugia miniatore miniò tuui i UM dèe Mono
aSie$UL in Duoioo netta tihreria ài Papa Pio li.» IVofpo YÌsfbili esaend»
le dhrerae maniere èti molti miniatori càe fi operarono, alcuni dei qua-
li , come Liberale e Ansano di Pietro, vi scrissero i loi>o nomi.
(2) Sloria detta Pittura Itatiami, voL 2. cap« X\i]. pa& 257 •
13
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198 H E H O R I B
o la minore qmntità ddf aro che i pttlori in qnela sta-
gione ponerano negU adomamentì dei loro dipinti , più che dal
loro arbitrio dipendeva sovente daHa volontà dei committenti » e
dai mezzi dieqaesti oETerivtfio all'artista.B brero m un contratto
fatto dall'arte dei linajuoli col beato Angelico per dipingere on
tabernacolo, die tuttavìa rimane » si vnole nelle condizioni , che
siavi oro e argento nd modo che era stato fra loro convenuto.
Che se veramente fra Benedetto coltivò la pittora cosi in tavola
come m fresco, si ddAono piuttosto ricercaro le sue opere fra
quei più dd)oIi dipinti die sono per lo consueto attribuiti aU'An-
gelìoo; e in special modo alcuni a fi^eschi ndle odle del con-
vento di s. Marco, certamente inferiori agli altri dì tra Giovan-
ni. E dappoiché la modestia rarissfana di questi -due dipintori
non volle che le opere fossero giammai dal nome contrassegna-
te; e Findole e Tingegno e Tarte dibero simili per modo da
non potersi distinguere facilmente dò che è ddP uno da dò die
è ddl' altro; lasdamo che una comune gloria renda il nome di
ambedue chiaro e venerato.
Non è ancora ben certo se tnt Benedetto dd Hugdlo
alla sua morte Insdasse alcun allievo ndla miniatura fra
i suoi rdigiosi dd conventi di Fiesole e (H s. Marco. Un erede
però del nome, dell'arte, e delle virtù di lui si trova in que-
st'ultimo convento sul tramontare dd secolo XV; del quale però
non possiamo accennare alcun certo lavoro, non trovandosi in-
dicato ndle cronache. Ricordano bensi un tratto della sua vita
pel quale il nome di questo artefice non andrà mai diviso da
quello di un uomo grande e sventurato. È questi fra Benedetto
figlio di Un tal Paolo, fiorentino, che al secolo con vezzoso
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LIBRÒ I. CAP. XIL 199
dimnmtìyo appellavasi Beitueeio. Ndla gioTinesEa «ra sialo «no
dei caldi ammiralori e seguaci di fra Gerohmo Savonarola. E qua!
mai mgegoo elerato, qoal^raro artista in quel tempo potè e»-
sare insensibile al fascino della doquenca, e agli esempi della
TirtA di tànt'uomol Come il Porta, il Qredi, i Robbia, H Cro-
naca, e altri, Bettnccio sentissi preso da amore e dariToraiaa
per fl Arale ferrarese; ed m fti il pmao di tatti gli artisti die
presero Fabilo Domenicano o per le mani o per la inOodoia
dd Sarvonffltda. n giorno pertanto 7 norembre ddT anno 1495
eneodo fra Gerolamo vicario geo^rale della GongregazioQe di s.
llarooy Al il medesimo rivestito delle saoie lane; ed il giorno 13
novemlnre dell'anno seguente professò (1) . Legato a lai con tanti
vineoH di aflBrione e di gratMndine, non lo abbandonò nei giorni
diflbàli ddla prova. AUoraqaando il purfito degM ArraUfiaH si-
tibondo del sangue di fra Gerolamo, venne a strappare la sua
vittinoa dal diiostro di s. Marco, scrive 0 P. Barlamacchi , (che
l'ano e l'altro conobbe] come fra Benedetto armatosi dal capo
aDe piante, si unisse al partito dei Piagnoni per difendere
ipiella Tita a lui cara; nel quale essendosi avvenuto il Savona-
rda , gli ingiunse tosto di depcMrre le armi , soggiungendo cte
quelle del religioso doveano essere spirituali, non materiali, lia
come fra Benedetto vide condursi prigione il ben* amato mae-
i^rOy fece grande instanza di voler andar seco^ e ributtandolo i
ministri 9 egli pur importunava per voler andare. Ma il P. F. Ge^
rolamo gli si voltò dicendogli: fra Benedetto per ubbidienza non
(1) JnnaL Conv. s. Marci, ec. fol. 146. Non potei riovenire l'anno
della tua morte.
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200 MEMORIE
venke^ perchè Ì9 e fra Domenico abbiami mmorirperramordiCri
sto. Et in questo fu rofUQ dagli oeeki de'smi figlia che tuUi
piangevano essendo già note ore di notte (1). £ poi dotoe ri-
petere queste care ricordanae di un'animo educato dd pari
all'amore delle arti ohe alla riooot^sceoza dei beoefla» in un'età
si povera di esempi forti e generosi.
Altro non ci è dato sapere di kii Forse appartengono al
medesimo alcime miniature che adomano i codici della bibUD-
teca di s^ Marco, o altri ohe poi passarono alla LanrenieiaBa;
ma con certezza non si potrebbe citare alcun saggb dd suo
merito In questo ramo dell'arte.
(1) yiia dsL P. F, Geriamo Smener^U, •criua dàt P. Pacifico
BurìamaoM. Lonct 176i un voL in 16.^ t. pag. 136. e 1i3b
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201
CAPITOLO xra.
Di Fra Eustachio f e di Fra Pietro da Tramoggiano mniatori
Totcmi del secolo XYL
m%m
M^ arte di alluminare le pergamene , la quale por U giro di
molti secoli aveya di fante e si rare opere arriediiti i eMostri
e le biblioteche, nei primi anni del. secolo XVI già acoennaya
al tramonta Timida e inosserrata, ma ambiziosa di saccederle,
fino dalla metà del secolo precedente, la incisione imprendeva
la soa gloriosa carriera ; dapprima con tenui e ignòbili saggi in
legno , poscia cresciutole animo , con le opere stupende in irame di
Alberto Duro e di Marc' Antonio Raimtmdi. Allora tolta di seggio
r umile riyale, venne essa a collocar» accanto aDa pittura. Non per-
tanto egli è appunto in questi ultimi periodi della sua vita che
fa d'uopo rinvenire i grandi miniatori italiani; i quali corretto
1 disegno cosi della figura come degli ornamenti, dato maggior
vigore alle tinte e maggior rilievo ai corpi coli' q)era del chia-
roscuro, poriarooo quest'arte bellissima alla sua perfezione.
Né certamente la sua storia potea chiudersi meglio che scrìven-
do i nomi di Gerolamo dai libri 9 di Liberale da Verona, e di
D. Giulio Clovio. Tanto avvenne a quella parziale dei miniatori
Domenicani. Il secolo XVI che dovea chiuderne la serie, ce ne
offro alcuni di un merito insigne* Pongo per primo a cagione
di età , fra Filippo Lapaccini fiorentino , religioso del convento
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a02 MEMORIE
di 8. Marco, il quale vestito all'abito Domenicaiio ranno 14^
chiose i suoi giorni nel 1535.^Di lai non abbiamo alcun' open
certa. Solo ci è noto che non atto alli studj sacri , volle, come
la più parte degli artisti di cpiel convento, rimaner diacono, e
si occupò sempre in scrivere e miniare libri da coro; nel qoale
esercizio, scrive il P. SeraGno Razzi era assai perito (1).
Da soli tre anni aveva il Lapaecini professato l'istituto da
frati Predicatori , quando venne ad unirsegli uno dei più grandi
miniatori che forse noveri V Italia ; e dd quale per buona sorte
abbiamo tuttavia alcuni saggi del merito suo grandissima EgK,
se è lecito alle grandi cose paragonare le piccole, è il Porta
della miniatura , come fra Benedetto dd Mugello ne è l' Angdi-
co. Ambedue sommi; questi nella semplicità e nell'aQètto tenero
e devoto; quegli nell'evidenza della natura , in un disegno gran*
diofio, e sopra tutto nei fregi di un gusto raffaellesco e squisi-
to. U suo nome è fra Eustadiio, la patria Firenze, il padre
Baldassarre, il cognome si ignora. Nacque l'anno 1473. Al se-
colo ebbe nome Tommaso. Come altri miniatori di s. Marco,
vesti l' abito di converso Domenicano per le mani di fra Gero-
lamo Savonarola nel 1496, e vigesimo terzo dell'età sua. Nel
seguente, apparsi segni di pestilenza in Firenze, il Savonarola,
allora vicario generale, ricoverò i suoi noviq nella villa de' Geodi,
e con essifraEustacbia Ivi il miniatore emise i votiscdenni nel giorno
(1) Cronaca delia Provincia Montana dM ordine dei Predicaiorit
scritta dal P. SnuTWO Basii, un toL in fol. MS. t. ptg. 110. (Archivio
dì e Marco ) — JnnaL «. Mara foL 110 e 146.
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LIBRO L GAP. XIIL 969
12 settembre 1487 (1). Se di lai non gi tro?a memoria pres-
so gU slorici den'arte» (e il Vasari dorea rioordario per grati-
Indine], si trova però presso qndti dell'ordine. D P. Timoteo
Bottonio che lo conobbe in Flrense» cosi ne ragiona ne' suoi an-
nali. « Fra Enstachio fiorentito coùrerso di s. Uaroo fa un bel-
fisBkno qiirito et di raro ingegno. Era mkiiatore ecedleiite» ol
ièee bellissime opere in qwslo genere; spedalmenie on saltero
grande beUissittìo che si adopera nel eboro di s. Marca Hàibe
gran memoria» et tatto cbe fosse decrepito, redtaTa a mente
infiniti Inogiii di Dante, nel qaale egli haveva gran pratica.
Quando il Vasari scrisse la prima Yolta le vite de'Pittori, ve-
niva qpesso a ragionare con questo vecchio, dal quale cavò molti
et bdlissimi particolari di qoegli antichi et illnstri artefici. An-
dava per il convento con on bastone al qaale si appoggiava ; et
mi ricordo , die assai temeva il punto della morie, la qaale poi
fjà avrenne doldssnna , et placidissima siccome io proprio vidi.
Baveva 83 anni, et morì a 35 settembre » (2). Con simili parole
venne eziandio ricordato dal P. Serafino Razzi, e dal oootinoa-
tore degU Annali di s. Marco (3). Il salterò del quale ragiona
(i) JnnaL $, Marci, fol. 147 a tergo. « F^at, Eustachius tuiUa Tho»
mas Balihassaris, florent, eonversu». ( di altra mano ) Hic acc^it ha»
h'uun anno aetatis suae 23 completo. » Di froate in margiae ti legge :
Bi quatuer pì*ofiin suttt in villa Gondiorum quo secetBwnfuerat pro^
pur p€8tem,in manibus Jì. P. F, ffieronymi, die 12 sepL 1497.»
(2) JnnaU MSS. toL V pag. 301. ad ano. 1555.
(3) isioria degU Uòmini Illustri ec del saero Ordine dei Predi"
eeL scritta dal P, StaAFiio Raui on rol. in 16.^ Lacca 1596 pag. 354.
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MEMORIE
il P. Tìmoleo Boltooio rimane luttatid, e serve air oso de'rdn
g:i06i nel coro di detla chiesa. Vederi nel primo ^b an (regio
assai vago ed elegante , e nella lettera iniziale In mezza figura
un Isaja, sul capo del quale é sospeso an cartellino ove si leg-
ge : AN. DNI. M.y.V: non vi è indìzio di altro numero inter-
medio; e forse il buon laico orrò volendo scrìvere MDV. Qoi
non vi ha la consueta arme dei Medfd , segno maniresto che non
fu dovuto alla loro generosilA; dappoiché non si sarebbe rice-
vuto in quel tempo dai medesimi così spregevole cosa, ohe
Fra ISustachto fiorentino , conv^erso di s. Matteo, fu miniatore di libri
eccellente^ come si può conoscere da molte opere lasciate in tal prò»
fcssione: e singolarmente ne*due salteri grandi che si adoperano le feste
nel coro di s. Marco predetto, Recitava questo buon padre a mente in^
numei'obili luoghi di Dante, cosi bella memoria teneva, e eoitmta pra»
tica in quel poeta toscano aveva. Coniala altresì alt usànta di FtrenMe
alarne lodi spirituali, la sera dopo cena in comumanza con < Padri»
Mori di atini ^3 olii 25 seuembre 15S5 in s. Marco. »
JnnaL Conv.s. Marci tUÀ.2i&.M&%n$jìàMklBi morte del medesimo, ti legge:
Frat. Eustachius Balthassaris florent. conversus , ex hoc vita decessit anno
domini 1555 die 25 sept. Mìe fuit, ni fallov, egregius miniator, idquod
inter alia ipsius opera, Psalterii liber in dextera nostri chori parte
locatus facile attesiaiur. » Debbe avvertirsi che il Bottonio e questo con-
ti nnatore degli Annali, attribuiscono a fra Eustachio un solo salterò ; e il
P. Serafino Razzi due. Ma sembra doversi seguitare piuttosto l'autorità dei
due primi scrìtto ri. È invero quantunque anche a1 presente esistano due sal-
teri miniati ad uso quotidiano dei religiosi, uno solo è evidentemente di
fra Eustacliio; l'allro accenna ad un miniatore alquanlopiu antico ed in-
feriore , abbenchè non sia privo di merito j è però assai guasto dai restauri.
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LIBRO I. GAP. XIII. 90S
tosto noD vi é tósae impressa lo sfeimiìa M quella bmiglia. Ma
il merito granassimo dì fhi Bostachio appare tosto veduti gU
adornamenti che el fece al primo dei salmi. Girò per quanto
è grande il foglio on ricco fregio di fiori e di rabeschi elegantis-
simi tutti in oro, sopra un fondo ove azzurro, ove rosso ore*
misi. Sorreggono le vohite ed i fiori alcuni gruppi dt putti ìgnu*
di assai ben disegnati ; e a quando a quando sono alcuni ova*-
tini a uguali distanze, che tolgono la unlfomrità del disegno.
Nei due da dma e nel due da fondo fece in mezza figura i
quattro dotlod della chiesa latina, s. Leone papa, s. Gerola^
mo, s. Agostino, e s. Ambrogio, figure condotte con gramfissi-
mo amore e dOigenzif. Nel mezzo a destra ed a sinistra, sono
due animali graziosissimi. Al basso del foglio, una mezra figura
di s. Caterina da Siena , guasta siffottamente da potersi a (atioa
riconosoere. NeHa lettera briziale fece nel campo con bdla pro-
spettiva di paese il monte di Sion; ed è replica di altro oonsi-
nule di fra Benedetto. Nell'amenità di una ridente campagna,
sotto un azzcmro e limpido cielo, vedesi prostrato Davidde, con
le braccia conserte al seno, la corona deposta sui suolo, in alto
di ascoltare la voce santissima di Dio, che ddl'alto de' cieli si
vede inviare al profeta il suo lume consolatore. Piena di maestà
e di vita è la figura del David, e nel panneggiare ricorda il
fere ncdrile e grandioso di fra Bartolomeo della Porta. Non cosi
mi appagano le estremità forse non ben prqiorzionate, né ba-
stantemente indicate; difetto comune alla pM parte dei minia-
tori. Che del rimanente ira Eustachio avesse buon disegno lo
prova il nudo dei putti eseguito anrettamente. Al salmo 38 per
analogìa al senso del medesimo fece una mezza figura di «m
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a06 MEMORIE
David che soprappone riodioe alla booca adacoeDoara «kario;
ed ìq ciò aasm più mi aggrada il mudo teoolo dal P. M. Selli-
ni y il quale ad esprimere quello stesso coiiceUo« figaro il pro-
feta seduto eoo grandisiima maestà, che pone suHa bocca la
sommità dello scettro regale. Ma quanto mai può dirsi èbdlo il
pensiero di Gra Eustachio e il modo di eseguirlo» quando ad esprime-
re l'empio che insulta a Dio (Sai. 13. Dixit ifuypims in cord$
suo fwn est Deug^ ) disegnò egregiamente e colori un < glorine
sravillante neH'dìrezza dei sensi , con bellissima foggia di Teslire;
ilquale^ perchè infuori del diletto non ha cosa al mpndoche ami o
paTentJy tiene sur una mano uno spanriero; e con l'altra fa
segno di spregio Terso del ciela Al salmo 109. (dixU dominm
domino meo^ sede a dextris tneis ), effigiò l'Eterno avente (ira le
braccia l'esamme spoglia dell'unigenito figlia Eoeellente minia-
tura, ma cosi guasta dall'attrito che io breve sarà al certo perdu-
ta. In ciò chiaro si pare quanto meglio igiottesdii sapessero negli
argomenti sacri comporre i loro quadri ; poiché il citato P. M* Sertiai
nei salteri di s. H. Novella a questo stesso salmo fece quella
bellissima miniatura ddla quale si è ragionato nel capitolo pri-
mo. Omettiamo a cagione di brevità alcune altre dello stesso vo-
lume. Da questo breve saggio però ognuno potrà tarsi ragione del
merito di fra Eustachio , che io non dubito nelle storie equipara-
re a Liberale da Verona, e nei fregi e nei rabeschi dichiararlo
a lui superiore*; tanta è la deganza e la pureiza con la quale
sono disegnati; tanta la trasparenza del colore onde sono
eseguiti. Né si andrebbe forse lungi dal vero asserendo *
che il disegno di queste miniature sia dovuto aU'nisigne di-
pintore fra Bartolomeo ddla Pòrta , il quale nei lempi ap-
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UBBO 1. CAP. Xni. 907
punto di fra Eosladiio, e in questo stesso oonveoto di s. Mar-
co eseguiva i suoi meravigiosi dipiotL 1 PP. Rani e Bottonio a(-
fannano die il oostro miiùatore facesse altre opere assai ia
qocUo stesso geoere 9 ma ci tacquero il luogo ed il tempo. D P. Bì-
dia 0i attribuisce le miniature dei libri corali del duomo di Firen-
ae; dei quali però a?rà fatto soltanto alcuna parte, essendo in nume*
ro grandissinio» e indicando manifestamente l'opera di yaij miniatori
cosi del secolo XY come del seòob XVI (i). È indubitato peiò
che fin Eustadiio mimasse quattro libri per il coro di s^ IL
deBa Quercia presso Viterbo, troiraiidoseiie memoria neUe cro-
nache di qud convento. Vengo assicurato che esistono tuttavia»
ma per non averli veduti non posso fame parola (2) .
Bnnand a favellare di fira Pietro da Tramoggiano^ col qua-
le daremo termine al presente saggio de' miniatori DomeoicanL
Di questo religioso ignoriamo Tanno della nascita, il cognome
e i genìtflri; solo d è noto che d sortisse i natali in Tramog-
giano piccoto viUaggio dd Casentino alle fUde degli AppeuninL
Fu sacerdote, e probabihnente[aflit^iatoal convento di s. H. dd
Sassopres9oBÌbbiena,ovetenneruffidodi priore per ben sei volte
Cbed fosse ecoellente miniatore toaOermanoi cronisti toscani del*
fOrdine, ma non si potrebbe con eerteza addkare alcmn'opera
di minio che a lui appartenga. Scrive il continuatore degli An-
nifi di s. Marco, come essendo priore di qud convento il P.
Taddeo Bartdi, l'anno 1577 un tei P. Antonio Gaffardli volesse
(1) Ihtisie IstorUAe, ec toL 7 lesione XVI $ VII peg. 164.
(2) Liòro delle Croniche della chiesa e eacristia del Coiwenio della
Queraa. pag. 1 4. — ( MS. neU' Archivio dì quel coarento ) — .
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S06 M E M O A I E
restaurali tutti i libri corali (K quella chiesa dall* uso (pK>«
tidiano asssaì danneggiati. Fa invitato a quest' opera fra
Pietro da Tramoggiano , e per suo consiglio Tennero legati nuo-
vamente; queUi di mole soverchia divisi; il minio o lo scritCo
restituito ove mancava ; e fatte tut(e quelle addizioni che i tempi
e la liturgia richiedevano. Dall' anno iSTI operò in quel restauro
(Ino al 1578. Nata in seguito alcuna quistione con il superiore dd
convento, il miniatore partì di Firenze, né vi tornò se non quando
yentìe eletto a queiruflicio il P. Filippo BrandoHno , sotto del quale ,
uno eccettuato , fini di restaurare tutti quei libri (1). Io non
dubito punto che le miniature di fira Benedetto dd ìlngdlo non
ne patissero alcun danno , come suole avvenire in tutti i restauri
eziandio eseguiti dai più valenti in quest'arte. Ai pittori come
ai miniatori del secolo XVI sembrava troppo debole e dilavato
il colorire dei quattrocentisti, troppo angusti i contomi e mi*
sero il disegno del nudo; quindi ne r^taorì non aborrivano so*
vente dall' alterare Tuno e l'altro con danno grandissimo delle
opere di quei sobrii e castigati dipintori.
Il P. Serafeio Razzi che poteva aver conosciuto fra Pietro
da Tramoggiano, non ci ricorda alcnna opera certa del mede-
simo (2). Quel pia che di lui sappiamo è dovuto al diligente P.
Vincenzo Fineschi , che cosi ne ragiona in una sua operetta: « Nò
posso tralasciare di accennare i bellissimi libri corali ( del conv.
di s. M. del Sasso ) lavorati eccellentemente da lira Pietro da
Tramoggiano, il quale fu priore di questo convento per ben sei
(1) ÀnnaL conv. s. Marcia foi. 45.
(2) Cronaca delta Provincia Romana , ce- pag. 1 37 a tergo.
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LIBRO L CLVP. XIU. 209
volle; e il quale traile molte abilità; qudla «rev^ di osser
hrayo scriUore di Bbrì oorali , per la quaF arte guadagnò non pich
Dole soHune di daaaro, che le impiegò per formale tatto il cor-
redo de'Utirì da eoro necesaar], che sono n.'' 14 in «leiini dei
qoalì vi sono con huoA disegno esigesse varie minìatare» e (^
roBO stimati più di mille cinquecento scudi » (1). Avverte poi
ia nota il Finescbi * oome akmAC di queste miniature rentsaero
tagliate e portate via. Di questi libri corali che ci polrebbch)
far conoscere il merito di fra Pietro, ignoro che sia avvenuto.
Quel convento di Bibbiena non ne ha più che un solo senza or-
namento di minio. Vengo accertato che alcuni passarono in s.
M. Novella. Finalmente Fanno 1596 cessò egli di vivere, forse nel
convento di Bibbiena , ove aveva passata la più parte del viver suo.
Si potrebbero aggiungere alla serie dei miniatori Domeni-
cani alcune religiose dello stesso instituto che coltivarono con
lode questo ramo dell'arte; na otterranno luogo fra le pittrici
delle quali faremo parola nel secondo volume di queste memorie.
Riepilogando al presente quanto per noi si è detto in questo pri-
mo libro degli artisti appartenenti all' ordine dei frati Predicatori;
parcì, se mal non ci avvisiamo , aver fatto conoscere come ga-
reggiassero sempre di fama e di ingegno con i più celebrati
della loro età. Fra Sisto e fra Ristoro con Arnolfo; fra Gu-
glielmo Agnelli con i discepoli di Niccola pisano; fra Giovanni
(1) Compaidio Storico^Critico sopra te due immagini di Maria San-
tissima che si venerano nella chiesa dei PP. Domenicani di s. Maria del
Sasso presso Bibbiena, dato in luce dal P. Vihciiiso Fihmchi. Firenze 1792
uà voi. in 16.® v. cap. X. pag. 72.
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910 MEMORIE LI& I. GAP. XIII.
da Campi e fira Jacopo Talenti eoa Taddeo Gaddi e eoo l'Or-
gagna ; e fra Benedetto del Mugello e fra Eustachio con Libe-
rale da Verona. Per siffatta guisa le arti ebbero da loro nd gi-
ro di questi tre secoli incremento e splendore ; non pmre ìa ope-
re priTate ma pabbNche, in Firenze, m Pisa, fai Orvieto, in
Roma , in Bologna e nei Veneti Dominj. Se ciò loro ngnalmente
Tenisse fatto nella pittura , lo Tedremo in jqcieslo secondo Vbeo
e negli altri ohe gli terranno dietro.
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^-^.IL C-ZZ . ALT
T ''/'' '17 r ^ i
nzu^n-aut^à. 4&r.
Lmry t^
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isiEisioaie:
DEI nù nisiGia
PITTORI, SCULTORI B IRGHlTEni
• •fi
LIBRO SE€Oi\DO
CAPITOLO PRIMO
FAA GiOVAlfia AllGEUCO.
PROEMIO.
£Pi poco valicati erano i prìncipj del secolo XV, e già le arti
italiaiie ottenuti avevano i più felici risoltamenti in presso che
tutti i rami del disegno. E chi vedutele pria tìmide e smarrite
sotto rimpero dei greci, prende a considerarle in questo pe-
riodo di gloria, meravigliando chiede conoscere per quali vie,
e con quali mezzi abbiano potuto raggiungere Joos) | rara eccel-
lenza. Ad opera tanto grande era bastato l'ingegno di tre sedi
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212 MEMORIE
uomÌDi, dì Nìcoda, di Giotto e di Arnolfo; e la nobile e co-
piosa lor discendenza avanzando quel movimento, in breve
tempo avea coperta l'Italia dall' un capo all'altro di opere
meravigliose e divine. 1 titoli della loro oeldnriti sono nei duo-
mi di Sena, di Firenze, di Orvieto, in Padova, in Assisi, nel
Campo Santo pisano, e nelle porte del battistero florenfino ec.
ed ivi aspettano tuttavia che i secoli awem're lor contrappon-
gano pari copia e pari bellezza di monumenti. Le cagioni di
questo così felice sviluppamento dello spirito umano a me , più
che altrove, piace ricercare nella nostra storia civile, politica e
religiosa. Perciocché se egli è vero che le arti siano il linguag-
gio più eloquente di un popolo, adi' avanzarsi che ei farà
dalla barbarie alla civiltà, dovrà imprimere nelle arti come
nelle lettere, le fracce di tutti gli stadi che avrà dovuto per*
correre. E ninna cosa a mio avviso rivela meglio TabbiezionG
dell'Italia nei tempi di mezzo, che la influenza dei bizan-
tini sulle arti nostre; perciocché come noi eravamo da barbare
leggi e da più barbari reggitori oppressati, così tutte le opere
di pittura, di scultura e di architettura di quella età portano
profondi segni di quel duro e ignominioso servaggio, che pati
l'ingegno non meno che la libertà e la vita degli italiani: e
alloraquando scasso il giogo' del feudalismo Y Italia assunse leggi
« costooni propri, e lu grande e temuta, prima Niccobi e
poi Giotto arditamente infransero i tipi dei bizantini. Per si-
mil guisa spuntato il secolo XV torbida e sanguinoso per qui*
stìoni politicbe e religiose che tutto lo esagitarono; le arti
<«iandio parvero alquanto da scissura turbate e divise, bramando gli
Uni seguitare i movimenti progressivi del secdo, laddove gli
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LIBRO H. GAP. I. 213
altri ToDero tenersi tmni ostinatamente ag^ aiitidU pruM)ÌM;
persuasi che non per anche esaurita fosse la soRigaote di qodle
ÌBsplraKÌoiii f cte avevano fino allora prodotte opere tanto su-
blimi; e non sapendo a qual tarmine riuscirebbe il dì^presvo
di qodle trazioni» che ^ per il giro di motti anni con sor
perstiziosa religione si erimo studiati di mantenere e diffondeim
Brevemente» la vecchia società repabUicana am i ^ooi grandi
vizi e le sue grandi virtù, con la sna fede ed il suo anMMr pa-
trio, pard ben rappresentata dai giotteschi; e rincivilimeoto
socide con i nuovi sistemi poUtioi e filosoflci, colla s^ndi-
desa Medicea e il guasto cosljime, si annuaiia con i quattro-
centisti, e con gli artefici del secolo che seguitò.
U i|oale confronto fra le arti e la italiana civiltà cM
amasse pros^[Pire ao<^ nei secoli posteriori» vedrebbe ior-
nar sempre con rigorosa esattezza. E paxhè «' di nostri molta
si è scritto e disputato intorno l'arte antica, e l'iadole e la
natura di lei; noi ne diremo alquante parole, servencto ciò a
meglio chiarire le condizioni della pittmra italiana nei tempi
in cui fra Giovanni Angelico tolse a ctdorire i suoi devoti
concetti.
L'arie ia ogni tempo servi primamente alla religione, por-
sela ai diletti e agli agi dei grandi e del popolo: e secondo la
iiatora di quella o di questo prese varia configurazione, ed ebbe
sorte diversa. Quindi presso gli egizi rese immagine di un po^
polo aMnrutito da sconci riti o crudeli, e vilnmate curvato sotto
il giogo de' suoi tiranni; onde fu ufficio dell'arte non amiBOr
Dire o dilettare qud popolo , ma sgomentarlo ed atterrirb. E
laddove il paganesimo ovunque aainiava la natura tutta di
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214 MEMORIE
vaghe e rìdenti immagìiri, soli i popoli dell' Oriente, e gli egi-
zi più die altri, si piacquero di orrende e laide divinità, e
velarono le dottrine religiose eon miti e simboli misteriosi ed
oscuri. Onde appo loro Tane fti veramente orfica e simbolica,
pasoido di menti illuse e dì cuori corrotti. Sotto il ridente delo
di Grecia, presso un popolo grandissimo e dotato di un senso
squisito del bello, l'arte inspirossi alla (voluttuosa e poetica
teogonia di Esiodo e di Omero, e dilettossi grandemente di
forme leggiadre, e si accostò cosi presso al sublime da tat
disperati gli altri popoli di poterla giammai raggim^re in
quella el^nza. Ma rade volte assunse V ufBdo di oorreggoe
e migliorare il costume, amando in quella vece dilettare, e
pia sovente pascersi di lascivie e di turpitudini. Gd romani
espresse il prepotente genio della conquista , e fVi tutta in nar-
rarne le guerre e i ^trìonG : e più che al semplice e gentile
aspirò allo splendore della magnifleeoza , con che pose i germi
di quella tremenda rovina cui non bastarono dieci secoli a rat-
tenere. Finché il cristianesimo venne a sublimarla a insperata
grandezza, affidando all'arte l'ufficio santissimo di ammonire
il popolo del vero e innamorarlo della virtù, associandola a
tutte le sue gioie e a tutti i suoi dolcuri, e aprendole oltre il
mondo sensibile uq vastissimo campo Ignoto ai gentili. Nata
fra lo squallore dei sepolcri dei inartiri , nutrita alla fede vi-
vissima dei primi cristiani, hiq[)ntitasi al codice sublime del
vfingelo ed ai carmi dei profeti , più che a squisitezza di forme
mirò sempre a porgere ai mortali le caste gioie del delo, a
render loro dìspetla la terra, a consolarli na mali, e sdegnò servire
Ili capricci ed alle libidini dei potati e dei riechi epidoni dd seco-
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LIBRO 0. GAP. i. 215
la Soave» oonforUitrioe, eloquente maliiMOoica, atteggkissi a fatte
k Aunne ed a tutti i ooooettl cbe le suggerirà la feée» b
sfenuÈBi e l'amore. Ghmgeiido tal fiata sioooiiie la parola ad
ottcnsere trionfi baissimi sul cuore ddl'uomo; perdoechò poobe
ToUe le lagrime sgorgarono cosi abbondanti, il onore ebbe pal-
pilì ooei soavi , e la mei^ fini estasi ood sublime, come jb)1&
lista di un ifitNnto improntato ddla fede ardente cfi quei jseooU
avventurosi Per siffatta gnisa come presso gfi egiiJani farle
si era inspirata al terrore^ presso de'greoi alla volottà, con i
romani alla gloria » dal cristianesimo le fti impresso il carattere
di ammaestratrìce e conforCatrice del popolo.
E qui ci piace pw priÉio awertife come senza ponto al*
tcrare l'intima sua natura , p^'egrinando presso i diversi po-
pe^» si acconciasse sempre all'indole di quelli^ ed alla condi-
zione dei tempL Quinfi ndle cataco^ibe adombrò i giorni de' suoi
dolori; nelle romane basiliche la gioia de'snoi trionfi; in Go-
stantinopoli abbigOossi del lusso barbarico di un popolo dege-
nere; dorante la invasione dei barbari rammentò i tempi diffi-
g3ì del suo nascimento, e fu nuovamente conforlatrioe; ndla
rigenerazioae inspirossi alla storia patria » alle pie leggende ed
ai canti popdari. Inviolati non pertanto rimanevano i canoni
seguenti quasi parte dogmatica dfjU'arte — Avesse ella sempre
di mira non dilettare, ma muovere e^ instruire, ovvero il diletto
fosse mezzo e nqn scopo — . 11 proprio cpncetto si esprìmesse nel
più semplice ed evidente modo possibile ; né vi avessero accessorj
che turbassero l' effetto n)Qr$de o religioso del soggetto rappresen-
tata -^ All'artista fiosso conceduta tutta quella libertà di ope-
rare, e l'oso di tutti quei meza cbe egli reputasse meglio con*
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216 MEMORIE
ducenti allo scopo, malgrado la sererìtà della storia e della
crìtica -*-• Tutto parlasse alla mente ed al coore del rignar*
dante ; e ove non arrivasse l'ufficio deBa pittura si sopperisse con
simboli facili ed eridenti; e se non iMotassero questi si aiutas-
se con la parola , togliendo dalla Bibbia quei concetti che meglio
rappresentassero il pensiero del pittore» scrivendoli ove pii
erodesse opportuno (1). ~ Ndle tavole esposte alla venerazione
dei fèdeli effigiassero i santi non viatori , ma circondati delia
luce e deUa gloria celeste; e nel delineame la immagine, molto
più qudla di G. C e ddla Vergine, si guardassero dal laore
ritratti di persone vìventi; percioccbè il ritratto destando nella
mente dell' osservatore la memoria ddl' originale « e tutto ciò che
ha relaàooe con la vita e co' costumi di <pidlo, toglie o scema
in gran parie la divozione del popola — La decenza serbasse-
ro— . Avessero in orrore la proCsnazione di argomenti iaomorali,
e rammentassero sopra tutto, l'arto cristiana essere inspira-
zione divina , e non potersi degnamente ed efficacemente ritrtf-
re le sembianze dei edesti e le santo gioie del paradiso, senza
un cuor puro, una fede viva, un'ardente carità, ed una fer-
vida orazione. A questi canoni generali si legavano più parziali
(1) Da ciò manifestamenle derivò Tubo presso gli antichi di asso-
ciare la parola alla pittura , volendo mantenere all' Arte l'ufficio impres-
sole dalla religione di ammaestratrice del popolo. E fa d*uopo confes-
sarlo y quelle loro iscrizioni che si leggono talvolta nelle aureole de* santi ,
tal altra nelle comici del quadro, ovvero nella predella , o come piacque
ai giotteschi , partono dalla bocca stessa delle figure, rendono maravi*
gliosamente il concetto (k! dipintore.
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UBRO U. GAP. I. 217
tradmoni di tipi e di conoettL Gosioohè jmno de'l^faaBtini è
aampre dato di ravvisare nei loro dipinti «a severa maestà;
■è mai sendira aspirassero alla lode di gentiU e di graziosi, ma
in qaeUa vece incutere una profiooda veneramne mista a cerio
terrore» che destasi alla vista di qndle Vergini e di qud Grò-
eifiasi di gravi Torme, e di grandi e tremendi oooU. Laddove
ndle opere degli italiani, qnaildo non vollero essere ttappo seac-
vili imitatori dei greci nei tempi di mezzo, Iasioni scorge mag-
giore éoloeta di Unee, un movimenlo più spontaneo deHa per-
sona, e il desiderio éi eccitare nei rignardanfi un* aaMMPosa
fidnda ed una iliale riveronta nei santi efligiatL
Questi, se mal non. ci avvisiamo, sono i principali carata
teri di quest'arte, più o meno fedelmente mantenuti fino a tutto
il secolo XV. E perchè non senfaasae cosi presa al dUaHo di
pascere la mente ed il cuore (fi atti e santi conoetfi, die rifiur
tasse ostinatamente ogm peifezionamenlo dal lato esteriore, ed
i ragionevoli e diflBdli artlfia ddk ombre, degli scorti, del
paese, e di tutte le nobffi teorie dell'arte; non sdegnò nel s^
colo XV, e nei prindpj del seguente correggere e migliorare
■ disegno, Q colore, la prospettiva ec. giungendo con Pietro
Perugino, e col divino Rafladlo a toccare queHa suprema ec-
cellenza di coneetto e di Amna che sola era dato desiderare.
A tosto poi ratvisame i pregi e la nobiltà credo non si richieda
che nn coore sensibile alle caste dolcezze doDa rdigione, una
mente scevra di pregiudizi, un occhio che non si lasci st»
durre dal fascino di vaghi colorì, e dal teatrale comporre dei
secoli troppo remoti dalla cara semplkntà degli (mtichi. Poten-
dosele facilmente concedere questa lode sopra tutte le scuole
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218 MEMORIE
che segnifarono, die ove gli Miri dipinti -non moHe tolte go-
duti generano sazietà, quellr di. qnestA lasciano ognor di sèyi-
vissimo desiderio ; e non mai alemo si pone seriamente a con-
templarli , die tosto non si senta discendere nelT animo quasi
una parola di conforto e di pace.
I diligenti indagatori della sua storia ( lasciati i tempi re-
motissimi ] la ridderò in Italia risorgere e propagarsi per opera
dei miniatori; e perchè nd monti delFUmbria, sidla collina di
Fiesole e ndla colta Bologna meglio che altrove sembra &npTo&-
tarsi di un aBsttó devoto , e pascersi di cdestiali oontemplazioiii,
le imposero il nome di mistica; il quale cosi. bene le si addice,
che noi sempre con questo la chiameremo^ non rifiatandolo a
tutti qudli artefid della scncJa romana, sanese e fiorentina , che
in qodh tia la seguitarono. II Umbra addita fondatore di essa
e maestro Oderigi da Gubbio miniatore, quindi GentBe da Far
briano , il Perugino, e altri assai. La Bolognese, Franoo por mi-
niatore ricordato con Oderigi dallVAllighieri, Vitale, l'Ayami,
Simone dai Crodfissi, Lippo Dalma^, s. Caterina, il Fran^
eia, ec La Fiesolana i due fratelli del Mugello, fr. Benedetto
e fr. GioTanni Angdico; al paro di tutti questi, grandmiente
mistid a me parvero sempre Pietro Cavallini romana, e Spinalo
di Arezzo: nobile schiera di generosi, di cui gran parte pure
splendeva di bella lama di santi ti. Né mai io credo V arte venisse
eoo sì grande venerazione coltivata; né mai tanto potesse sul cuore
degli artisti come fu veduto nella nobile e copiosa scuola dd mi-
stici. Imperciocché, per tacere degli altri , di Uppo Dahnasio si
legge, die gianunai accinto sarebbesi a dipingere la immagine
di M. V. se non vi avesse premesso il digiuno, e qud giorno
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UBRO II. GAP. L 919
stesso non si fbsse cOMito col pane degli angiolL E dì Pietro
Cavallìiri lasdò scritto Giorgio Vasari^ ohe « fii non pnreboo^
no cristiano, ma derotisBiiDO e amicisrimo dei poveH, e per bl
bontJÉ saa amato non pnve in Booia sua patria , ma da tali
coloro die di fall dibono oogniiione o delF intere sua E si diede
inaimene neH'àltima soa Tecohiem eoa tanto spirito alh religio*
ne, menando ?ita esempkure, che Ai quasi tenuta santo w (1). Né
lo ho mai potato considerare i podd e snUimi araod delle sne
epere, né leggere la vite di qdfesto pittore, che tosto il peosteo
qiiontaiieo non si trasportasse aff AngeUoo, col qaaledibe pari
la yirtà, l'Ingegno e Testimaaane dei cratemporaneL
Onesta scuola a prima Tista timUhi e rìÉerfaata che pavea
Ibggire o soccombete nelle mag^ori difieoltà dd diiegpo» imi
non pertanto di cosi ahi concetti , da tentare la gnÉÉde epopea 4
la storia, ec e gar^giare^soirentecdrAllighieridi poesia, di forza
e di ^fennslju Gli argomenti che toglier per consaeto a dipin|^
emo molti e noi. Teneyano il primo loqgo i bBdici, e traque-
sti di prderena fl Genesi, la vita di G. Coi ìiksmmà^ dà
quali ricopriya le grandi sopeffioie dei campi santi, dei chiostri
e dei capitoH, con nna mrietà e beUeiza al tutto meràTÌgliosa.
Ma ore forse meg^ si ri?ehifa la potensa del pittose cristiano
era nella leggenda deDa R V. (^ poco valefano le teorie
deir»rte. Innanzi ad un giudice quale era H popolo nd me^
em , caldo di fede e afente come suprema dolcezza e 1
<1) FI'M din' Miori, ec. Parte 1.* •-*' ^im di Pietra CmuaUimiin
firn.
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320 MB MO RIB
bisogno la rellgioae, o cbe di un colto còsi poflitioo, cosi «Ret-
looso yeoerava la gran Regiiia dt|^ AftgMt^ chele ccn$Mra?a
U patria, la famiglia e la fila; atl'artiflÉa ohe votere risponr
dSTé ia modo degno al suo argòmttita era di mesUm studum
Wte le vie del cuore» e paiteéìpare a qùA latro entasiasiuo
del qaalè il popolo era eonprtio. Ove comegntee lo scopo deiide*
rato/prcmto ed elogio maeme ddl' epéra erano le lagrkne e i
gemili dei deroCi contemplatori, e le benedimai detta commossa
moMMine. AUa leggenda dflla B. V. aègoltaTMO quelle dei
santi , e forse erano qoelle scritte dal b. Jwopo da Varane»
dal Metafiraste, da Gosarto ee«; ed é mirabile cooae narrafeioni
che il nostro seeeior sdegna leggere, a deride» fomiìsero alla
seoola gbttesca sì copiose fadlesie, e alla pietà del popolo cri*
stiano per il giro di ìMlti seocK, on pascolo soave. Alonoa
iate la pittura associandosi ai rati colorita le pagine pia belle
ddla Divina Cioamudiai o i trieofl di Francesco Petrarca.
Né Torse era nen poetica e fecowla di utili ammaestnnMntt
morali e ndìgiosi la pittnht simbolica ; ohe trasmessa dai greci»
abbelUla dagli italia»i» ocoapò per ai lungo tempo le aiti si
dello scolpin che del diplngera; serrendo mirabOasente a stoV*
gere quel concetto che Tartisfa si era proposto di espsimerei.
Linginggio eloquente, e 00$) proprio deH'ade cristiana» ohe
non è dato penetrai» nelFinÉvna nalnra di lei senm appiCM
oonosceria
Ma il cristianesimo, dopo creala una nuova architettura»
diffuso su i marmi un'alito di vita con T opera dei pisani,
educala e notrila per molti secoli la miniatnm e le opere dei
vetri e del musaico, presieduto alla origine della incisione^
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UBRO a. CÀP. L astt
e rifritto m vnofo gnere A pittura ocn la ioiK^>dri mMici»
MB era ancor giunlo al fensÌBe il tecob émnti^pàato che.già
▼adea maiioinesda fop^ra sua, e ni daoioìoaeBto in grea parte
dvorntla. Condariaohè alla fede ardente dei moli preoèdenÉi
era aoooednlo il driiUo e te dispotaziafà i«SgiÓB& AUe taiiplici
Cd afMtooae stxàtan « «iccola pisano, di BodJìte é del 6l|ikerb;
doverano fai tarete tener «SdtroqoeUe di Bacete BandìneHi; man-
caro r arébHetttiia di AiiiDl[>,di fra Osto é fra Biataro; tengoire
e perdeni la nmiiiura e i Tetri oaterati; e te pittura»
nobite e cava parie dèlte ane gterte, queste inCmn
tficedeUe ane giote ceksfi , ripndiato f uficio sanlittinin di am-
maestratrioe e oonforlatrioe del popolo, sembrava ptefarirei
Taneggiflunenti e te turpitudini deUa mitologia. Ninno umano
consiglio, ninna potenza saria bastete a ùifrenare questo mo-
vimenlo dd secolo che accennava ad una perfezione esteriore.
Rimaneva adunque soltanto» che ¥ «te cristiana desse un nuovo
e più splendido saggio ddte sue bdlezze, accogliendo m un solo
artefice quanto di tenero, di devoto, di grazioso, di sublime
aveva operato neUe Catecombe, m Bizanzio, nei bassi tempi; per
cui al severo giudizio del secdo XV e del seguite apparisse cosi
grande , da non poter mai alcuno sperare di contendergli te pal-
ma di supremo e inarrivabife pittore ddla divinità. Costui Ai
frate Giovanni dd Mugdlo. Né mal si appose l'arte cristiana ; per-
ciocché se veramente coloro che seguitarono costui giunsero a
troppo maggior perfezione nel disegno e nel colore, ninno sperò
mai vincerte ndl' afletto e nel sentimento religioso. Onde il se-
colo XVI coti invaghito delte greche forme e ddle romane, cosi
traviato di mente e di cuore che sdo pìacevasi di pitture te-
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9S2 MEMORIE
mife e di tnrpMiidnii ; fu da tanta Teoeracioiie preso e oommosse
alla rista ddle odesll immagiBi, cosi ianamorato deHe yirtà
di fra Giovami, ohe volendo con un telo vocabolo compenditfe
ima lode non meritata dà altri, né altrui mif conceduta , impone-
vagli il nome di Angelico; quasi volesse riavricinare il dottofe
di Aqiùno e il pittore di Mugelto; peroioochÀ come avevano avo-
lo conine la innocenza e santità della vita , e le consueindioi
di uno stesso instituto; cosi se qnd titolo era stato impasto al
primo per avere sopra ogni altro meg^ descritta la natura
angelica e la divina, si dovesse pure all^ artista per averla con
linee e colori, quasi dbei, resa visitale agli occhi stessi dia-
gli uoiniBÌ.
,^n>^.
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3S3
CAPITOLO IL
DoemneiUi coA editi cime inediti dai quali fu tratta Ai premUe
vita di Fra Giovanni Angelieo.
Innaim che prendiamo a descrivere là vita e le opere di fra
Gìaraiuii del Mugello, crediamo debito nostro additare i fonti
ai quali abbiamo attinte le notizie che lo riguardano; e dichia-
rare il metodo che abbiamo credalo seguitare, onde far paghi
i desiderii di coloro» i qnali di tanto nisigne dipintore bramano
conoscere la vita assai meglio che fino al presente non è stato
coQcedato; né consentono che si preterisca cosa alcuna la quale
possa fonie conoscere cosi T ingegno come Pintima natoraleh
bontà del cuora Nel metodo poi non è sperabile for paghi i
desiderii e le opinion! di tutti. Gondosiachè a taluni piacerebbe
una semplice e rapida narrazione, la quale solo additasse i pregi
artistici de" suoi dipinti, e le azioni principali della sua Tita. fi
sono altri per lo contrario i quali, di un artista la cui lode più
che neUa forma ò nel concetto, e éke non cura dilettere ma
si muoTere ed instruire, bramano in quella vece si renda nel
modo il più efficace ragione di qneUa piofboda emozione che
la Tista de^ suoi dipinti suole ovdinariamiBiite operare su l' animo
dei riguardanti; volendo il lettore quasi essere introdotto nei
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224 MEMORIE
segreti movimenti del cuore di lai , e provare alla lettura
della di lui vita quelle fioavi impressioni cbe la vista de' suoi
dipinti gli aveva altra flata prodotte. E noi d studieremo quan-
to dalla pocbeEza ddl' ingegno nostro ei sarà oouoedolo, far
paghi i desiderii dei primi senza intieraineate defraudare qaéOi
dei secondi.
Prima che Giorgio Vasari pubblicasse le sue vite dei pitto-
ri , scultori e architetti ( 1550 ] , tre religiosi Domenicani quasi
nel medesimo tempo avevano compendiosamente descritta quella
di fra Giovanni Angelico. D primo è fl P. Giovanni de' Tolo-
sani scrittore della cronaca del convento di s. Domenico di Fie-
sole, cbe» a quanto egli stesso afferma, le die coiBÌiiciameBto
Tanno 1516; cioè anni sessantuno dopo la niorte del pittore.
Ma costui fu cosi poco accurato e diligente nello scriverne la
vita, che, taciuto l'anno della nascita e della morte , si tenne
pago di darci cosi alla rinftisa un breve catalogo de' dipioti:
non trovandosi in qudla cronaca né una sola di quelle molte
farticolariti, che quarani'anni dopo ci diede Criorgio Vasm.
Non pertanto in questo manoscritto, wwetììA povero di critica
e di notizie, attingeremo alcuni tatti di narrile rilievo a bea
chiarire la vita di questo artefice. U secondo ò H P. Bobarto
UbaUiniy annalista del convento di s. Marco, del quale, come
del Tolosani , si è altrove parlato. Quando prendesse a scrìvere
i suoi annali lo narra ei slesso , e fa nel 1505 non avendoli
condotti, a quanto sembra, oUie il 1508; percioochè neg^ anni
sfeiccessiii il manoscritto si vede proseguito da altra mano. £
eerto però che sopnavisse nncota molti anni, essendo morto in
Siena li 3 gennaio 1584. Noi lo abbiamo inficato posteriormente
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UBIO II. GAP. n. S2S
al Toiosani pereìoocbò, oTe nelle notiae dd suo coBTODto è
più copioso e più eloquente scrittore^ dell' Angriieò» pènpiiè
ascritto al ooavenCo di Fiesole, non ha che una heere coninie*
morazkne. Teno ò il P. Leandro Alberti bolognese, storico t
geografo di qnd merito die lotti sanno. L'anno 1517 pabUM
in patria un Tdame di elogi latini degli uomini ilhistrì dell'or-
dine dei Predìcalorì; ma da due lettere che gli vanno innanzi
scrìtte all'autore da' suoi amici, la prima nd febbraio, e la
seconda nel marzo dell'anno 1516, rilevasi che erano stati
scrìtti alcuni anni prima. Fra questi elogi leggesi quello di fra
Giovanni Angdico. L'Alberti non è gran fatto più copioso del
Toiosani e dell' I}baldini; ma narra alcuna particolarità che si
legge nella vita che ne scrisse motti anni dopo il Vasari, e qud
che è veramente prezioso, il giorno e il mese della morte dd
pittore, ignorato da tutti gli storici dell'arte Ano al presente. Dopo
che il biografo aretino ebbe pubblicate le sue vite dei pittori,
scultori e ardìHetti, due altri religiosi Domenicani descrìssero bre-
vemente la vita, o solo favellarono per incidenza dell'Angelico, e
sono il P. SeraCno Razzi fiorentino, ed il P. Timoteo Bottonio pe-
rugino; il primo nella storia degli uomini illustri dell'Ordine, e in
qodla dei santi e de' be9ti; il secondo negli annali che manoscritti
si conservano in s. Domenico di Perugia. Ma il primo copiò il Va-
sari, e il secondo tradusse ciò che ne scrisse FUbaldini. Ninno dei
due aggiunge pertanto di una sola linea la vita scrittane dal pri-
mo istorico delle arti nostre (1). Rimane quindi a investigarsi di
(1) Due pMii cootemponnei airAofelico ci tesci&roo» oti loro Tersi
ooorau meaoria di lui. Il piimù è il P. li* Domenico da CoreHa dei
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aa MEMORIE
qaal guisa Gkxpo Vasari» cosi remolo dall'età di fra GioYami
Aagelioo, potesse narrarci tatti qoe'più miooti falli e delti di
kùy quando i due cromsli di Fiesde e ci a. Mareo » e Leandro Al-
berli obe non ne erano gran fallo lontani» serbano sihnào prò-
fondissimoT Qaesla dimanda pan» assai grave, dappoiché il
Predicatori y morto in s. M. NoTcIlt ore fa priore, li 27 ottobre 1483.
In un tao poema eroico. De Origine Urbis Ftorentiae, lo ricorda nei
termini tegnenti:
JngeUcus Pictor quam finxerat ante Johannes
Nomine, non Jotto, non Cimabue minor ec.
r. Tol. XII. DeUciae Eruditorum a pag. 111. £ come il P. Corolla an-
tecedentemente faTellara della miracoloia immagine dì Maria ■•. An-
nnnxiata nella chiesa dei Serti attrìboita da alcuni per errore a Pietro
Carallini } congettaia il cb. Rotini per qoetto detto del poeta yenitce
retUnraU daU'Angelioo. r. Sttr. toL V cap. Vili.
Il tecondo è Giovanni Santi da Urbino, pittore, padre dì Raftel-
lo, il quale in un tuo poema: « Dei ftUti ed imprese di Federico
Duca di Urbino, tcritto in terza rima, e tuttayia inedito nella Yatica«
na, ( n.® 1305) così avella del Fietolano;
Ma neW Italia in questa eth presente
Vi fu il degno Gentil da Fabriano
Giovan da Fiesole frate al bene ardente -j
E in medaglie ed in pittura il Pisano,
Frate Filippo e Francesco Peselli,
Domenico chiamato il Veneziano»
Giovanni Santi morì il 1 agotto 1494. — Y. P. Bl Luigi Pongileoni
« Elogio Storico di Giovofini Santi piuore e poeta, padre del gran
MélffaeUo da Urbino — Urbino per Vincenzo Guerrini 1822.
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UBRO II. GAP. U. 327
Vasari noD è uso a dtare autorità alcuna in oonrermazioQe delle
sue storie, nò ha gran lode di veritiero. Noi avendoci (propo-
sta e lungamente considerata questa difficoltà , siamo venuti in
questa opinione, che il biografo suddetto facesse tesoro ddle
tradizioni che intomo al pittore si erano mantenute cosi in Fie-
sole coaxi in Firenze ; e che a lui venissero fedelmente narrate
da quel frate Eustachio miniatore e converso del convento di
s. Marco, il quale, come nella vita di lui abbiamo scrìtto, molto
aiutò Q Vasari di notizie nella prima edizione dell'opera 'sua. Im-
perdocdiè avendo egli vestito V abito Domenicano per le mani di
ira Gerolamo Savonarola Tanno 1496, soli quarantuno dopo la
morte ddl'Angelioo, erane tuttayia cosi viva la memoria si
ddla vita die delle opere, da potersene risapere tutte quelle
partioolarità che a noi ftirono tramandate. E veramente questo
miniatore vissuto ben ottantre anni, dotato dì TeUcissinui ritentiva,
poteva narrare un lungo e importante periodo ddb storia 60*
rentina e di quella delle arti.
Dopo i scrittori della vita vengono alcuni documenti parÀH
rinvenuti nel passato secolo e nell'antecedente dal Baldinucd, e
dal P. Guglìehno della Valle. Gon queste notizie , giacché a noi di
maggiori non fu dato rinvenire , procederemo a scrivere la vita
del pittore fr. Giovanni Angelico.
ip-j Hn ■»
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CAPITOLO in. '
Oriffim ppalria^ ^ué^f frofe$9Ìme nkgiota di Fra aiava$mi
Angelico*
SLà iseedesa delle anlicbe DMoorìe, e FimpnNitiUidiiie di co-
loro ohe pretesero supplirvi con sogni e itMnanzi, cooAttero cosi
slrattamente k yìu dell' Angeboo, die Q porla io chiara luce, e
seeverare il vero dal probabSe e fl probabile dal Salso» non è oosa
di lieve raamBnÉa n Vasari Io disae di Fiesole» e ann che dia pa«
tria forse volle aoeenoare al ooDveoto ofve fece Imga dimora. U
P. Guf^idiiìo BarUdi sospettò in quella vece avesse sorliti i natali
in Firenze o ne' d' intomi (1). H eh. lioottiembert lo «ce del Mu*
gfBOf ma soggiiiilge ohe il Mugello ò un piccolo villaggio nelle
vicinanBe di Firenze (3). Non essendosi potuto rinvenire il cogno-
me di fsiHfgUa, giudicarono bene apporgUene uno a capricda
Cosi LoresEO Cantini, citando il Borgfaini» lo dice de' Montorsoli^
confondendo torse con strano errore frate Giovanoi Angiolo Mon*
torsoli servita » scultore egregio, e discepolo dd Buonarroti , con
(1) Istoria di i. Antonino, e de' suoi pia iUustri diseepoH, #V-
ren9e 1782 libr. Z cap. 2.
(2) Du Ftuìdalinme et du dukolidsMC don* V Art. V. Jppemd.
pag. 343.
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LIBRO 11. GAP. III. 229
il nostro pittore (1). Vem é ohe il Borgfiìiii oott ha dMHtiBedti que-
sto svarione* il Lmai 60ll'a«loritè delle N<yrdle Letterarie M-
r«mio 1773, affertua die al seodo fossa San$i To^ù Aglio hH ab
Midiele Ridolfo Tónni pittoro^ Ha frate Sanii Tosini nligiésò do-
mettieano del convento di Fiesole, piisBlino invehra, e idqoanto
▼eisatondla pittnra, nsOii in Rom pia A oentoeinqnaiil* aniti
dqio il beato Angelico (1668) (3). Finalnente il cik gif: Gioi^ndi
Masselli sospette si deooiaiiiiaSBé PbìH (3). Né naiiiore eseorttà fi
ritroya nel deteimibare l'anno del ano nascimento, intanloDbé
i Vasari stesso nella prima edi£i0iie lo stabilisce nd 1388; e netta
seixmda nd 1387. n Bn)€du lo pime intoni^
(1) Btruria Sacra. yoL 3.** aJl ii /ebbra jo.
(2) Storia Pittorica, Epoca ^} della Scuola Fiovenl. Di questo P.
Santi Tostni morto con grande opinione di «antità^ abbiamo una bio-
grafia non br^d nella cronaca MS. di u Domenicè di Fiesole» Credeti
aiutniae il padre a Mstaarare la miracolosa iaiBiagìne di Maria ss. An«-
BiuBiafa In Fire^a^
(3) Vedi le note alla ytta dell'Angelico di Giorgio Vasari , edii. di
Firenze del iZòX per Dai4d Panigli. I9el rifiblttM qdeAa congettura del
dotto illostiatore, il quale ei onora delb sua banavoleiisa, sentiamo il
dovere di mceomandare grandemente agli s(udk>si della storia dèlie aiti
qoesta adisione delle opere di Giorgio Vasari , eba egli arriocbi copbsa^
mente di noie, nelle quali si ammira la più svariata érudiaione «nita
ad una critica giudiziosa.
(4) G* M. BaOocBi , Detct*izÌone delia P^pintiìa Sèi Magella. Firenag
17iS un voL in 6^** a pag. 14.^^ Presso ebe tuiti questi errori ooa ag**
giunta di alcwn'akro, si trovano in un'opera receii temente pubblioaèa
in Pninda dal QÌg. Ipvolivo FoatòCL, de tjirt. «n Àliemag/te. Pmis 1B42
2 voi. in 8.« — voi 2 $ XVI— .
15
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S90 MEMORIE
Narrale breremeiite le Tarie opìnioai degU sloricr, ci sUidie-
remo chiarire eoa docnmeoti non dubbi i primi ami dell' artista.
Fra GioTanni Angelico» come Tu scritto ndk yila del fìratelto, sorti
ì natali presso Vicchio, forte e vago castello^ situato fra Diomiano
e Borgo a san Lorena) presso la Sieye , nella fertile e vasta pro-
vincia del MngeUo. Poche miglia discosto è Vespignano patria di
Giotto. Cosi ona stessa terra offeriva la colla al padre ddla sooola
pittorica ddl' Italia e ad uno tra i suoi più grandi seguaci, al let-
tore della natura e a quello 4d dda II CasleUo di ViccUo era
stato construito dalla republica fiorentina l' anno 1324 onde op-
pork). alla potenza dei conti Guidi, dopo aver loro atterrato l' an-
tico casleUo di Ampinana (1). L'anno del nascimento di fra Gio-
vanni, taciuto nelle due cronache di s. Domenico di Fiesole e di s.
Marco di Fnrenze, non che da Leandro Alberti, sarà da noi rico-
noschito il 1887, non avendo ragioni che basGno a rifiutare la
correzione che a sé stesso fece Giorgio Vasari. 11 padre suo Tu
Pietro; il cognome si i^ra (2). Al secolo chiamossi Guido o
(1) GiOTAvui VitLASi Cronache ficrent. lib. IX cap. 274.
(2) Per togliere qualunque dubbio che U cogaome deli' Angelico ooa
fotte Petri, batterà io credo ricordare come nella cronaca non tolo di
Fieaole, ma in quelle exiandio di t. Marco e di t. M. Novella » egeoe-
ralmente in queUe di tutti gli ordini Mendicanti, al nome del religioto
teguita immediatamente quello del genitore e dell' avo, o della pairia,
e tolo di rado dopo quelli il cognome. E per addumeun tolo etempio
fra mille, il ceL pittore fr. Bartolomeo della Porta» nella cronaca di t.
Marco è detto : fr. Bartholomeus PauU Jdcabi de Fioreniia» Ora Paolo
è il nome del padre , Giacomo , dell'avo; ne alcuno di quetti potrebbesi
togliere a tigniGcare il cognome di fìimiglia.
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UBRO U. GAP. lU. 231
Gaidoliiio; e all'autorità del Vasari si aggiange qndla del Baldi*
nuedy il qcude ne rioTeane tin prezioso dociuiieolot die a suo
tango darema Quello di Beato e di Angelico yennegli imposto dalla
feoeratioiie dei popdi* Se inftiori del miniatore fra BeoeciettO)
avesse altri fraleUi non ci è noto; e ddla condizione sua e della
agiatezza di sua famig^, non sap^mo cbe quanto ne scrisse
il primo storico delle ar(i nei termini seguenti: « Costui sebbene
arebbe potuto comodissimamente stare al secolo f ed oltre quello
cke avefxty gfiiadagnarsi eia che avesse vohUo con quelTarte che
ancor giovinetto benissimo far sapeva^ ec Dal die agevolmente
si deduce, che nei primi suoi anni apprendesse il disegno e gli
elementi ddla pittura; e perciò lasciato Viodiio si recasse io
Firenza Ignoriamo l'istitutore della sua giovinezza, e io tengo
indubitato prima sua occupazione essere stata àllumittare i o
did e i libri da coro, ndla quale opinione consentono il Vasari ,
fl Lanzi, ed il dnariss. piofess. Rosini. Imperdoechò, come ab-
biamo altrove awerlito, consueto tirocinio dei pittori di quella
età era appunto la miniatura per il bisogno di ornare le pre-
ddle o gradini dei quadri con piccole storie; elevandosi poi
gradatamente alle grandi proporzioni dd vero. E d piace in
prova di ciò arrecare 1* esempio di don Bartolon)30 della Gatta
monaco camaldoleoso; il quale dal tìnger di minio passò in ma-
tura età a trattar la grande pittura storica con esito relidssimo;
intantoché con Luca Signorelli da Cortona e con Pietro Perugi-
no Tu invitato a dipingere in Roma la cappella di Sisto IV Pon-
(eCce Massima Ma ddl' Angelico come miniatore basti quel
poco cbe per noi fti detto nel saggio dd miniatori DomenicauL
Nella pittura, giudicarono il Baldinucd ed il Rosini, avesse a
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fiOS U E H O R IS
maestro Gherardo Stanmia fiarenUno, pittore di gaio stile come
lo appella il Lanzi; ma oltre il sUenm dd Vasari, mi muove
fjrie a dubitame il sapere ^ che Gherardo passò non pochi anni
in Scagna, e reduce in patria vi mori nel 1403, qnando Gai-
doUno dd Magello contava soli 16 anni; età che appena con-
sente esaere ii^rodotti al magistero dell' arta Vero é che il
Baldinucci non fu indotto a credorlo discepolo dello Stamina,
che per certa somiglianza d^o stile die a Ini parve ravvisare
cosi nelTuno come nell'altro* Oò non pertanto merita seria
considerazione mia siCEstta q[Hmone; e ove avesse fòndameolo
di verità, si proverefbbe fadloMi^, ohe T Angelico fosse stalo
condiscepolo dì Masolino da Panìcde ed qnale ha neD' ombrare
e nel piegare dei panni non podii tratti di aflBnità; e farse
avvantaggiandolo Masolino negli anni, potrebbe avergli dati
eziandio esempi e consigli (1).
Era il nostro Guido di indole mite e soìave, e cosi squi-
sitamente gustava le bdlezze d<dla natura, che poteva per esse
facilmente elevarsi a qudle di un ordine snperiore. È neU' ac-
cordo mirabile degli esseri una poesia, una legge di amore,
un bello cosi fecondo di soavi emozioni, che é m^lio dato
sentirìo che esprimerlo, e sentirlo ed esprìmerlo è sol privile-
gio di podii. La pittura, Iiiguag^ eiDcace ed animatissimo, se
vuole associarsi airestasi4dk mente contemplatrioe, non ha m •
(l) Adottiamo la correzione proposta dal Baldiauoci nella cronolo-
gia di Masolino da Panicalè; perciocché segoìtando il Vasari, MasoHno
discepolo dello Stamina sarebbe nato fanno stesso in ciii moriva '*
maestro.
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LIBKO IL GAP. HI. 833
gtiarìdi gntodi iKiesEziiO di lofiiagarea^
paslo di tinle, e grwde artiftdo di ombre e di lumi; ma odia dol-
eeiza e varietà delle lipee» odi profilare dei yoUi,.iid sempMoe ed
iageauo alleggiare d^e persone, nel foggire o yelare ogaì «M^te,
reode solente uo qnsMie riflwo di qqdla aroaoa bellem e
di qaeQa arm^nia^ ^obe sparsa e dilPTusa in (otte le opere della
oreasioiie, si riy^ supremameirte ndl'aomo. Pitture eosi fiiUe
non sono certo per uondoi effomminati e parasiiìf ma di alto
e dilioato sentire^ Vedea il Mugellano non pochi artisti di quel
seoolo coat piacem ddla natura, ohe M ritraria in fnovano»
aspiravano a lode maggiore. Tutta gbria era nfd ioe^o aceo^
starsi a lei^ e nel renderne pà ftdslmente alcaioa beltaza; in
Ivere, flliidere 1 sensi qoaati^ alla pittura è oom^esso. La cpial
cosa a Gnido pareva n» pure stolta ma rea ; ooncio^iiicbè ve*
iiiva a porre 0 nteiao in hiogo del fine, e tee Tarta trastullo
e dBetto'di genie osiosa* l^U teoea p^ fermo poter ella Co-
vare assaissimo a qodla età fiirse quanto la eloquenza e la fi-
losoBa, od porle insana grandi lezioni morali e religiose. E di
fiSEitte lesioni abbisognava certamente il seoolo, e Firenze so-
pra molte città dolT Italia; perciocché l'ira delle fazioni ivi si
contaminava troppo sovente di sangue cittadino , i costumi tra-
boccavano nella ticenza, e la rdigione era fatta strumwto alle
ambizioni di mpHi, i quali in quello scisma funestissimo, ne
lacevaBO stra^ e vitupero per cupidigia di ricchezze e di onori-
Certo quando io ripenso aUe oondizioai delle scienze e dalle
lettere in Malia » e più a queUe dviU e p^ditpcbe. del secolo XV,
panni ohe a^i artisti fosse alBdato un nobilissimo ministero, il
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234 MEMORIE
quale, ove fosdero stati seguitati gH esempi dell' Angelìoo e i
consìgli del SaTonarola , pofea miglioraone grandemente le condì*
zìoni morali del popolo. Seguitando egU adonqne i bisogni éA
cuore e la voce del cielo, yotle abtiraccìare lo stato claostnile,
giudicando per esso meglio poter pascere il cuore e la mente
delle suMimi dolcezze deDa religìotte. CkmtaTa venti o al più ven^
tun'amio di età , e la sua educazione artistica, se non era compie-
ta, poteva essere a sufficienza inoltrata.
Sul pendio delf amena collina di Eleaole si gettavano le ìmh
damenta di un nuovo convento cH frati Predicatori. Correa voce
dovesse addivenire un asilo di santità , un ritiro di penitenza e di
orazione. Il beato Giovanni di Domenico Baccfaini, più noto sotto
il cognome di Dominici , religioso del convento di s. M. Novella ,
ne era il fiondatore. Voleva egli presentare un modello di liibrma
a tutti gli ordini daustrali grandemente scadati dall' antica osser-
vanza , per cagiobe della mortifera pestilena ed secolo prece-
dente, e per lo scisma che travagliava la chiesa. S. Antonino era
stato tra primi ad offerirsi al Dominici per abbracciare quella
riforma (1405); e dopo due anm to seguitarono i due Gralelli
del Mugello; i quali di fiori soavissimi venivano ad ornare qudla
restaurazione dell' ordine Domenicano. Si era dato conùnciamento
alla faUnrìca il primo giorno di marzo dell' anno 1406; e nd set-
tembre vi si eran chiusi quattordici religiosi , la più parte venuti
di Cortona , ove era altro convento riformato dal Dominici. Co-
stituito superiore di questa comunità il P. Marco di Venezia,
il beato Giovanni dovette lasciar Fiesole, inviato oratore ddla
repubblica fiorentina al Pontefice Gregorio XII; che ritenutolo
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LIBRO n. CAP. in. 235
presso dì sé» il toUe decorato ddla sacra porpora (1). L'anno
adniiqae 1407 si presentarono al P. Marco veneto GnidoUdo e il
fraldlo , chiedendo vestire Tabito di s. Domedco ; di che fiirono
tosto appagati. Giudico non-p^tanto venissero inviati a Cortona ,
come era avvenuto a s. Antonino e ad attri, non essendo ancora
il noviziato nel convento di Fiesole, il qnale era tuttavia an-
gusto e non fittilo. Fu pertanto maestro dei novizi dei due pi(*
tori il venerabile P. Lorenzo di ftipafratta, religioso santissimo,
qudl'istesBO die avea diretto s. Antonino, e dd quale il santo
Arcivescovo ci ha lasdatonno splendido elogio in «a sua let-
tera scritta ai padri Domeniottii di Pistoja, per seco loro condo-
lersi dcila perdita di qudlo spec(M) di ogni vMù (2). Che
ambedue i firatdli venissero ascritti al novero dei chierici e non
de* laici, è chiaramente indicato neUa cronaca fie^olana. A Guido
venne imposto il nome A fr. Giovanni , ed al minor firatello
(1) BfoDs. Jacopo Altoriti Domeoic. iretcoro di Pieiole, fino dal
giorno 9 novembre 1405 avea ceduto alquanto terreno per la fabbrica
del nuovo convento, ma l'atto di ceiaione non fu disteso che li 20 no-
vembre 1406. Fra le condizioni oravi, che I religiost fossero tenuti abi«
farvi dì continuo, almeno in numero dì tre; e se per cagione dì pesti»
lenta, ovvero per violenta usata loro avessero dovuto abbandonarlo, oes»
late queste, fossero tenuti dopo due mesi a ritornarvi sotto pena di
perdere ogni diritto su quel convento. V. Chronioa s. Dominiei de F0-
Mtdis, fol. 2.
(2) Quetta lettere è del 1.^ ottobre 1456* V. f^iia di s. Antonino,
del P. Domvioo MàocàtAin, un voi. in 16. Yenesia 1709 libr. V. cap^
IVpag. 326.
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236 MEMORIE
quello 41 fr. A^oed^cta (1). L'oimo 1406 emiiafo i yoti sofam;
ed è assai veroaHaUe obe tosto faoei6en> ritoma al ^prio eoiH
yealo di % Dowcmìo di Fiescde. Quivi fi aUitsem con fiirte e
3aDla acBÌci9a al glorìoao saMU^ Aaioonw) , il quale li ricambia
di pari aSello, e di pari «stìmaaone (2).
Non era forse decorai xm abud 4a. ehe i due dipiatort ai
trovavano in Fiesole, che 1« (enapeila delle diacoi^ie polidehe e
religiose , ond'era fieramenfe agkata ki chiesa e la socMà , veane
a turbare la pace della loro solitiidiiìe. La vepahUioa fiorenti^
na Gnu a quel tempo si era mantenuta nell' ehbidienxa àA Poar
teOqe Gregorio XII; al quale» tomb fti scritto, aveva iavialD
oratore il bei^ Già Domioioi ranno i406« Se jito ohe il giono
2$ gennaio 1400, seiollasì eoa atto solenne da ogni saddiianu
vensQ il medesimo, prolestoasi voler solo aderire al prossima
concilio di Pisa, e seguilare qpel VoaHefioe, che dallo sle^^
fosse stato eletto e riconosciuto. Datosi pertanto cominciamento
al sinodo il giorno 25 marzo di detto anno, deposti nel 5 di
(t) Cronacm tsoin^* j. Domimei de F€»uk4 , £9!. 07 « tecgo.
« 1407; Fr. Jb«nii«# Petìi de Mt^gelh iu^tm Vichium» Qptimm pi-
otar, qui imtiuu taktilMS et parieUf wt dwerMÌ$ todt pùupitf «c«4|pil
hmbuwn cier*io9twu in hòc eomnéiuu et tùquenti mim»fieit prò*
fh^iionem-
(3) Qkr» r aoMcisla di 8« Atitonìno 0 d«l yen. P. Ldrenio 4« Bi**
pafratU, fra Gio?annì Angelico potè aver goduta quella del htnX» Pi^
tra Capiteci > del batto AalfOnio (^rot, M beate Coita^M da Fabria-
no, i quali dimoraroQg iotoroo a qual tempo nel conv. di a. 1>oniQoioo
di Cortona.
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UBRQ a CAP. ni. 887
giagno i due competitori BeMelto Xm, e Gregorio XII; 9
26 di quello stesso mese era stato loro «irrogato flr. Pietro Fi-
largo deU' ordine dei Minori col ooioe di Alessandro V. Questa
delOTxunazioQe in luogo di estinguere lo scisma non fiioe ohe
renderlo peggkvet aggiuagoado un Vma m due pontefici ri^
cordati; i quali, CoUmuandosi a vicenda con tevribiU iwajediaio-
ni, cercando fautori e seguito di cUerici^ A prelati e di prin-
cipi, portarono la face della discordia là ove la paoee Tamore
dovrebbe avere il suo santuario e il suo propagaaado. La re-
pubUica fiorentina, ed il generale da Predicatori, che di qud
tempo era fr. Toinmaso di Fermo, avevano giurata ubbidienza
ad Alessandro V ; ma i rdigiosi del convento di s. Domenico
di Kesole. let eonvinGimenla e per le persuasioui del Diami*
vàà, che seguitava le parti di Gregorio XII, si mantennero
farmi ndla devozione di questo. Il superiore ddl'Ordine si
provò con preghiere e con minacce di scuotere e vincere la
loro costanza; ma persistendo essi nell'ostinato rifiuto, fece
condur prigione in Firenze il P. Antonio di Ifilaoo, priore del
convento di Fic8^ Delia quale vicdenaa i nligioBi meritamente
indignati, vennero tutti neUa ferma ed unanime deliberatone,
di abbandonare piuttosto quel caro soggiorno, anziché tradire
la kno coscienia ; e di cercare in terra straniera qdeBa libertà e
qodla pace, die dalla tristizia dei tempi e degli uomini non era
loro consentita sulla terra natale. E perchè Ck)rtoira stessa non
ofieriva sicuro ricovero , sendo oppugnata dalle armi di Ladislao
re di Napoli (30 giugno 1409] ; vennero in questo consiglio, di
abbandonare nel bel mezzo della notte il convento di s. Domeni-
co di Fiesole, e dalle tenebre e dal silenzio protetti ricoverare
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238 MEMORIE
sugli stati del la chiesa , e nella dita di Foligno , la quale ade-
riva alla parte di Gregorio XIL Come avevano deliberato cosi
fecero; e precedendogli il P. Antonio dì Milano, tutti, che
erano forse piò che venti, giunsero felicemente a qudla città
deir Umbria (a) . Quivi tosto si unirono ai loro confratelli del
convento di s. Domenico, dai quali fhrono con quella umanità
ricevuti che richiedeva la loro virtù (1). Ma parziali dimostra-
sdora di affetto ebbero da mons. Federico Freni vescovo ddla
città, religioso ddlo stesso instituto, e celebre rimatore de' suoi
tempi (2).
Questo fhtto ignorato da tutti gli storici, i quali scrissero
di s. Antomno e dell' Angdico , parci dHTondere nuova luce in-
tomo la vita e le opere di questo pittore , e ci invita ad al-
cune importanti riflessioni.
(1) Avrertiamo, che cooceduto 1* Angelico e il fratello ti troya^
aero tuttavia in Cortona quando i religiosi di Pieaole abbandonarono
il loro con?enlo, allora fi deve stabilire la loro dimora in Cortona dal
1407 (Ino al 1418 > che è a dire undici anni consecutivi
(2) Egli è autore di un poema in teraa rima, coi piacque d^ impor-
re il nome di Quatriregnio, ossia del regno dell* Amore , di Lucifero,
dei Vili e delle YiKli. Fu pubblicato la prima volta in Yeneaia nel
1515. Venne scritto ^ secondo il Tiraboschi^ « a imitazione di Dante, a cui
benché sia ben lungi daU* essergli uguale, si può dire però, che non
infelicemente tien dietro. » V. Storia della Letterat. Ital. yol. V p. 2.*
libr. 111 $ 54 e voi. VI p. 3.* lìbr. Ut $ 3. Il Frexzi mori al Concilio
di Costanza l'anno 1416.
(a) V. Documento (IV) in fine del tH>lume.
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UBRO n. CAP. m. 330
Sono akmii fra i moderni, scrittori deBo arti cosi presll aDe
beiletze, certamente soUSmi, della scuola pittorica ddrDmhriaV
che nella loro ammirazione mi parraro soTente trapassare i
confini del vero. Gonciosiacèè immaginarono che da qnei monti
sofigesse mia eletta schiera di pittori , ai qnali toccasse in sorte
ridestare in tutta Itiffia la semispenta poesia dell'arte; non
uYCÈióo vaoù scrittore dei nostri giorni» per lo qnrie noi profes-
Àmo grandissfana estimazione^ dubitato di asserire, che € fa
poesia delfarte era moria per Mio; per iuito f\»orrhè m una
sdwggia reiia delT Appennino. fVa h erme fòreete, fra % gio-
^ eeoeceei^ ore U Serafico altana preci alF Etemo fperehi
icmdeue pieioào nel euore dei diseidenH fratelli; fra i menH
delf Umbria^ een^ice^ modesta^ solitaria una eeiwla piUorioa
si mUrim di sMimi iiiepiramnif e solo tMlaoa rimbdlire la
forma » perchè meglio ma^rasee t aUexxa dei eoneetH. Ecco
sorgere per essa Gentile da Fabriano ^ il bealo Angetieo^ Be-
nozso CfosxoU^ Lorenzo di Credit il Perugino^ il PmiìÈricchiOf
e finalmente Raffaello » (1). Or come questo non hrere* soggior-
no ddl' AngeliGO in Foligno può condurre ì segnaci di queAla
opinione a dedoaonf non yere o esagerate, non y<^[fianio omet-
tere di foie esservare; che ae nelT Umbria nei primi dd secolo
XVtSi era cedl'epera M miniatori educata una scuola pìlloriDa di
qualche merito, non era però tale a mio avviso, che potesse per
la copiaevalore de'sooi artefici contendere con la fiorentina, con
la sanese, né con la bolognese eziandio; che se poesia dell' ar-
(1 j SuU' Sduetaione del Pittore storico odierno Italiano. Pemùeri
di Fimo Snvimoo. Padova 18i2 aa foL 8.^ p. 3.* pag. 334.
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340 V B M O ft 1 E
te» «OBlto devoto, Mlena di immaciiM è ixm dato dwdarare ,
noQ so quale pìttope ddl'Undnla potMse ia questi pregi, noa
dirò vincere, ma pareggiare gli antichi pittori toscatù, Giotto, il
JMenmi» il Gaddì, Spioelk^ Pietro Cavallioi, ec. Taeto vero die at-
lora quando si diiedooo i nomi dei campioni di quella scuola
educata e cresciuta so i monti degli Apperanu, in kio^o ^ Niiai,
di Giovanni Bonini di Assisi, di Lello pemgino, di Francesco Tio
di Fabriano, e di altri oscuri pittori ricordali dal Lano , si oita-
no il bealo Angelico, Benozio GoaoU, l^retuo di Credi, die
Sìono fiorentini, e si informarono all'arte in patria solfe opere
meravigliose dei giotteschi ohe gli avevano preceduti; e lo stesso
G^le da Fabriano, meglio che idtrove, si perfemoò neHa
Toscana e sotto 1* Angdico* Né io ho mai potuto persoadermi
come, essendo sn qne' monti e fra quelle foieste una scuola
cotanto insigne, e vdendosi abbellire il tmnpio di s. Fraooaaeo
di AseiA (xm rari dipinti , in luogo dei pittori ddr Umbria ^ si
invìCassero dopo i Gred, Gimaboe, Gbtio, il Memmi, il Cad-
di, eo« i quaV apparteaevaoD alla scuola toscana. Che se, ocune
é Vffosimile, qudle parole: la poesia idParU era wwria per
Uié$Q^ vogUonsi riCmre ai (empi che il nahiroiitmo di Masaodo e
del Lippi avea preao a dominar Y arte hi Firoue ; non pertanto,
se rimanevano tuttavia in qudla capitale TAi^lico, fienoso,
Loreanr di Credi, ed altri, non potea dicri, che iri ealtrove hseo
morta la poesia dell'arie, quando per essi appwito, t con essi
solo vìveva. Pochi sono al parodi ed casi presi da venerazione per
gli illustri sostenitori delFartc cristiana , alla cui opera generosa
sempre faranno eco tutti i ealdi amatori dell'arte e della reli-
gione, e di buon grado coglianio qui il destro per porgere d me-
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UBRO U. GAP. IH. 241
desimi le più sincere oongratolazioni ; ma abbiamo nd tempo
slesso Toloto acoenoare come m sempve pericoloso ndla storia
trapassare i coofini segnati dalla severità della crìtica (1).
(1) Assai più rìaerbato ci sembra il sig. A. P. Rio, il quale si re-
strioge a parlare della sola scuola mistica. V. Poesie Chrétienne, pag.
168 e 169. Altrove poi aon nega , che la scuola fiorentina e la sanese non
ÌQTÌassero salle montagne dell'Umbria piccole colonie, o a meglio dire, i
pia bei fiori delle due scuole, V. pag. 209.
I iti m
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242 MEMORIE
CAPITOLO IV.
Prime opere deir Angelico m Foligno ed in Cortona.
H profughi fiesolani ricoveratisi, come siam yeuuti narrando, in
Foligno, e concedato loro dal yesoovo Freod quel convento di
s. Domenico, si diedero primamente ogni sollecitodine per ivi
propagginare quel severo regime di vita , e tutte quelle daustrali
osservanze, che fl beato Giovanni Dominici avea piantato e coltivato
nell'altro di Fiesole. S. Antonino passò a reggere i conventi ddla
provincia romana e del regno di Napoli ; e fra Giovanni Ange-
lico prese fi bel nuovo a dipingere, per satisfare ai bisogni dd
cuore , il quale chiedeva con qualdie opera signiGcare quel fuoco
di santi aSetti che dentro gii ardea , essendo la pittura per Ini ,
come bene scrissero Montalembert e Rio , la sua pre^iera or*
dinaria , ed un suo modo di sollevare a Di j la mente ed il cuora
Fu detto che Dante nella cantica del Paradiso sposasse all'ar-
monia del verso la dottrina di 9. Tommaso di Aquino; io ag-
giungerei volentieri , che V Angelico incarnò e colori i concetti
ddr uno e deir altro. E quanta sia veramente la rispondenza di
questi tre grandi italiani nelle teorie del soprannaturale, e nelle
immagini con le quali vollero rivestirie, ben si pare tosto che pon-
gansi a riscontro gli scritti di quelli con i dipinti di questo. Aveva
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LIBRO IL GAP. IV. 243
la primitiva scuola mistica bolognese racchiusi entro si an-
gosti conGni gli aigomenti delle sue artistiche produzioni, che
Simone si tcnea pago a dipingere soli roci fis^, e Vitale non
usciva dd consueto argomento delle lUadonne. L' Àngdico nutrito
alla poetica e immaginosa scuola di Giotto, di Spinello, del
Memmi, ec abbracciò tutta la storia del vecchio Testamento,
e vi aggiunse per soprappiii a quando a quando un saggio di
pittura Leggendaria, neDa quale vinse a mio avviso tutti che lo
avevano preceduto. Avendo alla religione consecrato la vita e
l'ingegno, si propose fedelmente osservare i severi canoni del-
l'arte cristiana, e tutte le tradizioni della scuola di Giotto,
ddla quale ei fti, direi quasi, F ultimo Gore. Quindi non fu mai
ch'ei contaminasse il suo pennello eoa argomenti profani , facen-
dolo in quella vece, come la parola evangelica, mezzo di per-
fezionamento 'morale e religioso.
Opere certe di questo tempo non abbiamo, ma parci assai
ragionevole il credere, che nella sua dimora in Foligno pren-
desse a dipingere la tavola della cappella di s. Niccolò dd Gui-
dalotti per la chiesa di s. Domenico di Perugia, che tuttavia rì-
iqane; sembrandomi doverla annoverare fra le prime cose che
ei facesse in gioventù; perciocché più che in altra vi si scorgono
la maniera e gli andari dei giotteschi. 11 cav. Rio la giudicò
eseguita nel ritomo dell'Angelico da Roma riconducendosi in
patria per la via di Perugia (!]. Ha noi ignoriamo se, ec-
cettuati i tre soli mesi che fermossi in Orvieto l'anno 1147
(1) Poesie Chrétienne, chap. VI pag. 199r
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244 MEMORIE
dopo essersi recato ai servigi di Eugeaio lY, dm! più lasciasse Ro-
ma , ove chiuse i suoi gionii. Né più Terosimìie panni Fopinìo-
ne del P. Timoteo Bottonìo, il quate scrive, che «f la colorisse
nd 1437 (1) ; nel qtial tempo fra Gioyatioi Angelico era in FI-
reoze, ove darasi eonunciamento ai restauri della chiesa di sl
Marco y e alla faUirìca del nuovo convento, che egli adomò dR
qne' tanti e meravigliosi a fresohl. Questa tavola , al presente nella
cappella di s. Orsola, dovea ccmie le altm ddlo stesso jiiltore,
avere forma ph^midale, ed ^a* divisa hi tre compartimenti
quasi snlla foggia dei tritici , con uno o tre cuspidi nella som*
mità, ed un gradino ndla parte inrerìore: il tutto poi diiuso
da una ricca cornice hitagfiata , entro i vani della quale erano
dipinte molte graziose figurine di santi , in quella guisa che la oo-
Idme deposizione di croce dello stesso autore nella galforia d^
fiorentina Accademia del disegno. Giudicandone dalle parti cho
abbiamo, era composta di questa guisa. Sopra un fondo cforo
ritrasse la Beata Vergine seduta in trono, e avente il divino sno
figlio su i ginocchi. Due angioli le sono ai Iati, e portano cane-
stri di fiori , dai quali il bambino sembra aver tolta una rosa che
ei tiene nella destra. Dappiedi del trono sono alcuni alberdli con
rose blandie e rosse. Grazioso concetto, che l'artista ripetè poscia in
Cortona e altrove. La Veipne lieta della sua maternità sorride
al caro frutto delle sue viscere; e parci nobile e gentile, sopra
molti che egli fece, il tipo della medesima , essend jvi tutta quel-
la oòesta bellezza e grazia dìcentesi alla madre del figliuolo
di Dio. Debole alquanto mi parve il disegno del nudo nel
(1) AnnflU MSS. toI. V pag. il
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UBRO IL GAP. IV. 345
baaUDO, omie ncgB alugioli. Né è più ooDoedoto aHHnirare rini
parliti 41 pieghe mi manto della Vergine^ ptetìbè guasto noo so
sB dai ritoaefai o daBe k^porie dd itsofo. Nei ibie oomparti*
mMÌti latoraU» ebe or soo ditfsi , erano qtiattro figore, .due a
deAa e due a maliea; e solo s. Giofanni fl Bidlista, e s. Ca*
lerioa y. e li, s. DoinoàicD e s. Mioixriò» tutte war oot linea
seeoodo Tuo éà giottodU ; e ae ne eoosUoi fone la saoonda
di queste fignre, le alire sono totte keHissiiDe» e oMdoCte eoa
grande amore e dtKgOBza. Ib eertanmte BaeraffgHeao eea fl
gradino del quadro nedesimo, oire S pittore ritfaa» tre storie
ddla vita di 8* Nioecdò, éelle qàaB nna sòia ò rimasta, essen^
do io albie dne m Scun al ViAieano (1). Qocsta ohe è Ititlo*
ra nella chiesa di a. Domenioo' di P6ragia«snlla porla màggion
idla saoristia, è divisa in dne eompÉrtimenti; inoBodeicpialf
è fl aanlo Tescoro ohe campa dalla morte i tre imnoenti ghv
Tsnelti, i qnaB bosdali gli oechi, sbno in atto A attendere la
score dd carnefice; ft pqoolo accorso a quella spettaoolo scm-
Inra fMnore iùsienie e trepidare ; se non che fl sarato apparso
ìoproTTiso, trattiene fl ferro deU'necisore, e li salrà. HcBl' al-
tro fece fl fimere del santo, e lo dipinse disfieso sul fentro 4it^
oondato da poveri , da monaci e da femmioe, tutti attcggiati4H
Tivo dolore; ma ciò die maggiormente commuove sono i due
giovinetti accolili, i quali m^ potendo rattenere le lagrime^ uno
di essi si terge gli occhi coli' estremità ddla veste. Nella parte
(i) Kdis prima mU «{«Ha sftUerìa dd Taticsoo, due Uvole con tré
ttoric dd saoto^ doò la iiafciu , k prcdicaiiìcme e ì miracoli. "?. Vasi c
NiBiy Itinerario di Boma 1830.
16
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246 MEMORIE
superiore dello Steno oompartìmento vederi l'anima del santo
dagli angioli condotta in cielo. Fra le cose dalFAngeSco con-
dotte sulla foggia dei miniatori, qoesta parmi aver luogo di-
stinto, essendo qnelle care fignrine condotte con bnon disegno^
e con nna allegreoa di colori molto TagU. La cornice che ador-
nara il qfuadro (ora divisa in dodici peas, aventi ognono una
piccola flgura) può yederri intomo la stessa porta ddla sacri-
stia ; e sebbene vi siano molti pregi , non pertanto a chi ha ve-
duto quella rarissima deUa deposizione di croce in Fireme non
sembrerà fra le cose migiori di hn. A compiere Y intiero qua-
dro mancherebbero i cuspidi della parte scqMriore; e pnobabil-
menle tacevano parte dei medesimi le due tavoleCle neia stessa
sacristia, le quali sopra un fondo d'oro hanno la figura ddla
Vergine annunaata^ e PAngiolo Gabriele (1). Mi parvero dello
stesso pittore, ma non oserd accertarlo. A far poi manifesto
Terrore del Mariotti, che le storie e le figure da noi descritte
attribuisce a Gentile da Fabriano, basterà a mio avriso il sa-
pere, che le medesime si trovano pia e più volle ripetute ne-
gli altri dipinti di fra Giovanni Angelico; essendo propria con-
suetudine di questo pitt<w«, di non variare gianunai i tipi ddle
aue immagini, ohe cento volte ripetuti sono sempre gli stessi
(1) Sono nel luogo medesimo due UTolellei dello ttetso argomeoto,
ma di assai diverso pittore, n^ppresentanti ambedue b Vergine an-
Quniiata dall' Angelo. È rimarchevole la pib antica di ignoto , nelb
quale lo Spirito Santo in foraw di colomba , tieoe nel rostro il feto del
Verbo divino ; errore che ki rìn?ennlo eiisndio in Pistoja in un antico
Yftro dipinto.
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UBRO II. GAP. IT. "MI
La iaoga espeatksaa cbe abbmino di queito artefice non ci la-
scia 1^ modo aleoBO dubitarne. A tutto eie agigfiongiaino Vaè-
lorità graYisriina del P. TioMteo Bottooio cronista del convento di
Perogia dal quale veniàiBoaceertati, che lo stesso pittore^ non pu-
re colori la tavola della cappella de'Gnidalotti, ma ezianifib
quella del maggiore altare d^'attdea chiesa di s. Domenico:
la quale nei tempi iMl' Aonafìsta ^ cioè nel ISTO/vedevasI tut-
tavia (1). Col BoUonio consente il eh. prof. Rosini (2).
Se per A suo convento di Foligno o per altri deirUnriirìa
l'Angelico operasse alcuna cosa, non ci è noto; come non d è
noto il tempo che durò qud suo volontario esilio dalla Tosca-
na. E abbenchò la cronaca di Fiesole affermi che fu di molli
anni, non pertanto giudico probrtNle che non Ibsse maiggiore
di quattro. Nel tamme dei quali manifestatasi la pestilenia hi
F<%no,^ spento U priore e non pochi religiosi del convento di
s. DoQMaicOy venne meno quel severo regime dì vita che eravi
stato da loro stabilito. Ck)asoeto efiEètto di questo terribile fiagd-
lo. Frattanto avea eziandio cessato dì vivere in Bologna il Pon-
teOce Alessandro Y, e óùpo tre anni (1413) in Genova M P.
Tommaso di Fermo maestro generale ddl'Ordine ; il quale ,
(1) Jmud» loc cit. — Fr. Ammtivq Gpfoocci, Memoria d^è convento
di s* Donunieo tU Perugia , compilate l'anno i 706 un toI. in 8.* MS.
^128 pag. 59 ( Arch« dì •. Domenico ) ^^ Deamùone Storica delia
Mesa di «. Domenico di Perugia, un vot in 8.^ Perugia 1778 y. pag. 21.
(2) Storia della Pittura, ec. yoI. 5.*^ Epoca 2. *cap. 2.^' noU 30.
Qaesta lavokt porlaia in Parigi nella invasione dei Francesi ^ nella
pace generale venne restituita &' suoi primi possesaori.
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248 MEMORIE
dalFoppoBÌziocie trorata nei suoi religiod di molla parte d'Ita-
lia f aTea amia esperienza dd quanto malagovole àti oostriDgeve
le oofidenze con modi vioienlL Maaeate pertanto le cagiom dal
lìmore; e iwosi lo stare in Foligno o pericoloso o moleslOy ri-
destossi in toui tìtìssìiiio Q desiderio d^F amena oollioa di Fie-
sole Se non che quel oonTemo del firali Predioalori era venato
in potere del vescovo per le cagioni di sopra indicala (l)»Senh
bra pertanto si recassero dapprima in Cortona, ed ivi si ado*
perassero con caldi nfBd presso il cardinale Domimi per ria*
vare l'antico lor domicilia Tutto ciò dovette accadere intocno
al 1414 (2).
GoUocberemo pertanto entro questo perìodo di tempo qua
dipinti di fira Giovanni che possiede Cortona» non potendosi ra-
gionevolmente credere operati dorante i severi eserdij del no-
vizialo.
Snll'e^beriore facciata ddla chiesa di s. OomenicOt nell'ar-
coccio sulla porta di ingresso, c(dori a buon fresco la B. V* col
figlio in famccio, e a destra e a sioisUra s. Domenico e s. Pie-
tro martire in atto A adorazione. Ndla vcAta fece i quattro evaih
gdisti. Questo dipinto, malgrado i danni arrecativi dalla pìogpa
(1) V. pag. 235 in nota.
(2) Le ragioni che mi tnuoTono a coti credere sono, cke allora-
quando i religioai Domenkani della Googre^ztone rUbrmata oUenoere
Bvoyanenle il convento di a. Domenico di Fieaole^ ri vennero indabi»
tatamente di Cortona e non di Foligno, come narra la Cronaca. B vo«
lendo ragione che si creda esservi stati restitoit! qvetti oIm vi erano già
innanzi affigliati, parali giusto il dirs^ che questi, da alcun tempo
lasciato Foligno, si fossero i«cati In Cortona.
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UBR0 U. GAP. IV. 249
e dal sole pdcMii^disoj^qiiiltroeentoaniiiyiiiantiem tnttaria
ttoUa Aeschen di colore, e certa doarìtà di penneUo, che to-
sto fitela FABgdioo. ila ^ evan^jdbti perchè nutfjlìò difesi,
SODO iieniosiaìO eonser?ati« Per la stessa chiesa fece due graodi
larok, deHefdaHiiiiasdaèrkiias(a;eraltracolgradiiìoddla
fhmk Tcotie recitfa nell'oratorio del Gesù presso la cattedrale
Qodla cbò è tutlord lù è. Donleiiico ndb cappella laterale al
maggiore altare, iik qualche gaisa paio dirsi tua replica ddl'd-
tra di 8* Domenico di Peragia che abbiamo descriUa; ma la Yin-
ce di tanto a rnksf avviso nel disegno e nel colove;che io non A&-
liitodoversicdlocareiralenìiglioricherAngeliooEatcesse. Ritrasse
pertanto in pia gran dimeaiione la B. V. sedala in trono, co^
me era usato rappresentarla, tenendo sni ginocchi il bambino
Gesù che ha nella destra nna rosa. Vi sono gli angiott con i
coDsneti canestri difiori, egli alberelli o anfore appiè del trono. Alla
destra di Nostra Donna, sopra nna stessa linea, sono s. Gio. il
Battista e s. Gio. l'Evangdista. Alla ministra s. Maria Maddde*
na e s. Marco. E come qnesta tavola ha ndl' estremità superio^
re forma di sesto acato; tiene nd vertice in assai piccole di*
meosioni, un Gesù Crocifisso, e dai lati la B. V. e s. Giova»-
m; e nei due aiigoU del triangolo^ di maggkife grandezza , due
tendini» in uno dei qnaU è l'Angelo Gabrìde,endr altro la Ver- -
giaeAnaimziata. In breve trovi qui con leggerissima varietà!» stesM
so concetto die abbiamo ravvisata nella tavola pemgina. Più
veHe ripetè qocstn stesso argomento in tavola ed ia fresco, in
Fireosie ed altróve, con aggianta (fi altre figure; ma poche volte
raggiunse la perfezione di questa nd piegare dei panni, ndFom*
brare, nella gratia e bellezza delle figure. A questa stessa
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230 MEMORIE
tavola apparteneva probabiimeiite quel gradino isloriato del fatti
deUa vita di s. Domenico, che or vede» nefla chiesa del Gesè.
Se il lettore ha visitata Bcdogna, ed ha per sorte vedale le
sculture che adomano il sepolcro del santo fondalore dell'Or-
dine dei Predicatori, potrà accorgersi di leggieri come una stes-
sa iosphrazione, un concetto medesimq^ , guidassero lo scalpella
di Niccola pisano, di fra Guglielmo, di Alfonso LonAardi, e il
pennello di frate Giovanni Angdipo, gareggiando a vicenda di
grazia , di poesia e di verità. In sei compartimenti ritrasse otto
fatti della vita del santo Patriarca, e a quando a quando fira
gli uni e gli altri , quasi episodj di quella epopea , pose alcu-
ne graziose figurine di santi, le quali, anziché violare Funità del
soggetto, accrescono bellezza e deooro allMntiera composizione.
Primo è un s. Pietro martire, cui la ferita del capo e dd pet-
to dice oome egli ponesse generosamente la vita per la fede di
G. C. Seguita il compartimento nel quale fece due storie; la pri-
ma é la visione di Onorio DI Pontefice Massimo, quando data
ripulsa al santo fondatore di approvare il novello Instituto, par-
vegli in sogno vedere rovinosa e cadente la basilica di s^ Gio-
vanni in Laterano, e s. Domenico che iacea prova di regger-
la e sostenerla; la seconda è rincontro di s^ Domenico con s.
Francesco; i quali oonosciutìsi pe^ celeste rivelazione, prostrati
in ginocchio per riverenza Y uno ddl' altro , si abbracciano le-
ramente. Seguita il secondo compartimento , sicoome il primo,
in due parti diviso ; delle quali qudla innanzi, mostra la povera celia ;
e quella che segue, l'oratorio delsanto; ambedue disegnate con
bellissima prospettiva. Vedi in questo oratorio s. Domenico prostrato
nanti all'altare e levato in altissima contemplazione, nella qua-
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UBBO IL OAP. iV. aSl
le apparsi gli ApotloH Pietto e Paolo» gli eoasagnano il Mfaro
degli evangelj ed il bastone, inyiaiidoto ad evaogaliaiare i po-
poli e le musoni I?i sonunamenle mi diletta la figura di nn finn
tioello, il quale forse ai oentsi del santo dove&do partirsi^ pwé
da naturale coriosità soepinto, si rivolge in sul limitare ddh
odia a saggnardane qtidla winiiie apparizione. Vien quindi aoa
Mia figurina di s. llichde Arcangelo, svelta, leggera , grano-
sissma. Nel terso compartimento sono ngualmcate due storie.
Ndla prima fece a. DoBienieo die fisputa pon gU erotici Albi-
gesi ; nella seconda lo sperimento 4el fuoco ; quando atendo co-
steo proposto di gìttare neie fiamme il codice dell' errore e
quello ddla yerità, onde fyr prova quale dei due sarebbe rispet-
tato, con loro meraviglia e stupore redouo ardere il proprio, e ri-
manere illeso qoello dd santo. Nel ritrarre il miracolo operalo in
Roma da s. Domemco richiamando da morte a vita 3 giovine I^bh
poleone, seguitò fedelmente il concetto di Niccda pisano, po-
nendo presso restinto la madbre desdélìssima , cbe richiede in-
slantemcnte al santo la vita dd ù^a Segnka la figura di un
martire, quanto mai po6 dirsi bellissima. -^Ignoro pèró il sog-
getto. Egli è, a quank) mostra la dalmatica , mi santo diacono,
al quale per luAfa fune pende dal collo una mola pesantissima ;
accennando cosi al modo dd suo martirio. Una sola storia fece
nel compartimento che gli succede, ove espresse il santo fon-
datore seduto a mensa con i suoi frati, e gli Aqgioli che loro
portano il pane. Nell'ultimo colori la morte del santo Patriar-
ca, nella quale a mio avviso vinse tutte le storie preoedenti. Già
Tanima santissima è stata dagli Angioli portala in seno all'E-
terna Grcondano l'esanime spoglia i figU dolentissimi; dd quali
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23SL MEMORIE
alOBni beoiatMv al santo le anni; alivi solkfiM ai cielo le pat
me; chi imnobìle per il dolora afltoa lo sguardo mUe amale
scmbianae; e vi ba cMnoa poleiido frenare le lagrime» ooHeiB^
bo della vesle si (erge gli eceUi Goaa Tcramente di sua naia*
ra, e per esser ialta nella maniera che eDa è, da teraar Tira
la pielà dove ella Cosse bea moria. CUode 'A prascnto gradmo
una graziosa figurina di & Tommaso <H Aquiaou Le quali storie
oondoite éon hnoa disegno e vago cokritOy hanno lode enaiidio
di una oara mgcamlày e di una eridcaia maravigliosa.
La tavola ddlo stelo pìUaro^ che daDa ohiesa dd au Oi^
dine passò bi qoéHa dèi Geeà, è mia AaBnanaziade deHa Benta
Vei{^, argomento del quale mellD pìa^evasi firn GsovaooL R
dove nell'efligiare gi altri santi , come aUiMamo altrove avvertito,
«Knleoeva sempre i tipi medesimi^ m quello deHa Veirglne e
degli AngioE, è sempre vario, e sempee gramso. laiperdoeohè
sefabepe lasd denna fiata desiderio di più corretto disegno, né
visi ammiri quella fermeaza nd dioflomare proprio de' grandi
maestri ; ninno al paro di Ini saprebbe non pertanto imprimere
so. quei volti Fidea di una suprema virtù, e di utoa wgeHoa pu»
rità (1). La prcsenle non é per oerio k pie perfetta, ma non
è meno devota drile altra Noi non prenderemo a descriverh
(1) Mi piace osservare^ come nelle Bguredi nostra Donna colorite da fr.
Giovanni Angelico, ti ouenrano sempre due direni modi di effigiarla. Goa-
ciosiachè quelle che la rappresentano già glorificata sono pììi beOe e pib
celestiali delle altre, che la rappresentano tolta via vivente. Per sìmil gui-
sa, veste le prime sempre di bianco, quasi di un etere sottilhsimo; e le
seconde con i conauetft eokri di roiao e oeroleo.
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LUnO IL GAP. IV. US
fcr €nnre valica di mi ooosimìie oolorita a trcàco mA ec»
mtÉù <fi 8. limo con più perfelto dbegno» délb qnhalliofe
m lorà difioona ki qiiista si iMtohràOo mattteiitite piA feddiiieii-
te le liad&DOiB dd gioUeseU, partaodd dàlia bocca deiT Angelo
il ooDSoeto nhito. Afe itaria^ fhaUa phna bc. aorUoyi lU
pittare; Tokado feniecoQ qoMe parole inyiCare piò CMilineiila i
éema contemplatori alla iMdil»doDe ddlMnebbie attstera E
che Yerametiteeoei fenilMe FAngriioo, si deduce da dogete nei
tettai di: ^fmsto arMeecra siato digià quasi ttniyenalmfiQtd di^
flBMio roso di flfffatte fsciisioii^iièakricertaflaeQteliìaiic^
o l'tagegAo di esprimete e 9i|piificai«lt 800 ooBce^
m della paàN)Ia (1). Vi lub altresì ndie ali dèi Angdoima pnoAisiòne
di orae Acdori, ohe noe ba esempio ìr alCvo di|Nùto del medesl-
■ao;iiè cori mi appaga B piegar dei paaiiÌ,neiqodiegliaUroreha
sempre lode beBbsima^ e che in qQesKéfbrseim po^nUbe ooo-
Aml B perchè rtaeamaaioae del Verbo é strettamente legala
CQB la storia dei nostri progenitori, fece in im foor d' opdra,
con lontana e bella praH>ettiTa di paese» io picoola dfmnisiooe,
Admoied Era discaoriati dal paradiso terrestre; accennando con
eie, che Maria ayMibo risiotato tanio d«ino, e si ti«aitada ro*
rimi. Owsta tafolaei due (gradini sono lenissimo coi»enrati,ete>*
BiiCi con grande anatfeerdillgenia. Se si: dovesse congetMwe che
queste due tavole Toserò state fatte in tempi diversi , porrei innan-
d questa Annnnziszione che è al Gesù, sembrandomi alquanto
(1) Son pòche le tavole deU^ Angelico e i freschi «letsi, che non ab-J
biano alowmdNvoU fserìsioiie dappiedi dei dipìalo, tei fiata aeHe aureo^
k de*iaali , e non dirada fra i ricami delle fèsti delle figove.
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254 MEMORIE
debole nel disegno , e dopo, quella rimasta in s. Domenieo, ohe
a mio a?YÌBO è fira le migliori che ei mai fiioease.
Rimane! a favellare dd Mlissimn gradino, md quale prese
a narrare la vita ditta Vergine , dal suo nascimento fino al tran-
sito, nel modo stesso e nella stessa proporzione, che Faltro dd
fatti di s. Domenica Chi ha ?edirte quelle piceole e graziose ta-
volette di fra Giovadni AngciUeo, ohe sono nella galleria dqjà
Uflizj in Firenze, può formarsi un eoaoetto ddle storie del pre-
sente gradino, alcune delle* quali sono repliobe di qudlor Vedesi
pertanto nel 1.'' compartimento la nativa di Maria ; e appare
manifesto esservi stata inserita posteriormente; o (orse venne
t(4ta 6 poi restituita al proprio luogo apparendo divisa dalla
tavola. Nel 2."^ Gli sponsali ddla Vergine oon a. Giuseppe; ed
è reifica di qudla degli UflBzj. Nel 3.^ La visitazione, che é cosa
maravigpBoBa. Figurò il pittore, che la consorte di Saccheria
venisse a incontrare la Verginella di Nasaret fiiorì ddla sna
abitazione; e In sull' uscio ritrasse una Gintesca , ohe inosservata
considera le ÌMe e oneste accoglienze di quelle benavventurate
madri. Alquanto pia remota nella via, è altra Ifammina, la qoa-
le piegale a terra le ginocchia, e sollevale al cielo le palme,
sembra rendar grafie a Dio delle meraviglie operate nell'una e
nell'altra. Bellissime le due figure di Nostra Doona e di Elisa-
betta. Ma ciò che rende veramente prezioso questo compartimen-,
to, è una bella prospettiva di paese cosi ben disegnata e colo-
rito, che mai dell' Angelico non vidi cosa tanto perfetta. Nel 4 È
una adorazione dei Magi, in tatto simile a quella degli Uffizj.
Nel a la presentazione al tempio, eoo ragionevole prospettiva di
architettm*a. Nel 6. La morie e sepultura dèlta Vergine; ed è
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LIBRO n. GAP. IV. as5
Qgaabiieiite replica ddl' altra belHssiina che si ammira ndla me-
desima galleria. Nel 7 è mia storia quivi riportata, e tolta pro-
iNibOmeote dall'altro gradino della yita di s. Domenico; imper-
doccbè si vede in questo la B. V. che circondata da nn coro di
Angioli appare al beato Reginaldo di Orleans Domenicano, e gli
addita F abito del novello Instituto dd firati Predicatori. Si am-
mirano in questo gradino i pregi medesnni die sono nelT altro
già ricordato, bellezza di immagini, grazia di forme, dOigentis-
sima esecuzione, ed un colorito die per essere a tempera, non
potrebbe dedderarsi più trasparente e più lieta
—^
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X(6
CAPITOLO V.
Riti» no di Fra Gùwanni Angelico in Fiesole.
J^el mentre c|)e il MnffJlano coloriva ìq Cortona oon taala
soavità di pennello la leggenda di Nostra Donna , e dd santo
fondatore del sno institnto, il beato Giovanni Dominici calda-
mente si adoperava presso il vescovo di Fiesole, e presso il Pon-
teflce Gregorio XII onde riavere quel convento dd quale egli
era slato il fondatore. Ugnale soUedtadine usavasi dal P. Leo-
nardo Dati Maestro Generale dell'Ordine; per la qual cosa,
dopo molte pratidie, l'anno 1418, il vescovo flcsolano annuiva
alle loro richieste, a condizione che i religiosi Domenicani a
lai tacessero dono di on paramento sacro del valore di cento
ducati; la qoal somma venne tcdta dall'eredità lasciata al con-
vento dal padre di s. Antonino, mancato ai vivi in qnel tempo
medesimo. E come in qadl'anno stesso era eziandio morto in
Firenze un ricco mercatante, ed avea lasciato ai religiosi del
conv. di s. Domenico di Fiesole ben sei mila florini perchè fos-
sero date maggiori dimensioni alla fabbrica del convento; fer-
mato l'atto solenne di libera ed assoluta concessione del ve-
scovo, il P. Generale vi inviò tosto quattro religiosi del convento di
Cortona, tra i quali però non si vedono i nomi di fr. Giovan-
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UBRD U. CAP. V. «t
ni e di fr. Benedetto M UaffUo (1). Ma mq è pmHo a 4u-
Mare che in segmto vi 'feémxro Ivélt colora, i ftoU già m
erano partiti ramia 1409 par le oegioói ic^ra kuBoale. Datasi
oomiBdaiQealo aUa lattriea, TAogelìoo tornò aU'mato nfiob
dd dipingere; parolocdiè dove ch'ai ai reoasae^TmaTaa|)ieae
mani i fiori dell'arte; ^ad fiori che c^ fMurca «ìer colti in parar
disa Ne sparse su i monti dcVDmhrìa e doUa Toscana, in riva
idi' Amo ed al Tevae ; «la aBa dUetta colUea di ISosdte erano
fiserboti i più vaghi e i più odorosi, ohe noi nsoissflro delle sue
mam. E hen era dovere, ohe ov« prinMniento avefa fistio dt si
a Db saerifidoy ivi si aimnirasseBa i più bei tatti del soo in^
gegoo e della sua pielà. E quando la storia ci avesse teeiuto il
racooDto delle sue virtù, bene aHa vista di qne'saoi dipinti sa-
risosi potuti indovniarCyU basso sinthredis^,raeeesiS[tfniaca«
riti, fl dispnaoD Ad beni toivenì, e perfino le lugiihii ed i
Mspfaà di qudl' anima tanomorata del cielo.
Nd dar conto al lettore delle opeoe, che por sono ionn*
Bierei^, di fra Giovanni Angdico, dobbiamo avvertire cosse,
non apponendovi e^ì giammai l'anno ohe vennero esegnito;
né trovandosi nel Vasari ricordate giusta Tordiae dei tempi y
noi seguitando l'intrapreso metodo, le coilodMremo ove la rs-
giooe e la storia d sembreranno richiedere. Impercìoechè , se
presso gli altri pittori non è difficile H distSngnere le diverse ma*
niere, e i dffièrentì metodi da loro tenuti, per modo da potersi
tosto ravvisare qua^i dijrinti sieno slati esegidti ndla giovideaza ,
quali ndla maturità , e qoM infine sul declinar dda vita ; nrt^
(1) y. Cronaca s. Dominici de F€sulìs, fot. 2 a leffo.
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aSS MEMORIE
l'Angdiooporoppofto, se ne eeoeOni afeme cose ooadolte ood
nHiggìore glndio e dOigem, appare sempre mi modo stesso di
IsMare^ ombrare» colorire, oomporre, ee. per guisa da non po-
tersi fadlmente conoscere qoaB fSeicesse ionanzi e qoaU dopo.
In Fleaole credo colorite moke di qaeHe lacvoiette che oggi
si TedoDO nella galleria ddf Accademia Sorentina del ifisegno, e
fors" anche gli sportelli deH*armadfo delle argenterie nella cap-
pdla della Stanziata di Firenze. Ndla prima edBzione il Vasari
gli area annoyerati fra le prime di hii open ; il ohe panm vero-
sinfle, essendo stati i suoi principj nell^arte qndli del miniale
e colorire piccole storie» come si disse. H biografo aretino ne
loda la diKgenza, ma arria domto lodarne eóandio la Jeompo-
sliione, che in non pochi compartimenti è bdHssima. Breri
parole ISuremo di questi graziosi dipinti per non dlungarei so-
Torehiamente. In trentadnqne storie prese a narrare la vita e
la morte di Gesù GriMo» unendori un saggb di pittura simbo-
lica 9 e cUadendo la serie con on giodirfo aniverude» inferiore
agy altri fatti posteriormente cosi nelle dimensioni come nel
merbo» ma non senza bellissimi pregi Degni di pamate men-
zione ci parrero, radorazioQe dei Magi» la foga in Egitto, la
strage d^li Innocenti» la risunrezÌQne di Lazzaro, Giuda che
▼ende Grigio ai sacerdoti, l'orazione ndrorlo; ec le quali per
lo concetta, Teriden^ del vero, ed eziandio per la facile ed
accurata esecuzione » meritano molta lode. Uno sportello però
vedesi dì gran Iqoga agli altri inferiore, il quale a giudizio
dei^ intelligenti devesi credere di altro arteflce ; ed é quello
che offre le storie seguenti: le nozze di Gana, il battesimo
di Gesù Gristo e la trasfigurazione. Ma intorno al mmto di
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LIBKO II. GAP. V. 259
quest'opera deO' Angelico, meglio fora udire il giudizio che ne
porgeva fl di. P. Tanzini, ddle arfi belle oonosoilove ed amatore
grandissima
e Ma tra le stupende e innnmerabiK pitture di tati quelle
cbe eondosse per gli sportelli deD' armadio delle argenterie nella
cappella della Nnnziala» latta erigere da Pietro di Cosimo dei
Medici, e ebe oggi si conservano nella galleria della fiorentina
Accademia delle belle arti , sono forse le più ammivabilL Rap-
preseotanp la vita di Gw C tema favorito al nostro piissimo ar*
tista, da Ini sempre meditato, d2( hii vivamente e cordialmente
sentita Perciò agevol cosa é a pensare ohe vi pose tutta V ani-
ma ; e ove restasse questa sola <q>era di quel sovrano ingegno
basterebbe, io cred», a dimostrare che nell'espressione reli-
giosa egli è a tutti superiore, che la sua mente era illaminata
da un raggio superno, che il suo squisito penndlQ era gui-
dato dalla fede. I pann^giamenti semplici e maestosi, le mo-
venze naturali ma dignitosev T inspirazione delle teste vera-
mente celestijdi, rendono queste bene ideate storie superiori
aDa lode, e Usogoa vederle e rivederle per acquistarne giusta
idea» E come è proprio di un bello straordinario e solenne,
forse a primo aspetta non fanno il eplpo che sogliono (are la-
vori di un effetto più brillante, ma che poi divengono indiife-
rentL Più si studian però queste dell'Angelico più rivehno
all'attonito sguardo nuori arcani e ìnenabili pregi L'ignorante
e fl dotto, l'artista e chi è digiuno dei segreti ddl'ule, per
altro s'accorgono subito che vi posano l'occhio, che qualcosa
di straordinario hanno dinanzi ; e quasi non saprebbero indica-
re da che dipenda quell'incanto che provano: ma tutti amm(-
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MEMORIE
rano» tolti sontono od Intiiiio «Botto wm terreno; ogomi Toru
réti» die Tidlfaio soo sguardo si posane ìd qodie caste ini-
magioi di Maria, dei santi, dd GrodOsso » (1).
Segoitando a qarrare i dipioti dalT Aogalioo operati io
Fiesole, tre ta? ole troffamo afer egli colorile per la sua chiesa
éi s. Domenico, e dae storie a booa frssoo nel confeoto: e
perché dcUe prime ona soh è rimasta, sendo altra recata in
Parigi, altra smarrita; ne parkremo eoa le perde slesse di
Giorgio Vasari. « DIpiMe simOmenle a s. Domeaioo « Flesse
b tayoU ddF aitar maggiore, la quale perchè forse pareva che
si guastasse, è stata ritocca da altri maestri e peggiorata: ma
la predella ed 0 ciborio del SacfameMo senesi meglio mante-
noti , ed infinite figmine che in mn glorila celeste vi si veggio-
no, sono tanto beile, die paiano yeramente dì paradiso né può
chi yi si accosta saziarsi di vederle. »
Nm d narra pertanto lo storico qoal tosse il soggetto dd
quadro, ma sembra indidMlato sfa quello che sdo dei tre di
mano dell'Angelico é rknasto in qaeDa chiesa, ed ora trasporr
tato nel coso. Rapprasenta b Vergine seduta b trono ed divino
800 Flg^; qui, come ndle altre tavole, sodo due santi a destra,
e due a sinistra; doè & Pietro iqiosido e s. Tommaso di Aqul*
(1) Alcune di queste storie Teoiiero egregiamente iodae dal cb. sig.
AntODÌo Perfetti e dalla sua scuola , uefla lUuttrazione delia GalUria
dell Le li Accademia del disegno, 1943-1844, e f iutiera raccolU iodaa
in 3S rc|;]i dal signor Gio. Batt. Nocchi; alla quale Tenne premessa la
THa di Fr. Cioiramiì Angelioo scritU dal Tasari, eoo iMa prcfttioM
del P. Pomp. Tan^iai » oimamealo dette Scuole Pie.
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LIBRO II. GAP. V. 961
no» s. Domenico e s. Pielit> martire. Alenili angioli in profoiH
da adorazioae le firn corona. Semplice e graziosa composiaoiie,
DcUa qoale sod mantcìmle le forme e la maniera dei giotteschi
Che rappraseataase la predella dod tro?o ricordato nò dal
Vasari né dalla crooaoa dd convento; ma ci rende questa
avvertili , che intomo l'anno 1501 rinnovandosi la tribuna , e tot-
tosi l'aitar maggiore per collocarlo altrove, questa tavola yea-
nc restaurata per opera di Lorenzo di Credi; e come dovea
avere forma piramidale, o di sesto acuto, venne con pessimo
consiglio riquadrata, e aggiuntivi l' ornamento e le figurine che
la circondano. Dopo subite tante vicende, mal si potrebbe giù*
dicare dd merito della medesima (1). Ignoro cbe avvenese
dell'antico gradino. Alcuni tengono che sia presso il signor Va-
lentim in Roma. Con la predella scabra andasse smarrito an-
che il ciborio.
La seconda tavola era una Annunziazione, della quale cosi
ragiona lo storico suddetto. « In upa cappella ddla medesioui
chiesa è di sua mano in una tavola la nostra Donna annun-
ziata dall'Angelo Gabriello, con un profilo di viso tanto de-
voto , delicato e ben fatto, che par veramente non da un uomo,
(1) Cron, *. Dominici de Fesulis ^ fol. 5. a tergo, a Circa anno
Domini 1501 tempore prioratus Fi\ Dominici de Mugello re»
nottola est tribuna capellae majoris in duobus arcubus , et remotum est
altare majus , et positum iuxta murum , ec et tabula altaris
majoris renovata est et reducta in quadrum et additae picturae supius
(sic) ( forte superiut) et ornamenta tabula/e per singularem pictorem
Laurentium de Credis. »
17
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262 MEMORIE
ma fitto in paradiso; e nel campo del paese è Adamo ed E?a,
che furono cagione che della Vergine incarnasse il Redentore.
Nella predella ancora sono alcune storiette bdlissime. » Alle
qaali parole noi, per non arer veduto quel dipmto» non possiamo
altro aggiungere. Solo ayyertìremo, come per le vivissime e
reiterate richieste del signor Mario Farnese, fu a lui ceduto
li 28 febbrajo 1611, per il prezzo di 1500 ducati; rimanen-
done alla chiesa di s. Domenico una copia, che non fu certo
più avventurosa dell'originale, essendosi smarrito Vuno e l'al-
tra (a]. « Ma sopra tutte le cose che fece (hi Giovanni , pro-
sieguo a dire il Vasari, avanzò se stesso in una tavola ohe è
nella medesima chiesa allato alla porta entrando a man manca
nella quale Gesù Cristo incorona la nostra Donna in mezzo a
un coro d' angdi e infra mia moltitudine infmita di santi e
sante, tanti in numero, tanto ben fatti, e con si varie attitu-
dhii e diverse arie di teste, che incredibile piacere e dolcezza
si sente in guardarle, anzi pare che que' spiriti beati non pos*
sino essere in cielo altrimenti, o per meglio dire, se avessero
corpo, non potrebbono, perdoechè tutti i santi e le sante che
vi sono non solo sono vivi e con arie delicate e dolci , ma tutto
il colorito di quell'opera par che sia di mano di un santo, o
d'un angelo, come sofio; onde a grs^ ragione fu sempre chia-
inato questo da ben religioso frale Giovanni Angelico. Nella
predella poi le storie che vi sono della nostra Donna e di s.
Domenico sono in quel genere divine; e io per me posso con
yerità affermar^ , che non veggio mai quesf opera che non mi
(a) y. Documento ( V. )
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LIBRO U. CAP. V. 368
paia cosa nuoya, né me ne parto mai sado » (1). Le quali pa*
nrie proferite in una età che infuori dd mido e della immi-
tazione delle statue greehe e romane parea non oonosoere o
non apprettare altro bello, meritano a mid a?TÌ80 uHdta eonr
sideraiiooe. Ck>loro poi ai quali parve pericolosa novità Tappd-
lazioiie dì stxuÀa o pittura mistiea conceduta a qodla della quale
Y Ang^co è facilmente riconosciaAo principe, e chiamano ipocriti
e fanatici i trovatori di questo vocabolo, ci rendano almeno ne*
gìooe perchè i seg^d del Vasari , di Ghifio Bomano, dei Caraccì
ec. non giungessero giammai odia pittura sacra a cosi rara eccel-
lenza. Ghe se confesseranno col Venusino, che pria di e^moro
un nobile e grande affiato fa <H mestieri profondamente sentirio,
cooie negheranno che di sante e celestiali contemplaciotti non fos-
se la niente e fl cuore ripieno di frate Giovanni Angelico allora
quando coloriva qodle tavole inerarigUose, die ad un Giorgio
Vasari destavano si profonda ammirazione? Se poi loro spiace
qud vocabolo (fi pittura mistica^ che equivale a devota, e consen-
tono ddla cosa, noi non vorremo per si lieve cagione rifiutario
esdegnard(2].
(1) Queata lavoU della Incoronamae d«]la E V. vedeti al preaaoie
in Parigi al Louvre, tolta a Fiesole nella uiTasìooe (Vanceae Tanao 1812.
Veone iaciaa e descritta da A. W. de Schlegel in P4rigì 1* anno 1S16.
in ibi.
(2) Ninno crederà facilmente come in tanta luce dì dottrine e in
tanta gentilezza di costumi, siasi potuto prorompere ad ingiurie e ca-
Immie coatro i seguaci dell'arte cristiana, attribuendo loro principi e
massime che mai non ebbero. Si coniòrtano non pertanto costoro ne)la
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964 MEMORIE
I due grandi a freBofai cbe il pittore fece nel eonveotoy ebbero
sorte molto^diversa ; eonciosiachè quello che d dipinse nel refet-
torio può dirsi aflatto perduto; non oosl V altro del capitolo^ be-
nissimo conservato. Queste due storie furono certamente eseguite
dair Angelico in tempi posteriori quando aye?a raggiunta una
maggior perfezione, fedendosi , segnatamente in qlwlla del capi-
UAOi grandezEa nella maniera» morbidezza ed unione nelle tiùte
delle incamagioni , e un più franco e libero pennrileggiare. E a
cominciar dalla prima y fece nella parete di fronte al refettorio in
Ogure grandi al vero Gesù Cristo Crocifisso, la beata Vergine da
un lato , e dall' altro Tevangelisla Giovanni ; dappiedi della croce,
in ginocchio e vedato da tergo, s. Domenico, ma quest'ultima fi-
gura sembro venisse aggiunta posteriormente. Apprezzare il me-
rito di questo dipinto in ciò cbe è disegno e colore non è più con-
ceduto , dopo che la mano di un imperito, che pretese restaurar-
lo, e il vandalismo di chi ne ha ottenuto il possesso, vennero a
manometterla Narra U continuatore della Cronaca del conv. di s.
Domenico di Fiesole, come Tanno 1566 fosse restaurato da un gio-
vine pittore fiorentino per nome Francesco Mariani ; ma Dìo buo-
•copo nobilUtiiDO che si Miio propoftlO) e Dollà adetìode di molti tra i
piìi chiari indegni d' Italia e d' oltremonti €»m nelle UiMMe come neUe
arti; e a chi bramaese sapere quali siano in ^tèa parte i véri lor sentii
menti , e quanta la moderazione nel sostenere le proprie dottrine , léggi
le brevi ma auree parole che scrivefa 11 eh. signor Antonio Bianchini
sul Purismo neUe àrlL Meritaùo esland io esser lette le tre AUocuMioni
del medesimo nUa Sócietk Remana de§ii Amatori e Cultori delle belle
tfic/. -^ Fitenze 1839 coi tipi della Galileiana.
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UBRD II. GAP. V. 285
no, in qnal gràa! aOargaBdo icmlerm e ratEonando il colore,
per guisa da sparire affitto qodle dilicale votsae tinte; quelle
lìbee dolcemente Tariate, e la semidicità delle pieghe, per ìotro-
darri tntli i difetti di un'epoca di decadenza. In ultimo, toUo il
conyeoto ai religiosi, Tenne il refettorio destinato aH'uso di ripa-
rare ^ agrumi ndla stagione iuTemale, con danno grancOssimo
di quel cfipinto (1). Rimane non p^tanto snflfajenlemente conser-
Taia la testa bellissinia del s. Giovanni, e il nudo del Gristow
Ma k storia che adori nell' antico capiMo, per essere stata
ino al presente a pochismni nota , mantonnU con molta diligen-
a , e da r^Milarsi tra le cosa mi|^iori che r Angdico facesse, me-
rita che nm ne facciamo speziale menzione. Ritrasse in questa la
R Vei^line seditta, e, come ndla tarda perugina , arente in su i
ginoediì il Figlio ignudo, se ndn che il bianco Tdo,onde il capo ed
il seno di Nostra Ponna è coperto , ìutoItc in un'alcuna parie
il putto eriandio. A destra in piedi è s. Domenico, a sinistra «•
Tommaso di Aquino; ambedue con libn> aperto, n fondatore
ddl' ordine dei Preficatori, non usato modo di rappresentarlo di
(1) Chron* $. Dominici de Fe$uU», fol. 164. « Similiter ( fc. Gìor,
Anfelìce ) pin^fit aliquas fif^as hic F^sulis in refectorÌQf in capitulp
ueieri, quod modo e$t hospitium secularium- » E a fol. 10. « Bestaw
rata est etiam pictura ipn'us refectorii , in qua Crucifi^ imaffo , et
heatae Firginisy oc beati Joannis visuntur, Haec omnia qume artis pi^
etoriae sunt /hcieòat peritissimus iuvenis , et qui magnam de $e spem
exatatnt , Franciecus Mariani de Florentia. Expoeuit autem in his
omnibus prior ipse yen. libras*6ù ex K P. F. Angeli Diaceti, et «dio^
rum amoorum eleemosinis. »
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206 M E MOB 1 B
qoeslo pittore, ha ornato il mento di folla barba , e tiene in noano
il giglio di sua verginità. Semplice oomposiflone, e perciò più
atta a destare teneri e devoti affetti ne' rigoanboti. Io podie
opere deir Angelico siccome in questa, ho ravvisato tanta vita e
tanta grazia nei volti , e tanta non cnranaa nelle estremità e ne^
gli accessorj. Il tipo della Veigioe è forse meno ideale del consue-
to; ricorda il vero scelto di Raffiello e di Pietro Perugino; ed é
improntato di tale una bellezia e alaestà , che ò d' uopo d' innan-
zi a quella immagine inchinarei e adorarla. B^ a meraviglia
sono 1 voUi di s. Domenico e del Bambino; bellisamo qnello di s.
Tommaso , disegnato e colorito divìnunentie. Ma non si tosto uno
si fa a oonsid^vre le estremità delle figure, e il piegare e il tinge-
re dei panni , che rimane in forse se una stessa mano d'iatomasse
e coforisse quei volti > e il rtncMÉienle deir operai Gondosiacbè m
pia luoghi delle vesti non appar più s^no di quei bellissimi partiti
di pieghe che sono propri di lui ; e i piedi di s« Domenico e di s.
Tommaso di Aquino, non sono che due informi macchie nere. Sos-
pettai quindi, che lo stesso pittore che aveva si malconcio il firesco
del refettorio, avesse tentato rifare i panni e le estremità a questo
del capitolo. Pregato da me un chiarissimo pittore ad esaminario
con ogni diligenza, conscmtì meco , che in più luoghi erano segni
di posteriori ritocchi , e che i panni segnatamente erano rifatti.
Questi sono i dipinti che fra Giovanni del Mugello fece pei
suoi religiosi di Fiesole. Alcuna cosa colori per le chiese della
città , e vengo assicurato rimanere tuttavia in quella di s. (ìerola-
mo una B. V. col Massimo dottore, ed altri santi. Ma lavorò tante
cose questo padre, scrive il Vasari, che è a meravigliare come tan-
to e tanto bene potesse eziandio in molti anni condurre perfetta-
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UBRO n. GAP. V. 207
mente on nomo solo. Sembra che ne' fiorentini fosse nata noMo
gara di avere qnakhe deroCa immagine di mano di fra Giovanni ;
e le diiese e gK oratorn della città le rioercassoro avidamente ,
come manifesto appare da nn catalogo che ne é rimasto. Nella
soa dimora in Fiesole lece indobitatamente qad tabernacolo, che
al presente si vede nella galleria degli Uflizi in Firenze, presso la
porta d'ingresso a mano manca, il BaMinucd ce ne ha conservato
OD prezioso docomento, che a quanto sembra, è nn brano dd con-
tratto, o mia memoria, dell'arte dei linainoli per li qnàU era desti-
nato. Al cel. scnUore Lorenzo Ohiberti era stato chiesto il disegno
del medesimo, che non rinsci gran Tatto elegante. Nel giorno 11
taglio 1433 r arte dei linainoli fermava le condizioni di qnel di-
pinto con fra Giovanni Angdico nei tenmni segnenti : « Allog<»ro-
BO a frate Guido (ecco il primitivo suo nome) , vocato frate Gio-
vanni delF ordine di s. Domenieo di Fiesole, a dipìngere un ta-
bernacolo di Nostra Donna nella detta arte , dipinto ^i dentro e
fuori con colori , oro e argento variato , de* migliorì e più fini che
si trofino , con ogni sua arte e Industria , per tutto e per sua fa-
tica e manifattura, per fiorini cento novanta d'oro, o quello
meno che parrà alla sua coscienza , e con qudle figure che sono
nel disegno » (!]. Questo rimettersi die fanno alla cosdenza dd
(1) Bàunsvca, Notizie dei professori del disegno, ec. Decenn. 2.
Par. 1* del sec. lY. Una nota di spese occorse per iì medesimo taber-
nacolo per laTori di falegname, fabbro ec con la data de* 29 ottobre
1432 può vederti nelle Memorie Jtmliane risguardanti le Belle Arti.
Bdogna^ 1843. V. Serie IV. n.® 139. pag. 109. Fa poi trasporUta nella
1. e a. Galleria degli Uflbi ranno 1777.
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2G8 MEMORIE
pittore nel determhudre il prezso dell' opera » dica mm bene l'opi-
nione che nutriva» ddla onestà deU'artisla. È questo tabernacolo
di altezza intorno a sei palmi , e tre nella larghezza. Ha forma di
tritioo, e chi volesse adoperare il vocabolo di armario meglio ione
lo significherebbe; avendo nd d'innanii doe sportelli eoo forte
serratura. Come voleva 11 contratto cosi fece il pittore, eolorendolo
entro e fuori con gran profusione d'oro e di argento, per modo
da esaore uno tra i più ricdn dipinti che mai vedessi in qoesto
genere. Nell'interno fecevi graade spianto il vero, nostra Donna
soduta sor un ricco cuscino tutto trapuntato ia oro. L'azzurro
manto, che dal capo discende fino alle estremità e cuopre tat^
ta la persona, con belle iUde di pieghe, è ornato ugualmente
di grandi fregi aurati. Su i ginoccU deOa Vergine si erge il
bambino, vestito con bella tunica, e avente il globo nella de-
stra. Inforno la Vergine ed il Figlio, fece una ghirlanda di
dodici angioletti intenti a suonare ogni maniera di strumenti,
cosi belli ;e graziosi, che aembran piovuti dal ciela Nei due
sportelli dalla parte ulteriore, fece di pari grandezza san Gio-
vanni il Battista e san Marco; e nella parte esteriore, san Pie*
tro e san Marco ugualmente. La quale ultkna figura vi ò
ripetuta, perciocché essendo questo Evangelista il protettore
dell'arte dei linaiuoli, volevano che, ove si chiudesse o si aprisse
il tabernacolo, averlo sempre presente. Dappiedi di questo tritìco
dovea essere ano zoccolo o imbasamento , nel quale erano tre
piccole storie, come <^li era uso di fare nei gradini dei qua-
dri. Quella di mezzo era una adorazione de Magi, o dai lati
erano la predicazione di s. Pietro, e s. Marco che ne scrive il
sermone; e nell'altro i persecutori del santo Evangelista mioac-
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UBRO IL GAP. V. 2B9
eliti da ima Ania e tempMta di mare. Basendo state qoeste tre
tafolelfe segate dal (abemaoolOy ramerò anch'esse traspartate
Bela suddeUa galleria degfi UfBzL Questo dipinfo condotto eoa
oa fare più grawBoso deUeprime sue cose, ed eseguito eoo
gnadbsiaia dffigenza , sembra non pertanto ddM>le troppo nel
cliiarQeciirD ; e dò a mìo awte è caponato da quissto, ìebe
avendo r Angefico colorite le sue figure con tiate leggiero e
trasparenti» secondo suo costume, e sur un fondo d'oit), la
luce, ebe grand&flìma ri rivarbera, non lascia modo air occhio
di riposerà ooq cabna su quel dipinto* La qual riflessione d
oceorrerk- ripelece per altri sud quadri, i qudi tdti aBa luce
opaca e raccolta del tempio per to quale erano stati eseguiti,
reoMro con improvMo consiglio esposti alle gra»di invetriate
ddle pobUicfae gallerìe, ore l'occhio affascinato da tanti jop-
getti che io eoIpiseoQo, non può gustare ìe caste helleo» di
questa senoh cosi modesta e devota (1).
Fra le cose operate nella giovinezEa, il Vasari novera H
tre tevole che né" sud giorni yedevansi ndla Certosa fiorentina;
ddle quali, due andarono smarrite, e la terza, tolta alla vene-
razione dei fedeli, Ai recata a pasoere la curiosità dei viaggia-»
tori nella galleria degli Uflbg. Ddle prime due parleremo ooo
le parole stesse dello storico sopra dteto. « Una dette prime
opere che lucesse questo buon padre di pittura , fli ndla CSer-
tosa di FiocensEa una tavda che fta poste nella maggior <aip-
(1) La benùsima UToletU della Adorazione dei Magi Tenne egre-
giamenCe incisa dal eh. signor Livy, allievo della scoola Perfetti, per
b Ukutmione deUa OaUerìa degli Uffiai.
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270 MEMORIE
pella del cardinale degli Aooiajuidi, dentro la qode è ma nostra
Domia col figliuolo in braccio e con alconi angioli a' piedi die
suonano e cantano nx>lto belli; e da(^ lati sono s. Loren-
zo, s. Maria Madddena, s. Zanobi, s. Benedetto; e nella pre-
della sono di figure piccole storìette di que' santi Tatle con in-
finita diligenza. Nella crociera di detta cappella sono due altre
tavole di mano del medesiaio ; in una é la incoronazione di no-
stra Donna, e nell'altra una Madonna con doe santi, btta con
azzurri oUramarini bellìssinìi ». E perché ddia incoronazione
suddetta, che sola rimane, non fa altre parde^ noi ci studie-
remo descriverla , per essare uno tra i più rari dipinti die Tarte
e la pielà dell' Angelico producessero.
Questa tavola della incoronazione è alta e larga intomo a
due palmi e mezzo. Nella parte superiore, una IncentissSma
raggiera d*oro parte dal centro a gnisa di sole e forma il fon-
do del quadro; nel mezzo é la B. V. seduta alla destra del
Figlio. In luogo di essere vestita di bianco come per consueto
sono le sue Vergini incoronate , ha il manto di un bello azzur-
ro trapuntato di piccolissime stelle d'oro; le mani dolcemente
incrociate sul petto, il voUo e la persona alquanto inclinati con
alto di affetto insieme e di riverenza. Il Verbo divino, ugual-
mente che la madre, ha il manto azzurro e la tunica color
ddla rosa: non incorona altrimenti Maria, ma pone una lu-
cidissima gemma nel serto di lei. Concetto supremamente mi-
stico, la cui significazione riserbò a sé il devolo pittore. Una
schiera di Angioli, quanto mai possa dirsi bellissimi , le fan vaga
ccurona, gli uni intenti a suonare ogni sorta di istrumenti, altri
più prossimi al trono , tenentisi per mano in atto di dama. Due
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UBRO IL CAP. V. 271
più sotto, prostrati a piofenda adonaEÌOBe, ooo ì taribdi k^
oeosano; aUri due traggono dall'arpa celesti melodie. Trataoe
dal Tolto e dalle moTenae di tutti ona graiia, un'estasi , un'at*
fette merayigfioso; onde a quella lista rioorrouo tosto al pen-
aero le parole di Daole:
Ed a quel meno con le penne sparte
Vidi più di mille angicdi (éstaatit
Ciaseon distinto di fulgore e d'arie.
Vidi qairi a kv giuochi ed a lor canti
Bidfipe una beUena» die letìzia
Era negli occhi a tutU gli altri santL
PAiAMS^t Omio XXXJL
Nella imrte inferiore del quldro^ don ordine beffissiaiQ» dispose
a destra ed a sinistra gipm moltitudine di santi^ che par rer»-
neate che, giusta l'espressione éeU' Ailighieri , si leti&no di
quella yista» e 4M que' suoni celesti. Sono da una parte s« rio-
(olò di Bari, s. Egidio abate, s. Domenico, s. Gerolamo» s. Be-
nedetto, s. Pietro e s. Paolo apostoli^ con altri assaissimi: dal»
r altra handa sono s* Maria Maddalena , s. Caterina V. e M. con
altra bdl» schiera di sante, fira le quali ritrasse pure due santi,
doé san Stefano protomartire e san Pietro martire Domenicano;
Ione perchè il primo è didla chiesa contraddistioto col titolo
di proteggitore del debol sesso, ed il secondo per il singolare
amore aUa verginità. Bendere ragione della impressione che
produce questo dipinto, stimo malagevole alla più scorta elo-
quenza. D cuore ha un linguaggio cui non risponde sempre b
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S72 MEMORIE
parola , e noi non poisiaiiio gìaaanai oontenqiiare qqatto qua-
dro, senza MtiUrci anamorati del oido. Oh, simile a qoesCo
siano lutti quelli adoperati daUa ohiesa cattolica, che agli ìii-
Mci da lei divisi nelle cvedeose, sarà tolta molta cagione di
calanniare il callo delle sacre immagini, se più ddla parola
slessa sanno persuadere F amore della virtù t Non possiamo nel
(cmpo slesso non lamentave T improntitndìne di chi collocò
presso questa celeste visione ddl'Angdioo, la sconcia nudità
della ninfa dell' Allori, quasi volene rintuzzare o sminuire l'eC-
fetto religioso prodotto dal primo. Come opera d'arte, questo
dipinto ha lode di un buon disegno, di firescheBui e trasparenza
nel colore; neir arieggiare dei volli è vario, espressivo e devo-
to; nelle pieghe rarissimo: in breve tale che più non è dato
desiderare (1).
Non anderebbesi farse lungi dal vero ove si collocassero
eziandio fra le cose dall'Angelico colorite io Piesole, la tavola
già ddte monache di s. Pietro in Piazm, ora nella galleria degli
UlDzì presso la porta d'ingresso, e la depcvrizbne di Croce del-
l'Accademia del disegno, nella galleria dei piccoli qoadri, con-
trasegnata dd nomerò 43. Ambedue cosi nel dbegao come ndk
composizione, mi sembrano eseguite più fedelmente sullo stile
del giotteschi; e abbenohè risplendano per molti pregi, segna-
lamento la deposizione, quanto mai dir si pos$a tenera affiettno-
sa e devote, non pertanto lasciamo di descriverle: oondosia-
(1) Si 8U incidendo con inarrivabile perfezione dal eh. signor Raf*
faello Buonajutl fiorentino» alla cui gentilezza siamo debitori dei dise-
fni dti ritratti che adornano queste Memorie.
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LIBRO II. GAP. V. *»
cbè la prima , se ne eeceltin alcune Agore*, non è gran fatto
dissimile dalla tavola perugina che abbiamo ricordata; e per
ciò ohe è della seconda, dovendo in breve favellare di un altra
deposiiìooe di croce dello stesso pittore , e di gmn lunga a que^
sta superiore, pard non irragionevole omissione la nostra (1).
(1) Questa deposizione èra ttaU eseguita per la Coafrateraita di s.
Croce del Tempio ; e fra le Marie e i Discepoli che piangono suU' estin-
to corpo del Redentore, fece s. Domenico, e la beata Villana teniaria
Domenicana , sepolta in s. M. Notella , sulle cui reliquie la detta Com-
pagnia ebbe alcun diritto. Questa tavola venne recata nella Galleria
dell'Accademia l'anno 1786. fiicak , Notizie Jstoriche, voi 3 pag. 104.
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af74
CAPITOLO VI.
Fra Giovanni e Fra BenedeUù del MugeUo si retxmo in Firenze.
— Fabbrica del nuovo eomvento «K ». Marco. — Dipìnti delt An-
gelico per la chiesa e per il convento del suo Ordine f e per la
città di Firenze.
^^m
A questo tenmne per^eniiti della vita di frate Gforamii An-
gelico, nella quale parci splendere di nuova e beUissinia luce,
sia per la copia de' suoi dipinti, come per una maggior perfe-
zione nel disegno y nel chiaroscuro e ndla prospetliya, sentia-
mo il dovere di introdurre brevemente il lettore in quella parte
della storia pKtorìca, che narra il rinnovellamento ddl'arte^e
segna il termine degli antichi e il principiare dei moderoL £^poca
memoranda y e per le arti imitatrici, di bellissima gloria. Cosi
fosse stata più durevole, che veramente non fu, e la storia non
narrerd)be l'eguale. Quindi mentre i popoli si dibattevano fra
la libertà e la tirannide; mentre la filosofia [ddvava fra i so-
gni della strologia giudiziaria, e moltiplicava i commenti allo
Stagirìta; mentre il diritto era oppressivo e crudele, e nella
religione medesima, per cagione dello scisma, tutto era turba-
mento e desolazione, le arti tendevano gradatamente a qudla
suprema eccellenza, alla quale per opera di Leonardo e di Raf-
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LIBRO II. GAP. VI. 275
faeDo doyeyano essere 8oUe?ate ; fiacbè con la stessa rapidilà
ood' erano salile, presero di bel naoTo a seendere e rovinare.
Anoraquando FAngelìcOy lasciati i precetti e gli eseoipi dei
SDoi instiiatori, si recava in Fiesole onde vestire le divise di s«
Dcnnenico , la vecchia scuola di Giotto gik da oltre on secolo
teneva l'impero dell'arte; ma cosi tenace degli antichi metodi
e ddle primitive tradizioni » che in si Inngo spazio di tempo
non avea Tatti quei maggiori progressi che era dato sperare.
Solo da Stefano fiorentino erasi Tatto alcnn tentativo nella pro-
spettiva affine di risolvere le difficdtà degli scorti , ma con esilo
certamoite non proporzionato al bisogna Non pertanto da diversi
eranà già posti i semi della nuova riforma ; i qnalì in breve, con
amore grandissimo e Y opera di molti ingegni coltivati e cresciiitiv
diedero afl' arte on novello ineremaita Per due capi le avvenne
di migliorare il disegno e fl colore; Tono fo lo stàdio ddh
proepetUva, non per incerti e vaghi tentativi, ma pel ministero
ddla geometria, della quale, Piero della Francesca e fra Luca
PadoU dei Minori, furon solenni maestri. Paolo Uccello appa-
rolla da Giovanni Manetti, e il Brundleaco da Paolo Toscanelli,
e dal P. Ubertino Strozzi Domenicano (1).
La scultura e l'orìficeria aiutarono il colorire in quella
parte che risguarda la ragione dei lami e degli sbattimenti. Per
(1) Di questo insigne religioso yìen fiitU onorata ricordanza nelle
Cronache di è, M. Novella dalle quali risulta, come lo Strozzi fosse ezian-
dio maestro nelle matematiche a Bartolomeo Bartolucci , rinomato inge-
gnere de' suoi tempi. Y. BoaoaioiAiii. 0*<m. ÀnnaL voL 2 pag. 217 ad
aon. 14t3.
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2X6 MEMORIE
questa Yia Masothio da Ftaic&fey die era fauiettieiiieiite orefioe,
pittore e sciillore; e ohe arerà ataMO' Il Ghiberli nd rineltare
le porte di bronzo dd s. GioTanni, adnato al modellare ìa
jdastica» oonobbe il modo di dar rilieYO alle figure ed maa»
delle ombre. Laonde lei yero eziandio dd rioDOfelIamento dd*
l'arte, che la sotdtura prefeone e aiutò la pittm^; come area
iatto nei tempi di Niooola pisano ani oomindare dd secolo Xlil.
La gloria di qaerta riforma yiene non pertanto inlieramenta
conceduta a Masaccio; ma f giusti estimatori dd merito do-
YVanno confessare, che questi tiwà in gran parte appianate e
Tinte le più ardue difficoltà dd dipingere; laddove Masolino,
trovata l'arte povera e difettosa, la sdlevò a qu^tt'alteoa. Cosi
che di lui può a buon diritto ripetavi, ciò che di Giotto fl Va*
sari , che rimutò la pittura dall* antico al moderno. Il biografo
snddetto loda nelle epere di Masolfao la grazia , la grandezza
della Bsaniera, la morbidezza ed unione dd colorito, ed fl
molto rilievo dato alle figure, sdibeoe nd disegno nd ricono-
sca perfètto È non pertanto indubitato che Masaccio percorse
gloriosamente la via segnata dal maestm, e fermò stahihnenle
la caduta dell'antica scuola, e segnò i principj della moderna*
Per Qpem di costoro adunque o dd seguad , fd lesto variala
la ragione dd comporre; condosiachò non più si di^[K»ero le
figure simmetricamente sur una linea orizzontale, e mal ferme
su piani indinati, rome avean latto i giotteschi, ma con grazia
ed affetto atteggiate intomo il trono della Vergine o dd santi.
Tentossi il nudo, sebbene alquanto timidamente, e si variarono
le acconciature, e i vestiri delle figure; aUe teste si die più
vita, e certa citra ingenuità che innamora. Tdti i fondi In oro,
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UBAO U. CAP. VI. 877
apipurfvo ove dt^aniti fabbriche, ove iraMii paesi e yarietà e
keOezzadi adomanieBiL SegMlammle poi in ialiì i pìHori di qae-
ito aureo aacolo tf aiimira «oa rariasliDa a(Ma(à» onde nienie vi
è poco, «ente ¥i è troppo; e m qoe'teo dipittU Totiebio riposa
fiaiMpyBo,eìlciiorceail afiello< Come poi lo Madto di tatto le
parti del disegtio, VìmikàiSomd dell' aatioo edellFero, raoesaoro
ioseosaNlmeale iraTJaie §lt artisti fliio al poalo di soaiitai^ U
maio al fiae; e ooioe perfeaenaia Farte venisse a soemave il
lealimenl^)» fa detto da altri» né d pìaee ripeteri(K Ma per tor-
aare onde siamo partiti , optando Tra GioTaom Angdieo, lasciala
la edliaa di Fiesole, recarasi io FiiNaCee. p&c «Kpiagere il miti-
ìù conrasto di s. Marco ( 1496 )> IksoUoo da Baokaleem già
morto; Ms^sacdo proboMmeate coloriva le storie del Ganiiiflie;
il Bmodlefloo inalzava la oupola ateniyii^osa di s. Maria dal
Fiore; e loreozo Ghiberti aveva d%ià qoodotte.^ tenaiioe quella
porte del battisteit), cbe il BiMiarroti giudicò degoe del par»-
dimk Donatalo e Loca della RobUa gareggiavamo in opere 4i
scalpello e di plastica. La vista di tanti capi lavori dovette fi^re
accorto V Ang^lieo, coaie a Ini maBOfesero tuttavìa alcuna parti
dd disegno; e a rendere vieppiù accette ai popoli le sue cele-
sii meditazioni , gli facesse mestieri di meglio studiare la pro-
spettiva e il cbiarosouro; al che sebbene in matura età e con
Dome già chiaro^ non isdegnò, a quanto narrano, dedicarsi. Si
pose pertaoto.a far tesoro delle bellezze di Masaccio al Carmine;
nd qual consiglio fu poi seguitato da Lionardo da Vinci , dal
Buonarroti , da Raffaello, e da tolti i più valenti pittori (!}.
(1 } Il Som» faU9 il cottfrQQCo dett' éèà thU' AngiAico e dk qadlla di
Masaccio, dice non doTersi focilmeDU credere che il primo in a vantata
18
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278 MEMORIE
Il oonyento di s. Marco, la coi storia appaHieiie del pari
alla religione, alla letteiiatiira , aUe arti ed aQa politica, rico-
nosce h soa origioe sid decUnare del secolo XIII. Stalo Ano ai
primi anni del secolo XV di pertineiia dei monaci Sil?e9lrhii,
per te sappHcasioni del popolo fiorentteo, e per qiidle di Cosi-
mo dei Medici al Pontefice Untino V, tolto ai primi suoi posses-
sori, i qoali furono trasferiti a s.Gioigiooltr'arao, renne con-
ceduto ai religiosi riformati ^del covento di s. Domenico di Fie-
sole (1). L'anno pertanto i496,8endoin Firenze Papa Bngenio
IV « ordinò che con pompa e festa ri fossero i Domenicani intro-
dotti, come segni con solennità, giusta il Migliore, non consueta
né descritta dalle costitodoni neT canoni. Tre ^escori di Taranto,
di Trerigi, di Patentino accompagnavano i religiosi , e precede-
Tano i maitieri della Signoria, mnidati acdoociié con la mag-
giore possibile pompa i detti Padri Tacessero quella entrata :
prendendone possesso a nome ddk soa rel%ione fr. Cipriano
da Firenze, yicario generale ddla novella Congregazione ddl'os-
senranza » (fi). Allora Cosimo dei Medici, il quale colla magni-
ficenza delle fabbriche intendeva a dominare sull'animo dei
cittadini, per opera dell' architetto Michdozzo Michdozzi fece
inalzare sulF antico V attuale convento, e la beffissima biblioteca ;
età stMdiatse le cose del secondo giovine tuttavia. Ma la ftoria dell'ar-
te ricorda altri esempi simili a questo. -» Stor, della Più. Ittd, voi. L®
epoca 1.' Scuola fiorent,
(1) AnnaL conu, s. Marci de Fior. MSS, fol. 1 e 2.
(2) RiCBA, Notizie Istariéhe delle ehiese fiareni. voi. VII. Leàoae
XII $ 4 pag. 117.
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LIBRO IL GAP. VL 3f79
e adoraure la chiesa, nella quak ayrdibe Tdato far
pompa Mia oonnKla magnìfioeiiza , se pregato dai frafi, non
si finse riteoato ealso i ooofiai della modesUa e della povertà
rdigioaa. Nelle qodi fabbriche spese 38,000 ducati d'oro; e od
lenpo die dorò il lavoro, elargì per lo sostentamento degli oprili
novelli 366 sendi annnL Altri 1500 ne agghinse neDa compra
e nel £Mr miniare i Iftri del coro, come si disae; senza tatto
dò che straordinarianìente oflèriva per qoalsivog^ occorrenza
dd mededml Ignorata non pertanto il magnifioo Gmmo, che
con d grave dispendio preparava un asito a qiid terribile Sa-
vonarola, che avrebbe in breve contrastato perlinaoemenle aDa
sua famiglia la s^noria di Firenae!
L' anno 1437 l' architetto avea dato comindamento alla fab-
brica del convento, facendo per primo venti cdle sdtanto per
ricovero de'nnovi abitaUnri, e ponendo mano a restaiorare la
chiesa, il cui tetto minacciava rovina. Gomphita nel 1439 la cap-
pella maggiore, si prese ad dbbdiire la chiesa; e fu in dbra
che vennero distrotti i preziosi freschi di Pietro Cavallini e di
Lorenzo di Bìcd che tutta Y adornavano; e dd qodi per somma
ventura rimase ona bella e devotissima annonziazione dd primo,
che bene addita come una stessa inspirazione guidasse la mano
dell' ignoto pittore di quella nella chiesa dei Servi e di Pietro
in s. Marco, Ano a far credere al Vasari, che da un medesimo
artefice fossero ambedue operate. Nel 1441 dovettero essere com*
pinti i restauri e gli adornamenti della chiesa. L' anno seguente
nel giorno ddr Epifania fu solennemento oonsecrata dal card.
Niccolò Acciapaccio Ardvcsc di Capua; assistente il pontefice
Eugento IV con il coUcgto dd cardinali* La fabbrica del con-
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280 MEMORIE
vento yenne uttiamta ranno 1448^ giusta la craMmdi s. ]
ed un'altra del P. SeraOao Raza (1), seoondo a Vasari mI
1452 (2)» e a gHldiiio dd R Kicha anobe dopo; peraoochè
narra» che solo il primo oiriostro ed i aopnalanti dormentori
fossero oonpioti nel 1451 , ma troyale poi deboli le iondamenta,
atterrato Q già foto, abbisognasse cominoiarlo oaoyameale (3).
U ohe parmi inverosinde per ona evidente ngkNie. H primo
chiostro e i dormentorj soperiori vennero dfpiirti ddl' Angelioo;
e doveaao esserio ioMuud al 1445; perciooohè intorno a quel
tempo parti per Roma oire mori. Devesi dunque seguitare
r autorità della oronaoa. Ultimo fira tutti i lavori è a «rodere fosse
la biblioteca» della quale per opera di architettura» niun'idtra
la vnice fai Firen». È tidla soa lungheasta bracda 80 larga 18
con volta sorretta da dee filari di colonne d' ordine dorioo. Fto
questa la prima che in Italia venisse aperta e mantenuta ad
uso pubUìeo; ed èÌ4>e a ordinatore dei codici quel celobre Tom-
maso di Sanana » il quale poi sali sul trono Pontificio col nome
di Niccolò V» e che tanta stfaaa ed affetto pose nel pittore dd
Macello come vedremo (4).
(1) V. Cronaca della Provincia Romana, un voi. in foL MS
(2) Vita di Miche^suto,
(3) Notizie htoviche, ec toc ciU $. 3 pag. 124.
(4) Molte ed importanti notìzie intorno questa biblioteca ponno
rinvenirti nella Cronaca del cony. di t. Marco. Essa era la pia copiosa
di opere greche che allora avesse 1* Italia « onde veniva appellata la Gre-»
co. Spento fra Girolamo Savonarola , per ordine della Repubblica , ven-
nero tolti ai religiosi tutti i codici ed i Kbri , li 8 maggio 1498, e re-
stituiti neir ottobre de! IdOO. Y. RiCha loc cit. $ 5. Il canon. Btsctonì
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LIBRO II. GAP. VI. • 281
Fermate le epoche deOa fabbrica, si avrà modo di furel-
laie eoa ordiaB cmocdogico dei dipinti ohe furono soceessiTa-
nwnte operati dair Angelico; giovando eziandio a correggere
dcon errore sft^gìlo al BaMinocci ed rì prof. Rosiai. Scriye
pertanto il primo, die le pittore dd diiostro di s. Marco deb-
bano gindicani fira le cose operate in gioTinezza dal nostro
pittoie; laddove è indaMtato, die se questi prese a eelorfarle
eòindio aeVanno 1436 « cioè quando i Domenicani ottennero
qnd conTento, P Angelico oofita?a digià 40 anni; e dii yolesse
eoa pii ragione crederli operati intomo al 1440 , siccome io
credo più verosimile, egli allora avrd^be «voti anni 53 dì età.
S per dò che aflerma il di. Rosini, che Vanno 1415 Aia Gio-
nnni aTesse dfgià dipinto il capitolo, ( se non è occorso errore
di stampa ) appare ngnalmente Mao per le addotte ragioid (1).
Venati i frati Predicatori nd naovo domidlio, si adq)era-
rooo a talt^uomo onde ben meritare dd popolo florentino, dal
quale erano stati con tanto panaali signifioaziooi dt aObtto ac-
colti e provTcduti; sanf Antonino con la predicazione e la pob-
Hicazione delle opere sue storiche e morali , e Y AngeKco e fra
Benedetto col dar mano a quelle arti che fino dalla fandollez-
za aTcvano apprese. E se i religiosi di s. Marco non ebbero la
bibliotecario deUa Laurenxiana, ebbe la torte di rinvenire 1* inventario,
ostia il regolamento di quella di t. Marco mandato da Tommato di
Sanana, poi Niccolò V,a Cotimo de' Medici} avendolo trovato a caso
cacito in un codice, ove erano tcritte le vite dei Santi Domenicani.
(1) BÀLDiHVca, Notizie dei Professori del disegno, ec f^ita di fra
Giovanni Jngelico, — Rofuri, Storia della Pittura Ital, voi. II p. 2
cap.XVHInota13.
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382 MEMORIE
gloria di erigersi la chiesa ed il coavento eoa architetti propri,
come avevano latto i loro confratelU di s. H. Novella , ebbero
quella di abbellire Funa e l'altro con dipinti de' propri pittori,
de' quali vantano una eletta e numerosa schiera.
Nel tempo che Y architetto restaurava il tempio di s. Ihrco,
fa dato probabilmente a dipingere a fra Giovanni la tavda del
maggiore aliare, della quale il Vasari ragiona nei termini se-
guenti. « Ma particolarmente è bella a mnravif^a la taTola
dall' aitar maggiore di quella chiesa, perchò oltre che la Ma-
donna muove a divoajooe chi la guarda per la sempUdtii, e che
i santi che le sono intomo sono simiH a lei , la predella neOa
quale sono storie del martirio di s. Gopimoe Damiano e degH
altri è tanto ben fatta , che non è possibile immaginare di po-
ter veder mai cosa Cattla eon più diligenza , nò le più ddicate
o meglio intese figurine di quelle. »
In questa tavola variato alquanto il metodo dei giotteschi^
sembra che V Angelico Tacesse prova di approssimarsi alla nuo-
va scuola , senza però togliere o scemare Y etEetto religioso del
quadro. Per la qual cosa, in luogo di porre le figure che sono
a destra ed a sinistra del trono della B. V. sur una linea oriz-
zontale e con ordine simmetrico, come avea fatto per F innan-
zi, le aggruppò in quella vece con diverse attitudini quasi in
atto di corteggiare la gran Regina del cielo. Sono a destra s.
Domenico, s. Francesco e s. Pietro martire; a sinistra s. Lo-
renzo , s. Paolo e s. Marco evangelista con alcuni angioli ; e sol
davanti in ginocchio, i santi Cosimo e Damiano; ì quali noi ve-
dremo in presso che tutti i suoi dipinti eseguiti in Firenze, per
essere questi due martiri i prolettori deUa famiglia Medicea.
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UBBO n. GAP. VI. 383
Questo di|iioto oi send^ eriandio GOodoOo con ao Care alifaanto
più grandioso del ooosfieto; ma del merito soo in ciò oonoeme co-
lore, riKeyo, espressioBe; ec non è pù dato giudicare, siRatta-
menle è danneggiato e dilaTalo , non so ae da chi tentò on restao-
lo^oyyero per cagione ddl'nmidità; rimanendo appena traccia
ddi' antica b^tezza. H gradino sembra venisse diviso iu più
partì, e aknne fossero odlocate nell'altare di s. Loca della
cappella dei Pittori , nel chiostro della 8s« Nunziata. Appartene-
va ton»' anco al medesimo quella piccola storia de'ss. Cosimo e
]>amiaoo curanti un infermo, la quale vedesi nella galleria dei
piccoli quadri nelV Accademia del disegno, contrasegnata col nu-
mero 89, e TaUra ddla sepoltura dei cinque martiri segnata
dal num^t) 45, che è un seguito ddla storia dei martiri che
Tcdesi nel ricordato gradino nella cappella di s. Luca (1).
Dalle memmie del convento e dal Vasari non appare cb' eì
facesse altra tavola per la sua cMesa : si diede in quella vece
(1) ATyertwmo come nella stessa gaUena è «n altra Uvola deQo
stesso pittore meglio conserrata della precedente» nella quale ripetè lo
stesso argomento , yariando solo alcune figure. Per quanto merito abbia
questo quadro , è però inferiore a tutti nella figura della Vergine e del
Bambino, e molti ne vinee in quelle di san Frsfttcesoo e di san Pietro
martire, disegnate e colorite diTinamente. Si crede appartenesse al mo^
nastero soppresso delle religiose Domenicane di Annalena. E slato inoiso
per k collezione del eh. sig. Antonio Perfetti, ed iDustrato dall insigne
letterato sig. Giuseppe La-Farina. Degna di consideraiiene è pure la
tavola nefia stessa galleria dei piccoli <^wàn , segnata dal n.^ 3i , nella
qoale 1* Angelico fece la B. V. col Figlio in braccio, o?e le teste della
Vergine e del Bambino mi sembrano molto belle e graaiose^
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284 MEMORIE
ad «fabellire il ooofVCBtaK E per U v«io agli ioloBe bioUo baie
ti modo di dqringne in, «oro, e faaìlinBaineùle lo h¥or6,
essendo nìentedimeBO nel componpe le sa» oose mollo leccato.
Ami pare che negli «Itimi amo M TÌyer suo pnCerase questo
genere di pHtara , la quale vuole pronteiza d'ingegno e di maiio;
avendo condottò in quel genere grandiBsimi %inti cesi i» Fi-
renze come in Roma ed in Orvieto. Per questa via le opere
sue ultime ebbero sorte migliore; pepcioecbé come non pote^
rono essére involale dagli oltremontani , cosi rimasero nel tem-
pio santo di Dio a pascere ddla lor vista la pietà dei fed^ ; né
ebbero a vergognare della prossimHà di oscene (fipindire, come
spesso è avvenuto a quelle in tavola nelle pubbliche gallerie.
Facendoci di presente a favellare del freschi die egli colori
nel chiostro e nello celle dei religiosi, i quali sono sopra il nu-
mero di quaranta, abbiamo giudicato ricordare quelO soltanto
che piò meritano considerazione onde non dSungarcì soverchia*-
mente; e perchè abbiamo solenne promessa del eh. signor An-
tonio Perfetti professore d'incisione nella I. e R. Accademia
fiorentina, di vederli tutti incisi per opera sua e della sua
scuola (1). Nel primo chiostro , che al presente si intitola
(1) Una gran parte, e certameiita la più perfetta di questi affre*
•chi 9 ditegaata e colorita dall'egregio aig. Enrico Laborde ai pubblica
di preseote Sii Parigi — Fresque du coment de *airU Mitre f h JFIo*
renctf par beato Angelico da ¥ie$oU, destiaée* sur ìs$ origifìsauf par
M. Uettri de Laborde, et reproduites en. chr0mo*iiihogfaphie, par Ut
procèdei de MM. Eogelmaim et Geaff, par MAL Ifoulin, BlaidLe^Co*
lette et Sanson , mous la direction de M. Paul Dekitoàìe ^ précède» diurne
noti ce histopique tur bealo-Àkigfilioo da Fieaofe, par Ludo vie Vitet
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LIBRO n. GAP. VI. S85
da 8. AiHonmo, per enervi colorita da diversi eGoellenti pittori
la vita del s. Aroiveseovo, di contro aBa porta d^inpresso» kce sol
moro tm CrodGMo gTQHde al vero, e s. Domenico che con gran-
dittiaio dietto e pieli abbraccia la croce del Redentore; figu^
re «fcegnate e condotte con grandlasinia diHgenza* ISombiaiiieife
mi piace il Biodo tenM> coatantemeate dall'Angelico nd dipin-
gere i crocifissi ; perciocché fai luogo di seguitare reéempto dei
oontempovniMi, ritraendolo digià estìnto, o om segid evidenti
od vcHo e nella persona di nn eooeasivo dolore, e deUo spa-
sine di una morte violenta e cmdde: egli in qwdla vece, come
i pittori della scaola antica, dipinge G. C lottavia vivenUe,
▼faraanle dalle sue piaghe santissbne copiosi rivi di sangue; ed
imprimeoda aid volto di M la cahna , b serenità ed nn'aOMto
ossi soarve, che lesto ognuno avvisa, come l'Uomo Dio sollra
veramente per elezione e per amore : il qual concetto invita e
trae fl riguardante oon grande ettcacia a sensi di compnnzio-
ne. Bopn la porta che conduee ^la sacriaiia in na'arcnccio,
fece in mena figura un s. Pietro martire che accenna silemcio.
Tiene Vindice sollevata sulla bocca; ma assid piA die queir atto
invita al raccoglimento ed al sitentfo, F aspetto severo, e quasfi
direi minaiocioso dd santa Sopra le dira porte e%iò edandio
ia mezae figure s. Domenico, avente neUa destra la disdfdina
e neHà ainistira il libro della regola; e una pietà, os^ G. G. sor^
genie dal sepolcro e additante le cicatrid Mie sue piaghe;
figura di mi mirabile efetto religioso , per la quale la scuola
de'nristid ayc^t^ mia parziale dilezione; e che si trova mflnite
volle ripetila in Firenze e Aiori. Sopra la porta ddT antica
fùtestma o vogNam dire oapirfo dd forestieri, con bdraccor*
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286 MEMORIE
gimento fece G. C io abHo di pcHegrino, .invitato all'ospiao
da due santi Domenicani. Le quali tre figure sono si bdle, si
devote, e colorite e dis^oate tanto bene» ohe io non dubito col-
locarle fra le nùgUori che tAc^sse in s. Marco. Seguita quindi
sopra un' altra porta una mensa figiva dì s. Tommaso di Aqui-
no; ma cosi questa come quella di s. Domenico sono assaisnnio
La storia però che fece nel capitolo basta essa sola a br
testimooJanza solenne dell' ingegno e della pietà grandissima dd
dipintore. Né mai mi parve vedere un grande e sublime con-
cetto con tanta tenuità di mezzi, e con si grande eflicacia signi-
ficato. E ben ponno altri vincerlo nel magistero [del colorire,
deir ombrare, nello sfuggire dei pi^, ea ma nluno sperì giam-
mai destare nel petto di allr* uomo tanto fremito di pietà e di
dolore.
In una vasta superficie di ben trentadoe palmi nella lun-
ghezza, e poco meno ndl' altezza, ritrasse in figure grandi al
vero la crodfifisioDe di G. C, a quanto scrive il Vasari, riehio-
Stono da Coàmo dei Medici. AU*arlHlrio però dd pittore venne
lasciata la ragione del comporre; impercioa&è sdegnava egli sot-
tostare ai severi canoni dell'arte, per ciò riguarda l'unità del
soggetto e la verità della storia. Scofio di ogm suo dipinto era
muovere ed iostruire. Tutto ciò potesse condurre a ^pesto ter?
mine egli non ometteva giammai ; e poneva in niun cale il rfana-
nente, quasi estraneo all'assunto divisamento.
Qualsivoglia deUa scuola ohe poi seguitò, avesse dovuto espri-
mere quel docile argomento, avria senza meno popolato il cal-
vario di sgherri, di soldati, di manigoldi fieri e beffardi, con
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LIBRO II GAP. VI. 287
lanti, Gayalli e moltifudiDe ìnnaniereyote di popola Né sariari
omessa una kmtana e bellissima prospettit» di paese; in lire?e
quanto poterà dilettare eoo la diversità de^ oggetti, e eoa la
somig^Dia del yero. Che poi in cuore non si destasse od af^
feCto, die gli occhi Don dessero noa li^m, poco montava.
L'Angelico fenno ne'saoi prindpj , seguitò le tradizioni de^ an-
tidii e gli impolsi della sua pietà. Quando avesse volalo coat-
piacere i Medici e i raolorì dello studio del nodo e ddl' antico,
il suo cuore non gfido avrebbe consentito. L'argomento era txùj^
pò sacro, troppo caro dì pittore. Pria di iM»ingersi al dipingere
d si prostrava ai piedi del crocifisso, come s. Tommaso di
Aquino innanzi di risolvere le grandi quistioni della religione,
della metafisica e dd diritto. Quivi orava e meditava lunga-
mente il soggdto che d volea colorire. Le lagrime g^ sgorga-
vano con sJbbondanza dag^ occhi, il cuore pa^pitavagli con vio-
lenza, la mente si sollevava d<q[)ra il creato; allora tolto il pen-
nello si accingeva al lavoro: e comunque riuscisse, non si cr^
dea lecito ritoccario', giudicando i concetti formatisi nella meato
quasi cdesti ispfarazioni , alle quali aggiungere o scemare fosse
irriverenza.
Nd capitolo di cui si ragiona pose nd mezzo sollevato in
alto sulla croce G. C e a destra ed a sinistra i due ladroni; dap*
piedi schierò dall'una e dall'altra parte gran mottitu<fine di
santi Ndla figura dd Bedentore si ammira una rara nobiltà di
forme, n nudo ò tuttavia alquanto giottesco, aon pertanto mi
cSende assai meno ddle forme soverchiamente carnose dei cin-
quecentisti, non eccettuato fra Bartolomeo ddla Porta. Inferiori
sono i nudi dd due ladroni; ma nel vdto deU' uno si legge totta
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288 MEMORIE
la gioia di m cerio perdono; neW altro vedi improntata la be-
slenunia e la dìsperazioiie di chi già assapora V inferno. Dappie-
di a destra pose svenuta la Madre sorretta da s. Giovanni e da
una delle pie fiemmine. La Maddalena con slancio aRettooso ed
animato sì protenda ad aiutarla » e la si stringe fra le braccia.
Gruppo di tanta befleoa ed efiteacia, che non cede a qndla
onde il Raoi rilcasso lo svenimento di s. Caterina da Siena; e
che cava dagli occlu le lagrime. Seguita una bdla figura del
Battista bea disegnata, ben colorita, la quale eoa Findioe ac-
cenna qml Salvatore die egU aveva aanunaiato alle turbe nel
deserto. & Marco piegato il ginocchb, addita il libro degli Evan-
geli ove egli ha descritta la vita e la morte del Redentore. Ul-
tìnù sono s. Lorenzo, s. Cosimo e Damiano. A mano manca
si apre aoa scena non meno tenera <^A affettuosa. Sono un-
dici santi , la pia parto fondatori di Ordini religiosi, i quali
soDobrano meditare ta> passione di Cristo. E fors^e fu inlen^
mento del pittore mostrare in essi piò copioso il frutto della re-
demione; e come il capitolo dovea servire all'uso di ammonire,
correggere, inrervonro i religiosi ndla disciplina claustrale,
volle presentare ai medesimi dei grandi modelli da imitare. È
primo s. Domenico prostrato appiè doliti croce , e levato in al-
tissima contemplazione , figura disegnata e colorita eccellentemente.
Seguita s. Zanobi vesc. di Firenze , il quale medtMa saHe sacre carte
i vàtioinii dei Profeti avverati nel Redentore , che eg^ acceima col
dito. Quel vecchio calvo, con bianca barite, scarno e logoro
dagli anni e dal digiuno, è il magno Gerolamo, nel cui pe4to
l'amor della croce attuti le gagliarde passioni, e sembra che
tuttavia chieda forza ed aiuto nella durissima tenzone. Viene poscia
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LIBRO IL GAP. VL 889
s. AgosliDo, 0 quale medita e sorive^ U rnÉriarea dei IBaorì,
a poyerello di Crisk), ò prostrato al soolo io aUo del pi6 ìn-
tenao dolore. Figiva fiftirabile nella quale $i legge oa sAtlo che
non so <fire. S. Beoedelto sembra pensare» aon so qual pia, se
alla passone di Cristo , o alla restaurazione detta mona-
stica disciplina nell' Ocddente. S. Bernardo oontempla con
grande amore il crocifisso, e si stringe eoa asibe le mani mi
Ubro al seno; quel Toluoie ove depositò le tenere effosioBi del
suo cuore. S. Romualdo curvo sotto il peso degli anni , sorreg-
gendo il delnl Ganoo al bastone, sembra pur esao assorto in
un profondo e tristo pensiero. Un solitario, che U stimo s. Gio.
Gualberto, per la piena degli afTetti piange (Urotto- Ultimi sono
due santi Domenicani, s. Tommaso di Aquino, il quale consi-
dera il sublime mistero onde il genere umano ebbe salvezza, di
die egli poi scrìsse con tanta sapienw; e s. Pietro martire^ in cui
la larga ferita aeoenaa com^ ei sapesse rendere a Cristo sangue
per sangue. È poi mirabile in questo dipinto, come l'artista ad
uno stesso dol(»ie del quale atteggiò il volto e la persona dei
santi or ricordati, desse una diversa espressione, contemperala
all' indole, e alla natura di ciascheduno, cosi ohe caldo lo ve-
di a mo'di esempio in s. Gerdamo, tenero ed espressivo in s*
Francesco ed in s. Bernardo, sublime e meditativo in s. Tom-
maso di Aquino, ee. Cosa veramente più da filosofo mirabUe di
giudisio che da pittore; onde di lui ben si direUe ciò che nar*
rasi di Aristide pittore lebano, essere slato vanto dìpinge*-
re Fanimo e le passioni. In quest'opera dell'Angelico già appari-
scono i segni di qselli avanzamenti che l'arte avea talli in Fi-
lenie, per i beUi andari dei panni e delle arie che diede a quel*-
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290 MEMORIE
te figure y e segnatanente pw eerta grandeeza nella nìaniera^e fd
rilieTO e forza maggiore nel disegno. Non cosi mi appagano le
estremità» nelle qnati per certa sua negligenza non di rado è
scorretta Non pertanto sempre che volle tdse eziandio quella
menda. Fa di mestieri av?erlire che in mdte parti qoesto di-
pinto è stato ritoccato e guasto; e de che è più importabile,
tolto il fondo primitivo, azzurro che egli fosse o di una languida
tìnta a chiaroscuro, ignorasi il come e il quando, ebbervi sostituito un
laidissimo rosso, con danno non lieve del contomi stessi deHe figure.
A meglio signfficare questa sua devota meditazione, il pit-
tore fece in dieci esagoni che circondano 1* arco della volta, die-
ci figure prolome, o vo^m dire, mene figure, di Profeti e
di Sibille^ le quali tengono alcuni cartdli con molli rignar-
danti la passione di G. C; e sono quanto mai possa dirsi belle
e graziose. Nd fregio che ricorre sotto il fresco per quanta è
la lunghezza deHa facdata, fece in dieci tondini i ritratti dì s.
Domem'co e degli uomini più illustri del suo Istituta Abbiamo al-
trove narrato come i frati Predicatori del convento di Trevìgi ,
un secolo innanzi , avessero fatto dipingere da Tommaso da Mo-
dena quella gallerìa nd capitolo di s. Niccolò, della quale si
può vedere una deboUssfana incimne nel}' opera già ricordala del
P. D. Federici, (voi. 1. pag. 34) 1 rdigiosi dd convento di s.
Marco bramando averne alcun saggio, si procurarono o^ia per
quanto io stimo verosimile, di quella di Trevigi. Collocò pertan-
to fra Giovanni Angelico, nel bel mezzo il P. S. Domenico in
atto di reggere con ambedue le mani il tronco (fi un albero, i
cui rami si distendono a destra ed a sinislra per tutta quella
lunghezza de' Irentadne palmi , formando nelle loro volute
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LIBRO H. GAP VI. 391
sedici tondi. È mdto a dolerai che nei tempi posteriori all' Ange-
lico, tolti ad alcuni i nomi che vi erano stati scrìtti dal mede-
aimOy ne fossero sostifniti altri non rispondenti alla «toria ed
all'originale. Al presente si leggono a destra, come riporta il Vasari »
ì nomi di Innocenzo V FonteOce Massimo, di Ugone cardinale,
del P* Paolo fiorcnlino (Pilastri patriarca di6rrado)f di s^ An-
tonino ardyesc del beato Giordano di Sassonia, secondo mae*
stro generale dell'Ordine, dd beato Niccdò provinciale; ( Po*
glia da Giot)€naz2o\ del beato Renùgìo fiorientino (i il Seniore)^
del beato Buomnsegna martire (Cicciofwrci fiormtino) A sini-
stra è il beato. Benedetto XI Sommo Pontefice, il bea'o Giovai^
ni Dominici card., il beato Pietro della Palude appellato il Po-
stillatore ^ il beato Alberto Magno, s. Raimondo di Pennafort,
Q beato Chiaro da Sesto primo provinciale romano, s. Vincent
20 Ferreri, il beato Bernardo martire, probabilmente uno dei
Ire uccisi in Avignoaeto Tanno 1240. I santi hanno 1* aureola,
i beati i raggi in oro. Non abbisogna molta critica per tosto ra*
visare die il nome di s. Antonino deve esservi stato aggiunto
posteriarmente. Perdocohè, omesso che i lineamenti di questo rii
tratto non rispondono in guisa adcuna agli altri ch& abbiamo ve^
rissimi di lui , non poteva l' Angelico ritrarre il santo ardre-
scoTO con l'aureola intomo il capo e con le divise pastorali,
quando il medesimo era tuttavia vivente, e semplice religioso del *
suo convento di s* Marco. Se non che sotto il nome di s. An-
tonino si vede trasparire un altro diverso e più antico nooie. Po-
trcbbesi dubitare eziandio di qud di s. Vincenzo Ferreri e dd
beato Giovanni Dominici; o credersi che l'aureola dd primo e
i raggi del secon<k) fossero stati aggiunti nd tempi posteriori.
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392 MEMORIE
Questi ritratti sono assai belH« ma attaissilm dasmèggiati e se-
gnatamente negli occhi (1).
La cronaca del oosTeolo di s. ÌSatoo rieorda un dtro di-
pinto del medesimo nel refettorio dei rdigiosi , e narra fosse ob
crodfisso, probabilmente una replica di queUo obe già avea co-
lorito nel refettorio di Fiesde con ai lati la B» V. e s. Giovan-
ni evangelio (2). Ma al presente più non esiste, ed è facile a
credersi yenisse distrutto per dar luogo al grande a fresco di
Gio. Antonio SogCani, rappresentante s. Domenico seduto a men-
sa co^sooi frati e dagli Angioli sovvenuto di pane. Il qoale di-
pioto eseguito nel 1534» è tra le cose migliori di questo pitto-
re, ohe fu uno éà felici imftatorì di fra Bartolomeo ddla Por-
ta; anzi alcune parti, e se^piaiamente la soporiore, sembrano di
mano del Frate.
Ma OTC panni che TAngeUco mogHo splenda per bdleoa
d'immagku, copia e fecondità di concetti, tenere e devote cooh
siderazioni, e tal fiata eziandio per eiegama di forme, ò nelle
storie a fresco ftel convento, nelle quali sono a quando a quan-
do tai saggi da reggeore iadfaaMnte al paragone con ì più eooeb-
leati di quella età, cbe pur di eccellenli aveva tanta dovina.
Vdevansi adomare le cdle dei religiori e i dòrmentoq di
(1) Nel tempo della domiuaiìone francese, le truppe che ebbero
stansa m conTeiìto, si presero il diletto di togliere le luminelle dagli oc-
dii di tutte queste figure; il qoal danno patirono eziandio tutte le fi-
gure del bellistimo gradino dei fatti di a. Nicoolò in Ptrogia, die co-
me si disaa tenne ei pure recalo io Francia,
(2) JnfutL 9. Mmnci* fol. 6. a terfo.
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LIBRO IL GAP. VI. 293
akuD dipinto odi' opera del quale veojssero le loro meati ed i
loro cuori iocessaBteuieQte solle?ati alle cose del cielo. Fosse un
rioordar loro la patria , il premio delle fatiche» e gli esempi dd
santi ohe aveirangli preceduti. Pensiero forse suggeritogli da s.
Antonino. Ci gode F animo di potere far meglio conoscere que-
ste mirabili ed ingenue produziom delF Angelico , cosi mal note
oaiiatlo ignorate dagli storici delle arti In esse non prese a narrare
h leggenda della B. V. come scrive il eh. Montalembert, ma
si la vita di G. C solo aggwogendori della prima qnesi fatti che
necessarìameate coogiungono la yita ddla Madre a quella del
Figlio; e sono il più delle volte tolte da queOe trentacinque sto-
rie di G. C che si dissero dal medesimo colorite nei sportelli
deUa SS. Annunziata, e in un fiior d'opera alcun santo Do-
menicano, secondo la devozione del rdigioso che abitava la
odh.
A procedere ordinati seguiteremo la storia, non già F ordine
delle cdle; soltanto dei principali dipinti facendo menzione, riserban-
do gli aldi nen'q)era che venne annunziata dal eh. prof. sig. An-
tonio PòrfettL Primo si presenta FAnnunziaziane della B. V. nel
dormentorio superiore, in figure poco minori del vero. Sur una
sDperfirìe della lunghezza di dieci palmi, ritrasse F abitazione
di nostra Donna , che circondò di un vestìbolo o loggiato a co-
lonne d'ordine Corintio, quasi nel modo stesso di quello cheei
fece in Corcona ; e sebbene nella prospettiva non sia corretto , gli
venne eseguito meglio del primo. Fuori è F orticello delizia Ji
Maria , da folta siepe e da cancello tutto ricinto e chiuso alF in-
tomo» figura della quale si serve la chiesa a dinotare la inte-
merata verginità di Lei. La verginella di Nazzaret è seduta su
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294 MEMORIE
povero sgabello; ha la tuiMca dì un rosso languido» il manto
azzurro ripiegato sopra i ginocchi » le braccia conserte al seno,
il volto y se non vaghissimo » carto splendente di verginale can-
dore e della calma dd paradiso: ha U biondo crine alquanto
abbandonato sul collose l'atto umile e devoto per modo , die a
chi contempli quella cara immagine, corre tosta spontaneo sul
labbro V angelico saluto : Ave Maria. E perchè non fosse
alcuno si irriverente e villano, che innanzi a Lei si rifiu-
tasse a quell'ossequio, il buon pittore ne fece in iscritto ricordo
sotto il dipinto (1). La figura ddT Angelo è di una meravigliosa
bellezza. Piegato alquanto il ginocchio; le braccia incrociate sul
petto, con dolce sorriso, con avida espettazione attende il so-
spirato assenso. Non altrimenti descrisselo l' Allighierì nel XXXII
canto del Paradiso (2). Se uno ha veduto la mirabile annunzia-
zione della chiesa dd Servi , e quella bellissima dd Cavallini in
(1) Vi si legge: f^irginit intacimi dum veneris ante Jigttram , pre^
tereundo ca^e ne siUatur Ave, E eopn : muuer pieuuie et totius TriniUàis
nobile triclinium. Maria»
(2) Qual è ^uel' Jngel , die con tanto giuoco
Guarda negli occhi la nostra Begina
Innamorato sì che par di fuoco ?
. . «. . . . Saldezza e leggiadria
Quanta esser puote in Angelo ed in alma
Tutta è in lui , e si wolem die sia
Perchè egli è quegli che portò la palma
Giuso a Maria t quando il FigUuol di Dio
Corcar si volse della nostra salma*
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LIBRO li. GAP. VL Ì95
8. HaroOy avviserà di leggieri quanto la scuola de' mistici in co-
sìffialto argomento vinca di lunga mano i pittori delle età succes-
sive. E bene avverti il eh. Tommaseo la cagione per la quale i
più dei moderni non giunge a dipingere a colori e a parole
ramor vero, il pudore, la fede, la speranza, la calma.del giu-
sto , (che pure in questo dqrinto splendono a meraviglia ) essere
« perchè in noi V amore troppo spesso i la stanchezza dell'odio^ il
pudore è sulC orlo della malizia^ la fede è fede da criticif la
speranza e rabbiosa ^ la calma i più minacciosa sovente della
tempesta » (!]•
Nella Natività ripetè il concetto slesso che negli sportelli della
SS. Annunziata; ed è uno dei più vaghi dipinti e de' meglio con-
servati. La Presentazione al tempio ricorda alquanto il pensiero
di Giotto espresso in quelle piccole tavolette della galleria del-
l' Accademia dd disegno. Né con più verità potrd)be rendersi
l'affetto ddla madre, ed il giubilo del santo vecchio Simeone,
beato di strìngersi fra le braccia il promesso liberatore. Per
quanto abbia sofferto questo dipinto dall' aversi voluto con pes-
simo consiglio, togliere il fondo primitivo per sostituirvi, come
nel capitolo, una tinta laidissima con danno evidente dei contor-
ni, è tuttavia molto bello, segnatamente la testa del vecchio e
della madre. Ma ove l'Angelico vinse certamente se stesso; ove
die saggio del quanto valesse nel disegno , nel chiaroscuro , nel
colore, e ciò che più monta, nella verità e nella espressione,
è per confessione di tutti nella Adorazione dei Magi^ con la qua-
le sembra volesse dare a conoscere, come a raggiungere certa
(1) Nuovi Scritti, voi. 2. pag. 305.
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296 MEMORIE
parfezione nel comporre» noi tardassero le difficoltà deU'arle,
ma si le seyere massime che ei professaya; e come sapesse al-
l' aopo Cbut tesoro delle bellezze di Masolioo da Panicale e di Ma-
saccio, senza ponto violare i canoni ddl' arte cristiana. Per qaét-
tunqne bellissime siano le dae tavolette di qnesto stesso argo-
mento, e dal medesimo colorite, ona ndla galleria degli Uffizi,
l'altra in quella dell'Accademia fiorentina, non pertanto sodo
di gran lunga da <{Uf|sta vinte e superate.
Avea Cosimo dei Medid fatto murare nel convento di s.
Marco un appartamento a suo uso , onde aver agio di mtratte-
nersi famigliarmente con s. Antonino e con i due fratelli del
Mugella Quivi aveva stanziato il Pontefice Eugenio IV, allora-
quando assistè alla consecrazione della chiesa ( 1442 ). Egli ò
adunque molto probabile che questa adorazione dei Magi, allu-
siva alla festa della Epifania , nel qual giorno avvenne quella
consecrazione, fosse dipinta appunto in quel tempo, volendosi
condecorare T appartamento del Pontefice. Dovea pertanto fra
Giovanni Angelico dare tal saggio dd suo ingegno, che ooooor-
dasse alla grandezza dei due ospiti, e all'amore con cui es-
si proseguivano le arti, delle quali Ck)simo principalmente era
munificenlissimo protettore per natura o per politica.
Disegnò adunque con lontana prospettiva i monti della Giu-
dea ; che a non distornare l'occhio e la mente dalla scena che
si para innanzi, tenne non pur disadorni, ma nudi d'ogni ver-
zura. Nel vivo del sasso incavato è il povero ostello che die ri-
cetto al nato Salvatore. La Vergine adagiata su troppo umile
seggio, tiene il divino suo figlio sopra i ginocchi. Le è a man-
ca lo sposo, il quale considera il presente btto da uno dei re.
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LIBRO U. GAP. VI. 297
Innanzi prostrato a terra con segno dì profondisslnoa adorazio-
ne, e per canizie Tenerando» è il primo de'Magi» Q quale depo-
sto il serto regale 9 con grande aOétto appressa le avide labbra
al bacio dei piedi dell' Infante , cbe con fanciollesca grazia lo
benedice. Dietro da hii è il secondo, che piegate a pore a terra le
ginocdna, mostrasi anzioso di compiere qiiell'nflBcio. Il terzo,
più giovine degU altri , è in piedi tnttora. Viene in seguito nu-
merosa comitiva di fanti, di servi, di cavalli, ben disposti ed
aggrappati ; dei quali alcuni si stringono insieme a caldo ragio-
nare; e a fare avvisati che que' satrapi o principi erano studio-
si delle cose astronomiche, pose neDe mani di uno di questi la
sfera armillare , quasi cercassero render ragione di quella stella
meravigliosa die aveali guidati per via. Concetto assai fdice-
mente sanificata Gli altri sono alla custodia dei cavalli; e som-
mamente mi diletta l'ultimo a destra , il quale vole6do aflBssare
lo sguardo nella stella hicentissima, che sta sopra T ostello del
Redentore, si fe con bell'atto ddDa mano schermo agli occhi
contro i raggi della medesfana. E a dire alcuna cosa dei pregi
artìstici di questo dipinto; pard che la B. V. e il Bambino sia-
no verametite di sovrumana bellezza. Né meglio potrebbe essere
disegnata e colorita la figura del primo dd Magi, né megKo
espresso l' affocato desiderio di appressare le labbra a qud pie-
di santissimi. Uguali pregi hanno le altre due figure dei re , che
vengono appresso, per certa nobiltà e grazia che traluce nd
loro volti ; ma quanto mai può dirsi bello é il gruppo di que-
gli scudieri o cortigiani, i quali raccoltisi insieme, favellano di
quel mirabile avvenimento. Né tu ben sai se più debba lodarsene
la bellezza delle forme, o la varietà delle accondature e dd
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MEMORIE
vestiri, d^ni di qualunque più celebre dipintore. Ninno ricu-
serà certamente di ravvisare in esse una (èlice imitazioiie dì Ma-
solino , essendovi un movimento , una vita, una grazia » che è sol
propria di lui; e ciò segnatamente apparisce nel rilievo mag-
giore che hanno le flgure di questa storia. Le estremità stesse
sono ben disegnate , e lo sfuggire dei piani assai ragionevole. In
breve , non vi è cosa della quale V occhio e la mente non siano
pienamente appagati. Molto è a dolersi che questo dipinto ab-
bia non poco sofferto dal tempo , minacciando in pia luoghi di
cadere l'intonaco; né ben so se più verrà fatto dì preservarlo
da non lontana rovina.
Pregi bellissimi hanno eziandio le^ storie seguenti — Il Ser-
mone di G. C. sul monte, la Trasfiguraztane ^ e l'Istituzione del
ss. Sacramento , nella quale, seguitando il modo tenuto dai giot-
teschi, l'Angelico figurò gli Apostoli seduti aQa mistica cena,
e G. C. avente il calice nella sinistra, e con la destra mano
porger loro nelF ostia consecrata il suo corpo ed il suo sangue.
Niuno sperì giammai di potere si maestrevolmente esprimere sul
volto de' discepoli la grandissima meraviglia , la tenera divozio-
ne e r impaziente desiderio di nutrirsi di quel cibo divino; né
la maestà e l'affetto insieme dd Redentore. fiélV Orazione di G*
C. sul monte degli ulivi, assai mi aggrada il modo tenuto dal pit-
tore, che a far meglio apparire la fiacchezza degli apostoli, i
quali in quel crudele trambasdamento del maestro si erano
abbandonati a profondissimo sonno, fece in un fuor d'opera la
Nostra Donna e Marta in atto di orare e di meditare. Molti
pregi si ammirano nel Tradimento di Giuda, ma forse assai più
nella storia ove ritrasse G. C. \iliposo dalla sbirraglia di Erode.
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Libro u. cap. vi. 299
Come al fìiUxre non pativa T animo di figurare la santa uma-
nità di lui , con atti troppo indegni Tituperata e derisa , stadio
modo di fare in alonna guisa appérire sotto le umili spoglie
mortali, la sua divinità. Pdse pertanto G. C sedato in trono
eoo grandiarima maestà , bendati gli ocehi, ma trasparenti dal
Tdo, severi e qaasi minacciosi. Pose a lui nella destra il ^ot»,
nella sinistra in Inogo di scettro, nn mazzo di verghe, e solo
redonsi accennate le mani ed Q volto dei belèggiatorL La bian-
ca veste che lo ricopre ha facile e bellissima andatara di pieghe.
Dappiedi dd trono fece sedati, h Vergine Addolorata alla de-
stra, ed a sinistra s. Domenico; il quale con atto vero e gra-r
zioso, tenendo un libro sur i ginocchi medita profondamente le
nmiliaziooi del Verbo Divina Per simil guisa in luogo di effigia-
re Gesù Cristo sotto il tempestar dei flagelli, feoelo bensì legato
aUa colonna, ma noti già vi ritrasse i carnefici intenti a qudl'atto
spietato; pose in qudla vece di contro al medesimo il santo fon-
datore dell'Ordine dei Predicatori, che denudate le spalle, si di-
sciplina. La Crocifissione oolorl in più odle; e in quella abitata
dall'autore delle presenti memorie, ritrasse con devotissimo
concetto, G. C che sale il patibolo , offerendosi spontaneo alla
morte, e d'appiedi in atto di venir meno la madre fra le brac-
cia della Maddalena. Nella cella contigua , appiedi del crocifisso
ritrasse la Vergine dolentissima, s. Giovanni che, mal potendo
reggere alla piena dd dotoro, piange dirotto; quindi s. Dome-
nico e s. Tommaso di Aquino rapiti nella contemplazione di
quello ineOabile mistero di amore.
Omesse le altre, dirò di tre che, dopo l'adorazione dei Magi,
mi sembrano vincere tutte le ricordata Nelle Harie al sepolcro
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300 MEMORIE
ritrasse, giusta Fe^resmno eyangeiica, inoayatd nel vivo sasso
un capevote recinto, entro del quale yedesi di bianoo manne
e scopercfaiMo il sepolcro dd Bedentore. Nella superior parte
del medesimo é G. C. risorto, avente neUa destro il segno tri-
onfale. Le pie femmine, venate a porgere estremo niBcio i
lagrime , di baci e di profumi alla adorata sakna dd Salvatore
sono tre figure egregiamente disegnate; e con segni di si pro-
fondo dolore, che in rimirorle l'animo è grandemente com-
mosso. Quanto mai può dirsi bdlo, e non per mano mortale
ma celeste coldritOy è l'angdo, il qnale sedato sai labbro dd
sepolcro, con graxia beUissima accenna e dk» alle sconscdite»
che Cristo è risorto. Feceìodandio in un ftaor d'opera e in meoa
figora s. Domenico, die medita la gloria di quel risorgimento,
ed è improntato di una soavità veramente angeHca. La parte
supcriore di questo dipinto ha patito non lieve danno. Ndla Di-
scesa al Limbo dei Padri, che egli ritrasse nella cella di s. An-
tonino, parve al chiariss. prof. Rosini avere di iorza e di poe-
sia vinto e superato sé stesso. Sol limitare di oscorissimo speco
vedesi la figura nobilissima del Redentore, il quale con atto ed
incesso trionfale, atterrate le porte infernali, schiaccia sotto
di qudle Ludfero, ndla stessa guisa che vedesi ritratto dal
Memmi nel capitolo di s. Maria Novella. Pensiero derivato dai
gred nei giotteschi. Il Salvatore porge la destra al primo pa-
rente, dietro al quale, con ansia e giubilo grandissimo, si strin-
ge, incalm e preme la turba innumerevole di quelle anime av-
venturose. Quante fiate mi posi a considerare questo dipioto,
nel quale è gran verità di espressione unita ad un felice oon-
cdto, altrettante dovd confessare, che se la naturo soavissima
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UBRO n. GAP. VI. aoi
deir Angelico parea averlo creato solo a significare teneri e de-
▼otì conoqyimenCi; era in Ini non pertanto si i^rrido immagina^
re, e si svariata e tanta la copia delle immagini, che potea di
fecondità e di bellezza gareggiare con i più lodati.
Ultima delle storie a fresco , e sopra tatte le altre bellissima ,
odia quale appare sovrano maestro nel rendere le ineffabili gioie
del cielo, è la tncorcnamne della Vergine. Se con molte lodi
abbiamo encomiata quella in tavola nella I. e R. gallerìa degli
UflBzi, questa parci eziandio pia celeste. Noi tenteremo bensi de-
scrivere il modo tenuto dall'artefice nel significare con linee e
colorì questo suo devoto concetto; ma a rendere in alcuna guisa
l'Impressione die desta la vista di un tale dipinto, confessiamo
non bastarci r ingegno e h parola. Sopra candida nuvoletta,
tutta da vaga iride circondata , ritrasse la Vergine bianco vesti-
ta. Le braccia ha conserte al seno, il volto atteggia(o a cele-
stini sorriso, e la persona alquanto inclinata in atto di proten-
dersi verso del Figlio: e stava tutta umile m tanta gloria (1).
n divin Verbo, in cui ella s'incnise, siedde aUato, e fa segno
di incoronarla. Non che ei regga con le mani l' aureo diadema ;
die anzi appena il tocca con Y estrema parte di esse , quasi in
atto di inviarlo a dngere il capo ddla Madre. Pensiero sublime
che richiama alla mente il fiat della creazione. Ha egli eziandio
bianca la veste, h quale sul candore delle nuvole, solo da leg-
gera tinta di chiaroscnro ombrata, rende immagine di cosa
non pur leggiera, ma aerea. E se l' Angdioo nel magistero dd-
le pieghe è sempre perfetto, in queste è piuttosto meraviglioso.
(1) PmABCà.
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302 MEMORIE
Dappiedi dipinse (re santi a destra e tre alla sinistra, qodi
ogoalmente da candida nube sorretti , estatici , innamorati con-
templano quella gloria. Qui parci viemmeglio seguitare la cau-
stica dell' Àllighìerì; conciosiachè dispose queste sei figure sopra
una linea semicircolare , quasi una di quelle ghirlande di spìriti
beati i quali di continuo cantano e danzano intomo al trono di
Dio: e sono s. Paolo, s. Tommaso di Aquino, s. Benedetto, s.
Domenico, s. Francesco e s. Pietro Martire. Tutti a un modo
stesso tengono sollevati gli occhi e le mani al cielo ; e trahice
dai loro volti un gaudio, una beatitudine che in vederli sem-
bra essere rapiti fra il consorzio dei comprensori. Questa storia
è condotta con tmte cosi dilicate e trasparenti , con tale e tanta
soavità di pennello, che in luogo di un dipinto, tien forma di
una visione celeste; e forse tale apparve veramente al devoto
dipintore nell'atto di colorirla (1). Nel secondo dormentorio sul
muro fece eziandio la B. V. col Figlio, circondata da molti santi,
tutte figure ben disegnate, e nel tingere delle carni e dei panni,
assai maestrevolmente condotte.
Questi sono a mio avviso i più pregevoli freschi dei qaali
si adomi il convento di s. Marco; la più parte benissimo con-
servati, ma per somma disavventura non è lo stesso di tutti
quelli che fece nelle celle a mano destra del secondo dormen-
(i) Di questa incoronazione ne fu catata alcuna copia dal P.
Serafino Guidotli, religioso di questo stesso convento, il quale, se-
guitando le tracce di fra Giovanni Angelico e di (ra Bartdomeo della
Porta , fa concepire la lieta speranza , che gli esempi di quei sommi di-
pintori Terranno rinnovati da questo loro confrateUo.
L
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UBRO U. GAP. VL 303
torio, i qoali venneio danneggiati per modo che alcuni sono
aflatto perdati; e altri da poiteriorì ritocdù condotti a stato
deploraUlissima
Questa preiaosa galleria , questo monumento insigne della
pittura italiana, nei primi del corrente secolo doyea essere di-
strutta da barbari yenuti a civilizzare ritaBa; i quali nella
loro sapienza avvisavano, che una piazza alquanto più vasta
della presente, importava assai meglio dbe tutti queisti dipinti
dell'Angelico e di fira Bartolommeo ddla Porta. Grazie al patrio
amore del cav. Alessandri si abbandonò fl pensiero di quella
vandalica demolizione.
M««M|
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30i MEMORIE
CAPITOLO VIL
Dipinti di Fra Giovanni Angelico per altre chiese della città
di Firenze.
I^on era il nostro pittore cosi intento ad abbellire la sua chie-
sa ed il suo monastero , che si rifiutasse a compiacere gli amici,
e qnanti a lui ricorrevano onde avere alcuna devota immagine;
ma per la somma gentilezza dell' animo , come riferisce il Vasari ,
a chiunqiie ricercava opere da lui diceva che ne facesse esser con-
tento il priore f e che poi non mancherebbe. I Domenicani di s. M.
Novella vollero, che come la loro chiesa adomavasi coi dipinti
de' più insigni pittori fiorentini, non vi mancassero quelli di un
loro confratello, che nell'arte cristiana avea rinomanza di som-
mo. Lo invitarono pertanto a colorire qualche storia nel tra-
mezzo della chiesa ; e a quanto narra il biografo aretino , fecevi
s. Domenico, s. Caterina da Siena , s. Pietro Martire, ed alcune
storiette piccole nella cappella della incoronazione di nostra
Donna. Le quali pitture, o in tavola fossero o in muro, più
non esistono; perdute forse nel rinnovamento di quella chiesa,
quando con tutti gli a freschi della scuola giottesca, perirono
eziandio le stupende figure dei dodici Apostoli , opera rarissima di
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LIBRO IL GAP. VIL dOS
Masaccio (1). Sorte alquanto m^iUore acvrenae aHe bdUniBie
toTofette colorite da fra Giovanni Angelico molli anni innanzi,
per frate Giovanni Masi» religioso dì quello stesso convento ; ed
ermo qnattro refiquieri, e un adornamento dd cereo pasqua-
le (2}. Al presente non rimangono che tre, derubato 9 quarto,
s smarriti gli ornamenti del cereo. Io non ho mai veduti i primi,
che non provassi un senso dolcissimo di ammirazione insieme
e di affetto Yerso questo pittore: tanto sono belli, devoti e
graaJosL Fece in uno la incoronazione della B. V. con un coro
di angioli; e nel ritrarre questi spiriti celesti egli è sempre
vario, copioso e impareggiabile: appiedi del trono è una mol-
titodiue di santi cosi ben fatti, che non può vedersi cosa più
cara di quella. Nella base effigiò la Vergine e s. Giuseppe che
adorano Gesù bambino, con alcuni angioletti dai lati. U secondo
reliquiere divise in duo compartimenti ; nel primo ritrasse V An-
(i) Ore al pftsente è 1* altare del RoMrio era ne* tempi andati un
CrociflMo acolpito da Masaccio, e dai lati coloriti a buon fresco dal
medetimo alcuni tanti. Il CrocìBfso fu trasportato nella sacristia ove si
vede anche al presente, e le pitture rimangono occult|ite da una infe-
lice tavola del Vasari dipinta nel 1570 per la quale ebbe 1800 lire.
(2) « Habemus et multai plurimorum sanctorum reliquìai, qua$ qui"
dam fr. Jeanne» Masius /iorentinu» multae devotionis et taciturnità^
tis vir, in quatu^r inclusi t tabellas, quas /r. Joannes Jìssulanus pictor
cognomento Jngelicus, pulcherrimis beatissimae Mariae f^irginis et
sanctorum angelorum ornavit figuris, Obiit fr. Joannes Masius anno
MCCCCXXX. » BiLiom, Chronica MS. cap. XfX. pag. 24. Nel mano-
scritto si legge veramente 133S, ma debb' essere un errore di cifra.
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aOG MEMORIE
Bunàaziooe , nd seoondo radoraziooe dei Magi; ed è mimbOe
come io spazio tanto ristretto potesse racchiudere tante e si
graziose figurine. Nella base sono alcune sante Vergini e la no-
stra Donna €xA Figlio in bracdo. Nd terao ripetè il concetto
del tabernacolo che è nella galleria degli Ufllzj , con questo solo
divario, die la Vergine in luogo di essere seduta è in piedi; e
come in quello yi fece intomo un bel coro di Angioli che canta-
no, e suonano alcuni strumenti. Nella base in mezze figure Teoe
s. Domenico, s. Tommaso di Aquino, s. Pietro m. e due Angidi.
E dappoiché abbiamo preso a faydlare di queste piccde tavo-
lette, accenneremo eziandio brevemente qudle delle quali si
adoma la galleria degli DfBzj , e che a mio avviso erano gra-
dini di più grandi tavde; non aveòdo egli giammai ritratto
alcun santo o santa, che dappiedi dd quadro non ne narrasse
la vita con piccole e bdlissinse storie. Già abbiamo ricordato
l'adorazione dd Magi e le due storie di s. Marco che vennero
tolte al tabernacolo dell'arte dd Unaiudi. Sono in quella stessa
galleria altre due della B. V. ed una di s. Giovanni Battista,
cioè, gli sponsali ed il transito della Vergine; eZaccheria che
impone 0 nome al figlio Giovanni. Della prima cosi scrìve il eh.
prof. Bosini. « Essa ( la Vergine ) ebbe dalle mani , o per dir me-
glio dal cuore dell'Angelico una tal purità di forme, una tal
soavità dì sembianze, un tale accordo nella disposizione delle
figure; che nella cara e semplice espressione de' castissimi afTetti
supera quanti a lui furono innanzi ; e lascia indecisi , se RaOadlo
stesso lo vincesse nd famoso quadro di Brera, che copiò dal mae-
stro 9 (1). Ha rara veramente, anzi divina è quella che rappre-
(1) Sioria della PiiUtrm, tot. 2.^ ptr. 2.* pas* 257.
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LIBRO II. GAP. VII. 307
senta il transito di Maria. Oh B caro dipinto che è quello! Fa di
mestieri Tederlo per conoscere quanto nella miniatura, cui si bene
somiglia per la diligente esecuzione, valesse questo insigne pittore.
In esso fedelmente mantenne le tradizioni degli antichi maestri in-
torno la leggenda della B. V. e tì traluce un affetto ed una me-
lanconia che riyela la commozione grandissima che provava il
buon frate nel colorirlo. Fece pertanto la nostra Donna distesa
svi feretro: e a dinotare die la morte non potò in guisa alcuna
oSendere quel corpo santissimo ove degnò abitare il Verbo del
Padre; ritrassela quanto mai dir si possa bellissima, e più si-
mile a chi dolcemente riposi che a corpo di estinta. Intorno le
fon corona gli Apostoli , venuti a porgerle estremo uffido di
lagrime; sul volto dei quali leggesi un dolore intenso insieme
e rassegnato. Due Angioli facenti le veci di accoliti sono da cima
al feretro, e pongono in mezzo un apostolo che sembra pro-
nunzi parole di benedizione e di laude sull'estinta. Ha ciò che
veramente rapisce, ò la figura di G. C disceso dal cielo, rag-
giante di luce , e in veste azzurrina su cui splendono innumere-
voli stelle d'oro, il quale tolta aSettuosamente fra le braccia
r anima di Maria ( che il pittore figurò in una vezzosa bambi-
na ) benedice pria di ritornare al cielo il corpo di lei Concetto
die alquanto meno felicemente aveva eseguito in Cortona (1).
(1) L'insigne storico odierno «Iella nostra pittura, ci badato incito
un transito della B. Y. di Paolo Teneto, dipinto in Vicenia l'anno 1330,
nel quale si vede come in questa tavola dell'Angelico, G.C. che con-
duce in cielo r anima di Maria in foima di una veziosa iKimbina nelle
fascio; e vi è un coro di angioli tanto belli ^ che solo dall'Angelico
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306 MEMORIE
(Suodaramio la serie dà dipiiiti faUi per la dita di Firen-
ze due tav(^ die sona i due capi lavori delf Angdieo » e
nelle quali panni trionfar yeramoite l'arte catana. Se in b-
Tellando di questo pittore troppo sovente ho domto meco slesso
dolermi 9 che la natura dandomi un forte «eotìre, mi abbia poi
dinegato il dono di piò eloquente parola » sempre che yedo la
deposizione della Croce ed il Giudizio finale dd medesioM), con-
fesso che fora meglio tacerne; inq^erciooohè le belleae di cui
splendono sono cosi remote dai sensi, cosi improntate di un'
estasi divina, che la eloquenza non ha vocabcdi a beo signiO-
carle. È un armonia oelesle che indirta l'anima di santa ed
ineflabile voluttà; e quanto è piò profoodameote sentita, meno
è conceduto di esprimerla.
La tavola ddla deposizione della croce, che dalla chiesa
di s. Trinità per la quale era stata dipinta, passò negy nldmi
tempi neDa I. e R. galleria deU^ Accademia dd disegno, è alta
intorno a palmi sette e larga presso che otto; ndla parte su-
periore ha forma di sesto acuto ornata di tre cuspidi o trìan-
girii, i quali sono divisi dalla tavola principale per una cornice
dorata. Non pure i cuspidi, ma la cornice stessa che tutta ri-
dnge il ipadro, sono vagamente intagliati e dipinti, quelli a
piccole storie, e questa ornata di molte e bdUssime figure di
poBOO estere ^po dirò superati, ma eguagliali» fliuoo speri gianoMÌ
raggiungere Taffelto e la iugenuitlk di questi cari dipinti. Le tre taTO-
lette dello sposalizio e del transito della B« V. e la natifità di s. Gio**
▼anni Battista sooo state incise per Y opera — GalUrim di Firenu Bluitrtìr
ta. Serie 1." Taf. XXX, CV e CVL —
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LIBRO IL GAP* VIL 300
Baoti p l^^llaoia niaggtori ntiUa djaiaosi^M oertauMMalpiè
perfeUi di qudli ebe per od simile adomameoto feee o^ait-
Tcfia perogÌM più foUe rioardata. lìwv^ b .^paMA It nionte
Catraifo» e oootm Tusato, eoo pioetic^ie deyoto «otiMto; adMn-
jmIIo di fiori e di yermiLn^.ipm unirne dinotare) ebe al too-
csBieolo delle piaate e dd »«gne preoosissioio di G. CL qodlt
r infame ed arrìda yeUa si rìyestisse keUameote: ddk pia rie*
fia vegetabile. E eiie tale imrero fiMe la «wola iielidq[MCiore
«i dednqe da questo « «hi» i a:iMti dbé Io drcoodaiio, e Ae ih
kntana prospeUiTp fornaimiparte del fondo ddi <ih«1i«^ feci
nudi di opri omaaieoto, ^e ne tccli a gnutdo o ^oasdo akona
pianta, dr palma. BiaU'Qppq^to lato ritrasse eon non moHoifeUda
prospettiva la città di Gernaalenirae» condotta e lavecsàta coi
incredibite diUgeqza. Le figure difese in tm gruppi Nel meno
doe disfceppllp, poggiatp le scalci alla Crooe, «al«ìofl.jcx)vtfc> dèi
Bedentore; a' piedi lo sontegggno doe, dei q/iaìi il più giovioeie
il più oo^miosso è TEvaogelisla Giovanni; on paiolo prostralo a
terra l'adora; e portando la «lano al petto sembra die di«a;
far me A ria ptorul U grappo a sinistra qffire sei figure delle
quali una tiene nella destra la corona di spine^ e qgVa siwtra
i chiodi sanguinosi che tsapassarpno k mani ed i piedi de| $Qtr
vaU)r0, e addila^ ad un vecebip cbe mestissima li ccptempl^.
Pensiero con pari maestrìa espresso da Donatello nei bassi rin
lieTi del pulpito di s., Lorenzo;* e da Pietifo Pemgiwf in ifuella
stupenda depo^imnf di Croce> che io stimo il più prenoso or^
naasenio detta L e B* gaHeria de' Pitti 9ue fra i. discepoli, al^
(issano Io sguardo neU'estinlo naestro; di mesoso ai quali vedcsi
ano chei. mal p^Mendo rwgGPe a^ft pwna del dolore, uè frenare
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310 MEMORIE
le lagrime, nasoonde U yollo fra le palaie, e piatìge 4ìrotU>. E
se non piangi di che pianger eualil . . . U grappo a destra è
composlo delle pie fenuatoe. Chi vuol ritnreiiire la teiera ed aSsi-
tnosa Maddalena h oeroU ai piedi di G. C II pMore figaroUa pro-
strata al suolo in atto di sorreggerli e imprimerri rultimoiia-
do. Oietro da essa ò la Hadre. Oh quanto spietatamente la mi-
sera è ^tra2iata dal dolofe, cosi ehe rocchio erra incerto or
su fesanmie spoglia del Fif^io, or su la mestissima fra le ma-
dri! Né è ohi a quella yisla nen proti un franco di pietk Due
femmine lesiono i panniUni onde intohrervì l'estinto: altre dne
contemplano H crudele tfambasdamo^ di Maria. E quanto mai
dir si poBsa bellisshna è un ultima, sol veduta di fonco, la
quale in?pUa in maolo yioletlo die tutta ne cuopre la persona,
con molta grafia io si stringe sotto del mento, onde ne appare
il volto di lei tutto bcUeaza e leggiadria. Ma eomeoohé molti
pregi si ^mmirioo in queste figure, non pertanto tutte a mio
avviso son vinte da quella di G. C; essendovi una si squisita
noi)iltà di forme, una dolceaea di Hnee, mm morbidezza e tra-
sparenza di mezze tinte, che colma di meraviglia. Il nodo, sol
quale molto studiosamente segnò le tracce deHe crudèH batti-
mre , è più corretto di quanti mai facesse V Angdico ; meglio
intesa la notomia ; uè quasi vi ha traoda di quella durezza
che troppo sovente d offende nei giotteschi.
Nei cuspidi superiori sono tre storie, che gli intelligenli di
quesf arte giudicano di piò antico pittore. In quel di mezzo ve-
desi la risurrezione di G. G. ; in qtidlo a destra la Maddalena
e le Marie al sepolcro; e in quello a manca il notf vm tangere.
Nella cornice poi parte inftlcri, pfflte in mezze figure, sono venti
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LIBRO II. CAP. VII. 311
santi di rara bellezza (1). A compiere Pefletto religioso del suo
dipmlo, e quasi ad associare Io spettatore a questa sua tenera
e devoUi meditazioiìe , scrisse dappiedi in lettere d'oro alcune
sentenze della s. Scrittura allusÌTe alla morte del Redento-
re (9). CiOme nel mirabOe a fresco della adorazione [dd Magi »
amnflrasi in questa tavola un corretto disegno, un yago e molto
lieto colorito; nèDe acconciature e ndle pieghe parmi marayi-
l^ioso; e neir arieggiare dei volti» nòbile, vario, ed espressiva Le
estremità sono ben disegnate e ben disposte su i piani. Solo nella
prospettiva aerea si desidera quella gradazione di tinte, che al-
lontana gli indietro c(d diminuire la luce e 3 crescere delle om-
bre. Arroge, die essendo nelle incamagioni oltremodo langndoe
<filieato, e nd tinger dei panni brillantissimo, rocchio è alquanto
oAso dal disacoonto df que^ eon qneHe. Metto non pur suo,
ma di tutti di qudla scuola. Non pertanto credo non sia chi
voglia dinegare all' Angelico quella lode che tributarongli il Lan-
zi e 0 IV Agincourt ; andare cioè innanzi a tutti che dipinsero a
tempera per la gaiezza dd colore; e congiungere insieme due dis-
paratissioie e quasi opposte qualità di quest' arte , doè il diligente
e quasi leccato finire dd oiiniatori, col libero e franco pennel-
(1) Quatti adoroamenti «ooo siati in parte tacici dal diianiéimo
•Sgnor Antonio PeiletM , con ma breve noatta iHaaCratione pubblicata
ranno 1843.
[2} Plangéni ettm qmmn unigemiuM, ^a irmocens ettinuUus sum
Cam d€9otndengtìm» in laatm — JScee tfuomodo moritmr iuttut et ruma
perei pi t oordel
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312 M E M O % I E
leggiare dei frescanti» Per la qual cosa se tu ^^onsideri i sooi
dipinti assai da vicino e ti pare de' primi ; ove tu li goardi da
lungi lo credi de' secondi (1).
Restaci di presente a far parola di qud giudnio finale che,
fra tutte le maraviglie dell'Angelico, è a mio avviso la pia stnpeiih
da. Da Niccola pisano fino a Michelangioio Boonarroti, qneelo
terribile argomento esercitò l'arte e l'ingegno de' più valenti
artefici , i quali nella più parte, gareggiarono in ritrarre a oo-
(1) Oredìadio far cosa grata al lettore se in luogo delle povere no-
stre parole, daremo le riHessiofii che sa quel dipinto lasciò an assai
-pin doqaeiite scrittore « OA/ ifuetle Bur4éondanc9 d^ amour de 'Dieu,
it immensi €t ardente contn'tion devait avqire ce cherjra JngeUca le
jour ou il a peint cela! o&mme il mura mediti et pleure ce jour^^
dant le fond de sa pet^u cellule, sur les soufiiances de notre dwin
Maitre l cliaque coup de pinceau, chaque trait qui en sartait, semblent au-
toni de regreu et d'amour, provenant dufond de son dme* Quelle émou»
vant predi cation que la vue d* un pareil tableau ! • .•Oh delideux chef
d'oeuvre! quel l/onheur , quelle veritable grace que de pouvoire contem^
pler dans cette merveilleuse réprésentation de la passion de iVblre-5ei-
gneur , le coeur tout entier si ardent et si contrit du saint , qiu exìiar
lait ainsi les tentimens de douleur et d'amour doni son àme était
inondée, pendcuit les longues heures qu il passait dans la calme de sa
selitude en la presence de Dieu, ec . . • • . D'autrte y uoient simplex
ment des oeuvre* d^artsi moi ( y aurai psà$é,je lesene^ d* iu^ffMes
consolations , des profonds enseignements, » V. Presso MoDtaleoibiirt
neir operetta : Du f^andalisme et du Catholidsme dans l'aru pag. 97 e
98, — Questa tavola della deposizione di croce è «tata egregianeale re^
sUurata nel 1841 dal sig. Francesco Acciai.
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LIBRO II. CAP. VU. S13
lori ipiaato deHe gioie dei giusti e del forsecmato disperar dei
diuinati avea nel suo carme divino cantato rABighieri. E bene
^▼etano costoro esaoriti fotti i concetti nd ritrarre il tardo di-
singamio, e gli spasimi atroci di que' miseri riprovati; rinve-
nate le piA nuove e le pia orribili maniere di tormenti; nuove
e disusate Torme di dolore ^ cosicché nn sabito raccapricdo in-
Vade tosto la mente e fl eaore alla vista di quella scena ter-
ribile^ che parano innanzi il Signorelli in Orvieto, e il Buonar-
roti in Roma. E invero l'uomo per Imighe e dure prove»
é ammaestrato del (fotore; e ben sa egli con veri colori e con
eloquenti parole Iritrarlo m tela o in versi : ma ove egli si ac-
cinga a ^^idficare flf piacere , a lui vengon tosto meno le im-
magini » e le forme onde rivestirlo. Componendosi pertanto quel
dramma del giudizio finale di due parti disparatìssime; cioè
r estremo gaudio e P estremo dolore, quasi disperavasi di ben
rendere il primo; percioccbè , ore Dio stesso non riveli ali* uomo
alcun saggio delle gioie del cielo, come varrà , egli miserissimo,
a significarlo con parole o colori? Al solo Giovanni Angelico
là dò oonceduto; né ti ha chi innanzi o dopo possa conten-
dergfi la palma nel difflcQe sperimento.
Quattro tavole rimangono di lui su questo argomento, due
in Roma e due in Firenze, e sono: la prima nella galleria del
principe Corsini , ricordata da mona. Bottari nelle note atta vita
Ji fin Giovanni del Vasari; la seconda in ^quella Ml fa carA.
Fasch; k terza, e raUima neUa L e R. galleria dell'Accade-
mia dd disegno in Firenze , doò un compartimento degli spor-
telli della ss. Annunziafa, e la tavola già in s. M. degli Angioli
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314 MEMORIE
de'Camaldoleiisi (1). Tulle splendono di rarissimi pregi, ma k
più perfetta a giudizio di molti i qoesl* ultima, la qnale, per
ciò che scrìve il Vasari, era radomaaoento della cattedra o se-
dile ove siede il sacerdote quando si cantano le messe* Questa
tavola è nella sua lunghezza intomo a sette palmi, avente forma
nella sommità di tre archi , dd quali quel di mezzo è più gran-
de^ e i due dai lati più piccoli. Il finsde giudizio occupa quel
di mezzo; in quello a destra ritrasse il paradiso, e in quella
a sinistra rinTemo. Le figure hanno la consueta dimensione di
quelle dd gradini dd quadri. Siede nd centro con grandissima
maestà il giudice dei vivi e dd morti Gli fanno intorno intor-
no corona gli Àngioli, i Cherubini e i Serafini: e la vedi la
Vergine, conserte al seno le braccia, volgere al FigUa ano
sguardo di amore, e porgere l'estrema prece a pvo dd miseri
peccatori. Deh chi varrà significare a parole la trepidazione di
Lei per tanta parte del genere umano? A destra ed a manca
spettatori di quella tremenda giudicatura, seduti sa le nuvole,
sono i Patriarchi, i Proreti, gli Apostoli, la sarie dd quali è
chiusa da s. Domenico e da s. Francesco. Dal fondo in oro dd
quadro sembra partire un torrente di luce che rivela la gloria
degli detti. Appiedi di G. C un Angiolo innalza il I^no san-
(1) Nella prezìotifltima ed unica raccolta di disegni originali dei
pittori Italiani da Andrea Tafi a tatto il secolo XVII nella I. e B. Gal-
lerìa degli Uffizj; che ammonta al novero di ben 27,3S8. re ne ha uno
a penna di fra Giofanni Angelico, rapproeenfcante qr gtudino finale d>-
Terso da quanti io conosco.
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UBftO a GAP. VII. 315
imam» della owe, e due danno fiato iMe trombe, dal cn soam
aeoni iH esthiti, tìioi|;obo dd sottopogtl e seoperciiìatì aTdK.
11 aipremo gMfoe ò la atto dì Admiiiare la sua eterna male-
diiioBe sa i riprovalL Nan mmagini il lettore vederlo odiata la
deatra » eoocMato odk persona, quasi aryentarsi su qoe^i io-
Uieì, come pacqneadaltridi|iiiigerlo;main<pidaTeeesedi]r
to, senza ponto agitarsio scomporsi, rivolger da loro io sguardo»
e solo oon la mano far segno di aUontanarlI dal suo cospetto;
9 quale atto, abbendiè sempHeìssimo, parei piùdcquente e
anUinae di qoatamqne più fiera ndnaeda. Un bneve intervallo
divìda dai dannati g^ eletiL Ificliélangblo nella Sistina ritrasse
igandi ngndmente gli nm e gli altrì; lo Znccheri ndla cnpda
del dnemo di FireoKe fece nkidi i reprobi e vestiti gH eletti; Loca
SignoreW in Orrieto tedne il modo del primo, se ne logli che
solo riéoprl in patte gli eletti ove voleva deeenaa; Fra Giovailni
rivesti' tntfi ngóaladente, cosi die oltre fi decoro, m
nn elietto «orale e rdigioBO di molto rlKevo; polendosi
per quella giiisa più facHmente dialinguere e riconoscere, chi il
pittore ponesse fra i fdicìsiimi , e dii Ara i ricolmi di ogni mi-
serta; dal che può trarre Foés^valore un'i^rtile e solenne aifl«
maestramenla Cosi Dante, non pago di noverare i tormenti al
binali sottopose qnegli sdaguràti, o le gioie che finse gustare gli
eklti; volle non pure dirci il nome de' più ehiari' fra loro, ma
narrarci eziandio i vizj e le virtù per le qadi d)bero sorle co-
tanto diversa; gisvéndo eie a fare viemeglio detestare i primi,
ed ammirare i seooodik Pare che al medesima scapo mirasse l'An-
gelica Quindi tn vedB fra i maledetti persone di ogni età, gra-
do e eondiaiooe, e specialmente assai ministri del santuario; la
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316 M EMO RIE
qoal cosa non TéchiM ttnràiv%Ua a' chi pensa , die allora e»*
levano i giorni fenesUssìmi dello scisnia. Per lo die nM ddhe
ponto la ntoltHodìne di uMinaèl, di pt^Mi^di eardinaB, e quei
ponlefld ohe 10 questo e oeHe altre ùitirieei ritrasse (ra i ripro*
vati, essere eflello di mi santo e gnaaom sdegno éA pittore^ die
gfi autori di; qipeManti mali onde' era stala ne' sqoi tempi trn^
bàta: e diviso ia chiesa, 'daniiarae aUe fàmme eternali. Non al*
trtoenli aiea fritto rAlfighicri'per divarse oagienì a soledne e
f erpeiup àmAiacsiramento dei popoli. Ben fìi chi avrerll come
etfl itàko di tnlU ipesti inféUei, ìa luogo del disperato feirore
che vedasi in qudli degK altri pHtoriy sembri piottòsta aj^MH
jlrvt il disingaDrio» e il dolore grandissimo di aver perduto q«sl
sonfmOtaene, che a loro epmé agli detti ora stato fiserbalo,
s6k> ^ avessero sicooiftie essi esservati i dtvfan eoÉiandameoti.
Strana . e Wzmrra è la ferma dei' deipon| tpxnfata dall' An-
geHoo^ e canvien confessare ohe di ciò gfi matìeasse egei arie
eeonestlo. Divise ^inferno in selle gironi o bolge, in oganna
ddie qnali , secondo la nafnra dei sette risj capitali, sodo di-
versi i tomieiii e ì tormenlali. E qoesta parte del dipinto^ se
nella conlposirioue ikm è <M totlo inficHee, cede di gchn Inn^
ga.al rimanente, cosi nel disegno .come adla eseonione fioto
perei asse! poetica^ toHa dall' AUigUeri, T idea di l|g«rarènel-
riiDa parte deU'inTelmo, i'imp^àlor del tbhmo regno r ehe
ornato di trd teste .
Da ogni bocca dirémpea co'deHf
Un pecoalon n gnisa dC ntarinih
'Si che tre ne boea cosi delentL
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LIBIO IL CAR Vn. 317
Figiva verameote terribilev d^lUiq[iMle nhino i?fia creduto
anfore un. artiila solò adiMlo a ritrane hnmagiai ornate (M
eriesfiale bdleoa. Ma ove trionfisi veramente il pUCore, e rende
ragione di qnel tribfOo cbe a M olfcrirono i p&pi3!& ìmpònen*
dogli il nome di AngdieOf è nella parte destra del quadro ri^
agli dettL Chi mai cedole quelle oare figurine noti M
innamorato d^a VirtA^? Chi non prova nn fi>Hi$9imo de-
sidèrio dì gustala le sante ed ìneScibilt gi6te di qàei'betiearrì^
vali; i quaU compioto il termine -dèlia prova , finiti i giotmi
ddresigUo» Vengono alia sospnrata pàtria , a godere qud pre-
mio die tanto avevano' vagheggiato, e per il quale tanU e si
grandi mali pafiti? iSitA banno B voltò e le braccia rivolte
verso dd Bedentore, e con affi^tlo e cbb gioia grandisiritbé ,
senahumé benedirlo è ringraziarlo di averH collocati nd novero
deTsooi^ttir e éonò principi, goierrieri, pdlegrini, Vescovi,
pontefici'; e un buon numero di fraticèlli; e come in tutti i
snoi quadri (H quésto genere, concedette luogo distìnto a figli
di s. Francesco e di s. Domenico. Ma ciò che veramente di-
letta a vedersi, sono le carezze, i baci e i teneri abbraccia-
menti, cHe'scambianO'COd gli elettì gli angioli che loro tarmo
scorta e difissa nel perìgltoso cammino; i quali inginocchiatisi, si
stringono al seno gli md e gli altri con amore grandissima E
forse fb mente del pittore accennare come gli angioli venerasi
sero in que' corpi V umanità già fatta gloriosa. A questa scena
commoventissima, altra ne succede al tutto meravigliosa. Com-
pinle le oiMMnze fi» gli Angioli e i gnisti , si intreoda una
dffliÉa di questi con quelli in un vago prato smaltato di fi(n*i;
Brillano le kiro vestimenta di innumerevoli e piccolissime stelle
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318 M B H O R I B
d'oro; il loro capo è ééomo di nm gUrlanda dì rofle kiaii*
che e rosse; e Mdo agK ^^ngioli pose sulla fronte ima leggiera
fiaflimella , la quale ooo ò a cfoe quaalo toro afiMsca 4acoro
e bdlesm. Quiodi syelti» leggeri, granosi, e nella danza stessa
«fiorii in soave oonleraplazioQe , carolando, cantando si avviano
alle porte della celeste Gerosalemaie; e quanto pia le si fanao
Ticini sembrano addivenire più aerei i loro corpi e più ksni-
nosi: e non sono appena ginnti alle porte ddla santa dttà/che
più non appariscono se non ^lali fpìriti IqggerissiiBi e aplen-
dentissimi; ed ivi a di:» a due tenentisi per mano, sono jnttH>*
dotti nell'eterna beatitudine. Ove mai il pittore tolse qaA caro
concetto? Ove attinse tante e si svariale beHezm? Qui eonfbs*
siamo venirci meno le imi^agini e la parola (1).
Questi fin qui noverati sono i prinoipaU dipinti ohe l'Angelico
colorì per le città della Toscana si in fresco che in tavnh, macer*
tamente nel numero assai minori del vero; coociosiachò da un an^
tico catalogo che ci ha lasciato Q cronista del convento 4i s. Do^
menico di Fiesole, ne appariscono altri da noi affatto ìgooratL A
espone di esempio, nella chiesa di s. Trinità in Firenze, non
era soltanto la bellissima tavola della deposizione di Croce die
abbiamo descritta , ma un altra eziandio della quale ignoriamo
r argomento. Una ne era nella chiesa di s, Egidio. Alcune ta-
vole minori nelli Oratorj e Confraternite di iandulli, ddle quali
(1) È auto con rarissima paleai»Ae disegnato dal sig. Eaffitflb
BqotHiiati. Un altro giudiiio fiaale alquanto simi^ a quallo MrAocft*
demia fu Tcnduto e recato in Berlino non sono molti ««dì. .
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LIBRO IL GAP. VU. 819
oongregazioni molte ermo m Firenze; alcane erette in s. Maria
NoYdla, ed una m s. Maroo. Bf ijdedti iiipinti non si trora latta
menzioiie presso il Vasari. Al termine di questa vita daremo il
catalogo pUi oompioto èhe per noi siasi poMo avere, delkf pin-
tore di frate Giovami del MogellOi onde far pago i àaUmj dei
stiMfioBi di questo divino arteica
^«•«Ni
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320 MEMORIE
CAPITOLO vm.
V Angelico è mt4M9 a d^pikgert m Ammo, probdlnlmmle dal
Soihmo Ptmkfi^ SUjiimo lY^ e iMiemimfiMsuoee$scre Nic-
colò V. — Suoi dipinti al Vaiiomw e mUa Ètmerra H Momay e
in Orvieto. — Sua morte^ suo elogio e suoi discepoli.
mtm
Jir er tante e si lodate opere essendo ornai chiara per latta
Italia la fama dell'Angelico, il sommo Ponte6ce Eogenio IV
che già ne aveva ammirata in Firenze la perizia del dipinge-
re, e le rare virtù « volendo negli ultimi anni del suo pontifi-
cato aUteUire di pittare il Vaticano, ne porse invito al me-
desimo.
Per il silenzio degli antichi e le oontradizioni de' più recenti
scrittori, mal si potrebbe determinare il tempo in cai egli si
recò in Roma. Imperciocché Giorgio Vasari scrive, die ei vi
andasse a richiesta di Papa Niccolò V. Il di. prof. Rosini se-
guita il Vasari, e determina l'anno 1447 (1). Leandro Alberti
più antico di tatti, sembra favorire questa opinione. Non per-
ei) Storia delia Pittura hai. yoI. II parte 2.* cap. XVII p«g.
257 e aeg.
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LOBO IL GAP. YIU. 821
taDlo akame ragmi , le qiidi a me jctfinìàiio ^ffmtm^, ài
muovono a ciMeift ^Ae ciò arvettisse ne^ uHin adni, 0 al-^
mea^ n^ oKimi mesi della vKa di Eugemo IV. H primo di
questi starici, odia vite dell' Aogalieo, quari dtmeiitteo drqwMF
to aveva soritto, dopo narmia la veimta^ del pittore ia Boma,
d vien dicendo « e perehè al papa (Kioeolè V ) parve fra
Giovanoi, sìcoome era veraoieiite , poteoba di santiisima vtta^
quieta e modesta, vaeaisto TareiveaDovado in quei tempo di
Firenze l'aveva giodi^to degno di quel grado, quando inten-
dendo ciò il detto /rat^» sapplìcòt a snasài^ità die provvedesse
d'un aUrOt pendoocbé non n sentiva alto q governar popoB;
ma die avendo la.sna nel^iooe^ui Hrate ataonoso dei 'poveri,
dottìs»OM> di governo, e timone di Dìo, sarebbe in Ini mollo
me^ qQeBa dignità collocata chef» sé. B) papa sentendo ci6
e ricordandosi die qodlo die;dioeTafra vani; gUfecè la gnoi»
lìberamente; e) cesi fu ardvésoovo di Fhtnse ftate Artoninb
delF ordine dei Predicatori, nono v^amenie per sattM odòt-^
Irina chiarisnmo, ed in somma tale, cbe meritò die AìAriano
VI lo canonizzasse a lampi i nostri, n Goneediito vero il raccontò
dd Vasari, a non incorrere in un grave anacronismo, 'fó dt
mestieri risalire ad on^ epoca alqilanto anteriore, onde stabilire
questo viaggio deU^Angeiioo in Roma. Pel*oioediè monsL Barto^
lommeo Zabarella arcivescovo di Firenze, cui succedette s. An-
tonino, mancò ai vìvi l'anno 1445 sedendo sul trono pontificio
Eugenio IV [1], Non ppò dunque stabilirsi qnd viaggio nel
(1) S. AnUiììii» veane eletto «itiv«ic* <li forante aM pria» di Mar-
zo del 1445 secondo il computo fiorentiao, i quaK piavano priocìpio
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S» MEMORIE
1447 «ooome fèoe fl RotinL Ma ooMSdolo «risodio che Q nic-
oonlo del Vasari non pare sia Mao ma interoriariley aicoome
parve ad alcuni, non pertanto epfaio, Ae B quarto Eugedb lo hi-
rilasae in Roma^eohesopraTTenita la nortedi kri, Neoolò V
800 sncoessore lo rHenene presso di aè per lo scopo medesimo.
E di ciò addurrò in prora, che dal conCratfo fra 0 duomo di
Orrìeto e fina Gioranni Angelico appare indubitato, come questi
nei primi di maggio di detto anno 1417 già si trovasse in Roma ,
da dove scrisse BfjR operaj della ftMrica di qnd duomo per
andarvi a dipingere. Buf^enio IV era trapassato nd febbrajo; e
ai 6 di manso di quello stesso anno» tenutosi 9 condave ndla
chiesa dei fk^ti Predicatori di s. M. sopra Hnerva, gli era stato
dato a socoessore qod Tommaso da Sarzana, del quale si è
di già favellato, e che assoMC il nome di Nkoolò Y. Seaànxh
do pertanto inverosimile che in qucHe prime core e aolledtn*
din! éi un nuovo pontUeato, si invitasse si tosto in Roma
r Angelico; e òhe qnesti appena vi era giunto, g^ remasse il
concito con il duomo di Orvieto per recarsi colà a colorirvi
fl finale giodirio; parmi ragionevole il credere, che egli vi fosse
invitato da Engenio IV nel 1446; e dal snooessore venisse trat-
tenuto per compiervi i già intrapresi lavori. Per questa guisa
si concifierebbero facilmenle le due diverse ophuoni (1).
air anno ab incarnatìone, cioè a 25 di mano; e secondo il computo io«
mano, nel 1446. — Nel giorno 13 di quello stesso mese s. Antonino fece
il suo solenne mgresso in Firenae.
(i) In qnesU sembre «maentire il dk A. F. Eio Y. Poesie Cliré-
tie^e, cap. VI pag. 197.
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UBHO II. GAP. VUI. 823
n nome A Micoélò V Oa sempre caro e venerato premo
qiianli sono amatori delle scieoze, deBe lettere e deBe Mi^
e sapienti reggitori di popoli ; onde a ragiove soUa lapida che
ne chiude le ceneri fti scritto aver egfi dato a Roma i, seool
d'oro. Primo porse qoel noUle esèmpio, che seguitato ppi da
Oinlio II e da Leone X , fece Homa santuario di tutto le utili
e dMte^oli dtedpUne. Salilo al sogKo pontWoìo , inritò con
larghi premi i più sapienti di quel secolo. A bn Yenivano, scrif^e
Vespasiano fiorentino, Kttti gli nomini dotti o di loro propria
wlontA, o chiamati dal Ponleioe. Goadasse aMdtisBimi scrittori
perebè copiasser codioi; e gran numero dà uomini dotti tenne
in corte con grandissime prmryiBioni , aceioccfaò gli autori gred
voltassero in latino, e i gik tradotti emendassero colla scorto
tf ottimi esemplari (I). Lo stesso fervore e la stessa magnili*
cenza spiegè in prò lidie arti, segnatamento neir architettura.
(0 PrsMQ il MsKàtatf « Mttùm lioL Sa^ip€, voi. XXV ptg. 238.
GrafUMme aomme venò per U Ydriione dei greci tenUoti, coticcliè et
Goarioo traduttore ài Strebone donò 1^ sciidij al Perotti per la
traduzione di Polibio 500. GiaiinoszQ Maimetti Q*ebbe COO annui, ac-
ckNxhc ti occupasse in varie opere sacre. Prometteva a Francesco Filelfo
una casa ed un» villa in Ironia, e 10 mila scudi d'oro, se voleva tra-
sportare in latino l'Iliade e l'Odissea. Diodoro, Senofonte, Tucidide,
Erodoto, Appiano Alessandrino, Platone, Aristotile, Tolomeo, Teofra-
sto , e non pochi santi Padri greci si introdussero nel Lazio per ordine
e OHmifiocsBa di Niooolò V o vi fecero più gentile comparsa. V. G. B.
Svoiono JScoi^. I^tUr. dtèU Ugunm, e Siitmmdi S$orùa dtlJLa R^hMìì^
che liaL
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8U MEMORIE
onde Roma e lo stato D'eUwro adbmtnMiita Bomwda Bood-
IÌM e a €eldm Leon Biltista Alberti ^Umo U carioo di mol-
te laUndie^ e a ^pMf oIiAdo di^ enaodb qwOo di uni mo-
va e pfà magniiica basilfoa m onore di & PMio; oaa non rida
che porae le tondattieiita, lìnrlNila qitQila ^kìria a KraoHnite
ed a Giidio IL U Ai^dioo I1016 ai qpgM Podtafioe, ixm pwa
OD Mecenate» ma w anrioo nKtUitùtù, ed in Éhc«to wamm^
lore. Salito ai sogUo pmtìBà^p gli diede a aonapiera qoei A-
pin^oheiper la morte di Sugamo IV ernno pmlMddmeote rìm»-
8ti soltanto incDmiiiciali (1). Seadm WUMalo die avene ooDa-
pagno in qodl' opera il suo discnpelo Benone Goooii, il quale,
come in breve vedremo, lo si^Bilè anoon i» Orvielo;.<opei08iadiè
oltre die aveva eoateri pteaa assai tene la maniora dell'Ange-
li^, era emndio valenlisMio nd ritmrre IkMridMi» pacd, a
negli ornamenti di qoalsivot^ gwnre, qaanto lo aowsdevano
le oondiziooi dell'arte in qnd seodo. Doe cappdle dipinsero
costoro in Vaticano, nna detta dd ss. Sacramento, che fo poi
fatta aUerrare da Paolo HI per dtriziafvi lescale e neRa quale
opera, scrìve il Vasari , che era ecbeBente in qaena maniera sna,
aveva lavoralo in fresco alcune storie ddìa vita di G. Qristo, e
fattivi mdli ritratti di natnrale di persone segnalate di qua' tem-
pi , i quali per avventura sarebbono oggi perduti , se fl Giovio
non avesse fattone ricavar questi per il suo museo: papa Nìc-
cola V, Federig<^itnperatore die in quel tempo veme in Italia,
(1) L'maonimo tcrìttore della tìU MS. étl betdó Gioranoi AmbI*
nici affBm», che l'Angelico dipìoseM m Rmi* la €a|i|»elfci di Eug^oim
lY e;;queUa di Niccolò V.
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LIBRO li. GAP. Via 325
finite AnUHHDO che fo poi arci?e6ooyo di Fireme, il Bioi^lo da
Forli f e Ferraate d' Aragona. » Nella seoonda cappdla » cbe. al
presente s'intitola da Niccolò V, ritrasse alcune storie del pro-
tomartire s. Stelano» e di s. Lorenzo nel modo seguente. Xjoknri
tutta la volta di quella con azzurro dtremare, e trapuntoUa di
moltissime stdle d'oro, secondo cbe usavano i giotteschi; e
come ndla superiore chiesa di s. Francesco di Assisi , nei quat-
tro scomparti ond'è divisa » fece i quattro Evangdisti» e negli
angoli otto dottori di s. Chiesa: e sono a destra al basso,
s. Giovanni Grisostomo e s. Bonaventura, e sopra, s. Gre-
gorio e s. Agostino. A manca al basso, s. Atanasio e s. Tom-
maso dì. Aquino, e sopra, s. Ambrogio e s. Leone, l'ultimo dei
quali é nella pia parte distrutto. Tutti questi dottori si stanno
ritti sotto un grazioso tempietto gotico. Venendo alle storie dei
due santi martiri , fece nelle pareti in aei compartimenti i princi-
*pali fatti ddia vita di ambedue, e gli dispose in guisa cbe tpielli
deD' uno rispondessero a quelli dell'altro, a far meglio apparire
la somiglianza della vita di entrambi, e sono: s. Pietro cbe dall'al-
tare consegna il calice a s. Stefano, consecrato primo diacono, il
quale inginocchiato lo riceve. 11 santo protomartire cbe dispensa
ai poveri la demosina. Sotto eflSgiò s. Lorenzo prostrato innanzi al *
PonteOce s. Sisto dal quale riceve il diaconato. Seguita ndla par-
te superiore la predicazione di s. Stefano , e lo stesso santo innan-
zi al sommo sac^dote degli ebrei , dal quale riceve il divieto di
predicare la dottrina di G. C Nella parte inferiore ritrasse il
ponteflce s. Sisto che benedice a s. Lorenzo , e gli consegna i te-
sori della Chiesa per dispensarli ai poveri , nel mentre che due
armati venuti per rapirli battono l'uscio onde entrare. Viene
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326 MEMORIE
appresso la distiibuzioiie ddle elemosine fatta dal saoto diaocoo
a nna gran moltitudine di poderi e di infermi. Nella sinistra
parete cotori la lapidazione di s. Stefono, e al disotto s. Loren-
zo condotto innanzi al tiranno 9 il qnale posti dirersi strumenti
di morti cmdelissime sotto degli occhi del santo, si argomenta
di scuotere e vincere la di lai costanza ; e in un altro compar-
timento si Tede per una piccola finestra del carcere, il santo
medesimo che fa cristiani i compagni di sua prigionia. Ultimo
è il martirio di s. Lorenza Sotto le predette storie tirò un riooo
fregio di fiori e frutta firamezzate alternativamente ove dalla
testa di un putto, ove da un triregno; poi con bella ordinanza
vi dipinse rose e stelle, quindi un ricco drappo toccato d*oro,
col quale si coonpie T adornamento di questa elegantissima cap-
pella. 1 quali fregi non dubito punto che siano dovuti in gran
parte a Benozzo Gozzoli , odioso e vario in cosiilatto genare di
pittura. Sul merito poi delle storie udiamo il giudizio di due
tra i più insigni scrittori delle arti. Il signor Seroux D' Agin-
court ne ragiona nei termini seguenti. « L' abilità colla quale
questi a freschi sono terminati, è veramente prodigiosa. Nulla
di più dolce all'occhio del loro colorito; poche ombre forti, un
" chiaroscuro armonioso. Da vicino questi a freschi hanno tutte le
grazie della miniatura; da lontano esse producono col vigor
delle tinte tutto V effetto di un pennello libero e largo ec. » Loda
in seguito l'attenzione postaTdair artefice nella facile espressio-
ne del concetto, pargli vedere una felice imitazione di Masac-
cio, e ne loda eziandio la prospettiva delle fabbriche (1). Al-
(1) Storia dell' Jrte, voi. IV parte 2.« pag. 427.
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LIBRO II. GAP. Vili. 327
quanto più distesamente ne ragiona il eh. A. F. Rio. « L'ope-
ra che sola yinoe quella di cui parlo, ( i reliquieri di s. M. No-
vella ] non diirò già in bellezza, perciocché non è dato, ma nella
dimensione e fors* anco nella importanza istorica , è il grande a
fresco del Vaticano, nel quale frate Angelico, invitato a Roma
da Eugenio IV , ritrasse in sei compartimenti i prindpali fotti
deUa vita di s. Lorenzo e di s. Stefano, riunendo per siflalto
modo questi due eroi del Cristianesimo nella stessa poetica com-
memorazione, come è costume dei fedeli invocarli, dacché un
sepolcro medesimo racchiude le loro ceneri nelF antica basilica
di s. Lorenzo fuor delle mura. »
« La consecraziope di s. Stefano, la distribuzione delle ele-
mosine, e meglio che ogni altra la predicazione, sono tre qua-
dri cosi perfetti nel loro genere quanto qudli di qualsivoglia più
insigne maestra; e difficilmente saria conceduto ideare un grup-
po che vincesse cosi nella disposizione come nelle movenze e
nelle fonne , quello delle femmine sedute che ascoltano il santo
predicatore; e se il bestiai furore de'camefid che lo lapidano
non è sanificato nel modo il più eflScace, àétbe attribuirsi ad
una gloriosa impotenza di quella angelica immaginazione nutri-
ta siffattamente di estasi e di amore da non potersi giammai
adusare a quelle scene drammatiche nelle quali fa di mestieri
ritrarre passioni violenti. »
a Le figure sono collocate e disposte con pari grazia e no-
biltà, e in questo pregio che anmiirasi in tutte le opere di
frate Angelico, splende viemeglio nella presente a cagione di
avere con ogaì esattezza mantenute le acconciature e il vestire
propri dei tempi, che ritrasse dai monumenti della prin^itiva
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328 MEMORIE
diiesa. Non cosi nel compartimenti inTeriori nei qoali il pittore,
comecché ugualmente bene inspirato, ha eflBgiati i latti rispon-
denti della vita di s. Lorenzo » (1) .
ÀYTertiremo in ultimo col eh. prot Rosiniy come in que-
st'opera più die in altra, ingrandisse la maniera, e la portasse
a tal perfezione da poter contrastare la palma ai più nobili in-
gegni di qud secolo. Per l'altare di questa stessa cappella di-
pinse similmente una taTola nella quale ritrasse una deposizio-
ne di Croce, che al presente credo perduta (2).
Nel tempo che Arate Giovanni coloriva le storie sopra de-
scritte, il Pontefice a quando a quando si recava a conside-
rarle, e quanto ammirava l'arie e l'ingegno di lui, altrettanto
aveane cara e pregiata la virtù. La storia ci ha conservato un
aneddoto, che noi sull'autorità di fra Leandro Alberti e del
Vasari riporteremo con le parole stesse di qii^t' ultimo. « Fu
fra Giovanni semplice uomo e santìssimo ne' suoi costumi, e
questo faccia segno della bontà sua, che volendo una mattina
'papa Niccolò V dargli desinare, si fece coscienza di mangiar
della carne senza licenza dd suo priore ; non pensando all'autorità
(1) Loc cit pag. 198.
(2) È degno di considerazione ciò che narra Mons. Bottari in una
nota alla Tita dell'Angelico, che ne' tuoi giorni queste storie di s. Lo-
renzo e di s. Stefano erano così poco conosciute in Roma^ che volen-
dole egli vedere, dovette passare dalla finestra della cappella, essendosi
perduta la chiave della porta. Di alcuni di questi a freschi se ne può
vedere le incisioni nella storia del prof. Rosini, e meno felicemente in
quella di D'Agincourt v. la Uv. GXLV.
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LIBRO n. GAP. Vili. 329
dd pontefice» (1). Semtira che neUa dmiefitichezsi di que-
sti bmig^iari ooUoqiD avrenisse quanto abbiamo narrato di so-
pra con le parole stesse dd Vasari intomo l'Arcivescovato di
Firenae. Leandro Alberti il più antico dei biografi di fra Gio-
vanni Angelico» non fa alcon cehno di qnesto fatta Al P. Gu-
l^ielmo BarUM parve non pare blso» ma inverosimile per due
ragioni: la prima ddle quali è, che il Vasari scrisse essere sta-
to oSèrio all'Angdico l'Arcivescovato di Firenze da Niccolò V;
quando per ragione del tempo dovealo essere stato da Eugenio
IV. La seconda» che l'Angelico» piissimo veramente ed insigne
dipintore» non avea però quella dottrina e quella prudènza vo-
tele nei pastori ddle anime (2). E per ciò concerne il silenzio
ddl' Alberti dirò» che troppe cose» anzi la maggior parte ddla
vita di fra Giovanni egli omise» senza che per tale silenzio si
possa rivocare in dubbio quanto egli afferma; perciocdiè in
luogo di fare un'accurata narrazione delle gesta» egli ama in-
teasere V dogio della persona. Che poi Giorgio Vasari invece di
scrivere Eugenio IV. scrivesse Niccolò V. non faranno le mera-
viglie coloro coi ò nota la poca diligenza di questo biografo;
(1) Non è gran fatto Terosìmile che il Pontefice inTÌtasse a desinare
il pittore , come sembra far credere il Vasari ; ma in quella yece parmi
doTcrsi stare ali* autorità dell'Alberti, il quale afferma soltanto che il
Papa veduto un cotal giorno di troppo affaticato e stanco l'Angelico lo
esortasse a cibarsi dì carne in luogo de' soliti cibi magri, secondo che Tuole
la regola de' frati Predicatori.
(2) Fita di $. Antonino e de suoi discepoli, libr. II. cap. IL Fita
di fixt Giovanni Angelico, in una nota nel fine.
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330 MEMORIE
nel quale per consueto è yerìtà dì fatti , e solo errore di anni
e dì nomi. A cagione dì esempio, nella vita dì Gioranni pisano
lasciò scrìtto, che egli scolpi nella chiesa di s. Domenico dì Pe-
rugia il monumento marmoreo del Ponte6ce Benedetto IX. man-
cato ai vivi in quel tempo. Un crìtico poco avveduto, dirdibe
non poter quella essere opera di Giovanni concioasiadìè la (fi-
stanza fra il Ponte6ce e lo scultore sarebbe non di anni ma di
secoli; corretta la cifra IX. in XI. si ha la verità dd btto, avendo
veramente cessato di vivo^ il beato Benedetto XI. nei tempi
dello scultore Giovanni. Per sìmil guisa , errò il Vasari dicendo
conferito a s. Antonino T arcivescovato da Niccolò V. quando ve-
ramente, lo fu da Eugenio IV. ma in questo scambio di nomi
può essere tuttavia vero il racconto, posto che l' Angelico fos-
se a Roma invitato da Eugenio IV. come noi abbiamo mostrato
di credere. Soggiunge il Bartolì, che egli fosse povero o digiuno
di ogni dottrina; la quàl cosa ci vien narrata gratuitamente,
potendone in hri esseme [nù che alla sua modestia non piacque
manifestare, e certamente quanta era voluta nel sacerdote di
una Congregazione delle scienze sacre studiosissima. A coloro poi
i quali non sanno quanto per mala sorte in quel secolo le più
alte dignità della chiesa fossero sovente conferite a persone non
pure idiote, ma non di rado, che è assai peggio, di non pro-
vati costumi , lascerò fare le meravìglie che il Ponteflce volesse
ad un santo pittore conferire l'Arcivescovato di Firenze. Dirò
al presente ciò che io stimo intomo questo fatto. Narra Fran-
cesco Castiglioni famigliare di s. Antonino, e per pietà e dot-
trina chiarissimo, come per la morie dì mons. Bariolomeo Za-
barella arcivescovo di Firenze , Eugenio IV. vedute le pratiche e
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LIBRO li. GAP. Vm. 331
gli inlrighi che da molti si faoeTano onde oonsegoire quella di-
gnità, bea noye mesi soprassedesse a meglio pToyyedervi ; e che
da oleum uomini reUgiosi proposto al Pontefice s. AntoniiiOy co-
me meritevolissimo di quel posto, piacessegli grandemeale il
soggetto, e a lai tal dignità conferisse. Dal che deduco, che se
Eugenio IV. non offerì yeramente l' Arciyescoyato di Firenze al-
l'Àogelicoi, come narra il Vasari, ben può per i consigli di lui
ayerio conferito a & Antonino; quindi se non ci è conceduto
lodare il pittore di im tratto singolarissimo di umiltà per mer
rifiatato cotanto onore, ben potremo ammirarne la prudenza
per ayer proposto al Pontefice un pastore, che fu modello al suo
seodo e ai venturi ddle più rare virtù (1).
Le storie sopra descritte ndle due cappelle del Vaticano
non erano probatHlmilBnte che sol cominciate, quando avvenne,
come si disse, la morte di Eugenio IV. e la elezione di Niccolò
V. ranno' 14f7. Negli ultimi di aprile o nei primi di maggio,
forse per essere sospesi i lavori d'ordine del Pontefice, o più
yeramente onde fbggire Y aria malsana di Roma nella prossima
stagione estiva, fra Giovanni smsse agli operai dd duomo di
Orrieto, offerendosi a dipingere in quella insigne basilica, ap-
punto nei tre mesi di giugno, luglio e agosta Più lieta novella
(1) Epistola D. Francisci CastiUonensis presbyta'i saecuku'is ec,
ad Pratres i. Dominici de Bononia» Ord, Praedic, super vita B, An^
tonii de Florentia ejusd, Oi'd, Arch. Fiorerà, ec. a ita novem mensibus
ambiguus , suspensutque animo Bomanus Pontifex perseverai: cui tandem
subijdenubus vhris religiosis personam Antonii , cum iam antea virtu-^
tem hominis cognovisset, statim eorum consiliis acquievit, » Questa let^
tera è stata inserita dai BoUandisti Ti%\VActa Sanetorum.
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333 MEMORIE
non potea perrenìre ai prefetti di qndla fobbrica , stodiofiìssìfm
di abbellirla con ogni maniera di opere pregiate, e di decorar-
la coi nomi de'più cbiari artefici. Un pittore del merito di fra
Giovanni Angelico , e che di presente era al servizio del Sommo
Pontefice, parve accrescer decoro al nuovo tempio orvietana
Fu per noi narrato con qnanta eoa lode vi operasse di scidtu*
ra nd tramontare del secolo XIII fra Goglidmo da Pisa. Nel 136S
vi era stato invitato frate Giovanni Loca Leonardélli del tenfor-
dine di s. Francesco, egregio mosaicista. Nd 1401 per opere di
musaico ugoalmente, e per colorire finestre di vetro, onP, Fran-
cesco di Antonio Cistercense, orvietano, e quando vi giunse l'An-
gelico eravi forse tuttavia quel P. Francesco Bronacd Benedet-
tino, che ndl'arte di tingere i vetri fa uno dei più valenti pit*
t<MÌ che in quel secolo ricordi la storia. Per siSaHa guisa sem-
brava nata fra ^li ordini religiosi una nobile gara di abbdlire
quel tempio dedicato a Maria. Nel giorno 13 di maggio si racccdr
sero a consiglio i consolatori , i deputali, ed i principali mae-
stri dell'opera del duomo, affine di delibo^ure sulla dimanda di
fra Giovanni Angelico. Egli si ara proffierto di recar seco U di-
scepolo Benozzo Gozzoli che lo aiutava in Roma nei dipinti del
Vaticano, con altri de' suoi giovanL Accolta favorevolmente la
dimanda , risolvettero dargli a dipingere la cappella della B.
V. con r emolumento di 200 ducati d' orò Y anno , più le spese
occorrenti. A Benozzo furono offerti 7 ducati il mese, e 3 a due
suoi giovani; obbligandoli a dipingere quattro mesi deiranno.
A due dì giugno dd 1447 il eamarlengo fé noto ai deputati
dcir opera come « fra Giovanni di Pietro dell' Ordine dei
Pc^icatori aveva accettato V invilo fattogli di recarsi a dipin-
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LIBRO n. GAP. VUI. 333
gere la cappdk nuova , e che si troverebbe in Orvieto nella fe-
stività del Corpo» Domini^ chiedersi pertanto qoali fossero le
pittore che egli vi dovesse eseginre.» Vennero tutti nella deli-
borasBone dì dargli a dipingere il finale giudino in figure gran-
di al vero: e per segno di maggiore onoranza, a lui si confe-
risse il titolo di Maestro dei Maestri y dbe davasi soltanto ai pia
eccellenti, e che nel 1^03 aveva avuto eziandb Gentile da Fa-
briano discepolo o imitatore deirAngelico. n 14 giugno l'Angelico
fermava il contratto con fl duomo; e come quel mese era in par-
te decorso, vollero si obbligasse a dipingere per quelli di lu-
gilo, di agosto e di settembre (a). Seguiteremo lo storico di
quella cattedrale P. Guglielmo Della Valle de'&Onori Gonven-
tnalL «Pose sollecitamente mano air opera il buon idrate Gio-
vanni: ma gli fu di gravissfano dispiacere la morte di Antonio
Giovandli, che gli cadde ai piedi nello stendere un travicello
per bre il ponte ; della qual caduta mori . . . Furongli di aiu-
to in quelle pitture M. Pietro di Niccolò, e Giovanni di Pietro
orvietani, probabilmente nel fare gli ornati; perchè si dice di
costui, che egli dipingeva sopra Maestro fra Giùwmni pittore e
eapo dei Maestri; e cosi continuò a dipingere la volta dalla
parte di mezzo giorno fino al di vent'otto settembre del mede-
simo anno; in cui pagatigli cento tre fiorini d'oro per l'aver
suo e de'suoi compagni, andossene per la via di Roma, uè mai
più tornò m Orvieto to (2). Giusta la sentenza dello storico
(a) V. Documento (Vi.)
(1) Narra il P. Gugliekno Della Valle, che pochi mesi dopo la par-
tenia dell' Angelico convenne rìfrre il tetto alla cappella o?e aveva di-
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334 MEMORIE
suddetto, fece?! Y AngeHoo, il Cristo giudice in atto di maledire i
reprobi, ed il bd coro dei Profeti che sta sopra Finremo, che
alconi anni dopo dipinsevi Luca SignorelU da Cortona, al quale
fu dato il carico di condurre a termine T opera già cominciata
da frate Giovanni. Queste figure furono incise e pubblicate col
rimanente del cUptnto, dallo stesso P. Della Valle nella sua sto-
ria di quel duomo. Ninno die io sappia ayyerti, come il Cristo
giudice iyi dipinto sia una replica di quello che in picctdissi-
me dimensioni -colori negli sportali dell'Armario della ss. An-
nunziata in Firenze. Come V altro della tavola Camaldoknse, egli
è seduto con grandissima maestà ; ed in luogo dì seriiare qudla
calma che noi lodammo nella tavola suddetta , alzata la destra,
con atto di terribile minaccia la segno dì maledire. Che Hicfae-
langiolo Buonarroti imitasse in parte questa figura nel suo giu-
dizio finale della cappdla Sistina, parve verosimile al P. Della
Valle e ad altri. Probabilmente Michelangiolo, non pure il Cri-
sto giudice dell'Angelico, ma assai dovette avere studiato il ri-
manente deir oipetà eseguita dal Signorelli , veduta la quale, sce-
merà in parte 1* anmiìrazione che provasi alla vista del tre-
mendo giudizio del Buonarroti ; conciosiacfaè per il concetto gran-
dissimo , per la bellezza delle immagini e per lo studio del ve-
ro > questo dipinto di Luca mi parve sempre ' cosa veramente
pinto^ dappoiché tì pioveva con danno dell* opera tua. — La diminu-
zione del prezzo dato al pittore contro ciò si era pattuito nel contrat-
to, deve ripetersi forse da questo, che in luogo di dipingere per lo ^-
Kio di quattro mesi non dipinse che soli tre.
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LIBRO n. GAP. Vm. 335
stupenda. Reca poi meravigtia il firanco e corretto dnegno; Fm-
tdlìgeiiai del nodo, l'ardire degli scorti, e h nobiltà delle for-
me: pregi tutti die in un pittore del seccdo XV son degni di
maggior considerazione. Ma ninno speri di Tederò negli detti del
Sigoordli Testasi diyina e le forme aeree dell'Angelico; niimo
speri sentirsi inebriato di quella celeste voluttà, che uno prora
alla vista di qudle care immagini, imperciocché lode siSitta è
sol propria di lui , né altri giammai saprebbe ottenerla. Il eh.
prof. Rosini, considerata l'angustia del tempo, dovendosi in
cento soli giorni fare i ponti, i disegni, i cartoni ed eseguirli,
giudicò non potesse l' Angelico condurre a termine tutto qud
lavoro che a lui viene attribuito; stima pertanto, che il Cristo
giudice sia di Benozzo Gozzoli , e il coro dei Profeti dell' Ange-
Uoo; perdoochò pargli il primo inferiore a questi, ne* quali rav-
visa un lare più grandioso ed una più perfetta esecuzione (1).
Mal si potrdibe accettare o rifiutare questa opinione per la
mancanza di notizie. Solo avvertirò^ come nel dipingere in fre-
sco avesse fira Giovanni cosi franco e spedito pennello, da con-
dorre in brevissimo tempo dipinti eriandio di ricca composizio-
ne e in vaste superficie, nd che venne ammirato dal Vasari, e
k) fia da tutti che vedranno gli innumerevoli a lìreschi che co-
lori nd sua convento di s. Marco. Con i disegni ddT Angelico,
crede il chiarissimo storico della nostra pittura , venissero ese-
guiti, un coro di Angioli die sollevano in alto la Croce, cir-
condata da altri che tengono in mano i diversi strumenti della
passione; la Vergine in mezzo agli Apostoli; e i quattro Dottori
(1) Scoria delia Pittura Italiana , Epoca II cap. T pag. 299.
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336 MEMORIE
della Chiesa coi quattro roDdatorì degli Ordini H^fendicanti* « Se
le composizioni, prosegue a dire il medesimo, rigorosamente
parlando, nnlla presentano di singolare; le arie deUe teste so-
no tutte bdle, Tariate con espressione; come piana di verità è
la mossa di s. Francesoo.»
Qual fosse la cagione per la quale l'Angelico più non si
ricondusse in Orvieto onde compiervi gli intrapresi lavcuri', mal
potrebbesi al presente chiarore. Fcnrse T animo soavissimo del pit-
tore ebbevi, in ftiori della morte del Giovanelli, altre cagioni
di amarezza per conto degli Operai; o i dipinti a lui aflSdati dal
novello PonleOce, che certamente furono graudissiny , non gli
consentirono di soddisCare alle sue obbligazioni con la cattedra-
le di Orvieta E vaglia il vero, non pure dipinse in Vaticano
le grandi storie che abbiamo ricordate, e la tavola col deposto
di Croce; ma eziandio riduestone dal Papa, miniò alcuni li-
bri , che al dire del Vasari erano bellissimi ; e che a lui di già
avanzato negli anni, dovettero importare non lieve tempo e fa-
tica. Altre piccole tavole avrà colorite per i privati cittadini ro-
mani, come i due finali giudizj, che al presente si ammirano
nelle gallerie Corsini e Fesch , se pure non vi furono recati di
Firenze; e segnatamente le due più grandi tavole die pose nella chie-
sa di s. Maria sopra Minerva dei frati Predicatori,' se egli è vero
quanto scrive il Vasari. Ricorda egli pertanto, senza indicar-
ne il soggetto, la tavola per l'aitar maggiore, ed una Nunziata,
che era accanto alla cappella grande appoggiata ad un muro. In al-
cune Guide di Roma, noverandosi i dipinti che sono alla Mi-
nerva, si giudicano dell'Angelico la tavola dell'altare del ss.
Rosario, quella di s. Tommaso di Aquino, e quella della ss. An-
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UBRO U. GAP. Vili. 337
nunziata. H eh. sìg. Giovanni Masselli nelle note al Vasari se-
guitò qudla opinione, forse tratto in errore dalla Guida mede*
sima (1) . L' anouimo Domenicano del con?, di Fiesole, scrittore
di una vita del B. Giovanni Dominici , che manoscritta si conser*
Ta netr archivio di s. Marco, attribuisce a fra Giovanni AugeU-
00 le due tavole del Rosario e di s. Tommaso di Aquino. Un
altra Guida di Roma del 1842 reputa opera di Benozzo Gozzoli
quella della ss. Nunziata (2). Richiesti del loro giudizio alcuni
tra i più valenti pittori romani, n'd)bi assicurazione che quella
chiesa non possiede più alcun dipinto dell' Angelico. E per ciò
che è della tavola nella cappella di s. Tommaso di Aquino , una
ye ne pose Filippino Uppi che era appunto una Nunàata come
scrìve il Vasari , che poi forse veime trasportata nella cappdla
di questo titolo eretta dal card. Giovanni di Torrecremata. Se
non che ci piace avvertire, come l'opinione di coloro i quali giù*
dicarono quella tavola opera <ii Benozzo Goooli , non sia priva
dì alcuna ragione storica; concio»aché oltre la Vergine Annun-
ziata, evvi ritratto con piccole dimensioni, il cardinale suddetto,
il quale prostrato a terra fra una schiera di giovinette, venera
la nostra Donna : accennandosi alla caritatevole instituzione fotta
dal Torrecremata , per la quale certo novero di zittelle ottiene
ogni anno una dote per monacarsi o toglier marito; instituzio-
ne che ergevasi appunto nei tempi che Benozzo (xozzoli era in
Roma. Non dirò se veramente vi si riscontri la sua maniera per
essere molti anni dacché non' l' ho veduta , ma altri potrà dame
giudizio.
(1) y. DoU n.*^ 30 alla vita dì fra Giovanni Angelico.
(2) Roma compiutamenu descrìtta in f^II giornate , pag, 13.
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MEMORIE
Era ornai rAngdioo peryeoato all'aano sessantesimo otta-
vo dell'età sua; avera (fi marayigtiose opere dibellita non pure
Fireiue e Roma, ma Perugia » Cortona e Fiesole; Q nome sac
era caro e Tenerato ai popoli , ai Medid e a doe Romani Poo-
ieficL Ayeya veduta cadere Tantica e rdigiosa scuola di Giot-
lo, della quale egU era l' ultimo fiore; sorgerne una nuova pie-
na di vita, di grazia, studiosa dd vero, avida di fare all'Arte
acquisto di nuova e bellissima gloria ; ed egli in luogo di ac-
cuorarsene, come il vecchio Margaritone, per la caduta ddla
scuola greca, si era in matura età Inchinato all'altezza subli-
me di Masaccio, non digitando farsi discepolo a cui per ragio-
ne degli anni poteva bdlmenle esser maestro. Ma nella rara
perfezione che egli vedeva aggiungersi a tutte le parti del dise-
gno, di questo scAo era sapevole a sé stesso, che ninna teorìa
avrebbe condotti i nuovi artefici a rendere con tanta nobiltà e
grazia le sante gioie del cielo siccome egli avea fatto, non per i
trovati dell' Arte, ma per una fede ardente, ed una accesissima
carità. Né altri giammai ^edo potrà raggiungerlo in questo
vanto, se Dio stesso non gli rivela siccome a lui, parte di qudla
gloria. Aveva pertanto fedelmente compiuta la sua carriera; fot-
ta brillare l'Arte Cristiana di nuova e bellissima luce; ed al suo
secob ed ai venturi portò co' suoi dipinti e colle sue virtù, gran-
di ammaestramenti di morale religiosa. Nel giorno 18 di marzo
ddfanno 1455 andava egli a contemplare nel cielo quelle care e san-
te immagini che avea si bene colorite qui in terra. H Pontefice Nic-
colò y di tanta perdita dolentissimo , fecegli erigere un monu-
mento marmoreo nella sua chiesa della Minerva , sul quale volle
fosse scolpita l' effigie dell' artista , ed una iscrizione , dìff alcu-
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LIBRO U. GAP. Vili. 339
DÌ gùidicaroiio dettata dallo stesso Pontefice, la quale attestas-
se ai popoli il valore e la bontà del pittore , ed insieme la esti-
mazioDe e V afletto del Pontefice, nei termini seguenti
Hic iacet vea pictor
fr. Jo. de Fior. Qrd. P.
M
ecce
L
V
Non mihi sU lau^^ quod eram veltU alter ApelUs ,
Sed quod lucra tuis (/. paapmiras) omnia, Christe dabam :
Altera nam terris opera extanl , altera coelo
Urbe me Joannemflos tìdit Etruriae (i) .
Chiuderemo la yita di tanto artefice col bellissima elogio che di
fcd ci lasciò scritto Giorgio Vasari. « Fa fira (jio?anni semplice
uomo e sanlissimo ne' suoi costami .... schivò tutte le azioni
del mondo, e poramente e santamente vivendo fu de' poveri tanto
amico, quanto penso jcfae sia ora l'anima sua del cido. Si eser-
citò continuamente nella pittura , né mai volle lavorare altre co-
se che per i santi Potette esser ricco e non se ne curò, anzi
usava dire che la vera ricchezza non è altro che contentarsi ed
poco. Potette comandare a molti e non volle , dicendo esser men
fatica e manco errore ubbidire altrui. Fu in suo arbitrio avere
dignità ne' frati e fuori, e non le stimò; affermando non cercare
(1) Farci degno di coDsiderazione il titolo di Venerabile dato al-
l'Angelico tosto morto. Leandro Alberti è il primo che io sappia che gli
dia queUo di beato. '
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340 MEMORIE
altre digoità, €fae cercare dì fiiggire rinfenio ed accostarsi
al paradiso. E di vero qaal dignità si può a qadla paragonare ,
la quale dovrebbono i rdigìosi, anzi par tatti gli uomioi cerca*
re, e die in solo Dio e nel yi?ere virtoosamente si trova? Fu
umanissimo e sobrio, e castamente vivendo dai lacci del mondo
si sciolse; usando spesse fiate di dire che dii faceva qaest' ar-
te, aveva bisogno di quiete e di vivere senza pensieri ; e chi fa
cose di Cristo con Cristo deve star sempre. Non fu mai veduto in col-
lera trial frati, il che grandissima cosa equasi impossibOe mi pare a
credere; e sogghignando semplicemente aveva in costume di am-
monire gli amici. Con amorevolezza incredibile a chiunque ricer-
cava opere da lui diceva , che ne facesse esser contrito il prio-
re, e che poi non mandìerd)be. Insomma fu questo non mai
abbastanza lodato Padre in tutte l' opere e ragionamenti suoi
umilissimo e modesto, e nelle sue pittare facile e devoto; ed %
santi che egli dipinse hanno più (xria e somiglianza di santi ^ cAf
quelli di qualunque altro. Aveva per costume non ritoccare né
racconciare mai alcuna sua dipintura, ma lasciarle sempre in
quel modo che erano venate la prima volta, per credere, se-
condo ch'egli diceva, che cosi fosse la volontà di Dio. Dicono
alcuni che fra Giovanni non arebbe messo mano ai pennelli se
prima non avesse fatto orazione. Non lece mai Crocifisso che non
si bagnasse le gote di lagrime , onde si conosce nei volti e nelle
attitudini ddle sue figure la bontà del sincero e grande animo
suo nella religione cristiana, i»
Non sarà certamente discaro al lettore se aggiungeremo
alcune parole intorno i ritratti che di fra Giovanni Angelico
sono rimasti , o che si crede lo rappresentino ; perdooehè av-
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UBR0 U. GAP. VUI. 341
fiéoe di tolti gli ttoaiini grandi» die ne siano oare e deaidemie
non pure le opttre, i detti e tutto che li ricordi, naa segnata-
mente le sembianffi, nelle spiali siamo usi ricercare e quasi leg-
gere gli intemi sensi ddl'aflùno loro. Primo per somiglianza par-
mi si debba tenere qodilo che il rappresenta sol marmoreo se-
polcro alla Minerva , potendosi credere carato con maschera
di gesso dal vera 11 quale ritratto, malgrado l'attrito cooti-
nno da' piedi, per essere posto per F addietro sul pavimento
della chiesa nell'ingresso laterale della medesima, non pertanto d
rende tuttavia a suflfeienza i suoi Hneamenti* A quanto narra il eh.
prof. Bosini , e se non erro anche il P. Guglielmo Della Valle, il
pittore Luca Signorili rìtrasseb nel suo finale giudizio in Orvieto,
collocandolo accanto al proprio nelle due figure al sim'stro lato
ddl' Anticristo; volendo con ciò oSerire all'osservatore la effigie
dei due coloritori di quella tremenda epopea. Fra Bartolomeo
ddla Pòrta , che non potò averlo conosduto per essergli di non
podii anni posteriore, ne lasdò uno nel suo finale giudizio che
dipinse nello spedale di s. Maria Nuova in Firenze, quando era
tuttavia al secdo; e questo è qucUo che fu dato inciso dal Va-
sari ndla seconda. edizione delle sue vile pubblicate in Firenze
per i Giunti l'anno 15Q8; e ohe assai migliorato sol marmo-
reo della Minerva, diamo disegnato dal chiarissimo sig* RaChello
Boooajuti che gentilmente ha voluto favorircelo con gli altri
che seguiteranno in queste memorie. Se probsdHlmente non offre
i veri lim^maenti dell' Angelico quello eseguito da Carlin Dolce
che vedesi nell' Accademia fiorentina del disegno , ne ritrae pe-
rò a meraviglia l' indole soavissima e grandemente religiosa. 11
suo convento di s. Marco ne possedeva per l' addietro uno iix
22
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342 MEMORIE
tela , non so da qual mano colorito; ed era nella cella di s. An-
tonino. Con lodevole consiglio avevano i Arati di qad convento
trasformata la mmle cella già abitata dal santo Arcivescovo <fi
Firenze, in nna Pinacoteca, ove ammiravansi i ritratti di tatti
qaei religiosi che avevano con la dottrina e la santità ddla
vita onorata la Congregazione di s. Marco. EgU era qoesto ono
splendido elogio, ed un monomento solenne che attestava la
gloria del santo , al quale si deve in gran parte la restaura-
zione ddl' istituto Domenicano. Eranvi pertanto quelli dd beato
Giovanni Dominici Cardinale, dell' arcivesc s. Antonino, dd
ven. Lorenzo da RipafiraCta , di fira Giovanni Angelico, dd beato
Pietro Capucd di Città di Castello, dd beato Antonio Neyrot
martire, del beato Costanzo da Fabriano, dd ven. P. Santi
Schiattesi , ec dei quali ritratti non rimane al presela die
qudlo di s. Antonino e del ven. P. Lorenzo da Ripafratta, ai
quali sembra aflidato l'ufficio di rappresìentare gli altri che già
loro facevan corona (1). Il convento di s. Domenico di Fiesole,
che annoverò i due firatelli del Mugdlo fra i primi suoi religiosi»
e che per non brevi anni gìovossi dell'opera loro e si abbdli
ddle loro virtù , avea collocato il ritratto dell'Angelico con quelli
degli altri chiari per santità e dottrina, nd refettorio dd rdi-
giosi , con la seguente iscrizione
BecUus Ioannes pictoTy moribus et peniciUo
Angelici cognomen jure merito H, C. F,
( hujìis canv, filius )
Questo ritratto più non esiste.
(1) MAocàiàRi, f^ita di s, Antonino 9 libro VI cap. 2.
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LIBRO IL GAP. VIIL 343
Sdh rwuie al prescntó die noi raodamo flMuoone di ok
loro die o dall' Angdioo edocati Tennero alla pittoni , o per
averne seguitati li esempi racilmente ponno credersi suoi imi-
tatori, nd che non spenderemo molle parole. Quattro ne ri
corda Giorgio Vasari, fra i quali però non è aloon IKmtienioano
e sono: BenoEzo Gozzoli, Zanobi Strozzi,- Gentile da FUrìano
ed un tal Domenioo di Michelino. Dd primo tutti consentono
né potria dubitarsene dopo il documento che abbiamo riportato
die è il contratto fra la cattedrale di Orvieto e f Angdica Od
secondo più nulla rimane , o furono i sud dipinti per la somi
glianza dello stile attribuiti a Benozzo o all'Angelica II Lanzi
scrive ohe lo Strozzi si sollerò aul novero dd dilettanti ; il Vasari
soggiunge, che fece quadri e tavole per tutta Firenze, e può
vedersi dna serie de* sud dipinti presso il biografo suddetto, e
meglio ^cora nd Decennali dd BaUìnncd. Domenico di Mi*
cbdino giacevasi in perfetta oUivione, taduto perfino dal Lanzi,
che di mediocri pittori non ha mai penuria. Se non ohe al cfaia^
nssimo dottor Ggje, non sono molti anni, venne fatto rinve-
nire un prezioso documento per il quale d è dato conoscere ,
come quella tavda che ammirasi in s. Maria dd Fiore con entro-
vi Dante coronato di alloro che si presenta col divino poema a
Firenze, ( specie di riparazione che la patria tributava al pia
grande tra sud vati] non era altrimenti opera ddl'Orgagna,
siccome fino al presente è stato creduto, ma si di Domenici di
Hichdino (i). Ma sopra tutti si elevarono Benozzo e Gentile da
Fabriano. Dei quali il primo divide con fra Filippo Lippi la
(1) Carteggio Inedito, yol. 1."
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344 M E 11 O R I B
lode di avere meglio che i waoi conftHnporanei disegnato e colo-
rito il pae§e, e, quanto FOippino Lippi, nmtrata copia, varietà
e beltezsa di edifici. NeHa feoomliià e nella poesia deirarte a
niuDO seeendo, laìMÌè nd palaaao BSceardi in Firenze, e nd
Campo Santo insano lai saggio dd sno Tatore, da nmuer pou^
raatmc^teffibne àipiUori ( Vas. ) Dell' Angelico serbò a mio ay<-
viso, la leggereoa e trasparenxa ddle tìnle, certa grazia, e Taf^
fetto devoto. È però men nobile di lui, ma forse più imma^
naso. Mi sembra eziandio cedergli nd piegare dei panni per
certo tritimie ohe si ravvisa in qodli emndio di Filippino lippi,
e di altri di quel secola
Di Gentile da Fabriano, per ranlorità del Lanzi e dd P.
Ddla Valle, dubitarono molti se fosse da annoverarsi fra i disce-
poli dell' Angelico, adducendo in prova che Gentile nei 1417 già
dipingeva in Orvieto col titolo di mawtro dii maestri Ma savia-
mente ieoe riOettere il prof. Rosini, che quel 1417 è un errore,
torse di stampa, o ima inavvertenza dd P. Della Valle; giacché
in altro luogo ddl' opera stessa, scrive che egli vi andasse nd
1423 e ne porge l'autentieo documento (1). Il eh. eav. Amico
Ricci, in un'opera assai dotta ed accurata sagh artisti dd di-
segno della Marca di Anoona opina, che Gentile da Fabriano
apparasse i rudimenti dell' arte da Akgretto di Nuzio, e qnm-
di, a meglio perfezionarsi, si recasse in Firenze, e che ivi
si rimettesse ai consigli deli' Angelico (2). Alla quale opinioBe
(1) Storia della Pittura hai. Epoca 2.* cap. 2. voi. HI. — Storia
del Duomo di Orvieto. Docamento LXIV. pag. 299.
(2) Memorie Sloriche delle arti e degli artisti della Marca di Jn-
coita. Macellata 1834. 2 voi. io 8.° cap. VII pag. 148.
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LIBRO II. GAP. Vili. 348
DOQ abbiamo che opporrà Se più yeraiuente non si vuol cre-
dere, che il fahrìaoese aTuto avviso della venuta dell'Angelico
io Fdigno, ove come abbiamo altrove narrato è assai rerosì-
nule dimorasse intomo a quattro anni, siasi recato ad anmii-
rame i dipinti e a chiederne i consigli. Di Gentile disse il
Buonarroti, che pari al nome aveva dolce lo stQe. È più no-
bile eziandio di Benooo nell'arie ddle teste, serbando con molta
evidenza tatti i metodi dei miniatori; e se dovessi giudicarne
dalla adorazione dei Magi che yedesi nella galleria dell'Acca-
demia fiorentina, direi cedere al Gozzoli nella correzione del
disegno. Sarà poi lode bellissima di lui avere educato alla pit-
tura in Venezia Jacopo Beffini fondatore e padre di quella scuo-
la nobilissima dalla quale uscirono Giorgione e Tiziano.
»#»•>*
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34G
SOMMARIO
DEI DIPINTI TUTTAVIA ESISTENTI
DI
FRA GIOVANNI ANGELICO
m^m
PERUGIA.
S. Doimnco. Nel coretto dei reiigioH. — La B, V. m trono
col Figlio in braccio; e dai lati due tavole f in una delle quali è
$, Gio. Batt, e s. Caterina V. e M.; e nelT altra s. Domenico e s.
Niccolò di Bari. — In sacristia^ iì piccole tavolette con 12 santi;
una tavola con due storie di s. Niccolò di Bari; e due tavolette con
la Vergine Ànmmziata e t Angelo s. Gabriele.
CORTONA.
S. Domenico. Nella facciata della chiesa sulla porta d* ingres-
so^ a buon fresco. — La B. V.col Figlio m braccio^ e dai lati due
santi Domenicani; nelfarcuccio i quattro Evangelisti. — In chiesa
nella cappella laterale al maggior altare ^ la B. V. seduta in trono
con alcuni angioli e santi dai tatù Chiesa del Gesc'. Una Vergine
Annunziata y e due gradini ^ uno di storie di s. Domenico , e f altro
della B. V.
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SOMMARIO 347
FIESOLE.
S. DoMBNica. In coro, tavola con la B. V. in trono dreondala •
da alami angioli e santi. — Nel refettorio^ a fresco , il Crocifisso
con ai lati s.Gio. elaB. V. NelT antico capitolo^ a fresco^ la E. F.
col Figlio in braccio , in mezxo a s. Domenico edas. Tonmiaso di
Aquino 9 figure grandi al vero. — Chibsa di s. Cbrolaw). La B. V.
col santo Dottore e altri santi. ( V. Mootalembert ).
FIRENZE.
S. Marco afreschL B Crocifisso nel primo Mostro con cinque
lunette in mezze figure. La Crocifissione nel capitolo^ e i ritratti
degli illustri Domenicanù-^In convento 9 ad eccezione di due 9 tutte
le celle del dormentorio superiore^ m nusnero di SS^e tre storie nei
muri esterni. — Nel dormentorio detto il Giotanato alcuni Croci-
fissi di qtuUa maniera.
S. Mabia Novella. Tre Bdiquieri. — Aocaubmia hel Disbono.
Galleria de* quadri grandi. iV.° 15. La Deposizione di Croce. Gal-
leria dei piccoli quadri. N^ 14 e iV.® 20. Due tavolette rappresen-
tanti il b. Alberto Magno e s. Tommaso di Aquino disputanti dalla
cattedra. iV.** 30. Lo B. Y. col Figlio in braccio. iV.** 39. S. Cosimo
eftf guarisce un infermo. N.'^ 43. Deposizione di Croce N.^ 44. // fi-
nale Giudizio. N.^ 45. La Tumulazione dei cinque martiri; cioè de* ss.
Cosimo e Damiano con i tre fratelli. N.&i. Una Pietà con gli stru-
menti della Passione di G. C. N^ 56. Otto tavole j ossia gli armar}
della ss. Annunziala conSH storie della vita diG- C— Salone delle
esposizioni. N.^ 14 La B. V.in mezzo ad alcuni santi. N.^ 15. Una
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348 SOMMÀRIO
larda consimile. iV.^ 18. La B. V. in mezzo a due angioli e ad alcuni
santi, — Galleru degù Uffizi. Primo braccio. Gran tabernacolo
con la B. V, in trono ed alcuni santi. — Una tavola già in s. Pie^
tro martire, con la B. V. e alcuni santi [*). Scuola IbsoasUL La
Inc^onazione della B. V. e le 6 twtokttè ^ àoè FAdorasione dei
Magi ; due storie di s. Marco ; lo Sposalizio ed il Transito ddla
B. V. e la Natività di s. CHovanni Battista.
ROMA.
. Vaticano. La cappella del Pontefice Niccolò V colorita a fre-
sco con le storie di s. Stiano e di s. Lorenzo martiri. CkUleria. Due
tavolelte dei faUi di s. Niccolò di Bari. — Galleria Valentmi^ la
parte di un gradmOy forse ag^aartenente alla tavola che vedesi nel
coro di s. Domenico di Fiesole. -^ Galleria Corsini^ un giudizio fi-
nale.-^Galleria Fesck f un giudizio fintile.
ORVIETO.
Cattsdralb. La volta della eappella della B. F. grande a fre-
sco con la parte superiore di un giudizio finale, compiuta poi da
tuca Signorelli.
M O N T E F A L C 0.
Chibsa dei RR. PP. Fbancbscani. B eh. prof. Basini affermi
essere presso dei medesimi alcuni dipinti di fra Giovanni AngelicOf
ma non dice che rappresentino.
(*) È stata di recente trasportata nella L e R. Galleria del Po*
lazzo Pitti.
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SOMMARIO 3tt
PARIGL
LocTBB. Ihwto con la IncoromxUme deUa B. V.eyngradmo
dei fatti di s. Domenico.
BERLINO.
Mdsbo Rbaub. S. Domenico e s. Franceico che $i aUraceioM
(V. MoDtaknibat. Da (ktbolioifliiie et iaYmidistoidy^Un fi^
iiofe ^mltjiio. ( Foilod , de r art en Alternagli
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350 MEMORIE
CAPITOLO IX.
Notizie di Frate Bartolomeo Coradini pittore UrUnUe
volgarmente detto Fra Carnovale.
■ ■>■ I
v^e di Bartoloineo Ckuradmì* pittore arbioate noo volgare,
quel solo ci fosse dato oonoficere che al Vasari , al BaUÌDUcd
e al Lanzi è piaciuto di scriverne, questo soltanto ci saria ma-
nifesto: essere fiorito in Urbino sol tramontare dd secolo XV
un dipintore cui il volgo, forse a cagione dell'aspetto prospe-
roso e dell'indole amena e festevole, impose il nome di Carwh
vale: aver colorita una tavola per la chiesa dd Padri Minori
di quella città ; e sulle opere di questo lieto frate avere studia-
to in giovinezza Bramante Lazzari, e il divino Raflaello. Grazie
però alle accurate ricerche del dotto e infaticabile P. Luigi
Pungileoni de' Min. Qmvent. ; la cui perdita piangono tuttora gli
amatori delle arti belle, ci è conceduto al presente di conoscere
alquanto meglio la vita e le opere di questo pittore Domenicana
Neir elogio storico di Giovanni Santi dì Urbino padre dì RaCTaello,
il Pungileoni inseri una lunga lettera, nella quale racdiiuse quante
notizie potè rinvenire del Goradini , e la intitolò al eh. Marche-
se Antaldi, delle arti amatore e conoscitore grandissimo (1). Di
(1) Elogio Storico di Giovanni Santi pittore e poeta, padre del
gran Bajffaello. Urbino per Vincenzo Cueirinij 1822 un voi. in 8.^
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LIBRO IL GAP. IX. 351
questa stessa lettera arricchiremo pertanto le poTere nostre
memorie, solo aggiungendovi in fine alcone considerazioni , die al
Pungìleoni non consentiva la ristrettezza della totmsL epistolare.
•r Al rCOBIL uomo SIG. MaICìDSSB RaUH)IIIK> AlfTALDI
Patuzio e GoNFAomiBftB d'Ubbino
« L' amore con cui ella riguarda le arti belle e le colti-
i va mi eccita a ragguagliarla di quanto mi è avvenuto di
i scoprire sa la vita dd pittore Bartolommeo delF ordine dei Pre-
c dicatori , figlio di Giovanni di Bartolo Coradini e di Hidielina
e di coi ignoro Q casalo. Di non commude talento fornito dedi-
« cossi agli stadi sacri ed alle arti imitative , superò la medio-
< crità, e sarcfebesi acquistata lùaggiore riputazione nella pittura,
< se 1 doveri di oomo di diiostro e di Pievano , qual ei fti del ca-
< 8tdk> di Cavallino, non gli avessero tratto sovente il pennello di
< mana Varie notizie ricavate da un libro di amministrazione di
< questa fraternità di s. M. della Misericordia mei £atnno suppor-
« re creato ( allievo ) di fra Jacopo Veneto suo confratdlo (1). Dob-
(1) Loc. cit pag. 47. « Da un libro dell' ArchÌYÌo dì S. Croce scrìtto
dil 1363 al 1420. ti legge a e 29. di deUo libro « 21 luglio, fiorini
doi contanti per noi a frate Jacomo da f^enetia de V Ordine de san
Dometiico per parte di quello dee haver per dipingere V Judientìa no^
fa; e coti in piti laoghi. » Fin qai U Pungìleoni. Ecco un altro pittore
Domenicano afuggito 6no a questi ultimi tempi alle ricerche degli storici
delle arti* Aggiungerò che negli Jnnali del conv. di s. Domenico di JMo-
8^* pagi 5 , 62. — 1434 ai trova ricordato che mons. Antonio dalla Volta'
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852 MEMORIE
« bionio esser grati a dri stese un libro di memorie riguardanti
« la chiesa e il sobarbano convento di s. Bernardino) perchè a
« e 110 come ha bvoriio trascrivermi il dotto e cortese P. Leti
« Tommaso Min. Riibr. notò quanto segue. — Intorno a quei tem-
« pi ( 1472 ] Al dipmta la tavola dell' aitar maggiore da fr. Bar-
« tolommeo detto ih Carnovale » poiché la Madonna è il ritratto
« della Duchessa Battista Sforza moglie del Duca Federico, ed il
« Bambino che sta su le ginocchia della Madonna è il ritratto al
« naturale del piccolo fanciullo nato in quei tempi al Duca della
« suddetta Battista ec — Gonvien dire, come osserva il eh. di
« lei fratello Marchese Antaldo nelle sue notizie inedite de^ ar-
« tisti Urbinati e Pesaresi graziosamente aflMatemi da limgo ieuh
« pò , che il quadro fosse fìitto tra il 24 gen. giorno natadizio di
« Guidobaldo, e il di sesto di loglio in coi cessò di vivere la se-
« conda sposa di Federica Checché sia del tempo in coi io (atto
« il quadro, che ora si conserva nella reale Pinacoteca in MQano,
▼escoYO di Imola, «loTCva a quel convento corbe cinque frumento, ed un
legnaro di legna per ogni anno, per affitto di più pexse di terra pofte in
Mongardino presso la cappella di s. Gemignano, le qaali quanto aU'nso
frutto spettano a frM Antonio dipintori di Bologna. Cosi da rogito
del Bruno, anno suddetto 26 luglio. Poi si legge che morto detto fra
Antonio pittore Domenicano l'anno 1467 nel conv* di Palermo in Si-
cilia, cessò l'affitto e rimasero dette pene di terra alla chiesa di san
Gemignano di Mongardino. Y. Archivio pubblico dei Demanio in Bc
logna. Speriamo che un giorno d venga fatto diseuoprìre o alcun di-
pinto, o alcuna memoria di questi due pittori , fra Giacomo da Vene-
tla e fra Antonie da Bologna,
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LIBRO li. CAP IX. 333
« ella obe ha avuto tutto Tagìo d'esaminarlo e che può parkr-
c ne c(« aii^rìtà, è ia grado di sapcroii dire se più creder si
fl debba al aig, Ste£aDO Ticosezi die il loda pel colorito, ma non
e per li panneggiamenti delle Bgure né per T architettura in cui
f pargU scorgere tutta la durezza di que'dl, od all' ab. Lanzi
e che nel dice di bella architettura. Il coltissimo dg. Pompeo di
e Pano de' Conti di Montevecchio nelle sue inedite memorie pitlo-
t riobe oondlia un parere coli' altro osservando che non si potè
< mai bene scuoter di dosso la polvere gotica , vizio più de' suoi
f tempi che del pittore. A lui debbo varie ingegnose osservazioni
t sa i dipinti dd Santi e del Viti , né verrò meno a me stesso
e in iBir nota al piAblico questa mia particolare obbligazione. Un
« abbozzo in legno creduto della stessa mano che fece il detto qua-
e dro in grande, viene gelosamente custodito in s. M. delle Gra-
f zie de* Mia. Rifor. di ^ Francesco fuori di Sinigaglia. Vi si veg-
t gooo il tandolletlo addormentato ia grembo della Vergine, e il
« Duca Federigo con le mani incrodcchiate; ma vi manca la pro-
« spettiva e più di un personaggio della Cnmiglia Feltresca. Sard
i qui tentato a ricordare l'altra tavola di lui già esistente in s.
ff H. della Bella, ma non lo fo perché il card. Legalo Barberini
t bramò d'averla e l'ottenne, cui sostituì una buona di Gaudio
< Ridolfi, che poi ancor essa è stata portata via. Piuttosto le ri-
c cordo il quadro in legno per traverso esistente nella Galleria
« della nobilissima Gamiglia Staccoli , che viengli attribuito nel suo
« mannscritto del professore Michele Dolci. La testa della Ma-
« donna , che sta in mezzo del quadro assisa in trono come den-
« tro una nicchia , è ben dipinta ed espressiva , e tra l' altre fl^
« gure quella d'un vecchio con barba bianca leggente un libro
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354 MEMORIE
« è travagliata con gusto cbe tende aUa rilbrma. Occupato od
« gravi nlBci di Parroco non ebbe campo di lavorar molto, sep-
« pare non fii lento in trattar il pennello. La mancanza di co-
« modità al parer mio sarà stata il motivo per coi dovè nd
« 1456 alli 5 di giugno nd fondaco di Giovanni di Lnca Zacea-
« gna disimpegnarsi dall' oU)ligazione contratta con la Compagnia
« del Corpo di Cristo di dipingere una tavola die questa gli ave-
« %a ordinata, come ricavo dagli atti <fi Sfanone d'Antonio Vanni;
« rtim inter Disciplinatosi cosi il detto notajo, FraterrnUUis Corpo-
« ris Cristi de Vrb. etfr.Bartolamewn Johanmis de Vrb, Ord. Prae-
« die, fuerit actum et conventum quod dictusfr. Bortolomeus faterei
« et pingeret prò dieta Fratemitate quamdam tabulami H habmt et
« recepit die. fr. Bartolofneus ^ prò parte pretU. . . . Due, 40 awi et
« eapenderit 7 dictorum XL Due, auri in cohribusy et cum dietae
« partes a dieta contentione .... Dionisius m/rt( magislri)ff uùlonù
« Sindaeus dict, Frater. .... absolvit dù^um fr, Bartoiomeum a di-
ti età conventione et hec fecit quia ser SaUtut aurifex sciens se ali-
« ter non teneri , promixit Dionisio sup, restituire 33 Due, auri , ec
«t Le piacda che io la metta a parie d'altra notizia sdibene nd
« riguardi come pittore. Nel libro del C«iiarlingo segnato A di
« questo arch. comunale alla tacda 117 in cui si notano varie
« oblazioni di cera , alli 22 agosto 1461. Item al ven. ho Bartolont-
« meo Pievano della Pieve di s. Cassiano di Cavallino sol, 4 per
« /tir. 4 de cera lavorata quale al nostro libr. I apparisce decto dì
« alladecia Pieve per la Victoria ebbi la sua 5. (forse signoria) in
« tal festa f qu. ruppe el s. Sigismondo di MalatestcL Avrei altre cose
•r a dirle intomo a questo artefice, ma non è mia lirtenzione di
« nojarla, e dirolle solo che se il crede *coll' ab. Lanzi morto nel
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LIBRO IL GAP. IX. 353
« 1478 (1) s'ingaima. Nel n^to di ser Antonio Vanni 1481 de-
« oembre I. Pnrtocollo V. pag. 433 dell'ardi, pubb. di Urbino è
« citato per testimonio — Ven. Vir et Piebanus Bariholomeus Jo-
« hannis de Coradinis Pleb. sancii Caseiani de Camlino , ec Nel li-
« bro G. della Fraternità dal 1479 al 1488 si legge — a di 23
« fetib. 1482 fol. 60 a Frate Bartolommeo Arciprete di CawUK-
n no — In altro libro segnato A. ddla Compagnia di s. Qroce,
« nel maggio del 1483 settembre I. Fra Bartolommeo di Giovanni
a delia Corradina^ e gen. I. 1484. Fra Bartolommeo come sopra,
« bologn. per i poteri, cosi in maggio, ec. Forse non istette guari
« a rapirlo la morte , e nel 1488 gli era succeduto nn certo fial-
«r dassarre , di cui non so che il nome battesimale. Vorrei , ama-
li baissimo sig. Marchese, esibirle la mia servitù, se questa va-
« lesse qualche cosa ; aggradisca però il buon desiderio , con che
« pieno di amicizia e di stima mi rassegno. »
Dopo le quali notizie dd dotto rranccscano poco oltre ci è
dato di aggiungere ; e per primo diremo alcune parde della
tavoh ricordata già esistente nella chiesa di s. Bernardino, che
Doi non conosciamo se non per una incisione che ne ha data
il proC Resini nella sua storia della pittura italiana (2). Fece
in essa la Vergine seduta in trono, e sui ginocchi ignudo e
dormiente il divino suo Figlia Essa atteggiato il volto e la per-
sona ad orazione, sembra devotamente adorarlo. A destra ed
(1) NoD pure il Laziali, e l'ab. Lanzi errarono ponendo la morte
del Corradìni nel 1478, ma eziandio il eh. prof. Rosini che scrisse dopo
il Pungileoni. V. Stor. deità Piti. JuU. voi. 3. Epoca 2." cap. Vili pag. 169.
(2; Tav. xeni.
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356 MEMORIE
a sinistra locò due santi per parte tolti sur ma linea , ginsta
la consuetudine dei giotteschi ; e sono s. Gìo. Q Battista , s. Ge-
rolamOy s. Francesco, ed altro santo non ben determinata In-
nanzi al trono, prostrato nei ginocchi e tutto chioso ndl'armi,
è il Duca di Urbino, in atto dì implcxwe per so e per i fi|^
( che 91 pittore collocò dietro^ trono ) il patrodmo di Maria.
Tutti lodano la bellezza delle teste, ed i ritratti del Duca e dei
Agli cosi yìtì^ e parlanti da reggere al paragone con i più belli
di Pietro Perugino. Nella composizione mi disgrada Q modo
onde dispose la famiglia del Duca, la quale, anziché asconderla
dié(ro il trono della Vergine, meglio era agrupparia intorno il
medesimo, siccome fecero molti pittori di quel secob e tutti del
seguente. Se non che yi ostavano a mìo avviso le tradizioni de-
gli antichi maestri, delle quali nd Goradinì appariscono ancora
alcune tracce. Le pieghe hanno alquanto' del duro e dd trito,
e il nudo dd bambino è forse debole nel disegna Malgrado i
quali difetti, comuni alla più parte dei pittori di quella età,
non può negarsi che in questa tav(da non si riveli un artista
dotato di beli' ingegno; e che facilmente può noverarsi fra 1 pri-
mi della scuola romana nel secolo XV. Il Lanzi sembra devarlo
sopra Giovanni Santi (1) ; e il P. Luigi Pungileoni opina ezian-
(1) Storia Pittar. — Scuola Bom* Epoca I.' — u Sopra ogni altro
si distinse ivi fra Bartolommeo Corradini d Urbino Domenicano ^ detto
fra CarnoiHtle. A informati è una sua tay^ola difettuosa in prospettiva
e che ritiene nelle pieghe il tritume di quel secolo r ma piena di ri"
tratti vivi e parlanti ^ con una ideila architettura, di bel colore i e vi
è un arieggiar di teste nobile e leggiadro insieme. Si sa ohe Bramante
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LIBRO U. CAP- IX. 357
dìo che questi noD sdegnasse gìoTarsi dri oonsi^ e degli esem-
pi dì fira CamoTale, che dì pocbì anni gli era maggiore (1). Ab- *
Marno pertanto Ire fra i più chiarì arteici dì Urbino che da Jai
appararono o da suoi dipìnti. Di Bramante è manifissto per l' au-
torità del Vasari, Q quale scrive, che imeer fcmciuUetto stadie
ìiìolto le cose di fra Bartolommeo^ altrimenti detto fra Camovak
da Urbino^ che fece la tavola di e. M. della Bella iti VriAno (2). Di
GìoTanni Santi , col Pimgileoni consentono altri andora ; e per
ciò die è di Raffaello, é congettura del Lanzi e dd Rosini (3). E
TagKa il vero, a malgrado finsero tuttavia recenti le opere che
Piero della Francesca avea eseguite in Urbino per Io stesso Duca
Federico, non pertanto come qudle che erano fra le prima sue
cose, e condotte con lo stile e con i metodi dei miniatori , e
tutte storie dì Ggure piccole, non potevano aiutare gran fatto
e JUtffaello studiarono in lui, non vi essendo allora in Urbino cose
molto migliori. »
(1) Loc cit. pag. 6.
(2) yita di Bramante Lazzari, in prìnc.
(3) Stor. della Pittura Ital. yoL 3. Epoca 2.* cap. Vili pag. 169.
Quanto poco il Baldinucci conoscesse questo artefice si pare dalle seguenti
parole: Usci questo pittore dalla scuola di Raffaello, e fecesi eccellente
nelle prospettive e piti sotto: Questi fu quel fra Bartolomeo da
Urbino, che insegnò l' arte del disegno e della pittura a Bramante di
Castel Durante, e che fioriva intorno il 1520. V. Decenn. DI. Parte 1."
Sec. TV. Òr come un pittore il quale usciva dalla scuola di Raffaello po-
teva essere maestro a Bramante^ e fiorire intorno Ìl 1520? Aggiungi quel
dirlo eccrilente nella prospettiva quando appunto nella prospettiva è
trovalo difettoso il suo quadro.
23
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358 MEMORIE
i pittori che aUMaino ricordati , i quali bramaYano emancipaTsi
dagli antichi metodi, e imprendere una più larga e spaziosa
yUk; laddoye in fra Gamovalo parnù federe nn fare alquanto
più graniliofiOy e quasi ritrarre in sé Sandro Bottioelli , Andrea
del Castagno , il RosscUi , ec e gli altri fiorentini di questo
tempo.
P^sona che io grandemente yeoero e stimo , e ndle arti
belle e nelle lettere maestra , sospettò che la tavola già descrìtta ,
ora nella Pinacoteca di Milano, anziché del Corradini ddiba
credersi di Piero deUa Francesca. Adducevami pec ragione di
aver veduti in alcuni studi di Piero ripetuti tutti 1 ritratti del
Duca e de' suoi. Dovrebbero senza meno esser quelli che veg-
gonsi nella L e R. Galleria degli UflBzi in Firenze. Non pertanto
panni troppo debole congfaiettura ; perciocché omesso che le
antiche memorie rbvenute dal P. Pungileoni non ci lasciano più
alcun dubbio intomo il vero autore di quel quadro, e che se fu
colorito Tanno 1472* Piero d^la Francesca già da non pochi anni,
avendo perduto il lume degli occhi, avea lasciato di dipingere; po-
teva qaeslì nel tempo die dimorava alla corte FèUresca , o per
suo diletto o perchè richiestigli , colorire i ritraiti del Duca Fe-
derico e della sua famìglia , senza che se ne possa trarre argo-
mento ad attribuirgli la tavola ricordata. E ove sia vero ciò che
afferma il Ticozzi ed il Lanzi , che Y architettura di quel tempio
che forma il fondo del quadro sia errata nella prospettiva , come
ne crederemo autore un Piero della Francesca che in questa
scienza era solenne maestro? Ma basti di fra Carnovale finché
nuovi documenti non ci porgano materia di più lungo e di più ac-
curato discorso.
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359
CAPITOLO X-
Ai Fra Gerolamo Mwsignori pUtare Venmese.
^»^
Ualla erta cima degli Appennini recandoci per lungo csanmino
io rìya alle rìdenti sponde dell' Adige e del Mincio, troviamo fra
i pittori educati alla scnola di Ancfarea Hantegna padovano , frate
Gerolamo Monsignori, il nome del quale sarebbe certamente con
lineilo di nKrftl altri.rimasto nella oUivione, se Giorgio Vasari non
Io avesse ai posteri raccomandato con brevi parole d* encomio, il
Coniniendatore Bartdommeo del Pozzo nel diittdere la vita di Fran-
oesoo Monsignori, aggiunge di Gerolamo dò cbene scrisse il bio-
grafo aretino (1] ; e il march. Scipione Maflei si tenne pago a dire
che Francesco ebbe due fratelli i quali collivfirono la pittura [2]. '
Né più accurato né più copioso di loro fu il P. Serafino Razzi, in-
tantoché, ove ne eccettui alcuna notizia non ben certa, per manco
di fatica e di studio copiò d pure il Vasari (3). Tanta incertezza e
(1) Fite dei Pittori, Scultori e Architetti Veronai, un voi. ia 4.^
Ycroiui 1718 V. pag. 22.
(2) Ferona iUuttraia, parte 3. cap. VI.
(3) Viu defili uomini illustri, ec. pag. 353. N. IV.
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360 MEM O R IB
tanta poyertà di memorie non ci cooseote di ben determinare l'an-
no del nascimento di Gerolamo » che URazo pone intomo al 1440,
dicendolo morto di 60 presso il 1500 ; laddove il Vasari parlando
del fratello ne assegna i natali od 1455e la morie nel 1519. Di-
screpanza bastantemente notabile per chiudere la Tia ad ogni
congettura , essendo l' uno e l' altro di questi storici di poca o
ninna esattezza in Tatto di cronologia. La patria del nostro frate
fu Verona , il padre Alberto Monsignori » di famìglia agiata ba-
stantemente di beni di fortuna. Ebbe il genitore tre Ggli, Gero-
lamo, Ghembino e Francesco, dei quali non so qaal fosse il
maggiore di età; sembra però che f ultimo soprayrivesse a G^
rolamo non brevi amii. Come Alberto prendea diletto della pit-
tura , e cohifavala non a cannare la vita ma a sfuggire Tom,
ne voUe instruiti eziandio tutti e tre i figli, ^ai quali nei prnù
rudimenti fu maestro egli stesso; poscia scorto in Francesco in-
gegno pronto e svegliato, e amone grandissimo al d^iagere; ed
in Gerolamo indole più mite, e se non pari Y ingegno, certo pro-
mettitore di felice resultamento , pensò a provvederli di più va-
lente maestro che egli non era. E quello di che marita lode
maggiore, sono le cure e le soileoitudini che si diede il buon
padre di instillare nell'animo dei figliuoli il timor santo di Dio, e
porger loro tutti quei consigli ed esempi, che valgono a crescere
la prole costumata e virtuosa. Né l'esito falli punto alle con-
cepute speranze; perciocché Gerolamo e Cherubino menarono vi-
ta fervorjsìssiroa, il priai3 nei chijslri dei Predicatori , il se-
condo in quelli dei Minori ; e di Francesco lasciò scritto il Va-
sari, queste memorande parole: Fu Francesco di sa$Ua vita e
nemico (f ogni vizio , intoftUochè non voUe mai , non che ^tro , di-
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LIBRO IL GAP. X. 361
pmgere qpere Irncwe^ anecrehifu fosH dal marchese [Vr^wxsooll
Gooiaga di Hantora) multe volte pregaio^ e smiKa M furono wi
bontà i fratelli come si dirà a suo luogo (1).
Questo esempla bellissimo in aoa età corroCtissima ; e altri di
ràdìl genere ohe a quando a quando oBte la Gloria della pittare
ibdiaiia, Talgano a conforto di qaegli odorati artefid, ì qoali assai
più die un nndo hanno in pregio un' idea morale, e a ma^rado
dei pessimi esekn]», sanno compiere gloriosamente la loro carrie-
ra senza contaminare il proprio pennello con indegne tDffpitadini.
Eka di qnd tempo tenuto in gramfissima estimazkme di
valente dipintore Andrea Mamtegna padovano allievo dello Squar-
cione; il quale abbandoùala la patria e poi Venezia» ove aveva
tolta io moglie una figlia di Iacopo BeDmi, per gli inviti dd mar*
diese Lodovico Gonzaga , si era ricoverato in Mantova, ponen-
do i primi giermi della scuola Lombarda, la quale in breve
dall' ingegno meraviglioso di Lionardo da Vinci dovea essere sol-
levata a qudl' altezza che tutti sanno. Alberto Monsignori giudicò
pertanto , che ad avanzare i figli nella pittura facesse mestieri
di un valente maestro , e che niuno ve ne avesse in Verona che po-
tesse contendere ook Mantegna ; perciocché pochi in quella età
g^ andavano innanzi nella copia e nella eleganza, e forse niuno
nella correzione del disegno; inviò pertanto Francesco è Gero-
lamo in Mantova a studiare sotto di lui; Del primo è indcdiitato;
del secondo parmi facile il crederlo per aver egli seguitato nella
saa prima maniera il Mantegna, e per T autorità del Lanzi che
(1) FiU dei pitturi, ec. Parte IIL V. Fitmdi fraGiocondo e attri.
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MEMORIE
Il novera fra ì pittori mantegnesc&i (1). Cheratiiiio in qudla ve-
ce dedicatosi al tinger, di minb, riusci in quel genere eccellente,
e il Vasari lo appella Mlissimo scrittore e miniatore. Quando e
ove Gerolamo vestisse T abito Domenicano non è ricordato da
alcuno. Egli senza averlo potuto conoscere se non per fama, fa
seguace e imitatore fedelissimo di fra Giovanni Angelica Abben-
che nato da famiglia ragguardevole , nondimeno per tratto (fi sin-
golare umiltà volle essere ascritto al novero dd laici. L' orazione,
la solitudine, il disprezzo dei beni terreni Airono la palestra delle
sue virtù. Alcune particolarità della sua vita ci furono conservate
dal Vasari; noi le narreremo con le parole di questo scrittore. « Fu
Ira Gerolamo persona semplicissima , e tutto alieno dalle cose dd
mondo; e standosi in villa a un podere del oon vento, per fug-
gire ogni strepito ed inquietudine , teneva i danari che gli erano
mandati dell'opere, de* quali si serviva a comprare colorì ed
altre cose , in una scatola senza coperchio appiccata al palco
nel mezzo della sua camera , di maniera che ognuno che Y<dea
potea pigliarne; e per non » avere a pigliar noia ogni giorno
di quello che avesse a mangiare, coceva il lunedi un caldaio
di fagiuoli per tutta la settimana. Venendo poi la peste in Abn-
toa, ed e sendo gli infermi abbandonati da ognuno, come si fa
in simili casi , fra (jcrolamo, non da altro mosso che da som-
ma carità , non abbandonò mai i poveri padri ammorbati , and
con le proprie mani li servi sempre; e cosi. non curando di
perdere la vita per amore di Dio, s'infettò di quel male e mo-
ri di sessantanni con dolore di chiunque lo conobbe. »
(1) Siar. Pittorica, Scuola Mantovana Epoca 1.* in fine.
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UBBO n. GAP. X. 363
Come ^pintore il Vasari lo appella ragionetfole ^ che è a
dire medioere; ma norerando poi i suoi dipinti sembra eleyarlo
cdaiHyo sopra la mediocrità. MoUe cose colori per il suo conveii-
lo dì Hantoya ; fra le quali è la taTola dell' altare del Rosario,
e nel refettorio on b^is^mo cenacolo» e la crocifissione di 6.
C che per morte non ottimo. In patria nel convento di s. Ana-
stasia fece a fresco la B. Y. s. Reongio vescoro, e s. Anastasia
martire; le quali figure sono in gran parte perile. Nd secondo
chiostro deUo stesso convento sopra la seconda porta in on ar-
cticcìo, colori la B. V., s. Domenico e s. Tommaso di Aquino,
tuttidipraitiea^ come scrive il Vasari; che è quanto dire, non
cavati dd vero. Se non che negli ultimi anni della sua vita , es-
sendo omai per tutta la Lombardia, anri per tutta Italia, cele-
brato Lionardo da Vinci sopra la comune estimaadone degli al-
tri pittori , lasciato fra Geriamo lo studio e la imitazione dd
Mantegna, si diede a seguitare la maniera del Vinci. Gò prova
od HonsìgDori animo lìbero dai pregiudizi , avendo voluto odia
vecchiezza, sempre tenace dd primi metodi , imprendere diverso
e più difficOe sentiero. Lionardo era stato invitato a colorire in
Milano dal Duca Lodovico il Moro nel 1494, o come avvisano
altri , fino dal 1482. Débbesi pertanto tenere per indubitato che il
nostro fra Gercdamo lasciata Mantova o Verona, ove per consueto
dimorava, si recasse in Milano nel convento ddle Grazie; quando
eravi qud bizzarro ingegno di Matteo BandeUo, e il Vinci vi di-
pingeva quel meraviglioso cenacolo, che il Lanzi meritamente ap-
pella una delle più belle pitture che siano uscite di mano d'uo-
mo. Qpivi dovette grandemente giovarsi dei consigli e degli esem-
pi di tanto artefice; e a porgere alcun saggio di stile leonardesco
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361 MEMORIE
colori un s. Gioiwmo ed um fenvaioa ride«le, ohe noi giorni
dd Vasari tedevansi aeUa zec^a ìd liilavia^ e ne' quali a giadiib
di molti amnoìrava» quella evidenza d^ vera, e quella grazia
propria del grande mae^ro» Ma sopm tutti i dipinti cade fece Ara
Gerolamo gli acquistò lode beUiaaiiua la copia del Cenacolo che
il Vinci a?ea dìpiato a fresco ud refettorio doUe Graàe , e die
dovette essere finito tra il 1498». e il 1499 nd quale annolio-
nardo abbandonò Milano aggredita dalle anni francesi. Di que-
sta copia era stato dato il carico al Monsignori dai nEionad Be-
neddlini di Mantova, i quali avendo inteso celebrarsi da tutti
quell'opera jeneravigliosa dd Vlnd, e conoaduto quanto in fra
Gerolamo fosse idudio, diligenza e fdice imitazione dd medesi-
mo, ToDero cke ei la ritraesse con le desse dimensioni ddl' origi-
nale. Non possiamo detenninare con esattezza l'anno in cui egU
eseguì qudla copia , ma conceduto che egli morisse veramente nd
1500, siccome scrìve il Padre Serafino Razsi , tsrebbe di mestieri
il credere che ciò avvenisse l' anno 1499 quando appunto si era
comprato qud raro dipinto; e perciò qudla fqsse la prima , o
certamente fra le prime copie che*del Cenacolo siano stale fatte, e
quindi fra le più pregevoli. Perciocché in brevissimo tempo annerì
sithttamente l'originale, che nei tempi dell* Armennini , cioè a
dire cinqoant'anni dopo, era digià mezzo guasto; ed il Vasari che
il vide nd 1566, afferma che era tanto mal condotto, che non si
scorgeva pia se non una macchia abbaglùUaj onde^prosiegHcadire,
la pietà di questo buon Padre ( fra Gerolamo Monsignori') renderà
sempre te$éimonianza in questa parte della virlà di Uonaréo (1) .
(1) Fita di Gtrotano da Carpi in fiue.
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LIBRO n. GAP. X. 38S
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U Lmn ohe forse vide la copia fiittaM d«L frale veroMse,
scri?e die da akvm si tiene per la miglioie che d rkianga di
qod miracolo dett'Arte (1); e il Vasari la dice ritraUa Umào
imetkem vederhne fu pre$o ia meraviglia (3). I monadBene*
deUìai per i quali era stata colorita , la collooaiìo«o dapprima
od refettorio dd loro ceovoito di Haalova , gonidi odia libre*
ria, fioche iid primi dd presente secolo fa venduta e trasporr
tata in Fraada (3). Gonfiato qoeslo dipinto, semfaQa che il ìtoa^
(1) Nella edisioae milaaese delle Kìte dei Pittori di Gioicio Vi-
tati pubblicata dalla società tipografica dei Classici Italiani l'aimo 1809
in una lunga nota alla vita di Lionardo da Vinci ( pag. 52 ) è un elenco
di copie del Cenacolo eseguite da chiari pittori sull'originale; quella di
fra Gerolamo Monsignori è segnata 1*8.*, ed è detto di lui «che studiò
molto le opere di Lionmrdo e le imitò egregieumenu. La prima che si
ricordi in qaeDa serie è una eseguila dal Lomazzo l'anno 156f per i
religiosi Osaenrand della Pace. Ignoro se l'annotatore seguitasse T or-
dine dei tempi o del merito; ma farò avvertire, che nel primo caso quella
di fra GevolamO'è anteriore di ben sessantadue anni, e nel secondo,
essendo ia quel tempo grandemente annerito 1' originale fino a sembrare
una macchia nera, non so quanto fedele potesse riuscire quella copia
che ne diede il Lomazzo. Né poteva obliarsi che il Lanzi, seguito in
ciò da molti 9 prima a tutte nel merito pone quella del Monsignori.
(2) #^. Vita di Gerolamo da Carpi.
(3) Il sig. Manette ha scritta U storia Jlel Cenacolo di Lionardo
da Vinci molto minutamente, e può vedersi nel 2.^ voi. delle Lettere
Pittoriche al num. 84. Noi non vogliamo chiudere le notizie del Mon-
signori senza aggiungere sul conto del Cenacolo alcune parole . Stiman-
dosi da tutti irreparabilmente perduto quell' insigne dipinto , il su-
periore di quel convento ( ne di ciò possiamo o vogliamo scusarlo),
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366 MEMORIE
•
signori si rioonduoesse in Màntoya , ove non cosi tosto fa giunto,
die i religiosi Domenicani dà qnella città to richiesero di colo-
rire quella Crocifissione di G. C.» ohe siccome (h detto, per mor-
te non potè finire^ Noi non oseremo certamente odlocare fra
Gerolamo tra i più chiari pittori della scuola veneta e Lom-
barda, ma stimiamo che si elevasse sopra la mediocrità, e se
non raggiunse il fratello Francesco, pard si ddrin collocare fra
i felid imitatori del Mantegna e del Vind , il che non è pìcco-
la lode. Tutti poi che hanno in pregio la virtù venereranno in-
dubitatamente quest'artefice, che onorò la pittura con vita e co-
stumi provatissimi.
fece segare il muro nella parte inferiore della pittura, aprendovi una
piccola finestra per comodo dei religiosi L'anno poi 1726 il pittore
Michelangiolo Bellotti si offerì ai medesimi di ritrarre fuora nuovamente
il dipinto. Nella lusinga di ridonare alle arti quel capolavoro accetta-
rono con giubilo l'offerta, ed essendosi ottenuto un breve è forse ap-
parente risultamento, i religiosi domenicani in premio dell' operato «
diedero al pittore scudi 500. L' Abate Carlo Bianconi nella sua Guida
di Milano, si lasciò trascorrere a troppo acerbe parole contro i frati Pre*
dicatori per la prima e per la seconda operazione , perciocché quel re-
stauro fu giudicato funesto. Coloro però che sono usi misurare il me-
rito delle azioni non dall'esito ma dal buon volere, non vonanno, io
spero, dar colpa ai medesimi dell'infelice riuscita di quel tentativo.
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CAPITOLO XI.
Del P. Domenico Emmude Maccarj pittore Genovese.
mtm
Ud figari nn sola apparirà in queste memorie , ragionevcde di-
pintore ; perciocdiè meg^ cbe ì Domenicani , splendettero nelle
arti in «pielia repnbUioa i rdigìosi di altro instititto e di altro
paese. Gasi un frate Stefano da lUDlano, non so di qaal ordine, sul
oominciare dd secolo XVI. Tre Carmelitani, fra Gercdamo e fra
Giovanni da Brescia; e ttn fra Lorenzo Moreno ricordato dal
Lanzi ùomd buon frescante. Genovese però era nn Simone da
Carnali de* Minori Biformati, valente prospettico. Ma sopra tatti
il chìar. fr^f e Bernardo Strozzi, or detto il Cappu/cdnoy ora il Prete
^enot^e, coloritore si grande da reggeire al paragone con i miglio-
ri tra venenani maestri. D nostro Maccarj ignoto al Lanzi, al Ratti,
d Sopram , ed a quanti scariss^-o della scuola genovese , deve alla
diligenza dd eh. P. 6. B. Spotomo bamaUta, di ottenere al pre-
sente on poeto non oscuro nella scuola medesima. Ma a lai avven-
ne ciò che ad altri suoi confratdlì , che ne andassot) smarrite non
pure le notizie ddla vita, ma ad eccezione di una tavola, eziandio
tutti i dipinti.
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368 MEMORIE
La terra di Pigna nella riviera ocddenUle di Genova su i
confini del Piemonte fa la patria di frate EDianade Maccarj ; e
quesf amile Inogo si onorò eziandio nei giorni nostri del nome
di an celebre antiquario, Tab. Fea. Def sooì genitori, ddl'anno
del sao nascimento, come di qaello della morte non abbiamo con-
tezza. Di baon grado ci sottoscriviamo alla opinione dello storico
della letteratura ligure , che il nostro Domenico Emanuele Rap-
prendesse V arte in Taggia da Corrado di Atemagna , ed avesse a
condiscepolo Lodovico Brea di Nizza , che il Lanzi fuor di ragione
appella il fondatore della scuola genovese (1). Più a buon dritto
forse dovrebbesi tal lode a Giusto di Alemagna , quel d'esso che
colorì il fresco deHa s^ Annoniiala nd oonv«alo di s. H. dì Ca-
stello in Genova l'anno 1451; e che con molta probabilità fii mae-
stro a quel Corrado por di Alemagna ediKatore in Taggia del
Brea e del Maoearj; senza che per ipianlo si è detto vogiiafii
dinegare il vanto di. fondatori della scuola pittorica ligure ad
altri dlpinlori nazionali, i <piali innanzi o.nei tempi di Giusto
q>eravano in Genova. Pereioccbè la scoperta della matricola dei
pittori genovesi fatta dal doltissfanoP. Spotomo barnabita (ohe noi
ricorderemo sempre con gratitudine per essere stato V institatore
ddla nostra giovineoa), troppo ragionevolmente induce a crede-
re che non si debba quella lode agli oltremontam. Quando e in
qual luogo il Maccarj vestisse le divise Domenicane si ignora;
sembra Indubitato però appartenesse all'ordine sacerdotale, e
venisse affigliato al convento di s. Maria della Misericordia in
(1) Storia Letteraria delia Uguria, Genova 1S26. yoI. 4. — V.4.®
cap. IX pag. 199. —
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LIBRO IL GAP. XI.
Taggui f uno di qoeHi i qoali aveTano abbncmta b riforma
che si andana soecessivaiiiente operando nell' Ordine ; percìoo-
cbè nelle antiche menorie è appellato Canv. Oòs^rv&ntiae. Gb
abbiamo volalo ricQfdare essendo manifesto dalla storia degU
artisti Domenicani , come la più parte dd medesimi fiorisse in
qne'cbìosCri ove era maggiormente in vigore la regolar diset-
plina. Cosi il beato Angelico, il franilo, fr. Bartolommeo, tt*
IVioUnOy (ir. Gerolanao Monsignori, appartengono tutti ai con*
venti rifonnatì della Toscana e della Lombardia. Del P. Do-
menico Emanuele Maccarj non abbiamo che la pala ossia ta-
vola nella cappella di s. Pietro m. ndla chiesa del suo iastitu-
to in Taggia; chiesa che con tutta ragione il eh. David Berto*
lotti appellò ricca pinacoteca di pitture del secoto XV; essendo
adoma di quelle di Lodovico Brea , di Corrado di Alemagoa ,
del Maccarj e di altri (!]. Fecevi pertanto il Maccarj un Cro-
cifisso con ai lati s. Domenico e s. Caterina v. e m^o dappiedi
s. Pietro UL e s. Gerolamo. Del merito di questo dipinto mal
potrd)be8Ì dar gindìzio al presente; perciocché narra la ero-
naca di q«él convento, come in tma incursione di barbareschi
scesi a depredare la riviera occidentale ddla Liguria l'anno
1364 fosse da loro indegnamente ottraggiata quella tavola fino
. a far prova d' infirangerla con le scuri , di che rimasero i segni
in più luoghi della medesima. E forse peggiore fu Y insulto fat-
tole da un indegno sacerdote, onde n'ebbe dal cielo pronto e
tremendo castigo. L'anno in cui il Maccarj prese a colorirla
(1) Viaggio nella Liguria marittima di Davidi BiaTOLom, voi. 3«
in 8.« Toriuo 1834. V. voi. 1.*» Lettera XXVIII p«g. 274.
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afro MEMORIE
DOD è ben certo, ma sembra dopo il 1522; deduoendosi da que-
sto, cbe nel giorno 21 gennajo dì qndb stesso anno, fl nofaU
nomo Domenioo Oddi di Taggia avendo dichiarata l' ultima soa
T(dontà y lasciò erede di ogni suo avere la cappdla di s. Pietro ul
nella diiesa dei PP. Predicatori , aasegn^ido ducati 25 per le
spese della tavola che poi colori il P. Domemco Emanude, come
diiaramente apparisce dalla cronaca sopradetta (a). Della quale
notizia sono tenuto alla gentilezza dd di, sig Can. Vincenzo Lotti
di Taggia, dotto e diligente indagatore delle memorie patrie.
Alcuno forse potrebbe oppord, die un pittore 0 quale ope-
rava nel 1522 meglio sardibesi annoverato fina gli artisti del
secolo XVI che non fira i quattrooentistì; ma noi avvertiremo
come nella storia ddTarte, anziché gli anni, Ibi di mestieri con-
siderare lo stile e il metodo; e quello dd P. Maccarj a giudizio
di molti è proprio di questi e non <fi quelli La qual conside-
razione ci sarà di norma eziandio per l'avvenire. Qui hanno
termine le scarse notizie che del P. Emanuele si sono potute
ottenere. Forse un giorno verrà fatto discuqprire o memoria o
dipinto che meglio ce lo faccia conoscere ed apprezzare , quan-
do alcuno con lunghe ed accurate ricerche vorrà riempiere qud
vuoto che ndla storia pittorica della Liguria lasciarono Q Ratti
ed il Soprani.
(a) V. Documento ( YU. )
«•»c»^
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371
CAPITOLO XII.
DelTÀrehUeUo tmeMno Fra Francesco Colonna^ (uUore
del jRomanzo Artistico , Il Sogno m Poufilo.
p^m^ '
'i seocrio XV che di tanii e dod malgari arl«Gci ha arricchite
quejte memorie, non ci aveva per anche oflerto collore alcuno
ddb prima fra le tre arti sorelle, vo' dire l'architettura. Ma
nm Siam lieti di potere al presente narrare la vita di tale,- che
divide con Leon Battista Alberti e col BruneUesco la gloria dì
aver ricondotta in Italia la classica euritmia dd greci e dei
romani. Tanto quest' arte era stata con predilezione coltivata dai
frati Predicatori, che si trova averne essi seguitate sempre le
vicende, e sempre tra primi at)pariscono in quel movimento che
la civiltà e le scienze vi avevano impresso. Quindi F architettura
Gotica nelle due ultime e splendide sue fasi, ricorda i molti archi-
tetti di s. M. Novella in Firenze; e il risorgimento due veneti scrit-
turi, antiquarj e architetti valentissimi, fra Francesco Colonna e fra
Giocondo. Del primo diremo nel presente volume, del secondo
io quello che seguiterà. E chi chiedesse ragione perchè abbiamo
divisi due artefici che trattarono le arti medesime e furono con-
temporanei , risponderemo che l' opera per I9 qu^Ie il Colonna
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372 MEMORIE
é in voce di grande architetto appartiene agli aitimi periodi del
seeolo XV; laddoTe il Giocondo mfltd e inéigiB Cadibriche diresse
neir aureo secolo di Leone X.
Egli è forte a meravigliare come la Yita e ^i seritti di on
claustrale ohe tutti i suoi gi(mri e^ sladj sacrò ala gloria ed
all'afanzamento delle arti imitatrici» e che ne' suoi tempi sali a
grandissima estimazione , col procedo^ degli anni cadesse in tale
e tanta dimenticanza^chenon pure dagli estranei, ma da suoi stessi
concittadini e da suoi confiratdli medesimi fosse ignorato; onde non
bastassero poi le dotte ricerche di molti insigni scrittori a porlo
novellamente nella memoria e nella venerazione degli uomini (1).
La qoal sorte dibe ooamne con altri assai che ddle arti scrissero, o
a quelle in alcuna maniera giovarono. Chi mai ignota ohe il «pre-
zioso trattatodel monaco Teofflo sulla piUoni é cosi raro inlta^
che dai più non è nolo che per alcun brano datoci dagli scrittori
della storia ddle arti? die l'operetta di Ceonino Ooonfaii solo da
(1) Qaanto poco il Coloona foaae noto agli storici Teoeti e a qaeUi
del tuo ftteMO Istituto, appare da questo brcre cenno che ne diedero ì
dottissimi PP. EcBAiD e QuisTir. « Fr. Frandscus Colunna venetus, m-
ter viros in Oratoria hoc aetate praestantes laudatur a Leandro foL
154. 6^ et de eo sic habet: « In quodam libro materno sermone edito,
litteraturam et varium ac multiplex ingenium suum praesefert. »
Nescio qui Alberico venit in mentem in sttis Scriptoribus venetis,
ut Ubrum litteraturam auctoris ai*guentem ut habet Leander, verteret in
volumen yariarum epistolarum eruditum , nam òpus ipse te vidisse non
indkat. Atbericum tamen excipiunt Jltamura ad 14S9. et M^vetta ad
1493. Miihi donsc lux mtjor tfftUstrit Leandro aeguaU stuhdum visum
est. » Script. Ord* Praedioau voi. 2 fol. 35 ad 1517.
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UttRO IL GAP. XU. 373
pòchi masi vide la hice per le soUecitiidiiii del «g. Giuseppe Tam-
hnoiff C!heqiidladlLof«Da»6liiberti dbbe iigoal fl^
tettati dilioiardo da Vinci scoo tuttavia seon Fonor della stam-
pa? n passalo ed il presente seeolOi ofae ponno a tatta ragione dirsi
kdoe epocbedeBe solenni riparazioni al nome dei grandi cheono-
rarono la pi^ria, eoe nobie gara e eon feiioe risnltamento si die-
dero a rioercare laTitae iUostrare le operedegl'italiani chiari per
le opere del seno eddla manaUgoal sorte locofr al nostro Colotf-
na; che & FBaMi, TAposUdo Zeno, 0 Fossati e l' Algarotti ne ri-
lendioafono la gloria. Ha piò che tutti meritano essere ricordati il
ToMma^e fl P.M. Domenieo Federici deT Predicatòri , i qnrii
ogni possibile diUgenn adoperarono a diradare le tendve die
cnoprirano Tantore e il IBnro misterioso del Sogno di Poli/Uo.
Fra le funig^ che la prepotente andiikione di Gastmcdo
obUigaya esolare da Locca mia fa dei Colonna, ricoveratasi in
VencBa, come la più parte deg^ esuli italiani i qnali, qnasi
nanfiraghi in porto di sicareoa» riparavano in quella terra ospi-
tale (1). Quivi nacque Francesco l'anno 1483; e come si addi-
ceva alla sua oondfaione , nobilmente edm»to e nutrito di ot-
timi stadi. ÌÌMo saviamente qmavano i veneti , a compiere
reduoQ2Ìone civile e scientiSca dei giovani patrizi non bastare
le cognizioni acquistate su i libri e per la via dei jpreeetti,
ma esser parte gravissima di quella visitare lontane regioni, e
studiare i costumi e la natura dei popoli , le loro leggi , le loro
arti, non che la religione e la politica. Crede pertanto il Te-
(1) Fii€ d€i pia eeUbri archiutti iwteziani. Veoeiia 1778, un voi.
io 4.^ V. fAg. 1
24
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374 MEMORIE
manza, che Francesco ndla gkmnezia yiaggìasae nelFOrienle,
odia Grecia, ndl' Egitto, si recasse a Gnstanfinopoli, atlingeodo
ovunque svariate e moltipUci cognizioni ; e segnatamente yedene
l'Italia, e longa dimora fermasse in Boma, facendori tesoro
delle più rare e preziose antichità di quella capitale, come troppo
manifestamente lo addimostra Federa sua. Venute meno pe no-
tizie al suo biograib, giudicò doversi ricercare la vita del Co-
lonna nel suo stesso romanio; e che Polifilo che ne è il prota-
gonistisi, sia lo scrittore del sogno misterioso. Per la qual cosa d
lo credette fino all'età di trentaquattro anni viaggiatore disso-
luto e sposo a Polia eroina del poema; quindi morta l'amata
• donna , vestisse l'abito DomenicaBO. Ma guida troppo infedele
sono i romanzi , i quali in luogo di condurre ad alcun ragione-
vole risoltamento fanno traviare dietro I delirii della immagi-
nazione. Il P. Federid trovò documenti con i qdaK è ad evi-
denza provato come il Goloona l'anno 1455 già appartenesse
all'istituto dei frati Predicatori, cioè nell'età di ventidue anni;
che dimorasse in Trevigi fino all'anno 1473; che Ivi fosde pro-
fessore di rettorica e di lingue, e maestro dei giovani religiosi;
che nel 1473 ottenesse dall' università di Padova il grado di bac-
celliere; leggesse ivi teologia, e fosse insignito della laurea. E chi
ne amasse vedere i documenti può rinvenirli nelle memorie Tre-
vigiane del citato scrittore. Seguitano due altri documenti dei quali
uno ce lo addita lettore a suoi religiosi; e l'altro, die è del 1485,
procuratore in Venezia delle monache di s. Paolo di Trevigi per
riscuotere non so qual sonuna di denaro (1). Altre notizie omesse
(1) Memor. IVeuig., ce voi. iP P. 1.« Gap. V. Docum. II , IH , IV.
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UBRO U. GAP. XII. 375
dal Federici si leggono ntd Temanza ; fra le quali od allo oon-
sigliaie del convento di s. GioTanni e Paolo di Venezia ( ooo-
Tento coi era yeroaimilmenle affiglio il GokMma ) dd 15 otto-
hne 1533, d addimostra qoei religioBi aoUeoiti di provvedere ai
bisógni deBa fi Ini vecchiezza, ingiungendosi che al P. M. Fran^
ei$co Cokmna amm He dentw tot tigna quel poterti portare fa-
muhu infirmaariae: ei a sacrista qtMUuor sotidi omni dky etpmuis
et tmumprocottaiionef et hoc prò maxima aegestate 9 necessitate f
et decrepitate. Finalmente nel Ifecrologio di qod convento ^
trovò segnata la sua morte nel giorno 2 di ottdire delFanno
1537 e della sua età 94. Ebbe l'onore di privato sepolcm, e di
solerne iscrizione nd chiostro del suo convento dietro la cUesa, ,
come si ha dal registro ddle iscrizioni sepolcrali di s. Giovanni
e Piloto, ccHsipilato dal P. Lndani (1).
Date qodle notizie die della sna vita fino al presente si '
sono potute rinvenire, b di mestieri parlare deg^ study e del-
l'opera di quest'uomo dottissimo. Consentono gli scrittori tutti
che egli fosse perito nel latino, nd greco, nell'ebraico e nd
siriaco. Studio però a hii supremamente diletto sembra fosse
qndto ddl' antichità, e in qpecial modo di ciò che spetta alle
arti bdle, e molto studiasse Vitruvio e I^eon Battista Alberti, la
cui opera avea di recente veduta la luce. Né pretermise la datti-
licgrafia , la lapidaria e la numismatica , nelle qnali scienze parte
con lo studio, parte con i viaggi fece acquisto di grandi e bd-
lisBime cogdizioni. Che egli, tanto profondamente versato ndla
parte teoretica dell'architettura, possa avere in patria e fuori
(1) Loc eit p»g. 52 e 53.
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376 MEMORIE
dirette e innalzate fabbriche ad oso pnbUioo e privato, è assai
Teroeìmile abbenchè la storia noi dioa ; ma poniamo enamfio ohe
mai non ponesse m opera qoe'sooi ammaestramenti , dei quali
molti si giovarono, mono io credo vorrà perdo ^dinegargli m
seggio onorato fra gli arefaitetlori , quando glieto concedettero
il Milizia ed il Temanza , abbenchè il primo per non aver po-
talo penetrare nei sensi oscnri dd suo poema artistico, passasse
poi da una cieca venerazione ad on deoo disprezzo (1).
Volendo pei^nto il P. Colonna con im' opera sda dar sag-
gio de'sooi gravissimi stndj e rendere familiari le dottrine
vitmviane, fa di avviso ch^ il metodo cattedratico avria fadl-
mente ribattalo certi leggitori schifiltosi e svogliati , i qaaU ama-
no addivenire o piuttosto parer dotti senza grande fatica; e ove
la scienza e la erudizione fossero piaeevcdmente apprestate, ad
ogm condisone di persone avrebbesi reso famigliare lo stadio
dell' antichità e delle arti. Ideò pertanto e scrisse un rooianzo
artistico, cui pose un nome greco sesquipedale da atterrire,
non che il terso e gentile Annibal Caro, ogni pia coraggioso
leggitore : La Htfpnerotùmaehia di Poliphilo , ossia pugna di muo-
re in sogno. Nel qoal sogno, quanto mai dir si possa fantastic9
e bizzarro, e lungo più che non è certamente il sogno ordinario,
finge aver veduti tutti quelli oggetti di belle arti che d vien
descrivendo; e gli siano accaduti tutti qud casi amorosi i quali
occupano non meno di un grosso volarne in foglio. Per certo
che la hypnerotomachia posta in versi non cederebbe al Mor-
gante Maggiore del Puld, al Ricctardetto del Forteguerri, e
(1 ) Memorie degli architetti antichi e moderni lib. 3 Gap. 1.® ìd fine.
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LIBRO IL GAP. XIL 377
all'Oriando deU' Ariosto e del Benii. Ma ciò die Tiuoe rem-
mente la padcaza di tatti, è lo stile fldenziaiio o pedantesco,
ofA quale si consiglifr di Telare le arcane dottrine e gli amori
lasdri dd soo PdifilOy onde fl sonno grava troppo sovente gli
ùùdÀ dei leggitori. Come Fautore tacque il suo nome, e forse
▼ergognò ( e ne aveva ben d'onde ) apparire scrittore men ca-
sto, dcnni si argomentorono di rinvenirlo; e il Fossati credette
die PdUfilo fosse un ihi(e Servita mascherato qual altro Filoxe-
no; il Fonlanini Io stime un canonico contemplativo. Ma il P.
PMrogalH e Apostolo Zeno rinvennero il nome di Francesco
Colonna in acrostico ndle lettere iniziali dd capi del? opera. Né
qui cessarono i ddìramenti degli scrittori ostinatisi a ricercare
ndle avventure di Polifilo la storia di questo frate antiquario
«d arohiletlo. Loro nacque desiderio di investigare eziandio chi
mai fosse quella Mia per la quale tanto addimostrasi spasi-
manto il misero Polifilo, e che a mio awiSb era persona cosi reale
vome la Doldnea di Don Chisciotte ddla Mancia. Muovono certa-
mente a riso indagini cosifatte, vedendosi con la storia svdgere
e sostenere i vaneggiamenti di un sognatore. Giudicarono per-
tanto alcuni che essa fosse persona allegorica, e sotto qud
nome si volesse significare la scienza o Tantidiità o Tardiitet-
tnra , i quali studj occuparono tutta la vita di fra Francesco
Cdonna, alla quale opinione noi« di buon grado ci sottoscri-
viama Ma altri ostinatamente sostenneTo, che la PoUa non fosse
altrimenti cosa ideale ma concreta , composta dì carne e ossa ,
in breve una giovane bellissima di casa Pola. Chi giudicolla una
Lucrezia o Camilla Collalto, e il Temanza e il Federici un'Ip-
polita per vezzo appellata Polla, figlia di un Francesco Lelio
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378 MEMORIE
gìurecoQsaHo tpevigiano; e con la consocia ma paaenza ed eru-
dizione il P. Federici ci dà nei docmnenti l'albaro geoealogioo
di questa eroina del poema , sostenendo anevèrantemenle obe il
frate veneziano fosse veramente preso da illecito amore per
essa (1). Ma noi d stndieremo oon le parde stesse del Colonna
purgarlo da si bratta nota d' infamia , addìnmtrjfndo e svolgendo
il senso allegorico del suo romanao-artistieo : sebbene la li-
bera sua narrazione non d consenta difènderlo da qodla di
poco castigato scrittore. Egli d ricorda il troppo oddMre Mat-
teo Bandelk), che appunto negli idtimi anni del €!olonna scri-
veva in Milano le soe ìéée noveHe. Tanto la comizione del co-
stome in qud tempi infelicissimi avea contaminate e guaste
tutte le dassi di persone!
Quando avvenisse quel lungo e dotto sogno sendbra indi-
carlo lo stesso autore in flne dell'opera , con le seguenti parole.
Tarvisii cum deearisiimb Polim amore landi$ disiitieretwr mitel-
lu8 PoKphilut. MGCGCLXVn Kalendis Mm nel quale anno fra
Francesco Ciolonna era lettore nel suo convento di s. Niccolò
di Trevìgiy e contava anni trentaquattro di età. Alcum però
credeaero in quella data accennarsi piuttosto la pubblicazione
deiropera, ma la prima opinione è assai più verosimile. Ebbe
l'onore di due edizioni Aldine, e di una traduzione in lingua
iancese per opara di Giovanni Martin segretario dd cardinale
Lenencourt, quell' istesso che voltò in francese Vitruvio e Leon
Ballista Alberti per ordine di Francesco I re di Francia (3). Nelle
(i) .Memorie lyevig. ìùc cit.
(2) D' Agirooukt, Storia delfJrte yd. 4.^ P. 2.' delta Pittura p. 481.
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LIBRO IL GAP. XIL 379
eàmaoi ìtalune l'opera è adorna di molte incisioiii in legno,
cbe il P. Federioi giodloò disegnate da lìioTaniii Bdlim pittore
Teneiiano, e fl Ternana erede in qodla reoe dal Golonaa stesso.
Come opera mirabile da onorarsene grandemente il secolo e
l'Italia, Tenne da Lorenao Crasso dedicata a Goidobaldo Doca
di Drinw. Ma egli è ornai tempo che noi introduoittno al^ianto
il leggitore nd misterioso sogno di Polifilo, e dichiariamo me-
glio la mente deD' autore.
in fronte all'opera pose il Colonna il titolo ohe a mio
arriso ne rivela il concetto: Hyjmeratomadìia Poliphili uH Au-
muma omnia fè0H nUi fimmkm wt docetf accennandosi cosi la
Tanità e labait& ddle amane cose. Qoesto scopo morale e fllo-
soico meglio é chiarito dall'autore nella preTazione, con la quale
rivela i9)ertamente l'animo sua Non fla discaro intenderlo da
Ini medesiBio. « Lettor se tu desideri intendere brevemente
« qndlo che in quest'opera se contiene, sapi che Poliphilo narra
« aver in somio visto nùrande òose» la quale opera elio per yo-
« cabdk) greco chiama pugna d* an^r in sonno. Ove lui finge ha*-
« Ter visto molte cose antiquarie degne dt memma, et tutto
« qoeHo lui dice haTcr visto di punto in punto, et per propriì
€ Tooaboli elio descrive con elegante stilo, ( non troppo ) Pyra-
« mide, Obdisci, Ruhie massnne di ecfificìi, la dffanentia di co-
« hmne, la tua mensura, (^ capitelli, base epystyli, cioè trabi
€ retti , trabi iuBexi , zophorì , cioè lirisiii , coronioe con gli sui or^
« nati. Uno magno caballo. Uno maxime elephanto, uno colosso,
« una porta magnifica , con le mensure et li suoi ornamenti. Uno
€ spavento, li cinque sentimenti in cinque nymphe, uno egregio
« bagno, fontane, el palatio della regina che è el libero arfai-
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Goògle
380 MEMORIE
€ (rk)....iiiio gioco de scachi iiibalb, atre maisiire de scMu^
« laberynto, che è la vHa humana, ee. » Dal ebe ognan Tede ma-
nifesto, BOQ (foverà e noD poteirsi tntewbBre il sogno H Pdifila
che in nn senso puramente aUegorioo; dicendo egli alesso ebe
nelle ninfe da Ini nel romanzo introdotte allude ai cinqne aensi
del corpo, quasi ancelle e miaislre ddl'aniaàa nd riportarle le
forme degli oggetti sensibìlL Ndk regina del magnifico e reale
palazsDO, doversi riconoscere il libero ariiilrio die go?eraa e reg-
ge il c<»po e gli appetiti del senso. Nel «fiflBcile hberìrto es-
sere rassemhrata la vita umana per le nMilte Ticende, i peri»
coli e i diUciili casi cui ya soggetta. Per la qual cosa panai
di potere ragioneYobnente condukidere» che la PoBa per la qua-
le addimostrasi PoKfilo preso da fortiisiiao aSelto, sia rera-
mente lo studio ddl' antichità, apparando da tatto il romanm
l'amore* grandissimo che PoUfilo ebbe posto a questa scienza,
ddla quate ta il Colonna perpetuamente studioso. L'autore
addimostra lo stesso senso aUegorioo ad procedere ddl' ope-
ra, A cagione di esempio nd capitolo I ddla prima parte
narra come » gli parte in sogno di ritroTarsi m ma gmeim «
silente piaggia, di culto diserta, di$uU posma disaeedtUù em
grande timore intro in ima imfia et opaca sUva. Con le qudi
parole volle forse alludere al primo nostro ingresso alla vita
umana, bene a ragione ad un folto e orrido bosco paragonala,
ove molte e frequenti sono le cagioni dello smarrarsi e del per- .
dersi. Nd capiUdo II Polifllo temendo il perìcolo del bosco
oscurissimo, si pose a fare orazione sì Diespiter, e s^tendosi
da cocenlissima sete riarso, appressa le labbra ad una corrente
di limpide e fresche acqcc, ma nell'atto (lei dissetarsi riscosso
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UfiRO a GAP. XIL 381
da «m soave €nilo> lascialo 0 refrigerio delle aoqae, si fidge
?erao Q 8Q0B0 dolcisniMK Nd ohe paro! adombrato oosie nella
giovÌBetm sia ia noi ardente oitremodo il desiderio del disetare
la mei^ aUa fonie dèi vero; nel qoale stadio fere Tenjamo trop-
po sorente lardati o impediti dal diletto ddle eose sensibSL I
capite^ III, IV» V SODO consecrati alla desoimne di qmre ndra-
bili di architeltara da Ini yednte in ima eoMolk serraia da mi-
rabile dmmara: né forse andiamo errati opinando che sia mente
ddT antere accennare con ciò come aU'aoqnisto di quella scienza
si Toi^ lungo stndio e nen leggiera btiea. E cosi seguitando sa-
rflUe beile volgere ad nn senso morale se non Inltoy almeno gran
parte dd sogno misterioso. Intorno le vicende amorose diPoK-
tto non faremo jparola ; e chi aasasse conoscere la parte sden-
tiflca deV opera, segnatamente k dottrine arcbifettoraohe, ed il
confreoto cee Vitruvio e Leon Battista Alb^ , legga il Teman-
la. Accenneremo sdtanto i pregi granAssfani della Hypneroto-
machia per dò concerne la dovitia ddle cognizioni rarissime, e
per i servigi importanti resi a tntte le arti ed ai coltori deUe
medesime. Avverte il P. Federid, che tutti qud prezfosi og-
gelli di arti che egli viene descrivendo, non sono altrimenti
invenzioni come tahmo si persuade, ma cose vere e reali da
esso Ini vedute ne' suoi viaggi , e molte neHe lapidi, ndle mone^
te, ne'Camd (9 cui none fii da lui primamente trovato), neOe
conùote ed altre pietre preziose, deUa ricerca e significaaone
ddle quali ^ era steto studiosissimo (1). « Cosi che, soggiun-
(1) Abbiamo jdteofve ricoidata il privato Homo che in t.Niooolòdi
Treyigi , ove il Colonna dimorò pi^ anni , ayera raccolto il P« Franco-
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382 MEMORIE
gè il Federici , noD Antonio Le4\)is, non Enea Vico di Parma
nel 1560» dir si devono oome M. Manette ndla sua Dattiliogra-
fia scrive, fossero i primi illustratori e pobblicatori di pietre
scolpite dagli antichi, ma il Colonna, che la maggior parie
della sua opera, per quanto rigoarda la religione dei gentili,
tutla con l'impressione fatta d^e pietre dare, pubblicaiidoiie
la scultura, la grandezza, la prenosità ed oso superstizioso
•delle medesime, è compresa e segnata. Spesso ci arreca deHe
iscrizioni romane di elogio, di storia e sepolcrali, che aasieoM
unite formano U bel Miueo Lapidario Polifilitmo , e queste per
la maggior parte sono gemme vedute ne'marmì da esso Ini
leUe, dal Gmtero, dal Godio, dal Cori, e prkna dal Ghiaoo,
dal Feliciano., dal Giocondo raccolte, talune con propria in-
terpretazione e supplemento date, e nel sogno riseontrate e stra-
vcdte. Egli d ik%ì precetti di Vitruvio con le parole stes» di
hii, e talora con quelle di Leon Battista Alberti per lo studio
deirardutettura per cui dimostrasi zelantissimo ed intelligeoie,
checché in aria dittatoria e bnatica opponga il sig. Milizia. Egli
il primo a dipingere gli ScamiUi impari vitruviam per cui Ber-
nardino Baldo tanto si accreditò sopra ogni altro, mutuandone
dal Polififo'la intcarpretazione : egli il primo a sciogliere il
proUema di formare dentro un circolo un pcdigono di sette
lati, del di cui geonò^rico ritrovamenla tal altro vestito andò
borioso: egli il primo a insegnare la nuova forma dèlie volate
eco Massa ; nel qua! Museo era eziandio una collezione di carnei e di
corniole y sulle quali aytii studiato il Colonna per T opera sua. (V. li-
bro I. cap. Vili. )
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LIBRO n. GAP. XIL 383
e YÌtra^iaiìC e'de'yeri archi , togliendoli dd tutto dal gotioisiiio:
« egli le pfoporaoni archit^toniche alle armoniche della musica
« ixmA si ragguagli: egli dei cinque ordini con la interpetrazione
« più adatta delle parole di VitraTiOy ci dà la più distinta ed
« esatta notizia , e le misore più certe déUe più ben archit^tate
« romane labbrichey con prodarre degli sdiemmi di porte, pa-
« lagi, piazze» cortili, tempj, da esso lui in ogni sua parte gin*
« sta le regole più rigorose formati , se non anche da mderi an-
« tidii di fabbriche romane con singoiar perizia e maestria dise-
€ gnati E yì sarà dù ricasi annoverare fra gK architetti e fra
« scrittori di architettura Polifilo? • (1)
Non pago 9 Gdonna di aver btio tesoro deHe più preziose an-
tichitày vi aggiunse eziandio con ottimo consiglio quanto di più
maraviglioso avevano veduto le arti italiane dal tempo del loro
risorgimento fino alTetà delTautore. Quindi trovansi hi quel sogno
dottisrimo la descrizione dell' inferno iK Dante dipinto da Giotto
in Padova; quella del trionfo di Cesare dipinto dal Mantegna in
Mantova; del mausoleo dì Teodorico re d'Italia in Ravenna; del
cavallo di bronzo del Donatello in Padova fatta per il Gattame-
lata, della guglia posta suffeleCauite comeor vedesi sulla piazza
ddla Ifinerva in Roma, il cui concetto» il disegno e le pro-
porzioni stesse il Remino che la eresse, tolse dall'opera del
Colonna , come ora tutti confessano ; la descrizione dd gioooo
degS scacchi ; più di venti emblemi che fbronp dqpinti nd chio-
stro di s. Giustm^ in Pàdova da Lorenzo o Renuordo Parentino
ed altre aasaisshne opere (fi antichità e di arti: dando nd tempo
(1) Loc cit pag. 100 e 101.
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384 MEMORIE
stesso un ssggio prezioso ddk pUtnra gnUtesca netta quale UuiU
lode ottemiero Morto da Fdtre , Gioraom da Udine, Baldassurre
Pernia , Perin dd Vaga eo. ter la qiial cosa di buon grado
ci uniamo col P. Federici in far voti die alcuno intelligente di
queste scienze imprenda un importante lavoro sull'opera dd
Colonna 9 sceverandone la parte ideale e fantastica, e prenden-
do ad esame soltanto tutto ciò concerne l'erudizione antiqua-
ria , e segnatamente le dottrine suDa dossica architettura. Pur-
galo per siffatta guisa da qud gergo ininteUigiUle, dalle follie
•
amorose, e da molte inutili digressioni, apparird)be un'opera
utilissima da giovarsene grandemente gli studiosi ddle arti ita-
liane. Nella quale opinione consente eriandio il cddire Seroux
I^Agincoiurt, con le parole dd quale chiuderemo le noti»
ddla vita e dell'opera di tnt Francesco Ckilown. e Non tente-
« remo dì dar qui l'analisi dd sogno (8 Pollilo, ohe riusdrdée
« in gran parte estraneo al nostro ar^tmiento; ma d restringe-
te remo a dire, che il Colonna cedendo in pari tempo alle più
« dold fllttsiOBi dell'amore, ed al più vivo entusiasmo per le
« arti, mostrasi saecesiiv«nente nel quadro crealo dalla feconda
« immagidaiione, pittore, scultore, ardntetta Suo prindpale og-
« getto sembra essere quello di riprodurre i bei monnmenti dd-
« l'antiebità, dai quali dice di avere egli stesso ^tulto imparato.
« L'architettmra richiama in particolar modo la sua attendone.
« Commosso ddla lettura di Vttruvio, ilhminato dallo stnfio
€ degli antichi ediflz).ohe cominciava a dOaiarsi, il rdigioso tien
« dietro, a modo suo, alle traccio di L. B. Alberti, ponendo dirò
« cosi, in azione le regole e i principj del 'professore fiorentina
« Egli vede in sogno, ma fa vedere ai lettori in xeMk tutto ciò
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LIBRO U. GAP. XU. 385
« che atemii oommetitatori noa avevano fatto die spiegare, il più
« delle volte senza intendere, e più frequentemente senza essere
« intesi. Certo è die l'idea di porre in tal modo TarchitetUira
e n tavola, e di dare a suoi precetti il colore della pocèìa, era
« ingegnosissimo. U libro dd Colonna ebbe indubitatamente una
e fidice influenza sul suo secolo, e contribuì al rinovamento del-
€ l'arte »(1).
(1) Storia delt Jrte, toL 2. Parte 3.* pag. 297 , edis. di Prato del
Gìachetii. Chi bramatae leggere uà cotal saggio dello siile fideoziano del
Colonna, abbiasi questo. Nel Cap. 1.® descrivendo l'aurora , così si espri-
me. Phoebo in quel ham manoiufo i che la fronte di Bimtuta Leucothea
candidava y fora già delle Oceane onde, le volubile rote sospese non di»
mostrava f ma sedalo cum gli sui voluan caballi Pjrroo primo et Eoo
alquanto apparendo, ad dipingere le fycophe quadrige della figliuola di
vermigliante rose, velocissimo inseguentila , non dimorava» » Or chi
Torrà por mente come con questa terrìbile eloquenza sia scrìtto un
intiero volume in foglio, facilmente potrà comprendere perchè un'opera
dottissima, quale è certemente la Jfypnerotomachia, da pochi aia stata
letta per lo passato, e forse da niuno piii si legga al pcetente.
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APPENDICE
PITTORI Ii\ VETRO
NEI SECOLI XIV. E XV.
M««-l
CAPITOLO xiir.
Di alcuni pittori Toscani, e di Fra Bartolomeo Perugino.
m^m
«l^arrate con k maggior diligenza che per noi è stala pos-
sibile, le notizie ddla vita e delle opere di quei frati Predica-
tori i quali coltivarono T architettura» la scoltnra» e la pittura
ne' tre secoli XIII, XIV e XV, e aggiuntovi un breve saggio dei
nùniatori toscani degli ultimi due secoli; solo restava che ve-
nissero ricordati coloro i quali presero a coUivareil mosaico e
la pittura dei vetri; arti die per essere alle altre infiariori,
sono da noi collocate neD'ultimo Inoga Del musaico propria-
mente detto non rinvemi cultore alcuno presso i Domenicani #
ma quel genere di pittura è cosi aflSne a quella dei vetri ,
che l'eccellenza cui salirono In questa compensa in loro il di-
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388 MEMORIE
Tetto di quella. E yerameule io eisa noreraiio noo pure oo-
piosi ed insigni artefici , ma quel sovrano maestro deU'|arte ve-
traria 9 frate Guglielmo di Mardllat, che a mio avviso daj Dia-
no fu vinto giaounai nel difficile magistero; se non che appar-
tenendo egli al secolo XVI , ne ragioneremo nd secondo volume
di queste memorie.
Dell'arte di colorire i vetri per uso ddle finestre si trova
ricordanza in Italia fino daO' ottavo seccdo sotto Q pontificalo di
Leone III» come pure nel trattato che di quest'arte e dd mu-
saico pubblicò Q Muratori nd secondo volume ddle Antichità
Italiche del medio levo, scritto da ananimo Italiano dello stesso
ottavo secolo; ed alcun cenno se ne rinviene udì' opera di Teo&
Io monaco del secolo nono. Nd XIV e nd XV quest' arte fa
coltivata con amore e con gloria dall' Ordine dei Gesuati , segna-
tamente nella Toscana » avendo questi molto operato nd duomi
di Ffa'enzey di Arezzo, e altrove (1). Essa ugualmente che la
miniatura formò le ddizie dei claustrali pel giro di molti se-
coli; e quai servigi rendessero a quest'arte apparirà manifesto
quando alcuno imprenderà a dare all'Italia» non dico una sto-
ria » ma un saggio almeno, abbastanza copioso de' suoi pittai di
vetri» di che siamo privi tuttora. Sia che gli italiani non merito
curassero eserdtarsi in questo genere di pittura » o i vetri dei
quali dovettero servirsi non ben (acessero all' uopo ( eome era
di qnddi V^ezia rifiatati dalk pia parte» percbò non ben tnn
sparenti) certo egli è die gli oKramontani d ebbero fadlmeiite
superati nel fonderli e cdorìrli ; dui per dò che appartiene al
(1) Gkim, Cmttggio itudiio, te. voi. 2. Jppend. pig. 44&
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LIBRO IL GAP. XIU. 889
disegno e aDa oompoBìaòone delle storie e degli omaBieQti die
ti si tollero eCBgiaU» i noslri tinoono quelli di lunga moBo»
atendone di non pochi dati i disegni arteOd chiarissimi^ ooooe
Pietro Perugino, Lorenzo Ghib^rti, il Dooatdlo, ec
U periodo più luminoso ddla pittura dei tetri é forse il
secolo XV. Gol seguente toccò rritima sua perfezione e chiuse
la sua carriera. Nei bassi tempi seguitò il lare simbolico del-
farte cristiana ; e come ritraeta da quella lo scopo noUlisaimo di
aounaestrare e confortare il popolo, si vede a quando a quando
associala alla parola evangelica (1). Nei seodì che seguitarono
salì alla dignità della pittura storica ; finché per le ingiurie del
tempo e. degli uomini ^parvero ^paieUe meravigliose tetriate,
le quali di una vaga iride coloratano le tecchie nostre basili-
che, ed invitavano il popofo a mesti e religiosi pensieri. Non
è cuor si dura e ferrigno, scrìveva Montaigne, die non si senta
comprendere da riverenza, considerando la fosca vastità delle
nostre chiese, e la diversità degli ornamenti; udendo il devoto
soono dei nostri organi, e T armonia si soave e religiosa dei
nostri canti. II secolo presente tenta ravvivare un'arte, che
tre secoli di disprezzo avevano fatta obliare. In Frauda comin-
cia ad ottenere i più felìd risultamenti , ma i tentativi che si
vanno facendo in Italia lasciano ancora molto a desiderare (2).
(1) È degna di asfore rìcordaU la pia aoilecitadiiie del- curato di
Saint Nixier di Troyea , il quale lasciò memoria di aver fiilto dipingere
tre retri per «erTÌre di catechismo e di itUruaioneal auo popolo. V. Rio,
Poesie Chréùenne y cbap. I pag. 38.
(2) Il aignor Esilio Tu imi» ba (ormato una manifattura di vetri
colorati a Clermont Ferrand, e pubblicate alcune notiiie •loriche euUe
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390 MEMORIE
I toscani che si oBirono sempre i primi in queste memorie
nello scolpire, nel dipingere e nell' architettare , eziandio nel
colorire i vetri conservano il prhnato (fi autorità. I loro Ne-
cndogii ricordano alconi cultori di qoest'arte nd secolo XIV ,
ma con troppo incerte e troppo brevi notizie. La cronaca dd
convento di s. Caterina di Pisa novera innanzi a tntti on firate
Domenico Pollini nativo di Cagliari nella Sardegna , affigliato però
a qnd convento, del quale loda la probità, la gentUezza dei mo-
di, la perizia del cantare, del miniare, e del colorire i vetri.
Sembra fosse sacerdote, e morisse dopo il 1340. Alquanto più
copioso è l'elogio faitessato a frate Michele pisano, figlio di ona
tal Pina, sacerdote d pare; dicesi religioso grave e soHlario,
perfetto maestro nell' arte di tingere i vetri , e ricordasi come
opera sua una grande invetriata ndla chiesa di s. Domenico
di Pistoja al presente distrutta, ed una nel refettorio di s. Ca-
terina di Pisa (1] . Il convento di s. Maria Novdla ci offre un
yetrierf antiche e moderne. Scrinerò ugualmente fu questo argomento:
LiBvn., Jrte della Pittura sul yetro, e della Cetraria, un rei. in 4.^
E. H. LàBOLOity Sojg^o stojrico e descrittiyo sulla pittura sul vetro,
un Tol. in 8.^
(1) «e Frater Dominicus Sardus de PoUinis KaUaritanis fmt tndde
gratiosus et probus , soavissime conuersationis. Cantabat bene , scribe^
bat pukre et fenestras vitreas operabatur optime, — Frater Michel
domine Pine j dictus Pisam$s Jhit antiquus pater coellicula continuus.
Fuit perfectus magister in arte vitrorum ita utfenestram pistoriensis
conventus faceret in ecclesia ^ et in refoctorio nostro ^ et qmdquid in
Conpentu refidendum videèat promptissime resardre curabat. Migra-'
vit ut supra (1340).
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LIBRO II. GAP. XUI. 391
ooQTerso florentioo per nome fra Giacomo di Anérea soHcieii-
temente rersato in qnesf arte ( Necrol. NS 4W. ) Nel secolo se-
guente fr. Bemarfino rdlgloso sacerdote, è detto Magister fé-
mUramm vUrearum optinmSf mori in Fireaie Fasio 14S0. (V.
Necrol, JV."" 642.) Un'artista però rarissinio di questo stesso se-
colo XV, e degno di essere annoyerato fra i pnni dell'Italia,
Ita certamente frate Bartolomeo di Pietro perugho, dd quale
daremo quelle poche notizie che nell'arcbiiio del coaveoto di
s. Domenico ài Perugia ci é slato possibile rinvenire.
Tre religiosi Domenicani presero a scrivere le menùrie di
quel convento. Il primo è un* anonimo dd secolo XIV , autore
dì una croriiclietta che ordinò sulla Ì3ggia de' Necrologii. La
condusse dalTanno lS82fino al 1845 (1). D secondo è il P. Do-
menico Baglioni perugino, che la seguitò dal 1500 fino al 1558.
Teneo fu il piò volte ricordato P. Timoteo Bottonio, religiosu
dottissimo, e a quanto mi parve bastevohnente accurato. La-
sciò egli due volumi in foglio manoscritti di Annali di Storia
Universale quadripartita , collocando per primo le notizie della
Storia Universale , quindi quelle della città di Perugia , ponen-
do in terzo luogo gli avvenimenti precipui della storia dd frati
Predicatori, ed in ultimo quelli che risguardavano il suo con-
vento di s. Domenico; ma de' fatti poco oltre si trova che una
semplice indicazione, quasi indice generale di storia. A questi
(1) Chroniea de cbim fratr. Praedic* cotw. s. Domimei de Peru"
sio, ab anno 1232^ usque ad ann. 1590. Codice membniDaceo di fol.
69. in 16.^ tcriUo da dìfersi. Il P. Domenico Baglioni è altraai autore
di un Poema latino, D9 Fuga. ChrUU in Sg/ptwHf e di un Begistro,
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3^ MEMORIE
si potrebbero aggiungere una deacruioiie storica della chiesa di
8. Domenico di Perugia dd P. Reginaldo Boarini, ed akooe
memorie maBOscritle di quel convento, del P. Agostino Guidnc-
è! (1). Da qnesti scrittori andremo raggranellando <piel poco
che di un tanto artefice ci fa dato di rinvenire.
L'anno della nascita e ddla noorte di frate Bartolomeo si
trova taciuto da tatti gli storici ricordali. II genitore fa m tal
Piefro, e perciò die afferma il eh. sig. Serafino Siepi, appel-
la vasi Vanni Accomandati (2); ma di qoeslo cognome non é al-
cun ricordo ndle cronache del conventa Soggiunge il saddetto
scrittore, che per alcun tempo eserdtassc rnflfido di smdaoo
o camarlingo. Consentono poi il Bottonio, il Baglioni e gli altri,
che Tanno 1413 fosse eletto superiore dd suo convento di san
Domenico; la qud cosa d fa ragione ddla interezza de'sod
costumi, come della sua prudenza. Cagione di tanta penuria
delle notizie concementi la vita e le opere di questo raro ar-
tefice fu Io smarrimento delle antiche carte, o F incuria di
della Chiesa e della Sacristia di s, Domenico di Perugia, incomuiciato
TaoDO 1548, un toI. in fol. MS. ricco di importanti notizie. Gli Annali
del P. M. Bottonio cominciano dal 1200, e furono da lui protegu iti fino
al 1578, in seguito continuati da altri religiosi (ino al 1791. A pag. 341
sotto Tanno 1575, scrive avere impreso a raccogliere le memorie del con-
vento « e a stenderle li 11 novembre 1577^ morì li 13 giugno 1591.
(1) L'operetta del P. Boarìni è stata pabblkata da Geaare Orlan-
di in Perugia l'anno 1778.
(2} Demnrizione Tropologica Isterica delia ciuk di Ferugia, esposta
da Serafino Siepi, voi* 3. Perugia 1822. V. vd. 3. pog. 491.
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: LIBRO U. GAP. XIII. 393
quei religiosi ( come scrire il Baglieoi) , i quali non si dettero
alcuna soUedtiidicie di proseguire la oroiiaca antica del con-
Tento, essendoTÌ una lacuna di oltre un secolo, che è apponto
il XV; perciocché lo storico suddetto non potè continuarla che
dal 1500 al ISSS^ avendo solo con brevi cenni tentato di riem-
pine il vuoto di quel lungo intervallo (1) . Per la qoal cosa sì
rende inutile ricercare <h chi fra BartolÒD/leo apprendesse
r arte di colorire i vetri , e quali opere a lui siano dovute. Ri*
mane però a peri:etuità dd suo nome e ddla sua gloria una
l)elli8sìma invetriata nella chiesa di s. Domenico di Perugia, e
tale da vincere nelle dimensioni , nella oom|M)SÌ2Ìone, e nèUa va-
gliezEa del colorito, quante altre ne novera T Italia, solo ce-
dendo a quelle di fra Guglielmo di Harcillat che sono in Areno.
La sna altezza veramente sterarfDato è di primi 95 e la
larghezza trentaquattro e mezzo. È partita per mez») da un al-
bero di travertino , il quale nella sommMi dìridendosf in più ra-
mi ddla stessa pietra, lascia nei vani travedere una gloria.
Mdla estremità superiore è Y Eterno Padre che sostiene il 0o-
bo, ed è in atto di benedire; negli intrecci dd rami in forme
di ovati, sono vari Serafini ed una figura che sembra dnta da
lingue di fuoco. Questa sommità è sorretta da im architrave
(1) Chronìca de obìtu, ec fot. 60 a tergo. « Postquamper centma
et plures annos haec intermissa est Chronìca de glorioso obitu fratrum
conv. s„ Dominici de Perusio, vel viventium neglectu , uel oblivione
seu negligentia, vel quod libellus iste ad tempus latuerit, ec
%nsum est nuhi fralri Dominico quondam Frandsd Ballionii de Pe^
rusiOf ec prò viribus innovare» »
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394 MEMORIE
sotto del quale sono quattro ordini di Santi; quindi jma base,
e dopo la base' una iscrizione. Le figure sono intiere e quasi ai
yero , racchiuse da un tempietto gotico secondo lo stile di qud
secolo. Nel prin^o ordine sono: s. Pietro, s. Paolo, s. Già Batt,
r Angeb Gabriele , la Vergine Annunziata , s. Giovanni Erange-
lista, 4a quale ultmia figura essondo rovinala, ne fta sostituita
una dipinta in tda, ma cosi trasparente da sembrare siccome
le allre di vetiro. Nell'ordine secondo sodo; s. Stefano, s. Pie-
tro martire, s. Costanzo, s. Ercolano, s. Domenico es. Loren-
zo. Nel terzo s. Tommaso di Aquino, s. Agostino, s. Gregorio,
s. Afi^x)gio, s. Gerolamo, ed un santo vescovo Domenicano,
che il Siepi crede s. Antonino, il che è improbabBe essendo
morto questo santo nel 14B9, e canonizzato nel 1523. Sotto qoe-
st' ordine sono dodici ovaUu con dodici mezze figure di santi
fiondatori di ordini religiosi. Ndl' ordine quarto ritrasse s. Lin-
cia, s. Dorotea, s. Maria Maddalena, s. Caterina da Siena, s.
Agnese v. e m. , e s. Caterina v. e m. Nella base in piccole
figurine espresse il martirio di s. Giacomo apostolo con tre suoi
miracoli; e ai due lati colori lo stemma della luniglia Graziani,
che verosimilmente fece le spese della medesima finestra. Più
basso leggesi a caratteri gotici la iscrizione seguente :
Jd honorem Dei et Sanctissimae Virginio Mariae,
B. Jacobi apostoli et B. Dominici Patris nostri
et totius curine coelestis Frater Bartholomaeus
Petri de Perusio hujus almi Ordinis Praedica-
torum minimus Frater ad sui perpetuam memo-
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LIBRO U. GAP. XUl. 3d5
riam fecit hanc s^itream fen^stram et ad Jìnem
usque perduxit divina gratia mediante anno ab
Incamatione Dni MCCCCXI. de mense augusti.
Lodeiemo in questa invetriata fl disegoo largo e grandioso, la
fdioe disposinone dei odori, la rioohezza e il buon g^^ degli
adornamenti, segnatamente di quei tempietti gotici che racdiio-
dono le Cgure. 1 fatti poi di s. Gkoomo apostolo nella base
sono cosi ben conce|Hti e di cosi bdla esecozione, che non cre-
do per la piccola dimensione possa vedersi in quel genere la-
voro più ben tatto di vetri nel secolo XV. Le estremità sola-
mente delle figure non sono troppo correttamente disegnate, e
nelle teste si desidera spella aecurateoa e quella verità che si
ammira nelle maràvigliose vetriate di Arezzo. Ma queste difette
è piuttosto dei tempi che dell'artefice, non essendosi potute
vincere tutte le diflScoltà di ben eseguire il nudo nell'opere dei
vetri, se non col mezzo di lunghi e ardui sperimenti. Arroge,
che la più parte degli artefici di vetraria eranodeboli nel disegno^
e valevansi di cartoni disegnati e coloriti dai pittori, laddove fra
Guglielmo di IfardUat che colori le finestre di Arezao, era ezian-
dio buon frescai\te, come ne sono prova i dipinti nella vdta
di quella cattedrale.
Ninno crederà facilmente che a fra Bartolomeo di Pietro
non bastasse l' ingegno che a colorire queste sola invetriate :
non pertanto non si potrebbe al {uresente additare altr'opera di
simil genere che a lui sia dovuta. Se non <^ dopo la tradi-
zione di sopra tre secoli ; a malgrado r iscrizione che vi ap-
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396 MEMORIE
poso r autore, si è tentoto tagliere a quest'artefice la ^orìa
eziandio di tanto insigne lavoro, e a Perugia quella di avere
avuto uno dei più rari eolorilorì di Tetri che ricordi V Italia nd
secolo XV. U Mariotti fu il primo che si alimentasse di por-
re in dubtno un tal vero, conducendosi a crederne autore un Bin-
do da Siena (1). D Siepi lo seguitò in quella opinione. Noi addotto
le ragioni di ambedue, faremo prova di mantenere al fì^te pe-
rugino i) possesso ddr opera soa , per quanto k povertà delle
notizie ce lo vorrà oonsenlire.
« È però a riflettere col dottissimo Mariotti, scrìve Serafino
Siepi , che la data del 1411 che qui si scorge non può eonveoire
a questo lavoro, e perchè non è a credere che la iaestra fosse
compiuta prima della chiesa, la quale non fu ridotta al suo termi-
ne che nel 1458, e perché prima del 1436 non si rese fra noi
famigliare Parte di colorire ì vetri, ec e ci assicura il
€!ampano ( in Hia PU II ) che nel 14S9 trovandosi di passag-
gio in Perugia Pio II e consecrando questa diicsa, ordinò che
la gran finestra già aperta dietro all'aitar maggiore fiosse chiosa
òpere vitreo artificio et textura texellata. » Opina pertanto il eh.
antore col Mariotti , che siccome nella parete laterale del coro
era un'altra finestra di vetri colorati assai più antica, ed un
altare dedicato a s. Giacomo apostolo appartenente alfa famì-
glia Graziani, chiusa la finestra, distrutta la invetriata e Tal-
tare, trasportato il titolo al maggiore, alcuni pochi vetri del-
l'antica invetriata, e precisamente la iscrieìone con le storie
piccole di s. Giacomo, servissero a Bindo di Siena e a Bene-
(1) Lettere Pittoriche Peitigine, Pcrugu 1788. pag. 89.
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UBRO II. gAP. xuL am
detto di Valdorcìa per formare la base dèUi presenle graodis-
sima che vederi nel fondo del coro ; e per oiè ebe Gonoeroe fra
Bartolomeo di Pietro che tì è ricordato, non essere costai che
il sindaco del convento, il quale con le dilazioni dei fedeli, e
segnatamente della famiglia Graziani, aveva latta fare la inve-
triata nel 1411 (1).
Di tanto poco valore d sembrano le doe prime ragionr,
€be non spenderemo molte parole* in oonfatarle; |^ seria con-
siderazione merita la terza per rautorìtà gravissima del Cam-
pano.
Alloraqnando frate Bartoknneo di Pietro coloriva nd 1411
i snoi vetri, la chiesa di s. Domenico di Perugia polea dirsi
ÌD gran pmle compiata , avendone Giovanni pisano con suo di-
segno eretta la nave éi mezzo fino daU'anno 1804 o in quel
(omo. n coro ove quella invetriata si trova è ancora un avan-
zo dell'antica diiesa. Intorno la metà di quello slesso secolo
XIV i rdigìosi Domenicani di Perugia si erano data sollectta-
dine di abbdlire il loro tempio òon opere di artefici insìgiH, fra
i quali assai si giovarono di Bnonamieo Builalmacco; e la Tab-
brìca della chiesa non era ancora condotta al suo termine. Or
come non poteva fr^ Bartolomeo sessantanni dopo colorire i
suoi vetri ? Né facilmente è dato comprendere come avendo con-
ceduto esistesse una invetriata nella parete laterale del cofO
innanzi al 1459 si <&ca poi ciò inverosìmile per queOa di fon-
do. E per ciò che si soggiunge che in Perugia non si fosse resa
famigliare la pittura dei v^ innanzi al 1436, ciò è chiara-
(1) Descrizione TYopoiogica, ec voL 3 ptg. 491.
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39B MEMORI^
mente sttientito dàlia itcrizioiie suddetta ove leggesì a chiaris-
sime cifire la data del 1411. Fra Bartolomeo poleva avere ap-
presa quest'arte fuori della patria; e gii abbiamo veduti al-
cuni su(H confratdli essere stati periti ndla vetraria un secolo
innanzi e averne lasciati alcuni saggi in Pisa, in Pistoja e in
Firenze. Ma passiamo a considerare F autorità di Giovanni CaoBh
pano scrittore contemporaneo.
Narrando egli adunque la venuta in Perugia d^ Som-
mo Pontefloe Pio II Y anno 1459 scrìve : dedkatntque jAa-
num Domnici postulantibus civibus propter exindam templi mar
gniiìidinemy et dona primus intuiti: fenestram quoque eximiae ma-
ffnitudmis pehe aram maximam opere vitreo jussit occludi , arti-
ficio et textura texellata (1) . t)alle quali parole apparirebbe trop-
po manirestamente l'ordine del Pontefice di coostruire una in-
vetriata per la finestra del cora Conceduta vera la narrazione
del Campano , parmi dì potere ragionevolmente rispondere,
cbe Pio II maniiestasse, anziché un ordine, un suo desiderio, e
non avendo di mezzi opportuni sovvenuti i religiosi , questi non
estimassero potersi altrimenti far paga la volontà del Pontefice,
ohe togliendo la intiera invetriata cbe >era nella parete laterale
del coro, eseguila nel 1411, e trasportarla alla finestra in fon-
do al medesimo; perciocché essere ella stata distrutta oome
scrivono il Mariotli ed il Siepi , é asserito troppo gratuitamente.
E vaglia il vero, ove il Pontefice avesse in tutto o in parte
contribuito alla spesa ddla nuova invetriata, non sarebbevi
(1) Joann. Campanut, Opera omnia , un toL in fol* edizione del
1495. — In vita Pii il fol. 2 a tergo.
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LIBRO IL GAP. XIU. 399
stato tollerato né il nome dì fra Bartolomeo, cbe si sappone il sin
daoo che la fece Tare, né lo stemma Oraziani; ma in quella vece,
ricordata con apposita iscrizione la generosità del Pontefice, l'a-
Trebberò eziandìo improntata del di lui stemma. A ciò sì aggiun*-
gè, che in essa non si ravvisa già Y accozzamento di dae divèrse
invetriate, come si aRnrma, ma si rimità del concetto, essen-
dovi , come annunzia l' iscrizione , figurata tutta la celeste gerar-
chia , e con parziale significazione di onore ricordato il glorioso
Apostolo s. Giacoma
Si ponderino bene le parole della iscrizione /V. Bartho-
lomeus Petri od sm perpektam memoriam ficU hane vi-
iream fenestram , et ad finem usqm perduant dwina gratta me"
dBante. Or quando mai fu lecito ad un religioso» il quale con le
altrui elemosine potè fare eseguire alcune opere insigni di beHe
arti y farsene egli V autore? E se la famiglia Oraziani sopperì die
spese della invetriata, come manilÌBstamente indica lo stemma
e le memorie del convento, e se Bindo di Siena la colori, che
' lece egS mai questo frate il quale con non troppa modestia
asserisce d'averla fetta a perpetuità del suo nome? (1)
Alle quali fagioni, che a noi sembrano gravi bastantemen-
te, aggiungeremo la gravissima autorità degU storici di quel
convento di s. Domenico. Nel codice membranaceo già ricorda-
to, che ha per titolo Chronka de Obitu FF, Praedicatorum^ a
(1) Scrìve il Siepi, (loc cit. ) che Pier Antonio Graxiani nel 1547
lasciò un kgalo di cinque fiorìni annui per il mantenimento del pre*
ibiterìo e del coro, dal quale legato pochi anni dopo il cap. Felice Gni«
ziani ti liberò con lo aborao di cento fiorini.
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400 MEMORIE
&d. 60 si le^e di un carattere che Torse è queUo del Baglio-
ni : Fr. Barthoiameu$ Petri de Perusio , qui mirabilem fenestram
tUream nosirae ecclesiae construxiL Vt dare palei ex iUieris
in calce fenesirae pasiiis. De isto ^ingenioso viro alia non ha-
lemus : a fol. 62. Fr. Bartholomeus Petri de Perusio fail vòr
ingenxosus , conqmuit ritream fenesiram fnagfuun ecdeskte no-
straey ut patet ex lUteris in dieta fenestra. L'anno 1460, cioè
quello che seguitò alla venuta in Perugia di Pio II mori nei
convento di s. Domenico un religioso per nome Giuliano d'A-
gnolo perugino, e lasciò di sua mano scrìtta una m^Enoria re-
lativa al convento medesimo, veduta dal P. Bottonio, ndla quale
ricordati non pochi religiosi insigni di quel secolo XV e di quel
convento, fra questi noverava Fra Bartolomeo di Pietro che fe-
ce la invetriata grande (1] . Il P. Domenico Baglioni , nel soo
Registro della chiesa e della sacrestia di s. Domenico di Pera-
già, cui diede cominciamento nel 1548, parlando dd presbite-
rio scrìve: <t E la finestra vetriata grande et bellesima fu latta
dalla casata Oraziani siccome appare per lettere a piedi di detta
finestra , per V insegna et armi de' Graziani Tamosa casata in
Perugia. Detta famiglia ha fatto ancora il presbiterio, come
pure il mostrano le medesime arme Graziani. » (2)
Altrove sembrai concedere vera la narraeuone del Campa-
no per ciò spetta l'ordine dato da Pio II di far colorire una
grande invetriata nel fondo del coro l'anno 1459. Non pertan-
(1) Jnnaiì\ toI. 2 pag. 1ia
(2) Registro, ce. un voi. in fol. MS. Vedi fbl. 1.°
L
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LIBRO U. CAP. XUI. «di
lo non so cosi (iiciliiienle presUnni riùlioro mio assenso. Ne^
Annali MSS. del detto P. Bottonio so(to l'anno 1411 si legge:
La inretriaia grande di chiesa ni>stra fa fatui quesfanno^
come appare da questa iscrisione che si legge nelT estrema par^
(e di essa^ ec. Altrore sotto Fanno 145S scrive» che le carti-
ne^ ovvero tende j che sono nella invetriata grande furono fatte
quesfanno. Che è a dnre quattro anni innanzi la venuta in
Peragfa di Pio II (1). Narrando poi la venata di questo Pon-
tefice, e la consecrazione ddla chieda di s. Domenico, mostra
conoscerne le più pfccole partieoiaritk Fa dedicata^ ovvero con-
sacrata quesf armo la chiesa nostra nuova da Papa Pio II
a H 10 dì feòhrajOf in domenica^ facendo le untioni et le cerìr
manie il rescoto della città , et V arciprete cantò la messa y
stando il Papa all' altare da la banda del coro (2). Or come
il Bottonio cosi versato nelle memorie istoriphe ddla saa patria
e del suo convento, che accenna le più Kevt dréostaolÉ di
quella consecrazione, ignorò quanto scrìve il Campano intorno
la grande invetriata che avrebbe ingiunta il Pontefice? Con-
temporaneo del Bottonio fu il P. Serafino Razzi, il quale per
alcun tempo lesse teologia in quel convento di s. Domenico, e
vi fu eziandio superiore. Nell'opera più volte ricordata degli
uomini iUustrì dell* ordine dei Predicalorì, noverando in ultimo
luogo quelli che nelle arti belle ebber grido, al N.^ XII pone
Fra Bartolomeo di Pietro da Perugia autore e facitore della
magnifica finestra invetriata della cappella maggiore ( il coro )
(1) loc ciL voi. 2 ibi. 21 —e fol. 10!^.
(2) loc cit ad annum 1459, voi. 2 fol. 117.
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40S MEMORIE
E che il predetto fra Bartolomeo ne foeee autore H cava dalla
iscrizione posta a^ppie di quella (1).
DaUe quali aotorìti, se mal non mi aYTÌso, à dd)be do-
durre che, o andasse erralo il Campano scriTeodo che a Pio U
sia dovuta quella invetriata , o la presente fosse ivi traslocata
dalla finestra laterale, non già ndla sola base, ma ndla sua inte-
rezza, e che fira Bartolomeo sia veramente il pittore die la
odori. Quell'unanime consenso degli antichi scrittori nd con-
cederne a lui k lode, tutti addncendo in prova la citata iscri-
zione, ci dice aperto che non si possa trame le parole ad altra
significazione, se non quella che noi abbiamo lor data (2). Per
la qual cosa fin che con nuovi e piò certi documenti non si
confermerà meglio V autorità del Campano , noi ripeteremo sem-
pre che fra Bartolomea di Pietro a gloria di Dio e a perpetuità
del suo nome fece e color) la meravi^osa invetriata del c(MX> di
s. Domenico monumento solenne dd suo valore in qnest' arte»
(1) loc cit.
(2) Non tacerò che il P. AcofTiHO Guiouca nelle Memorie MSS. del
convento di #. Domenico di Perugia ( fol 19 $. IT ) scrive che fra Bar-
tolomeo di Vitito fece fare quella inretrìata nel 1411 e che la famiglia
Graiiani ne fece le ipete ; ma il Guidacci acriTeva nel 1706 e non dia
documentL
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403
CAPITOLO XIV.
Notizie del beato Giacomo <F Ulma e de' suoi (Rscepoii
ndtarie vetraria.
m^m
lìloD poobe volte in narrando le vite degli artisti Domenica-
ni ci è ocoorao lodare la rara bontà di alconi tra essi , i quali
seppero fare d^e arti belle nn mezzo di perf^icoamento mo-
rale e religioso, e ricordammo segnatamente il bealo Gugliel-
mo Agnelli, fra Giovannino da Maroojano, il buon fra Gerola-
mo Monsignori, e qnel pittore santis^mo che Tu Giovanni An-
gelico. Di presente ci gode l'animo in dover favellare di uno
che nel tinger i vetri ^bbe merito insigne e ndle daustraM
virtù cosi grande, che meritò dalla chiesa cattolica nei giorni
nostri r oQor degli altari. È questi 91 beato Giacomo Alemanno
laico del convento di s. Domenico di Bologna.
La vita del beato Giacomo trovasi narrata da molti e ao-
corati scrittori; il -perchè non abbiamo qui a lamentare poverr
tà di notizie. Solo ci duole che del molto da lui operato ndla
pittura dd vetri poco rimanga , e non cosi noto che se ne possa
con certezza portare giudizia Ckmdi^ione infelicissima di que-
st'arte, alle cui produzioni non è dato sperare lunga vita, onde
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404 MEMORIE
l'opera dì tango studio e dìligeoza infinita , è solente in bre-
vissimo tempo e da lieve causa distrutta.
In Ulma città imperiale dell' Alemagna nacque jl b^to Gia-
como Tanno 1407. D padre suo chianxnsi Teodorico» e fa mer-
cante di professione. Il più antico scrittore della vita del beato,
che fa (rate Ambrogino da Sondno laico Domenicano e suo al-
lievo nell'arte di colorire i vetri , lasciò scritto che nella giovinez-
za il beato Giacomo si addestrasse alle arti meccaniche, per le
quali aveva speciale altitudine ; ed eziandio apparasse la pittura
dei vetri , nella quale i tedeschi ed i fiamminghi sorsero a gran-
de celebrità. Come da natura avea sortita un'indole buona, e
molto dilettavasi delle pratidie religiose, gli nacque desio di
visitare in Roma il sepolcro del principe degli Apostoli ; pochi
essendo m quei secoli di fede i cattolici, che kmanzi il morire
non volessero imprimere dì un bacio, e bagnare delle laro la-
grime quel venerando sepolcra Vi si recò impertanto 1' amo
1432 e di sua età 25; e si grande e faeflabile fa il pascolo
che n' ebbe la sua pietà , che non sapea più dipartirsi da quei
luoghi santificati dalle vnrtù e dal sangue di tanti martiri. Ve-
nutogli meno il danaro, né avendo modo di Tar ritomo alla pa-
tria né di campare la vita , pre^ la vfei di Napoli , si arruolò
fra le truppe di Alfonso re di Aragona, ed ebbe jmrtc a qodla
memoranda battaglia nella quale, per il valore del genovesi , Al-
fonso perde il trono e la libertà. Quattro anni servì la milizia
con lode di integrità e di valore; poscia abborrendo dal vivoe
licenzioso dello soldatesche, acconciossì al servizio di un citta-
dino di Capua. Nel 1440, o 41 il desiderio del loco natàoy che
forte punge ogni animo gentile, quello di riabbracciare il veo-
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LIBRO U. GAP. XIV. 405
cUo geoìiore, lo oondosae a Bologiia da cnr9 iiHMdeva pmie-
gHire il canunino alla Yolta ddla Germaiito. Orando al sajpol-
CTO di s. Dcnaenioo seotisM inspiralo a ràmuiare alia patria
torreoa onde atteoder solo aU'aoQaisto detta celeste. Chiese ed
otteape l'abito religioso di coa^erso in ^aello stesso oon^eirto
nella saa età di aoni 34. Pel corso di ben cingnant'aniii ser-
^ vi a Dio nell' istituto Domenicano con fita santissioia, e mori
gli il ottobre 1491. PqUefprmo, gqemero» daostxale fu spec-
chio di tutte ?irtà. U Sommo Pontefice Leone XII lo ascrisse
nel novero dei beati fanno 1^S> e la diiesa ne soleonisa la me-
moria nel giorno 12 di ottobre. Chi amasse conoscerne più par-
tìtamente la vita, veda il UeUoni negli Atti dei Santi Bolcgoe-
àj e Leandro Alberti nel quinto libro de* snoi Elogi latini de-
gli nomini illustri dell'Ordine dei (rati Predicatori. Di presente
d faremo a considerarlo siccome artefice.
Non cosi tosto il beato Giacomo ebbe indossato l'abito re-
ligioso, die riprese lo studio e l'esercizio della pittura dei ve-
tri da lui intralasciata negli otto o nove anni die mancò dalla
patria ; e invero frate Ambrogino nel capitolo XVIII della sua
cronaca , dice essere stato discepolo dd beato Giacomo in qoe-
sl'arte per lo spazio di ben trentatrè anni La più antica ed
accertata memoria però che a me fu dato di rinvenire de' suoi
dipinti non rìsale ohe all'anno 146S. MeU' archivio pubblico del
Itanumìo in Bologna esistono due volumetti manoscritti appar-
tenenti già al convento <K S. Domenico, ne' quali sono indicate
le spese occoorse per la fàdbbrica e per F^adomamento delia
chiesa medesima; uno dd 1465, e l'altio de^aono seguente
scritti da un frate Bartolomeo di Vigevano converso. In ani-
2a
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406 MEMORIE
bedoe leggoosi lutlayia le partite ad entrata ed UBcita ddle
spese fatte per le floestre colorite dal beato Giacomo. A ca-
gione cy esempio, nel libro eontrasegnato con le lettere F. C
Numero 2. sotto Tanno 1465 si trova^ la seguente partita:
Frate Jac. de Alemagna de hatere a dì III maggio e più di
spesa in diversi $enyn libre trenta otto et soldi dt»e posti in
questo a debito de la fabbrica m ire partids. E nel libro seooodo
sotto Panno 1468 a carte 35 si ìegfse: Frate Jac. de Alemagna
da le finestre de dare a di XYL aprile soldi sate, ai?e per lui
Guglielmo da Como per ferri gli fi fare a la fusina nostra per
lo occhio della finestra. Appare m giornale. Altre simili partite
sono ivi firequenti. In un altro giornale della fabbrica dd con-
vento (V. Caps. 134.] sotto Tanno 1467. nei giorni 28 novem.
2 dicem. e 18 detto , si trova memoria di alcune spese fatte dal
medesimo per % col^per le finestre della libraria. Altre panno
vedersi a carte 90. 91. 92. Sotte del giorno 17 dicembre 1468
si trova una partita di B. [forse bológnini] sedici per pc^gar
Micheli per lo disegno d. lo occhio d. libraria. Dalle quali parole
sembra doversi dedurre che egli si aiutasse dei disegni altrui.
Simili partite di spese occorse nel colorire le invetriate della li-
breria si trovano Ano alTanno 1472, e T ultima fiata che si
legge il suo nome in quel giornale è nell'anno 1480, che fu il
73 dell'età sua. Colori eziandio i vetri dd refettorio del suo
convento, due finestre nella cappella di s. Domenico, e il
grand' occhio sulla porta maggiore di detta chiesa, del quale il
eh. sig. Vincenzo Vannini possiede tutte le dimensioni, e ac-
certa essere di rara bellezza. Al presente i suqi rel^iosi non
posseggono più alcun dipinto di questo insigne artefice. Nèll'in-
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UBRO n. GAP XIV. 407
gresso al primo dormentorio del oonveoto di s« Domenico Te-
desi una invetriata , nella quale è una piccola storia a vetri co-
lorati y che un' antica tradizione attribuisce al beato Giacomo ;
rappresenta il Crocifisso, e dai lati la B. V. e san Giovanni
Evangelista in figure di piccola dimensione. Esaminatala accu-
ratamente mi parve q)era di assai piò antico pittore. In que-
sta sentenza consentono altri eziandio; e la Guida di Bologna
non dubita appellarlo il piò antico dipinto di vetri che sia in
qnella città (1). .
Ma un'opera che a lui arrecò lode grandissima, e che attesta
troppo palesemente il merito suo nell' arte vetraria , sono alcune
finestre che colori nell'insigne basilica di s. Petronio, le quali
rimangono tuttavia. Tutti gli scrittori della sua vita consentono
in celebrarne la bellezza ; e la Guida di Bologna le ricorda col
(1 } Ricorderò al presente uoa notiiìa, la quale forte gioverà an giorno
a meglio chiarire la profenienza di una tavola dipinta per la cappella del
P. 8. Domenico in Bologna. « Liber ConsiUorum s. Dominici Bonomae.
Jnno 1462 die 27 decembri s. Determinatum fuit in concilio per Po»
tres, quod frater Guilelmus debeat compiere Jnconam quam facit fieri
yènetiis prò Jrclia Sci Dominici Bononiensis, et quód convento* dc'-
beat dare sibi liiteras sigillatas sigillo conventus in bona forma, ha»
bito priuM consenta conventus, continsntes quod ipse frater Guilelmus
possit elemosina* querere ubique terrarum prò ipsa Jncona. » Nella
pagina tegnente è regittrata la carta di procura data a fra Guglielmo
per tale oggetto. — Per essa ci è dato conotcere, in qual modo e con
quali mezzi i frati del tecolo XV e degli antecedenti imprendettero a
fare eseguire opere dispendiote di belle arti.
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406 MEMORIE
dcmito elogio (1). Bla ohi potrebbe delermioare al preseale eoa
cerieask queste invetriale ? DÌTeni e Tafenti pitlcnri di vetri ope-
rarono in quella chiesa, e fra questi fu frate Ambrogino aUievo
dell'Alemanno. A chi ben le considera appariscono tosto sensibiU
diSerenxe ira le une e le altre, di stile, di composizione, di co-
lore; onde non ci è concedalo proferir gindirio sol merilo del
beato Gi^eoofto. A ci6 si i^fgiunge, che Tanno 1792 furono toHe
fldciBie di qndle iorelriate e vennero sosUtuiU vetri bianchi, o per
aver Ince maggiore , o per essere troppo danneggiate dal tempo;
fra queste potevano esseme alcune del bealo, n P. Melloni attri-
buisce al medesimo alcune storie di velri colorati nelT oratorio
della B. Elena dall' Olio nel palazao Bentivogfi in Bologna (8). Al-
tri 1^ concedono un piccolo quadretto ^d nyo di finestra neUa casa
del professore Bianconi, via Mascarella, due tondi nella chiesa
della Misericordia presso Bologna, e alcuni vetri nella cappella
maggiore del collegio di Spagna della stessa città.
Noverati tutti quei dipinti che la -storia e la tradizione attri-
buiscono al beato Giacomo d' Ulma , chiuderemo le notizie deHa
sua vita e delle sue opere col racconto di un fatto, che noi nar-
riamo sul!' autorità del sig. Emilio Thibaud francese. Giovanni
di Bruges , cui è dai più facilmente consentita la lode di primo
ritrovatore della pittura a olio, da nM)lti scrittori è detto eziandio
autore di alcuni metodi per tingere le toglie del vetro al fuoco
del fornello. Emilio Thibaud giudicò doversi a più ragione quella
(1) PiUure, Sculture, e Jrdiiteilure di Bologna 1792» un toI. iu
Ì6P pog. 265.
(2) Memorie della beata Elena pag. 285.
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LIBRO II. GAP. XIV. 409
seopena al nostro Giacomo d* Ulma , che dice essare stato il pri-
mo a Goooscere h maniera di colorire il vetro a giallo diafano
colf ossido di argento. B narra come Un cotal giorno emendo
F Alemanno inteso a fondere i suoi yetri, gli cadesse fortuita-
mente un i»ttone di argento fra la calce che serriya di strato al
Tetro : una parte di questo bottone essendosi fusa > il vetro su cui
pogara si tinse di giallo. Questo fatto per sé medesimo probabilis-
simo , si registrò quindi in tutte le opere di vetraria (1).
Lode bdlissima degli artefici è perpetuare sé stessi nei disce»
pofi. L' Angelico avea lasciati eredi delT arte sna Benoco Gozioli
e Gentile da Fabriano; il beato Giacomo d'Ulma più avventurato
di lui y rinvenne i successori nel suo chiostro medesimo, e in essi
trasAise non pure il valore dell' arto, ma la sua stessa virtù. Fu-
rono questi frate Ambrogino, e frate Anastasio. Il primo avea
sortiti i datali in Soncino, forte e popolato castdlo del milanese.
Leandro AAerti contemporaneo e religioso neUo stesso convento,
scrive che fosse egregio maestro di invetriate, e tale che non
avesse chi lo pareggiasse né* tempi suoi; soggiungendo, che le
opere sue si ammiravano in mcdte chiese di Bologna. Onorata
memoria ne fece eziandio nelb sua Descrizione dell* lialiOy ore ri-
cordati alquanti uomini dì lettere nativi di Soncino, scrìve < Fio-
rirono tutti questi nòbili ingegni nei tempi nostri con Ambrogino
converso deir ordine dei Predicatori, non men buono e santo,
che eccellente maestro di finestre di vetro. Benché fosse converso,
nondimeno compose la vita del beato Giacomo di Alemania an-
che lui converto di cui egli fu discepolo (2). » Michele Piò che gli
(1) BooiAan, Archeologia Cristiana cap. XIX. pag. 260.
(2) loc. eie. pag. 360 dell' edizione di Yeaesia del 1557.
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410 MEMORIE
dà il titolo di beato, sembra non lo conosoesse che per questa
commemorazioiìe TaCtane dall' Alberti (3). Come del maestro coti
di lai non ci è dato indicare con eertezza alcuna delle sue opere
nella pittura dei vetri. È indubitato ccdorìsse alcune invetriate in
s. Petronio unitamente al beato Giacomo, prova non dubbia dd
suo valore in quest' arte; perciocché i bolognesi si erano sempre
studiati decorare quel tempio con l'opera de* piò chiari artefici
dell' lUUa. I PP. Echard e Quietif nella biblioteca degli scrittori
Domenicani segnano la morte di fra Ambrogino l'anno 1517,
che fu quello in cui mancò di vita in Firenze il celebre pittore
ira Bartolomeo della Porta. La manorìa di questo buon laico
sarà sempre in venerazione nel suo instìtuto, per il suo valore
nella vetraria, per le sue insigni virtù, e per avere descrìtta
la vita mirabile del beato Giacomo d' Ulma , che forni poi ma-
teria a quelle del Prierio, del Flaminio» dell' Alberti e del Mel-
loni. In una lettera con la quale offeriva la sua leggenda si
P. M. Generale dell'Ordine, scrive con cara ingenuità le se-
guenti parole che abbiamo voluto riportare: Mi i venuta aita
mente la sonda e degna memoria di quello specchio di Religione
e de Sancta vita frate Jacobo de Aiemania converso e beato^ del
quale indignamente sono stato discipulo , et ho dormito con esso
lui un anno sopra uno medesimo saccone , et ho veduto et audito
multi secreti de la stia sancta bocca degni de memoria ec I due
di sopra citati biografi dell'ordine lo giudicano autore ezian-
dìo di un'altra leggenda intomo la beata Luchina da Soncino
(1) Uomini illustri dell'Ordine di s. Domenico. Libru I.^ parte 1.*
pag. 189.
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LIBRO IL GAP. XIV. 411
del lerz'Ordiiie di 9. Domenico, che oompeodiosainente venne
inserito dal P. Piò ndl' opera deg^ Uomini illustri de' Predi-
cata (1).
Dì frate Anastasio converso dello stesso institoto e ^o
^esso convento, si ignora il cognome , la patria e le opere. Né
mi fu noto se non allorquando neir archivio pubblico di Bolo-
gna si rinvenne una sua preziosa memoria, che il più voUe
lodato signor Vincenao Vannini volle per somma gentilezza co-
municarmi. In nn libro di Ricordanze concernenti l'Arca di s.
Domenico, cominciato a scriversi li 10 aprile 1521; noveran-
dosi gli Ar diisti o custodi dell' arca del santo , dopo il converso
fra Petronio bcdognese, che tenne quell' ufficio dal giugno del
1512 fino al 1521, succede fra Anastasio. Daremo per intiero
la memoria neUo stile semplice ed affettuoso del laico scrittore.
« Dopo lui fu fatto il mio diletto e cafcr maestro prede-
cesscnre omo fra Anastasio converso; huomo tutto divoto tutto
del massimo Iddio, et dil p. n. s. Domenico. Roselo; alliegro:
di statura mediochre; et tengo che la bellezza de T anima re-
dondassi in quello corpo: a me pareva molte fiate veder un
dierubino, valeva più in una mano, che io in tutto il corpo;
era de ingegno eccellente; peritissimo in fare finestre di vetro;
diseipolo e imitatore del beato Jaoobo, per spacio di otto anni
fidelissimamente, ferventissimamente, et devotissitnamente ser-
vite con grandissima charità et esemplarità et integrità di vìto
il suo e nostro bom padre s. Dominico ; et da lui fu ottima-
mente premiato; la sera della Pentheeoste venendo a fare la
(1) BibUoikeca Script. OnL Praedic jùL 2. pag. SS.
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412 M E M 0 R I B
p<^donanza e basiate la sancla Aroha, e cosi partendosi che
dissi , andalc adasio il mio carisshno eC oos) andate In cella ,
et mense ju : glie andetero giuso le budella nella rottora , et
ricevuto lutti I Sacramenti obdormiTtt in domina Sepoltus com
patrìb. suis sequenti die (!]. » Dalla presente memoria si dedu-
ce, che egli apparasse Farle dalP Alemanno in gtoTine età, che
sopravvivesse a frate Ambrogino anni dodici, che educasse
all'arte di tingere i vetri lo. scrittore di questo giornale, e che
morisse Fanno 1S99. Come ci è stato dì onlbrto richiamare
alla notizia dei presenti e degli avvenire il buon Ira Giavanni-
no di Marcojano architetto di s. Maria Novella, uguale aod-
disfaaone proviamo in ricordare questo artefice di vetri , que-
sto vero imitatore del beato Giacomo d'Chna, che tutti gli scrit-
rori deir ordine avevano dimenticato.
Dal presente abbencbè tenue saggio de cultori della ve-
traria nei due secoli XIV e XV, ognuno Cicda ragione qual
copiosa messe sarebbe a cogliersi tuttavia, ove si avessero le
noticie di quegli artefici i quali fiorirono nei Veneti dominj, nella
Lombardia , e segnatamente nella Francia e nella Germania (2).
Non pertanto quando 1* istituto Domenicano non potesse nove-
rare che il celebre fra Gugliebno di Maidllat, basterebbe ei
solo ad iNnstrarlo te questo remo ddFarta
(1) Cap». 112 libro A. HP 4 pag. 17.
(2) Nella Storia del Duomo di Orvieto (Docura. LXVni.— 71— )
si i^gg^> come nei giorno 17 dicembre 1444 un certo fra Mariano di
Viterbo 'Domenicano si offerìtae a fare le infetriate di quella cattedra-
le^ e proponeiae aiM éper^menlo. I direttori della fabbrica gli diedero
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UBRO U. CAP. XIV. 413
a eseguire una fignra omaU a ?ar| colori , che dovea porti nella cap-
pella del M* Corporale. Ha vedato il lavoro nmatero poco •oddia&Ùi,
perdoodiè lo trovarono troppo debole nel disegno. Rifiatarono pertanto
l'offerta di fra Mariano, ed invitarono il sacerdote B. Gaiparre da Vol-
ttm, né di lui paghi abbastama, condussero di Perugia il celebre mo-
naco Benedettino D. Francesco di Barone Brunacd, il «juale esegui al-
cune invetriate con sua lode grandissima. Qui emetterò una mia con-
gettura, ed è die questo pittore di vetri perugino possa essere stato
allievo nella vetraria del Domenicano fra Bartolomeo di Pietro, o al-
meno essersi non poco giovato de' suoi consigli ed esempi, perciocché
l'età non vi dissentirebbe. Per ultimo aggiungerò che nel Necrologio
del convento di s. Domenico di Siena a pag. 41 sotto l'anno 1515 si
legge: Frater Raphael Peregrini Senen, artis vitrariae peritus Eode^
noe Sacramenv't devote saisceptis VIL decerne, mignwit ad X4um
N»#«^
(*) lunanti di chiudere la serie degli artefid Domenicani éel se-
colo XV, debbo agi^vngere una notisia comunicatami gtntilmeiite dal
<h. sig. Giuseppe Rinaldi pubblico bibliotecario della città di Sanseve-
rìno. Nelle Riformanse delb Comunità di Sanseverino ( ibid. dal 1492
al 1502, pag. 74-75 anno 1493) si legge : Super tuppne ( supplicatio-
ne } Societatis mtdierum Bosarj petentis . . . • aUquod iubsidium • . . .
cum ipse inUndant perficere velie dignum opue crucis incepte quon"
àam per Magist, Jnion. Ord* Sancii Dominici prò Ecclesiae Sanctae
Mariae de Mercato. Sembra da questa memoria che il suddetto mae-
stro Antonio Domenicano sia l'orefice che aveva impreso a lavorare
quella croce di argento, che con altre simili andò perduta. Se pure
non si voglia credere in quella vece che quel P. Antonio, amicherò-
i^oe, sia il oomittente del lavoro. L'espressione essendo ambigua, non
Olerei proferire un giudizio.
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411 MEMORIE
CAPITOLO XV.
Biforma delle arti Italia^ tentata da Fra Gerolamo Savonarola.
— Concetti del Frate tulle medentne, — Seguaci e fautori die
in quella lo aiutarono*
i%l termine pervenuti di questo primo volume delle Memorie
degli artisti Domenicani , ove abbiamo la storia di tre secoli com-
pendiosamente descrìtta , portiamo opinione che manchevole in
gran parte sarebbe stata la narrazione presente, ove si fosse da
noi lasciato il racconto di uno fra i più gravi e memorandi av-
venimenti che oflra insieme la storia civile, artistica e religiosa
del secolo XV. È nostra mente Cavellare del magnanimo tenta-
tivo fatto da frate Gerolamo Savonarola , onde sollevare le arti
italiane da quella abUezione nella quale per la licenza dei tem-
pi erano in parte traboccate, accennando a più grande rovina,
come loro avvenne veramente dopo la morte di lui. Dissi ap-
partenere questo fatto alla storia civile, artistica e religiosa, per-
ciocché in quel solo terribile oratore parmi riepilogarsi l'intiero
secolo XV, e perchè della sapienza civile e religiosa ^i valse a
indirizzare le arti a più nobile meta. Non mi è noto che alcuno
per lo passato prendesse a svolgere di proposito questo subict-
to. Primo fra tutti il fece di recente il eh. F. Rio con ingegno
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LIBRO n. GAP. XV. 415
ed eloquenza grandissima ; e di tutta quell'opera egregia intomo
la natura, i pregi e le vicende dell' Arte Cristiana, la parte la
più perfetta stimiamo il racconto di questo fatto, n perchò di
buon grado facciamo eco al chiarissimo Montalembert nel ren-
derne grazie all'autore (1) ; il quale sembraci avere con ciò ben
meriUto, non pure delle arti, ma assai più della religione, gio-
Taado quanto ei scrisse a chiarire viemegHo i concetti e le mas-
sime del cattolicismo mtomo le arti imitatrici , in quanto sono
minisUre dd culto. Pretermesse adunque le due grandi quistioni
intorno le opinioni politiche del Savonarola e la parte che egli
ebbe nd reggimento di Firenze; non che queUa se ei discono-
scesse veramente l'autorità del Pontefice par ciò concerne la
scomuttca contro di lui Adminata, il cav. Rio, quale amatore
dell* arte e della poesia cristiana , si ptoe a considerare la lotta
cotanto drammatica ed animosa sostenuta da un semplice frate
Domenicano contro il suo secolo, al cospetto di tutta quanta
l'Italia «Suo so(^ è ristabilire il regno di Cristo nel cuore.
(1) V. Du Fandalisme et du CalthoUduM don* CJrt, pag. 114.
« Mais ce ne$t pa$ seuUment à V histoire de T art, e' est h Vhiitoire
nligieuse en general que M. Rio a renda un eerpice estentiel, enpid»
veriiant tee mensongee h f aide dee quel* les protestant* et Ut philoso»
phes ont jousque h présent exploité le róle joué par Sa^^onarola au
profit de leur Kaine cantre VegUse romaine • » . . M» Bio a réhabili»
té les opinions religieuses et politiques de ce grand homme; il a prou^
ve que ton catholidsme était autsi pur que sa politique était sage et
eUignée de la demagogie quon lui impuU} il a reconquis pour l' eglise
la gioire et le genie de SavonaroU» Qto' il en soit bèni!
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416 MEMORIE
nclh mente dei popoli , e allargare e distendere il beneficio delia
redenzione a tutte le umane Tacoltà come a tutte le loro ope-
razioni, n nemico che egli combatte di tutta l'energia deir ani-
mo e di tutta la potenza della sua parola, è il paganesimo; del
quìzile egli ha per ogni dove rinvenute le impronte nelle arti
ugualmente ohe nei costumi, nelle idee come nelle operazioni,
nei chiostri come nelle scuole del suo secolo » (1) . Noi senza
svolgere per intiero questo dramma , toccheremo soltanto di pro-
posito ciò che spetta alle arti, e se la nostra parola non po-
trà elevarsi a tutta l'altezza dell'argomento, uè certamente ade-
gnare la narrazione calda e fanmaginosa del Rio, d studieremo
non pertanto provare brevemente con documenti non dubbi la
verità di quanto questi venne narrando sid conto dd Isrrarese
oratore. •
L' Italia sullo scorcio del secolo XV videsi agitala da un
movimento grandissimo che accennava il risolversi delT antica
società feudale, e la genesi della presente. I popoli facevano un
ultimo sforzo, onde liberarsi da tutti que' piccoli o grandi tiran-
ni , i quali quel brano di (erra che nelle discordie civili si era-
no facilmente usurpato, tentavano con ogni arie ritenere e di-
fendere. Né più paciGca o meno infelice era la condizione della
Chiesa, che dibattutasi lungamente fra l'eresia e lo scisma, ve-
dea menomata l'antica potenza, e mancarle l'affetto e la ve-
nerazione di molli. La invenzione della stampa dìRòndendo lo
studio dei classici e della erudizione, crollava dalle fondamenta
l'edìfizio aristotelico, apriva nuova via agli ingegni e dava agli
(1) Poesie Chréltenne, chap. Vili pg. 305.
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LIBRO U. GAP. XV. 417
stadi uidìrizzaiDeQto noyelló. Dalle quali cagioni ne erano poi
derivate queste oQQsegqeiue: che nella politica nina secolo ?m^
se giammai in malvagità il XV, perciocché si pugnò più con le
fipodi e con i yeteni, che con le armi e col valore; e po^i lo
ugoagliarono nd mal costume. Nella religione appanrero i se-
gni di quelle eresie, che nel seguente tolsero alla romana chie-
sa tanta parte di Europa. Lo studio dei classici in tutto quel
secato non avvantaggiò gran latto le lettere, non ingentilì la
tavella, non consolò la filosofla, solo andò preparando quel lu*
miDOso periodo che si intitola da Leone X. I Medici i quali ten-
tavano assicurarsi la dominazione della Toscana, come tutti li
oppressori della libertà ddla patria, cercavano corrompere il
popoto, tenerlo distratto nelle leste e nd sollazzi; guadagnarlo
con le promesse e con i doni Non altrimenti aveano fatto Pe-
ricle in Grecia e Augusto in Roma. AUoraquando pertanto fra
Gerolamo Savonarola per le instanze di Pico della Mirandola
venne dai Medici invitato nel loro convento di s. Marco in Fi-
renze, trovò nei dotti la superbia e la incredulità* nel popolo
e negli artisti la licenza , in tutti poi un inquieto agitarsi , una
stanchezza dei qoali presenti, ed una grande espettazione di co-
le nuova Quando le condizioni della società sono a questo ter^
ipine pervenute, la natura stessa dd tempi crea gli uomini sin-
golari che debbono dominarla ; onde è loro forza , o quel mo-
vimenlo s^aoreggiare e dirigere, o sotto quello soccombere. Il
ferrarese si credè chiamato a compiere una grande missione,
monde, intdlettuale, artistica, politica; e si landò arditamente
in qud tremendo conflitto di idee, jli passioni , d' interessi , nel
quale dd mille un solo ne scampa , e il rimanente , vittima mi-
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418 MEMORIE
seranda, fa mostra alle. Tentare generazioni come in tempi oo-
siflatti sia fbnesto il dono di un' anima che trascenda in vigorìa
il comune delle intdligenze.
Quanto l'eloquenza popdare e rdigiosa ha di più caldo e
passionato; quanto l'ingegno e T immaginazione di nn oratore
possa comunicare ad un popolo ugualmente fervido e immagino-
so fu veduto in Firenze per il corso di otto anni consecutivi , nei
quali Ara Gerolamo tenne il dominio di quella grande repub-
blica. Gli annali della Grecia e del Lazio non d offrono esem^
pio di una eloquenza cotanto possente quanto qndla di questo
frale. Nel secolo XIII dai chiostri Domenicani si era levata una
voce che invitava aUa pace i Geremei e i Lambertazzi in Bologna, i
Guelfi e i GhibélUni in Fbenze; e a questa voce, che passava
di bocca in bocca da fra Giovanni da Vicenza a fra Latino Ma-
labranca , a fra Jacopo da Varagine, a fra Bartolomeo vicentino,
si strigneano e abbracciavano fratelli i popoli tutti chiusi dalle Al-
pi e dal mare. Nel XVI questa stessa voce risuonava nelle sdve
deir America e tentava firangere i ceppi di nn popolo troppo
crudelmente oppressalo, e per le parole e per le virtù del ve-
nerando vescovo di Chiapa fra Bartolommeo dì Las Gasas, eb-
bero alcuna Iriegua i patimenti spietati dei miseri Indiani. A
quelli e a questo mollo costò di sudori e di slenti una si subli-
me missione; ma troppo più ardua era quella di fra Gercdamo
Savonarola ; oonciosiachè sdUiene tutti avessero quasi uno scopo
medesimo, molto diversi erano non pertanto i nemici contro dei
quali loro era abbisognato combattere. Né certamente al Vescovo
di Chiapa saria bastata la eloquenza grandissima, né giovata la
vhlù piuttosto divina che umana a camparlo, dall' ira di quei
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LIBRO II. CAP. XV. 419
cupidi domiiiatori, se noi proteggeva la Iremenda possanza di
Carlo V. imperatore. Non è ofDcio nostro ragionare della in-
floenza politica che ebbe il Savonarola nel govemamento della
città di Firenze, potendo bastare qaanto ne lasciarono scritto
il Nardi e il Guicciardini , e in special modo Bernardo Segni » il
quale di hn proTeri queste memorande parole: Fra Gioiamo
Savonarola , che alla patria nostra conseguì un tal fine di avervi
con si perfetta ragione costituito il governo libero , debbe esser
messo ira i buoni datori di leggi, e debbe essere onorato e
amato per tal fatto dai fiorentini, non altrimenti che Numa dal
popolo di Roma, Licurgo dai Lacedemoni, e Solone dagli Atenie-
si (i). Alloraquando considero quanta esser dovesse l'efficacia del-
la parola del ferrarese per elevare un popolo corrotto a meglio
sentire della sna dignità , ed in si breve spazio di tempo operare
qneDa riforma che solo con Topera di lunghi anni e dì molte cau-
se si suole ottenere; mi dolgo meco stesso che nei tempi presenti
sia venula meno e presso che estinta la forza della sacra e popo-
lare eloquenza. Di che ella fosse allora capace in Firenze, udia-
molo dal Burlamacchi testimonio di veduta : « Si levavano le
genti a mezza notte per aver luogo alla predica, et venivano
alle porte del Duomo , aspettando al discoperto fin tanto che elle
si aprivano, né si focea conto di disagio alcuno, né di freddo,
né d'aria, né di star Tinvemo con i piedi su i marmi, et tra
questi erano giovani et vecchi, donne et fanciulli d'ogni sorte
con tanto ghibHo che era uno stupore, andando alla predica
come si va a nozze. In chiesa poi il silenzio era grandissin^o,
(1) Slorig fiarent. lib. 1. air anno 1527.
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430 MEMORIE
rìduceiidosi ogouno al suo luogo ,et eoo un hinuciiìo io mano,
chi sapeya Ijeggere dkeia il suo ufficio.» et aUrì altre gratìoiii.
Et esse^ insieme tante miglia di persone, non si sentiva quasi
un zitto, Oitanto ohe Teniyano i Csmcinni, i quali oautaTano
alcune, laudi con tanta dolceiza die pareTa sì aprisse a Fura-
disa Cosi astiavano tre o quattro ore, finché il Paihre entra-
ya in pergamo, ec. . . . . (pag. Sf7. ] »
« Cosi per contado^ non si cantayano più rispetti et can-
zone et vanità, ma laudi et canti spirituali, che io quel tempo
in gran copia si componevano, cantando alle volle insieme a
vicenda da ogni banda della via come usano i firali io eoro,
mentre lavoravano m somma letizia, tanto s'era sparso et ac-
ceso per tutto questo gran fuoco. Vedevansi talvolta per le stra-
de le tn^drì andare dicendo Tofficio con gli propri tgliaoU a
uso di religiosi. Alle mense loro fatta la benedigioaa ri loieva
silenzio, leggendo la vita de'ss. Peidri, ealtri libri devoti, mas-
sime le prediche del Padre (Savonarola) et dire o|^ere sue. » E
a pag. 80. « Le donne si ornavano con somma modestia , et per
riformarsi mandarono alcune di loro pubUiehe ambasciatrici
alla Signoria con moUa comitiva et solennità. » Lo stesso Tecero
i raneioUi che, presentatisi ai reggitori della Gtttà,li richiesero
di leggi che guarentissero 0 buon costume (1).
DaQa forza pertanto di queHa eloqnensa , e da^ esempi di
tanta virtà, era non pure prandemeote concitato e commosso Fa-
nimo del volgo, de' chierici e dei monaci , ma qndlo eziandio dei
(1) Fita dei P. F. Gerolamo Sawonarola, scritta dal P. F. Paofico
B0BL4II4GCBI. LiKC» 1764. UD ToL in 8.^ V. pug. 109.
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UBao IL GAP* %y. m
più iyufiiri npiemi di oui dita, k quale per tt fotore 4à MedM
aoeogBeuJ fiore d" Halk e d' oltfemoiitLE b^
Ibne di ofcin'tMroiieaiD^ quanto taàìéit à TqgMa gtaNiMfa»»
dtee te atoria U oéme oé» aeguito e corteggio (fi tante e si grandi
aékèrit&;e (fiffliflBieiite atomo osa popsmdwri che a^
nMi di Ola frate, quatido al ooverifeio fra' SAoi pie eddi am^
nùratori e segnaci fllosofi, poeti, artigli éì ogni maniera, pit^
tori, seoltori, arokiteMi, fucAiori, i qoali a Ini si offerif ano qoal
dorili atrttmenti dcdla atta grande riforma sociale (1] . Tenera il
primo luogo il oante eiovanni Pico della lOrandola , od r am-
mirazione del sno secolo impose il nome di Fenke degli inge*
gni ; aeguitayalo Angelo Pottdano dome ed dogante scrittore
della corte liedieea, IfattOio Fioino^ il caa. Saeromoi^, i duo
Benitieoi , Giorgio Vespncd ilo dd grande narigatore, ZanoU
Aociaiaoii, Tommaso 8er*tfoo^ tMtl ornali a doriiia di greèbe
e latine lettene Alcuni dd quali, ù^ia paghi cH ammirarlo, t^
lero seco lui diridere le consuetudini della vita domestica, e ye-
stìrono l'alato di frali Predicatori: ed il Mirandolano perchè da
morie prevenuto, ToUe con queDe divise scendere nd sqpolcro,
e die te sue ceneri riposassero accanto a qudte del Poliziano nel
tempio dì s. Marco , ove tante fiate ambedue avevano intesa ri-
suonare la voce del Savonarola.
Né alcuno crederà di leggieri, se non vedute le cronaclie
di quel conveoto, come il fiore della nobiltà fiorentina accor-
resse in gran aumero a schierarsi sotto le insegne domemcane ,
(1) Loc dt. pag. 341.
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422 MEMORIE
per desiderio di mq^ avvidoarsi a qaeU'aomo man?iglioAo(i].
Ma dò che a parole noo ò dato di eqi^rimere si é l'enlasiasaia
da lui destato negli artirti fioreotioi. Il Vasari lo paragoea a un
delirio , tanta era la fona con cui doaoìnaTa i cuori e le meati ;
oierendosi costoro uou pure a indirinafe Tarte a quella mela
cbe a lui fosse piaduto preGggere, ma dichiarandod pronti
eziandio a patire ogni qualunque tniyagyo, e raffrontare tutto
lo sdegno di una ludone brutale, anziché abbandonarlo in qudla
lotta tremenda, che e^ sosteneva a prò della loro patria e
delle arti belle. E yeramente alcuni, con esempio sempre me-
mcMrando, si condussero a infeUdssinia condizione per le ven-
dette degli avversar], tollerando la perdita dd beni e perGno
Fesilk). Altri poi dal tragico fine di quell'uomo grande profon-
damente commossi» abbandonarono per alcun tèmpo le arti di-
lette, spentasi col Savonarola la fiamma che lor dava alimenta 1
particolari di questi &tti non ci vennero per buona sorte narrati
(1J Fu 8i grande l' affluenza di coloro che in quegli anni vestirono
r abito di a. Domenico nel conv. di s. Marco, che il novero dei reli-
giosi montò sopra i 200, e fu di mestieri ampliare la fabbrica. Ma ciò
che forse rivela meglio come quell'entusiasmo si fosse comunicato ad
ogni classe di persone, ti è che i monaci Camaldolensi di Firenze con
atto pubblico del quale fu portatore il Burlamacchi allora secolare , sup-
plicarono fra Gerolamo Savonarola a riceverli tutti nella* sua Congrega-
zione e a concedere loro l'abito e la regola dei frati Predicatori. Alla
quale dimanda non assentì il Savonarola, e rispose che aegoitasaero pare
gli esempi e le leggi santissime del loro gran Patriarca s. Romualdo, che
li avrebbero indirizzati ad ogni ottima perfezione. Y. Builamaocbi Ioc.
cit pg. 81.
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LIBRO U. GAP. XV. 433
da scrittori pandi dd frate, die certo ninoo gli ayria fMstt-
mente credati , ma si da ao maadpio dd Hedid, da Giorgi»
Vasari; il quale non sapea rioTeonre le r&gioni cK quel Tatto,
tanto a Ini sembraya iocompreosibila
Gli artisti parteggianti dd Sayoiiarda erano fiMnimente ri-
coDOsdoti i primi ddla scuola fiorenliBa in tutti i rami dd di-
segno : che ninno ignora quanto ydessero neV incisione in piOf
tre dare Gio?anni delle Gormole, ndl' incisioBe in rame il Bal-
dini e Sandro Botticdli» nell'architettura il Cronaca , n^e ope-
re di plastica tutta la bmiglia dd BobUa , nella scultura Bac-
on da Monte Lupo (1) , nella pittura Baccio lidia Porta e Lo*
renaio 41 Credi, ndla miaiatnra Bdtocdo e Eustachio fiorenti-
no (2). E per qodla stessa ragione che traeva le^ persone <fi let-
tere e la nobiltà fiorentina a voler passare i loro giorni presso
queD'uomo singolare, molti artisti lo richiesero dd sacro abi-
to, e lo vestirono o nel convento di s. Marco, o in qndlo di
Fiesole , come vedremo.
Cinto da tanta luce di letta» e di arti imprese fl nostro
oratore a svolgere i suoi concetti su le une e su le altre, a
(1) Le autorità del Vayari intomo la iofluenia del Sa?oQarola sul-
l'animo degli artisti ponno vedersi neOe vite dei medesimi. Per ciò che
qpetta poi a Baccio da Monte Lupo ne favella il Burlamacchi , il quale
narra che temendo le vendette dei nemici esulò di Firenze. Loc cit.
pag. 166.
(2) Fra gli artisti, tenevano le parti di oppositori al Savonarola,
Mariolto Albertinelli e Piero di Cosimo, pittori Borentini.
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4i4 MEMORIE
questo indirizttndo rìogegiio e la parola, H oondum le per-
sone di lettere dalla iaorediiiilà a meglio aentìre della rafigio-
ne, e gH artisti a togliere le arti imitatrid da qaelk ten-
denza immorale alla quale erano daUa lioema dei tempi tot*
temente sospinte; imperoioecliè non pore non aborrivano dalle
sooQcie nudità e da laide rappresentaziooi, ma gli argonenli
stessi ddla sentissiDia rdigione non erano sempre da essi col
dovuto rispetto trattati, osando perino togliere a ritratto net-
le figure adorabili della Vergine e de' santi, persone di ripro*
vati costumi , onde alla religione veniya onta , e alla pietà
dei redcM scandalo manifesta Non già che nei tempi del Sn-
Yooaroia abuso cosi latto fosse pervenuto a quel termine nel
quale giunse nd secolo seguente per opera di Giulio Romano,
del Tiziano, dd Coreggio ee.; ma dai cominciamenti di quella
depravaziofie T animo sagace ed avveduto del ferrarese pre-
vedeva ove sarebbe in breve trascorso, se una voce amica non
additava ai cultori delle arti, di quanta ignominia ricoprivano
sé stessi, e di quanti mali funestavano la patria col propagare
e crescere quella contaminazione. Incauti che non sapevano,
colla perdita de' costumi nei popoli andar sempre di conserva
quelle della lor libertà; e non prendevano avviso da quella
troppo vera sentenza di Tacito, che il modo più facile di vin-
cere e soggiogare un popolo si è quello di corromperlo; par
questa via avere i romani più che con le armi domata la Gallia,
la Brittania e la Germania. Tuonava dai pergami con sdegnosa
voce il Savonarola, e vaticinava i mali tremendi che soprasta-
vano a quegli afiascioati , e forse antiveggendo il futuro , mirava
le insegne e le armi degli Imperiali cinger d'assedio la male
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UBKO II. GAP. XV. 425
arrivata Fireaie: vedera gli ulinni anditi ddla rep^bUica,
che dopo ìmtiy e bdBe pnn^ di ?akfre» cadeva odia aogge^
aooe dei liedidt CioaoeoeDdo lotta la forza ddUe arti da quel
pigolo immagioofio, e come qocBte potevano addiveoire utfle
stramcnto a riformve la sodelà, si pose a svolgere i sooi con-
cetti soUe medesime^ risalendo ai prindp} generali ddf esteti-
ca, e dando ma nnova definizione dd bello, la quale non
fuse cirooscritta al solo dileUo dei sensi , ma per questi pas-
sasse aOa menle ed al cuore, con forte Ungoaggio innamorando
della virtù. Quindi per esso l'idea dd bello non dovea mai
andar disgionta da qneHa dd vero e ddr onesta Meglio fora
odime i concepimettti con le sue parole medesima « In che
consista la bdlena? nei coleri? no: neUa effigie? (forma) no:
im la bdlena è una (orma die riaolta dalla proportione et
eoreqpondentja di tutte le membra , d de colori; et di questa
tde proportione ne risulta una qualità chiamata dai phUosophi
bellezza. Ma qoesta è vera ndle cose composte, ma nelle seoH
pBd la beHezza loro è la luce. Vedete d sole; la bdlezia sua
è baver luce: vedete gM spiriti beati, la bdlezza deVqoali con-
siste nella luce: vedete Dio, perchè è lucidissimo è ipsa belles-
za. Tanto sono belle le creature quanto più partidpano, et sono
più appresso alla belleiza di Dio : e ancora tanto più bdlo è
il corpo, quanto è più bella Y anima. Togli qoa due donne che
sieno egualmente beUe di corpo: Tuna sia sanda, Taltra sia
captiva, vedrai die quella sancta sarà più amata da ciascuno
che la captiva; d tutti gM ocdii saranno volti m ki. Io Aco
degli uoottinl canalir Togli qua un hucmb sancto, il quale sìa
brutto di corpo, vedrai che par che ognuno lo voglia veder
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m MEMORIE
vdaitieri; el pare ( benché bruito ) che quella sanctkà risalti,
et fiMXJa gratm in qndb Ciccia. Hor pensa qoanta belleza
havea la Vergine, che avea tanta sandità, che rìsplendeTa in
quella Taccia; della qoale dice s. Tommaso, che nessuno che
la vedessi mai la guardò per ooncupìscentia, tanta era la san-
etità che rilustraTa in lei. Pensa ad Cristo quanto era bello,
el quale era Dio et hncnno » (1). Le quali teorie ognuno
raTTiserà facilmente ridotte in atto dal pittore Giovanni An-
gelico; perciocché nicmo meglio di lui seppe Tar riyeiberare
sul volto delle sue immagini la bellezza di un'anima immor-
tale. Date le noiioni generali del bello, il Savonarola passa a
ftabninare la Ucenui degli artisti , i quali aveyano fotto della pit-
tura vile strumento alle lascivie dei grandi, anziché parola do-
quente di morale e dì vfatù ; e per confonderli viemmaggior-
mente con l'esempio dei Gentili, sdamava: « Aristotile che era
pagano, dice nella pditica che non si ddiba fare dipingere
ùgare disoneste, rispedo a fanchiHì, perché vedendole diventa-
no lasdvi; ma che dirò di voi dipintori Cristiani che fate quelle
figure spettorate che non sta bene: non lo fate più. Voi a chi
si appartiene dovresti Car incalcinare et guastare quelle figure,
die havete nelle case vostre, che sono dipinte disonestamente,
et faresti un'opera che molto piaceria a Dìo, et a la Vergine
Maria » (2) . Quindi passando a detestare la improntitudine di
coloro die toglievano a modello e a ritratto dei santi parsone
(1) Prediche Quadragesimali del P. F. Gerolamo Savomarola , re^
citate i' ormo 1495. Y. Feria lY. dopo la 3/ Demenicm di Quaresima*
(2) Predica della prima Domenica di Quaresima.
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LIBRO n. CAP. XV. 437
troppe^ note alla moltfttkline per la foYereoondia dei loro co-
stami» prendeiMio le parole della Santa Soittara: Et portagHi
tabemaetilum Melodi deo vestro ; et imaginem idohrum vettré-
rumy ec. (Amos, cap. V] prorompeva in .qiaeste espressioni.
« Voi hayete dedicato d mio tempio et le mie chiese a Holoch
dìo Yostro. Gaarda che usanza ha Firenze! Onne le donne fioren-
tine hanno maritate le loro fanciuBe, le menano a mostra, et
acconcianle die paiono ninfe, d la prima cosa le menano a
Sanda Liberata *( il duomo ) Questi sono gli idoli vostri, i cpudi
havde messo nd mio tempio. V hnagine de' vostri dd sono le
imagini et simflitudini delle figaro die roi fate dipingere ndle
chiese; et gli giovani pd vanno dfoendo ad questa d qnéDa:
costei è la Magdalena; quell'altra è sancto Giovanni, perchè toì
fate dipingere le figure nelle chiese alla simSitudine di qudk
donna o di qudr altra, il die è molto mal facto, et hi grande
dispregio delle cose di Dio. Vd dipintori fote male; che seyd
sapessi lo scandalo che ne segue, et qudlo che so io, vd non
le dipingeresti. Vd mettete tutte le vanità nelle chiese. Credete
voi die la Vergine Haris^ andasse vestila a questo modo come
voi la dipingete ? Io vi dico che dia andava vestita come po-
verella , semplicemente, d coperta che appena se gli vedeva il
viso: cosi sanda Elisabetta andava vestita semplicemente. Voi
fareste un gran bene a scancdlarle queste figure che sono di«
piote cosi disoneste. Voi fate parere la Va^e Maria vestita
come meretrice. Or si die il culto di Dio è guasto/ » ec. [1] Dalle
(1) SabtUQ dopo la seconda Domenica di Quareiima. -*- Merita
eiicnaio es«r letU la predica dd terzo gìoiiio di qaaiBmoMi nella quale
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«8 MEMORIE
qoali e d^ altre siioili parola noa i a dke q^iaato restasse oom*-
mosso a iofiaiì^inalo raojuiio di mM iHleSci ioreotioi; i quali
in quel prìipo fin^yore » obtdigaroQO oqh saerwiCBto a Frale
Gendamo SaTooarpla di noa più oontamioare V arte oo9à dello
scolpire come del dipingere con modi e forme disoiie^e. Né
paghi di questo, Baccio delia Pèrla ( poi Tra BartoiomBieo ) Lo-
rensQQ di Credi e altri non j^ocbi pprtarona ai piedi del frate
tutti gli study del nudo, e tutti quei loro dipinti na'qnaU era
palesemeote offesa la decenia. Quindi volendo il Safonarola ooii
pubblica e stiaordinaria diniosqraxioDe inspirare ndl' animo dei
fiorentini un giusto e santo di^preno di tutte le yanità e lascivie
con le quali si alimentaya la cornuiofie nel popolo, nd carnovale
deiranno 1497 tutti quegli q^^ lascivi iè ardere pubblicamene
te con grandissiiiia solennità sulla fiaiza del Palano Vecchia
Udiamone il racconto dal P, Buriamacchi. « L'anno 1497 venendo
pi ^^iimovale ordinò il Pa<be ebe fi iacesae una beiljisima prò*
cessione piena di mistm a ore 2i del giorno; e iéoe fabbricare
sulla piasia dei Signori un gran capaunuccio, dove erano rac-
colte tutte le vanità e cosa lascive, dbe i fandidli avevano rac-
svolgendo alcuni tuoi concetti tulU educasione letteraria della gioyentiii
soggiunge. E vorrebbesi^ che non si leggeste per U scuole poeti cattivi
come e Ovidio de Arte amandi, Tibullo , ne Catullo e simili , né 7*e-
renzio dove parla di quelle meretricoU, Leggete s. Jeronimo, e s. JgO"
stino , ed altri libri ecclesiastici, ot^ero Tàllio e Virgilio, e qualche
cosa di Scrittura Saera. E dove voi maestri trovau in quelli vostri li»
Mré di poena 6iwe, Ptsuone^ diiA hro:fyUuoU miei quesu «orto /«•
4r0èe, t ««tirate ifro che s^l» Iddim è fueU» che regge il mmtdo.
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UBHO IL GAP. XV. 429
coMe da lotte le parti deHa eittà; la forma del qoale era foe*
sia. Preasro i legnajooli m lAero, e lo riaomo in mezso d^
piana » alto da terra trenta braccia , in cima del qaàe confic*
corno di molte travi intorno, le quali come da nn ceohro par-
tendosiy e decrescendo verso la terra in forma di piramide» o
A padq;lione» occopomo 120'hraeoia di largliezza, aopra le
foali dall'ultimo piede infino alla cima ddl' albero arerano
titlo qnindid gradi, sopra i qnali nd vaeao intorno al fasto
deir albero era tatto pieno di scope e fascine, ed tìàn legni ari-
di, con molta polvere da bombarde. Aveva questa macchina otto
bctie m ritondo, e ciasdiedona aveva i suoi quindici gradi,
sopra i quali erano poste ed accomodate tutte le vanità, e la-
scivie sopradette variamente distanti con mirabile artìficia Nd
primo grado erano panni forestieri pretiosissimi , ma pie» di
%ire fanpodicbe, sopra i quali nel secondo grado era nniK
BMfo grande di figure, e ritmiti di beUssime donne fiorentine,
et altre per mano di eocdlentissimi artefici pittori e scultori
h un altro grado erano tavoUeri, certe, tavdle da slampaiie,
dadi e tilonfi. in un altro grado libri di musica, arpe, Untt^
chitarre, boonaccordi, gravicembali , pive, cornette, ed altri
strumenti sìbbAL in un aMro le vanità delle donne, capelli mor-
ti, vdioe, ampolle, alberelli^ specchi, profami, polvere di
0^, capelliere ed altre lascivie. In un altro libri di poeti la*
tini e volgari pieni di lascivia, Horganti et altri Ifinri di batta«-
glh. Boccacci, Petrarchi e simifi. In un altro maschere, barbe,
Hnee, et altri stmmenti carnevaleschi. Vi erano di molte di
pan prezzo, come pitture e sculture nohflissime, schacdiieri
d'avorio e di alabastro, in modo dke un mercante veneziano ne
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430 MEMORIE
ofTorse alla Signoria ventimila scadi; del che rìporlò questo
premio, die fu ritratto al naturale , e posto in cima a qoeU'edi-
fizio sopra una sedia come principe di tutte qudle yanità. ... Di
poi i quattro custodi con un torchio acceso dettono fuoco al ca-
pannucdo con tanta festa, e letizia di tutto il popolo, ohe era
uno stupore, suonando insieme le campane del Palazzo, e |le
trombe, et i pifhri et cornette della Signoria, tal che ogvi
cosa in qud punto si yedea esultare e far festa. Cosi ascenden-
do le fiamme al Gelo, tutte le vanità restomo dal fuoco con-
sunte B (1). Il quale spettacolo fu rioovato eziandio Y anno 1498
ultimo dc^ carriera apostolica <U fìra Gerolamo Savonarola.
E qui ne rattrista il pensare come a quc^isto solenne trion-
fo che riportava la parola di lui sulla licenza del secolo, do-
vesse in breve seguitar quello ddl' errore suUa verità, e ddla
impudenza snl costume. I foutori dei Medici che volevano ri-
tornare alla antica donmiazioDe qudla fami^; un regnante
assai più potente dei Medici; gli artisti libertini ai quali 6111-
rono i turpi guadagni, e la stima di molta parte del popolo;
qne' letterati ai quali eran gravi le severe massime del tirate, e
ti|ttì coloro che traevano hicro o bma dalla corruzione del po-
polo, sì strinsero insieme e giurarono la rovina del Savonarola.
Sorgeva allora la setta degli Arrabbiati o de Cùmpagnaedy cui
dava forza e coraggio la medesimezza dei vizi; l'odio lunga-
mente represso e il desiderio della vendetta. Vinta sulle prime
e sbarattata , sembrava sciogliersi a breve tempo, ma ranno-
davasi tosto e più fortemente di prima , e tolta occasione da
(1) BnUMàCCBi , loc. €it. pag. 113.
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LIBRO U. GAP. XV. 431
alGone dispotazioiii il gìoroo 23 maggio deirmoo 1496 inàogu-
raya il sua sotemie trionfo. In qoeUa stessa piazza, e sa qiràl
rogo medesimo ore pochi mesi innanzi il SaTooarola aveTa ten-
tato incenerire il rinascente paganesimo , rimaneva incenerito
egli stesso» vittima illastre ed infellcel Àyrerossi cosi il detto
di Niccolò Machiavelli, die male avvenne senq>re ai profeti, i
quali offersero il petto inerme all'ira delle fezioni (1). Ma ben
potè r odio dei tristi opprimerio di rovina , che il nome soo
dalla ignominia del patibolo non macchiato, tuttayia si onora
ndk carte degU scrittori che Tollero essere non timidi amici
dd vero. « Per quasi due secoli, ghirlande di fiori, che nel-
¥ anniversario ddla sua morte si trovarono sparse sul terreno
che lo vide morire, attestarono della universale venerazione
pd frate, della vita continua (fi quelle idee che avea destate
nd popolo di Firenn. »
« Vedere il Savonarola dlpmto da Raflìiello fra i dottori
deDa chiesa mdversale nelle sale Vaticane, dieci anni dopo là
soa morte sopra infame patibolo, è la più splendida riabflita-
zione reli((io6a , la prova la più luminosa della innocenza di Im',
della perfidia de* suoi nemici; e qud dipinti allogavansi a Raf-
faello da Giulio II, il quale non avrebbe certamente permesso
(1) n SaTOnarola fenbra afctse un imo otcnro pvetenttaieiito dtl
tmgico fine della tua cartiera apottolica, perciocehè laaciò •arìtte qoeite
nemocaode parole. Fa Ì4f^ tuua la Scritturti, tu vedrai che queUi
e&e hanno predetto cote fittmre, sono etati morti. Così stimo, che ver»
rk ancora a aie. Questo é il tesoro che io congrego da qttesto pojfolo.
Oracolo della Benofalioiie della Qiieta lib. I pag. 51 «
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432 MEMORIE
che netta disputa del SaerameniOf fin i campìoai ddta CUesa
siedesfle im empio, un uoim che ayene Mto oltraggio all'oso-
re del Pontificala — Co$l Giidio II prodamaTa rinooceiua del
SaYooaroh (1). »
« La HKMrte dd Irate precesse di pochi anni b morie della
ftepoUdical »
Esposti brevemente i concetti e la tragica fine dd {errare-
se» rimane soltanto che si difenda dalla taccia impostagli dai
suoi ayyersari, di predicatore della barbarie» di iconoclasta e
delle arti belle nemico. E troppa materia invero porsero a qoel-
le accosazioni i fatti che abbiamo narrati con le parole stesse
del Bnrlamacchi, i qnaU sinistramente interpetrati» Tecero cre-
dere che egli avesse l'animo chiuso ad ogni gentil sentimento
del bello cosi nelle arti come nelle lettere. Ma io stioM che
ogni leale amico dd vero» poste a riscontro le dottrine dd
Savonarola con la sva storia» dorrà confessare che ei non ab-
borrisse dall'onesto e legittimo uso di qudle, ma sdo pren-
desse a combattere t'abuso che grandissimo se ne iaceva a qne*
(1 } Filippo Motta , lUustraxione Storico^Jrtistica del Palano Vee^
chio, Firenze 1843. nn voi. in 16.® ▼. pag. 194. — Rio, Poesie Chré*
tienne , chap. Vili pag. 361. Il chiar. profesaore Rosìdì a smentire che
il ritratto di un frate Domenicano dipinto da Raffaello nella disputa
del 8S. Sacramento y aia quella dei Saronarola, come fino al presente
è stato creduto da tolti» diade quel ritratto inciso nella sua storia;
orasse mal non mi appongo , questa ne è ami la piiiTaKdaoonCMma;
poidiè ndl'inctsioiìe di qucato ritratto vedrà diiunque tanta aomi*
gKma con l'altro rbo del Savouarob sotto le acmlmiDtt di s. Pietro M.
fece fra Bartolomeo , da sembrar quello una oopta di questo.
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UBRO IL GAP. XV. 43S
gjorni con danno della morale e ddla rdigione, in Ciri tntta con-
sisfe la phiHi delle naikmi. E se egli si lasciò trascorrere a
quella pubblica e solenne dimostraxìone di Tare ardóre tanti
strumenti di vanità e di lascivie al cospetto del popolo floren»
tino» sembra che dò fosse voluto dalla natura stessa M male
il quale, perchè estremo, voleva pronti ed estremi rimedj. Né
si potri g:iammai condannare per quel fatto fra Gerolamo die
nel tempo medesimo non si condamù l' apostolo s. Paolo , H
quale siccome è noto, tè ardere pubUioamente non pure qu^fi
scritti ne'quaM era palesemente offeso il costume, ma a di**
vezzare i fedeli dalle flrivòle disputazioni e nidirizzarli alla sa-
pienza cristiana, fé ardere eziandio qu^e opere le quali con-
tenevano oziosi e vani racconti (1). Se non che veramente an-
die all'Apostolo delle genti toccò per questa cagione la taccia di
Eanatico e di avventato da uno scrittore protestante dello scorso
secolo. Certa cosa ella è, che quelli artisti i quali rimasero fis
deli agli insegnamenti dd Savonarola, non abbandonarono Farle
del dipingere e dello scolpire , come sembra avessero dovuto fare
se eg^ le avesse gridate maledette , ma in quella vece le indiriz-
zarono a più alta e nobile meta ; né più contaminarono il loro
pennello con laide rappresentazioni , giovando il loro esempio a
rattenere molli da tanta corruttela. Del resto che nel ferrarese
(1) Jet. JposL cap. XIX Ters. 19 e 20. Multi autem ex eis , qui
fuerant curiosa sectati , conlulerunt libra, et eombusserunt coram
omnibus : et oomputatis pretiis illorum , invenerunt pecuniam denario^
rum quinquapnta miUium. Ita fortiter crescebai vetbum dio, et con^
firmabaiur.
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434 MEMORIE
Trate fosse amore grandissinìo alle arti si paro foeiliiieQte da
questo, che non naaì in si gran novero e certamente i più in-
signi artefici fiorentini , avrebbero posto tanto afltetto in on
nemico di qneUe stesse arti cbe professavano; e ciò die è
più, non si sarebbero lasdati condurre a qoelli estremi che,
per lui difendere e le sue dottrine, si condussero. E alloraquan-
do con tutta la potenza della sua parola fira Gerolamo ful-
minava dal pergamo l'abuso di portare nel tempio santo di
Dio le oscene dipinture , che fiiceva egli mai se non voler to-
gliere troppa materia di acousazioni ai nemici della chiesa cat-
tolica e del suo culto; e prevenire col suo esempio le decisio-
ni del Tridentino ooncAio» il quale vucde che dalle diiese sia-
no tolte tutte qudle pitture le quali, anziché fomentare la pietà,
valgono a spegnerla neU' animo dei fedeli ? (1)
Alle quali ragioni che a noi sembrano gravi bastantemente ,
faremo seguitare alcuni fatti. U Savonarcda già da molti anni
apparteneva ad una congregazione , la quale avea sempre por-
talo alle arti belle grandissimo afletto. Già abbiamo narrato
come il beato Giovanni Dominici, che erane il fondatore, si
fosse studiato propagarne e diffonderne l' amore in tutti i chio-
stri da lui eretti cosi di religiosi come ddle religiose; frutto
di questo amore essere stato il dipintore beato Giovanni An-
gelico, e tutta quella schiera di miniatori, che abbiamo ricor-
dati nel libro primo di queste memorie. E ciò era stato fatto
molto avvedutamente, perciocché non vi ha cosa a mio avviso
(1) SeM. XXV. cap. 1. Omnit deni^fue Uudvia viteturi ita ut p'o-
caci venuttate imagines non pingantur, nec omentur*
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LIBRO IL GAP. XV. 435
die soUefi la mente ed H cuore a casti e santi pensieri del
eìdo, (joanto Parte. divina del disegnare e del colorire, sem-
preohè ?enga diretta da quello spirito di pietà che Terveva nel
petto déir Angelico. Volendo pertanto Tra Gerolamo Savona^
rola restaurare la primitiva serera osservanza nd convento di
s. Marco, credette parte non lieve di qu^a promuovere cal-
dameote lo studio delle arti del disegno, attestandolo il P. Pa-
dfioo Burlamacchi testimonio di veduta. « Voleva che i con-
versi lavorassero alcanearti esteriori, ma non molto distratti-
ve, né di molto romore, siccome è scultura, pittura, mura-
re, scrivere e simili^ contribuendo il guadagno loro per i bi-
sogni dd convento , acciò i firati più rerventemente predicasse
m la verità, et non temessino, (ficeado: se diremo il vero fum
d saranno daie delle UmosinSf et per questo cominciò a tot
conversi che Ausino persone da bene, et nobili per lasciar
loro ogni cnra temporale (i). » Questo savio divisamento d)be
resito il piò felice, oondosiachè lui vivente, o pochi anni do-
po il suo tragico One, una eletta schiera di artisti venne od
convento di s. Marco a seguitare le tracce, e a far rivivere
gK esempi del bealo Giovanni Angelico ; la qual cosa non si
sarebbe in guisa alcuna avverata ove il Savonarola, che mode-
rava quella (Congregazione dei Domenicani , fosse stato un pre-
dicatore della barbarie, un'iconoclasta, ed un furioso nemico
deOe arti imitatrici. Se non che la storia di lui ci narra
Qo .latto eziandio più solenne. La nobilissima donna Camilla
(1) Loc. dt pAg. 45.
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436 MEMORIE
Rnoellai, per le predieazkmi dello steiao fra Gerobino con*
vertita daDe vanità e dai diletti dei mondo all'amore ddb
croce di Gesù Cristo, avea divisato erigere di^ iMidameiita
un chiostra di Sacre Vergini con le quali in oontinaì esercizi
di pietà y cbiadere la sna carriera mortale. Aperto Tanimo ano
al Savonarda, e da Ini spronala all'impresa, eresse e dotò
il magnifico monastero di s. Caterina da Siena in via Larga;
ed ivi, seguitando la riforma ed i oonoetti dd Ferrarese, intro-
dusse per di kii Consilio le arti del dipingere e del modellare
in plastica con esito felicissimo, inlùitociiè forse in dun altro
chiostro d'Italia v'ebbero mai per nomerò e per valore religio-
se decfite alle arti, quanto in qoesfo eretto dalla Rocdki; e un
dotto ed accurato scrittore d attesta , che fino allo scorcio dd
passato secolo, che è a dire fino alla generale soppressione de-
l^i ordini rdigiosi, si perpetuava in qoel monaiBtert> lo stadio
e l'amore deUé arti belle. « Esist^o, cod egli sì esprime. In
quel monastero ( di s. Catetina ) i monumenti di questa glo-
riosa Ioto institozione, che fanno l'elogio allo zelo ed alla rir-
tà dd P. Savonarola , i quale per evitare in qud religioso celo
i pericoli delTozio, vi inlrodasse la nohil arte ddla pUtrara e
dd disegno , e ddla miniatura , ndla quale tanto si avaotaro-
Do quelle pie femmine, ohe lirooo richieste Topone loro in
Boma, in Napoli, ndla Lombardia e in tutta l'Italia (1). »
(1) Della Storia del P. FV. Gerolamo Savonarola, Li?orao 1782,
OD Tol. in 4.^ libro 2 $ XXXIY pag. 146^ V attore Ai qnetU storia cko
è la pib completa ed accurata dì quante ne aooo state pubblicate fino
al presente, è il P. Barsanti di s. Marco. Un'altra pregevole Tita ne pub*
blicò a Parigi l'anno 1842 mona. P. J. Carle piena di affetto e di poesia.
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LIBRO U. GAP. XV. «7
QaìDdi può ben dirsi , che come qoel monastero seguitava le
osseryanze del oonveoto di s. Marco , cosi ne seguitasse ezian-
dio la coltura delle arti imitatrici; e queste valenti suore ci
forniranno non breve né ingrata materia di discorso nel secon-
do volume delle presenti memorie.
Dopo ì quali fatti non aggiungeremo più altro sul propo-
sito del Savonarola, stimando che tutti odoro ì quali tengono
l'arte in éonto di meeao eficacissin^ di morale e religioso
perfezionamento» vorranno applaudire al grande e generoso pen-
siero del Savonarola (fi toglierle dal blandire vili e turpi passio-
ni, per innalzarle a tutta la dignità e a tutta la potenza della
parola. Che se il magnanimo tentativo non ebbe quel felice ri-
suHamento che era dato sperare, pur ripeteremo la sentenza
di Omero, che
Andte U voler nelle gran cose è molto.
28
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43É
CHE SOTTO l'influenza DSL 8ATONAROLA VESTIRONO
l) ABITO DOMENICANO.
■i^i»
MINIATORI.
Fea Bensdetto o Bbttuo^o fioreot vealiio li 7 novemlK 1493.
e professato (lai P. Gen^lamo Sfivonarola li 13 oov, 1496.
( Jmdl, $. Mar^ foL 146. ]
Fju Fxuppp LAPA(;ciia floreot. vestilo dal medesimo nei primi
di agosto del 1492, professato li 3 agosto 1493. ( lUd. ]
Fra EusTAcmo J^or^t, ^e^tQ dal medesimo nel 1496, profes-
sato li 12 settembre 1497. ( Ibid, pag. 149. )
PITTORI.
Fra Agostino di Paolo del Mugello, vestito nel 1495, pro-
fessato od 1496.
Fra Andrea florent. vestito nel ISOO , prof, gli 8 ottobre 1501.
Fra Bartolomeo della Porta, vestilo in Prato il 26 luglio
1500., profess. nel 1501. ( Annoi, conv. s. Marci fot. 149. )
ARCHITETTI.
Fra Domenico di Paolo Oorent. Non trovo in qual aimo vesti-
to e profess.; era sacerdote, e mori li 5 ottobre 1501. [An-
noi, s. Marci pag. 224. ]
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Fra Frakcbsco di Prato; di qaesto eziandio ignoro quando fosse
yestito e qoando professata Mori nel dicembre del 1523.
( Ibid. pag. 234 )
MODELLATORI IN PLASTICA.
ProbaUlmente ooUìvaya quest'arte Fra Amaocao dkLla Rob-
bia, yestito dal P. Gerolamo Sayonarola nel 1495 , professa-
to li 13 dicembre 1496. ( Ibid. pag. 146. )
FINE DEL PRUiO VOLUME.
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441
DOC U MENTI
PER SERVIRE ALLE MEMORIE DEGÙ ARTISTI
DOMENICANI
8»
Libro 1. cap. VII. pag. 111.
Iscrizione già esistente nella facciata della cfaksa di s. Michele
in Borgo, dei RR. PP. Camaldolensi.
Cernite vos queso que fulgent marmore ceso
Hoc opus alanim frontis templi quoque clarum
Tempore constructum fuit, ad finemq. reductum
Hic patris Andree laudis de culmine vere
Vulterri natus fuit Àbl>as ìpse prefatus^
Infirascriptorum numero tunc et monacfaorum
Gei ductoris claustralis rite prioris
Ànselmique^ Boni^ Benedictum junge Guidoni
Sic Plancus^ Michael^ Andreas^ Angelus inde
Camaldulenses sunt hic^ et cenobienses
Laude supernorum insistunt angelicorum
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412 DOCUMENTI
Anno niilleDO trecento tres dato deno
Cesar et HenricQS s^lUius regpandoque prìmus
GUGLIELMUS sane pisanus sumìte piane
Hìc operìs factor caput extat et ordinis actor
Ergo tu spector qui respicìs bec quoque lector
Summo dans laudes Patri quo denique plaudes
Die animabus eorum^ da bona Chrìste polorum.
( V. ALEstAVDRo Di MoKiovA , Pìhl Illustrata voi. III. P. 1.* cap. VI. )
Loc. ci(. pflg< tt%
ClOIflCA ANTIQUA GONT. S. KaTHAUNAB QrD. PrAEDIC PlSAmCH
( A^tìffAii> NecE9)9gico di Fr« GncMehna )
Frater Guilielmus conversus magister in Schullura peritus,
mxdtum laboratH in augmmtando conventutn. Bic mm bsati Do-
minici corpus mncHssifipAm in sotkPqmiori tumulo tmctretuat quan
scìdpsmmi [m) M€igi$tri Itìskoh dr -Piti*, PoHorftiar mmu^
sociatìts dicto architedori ^ clat^ unafn ^e coetis san^tissimis de
IcUers ejì^ exforsit y non memoria magistri ordinis cum excomu-
nicatione lata praeceptty qui fune cum generali capitulo Bono-
niae praesens erat , dictamque costam portavù Pisas et in altari
sanctae Marine Magdalmae rerèrenter abscondit , qiuim in mor-
te, petendo irnioìtì de innocenti, ta sic loguar, culpa laerinuh
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DOCUMENTI m
iUiier retatami. Quam invenfkfUes FrtUres ubi ips€ praedUceml^
m swiMia venerabilitn* posuert, Obiit posSqwm vuit m Ordt^
ne $6 (mni$^ quae fmi aèta$ cotnpleta; ctgm $pirHu9 sine tem-
pere m w^ Air0ka$ feHciUn- qi^k^cU-
Lóc. cit pag. 113.
( Articolo Necrdogìco di Frate Fazio. )
Frai&r Fatius conversus mngisUr Scutptmw^ fuk éteoSits
fumo et ToUk àiscretn^. tango impore fkit portariits tonven-^
ius et bene illud caeter^tque offleia soUMter et obbeHenter impie^
tk et plenus aeiate dimisso eanris i^Muh citm electis Dei
sine tempore deleeéaiitr 4310.
JUIvQ H cap. UI. pag* HSd.
CaoNicA GONT. 8. DosfiNia DE FssuLis Ord. Prabdic
( Codice cartaceo » un Tol. in fol. di pag. 194. ]
Fot. % wca m$i. Eodem mn» tidèUcet 1406 predictus ^
n^abilis (r. JemMs Deminici mssw est onUor a dominoAme
Fiorentina ad iom. Papom Gregóriusn XII f. mortuo Innocenr
Ho VII cmUus fmrtU Smwms PonOfeXf ed ab ip$e Gregorio
Pontifica detetUus ftnt et oeeupains m negotiis eaHesie ae ton-
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414 DOCUMENTI
dem ad cardinalatutn assumptus. PermanseruiU nihìiaminus in
dicto convmtu incoato fralres circUer XVI ^ quorum primus pricr
ut dicium est sopra fait fr. Marcus de Vmetiis; et post ewn
fr. Antonius de Cruce de MedManoi eujus priaratus tempore^
s. ( scìlìoet ) anno dom. 1409 augmeniatum est schisma in ec-
clesia Dei. Nam cum usque ad illud tempus duo tenerent locum
papatusj Gregorius XII predictus et Benedictus XIII ^ facto
concilio site potius conciliabulo Pisis p. cardinates predictontm
ponti ficum Gregorii et Bmedkti q. recesserunt ab eis p. maiori
parte creatus est tertius Sumnrns Ponlifex^ et tocatus est Ale-
xander V q. prius dicebatur Mogister Petrus de Candia Ordi-
nis Minorum unius ex cardinalibus Gregorii. Et q. ( quia ) ci-
vit€U Fiorentina obedientiam prestabat dicto Pontifici Alexan-
dro V fratres tunc ipsùu oom)entus ( s. Dominici de Fesnlis )
perstiterunt in fide et obedientia predicti Gregorii XII tamquam
veri et legiptimi pastoris: Mogister Ordinis q. tum erat mo-
gister Thomas de Firmo cum vellet predictos fratres cogere ut
adhererent predicto Alexandro V pp. quod et captivum duxit
Florentiam priorem ipsius conventus Fesulani licet postea dimi-
eterei : ne partidpes fierent coinquinationis schismatis omnes si-
mul fratres nullo excepto de nocte locum dindserunt occulte re-
cedentes ne impedir etur iter eorum: et omnes cum suo priore
perexerunt Fulgineum: et dominus civitatis dktus Golinus Pe-
trincius et episcopus ejusdem cititaiis s. dom. Fredericus Ord.
Praedicatorum q. perseverabat in fide et obedientia dicti Grego-
rii dederunt eis conventttm Fulginatem ipsius Ordinis: ubi per
plwi^ onnos permanserunt viventes sm. [ sammam ) tiiom re-
gìUarem. Sed posmodum superveniente peste mortuo priore pre-
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OOCDHBNTI 445
dkto et aliis pluribus defhcU vìUm reguh»r%$ in preHeto conven-
tu Fidgmaie.
Dictue autem amwntus FenUanus dfrelictus apredictis fra-
iribus ex causa assignaia kabitarì cepit p. aliquos fratres «on-
ctif Marie Novelle: sed post modieum tempus ab eis et dereli-
ctus est pp. qd. non fuemfU servale condictiones et poeta q.
fuerunt stipulala in collatione dicti loci ab episcopo Fesulano
ut superius apparetf ipse episcopus Fesidanus accepit dicium
locum tamquom pertinenlem ad ius ecclesie sue.
V,
Libro II. cap. Y. pag. 262.
LlBBO DI RlCORDAIfZB DEL CONTBlfTO DI 8. DoMBiaGO DI FlBSOLB
8BGN. GO!f LFTT. C. ( UD YOl. ÌD fol. COdlOe CaitaCOO. ]
Pag. 74 a tergo. Ricordo sotto li 28 febbrajo 1611 come
t lllustr. et Eccellent. sig. Mario Farnese dopo avere negoziato
con il nostro convento per lo spazio di circa due anni di otte-
nere dai Padri del convento la tavola del f Annunziata ^ opera
del M. A P. fra Giovanni detto f Angelico^ pittore del Mugello
vicino a Ticchio 9 figlio di questa casa^ et contet/iporaneo del
Beverend. Arcivescovo di Firenze s. Antonino 9 pure figlio di
questo convento f finalmente gli fu conceduta ^ et egli per gra-
titudine di tanta privazione fece dono di ducati mille cinque-
cento. Qua! tavola si conugnò come ci era ordine al P. Carlo
Strozzi insieme con la sua predella dove erano dipisUe cinque
29
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446 DOCUMENTI
Btmette della B. Vergine^ tutte opera del detto pittare ec. ec . . • •
di tutto eia lode et onore al Signore^ sì ancora al nostro An-^
gelico pittore 9 dal quale dopo P età di circa 160 asmi ha sen-
tito il nostro convento cotanto benefim.
Loc. cil. cap. Vili. pag. 333.
Storu dbl duouo m Orvieto, un yoI. in 4.'' Roma 1791.
Documento LXXUL Nota G. pag. 136 e seg.
Contratto fra gli Operaj del duomo di Orvieto e fra Giovanni
Angelica Die 5JV jonii MCCCGXLVIL
In Dei noe. ameti. Congregatis et habitis inter eos
et pictorem multis colloquiis super omnibus et singulis
manimter Camerarius conduxit ad pingendam
cappellam novam versus episcqpatum, religiosusn virum
frem. Johem. Petri Mag. pictorem Ord. Praedicatorum ob-
servantie Sci Dominici ibid. presentem et acceptantem et pictW'
ras totius diete cappelle looavit d. mag. fratri Johi. cum pactis
quod d. frater Johes .... servirei ad picturas pred. cum perso-
na sua item cum persona Benotii Cesi de Florentia. Item cum
persona Jacobi de Poli^ bene et diligenter et cum ea qua decet
solertia et solicitudine.
Item quod faciet et curabit quod'd. figure dd. (dictanun)
picturarum erunt pulchre et laudabiles.
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DOCUMENTI 447
Item conduetto pred. incipiat /ras que est XV presentis
tnmsis junii. Item quolibet anno pinget cum premissis hoibus
Junio , Julia. Augusto et Settembri quòusque tota cappella fuerit
dipincta. Item quod omnia faciet .... sine fìraude dolo ad com^
mendaltionem cujuslibet boni mag. pictoris.
Et prò praedictis Camerarius . promisit solemniter et
juravit eidem f. Johi presenti et acceptanti prò se et suis here-
dibus et dd. Benolio Johi et Jacobo dare et solvere cum effectu
eid. fratri Johi. prò suis laboribus salario prò dd. IV mensi-
bus quolibet anno quòusque ec. ad rat. CC. ducatorum auri w^
kris VII librar, prò quolibet et prò quolibet anno completo. Vi-
delicet prò dd. IV mens. teriiam partem CC. ducatorum.
Item Benotio quolibet mense septem ducatos ejusd. valoris
Johi. duos ducatos ad d. rat. et Jacobo unum ducatum.
Item dabii d. mag. pictori omnes colores incumbentes ne-
cessarios prò dictis picturis .... ultra dieta salaria.
Item prò eorum expensis ultra salaria panem et vi»mm
quantum sufficiet eis et XX libras denar. quolibet mense
dum laborabunt.
Item persolvet eis expensas usque ad presentem diem.
Item quod d. mag. fr. Johes. interdum fiunt pontes fadat
designum picturarum et figurarum quas debet pingere in volta
d. cappelle.
Que omnia vicissim promiserunt attendere bona fi-
de ec ec* Ada presentibus Pietro Mei aurifice et Petra
Natii civ. urbev. et mag. Jchannmo de Senis caput m. testibus.
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US DOCUMENTI
( Loc. cil. Ductmento LXXIV. Nola A. )
Die XXVIII sepfembris MCCCCXLYII.
Beìiffiosus rtr fr. Johes. PeHi mag. pktwmntm H Ord.
obsermnlie Frum. Predieatùrum cmtductus ad pmgmdum m
cappella nova d. fmij. Ecelie, mm persona $ua^ et atm perso^
nis Benozi Cesi de Fl&rentìa ee. ec ft»o$ secw» habml ad dietam
picturam fedi Camerario guam amémiaiio-
nem absoiutam el paetum de tdtra nom pekndo de eeffkùim
tribne florenis auri de auro qtios detebai habere a d. fa-
brica tam prò se qtiam prò suprad. BitMzxo et prò trilms
mensibus et se qmetìim wcavit d. mag. fr, Jàkes
jurawt ad s. Dei evangeUa omm tempore attendere oh-
senxtre, Insuper ad majorem eaulelam lièerotit d. fabbritam ....
per AquUinam stip^ilationem ee. ee. presenMus Jèeobi P^ri. Pe-
tro PutH. Magro. Johe. Petri alias Pintahecchia pittore et Post-
eratio Luce VasceUajo testibìès.
Ubro II. cap. Vili. pag. 339.
Artìcolo Necrologico di fra Gieframii Aageiico nelk Cronaca
dì s. Domenico di Fiesole.
Fot. 166. Fr, Jòannes Petri de Mugello obnt die
{ manca ) . Eie fuit precipims pietor: et sicut ipse erat^ dewtus
in corde ita et figure^ pingebai detotione plenas ex effigie pin-
xit n. multas tabulas altarivm in diversis ecclesiis et cappellis
confraternitatib. quar. tres sunt in hoc conv. FestUano. una in
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DOCDHBNTI 449
Saneto Marco Floreniiae: éme m eedùi. Ste. Trimiatis Ordinis
VaUis Umbrote: una in Sta. Maria de Angdis Ordmis Carnai-
dulensium: una m Sto. Egidio in toeo hospitalis Ste. Marie No-
te. Quedam tabule minores m sodetatibas pueror. et m alOs so-
cietatibus. pinxii cellas conrentus Sti. Marci et capituluxn et
aliguas figurai m claustro. SimUHer pinxit aliguas figurai hic
Fesulis in refectorio: in capitulo velcri qd. mo. e. ( modo est )
hospitium secularium. pmooii capellam dm^pape et partem
cappMe tfi ecdia. cathedrali urbis veteris ; et plura alia pinxit
egregie d tandem simptr vices ( simpliciter yiyeiis ) sto. fine que-
tU tu pace.
AlfNAUA OONT. S. MaBO DB FuOBBXtU. ObD- PkAED.
( un Tol. in UÀ. codice cartaceo. )
Fol. 6 a tergo. Tabula gltaris nugoris et figure capHuli et
ipsius primi claustri et omnium cellarum superiorum et crucifi-
xi refedorii , omnes pietas sunt per quemdam fratem Ord.
Praedicat. et conventus Fesulani qui habebatur prò summo ma-
gistro in arte pictoria in Italia ^ qui fir. Johannes Petri de Mu-
gello dicebatur^ homo totius modestiae et ritae religiosae.
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460 DOCUMENTI
Db ttMs ttjjDSTB. OiD. Pmàsmcjoommf urna sex
IN uifVM GONGvn» Aocrou Lbaiidiio Aunn mmnoBim.
( un ToL ki IbL Bonomie 1517. )
Libro V. fol. 352. a tergo.
B. JO. FE8DLANUS.
Joannes fesìdanus Hetru»cu$ rtr sanctitate canspicnus^ et
pingendi arte peritissimus , anno domini MCCCCLY. XII Kai.
marta, Romae vita functus est , et in basilica s. Mariae ad Mi-
nervam in sepuicro lapideo tanto viro digno tumulatasi quod
Nicolaus V Pont. Max. duobus epitaphiis grqphice exornarì cur
ravit, Fxiit hic tenerandus vir tantae observantiae institutionum
suarum , ut in palatio Pontif. Max, consistens minimam earum
partem haad quaquam onUserit. Nam cwn Nicolaus Pontifex ei
sacellum in palatio j quod adhuc cernitura picturis exomandum
tradidisset, et eum aliquando viserety oc diceret, hodie Joannes
volo ut carnibus vescaris, nimis enim laboribus indulsisti, re-
spondisse ferunt: Pater sane te hoc mihi praefectus coenobii non
indulsit. Et Pontifex , ipse\ qui omnibus praesum tibi hoc indul-
geo. Ex hoc enim coniid potest quanta fuerit cum isto sancto
viro patrum nostrorum observantia institutionum , qui sibi non
indultum a coenobii sui presidente hoc pontifici obiecerit. Appri-
me Nicolaus tantum virum coluit, ac veneratus est, ob ejus ri-
tae integritatem ac morum excellentiam.
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DOCUMENTI 451
vnr%
Libro U. cap. XI. pag. 370.
CHlOlflCA GONY. S. HaUAB IbSBUGOBJDIARUM TaBIAB
Ordinis Prabmcatobìhi. US.
Fol. VL — Sacellmn S. Petrì Martiris. Anno domini 1474.
Nob. D. Barthohmaeus Lupus legami prò eo libras centum: an-
no autem 1522, die 21 januarUy N. D. Dominicus Oddus de To-
bia suum ullimum condidit testammtum^ in quo suum haeredem
instituii sacellum S. Petri M. quo ordinavit quoad Iconem^prout
nunc est » assignans ducatos 25 prò eapensis Pallam
( (almlam ) autem illam delineavit R. P. D. Emmanuel Macho-
rius de Pigna: in illa est e/figies D. N. Jesu Christi crucifixi;
ad ejus latus dextrum depictus est B. P. Dominicus; ad lemm
S. Catharina virgo et martyr; ad pedes autem crucifixi a de-
xtris 5. Hieronymus pectus suum Ifqnde percutiens ; Sancius au-
tem Petrus Martyr a sinistris. In incursione vero impiorum Tur-
carum furore satanico ac belluino cantra imagines istius altaris
impie debacchati sunt^ et in faciebus^ pectoribus^ et brachOs^
securibus et aliis armis percusserunt ae deturpaverunt sed
( quod silentio praetereundum minime est ) cum Ule presbyter joco
et irrisorie conspicilia ad faciem B, P. Dominici pinxisset et de
hoc fucinare glorians rediret^ ipse postmodum coecus effectus est^
et sic diu y usque ad finem vitae suae misere permansit ; et hu-
jus facti testes oculati adhuc vivi supersunt.
>»♦< m
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453
INDICE
Prbpauoivb Pag. 9
LIBRO PRIMO
CApntNLO I. GondiiacMii ddle Arti io Italia net primordi del
wMìk> XIII y e segnatamente dell' architettura volgarmente
appdlata GMù» o Jtfdf 5ca « 2d
CjMtGUf II» Fra Ssto e fra Ri^oro architetti toscam. -^
Loro prime qpere in serrigio della repobbliea fiorenfina.
— G>mpiono il palajoo del Podestà — Rioostraiseono il
ponte alh Garraja. «^ Fahbrieam h chiesa di g. M. NoTel-
la. — Dal Pontefice Niccolò Ili sono clMaitiaU in Soma ad
operare nd Vaticano . . . . i « 3t
GAmy>Lo III. Architetti minori toscani , loro fabMcbe in
Prato, fn Firenie, nel Val d^Amo, e& é . . . . « M
CAfinoLO IV. Di alenni architetti Portoghesi del sec. XIIL « 73
CAPrroLO V. Notizie intomo la vita e le opere di fra Gugliel-
mo da Pisa scultore e architetto. — Condizioni della scul-
mm in Italia nei primordi del secolo XIR — ^ Primi lavori
di fira Guglielmo in patria e in Bologna ; « 76
Cafitolo vi. Descrizione dell' Arca di s. Domenico ki Bolo-
gna. -* Parte che vi ebbe Niccola pisano e fira GugKelmo.
-^ Scultori che vi- operarono nei tempi successivi. . . « 87
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434 INDICE
Capitoex) vii. Seguita la vita di fra Guglielmo da Pisa. —
Suoi layori nel duomo di Orvieto , e io patria. — Sua
morte • . . Pag. 101
CAPrroLO Vili. Architetti bolognesi e lombardi. — Loro fab-
briche in Venezia , in Padova , in Trevigi , in Milano . « 114
Capitolo IX. Memorie di Tra Giovanni da Campi , e di fra
Jacopo Talenti architetti toscani. — Compiono il tempio di
s. Maria Novella. — - Fabbricano il noovo convento. — Ri-
costruiscono di pietra il ponte alla Carraja, e innalzano al-
tre fobbriche in servizio della repubblica e dei privati cit-
tadini « i35
CiFiTOLO X. Di fra Giovannino da Marcojano , e dì altri re-
ligiosi architetti del convento di s. Maria Novella , allievi
di fra Giovanni da Campi e di fra Jacoco Talenti . . « 163
CiprroLO XI. Saggio dei Miniatori Domenicani. Miniatori dei
secoli XIV e XV in s. Maria Novella , in s. Marco di Fi-
reme , e in s. Caterina di Pisa « 171
CAFrroLo XII. Notizie della vita e delle opere del miniatore
e pittore fra Benedetto del Mugello « 187
CAPrroLO XIII. Di fra Eustachio , e dì fra Pietro daTramog-
giano miniatori Toscani nel secolo XVI « aOl
LIBRO SECONDO
Capitolo I. Fra Giovanni Angelico « 211
Capitolo II. Documenti cosi editi come inediti dai quali fri
tratta la presente vita di fra Giovanni Angelico ... « 223
Capitolo IH. Orìgine, patria, studj , professioiie religiosa
di fra Giovanni Angelico «
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INDICE 455
Capitolo IV. Prime opere dell' Angelico in Foligno ed in
Cortona Pag. 242
Capitolo V. Ritorno di fra Giovanni Angelico in Fieside . « 256
Capitolo YL Fra Giovanni e fra Benedetto del Mugello si
recano in Firenze. — Fabbrica del nuovo convento di san
Marco. — Dipinti dell' Angelico per la chiesa e per il con-
vento del suo Ordine, e per la città di Firenze. . . <x 274
Capttolo vii. Dipinti di fra Giovanni Angelico per altre
chiese della città di Firenze « 304
Capitolo Vili. L'Angelico é invitato a dipingere in Roma,
probabihnente dal Sommo Pontefice Eugenio IV , e tratte-
nutovi dal successore Niccolò Y. — Suoi dipinti al Yatica-
to e alla Minerva di Roma , e in Orvieto. — Sua morte ,
suo elogio e suoi discepoli « 320
Sommario dei dipinti tuttavia esistenti di fra Giovanni An-
gelico « 346
Capitolo IX. Notizie di frate Bartolomeo Coradini pittore Ur-
binate volgarmente detto Fra Carnovale tf 350
Capitolo X. Di fra Gerolamo Monsignori pittore veronese . « 359
Capitolo XI. Del P. Domenico Emanuele Maccari pittcnre
genovese « 367
Cartolo XII. Dell' architetto veneziano fra Francesco Co-
lonna » autore del Rmnanzo Artistico , // Sogno di Po-
tifilo « 371
CAPrroLO XIII. Appendice. Pittori in vetro nei secoli XIY e
XY. — Di alcuni pittori Toscani , e di fra Bartolomeo pe-
rugino « 387
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4S6 INDICE
Capitolo XIV. Notizie dd beato Giacomo d' Dima e de' suoi
discepoli Dell' arte vetraria Pag. 403
Capitolo XV. Biforma delle arti Italiane teotaU da fra Ge-
rolamo Savonarola. — Concetti dd Frate sulle medesime.
-^ Segoad e fautori cbe in quella lo aiutarona ... « 414
DOCUMENTI « 441
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DEI PIÙ MSieNI
DOMENICANI
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11^ ;ri o 3 l.:rt qZaO ::^irL {a ^
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MEMORIE
DEI PIÙ INSIGNI
PITTORI, SCULTORI E ARCHITETTI
DOlfilVIGAVI
CON A66IIIRTA DI ALCOHI 8CKITTI INTORNO LE BELLB ARTI
DEL P. L. VINC. MARCHESE
DILLO
ISTITUTO
feumsiGiMio
FIRENZE
PRESSO ALCIDE PARENTI
1846
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. ." ' '
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niEMOBIE
OBI PIO INSIGNI
PITTORI, MTORI E iRCHUTTI
LIBRO TERZO
CAPITOLO PRIMO
Fra Bartolammeo Della Porta.
PROEMIO
Mi fallire della rifimna tentata da fra Girolamo Savonarola,
con la qaale chiademino il primo rolome di queste Memorie^ non
tardò a portare i suoi fhitti. AUoraquando l'ambizione di Lodo-
vico il Moro ebbe aperto agli stram'eri il yarco al bel paese chiuso
dalle Alpi e dal mare, questi, non che rinrenire forti e generosi
difensori della patria, furono in quella vece contro di lei da par-
ricide mani aiutati e sospinti. Allora questa infelice terra, anzi
che luogo di sudata conquista, fu un aperto campo che impune-
n. 1
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2 MEMORIE
mente scorrevasi e depredaTasì; o meglio ancora^ mio steccato
oYe Francia, Spagna e Alemagna venivano a contesa per sapere
qual brano della penisola saria loro toccato o in premio del va-
lore, 0 in dono della Tortuna. Così quegV Italiani medesimi che
di recente avean fhtto dono agli stranieri di on nuovo mondo, si
vedevano da quegli stessi conteso il possesso della propria lor
terrai Perduto il dominio delle armi, solo a noi rimanea quel
dell'ingegno. Il perchè Giulio II, pontefice di smisurati concetti,
dopo r inutile prova di sbandire i barbari dall'Italia, fermò nel-
V animo di mantenere il primato italiano delle lettere, delle arti,
della religione; primato che uè l'ambizione, né la potenza degli
stranieri fia che d tolgano mai, se a noi non tolgono ¥ aria che
respiriamo e il suolo che ci nutrisce. Se non che Giulio non
avendo per morte potuto mandare ad effetto i suoi grandi con-
cepimenti, Leone X da uguale carità della comune patria com-
preso, tolse ad incarnare il pensiero del suo antecessore. Allora
il Bembo e il Sadoleto vennero ad assidersi allato al nuovo pon-
tefice. A Beroaldo il giovine si affidò la Biblioteca Vaticana, e a
Filippo Laschari il ministero di addottrinare nelle greche lettere
la romana gioventù. Paolo Giovio, Aldo Manuzio, il Tcbaldeo, Ber-
nardo Accolti, Santi Pagnini, Agostino Giustiniani , con infinita
schiera di vati e di dotti foceano nobile corona al pontefice, per
guisa che si potea dire con ragione che tutta la umana e la divina
sapienza avesse fermato* il seggio in Vaticano. E perchè dalla
civiltà di un popolo non andò mai disgiunto il teatro, Gian Giorgio
Trissino colla Safoniibay e fl cardinale di Bibbiena colla Calandra
poneano le fondamenta, quegli della tragedia e questi ddla com-
media italiana. Frattanto RaSaeDo coli' opera di Giulio Romano,
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LIBRO ni. GAP. I. 3
di Francesco Penni, di Perìn del Vaga, di Baldassarre Peruzzi,
di GioTanai da Udine, coloriva le loggie vaticane. Michelangelo
BnonarroU creava il ìlùèè^ pingeva i profeii alla Sistina» e for-
niva i disegni a Sebastiano dd Piombo onde abbattere V emulo
Raffaello; e a Bramante di recente sceso nel sepolcro, soccedEe-
vano fra Giocondo, Giuliano da San Gallo e Raffaello nel prose-
guire la fabbrica del più bd tempio dell' uni v^so.
Che se dalla eterna Roma si rivolge lo sguardo alle altre
provmde dell' Italia, vi si rinviene pari luce di lettere e di arti.
Oode^u vedi r Ariosto leggere alla corte del cardinale Ippolito
d'Este le pazzie e gli amori di Orlando; il Castigliope for lieta
quella dì Urbino col suo Cortegiano; Firenze, Atoie novella, neUi
Orti Rncellai udire per bocca del Guicciardini, del Macdòaveili
e di Luigi Alamanni lezioni di politica, di armi e di letlere; Mi-
lano meravigliare del cenacolo di Lionardo alle Grazie; Bologna
abbellirsi delle ultime opere del Francia; Parma saiutare con
gioia gli amii giovanili del Coreggio; e Venezia andar superba
dei dipinti di Giorgione e di Tiziana P^ siffatta guisa, nel tempo
che nella Germania, per cagione di un frate ambizioso e lascivo,
tutto era disordine e confusione, e di scolastidie sottigliezze e di
dogmi venerandi dispatavasi nei trivj e neUe piazze da laici,
da femmine e 4a fanciulli; in Italia toccavano la suprema ecoel«
lenza le arti imitatrici; creavasi un poema epico; risorgeva la
commedia e la tragedia; di forza, di elegmiza, di proprietà ga-
reggiavasi nc^ storia con Tucidide, con Livio, con Tacito; e
ndla filosofia e nella scienza ddla divinità era venerato il vero
quando per tutto erano delirj, atrocità ed orribile confusione.
Per questa via Dio pietoso corresse il disordine dei tempi e degli
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4 MEMORIE
uomini; e se a noi non fu più conceduto dar legge ai popoli vinti
e soggiogati, pur fummo loro maestri di civiltà. Onde io stimo
fosse bellissima gloria quella di aver veduto Carlo V imperatore
e Francesco I re, cagione prìncipalissiAia dei mali nostri, umi-
liarsi stupefatti nauti l'ingegno maraviglioso di Lionardo e di
Tiziano.
Ma a non dipartirci con troppo lungo intervallo dal sub-
bietto ddle presenti Memorie, diremo alcune parole sulla condi-
zione delle arti in Italia in questo portentoso secolo XVL
Quando, volendo noi scrivere la vita di fra -Giovanni Ange-
lico, toglieipmo TufiScio di ricercare la storta e svolgerei canoni
dell'arte cristiana, non fu quella opera di lunga Iena; percioc-
ché tutti i pittori del secolo XIV, e in gran parte quelli del XY,
ci parvero maravigliosamente concordi in un solo concetto, e
quasi parlare una sola favella. E ben puoi andare peregrinando
dall' uno aU' altro capo dell' Italia, e vedrai in costoro la stessa
semplicità, la stessa grazia e la inspirazione medesima. Per la
qual cosa non sembrano già appartenere a molte e diverse scuole
pittoriche, ma ad una sola e concorde famiglia, educata da uno
stesso principio, cresciuta perla stessa via, aspirante ad una co-
mune gloria. Si trasportino l'Avanzi e il Dalmasio in Siena; Mat-
teo di Giovanni in Bologna; Simone Memmi in Roma; Pietro Ca-
vallini in Firenze, e parranno cittadini di quelle stesse città,
educati a quelle scuole medesime; e lo stesso vuol dirsi di Fran-
cesco Francia e di Pietro Perugino, quasi ruscelli nati ad una
stessa sorgente. Tanto la religione avea saputo imprimere in co-
storo un cotal riverbero di celestiale bellezza che li rendea tutti
quanti fratelli.
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LIB. HI. GAP. 1. 5
Ma ora imprendendo noi a scrivere della vita e delle opere
dell'insigne dipintore Ara Bartolommeo della Porta, e volendo per
sìmil guisa svolgere i canoni generali dell'arte nel secolo XVI r ci
é giuoco forza cessare da quell'impresa, e confessare che a tanto
ufficio non ci basta T ingegno. Perciocché, non pure in questa
età le varie scuole d' Italia ne paiono assai diverse e quasi di-
scordanti fra loro; ma vediamo sovente uno stesso pittore lenere
molte e svariate maniere, per guisa che non essendo a quelle
adusato e volendone pur giudicare, si avrebbe troppo facile
materia di errori. Tu vedi gli uni piacersi meravigliosamente
del colore, e non altrimenti che da uno istrumento, trame soa-
vissime melodie; altri vagheggiare il disegno, ed essere fecondi
trovatori di modi e di forme elettissime, e nelle linee dolcemente
variate e nelle facili e gentili movenze trovare un bello tanto
squisito da innamorarne gli occhi; alcuni poi non cosi bravi co-
loritori, uè disegnatori si pronti, trionfare nella ragion del com-
porre: e vuoi moltitudine di popolo ordinata alla pace o atteg-
giata alla guerra, mostra di danze, trionfi di vincitori, egli ti,
sembrano storici e poeti più che pittori. Non pertanto nella più
parte di costoro se trorerai la imitazione del vero, raro è che
ti eccitino nell' animo un forte e generoso concetto, e assai più
raro un pensiero ed un affetto di cielo. Ne è mestieri pertanto
conchiudere, che l' arte nel secolo XVI, o non avea certe e defi-
nite leggi, 0 con queste sole reggersi e. moderarsi: le belle arti
cercare il piacere; esser di lor natura imitatrici; ogni suo pregio
avere nella verità e forza della imitazione^ e nel dilettamento che
di questa gradevole illusione gli uomini prendono; al che nulla ri-
levare che gli oggetti imitati siano da se piacevoli o magnifici;
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G MEMORIE
piacer anxi iaiora non poco' la imitazione di tali co$e che altri
non vorrebbe il vero iofferime (1). Per questa guisa V arte che
dal Cristianesimo era stata fatta maestra di civiltà , educatrice
del popolo, parola eloquente di nobili e santi affètti, in questo
secolo tornò nuovamente, per la più parte, ali* ufficio di trastul-
lare gli oziosi, e porger esca alle lascivie dei grandi.
Che se da queste generali considerazioni ne piaccia scendere
ad alcune più parziali e proprie dell'Arte rdigiosa, e meglio dif-
finire i termini che dividono i pittori del secolo XVI da quelli
dei secoli precedenti, diremo in tre capi principalmente sem-
brarci discordare gli uni dagli altri: nella compoazione, nella
proprietà e nella imitazione.
Avevano gli antichi molto avvedutamente partiti i dipinti
ad uso del tempio m due classi disUnte: nella prima erano qudk
tavole o quei freschi a' quali era il tempio stesso o V altare de-
dicato, e che voleansi coloriti per offisrirli al culto e alla reima-
zione dei fedeli. Questi erano concepiti per modo che la figura
del santo, o sola fosse, o prima si offerisse all' occhio del riguar-
dante già coronata dalla gloria de' comprensori, perciocché ad
uomo mortale non saria conceduto omaggio tanto solenne. Se
questi dipinti erano in tavola, aveano forma di Dittici o di Trit-
tici; e le figure non necessarie teneansi o più piccole nella di-
mensione, o disponeansi in guisa che non stomass«x> dalla prima
il culto e r ammirazione. Nella classe seconda erano quei dipinti
che voleansi a solo adornamento del tempio, dei chiostri e dei
capitoli, e diceansi storie; e quivi servato l'ordine e la ragione
dei tempi o della storia, ritraevasi alcun fatto con la stretta imi-
(1) Pietro Gioudaiti, opere, Voi. Il, pag. 12, nell* cditionc del 1S21.
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LIB. lU. GAP. I. 7
(azioae dd yero. U secolo XVI turbò e confuie quest' ordine sa-
Tìamaite troyato dai padri nostri; e nelle tavole degli altari
troppo sovente trovi qaeDa conftisione che appena tollerabile
sembrerebbe in una storia che narrasse navale o terrestre com-^
battimento. Onde fra quella moltitudine di gente, di fanti, di
cavalli, cerchi indamo il santo cui è vduto il cuUo religioso,
poiché il pittore sovente in minori proporzionile fai massa scura,
appena è che lo accenni confbso fra la moltitudine. Arroge, che
la vaghezza del paese, la maestà delle fabbriche, io squisito la-
vorio dei ricami e dei tessuti, e cento altri accessorj per modo
ti furano l' aUentione, che V occhio sedotto e preso al fascino di
tante beOezie non lascia alla mente ed al cuore elevarsi alla
contemplazione delle cose celesti ed immortali.
Ma per troppo lungo intervallo si dipartono dagli antichi i
pittori di questo secolo in ciò che spetta alla proprietà e alla de-
cenza. Perciocché non cosi tosto quella impura setta di artefici,
già spaventata dalle minacele di fra Girolamo Savonarola, si fu
abbeverata nel sangue di lui, e n'ebbe profanate e disperse le ce-
neri, che senza freno o ritegno proruppe a contaminare d' infami
turpitudini, non pure le domestiche mura, ma il tempio stesso
di Dio; e rimossi o atterrati quei puri e casti dipinti, opera e te-
stimonii della fede dei padri nostri, vi ebbero collocate invere-
conde tele e inverecondi marmi, da spegnere ogni avanzo, non
pure di religione ma di onestà. Della quale improntitudine chi
vdesse andare cercando le cagioni le troverebbe facilmente nei
costumi di quella età corrottissima, nell* indebolimento della fede
turbata dalle eresie del settentrione, e nello studio eccessivo
ddla mitologia; onde il pittore e lo scultore che si era lunga-
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8 MEMORIE
mente esercitato a ritrarre le nefandezze dell' Olimpo pagano,
sempre che poi volesse trattare i sablimi argomenti della santis-
sima religione di Cristo» contaminata la sua fantasia^non area
più modo ad elevarsi a puri e celesti pensieri. Troppo feconda e
dolorosa materia di favellare sarebbe discorrere eziandio breve-
mente i mali cagionali al costume pubblico ed alla religione in
Italia dalla sfrenata licenza delle arti; né so se ci verrebbe fatto
temperare siffattamente lo sdegno che non prorompesse a troppo
acerbe parole (1). In quella vece noi ci faremo a lodare e rin-
graziare li odierni artefici» che ci abbiano finalmente liberati da
tanto nauseante spettacolo, rilegando nei postriboli quelle infami
nudità che al presente ogni onesto cittadino» non che nelle chiese,
non patirebbe vedere nelle stesse mura domestiche.
(1) E acerbe furono certamente quello dì un anonimo scrittore del
secolo XVI, riportato dal doltor Gaye. A dì i9 marzo 1549, ti seopri le
lorde et sporche figure di marmo in Santa Maria del Fiore di mano di
Baccio Bandinelli, che furono un Adamo et un* Eva, della guai eota ne
fu da tutta la città biatimato grandemente ^ et con seco il duca che com-
portassi una simil cosa in un Duomo dinanzi alV altare, e dove si posa il
Santissimo Sacramento. — JN^el medesimo mese si scoperse in Santo Spirito
una Pietà, la quale la mandò un fiorentino a detta Chiesa, et si diceva che
r origine veniva dallo inventor delle porcherie, salvandogli V arte ma non
divotione, Michelangiolo Buonarroti. Che lutti i moderni pittori et scul-
tori per imitare simili capricci luterani, altro oggi per le sante cJiiese non
si dipigne o scarpella altro che figure da sotterrar la fede et la devoiione;
ma spero che un giorno Iddio manderà e sua santi a buttar per terra simile
idolatrie come queste. Da un MS. della Blbllot. Maglìabecchi. — V. Car-
teggio Inedito, voi. Il, Append. pag. 500. — Le due statue di Adamo e di Eva
furono tolte di Duomo l'anno 1722, e di presente sono nel Pala&so Vecchio.
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LIB. UL GAP. I. 9
Rimane che fovelliaino della terza ed oltitna differenza che
notammo tra queste due epoche della pittura italiana, vo'dire
della imitazione. L'Arte, per quanto durò il secolo XIV, fu in
gran parte tradizionale. Nel XV , tolse a solo modello il vero,
piacendosi ingentilirlo, e, come dicono alcuni, portarlo all'ideale.
Mdtti pittori d^ secdo XVI tì aggiunsero una superstiziosa imi-
tazione dei marmi greci e romani, nella quale imitazione si
coi»igliaYano rinrenire il più perfètto disegno e le più elette
e squisite forme; quasi che gli scultori greci e i romani per giun-
gere a quella eleganza non avessero dovuto studiare il vero e la
natura. Quindi non si ay^edevano costoro che raramente nel
marmo è l' espressione e la vita. E se allo scultore per la diffi-
coltà della materia che ha tra mano, e per non potersi aiutare
del colore, poco oltre si desidera del disegno e della espressione;
nel pittore al contrario vuoisi tal somiglianza col vero, che meglio
del marmo ci ritragga non pure il corpo, ma l'animo e le passioni.
La quale imitazione degli antichi fu in quel secolo mm di rado por-
tata dtre i termini di ogni ragione;perciocchè stimandosolo perfetto
un dipmto quando ritraesse più fedelmente le greche forme, ven-
nero da ultimo a trasportare nei dipinti intieramente le statue,
onde non è difficile il caso che tu veda dagli artefici di questo tempo
il Giove Olimpico traihutato nell' Etemo Padre, la Venere Medi-
cea tener luogo della Maddalena, Adone o Paride acconciarsi
all' ufficio e al saio dell' Evangelista Gioranni, e l' Ercole Farnese
addivenire tal fiata un Apostolo, tal altra un Martire. Alla vista
dei quali, non saprei ben dire se dipinti o statue, invano tu chiedi
agli occhi una lagrima, ed al cuore un palpito di affetto religioso.
Queste, se mal non mi appongo, sono le precipue differenze
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10 MEMORIE
fra r una e V altra scuola; e noi le abbiamo tdate additare ai
nostri leggitori y perciocché appartenendo fra Bartolomiiieo^ del
quale impreodiamo a scrivere la vita, al XV e al XYI secolo, e
quasi formando egli un addentellato fra queste due epoche» voka
ragione che sì mandassero innanzi tutte qudle considerazioni che
meglio poteano far conoscere i concetti e le massime con le quali
in quel tempo si reggevano gli artefici italiani.E come il Paria ha
strette attinenze con la scuola romana , con la veneta e con la
lombarda, noi ci siamo studiati con ogni diligenza chiarire la
ragione dei tempi e ddle opere che sentirono la influaiza di
LionardOy di Raffaello, di Tiziano e di Michelangiolo, dividendo
la sua vita e i suoi dipinti in quattro periodi di tempo nei quali
a grado a grado fra Bartolommeo dipartendosi dalli antichi venne
da ultimo a collocarsi fra i moderni dipintori. Il quale passag-
gio non ancora avvertito da alcuno, fu a noi cagione di lun-
ghe e pazienti indagini, che stimiamo non affatto inutfli alla
storia delle arti nostre. Avvertiamo da ultimo che scrivendo la
presente vita con documenti inediti e originali da noi rinvenuli
nell'archivio privato del convento di san Marco di Firenze, non
seguiteremo il Vasari e il Baldinucci nell' ordine cronologico che
ambedue stranamente turbarono (1).
(1) Noi intendiamo favellare della sola cronologia, perciocché nella
veracità dei fatti trovammo esattissimo il Vasari. E per certo egli poteva
sapere tutte le particolarità della Vita di fra Bartolommeo da quel fra Eu-
stachio miniatore dello stesso convento di San Marco, stato contemporaneo
del Porta e del VasaVi, come si disse. Vedi Voi. I, lih. I, cap. XIII, delle
presenti Memorie.
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li
CAPITOLO 11.
Origine^ patria e studi di Frate Bartolommeo della Porta. — *
Vicende dellasuagiovinezza. — Dipinti di questa prima epoca.
Jui SarigiiaiiOy o oome altri scrive Savigliano , assai piccolo
rillaggio sei miglia da Prato e dieci da Firenie(i),fyiiuicotal
Paolo detto del Fattorino^ perciocchò Giacomo sao padre dalla
prontezza in adoperarsi, come io stimo, ne^serrigi altrui, aveane
riportato il sopramiome di Fattorino, che poi rodarono tutti i
suoi discendenti (S). Or Paolo seguitando probabilmente le arti
(1) Savìgnano nel 1551 noverava soltanto 84 abitatori, e nel 1840, 115.
V. RBprrri, Dizionario Stor. fisico. Geografico della Toscana f \o\, W .
Fra Bartolommeo non pertanto si sottoscrìve sempre Pictor florenlìnus, e
fiorenuno è detto exiandio negli Annali del conv. dì San Marco , fol. 231 ;
forse per avere trascorsa la più parte del viver suo in Firenze.
(2) Di questo soprannome di fra Bartolommeo e de'suoi congimiti,
ignorato da tatti gli storici, è memoria in nn contratto originale che sari dato
fn i docomenti (V. N^ i^). U cognome si ignora. Il eh. sìg. Cesare Gua-
sti, autore di ma* opera importante snlla Bibliografia Pratese (Prato 1844, an
voi. in-8.} , per somma gentilesaa si degnava comunicarmi un ramo dell* al-
bero genealogico del nostro dipintore, tratto da una buona miscellanea di me-
morie pratesi.
Jacopo
Paolo Giosto Bartolomeo Jacopo
Fn Bartolommeo— Ser Piero* Vito— -Bartolommeo Antooio e fratelli Caterina — Margherita
Paolo e fratelli
* Il tìtolo di Sere dato al solo Piero del Fatturino ne dice che nella condiùone ci-
tile si clevene sopra a lotti della sua famiglia.
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12 MEMORIE
e il mestiere del genitore, per essere industrioso, massaio e di
provati costami, di tanto avvantaggiò che potè col tempo cavarsi
di quella miseria, e comperati alcuni campitelìi in Val d*Elsa
e in San Donato in Poggio, non che una casa in Firenze, comin-
ciò a vivere manco strettamente che non avea fatto Giacomo suo
padre. Ma non volle , a quanto sembra , abbandonare quel villaggio
onde avea tratti i natali, ed ove riposavano le ossa del geniUnre,
se non forse negli ultimi anni del viver sua Quivi tolta domia
di sua condizione, n'ebbe due figli maschi: il maggiore Tanno 1469,
e gli impose il nome di Bartolommeo, o come dicesi per corru-
zione dai volgo, in Toscana, Baccio; il secondo non pochi anni
dopo, e chiamollo Pietro. Sì per gli esempj del padre che per i
costumi semplici e frugali della vita campestre, crebbe il piccolo
Baccio savio e costumato, in quelT aurea mediocrità di fortuna
cosi lontana dal bisogno come dalla opulenza. Trascorsa la pue-
rizia, e veduto questo suo figliuoletto d'ingegno pronto e sve-
gliato, andava Paolo ripensando a qual professione dovesse indi-
rizzarlo; e perchè è facile a credere desse già non dubbi segni
di quell' amore e di quella attitudine alle arti belle, nelle quali
poi venne a tanta eccellenza, si risolvette condurlo ad appren-
dere la pittura in Firenze, coUocandolo presso alcuni suoi pa-
renti, i quali abitavano la casa da lui comperata presso la porta
di San Pier Gattolini. Il perchè col tempo in luogo di Baccio del
Fattorino cominciò da tutti a chiamarsi Baccio della Porta. Quivi
Paolo, fatta l'indole e V ingegno del fanciullo assaggiare al rino-
mato scultore e architettore fiorentino Benedetto da Maiano, per
i consigli di lui pose il figlio nello studio di Cosimo Rosselli (1}.
(i) Vasari, F'iln di fra Bartolomeo di San Marco^ nella seconda tàn.
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LIBRO m. CAP. II. 13
Io Don so se Benedelto da Maìano operasse da buono e leale amico
quando confortava Paolo a scegliere fra i 'pittori fiorentini quel
desso che a mio arrìso era a molti inferiore cosi nell' arte come
Dell' ingegno; e che ad un giovinetto promettito)re di belle spe-
ranze additaya a maestro un debole disegnatore (1). Certo, che
ove in luogo di Cosimo RosseUi» Baccio avesse avuto a maestro
Domoiico del Ghirlandaio, oltre che avrebbe trovato un artefice
di gran lunga superiore a Cosimo nel disegno, nel colore e nella
composizione, sanagli inoltre toccato in sorte avere a condisce-
polo quel Michelangiolo Buonarroti, che dovea levare si -alto il
grido di sua virtù nelle tre arti sorelle.
Allora quando il Paria cominciò a studiare la pittura sotto
Cosimo Rosselli, questi reduce da Roma, e già innoltrato negli
anni, a^eva seco il discepolo Piero di Cosimo, che lo aiutava
ne' suoi dipinti, e il giovine Mariotto AJbertinelli. Or pensi il let-
tore qual fosse la condizione del povero Baccio. Il vecchio mae-
stro, dopo alcun breve lavoro, lasciati i pennelli e la tavolozza,
si affaticava intorno al fornello con alquanti ciurmadori onde
fare uno sperimento di alchimia. Piero di Cosimo, insofferente
di tutto, a sé e altrui molesto, nei concetti strano e nella vita
bestiale, non era atto a porgere indirizzamento e consigli al gio-
vine Savignanese; né più di Piero era atto a questo uflBcio
Mariotto Albertinelli , giovine quadrilustre , volubile , irre-
quieto, e ne' ragionari e nei costumi oltremodo lascivo. Per
siffatta guisa il Porta , dotato di un' indole semplice ed in-
genua, educato alla pietas cresciuto fra gli esempj delle do-
mestiche virtù, trovavasi abbandonato a sé stesso in tempi
(1) Vasari, yUa di Cosimo Rosselli,
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li Af E M O R I E
ed in luoghi corrottissimi , senza potersi eiertre a grandi spe-
ranze neli* arte per conto del maestro, né rallegrare i suoi gio-
vani anni colle dolcezze di una bella e generosa amicizia che a
lai fosse stimolo e guida alla virtù. Non pertanto, come in qndla
età sentiamo fortissimo il bisogno di amare e di essere riamati,
Baccio non potendo stringersi a Cosimo e a Piero, trqppo di età
e di indole dalla sna diversi, si rivolse all'Albertinelli, gareggiando
seco lai nello stadio dell' arte. Finito il dipingere, Mariotto osava
alle osterie, Baccio alle chiese, Piero discorrea per i burrooi in
cerca di piante e di animali selvatici, e Cosimo tornava al LapU
Philosophoruml Cosi il Porta negli anni delle iUasioni, dd senti-
m^to, dell' entasiasmo, serbò immacolato il costomo, V animo
intero, il caore incorrotto. Piuttosto che ridocersi fra giovani
oziosi o perduti, dava il tempo agli stadj, alfe lezioni, al ritiro»
e alla preghiera. Alle fatiche cercava ristoro nel consorzio di qodli
che più avevano voce di sapienti. U perchè soo diletto era Ter-
sarsi nei chiostri e nelle chiese, e assai volentieri odiva svolgere
dai più facondi oratori i grandi argomenti della religione. In brave,
in altri tempi e con altri maestri, Baccio avrebbe rinnorellati ^
esempj del beato Giovanni Angelico cosi nella virtù come nell'arte.
Frattanto ogni giorno egli vieppiù si chtarìya, che seguitando
i precetti e gli esempi di Cosimo, poco avria proceduto nell' arte
della pittura; perciocché, tolto eziandio che il disegno di costai
era alquanto debole, come si disse, crudo il colorire, e misat> 0
comporre, era inoltre nelle soe figure ignobile siffattamente che,
se ne eccettui Andrea del Castagno, non so qual altro meno di
lui gustasse il bello della natura (1). Baccio e Mariotto pertanto
(1) Una sol volta mi sembra che Cosimo Rosselli si elevasse sopra la
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LIBRO ni. GAP. II. 15
di unanfine consenso fermarono di abbandonare la scuola del
RoBielli, ricovrarsi a studio nella casa del primo presso la porta
dì San Pier Gattolini, e togliere in quella yece a modelli e a
maestri gli anticbi, e segnatamente Masaccio (1). E perchè al
Porta assai dilettava l' ombrare e il colorire di iLionardo da Vinci,
cominciò allora a studiamo con grande amore le opere; facendo
in brere tempo cosi fatto progresso, che nel dintomare, nel lu-
meggiare, nel colorire s' acquistò riputazione e credito d' uno
de' migliori gioTani che allora coltivassero le arti. Era la pittura
di qudi tempo in Firenze tenuta sotto la tutela della scultura e
ddla orificeria, cosi che pochi pittori fiorentini sì trovano in
questo periodo di tempo, che non abbiano appresi i rudimenti
dell' arte da orefici o da scultori. Tanto era avvenuto a Lionardo
da Vinci, a Sandro Botticelli, a Lorenzo di Credi, ad Andrea del
Sarto, ec. ec; alcnni dei quali si addestravano eziandio nel tempo
stesso a scolpire, ad architettare, a gettare di bronzo, a niel-
lare, a dipingere: argomento d'invidia per l'età nostra, ove un
artefice appena basta ad un' arte*
Avera il magnifico Lorenzo de' Medici con infinito dispendio
fatto tesoro di molti e rarissimi oggetti di belle arti, i quali con
beli' ordine dispose nel suo giardino sulla piazza di S. Marco, in
guisa che di antiche e buone sculture erano ripieni la loggia, i
mediocrità , eà è nel fresco delU chiesa di Sant' Ambrogio dì Firenze, ove
colorì il miracolo del SS. Sacramento ; nel quale h an grappo di femmine^
molto bclk e graftìoae. Al termine del presente Tolnme daremo la illustra-
ùooe di un suo dipinto che si consenra nella l. e R. Gallerìa dell* Accade-
mia del disegno.
(1) Vasari, yUa di Masaccio, in fine.
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16 MEMORIE
viali e tutte le stanze; né yì si desideravano le pittare de' mi-
gliori maestri che mai fossero stati in Italia e foora. Le quali
cose, oltre al nobilissimo adornamento the ne ritraeva qod
luogo, erano come una scucia ed accademia ai giovani pittori,
scultori, ed a tutti coloro che attendevano alle cose del disegno.
Custode degli omamcoiti di quel giardino era Bertoldo, scultore
fiprentino, vepchio e pratico maestro, stato già discepolo di Do-
natello. Egli dava a tutti quei giovani consigli e indirizzamento
alle arti belle (1). Quivi adunque raccolti studiavano con
nobil gara gli arteGci fiorentini. Incitavali il magnifico Lcnienzo
con promesse e con premj ; incitavali V esempio del Buonar-
roti, che giovinetto tuttavia, già tutti vinceva nella correzione
del disegno; incita vaU il canto dei poeti i quali, vedendo che
tutte le arti immaginatiTe, come sorelle fossero da un comune
legame e quasi parentela congiunte, associavano i loro carmi
all'opera degli artefici. E in quella guisa che Pindaro e Tirteo
con le marziali canzoni incoravano i Greci alla pugna, cori i poeti
fiorentini si studiavano accendere in quei gioranili petti- il bel-
lissimo amore della gloria. Certamente meraviglioso spettacofe
(1) Vasari, F'ita del Torrigiano. Fra coloro che studiarono il dise-
gno o la scultura in questo giardino, si distinsero i seguenti, cioè: Miche'
langiolo Buonarroti, Gio. Francesco Rustici, il Torrigiano, Francesco Gra-
nacci, Niccolò Soggi, Lorenzo di Credi, Mariotto Albertinelli , Giuliano
Bugiar^ni, Baccio da Monte Lupo, il Sansovino , ec. ec. NeHa cacciau dei
Medici da Firenze avvenuta Tanno 1494, una gran parte di questi oggetti
di Mie arti andarono perduti, il rimanente può vedersi nella 1. e B. Gal-
lerìa degli l}(lìz). V. BoscoB, F'Ua di Lorenzo de' Medici, Firense t816,
Voi. IV, cap. iX, pag. 31 e seg.
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LIBRO III. CAP. U. 17
era veder ivi raccolto il Gore del senno italiano, e V udire i
carmi del Polizìimo, dd Benivieni e di Lorenzo de'Hedid, non
che le disputazioni filosofiche di Pico della Mirandola e di Mar-
silio-Ficino fìra il tempestar de* mazzuoli e il vario e lieto colo-
rire dei pittori. Cosi qael giardino era ad nn tempo liceo ai filo-
sofi, arcadia ai poeti, accadcfmia agli artefici. Esempio che più
non trovasi rinnovellato se non in parte dai Caracci in Bologna.
Mariotto Albertinelli, conosciutosi debole tuttavia nel dis^
gno, chiese ed ottenne essere ammesso m queUa palestra di va-
lorosi giovani; e sdbbeue il Vasari noi dica, stimo lo stesso av-
venisse dd Porta, perciocché ne'suoi dipinti si scorge di leggieri
lo stadio dd modellare e del disegnare le statue. Né certamente
egli avrebhe dato alle sue flgmre tanto e si perfetto rilievo, né
avuto A corretto il disegno, né finalmente conosciuta si bene la
ragione dei lumi e degli sbattimenti, ove non avesse fatta lunga
prova sul vero e suU' antico (1). Tosto che ambedue si stimarono
pratici a sufficienza ndl' arte, avendo oltre a ciò Mariotto presa
assai bene la maniera di Baccio nel colorire, vdlero comindare
a dipingere, ponendo insieme i lavori e i guadagni; quasi nd
modo stesso che fu fatto in Roma da Polidoro da Caravaggio
e dal ]|faturBQo, pittori che nel vigor delle tinte alquanto ritrag-
gono dal Porta e dall' AlbertineUi.
Per difetto delle opportune notizie non ci è consentito nove-
rare partitamente tutte le opere che ambedue fecero in questo
tempo, accertandoci il Vasari, che condussero molti quadri di
Nostre Donne sparsi per Firenze, a Però, ei soggiunge, toccando
(1) Concorda • qiMsU nostra opinione il Lanzi. Vedi Storia PiUoriea,
Scuola Toscana, epoca seconda.
n. 2
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18 MEMORIE
solo di alcuni falU ecceUentooieiite da Baocioi uno ne è in casa
di Filippo di Averardo Salviate belUasimo e (eBQto motto in pre-
gio e caro da Ini, nd quale è nna Koetra Dònna; w aUro non
è molto fu comperato ( vendendosi fra maaaerizie vecchie ) da
Pier Maria delle Poast, persona molto amica delle cose di pìttora,
che conoscintolal)eileziasiia,nonlolasciòperdenari,nelqaaleè
onaNostra Donna fatta con nna diligenia straordinaria. Aveva Pier
del PQgUese avolo una Nòstra Donna piccola di marmo di bassis-
simo rilievo di mano di Donatelloi cosa rarissima, la quale per
maggiormente onoraria g^ fece fare un tabenacdo di legno per
chioderia con dnoi ^lerteUlni, che datalo a Baccio dsHa Porta,
vi fece drento due storiette, che fn nna la Natività di CristOt Tal-
tra la soa Circoncisione» le quali condusse Baccio di figurine a
guisa di miniatura, che non è possibile a olio poter far me^,
e quando poi si chiude di fuora, in su detti sportelli dipìnse pure
a olio di chiaro e scuro la Nostra Doima annunziata dalT an-
gdo (1). » In questi cari dipinti che rimangono tuttavia, è già
dato vedere i primi passi di quella nohilissinia carriera che in
breve ebbe il Porta percorsa; tanto bene sono disegnate e colo-
rite quelle piccole e bellisshne figurine. 11 eh* pro^ Bosini d ha
data incisa una di queste storiette, ed è la Circoncisione, o me-
glio diresti la Presentazione al tempio; oella quale per il con-
cetto e per il modo di significarlo, molto più mi diletta, che non
(i) Vasari, loc. cH. QoMte Uvolttte poono ▼«d«MÌ ti pr«Mate nclU
Galleria degli U(fisi. Il Bosini considerato il fare gnndioso e U belku*
delle pieghe, dnbitò se veramente si dovessero collocare fra le prime sue
cose. Vedi Storia della Pittura Ital. Voi. IV, epoca seconda, cap. XV.
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LIBRO m. GAP. II. 19
la gran UToia de di qmeslo stesso argomento il Savignanese già
finte, odori pei novidafo ài & Maroo.
n Padre Goi^elMi dcHa Valle» du di copiose anaotamni
airiocU Topera del Vasad» siarite arer fedoto in Castel Franco
a S. Retro al TerreDO, una tarala del Porta conlrassegaata dal-
ramo 1493. Non dice cke rappresentasse^ e solo avferte, die
li fan era UgiktUe firn contorni; e soggionge, ferció 4i ffeie tìm
maggiore i U frufUlo ehe U frate etwù da RafiaeUo, di queUo
traaee quoti da (patto (1). La qnale considerazione pard inop-
poitnoa; oondossiachò in qnd tempo Baccio giovane e tutta? ia al
secolo, ritenera non poco deOa maniera di Cosimo Ross^L Nò
stìamflioragionefole il confronto delle prime cose dd Porta con
altre pia perfette dd Sanzio; ma adendosi institaire un para-
gone deHe loro prime q^re, dorea farsi quando Raffaello nsdra
fi recente dalla scoda di Pietro nnngino, e segnatamente (o-
gHcre a confiranto il Crodflsso colorito dal medesimo pei Do-
menioani'di Città di Castello. Ma di ciò aoeadrà altrove di la-
Tellare. Non collocherò fra le opere ddla sna giovinezza il ritrailo
che vuoisi BPorta facesse a sé stesso» ricordato dal Lami (2); aven-
domi accertalo il eh. prof. Resini essere questo un «ipiivoeo dd ce-
lebre storico ddla nostra pittura. Cxm pia ragione iivdluremo di
una tavola a pochissimi nota, e forse tra le prime che d bcesse.
(i) V. reduìone 4i Mlhno del Classici, 1809, Voi. VIR, Tita dì fra
BartoloiDzneo , pag. 250.
(2) Laitzi, Star, Pittorico, Scuola Fiorem., epoca seconda. Pare anco
di que$tm ttà il ritratto cht in vate teeoUtre fece a se Steno; figura in-
tera € urtifiewsanmnU ripiegata im poc» campo, ^he ^4i a Lucca netta
splendida galleria d^ sigmori Mfonieeaiini,
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20 MEMORIE
È quesia una Vergine Annunziata che vedesi nella sacrìrtia di
S. Marco in Firenze sopra la porta d'nigresso. I più la stimano del
Porta, ahrì però mostrarono dobitame; non pertanto mdti sono
i tratti di somiglianza eoa ì dipinti di questo artefice deDa sua
prima maniera. U tingere e il piegare dei panni non vi dissen-
tono. Certa crudezza nei contorni che in essa appariscono il P^ffta
aveala attinta da Cosimo, e in brere gli ebbe addcddtì. Se le forme
dell'Angelo e della Vergine non hanno lode di molta eleganza, ben
vi si ammira la ingenuità e la semplicità di un dipint<tfe che co-
lorirà sul cadere del secolo XV. Ha ove megUo ravviso il grande
maestro, ò nella mezza figura dell'Eterno Padre, che ritrasse neUa
superior parte del quadro, sporgente dalle nuvde e circondato
da un coro di angidetti molto belli e graziosi. Quivi assai |hù
evidente è la somiglianza con altri dipinti di Baccio, e già
questa parie annunzia un artefice valoroso. Agghmgerò in ul-
timo che neUe vesti dell' Angelo e della Vergine sono alcuni
sottilissimi ricami in oro, che più non si vedono adoperati dal
Porta negli altri suoi quadri d{ un'epoca posteriore.
Nel tempo di questi dipinti giungeva in Firoiize un uomo
meraviglioso, che dovea nell'animo di Baccio della Porta ecci-
tare la più forte impressione , e potentemente influire sopra i
suoi futuri destini. Era questi Fra Girolamo Savonarola. Già
nell'anno 1481, per alcun breve tempo avea salutata Firenze;
e per invito solenne di Lorenzo de' Medici vi facea ritomo
nel 1489. Di questo oratore già altrove abbiamo tenuto discorso,
il perchè solo toccheremo quei fatti che per essere tnqfipo stret-
tamente legati con la vita del nostro pittore non possono essere
da noi taciuti, o troppo leggermente accennati.
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LIBRO in. CAP. II. 21
Frequentando Baccio il giardino de' Medici, avea forse ìtì
primamente inteso favellare del grande oratore, e già vedati
gfi eflbtti della sna parola, la quale in breve si ebbe guada-
gnata la più eletta parte degli artefici, ilei vati e dei filosofi
che in quel gi»dino si raccoglievano; e nel luogo slesso e nel
tempo medesimo si erano dovati stringere i legami che unirono
fra loro fi Pòrta, U Credi, tt Botticelli, il Benivieni, U ìfiran-
ddano, ec. Giudicando quindi molto avvisatamente che dal no •
bile consorzio delle buone arti, della filosofia e delle muse
non si dovesse per modo alcuno partire e rimuovere la popo-
lare eloquenza, troppo con quelle congiunta di natura e di
scopo; dopo tanto nobile esercitazione d' arte e di ingegno nella
amenità di quel vago giardino, tutti traevano alla vicina chiesa
di S. Marco per udirvi la calda pareva del Savonarola. Baccio
ne fu subito preso siffattamente, che gli parea non poter vivere
senza dd frale; e sempre che questi predicasse, egli era il
primo fra i di lui uditori, il ptà devoto fra i di lui seguaci; onde
l'animo suo era divìso fra l'arte e la eloquenza. Allora par-
vegli veramente di aver trovato 1' uomo che fosse degno della
sua amicizia, degno di possedere tutto il suo cuore. L'anima
ardente del dipintore e la sdegnosa anima del frate si erano
fra loro intese con mutuo ed eloquente linguaggio. Per la qual
cosa, quando il Savonarola ebbe volilta dagli artefici fiorentini
una riparazione solenne verso la reb'gione e la pubblica onestà
troppo Indegnamente vilipese dalla licenza degli artisti, Baccio
il primo portò a piedi dell' oratore tutti gli studi del nudo, e
quei dipinti ne' quali era violata la decenza e il pudore (1).
(i) Vasari , V'ita di fra Bartolommeo.
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S2 MEMORIE
Ddk qaale amicizia e fiuBÌ|^rilà dd Porta con fra Gicoiamo
Don è a dire quanta kidigiiaiiooe praodeifle F Albertin^i; per-
ckKxM se Doa mai, o solo rarameote poteva interré il gfcyrìae
Sayignanesea prender parte a sooi fioUazai, ora che ai era tanto
strettamente legato col frale Domenicano, e che solo di caa*
tici spirituali e di deroti ragionamenti prendeva dfletto, noo
^ era più in gmìsa alonna concednto aperarkk D perdio
Uariatto^ ottenuto il patrocinio ed il favore di madonna Al-
fionsina de'Medici, sciolto» daBn socieCà di Baccio, ai diede
a operare da solo (i). Ma per breve tempo ; conciossiaclÉè V an-
no 1494k sendo cacciato in esiglio Piero de* Medici, che con pes-
sime arti avea tolto a reggere la semispenta repobUica, Ma-
riolto perduto il patrocinio di Alfonsina de^ Medici, chiese
nordfaBMttte il consorzio e F amicizia di Baccio; ed eg^ eie
buono era e cortese, il ikevetto; Non pertanto in luogo di coo-
ten^ierarsi alle idee religiose del Porta^ formatesi in Fiieiue
due parti avverse fra loro, quella cioè dei Fiagnmi cui ade-
riva il Porta, e qocBa degli Jrrahbiali o ed' Compmgnaeei ne-
mici al Savonarola, Mariotto non abborri dal seguitare la parte
avversa al suo compagno, e contristarlo in ciò cbe egli a?eT«
di più caro. Di tal iuta era la tanto decantata amiciiia che
FAlbertìneDi dicesi portasse a Baccio ; onde H Vasari seriTeva,
che erano tm'nnma ed un corpo (3). Bene il Savignanese ricam-
biava il compagno di verace amore, ma fi qnal natura fosse
quel di Mariotio già in parte si è veduto e m^lio in breve si
chiarirà.
(1) Vasari, F'Ua di Mariotto MberiineUi.
(2) Ibid.
u
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LIBRO III. GAP. IL 23
In cpnslo periodo di tempo ricorderò due soli dipinti del
nostro artefee» piccolo V ono, grandisslnio r altro. D primo ò
il ritratto di fra OirohM) SaTonarda, bel tributo di aletto e
di anuniratioie che 0 nostro pittore pagava air nomo che tanto
efflcacemcnte area saputo parlare al sno coere. Non ci olire che
la festa dd ferrareae» braTissiniamettteniodellata e oelorita; on«
d* io non dubito asserire non fc/bné vedere un ritratto che me-
f^ di questo renda i varj afttti onde V animo d compreso nello
svolgere un grande conoeUo* Se molta peiiria di mano si o»-
serta neHe due ccnniole dbè possiede toma e Firenze, in quieto
ritratto meno esagerato o sentito nei contomi meglio d è signi*
ficaio il grande oraìore (1). Recato non so quando in Ferrara,
tornò poscia in Firenae, e se Febbe FHipp^ di Alamanno Salr
Tiati. Passò quMi ad adoraam la devota cella di fi. daterinn
de'Ricci ni Prato, la quale avealo in grandiarima vepranoiona.
Soppresso quel monastero nella invasione daUe armi ik'ancesi ,
ne fcee acquisto il sig. Ermolao RuWeri pratese, «be con molto
amM« lo consenra (2).
D secondo dipinto è a grande a fresco rappresentante il
finale giudizio nella «eppella del dmitero ddlo spedale 41 8. ila*
ria Muova, fiaroz2oDini, per la evi opera era stata eretta la ditta
cappella, avm pregata Bnodo delia Aorta a ccdorirvi entro al^
cuna storia ebe me^ stimasse affarsi a quel luogo; e il dipto-
(1) Il pittore vi scrisse dappiedi : HyerimimL Ferrariensis a Deo missi
propheia efjìgìes. Il eh. pittore Antinori ne trasse una assai bella copia che
si consenra in Firenze presso i signori Manelli.
(S) Bibliogrqfia Pratese ^ pag. 9, in nota. Questo rfcratto è ricordato
eiiandio dal Vasari. Vedi loc. cit.
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24 MEMORIE
tore molto giudiziosamente vi ritrasse V imiTersale riscH'gimeBto
degli aomini, qaasi volesse con quel dipinto ricordare ai miseri
ed infelici in quel luogo provati con lunglie e durissime tribola*
zioni, la speranza ed il confcurto di una vita troppo migliore.
aCominciovvi, scrive il Vasari, un giudizio a fresco, quale con-
dusse con tanta diligenza e bella maniera in quella parte che
fini, che acquistandone grandissima fama oltre quella che aveva,
molto fu celebrato per aver egli con bonissima considerazione
espresso la gloria del paradiso e Cristo con i dodici Apostoli giu-
dicare le dodici tribù, le quali con beHissìmi panni sono morbi-
damente colorite, oltra che si vede nel disegno che restò a finirsi,
in queste figure che sono ivi tirate all' infismo, la disperazione ,
il dolore, e la vergogna della morte etema, cosi come si conosce
la contentezza e la letizia che sono in quelle che si salvano, an-
cora che quest' opera rimanesse imperfetta, avendo egli più vo-
glia di attendere alla religione che aUa pittura (!).ȣ altrove:
«Quest' opera^. è tenuta dagli artefici in pregio, porche in quel
genere si può far poco più. o A meglio farlo conctscere coA ndle
sue parti come nel tutto insieme, aggiungeremo alcune parde.
Allorquando Giorgio Vasari scriveva di questo Finale Giudizio,
convien dire gli fallisse la mooioria, come in ragionare de^
altri dipinti gli è sovente avvenuto: perciocché invano al presente
cercheresti quelle dodici Iribà di betliisimi panni e morbidamenU
colorite; se pure non volle con quelle parole alludere aUa innu-
merevole turba de'reprobi e degli eletti, giusta la sentenza evan-
gelica (2).
(1) Loc. cit.
(2) Mattb. cap. XIX.
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LIBRO HI. CAP. II. 25
Sembra che Q pittore nel rìtraire a colori questo tcirribile
avTeirimento si inspirasse ad un consimile dipinto , che la celeste
fioitasia dell' Anglico area colorito negli sportelli dell* armadio
della SS. Annunziata. Siccome in questo, eivi fece Cristo giudice
seduto sulle nuvole, e nel modo stesso atteggiato e vestito; e la
Vergine cbe siedegU allato, comecché remota troppo dal tipo ideale
dì fraGiovanni AngeUco, pare! eziandio replica di qudla che^li ivi
avea ritratta. Gli Apostoti che fanno corona al Supremo Giudice
debbono senza meno annoverarsi Ara le pia belle e le più per-
fette figure che Baccio mai facesse nella sua giovinezza, sia che
tu condderi il disegno, o il colore, o la espressione. Opinarono
alcuni che RafiTaello si giovasse di questa superior parte del Giu-
dizio del Porta alloraquando nelle loggie Vaticane colori quel mi-
racelo dell'arte, voglio dire la Disputa del SS. Sacramento. La qual
cosa che vera sia non oserei asseverare. Ne piace in quella vece
avvertire, come in uno Apostolo il pittore ritraesse le sembianze
di fk'a Giovanni Angelico; ed è quel vecchio calvo veduto più che
di terza, il quale guarda al basso. Altri in quella vece credettero
ravvisario nella figura di un religioso Domenicano veduto di
profilo, che è nel novero deg^i eletti; tratti in questa opinione
dal Vasari, il quale, non ricordando bene il luogo, errò scrivendo
essere nella inferior parte del dipinto, quando veramente è nella
superiore. E per certo il ritratto di fra Giovanni Angelico che
lo stesso Vasari ci ha dato nella seconda edizione delle sue Vite
dei Pittori, risponde perfettamente a quello deU'Apostolo che ho
rio(»-dato. Abbenebè Baccio della Porta disegnasse tutta questa
storia del Giudizio, non ne colori che solo la parte superiore, sendo
stato il rimanente condotto a termine da Mariotto AlbertineÙi,
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26 MEMORIE
il quale ritrusseri Ginliano Bagiardini, stato alcun tempo suo
discepolo, sé stesaOy lo speddingo, akuni frati Talenti in cbirar-
già, e nei lati , Qerozzo e la moglie che quel Giadiiio aveano
fatto pittarare.Pocoal inresenteèpiùconcedato vedere di questa '
inTerior parte del dipinto; perciooGhé distrutta la cappella del
cimitero, segato il OHiro ondo trasportarlo nd eortOe presso Io
spedale, pati gravissimi danni, e vedrà forse in breve la sua com-
piuta rovina, per essere in luogo umidissimo e cfaiaio ad ogni
benefico raggio di sde. Per ultimo agginngevemo, che il luogo
stesso assai basso ed angusto, e le figure grandette anziché no,
e quasi due terzi dd vero, tolgono all'occhio ogni Illusione; lad-
dove se fosse a miglior luce e in maggiore altezza collocato, trion-
ferebbe assai meglio il concetto e l' esecuzione dd Porta e dd-
rAlbertindU(l).
Frattanto gli estremi fati dd Savonarda si avvicinavano.
Minacciose foci e pm minacciosi fatti davan presagio di quella
tremenda rovina che a lui soprastava. Gli oppositori che fino a
qud tempo aveano serbato oerto ritegno, ora f^nmi di compìers
le loro venddte, prorompevano alli aperti danni. Veduta quella
tremenda congiurazione , Baccio dismise il dipingere e lasciò
imperfetto il finale Ghidizia
Correva il giorno 8 di aprile dell'anno 1498, qaando il
popolo fi<»entino, dal partito dcgìiArrabbiaii eccitato e sommosso,
correa difilato al convento di 8. Marco a fare vendetta contro dei
Savonarda e de*sooi della rHorma per loro tentata. Allora meglio
che cinquecento dttadini capitanati da Francesco yalori,spontanei
(1) Nella ^alkrì» degli Uffizj sono alcmii disegni of4fiiiali a penna
di fra Bartotoniiiieo di <|ueato finale Giudiftio.
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LIBRO iiL CAP. II. ar
si chiudeTaiio in qudle mura per difeBéere la tìU del Sayoaarola,
eoonle armi propidsare le cSkse. Uniti ai duecento Arati che ivi
stanziavano» fatta con gran «dlecilndiiie proYTisione di anni» si
accinsero ad ona disperi^ difesa. Bacciodella Porta, dw pari al
▼alore nel dipingere non area qnelio del combattere, volendo
non pertanto liire atto di verace amico, non senza grandissima
trepidazione si cfaiadeva neDe assediate mora. Qoindi trovava il
miniatore fra Benedetto^ che di lui più animoso, gii aveva indos-
sate le armi. Vedale chiose e sbarrate le porte, i difensori alle
vedette e pronti a dimenare le mani, gU ArrMiati poneano il
fnoco a tutte le porte cosi della chiesa come del convento. Allora
i Piagnoni mostrarono che erano cosi buoni a <fir paternostri
come a trattare il facile e la balestra, e dal tetto, dal campanile
e dalle finestre cominciarono a saettare ed imberciare tremen*
damentp I frati, non che prender parte alla lotta, e bene a molti
ne pizzicavano ie mam*, raccolti dal Savonarola nel coro, prò*
strati nauti il Santissimo Sacramento, con pietose e lamentevoli
voci dhiedevanlo di soccorso. Frattanto il nomerò dei difensori,
parte perle ocdsioni, parte per la ftaiga diradava ognor più. Uno
di essi, il Valori, forse disperando ddla vittoria, partitosi dal con*
vento veniva tradito a furia di popolo, e con essola moglie ed
un piccolo figliaoletto. Gli assalitori penetrati nella chiesa, coota-
minavanla di sangue e di stragi; e venuti da vicmo alle prese
con fi awersaij, oominciossi una flerissima zuffa, la quale, Ara
il baglior delle fiamme, il fumo densissimo, e le grida e le be-
stemmie dei feriti e dei morenti, era cosa spaventosa a udire e
a vedere. Un Alemanno, bravissimo bersagliere, salito sul pulpito
con un suo schioppetto traeva su gli Arrabbiati senza misericor-
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28 MEMORIE
dia. Acquistando ria via terreno gli aTYersaij, la mìschia si ri-
dusse nel coroy e in quella ristrettezza di luogo, tanta ta la resi-
stenza, che né per uccisioni né per ferite poteano aprirsi un
varco per quella via. Da ultimo scalati i muri del giardino, cin-
sero i Piagnoni di fronte e alle spaUe (1). Allora il povero Baccio,
che in sulle prime a vea fatta alcuna prova di valore, venutoci meno
il coraggio, deposte le ncm usate armi, si diede ferventissimamente
a supplicare il Signore, che volesse camparlo da tanto grave pe-
ricolo, promettendo e giurando, che grato del benefizio, avrebbe
sé stesso consacrato al suo santo servizio sotto le divise dome-
nicane (2). U Savonarola per cessare la strage offertosi sponta-
neo nelle mani de'suoi avversar), Baccio potè vedca^ con gli occhi
proprj le onte, gli strazj e la spietata morte dell' illustre ed in-
felice amico. Ferito nel più profondo dell' animo, sgomento di
quella tragedia, di consiglio e di conforto incapace, abbandonò
il dipingere, spenta col Savonarola la fianuna che poliva ali-
mento al fervido immaginare. Lo scultore Baccio da Monte Lupo,
fuggendo lo sdegno degli avversar], abbandonata la famiglia e la
patria, andò funga pezza peregrinando per l' Italia. Sandro Bot-
tioellì, il Cronaca, Lorenzo di Credi e gli altri fautori e seguaci
del Frate, da profondo dolore compresi, per alcun tempo lascia-
rono le arti dilette (3}.
Ma il Porta andava sempre rivolgendo nell' animo il voto
emesso nel funestissimo giorno, e buono come egli era, pensò
(i) j4nnal. S. Marci pag. 20, a tergo. Borlamaccdi , ^Ua del
P. JP, Gerolamo SayonarolOf pag. 136 e 137.
(2) Vasari, fTto di fra Bartolommeo.
(3) liO ttesso, V. le yile dei vitati artefici.
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LIBRO ni. GAP. II. 29
mantenerlo. Vi ostava non pertanto la carità del fratello: concios-
siacliè mortogli il padre, a lui solo era rimasta la tutela del
piccolo Pietro y e la cara dell'asse paterno. Arato pertanto con-
siglio col celebre religioso Santi Pagnini Domenicano, che allora
dimorava in S. Marco,qaesti gli si profierse pronto a tutelare il mi-
nor fìratello, per tatto quel tempo che a cagione del noviziato egli
avrìa dovuto tenersi lontano da Firenze (1). Per laqual cosa Baccio
fatta rinunzia a Pietro di ogni suo avere e del diritto alla eredità di
Paolo del Fattorino suo padre, pr^ato F Albertinelli a ulti-
mare il finale Giudizio in S. Bfaria Nuova, del quale avea già
ricevuto tutto o gran parte del prezzo , parti alla volta di Pra-
to. Nel giorno 26 luglio dell'anno IKOO compieva la fatta
promessa vestendo le divise di Frate Predicatore nella sua età di
anni 31, ritenuto il nome di Bartolommeo e Tenendo ascritto fra
i religiosi corali. Nel seguente anno suggellerà con voto solenne
la professione, e facea ritomo nel convento di S. Marco in Fi-
renze (2). Assai dispiacque agli amici del Porta questa inopinala
(1) Che p«r ricàn tempo il P. Stotì P«§iiim sia stato tutore di Piero
M Fattorino, si proTa da on documento originale dell* archivio di S. Marco,
che daremo al tarmine del presente volume, nel quale di roano del Pagnini
si leggono queste parole : per certa autorità la quale mi lasciò frate Bar-
tholommeo di Paulo del Fattorino sopra Piero tuo fratello^ quando gli
fece donatione della parte sua. Vedi Documento N*. i.
(2) Vasari, toc. cìt.; e cita le cronache del conv. di San Domenico
I
di Prato. Conferma l'sutorità del Vasari il P. Ser sfino Baszi, Vedi Istoria
degli Uomini Illustri ec. psg. 353 , M Vili. Ma a togliere ogni dubbio
qualunque « perchè il P. della Valle mostrò dubitarne, riporteremo una no>
tixia conservataci nelle più volte citate Miscellanee del Msrtini, e pobbli-
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Gòogle
30 MEMORIE
rìsolozione; e di Mariotto Albertinolli scrive Giorgio Vasari» che
per il compagno p&rdMto era qwui smarrUo e fuor di sé steeeo; e
sì strana gU parve quella novellaj che disperato di cosa alcuna
non si rallegrava^ e se in quella parte Mariotio $um avesse ovulo
a noia il commercio de* fratif de" quaU di continuo diceva male, ed
era della parte che teneva contro la famne di frate Gerolamo dm
Ferrara^ aivrebbe F amor di Baccio operaio talmente che a forxa
nel convento medesisno col suo compagno si sarebbe isicappucciata.
egli ancora (i). Alle quali parole noi non faremo GommenU^ sU-
mando che i fatti narrati e qndli che si narreranno tra breve
ne chiariranno meglio il vero.
rata dal eh. Autore della Bibliografia Pratese (pag. 115). A carte pertanto 36
della suddetta Miscellanea , si legge: Ricordo come hoggi 28 dì sett. IMO;
IO Aleuandro Guardùti, estendo ito in San Marco di Firenze^ convento
de* Frati Predicatori^ a ricercare alcune cose dijra Bartolommeo pittore
di queir Ordine ; il r. fr, Onofrio Datti di Firenze^ presente /ra Niccolò
Pandolfi decloro, e mester Piero Perondini mio compare, disse ^ che si
ricordava che fra Bartolommeo pittore si vetù nel convento di Prato, che
erano corsi molti anni, e fra Onofrio ne ha ora 86; oggi questo di 2S di
settembre iti^* E tornando in Prato, cercando la cronaca del convento
di San Domenico di Prato, fra CheruHno dal Borgo San Loremto quivi
'superiore mi mostrò alcuni /rammenti e petsi deUa detta cronaca, nella
quale si leggeva fra Bartolommeo pittore eccellentissimo, che con haveva
ancor nome al secolo, Ju di Savignano^ villa del contado di Prato, e prese
Vìiahito di quella religione in Prato nel detto convento, del quale era
figliuolo; e fu V anno IttOO a di W di luglio, e V anno seguentejece prO'
fessione, siccome quivi largamente si legge,
(1) Vasari, Fila di MarioUo AlheHinelli.
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LIBRO III. GAP. IL 31
Questo primo periodo della vita del Porta, considerato dal
lato dell'Arte, non è il più fecondo, né il più glorioso. Nei saoi
dipinti si ravvisano tuttavia le massime e gli andari di Cosimo
Rosselli» e segnatamente certa timidezza che in breve ebbe per-
duta, n colorire è già vigoroso, V ombrare ben inteso, e le
pi^he assai belle; non pertanto panni un poco cmdetto nei con-
t<mii e debole nella prospettiva aerea, difetti ddl'età e del pri-
miero insegnamento. Ma il Porta destinato a ravvivare gli ésempj
di fira Giovanni Angelico, quanto i mutati costumi e le nuove
tendenze dell' Arte lo cobsentivano, di tutti quei difetti trionfò
nei diciassette anni che visse nei chiostri Domenicani, ed ivi vera-
mente ha principio la sua gloriosa carriera. «
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32 MEMORIE
CAPITOLO III.
Fra Bartolommea per le preghiere dei religiosi e degli amici ri-
torna alla Pittura. — Instituisce Mariotto Albertinelìi tu-
tore del fratello. — Si dà nuovarMnu allo studio e alla
imitaxione di Lionardo da Vinci. — Stringe amicizia am
Raffaello da Urbino. — Dipinti eseguiti sotto la influenza
di questi due celebri pittori. — Pregi di questo secondo pe-
riodo della carriera artistica di Fra Bartolommeo della
Parta.
J^el silenzio della romita sua cella, fra le austerezze della vita
claustrale, il Porla si era dato in preda a mesti e profondi pensieri.
Avea veduto un popolo compreso di entusiasmo, acclamare apo-
stolo e santo l'amico del suo cuore, e dopo alcun tempo questo po-
polo istesso, atterrato l'idolo che ieri adorava, opprimerlo di onte
e di rovina. Pensava con quanto amore e con quanti stenti il
Savonarola si fosse studiato di mantenere nel popolo fiorentino
l'onestà del costume, e alla sua patria la libertà, e premio di
quell' opera generosa essere stato il patibolo ed il rogo. A che
dunque adoperare l' arte e l'ingegno per far gloriata la patria,
quando uomini scellerati tentavano spegnerla? Con qual mente
aspirare alla lode di valente dipintore, quando solo avean pregio
e favore gli osceni dipinti? Tutta questa tempesta di pensieri e
di affetti avea condotto il povero Baccio a certa cupezza che non
gli consentiva riprendere le arti dilette. Tornato in Firenze ebbe
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LIBRO IH. CAP. m. 33
per alcan tempo stenta nel noviziato di S. Marco; e ne lasciò
ricordo in un suo dipmto colorito per quel noviziato medesimo.
Per queste cagione il P. GagUehno della Valle sospettò che non
già nel oonrento di S. Domenico di Prato, ma bensì in queDo
di S. Marco di Firenze avease indossate le divise dì frate Predi-
catore (i)« Steto ahnm tempo in devote esercitezioni, venne suc-
cessivamente promosso agli Ordini sacri , fino al Diaconato (2).
Ha come quegli che era sfonnto di scienza eodesiastica, non
ascese al sacerdozio.
Era di quel tempo nel convento di S. Marco il celebre orien-
ialiste Santi Pagnini di Lucca, uomo nel quale non sapresti
che più ammirare» se la dottrina, F ingegno o la piete. Edu-
cato alla severa disciplina del Savonarola, il quale aveva dal suo
convento sbioidite la scdastica per sostituirvi lo studio della sa-
cra Scrittura e 4dle lingue orientali, il P. Santi Pagnini si era alle
medesime dedicato con amore e con esito felicissìmaln questo insi-
gne teologo fra Barkdommeo della Porta trovò l'amico» il fratello,
ed il vero conoscitore del suo merito. In breve, ciò che era steto
sant'Antonino a fra Giovanni Angelico, fu. il Pagnini al Porte.
Non quattro soli anni erano decorsi» come scrive il Vasari, dac-
ché, fra Bartolommeo avea abbandonato il dipingere, ma cinque e.
forse più ancora di sei (3). Eletto il P. Santi Pagnini priore del con-
(1) V. le atinotazìonì alla vita di fra Burlolommeo scrìtta* dal Vasari,
nell' edizione dei Glassici di Milano, Voi. VII.
(2) Razzi, Storia degli Uomini Illustri ce, loc. cìt. — Annui. S. Marci
fol. 231. — Si corregge con ciò il P, Barsanlì e gli altri che il dicono con-
verso. P^ita del P. F. Gerolamo Savonarola, pag. 44.
(9) Se fra Bartolomoieo lasciò il dipingere per la morte del Savo-
n. 3
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34 MEMORIE
vento di S. Marco nel gtegno del 1504 (1)» mù iermine del 8«o
reggimento, cioè intorno il 19061» alle reiterale istanze degli amki
del Porta onendo la soa aatorilA, potè vteeere il di Imi oeiioato
riteto» e fare che eì riprendesse la tarolozea e i pemMsHL Ma
inaansi fra Bartolowmeo avea vololo eoUocam fl frateBo in modo
che per le soUecitiuiini di Ini e dell'asse paterno non dovesse
avere impedimeato alo studio delT arte, e ai doreri del chiostro,
de'qoali era gelosissimo osservatore. Come Pietro del Fattorino
dava a conoscere alcuna disposizione allo studio della pittiura , ei
pensò collocarlo ad apprendere qoest' arte omu HariotI» Alk^li-
neHi» instituendolo insiememente maestro, tutore e curatore delle
proprietà del fratello. Strettisi pertanto assieme fra Bartolommeo
di S. Marco, il priore Santi Pagnini, MarioUo AlberthdH, Biagio
padre di Mariotto, e Pietro dei Fattorino, con pubblico {stru-
mento segnato il 1 gennaio delT anno 1805, fermavano le con-
dizioni seguenti :
Affidarsi a Mariotto di Biagio dipintore Ptero di Pagalo M
Fattorino a imparare Forte del dipingere, cioè di metter d*oro
ed altre eoee di maxoneria (2), per il corso di anni sei, a comin-
ciare dal i gennaio 1605, epoca del contratto, e terminare al
narola, e lo riprese nel 1506 , sarebbero non quattro, ma otto anni d* in-
terruzione, percbè il Savonarola fu morto il giorno 23 maggio del 1498.
(1) V. j4nnal. S. Marci fol. 75, a tergo.
(2) Così nell* originale. Il vocabolo Mazonerìa sì legge adoperato al-
cuna volta dal Vasari solo in opere di fabbricazione , come è usato dar Fr^in-
cesi ; ma in lavori di pittura , o d* intaglio • di metter d' oro , no« ne co«
nosco altro esempio.
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LIBRO IH. GAP. ni. 35
1 gennaio 1511, senza prezzo p cosa alcnne per tatto il tempo
suddetto*
Dichiararsi Mariotto paratore» conterratore, alloeatore ed
aflBttatore di tutti i beni che si trorano della eredità di Pag^h
di Ja$apo M Fattorino, e i beni sopraddetti essere i seguenti:
-^ Una casa posta nel popolo di San Pier OattòUni. — Iha yigna
posta in San Donato io Poggio , con altri pesri di tetra laTora-
lira te detto popolo; nna vigna e terre e bosdil posti aUa Gastel-
Ikia in Val di Niof e; ^ cento undici fioHni di sette per cento in
sul monte dd Comune di Firenze.
Obbligarsi llari<)tto Albertindli a tenere in sua casa B detto
Piero, diesarlo, nutririo, testirlo; e chiedetido denaro non essere
tenuto a dargli pi6 (M sette s(M il mese.
Essere tenuto Mariotto Albertine&i a far celebrare nella
cMe«a di San Pier Gattolini un uffizio tanebre per f anima di
Paolo del Fattorino, e determinarsi, come è consueto, Voce due e
due IMire di cera (1).
Dal lato suo Piero dei Fattorino, e per esso fra Bartidommeo
con fecoHà dei superiori, obbligatasi a cedere a Mariotto Alfcer-
tfaidB per tutto il detto tempo T usofrulto di tutti i beni soprad-
detti; e volendo Piero dopo i sei anni affittare la rilla della Ca-
stefflna non poterla affittare ad altri che aUò stesso Mariotto peir
giusto prezzo; té sinorflmente venderla ^ aftri che a Mariotto
pd vabre che saprebbe sfabSlto da quattro nomini del paese.
Aggiungevasi poi, che se a Piero del Fattorino non piacesse
dimorare con Mariotto Albertinelli, o non volesse finire i detti
(i) Forse per questo artìcolo potrebbe congettararó cbe Paolo del Fat-
tonno morisse in Fireme, e fosse sepolto in detta cKicsa.
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36 MEMORIE
sei anni , perchè voksse malignare, o perchè credesse avere impa-
rato presto, affinchè Marìotto non debba giammai pentirsi di
ayergli insegnato, debba rifare Mariotto di tanto quanto parrà
al priore che sarà di quei tempo in San Marco.
In ultimo Piero del Fattorino si obbligava , che noorendo
senza figli legittimi e naturali infra i detti sei anni e dopo ezian-
dioy l'erede della suddetta vigna (della Castellina) sarebbe te-
nuto venderla al detto Mariotto o suoi eredi per giusto prezzo ;
rimanere però nell' arbitrio di Mariotto aderire o no a questa
compera. Finalmente ambedue le parti si obbligavano di stare al
giudizio del priore che sarebbe allora in S.-Marco, se per alcun
avvenimento si dovessero fare nuovi capitoli (1). Seguitano quindi
le sottoscrizioni del notaio Ser Niccolò di Bartdo di Liegi , poscia
quelle del P. Santi Pagnìni, di fra Bartolommeo^ di Piero di Pado
del Fattorino; di Mariotto Albertinelli , e di Biagio padre di
Mariotto (a).
Io non mi farò ad esaminare se giuste e se oneste fossero le
condizioni del presente contratto; solo non loderò che fra Barto-
lommeo e che il P. Santi Pagnini, a' quali doveano essere troppo
noti la vita e i costumi di Mariotto Albertinelli , e quanto fosse
delle proprie sostanze dissipatore,' gli .affidassero la educazione
morale e artistica del giovine Pietro, e la tutela delle di lui pro-
prietà. Forse Biagio Albertinelli, che vediamo ei pure sottoscritto
in questa contrattazione, avrà tolto eg^ stesso a tutelare gli averi
(1) Quest* ultimo artìcolo , a mìo avviso , garantisce alquanto meglio
gli averi del Fattorino.
(a) V. Documento (I.)
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LIBRO ni. GAP. III. 37
del Fattorino. Non pertanto il dirò francamente , non parmi ab-
bastanza guarentita la tutela di questo giovine.
Aggiungerò altre due riflessioni ebe spontanee si offrono
alla mente di chi legge il presente contratto. Primieramente
affidando frate]Bartolommeo il fratdlo al pittore Hariotto Alber-
tinelli onde apparare V arte della pittura, «embra perseverasse
tuttavia nel proposito di non più toccare i pennelli, altrimenti
avrebbe egli stesso tolto ad ammaestrare il fratello, come in
seguito tolse ad ammaestrare altri giovani e rdigiosi e secolari.
La quale dubitazione acqubterebbe tutti i gradi della certezza,
se vero fosse quanto scrive il Vasari , che il primo dipinto del
Porta dopo vestito F abito domenicano sia stato la tavola del
S. Bernardo colorita per la chiesa della Badia fiorentina, concios-
siachè per autentico documento si dimostri quella tavola essere
stata eseguita nel 1506, o nei primi del 1507; e non già nel 1504
0 1505, come lo stesso Vasari ci porterebbe a far credale. In se-
condo luogo, andare errato il Lanzi ove scrive, che Raffaello da
Urbino avesse da fra Bartolunmìeo consigli ed esempj nel colorire
nel tempo della sua prima venuta in Firenze, cioè nel 1504;
quando sembra indubitato che il Porta non^ avesse ancora ripreso
il dipingere. Ma in quella vece col Vasari, col Baldinucci e col
P. Pungileoni, stimeremo doversi affermare che ciò avvenisse nella
seconda venuta del Sanzio in Firenze, cioè nel 1506 (1}.
Collocato il fratdlo comBiariottoAlbertinelli, fra Bartolom-
(1) Lanzi, Storia Piliorica , tc.f Scuola Romana^ epoca seconda. Va-
sai!, yita di Raffaello da Urbino. Baldiitucci , iVo/iziV , ec. Vita di fra
Bartolommeo e di Raffaello. Porgilbov i , Elogio storico di Raffaello Santi,
pag. 72.
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38 MEMORIE
meo tolse nnovameote a dipiagerc. Al sao fiuiigere nel cmYento
di S. Marco, vi avea rìnyenQli tutti quegli arteftcì clie abbiane
ricordati nel primo volume di «pieste Memorie, cioè i tre ì&signi
ramiatorì, dse pittori , ub areiùtelto, e «n nipote di Luca della
Robbia, modellatore in plastica (1). L'eMapio di questi suoi
eoafralfilli dovea bastare a riamicarlo con l' arte da Ini per si
gran tratto di tempo abbandonata. Non potendo additare con e&c-
tezsa akun suodipintoantencn^ alla sopra dtata ti?ola dél&Ber*
nardo, comineeremo da questa. D Vasari ne ragiena nei termini an-
gnenti: a Arefa Bernardo del Bianco AMo tn% neUa Badia di
Firense in queMi una cappella di macigni» intagliata metto ricca
e bdta col disegno di Benedetta da Roveizano, la quafe Ai e4 è
ancora oggi molto stinsala per ma ornata e raria opera, nella
quale Benedetto Buglioni fece di ti»ra cotte inretriata in afcane
nicchie figure ed angeli tutte tonde per finimento , e flctgf (Meni
di cbembini e d'imprese del Bianco, e Aesiilerandn metlrnvi
denlro una tavola che fosse degna di queH'oniaaMnto, mooMisi
in fantasia che Ara Bartolommeo sarebbe i proposto^ e m/f^nò
tutti que' mezzi e amici che potè maggiori per disporioi Sterasi
fra Bartolommeo in convento, non attendendo ad aKro che agli
uffici divini ed alle cose delia regola, ancora cbe pregalo molto
dal priore e dagli amici suoi più cari che e^Ckcesse qnaloh» cosa
di pittura ; ed era già passato il temine di quattro am» cheegfi
non aveva voluto lavorar pia nulla ; ma stMlto in su questa oc-
casione da Bernardo del Bianco, infine cominciò quella tavola di
S. Bernardo che scrive, e nel vedere la nostra Donna portata col
putto in braccio da molti aggeli e putti da lui coloriti palina*»
(t) Voi. I, libr. 11, cap. XV, pag. 438.
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LIBRO III. CAR IH. 39
neole, ala tanto coatempiiÉiTO, die .bene si conosce in lai un
ma so che di celeste, che rispleade in quella opera a chi la con-
sidera aUoHattieBte; dorè melta diligenza edamorpoee insieme
con oso «re» ktToorato a fresco che fi ò so|^ (1). j» Di questa
tavola ci è nestieri discorrere dqnanto yià copiosaai^te.
8i Immagini il tatlore vedore il Porta abitare quella rari»-
stana galleria di a fresclii che H suo confratello Ara Oiofanni
Angeico anea coIotW nel convento di S. Marco nei primi anni del
secolo precedente; pieno la meoie e il petto deBe sublimi teorie
del beUo soprannaturale di fra Gerolamo Savonarola» incaricato
di rendere a odori una creste visione éA santo abate di Ghia-
ravalle. Egli è facile a «radere che postosi Inngamente a meditare
la Incoronaziotie ^Hs Vergine dell' Angelico, e su quelle imma-
gini creato da un santo afietto, rivelate all'artiste in un' estasi di
amore. Ara Bartolommeo togliesse il concetto per il suo quadro
dd S. Bernardo, a ben significare quella apparizione ddla Ter-
gine al più tenero ed affettuoso de'snoi devoti. Bellissima è questa
composizione de! Frate. Sotto un loggiato, da dove si ha accesso
ad una mdto lieta e ridente campagna, la quale con lontana e
bdla prospettiva peruglnesca forma il fondo del quadro, vedesi
prostrato il santo abate di Chiaravalle, colili cV abbelliva di
ilfaria, come del Sol la stella mattutina (2). Sopra un deschetto
e in terra sparti sono i volumi che F affetto caldissimo dettava
al mellifluo; e se fosse alcuno che avesse in dispetto questo nome
di meUifluo^ che il consenso di molti secoli ebbe a lui conce-
(1) L'a frMco «bll'Aroscoio pia non esiste, distrutto nel rioiodemare
U okiesa.
(3) Dartb, Paradiso» Canto XXXII, ver. 106.
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kO MEMORIE
dulo, legga qaeUi aurei volami e sentirà dakensa di paradiso.
Il solilario scriveva appunto le lodi di Maria, quando dall' alto
dd cielo sopra candida nuvoletta, tu la miri lieve lieve scendo^
al suolo col pargoletto Gesù, cùrcoodata da.un coro di Angioli,
beare di sé il santo e innamorato vecchio; e a quella vista egli
per meraviglia sollevate le palme, diffuBo per gli occhi e per le
gene di benigna letizia in atte pio (1), stimi voglia dare co-
minciamento a quella bella e devota canzone , cbe nella bocca
di lui pone FAllighieri nel trentesimo terzo del Paradiso:
Vergine Madre, figlia dei tuo figlio ,
Umile ed alta più che creatura ,
Termine fisso d' Etemo consiglio , ec.
Oh come nel volto e nella persona del santo si legge il caldissimo
affetto, e l'estasi divina! Noi non dubitiamo affermare che sol-
tanto dall'Angelico poteasi ritrarre con egual perfezione (S).
Dietro al santo abate locò il patriarca san Benedetto e l'Evan-
gelista Giovanni, che grandemente ^i compiacciono di quel fa-
vore dalla Vergine compartito al più grande eroe de'bassi tempi.
Tutte queste figure sono ben disegnate e colorite, e di un fare
largo e grandioso; e parci vero l'atto dello scendere e dell' ap-
presentarsi della Vergine, senza indizio alcuno di sforzo e con
(1) Dante, Canto XXXI, ver. 62.
(2) Neil* a fresco delU Incoronaxiono della B. V. di fra Gio^anm An-
gelico in S. Marco è, come si diMe^ ima corona di Santi in estasi,! quali
ncU* aria delle teste e ncll' atteggiamento molto somigliano al S. Bernardo
del PorU.
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Lìtm m. GAP. ni. «i
grandimma maestà (1). Non dirò deganti le fimne ddla Madre
e del FigUoy che troppo meglio §^ vennero fatte in altri simili
dipinti; ma gli Angioli che loro fanno corona, feoihnente si sti*
Olerebbero da altra e assai inférior mano dintoraali e odoriti.
Podii sono i quadri di fra Bartolommeo della Porta ne'qnali non
siano vaghi angidetti, ove intenti a suonare il finto, ove a reg-
gere i panni del trono di Maria, e quando a far corona all'Eterno,
e tutti per correzione di disegno, freschezza di colore, e avve-
nenza di forme maravi^osì; ma in questi della tavola ora de-
scritta non havvi a mio avriso alcudo di questi pregi. Se non
che troppo manifesti sono i barbari ritocchi di un imperito, che
non dubitò contaminare e manomettere questo dipinto, che è una
pMà il vederlo. La sola figura dd san Bernardo, come che la
più intatta e mq;lio conservata, mantiene al Porta la lode di
valente dipintore. Nò taceremo per ultimo, che dopo il corso di
sd o più amn daciM area intralasdata ogni esa*citazione det-
r arte , non è a meravigliare se la mano non fosse in tutto ubbi-
diente al concetto (2).
Questo dipinto pbrse motivo ad una lunga e molesta qui»
(f) Nella galleria dell* Accademia Fiorentina è una tavola di ignoto
contrassegnata dal N° Vili, attribuita per alcun tempo a Giottino. Nel mezzo
TI e ritratto lo stesso argomento. Ma la Vergine cbe apparisce al Santo di
mezzo a due Àngioli è dì una meravigliosa bellezza. Così non mi appaga
la fi};ura del S. Bernardo non punto commosso a quella vista.
(2) Quesla tavola di fra Bartolommeo dalla chiesa di Badia passò nei
primi anni del presente secolo nell' Accademia Fiorentina. Nella chiesa di
Badia al presente se ne vede un' altra bellissima rappresentante il fatto me-
desimo creduta di fra Filippo Lippi.
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=.,. ^
42 MEMORIE
flUone. Bernardo del Bianco nel ooMmetteme a fra Bartolom*
meo la eseciuìone non areva pattnito del prazio, ma solo ool
pittore convenuto, che nascendo akuna disparità sol Takm del
quadro» si chiamassero dae comnm amici, a gindixio dei qoaK
ne fosse statuito il prezzo. Compiuto 9 diptaito» fra Bartoiommeo
chiese 300 ducali» de' quali già per conto delle qpese ne avea
riceyuti 40. Questa dimanda parte eccessiva a Bernardo dsl
Bianco» il quale non voleva oltrepassare li 80. U pittore discese
ai 160» mt parve tuttavia grave al committante. A conciliare
questa disparità si interposero l' abate di Badia » Lorenao di
Credi» Mariotto Albertindli» ed altri amici daffuno e ddTaltro»
ma invano» che fra Bartoiommeo e Bernardo del Biasco erano
fermi nel proposito lora Veduto non poter conciliare le parti»
fu mestici portare la quistione ali' arie degli Speziali» ai quali
in quel tempo ,8i apparteneva cosiflEitia giudicatura (1). Pur non-
dimanco assai dolendo ai religiosi piatire nantt giudici secolari »
di buon grado accolsero la offerta di Franoeaoo Magalotti » co*
guato di Bernardo del Bianco» ed amico nel tempo stesso del
Padri di San Marco» di comporre amichevolmente la quistione;
ed ambedue le parti promisero stare al di lui giudizio. Allora fl
Blagalotli avendo statuito il prezzo del dipinto 100 ducati» d>be
(1) In Fìrense, come in molte altre città, le Arti erano unite in
Gorporaaìoni, ed erano tette le Maggiori, e quattordici le Minori, Ave^a
ciascuna il soo comole ed il suo gonfaloniere. Gli Spettali , i M e&i e i Pit-
tori facevano una sola consorteria, che era fra le arti maggiori. Solo nel-
I* anno 1571 > nel giorno 19 dicembre, i pittori ottennero dal Grao D«oa
Cosimo I di separarsi dagli Speaiali. Vodì L* Ostenniiare Fiortniimo,
Voi VI, pag. 9i. escg. — Gate, Carteggio IneéiÌo,t^. Voi. % pag. 39
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LIBRO IH. GAP. III. kS
di oomuM ooHteDlatiìeiilo posto fine a qad lango e nuriesto liti-
gio nel giorao 17 loglio 1507 (a).
Dd momaito in cai Baccio della Porta si era emancipato
da Cosimo Rosselli, il modello che egli avea tolto a seguitare
era slato Leonardo da Vinci, il chejpnò farci ragione dd tatto
sqoMto di questo artefice. Volendo dì presente ritemprare io
stile e la maniera, si diede con nooYO e più intenso studio ^lla
imMaaioDe di qud grande esemplare.
L^età ebe mW arte tradiiionale dei giotteschi atea sostituita
la semplice e pura imitazione del retro, atea veduto eziandio
troppo sovente alla evidenaa ed aBa natura sacrificata la gra-
zia e il decoro. Conciossiachè non bene erasi ay^ertito, come
la natura salga per modi srariatisrimi al concetto del bello,
e che non tutti gli accolga arbitrariamente in un solo^ ma sa-
viamente li oomparta e li divida fra molti; onde egli è oMStieri
di scegliere e avvicinare qifólli che meglio si affanno e armoiriz-
zane insieme. Il cultore adunque delie arti che dicono bdk per
eeoeSenza, debb'èssere quasi ape industriosa, ohe dai più svariati
e olezzanti fiori M prato tragge una eletta sostanza che poi
converte nel mele. Io non negherò che neHa più parte dei pit-
tori deHa scuola fiorentina nel secolo XV non si ammiri ve-
ramente il cuHp prestalo alla natura; ma ove tu ne tdga alcuni
pochi, pami che i più solo di rado raggiungano fl beDo ed il
grazioso (1). Ciò proveniva in gran parte, secondo che io stimo,
(1) Pongo m questo novero Andrea del Castagno, Cosimo Rosselli,
Andrea del Vcrroccbìo, il Poliamolo Quanto di costoro più gentili non
erano i( fVancia, Il P^erugtno , il Pintnricchio !
(<f)^V. l>ocumeniù (II.)
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44 MEMORIE
da questo, che costoro toglievano i moddli dei quali loro£aoeva
mestieri, non dalla classe dei gentili e dei nobili cittadini, ma
sovente dai trebbi e dal mercato. Lionardo da Vinci fa il primo
che, dotato di un senso squisito del bello, andasse sfiorando,
per cosi dire, le più elette grazie della natura, onde col mezzo
di queUe salire al bello ideale. E se ad alcuno mal suonasse
questo vocabolo di bello ideale^ noi allora vi sostituiremo quello
di vero scelto^ che stimiamo quasi sinonimo del primo. iÀUa ele-
ganza ed all' armonia delle forme, Lionardo marito V armonia
del colore e la scienza del chiaroscuro, nella quale egli era so-
vrano maestro, come quegli che molto addentro sentiva nelle
scienze fisiche e naturali.
AUora quando fra Bartolommeo di San Marco avea tolto
nuQvamento a dipingere, il Vinci lasciato Milano, che le armi
di Luigi XII aveano tolta alla tirannide di Lodovico Sforza, si
era già da dcun tempo ricoverato in Firenze; e. quivi, quasi in
palestra di prodi, il gonfaloniere Pier Soderini, invitato Miche-
langiok) Buonarroti, poneva a cimento i due più grandi artefici
di quella età e di molte altre. Da questa venuta del Vinci avea
tolte occasione fìra Bartolommeo per meglio addestrarsi in quel-
r ardua carriera; ond* è a credere che stringesse amicizia col
pittore del Cenacolo, e da lui avesse consigli e indirizzamaito
nelle teorie del chiaroscuro e del cotore. A dare un cotale sag-
gio di stile leonardesco, ne fece sperimentp in un a fresco del
suo convento di San Marco. Entro un arcuccio sopra la porte
del piccolo refettorio, colorì in mezze figure di naturale gran-
dezza. Gesù Cristo risorto, il quale nel castello di Emaus è da
due discepoli invitato ad ospizio. Quivi è tento evidente la ma-
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LIBRO III. CAP. III. 45
niera del Vinci, e tanto felice la imitazione di quel sovrano
maestro, cbe si stimerdbt>e la mano stessa di Lionardo .avere '
dintomate e colorite queste tre belle figure. E vaglia il vero,
neDa testa di G. C, cbe il Frate ritrasse di profilo, è tanta no-
biltà e tanta squisitezza di forme, e nelle altre due tanto evi-
dente imitazione del vero , che non so qoal altro tra i fiorentini
pittori di quella età avria potuto andare si dappresso a Lionar-
do. Duolmi cbe quest'opera del Porta sia dalla più parte cosi
degli scrittori come degli artefici ignorata, tuttoebè in luogo
assai palese, cbè eertamente in vece di scrivere o studiare altri
dipinti del Porta a questo di lunga mano inferiori , avrian dò-
vuto c(»cedergli luogo principalissimo. Se ne eccettui il Vasari
cbe appena il ricorda ponendolo fra le ultime cose Ad Frate,
il Lanzi, il Rosini, Rio, ec. non ne fecero parola. Cbe poi debba
collocarsi fra le opere eseguile in questo tempo, e quando Lio-
nardo era in Firenze, si deduce fàcilmente da questo, cbe ivi è
ritratto, il P. Niccolò Scomberg, se Vasari narra il vero, ed
ò quella prima figura a destra veduta di profilo, di pel rosso ,
piena e rubiconda. Questo giovine alemanno era succeduto al
P. Santi Pagnini nel priorato di San Marco, appunto nel giu-
gno deU' anno 1506 ; e nel seguente, eletto Procurator generale
delF Ordine, partiva alla volta di Roma, ove in seguito per le
sue virtù fu consecrato arcivescovo di Capua e poi decorato
della sacra porpora (1). Stimo che V altro discepolo ritratto in
(i) Annoi, S. Marci fol. 76. F'aiarifWìM dì fra Baitolominco : Simile
mente lavorò in Jreico un arco sopra la foretteria (coti era anttcamente)
di San Marco, ed in questo dipinse^ Cristo con Cleqfas e Luca^ dove
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46 MEMORIE
quell' a fresco, alquanto più mataro di età, sia la vera efigie
del Pigolai. Avendo alcune fiate interrogato me stesso qoal di-
pinto di fra Bartolonuneo potesse inyaghìre sifihttamente Rafiaello
per togliere il Porta a modello nella sna seconda maniera, non bo
sapato rinvenirne alcuno più di questo degno di cotanto wt&n.
Frattanto Tarte con la quale Pier Soderini avea posti al
paragone della propria virtù Micbelangiolo Buonarroti e Lio-
nardo^da Vinci, dovea fruttare alla patria e ai due artefici beili»-
sima gloria; e teneva V animo di tutti gli amatori e onltori delle
arti belle in grandissima espettazione, di quanto la virtù e F in-
gegno di que' due sommi avriano saputo partorire. Doveano en-
trambi dipingere una gran tavola da collocarsi nella aala del
Consiglia Lionardo tolse ad argomento la battaglia data presso
Anghiari l' amo lUO, nella quale i Fiorentini sconfissero l'eser-
cito di Nicccdò Piccinino, inviato in Toscana dal duca Filippo
Maria Visconti. Micbelangiolo ritrasse un episodio della guerra
di Pisa. Scoperti finalmente i cartoni tosi dd Vfaici corno del
Buonarroti, non è a dire «pianta meraviglia^ diletto e pkoso
fosse in tutti in vedere opere tanto stupende; già sorgomeotando
dalla «MTavigUosa beUeua di quei disegni , quale sarebbe stata
la lor perfesiouQ tosto che la magia del oolore avesse resala fin-
aione più simile al vero (1). n perchè tutti i più principaH arle-
ritraste fra Niccolò delta Mttgna quando era giovane , il quale poi arcive-
scovo di Capua f ed ultimamente fu cardinale.
(i) Oltre gli storici italiani che scrissero di Lic.iirdo, può legger» con
pmere eùeadtio l* oipcrttta delsig. £. Deucurb, Saggio UUofm» Lionardo
da F'inei, ToUafta in ttsdiaao e arricebtta Xt note dai diiarns. Stfg. Pini e
Milaneja. Siena iSi44, un voi. ìd-8.
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LIBRO III. GAP. HI. 47
§ci 6orQiitiDi nm dnbitaroiio forsi discepoli dì cpie' due grandi
maestri; o ai posero a sUidiare e a diaeg»are quei cariool ,
ArisColile da San Gallo, Ridolfo del GUrlandaiOt Franoesoo Ora*
Dacci, Baccio Bandinelli, Alonso Berugueita spagnnolo; seguitò
qnindi Andrea dd Sarto, il Francia Bigio, Jacopo Saasof ino, il
Roseo, Uatorino, Lovwaetto, il Tribolo allora fancanHo, Jacopo
da PcBtonno e Perin M Vaga (1). Fra i quali, abbeachò a Va-
sari noi dica, non daJ^ito ponto doversi annoverve ancora fra
Bartolonuneo, oosoe quegli ohe grandissimo amore portare alle
cose del Vinci. In queelo mentre RaflheUo da Urbino, cbe invi-
tato dal Pinturicohio coloriva, a quanto si dice, una storia di
Pio UI nel duomo di Siena, e roroifa i disegni al compagno per
qudle di Pio II nella Ubr^a del duomo medesimo; udito quel
tanto acclamare Top^ra dei due fiorentini artefici, lasciato il
dipingere, recayasi ei pure a Firenze onde ammirare quanto
avea siqmto produrre l'arte di Uonardo e di Micbelangiolo. Noi
persuasi delle ragioni del eh. P. Luigi Pungileoni, coHoclnamo
questa venuta di Raffadb, in Firenae, cbe stimiamo la seoonda,
neU'anno 1506 (3).
(i) Vasari , f^ita di Lionardo da Vinci.
(2) Troppo lungo sarebbe il portare tutte le discrepaose degli storici
intoriio questa venuta di Raffaello in Firenxe. Col P. Pungileoni che la
stabilisce nel 1506 consente anche il eh. Prof. Rossini (Vedi Elogio di
Baffaello pag. k^,^ Stona Mia Pittura hai. Voi. 4. Kpoca % Cstp. XV,
ptg. S3 ). Che poi fo«e U prima o U toooad», si dìsputa fra molti. Alcuni
ne pongono un» tersa (Vedi Gio. Masselli , nota 17 alla vita di Raffiiella
del Vasari); né vi dissente il P. PuDgilconì, vedi loc. cit pag. 75. —
Altrove dissi eh» il Vasari consentiva nella opinione che Raffaello stringesse
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48 MEMORIE
Correva il mese di ottobre quando il Sanzio gìongeva in
Firenze ammiratore del Vinci e del Buonarroti. Vide allora e
gustò i cartoni e gli stadj di qae'dne celebratissimi ingegni; né
mai sazio di apprendere, strinse amicizia con Ridolfo del Ghir-
landaio, con Aristotile di S. GraDo, ed una molto intima unione
con fra Bartolommeo di S. Marco (1). « Entrava fra Bartolom-
meo nell* anno 88 dell'età sua, nd ventesimoquarto fl glorine
Urbinate. Figurandosi i primi colloqui di quelle due anime can*
dide, destinate a dare al mondo l' esempio di tanta gloria, e alla
posterità l'esempio di tante virtù, si ha di che inorgoglirsi dd-
r umana natura. E possono a lor senno tanti begli ingegni de-
pravati andare a spiare nei più intimi nascondigli del cuore
umano gli arcani, e chiamare in lor soccorso gli eftetti deDe
più vili passioni, per degradare la nostra anima. Finché la sto-
ria ci conserverà i nomi di Socrate, dì Cicerone, di Trajano,
di Raffaello e di Washington, sorgerà una voce dalla nostra co-
scienza, che griderà loro: MmtUe (2). bNoì stimiamo questo episo-
dio tanto glorioso per il pittore di San Marco, si importante per
la storia dell' arte, che vi spenderemo alquante parole.
Quando Raffiaello giungeva sulle ridenti sponde dell' Arno,
n'erano forse di già partiti Lionardo e Michelangiolo, e nella
loro assenza fra Bartolommeo era la stella delta scuola fioren-
:imìcìna col PorU nella sua seconda venata; solo avvertirò di presente,
che nella vita di Raffaello sembra contraddirsi con ciò che scrive in quella
di fira Bartolommeo.
(1) PuifGiLCOHi) loc. cit. pag. 71 e 72. Vasari, lue. cit.
(2) Rosivi, Storia della Pitt. loc. cit pag. 48 e seg.
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LIBRO ni. GAP. III. 49
iim (1). HarioUo Àlbertkidli e Ridolfo del Ghiriandaio, che soli
nel colore si fanno tal fiata si dappresso al Frate da indarre in
errore rocchio anche il più edacato nell'arte, avevano ambedue
da lai attinto questo elemento principalissimo deBa pittura; e di
ciò abbiamo testimonio il VasurL Ma al colore fra Bartolommeo
avea saputo accoppiare uno stile largo e grandioso, ed uno stu-
dio del chiaroscuro, nel quale ninno tra i fiorentini, se ne togli
Lionardo, l'ebbe a suoi di superato. Per la qual cosa il
eh* prof. Rosini non dubitò asserire, che se il Frate di San Marco
non giunse veramente a superare il Vinci e il Buonarroti,
andò l<Ht> molto dappresso (2). Al che forse aggiungerei, che
nel o^re non teme il paragone di entrambe Che ciò fosse vero
mostrò crederlo il Sanzio, gradice troppo sicuro. Quindi fra tutti
gli artefici fiorentini, egli tolse a modello il sdo Porta, lui richiese
di consiglio e di guida; e perchè il Frate non era meno modesto
dell'Urbinate, richieselo viceversa che a lui volesse far meglio
note le teorie della prospettiva, facendosi cosi l'uno all' altro
maestro e discqK>lo nel tempo medesimo (3).
(1) RoKim, Storia della Pittura ìtal.f toc. cìt pag. 48 e feg.
(2) Lo stesso, ìbid.
(3) Questo fatto narrato dal Vasari venne ricevuto da tutti gli sto-
rici delie Arti; né lo tacque il P. PungUeoni. Solo awertirò, rhe egli si
contradice con quanto avea scritto a pag. 71 e 72, e ciò che soggiunge a
pag. 183. Perciocché, se prima avea detto che nella seconda venuu in Fi-
rense (ltf06) Raffaello insegnò a fra Bartolommeo della Porta la prospet-
tiva, ed apprese da lui il colore, a pag. 183 scrìve: RaJJaello ebbe campo
' di migliorare (la prospettiva) mercè V amicizia contratta non prima del
150S con Frate Bartolommeo di San Marco, Del resto, anche il Signor
II. 4
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50 MEMORIE
Sovenle aggimdomi mù solilarj chiostri di «paeilo coaveiito
di San Maroo, mi torna al pcmiero, e quasi panni vedere il
grffi Raffiaelk) estatico coatemplare i celesti dipinti dell'Ange-
lico, essergli allato Ira BÉurtolommeo dalla Porta, fra Paolino di
Pistoia, fra Eustachio, fra Benedetto miniatorì, né mancarvi
fra Ambrogio della Robbia, e quasi panni udire i colloqui di
que'dM sooimi; e Raffaello che rivoMo al Porta gli dica: stimi
tu che a noi fia dato giamoMi raggiangore ncH'estaai divina
q»8lo veramente Angelico dipintore? Il Porta restarsi mutolo e
quasi disperato dell'esito; ma il Saazb stavilanle nd volto di
generosa emulaiione, non rifiutare la prova. Questo pensiero
eccita sempre in me una dolcissima commozione.
La dimora di Raffaello in Firenze, che forse si oentinnò dagH
ultimi dd 1S06 al 1508, per eie che sUbm il P. Pnngiteoni, non
eschide una breve corsa da lui fetta fai Urbino néHk primaT^ra
o nell'estate del 1807(1). Reduce di bel nuovo in Ffreme, riab-
Quairèmère de Quincy non dmbha «tterìre cht a frjk Sutoloomito di Sm
Marco dovette Raffaello il cangiamento che soprattutto pel colore e pel ma.
neggio del pennello distingue U sua seconda maniera. Vedi Storia della
Vita e delle Opere di Raffaello Sanzio ^ \foltata in italiano da France*
SCO Longhena. Milano 1829, nn grosso toI. in<8 pag. 47.
(1) PoMOiLBoai, loc. cit. pag. 73. — Questa amicisia di Raffaello con
fra Bartolommeo forni argomento ad un quadro del valentissimo pittore
Viocenso Chialli di Cittik di Castello, posseduto al presente dal car. 1^-
cerno StrroolU. Noi lo descriveremo con le parole del Dragomanni. « Im-
maginò questi due personaggi sotto una remota loggi» a pian ttfreno dei
convento, di ordine dorico, svelto e grandioso, del carattere del daqoe»
cento ; da una porta che è in fondo , si vede lo stadio pittorico di fira Bsr-
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LIBRO lìf. GAP. III. U
braeciato il Frate di San Marco, sembra che faisiene (ogUeasero
a colorire alcuna cosa; facendo prora il Porta di accostarsi alla
gentilezza di RalSàellOy e questi di tingere alla maniera del Frate.
Noi non apriamo qnesto nostro pensiero che assai timidamente;
né Togliamo che ecceda i termini di una semplice coogUetturay
lasciando al giudizio dei Tersati neli' arte dichiarare se si ao*
costi alla Terità. E Taglia il Toro, Tedremo tra breTe Raffaello ,
già nel merìggio della sua gloria, non isdegnare di porre il sno
classico pennello sopra mi dipinto lascialo itiiporftitto in^oma
dal Porta; e permettere che Ridolfo del (%trlandaio in Fireaaze
tìngesse il panno della sua Vergine del BMacohmo: non ò
dunque iuTerosimile che ciò pure aTrenisse nel tempo che il Pòrta
e Raffaello si ammaestrarano scambieTohnente. Nella descrizione
dei quadri componenti la gallerìa del rig. D'Abid» mioislro
toèoannco» e ivi presso «opra vao «oocolo ti aeor^ qoeU* figura di kfnoy
cIm ì pittori «4lop«niDo per accomodare le pieghe del paoneggianenti, e
cbt perciò al chiama il tieni pieghe, colla quaU il Chialli YoiXt far co-
noscere che al Della Porta si deve rìnvensìone di tal macchina. Barto-
lommeo con atto pieno di affettuosa e reverente amicizia ha preso per
mano 1* Urbinate, e pare che voglia condurlo nel proprio studio, ed esso
sembra che gentilmente corrisponda al grazioso invito. Nella stessa linea a
destra si vede Paolo Pistoiese (è il frate di questo nome) , valente pittore,
discepolo di fra Bartolommeo, che ha sospeso di patire un porfido da ma-
cinare le tinte , e che con aria tindda e rispettosa sta col berretto in mano
guardando quel Raffaello che i pittori tutti salatsrraBo come principe. » Vedi
DftAGOM AHHi , Della Vita e delle Opere del Pittore Vincenzo Chialli di
Città di CaitellOf Commentario Istorico. Firenze '1841^ un voi. in-8,
pag. 136 e scg.
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52 MEMORIE
delle Città Anseatiche, stampata a Parigi da Firmin DidoI nel
1824, è ricordata una tavoU rotonda di quattro piedi di dia-
metro con figure tre qnarti di naturale, rappresoitante san
Francesco tm due Angioli, inginocchiato innanzi la Vergine,
la quale tiene il Bambino sulle ginocchia; e un terzo Angelo
inginocchiato col piccolo San Giovanni, il quale ofire alcune
frutta al Bambino. Quivi affermasi provenire questa taTòla
dalla coUezicme del cardinale Bonzi, che la portò in Francia
nel 1671; e dicesi essere stata cominciata da Fra Bartolom-
meo, e terminata da Raifaello dopo la morte di lui (1). Or come
dopo la morte del Porta Raffaello non renne in Firenze, e
quando il Porta fu in Roma dimorovvi brevissimo tempo, perciò
panni più ragionevole il credere, che se da ambedue fu quella
tavola colorita, lo fosse in Firenze nella seconda o nella terza
venuta del Sanzio.
n chiarissimo pittore conte Carlo deUa Porta accertavami
eziandio aver veduto in Milano, presso i signori Fumagalli, un
piccolo Trittico giudicato dipinto metà da fra Bartolommeo e
metà da Raffaello. Nel mezzo è la B. V. col figlio in braccio; dai
lati degli sportellini due santi, e al di fuora Santa Caterina e
Santa Barbera. Nella Vergine dicevami vedersi manifestamente
la mano di fra Bartolommeo, e nelle altre quattro figurine quella
del Sanzio. Nel tempo di questa amicizia di Raffaello con fra Bar-
tolommeo, scrive il Vasari che questi facesse una tavola con
infinità di figure in San Marco di Fiorenza ; oggi è appresso U re
(1) QoATRBMÉRE DE QoiKCT, loc. cìt p«g. 740. Qutsto qusdro è co-
nosciuto sotto il titolo di Madonna del Cappuccino.
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LIBRO III. CAP. IH. 53
di Francia (!]. A qaesto dipinto potrebbonsi aggiungere eziandio
qoegli altri de* quali ragiona lo storico stesso, ccdle seguenti
parole: fece ancora alcuni quadri per Giovanni cardinale de* Me-
dici (poi Leone X) , e dipinte per Agnolo Doni un quadro di una
notira Donna, che serve per altare d^una cappella in casa suaf
di straordinaria bellezxa (2). Ci fa noto Monsignor Bottari, cbe
quest'ultimo quadro passò nella galleria del card. Corsini; e il
Lanzi nella Storia Pittorica scrive, che appunto nella galleria
(1) Seme n chìarìss. Slg. Gio. Masselli, che la tavola sopra citata si
coBsem nel fL Museo dì Parigi unitamente ad un* altra dello stesso pit-
tore, ove è la Vergine in trono in mex«o a varj santi, come la precedente;
ma la prima ha inoltre S. Caterina che riceve 1' anello da Gesù Bambino;
e la seconda 1' Arcangelo Gabriele in ana, in atto di scendere ad annun-
tiare Maria. Quest'ultima tavola ha la data del 1515. Vedi Nota 14 alla vita
di fra Bartolommeo. Della prima di queste due tavole trovasi un* importante
memoria nell' archivio di San Marco di Firense, dalla quale si rileva, che
detta tavola venne comperata dalla Repubblica Fiorentina per fame dono
ali* ambasciatore del re di Francia nell* ai^rile del 1512; e che fu pagata
al frate dipintore ducati 200. Questa noUsia è tratta dal catalogo originale
d^ dipinti del Porta, che di mano del Sindaco del convento conservasi
nell* archivio di San Marco. Noi lo daremo per intero al termine della vita
^ questo pittore.
(2) Ugualmente il quadro per il card. Giovanni de* Medici si trova
ricordato nel detto Catalogo nei termini segueotì :* Item un quadro circa
(2* un braccio nel quale era una natività et angioli et paese di pretto di
due. cinquanta donato al cardinale dei Medici hora papa , i7 quale gli
donorono el padre priore et padri. Tutto che si cavi fuora in margine
la somma di scudi 50, è non peruntg posto nel catalogo di quelli dati in
dono. Vedi Ricordavzi B. u^ voi. in-fol. MS. fol. 128.
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54 MEMORIE
Corsini in Roma è una Sacra Fami^ia di fra BarUdommeo, la
qaalé ò forse la più bella b la più graziosa che mai facesse (1).
In qnesto dipinto sembrò a moki vedere alcuno dei vezzi e deUe
grazie di Raffaello. Una ugnale somiglianza di stile fra questi
due dipintori parve ravvisare al cav. Rio in quella Sacra Fami-
glia che già possedeva in Roma il card. Fesch (2); ma noi per
non averla da più anni veduta non osiamo isseriria
Che se il Frate di San Marco stndiavasi far tesoro dei più
vaghi e olezzanti fiori del Sanzio, questi fiacca prova di spogliarsi
di alcuni avanzi di crudezza proprj della sua prima maniera, p^
imprendere sull'esempio del Porta uno stile assai più largo e
grandioso» e un colorire più vigoroso e sfumato. Un dipinto di
Raffaello nel quale sempre mi parve vedere la imitazione del
Frate, è quella gran tavola che adoma TI. e R. Galleria de'Pitti,
detta volgarmente la Vergine del Baldacchmo. I tratti della so-
miglianza sono, non pure nella composizione tutta su lo stile
di fra Bartolommeo, ma eziandio nel tingere e nd piegare dei
panni; senza che la figura del san Pietro e quella di Gesù
Bambino sembrano da lui disegnate. Ciò parve vero anche al
cav. Rio, come a non pochi valenti artifici fiorentini (3).
(i) Storia Pittorica. Scuola Fiorentina. Epoca 2.
(2) Poéaie Chrétienne , ehup. IX, pag. 375.
(3) Rio, toc. cit. pag. 377. In questo stesao luogo scrìve M. Rio, cbe
verosìtnìlineiite nel tempo dì questa anione di fra Bartolorameo con Raf-
faello fu colorito dal primo in Siena il grande a fresco del Crocifisso
con i quattro Santi, che egli per errore dice essere in SanCAgostinOj ma
cbe è nd chiostro del convento di Santo Spirito. 11 Vasari non lo ricorda.
In Siena fu sempre e da tatti creduta opera debolissima del Porta. Di presente
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LIB. ni. GAP. lU. 55
Qui porremo un termine a questo secondo periodo della car-
riera del Porta. Abbraccia .egli due soli anni; né noTera un
troppo maggior numero di dipinti, ma in esso furono posti gli
eletti semi, che nel terzo periodo doreano germinare; e pro-
durre i più perfetti dipinti che mai uscissero dal suo pen-
nello. Maritando le grazie di Raffaello alla se?era nobiltà di
Leonardo; associando all'armonia del colore la forza del chia-
roscuro e le nobili teorie della prospettiva , fra Bartolommeo
accoglieva iu uno gli sparsi elementi della pittura, e raggiun-
geva con essi quella perfezione che a pochi soltanto è conceduto
in quest'arte di eonsegoire.
è stato Tutvanito dal ckstrin. signor Gaetano Milanesi non essere quello un
datato ài fra Bartolommeo , ipa bensì dì due suoi discepoli , de* quali al-
trove si scrìverà.
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56 MEMORIE
CAPITOLO IV.
Viaggio di fra Bartolommeo in Venezia. — Dipinto che vi toglie
ad eseguire. — Suo ritorno in Firenze. — Nuova società con
Mariotto Albertinelli. — Discioglimento di detta società.
I^oloro che scri?oiio della orìgine e delle vicende delle arti
italiche sogliono con molte pande magnificare il concetto di Lo-
dovico Caracci, il quale, a far puntello alla minosa scucda dei bo-
l<^esiy anzi a rìporla in fiore, e a sdlevarla a insp^ata gran-
dezza, associatisi i cugini Annibale ed Agostino, stimò ninna via
essere più atta per giungere a si gloriosa meta, che andare de-
libando le più squisite bellezze dì Raffaello, del Correggio, del
Tiziano, di Andrea Del Sarto ec; argomentandosi per questa via
di accogliere e adunare e quasi fondere in una sola quanto era
sparso nelle più elette scuole d'Italia. In breve, quel cdebre
triumvirato volle rìnnovellare nell' Arte le dottrine eli esempj dei
filosofi Alessandrini, e trovare una pittura Ecdotica, come era
stata una filosofia di questo nome. Con qual fortuna il facessero,
tutti sei sanno. Questo solo non loderò, che Annibale Caracci, a
far pompa d'arte e d' ingegno, tal fiata volesse nelle varie figure
di un solo dipinto ritrarre e imitare le diverse scuole d' Italia;
siccome fece nella celebro tavola di S. Giorgio, ove tu vedi una
figura colorita al modo di Paolo Veronese, un'altra sullo stile
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LIBRO m. GAP. IV. 57
éA Correggio, una terza nella maniera delTiziano, e raUima in
quella del Parmigianino (1). La qoal cosa stimiamo simile a
qndla di chi Tolesse in ano scritto tenere lo stUe di Dante, poi
seguitare per alcnn tratto con quello del Guicciardini , inestarv^
quindi uno squarcio delDavanzati, e chiudere con una sonnifera
prosa di monsignor Della Casa. Nel qual metodo ben potrassi
ammirare Farte di questi che non male si appellerebbero intar-
siaiarif ma fisrmamente crediamo mancare agli uni e agli altri
qneDa impronta di originalità che parte l'umile gr^;ge degli imi-
tatori dalla nobile schiera dei genj.
Innanzi che i Caracci imprendessero quella via, ella era
stata già un secolo innanzi peroHrsa gloriosamente da fra Bar-
tolommeo della Porta; il quale» per quello che io stimo, fu il
primo a concepire e inandare ad effetto Tecdetismo pittorico con
esito troppo maggiore. Perciocché se egli giunse a disegnare e a
colorire in guisa che alcuni suoi dipinti furono giudicati op^a di
Raffaello, e altri non indegni della mano di Giorgione; è d'uopo
confessare altresì, che fuse siffattamente lo stile di quei sommi
maestri e lo contemperò in guisa, che in tutte le sue opere rav-
visi una maniera che è tutta sua e non può dirsi d'alcuno.
Qualunque della scuola fiorentina avesse potuto farsi tanto
dappresso a Lionardo e a Raffaello quapto fl*a Bartolommeo di
S. Marco, non avrebbe stimato essere cosi remoto dalla perfe-
zione, che gli facesse mestieri andare in cerca di nuovi pregi e
di nuove bellezze. Non cosi giudicò il Porta , il quale udito come
allora i veneti nel vigoroso impasto e nell'armonia del colore
tutti vincessero i pittori di quella età, pensò che, se al chiaro-
(1) LauzI) Storia Pittorica ^ Scuola Bolognsse, Epoca 3.
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58 MEMORIE
scaro del Vmci e alle soavi ed eleganti forme deir Urbinate «resse
potato accq[)piare un tocco di penndk) più caldo ancora del sno»
arria aggiunta alla scacda fiorentina qnella sola dote deUa quale
si oonflBssaya manchevole. Risolvette pertanto recarsi in Venezia,
e tolto a compagno il sindaco del conv. di S. Marco, nen'aprUe
delTanno 1508 giungeva a qaella città regina deB* Adria. Quivi
gB occorse di rivedere un antico e provato amico suo concitta-
dino, il celebre scultore Baccio da Monte Lupo, il quale, fig-
gendo le vendette degli Arrabbiati, si era ricoverato su queBa
terra ospitale. Quanto lieti ed aCFettuosi non saranno stati gli
abbracciamenti di questi due insigni artefici fiorentini! Baccio
da Monte Lupo rivedeva quel Porta, che forse seco lui avea com-
battuto nelle assediate mura di S. Marco, ora rivestito delle
umili divise monastiche, cercare nel silenzio del chiostro conforto
al profondo dolore: e il Porta si strìngeva al seno in terra stra-
niera l'amico che avea seco lui diviso gli alBétti e le vicende di
quelli anni funesti, e che degno di sorte migliore, andava esule
e ramingo in cerca di pace e di libertà (1). Questo fatto taciuto
(1) BoBLAMAOcm, F'Ua di fra GiroUmo Sm>9narola, pag. 166. Mfem'
tre ard€tw la fiamma della peneauione contro il P. Girolamo , molli dei
aeguaci tuoi /mr eosireiti lasciar Firente^ et mutar paese , tra quali fu
uno Scultore molto eccellente domandato Bartolo da Monte Lupo^ il quale
volendo andarsene a Venezia, quando fu a Bologna^ un canonico del Duomo
di quella città lo ritenne in casa sua, et gli fece fare li dodici Apo-
stoli di rilievo tanto mirabili , che tutta la città corse a vederli , ec.
Questo Bartolo ancor vive et egli stesso mi ha con la sua bocca narrato
tutto questo ec. Da ciò veniamo a conoscere un Importante lavoro ài
questo celebre scultore, taciuto dal Vasari.
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LIB. UI. CAP. IV. 59
dal Vasari sparge a mio avviso non poca kce sotta vila di en-
trambi. Qaaudo frate Bartoiommao ginngeva in Venezia, Gior-
gione da Castel Franco educava atta pittura Tiziano e Sirtiastiano
Ladani, detto poscia del Piombò, i due più grandi coloritori di
quella scuola; ed é focile a credere che dalla considerazione di
quei dipinti, e dalla viva voce di Giorgione, il Porta prendesse
mdtrizzamento nelle nuove teorie ddl'Arle. Cosi quel fra Barto-
lommeo della Porta che in Firenze ora salutato primo nel colorire,
e che ne era stato maestro a Raffaello e a Ridolfo del Ghirlan-
daio, m età più matura non sdegnava Carsi discepolo di Giorgione.
Esempio heflissinio, né punto dissimile da queDo che ne avea
porto l'Angelico, quando già innoltrato negli anni facea lunga
prova sufle opere del giovine Masaccio.
Giunto avviso ai Domenicani del convento dì S. Pietro Har^
tire di Murano quanto valente artefice dd loro istituto fosse
giunto in Venezia, pò* mezzo dd P. Bartolommeo Balzano vica-
rio del convento fecero pregare il Porta che volesse lasciar loro
alcun saggio del suo valore nell'Arte. Qfiertosi fra Bartolommeo
cortese all' invito, gli dtedero il carico di colorire una tavola m
ptmno (1), il cui valore fosse tra i 70 e i 100 ducati. Per primo
gli diedero tre ducati onde comperare i colori; ed un'arra di 25
altri ducati sul valore del quadro da stabilirsi al suo termine
dfaCro la stima di alcuni amici; nel modo stesso che avea folto
(1) Cosi leggesi nelle memorie ongìnaB. Anclie n Vnaii scriTe ildlo
stesso <fipnito «lei Frite^/eee una tavola in tela; Moamando ooaft ali* uso
4i fra BartoUmuneo éi soprapporrt alla tavola die dovta colonre tina tala^
affiDchè «e il Wgno facesse aperture o iatarlaese meglio si salvasse il dipinto.
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60 MEMORIE
in Firenze Bernardo del Bianco. QoesU yentoCto dneati dofeano
essere sborsati a fra Bartolommeo, parte daDo scultore Baccio da
Monte Lapo (ignorasi qoali interessi passassero fra loro), e parte
doveano cavarsi daUa vendita di on libro di lettere di S. Caterina
da Siena, di proprietà del sopraccitato P. Bartolommeo Dalzano.
Le memorie non ci dicono se al Porta fosse determinato Targo-
mento del quadro. Non potendo il pittore ùae più lunga dimora
in Venezia, si restituì a Firenze, quando ftose vi era tuttavia^
RaCFaeUo; e tosto si accinse a colorire quella meravigliosa tavola
di S. Caterina e di S. Maria Maddalena, cbe al presente si vede
in S. Romano di Lucca, e che io stimo il capo lavoro di qptsto
celebre dipintore.
Disegnò pertanto e colori nella parte superiore del quadro
r Etemo Padre seduto sopra le nubi con grandissima maestà,
facendo segno con la destra mano di benedire le due sottoposte
sante, e con la sinistra tenendo aperto un libro ove è scrìtto:
Ego 8um Alpha et Omega^ come a significare esser egli il prin-
cipio e il termine di tutte quante le cose. Tanta è la divinità di
questa figura, cbe in vederla l'animo è compreso da subita e
grandissima riverenza; cosi che meglio non poteasi rendere im-
magine del Vecchio degU anni etemi descrittoci dall' Evangelista
Giovanni. Circonda il trono una schiera di Angioli, due dei quali
spargono sulle sante e innamorate donne una pioggia di fiorì. Oh
i cari Angioletti che sono queUi ! Quanto veri, quanto bravamente
coloriti! Ninno sperì vederne i più belli. Assai mi dilette uno, che
fatto del capo sgabello ai piedi dell'Eterno, sorregge con ambe-
due le manine una benda nella quale si leggono queste parole
che il pittore tolse da un' opera attribuita a S. Dionigi Arec^Ni-
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LIBRO IH. GAP. IV. 61
gita: Divinus amor extasòn facit (1); manteDendo per siflaUa
guisa le tradizioni e le massime dell'arte cristiana, clie mirabil-
mente si giovava dei concetti della Scrittora e dei Padri a meglio
sollevare la mente del popolo alla meditazione delle cose etema-
li. Nella parie inferiore del quadro il pittore ritrasse alla destra
S. Maria Maddalena, e S. Caterina alla manca; ambedue rapite
in estasi sono levate da terra da uno stuolo di cherubini aerei ,
che veduti da lungi hanno forma e sembianza di candida nuvo-
letta: modo cosi proprio del Pùrta, che non trovo adoperato da
altri. La Serafina da Siena, come vergine purissima, affissa
l'avido sguardo nell' Etemo Padre, e tutta si bea in quella gloria
che gli aperti cieli le parano innanri. Il movimento delle braccia,
dd volto e di tutta la persona esprime a meraviglia l'estasi di
quelf anima innamorata. Al contrario la penitente di Maddalo ha
nella sinistra il consueto orcinoletto, e tiene gli occhi rivolti al
suolo, o perchè umilissima si stimi indegna di affissarli in quella
gloria; o meglio ancora, quasi per la vista delle cose sensibili
voglia sollevarsi alla contemidarione delle celesti ed immortali.
E veramente ti si addimostra tutta assorta in un profondo pen-
siero. Io oserei dire, che l' Angelico stesso non avrebbe potuto
meglio significare a colori quell'estasi divina e questo devoto
raccoglimento. Mirabile è altresì 1^ vista di un vago paese bassa-
nesco, che foripa il fondo del quadro, tanto maestrevolmente
toccato, che non teme il paragone con i migliori dei veneziani
maestri; onde appar manifesto quanto studio avesse egli posto
nella imitazione di quella Scuola, che nel tingere il paese tiene
(1) De DMnii Nominib, »ib. IV.
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62 MEMORIE
il tanto in luiba. In questo dipioto fra Bartolommeo mostrò pos-
sedere un caldo sentire, una soavità di pennello, una bellezza di
tipi, die invano si cercano in altri suoi dipinti. Qui? i tutto è per-
fetto, il disegno sobrio e corretto, il colore annoiiioao, i contorni
sAimati, il piegar dei panni sonpUce e naturale; e Bella grazia e
nella gentilezza deBe figure nastra tale e tanta sonulgliMza con
lo stile di Rafi^iello, che alctmi giudicarono questo quadro dise-
gnato dal Sanzio e colorito (tal Frate (1). Quando gli altri tutti
andassero smarriti i Spinti del Porta, questo solo basterebbe a ed-
locario tra i primi pittori d' Italia; oadKio non dubito appellarioil
suo capo kroro. Che poi in esso si trotino in perfetto modo rac-
colti e fusi, per cosi esprimermi» i pregi e le bdkzze ddla tenda
veneta, romana e lombarda, non mi stimo da tanto por giudi-
carne. Aggiungerò da ultimo, che questa tavola per f addietro
mal custodita, non avendela couit di presente ricoperta eoa un
panno, dopo il corso di trecento amri, dal buigo rifieno dd sole
che vi percuoteva, era addivenuta si arida e scaforita, die,<
scrive il eh. prof. Ridolfi, sembrava iniittosto dipinta a
( ) Rio, poesie ChréUenne, eh. IX, pag. 381. Cosi questo scrittore
come il Vasari errarono scrivendo esservi ritratta in questo dipinto Santa
Caterina Vergine e Martire. Bumobr narra che i disegni originali dei due
Angioli principali dei quadro^ i quali si conservano nella raccolta della gal-
leria degli UfBzi in Firenze, erano stati per lungo tempo credati di Lio-
nardo da Vinci, e perciò collocati con gli altri disegni di quel celebre pit-
tore; ma che poi fatto il confronto con gli originali, si conobbe essere opera
di fra Bartolommeo della Porta (Rio, loc. cit). I cartoni che servirono alla
rompositione di una parte del quadro, si conservano nella galleria del-
l' Accademia fiorentina , e sono contrassegnati dm numeri 6 e 8.
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LIBRO ni. CAP. IV. 63
che a oHo, m guisa che più non era appressala da ak^mo. Ouitaa-
menle restaurala dal prof. Nardi, lomò alTaiitiea bellezsa.
Questa tavola non fo più ayventiirata di quella dipinla per
Beiwurdo del Bianco, e porse occasione a nuove quistioni. Tosto
che fra Bartolommeo l'ebbe condotta al suo termine, ne diede a?-
viso ai religiosi di Murano; ma prima per cagione di guerre (corre-
yano i tempi infelicissimi deSa lega di Gambrai], poscia per la
morte del vicario Barlolonmieo Dalzano, i religiosi di Murano
non si diedero alcuna sollecitudine di togliere il dipinto* Dopo
non breve tempo inviarono due religiosi in FitentEe per concer-
tare del residuo del prezzo. La (avola era stata valutata più 4li
cento ducati; non pertanto om ì 28 ducati giÀ ricevuti, il Porta
si tenea pago di altri SO. Non soddisfatti di qudla dimanda, j
due frati veneziani fecero ritorno a Muraata, né più diedero se-
gno <H vita. Decorsi intomo tre anni, i Padri di S. Marco invia»
reso una prolesta al ccmvento di S. Pier Marti» di Murano m
data dalli 15 genuaio IMI, nella quale dichiaravano, che se q/tufi
rdigiosi nel termine £ dieci giorni non avessero fhtto sborsare
il residuo del prezzo e tolto il dipinto, lo avrebbero venduto ad
diri, ed essi perduta ogni ragione ai 26 ducati che antecedente^
mente aveano dati a fra Bartolommeo. Non avenda quelli dato
risposta alcuna , la tavola rÌDM»e tuttavia per alcun tempo in
Firenze |a). Nd già citato Kbro di Ricordanze del convento di
S.Marco,questo dipinto si trova noverato fra quelli che furono dati
in dono agli amici dei religiosi, il perchè non dubito che fra Bar-
tolommeo, il quale portava grande affetto e pari estimazione al
(<j) Vedi Documento (III.)
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64 MEMORIE
celebre P. Santi Pagniiii di Lucca, gliene facesse un presente, e
questi lo inviasse alia patria (1). Non fu però questo il sdo di-
pinto che il Porta donasse al Pagnini» perciocché in quello stesso
libro di Ricordanze sono ricordati eziandio due piccoli quadri
ad uso di libro, rappresentanti da un lato la Natività di G. C, e
dall'altro, il Crocifisso, la Vergine e S* Giovanni, della ralnta
di ducati 16; che il Pagnini donò poi a M. Zanobi Gaddi (3).
Un altro meraviglioso dipinto nel quale a tutti gli intelli-
genti di queste Arti sembra vedere una felicissima imitazione
della scuola veneta, è il S. Vincenzo Ferreri; tavola che dal
convento di S. Marco passò nella galleria dell'Accademia fioren-
tina. (X Fece, scrive il Vasari, sopra V arco di una porta per an-
dare in sagrestia in legno a olio un S. Vincenzio dell*Ordine loro,
che figurando quello predicar del giudizio, si vede negli atti e
ndla testa particolarmente quel terrore e quella fierezza, che
sogliono essere nelle teste dei predicanti, quando più si affaticano
con le minaccio deUa giustizia di Dio ridurre gli uomini ostinati
nel peccato alla vita perfetta, di maniera che non dipinta, ma
vera e viva apparisce questa figura a chi la considera attenta-
mente, con si gran rilievo è condotta, ed è peccato che si guasta
e si crepa tutta per essere lavorata su la colla fresca con i co-
lori freschi, come si disse delle opere di Pietro Perugino negl'In-
gesuati* D E per certo il Frate seppe condurre questa mezza
(1) Ricordanze B. fol. 128.
(2) Ibid. — Questo steaso u-gomento in quelU forma medesima fa trat-
tato una seconda volta da fra Bartolommeo, e ne fece dono al priore di
San Marco P. Bartolommeo da Faensa , il quale lo cedette ad no aac fra-
tello; stimato ducati 16 come il primo. Vedi loc. cit.
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LIB. III. GAP. IV. 65
figara con tal magifiteró di chhirosciiro, con tale e tanto vigore
dì tfaUe, che sembra veramente staccarsi dal fondo de! qua-
dra Né a produrre quell'effetto giovò meno il modo tenuto
dal dipintcNre, il quale tirò con ottima prospettiva una nicchia^
cbe nella parte superiore è in foggia semicircolare e forma il fondo
del quadro; e dal cavo di quella, perchò cacciato fortemente di
scuro» ne vedi sporgere e quasi muoversi la figura vivissima del
santo. Scrive Monsignor Bottari, cbe facilmente questa tavola si
scmpibierebbe con un dipinto di Giorgione e di Tiziano (1); e ve*
ramente a mio avviso in niun altro dipinto del Frate appare, sic-
come in questa, tanta somi|^anzay con il colorire dei vene-
ziani (3).
Seguitando il metodo da noi tenuto, dì favellare sdtanto delle
principali opere del Porta secondo l'ordine dei tempi, rimettendo
le minwi ad un copioso elenco cbe daremo al termine di ^esta
vita; a procedere ordinati, vogliamo innanzi riportare una notì-
zia di molto rilievo, da noi rinvenuta fra le anticbe memorie di
questo arcbivio di S, Marco, e ignorata da tutti gli storici
deU'arte (3). È questa una nuova società artistica fimnata
tra Mariotto Albertinelli e Bartolommeo della Pcnrta, e cbe
(1) Note alle Vite del Vasari nell' Edizione di Livorno del 1767. Que-
sta tavola è stata di recente restaurata: ma tuttavia appariscono troppo ma-
nifesti i segni dei sofferti danni. Nelle Memorie del Sindaco del convento
si trova valutata solo 16 ducaU!
(3) I PP. Domenicani di Siena possiedono una piccola copia in tela
del San Vincenzo colorita tanto bene che sembra di mano del Frate.
(3) Comunicata questa notisia al eh. Prof. Rosini, ne fece ricordo
nella sua pregiatissima Storia della Pittura Itali ana^
II. s
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66 MEMORIE
ebbe comitteiaiiieiito nei prinù ddTaiifto^lSM. Sii ohe Piero del
Fattorino wm lolès&d altrimenti seguilare lo studio della pUtnra
sotto rAlbertinelli, (di lai Bau è più ricordo nelle atttiehe carie;)
0 sia che Mariotto, rotto ad ogni tizio, dissipatore e nemico detta
Ealiea, si fesse cooàoàUì a mìflero alalo, sembra ebe questi richie-
desse noovaaciente bi società di frate Barlolommeo; ed egK, che
per li moltissimi laTori commessigli potè? a ayer caro e utile
r aiuto di un artefice quale era Mariotlo, che area presa assai bene
la di lui maniera, lo accolse con ogni umanità ed amorevolezza.
Sembra pianto che come nella prima società V Àlbertinelli si era
ricoverato nella casa del Faltorino presso porta Romana, in questa
seconda tenesse lo studio assieme a quello slesso di fra Barl<rfom-
meo nel convento di S. Marco. Fattomi a ricercare il luogo di tale
studio, m' avviso aver trovato che fosse presso il piccolo eliio-
stro che conduce alF ospizio dei religioni, rtspoodente aUa yìb
del Maglio. Conoiossiachò V annalista del convento narrando la
venuta del Ponteice Leone X, il quale nd giorno delP Epifenia
dcU'anno 1516 aveva visitata la chiesa di S. Marco e posda de-
sinato con i religiosi, soggiunge che, epulm parabantur et oogua-
bmtur juxla Uwaioriìun ei hospùium^ ftiad prùpe arUm ptclo-
riam est (1); si pare indubitato che con quelle parole di arte della
pittura volesse V annalista accennare il luogo ove quest* arte si
professava e si insegnava agli altri. E invero ivi dovea fra Bar-
tolommeo educare tutti quei giovani che da lui appresero l'arte, e
che sono ricordati dal Vasari e dal Lanzi; cioè, fra Paolino da
Pistoia, Benedetto Cianranini, Gabbriele Rustici, e Cecchino del
(1) Wéèi ad Ann* 1016, pag. 29 a tergo.
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LIBRO III. GAP. IV. «7
Frale (1). A qrnsH ùl di oMslifiri agf^tongeift quel k^ Amhnen,
che già iiomioanuna come venite delPabito DamtnhNim V ^^m
1800) e d^ 4|ualB è memoria m aa volume di MiseeUiiiee dell' Ar*
eUfìo deleoaveato, dioaidosi oocopiAlQ iq aiataw il Ppnta nella
preparaiione dei di Iiù di|iiBli (2)) e omfira Agostino del quale «V
Ivove si lervà Aioorsa
La Buovii fiocielà che ^ consoolimento del superiore di
S. Blfifcx) si instUoiva fra il Flirta e r AlkertiueUi, sembra fos^
coniata nei motto segueola. Il sindaca del coQYentp provyede-
vebbe a tulle le spese ooeorraati ad aaibedue i dipintari, cioè per
colepi, tela e altre masserizie dell' arte, e al termine della società,
Tenduti i dipinti e detratte le spese, il guadagno fosae metà di
ìlariotto e metà del Ppr^, o a meglio dire, metà del couTeoto;
peveioGcbè scrive il P. Sevafino Raul, obe il pittore fra BaMo-
lommeo non conseguisse de*suai dipinti altvo frutto che la es^i-
maaìone dei cuntemporattei, ma l'utile fosse ti^tta del convento;
la pigerosa povertà pcofessala non consentendo al Povta racqvil-
sto e il possesso di rilev|uati som^ di danaro (3). Dqpo quanto
(1) VasaiIi p^ita di fra Boftotommeo, m fine; Lahzi, Storia Pittorica^
Scuola Fiorentina^ fi poca 2.
(2) MiscBpLARRÀ N^ % un voi. in fol. MS. ad ann. 1512. Da fra
Bartolommeo dipintore a tti 20 marzo fiorini 3 d* oro in oro lar. Sono
per parte del lavoro di fra Andrea converso per metter d^oro, et inges-
sare alle tavole nella bottega in diversi lavori. — In margine — 21.
(S) RaYzi , Storia degli Uomini Illustri ce, Padri Illustri nella Pit-
tura € nelV Jrcbitettura, p^. 353, N* DC. E si dee notare come questi
Pqdri dipintori 9rano dispensati dfilcoro^ onde dicevano Vi^cio da p^r
loroi e i danari ehe guadagnavano, andavaì\o alla comunanza d^l Con-
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G8 MEMORIE
81 è detto, parmi ragioneTole risdlverd qai ana obbiezione che si
oflìre spontanea al leggitore. Qiuiqae in tatti o neDa più parte
dei dipinti esegniti da fra Bartolommeo nel tempo di qaesta so-
cietà vi ebbe la mano Mariotto AlbertméUi? Dunque non sono
wiginaU? A ciò si risponde, che dalla accurata considerazione
di un antico documento che daremo assiememente agli altri,
parmi doversi dedurre, che il disegno di tatti i dipinti fosse sem-
pre del Porta; che Mariotto ne colorisse alcuni, e il Porta poi li
ritoccasse per guisa che tutti avessero un'impronta di origina-
h'tà, in quella stessa guisa che costumava Raflbello, aiutato
sempre dal Penai, da Giulio Romano, ec Che se alcon dipmto
fosse stato cosi nel disegno come nel colore operato intieramente
da fra Bart<dommeo, questi allora vi apponeva il suo nome, e
Fanno in cui avealo eseguito. Due memorie ci sono rimaste di
questa società; la prima è l'atto di divisione o di scioglimenlo
della medesima, e di partizione deg^ utili e dei dipinti, il
quale atto è tutto ^di mano di Mariotto AlbertinellL La seconda
é il più volte ricordato catalogo dei dipinti del Porta conserva-
toci dal P. Bartolommeo Cavalcanti sindaco del convento di
S. Marco. Questi due documenti in tutto concordi, solo appa-
riscono in contraddizione intomo ad un quadro dei più perfetti
che mai venissero fatti dal Frate. È questo il bellissimo dipìnto,
che abbiamo descritto, dell'Eterno che benedice a S. Caterina ed a
S. Maria Maddalena, al presente in S. Romano di Lucca. Dalle
MenKHrie del convento si deduce che quella tavola fosse colorita
vento, rattenendoti solamente quanto /accisa di bisogno per comprare i
eolori, e aUre cose necessarie alt* arte. Lo ttesso tcnve il Vatarì. Vedi f^ta
di fra Bartolommeo,
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LIBRO III. GAP. IV. 6»
da fra Bartolommeo nel suo ritorno da Venezia, che dovette
essere nel giugno o nd luglio del 1508; e si dice dipitUa in breve
tempo (1). La Società con Mariotto Alb^inelll non ebbe comìn-
ciamento che nei primi mesi dell'anno seguente, quando quel
quadro era già finito o prossimo a esserlo. Si disse che renne
stimato ducati 90, e che trovasi nelnoTero dei dipinti offerti indono
agli amici. Nell'atto però di divisione della società sopraddetta,
fòcendosi la partizione dei quadri, il pruno di cui sia fatta parola
è quello di un Dio Padre con S. Caterina eS. Maria Maddalena,ed^è
stimato ducati 60, e ricordato fra quelli che si spettavano a fra
BarUdoBuneo (2). Deduco pertanto, che questo fosse una replica
^ di quello; e Io deduco dalla diversità del prezzo, e dal tempo
in cui fu eseguito. Né è a tacersi che nel catalogo surriferito
noverando il sindaco alcuni quadri coloriti da fra Bartolommeo
nel tempo della società con Mariotto, non fa nienzione di quello
di Lucca. Tutto ciò abbiamo voluto scrivere onde non insurga
akuiia dubitazione sulla originalità di quel dipinto rarissimo. '
Seguitando a dire degli altri che certamente furono fatti
neU' unione con FAlbertinelli, troviamo il bellissimo quadro
della Vergine in mezzo a due Santi che si ammira ugual*
mente in Lucca. neUa jcattedrale. Né dubito, che aUe sollecitudini
dd Pagnini si debba il possedere che fa quella città i più pre-
ziosi dipinti del Porta. Questa tavola si trova ricordata nell* uno
e neir altro degli anzidetti documenti; ma che sia cosi nel dise-
gno come nel colore tutta opera di fra Bartolommeo si deduce
facilmente dall' avervi apposto il suo nome, e dal veder visi ac-
(1) RicoRDAHSB B. Ad ami. 1511^ fol. 47 a tergo.
(2) MiscELLANBA N® 2, aiiic. V.
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70 MEMORIE
colte, per quanto a me semiiri, tutte le gratie e la nobiltà di
Raffaello e dd Vind contempenta ail* annontoao colorire dei
veneeiani. Per la qnal cosa, se ne tofli le dìmensfcmi, non cede
aU' altro cbe già lodammo in S. Romano (1). U ck mardiese
Antonio Maczarosa ne pubbUoò una descrizione, che in forma
di lettera indiiizsò al cdebre Pietro Giordani (2). Noi ne tog^e-
remo alcuni brani ad ornamento delle presenti Memorie.
a Sette Agore Vi sono^ vale a éire la Vergine con Gesù ki
grembo, che sia in metzo in di un piedistallb, e sedente; due
puttinì in aria wpm a Lei, che «la incoronano; S. Stefano alla
sua dritta, S. Giovanni alla sintetra, ambedue fu piedi; ed un
angioletto che siede sul grado ^el pieAisCafio suonando M liuto
e cantando.
a È Maria una fanciulla d'angelica bellezKa intomo a 18 anni
<H età, dalla cui ^iflifccia traspatie fra il candore del suo giglio il
caldo afiètto di madre tenerissima e devtitissima. Tutta presa
del fiftfo bei^e che ignudò tiene in grembo col sinistro brac-
cio, niente la distrae, la disvia dal oontonplarto intensa-
mente, e còsi pasce gli occhi e sé stèssa di una iagaarrairite
soavità, n Vezzoso bambinello, tutto fósttMO oom'é, in mezzo
ai snoi flftoti ii^nlili, dà però a còHKttoere dd fino «ssene "divino
alla viva luce che dagli occy gti esce fuora, e ad una certa non
curanza di tutto ciò che è intorno ntd esso, contento a{))>feno di
sé, per cui tnostrasi figlio del Dio che è la stessa beatitudine.
Cho dièi due Angioletti ignudi che tengono con le m«mae •sospesa
(1) Questa tavola è lunga braccia fiorent. 2 e }J, e larga 2 ^
(2) Due Lettere del march. Antonio Maxtarosa al Mtgnor Pietro
Giordani, Lucca 1828. V. pag. 6.
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LIBRO ni. CAP. IV. 7!
uaa cofoQa sulla lesta della Vergine, cioè <}tteUo a woistra di
Lei, perfettameate libratosi sulle ali, Boa ad altro è attento se
non se a fare ToffUio suo; aou cosi è del compagno, il quale
scendendo uo po' più colc<»rpo, sieatre rogge con k sinistra là
corona, sta guardando il S. Stefono che gli è sotto, ^uaai pttt
timore di urtarb con le gambine, per cui le ritira in aria con
gubo Batttr&Ussimo. Ambtdue poi hanno netta mano Ubera dalia
oaroaa «n piociol velo di ceto giallognolo, il quale passando
eatro le dita dell'altra prodnoe uno svolazEO di tutta grasia, ohe
aocresce la Mea del volo dei putti, e serve a rompere la mmsà
d'alia ialomo il viso della Madonna. S. Stefano è sotto le Torme
di un sacerdote giovine e delioailo, volto con la faccia ia profilo
verso il mesiò, e guardando teneraateute e nella maggiore umiltA
il bambinelli Gesù. Ed ék coa^ aU' ailtoisuo gli stanno beae
faesti due afletti, mentre con la dritta mmo tenendo la palma
del martìrio avaati a sé, ed in linea degU occhi, sembra proprio
che renda grazie al Figlio di Dio per averlo fatto segno di tanto
favore, fu^ioio fra toUL Nel S. Giovanni scorgesi un uomo di
beli' aqpetto, si, ma un po' emaciaio, che ricorda il precursor
nel deserto. La sua faccia, quasi per l'intiero visibile, èinfiam^
mata da quel faoco santissimo che dentro Io consuma , e negli
occhi incavati ed ardaiili leggesi chiaro la intonsìtà di questo
foooa, per cui tutto si strugge. E chi sia la cagione de' suoi al-
tissimi pensieri egli ce lo dice, con la destra accennando il bam-
bino» quando con l' altra pendente in islato naturale, tiene la
solita croce, lunga, esilissima. Non resta che a parlare dell' An-
gioletto sedente sul grado, col liuto in mano che tocca e con la
bocca atteggiata al canto. Siede questo ve£20so in un modo il
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73 MEMORIE
più conyeniente, scortando con la sinistra gambìna ,. e tenendo
distesa la dritta. È ignudo in parte , e in parte vestito da una
tunichetta , a cui è soprapposto un velo leggerissimo che muo-
vesi. Già esperto nel suono » non porta , no , l' occhio suU' istru-
mento , ma come se fosse dolcissimamente rapito canta le lodi
del Signore , intento a questo solo , con un aBétto impossibile a
descriyersi. Se tutto è bello nel quadro , questo angioletto è bar
lissimo, e fa la meraviglia di ognuno. » E qui noi esclamereaio
a ragione col citato chiarissimo Mazzarosa: <r Oh che bel quadro
è mai questo per l' unità del pensiero, V armonia della composi-
zione, il brio e la varietà dei colori , per raccordo del colorito,
per il naturale scelto, per la finezza dell' espressione , per un
piegare facile e grandioso, per la correzione del disegno , per il
rilievo , e in breve per tutte le cose chi» costituiscono il sonuno
dell' arte. Qui , si , che il Porta comparisce non solo degnissimo
dell' amicizia dell' incomparabile Urbinate , ma eziandio emulo
suo (1). »
Sembrando ^1 pittore , come era veramente , di aver fatto
opera degna di memoria , vi appose il suo nome, che leggesi nel
grado sul quale siede l' angioletto che suona il liuto : Frairis Bar-
tholomei Fhrmlini Ordinis Prcsdicatorum 1609. Questo dipinto
venne con brevi parole ricordato da Giorgio Vasari, tutto che
per il merito suo ei dovesse concedergli luogo principalissimo.
(1) Questa tavoU è stau incìsa da Samuete Jesi di Coreggìo per
commissione della casa Àrtaria di Manhein; e posteriormente dair incisore
Sassone Maurizio Steinla. Un piccolo disegno a penna di questo qnadro,
di mano di fra Bartolommeo, si può veder nella gran raccolta della Gal-
lerìa degli UfBai in Furente.
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LIBRO III. CAP. IV. 73
Per luUe quesi'opa^ sendo leraio in aMissima fama fl
nome di fra Bartolommeo della Pùrta , il Gonfaloniere di Fi-
renze Pier Soderini , Tedntosi fraudato nella speranza di abbel-
lire la gran sala del Consiglio con i dipinti di Lionardo da Vinci
e di M ichelangiolo Baonarroti , i cartoni dei quali non erano
stati mai coloriti , si rivolse a fra Bartolommeo , che allora te-
neva in Firenze il primo seggio dell' arte , perchè con alcun suo
dipinto volesse condecorare quella augusta sede del magistrato
supremo. Gli diede pertanto a colorire una gran tavda , nella
quale , non dovea già esser efligiata una battaglia, o alcun fatto'
di storia patria , ma accomodandosi alla pietà del pittore , voDe
vi fossero entro ritratti tutti i santi protettori della città di Fi-
renze , in atto di corteggiare la gran Regina del Cielo* Questo
dipinto, tuttoché dal Vasari si dica incominciato negli ultimi pe-
riodi ddla vita del Pòrta, nondimanco per due autentici doco-
nienti si prova essere stato allogato al pittore nel tempo di que-
sta società con Mariotto AlbertineUi ; dicendosi apertamente in
uno di questi documenti, cioè nell'atto di divisione ddla detta
società, che: la tavola grande che onderà in Consiglio in suUa
«oJa, disegnata di spalto di mano di fra Bartolommeo ^ eia dei
detti frati (1). Il P. Girolamo Dandi Gini, sbdaco in quel tempo
del convento di S. Marco, nel più volte citato libro di Ricordan-
ze, sotto il giorno 17 giugno 1513, segna la ricevuta di ducati
10(y avuti dalla l^gnoria di Firenze per conto della detta tavo-
la (a); la quale se nA 1512, epoca dello scioglimento deUa detta
^età, era già a»ninciata, fa mestieri credere che al Frate di
(1) MlSCELLiREA N. 2, loC. Clt
* (rt) Vedi Documento (IV.)
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74 MEMORIE
S. Marco toese stata allogata intorno al 1611; cioè sei anni id-
BBnzì a quello chescriTe il Vasari Ma l'oiiore di abbellire l'aula
magna del Consiglio non era riierbato né a Lionardo, né a Micbe-
langiolo, né a fi^a Barliriomneo > ma si a Giorgio Vasari , il
qaale a cominciare dal soffitto la venne ricoprendo di storie a
fresco quasi fino al |Miviaienlo. Ma di questa tavola del Porta ci
occorrerà fiiTellare alquanto più distesamente al temine della
presente vita. Chi poi vedesse farsi a investigar perchè fra Bar-
tolommdo dopo aver ricevuta una parie del prezzo di quel di-
pinto» nel sei anni che anccura sopravfisse non lo oondncesse
alla dovuta pelfeaiobe» forse non troverebbe nna ragione che
appieno lo appagasse.
Gli alirì dipinti eseguili nel lempo della soonelà coli' Àlber-
tiaelK sono i seguenti ^ Dna Natività, di braccia dne» in tondo,
detta vahita di dnèeti 2 — Un Cristo die porU la Croce, dello
stesso vainre -^ Una Vergine AnnnnziaU» vendo4a al Gonblonìere
di Firenae per dncÉtì 6 ~ liuti tavola della qoale si tace V argo-
mento, dkesi diae^oal* da fin Barlolommeo per k Certosa di
Pavia, e si aogginnge, che era ÈuniU u una M FiUppo ( forse Fi-
lippo Lippi ); ittlMvo la quale trovo il segoenle ricordo del Sm-
daco del conveiilo: i&H Bafra B&rPotummto nastra e UmoUo
dipintori udii Lufiià , diteùti 12 foro m ^o., som fM tornio S
dMWi hanéo ftmmti da qmiU ddh Certota di Pmvia per dipiar
tute hèrnm ftum hm. In Margine si trova la cifra 8fc (i). Questo
dipfinto sembt^ Ibsse eseguito da ambedue, cioè diasgoato dal
PoKa, e ecriorito daH* Albertinetti. Trovasi poscia ricordata nna
tavola che fu poi recata nelle Fiandre; non si dice che rappre-
(1) MlSCCLLAHEA N* 2, loc. Cit.
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LIBRO III. GAP. IV. T5
sentasse^ nka dovea essete si nella «Uibeiifliaiie che nel laVéro di
gràBdd rilevanza. Se ne hanno due riccfrdi: uno sello i'anhio 4511,
ore il sindaco dichiara arer rieevnto da ^ei9. Ferrint> hìgkikH
éueaù SO d' ììto in oro contati nelle mani di fra Sariohmwteo di-
pintore p. la metà di ducati 40 dati fra hn e Mariòtto dipin^ri
compagni per itrra del lavoro ha toro aUo§ato a fare, cóme tra
hro sono accordati (1). £iiafi4i6 da ^eslo ricordo parci assai
ben cbìartto m difMito nel quale operavano aiibedne i socjw La
seconda memoria rinviensi nel citalo hiogo sotto il gicmo S9 no-
vèmbre dell' anno IMS, ove M lej^e che il sindaco avea ricevuti
da fra Bériohmme^ diptnt^ a A 99 detto aùuii da M. Ferrino
per ta nostra parte della meonida paga della tavola di Fial^
àray dmc. 140 {%). Di questo dipiato non è mèmoi^ia al-
cimn plesso il Vasari, ma è ntwdato negli Amudi del con-
vento (S). AaftecedeMemente a tntti ^inesfti, e forse dal solo Ara
BattolOttHneo insegnato e eciurìto, èVon qoadro, il qnale non è
noverato nell* aito iM divisione Mia predetta società^ come non
lo fil dèa VafeUfH; ina solò né è memorfn in alenai ricorll dèi
sindaco di S. Marco. Sd^to il giorno fi novembre 1616 si legge:
KceouU> da GMtiano da Gagliano per co^to di un fimdh) gH di-
pince fra B&rtoUmmeo no9(h> frate^ dWK 70»— ikfénnaio 1611.
9a fra BittkfUmmto ^er tmto dei quaàro dipinéc a "Giutk^o
dà Gaglimo^ 4uc. 84. Abbiamo pertanto la rilevante somma
Hi 154 dtie^i, p^ la iqnate ci è dato MeÉdékie come qoeMo di^
phito fésM opera di Vasta sfopei^de *e di fango hUmNo.
(1) VeAi h DùcuMenib IV.
f2) MtscmAAitBi. loc. eh.
(3) Fol. 231.
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76 MEMORIE
Da uUimo seguitano due altre tavole. La prima è quella che
▼edesi di pres^te neUa chiesa di S. Caterina di Pisa, già deirOr-
dine dei Predicatori. Rappresenta la B. Y. col 6glio in braccio,
seduta sopra un imbasamento siccome quella del duomo dì
Lucca; ma V atto è fra il moto e la quiete; Ggura pronta e vi-
Tace, ben disegnata e ottimamente vestita; seoza esagerazione,
senza sforzo o maniera. Il bambino che ignudo siedete in grembo,
e che fa segno di benedire, è uno dei più bei putti che mai fa-
cesse il Porta. Le due figure di San Pietro e di San Paolo in
mezzo delle quali esposta la Vergine, grandi quasi al paro del
vero, sono bellissime, e forse oserei dire che, per ciò spetta ai
disegno, più mi aggradano che quelle dallo stesso pittore ese-
guite in Roma per fra Mariano Fetti. Non dirò del colore,
avendo veduto questo dipinto a poca luce, ma a malgrado
dei gravi danni patiti a cagione dell' incendio che nel secolo
XYII distrusse gran parte di quel tempio, mi parve robu-
sto ed armonioso; e segnatamente vi ammirai mollo rilievo.
Nell'imbasamento sul quale siede la Vergine si legge Faniio 1511.
Giudico verosimite appartenga a questa tavola il seguente ricordo
del sindaco del convento segnato dal giorno 3 (fi ottobre appunto
di quell'anno 1511 — Da fra Bartolommeo natro dipintore e
Mariolto suo compagno a di 3 ottobre, fiorini 7 larghi d^ oro in
orOf per loro da Mariotto per parte de due. 30 ebbe da Pisa per
la tavola di Miebele Mastiani — in margine 4^ (1). Vengo ac-
certato la cappella ove si ritrova questo quadro di fra Bartolom-
meo essere appunto della famiglia Mastiani, il perchè la conget-
tura acquista maggior grado di probabilità, se già non giunge
(1) MlSCBLLAHBA, loC. cìt.
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LIBRO III. CAP. IV. 77
alla certezza. Eziandìo qaesta tayola sembra esjsgoita da ambe-
Aie i dipintori. La seconda venne allogata a fra Bartolommeo da
ÀTcrardo Salviati, e forse è qoella stessa che il Vasari per
errore scrive aver colorita il Porta nella sua giovinezza, quando
abbandonato lo studio di Cosimo Rosselli si diede ad operare
nella propria abitazione presso la porta Romana* Se m quella
fece non si voglia dire piuttosto, che per Io stesso Salriati ne co-
lorisse un' altra in questo periodo dì tempo. Né questa eziandio
si trova ric(»rdata nell'atto di divisione^ina ^ nelle memorie del
sindaco del convento (ij.
Questi sono i principali dipinti eseguiti da frate Bartdom-
meo nel tempo della sua società con Mariotto Albertinelli; la
qnal società durò intomo a tre anni. Finalmente nel giorno
5 gennaio 1512, sondo nuovamente friote M convento di
S. Marco il P» Santi Pagnini, fri disteso un atto col quale si
dichiarava disciolta quella società; e A procedeva alla partizione
del danaro ricavato dalla vendita dei dipinti, a quella dei quadri
non ultimati , e delle masserizie ddlo studia Detratte le spese,'
la s(mima ripartita fra i dipintori fu di ducati 424; onde toccò
a ciascuno ducati 212. 1 quadri che rimasero a fra Bartolommeo
sono i seguenti: — La gran tavola della sala del Consiglio, che si
disse già disegnata e lumeggiata — Quella di un Dio Padre con
S. Caterina e S. Maria Maddalena — Una Vergine ÀnnunziiUa -*•
Vtk Cristo che porta la Croce — Una testa di G. C. data dai reli-
giosi a Lioaardo Bartolini; e altre piccole cose. Mariotto Alber-
nelli, che, come dicenuno, avea di suo i^ugno disteso Fatto di di-
visioBe, riserbossi -* Un quadro di mano di Filippo ( forse 9
(1) RicoRDAHZB B. fol. 127, a lergo.
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78 MEMORIE
Lippi ); più il precio della OQfM iaUaDe per fai Cerloi& di Pavia
— Un quadretto solo abbozzato di mano di fra Bartolommco^ rap-
presentante Adamo ed Eya, ak^ circa mezio braccio. Da ottimo
Mariotto vi aggiunse la partita seguente. Ancora siamo d*aecordo
0h$ queste masserizie che resiano a cemune P abbia adoperare fra
Bariolommeo a servirsene mentre che vive^ e àapo la morte $ma
siano dsHe maseerizie liberamente di Mariotto Ufintostt ci sue
reée; cioè una tBMdeUo éi legno quemto elnaturmk.doéumm fi§wra;
amerà un altro moisUo circa (f un brac^ gan§àeraéo — Un
paio di.... ( inintellig. ) grande di ferro circa éfun brmedOf e un
bambino di gesso formato da uno di Sca. di J)esiéerio ( forse De-
siderio da SettignMH) discepolo di Donatello ) (a].
Per questa memoria ci è conceduto eonosoere un novero di
dipinti dei Porla, dei quali non era alcuna ricordanza presso gli
storici deli' arte* Non andrebbe forse molto lungi dal vero chi
volesse determinare a quest' smoo 1519 li^ biacarra riaoluztone
presa da Mariotto Albertinelli di abbandonare il dipingere per
darM bel tempo e campare la vita cen arte troppo più dicevole
alla sua natura.
« Era Uarietto, scrive (Hcurgo Vasari, peraeBa inquietis-
sima e carnale nelle cose d'amore e di buon tempo iielle case
del vivere; perchè venendogli in odio le soflstiohoie e f^ stilla-
menti di cervello della pittura, ed essendo spesso dalle lingue
de^ pittori morso, come è continua usanza in loro e per eredifà
mantenuta, si risolfctte darsi a pia bassa e meno Micosa e pip
allegra arte, e aperte una bellissima asteria fuor della porta
6. Gallo, ed al ponte Vecchio al Drago una taverna ed esCaria,
(a) Vedi Documento (V.)
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LIB. in. GAP. IV. 7»
Tcce quella molti mesi, dicendo che aveva presa un' arte la quale
era senza muscoli, scorti, prospettive, e quel ch'importa più,
senza biasimo, e che quella che aveva lasciata era contraria a
questa, perchè imitava la carne ed il sangue, e questa Taceva il
sangue e la carne, e che quivi ognora si sentiva, avendo buon
vino, lodare, ed a quella ogni giorno sì sentiva biasimare (1). p
In quale concetto V AlbertineUi tenesse V arte non so; certo che
più pazzo di lui fra gli artefici fiorentini non è facile rinvenire.
Rinsavito dopo alcun tempo, fece ritomo alla Pittura, ma non
gli fu più conceduto raggiungere quella perfezione, la quale il
molto ingegno e gli esempj di fra Bartolommeo a lui sembra-
vano ripromettere.
(1) Vasari» ViU di 3f«ir|«l/o 4\hetiinflU.
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80 MEMORIE
CAPITOLO V.
Fra Bartolommeo della Porta seguita più strettamente il metodo
dei Veneziani. — Pregi e difetti di questa sua nuota maniera.
— Dipinti che le appartengono.
[^e il lettore ha posta seria considerazione a quanto siamo
venati narrando, avrà scorto di leggieri, come P ingegno versa-
tile del Porta vagheggiasse di continuo nn bello^ che ei stimava
fuggirgli d'innanzi; e che mai non soddisfatto di metodo alcuno,
sempre studiava nuove vie e nuovi procedimenti. Il bello per esso
era quasi un' iride variopinta, la quale or ti appalesa un colore,
ora ti mostra un. seconda, poscia rivelane un terzo; né ben sai
qual più sia vezzoso, o qual più ti diletti.' Tanto avvenne a que-
sto pittore. Assaggiò il Vinci, si accostò a Raffaello, si cimentò
co' veneziani; fuse gli uni e gli altri, sempre producendo mera-
vigliosi dipinti; né pago di sé medesimo, procedeva (Atte. Degli
altri pittori di questo secolo si noverano due o tre diverse ma-
niere di colorire; del Porta ne conosco più ancora di quattro.
Tanto era avvenuto a Raffaello, che nella giovinezza aveva segui-
tate le tracce di Pietro Perugino, nella virilità si era accostato
al Porta, e negli ultimi periodi si era fatto più dappresso al
Bucmarroti.
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L!B. ni. GAP. V. 81
Libero dalla società di ìdariotto Albertiiielli, fk^a Barto-
lommeo prese a pitturare alcune grandi tavole, nelle quali » se
mal non mi appongo, appariscono i segni di un novello proce-
dimento, o a meglio dire., un maggiore sviluppo del m^odo di
Lionardo da Vinci e de* yeneztani. Giunti quest'ultimi a possedere
r elemento del colore e dd chiaroscuro m^^ ancora di qual^
siTOf^a scnda d'Italia, ne fecero col procedere del tempo
pompa soverchia a ostentazione delf arte. Il perchè non è raro
il caso che i loro dipinti ti appariscano cacdati tanto terribil-
mente di scuro nei fondi « negli sbattimenti, che gli (^getti ivi
effigiati sembrano incerti e quasi vaganti nelle tenebre deUa
notte. Ciò era ad ottener quel maggior rilievo che all' arte sia
dato sperare; fin che da ultimo trovate le tinto ordinarie insuf-
fidati al bisogno, fecero uso del nero di avorio bruciato , e
della tinta degli stampatori , con danno inestimabile dell'arte e dei
loro dipinti. U quale proceditnento adottato da fra Bartolom-
meo, da Polidoro da Caravaggio, e tal fiata dallo stesso Raflhello,
abbreviò i giorni alle toro opere (1); onde in alcuni del Porto in
breve tompo, chiuse le tinto, appannato le luci , rese fosche e
cupe le tenebre, appena traveggonsi le figure nel campo rabbui-
nato e negro. Sotto qpesfA influenza tenebrosa ricorderò quelle
due grandi e bellissime tovole colorite da fra Bartolonuneo per
(1) Per questa cagione sì è perduto il meraviglioso dipinto di Leo-
nardo alle Grazie in Milano ; e danni gravissimi pati la TrasGguraùone di
Baffaello in Roma. £ noto che sul cominciare del secolo XVII in Bologna,
in Venesia e altrove, dallo stesso errore ebbe cominciamento la delirante
ietta de* Tenebrosi. Vedi il Lahzi, Star. Piti, voi 8, pag. 174, e voi 5,
pag. 127.
n. 6
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82 MEMORIE
la sua chiesa di 8. Marco, e delle quali una paasò nella galleria
Palatina. Rappresentano ambedue la Valgine seduta in trono ,
circondata da molti Santi, e segnano^ per dò che io stimo, il
trapassamento di questo pittore dalla maniera antica alla mo-
derna. Digià fu per noi narrato come i giotteschi fossero adusati
in cori fatte oompoaiiioni serbare una grandissima semplicità ;
perciocché era massima di costoro che i molti e yai) aocessoij
distraessero V occhio dal principale subbietto; quindi podio nd
numero erano le figure, e collocate per guisa che ninna al pro-
tagonista togliesse il culto e 1* ammiraiiQne. Nd secolo XV oo-
minciossi a dare certa unità cosi al pensiero come al dipinto ,
per modo che, se non tì ha quella uniformità simmètrica dai
giotteschi, all'occhio non sempre aggradevole, non vi ha nep-
pure turi[>amenÉo e oonfdsìone di affollata moltitudine. Cosi Foo-
chio è pago, e F aflbtto religioso non yi è menomato; e il Frate
stesso nd due quadri già ricordati di Lucca ne avea porto esem-
pio si bello, da reggere al paragone co' pia sobrii e oastigati
pittori. Ma in queste due grandi tavole egli sembra volar sollevarsi
a qnlle ricche e grandiose composimni che tanta piacquero a
qud secoto ed ai seguenti; e nelle qnafi i veneci e Rotolo Ca-
gMari segnatamente tengcmo luogo e nome distinto. Noi le ri**
corderemo ambedue con k parole stesse di Gioitila Vasari, non
potendosi né con i^iù verità , né con più deganza descrìvere.
Favellando adunque costui di quella gran tavola che fu pd
recata a Pitti, cosi si esprime. <t Sono molte figure in essa in-
tomo ad una nostra Donna tutte lodatissime, e con una grazia
ed affetto e provata fierezaa, vivaci; ma colorite poi con una
gagliarda maniera, che paiono di rilievo; porche vdse mostrarOr
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LIBRO III. CAP. V. 83
che oltre al disegno» sapeva dat ftersa, e Our Tenire con lo soisro
deUe ombre innanzi le figure; come appare intomo a un padi-
glione, OTO aono akum putti che lo tengono , cbe Telando in
aria tà spiccano dalla tavola; oltre che vi è un Cristo fanciullo
dM sposa Santa Caterina nranaca; che non è possibile in quella
sicurtà di colorito che ha tenuto, far più riva cosa; evri un
cerchio di santi da una banda che diminuiscono in prospettiva
intomo al vano d' una gran nicchia^ i quali sono posti con tanto
ordine , che paiono veri ; e parimente dall'altra banda, ec» Fe-
oevi innand per le figure principali S. Giorgio armato , che ha
UBO stendardo in mano, figura fiera» pronta, vivace e con bella
attitudine; evvi un S. Bariolommeo ritto, che mmta lode gran-
dissima^ insiane con due fanciulli che suonano uno il Uulo e
V altro la lira : all' uno d^ quali ha Atto raccorre una gamba e
posarvi su Io strumento, le mani poste alle corde in atto di di*
miwaire, l' orecchio intento all' armonia , e la testa vcdta in alto
con la bocca alquanto aperta d'una maniera, che cln lo guarda
non può discredersi di non avere a sentire ancor la voce; il si-
mile ÙL V altro, che acconcio per lato con un orecdiio appog*
giato alla lira, pare che senta l' accordamento che fa il suono
con il liuto e con la voce, mentre che facendo tenore, egli con
gli occhi a terra va seguitando con tener fermo e volto l' oroo-
chìo al compagno che suona e canta, avvertenze e spìriti vera-
mente ingegnosi: e cosi stanno quegli a sedere e vestiti di velo ,
che meravigliosi e industriosamente dalla dotta mano di fra Bar-
tdommeo sono condotti, e tutta l'opera con ombra scura sfìi-
matamente cacciata. » E altrove, a E nel vero si valse assai
d' imitare in questo colorito le cose di Lionardo» e massime ne-
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84 MEMORIE
gU scarìy dove adoperò ftamo da stampatori, -e nero di aTorìo
abbruciato. È oggi questa tavola da detti neri molto riscurata
più che quando la fece, che sempre sono diventati più tinti e
scuri (1). » Favellando poi della seconda tavda , la quale tutta-
via rimane nella chiesa di S. Marco, cosi si esprime, e Fece
poco tempo dopo un' altra tavcda dirimpetto a quella , la quale
è tenuta buona, dentrovi la nostra Donna ed altri santi intomo.
Meritò lode straordinaria, avendo introdotto un modo di fumeg-
giare le figure, in modo cbe all' arte aggiungono unione .mara-
vigliosa talmente che paiono di rilievo e rive, lav<»*ate con
ottima maniera e perfezione. » In queste due tavole le teste
virili sono tuttavia nobili, e nobilissima queUa della Vergine;
il disegno vi è castigato, e facile il piegare dei panni; ma il co-
lore sì forte e sì fiero che poste a confronto con la bella tavola
del duomo di Lucca, sembrano da due diversi artefici colorite.
Scrive il Baldinucci, che Pietro da Cortei in considerando la
tavola di Ara Bartolonuneo che di presente è a Pitti, la giudi-
casse il più bel quadro che fosse in Firenze (2); e mons-Bottari
e il sig. Giovanni Masselli soggiungono, che lo stesso pittore sti-
masse opera di Raffaello quella che di presente è in S. Marco (3).
Aggiungerò da ultimo, che se il primo di questi due dipinti ap-
palesa un' arte grandissima e singdare perizia nel tocco del
(ì) Vasari, loc. cìt. Nel più volte ricordato elenco dei dipinti del
Porta lasciatoci dal Sindaco del convento , non è menzione che della prima
di queste due tavole, ed è stimata durati 400.
(2) Decenn. X. del Secolo III» P. 2.
(3) Vasari, con le note del sig. Gio. Masselli. F'ita di Jra Burtoìom-
m90, nota 17. Lavzi, Storia Pittorica^ Scuola fiorentina^ Epoca 2.
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LIBRO in. GAP. V. 85
pennello; il secondo più semplice e più castigato eziandio mi di-
letta meglio ancora di quello.NeUeHemoriedel convento diS.Harco
si rinviene on atto consigliare del 3 febbraio 1534, ctìL qaale la
tavola che tuttavia possiedono i reb'giosi, si dona a messer Gio-
vanni Maria figlio di Niccolò Beninlendi fiorentino, del popolo
di S. Marco, e suoi eredi, perchè l'adornassero e la dotassero
ad onore di S. Caterina Y. e M., alla quale cosi la tayola come
r altare erano dedicati (a). In un libro poi di Ricordanze della
sacristia di S. Marco si legge, che la tavola compagna la quale era
di fronte a questa ndla chiesa medesima, dedicata a S. Cate-
rina da Siena, fh per lo stesso motivo ceduta a monsignor Mi-
lanesi vescovo, non so di qnal diocesi, Fanno 1588; e che nel
1690 Al trasferita nell' appartamento del principe Ferdinando
figlio del Gran-Duca Cosimo IH, ottenutane prima fecoltà dalla
sacra Congregazione di Roma. Il principe ne fece fare ai reli^
giosi una copia di mano di Anton Domenico Gabbiani , nella
quale è si maestrevolmente imitata la maniera del Frate, che
valentissimi pittori la credettero F originale (1). Nella Fiorentina
Accademia del disegno si ammira un'altra gran tavola del
Porta, la quale nella composizione molto ritrae da quella dei
Pitti, ma per essere assaissimo danneggiata da chi forse pretese
restaurarla , non altrimenti che la tavola del San Bernardo ,
muove non so se più a pietà o a indignazione contro Y autore di
tanto danno.
(1) P. Guglielmo Della Valle, Note al Vasari dell' Eclix. dei Glassici
dì Milano, voi. VII, pag. 25tf. Va corretto pertanto il Borghini, che la disse
eseguita da Francesco Petnicci.
(a). Vedi Documento (VI.)
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86 MEMORIE
Con la data del 1512 trovaiisi dne piccole ma assai prege-
Toli tavole ìb Siena nella galleria deirAocademia del disegno; e
sembra fossero parte di un più grande dipinta In una ò^S. Ca-
terina y. e M., e nell' altra S. Maria Maddalena. Allora quando
le vidi nell* ottobre del 1841 ne presi grandissimo diletto, sem-
brandomi assai gentili le forme Goal delFnna come dell' altra«
graziose le movenze; il colore, abbenchè patisse non beve danno,
armonioflo e soave; e in ambedue alcun che di si dilicato cbe mi
ricbiamava alla mente le cose di Raffaela e del Vinci. Nella in-
franta rota sulla quale posa il piede la martire Alessandrina si
legge, non già scritto, ma incise^ Tanno ISllt (1).
Due altri dipinti del Porta mi tennero sempre dubbioso in-
torno il tempo in cui furono coloriti, ma forse appartengono
a questo periodo della tua carriera pittorica^ quando temperando
lo stile di tre scuole diverse creava tanti e oo^ stupendi capi la-
vori. Vogliamo qui favellare di due tavole che si ammiraao ndr
Vhe II. galleria de'Pitti. La prima, più piccola nella dimensione,
è una Sacra Famiglia. Essa è composta dì questa guisa. La Ver-
gine tiene fra le braccia ignudo il pargoletto Gesù. 8. Giovannino
con fanciullesca grazia ofte al bami)ineHo Bori e frutta che ei
tiene raccolti nella sua pelUocia; e questi ricambia il dono con
un tenera amplesso. 8. Anna, ohe è alla destra della Vergine;
tiene la piccola croce di S. Giovanni; laddove S. Giuseppe abban-
donatosi sopra di un sacco, come piacque ri trarlo ad Andrea del
Sarto nel chiostro della SS. Annunziala, è vedalo di schiena, e offre
solo parte del volto. Tutti poi con grandissimo diletto contem-
(i) Narravamì il cb. sig. Gaetano Milanesi che queste due' tavole pro-
vengono dal Convento di Santo Spirito dei PP. Domenicani S Siena.
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LIBRO III. GAP. V. 87
flMBO le careue che faimosi quei cari bambineUL Non è natura
Unto ferina, che non « conomoTa e intenerisea sempre ohe le
avrenga di vedere una di queste scene di famìglia, nelle quali
r infanzia si abbandona aUe ineffabili e breyi gioie che abballi*
scotto la primavera della vita, e i congiunti amorosi a quelle
partecipando, sembrano obliare pe^r un ialanta le dolorose prove
della età matura. In questa beUissioia composiaione si rivela
Tanimo tenero ed a&ttuoso del Porta meglio che in qoal si vo-
glia altro dipinto. Forse fa una reminiscenza del cpiadro che si
crede cominciato dal Frate e ultimato da Raffaellb sotto il titolo
della Vergine del Cappuccino^ del quale già si è tenuto discorso. Né
ho giudicato questa tavola de' Pitti appartenere al tempo in cui
questi due pittori ^rinsero amicisia fra loro, perchè i contomi
forse alquanto esagerati nel nudo dei due putti, già mi dan segno
di quel mutamento che il Frate operò nell' ultima sua maniera.
Ma egli é omai tempo che passiamo a descrivere il secondo di
queeAi dipinti, ohe è la Deposirione di Croce, raro adornamento
di quella galleria. Pietosissima scena è questa Deposixione. Una
madre infetioe curva sul corpo deU'estinto figlio, ne regge con la
destra mano il capo, e con la sinistra il sinistro braccio di lui.
I suoi occhi non hanno pia lagrime, che esaurita ne è la sorgen-
te, e smorti ed atterriti si affissano nell'estinto, quasi ricercando
le amate sembianze troppo mutate per morte. 'Giorannl, il bene
amato discepolo, fa sostegno del ginocchio all'esanime spoglia, e
con ambedue le braccia la regge per modo da appressarla al
seno della Vergine. Egli non molto esprime al di fuori il dolore,
che tutto e fortissimo stagli chiuso nel cuore; e mostra certa fie-
rezza che è insieme pietà e orrore del tremendo misfatto. Non
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88 MEMORIE
cosi la Maddalena, che abbandonata^ su i prèdi dell'amalo
maestro, gli abbraccia affettaosamente, e li bagna delle sue la-
grime. Stupendo è il nudo del Cristo adagiato sur una pietra ri-
coperta da bianco panno ; e tanto maestrerolmaite disegnato e
colorito, che ben può dirsi in ogni sua parte perfetto. Io non
dubito collocare questo dipinto allato ai due di Lucca, e dirlo
terzo in tanta gloria. Il fondo del quadro non ha prospettiTa di
sorta, ma è tutto ricoperto da una tinta scura che fo data poste-
riormente, e per la quale sembra fossero cancellate le due
figure di S. Pietro e di S. Paolo, che nel tempo del Bocchi si yc-
deyano ancora (1).
Intorno questo dipinto di fra Bartolommeo ta agitata da^
eruditi una quistione che noi breremeitte ricorderemo. Il Vasari
in sullo scorcio della vita di fra Bartolommeo scrìve : Comineió
in 5. Gallo una tavola ^ la quale fu poi finita da Giuliano Bugiar-
dtnt, oggi alFaltar maggiore di 5. Iacopo tra Fossi al canto agli
AWerti. Nella yita poi del pittor Giuliano Bngiardini co^ si
esprime: Queste ed altre opere di Giuliano avendo veduto Ma-
riotio Alhertinelliy e conosciuto quanto fosse diligente in osservare
i disegni che se gU mettewmo innanzi senza uscirne un peto, t»
que* giorni cM si dispose ad abbandonar l'arte 9 gli lasdó a finire
una tavola che già fra Bartolommeo di S. Marco suo compagno
ed ^micó avea lasciata solamente disegnati^ e aombrata con
(i) Vedi Le Bellezze della città di Firenze ce, scritte da /*, Boc-
chi ed accresciute da Gio. Cinelli, Un voi. in-lG. Firenze 16T7, pag. 304.
Anche il celebre pittore Andrea del Sarto dovendo colorire ana Depotiaione
per le religiose Camaldolensi di San Piero a Luco nel Mugello, vi ritrasse
nel modo stesso San Pietro e San Paolo.
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LIBRO III. GAP, V. 89
racquereUo in iul gesso della tavola^ iieeanu era di suo costume.
Giuliano adunque messovi mano, con estrema diligenza e fatica
condusse quesf opera ^ la quale fa allora posta nella chiesa di
S. Gallo fuor delta porta^ ecc.... ed uUimamente in S. Iacopo tra
Fossi al canto agli Albertip dove al presente è collocata alf aitar
maggiore; m questa tavola i Cristo mùrto^ la Maddalena che gH
abbraccia i piedi 9 e 5. Giovanni evangelista che gli tiene la testa
e lo sostiene sopra un ginocchio: evvi simUmente S. Piero che pia-
gnCf e S. Paolo che aprendo le braccia contempla il suo Signore
morto (1). Or chìedesi se la Deposizione di Croce che è nel pa-
lazzo de' Pitti di mano di Ara Bartolommeo, sia qndla stessa che
il Vasari in un laogo dice finitay e in nn altro colorila da Gin-
liano Bngiardìni, perchè è a sapersi che fra Bartolommeo più
volte ripetè questo stesso argomento (2). Veramente la prove-
(1) Vasaki, loc. cìt. Potrebbe congetturarsi cfae qaetta tavola, rlnaata
in alcuna parte imperfetta , toccasse a Man otto Albertìnelli nella partkione
dei quadri fatta nel dUcioglìmento della società, sebbene non sìa ricordata
né in qaell* atto della divisione, n^ in qnel catalogo più volte citato del
sindaco del convento di San Marco.
La Deposiaìone che è a Pitti è stata egregiamente incisa da Maurixio
Sieinla in doe diverse dimensioni.
(2) Siepi, Deierizionc Tropologica Islorica della Città di Perugia,
Voi 2, pag. 477. Nel Falasco Penna scrive esservi un quadro di fra Bar-
tolommeo della Porta rappresentante G. C. morto in seno alla Madre e in
mezzo a due Apostoli. — Nel coro di San Domenico di Prato è una copia
della Deposiaione di Croce di fra Bartolommeo che è a Pitti. Questa copia,
cfae io credo di mano di fra Paolino da Pistoia, offre le due figure di
San Pietro e di San Paolo più debolmente colorite del rimanente dell* opera.
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90 MEMORIE
nìeiua di detta tavcda, per raatoriià del Bocchi e del Haasdll,
confermerebbe V identità con quella de' Pitti. Se non cbe si op-
pone che in questa non iono altrimenti le due tìgure di S. Pietro
e di S. Paolo, e tì è la Vergine della quale non park il Vasari.
Ma noi abbiamo or dianzi avvertito» che le figure dei due Apo-
stoli vennero» a quanto ù dice» ricoperte dalla tinta scura del
fondo nella restauraziooe del quadro; e Tesservi di più una figura
non ricordala dal Vasari» ci convince TiemmegUo che a questo
storico troppo sovente faUisse la memoria. Nò sarebbe d'altronde
ragionevole il concbiudereche un dipinto tanto perfetto fosse opera
di due diversi artefici; ma dirassi piuttosto col Bosini: «LaDepo-
sieione di fra Bartolommeo » per la vaghezza del colorito supera
nella Galleria de' Pitti gli altri quattro quadri che vi si ammirano
di lui. Dunque il Bugiardini, pittore esatto ma però mediocre» non
potea nella Deposizione colorire meglio di quello che fra Barto-
lommeo avea colorito il S. Marco» il Gesù risorto» la Vergine in
trono» e la Sacra Famiglia: ed era quel fra Bartolommeo di cui
scrive k) stesso Vasari (giudice ben competente degli altrui me-
riti neirArte) che diede ianta grazia ne' colori aUe me figure. Or
chi vorrà credere che apptmlo» nelle grazie dei colorì» fosse su-
perato dal Bugiardini? b Giudicano quindi il Masselli e il Rosioi,
NeHo $tudio del eh. pittore fiorentmo sìg. Niccolò Antìnorì è un'altra copia
bellissima di questa stessa Deposisione, e tanto maestrevolmente colorita, che
sembra un dipinto originale ; è però alquanto annerita. Ignorasi il pittore
che la esegui, ma verosimilmente appartiene al secolo XVI. In questa copia
mancano le due figure dì San Pietro e di San Paolo. Vengo accertato che
in Vald' Elsa è un* altra DepoÌiÌKÌone di Croce dì maoo di fra Bartolommeo
della Porta, molto simile a quella de' Pitti.
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LIBRO III. GAP. V. 91
che soltanto le due figaro dei ganti Pietro e Paolo fossero ottimate
0 colorite dalBogiardini, e come più deboH e più imperfette del
rimanente, fossero poi cancellate nella restaurazione del qua-
dro (!]• Alla quale opinione noi di buon grado ci sottoscriviamo»
Di un altro dipìnto ci occorre al presente di faTelIaro, la-
sciato ngaalmeqte imperfetto da fra Bartolommeo, e finito ugual-
mente dal Bugiardini, intomo al quale nacque queUa stessa du*
bitaaione che si not6 per la Deposixiooe di Croce. È questa la
tarola del Ratto di Dina. SimUminu, scrì?e il Vasari, fece un
qwEdro del rBt$o di /Kn#, il fnofe é ^ppreeeo M* CrieUìforo Jtt*
nkrif che dal ietto GiuVano fu poi eoloriio^ dow seno e ema»
menH ed mvienaiomi imito hdaie. Nella yita poi del Bugiardini,
in luogo di dire ohe quella tavola fosse oolorita, scrive fosse
finita, soggiungendo che lo stesso Giuliano ne facesse altreri una
copia passata poi in Francia* Il MasaeBi in una nota a questo luogo
della vita di fra Barlofommeo, forse tratto in errore dalle pa-
role del Vasari , dke che il Bugiardini non terminasse ma solo
copiasse il Ratto di Dina del Frate (2). Questa opinme del
dotto illnstratore bob è più dato sostenere per un documento
rinvenutosi posteriormente dal dottore Giovanni GcQre. È questo
una lettera di Paolo Mini a Bartolommeo Valori, scritta di Fi-
renze nel giorno 8 di ottobre dell'anno 1531; nella quale nove^
rando non poche opere d' arte che in quel tempo si eseguivano
dagli artefici fiorentini, cosi si esprime: El Btigiardxno à una
opera degnissima, che fu disegno del frate di San MarchOy fini-
(1) Massblli» NoU 41 alla vita di Fra Bartolomnicu. RoftiRi) Storia
thlla Pittura ec., kc. cìt. Nota 6.
(2) Loc. cit. Nota M.
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92 MEMORIE
eUlo lui; e Michelagnolo non si può saxiare di chomendarb^ è
quando la figUa di lacobe fu rapitta^ detta dina chel testamento
vecchio nenara si bella istoria. V, S* qui sarà a Dio piacendo ,
vorà tale vegiate che cosa mirabilissima^ e da esseme vagho ogni
gran principe; e se dito duca dalbania o altro navesi nottixia »
per nulla nolo lacierebono^ non è finito (1). Perle quali scorrettis-
sime parole è ad evidenza provata la parte che Ginliaiio ebbe in
quel dipintole rimane chiarita e ferma Fanioritàdel Vasari. Le me-
morie del convento di S. Marco non ricordano questo quadro; ma il
citato Massdli scrive , che dal Ranieri per il quale era stato ese-
guito , fosse venduto a un vescovo de'Ricasoli ; che neDo scorso
secolo lo acquistasse il pittore Ignazio Hnglord , e alla morte di
lui fosse venduto a N. Smith console inglese a Venezia (2). Al
presente si crede passato in Inghilterra.
Date quelle notizie cosi della vita come ddle opere di fra
Bartolommeo ddla Porta che per certissime autorità o per va-
lide conghìetture si credono appartenere a questo periodo dda
sua carriera pittorica , chiuderemo il presente capitolo col ri-
cordare una deliberazione dei padri Domenicani di San Marco
nella quale può avere influito il nostro pittore.
Mell*aprile dell'anno 151!ì,.sendo nuovamente superiore di
quel convento il celebre P. Santi Pagnini, delle arti belle caldis-
(1) Carteggio inedito, ec. voi 2. pag. 231. N^ CLXIX. Avverte in
nota che qaesto Duca d* Albania h il Duca Giovanm figlio tli Aleasaodro ,
di cai era fratello GÌAcomo IH, noto per la sua dimora in Italia.
(2) Loc. cit. Nella Galleria degli Uffixi sono alcuni, disegni a penna
di fra Bartolommeo appartenenti al Ratto di Dina.
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LIBRO 111. GAP. V. 93
Simo promotore, forse per le persuasioni, e certamente col con-
siglio di fra Bartolommeo, vennero i religiosi neDa determina-
zione di rinnoyare la fabbrica della chiesa di S. Marco, la quale
riteneva tuttavia r antico disegno gotico, come può vedersi da
un avanzo della medesima, che è il coretto intemo dei religiosi.
Tolta occasione dalF essere in Firenze alcuni superiori dei con-
venti della Toscana convenuti al capitolo della Congregazione , il
Pagnìnì raccoltigli a consiglio nel giorno 27 di aprile di quello
stesso anno , espose ai medesimi il progetto di quella innova-
zione, proponendo ad architetto Baccio d' Agnolo , quel desso
che unitamente al Cronaca avea diretto i lavori del salone del
Consiglio della repubblica nei tempi del Savonarola, e che
avea fatto il ballatoio alla cupola del duomo di Firenze. Per
sopperire in parte alle spese della fabbrica, consigliò di cedere
ad alcuni cittadini il giuspatronato delle cappelle, a condizione
che essi sovvenissero di mezzi opportuni il nuovo edi6cio. Ap-
provato a unanimità di voti cosi il progetto come V architetto ,
si sottoscrissero tutti in numero di dieci. All' atto consigliare
succede però immediatamente una dichiarazione del P. segretario
del consiglio , nella quale si dice, come i Padri Deffinitori del
capitolo della Congregazione di S. Marco,, tenuto il giorno 9 di
maggio di quello stesso anno , avendo preso ad esame la delibe-
razione sopraccitata, giudicarono doversi soprassedere fino alla
nuova adunanza generale, nella quale si sarebbe dato il finale
decreto o affermativo o negativo che ei fosse (Ij. Ma atterriti
forse dalla grave spesa, gravati di debiti per la recente fabbrica
del noviziato, più non pensarono alla chiesa, che fu poi rico-
(I) Ricordante B. pag. 51. •
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dk MEMORIE
struita della sola parie interna l' anno 1580, col disegno del ce-
lebre scnltore ed architetto Gian Bologna; e con le roTiiie di
tntti quei preziosi a freschi di Pietro Cayallini e di Lorenzo
di Bicci, che ne adornavano vagamente le pareti, solo scam-
pando dal vandalico ferro dei distruttori una bellissima Annun-
ziazione del Cavallini. La quale rovina né il Pagnini, né fra
Bartolommeo della P(»ta avrebbero certamente comportata (1).
(1) Il P. Giuseppe Klcha , dotto invero, ma dì pittura non molto in-
telligente, scrive a questo proposito: Avendo Gian Bologna levale via molle
figure antiche dipinte a fresco da Pietro Cavallini^ le quali Jacevano
piuttosto conjuiione che le dessero decoro ^ la ridusse a quel helV ordine
di sei cappelle per parte. Notizie istoriche delle Chiese Fiorentine. Le-
zione XIT. § 2. Il Vasari, che reataoró S. Maria Novella, fece togliere
ttgualaMiite alcuni pretiosùtimi a freghi di MasacdO| dèli* An|elico ec. Gian
Bolof ni t il Vasari erano due riaomati artefici della loro età , e non per-
tanto non abborrirono da snella distruaione. Or si faccia ragionA ae d^
vettcro essere meno barbari gli altri.
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9S
CAPITOLO VI.
Fra Bartolomfneo in Roma: — Chi fosse fra Mariano Fettìper
il quale questo pittore colorisce due grandi tavole. — Prende
a seguitare Michelangiolo Buonarroti. — Ritoma in Firenze. —
Dipinti di questa quarta ed ultima maniera.
ilei tempo che Q Frate di S. Marco prodaceva opere tanto
stupende, quei giovine pitUn'e di Urbino, il quale nel 1506 eresi
btto sao discepolo wi magistero del colotire, di tanto si era
levato sopra la comune estimasione degli artefici tutti , che col-
locatosi d' im tratto allato al Buonarroti, gS cont^deva il pri-
mato ddla pittura. Il perchè gli studiosi di queste arti non ben
sapevano qual più dovessero commendare; se le squisite bellezze
e le celestiali grazie del Sanzio, o la sublime grandezza del
BoonarrotL Tutti confessavano non pertanto, che se non era
dato instituìre fra costoro un paragone, era bensì dovere ap-
pellarli entrambi sommi e inarrivabili maestri. Era sorto per-
tanto in tutti gli artefici fiorentini vivissimo il desiderio di re-
carsi a Roma onde ammirarne i capi lavori, e giovarsi dei loro
esempi e dei loro consigli. Ma nel Porta questo desiderio era
eziandio maggiore, perciocché egli, non pure considerava nel-
r Urbinate il pittore privilegiato dal cielo, ma l'amico ed il com-
pagno de' suoi studi, colui che lo aveva introdotto nei segreti
deUa prospettiva. Ottenutane adunque «facoltà dai superiori , il
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96 MEMORIE
Frate muoveva alla volta di Roma, per ciò che io stimo.
Fanno 1314; prendendo la via di Siena e di Viterbo. Sembra
indubitato facesse alcuna dimora nel convento di S. Maria della
Quèrcia presso quest' ultima città, e alle preghiere dì quei reli-
giosi togliesse a dipingere due quadri, dei quali uno condusse a
termine, e l' altro lasciò imperretto. D primo aveva a soggetto
G. C. risorto che in sembianza di ortolano si appresenta alla
Maddalena (1). 11 secondo oflerivala B. Vergine circondata dai Santi
dell'Ordine Domenicano; quadro grandissimo che lasciò dise-
gnato soltanto. Scrive Giorgio Vasari, che Mariotto Albertinelli
cominciasse un quadro per la chiesa di S. M. della Quercia , e
poi lo lasciasse imperfetto volendo recarsi a Roma. Di questo
quadro egli ci tacque V argomento. Ma neUa vita di Jacopo da
Pontormo, quasi dimentico di quanto aveva scritto in quella di
Mariotto, soggiunge : Non molto dopo esiendo Mariotto partito di
FirenMe (dopo la venuta di Raflaelló-ln delta città), ed ondalo a
lavorare a Viterbo la tavola che fra Bartohnnmeo vi aveva ineo-
minciaia. Per le quali autorità non ben sai se il Vasari parii di
uno o di due diversi quadri. Né si dee lasciar di avvertire, come
(1) Libro delle Croniche della Chieta e SacrUUa del Conv. delln
Quercia. Un voi. MS. fol. 9. « La Cappella che seguita è della Chiesa
et non ha padrone, vi è bene una bellissima tavola di mano delV eccel-
lente fra BartolommeOf che è Nostro Signore, quando informa di Orto-
lano si appresenta alla Maddalena, Il Rev, jP. Priore , che è adesso il
P. Jra Zanobi Buonaccorsi, Ita dato ordine et commissione al Sagrestano
maggiore, che è lo scrittore presente, che la comodi di ornamento con-
veniente a si bella pittura y ma non si è ancora JaUo per non esservi di
molta comodità.» Questo quadro , per quanto mi sì scrìve, più wm esiste.
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LIBRO III. CAP. VI. 97
egU turbi r ordine croadogico della vita di qaesU piUori; dap-
poiché Doa è possibile conoedere una gita di fra BarUdommeo
a Viterbo nei tempi che Raffaello vemie a Fhrenze; né di Ma*
riotto nel 1514, per essere forse già trapassato. Dalle citate me-
morie del convento di S. M. della Quercia appare al contrario ,
che la tavola lasciala imperfetta dal Porta venne condotta a ter-
mine da fra Paolino di Pistoia.
AUoraquando fra* Bariolommeo giungeva in Roma, Leone X
di recente era asceso al sQgUo pontificio; Raffaello coloriva nel
Vaticano le storie dell'Attila e della prigionia di San Pietro; Mi-
cheIangÌQlo;MM)lpiva o ^odelhiva la statua del Uose per il hm>-
numento di Giulio II, e fra Giocondo con Giuliano da S. Gallo
tenevano il posto di Bramante nella fabbrica di S. Pietro. Al
nuovo PonteBce non era certamente ignoto il nome ed il merito
del pittore di S. Marco » avendogli i religiosi di quel convento
fatto dono di un suo dipinto, e scrivendo il Vasari che fra Bar-
tolommeo fece asMwra aktmi quadri per GÙMHMni CaràmaU dei
Mediei, Nondimeno ei non rinvenne il mecenate nel Pontefice ,
ma si in un personaggio' molto singolare, che ci è mestieri far
conoscere ai nostri lettori. È questi fra Mariano Petti, laico del
convento di S. Marco. Indossate le divise domenicane per le mani
di fra Girolamo Savonarola, si era trovato presente alla mise-
randa tragedia con la quale questi avea chiusi i Suoi giorni.
Veduta la rovina del partito dei Piagnoni^ questo laico si
era dato a piaggiare e adulare i Medici. A dovizia fornito di
sali, di arguzie, di piacevolezze, terribile parlatore, si era con
queste arti guadagnato il favore dd cardinale Giovanni de' Me-
dici; il quale salito al soglio Pontificio tenne nel grado stesso e
n. 7
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98 M E M O R r E
nella stessa famigliarità qaeslo laica fiorentifto ^ eoi assai meglio
che al Corradini si dovea 11 notne di fra Carneeék. le non so se
a fra Mariano, nel tempo che Dsoeva fl gitillare «Ha corte di
Leone X, sarà mai tornato al pensiem il fiSRiestissJniò giorno
28 maggio 14961 Sembra però che sentisse quanto male si ad-
diceva qnd mestiere a quélfabito che avea rìcernto dairaosteHo
riformatore, e lo depose per indossarne nn altra ngaalmenle
periV venerando (I). Premio df queste gioD^ie era stata dap-
prima la chiesa ed il conventa di &. SBvestro a ^lonte Cavalo,
che egli domandò ed ottenne per la stra Congregatione (fi To-
scana (2). Poscia crescintoglì V animo a maggiori dimande, osò
(1) In quel secolo 1* uso di ritenere alU corte persone dì umore fe-
stevole che ricreassero ! Sovrani e tutti i grandi Signori dalle cure mole-
ste del reggiroenfb de* popoli , era comune in Europa ; ni è a meravigCare
se fosse ritenuto dt Leone X. P^ò «• di ciò hggerst il Urabosctk?, e il
BettmeUi.
Fra liarian* eracsialo Testko dèH* alato dbmenicaA^ T a«no 1499. Kbbt
in Rmiia ruflcì* èek Ptombe il gìonm 12 da manodrit* anno Ì5i4, rW
è a d«M« aoMemrò inMiedialaolcfito a BfMMmtev comò aà deduce d« nm
lettera di Ba&dasfarra Turrìnl 9 Lorena» de' Medici. (GavBy Cmrte^gio Ins-
dito; voi 2, M 80, pag. 135). Nel maggio dì<^llo sttsM anno ai trovano
aggiunti a fra Mariano nell' ufEcio del Piombo, un fra Bernardo^ e un
Matteo Strosaieri, l* ultimo dei quali col titolo di 'coadiutore di fra Ma-
riano, e con la provvisione di X ducati di oro al mese (ino alla morte di
uno di questi due frati, cioè o del Fetti o di fra Bernardo (Gatk, loc.
cit). Fra Mariano morì nell' abito Cistercense l* anno 1531 e gli succedette
il Luciani. V. Razzi e Bom^amaccri.
(3) San Silvestro fu rinunKiato d^i Domenicani delta Toscana af fàm-
tefice Paolo 111 per avere già oftemito 'de Cfememe VII', che il convento
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LIBRO IH. CAP. VI. 99
nehiMiere ai Pontefice 1* «ffleioéd Piotubo e lo eotmiguà; qidl'af-
ficioche era stata dato a BraoMiiite » prendo delT arte e deffin-
fegoo graiiAsriaio ; ehe non area potato ottenére Fidsigne orafo e
scoMore ^eartenatto CcUidì (1) ; e ^e in quella siagme datasi ai
pia illastri artefici, i quali reatìvano poi le ditise di ìaoiiad
Cistocaifliy e dkeransi Frarlì JPìcniibciiarì daffafflcio di apporre
ì piombi ai diplomi e alfe Indte dei Poadefici. In qnel seooto, fra
gU arti^y t ottennero il pittore Sebastiano Lnciant vinìziaÉo , e
Gerolamo Lombardi senltore rnSaneae* Qoando il Porta giome
in Boam fra Mariano Fotti raUegra?a fe cene del Pontefice ool
BarabaDo e can F Aroipoeta; e oome la qoelhi ategìone latti
etilMo i qnaU volerano entrare sella gratis di Leone X, e
guadagnarsi il fiivore e la eatf mazione della moltitadiner, donreanò
essere 0 mostrarsi fator^giatori degli artisti, ttà HarUMio, •
portasse verace amore aUe arti, o gli piacesse cwÉmmttt aHà
moddy vcdle seguitare r aiAho^ dei tempi, ed invitò sécrM-
Tamente a dipingere nella sna chiesa di S. SfiTostro, Pdidoro
da CaraTaggio, Baldassarre Pemzzi, Mariottd Albettìnelli; e
tosto fu gionto in Roma fra Bartolommeo della Porta , il Petti
si dichiarò suo mecenate e proteggitore, e gli commise di co-
lorire ii^ due grandi tavole le figure di S. Pietro e di S. Paolo
apostoli per la sua chiesa di Monte Cavallo.
dielk Minerra fosse aggNgtto alla loro Omgr«gatione. Vedi Bazzi, Cro-
naca della Provincia Romana^ pag. 105.
(i> Vita m BBiniiiU'ro IGillivi scrina da lui medesimo; libro I,
Csip, XI. Per quanto egli affema^ Fafficio del Piombo fntttava meglio di
800 scodi d' oro.
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100 MEMORIE
Prima cura del Porta fu riabbracciare T amico Raffadlo (1).
Sodo facili a concepirsi le affettuose e liete accoglienze di que-
sti due illustri pittori. Raffaello ayrà condotto il frate di San
Marco ad anunirare tutti i suoi dipinti, e qudli che con i suoi
disegni eseguivano Giulio Romano e gli altri discepoli; gli arra
divisato r ordine e il modo di quelli che restavano a farsi , e
insieme additati i cartóni che doveano sa'vire per gli Arazri
tessuti poi ndle Fiandre. Di quale conforto non sarà stato al-
l' animo ben fatto del Porta vedere i rapidi avanzamenti nel-
Farle di uno stato già suo discepolo nd colorire? Incapace
d'invidia, ne avrà ammirata ed encomiata la purezza dd di-
segno, la eleganza delle forme, 1* armonia dolce e tranquilla
ddle tinte; e tutti quei pregi pe* quali il Sanzio sarà etano
modello a tutti gli artefici delle future età. Ma sembra che for-
tissima e quasi straordinaria impressione facessero su V animo
di fra Bartolommeo la vista degli antichi marmi, de'quali Roma
(1) Erano tuttavia «otto il torchio i primi fogU della vita di fra Bar-
tolommeo della Porta, quando Firenze andava lieta del ritrovamento di
un rarissimo a fresco di Raffaello da Urbino, rinvenuto nel refettorio dd
soppresso monastero di S. Onofrio in via Faenza. Rappresenta G. C. con
gli Apostoli seduti ali* ultima cena : tutte figure grandi al vero. Per questo
dipinto contrassegnato dall'anno IKOtf , si conferma viemmeglio quanto
abbiamo scritto intorno ali* epoca in cui il Sanzio si fece in Firenze disce-
polo del Frate nel colorire; epoca da noi stabilita tra il 1606 e il i807;
percioccbi in tsso , a giudizio degli intelligenti, non appariscono ancora i
segni del nuovo e più grandioso stile, ni del tingere più vigoroso. Ai
cbiarissimi artefici Zotti e conte Carlo della Porta andiamo debitori di
così iftiportMitt .«coperta.
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LIBRO III. GAP. VI. 101
ha tanta dovizia. Recatosi quindi presso Micbelangiolo Buonar-
roti, potè federe una parte del monumento di Giulio II; e alla
Sistina i flreschi stupendi del Genesi , e i Profeti già a termine
ccmdottl. Era forse quella la prima Tolta che eì vedeva alcun
dipinto di rilevanza del Buonarroti , percioccliè si disse che il
cartone della guerra di Pisa non era mai stato colorito. Col-
locato fra que'due grandi luminari » il Frate parve conie stupe-
fiitto, e lungamente dubbioso quale dei due dovesse tog^ere a
modello nei suoi dipinti. L' Urbinate sacrificava alle grazie,
Micbelangiolo aspirava al grandioso . e al sublime. U primo
educava una eletta e numerosa schiera di valorosi giovani
ne' quali trasftiso tutta la soavità del suo pennello, a Ma il
Buonarroti, (sono parole di Pietro Giordani ] nel quale fu sommo
e quasi soverchiante l' ingegno, volle andare piuttosto solo che
primo, e sdegntfndo le vie segnate errò per nuovi sentieri. Non
si ricordò l'uomo grandissimo che le arti vogliono scienza a uso
non a pompa: e trovandosi nella anatomia dottissimo, di questa
massimamente fece superflua ostentazione; e cercò inoltre di
esprimere sempre un certo che di tragrande e di forzato che
trapassa il naturale. Con V autorità del nome e della fortuna si
tirò dietro molti, i quali non essendo scusati da simil empito
d' ingegno, peccarono con minori forze, con più temerità e mag-
giore vergogna (1). » Frate Bartolommeo avea con sua bellissima
lode seguitate le tracce di Lionardo, di Raffaello e de'Viniziani ;
compreso da meraviglia- par il grandioso di Micbelangiolo , e
veduto che Raffaello stesso avea tentato un riavvicinamento
coQ'emulo suo, ingrandendo alquanto più la maniera, volle ei
(i) Opere di Pietro Giordani, voi II, p»g. 76 e voi V, pag. 59.
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Me MEMORIE
fmm dfoeiitarsi in qnett'^yniigo ftmeito a molti, e a fai non
fienpre felice. E ^hì d é mestieri 4Ì80or4are alquaalo dal Laa-
zi, jl fnale scriye, che il Porla akimi Mm 0^e$$o Uo in
Roma a tedo'e le 4tperi èri Bmmrroti e del AuMt^ , ojyroiuR,
$e non wro , la ma JMMitera, mafiàcìmal eandUadino n con-
formò itmpre aUamco ; gramd$ e grazioto imieme ne' voUi e in
tutlù il ditegno. N$ è prona qurila mm tmola a Piai che Pietro
da Coriona orodeiU opera di BsffodUo^ benché il Fraie ia eokh
riue friena di andare a Marna (1). Or noi chieéHremOy «ome la
inrol^ che è a Ktti possa ter ragione a prorare che ^ingran-
disse la maniera a cagione delle opere ?ednte in Boma, iinando
si concede che ei la colorisse innanzi di pantire aHa volta di
lineila città? in qnella vece noi aegnìleneaio <*aatorUà di coloro
« quali sembrò neH'oUima maniera 4A Frate» i^edere 08eer?a4i
i precetti e seguitati gM esempi del Bnonaivolì. b qoest'oUwo
periodo ddta sua carriara artistica, il Porta ingrandisce tal
Asta i contorni fino alla esageraziene; e si muoY/ene e il piegtyre
^ià sente alquanto non pure di ardilo m^ ibrs' anco di .manierato.
AH' Algarotii parve it Porta pooo elevato netto sagome degU
uomini volgari e vicino al tozzo. Ai Caracd ed a &kngs parve
tal fiata rozzo Micbelangiolo. Or ^ando iUiai ciò fia lecito af-
fermare di Raffaello e dei aegnad'^ b stimo che dal non aver
saputo conoscere la influenKa che ebbero sul pittore di & Marco
le diverse scudte d' Italia , e pevoìò non potuti parlire i anoì di-
pinti nelte proprie loro classi, sia na|ta tanta disparitaci gandici,
ohe lo stesso dìpintoÉe sia detto graaioso da uno, £ JUoso e
poco elevalo da un altro. Ma obiarite le quattro maniere dallo
(1) Storta Piliorica delV Italia^ voi 1. Scuola Fiorentina, Epoca T
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LIBHO m. CAP. VI. t03
stesso siicce8$iiraiQai(# temila, apparirà vera la senteaca degli
uni e degli altri.
Si pongano a riscoetro il quadro della cattedrale di Lucca,
0 il Dio Padre che benedice S. Caterina e S. Maria Maddalena ,
eoo il SalTatore risorto che adorna la galleria dei Pitti in Fi-
renge» e in questi tre dipintit cbe, segnano quasi il principio e il
temine ddla carriera del JPorta, ai farà manif^ta la imitaaione
di Aa£EBelio e di Michelangiolo; onde veramente apparirà nobile
e grazioso nel primo; e grandioso oertamenle nel secondo, ma
alquanto ignobile e tozjio. Se l'ultima sua manier» non va prina
di pregi bellissimi per un {are assai più largo, troppo a mio
avviso è dalla seconda e dalla terza superaia e vinta neOa ele^
ganza e nella semplicità. Senza che, al genio mite e devoto del
Frale meglio si addieefa quella, ingenua manifestazione dell'arte,
che è segno d' indole nalaralmenie posata e tranquilla. Ond'io
seapte che vedo il Mosè del Buonarroti, tosto ricoanesco Taoimo
e la mano sdegnosa di Ini che iioa paventava la grande ira del
i$condo (Ariosto); ma nel dipinto del S« llar«o di fra Bartolommeo
cerco invano quel Baccio dsUa PatU timite e pauroso, che nell'as-
sallo dato al convento di S. Marco impallidiva dallo spavento.
Primo saggio del nuovo stile Michdangiolesco furono i
due ApostoM, che tolse a colorire per fra Mariano FeltL io non
bvellerò che del disegno e della composizione, per non aver
vedati gli originali int Roma, ma solo i cartoni che sì conser-
vano tuttevia in Firettzek Seme questi alti intorno a quattro
braccia.
I due promulgatori del Vangdo hanno atto e sembianza
quanto mai dir si possa venerevole e maestosa, ma più mi-
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104 MEMORIE
tezza è in S. Pietro, e nobiltà maggiore in S. Paoto. il primo
ha nella destra una pergamena , e neUa manca no volume. È in
istato di calma; e sollevati gli occhi al cielo» sembra chieder
lume e forza onde promulgare a corrotti popoli l' austera e da
loro abbonita legge della Croce. Il S. Paolo, non quale ce lo
descrisse S. Luca negli Atti Apostolici, piccolo, e forse ignobile
neUe forme; ma improntato di tale una maestà e fierezza , che
bene all' ampia fronte, agli occhi scmtillanti, all'atto pronto e
vivace, ravvisi il grande oratore, Fuomo che sfida le catone e la
morte. Tiene nella destra, giusta il consueto, la spada, e la punta
di essa e il destro piede posati sopra un imbasamento di antica
colonna, in guisa che sembra aver già vinta e prostrata la
idolatria, e quasi calpestare gli avanzi dei templi degli idoli.
Sotto del sinistro braccio è chiuso il volume della divina legge.
L' ampio e nobile paludamento è quale si conCace a cittadino
romano; e nell'una e neff altra di queste due figure è gran bel-
lezza di pieghe, ma già, a mio avviso, alquanto lontan&da quel-
l'aurea semplicità che tanto ammirammo nei due quadri di Luc-
ca. Al Lanzi parve la Scuola Fiorentina misera anzi che no nel
rivestire le sue figure; e loda perciò i Caracci che di panni sono
più larghi dispensatorì. lo non approvo quel lungo codazzo , e
quel cascar delle vesti di dosso alle figure, che piacque al secdo
ed alla scuola del Caracci; perciocché se la miseria è odiosa cosa
a vedere, non lo è meno un inutile ingombro di panni ; non
a coprire la persona, ma si ad opprimerla ed avvilupparla. Del
rimanente, in queste due figure avvene sol quanto alla mae-
stà e al decoro si addice. Parci in ambedue sia corretto il dise-
gno e ben dintornate le estremità; vive e parlanti le teste; solo
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LIB. 111. GAP. VI. 105
nel S. Pietro non paò lodarsi il modo non naturale col quale
règge colla sinistra mano il vohime. Ninno che attentamente le
consideri, potrà non rayyisaryi i segni del nnoTo e più grandioso
stile (1). Monsignor Bottarì ed il P. Pungileoni scrivono , che
questi due Apostoli in Roma sono presi ambedue per di Raffaello
da iuta i pittori i pia periti (2).
(1) Questi due quadri dalla chiesa di San Silvestro a Monte Cavallo,
passarono nel Palauo del Pontefice. 11 P. Serafino Guidotti, pittore dome-
mcano, del quale sì é altrove parlato, con sua del 23 giugno del corrente
anno 1845, così di Roma scrìvevami intomo questi due dipìnti del Porta.
Ho vedutinel Palazzo di Monte Cavallo i due Apostoli di fra Bartolommeo.
Questi due quadri sono rovinatissimi , <f malamente restaurati ^ meno la
testa del San Pietro che è assai ben conservata, di bel carattere , e di-
pinta con molta Jìnezza ; essa sorte ajfatto dal comune delle teste di fra
Bartolommeo. Sono steti incìsi a contorno da Francesco Garzoli sul dise-
gno del P. GugHelini, e formano la tavola IV dell* Ape Italiana; opera
periodica cominciata a Roma nell* anno 1834. I due cartoni originali, come
si disse , si conservano nell* Accademia fiorentina del disegno , e sono stati
disegnati da A. Tricca, e incìsi da C. Ferri per la illustrazione di quella
Galleria che si pubblica dal eh. sig. Antonio Perfetti.
(2) Note alla edizione del Vasari del 1771, voi III, pag. 110, nota 3.
PcHGiLEOKi, Elogio di Rajjaello^ pag. 237 in nota. Il P. Sindaco del conv.
di San Marco ricorda queste due tavole nei termini seguenti. Item dua
quadri di circa br. 4 ahi, ne* quali è in uno San Piero, nelV altro
San Paulo di valuta di due XXX ma p. che el San Piero è un podio
imperfetto però non gli metto se non ducati TS^ furono donati a San Sil-
vestro. Il eh. Prof. Tommaso Minardi accertavami, che nelle vicinanze dì Roma,
in una antica chiesa abbaziale, che al presente credo abbandonata, vide
una pittura a fresco di mano di fra Bartolommeo, ma non ultimata , e ,
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|0« MEMORIE
Le due sopra citate tayole non erano aooora condotte al
loro termine, e già tra Bartolommeo prendea connato dagli amici
onde far ritorno in Firenze. La consideratone di tanti capi la-
vori dell' arte, quella elettisaiiBa società di grandi uomini onde
allora abbellivasi Roma, aveano prodotta su V animo del Frate
quella gagliarda impressione, che poi sperimentarono il Rosso,
Andrea del Sarto e Tiziano medesimo; onde il Vasari ce lo
dipinge non pure altamente meravigliato, ma perfino stordito.
Alla cui modestia, soggiunge il Lanzi, ha supplito di poi la Tran-
chezza d' innumerabili mediocri, vivuti gran tempo a Roma sa la
fiducia dei loro scarsi talenti, e spesso delle mal collocate prote-
zioni (i). Forse ebbero allora principio in fraRartolommeo i germi
di una infermità, che in b'reve tempo lo trasse al sepolcro;
perciocché dopo il suo ritomo da Roma ta sempre cagionevole di
salate, e da grave languore e da mesti pensieri travagliato.
Condotta pertanto a termine la figura del S. Pado, e non an-
cora ultimata quella del S. Pietro , fra Bartolommeo abbracciò
di bel nuovo Raffadlo , che non dovea più rivedere; e mo-
strando dolore di lasciare quel dipinto imperfetto in luogo tanto
insigne, il Sanzio, che nel Frate di S. Marco amava l' amico e
venerava il maestro, si profferì gentilmente di compierlo ei
stesso; il che fu accolto con inestimabile consolazione del Porta.
Tratto rarissimo di urbanità, perciocché Raffaello era in quel
xssai mal concia. Forse il Frate sperando alcnn sollievo alle sue inrernùlà,
si condusse a respirar l* aria della campagna, ove in quella vece avendo peg-
giorato, lasciò qael dipinto imperfetto, come lasciò la tavola del San' Pie-
tro in Roma.
(1) Storia Pittorica f loc. cil.
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LIBRO m. GAP. VI. 107
Um9Q oItr« figm 4ìre oppressalo da molteplici e svariate opere
di pìttuira e di arpbiteUurap
h^ diiQpr^ di Era Bartolomoieo in Roma non fa yerosimil-
meote pii lunga di uno o due mesi. Giunto in Firenjee intomo
U netà deli' estate di qudl'anno iSU, inlermò; e lo troviamo
nei priw di luglio all'Ospizio dei Domenicani iq Pian di Mu-
gnoncj opd^ rinfrancare le perdute forze* Srano $eoo due ^oi
discepoli, Tero$ìmilmente frate Paolino e frate Agostino, ai «uali,
per cagione di esercizio, fece pitturare alcune storie di Santi
Padri» che più non esistono; ed ^U stesso, tutto cbe infermo,
colorì s«) muro una B. V. col figlio in braccio, che rimane, e
porta i segni del nuovo stile, cer^^mente assai più grandioso
delle altre spe cose («].
Ab innanzi preodiawp a descrivere le opere dalPorfta as^fuite
in questo fu^rtp ed uitipp periodo delU m^ ^ì^ pittorica , fe di
pnestieri cbe per chiare note n^ dichiariamo l' indole e la natu-
ra; iq g^m cbe poi ci sia dato facilmente oonoscere qqei di-
pinti che le appartengono, e risalire, se fia possibile, ai generali
princqij dai qoali quella maniera sembraci derivare: il cbe se
ci yerrà fette di conseguiipe, stimeremo avere portata non poca
Jucp sulla storia artistica di questo insigne artefice.
La più parte dei dipintori cbe fiorirono nel secolo XY, ave-
vano ereditato dai giotteschi e dai nuniatori uno studio di soTercbia
pulitura nei loro dipinti, i quali con tanta diligenza conducevano in
t«tte le loro partii che nell' arte non di rado appariva lo stento,
e leccati e lisciati potevano, non altrimenti che miniature, assai
dappresso considerarsi. Per simil guisa il disegno annunziava
(a) Vedi Documento (VII.)
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108 M E M O R r E
una cotal timidezza, e quasi paura di non trapassare i conflid
del yero. Il colore slesso, intuonato ed armonioso, non aspirava
ancora al vanto di illudere i sensi per guisa, che le figure ap-
parissero muoversi, e quasi staccarsi dal quadro. Per tacere che
delle altre difficoltà dell'Arte, come degli scorti, e de'sotto insù,
come dicono i pitton, erano o ignari o paurosi. La quale timi-
dezza si ravvisa eziandio nel modo onde atteggiavano le figure,
le quali per lo consueto erano in istato di calma, e assai com-
poste cosi negli atti, come nell' arieggiare stesso dei volti. Ha
nei comiuciamenti del secolo XVI, e più nei tempi che seguita-
rono, era in molti sorto il desiderio di francarsi da quella, che
essi dicevano servitù e grettezza degli ^antichi maestri. Perla
qual cosa, nel disegno amarono i contorni più larghi e pronun-
ciati, e la ragione dei muscoli e dei tendini indicata molto evi-
dentemente, a far nota agli osservatori la loro perizia delle cose
di anatomia. Nel colorire poi, in luogo di molte velature, sem-
bra preferissero tocchi fi'anchi e risoluti; onde pochi e maestre-
voli colpi di pennello rendessero il concetto più energico, come
versi sgorganti per empito di poetica vena, insofferenti di lima.
Per siffatta guisa questi dipinti, veduti da lungi , hanno certa
fierezza e originalità che sorprende (1). Nella composizione gra-
datamente crescendo di numero le figure, giunsero in breve a
quella affollata moltitudine, che assai volte genera confusione.
Ma ciò che più mi offende in costoro, è il soverchio movimento
impresso nelle figure, quasi atteggiate a danza o a teatrale de-
clamazione; onde volendo che i panni seguitassero il moto <lellt
(i) Lo stesso vuol dirsi della Scultura. Queste stesse massinie ponoo
▼fdersì svolte dal Vasari nella Vita di Luca della Robbia.
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LIBRO III. GAP. VI. 109
persona, fecero ridevolì svolazzi dì vesti e di veli, qaasi da yento
impetuoso agitati e commossi. I quali difetti, che fino alla metà
del secolo XVI apparvero tuttavia tenui assai, e in non molti ar-
tefici, crebbero in breve siffattamente, che da quella deprava-
zione ingenerossi la impura e delirante setta de'Manieristi. Per
questa via dalla servitù si passò alla licenza. Ma per ciò che
spetta a fra Bartolommeo della Porta, dirò quanto io stimo vero
intomo questo ultimo periodo della sua carriera artistica , non
delBnendo e asseverando con certezza di dottrina, ma per modo
di semplice investigazione; sottoponendo il mio parere a quello
dei periti in queste arti. Parmi adunque che negli ultimi suoi
dipinti, alcuni eccettuati, la franchezza e la speditezza della
mano degeneri in crudezza di linee e di tinte ; più strettamente
seguace e imitatore dd vero, raro è, segnatamente nelle figure
virili, che si elevi fino al bello ideale; nelle proporzioni sem-
bra tal fiata rcreacere fino alla esagerazione, e certamente sopra
le naturali forme; onde di lui può dirsi ciò che di Zeusi atEer-
mava Quintiliano, che Fuomo da lui dipinto sia più robusto e
di più gran membratura che non é V uomo ordinario : segui-
tando in ciò Omero, al quale cosi negli uomini come nelle fem-
mine piacquero le totme tragrandi (1). Opino eziandio, che dopo
vedute le cose di Hichelangiolo, e le sculture greche e latine
in Roma, il Porta per lo studio e la imitazione di quelle, ri-
tragga alquanto nelle sue figure dello statuino e del marmo ,
così nella forma come nelle movenze delle sue figure. I quali
difetti sono poi compensati in gran parte da molte bellezze,
che qdendono in questi ultimi dipinti, ne* quali per la copia
(ìf InMitiU. Orai, Hb. XIT, e. 10.
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HO MEMORIE
garf^g:ia eoa Paolo Veronese, nel vigor dette tìnle con Tìnano
VeceUio, e nel grandioso con Micbelangioto Biionarroti*
Prima soUecitndine di fra Bartoloameo toelo ginnlo in
Firenze» fu perfezionare nella pittara fra Paolmo del Signoraccio ,
per lasciar dopo morte un sneeessore nelF atte nd ano slesso
Instituto; e perchè meglio conoscesse il disegno, e la ragione
del lumi e degli sbattimenti nelle figwe, Io tenne esercitato
al modellare di terra, od che potea ralersi dell'opera di fra
Ambrogio della Robbia, plastico peritisahno. Costumanza «tOe
molto, e comune allora aUa più parte dei pittori ; e neSa no-
stra età con pessimo consiglio àbbfltidonata. Quindi rliniese fl
dipingere. Gli arteflci fiorentini, arguti motteggiatori , e nsi a
mordersi gli noi gli altri, andavano dioc»ido, essere liiveit> frate
Bartolommeo sommo coloritore, ma nello stadio e nd disegno
del nudo debole troppo; il perchè non tanto a far pómpa di
bellissime pieghe, quanto a edare cpn^ta ana imfMJrrèilone ,
ctòasse vestire di molti panni le s«e figure. Altri poi stiro
f^gioflcrrolmente dei primi, soggiungevanev mancargli eziandio
l'arte e r ingegno ndle grandi propòrcionfe; e non pertanto il
Pèrta avea colorite grandissime tavole con figurel tette al na*
tmràle. Queste dne accuse rivelano la natura dd tempi ; ooodo»-
Slàehè soAo valente artefice appdlavasi aloraeoloi che meglio e
ptù copiosametfle degli altri facesse mostra di mèmbra IgnÉde;
e chi iM^suM dìpiAll seguitasse più de vicino te forme e ter prò*
porzioni déHe antiche statue. Accuse ohe sul cadere di ^eio
stesso Mcòto ripetute contro il celebre scuHore Gian Bologna,
produssero il gnippo del Ratto deMé Sabine (I). Per la qttal coss
(1) Raffaello Borchihi, Il Ripòso,
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LIBRO III. CAP. VI. HI
DomMIo cr* mAHù dire^ a? ere a luì più gfa^ralp i detti Mor-
daci e fe aspre cerante de' saoi coMMadinl , cbe le acolaiia-
ztetti e le laudi dei Veneziani ; perebè da queite area toUo
occaiioiie a perfeononarsi iiell' arte^ per questo^ slinMidoBi gi*
perfetto. Boa arrdibe proceduta piv oltre. Ferìlo il Porla
uelFamor proprio, come che setipre abborrente dalle nudità, non
resse lungamente alla prova; e a mostrarsi dotto tidlo studio
del corpo umano, disegnò e colori ignudo il santo martire Seba-
stiano, a con colorito, scrive il Vasari, molto alla carne simile,
di dolce aria e di corrispondente bellezza alla persona pari-
mente finito, dove infinite lodi acquistò presso gli artefici. Di-
cesi che stando in chiesa per mostra questa figura, avevano
trovato i frati nelle confessioni donne, che nel guardarlo ave-
vano peccate per la leggiadra e lasciva imitazione del vivo
datagti daUa virtà di fra Bartdommeo: per il cbe levatolo di
chiesa, lo misero nel eapiloto, dove non dimorò inolto tempo ,
che da Giovanni Battista deDa Palla compralo, fu mandato al
re di Francia (1). » Io credo che il Frale, sebbene non ecce-
desse i termini della decenza, provasse pof vergogna e rimordi-
mento di quel dipinto. Certo egli è, che mai più non si fece lecite
sinùli nudità. Per le memorie conservateci dal sindaco del con-
vento di S. Marco appare, che queste quadro fosse nella sua al-
tezza braccia 4 |; e che oltre la figura del santo martire vi
fosse quella eziandio di un Angioletto; e che èra stato valutato
solamente 20 ducati; poco certamente considerato il merito e la
(I) Questo Giovanni Battuta della Palla era negosiante di quadri, e
di Ini parlasi in più luoghi del Vasari, ma segnatamente nella vita di
Andrea del Saito.
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112 MEMORIE
grandezza del medesimo (1). Che qaeaCo quadro non avesse pro-
spettiva di paese, lo accerta il Vasari scrivendo, che il Porta
tirò mia nicchia in prospettiva che parea di rilievo incavata
nella tavola, e cosi con le comici incavate attorno Tece orna-
mento alla figura di mezzo (3). E chi bramasse sapere il per-
(1) /iem, un quadro di br. ^ ^ allo, nel quale è San Bastiano
con V Angelo,
(2) Ove si trovasse questo Stn Sebastiano del Frate, fa longamenU
e invano cercato. Il sig. Manette sospettò esser quello stesso che aveva Cro-
Kart, ora posseduto dal sig. Barone di Thiers, e gi^ creduto del Vinci.
(Vedi BoTTARi, nota 1 alla pag. 118 della viu di fra Bartolommeo). Credesi
al presente averlo trovato. Questa notizia debbo alla molta cortesia e al
molto sapere del eh. sig. Giovanni Masselli. Ecco quanto egli mi scriveva
nel giugno del corrente anno. « Il sig. Beniamino Alaffìre di Tolosa crede es*
sere il possessore del San Sebastiano di fra Bartolommeo, che, secondo il
Vasari, fu mandato in Francia da Giovanni Battista della Palla. In un ar-
ticolo inserito nel Diario di Tolosa del 17 giugno 1844 cosi esprimesi lo
stesso sig. Alaffre. « Nel tempo de' nostri rivolutionarj sconrolgimcntì, dopo
la devastatione delle chiese, tre quadri furono venduti da un incognito a
mio padre al prezzo di 48 franchi per ciascheduno. Queste tre tele ave-
vano adomata la cappella di una delle ville reali dei contomi di Parigi, e
rappresentavano una l* agonia di Ge^ù Cristo, un* altra V Ànnunziazione , e
la tersa San Sebastiano. Questa ultima, la più bella delle tre, è quella
che io possiedo, e che ascrivo a fra Bartolommeo. » Quindi espone le ra-
gioni sulle quali fonda la sua opinione, e che in compendio sono le seguenti-
Il quadro mandato a Francesco I non esìste in alcun museo, galleria o chiesa
di Parigi. Non è ricordato ne da Filhiol ne da Réveil nei loro vasti re-
pertorj nei quali sono esposte le ricchezze artistiche dell* Europa. I detu re-
pertori vennero in luce sotto l'Impero, onde è a credere che fin d'allora
fosse dimenticato.
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LIBRO IH. GAP. VI. 113
cbò egli ritenesse assaissime volte l'uso di queste nicchie e di
queste cornici dipinte che si vedono ne' suoi quadri » lo troverà
nel suddetto biografo. « Aveva preso collera fra Bartolommeo
» Il San Sebastiano del Fraite era incluso in una nicchia circondata
da nn adornamento di architetmra; e il Vasari dice che questo ornamento
era una doppia cornice ; il San Sebastiano di Tolosa è dipinto in una nic-
chia come il San Marco , ma più alta e più stretta, perchè la figura è in
piedi, e non ha superiormente la scanalatura a raggiera come l'altra.
» L'essere il quadro stato inviato a nn re di Francia, l'avere appar-
temkto all'Oratorio di una residenza reale, le circostanze politiche in che
fu acquistato , la tenuità del preazo che mostra chiaramente come il vendi-
tore ne doveva il possesso a modi poco onorevoli, la particolarità della
nicchia, e in fine la bellezza dell' opera, ammirata dal prof. Saverio Fabre
di Montpellier e da altri distinti artisti, tutto concorre a far credere che
il quadro di Tolosa sta 1' originale di fra Bartolommeo. »
Descrizione del Quadro /aita dalttg, Gio, Masselli^ secondo un dise-
gno a contorni eseguilo damano inesperta. « Il Santo è veduto di faccia, e
pianta sulla gamba sinistra ; ha l'antibraccio del lato medesimo nascosto dietro
al dorso, se non che la mano scaturisce un poco dalla parte del fianco opposto.
Tiene la destra aUata in alto per ricevere la palma da un Angelo volante, li-
brato sopra di lai. La testa e le braccia di questo messaggero celeste escono
fuori della dipinta cornice. Tre frecce sono infitte nel corpo del Santo ,
dalla parte sinistra: una alla base del collo, una sotto la papilla del petto,
una finalmente nella coscia. Ambedue le figure sono nude, ma copeiie bensì
ove voleva la decenza. » Da questa descrizione parmi non si possa in guisa
alcuna dubitare che veramente il quadro di Tolosa non sia 1' originale di
fra Bartolommeo; il che sì rende vieppiù certo per la figura dell' Angelo
che troviamo ricordata nell' Elenco dei quadri del Porta lasciatoci dal Sin-
daco di San Marco.
II. 9
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114 MEMORIE
con ì legnaiuoli che gli dicevano alle tavole e quadri gli orna-
menti » i quali avean per costume, come hanno anche oggi , di
coprire con i battitoi ddle cornici sempre un ottavo delle figure;
laddove fra Bartolommeo deliberò di trovare una invenzione di
non fare alle tavole ornamenlo ec. » E questa fu dipingere at-
torno al quadro una cornice, o un' opera di architettura che
mettesse in mezzo la figura, la qual cosa a lui che era valente
nella prospettiva, e che amava dar rilievo alle figure, faceva un
effetto bellissimo. Ma per questo trovato abbandonò poi sempre
il paese, nel quale era peritissimo.
Alla seconda accusa oppose il meraviglioso dipinto del
S. Marco, figura semicolossale di braccia cinque, che il Lanzi
appella un prodigio dell'arte, e che nella pittura tiene quel
luogo che il Mosè di Michèlangido nella scultura. E per certo
tale e tanta è la rispondenza dell' uno coli' altro, che io stimo
molto il Porta si inspirasse in Roma cosi ai Profeti ddla Si-
stina, come alla statua del Mosè. È questo S. Marco seduto
entro una nicchia per modo che ne rileva tutta la persona , e
rocchio può considerarlo quasi per ogni lato. Sul sinistro gi-
nocchio tien ritto un libro, e sul libro distese ambe le mani, e
nella destra la penna. La persona è sorretta ed elevata^ tiene
la destra gamba tirata in iscorcio, e più distesa la sinistra,
con atto quasi fra il moto e il riposo. Il volto non nobile, ma
inspirato e fiero anzi che no. Ei senìbra avere compiuto l'opera
dell'Evangelista, e accingersi a compiere quella di Apostolo e di
Martire, pronto a dar suggella alla sua dottrina col sangue.
Ella è còsi viva e pironta questa figmra, che sembra vederla
sorgere da quel seggio e parlare. Alcuni la disaot) una sta-
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LIBRO III. CAP. VI. 115
tua greca tramutata in pittura, e per certo più che in altro
qualsivoglia dipinto del Porta parmi palese in questo lo studio
degli antichi marmi (1). Il P. Della Valle non dubita asserire,
che il S. Marco di fra Bartolommeo non ha paura del Profeta
di Raffaello in S. Agostino di Roma; anzi V attitudine essere piò
bella e più terribile (2). Questa gran tavola era stata colorita
dal Frate per la sua chiesa di S. Marco, ed era collocata sulla
porta d'ingresso dd coro, quando il coro era in mezzo alla
chiesa. Il sindaco del convento ne segnò il yalore 40 ducati;
e quando fu comperata dal principe Ferdinando, se Richard-
son narra il vero, fu pagato 4800 scudi (3). Recata a Parigi
nella invasione delle armi francesi, venne restituita all'Italia
nella pace generale, trasportata però dalla tavola sulla tela.
I due dipinti che abbiamo ricordati, sembra indubitato fos-
sero'c(doriti dalla metà dell'anno 1514 ai primi mesi deilSfS.
(1) £ stato ininso mccHocremente dal P. Lorensiin. Migliore stampa
e quella pubblicata nell* Opera i^Galerie de Florence et du Palah Pitlif dea-
sìnéepar G. B. Wicar. Parti 1789 — 1807. 4 voi. con 192 tav. ( Masselli ).
Mediocri sono le incisioni date dal Bardi nella lUostrazione della Galleria
Pitti, e dal Bosini nella Storta della Pittura.
(2) Vedi l* edisìoae del Vasari eaegnita in Milano, voi. VII. pag. S63; e
sogf(iung6 il P. Della Valle, che in San Marco ne rimase una copia eseguita
da Francesco Petrucci. Al presente questa copia credo sia nell' Accademia
del disegno.
(3) Voi 3,, p. 1, a carte 126; presso ilP. Della Valle lor. cit. pag. 271.
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116 MEMORIE
CAPITOLO VII.
Fra Bartolomtneo si reca in Lucca , in Pistoia , in Prato. — Di-
pinti eseguiti per queste città. — Reduce in Firenze^ si trova
presente alla venuta di Leone X — Per cagione di sahUe
si porta nuovamente in Pian di Mugnone e a Lecceto.
Troppo sovente nel ci?ile consorzio o in ledendo la storia ,
ci accade rinvenire ingegni elettissimi da troppo rei costami di-
sonorati, per guisa che non una, ma due diverse anime ti sem-
brano albergare in quei petti; nobilissima Tana, contemplafrice
del vero e del bello, spaziare nell' ampiezza dei cieli, e innamo-
rare di sé; abietta Taltra, strisciare quale insetto schifoso sulla
terra, pascersi di sozzure e di fango: onde tu non sai se più
debba ammirare 0 detestare costoro, certamente compiangerli,
che gU eletti doni del cielo tanto indegnamente contaminarono.
Ma sempre che tu veda un sublime ingegno albergare in un
santo petto, allora ti senti verso di lui da meraviglioso aOetto e
da riverenza compreso, come quegli che ti rende immagine
di cosa non pure umana, ma, direi quasi, divina. E per non di-
partirci dair argomento che abbiamo tra mano, ammirai io sem-
pre in fra Giovanni Angelico e in fra Bartolommeo il versatile
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LIBRO IH. GAP. VII. 117
ingegno e la rara perìzia dell' arte; ma trq)po mi commosse il ve-
dere ambedue fatti specchio e modello di virtù agli artefici loro
oontemporaiiei in mia età corrottissima. Il perchè dopo avere
lungamente considerato nel Porta l' artefice a pochi secondo, ho
creduto volesse il debito mio che non dividessi dal pittore il cit-
tadino e il daostrale. E sebbene le antiche memorie abbiano con
ingrato silenzio taciuta in gran parte la vita interiore di fra Bar-
tolommeo, pur tanto ne scrisse if Vasari , da farci conoscere a
sufficienza i provati costumi e la rara bontà deQ'anìmo di qu^
sto artefice.
Da natura pcxiato a mesti e religiosi pensieri, il Porta trovò
nel silenzio e nel ritiro del chiostro quella pace che è frutto della
virtù. Né alcuno crederà di leggieri quanto arcana e soave voluttà
anime cosiffatte rinvengano in questa solitaria peregrinazione della
vita, nella quale più che del presente si pascono dell' avvenire ; e il
senso lungamente frenato, concede all'anima spaziare libera-
mente nelle più sublimi regioni della intelligenza e dell' amore.
Vagheggiando allora il bello dal lato psicologico , consideratolo
nelle sue svariate relazioni, la mente, e più che la mente il cuore,
si elevano per esso a quella fontale origine di ogni bellezza, che
è Dio. Per questa guisa il Porta avea innalzala l' arte alla san-
tità della preghiera; e come il dottore di Aquino stimava che
ogni ricerca del vero fosse un inno di lode innalzato al Creatore;
fra Bartolommeo a buon dritto teneva lo stesso di ogni imitazione
del bello. Allora lo studio dell' artefice addiveniva un santuario ,
e la pittura il linguaggio dei celesti. Dal colorire una immagine
della Vergine, passava sovente alla contemplazione della morte;
quindi tolto il liuto, accompagnava un devoto affetto all'armonia
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j
118 MEMORIE
delle note (1). Erano in qaella stagione assai {amiliari ai Fio^
rentini i cantici spirituali; ed usato «filetto dei frati era acco-
gliersi neUe ore di ricreamento, e concertare al canto Je tocL
Cosi leggemmo facesse fra Eustachio miniatore, cbe raU^prava i
sooi religiosi or di una canzone, ora recitando a mente gli squarci
più belli della Divina Commedia (2). Quel piissimo arte6ce che
fri fra GioTannino da Marcoiano narrava in quella vece i fatti
più poetici del vecchio e del nuovo Testamento (3). Fra Bartotòm-
meo della Porta, che non ignorava le ragioni del metro, conqK>-
ste alcune strofe, vi maritava sopra Y armonia del canto e del
snono. Di queste devote emanazioni di un puro e saitfo afletto,
una ne fu a noi tramandata dallo stesso pittore, che forse
conceputala quando era inteso al dipingere, la scrisse dietro un
suo disegno. È la seguente:
Tutto se' dolce. Iddio supremo, eterno,
Lume e conforto e vita del mio cuore;
Quando ben mi ti accosto, allor discemo
Che r allegrezza è senza te dolore:
Se tu non fnssi, il ciel sarebbe inferno,
Quel che non vive teco sempre muore (4).
(1) VàtikKi, Vlt% dì fra Bartolommeo. Accompagno ultimamente per
V anima e per la casa V operazione delle mani alla contemplazione dello
morte,.. Ritornando egli in Firenze diede opera alle cose della musica,
e di quelle molto dilettandosi , alcune volte per passatempo tisana cantare.
(2) Vedi libro 1, cap. XllI, delle preseoti Memorie.
(3) Ibid. libro 1» cap. X, pag. IdK.
(4) IL primo a pubblicare questi versi di fra Bartolommeo è stato il
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LIB. lU. CAP. VU, 119
Questi pochi versi valgono essi soli quanto uno de' suoi più rari
dipinti, e saranno una testimonianza perenne ddk pietà di que-
sto degno successore dell' Angelico. Fu il Porta , siccome quello,
beneCco e non curante di lucro; onde i larghi guadagni con
onorati sudori acquistati , depositava nelle mani dei superiori,
sol pago di avere degnamente spesa la vita, e sovvenuto al so-
stentamento dei bene amati fratelli. In tempi rotti ad ogni li-
cenza, ne' quali la più parte degli arteCci religiosi, abbandonati
i sacri recessi, deposte 1^ claustrali divise, vivevano nel tumulto
e nella licenza del secolo; fra Bartolommeo della Porta fino alla
morte fu geloso osservatore di quelle leggi la cui osservanza
aveva giurata appiè degli altari. La qual lode non meritarono
alcuni altri suoi confratelli e artefici insigni de' quali tra non
molto sì terrà discorso.
Pagato questo breve tributo alla memoria dell' ottimo ceno-
bita, prendiamo nuovamente a considerare il pittore. Nei primi
mesi dell'anno 1515 (1), fra Bartolommeo verosimilmente si
recava in Lucca presso il suo dolcissimo amico Santi Pagnini,
priiHre allora^in quel convento di S. Romano (2). Innanzi di com-
ch. N. TonoMseo in una «aa ilkutrauone dt na dipinto del Beato Ange-
lico iaaerita nell' Opera cbe ai pubblica dal aig. Antonio Perfetti.
(1) Ai 6 gennaio dell' anno 1518, ai trovano ricordi del aindaco del
coav. M San Marco di varie partite di danaro paaaate a fra Bartolommeo
(Vedi Miacellanea M 2).
(3) Il P. Santi Pagnini dal 1504 al 1506 era atato priore in San Marco
di Firenze; dal 1506 al 1507 in Santo Spirito di Siena , ove resse quella
coanuiità nn solo anno , sendo eletto priore in San Romano di Lucca, ove
dtoMrò dal 1507 al 1509. Dal 1511 al 1513 fu priore nuovamente in San
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120 MEMORIE
piere il sao reggimento, dovendosi fare una gran tavola per
quella stessa chiesa, ove già si ammirava un altro capolavoro
del Porta, sembra che il Pagnini invitasse lo stesso pittore per
colorirla. Abbenchè tutte le antiche memorie del convento di
S. Romano di Lucca affermino che le spese così del dipinto
come dell' ornamento della cappella in cui dovea essere collo-
cato, si facessero dal religioso Sebastiano Lambardi di Mon-
tecatini; crede però il Padre Ignazio Manandro cronista del
convento, che il Pagnini coadiuvasse del suo in parte quell'ope-
ra (1). Per il che andò certamente errato Melchiorre Missirini
alloraquando scrisse, che la gran tavola del Porta volgar-
Marco di Firenze, e dal 1513 al i515 rieletto superiore dì quello di
San Romano di Lucca (Vedi le Cronache di questi tre conventi). Abbiamo
voluto avvertire questa parie cronologica della vita del Pagnini, cosi poco
nota perfino ali* Echard e al Qnietif, perchè se alcuno imprendesse a seri-
Vere di questo dotto e celebre orientalista, possa giovarsene.
(i) Liber Cronicorum Conv. Sancii Romani de LMca Ord. Preedie.
un voi in-4 MS. incominciato l' anno 1525 dal P. Ignaxio Manandro Fer-
rarese. A carte 36 ragiona del Pagnini nei termini seguenti» Laudabile est
quod sub do ^ suo tempore et Jorte ipso adiavante^Jr, Sebastianus de Jdon-
tecalino sacellum quod primum ingredienti ecclesiam per portam qua ex ap-
posito sacristim occurritf instauravit exomant fetulanis lapidibuSf fenestn
vitrea^ lignisque circumquaqae sèdibua , et quod maius ac meliat fuit , in-
signi tabula ac puleherrima, quce nunc ibi exiat^ quamfrater Barthohmeus
de Florentia Ordinis et Congregationis nostrce pinxit. Exposuit auiem
in pradieto opere ipse /rat. Sebastianus , ut ex relatu suo didicimus, tre-
centos vel circiter aureos. Nel citato Catalogo del sindaco di San Marco si
legge : Item una tavola che andò aluccha fece fare fra Sebastiano da Monte
Calhini andò in chiesa nostra aluccha, dette due. centotrenta man. lar.
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LIBRO III. GAP. VII. 121
mente appellata. ia Vergine della Misericordia^ o del Patrocinio^
fosse fatta dipingere da an gonfaloniere di Lucca della famiglia
de' Montecatini (1). Abbiamo intorno a ciò due documenti origi-
nali che produciamo in nota, i quali confermano a frate Seba-
stiano il tìtolo di proprietario di quel dipinto; ma eziandio senza
i due citati documenti, poteva il Missirini chiarirlo dalle cifre
che il pittore stesso scrisse nell' imbasamento sopra del quale si
esrge la Vergine; cifre che sono le iniziali del nome del commit-
tente del quadro (2). Vengo eziandio accertato che nella serie
dei gonfalonieri di Lucca non si rinvenga alcuno dei Monteca-
tini o Lambardi; ma se ciò sia vero, non oso affermare. Che
poi fra Bartolommeo si recasse in Lucca per colorire questa
gran tavola, oltre la comune tradizione, la quale ci muoverebbe
a credere che il Lambardi invitasse il Frate di S. Marco a ese-
guire il dipinto in Loppeglia, luogo del Lucchese, la chiesa del
(1) Di un Quadro intigne rappr e tentante la M. delle MìsericoT'
die di fra Bartolommeo di San Marco, e delV incitione eteguitane da
Giuseppe Sanders. Firenze 1834 per Leonardo Cìardettì. ìn-8.
(2) Vi è scritto F. S. O. P. (Frater Sebastianus Ord. Prasdicat.)
unitamente ali* arme del Montecatini. Questo fra SebasLiano viveva fuori
del chiostro con facoltà del Pont. Alessandro VI ; e iìno dal 1498 era stato
eletto priore di Loppeglia. Riro.ise però sempre benc^affetto al suo Istituto.
Vedi Federico di Voggio ^ Memorie della Religione Domenicana nella Na-
zione Lucchese. Sono due grossi volumi in-foglio manoscritti. Vedi P. 2.
cap. XVIII, pag. 149. Auguriamo a tutti i conventi dell* Ordine uno sto-
rico così accurato e cosi dotto quale fu certamente il P. Federico di Pog-
gio ; e facciamo voti perche quei due preziosi volumi manoscritti siano
pubblicati con le stampe.
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122 MEMORIE
quale reggeva lo qael tempo lo stesso Lambardi, abbiamo un'al-
tra ragione per crederlo, ed è cbe intorno a quel tempo indubi-
tatamente fra Bartolommeo fu in Prato ed in Pistoia, città yìcì-
m'ssime a Lucca.
Alla gloria delle arti italiane appartenere in qpecial modo
due grandi tavole, diceva Antonio Canova, le quali poste a Iato
di qualunque altro esimio dipinto, vincerebbero sempre nel com-
plesso de' loro meriti il difficile paragone: cioè il magnifico qua-
dro dell' Assunta di Tiziano» e l' altro della Vergine delle Mise-
ricordie di fra Bartolommeo (1).
È questa tavola alta braccia fiorentine 6(6 larga br. k {;
ba forma semicircolare nella sommità, e in essa sodo ben qua-
rantotto Ggure 0 mezze o intiere, grandi al vero. Il eh. marchese
Mazzarosa, cbe ne tolse argomento ad una seconda lettera indi-
ritta a Pietro Giordani nel giorno 22 settembre 1828, ne ragiona
nei termini seguenti (pag. 16]: a Un popolo di fedeli devoti a Ma-
ria, d'ogni età, d'ogni sesso, d'ogni condizione, corre intomo a
Lei che sta in piedi sur un trono nel mezzo, per supplicarla a
farsi sua mediatrice verso il Redentore in un comune bisogno.
Maria con viscere di madre, come dicono le parole scritte nel
grado dello scanno, MaUr pieiatis et misericordiw, accoglie le
preghiere de' suoi, ed alzando e mani e volto al cielo, invoca la
divina misericordia su questo popolo che in Lei confida. Né in-
damo, perchè in alto sopra di essa manifestasi, come in visione,
Cristo misericordioso, librato in aria, visibile a tutto il petto,
e nel resto nascoso fra le nubi, col costato ignudo, a mostrarne
la piaga scoperta a bella posta da un panno rosso scarlatto svo-
(i) MissiRiiri , loc. cu.
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LIBRO III. GAP. VII. 123
lazzantegli dalle qialle. Questa figara spiega molto bene, al-
l' aria dd Tolto e alle braccia aperte» le pande che iri sotto leg-
gODsi in tm carteUinOy mistreor stqmr tiirbam (1). » E a carte 18:
a Bello è il federe come secondo il sesso e in proporzione dd-
l'eti sono collocate le figure» stando sol dinanzi le madri coi
loro bambini ai gradi del trono» i fanduUetti dietro a quelle o
sul trono in alto {iniendi gli angwli)^ si le une che gli altri in
modo di rimirar la Vergine in faccia, essendo di fianco gli adulti
e i vecchi» ec Primeggiano poi tre gruppi; uno per parte a piedi
dd trono» e 8ono»a destra una madre che accenna al suo figliuo-
letto di affissare lo sguardo ndla Vergine. L' altro una madre
con due figli» un de' quali poslolesi dietro tenta di nascosto mole-
stare il fratellino ignudo che siede in grembo di lei» e la Tecchia
nonna che sgrida il monello; gruppo di una yerità e di una bel-
lezza particolare» ma che sembra inopportuno» perchè distrae
r occhio e la mente dal soggetto principale» e perchè queste due
femmine mostrano interessarsi punto deUa Vergine nella quale
sono affissati gli sguardi di tutti in atto di preghiera, n terzo»
ed è forse il più belio» rappresenta S. Domenico in atto di accen-
nare al Gonfaloniere ddla Repubblica» con V indice la Vergine»
e con la sinistra mano quasi focendogli fidanza ad accostarsi al
trono di Lei. Credesi che il S. Domenico sia il ritratto di fra Se-
(1) Io non dirò già, come scrissero alcuni , che il Vasari favellasse
di questo quadro senza averlo veduto ; diro solamente che non lo aiutò la
memoria quando scrisse^ esservì un Cristo in alto che manda saette e/ol-
gori addosso ai popoli. Queste inesattezze, che in lui sono molto frequenti,
sì devono piuttosto ripetere dal troppo fidarti che ei faceva della sua memoria,
e dal non prendere appunti in iscritto sui quadri del quali doveva parlare.
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12i MEMORIE
bastiano, e nel Gonfaloniere quello veramente del Montecatini
che tenea quella carica in quel tempo. Un povero seminudo
collocato alla destra della Vergine è assai ben disegnato e cdo-
ritOy ec Maria sta ritta sul trono, e sembra allora allora es
sersi alzata dal suo scanno, come lo prova il non aver p^ anco
rimosso il piede destro rimaso sul piccol grado che le serviva
sotto di sgabelletto quando sedeva, .maitre col sinistro, su coi
sostiensi, é già discesa sul piedistallo; atto naturalissimo, muo-
vendosi sempre il primo da chi discende il piede manco ec
(pag. 25). La Vergine è vestita di una scelta e larga drapperia
serica di color rosso cangiante in bianco, con in testa un bel
drappo azzurro che le scende per di dietro a guisa di manto,
tutto spiegato per sostenerne i lembi superiori due angioli vo-
lanti.... Piena di amcur per i suoi, de* quali conosce a fondo le
miserie e il buon volere, la faccia e gli occhi inBammati del più
tenero sentimento di madre pietosissima, con la mano dritta ele-
vata in atto supplichevole e fin sqpra il capo, e con V altra ri-
volta sopra il popolo sottoposto, accennando a Cristo i biso-
gnosi della sua misericordia, guarda e prega il Redentore in
modo tale, da strappargli, direi co^, la grazia sospirata.... Evvi
qui da notare che il Cristo non è visibile ad altri fuori deUa
Vergine, come mei dimostra che es$a sola bada in Lui, non
gli astanti. È questo un savio di visamento, giacché altrimenti
r azione non sarebbe stata più una, il che è sempre un errore,
e Maria più non poteva essere V oggetto principale del quadro;
cosa richiesta al pittore.
jo Ora se si consideri e il tutto insieme di questa gran tavo-
la, e ad una ad una le sue parti, si vedrà che io non ho poi
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LIBRO in. CAP. VII. 126
esagerato nel chiamarla stupenda, e tale da stare accanto con
decoro anche alla tanto celebrata Trasfigorazione di Raffael-
lo (1). » E il eh. Missirini, dopo averla partitamente descrìtta ,
soggiunge: <r Qui la bontà del disegno, pregio primario e sostan-
ziale in ogni produzione dell' arte, gira, contoma, serpof^ia e
si compone all' deganza in ogni parte della tavola. Qui la subli-
mità e r inspirazione generale di un ricco teatro che tutta ri-
chiama r anima, la occupa, la riempie col linguaggio del grande
stile. Qui la potente espressione entra ne' petti, li trasporta, li
commuove a suo grado. Che dirò dell' acconciarsi, dello spie-
garsi, del volgersi dei panni, vanto singolare del Frate? Che
della robustezza e vita del colore, che non disgrada dalle più
belle tinte Tizianesche? L'ombre vi soùo diafane, i passaggi ma-
ritati felicemente, l'opposizione delle tinte omogenea, l'effetto
del chiaroscuro magico (2). d
Dopo le parole dei due chiarissimi illustratori, non aggiun-
gerò più altro sul conto di questo quadro. Solo avverthrò, che
se dopo la influenza di Michelangiolo, mi parve il Porta nel
disegno toccasse alcuna volta i termini oltre i quali comincia
l'esagerazione e termina il naturale; nel tingere fosse talcnra
crudetto anzi che no, e nell' arieggiare ignobile alquanto ; in
questa tavola di S. Romano di Lucca riconosco di bel nuovo la into-
nazione e la robustezza dei Veneziani, unita allo stile largo e
grandioso del Buonarroti, cosperso di alcune grazie Raffaelle-
sche, senza esagerazioni, ove ne eccettui il nudo dei putti,
(1) Mazzabosa, loc. cit. pag. 15 e seg.
(2) MissiRiHi> loc. cit. pag. 14. Di questo dipìnto sono alcuni dise-
gni a pernia di mano del Porta nella Gallerìa degli Uthii in Firenze.
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126 MEMORIE
senza sforzo nelle movenze, o arte soverchia nelle acconciatinre
e andare dei panni. Che se a me più diletta il quadro di S. Ca-
terina e di S. Maria Maddalena, che lo stesso pittore avea co-
lorito non pochi anni innanzi per quella chiesa, non negherò
questo essere, per ciò che è artificio e magistero di tinte, uno
. tra i più meravigliosi dipinti del Frate di S. Marco (1).
Nel far ritomo in Firenze, semhra che il Porta facesse
alcuna dimora nelle vicine città di Pistoia e di Prato. E perchè
ovunque si recasse, lasciava alcun dipinto a compiacerne gli
amici; colori nel convento di S. Domenico di Pistoia sul muro
interno una Beata Vergine col figlio in braccio, due terzi dd
naturale; il quale dipinto nel 1669, segato il muro, fu traspor-
(1) li pittore non vi tacque il suo nome, e lo scrìsse nel gradino
del trono della Vergine , ove leggesi : MDXV. Frater Bartholomeui Ord.
Praedieator. Pictor Florentinut. Questa tavola è stata incisa da Giuseppe
Sanders e da Samuele Jesi di Coreggio..Dovea esserlo eziandio per opera
del Morghen, se da morte non fosse stato prevenuto. — Il eh. sig. Prof. Pie-
tro. Nocchi di Lucca si degnava comunicarmi la seguente notlaia. Nello
•cono secolo stA maggiore altare della chiesa di San Domenico della stesa
cìttif era un altro quadro di fìra Bartolommeo della Porta, alto hr.S | e
largo br. 3 fiorentine; avente nella parte superiore forma aemìctrcolare.
Bappresentava San Domenico in- piedi sur un gradino di nanne, sul qpale
stavano genuflesse tre monache per parte. Teneva il Santo il libro della
regola ed il giglio con la sinistra mano, e con la destra faceva segno di
benedire le suore. Due Angioletti sostenevano i lembi del mantello del
Santo Patriarca. Questo dipinto, che dicesi del più puro stile di fìra Bar-
tolommeo, accertasi essere, stato traq»ortato nell'interno del monastero; ed
in cbieso nel luogo suo esserne collocato uno di mano di Suor Aurelia Fio-
rentmi pittrice Domenicana.
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LIBRO m. GAP. VII. 127
tato nella chiesa, e collocato all'altare Fioravanti (1). Qaando
io lo vidi nell' antnnno del 18U^, abbenchè lo trovassi assai
danneggia tOy segnatamente nella parte inferiore , mi parve molto
beDo e grazioso; e vi ravvisai nna soavità e leggerezza di pen-
nellOy non facile a rinvenirsi nelle opere a flresco di questo di-
pintore.
In tanta vi<;inanza della patria, fra Bartolommeo non potea
obliare la terra natale, quell* umile villaggio di Savignano oVe
erano trascorsi i bei giorni della sua infanzia, ed ove riposavano
le ossa de'snd maggiorL U eh. autore della Bibliografia Pratese,
della cui opera più fiate ci siamo gioTati nelle presenti Memo-
rie, ci offre una preziosa notizia di questa gita di fra Bartolom-
meo in Prato e nei dintomL È tratta dalla miscellanea del Mar^
tini. Noi la ripigleremo in lotta la sua integrità ed in tutta la
sua bdkzza originale; giacché non si potrebbe con più verità e
con più affètto narrare uno di quei cari avvenimenti di famiglia,
che ricolmano di gioia la vita; quale si è certamente quello di
riabbracciare dopo un' assenza di molti anni, uno zio affettooso,
ed un affettuoso nipote.
« Frm Bartolommeo venne alU Lastruceia €on un olirò
firaù di 5. Domenico ^ e rtando con Giueto suo sto molii giorni^
un dìj presente Pagolo di Vito, che era putto circa di oitnì 9
o 10, essendo aW orezzo sotto una quercia vicino ad una fonti-
cella; Giusto f disse allora (fra Bartolommeo), non avevi voi un
frate che era vostro nipote? Disse Giusto: è vero. Et il frate: se
voi lo vedessi^ riconoscerestih voi? Allora disse Pagolo: dovete
esser voi. E cosi con istrettissimi abbracciamenti molto si rico-
(i) Fkahcbsco ToLOWBf » Guida di Pistoia. 1 voi ni-8. 1858t. pag. lOS.
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188 MEMORIE
nobbero per parenU, E questi era xio di fra BarioUmmeo: e
così sempre si ritennero. E innanzi che fra Bartohmmeo si par-
tisse da Giusto t disse: partendomi to, potremo forse stare qwU-
che tempo a rivedersi; perocché il re di Francia ha mandato
per me, che si vuol servire delT opera mia. Queste memorie ho
havute da Pagolo di Vito della Lastruccia lavoratore di Andrea
Comparini, il qual Pagolo era nipote cugino di fra BartoUm-
meo (1). Per questa notizia Teniamo a conoscere altresì un fatto
importante della yita del Porta, taciuto dal Vasari; ed è che
egli Tosse stato invitato dal re Francesco I a recarsi in Francia
in servigio di quel monarca amatore e proteggitore libéralissimo
degli artisti italiani, e che in quel tempo teneva fra suoi fami-
liari Lionardo da Vinci (2). Il merito di Fra Bartolommeo do-
vea essere ben noto alla Francia, dacché eranvi stati trasportati
alcuni suoi dipinti di molta rilevanza. Il quadro del S. Sebastiano
vi andò certamente dopo il 1516, perchè il sindaco del convento
di S. Marco lo novera Ara quei che tuttavia erano in Tirenxe;
e r elenco de' quadri fu fatto appunto dal medesimo in quell'amio
1516. Quali ostacoli si frapponessero alla andata in Francia di
Fra Bartolommeo non saprei dire; ma rerosimilmente ne fa
cagione la mal ferma salute, e le molte commissioni di quadri
che di continuo a lui si offerivano.
(1) Bibliografia Pratese, pag. 115, in nota.
(2) In sul finire del gennaio ,dell' anno 1516, Leonardo da Vinci
partì per la Francia con Francesco I, e fu nominato pittore del re, con
«no stipendio di 700 scudi all' anno. Delbcluzb, Saggio intorno a Lio-
nardo da Vineif pag. 98. È noto che furono successivamente invitati in Fran-
cia il Primaticcio, il Bosso, Andrea del Sarto, Benvenuto Cellsni ec.
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LIB. III. GAP. VII. IS»
Dimorando fra Bartolommeo in Prato, fa pregato di colo-
rire una tavola con entro la Vergine Àssonta, che il Vasari
dice coUocata dirimpetto alle Carchi , e altri scrìye in S. Maria
in Castello; perchè appunto di faccia alle Carcm era nna
chiesa di questo nome. È ricordata la suddetta tavola eiiandio
nelle citate Sliscellanee del Martini , e si dice esservi scritto l'anno
. 1516 (1). Opino pertanto qhe il Porta la colorisse nel suo ritorno
in Firenre, e che la conq)iesse sul finire dell'anno 1516 (2). Ove
si trovi al presente questo dipinto si ignora : e di ignorarlo confessò
lo stesso Masselli, che delle nostre ricchezie artistiche è sottilissimo
indagatore (3). Scrive il Lanzi, che presso il marchese Acciainoli in
Firenze , ne' tempi suoi vedovasi una tavola deDa Vergine Assunta
in cielo, che nella parte superiore era del Porta, e nella inferiore
credevasi di Mariolto Albertinelli; e soggiunge riputarsi quella
già colorita per Prato (k). Ma l' ÀlbertindU nel 1516 era già
morto. Il stg. Cesare Guasti, autore dèDa Bibliografia Prate^, dap-
prima la credette passata in Vienna, confondendola forse con la
tavola della Presentazione al Tempio, che là tuttavia rimane; po-
scia corresse l' errore, e confessò ignorarlo. Nuove ricerche cosi a
(1) Bibliografia Pratese ^ loc. cìt.
(2) D»l non trovarsi ricordato questo* dipinto nel catalogo del tìndaco
del convento di San Marco compibto in qnell* anno 1516, si deduce che il
quadro gli sia di qualche mese posteriore.
(3) Vedi Nota 32 alla vita di fra Bartolommeo,
(4) Storia Pittorica, Scuola Fiorentina, Epoca 2. Quando vera-
mente'in quel dipinto dell' Assnnsione di Maria apparisse lo stile di due di-
versi dipintori, potrebbe congetturarsi, che il Porta si associasse fra Paolino
da Pistoia, come è indubitato che fece negli uHimi periodi della sua vitn.
n. 9
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130 MEMORIE
lui chea me fruttarono nuove notizie; dalie quali dednoesì, chenelle
funeste innovaizioni di monsignor Scipione de' Ricci, vescoTo di
Prato e Pistoia, soppressa la chiesa di S. Maria in Castello dì
Prato, ove trovavasi la tavola di fra Bartolommeo: a contenente
r Assunta con vestito sciolto, con sotto un* urna, o sepolox)
con fiori, a destra S. Gio. Battista, a sinistra S. Caterina Ver-
gine e Martire, fu messa in custodia nelle stanze del commis-
sario ddlo spedale di Prato. Ivi dal sig. Gini, amministratore
del regio Patrimonio Ecclesiastico della città, fu renduta al
signor Giulio Porrini, cancelliere della comunità, ora canceUiere
a Firenze, per la somma di icudi sei compre$a altra roMa, che
comprò insieme. Dico scudi sei, poiché cosi dice la partita di
vendita segnata nel libro di detto Patrimonio. Porrini la vendè
ad un Inglese in Firenze per la somma, si dice, di cento zecchini:
il detto Inglese la vendè a Milton per la somma, si dice, di zecchini
centocinquanta. (In oggi da Milton Tha riscattata il Sommo
Pontefice Pio VI per più di tre mila scudi romani , essendo la
tavola un capo d'opera del Frate] (1). o Sembra quindi che
(1) Di qaesU notìzia, tritta in parte da nna lettera di un Pratese, e in
parte da un* operetta del Marchetti (Le Annolationi Pacifiche confermale
dalla nuova pastorale 'di mons. vetc, di Pistoia e Prato ec, 1788), mi
fu cortese il citato sig. Cesare Guasti con sua del 27 giugno 1845. Un
cenno alquanto travisato se ne trova eziandio in un oposcoletto di un caldo fau-
tore delle noviti Ricciane, cioè il P. Muscari monaco Basiliano , il quale
intessendo il panegirico al Ricci, cosi scrive: fino a fare ammirare in Roma
il vostro zelo eroico ^ e disinteressato, barattando per vilissimo prezzo il
quadro della Madonna della cintura, opera del celebre fra Bartolom-
meo di Sun Marco domenicano, dal Papa ricomprato per scudi 3000.
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LIBRO HI. CAP. VII. 131
neHe yicende della invasioiie dello stato PcMotificio^ e nella traspor-
tazione dì tanti og^tti di belle arti che partirono da Roma o in-
volati o rendali, qaesta Assunta del Porta passasse nel R. Mu-
seo di Berlino; perciocché scrive il car. Rio esservene ona dello
stesso autore, che egli, forse su V autorità del Lanzi, crede di-
pinta metà dal Frate e metà da Mariolo Albertindli (1).
Al suo convento di S. Domraico di Prato il piltore fece dono di
due quadretti, in uno dei quali era una testa di Gesà e nell* altro
quella della Vergine, stimati del valore di due. cinque. Ne è
memoria nel catalogo del sindaco del convento di S. Marco.
In sul termine della state, o nei primi dell' autunno dell' anno
1515, fra Bartolonunèo della Porta facea ritomo in Firenze; e
imprendeva nuovi e importanti lavori. Con la data di que-
st' anno si trova la tavola dell' Angelica Salutazione in Parigi
al Louvre, che abbiamo altrove accennata. Rio loda in questo
dipfaìto il poetico e immaginoso concetto del Porta , il quale ,
in luogo di ritrarre, giusta il consueto, la Vergine prostrata in
ginocchio e salutata dall' Angelo, ritrassela in quella vece se-
duta in trono, circondata da alcuni santi, ricevere dal messag-
gero celeste l' annunzio del grande mistero (2). Io dirò all' oppo-
sto, che se quel dipinto è veramente una Annunziazione , di
che dubito forte, questo è un assai strano e bizzarro modo di
effigiarla (3}. Fino a' primi di ottobre di quesf anno 1515 non
Vedi Lettera consolatoria e consultiva di Gelasio Irone al vèsc. di Pi-
stoia Mons. D, Scipione Ricci, Filadelfia 1788. pag. 11.
(1) Rio, Poesie Cìvrétienne, chip. IX. pag. 373 in nota.
(2) Rio, loc. cit. pag\ 383.
(3) Mom. Bottarì in una nota alla vita dì fra Bartolommeo scrive ,
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132 MEMORIE
si ha più notizia del Porta nelle antiche carte; ma nel giorno
qoattro si trova nuoramente alF ospizio di S* Maria Maddalena
in Pian di Mognone^ colorire sol muro nella chiesuola dei re-
ligiosi una Annnnziazioney la quale è assai buona cosetta,
sondo le figure non molto grandL Forse in qud tempo medeamo
dipinse sopra un tegolo in un andito oscuro del chiostro sope^
ricMre, una testa di Gesù Nazzareno; e sopra un uscio del me-
desimo, in mezza figura, S. Dom^ico e S. Francesco che si
abbracciano; nelle quali due figure si ammira grandezza ndla
maniera, morbidezza ed unione nel colorire, e riliero e fiurza
nel disegno; e segnatamente un tocco di pennello mollo libero e
fìraneo.
In questo mentre in Firenze si facevano gli apparecchi per
la venuta del Pontefice Leone X. La repubblica, a solennizzare
questo UetO' ayyenimento, invitava tutti i più valenti artefici fio-
rentini a decorare la patria con l'opera delle arti imitatrici,
deUe quali quel Pontefice era amatore e proteggitore caldissi-
mo. Andrea dd Sarto, Aristotile da S^ Gallo, il Granacci , il
Rosso, il Sansovino, Baccio Bandinelli, Baccio da Monte Lu-
che quella tavola- che il Vasari dice colorita dal Porta quando Raffaello
venne in Firenze, è un errore di questo biografo, sendovi scritto il 1517;
ed il nome del Frate. Soggiunge poi rappresentare una Annunziasione , ove
impropriamente il pittore pose San Gio-Battista, Santa Maria Maddalena,
San Paolo, San Gerolamo, e due altri Santi religiosi. Ma il Bottari ignorò
che in Parigi sono, non una ma due grandi tavole del Frate; se pure 1* ahra
non vi fu recata posteriormente. Per ciò concerne poi la data del 1517, credo
doversi fede maggiore al Gav. Rio, il quale, scrìvendo in Francia, poteva
accertarsi se veramente porti la data del 1515 o del 1517.
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LIBRO III. GAP. VII. 133
pò, ec. gareggiarono d' arte e d' ingegno con opere lodatissìme^
che ponno vedersi descritte dal Vasari nella vita di Andrea dd
Sarto. Dovendo il Pontefice albergare in S. Maria Novèlla, la
repubblica ingiungeva al Ponturmo V opera di alcuni freschi
nella privata cappella ove il Papa doveva celebrare; e a Ri-
dolfo del Ghirlandaio di cdorire una tavda perula medesima,
e dirigere con suo disegno tulti gli adornamenti cosi della cap-
pella come dell'appartamento pontificio. A fra Bart(dommeo
della Porta non fu commesso alcun dipinto (1).
Nel giorno 30 novembre a ore 22 Leone X giungeva in
Firenze e si portava a S. M. Novella (2j. Pregato dai religiosi di
S. Blaroo, il Pontefice nel giorno della Epifania del 1516, anni-
versario della dedicazione di quella chiesa, si recò con tutta la
sua corte ad assistere alla sacra funzione. Per dirigere i para-
menti della chiesa, vennero i religiosi di S. M. Novella (3). Forse
in quella occorrenza fra Bartolommeo colendi la tavola della
Presentazione al tempio per la cappella del Noviziato, che
porta r anno 1516. Il Pontefice, la corte, e la guardia Svizzera
desinarono in ccmvento; e V annalista di S. Marco soggiunge a
(1) I religiosi di Santa Maria Novella, che sì erano sempre studiati
abbellire il loro tempio con i dipinti dei più insigni artefici, sembra non
richiedessero mai 1' opera di fra Bartolommeo, che oltre essere religioso dello
stesso Instituto, tenea il primato dell'arte in Firense.
(2) Il Cronista del convento scrive in quella vece che il Pontefice
entrò in Firenze nel giorno dell' Apost Sant' Andrea, cioè alli 29 novem-
bre. Vedi Annal S. Marci Col. 20 a tergo.
(3) Loc. cit.
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134 MEMORIE
questo proposito: mci^nti^ mfèmus extitit nobis illa diet (Ij.
Tanta fu la noia che ricevettero i religiosi dalla soldatesca , la
quale avvinazzata, faceva le più strane e pazze cose del UMHido.
Stimo assai verosimile che il Pontefice, amatore delle arti belle,
visitasse lo studio del Porta, e i religiosi gli facessero presente
di alcun dipinto di questo artefice. Recossi nella biblioteca, e
ìxÀae a leggere un manoscritto; ammise al bacio de*piedi la reli-
giosa famiglia; e nel prender comiato promise dar sollecito com-
pimento alla canonizzazione di S. Antonino. Questa dimostra-
zione di benevolenza del Pontefice Mediceo verso i religiosi di
S. Marco parci più degna di considerazione, per aver rifiutato
quello stesso favore ai religiosi degli altri .Ordini regolari che ne
lo avevano pregato. Rimanci a favellare della tavola sopra citata
il cui argomento è la Presentazione al tempio del Bambino Gesù.
Molti ignorando la storia, con strano errore confusero il
ritaglio, o Circoncisione che dir si voglia, con la Presentazione
al tempio. Il Porta mostrò meglio conoscere la ragione di quella
cerimonia legale, e si contenne nei termini del vero. Sono in
questo dipinto sei figure grandi quanto il naturale. Collocò nel
mezzo sur un gradino del tempio il Sacerdote avente fra le brac-
cia ignudo il pargoletto; a destra da lui in piedi S. Giuseppe; la
Vergine a manca; prostrata appiedi del Sacerdote e fra esso e
S. Giuseppe, Anna la profetessa. La cerimonia si compie entro
il recinto del tempio, che ij pittore ritrasse con semplice ar-
chitettura. Simeone per età e per aspetto venerando, e già
alquanto ricurvo per gli anni, sembra rinvigorirsi per la letizia
(i) A final. S. Marci f fol. 29 a tergo.
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LIBRO IH. GAP. VII. 135
della tanto lungamente aspettata rivelazione, beato di stringersi
al seno il promesso Liberatore. La Vergine, non por nel volto,
ma nel movimento di tutta la persona, mostra una tenerezza
indicibile; e ponendo con le proprie mani il figlio tra le braccia
di Simeone, si Io segue e lo accompagna con movenza amorosis-
sima, che ben pare com'ella malagevolmente possa cotanto ca-
rissimo pegno partire un sol momento da sé. Il pittore la ri-
trasse nell' atto di ricondurre al paro dell'altro il piedino destro
del pargoletto, che ei tiene sollevato. Volle forse con ciò im-
primere un certo movimento in quel tenero corpicciuolo. Giu-
seppe alla destra, e locato di fronte alla Vergine, fa un bel con-
trapposto colla gravità ond' è improntato, alla tenerezza piena
d' a£ktto della giovine sposa. Avvolto e chiuso in ampia veste ,
spoi^ sul davanti la destra mano, stringendo in quella le co-
lombe volute dal rito; e tiene la manca sul petto. Abbenchèncm
per anche il profetante Simeone annunzi alla madre la dolorosa
novella dei lunghi e spietati patimenti del figlio, il che si pare
dal volto lieto di entrambi, non ^rtanto il S. Giuseppe ti sem-
bra dominato da un mesto pensiero. Anna supemafanente chia-
rita della divmità del pargoletto, devotamente si prostra e ne
chiede a gran mercé la benedizione, e l' ottiene. Dietro da essa
protendentesi innanzi è una giovine, ivi forse tratta dalla solen-
nità di quel rito. Queste figure hanno lode di un buoii disegno;
e dì questo solo favelleremo e della composizione, per non aver
veduto l'originale, ma ^ una debole copia. Bellissima figura
sarebbe certamente quella di Simeone, se alquanto non pec-
casse nel corto; eflétto forse prodotto dal soverchio ingombro
di panni. E ciò vieppiù si manifesta per la molta sveltezza
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136 MEMORIE
della Vergine, che di tanto eccede^ nell' altezza tutte le figure
della taTola, che l' occhio nen se ne appaga. Meglio sarebbe lo-
cata altrove Anna la profetessa; perciocché ove la ritrasse il
pittore, sondo tutte le figure sur una linea, e di fronte, né a lei
sarebbe dato facilmente ragguardare nel bambino, né questi a
lei concedere la benedizione, come entrambi fan segno. Per la qual
cosa assai meglio aggruppate e disposte ci sembrano le figure
nella piccola tavoletta della Circoncisione, che al presente è
ndla gallma degli Dfllzj (1). Loderemo da ultimo in questo dipinto
il magistero delle pieghe focili, naturali e grandiose. II P. Ddla
Valle, che forse vide rorigmale quando era tuttavia nel noviziato di
S. Marco, narra che dappiedi vi fosse scritto il nome del di-
pintore, l'anno 1516, e la seguente iscrizione: Orate prò pletore
ohm sacelli huius alumno. Accennando al tempo in cui fra Baiio-
lommeo, reduce da Prato, vi fece alcuna dimora. Onde poi il sud-
detto P. Della Vallone trasse argomento a quella sua conghiettura,
che il Porta non vestisse altrimenti in Prato l'abito di S. Dome-
nico, ma bensì nel convento di S. Marco in Firenze (2). La tavola
deUa Presentazione passò poi nell' I. e R. Galleria di Viaina,
(1) Nella stessa gallerìa è una piccola copia dì questa stessa Presen-
tazione al tempio, di mano di fra Bartolommco, alta circa un palmo e meizo,
con poche variazioni, ma guasta in più luoghi dai ritocchi, e assai dan-
neggiata nel colore. La gran tavola del noviziato è stata egregiamente in-
cisa dal eh. sig. Antonio Perfetti, e da Lauger n<^ll* opera: Galerie Impc'
riaU-Rayalte au Bel^^édère à Vienne^ puhbliée par CluirUs Haas, f^ienne
€t Praguc 1821. 28 voi. in-4. (Masselli nota 38.)
(2) NuU al Vasari. Ediz. dei Glassici di Milano, voi VII.
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LIBRO lU. CAP. VII. lOT
e al QOTixiato di S. Marco fa data una assai debole copia, orila
quale il pittore si fece lecito alcun mutamento (1).
Innanzi alle due tavole che portaao in fronte la data del 1516,
noi avremmo forsedoyuto favellare di un dipinto grandisrimo nelle
dimensioDiy e molto raro nel merito; ma per non essere dal-
l'anno contrassegnato» non abbiamo saputo ove meglio collocarlo.
Certamente appartiene all'ultima maniera del Frate» e venne
eseguito innanzi il terminare dell' anno 1516; anzi prima delle
due tavole anzidiette» cioè l' Assunta di Prato» e la Presentazione
che è a Vienna; perciocché queste non vennero ricordate dal
Sindaco del convento di S. Marco nel suo catalogo» compilato ap-
punto in quell' anno 1516; laddove ivi è menzione del Salvatore
risorto del quale entriamo a ragionare.
n mercatante fiorentino Salvator Billi, in una sua cappella
ndla chiesa 4eUa SS. Annunziata di Firenze» avea fatto un molto
ricco e vago adornamento di marmi» tutto intagliato per le mani
di Pietro Rosselli. Pregò quindi il Porta perchè vi colorisse una
gran tavola con entro il SS. Salvatore» del quale egli portava fl
nome» con figure analoghe al medesimo. Fra Bartolommeo» che
pari all' eccellenza ndF eseguire possedea quella del comporre»
volle in alcuna guisa epilogare entro un solo dipinto tutta quanta
la economia della Crbtiana religione; in modo però cosi poetico
e immaginoso da potersi quel quadro appellare veramente una
sublime epopea. Nella parte superiore fece adunque due pro-
feti, Giobbe ed Isaia» i quali» squarciando il velo dell'avve-
nire» annunziano agli uomini il promesso Liberatore. Il Giobbe
(1) Ignoro V aulore di qoesta copia. Nella spexìerla di San Marco
si conservano i lucidi del quadro originale.
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138 MEMORIE
è sedato, invdto id ampio manto» che tutta ne ricuopre la per-
sona. E non pure il rosso panno» ma le incarnagioni stesse sodo
colorite e aombrate si forteaiente» che in quella cupezza di Unta
avvi alcunché di cosi mesto, che parci assai bene affarsi al do-
lentissimo profeta. Ei ti^e con anìbe le mani distesa una per-
gamena» e sembra mvitare a leggervi quelle alte sue parole ri-
ferite dal sacro testo: Io risorgerò^ e nella mia come vedrò U tmo
Salvatore; questa speranza tengo io riposta nel mio seno (1). Fi-
gura quanto mai dir si possa» per bellezza di disegno e forza di
colore, rarissima. Llsaia alquanto più succinto nelle vesthnenta»
e più giovine del paziente di Hus» è» come quello» seduto» e preso
da celeste furore» sembra profetare i dolori e la gloria di Lui che
redense il genere umano.(yiva figura è questa» e maestrevolmente
condotta» e nella prontezza dell' atto» e nel rilievo stesso» molto
simile al S. Marco (2). Questi due profeti» che sono la migliore
e la più perfetta parte del quadro» divisi dall' intiero dipinto fu-
rono poi collocati nella galleria degli Uffizj» in una sala che fa
detta per alcun tempo la Sala del Frate. Bellissimo tributo di stima
e di gratitudine che gli offeriva la patria» da lui con opere tanto
insigni condecorata. Al presente i due Profeti sono nella Tribuna»
e hanno di fronte due laidissime Veneri I
Nella gran tavola di mezzo fece G. C. risorto. Posa esso
maestosamente sopra un imbasamento; ha nella sinistra mano
la croce» e con la destra fa segno di benedire. Egli è nudo, e
(1) Gap. XIX. Ver». 25 e 26.
(2) Sono sUtì incisi « contomo nel Tomo I. della prima Serie drlla
Galleria di Firenie Illustrata , Tav. XXXIV e XXXV.
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LIBRO III. GAP. VII. 139
solo da un bianco velo per metà ricoperto. Circondano la base i
qnattro Evangelisti in atto di ragionare sulla ricevuta missione
di pubblicare il Vangelo. Dappiedi della base sulla quale si erge
il Salvatore y fece il pittore un adornamento in forma di un tondo,
con entrovi dipinto un bel paesino; la vista del quale ci rinno-
vdla il dfAott che egli abbandonasse questo genere di pittura.
Sopra il detto ornamento ergesi il calice, siccome compendio
della religione; dappoiché la predicazione designata per gli Apo-
stoti, e la Eucarestia accennata Cd calice, comprendono e ab-
bracciano tutta la dottrina di Gesù Cristo. Il tondo con sopravi
il calice è sorretto da due nudi angioletti, tanto belli e graziosi,
e tanto maestrevolmente coloriti, che non cedono a quelli raris-
simi del primo quadro di Lucca. La composizione di questa ta-
vola ò semplice e bene intesa. Collocando il Salyatore fra i Pro-
feti e fra gli Apostoli, mostrò come in Gesù Cristo si unissero i
due Testamenti, ed egli fosse la base e la pietra angolare sulla
quale ri erge il mistico edifizio della Chiesa Cattolica. Nella parte
inferiore del dipinto, cioè nelle cmque figure or ora descritte,
parmi ravvisare alcun che di manierato nel disegno, di sforzo
e di arte soverchia nelle movenze, e certamente nel colore ce-
dere ai due Profeti. Se già non voglia dirsi piuttosto, che me-
glio conservate e meno oflése dal tempo e dagli uomini sono
le figure del Giobbe e dell'Isaia; e malconce da improvidi restauri
le rimanenti. Non concederò al Borghini, che queste figure
della pàrte^ inferiore diano alquanto nel corto, ma l' essere di
troppi panni vestite, le fa parere tozze non poco.
Questa gran tavola venne pagata al Frate 100 ducati d'oro,
come si ha nel libro del Sindaco del convento. U card. Carlo
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140 MEMORIE
de' Medici ne fece acquisto dai Padri Serriti V anno 1618, la-
sciandone loro una copia, che alcuni credono dell' Empoli, e che
il Bottari stima di Domenico Pugliani. L' originale trasportato
dapprima nel casino del cardinale, poscia recato a Pitti, fa
nel 1799 col S. Marco inviato a Parigi Quattordici anni rimasero
ambedue questi quadri nella galleria del Louvre, la quale, ugual-
mente che la pinacoteca di C. Verro e L. Mummie, si era arric-
chita con le rapine di quasi tutta F Europa; e gU Italiani sic-
come i Greci, potevano dire a buon diritto, che il vincitore loro
non avea lasciato nò anco le immagini della divinità. Grazie al-
l' hìDOt patrio di Canova, questi e gli altri oggetti d'arte nel 18U
fecero ritomo in Italia.
Ver difetto delle opportuoe notizie, ignorandone noi la vera
epoca, collochiamo in questo tempo una gita di fra Bartolommeo
al Romitorio di Lecceto, già appartenente alla Congregazione di
S. Marco. Questo romitorio, che col tempo ebbe forma di piccolo
convento, era situato nel Comune di S. Martino a Gangalandi,
non troppo lontano dal castello di MalmanUle, sulla via che da
Firenze mette a Pisa. Appellavasi Lecceto dai molti lecci che
tutto lo circondavano, e formavano una folta boscaglia (1). D
(1) Un certo P. Domenico Guerreri (altri scrive Guerrocci), felì-
gìoso del convento di San Marco , stato già discepolo di Sant* Antontoo ,
pel desiderio di condurre vita eremitica, con facoltà dei soperiori, V anno
1475, avea supplicata la Gomimiti di Gangalandi di una parte del bosco
dì Lecceto onde erigervi un piccolo romitorio sotto 1* invocaxioùe della
Vergine Assunta ; ed ottenuto quanto per lui si bramava , la famiglia Stroui
lo aiutò di mezzi onde inalzare la fabbrica , che col tempo venne tramu-
tata in un ospizio di religiosi domenicani. Vedi jinnalium S. Marci fol. 25.
Neil* archivi* di San Marco si conserva l* originale della supplica del sud.
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LIBRO IH. CAP. VII. 141
professore Micheli, pittore florentino, visitatolo nell^ aprile dei-
ranno 1843, narrayami aver trovato l'antico Ospizio ridotto a
forma di private abitazioni coloniche; il campanile minoso; la
chiesa saflBcientemente conservata, e di una molto bella archi-
tettura, con una stupenda tavola dì Domenico del Ghirlandaio;
dappiedi della quale leggevasi come fosse fatta colorire dalla fa-
miglia Strozzi. Neil* intemo dell' Ospizio trovò dipinta sul muro
una Deposizione diCroce di mano di fra Bartolommeo; e sopra due
tegoli fermati nel muro, come sovente praticò il Porta, due te-
ste di Gesù Nazzareno. Questi dipinti ponno essere stati eseguiti
nella state o nell' autunno dell' anno 1516 (1); e intomo a quel
tempo lo fu eziandio quella figura del S. Giorgio armato che uc-
cide il serpente, disegnata e aombrata a olio sdtanto sul muro
in casa di Pier del Pugliese. Il pittore lascioUa cod imperfetta, e
col tempo fu ricoperta da uno strato di calce. Trovandosi ricor-
data dal Sindaco del convento di 9. Marco nel catalogo delle opere
non finite del Porta, può inferirsene con tutta ragione ap-
partenere all' anno 1516.
P. Domenico, e l* analoga risposta della Goaranità dì Gangalandì , con
altre carte appartenenti al detto ospizio. Vedi Miscellanea N^ 2, § III.
(1) Sotto il giorno 23 dicembre di qaest' anno 15i6 si troya nell' Ar-
chivio di San Marco una ricevuta di un tal Francesco di Filippo, di An-
tonio , di Ridolfo^ dipintore, della somma di ducati 10 d' oro avuti in prestito
da fra Bartolommeo. Vedi Miscellanea N** 2.
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»2 MEMORIE
CAPITOLO vm.
Ultimi dipinti di fra Bartolommeo. — Sua marte e tuo elogio.
Suoi disegni e suoi allievi.
Noi tocchiamo già al termine delia vita di fra Bartolommeo
della Porta; e ne daole che troppo brevi ne fossero i giorni pre-
ziosi; e troppo più ne duole che pari all'altezza del sabbiato
non sia stata in noi la perizia dell' arte, e la eloquenza del dire.
Non pertanto le memorie che in tanta copia abbiamo cavate
dalla polvere degli archivi , ove da ben tre secoli si giacevano
occultate, gioveranno a chiarire assai meglio la vita e le op&e
di tanto insigne dipintore; e a noLsarà di conforto che egli abbia
finalmente rinvenuto tra suoi confratelli medesimi uno storico
debole si ma affettuoso.
Fra Bartolommeo della Porta noverava soli quarantotto anni,
e in età tanto verde potea ragionevolmente promettersi ancora
qualunque lunghezza di vita. Sembra non pertanto che una lenta
infermità ne andasse da gran tempo logorando le forze. E noi lo
vedemmo non una ma più volte cercare il refrigerio di un aere
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LIBRO III. GAP. Vili. 143
più poro, e il ricreamento della campagna. Meraviglioso è però
come negli ultimi periodi del virer suo, qnasi presago dei breyi
giorni che a lui restavano ancora, dispiegasse una maggiore ope-
rosità, e moltiplicasse i dipinti. Tanto avvenne pure a Raffaello,
che dopo tre anni, in età assai più verde, dovea seguitarlo nel se-
polcro. Ma chi potrebbe tutte accennare le tele o le pareti di-
pinte in quest' ultimo periodo, se in molti e lontani luoghi di-
sperse, sfuggono alle ricerche dello scrittore? In Firenze stessa
non ne è penmria presso i privati cittadini: ma per essere questi
lavori presso che tutti di piccola mole, non vi lauderemo altre
parole (1). Solo vogliamo avvertire i leggitori a troppo non 6-
darsi delle Guide di questa città, in alcune deUe quali si citano
come opere di fra Bartolommeo dipinti che per modo alcuno
gli appartengono.
Diremo innanzi di quelli che ei condusse a termine, poi di
quelli che per essere rimasti imperfetti si yoglton credere poste-
riori agli altri. Con la data ddll'anno 1517, ultimo della carriera
mortale del Porta, abbiamo una storia assai bella a fresco nel-
l'Ospizio di S. M. Maddalena in Pian di Mugnone, luogo a lui sopra
ogni altro diietto. Entro una piccola cappella presso l'ingresso, fi-
(1) È, a cagione dì esempio, in casa degli Illiutr. Sigg. Ricasoli sur un
tegolo^ una testa di Gesù Nazzareno, molto simile a un' altra che è nella
Gallerìa de' Pitti incisa ed illustrata per cura del Bardi. Presso i Sigg. Pan-
sam rìcordami aver veduta una piccola tavola con G. C. in forma d' orto-
lano che si appresenta alla Maddalena ; dipinto della prìma maniera , guasto
dai ritocchi^ e molto inferiore ad altri suoi lavori. Presso il cav. Baldelli,
una Sacra Famiglia , che dovrebbe essere delle prime cose colorite dal Porta
quando abbandonò la scuola di Cosimo Rosselli ec. ec.
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tu MEMORIE
garò Cristo apparire alla Maddalena ìd sembianza di Ortdano. In
aperta campagna porera di verzora, redi nd caro stesso del mon-
te, scoperchiato il sepdcro del Salvatore, il quale da un lato chiude
la prospettiva. Due sole figure, grandi quasi quantoil vero, cam-
peggiano in quella superficie. Già la santa e innamorata donna
ha riconosciuto il lungamente pianto e desiderato Maestro; e con
uno slancio afiettuoso si protende verso di luL Tiene piegato a
terra il destro ginocchio, e posa la destra mano sopra una pie-
tra nella quale si legge: inveni qttem diligit aniima mea. 1517:
parole della Cantica (1), che il pittore molto avvertitamente seppe
trarre a significare il proprio concetto. Leggiadro è il volto di
lei veduto sol di profilo; V atto facBe e spontaneo; e nell' accon-
ciare e nel piegare dei panni wm ha cosa di cui Y occhio non
debba appagarsi. Seminudo è il Salvatore, e come nella tavola
fiorentina colorita per Salvator Billi, atteggialo e avvolto in
bianco velo. Ha nella sinistra mano un istrum»ito campestre, e
con la destra fa segno di respingere la Maddalena, ma con sguardo
cotanto afibttuoso, che mostra nel tempo stesso rassicurarla. La fi-
gura di G. C. a mio arviso lascia desiderio di più venerando e
celestiale aspetto; perciocché la giovinezza e V avvenenza di lai,
Tatto quasi di chi muovesi a danza, e le membra in parte ignude,
non ci rendono a dovere la maestà e la gloria di quella resurre-
zione. Molti danni ha patiti questo dipinto, e maggiori lo atten-
dono, per non essere a sufiScioiza difeso dalle ingiurie del tempo.
Nel luogo stesso, sulla via principale, presso il cancello d'in-
gresso, fra Bartololnmeo colori in una nicchia sul muro, G. C.
crocifisso, dappiedi la Maddalena che abbraccia la croce; e dai
(1) Gap. 111. V. 4.
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LIBRO IH. CAP. Vili. 145
lati, in due tondini, due teste di Santi Domenicaiii. li tempo che ha
quasi intieramente distrutte le altre figure, non ha ofièso tanto
fueUa della Maddalena, che non si riconosca ancora per ima bel-
tifisima e graziosiasima figurioa. Duolmi che in brere anche que-
sta disparirà.
Pomo al presente noverane alcuni a freschi dello stesso di-
pintore odoriti nel mio conyento dì S. Marco, i qoali non dubito
appartenere alle oltime soe cose. Nella cappella del Giovtmaio
è una Vergine col Figlio in braccio, crudelissimamente danneg-
giata, forse per opera di ehi tentò segarla dal moro e traspor*
tarla con altri simili dipinti del Porta nella Galleria dell' Acca-
demia del disegno. Questo a fresco è di un fare tanto grandioso,
che gtt trapassa i termini M naturale. Nella stessa cappeUa,
forse netti- ovati che drconda? ano V altare, erano verosimilmente
qoeUe 4ieci teste di santi, otto dipime a fresco e due a olio, che
al presente sono nell' Accademia antidetta; fra le quali, sotto- le
sembianxe di S. Pietro martire, il pittore ritrasse fra Gerolamo
Savonardta , assai meno felicemente però che nel ritratto posseduto
dal sig« Robéeri in Prato. Due Vergini col Figlio in braccio, egual*
mMte pitturate sul moro, possiede l' Accademia Fiorentina, e
vaoBo contrassegnate dal N"" M. --* La più parte di que!^ di-
pinti, tutti di uno stile grandioso, non hanno lode, a mio avviso,
di molta gentilezza nelle forme, e di accurata esecuzione; onde
basti averli accennati. Ma bellissime sempre mi parvero quelle
quattro mezze figure di Santi Domenicani dallo stesso pittore co-
lorite nel dormentorio inferiore, sopra l'ingresso alle scuole dei
religiosi di 8. Marco. Per tocco di pennello vigoroso, sfumalo,
diligente, vanno innanzi a molte altre consimili. Segnatamente
n. 10
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1&6 MEMORIE
loderò il S. Tommaso d' Aquino e on altro Santo Do menicano,
due belle teste vire e parlanti (1).
Dei quadri non finiti non ricordo che tre. L'Assunzione di
Maria al Cielo, che da fra Bartolommeo ebbe il disegno, e da fra
Paolino il colore, è ornamento bellissimo della Chiesa di S. Ma-
ria del Sasso presso Bibbiena nel Casentino, ufiziata dai Padri
Domenicani. Una Deposizione di Croce, tavola di mediocre gran-
dezza, al maggiore altare della chiesuola dei Domenicani in
Pian di Mugnone, con entrovi, oltre le consuete figure della V^>
gine, della Maddalena e di S. Giovanni, S. Domenico e S. Tom-
maso di Aquino. Tolto V originale e trasportato nella Fiorentina
Accademia, vi fu sostituita una copia assai bella di mano di
ignoto. Eziandio questa tavola fu dintomata solamente dal Porta
e colorita da fra Paolino. La terza è la gran tavola che dovea
collocarsi nella pubblica sala del consiglio, già conundata Gno
dall* anno 1512, come si disse.
Se non tutti, certamente alcuni di questi dipinti potrebbero
essere stati intrapresi da fra Bartolonmieo nella primavera
del 1517. Neil' estate di questo stesso anno, sperando allevia-
mento alle molte sue infermità, si recava ai bagni di S. Filippo,
ma con pochissimo giovamento (2). Reduce in Firenze riprendeva
(i) Il Cinelli scrive, che nel refettorio del convento di San Marco sono
una B. V. con San Domenico e Santa Caterina da Siena di mano dì fra
Bartolommeo , non che un San Vincenzo Ferreri di mano dello stesso (Vedi
Bellezze di Firenze ec. pag. 469). Di questi dipinti noi non abbiamo con-
tessa. Il San Vincenzo era nell* andito della Sacristia, ed ivi pare è ricor-
dato dal GinelU. Che il Porta ne colorisse due, confesso ignorarlo.
(2) Vasari , F'ita di fra Bartolommeo, in fine.
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LIBRO III. GAP. Vili. IW
la gran tarola della sala del Consiglio. RImordeyagli Fanimo, che
un'opera a lui a£Bdata già molti anni innanzi, e della quale
avea ritratto gran parte del prezzo, non ancora fosse stata com-
piuta. Consideraya quanto solenne dimostrazione di stima
fosse quella che a lui offeriva la patria, richiedendolo di un suo
dipinto in luogo tanto insigne, ove solo al Buonarroti e al Vinci
ersL stato conceduto fare sperimento di sé; il che era un dirlo
terzo in tanta gloria, e loro pareggiarlo nell'arte. Era pur
quella la sala fatta inalzare da fra Girolamo Savonarola, quando
cacciato in esilio Piero de' Medici, rimettevasi il popolo fiorentino
nel possesso dell'antica libertà. E da lui si chiedeva che in un
solo dipinto fossero ritratti tutti quei santi nei giorni de' quali
la Repubblica Fiorentina aveva ottenute le più s^^nalate vittorie
de' suoi nemici; onde mantener viva nei nepoti la memoria der
gli avi, e dell'antica grandezza. Queste considerazioni dovevano
avere ecicitato nell' animo del Porta un impaziente desiderio di
porre un suggello aUa sua gloria con l' opera la più perfetta che
a lui fosse dato eseguire, aflBne di potere con tutta ragione escla-
mare coi Venusino, exegi monummtumi Ma indamo; la tavola con-
tornata e ombrata di aspalto, bellissima per corretto disegno, bel-
lissima per copiosa e ragionata composizione, e tale in somma da
non cedere alla Vergine del Patricinio di Lucca, non consegui la
dovuta perfezione (1). La morte che a Raffaello concedette por fine
(1) In questa u^ola, oltre un» Gloria nella parte superiore, sono le
seguenti figure: Sant'Anna, la B. Vergine col figlio in grembo, San Giov.
Batdsta, San GioYan Gualberto, Santa Reparata, San Zanobi, San Barnaba,
San Vito , Sant* Antonino, accanto al quale è una figura cbe non si saprebbe
determinare , nella quale fra Bartoloomico ci lasciò il suo ritrntto, come scrive
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148 MEMORIE
alla Tras%urazìone e con quella farne gloriose e lacrimale le
esequie» non conaenti al Porta il conforto di cctaipiere il sno capo
lavoro. 'Udiamone il racconto dal Vasari, e Perchè avendcda co-
minciata e disegnata tutta, aTrenn^ che per il continuo lavorare
sotto una flnestra il lume di quella addosso percotendogli, da
quel lato tutto intenebrato restò, non potendosi muorere ponto.
il Vasari. Pregato da me l' egregio dipintore ed amico sig. CammìUo Facci
di Saraana, a porgere mi giudizio artistico su quest* ultimo capo lavoro del
Porta, si degnava comunicarmi le seguenti riflessioni. t< Niuna composi-
zione a parer mio più grande e più solenne di questa annoTera 1* arte Cri-
stiana, avuto riguardo al soggetto e alla destinazione del quadro : niuna ove
una siomietria quanto severa altrettanto variata e libera, e ove 1* armonia
delle litiee, il fondo architettonico, la disposizione della G/or/a « e la distri-
buzione dei gruppi e delle (igure, non che il carattere parziale di esse, me-
glio valga a .fissare nell' animo una profortda sensazione di grandezza e di
magnificenza ; e ebe più di quésta rtuniaca gli eletnenti più inaraviglion del>
1* arte dei tre sommi, Leonardo, RafacIlD e Micbelini^iolo. Nel gmppo cen-
trale di fatto è facil cosa ravviare la finitezza e la soavità del fare Leo-
nardesco non solo, ma anche la maniera con cui è composto rammenta il
famoso cartone di Sant' Anna di quel sommo, a coi sembra il nostro Porta
abbia voluto rendere omaggio in quest* ultimo lavoro, siccome dallo stu-
diare i di luì disegni aveva dato il primo suo slancio nella carriera pittorica.
Nella ficrn attitudine delle figure , nella energica maniera di segnare le
estremità, chi non riconosce il di lui culto al Buonarroti? mentre nella
Gloria^ nel divin Pargolo, e nei putti che seggono cantando sui gradini della
scala, lo si direbbe trasformato nel delicato e grazioso sentire del Sanzio. »
Questa tavola venne collocata dapprima nella cappella di Ottaviano
de* Medici in San Lorenzo: quindi Ferdinando de' Medici, fratello di Gto.
Gastone, la fece trasportare nella Galleria degli Uffiz).
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LIBRO III. GAP. Vili. 149
Onde fu consigliato che andasse «1 bagno a S. Filippo, essendosi
cosi ordinato da' medici, dove dimorato molto, pochissimo per
questo migliorò. Era fra Bartolommeo delle frutte amicissimo
ed alla bocca molto gli dilettavano, benché alla salute dannosis-
sime gli fossero. Perché una mattina avendo mangiato molti fichi,
oltre fl male ch'egli aveva, 'gli sovraggiunse una grandissima
febbre, la quale in quattro giorni gli finì il corso della vita d'età
d' anni quarantotto, onde egli con buon conoscimento rese l'anima
al delo. Dolse agli amici suoi ed ai n*ati particolarmente la
morte di hu, i quali in 8. Marco nella sepoltura loro gtt diedero
onorato sepolcro l' anno 1517 alU 8 di ottobre (a), d
Cna morte m eti tanto immatura e nel meriggio deHa s^
ria, parve a tutti, oome era veramente, gravissimo danno; per*
ciocché le arti perdevano un s<denne maestro, la società uon
specchiato cittadino, ed il chiostro un degno religioso. Meno
avventuroso del suo confratello Giovanni Angelico, non ebbe
trovato un mecenate che alla sua iMmoria ergesse un mo-
numento, 0 quale ai posteri additasse il luogo del suo sepólcro.
Solo in ciò stimo fortunatissimo il Porta, die noi;i vide la
cara patria btta serva di un mostro, né le grandi calamità che
in breve piombarono sull'Italia. E pochi giorni più che a lui
fosse bastata la vita, avrebbe udito dalla lontana Germania il
grido spaventoso della Riforma (1)! Alcuni anùci di fra Barto-
loBuneo dettarono il seguente elogio, il quale ci fu conservato
. (1) Neil' ultimo giorno di ottobre in quello stesso anno 1S17, Lutero
pubblicava le sue conclusioni in WiteuiIicrgA contro le {ndulgenstf.
(a) Vedi Documento (Vili.)
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i50 MEMORIE
dal Vasari nella prima edizione ddle sue vite dei pittori » scul-
tori ed architetti.
Apelle nel colore, e U Buonarroto
Imitai nel disegno; e la natura
Vinsi, dando vigor 'n ogni figura
E carne, e ossa, e pelle, e spirti, e moto.
Quanto mai mutati erano i tempi dacché Y Angelico avea
cessato di vivere! Volendosi intessere un elogio a quel piissimo
dipintore, era stato scritto sul suo sepolcro, come la più bella
lode di lui fosse stata, non già di avere raggiunto nella pittura
il valore di Zeusi o di ApcUe, ma si di avere ai poverelli di Cri-
sto distribuito il prezzo de' suoi dipinti; e se la terra si abbel-
liva con r opere uscite dalla sua mano, il cielo possedeva quelle
troppo più belle del cuore. Elogio ben degno di un pittore cri-
stiano. A frate Bartolommeo, che nella pietà e nel costume era
specchio a tutti 'gli artefici suoi contemporanei; e se nel cele-
stiale non raggiungeva V Angelico, molto però gli andava dap-
presso nella virtù, volendosi a lui intessere un elogio, che in
brevi parole compendiasse tutta la lode dell'artista, scriveasi
aver egli dato ad ogni figura carne, ossa, pelk, spirti e motol
Dopo quanto si è detto cosi intorno la vita come intomo le
opere del Porta, stimo superfluo il dilungarci in altre riflessioni.
Solo volendo con brevi parole riepilogare il già detto, e quasi con
poche linee tratteggiare questo insigne artefice, diremo: nel di-
segno essere castigatissimo; crudo però alquanto nelle prime sae
cose, sobrio ed elegante nelle seconde, e alquanto esagerato nelle
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LIBRO lU. CAP. Vili. 151
ultime. Nella scienza del ehìaroscnro dottissiino, non senza in-
corrare tal fiata la colpa di ostentatore soverchio, segnatamente
in alconì dipinti della sua terza maniera. Nel piegare dei panni
stimo vincere ogaì competitore della Scuola Toscana, e più in quei
dipinti nei quali prese a seguitare la maniera e gli andari di Raf-
Caello e di Lionardo. Ma nel colore é così grande e cosi terribile
questo frate, che ben può contendere di vigore, di impasto e di
sfumatezza coi migliori tra i veneziani stessi. Onde io stimo che
ninno vorrà a lui dinegare questa gloria bellissima, di aver dato
alla Scuola Fiorentina quell' elemento principalissimo nel quale
veramente pativa difetto. Perciocché, se a molte scuole d' ItaUa
andava innanzi nella grazia, nella bontà del disegno, e nella fi-
losofia del comporre ; a moltissime poi cedeva nell' arte del colo^
rire. Ma quando potè citare ad esempio il frate di S. Marco,
e per esso MarioUo Albertinelli e Ridolfo del Ghirlandaio,
allora parve ristorai*si di tanto danno. Né già alla sola Scuola
Fiorentina giovò l' esempio del Porta , ma eziandio alla Ro-
mana, per averne egli ammaestrato Raffaello, fondatore e padre
di quella. Debbesi lodare eziandio il Frate di forte e versatile
ingegno, per essersi con tanto felice risultamento accinto alla imi-
tazicme del Vinci, di Raffaello, dei Veneti e di Michelangiolo
Buonarroti, creando uno stile che può dirsi di tutti e non appar-
tenere ad altri che a luì. Ma quando la storia ci narrasse questo
solo del Porta, che ei fu Famico affettuoso ed il maestro di Raf-
faello, stimo bastare alla più compiuta sua gloria. Non taceremo
eziandio di un servigio non lieve reso dal nostro dipintore agli
artefici; ed é aver primamente trovato V uso di quel modello di
legno, che con francese vocabolo oggi appellasi Manichino, e che
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152 MEMORIE
altri più propriamente dice Jtem pieghe; troyato bdUagimo^Geii
r opera del quale, senza l'alato dd vero, si può rinrenirc la
ragione delle pieghe e deU' acconciare dei panni (1).
Rimane da ultimo ciie noyeriamo i cartoni e i disegni origi-
nali che dopo la morte di Ara Bartolommeo, e dopo tante dqne-
dazioni, citarono conservati; non che noverare i suoi discepoli
e imitatori, con i nomi dei quali chiuderemo questo capitolo e
questa Vita.
Morto fra Bartolommeo, i cartoni e i disegni di lui rimasero
lutti nelle mani di fra Paolino da Pistoia, e lo attesta il Vasari.
Finché visse costui, se ne giovò fbrs'ancbe più del dovere nei suoi
molti dipinti; e innanzi al morire ne fece dono alla religiou do-
menicana suor Plautilla Nelli. Dalle mani di questa pittrice pas-
sarono in quelle del cav. Nicc(riò Gaburri, e successivamente in
altre, non omesso che il sig. Guglielmo Kant, fattone acquisto di
una gran parte, li trasportò in Inghilterra. Firenze possiede i se-
guenti Qartoni nella sala delle annue esposizioni deQ' Accademia
del disegno :
Contrassegnati dai numeri 6 e 8, sono le due bellissime
figure di S. Maria Maddalena e di S. Caterina da Siena, che ser-
(I) AUornquando fu soppresso il monastero delle Religiose Domeni-
cane <ìi Santa Caterina da Siena in via Larga, si rinvenne un modello di
legno antichissimo, tutto intarlato e guasto; fu creduto essere quello stesso
che avea servito a (ra Bartolommeo, e che poi fosse passato nelle maoi di
suor Plautilla Nelli. Questo modello alquanto restaurato si conserva tutta-
vìa nell* Accademia Non tacerò che il Vasari scrive , come il modello à\
fra Uartulomtnoo pa^sisic in sua proprietà. Vedi f^ita di fra Bartolommeo^
III fine.
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LIBRO III. GAP. Vili. 158
virono per il quadro di S. Romano di Locca. N'' 7, un car*
Urne con eotrovi S. Domenico, grande al Tero , che appar^
tiene ad un quadro che non conosco. È alquanto dameggiato.
NMl, il beato Costanzo da Fabria&o. N° 12» il ven. P. Lorenzo
da Ripafratta, maestro dei noviz) di S. Antonino e del beato Gio-
vanni Angelico. N^ 20, il beato Giovanni Domipid cardinale.
N"" 31, il beato Antonio Nejrrot martire. Questi quattro ritratti
sono soltanto mezze figure; e dovevano senza meno aver servito
per i ritratti che dei medesimi beati vedevansi ndla ceUa di
S. Antonino in S. lUaroo, nei tempi del P. Domenico Ifaccarani,
siccome egli scrìve nella vita del Santo Arcivescovo (1). Vi
mancherebbero sc^mente quelli del beato Giovanni Angelico e
del beato Pietro Capucci. Contrassegnato dal N* 22, è on car*-
tone con entro S. Matteo Apostolo. N^ 23, qudlo di una Santa
non ben determinata. N^ 26 e 27, i due bellissimi cartoni degli
Apostoli S. Pietro e S. Paolo, coloriti già in Roma per fra Ma-
nano Fetti. N"" 37, una Sacra Famiglia* N^ 44, un Angelo con un
candeliere, che si attribuisce allo stesso pittore. Sono in tutto 18;
' benissimo conservatL
In numero troppo maggiore sono i disegni originali del
Frate, che possiede Firenze. NeUa gran raccolta dei disegni
originali di tutti i più celebri pittori italiani, la quale, siccome
altrove sì disse, somma a 27,838; e che con grandissimo amore
si conserva nell*I. e R. galleria degli Uffizj, ve ne hanno N"* 72
(li mano di fìra Rartolommeo. E siccome la metà è disegnata da
ambedue le parti, si ponno noverare in tutto sopra cento disegni.
Alcuni di questi sono a penna lumeggiati a biacca; altri eseguiti
(1) Vita di Sani* Anioninoy Kh. VI, cap. 2.
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IM MEMORIE
cdla matita. I pia belli sonoa penna, e molti non eccedono l'al-
tezza di sei o sette pollici. Noi ci terremo paghi di ricordaine al-
cuni soltanto.
Una figora dì donna veduta di schiena /che si crede ser-
fisse per il quadro del Ratto di Dina. — Un' altra bellissima ia
ginocchio che prega, ed è parte del quadro della Vergine ddPa-
trodnio di Lucca. — Un' altra parte del quadro medesimo, cioè
la Vergine, e il gruppo bellissimo ddle due madri con i puttL
^ Studj rari di putti ignudi. — Uno studio per la Deposizione di
Croce, assai raro. — Studj per i due grandi quadri della Ver-
gine detta del Baldacchino^ che sono uno in S. Marco e l'altro a
Pitti; dai quali manifestamente apparisce, come fosse costume di
questo pittore disegnare innanzi tutte le figure nude, e poi rive-
stirle di panni; costume seguitato da tutti gli altri pittori. — Disegni
vari diSacreFamig^ie.— Un S.Gerolamo, che mdto somiglia quello
colorito dal beato Angelico nel Capitdo di S. Marco. — Un dise-
gno ben finito della Vergine Assunta in Cielo. — Un altro dì una
Vergine in gloria, intomo la quale è una danza di angioli molto
belli. — Un disegnetto di Cristo risorto, bellissimo. — Cristo nd-
r orlo, e i Discqxdi che dormono ec. ec. Alcuni altri dise-
gni sono presso i privati cittadini in Firenze. Non è gran tempo
che in Roma furono venduti ad un Inglese 20 disegni originali
di fra Bartolommeo, per la somma di 400 scudi; e vengo accer-
tato che fra questi erano alcuni studj della parte inferiore del
Giudizio Finale incominciato dal Porta in S. Maria Nuova, e ter-
minato da Mariotto Albertinelli. Non pochi ne ha la città di Mi-
lano; parte nella biblioteca Ambrosiana con altri di Lionardo da
Vinci; parte presso il signor Giuseppe Vallardi. Chi vuol co-
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LIBRO III. CAP, Vili. 165
nosoere il inerito dd Frate di S. Marco nel disegno, veda questi
che ho noverati, e vi ravviserà un fuoco ed una. grazia» che al-
cune volte invano si desiderano ne'sooi dipinti*, e quando alcuno
brami chiarirsi dell' affinità che passa tra Raffaello e; il P<M*ta,
quivi più che altrove potrà conoscerla.
Detto dei cartoni e dei disegni, rimane che ricordiamo i
discepoli e gli imitatori di fra Bartolommeo.
Giorgio Vasari novera quattro dei primi, e sono: Cecchino
del FraUj Benedetto Cianfanini, Gabriele Rustici e fra Paolino
da Pistoia. Dei primi tre non si conoscono dipinti; dell' ultimo si
scriverà altrove copiosamente. Ma assai meglio che nei discepoli
splende il Frate ne' suoi imitatori, tutti valentissimi. Pongo per
primo Mariotto Albertinelli, di cui scrive il Lanzi, che tanto esso
che il Porta paiono due rivi usciti da una stessa sorgente, per dive-
nire r uno un fiume da guadarsi, F altro un fiume reale (1). In
alcune tavole Mariotto tiene alquanto del secco, siccome in queOa
di S. Silvestro a Monte Cavallo in Roma, che colorì per fra Ma-
riano FeUi. In altre volendo imitai^ fra Bartol(muiieo nel vigor
delle tinte, e toccare fortemente di scuro, cade in tali esagera-
zioni che muovono a pietà; e cosiffatta è a mio avviso una An-
nunziazione della Vergine, che vedasi nella gallerìa dell' Accade-
mia Fiorentina contrassegnata dal N^ 51: quadro che importò
tanto stento al pittore, che lo cominciò due volle. Ma chi ha ve-
duto quello stupendo dipinto che ora possiede la gallerìa degli
Uffizj, vo'dire la Visitazione di Sant'Elisabetta, e il bel Cro-
cifisso dell'Accademia, non negherà certamente a Mariotto Al-
bertinelli nome e seggio distinto fra i più valenti dipintori italiani,
(1) Storia Pittorica, Scuola Fiorentina, Epoca 2.
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166 MEMORIE
Onde è mestieri confessare, che se pari airingegno fosse stato m
lai amore allo studio e alla fotica; nò avesse speso il meglio
della sua vita nei bagordi e nei postriboli, avrebbe raggiunta nella
pittura una rarissima perCszione.
Secondo e più felice imitatore del Frate, è Ridolfo del Ghir-
landaio, stato eziandio suo discepolo nel colorire, come scrive il
Vasari (1). Quanto mai non era dato sperare da questo arte6ce?
E qual saggio non ci ha egli lasciato dell'ingegno e dell'arte sua
nei due miracoli di S. Zanobi, che posti allato aDa YisitazioDe
di Mariotto, predicano si quelli che questo la virtù dd maestro,
che sta loro di fronte con la sua tavola della sala dd Consiglio?
Ond' io stimo, che se Ridolfo seguitando gli inviti di RaflRadk) ri
fosse recato con esso in Roma, avrebbe se non tutti, certo la più
parte superati e vinti dei pittori fiorentini di quella età. Ma
egli dopo la giovinezza rallentato molto il dipingere, in luogo
della gloria cercò il guadagno; e datosi da ultimo alla m^^atnra
abbandonò affatto i pennelli.
Ultimo fra i seguaci e imitatori di fra Rartolommeo pon^
Giovanni Antonio Sogliani, allievo di L<H«nzo di Credi; pittore
castiga tissimo, cui il cav. Rio dovea certamente concedere loogo
distinto neir opera sua dell'Arte Cristiana; perciocché, per la
bontà de) costume pareggiò i più specchiati artefid; e quanto fl
Frate e il Credi ebbe lode di sapere esprimere sul volto dei santi
un riverbero della gloria dd cielo (2). Tentò alcuna volta le ve-
stigia di fra Bartolommeo, e gli avvenne molto feUcemente, che
(1) Vedi yita di fra Buriolommeo di San Marco e di Ridol/o del
Ghirlandaio .
(2) Vasari, Fila del Sogliani.
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LIBRO HI. GAP. Vili. 157
che ne scrìva il Lanzi, il quale sembra non vedesse il grande a
fresco che il SogUani colori nel refettorio dei Padri di S. Marco;
ove ritrasse una storia della vita di S. Domenico, qoando cioè
venati meno i mezzi di sussistenza alla sua nascente famiglinola,
Iddio per lo ministerio degli Angioli provvede loro il pane. Opera
assai maesttevoUnente condotta, nella quale è lanta la somi-
glianza con la maniera del Porta, che si stimerebbe da lui ese-
guita ; segnatamente la parte superiore, ove ritrasse un Crocifisso
con la B. Y., S. Gioranni, S. Antonino e S. Caterina da Siena,
tutte figure molto belle.
A questi potrebbe aggiungersi Giuliano Bugiardini, il quale
tolse alcuna volta a modello il Frale di S. Marco, come avea
tolto a imitare successivamente Lionardo e Michelangiolo; ma
stimo che gli avvenisse meno felicemente chQ al Sogliani.
Basti il fin qui detto della vita, delle opere e dei discepoli
di Fra Bartolommeo della Porta.
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156
SOMMARIO
DEI DIPINTI
DI FRA BÀRTOLOHMEO DELLA PORTA
CAVATO DA ON ANTICO MANOSCIITTO DELL' AlCBIflO
DI 8. UABCO DI PIHBNZE,
INTITOLATO
RICORDANZE E.
Dal 1493 si conduce fino al 1516, un ?oL in-foL
MDXVL foL 127. Ricordo ri fa qui di iotto in tutu k seguenti
carte dì tutte le dipinture che farà fra Bartholomeo di Pagalo
da Firenze frate di S. Marcho di Firenze le quali lui ha difinte
tanto in tavola di legno, come di tela^ ovvero in ifiun\ o in quadri
grandi e piccoli: et in una faccia saranno e lavori fatti de'quaU
se ne cavato el prezzo, et nelF altra faccia al dirimpetto tutti e la-
vori che sono fatti per lui di che lui non ha cavato prezzo alcuno,
e quali si sono fatti per le nostre chiese^ ovvero ri sono donati a
diverse persone; et questo nd perpetuam rri memoriamo et acdoe-
che i frati presenti et futuri vegghino le opere sua, et come none
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SOMMARIO 150
stato otioso et che utilità ha fatto et [ domino concedente ] farà: et
che honore al convento et a frati. Dominus qui incepit ipse per/i'
ciaU Et tutte le infrascripte dipinture sono segnate al Hbro che
tiene detto fra Bartholomeo dipintore S. A. a luoghi sua etcmrthe
difusamente qui dette (i). Et io frate Barthototneo Cavalcanti syn-
dico del detto convento et frati ho fatto questa scriptura et tutte
le infrascripte tavole et lavori di mia propria mano per fsde del
vero ho scripto.
DIPINTURE CHE SE NE TRATTO DANARI
Im primis el detto fra Bartholomeo di paghdo dipinse dua
quadri di circa du braccia luno nequali una testa di Tkus
(Ihesus ), neir altro la Fergine, a M. Hyero.'''* da Cari
Bolognese p, prezzo di due. quindici doro mo. lar. (2) al
libro del detto fra Barthol. S. A due. ii
Item dipinse un quadro di drca dun br.'^'' nel quale era santa
Maria Magdaknacum Yhus (Ihesus) neUortofu venduto
a Domenicho perini due. XLIIIL doro mo. larg. ( moneta
larga), al detto It(r/ due » 44
(1) Malgrado le più accarate ricerche, questo libro di fra Bartolom-
roeo non si è potuto rinvenire nell' Archivio di San Marco.
(2) Due sorta di Scudi si usavano in Firenze nel Secolo XVI; cioè
lo Scudo d' oro di moneta, che aveva il valore di lire sette fiorentine ; e lo
scudo d' oro in oro, che si ragguagliava a ragione di lire sette e messo.
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IGO SOMMARIO
lUm dipime un quaéttm cwca (ten tneiieo brac. ntì <fwìk
era una Natività a Damenicho permt p. in Francia eb-
bène due, XXX carne appare al detto libro . . . due. 90
Item una Taw^la circa di braccia quattro a Bernardo dd
Bianco p. in Badia ebbeeene due. cento doro mo. lar. come
appare al tib. ditto S. J. . . i^ 100
Item una Tavola neUa Compagnia de ConUmplanti dilla quale
pagarono tutte le spese che vi andarono, et due. cinquanta
doro ma. lar. al detto Ub. A. (l) a 50
ÌUm una Tavola circa di br: 4 1 alta nella quale era la Ver-
gine et santa Katherina da Siena con molti altri Santi,
la qu(de dono la Signoria di/irenze a uno ambasciadore
franzese domandato Monsygnor di Otton vescovo
di { ( manca ) et fu del mese di Aprile 1512 et la
Sygnoria dette p. prezzo di detta Tavola due. trecento
lar. doro benché più valessi come ne appare al Ubro De-
bitori e Creditori del convento a e. 123. et a/ /ì6. di fra
thoL S.A,(%) » 200
Item dsma Compagnia fatta con Mariotto di Biagio dipin-
tore sem cavato due. dogenio dodici doro mo. lar. nella
(t) Dì questa tavola cosi r«fk>n* il Vastri. n In Areuo in badia
de* monaci Neri fece la testa di un Cristo in iscoro^ cosa bellisiima, e la ta-
vola della Compagnia de* Cotitemplanti, la quale s* è conservata in casa del
Magnifico M. Ottaviano de* Medici , ed oggi è stata da M. Alessandro sdo
figliuolo messa in una cappella in casa con molti ornamenti, tenendola caris-
sima per memoria di fra Bartolommeo. » Al presente si ignora ove si trovi
questo dipinto
(2j Di questa tavola si è parlato al cap. Ili, pag, ttS, in not».
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SOMMARIO ^" !6i
quale compùgnia fu la Tafx>la che andò in fiandra che
fece fare un M. Ferrino et una che ondo nel duomo di
Luccha et una nel convento nostro di Pi$a^ et il quadro
di Averardo Salviati^ et il quadro di Giuliano da Ga-
gliano ^ che fanno in tutto la somma della sua parte che
toccava in fin che la durò^ che durò circa di anni tre, nel
qtuU tempo dipinse di molte cose che andarono in corpo
di compagnia^ come di tutto appare allib. detto S.A. due* 212
( In margine si legge che fatta ogni spesa se ne erano
cavati hecti dac 212 ).
Item per arra della Tavola che va nella sala della Signoria
* in palagio per essere disegnata hanno haviUo i frati
due. cento doro mo. lar. al detto lib!" due. . . . » 100
Item un Tondo di dua br. nel quale era una Natività venduto
a Giovanni Bernardini Lucchese, due, XX doro mo. lar.
al detto lib o 20
Jtem una Tavola alta circa di br. k collomamento fatta a
S. Martino de lunigiana stava a Santo Stephanoy in
parte ebbesene due. XXVI I. lar.- doro, come al d."" lib. » 27
Jtem una Tavola che andò aluccha fece fare fra Sebastiano
da Monte Cathini andò in chiesa nostra aluccha dette
ducati cento trenta doro mo. lar. . d 130
Item un quadro dun braccio et J a Stephano spila { fors^anco
Sola per essere poco intelligìbile ) lucchese dettene
due XVL doro mo. lar » 16
Item un quadro al Generale di valombrosa in tela dettene
due. XJl. ald.Uibr » 12
Item una Tavola alla br che va alla Nuntiata de Servi
II. 11
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162 SOMMARIO
alla [aita fare Salvadore di Giuliano de' BiUi dettene
due. cento doro mo. lar. al d."" Ubro. (1) ... due. 100
DIPINTURE DELLE QUALI NON 8* È CAVATO DANARI
/in primie el detto fra Bartholomeo dipinse un quadro circa
dun braccio nel quale era una Samaritana cum Thu.
(Ihesu), el quale pervenne nelle mani a M. Byeroninw
da Casi Bolognese et vendello al Signor di Mantova
due. LI. al d.*" libr s 60
Item dua quadretti auso dun Ubretto nequali era in uno lato
ima natività et neW altro lato un crocifisso colla Ver-
gine et San Giovanni fu donato a Zanobi Caddi dal
priore fra Santi daluccha di valuta di due. XVI. al d."
libr B 16
Item un quadro a mess. Baldo inghilanj donatogli di valuta
di due. XV. al d.* libr » 15
Item dua quadri circa dun braccio Inno ne quali era una
Testa di Thu^nellaltrounaVergine diprezxodi duc.XIlII.
donato a Piero Soderini quando era Gonfaloniere, quando
ci rendè la campana (2], al dJ* libr!" o U
(1) Dal modo onde si efprìme il Sindaco del convento favellando di
questo qaadro, aembra doTertì dedurre , che sì stava colorendo nel tempo
che il medenmo formava il presente catalogo, cioè a dire 1* amio 1916, per
il che si avrebbe la vera epoca del dipinto.
(2) La campana della chiesa di San Marco, che il popolo appellava
la ptagnonOf per aver suonato a martello nel tempo che gli arrabbiati
assediavano il convento, tolta per opera di Tanai de* Nerbi dal campanile <)i
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SOMMARIO 16S
Uem tm quadro circa dun braccio nel quak era una fuUimta
et angioli et paese di prezxa di ducati cinquanta donato
al Cardinah de* Medici hora papa, el quale gli donorono
el padre priore et padri al dJ" Ub.* due. SO
Item una tela circa di due braccia nella quale dipinse una
Vergine col Bambino et Joseph di presuo di duci FUI.
donata alk monache di Santa Lucia (1) al d."* libf » 8
Item dua quadretti ne queUi era una testa di ¥hu nellaltro
una Tergine di due. V. di pres^^ donata al concenio di
Prato 08
Item dua quadretti a uso di WHretto ne quali era un crocifisso
coUa Vergine et San Giovanni, nMaUro una Naticita
di prezzo di due. XVI ^ el quale donò fra Bartholomeo
da Faenza priore atmsuo fratello al d!* lii.* • . » iO
liem dipinse una Tavola di circa br: k | alta a Piero Cambi
di tmluta di due. 130 la quale è in San Marcho alaltare
di San Piero martire, al d.* Kb."" {9i). .«...» 130
Item dua quadri di circa br: k alti ne quali é in uno san
piero neUaUro ian paulo di valuia di circa due. XXI.
ma perché il san piero i un poeho imperfetto pere non
quella chiesa, il giorno 30 giugno 1498 fa porttta • «loello di San Francuco
al Monte. Narra il Borlamacchi, che per ordine del Pontefice fa reatituita
ai Domenicam quando Pisaju riavuta ^ cioè nel 1509. F'ita del P. Fr.
Gerolamo Savonarola^ pag. 185, Annal Sane. Marci fot. 25.
(1) Questo monastero di religiose Domenicane più non esiste.
(2) I Cambi avevano la sepoltura in chiesa nostra e 1* ahare dedi-
cato a San Pietro M.
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1C4 SOMMARIO
gli metto se non dtic. XXV, furono donati a san Sylve-
stro due. 25
Item un san Giorgio disegnato a oUo in casa franca del pu-
gliese, non è finito però non si cava fuori.
Item una Tonala alta br: 6 \ nella quale è Sancta Kalerina
da Siena et Sancta Maria Magdalena, et Dio Padre,
et 4. angioli la quah haveva a ire a Murano, oggi ènei
conv. nostro di Luccha, di stima di due. novanta doro,
al d.Uib.* S. A » 90
Item una tavola di circa br: 6 alta con. • • . figure, la quale è
in san Marche allo aitate di Sancta Katherina da Siena
di valuta di circa due. quattrocento o pm doro, al d.'
lib. S. A «400
Item un san Vincentio posta sapra alla porta che va in sagre-
stia di stima di due. . ■ i 16
Item un quadro circa due brac. et f nel quale è una mexxa Ver-
gine col bambina in colla el quale donò el />. priore a
ser Bernardo Canlliere {(orse C^nceììkTé) de Medici. . » 16
Item un quadro di hr: 3 et {per ogni verso coUornamento, do-
nato al M.*° Lorenzo de Me'''. (magniQco Lorenzo dei Me-
dici ] con Madonna et angeli di valuta di due. cento, ma.
lar I) 100
Item una Tavola di br: 6 alta è un san Marcho fatta per
san Marcho nella chiesa nostra di valuta di due. XI. o 40
Item Un Crodficca di circa di brucia dua et | el quale de.
( delle ) fra philippo Strozzi a Francesco del Pugliese di
vahUa di due. XV » *5
Item Un quadro di brac. 4 i alto nel quale è san Bastiano
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SOMMARIO 165
con Vangelo è in ehiesa nostra di san Marcho di valuta
di due. venti. . • .* • • ^^^* ^^
ìtem Un quadretto di circa dua ter ti alto 9 evvi un san Bye-
ronimo el quale ebbe fra Hyeronimo de Rossi allora priore
di san Marcho di valuta di dtic. VII. ..... d 7
Item Un quadro di br.%{ alto drentovi una Madonna col
batnbifio donata a madonna Alfonsina ( de Medici ] di
valuta di due. XXV. lar. doro (1) 0 25
(1) Per questo importantissimo documento ci è dato conoscere un
numero troppo maggiore di dipinti di fra Bartolommeo di quello datoci dal
Vasari. Non pertanto vi sono omessi molti altri quadri, o perchè eseguiti
potterìormente , o perchè dimenticai dal indaco. Per tacere di molti, quivi
non è ricordata alcuna Deposizione di croce ; che il Porta replicò più volto ;
né la Vergine Assunta al Cielo, dipinta per Prato; né la tavola del novi-
liato di San Marco; ec. ec.
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166 MEMORIE
CAPITOLO IX.
Fra Giqnanni Giocondo veronese , Architetto , Ingegnere,
e Antiqiuirio.
AM ?ita di un insigne pittore facciaino succedere quelbi di
un celebre architetto, che fu ornamento singolare deUa sua età;
jche quanto Leon Battista Alberti e quanto fra Francesco Co-
lonna, e forse più deD^ uno e deU' altro, con T ingegno meran-
glioso e la Tastiti del sapere, fece rivivere tutta la greca e la
romana sapienza nell' arte del fabbricare; che fu tra'primi e cer-
tamente tra' più solenni maestri nella scienza delle militari for-
tiQcazioni; per la quale meritò gli elogi del Sammicheli, del
Falconetto, del Budeo, e di quanti in quella stagione n' ebbero
più certa perizia; e che finalmente nella idraulica si eleyò fino
all' altezza di Leonardo da Vinci. Questo architetto è frate Gio-
pondo; nome tanto grande, che in lui solo si riepiloga , a cosi dire,
mdta parte della gloria italiana del secolo XVI. Imperciocché e^
ebbe familiari le scienze umane e le divine*, fu peritissimo nel greco
e nel latino; nelle dottrine della antichità non ha chi lo par^i;
nelle matematiche fu insigne; né ignorò la storia naturale, e le
gentili e le umane lettere; ed ebbe ammiratori del suo ingegno
Giulio II, Leone X, l'imperatore Massifniliaqo, Luigi XII re di
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LIBRO ni. GAP. IX. lOT
Francia, Lorenzo de* Medici, e tutti i più chiari ingegni della
sua età; per guisa che leggendo la vita del Giocondo sembra re-
ramente di leggere in gran parte la storia delle nostre lettere
e delle nostre arti. Il perchè Giulio Cesare Scaligero non dubitò
appellarlo vecchia e nuova MlioUca di tutte k buone disciplme:
e nelle Satire lo disse Fenice degiU ingegni. Il Vasari lo chiama
uomo rarissimo ed universak in tutte le pm lodate facoltà; e sog-
giunge scrireme la rita, non a solo beneficio degli artici, ma
del m(Hido. Onde io stimo che non sia alcuno cosi pauroso o cosi
sprezzante dei Claustrali, che innanzi la grandezza del Giocondo
non sia compreso da insolita riverenza. Perciocché queir età che
di elettissimi ingegni non pativa difetto, forse ne additerà un
uguale, ma un maggiore noi credo. Se non che a favellare de-
gnamente di questo grande italiano reputiamo assunto superiore
di troppo al nostro tenuìssimo ingegno, e alla condizione dei no-
stri studj segnati da troppo brevi confinì. Basterà a noi pertanto
ricordame la vita e le opere con la maggiore esattezza; e se a noi
verrà fatto di alquanto più diradare le fitte tenel^re che ingom^
brano la storia di questo insigne artefice, stimeremo aver reso
non lieve servigio cosi alle lettere come alle arti.
Ma innanzi che prendiamo a scrìvere di Ara Giovanni Gio-
condo ci è mestieri ragionare alquanto di una quistione propo-
sta già dal Tiraboschi, e agitata e discussa lungamente dagli eru-
diti del passato secolo, né mai potuta condurre ad alcuna final
concbiusione, per difetto di opportune notizie, e per la contraddi-
zione degli antichi scrittori. Chiedesi pertanto se veramente fra '
Giocondo sia stato religioso domenicano, o francescano, ovvero sol-
tanto sacerdote secolare: quistione che se altrove potrebbe sem-
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168 MEMORIE
brare di poco o di nlun momento, di presente si rende troppo neces-
saria; potendo alcuno muorerci piato di avere con mano furtiva
mietuto neil' altrui messe. Che se a noi non fia dato riscdveria
in modo a tutti soddisfacente , verremo almeno a far noti i tilolìe
le ragioni per le quali crediamo poter restituire all' Ordine di
S. Domenico un tanto illustre suo figlio.
Prima che ilTiraboschi movesse una cosiffatta dubitazione^era
universalmente tenuto cbe fra Giocondo appartenesse alT Ordine
dei Frati Predicatori. Nò si era avuta in considerazione V aato-
rìtà, per altro gravissima, del Budeo*, che lo appella col semplice
nome di sacerdote; stimandosi da tutti che questo religioso, a me-
glio attendere alla costruzione di tante fabbriche, dimettesse per
alcun tempo V abito del suo Instituto, come assaissimi claustrali
facevano in fuéUa età, in cui era tanto scaduta la regolar disci-
plina (1). Due scrittori, se non contemporanei, certamente assai
vicini alla età del Giocondo, lo avevano detto domenicaDo, e
sono, Giorgo Vasari e Onofrio Panvinio: il primo nelle vite dei
pittori, scultori e architetti; e afferma avere piena notizia di que-
sto insigne artefice, e poteva averla da quel Donato Giannotii da
lui citato, stato già in Francia amico al Giocondo, e in Italia al
Vasari; il secondo, dottissimo e diligentissimo scrittore, lo ricorda
fra gli illustri veronesi, dicendolo apertamente dell'Ordine dei
Predicatori (2). I PP. Razzi e Rovella avevano seguitato il Va-
(1) Fra Giovanni Angiolo MoniorsoH dei Servì, Don Giulio Clovio
Canonico Lateranense, Fra Marco Pensabcne Domenicano, il suo confratrllo
Fra Guglielmo di Marcillat, e altri arteBci religiosi, dimìsero in quel secolo
1* abito del proprio Instituto.
(2) OirvpHmi PAnyniiiVBROHBirs. jéntiquitatum f^eroncnsìum lib. Vìlh
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LIBRO III. GAP. IX. 169
sari; e il celebre Scipioiie MaflTei, ragionandone nella Verona Illtt-
if roto, ripetè quanto su la vita e su le opere del Giocmido aYe?ano
scritto i PP. Echard e Quietif (1). E come Giuseppe Scaligero ap-
p^a il Giocondo francescano/ rispondevano T Echard, il Mon-
iH>ye e il Maffei, che sendo Giuseppe Scalìgero più remoto dalla
età del Giocondo che non erak» il Vasari e il Panvinio, e scrit-
U»re non diligente, non si voleva preferirlo ai due primi. Vero è
che Giulio Cesare Scaligero, padre di Giuseppe, era stato disce-
polo del Giocondo, ma che ei francescano o domenicano fosse
non dice: sdo facendosi a lodarne ringegno,lo appella sommo scoH-
ita (2) ; forse perchè volendolo encomiare qual sottile disputatore,
lo denominò da Duns Scoto Bliaorita, che nel disputare fu non
pur sottile, ma sottilissimo.
A queste gravi autorità, primo il Tiraboschi, e dopo il
P. Gngliehno Della YaUe dei Mincnri Conventuali, ne opposero
una gravissima in favore dell'Ordine dei Minori, ed è quella di
fra Lu^ Pacioli francescano, celebre matematico, il quale spo-
nendo pubbUcamente in Venezia il quinto libro di Euclide, e m^-
zionando in una sua prelezione tutti quei più distinti francescani
che erano stati suoi i^^coltatori, fra questi novera fra Giovanni
un voi. in-fol. 1668. Kb. VI. fol 167. Frai. Io. locandus yeronensis
Ordinis Pradieatorum, snr disertissìmus et doeiissimut , atque niagnifiei
Laurentii Medici Fiorentina! Reipuhlieoe Principis amicitia clarusy multa
edidit ingenii sui monumenta, ec.
(1) Maffbi, f^rona Illustratafììh. Ili, § 104, e Parte IH, cap. 6. —
Echard rr Quibtif, Biblioifiecu Script. Ord, Prcedicat ^ voi. li, fol. 37.
(2) j^pud Echardf loc. cit.
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170 MEMORIE
Giocondo veronese (1). Questa autorità, igscnrata dai Padri Echard
e QiiietiXe dal Maflfei stesso (2), è di grande rileTanza, coocios-
siachè il Pacioli cita nn fatto accaduto a Ini stesso, laddore Q
Vasari ed il Panvinio non conobbero mai il Giocondo. A questo
termine pervenuti , la quisUone sembrava decisa in favore dei
fì-ati Minori, ed il P. Della Valle ne menava festa ùomt di ripor
tata vittoria. Se non cbe lo stesso Tiraboschi rinvenne altra au-
torità in favore dei domenicani, forse di un egual valore di qndna
del Pacioli , ed è del francese Sauval, il quale, citando i registri del
Parlamento e della Camera dei CùaU(€ompte$)ii Parigi,ove si trova
memoria della presa, deliberazione per la fabbrica del ponte di No-
stra Donna aflMata a fra Giocondo, nei detti registri questo frate
è detto domenicano (3). Duolmi che il P. Della Valle, il qoak
cita il Tiraboschi in ciò die è ai suoi 0avorev<de, taccia poi di
(1) V. la Vita di Fra Giocondo scritta dal Vasari, edizione di Siena
del 1792, ore al voi. VII in laogo di prefasione vi è premesso un ra^-
nainento letto dal P. Della Valle In Torino li i5 marxo 1702.
(2) TiRABOscBi, Storia della LeUerat, Italiana ^ Tomo 6, Parte ID,
Lib. 8. Il Temansa seriore cbt questa antorità del Pacioli fa nota sBcbeal
marchese Maffisi ; ma consultando più volte la f^erona Hlu$trata^ non ne lin-
venni alcuno indizio.
(3) TiRABOscBi, loc. cJt. § Vili, pag. 1178. // Sau¥al si Jhnda ìmoU
tre su i registri del Parlamento e della Cantera dei contif ne* quali iictf
che tro%fasi sol nominato Frère Jean Joyeux ( Gioioso) Domenicano , che
egli crede il medesimo che fra Giocondo,... Per altro se Jean Joyeux e il
medesimo che Giocondo , sarà questo un nuovo argomento a provare che
almeno per qualcfie tempo ei fu domenicano, £ noi aggiungeremo, eoe
se questo JoyeuT flomenicano non è lo stésso che fra Giocondo, si coo-
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LIBRO III. GAP. IX. 171
questa autorità del Saa?al, e la riiessione che su dì essa fa rin-
signe storico della nostre letteratiira in fayore dei frati Predica-
tori. Abbiamo pertanto due documenti contemporanei dd nostro
arcUtettOy dei quali uno lo afferma francescano, e domenicano
Faltio. Ciò a mio avriso dovea bastare a temperare alcjuanto
qneBa troppo presta esnltaxìoné del P. Della Valle. Ma che
avrd)be egli detto se veduto avesse il vero ritratto di fra Giocondo
con le divise domenicane? Di una tale scoperta si deve lode al
P. Domenioo Federici, che la comunicò all'arehitotto Temanza ,
e <iuesti verificatala, n'ebbe fetta memoria nei termini seguenti.
« Vuoisi che la sala del consìglio di Verona sia opera di 6« Gio-
condOy nò k> ho niente in contrario. Tanto più che nel piedistallo
ed second' ordine della Scoiata verso il canto della vìa delIeFo-
glie, d è in basso rilievo il di lui ritratto. Questo rappresenta un
frate con tonaca, scapuhre e cappuccio* alla domenicana, t^
nenie un libro aperto neUe mani con queste sigle, e nu vbbon. b.
hi mano sinistra che con il dito uidice accenna le «gle, cofHre Io
spazio die éovea essere occupato da queste altre, pist. le quali
succeder doveano all*B. Di fotlo è chiaro che si deve leggere,
e. PLOfii TBRornsusts BFiSTOLAB. L' abito domenicano e le accen-
nate sigle ci fan certa fede che è desso (1). a E vaglia il vero, a
cederà almeno l'esutenia ^i na altro insigne arehltetlo domemcano al
quale il Parlamento ài Parigi affidava la erezione del bel Ponta di Nostra
Donna.
(i) Kite dei piit celebri nrchiteUi ec. pag. 54. Del Giocondo era un
ritratto nella sala del consìglio di Venezia colorito dal Tiziano , ma peri
ncll*infendio del 4577. V. Tipaldo, Elogio di fra Giovanni Giocondo,
pag. iO.
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172 MEMORIE
quale altro religioso domenicano poteya la città di Verona eri-
gere tanto insigne monumento, e rappresentarlo con le epistole
di Plinio, se, come è certissimo, il solo fra Giocondo ta il primo
a pubblicarne la più compia e la più corretta edizkme? A nimo
potrà venire in mente cbe il Parlamento di Parigi e la patria
Verona ignorassero V istituto a cui apparteneva questo insigne
architetto ed antiquario.
Le quali ragioni ben ponderate, rendevano la soluzione
del dubbio non pur difficile, ma impos^bile. Quindi quasi con-
ciliatcnri di pace fra dne combattenti, e più speranzosi di tron-
care che di sciogliere la quistione, il marchese Potetti ed fl Te-
manza si interposero fra gli uni e gli altri, dicendo che fra Gio-
condo fosse veramente frate Predicatore, poscia arbitrariamente
tornasse al secolo, e fosse da tutti affilato sacerdote, come si
ha nel Budeo; in ultimo volendo tornare al chiostro, preferisse
quello dei frati Minori; per la qual cosa saria stato veramente m
diversi tempi domoìicano, sacerdote secolare,e francescano. Que-
sta seduzione, abbenchè non manchi di offerire alcune di£koltii,
parci non pertanto la più ragionevole, e perciò la tenghiamo per
v«>a (1); tanto più che sembra consuonare jùosì un detto di Gin-
seppe Scaligero, il quale in una sua lettera del 1594 favellando del
(1) Ci sembra «Mai giusta una obbieaione. Se Verona faceva scolpire
in luogo pubblico l'efBgie del Giocondo, vuol credersi che egli fosse già
morto ) non costumandosi simili dimostraaioni a persone viventi; e se.il fa-
cea ritrarre sotto le divise domenicane, ciò dice apertamente che con qoellc
era disceso nel sepolcro ; il perchè si rende vieppiù oscura e confusa h
soluzione del proposto dubbio intomo la vera condizione dello stato clau-
strale del Giocondo.
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LIBRO HI. CAP. IX. 173
geiulòre« scrìve essere stato discepcdo nella grammatica e nelle
amene lettere del Giocondo, e soggiunge, quipostea ad tnanachùs
franciscanoi transita dal che si potrebbe dedurre, che solo
in matura età vestisse le divise dei Minori, rimanendo perciò più
verisimile che nella prima sua giovinezza indossate avesse quelle
dei frati Predicatori. Il quale trapassamento da un ordine reli-
gioso ad un altro in quel secolo non era difficile, e la storia ce
ne ottre altri consisiili esempj.
Sciolti da queste disputazioni, imprendiamo a narrare la vita
del nostro architetto antiquario. E qui per pruno ci occorre,
come troppe fiate abbiam fatto, lamentare la ingratitudine degli
uomini, per la quale. questo illustre italiano non rinvenne in pa-
tria alcun diligente indagatore delle sue gesta; per guisa che se
il toscano Vasari non ci dava quei cenni preziosi della sua vita,
con tanto amore raccolti e descritti, il nome soltanto e le opere
ci sariano rimaste del Giocondo, non avendone fatto il veronese
Panvinio che una breve rimemorazione; ed il MaflTei, come si
disse, copiato in gran parte V Echard e il Quietif. Per la qual
cosa dichiariamo , non sapersi con certezza V anno vero del suo
nascimento, gran parte della sua vita, Fanno e il luogo della siia
morte e del suo sepolcro.
Il Tcmanza ed il Milizia ne segnano la nascita V anno
1435 (1); il eh. Masselli nel 1453 (2); ma da un antico e prezioso
documento che produrremo, sembra potersi legittimamente infe-
rire'ch^ fra Giovanni Giocondo sortisse i natali intomo il H30;
(i) TsMJLirzA, loc. cit. ; Milizia , Memorie degli Àrchiletti antichi e
moderni. Voi. I, lib. 3, cap. 2, pag. 2{S8.
(2) Masselli , note al Vasari , Viu di Fra Giocondo , nota 2.
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174 MEMORIE
perciocché in essodkesi che nel 1514 egU «Tene oltrepMBatigii
anni ottanta. Che fosse veronese ninno mai il negò; ma die (bsie
di nobile lignaggio , come afferma Giulio Cesare Scaligero, fa
meritamente rìvocato in dubbio per la sospetta fama di qoesto
scrittore. U P. Orlandi ìèM' Abbectdmio Pitlwrioo fk il nostro
Giocondo fratello a Francesco Monsignori pittore Toron^, con-
fondendo forse, con troppo grave errore, fra Gerolamo Monsignori
pittore domenicano, del quale abbiamo narrata la tìU, con tira
Giovanni Giocondo (1). Il P. Domenico Federici lo disse della fa-
miglia Ognibene (3); ma più simile al vero stimo col di. Emilio
Tipaldo, che Giocondo fosse il Tero cognome di lui (3).
ÀUoraquando a molti slorid veogon meno le notioe, à
danno a discorrere liberamente nd campo ddle conghiettoie, net
quale ai più audad non faUisoe giammai una eaiAerante rac-
cdta. Noi non li seguiteremo in quella peregrinatione, e d ter-
(1) Taumu, loc. eit pa§. tt5 « Ha forte ptr fondAmento qdHto
SQO asserto certa eduione di Vltmne che egU aocema nel cataloge dei
libri di architettura con questo titolo: Li X libri di ArddteUura di fi-
trmvìo Jigurati f con il hittema di Jigarare V Ordine Gotico , con gli or-
namenti dijra Giocondo Monsignori Domenicano ^ 1523 in-8., sensa nots
di luogo. Edizione non conosciuta dall* accnraùssimo marchese Polenii e
immaginata, come sospetta il Temanaa, dal P. Orlandi, come altre di al-
tri scrittori creò la sua fantasia.
(2) Notizia dal Federici comunicata al Temanza, la quale non ha
altro fondamento, che aver. trovato nelle antiche carte sotto Tanno i449,
un Frater Ioanne» de Omnibono de Verona, Troppa debole congbiettnra
per crederlo il Giocondo.
(3J Elogio, pag. 10.
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LIBRO lU. GAP. IX. 175
remo contenti alle poche ma preiiose notizie che del nostro Gio*
condo d sono rimaste. La singolare perizia delle scienze umane
e delle divine, quella delle lingue dotte» la rara e copiosa eru-
dizione, rivelano facilmente vigoroso V ingegno^ egregi gli studj,
6 valenti i professori che ne lo ammaestrarono.
Era in quella stagione fioritissimo l'Ordine Domenicano per
ingegni detti e vigorosi, i quali si erano venuti addottrinando in
tutte le scienze più universali, e precìpuamente negli studj delle
antichità e delle lingue primitive; per tacere di quella nobilissima
schiera di teologi, capitanata dal celebre cardinale Gaetano, lume
e ornamento della sua età e di molte altre. Nelle lingue orientali
prìmqfgiavano il P. Santi Pagnini ed il P. Agostino Giustiniani;
nelle antichità, Annio da Viterbo, fra Francesco Colonna, del
quale abbiamo scritto la vita, ed il nostro Giocondo. Questo
fervore di studj era nito dal recente ritrovamento dèlia stampa,
e daUa breve calma conceduta agli Ordini Religiosi dopo la tem-
pesta dello scisma, che gli aveva miseramente travagliati. Se il
Giocondo assai giovine indossò le divise domenicane, come scri-
vono i PP. Echard e Quietif, potè avere compagno ne^ studj
del greco e dell' antichità il ricordato suo confratello fra Fran-
cesco Colonna veneziano (1); ma il Giocondo, molto più avveduto
del bizzarro autore della Ipnerakmiaehiaf in luogo dì traman-
dare ai posteri i tesori dell' anàchìtà rivestiti di tanto laida fa-
vella, che il gentile Perticari non dubiterebbe appellare /Wr-
famUMt volle adornarti colla pura e sonante lingua del La-
zio; stimando indegno che gli avanzi del senno e del valore ro**
(1) Il Colonna, come altrove sì disse, era nato Tanno 1433. Vedi
le presenti Memorie^ voL 1^ Itb. 2. eap. i2.
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176 MEMORIE
mano fbssero da tanto reo linguaggio contamiDatL Allo studio
delle antichità ambedue accoppiarono quello dell' Àrchitettiira;
e perchè il secolo XV voleva emanciparsi dallo stile e dalle tra-
dizioni gotiche e longobardiche, ed evocare a vita novdla k
classica euritmia dei greci e dei romani; questi due frati, in
lu(^ di opporsi ostinatamente al progreno^ si fecero caldi
sostenitori deJIe dottrine Vitruviane. Ma il Giocondo vi ag-
giunse la scienza delle militari fortificazioni; studio a Ini
consigliato dalla carità della patria , allora spietatamente dila-
cerata da armi straniere. Che ndla giovinezza fra Giocondo viag-
giasse r Italia e facesse lunga dimora in Roma, sembra non po-
tersene dubitare per Y autorità del Vasari, il quale scrive, a che
dando opera alla cognizione delle cose antiche, cioè non scio
alle febbriche, ma anco alle iscrizioni antiche che sono
nei sepolcri, ed all'altre anticaglie, e non solo in Roma ma
ne' paesi all' intomo ed in tutti i luoghi d' Itaha, raccolse io
un bellissimo libro tutte le dette iscrizioni e memorie, e lo
mandò a donare, secondo che affermano i Veronesi medesimi,
al Magnifico Lorenzo vecchio de' Medici, ec. » È questa pertanto
la prima e la più accertata notizia che abbiamo di fra Giocondo.
Le iscrizioni latine, secondo afferma il Panvinio (1), sommavano
(4tre due mila. Questa raccolta, che meritò gli elogi del Grutero
e del Sigonio, fu dal Maffei giudicata indubitatamente la più
perfetta e la più preziosa opera del veronese antiquario (2).
Nella dedica a Lorenzo de' Medici si sottoscrive, Fraier loanms
locvmàu» Vtnmentisy il che prova che dimorava tuttavia nel
(i) AnUq, Vtroneru» loc, cit.
(3) Vvona Illustrata, Kb. Ili, § 104.
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LIBRO III. GAP. IX. m
chiostro. Come Loranzo de' Medici mori V anno 1493, si deye de-
durre col Poleni, che la dedica dell' opera si facesse alcun tempo
innanzi; e il Tiraboschi soggiunge, crederla compilata in Roma,
e da Roma trasmessa a Firenze (1}.
Intorno il 1492, se il vero narra Giuseppe Scaligero, fra
Giocondo si recaya presso il castello di Lodrone ndle Alpi
Troitine; siccome apparisce da una lettera ddlo stesso Scali-
gero, nella quale, narrando la vita di Giulio Cesare suo pa-
dre f scrive che nella puerizia ayesse a precettore negli ele-
menti della grammatica il Giocondo, il quale si era ricoverato
nel loro feudo presso l'anzidetto castello, situato fra Trento
e Brescia (2). L'anno deducesi da questo, che Giulio Ce-
sare era nato nel 1484, e innanzi gli anni otto non è molto fa-
cile a credere desse comineiamento agli studj grammaticali sotto
tanto insigne precettore. Non si può dunque concedere all'Echard,
che, intomo al 1490, lo stesso Giulio Cesare Scaligero di già fosse
iniziato alla lingua greca dal Giocondo, perchè il discepolo aveva
soli sei anni, età nella quale non che il greco, appena è che uno
parU speditamente il materno Unguaggio. Non so a che alludesse
il Temanza quando scriveva che Ara Giocondo tenne anche prò-
tica con Lodowco Duca di Orleans allorché nel 1495 dimorava
in Astiy con animo di tentare la conquieta del Ducato di Mi-
(i) Storia della LeUerat. Italiana, loc. cit. § IX, pag. 11T7. '
(2) /. ScaUgtri Epitt, XI r. Kal Junii MDXClF.n Puer Julius in
agris aviiis edueiut una cum Tito fratte prima UUerarum et grammatieos
elemenla didicit, praceptore Joanne Jucundo p^eronemi cliente Jamilia
noitrce, homine doctissimo et probatitsimo , quipostea ad monachos Fran-
citcanos trantit, Apud Echard, loc. cit. pag. 37.
n. 12
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178 MEMORIE
lana (1). Egii non cita alcuna proTa della sua asserzione, il per-
chè noQ osiamo guarentire questo fatto. Ma se il Giocondo ud-
ranno sopraccitato non si recò Teramente in Asti, sembra c^to
però che nel seguente abbandonasse non pure la patria, ma
r Italia, e si portasse nella capitale della Francia (2). Come da
tutte le sue peregrinazioni questo dotto religioso sapea traire
un pascolo eletto agli svariati suoi studj , con inestimabile be-
neOcio della repubblica letteraria; datosi a rovistare le ricche bi-
blioteche di quella capitale, gli venne fatto rinvenire un codice
completo delle lettere di Plinio secondo, delle quali innanzi a hii
non si avevano che poche , e malconcio dalla imperizia degli
amanuensi. Collazionate con i migliori codici, corrette con ogni
diligenza, le fece di pubblica ragione , ìntitolafidole allo slesso
Duca di Orleans, che di recente era asceso al trono di Fraa-
eia col nome di Luigi XII. Disputano gli scrittori intoroo
Fanno e il luogo in cui quest'opera di Plinio vide prima-
mente la luce. Il Tipaldo ne cita una edizione iatta in Bolo-
gna nel 1498 (3); ma FEchard tace di questa edizione bolognese,
e solo ricorda F Aldina eseguita in Venezia Fanno 1508 (4j.
Egli è certo però che nella edizione del 1498 fra Giovaxmi
Giocondo non ebbe alcuna parte; e lo prova ad evidenza
il Tiraboschi, citando una lettera di Aldo Manuzio premessa
alla veneta edizione , nella quale si afferma, che allora so-
ft) Loc. cit. pag. UT.
(2) U Temansa opina che ciò avvenisse anche prima àt\ 1490, loc.
cìt. pag. 63. —
(3) Elogio di fra Giovanni Giocondo, pag. 11.
(4) Bihliotheca Script. Ord. Prmdicat.y voi 2, pag. 36.
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LIBRO HI. GAP. rX. 179
lamente, per sua soUecitudine, vedeTano la luce le nuove lettere
pliniane rmyenutQ dal Giocondo, e averne da lai stesso ottenute
le aggiunte y le varianti e le correzioni (1). Nel mentre fìra Gio-
condo con importabile fatica ed amore grandissimo ricercava e
stddìava gli aranzi della romana grandezza, e illastrava i più
insigni scrittori del Lazio (e molti n'ebbe in breve tempo amio-
tati e fatti di pubblica ragione), non obliava già T arcbitettura ,
stadio a lui supremamente diletto; che anzi nei primi del ISOO
il troviamo tuttavia in Parigi già insignito del tJtoìo di regio
architetto. Allora tolse a qùegare Yitnivio, non ben so se in
pubblico 0 in privato^ Che a più chiara dilucidazione del
testo oscorissimo, egli facesse tener dietro alle sue parole i dise^
gai di tutte le opere di architettura delle quali dovea render ra-
gione, ce lo attesta il celebre Guglielmo Budeo, che Ai soo
discepolo, e na lasciò ricordanza nelF opera sulle Fmid$tU (2).
In questa accadeva in Parigi la rovina del vecchio ponte, e il re di
Francia commetteva al Giocondo la cura di riedificarlo. Interno
laquale opera, che certamente fo tra le priacipalisstme del nostro
artefice, segoteremo la Barrazione del sig. Emilio de TipaMé.
cr II vecchio ponte vicino all' atìtica magnifica cattedrale
addi 25 di novembre dd H99 era precipitata neDe acqae, e
inortevi quattro o cinque persone; perchè, diceva il popdo, un
artigliere aveva li presso uccisa Fanno innanzi sua madre. Il
(1) Storia della LeUerat. Italiana^ loc. cit. § IX, pag. 1179.
(2) Annotai, in Pandeetas, apuci Echaro , loc. cit. pag. 87 m Nobis
vero in ea Uctione (di Vltravk>) contigit praceptorem eximium nancitci Ju-
cundum Sacerdotem areìdtectuni tane regium^ hominem antiquilatis perilis-
simum qui graphide quoque non modo verbi» intelligendat res prabebal.
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180 MEMORIE
Preposto della città e gli Scabini e di quello e del precedcDle
anno, coIpeToli di negUgenza» non potendo la molta, farono car-
cerati; e fu deliberato edificar nuovo ponte: fu destinata Pisola
di Nostra Donna, ove allora non erano case, a tagliar le pietre
e a lavorare i legni ec... Molti profersero disegni e consigli: {ter
dame giudizio furono fatti venire da Blois o dall' Alvemia co-
struttori di ponti; dal quale indizio apparebbe la povertà che
d' artisti pativa allora Parigi, sì ricca già di nobili monumenti.
Fatto è, che in una adunanza alla quale assistette, come i Fran-
cesi lo dicono, frate GUmso^ fu deliberato di edificare il ponte
a tre archi, e in un'altra poi del restante; che a di 20 di lo-
glio 1504, seguendo il consiglio di frate Gioioso, riscontralor
deUa pietra (1), e di Desiderio di Felin, capo mastro delle opere
di legname, tu deliberato non dare agli archi la perfetta forma
circolare per far più agevole la salita. Che il riscontrator deDa
pietra fosse insieme V architetto, lo prova la paga assegnatagli
d' otto lire al dì, che vale franchi 43; più forse che dascuno de-
gli otto battellieri non guadagnavano in tutto un mese; Io prova
non essersi nominato altro architetto maggiore, e lui nell' ordine
essere primo; Io prova V aver Giocondo titolo, dal Budeo suo
discepolo, d' architetto regio; lo prova ¥ epigramma del Sanna-
zaro (2). Addì 10 luglio 1507 fu posta la prima pietra dell'ultimo
(1) Cosi trovasi denominato il Giocondo nei libri della Camera dei
Conti di Parigi , e per quesU cagione sospettò il Sanval se yeramente qat-
sto frate fosse l* architetto del ponte medesimo. Vedi TmABOsau b Tipaldo.
(2) Tipaldo, Elogio^ pa^. 15. Il distico del Sannazxaro diceva:
Jitcundus geminum imposuU Ubi, Sequana^ Pontem
Hunc tu jure potet dicere Pontificcm.
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LIBRO III. CAP. IX. 181
arco; e ogni opera ta compiuta nel settembre dd 1512. Importò
la spesa di an nulicHiey secento sessanta mila cento ventiquattro
lire. Questo ponte, per ciò che scrive il Temanza, ha cinque ar-
chi (1) y ciascheduno di una luce di piedi 54; il loro rigoglio sopra
il pelo dell'acqua è ahneno di piedi 40. Le quattro pile isolate sono
grosse in fronte piedi 15 1. Questa loro grossezza» rispetto alla
luce dei vani, è in ragione di due a sette. La loro lunghezza » la
quale determina la latitudine d^l ponte, è di piedi 82; non com-
presi gli sproni triangolari, che su ambedue le fronti risaltano
piedi 12. Le volte degli archi, che sono di tutto sesto (2), sono
grosse oltre piedi 4. Tutta Y opera è di pietra viva, tolta da cave
non molto discoste. Su ciascheduno dei lati della via del ponte,
la quale è larga piedi 26, vi ha una fila di botteghe e case in quat-
tro piani (3). Alloraquando lo Scamozzi, celebre architetto, ta.
Sendo stato restaurato 1* anno 1660 sotto il regno dì Luigi XIV, vi
fu apposta questa iscrizione ^ che più non esiste :
Jucundus faeilem prcehuit tibif Sequana, Ponteni
Invicto cediles flamine resUtuunt
Regnante Lodovico XIV
Alexander de Seve Urbis Prajectut^
(1) Gonvien dire che successivamente fosse variato il disegno, o sia
occorso errore in alcuno dei citati* scrittori , perciocché il P. Gugliel. Della
Valle, citando Claudio Malingre, scrive che li 10 luglio 1507 si pose
l' ultima pietra al sesto arco. Cosi Tip aldo dice che questo ponte fosse di
tre archi, il Temanza di cinque e Claudio Malingre di sei.
(2) Anche in ciò semhra discrepanza fra Tipaldo e Temanza, scri-
vendo il primo, che fu risoluto di non dare agli archi la perfetta forma
circolare; e il secondo che furono fatti di tutto sesto.
(3) Temahza, loc. cit. pag. 60.
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182 MEMORIE
in Parigi l'anno 1600, disse non aver feduta in qneUa città
opera di architettura più bella di questa. U Sannazaro, Giulio
Cesare Scalifero, e il Vasari attribuirono a fra Giocondo due
poati sopra la Senna. Alcuni credettero che il secondo fosse il
ponte Pkeoh; ma il sig. Manette con sua lettera dei 9 ago-
sto 1T71, diretta al Temanza, si studia proTare che fra Giocondo
non fecesae che un ponte soltanto. Se prestiam fiede al Vasari,
il nostro architetto fece altre infinite cfen per quel r« m imito U n-
gno, ma soggiunge bre egli soltanto menzione di questi duepontì,
per essere l'opere più degne di memoria (1). Al Giocondo si con-
cede dal sìg. Tipaldo il disegno del castello di Gaillon tn Nor-
mandia, costruito in stile gotico nel 1505; già posseduto dal
cardinale di Amboise, poi soggiorno dei yescoyi di Roaen, e di-
strutto nella rivoluzione del passato secolo (S]. La qual cosa
proverebbe come il culto da questo religioso prestato alla clas-
sica architettura non giungeva fino al disprezzo dello stile go-
tico 0 alemanno, ma che stimava aver esso pure 1 suoi pregi e
le sue bellezze. Nel tempo che dimorava in Francia, ac-
cadde al Giocondo quell' aneddoto narrato dal Vasari, e al Va-
sari raccontato da messer Donato Gianotti fiorentino, che moki
anni fu suo amicissimo, come avendo il frate allevato una
volta un Pesco entro un vaso di terra, vide quel piccolissimo
arbore carico di tanti frutti, che a considerarlo era una mera-
vìglia, e che avendolo posto in luogo dove avendo a passare U
re potea vederlo, i cortigiani ^i manomisero tutto qudl' ar-
boscello con infinito dispiacere del buon claustrale (3).
(1) f^ita ài fra Giocondo , circa mcd.
(2) Tipaldo, Elogio^ pag. 16.
(3) Vasari» loc. cit.
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LIBRO IH. GAP. IX. 183
Dopo avere per ateimi anni diretti i lafori del ponte, il
Giocondo si recò in Venezia V anno 1506, invitatovi probabil-
mente da qneUa repubblica per opera di grande importanza. La
melma della Brenta gettata di continuo nelle venete Lagane, mi-
nacciava r interramento di qnelle, con danno gravissimo deUa
città. Aflérma il Vasari, che fra Giocondo focesse avvertiti i reg-
gitori della cosa pobblica, quanto grande rovina loro soprastasse
se non vi accorrevano con pronto ed eflScace riparo; e udite le
vive ragiom di fra Giocondo^ e fatta una congregasdone dei più
rari ingegneri ed architetti che foesero in Italia^ furono dati nuditi
pareri, e fatti molti disegni, ma quello di fra Giocondo fu tenuto
il migliore e messo in esecuzione: e cosi si diede principio a diver-
tire con un cavamente grande i due ter» o almeno la metà del-
r acque che mena il fiume Brenta, le quali acque con lungo giro
condussero a sboccare nelle lagune di Chioggia, ec. (1). Qaesta
narrazione del Vasari viene impugnata dal Temanza, il quale
prova con certi documenti che fino dall' anno 1488 si era dato
principio ad un nuovo canale, e che nel 1495 già era ultimalo.
Questo canale, che al presente appellasi il Brentone, lungo ben 25
miglia, si dice importasse la spesa di 800,000 ducati; Soggimige
poi lo stesso Temanza, che lo aveva migliorato e proseguito in
maggiore lunghezza Tarchitetto ^essio Aleardi; ma che nel ISiOO
restando a farsi tuttavia molte opere per la detta diversione, il
Collegio dei Senatori invitasse il Giocondo a dare il suo parere
sopra quanto erasi fatto, e sopra quanto restava a farsi. Portatosi
egli pertanto alla disamina del luogo, ed incominciando dal di-
versivo, o sia emissario di Limena (che allora avea cominciato
(1. Vasari, loc. cit.
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184 MEMORIE
a patire qaalche danno}, distese le sue osservazioni a destra ed a
manca fino alle Lagone ed al mare. Fece poi una diligente livel-
lazione dell'antico alveo della Brenta, da Strà al Dolo e dal Dolo
a Lizzaf lisina; e cosi dal Dolo sul nuovo canale fino a Concbe.
Dopo le quali considerazioni, ilGiocondo scrisse il suo parerete fa,
che nel suddetto cavamento del Brentooe, l'acqua avrebbe avpta
assai minor discesa o pendio (e diceva il vero], che per V antico
alveo di Lizzafusina; onde il suo corso sarebbe stato assai lento;
e ciò viemmaggiormente per non aver sfogatoi, come uno ne
aveva alla Mira il canale di Lizzafusina. Per le quali cagioni
saviamente avvertiva, come tosto si fosse introdotta tutta la Brenta
nel nuovo alveo, V acqua del fiume si sarebbe di molto innalzata
sopra il liveUo delle campagne, e avrebbe risalito all' insù. Id
breve, affermava che tal diversione avrebbe piuttosto recato
danno che giovamento. Quindi consigliava aprire la via alle
acque del nuovo canale o Brentone, per li due canali di Fo-
golana e di Petadibò, perchè dessero un esito al novello ca-
vamento; ed in tal modo il religioso si lusingava di un evento
migliore (1). Questo consiglio del Giocondo non piacque alla repub-
blica, perchè opposto alla massima dalla medesima adottata,
di allontanare per ogni via le torbide e le dolci acque da suoi
Estuari. Durarono le disputazioni degli architetti e degli inge-
gneri fino all' anno 1507; e da ultimo al solo Aleardi venne af-
fidata la esecuzione dell'antico progetto. Rimangono tuttavia, per
autorità del Mafiei, del Poleni edelTiraboschi, quattro disserta-
zioni di fra Giocondo indirizzate al magistrato delle Acque di
(1) TenAHZA, loc. eh, pag. 66.
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LIBRO ni. GAP. IX. 185
VeDezia per quella ardua operazione; ed è a desiderare che
siano fatte di pubblico diritto.
Due iinni dimorò fra Giocondo in Venezia, nel qual tempo
forse avvenne il suo passaggio dall'Ordine domenicano a quello
de* francescani. Il Temanza, che Ai il primo a determinare
r anno di questo ayyenimento, sebbene altrove sembri contrad-
dirsi (ì)y venne in questa opinione per la citata autorità di
fra Luca Pacioli dei Minori, il quale nel giorno 11 agosto
dell* anno 1508 sponendo in Venezia il quinto libro di Euclide,
come pec noi fu già detto, scrive avere avuto ascoltatore tra i
religiosi del suo stesso istituto, fra Giovanni Gioccmdo veronese;
e aggiunge, omnes fraUbaU qusdem MifwriiafUB famìm (2). Ri-
cercando poi il Temanza la cagione di questo fatto , stima vero-
simile, che avendo il veronese architetto deposto Y abito dome-
nicano senza il dovuto consoiso de' suoi superiori, e da questi
forse troppo severamente redarguito o molestato, volendo già ses-
sagenario fare ritorno al chiostro, preferisse queUo dei france-
scani. Io non accetterò né rifiuterò questa opinione; avverturò
sdamente che se fra Giocondo abbracciò la regola dei Minori
(1) Scrive pertanto a pag. 69 della Vita del Giocondo , che nel tempo
della lega di Cambraì, cioè Tanno 1509, Fra Giocondo menava i suoi
giorni jra i suoi religiosi di San Domenico nel monastero di San Nic^
colò di Trevigi. Il Temanza non i scrittore da inventar favole , ma è vero
altresì che egli non cita alcun documento della sua asserzione. Sarebbe
questa certamente una non spregevole prova che nel 1509 fra Giocondo
fosse tuttavia domenicano. Nel Federici non ne trovo alcun cenno.
(2) Vedi presso Tiraboschi, lib. Ili, § Vili, pag. 1176.
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186 MEMORIE
nel 1507, OT?ero nel 1508, egli aveva trascorea la più parte del
viver sao nell'istituto dei Frati Predicatori.
La dimora del Giooondo in Venezia non fìi continua nd
corso di questi due anni, perciocchò il P. Federici scrive,
che nel 1507 egli si recasse in Trevigi per dirigere alcuni im-
portanti lavori idraulici sulla Piave (1). Ma il debito dì buon
cittadino il richiamava tosto in Venezia. Correvano allora tristi e
paurosi giorni. Il Pooteflce Giulio II volea dare all'universo
l'esemplo di una solenne vendetta contro qudla Repubblica,
già perturbatrice della sua potenza; e la vendetta di Giulio era
tremenda. Non pago di collegare V Europa tutta è danni di lei,
le imprecava contro eiiandio i ftilmiai del cielo; e il cido si
unirà alla terra per inabissare Venezia. Ardeva subitamente l'ar-
senale della Repubblica; ardeva la cittadella di Brescia; mina-
vano gli Archivj; il soldo delle milizie periva nelle acque; segui-
tara la sconfitta di Ghiaradadda (2); né alla Repubblica venia
per tutto questo meno il coraggio, ma con esempio unico di co-
stanza e di valore, lottava ccmtro l' ira del cielo e della terra. Vo-
lendo salvare Trevigi dalle armi di Massimiliano imperatore,
ricercava a queir opera pietosa frale Giocondo, e il frate, che »a
cosi perito nelle militari fortificazicmi come a dilucidare una antica
iscrizione, o illustrare uno squarcio oscurissimo di Vitruvio, di
Varrone, di Columella, ec, lasciata Venezia, il 9 giugno giun-
geva a Trevigi. Quivi arrivato, la città avea tosto per opera di
lui nuova forma, e nuovi ordini di difesa. Nou perdonando a
(1) PEDima, Memorie Trevigiane, voi U, par. 2, pag. 36.
(2) GoicciARDi»!, Storia d* Italia lib. Vili, cap . 1, ad ann. 1500.
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LIBRO IH. CAP. IX. 187
spedali e palagi, dava a terra tulli i borghi d' intorno per farne
fossa e spianato. Abbatteva ciò che delle antiche lorri più alte
soprastava alle mara, affinchè la nemica artiglieria bersaglian-
dole, non dovesse fiaccarle e opprimere i difensori ddlle loro ro^
vine. Lo storico Znccato, qaantonqne lamenti tanto guasto
dell' antica città , non seppe fare però di non lodar la bel-
lezza dell'opera, e il Bologni volle renderne grazie al Giocondo
con versi latini (1). E veramente da qudle mine dovea uscir
opera che né pi^ ehgwte^ dice il Bembo, nèpi^uccomodata a
munire una terra altrcve ei era veduta insino allora. « Le nuove
arti guerresche, scrive fl Tipaldo, per l'inventato più diabolico che
umano istrumento, nuova architettura vdevano: qui l'imitazione
di per se non bastava,e alFurgetite bisogno chiedevasi speditezzadi
dottrina e franchezza di libero ingegno. Imaginiamquestofì^aleyChe
della vita avea speso gran parte nel raccogliere iscrizioni e nel con-
sultar codici di autori latini, imaginiamolo chiamato a difendere
dalle nuove armi, che di lontano uccidono e atterrano di lontano,
una città contro i minacciati assalti di forse intera l'Europa. Il suo
disegno eseguito in quella pressa con piote, ma compiuto in pietra
gli anni di poi, fu tal cosa Che Carlo Y nel trenta due lo con-
templava ammirando, e 11 forse il trivigiano Pennacchio prese
r indirizzo a diventare quell' architetto di opere militari, che
tanto piacque al re d'Inghilterra. Nuovi baluardi alle nuove
mura, nuov' acqua ai nuovi fossi, raccolta da nuove trombe che
la ritenessero minacciosa, poi la lasciassero sgorgar subita ad al-
lagare lo spazio di un miglio la circostante campagna. Magistero
possenle, il quale rammenta i prodigj che sulla terra dei giganti
(1) Vedi Federici, Memorie Trevi giatUf te. voi. 2. part. 2, pag. 24 e 25.
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188 MEMORIE
favoleggiati creò nel fervore della scienza magnanima, dalla pietà
della patria innalzato sopra se stesso, Archimede. E F acqua
nelle trombe raccolta, e pei campi intomo vomitata, due volte
respinse i nemici incorrenti (1). » Quindi il Giocondo fa il primo
anello di quella serie di ingegneri militari che poi fiorirono nd-
rOrdine domenicano, il quale va lieto dì avere offerto a quando a
quando valenti e generosi difensori della patria. Condotte a ter-
mine le opere di militare fortificazione, il frate veronese ripren-
deva i suoi stndj profondi sull'antichità e suUa architettura*
Frutto dei medesimi fu la nuova edizione di Vitravio, da lui de-
dicata al Pontefice Giulio II, con la data del 22 maggio 1511 (2).
Asseriva e^i nella dedica, che la sua edizione vitruviana per co-
piose e accurate notizie, per sodezza e varietà di lavori non sa-
rebbe per cedere a nessuno di quelli che scrissero di tali cose,
se quel riposo gli. fosse dato che agli studiosi è più di ogni occu-
pazione laborioso e fecondo; il quale ripoio^ ei soggiunge, tu
solo, 0 Bealiisimo Padre ^ puoi dùnarmL Per le quali ultime
(1) Elogio, ec pag. 23. Quelle macchine furono poi fatte costniire
dì marmo con chiavi e fìstole dì bronzo e dì acciaio; e accerta il Tipaldo
che nel princìpio del presente secolo si vedevano ancora (ibid. nota 6}.
Il P. Federici ha pubblicato un Compartimento, ossia perìzia dei vari la-
vori fatti in quella occorrenza nei dintorni di Trevigi. Il qual documento,
che ha la data del giorno 18 novembre 1509, offre la seguente sottoscri-
zione del Giocondo: Partidor fatto per comandamento ut sopra , per mes-
ser Alvise Lancenigo et mi fra Giovanni Giocondo. \tdì Memorie Tre-
vigiane. Voi % Docnm V, al capo 1.
(2) M- Vitravius per lucundum solito castigatior jadus cum figuri*
et tabula, ut iam legi ti intelUgi possit. Venetiis 1511.
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LIBRO III. CAP. IX, 189
parole sospettarono alcuoi, che eziandio dell'Ordine flrancescano
non pagOy nnoramente volesse fare ritomo al secolo^ e ne desse
alcun cenno al Pontefice. Sembra non pertanto che éi non potesse
lodarsi della generosità dì Giulio IL
Se prestiamo fede ad alcuni , nel 1512 quest'uomo^ cui
ninna cosa valeva a saziare V animo sitibondo di apprendere ed
operare, recavasi nella patria Verona onde rafforzare una
pila del nuovo Ponte sull' Adige che minacciava rovina (1);
altri in quella vece stimano che ciò accadesse molti anni dopo.
Forse allora avvenne quanto scrive il Vasari ^ che fra Giocondo
disputasse di cose altissime al cospetto di Massimiliano Impera-
tore, presente Giulio Cesare Scaligero; laddove alcuni affermano
ciò essere stato molti anni innanzi in Germania , ove dicono
che il Giocondo facesse lunga dimora alla corte di quel mo-
narca (2).
Nel 1513 Rialto, emporio del commercio dei Veneti, era in
preda aUe fiamme; e la Repubbh'cachene'sum più urgenti bisogni
avea sempre ricorso al nostro architetto, abbenchè di già ottaage-
nario, lo richiedeva di un disegno, non pure del nuovo ponte, ma di
tutta quella contrada che sotto nome di Rialto è compresa. Volendo
fra Giocondo rispondere alla fiducia deUa Repubblica in modo de-
gno della sua grandezza e della propria fama, recatosi in Venezia,
concepiva e delineava opera cosi fatta che, per autorità del Va-
sari, non 8% può immaginare^ né rappresentare da qual si voglia
m
(1) Tbmamza, Tipaldo.
(2) TiRABOSCHi, Storia della LeUerat. Itah loc. ciL § IX, pag. 1177.
Vasari, Vita di fra Giocondo^ in prìnc.
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190 MEMORIE
più felice ingegno o ecceUmtiiiimó artefce, akmna coea né jmì
beUa^ né più magn^icay tèe più ordinata di questa. Impercìoochè
avea egli saputo riunire in quel disegno, non pure tutto ciò che
alla utilità ed alla comodità del commercia e dei traflBci dei cit-
tadini poteva in alcuna guisa condurre; ma altresì quanto si per-
teneva alla bellona , al diletto e al ricreamento del popolali
Vasari ce ne ha data una lunga e bellissima descrìzioDe,
in l^gendo la quale uno non può non ammirare la ncbìk
fantasia e il gusto squisito di questo insigne architetto; come
non deplorure la condizione dei tempi, che opera tanto stu-
penda non consentiroDo fosse mandata ad efletto, per la
quale meraviglioso adornamento ne avrebbe acquistato quella
città. Due cagioni assegnano gli storici paxhè non fosse accolto
ed eseguito il disegno di fra Gioconda La prima dicono essere
stata la sua stessa magniflcenza, trovandosi la Repubblica, per la
lunga e desolatrice guerra sostenuta contro la Lega di Cambra!,
esausta dei mezzi opportuni. La seconda Ai la eoneorroiza di un
altro architetto per nome Scarpagnino, il quale, abbencbè nel-
V arte di lunga mano inferiore al Giocondo, non pertanto aio^
tato dal potente patrocinio di un nobile veneziano, e avendo
proflbrto un disegno più semplice e manco di^^endiofio, vaine
accolto e mandato ad effetto > con dolore di tutti gli intdligeitf
dell'arte, e degli amatori del patrio decoro, e oon infinito cordo*
glio di fra Giocondo, il quale vedeasi anteposto un troppo infe^
rìore arteflccOnd'egli considerando che due volteinvilato da quella
Repubblica a porgere consìgli e a fornire disegni, e per Topera
delle Lagune e per quella di Rialto, aveasi veduto preporre
prima r Aleardi e poi lo Scarpagnino, preso da indignazione,
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LIBRO III. GAP. IX. 191
abbandonata Yenexia , si indirizzava alla volta dì Roma. Era
appunto in Roma ove il Giocondo nel fior degli anni avea dato
cominciamento allo studio dell' antichità e dell' architettura; ove
si era primamente inspirato alla religione, alla stwia, ali* arte;
ed ove il suo cuore nobile e generoso non poteva non essere com-
preso da quell'entusiasmo, che la vista della santa città eccita in
ogni cuore cattolico come in quello di ogni artista. Ei vi fiioea
ritomo già curvo dagli anni, ma con tutto l' affetto e con tutto
il vigore della giovinezza; dopo avere del suo nome riempiuto
r Europa, bramoso di chiudere i suoi giorni Ara il oonsorzio di
Bramante, di Michelangiolo, di Raffaello, e di tutta quella no-
bile schiera di sapienti onde allora si abbelliva l'eterna Roma. Sa-
liva appunto sul soglio Pontificio il decimo Leone, delizia degli
artefici e dei dotti, i quali accorrevano da tutte parti a festeggiarne
il faustissimo innalzamento. Di questo viaggio del Giocondo avuto
sentore Giulio Cesare ScaUgero, né scrisse nei termini seguenti;
Tane iUe tU atMÌivi profectm Venetioi^ atque inde ad Lstmem Pon-
tificem Mcutimum, an lomlmiiore fato iit tuus nescio. CerteRomm
si meliorevuceritconditione prò miracuh haberi poteàt^ qui uni-
citm exemplar fuit et sanctitatis etomnigenaerudictionii (l).Giunto
pertanto in Roma, forse nel marzo del 1514, trovossi presente alla
morte di Bramante (2). Sgomento il Pontefice per la perdita di
(1) Exercit 331 apud Echabd, loc. cit. pag. 37. Con questa autorità
dello Scaligero si correggono coloro che scrivono, il Giocondo essersi por-
tato a Venezia dopo aver diretta alcun tempo la fabbrica di San Pietro in
Roma.
(2) Bramante cessò di vivere nel mattino del giorno 11 mano 1514.
Gate, Carteggio InedilOf voi 2, N*' LXXX, pag. 135.
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192 MEMORIE
tanto insigne architetto, a malgrado che Bramante in morendo
dichiarasse a Leone X che il solo atto a succedergli nella fabbrica
della basilica di S. Pietro fosse Raffaello (1); non pertanto, poiché
questi era soverchiamente occupato nei dipinti del Vaticano, uè
avea Fuso e la pratica in dirigere grandi fabbriche, pensò
dargli in aiuto alcun celebre architetto. Saputo adunque della Te-
nuta in Roma di fra Giocondo, il cui nome era celebre in Italia
e fuora, lo invitò a imprendere con Raffaello F opera del S. Pie-
tro, e ?i uni terzo Giuliano da S. Gallo fiorentino (2). Di questo
fatto cotanto glorioso al nome di Ara Giocondo, (Atte V autorità
del Vasari, abbiamomi preziosissimo documento pubblicato dal
(1) PoHGiLBom, Elogio di RaJJaello, pftg. 160.
(2) Il Vasari nella vita di Giuliano da San Gallo ci indurrebbe a
dubitare se veramente qnest* architetto prendesse parte ai lavori del Vati-
cano, perciocché scrive: Esèendo egli macero dalle fatiche ed ahhattaio
dalla vecchiezza e da un male di pietra che lo crucciava ^ con lietnta
di Sua Santità »e ne torno a Fiorehta^ e quel carico (della fabbrica di
San Pietro) yu citfto al gratioto Raffaello da Urbino, Nonpertanto prova
il P. Pongileoni che Giuliano da San Gallo' operava in San Pietro fino
dal 'ì gennaio 15t4, che è a dire, vivente ancora Bramante; trovani
occupato in quella fabbrica fino all'anno ItflS; e che aveva di paga du-
cati Itf al mese. Elogio di Raffaello, pag. 165^ in nota. Si deve correggere
adunque il Milizia, ove scrive che a quell' ufficio fosse eletto Antonio da
San Gallo fratello di Giuliano , ma con manifesto errore ; perciocché An-
tonio esegui solamente di rilievo il modello della fabbrica di San Pietro se-
condo il disegno di Bramante; il quale modello si conserva tuttavia nel
Palaazo Vaticano. Vedi Agostiko Taia , Descrittone del Palazzo Valicano^
pag. 36».
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LIBRO III. GAP. IX. 193
P. PongileoDÌ. È questa una lettera dello stesso Raffadlo, eoa la
data del 1 loglio 1514, indiritta allo zio Simone di Battista di
Ciarle da Urbino; intorno la metà della quale cosi si esprime.
Circa a star in Roma non posso star altrove più per tempo alcuno
per amore della fabbrica di Santo Pietro ^ che sono in loco di Bra-
mante; ma qiwl locho è più degno al mondo che Roma, qiu^ im-
presa è più degna di Santo Petro, che è il primo tempio del
mondo j e che questa è la più gran fabbrica che sia mai vista^ che
monterà più Sun milione é^oroj e sapiale che HPapa ha depu-
tato di spendere sessantamila ducati Panno per questa fabbrica,
e non pensa mai altro. Mi ha dato un CompJ* Frate doctissimo e
vecchio de più di octanf anni, el Papa vede che 7 puoi vivere pò-
cho, ha risoluto S. Santità darmelo per Compagno^ cKè huonu^
di gran riputatione, sapientissimo, acciò che io possa imparare, se
ha alcun bello secreto in architettura, acciò io diventa perfettis-
simo in quesf arte, ha tkome fra Giocondo, et onni dì il Papa ce
manda a chiamare, e ragiona un pexxo con noi di questa falh
brica (1). Per questa lettera é ad evidenza provato, che se fra
Gjiocondo nel 1514 aveva più di ottani amu, egli era nato in^
nanzi al 1.434. Si deduce eziandio, che Raffaello si reggeva in
quella fabbrica con i consigli di fra Giocondo. Anzi da una
espressione di Giulio Cesare Scalìgero sembra potersi arguire che
Giuliano da S. Gallo e il Sanzio nel seguitare il disegno di Bra-
mante, si trovassero in qualche imbarazzo^ dal quale non avendo
trovato modo di uscire, fosse dal Pontefice appellato fra Giocondo,
il quale facilmente risolvette ogni dubbio ed appianò ogni diffi-
colti: qui solus Bramantis architecti defuncti reliquias typorum
(1) PuvGiLEOVi, Elogio Storico di Rajfacllo, pag. 158 in nota,
n. 13
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19& MEMORIE
ntque consiUorum %nteUeoc%t[i). Quanto da qaesto irium?irato di ar-
chitetti si operasse ia quella fabbrica, vien narrato dal Vasari colle
seguenti parole, a Minacciando ella rovina in molte parti, per es-
sere lavorata in fretta e per le cagioni dette in altro luogo, fu par
consiglio di fra Giocondo, di Raffaello e di Giuliano, per la maggior
parte rifondata: nel che fare, dicono alcuni che ancor vivono e
furono presenti, si tenne questo modo. Furono cavate, con giosto
sjpazio dall' una all'altra, molte buche grandi a uso di pozzi, ma
quadre, sotto i fondamenti, e quelle ripiene di muro fatto a
mano, furono, fra l' uno e l' altro pilastro ovvero ripieno di
quelle, gettati archi fortissimi sopra il terreno in modo, che tutta
la fabbrica venne a esser posta, senza che si rovinasse, sopra nuove
fondamenta, e senza pericolo di fare mai più risentimento al-
cuno (2).0 In un manoscritto della biblioteca Chigi in Roma, ap-
partenente già al cardinale di Bibbiena, il P. Pungileoni rinveonc
le partite di danaro date ai tre architetti per la fabbrica di S. Pie-
tro. Fra Giocondo si trova ricordato sotto il giorno 27 marzo 1518.
Frate locondo Veronese ha 25 ducati il mese. Depositari Simone
Ricasoli e Bernardo Bini da Fioren. (3). Fino al presente si era
ignorato per quanto tempo fra Giocondo dirigesse i lavori della
fabbrica del Vaticano, ma per questa notizia è provato che fu-
rono quattro intieri anni.
Nel tempo di queste gravissime operazioni, bastevolì esse soie
(i) ErercUat. 331, apud Echard. loc. cit.
(2) Vasari, f^ita ài fra Giocondo.
(3) Pdngilbohi, loc. cìt. pag. 162 in nota. Fra Giocondo aveva per
tanto 300 ducati 1* anno per sua provvisione, siccome Raffaello che ne aveva
altrettanti ; Giuliano da San Gallo non ne aveva cbe soli 180.
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LUHO m. GAP. IX. 195
ad occupare qual sì voglia artefice» il Giocondo non intralasciaTa
i diletti suoi stndj sa i classici latini. Nel 1517 pnbblieavs^ la
nuova edÌ2Ìone dei Commentarj "di Giulio Cesare» da lui con ogni
studio e diligenza corretti; e vi univa un disegno del ponte me-
raviglioso costruito sul Rodano da quel celebre capitano, e de-
scrittoci ne* suoi CoDunentarj» del qual ponte ninno per l' addi^
tro avea saputo rinvenire la forma e F ordine deDa costru-
zione (1). Dedicò questa edizione a Giidiano de'Medici, enontace
elK già toccava i il termine deDa sua carriera mortale* miak
qmd»m ea stim, tU de me non muUa iibi foeiim prwiiitefe.1i ve-
ramente egli era assai presso agli anni novanta; la quale avan-
zatissima età non lo potè ritenere che egli non imprendesse un
viaggio non breve per condursi alla sua diletta Yerona^se il vero
narra il Bottari e il Tirabosefai. Si disse altrove» per V autorità
del Vasari, che fra Gioeondo in Tfvona rafibneasse una pik del
ponte detto ddla Pietra^ o ponte Nuovo. Il sig; Emilio Tipaldo »
s^foìtando altri storici» assegnò F anno 1513 a questa operazio-
ne (2); forse per le pande stesse del Vasari»che scrive essere questa
avvenuta quando Massimiliano imperatore era in Verona. Mons.
Bottari nelle sue annotazioni a questo biografo si argomenta di pro-
vare che questo fatto deve riportarsi alF anno ISBl. E in Catti,
soggiunge il Tiraboschi, nella continuazione della Cronaca di
Verona di Pietro di Zagata, pubblicata dal Biancolini, al finire
dell'anno 1520, si legge: in el tempo predio to fu fatto il ponte
(1) Alcuni pongono qu£sU edUìone di Ginllo Cesare nel ltfl3; ma
il Tirabosefai e 1' Echard tengono foase eseguita in Venesla nel 1K17.
(2) Elogio, pag. 23.
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1% MEMORIE
della Preda, el quale per innanti era de kgname (1). Potrebbesi
non pertanto rispondere a questa aatorita del cronista Tercoese,
che r operazione consigliata dal Giocondo, di fasciare cioè la pila
di mezzo di doppie travi, che da alcuni sì stima eseguita
nel 1512, non si oppone a qaesta notizia del Zagata. Perciocché
molti ponti di legno hanno le pile di pietra, e di pietra erano
qaelle del ponte aba Carraia in Firenze innanzi al 1330,
s^do il rimanente di legname. Poterà pertanto fra Giocondo
nd 1512 aver consigliato il modo di salvare quella pila da im-
minente rovina (2), e nel 1520 essersi fatto di pietra il rimanente
del ponte.
Quifi hanno termme le notizie della vita e ddle opere
di fra Giocondo. Quando e ove morisse, à è inutilmente cercata
Non è però mancato chi afiermasse avere egli chiusi i su(4 gìonii
in Alemagna presso Massimiliano imperatore; alla quale opi-
nione non si può facilmente aderire, sembrando inverosimile che
questo frate nonagenario, lasciata Roma ove dalla liberalità di
Leone X avea conseguito onore e premio, andasse a cercare
nella lontana Germania il sepolcro.
Sovente dannosi tali anime, cui diresti fatale non aver
rèquie giammai; anime che vagh^;giando una perfezione
(1) TiRAjtoscui , Storia della Letterat. Ilal. loc. clt. pag. 1180.
(2) li eh. Masselli in una nota a questo luago della vita di Giocondo
scritta dal Vasari, ci «porge la* seguente notizia, che panni inconciliabile
con la cronaca del Zagata. Il detto ponte era di costruzione romana; ma
ora non conserva d^ antico che soli due archi , essendo gli altri stati
distrutti dalle piene delV Adige, una delle quali avvenne nel 1812, e dette
motivo ai lavori di fra Giocondo che furono eseguiti nel 1520. Vedi Nota 5.
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LIBRO IIL CAP, IX. 197
ideale, dalla qaale è troppo remota questa misera nostra natura,
sono del continao sospinte a ?ariare di stato, di luogo, di studi,
d'uffizi, di professione, sempre agognando ad un meglio che
sfugge loro dinanzi, senza che Fetà e i disinganni possano mai
indurle a far posa. Tale è il nostro Giocondo. Benché educato
nel domenicano istituto, ove è lasciata alla mente bastante li-
bertà per applicarsi a quegli studi che più si confanno all'indole
propria, e bastante spazio per versarsi nell'azione esteriore,
sembra però che quell' anima ardente e operosa ri si trovasse
come a mal agio, e che a lui mal si addicesse il silenzio e la
calma della solitudine, o che pure non mai assaporasse la dol-
cezza della vita interiore: quindi quel ripetuto cangiamento di
stato, e leperpetue peregrinazioni, e Taltemare di studi, quella
vita insomma irrequieta, e non mai paga, come sembra rile-
varsi dalle commoventi parole che il Giocondo già ottuagenario
dirìgeva a Giulio II nel dedicargli la nuova edizione di Vitruvio.,
Del rimanente, pochi sapienti si rinvengono di cosi universali co-
gnizioni, e che maggiori servigi rendessero al pubblico quanto
questo frate veronese. Perciocché le buone lettere a lui sono de-
bitrici delle edizioni corrette e complete di Plinio secondo, di
Cesare, di Catone, di Vitruvio, di Frontino, di Aurelio Vittore
e dell' Ossequente (1). La lapidaria riconosce da lui la prima e
più copiosa raccolta di iscrizioni latine che Ano allora esi-
stesse; e l'architettura, tutte le opere che abbiamo ricor-
date. Fu onorato in vita dalla estimazione dei principi e dei
ponteGci; e possedè l' amore di Giulio Cesare Scaligero, del San-
nazzaro, di Aldo Manuzio, di Domizio Calderine, di Matteo Besso,
(1) EcBARO, loc. cit. pag. 37.
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198 MEMORIE
di tutu r Accademia romana; e in Francia del Bodeo e (fi Paolo
Emilio; in breve, di tatti i più chiari ingegni della ma età. U
Vasari e lo Scaligero ne {nredicano la bontà del costomé e la
integrità d^a vita. Qual gloria maggiore può coronare fl nome
di fra Giocondo?
Qa^ fatti, oomeochè assai 'aaocintamente narrati e con
stile troppo ^Ksadomo, varranno, io spero, al paro di qualsivo-
glia pia sidendido elogio, a far conoscere al leggitore la virtù
e l'ingegno grandissimo di questo insigne filologo ed arda-
tetto italiano.
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199
CAPITOLO X.
Fra Marco Pensàbm e fra Marco Maraveja Pittori Veneziani.
— Si disamina e si confuta una opinione del Federici in-
torno il primo di questi artefici.
J^el severo e maestoso (empio che gli architetti Domenicani
innalzarono in Trevigi alla memoria del santo ponteBce Niccolò
nei primi anni del secolo XIV, ammirasi in sol maggiore altare
una tavola grandi9sima, che misurata nella sua altezza è ben
Tenti piedi, e dodici nella larghezza. Con disegno Paolesco ri-
trasseri il pittore una magnifica cupola sorretta da più archi e
cdonne, con tale artificio di prospettiva e di chiaroscuro, da sem-
brare non già finta, ma vera opera di elegante architettura. So-
pra la cupola, come in beli' Attico, pose a destra ed a sinistra
in due tondi, i due Evangelisti, Marco e Giovanni. Nel mezzo
del tempio, in maestoso trono seduta, è la Vergine con il divino
suo Figlio fìra le braccia; d'appiedi, come nelle composizioni dì
fra Bartdommeo della Porta , evvi seduto un Angioletto in atto
di suonare il liuto. Nel piano sono adoratori della Madre e del
Figlio, S. Domenico, S. Niccolò e il beato Benedetto XI, alla de-
stra; e S. Tommaso di Aquino, S. Gerolamo e S. Liberale alla
mancina.
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200 MEMORIE
Chi mai di qad raro dipinto fosse l' aatore per Mie due se-
coli ta da molti inutilmente cercato; ma alla ricca e bene intesa
composizione, al forte e succoso impasto dei colori, al nd>ile e
vero arieggiare dei volti, alla dotta prospettiva, ognuno concedea
facilmente doversi riputare opera di uno tra i più grandi pittori
della Scuola veneta, che di grandissimi non pati mai difetta Chi
stima vaia pertanto di un pittor Bellinesco, chi non la rifiutava
allo stesso Tiziano, chi stimolla di Gioi^ione di Castelfranco; e fu
in ultimo a cui parve raffigurare la mano e lo stile di quelBastiano
del Piombo, che Michelangiolo Buonarroti invocava ad abbattere
r emulo Raflfaello e la sua scuola. Finalmente il benemerito
P. Domenico Federici negli archi vj dei conventi di S. Giovanni e
Paolo di Venezia e di S. Niccolò di Trevigi, rinvenne certissimi
documenti, per i quali è provato che quel dipinto fu opera di
due pittori veneti Domenicani, i quali fino all'epoca della pub-
blicazione delle sue Memorie Trevigiane, cioè fino all'anno 1803,
erano rimasti sepolti in una perfetta oblivione. Sono questi i Pa-
dri Marco Pensaben e Marco Maraveja, ambedue sacerdoti del
convento di S. Giovanni e Paolo di Venezia. Del prhno sono più
copiose notizie; non cosi del secondo, del quale non si ha che un
breve cenno nelle antiche memorie.
In Venezia l'anno ih86 sorti i natali fra Marco Pen-
saben. De' suoi genitori e della sua giovinezza al secolo è
profondo silenzio nelle antiche carte. Uguali tenebre cno-
prirono la infanzia de*suoi connazionali e confratelli fra Fran-
cesco Colonna e fra Giocondo. La più antica e certa memoria
che del Pensaben sia a noi pervenuta , risale all'anno 1310,
e ce lo addita già sacerdote nel convento di SS. Giovanni e Paolo
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LIBRO III. CAP, X. 201
io patria. È questa ima nota presentata al P. M. ProTinciale,
nella quale sotto il giorno 20 di maggio di quello stesso anno,
fra Marco è detto giovine di anni Tcntiquattro, e uno tra gli ul-
timi che in quel convento avessero indossate le divise dell' Or-
dine (1). Trovasi poscia ricordato negli Alti Capitolari degli
anoi 1514, 1515, e 1516; e nel primo di questi, sotto il giorno 17
marzo, appellasi Sottopriore; e in uno del 4524, Tiene eletto Sa-
cristano maggiore (2). Nel libro detto Proeuratiay o vogliam dire
Giornale ddla chiesa e del convento di S. Niccolò di Trevigi, che
dal 1510 si conduce fine all' anno 1529, trovami partitamente no-
Terate tutte le spese occorse in far dipmgere la gran tavola del-
l' aitar maggiore di quella chiesa; e hanno cominciamento dal 7
marzo 1520. Nd giorno 13 aprile appare come un Vittore Belli-
niano si recasse in Trevigi per fermare il contratto con i religiosi
di quel conrento a nome di fra Marco Pensaben, e a lui fossero
per arra date lire 49, e soldi 12. Nel giorno 24 dello stesso mese
giungeva in Trevigi il Pensaben;e nd 4 di maggio leggonsi le spese
per il vitto dd medesimo, che dicesi infermo. Dd P. Marco Ma-
raveja non è fatta menzione che agli 11 agosto di quell' anno
stesso; e à noverano lire 6 date al medesimo per aver lavora
nelb pala (tavola). L'ultima partita di spese occorse per fra
Marco P^isaben è dd 13 gennaio 1521 (3).
Questo fra Marco, che non era certamente un altro beato An-
gelico, ma che ritraea piuttosto da quel bizzarro spirito di fra
Francesco Colonna, non condotto se non a metà il dipinto, in volessi
(1) Federici» Memorie Trevigiane ^ voi. i, cap. VI, § 9,pag. 126»
(2) Loc. cìt.
(3) Loc. cìt. Documento al cap. VI della parte 1, pag. 130 e 131.
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L
202 MEMORIE
nascosamente da Trevigi , e di lai per noo breve tempo non si ebbe
più aicmia contezza; intanto che fa inutilmente cercalo in Padora,
in Monselice, in Legnago,ec. (1). Sfiduciati di piùrinTenireil pitto-
re, i Padri di S. Niccolò di Trevigi, o non avessero ugnale fidanza
nel Mara?eja, o egli eziandio si fosse partito, invitarono di Vene-
zia a dar termine a quel dipinto il pittore Gian Girolamo con un
suo compagno, siccome appare da una partita segnata sotto ^8
settembre 1521, Per il corso di altri due anni ignorasi chearre-
nisse del profugo Pensaben. Nel 1524 rinriensi in Venezia tutta-
via Domenicano; ma nel 1590 nei libri autentici dell'Ordine é
annoverato fra quei religiosi che aTerano deposto l'abito, o erano
morti. Del Maraveja non ò più fatta menzione.
Per le quali notizie un pensiero si afilaccia tosto aDa mente.
Come un pittore, che per l'arte e l' ingegno grandissimo potò fare
opera tanto pafetta, che dai periti delle cose del disegno venne
giudicata di Tiziano, di Giorgione e di Sebastiano del Piombo,
fosse poi rimasto ignoto a' suoi stessi contemporanei, e dell' arte
sua altro saggio non ci rimanga che il disegno della intiera tavola
trÌTÌgiana,emetà solo del dipinto? Questa diflkdtà parre tanto
grare al Federici, che non avendo trovato modo alcuno di risol-
verla, si attenne da ultimo ad un paradosso, che altri potrà sti-
mare ingegnoso, ma certamente troppo lontano dal vero. Opina
(i) Nel sopra citato libro della Procuratìa , a carte 262, soUo il
giorno 16 luglio 1521 leggesi: a di 16 dati a Jra Alvise per essere tm-
dato a Padova f a Monselice, a Este^ a Legnago ed a Soave a cercar
fra MarcQ Pensaben che dovesse venir a- compir de depenser la pala
deW aitar grondo; per andar e tornar in Trevi$o^ L. 0. IM). Vedi FsDSRia,
Ice. cit. p(^. 132.
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LIWIO in. GAP. X. 203
egli pertanto, anzi tiene indubitato, che sotto il none di fra
Marco Pensaben si celi quel pittore rarissimo cbe fu Sebastiano
Luciani denominato dal Piombo. Le ragioni che lo trassero a que-
sta deduzione sono le seguenti. Per primo, manda innanzi alla
sua dimostrazione le autorità di alcuni scrittori ddle Arti yenete,
i quali ragionarono della taV<da triyigiana; e segnatamente ri-
corda Ambrc^io Rigamonti e Pietro Brandolese, chela taTola so-
pra detta giudicarono fattura di Sebastiano del Pi(»QEd>o; e il primo
aggiunge, Sebastiano Luciani essere stato Domenicano, e aver fio-
rito intomo il 1520.Ma un errore sfoggilo ad uno scritt(»:e non può
essere fondamento a stabilire una rerità. Cosi il Lomazzo scrisse
che fra Bartolommeo ddla* Porta fosse Agostiniano (1); ma fino
al presente non si è trovato chi volesse sostenere quell'errore. Di
questa autorità del Rigamonti fiittosi scudo il P. Federici, la di-
scorre cosi (2): « Se qud fra Marco Pensaben era di tanto me-
rito, come mai con questo nome e cognon» da nessuno di quel
tempo si nomina, e fra i Domenicani stessi si ignora? E se citasi
fra Marco Pensaben,noB òche semplicissima la notizia di lui, come
a OD giovine sacerdote, eletto una volta sottqpriore, ed un'altra
sacrista. Forse che tenevasi fra Marco nascosto in convento ìtbì
cenobiti, così cbe da yerim altro si conosceva? Ma fra Marco era
noto ed amico del ReUimàno, e la fìima di lui era non comune
presso del priore e de' frati Trevigiani Domenicani, impegnandolo
in un' opera tanto grandiosa e senza risparmio. E se era noto fra
Marco, qual altro lavoro in Venezia o in Trevigi lo contesta? Di-
poi, chi WBoA netta storia pittorica ha udito o letto fra i più rino-
(1) Trattato della PiUuru, lib. VI, c*p. XXXV, pag. 366.
(3) Lo€. dt. pag. 121.
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204 MEMORIE
mati maestri il nome di fra Marco Pensaben?^ Fa donqae di
mestieri, che con altro nome e cognome abbia dipinto e sia co-
nosciuto, e che con qnesto ( di Pensaben ) abbia soltanto dipinta
la celebre tavola di Trevigi. Ma le prerogative e qualità che si
rilevano nella proposta pittura trevigiana, tutte combinano nel
valore e nel pennello di fra Bastian del Piombo. Esaminiamo se
fra Marco Pensaben Domenicano fosse ancora Bastian di Venezia,
Bastian Luciani , e di poi tra Bastiano del Piombo, d ( pag. 123. ]
ff Che in fra Marco Pensaben vi fosse Bastian da Venezia, depon-
gono la cronologia, cioè la serie degli anni della vita di Gra Ba-
stiano del Piombo, il genio bizzarro e stravagante, di lentezza
nell* operare e di volubilità di cui leggesi dal Vasari e dal Tob-
mei redarguito, e nella dipintura della Pala trevigiana in en-
trambi manifestamente caduto ec.... e finalmente la maniera di
dipingere, che alle fatte opere di Bastiano in Venezia, in Roma,
in Viterbo, in Perugia, in Napoli, ottimamente si conforma, b A
carte poi 124, il P. Federici congettura, che dopo av^ Sd[)astìano
Luciani preso a competere in Roma con il grande Urbinate, nei
primi anni del Pontificato di Giuliq II, vedutosi vinto in quel
temerario cimento, da troppo grande dispetto compreso, abban-
donata Roma, andasse a nascondere la sua vergogna nel con-
vento dei Domenicani di Venezia, ove dimoravano due suoi stretti
congiunti, cioè Marc' Antonio e Giulio Luciani; ivi mutato il
nome di Sebastiano in quello di Marco, e il cognome Luciani in
quello di Pensaben, a persuasione dei due parenti indossasse le
divise dei frati Predicatori. Nel 1520 tuttavia Domenicano, essere
invitato a portarsi in Trevigi per colpire la tavola dell'aitar
maggiore, dimorando allora in quel convento Giulio Luciani suo
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LIBRO ni. GAP. X. 305
congiunto; se non che nel renerdi santo di qaeUo stesso anno
sendo morto RafTaelIo da Urbino, tosto Sebastiano Luciani depo-
sto r abito religioso e il nome di fra Marco Pensaben, fuggisse
in Roma, e prendesse nuovamente a dipinga^ sotto le primiere
divise (1)* Ma per breve tempo, conciossiachè morto Leone X, e
salito sul soglio Pontificio Adriano VI, delle arti belle o ignaro o
nemico, il Luciani, veduti i tempi non propizi agli artefici,
stimò meglio incappucciarsi nuovamente; il perchè nd 1524 è di
lui fatta ricoManza nei Ubri del veneziano convento, con il con-
sueto nome di Marco Pensaben. Queste bizzarre trasformazioni
non ebbero termine allora; ma salito al maggior soglio Cle-
mente VII, e rinate negli artefici più liete speranze, Sebastiano
Luciani gittato via una seconda volta il cappuccio, fece di bel
nuovo ritorno a Roma, ove associatosi a Michelangioio Buonar-
roti, tolse ad abbattere gli scolari di Raffaello, e n'ebbe in pre-
mio r ufBcio del Piombo. Io non negherò che il secolo XVI non
vedesse troppo sovente per lievi orioni incappucciarsi e scap-
pucciarsi i frati, ma queste permutazioni di nome, di abito, e
di condizione, non vogliono concedersi senza prova alcuna.
Perciocché prestar fede troppo facilmente ad ogni oonghiettura
non panni da uomo saggio.
L' ultima ragione colla quale il Federici si argomentò fare
puntello al suo assunto, non è più forte della prima. Giovanni da
Udine, ei dice. Bramante, il Vani e Guglielmo della Porta ten-
(1) Non sarà certamente inutile dì far osservare, che Raffaello Sanzio
morì il Venerdì Santo dell'anno 1520, e che fra Marco Pensaben non si
Involò da Trevìgi che nei primi di luglio del 1521 ; che è a dire nn anno
e messo dopo la morte dell'Urbinate.
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MEMORIE
nero per ^an tempo l'ufficio del piombo, e non pertanto giam-
mai si intitolaroBo dal nome di Fraii^ come si intitola nelle sue
Mtere Sebastiano Luciani; Tolersi credere pertanto ayere egli
appartenuto ad un claustrale istituto; e perchè il modo del co-
lorire k> mostra simile a Marco Pensaben Domenicano, dorasi
tenere che sotto due nomi diversi si celi uno st^yso pittore. Con-
chiude pertanto il P. Federici, che infino a tanto che con nuovi e
certi documenti non si provi che Sebastiano Luciani dal 1510 al
ISab dipinse in condizione laicale, e operasse in Roma, in Vene-
zia e altrove, egli avrebbe sempre mantenuto, che fra Marco
Pensaben sia identico con Sebastiano Luciani (l).
Queste, se mal non mi appongo, sono le principali ragioni
addotte assai prolissamente dal Fed^id nell'opera ricordata.
Ma per quanto possa lusingare Tamore del proprio Istituto nove-
rare fra suoi artisti un pittore dd merito del Luciani, non po-
tante r amore della verità debbo sempre prevalere a qualsivoglia
privata affezione. Così noi che ci siamo studiati provare che fra
Giocondo fosse certamente domenicano per non brerve grazio di
tempo, proveremo al presente che non lo fu Sebastiano Ludanì,
frate del Piombo.
Riandando compendiosamente le ragioni del P. Federici,
poimo, a mio avviso, ridursi a tre sole. 1^ Alla somiglianza ddlo
stile nel dipingere, e alla capricciosa indole di ambedue fti arte-
fici. V Alla consonanza della cronologia. 3° Al titolo di PrtUe dato
a Sebastiano Luciani. E per primo, se la somiglianza delF indole
e dello stile fosse bastevole argomento a confondere i pittori, ,
troppi nomi disparirebbero dagli abbecedarj pittorici, dalle bio-
(1) 3f emorie Trevigiancy loc. ciL 127.
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LIBRO III. GAP. X. 207
g^rafie e dalle stmrie dell' Arte; e forse il Cappuccino genoyese po-
trebbe addirei^ ugaalmente fira Marco Pensaben, ambedue
frati bizzarri e molto lieti coloritori ea Questo principio^ che
soTTertirebbe dall' imo al sommo tutta la storia, non gioTerebbe
in buona logica a prorare mai nulla; perciocché la natura sva-
riatissima in tutte le sue produzioni, si piace non pertanto tal fiata,
in condizioni disparate, produrre esseri molto simili. Alla seconda
ragione risposero il Lanzi ed il Pungileoni, prosando come nel
t^npo che fra Marco Pensabeti era in Venezia e poi si portaya in
Trevigi, Sebastiano Luciani certissimamente trofavasi in Roma.
Il card. Giulio de'Medici avea commessa la tavola della Trasfigura-
zione a RafiEeielk), il quale, compiutala appena, mori nel venerdì
santo dell'anno 1520; e nel medesimo tempo, quasi a concorrenxa
di Raffaello (\.Yasari)j fece Sebastiano Luciani per lo stesso car-
dinale la Risurrezione di Lazzaro, che indi a poco fa esposta con
la Trasfigurazione predetta, e poi mandata in Francia (1). E si
dee aggiungere eziandio, che il Luciaui colori pure il martirio
di S. Agata pel card, di Aragona, il qual dipiato nei tempi del
Vasari era presso il Duca di Urbino, e fini poi in Firenze; fin-
ché da quivi tolto ancora, passò in Francia. In questo quadro tì
é segnato il nome di Seba$Hanui Venetus e l'anno 1S20. Non può
adunque fra Marco confondersi con Sebastiano; né la tavola tri*
vigiana ascriversi a questo. Alla terza obbiezione dedotta dal nome
di Frate dato al Luciani quando ottenne l' ufficio del Piombo,
Don é ardua la risposta. Qudl' ufficio davasi per consueto, come
scrive il P. Serafino Razzi, ai laici dei monaci Cistercensi; e qual-
(1) PoHGiLEovi, Elogio itorico dì Raffaello Santi, pag. 107 e 108
LahzI) Storia Pittorina^ Scuola f^eneta, Epoca 1.
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208 MEMORIE
siroglia secolare consegfiiisse il medesiiiio afkio^prendera il nome
e le divise di questo Istituto. Per simil guisa abbiamo reduto
fra Mariano Petti, tosto (u addivenuto frate Piombatore, lasciare
le divise domenicane» e vestire quelle dei rdigiosi di S. Bernardo.
Ma egli è forte a meravigliare come ai dotto P. Federici venisse
scritto, che niun altro degli artisti addivenutìPiombatori togliesse
il nome di Fraiey quando leggesi nel Vasari, che Gugliefano
della Porta, scultore milanese, e allievo del Buonarroti, per
avere ottenuto qudl' ufBcio medesimo, essere sempre appellato
col nome di Frate Guglielmo. E se degli altri lo tace il Vasari,
non vedo perchè si debba tenere e credere che quel nome non
avessero. Si legga la vita di Benvenuto Cdlini, e sarà chiarilo
ogni dubbio (1).
Da ultimo ne piace risolvere quella difficoltà pnqiostaci dal
Federici, che di un artefice cotanto insigne, quale fu certamente
fra Marco Pensaben, niun altro dipinto ci sia rimasto, che la
gran tavola trevigiana. A questa obbiezione si potrebberispondane,
che di altri pittori ancora non si conoscono che uno odue dipìnti sot-
tanto; e del nostro fra Carnevale per lunga pezza non fri nota
che la sola tavda la quale adoma la I. e R. galleria di Brera in
Milano. Bla per ciò che è del Pensaben, si può citare al presente
un altro dipinto in fuori della tavola suddetta. Nella galleria del
conte Lochis di Bergamo ewi di questo religioso artefice un pic-
colo quadro assai ben conservato, sulla originalità del quiaJe non
può insorgere alcuna dubitazione, avendovi l'autore apposto il
(1) Benvenuto Gellini, f^iia scritta du lui medesimo, cap. XI. « Av-
vedntomi che Sua Santità non sì era mai più ricordato di darmi nulla,
esaendo vacato un Frale del Piombo, una sera io gnene chiesi ec. w
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LIBRO III. GAP. X. 209
sno nome. È questa una tavola nella lunghezza oncie 17 j e
alta 11, di misura milanese, e rappresenta la la B. V. col Figlio
in braccio. Le sono dai lati un santo vescovo e un santo dome-
nicano, e nel dinanzi un fraticello delio stesso Ordine dei Predi-
catori, il quale giunte devotamente le mani, fa atto di orare.
Vuoisi da alcuno essere questi il pittore del quadro. La B. Ver-
gine, a significazione di patrocinio, pone la mano sul capo del sup-
plichevole, e il Bambino lo benedice. Il fcmdo del quadro è un
vaghissimo paese con un convento ed una chiesa, che forse erano
quelli abitati dal pittore. Nella parte superiore in un cartellino
leggesi: Fr: Marcus Yenettis p. Dicesi essere colorito con il più
puro stile Bellinesco, ed essere uno dei più rari e preziosi della
scuola antica de' Veneziani.
Di due ritratti coloriti dal Pensaben, ed esistenti nel con-
vento di S. Niccolò di Trevigi, fa menzione lo stesso P. Federici.
Questi ci danno l'eflSgie di fra Alberto Arpo, fondatore del con-
vento trevigiano, e quella di fra Leonardo Ermizo fondatore del
convento di Cividale (l).Fanno parte della galleria degli illustri do-
menicani eseguita nella maggior parte dal pittore Bernardino Ca-
stello , in continuazione di quella, che nel secolo XIV e nello stesso
convento, avea colorita a fresco Tonunaso da Modena. Per il che
si fa manifesto altre più cose avere dipinte fra Marco Pensaben
in fuori della gran tavola trevigiana. E se il tempo e gli uomini
distrussero in gran parte le opere di questo reUgioso, pur tanto
ci lasciarono ancora di lui per doversi reputare uno dei più per-
fetti pittori della scuola veneziana.
(t) Memorie Trevigiane, voi. 2, par. lU, cap. II, pag. 227.
li
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CAPITOLO XI.
Di fra Guglielmo di MardUai^ celebre coloritore di vetri, Archi-
tetto e Pittore. — Sue opere m Roma, in Cortona, in Arezzo,
e in Perugia,
lo fui lungamente in forse se dovessi scrivere la vita di fira Gu-
glielmo di Harcillat, oyyero, segni landò ¥ esempio del Malvasìa
nella Fekina Pittrice, dare la ?iia scrìttane da Giorgio Vasari, e
solo aggiungervi quelle poche notizie che di un tanto e così raro
artefice si sono fino al presente potute rinvenire. Perciocché non
sarà mai dato ad alcuno di proprietà e di eleganza contendere
nello stile con Giwgìo Vasari; né parlare più sicuramente del
Marcillat di quello che abbia fatto egli stesso, per essere stato assie-
memente a Benedetto Spadari, suo allievo nell' arte del colorire.
Per la qnal cosa quella biografia, e come opera letteraria, e come
afiettuoso tributo di gratitudine, grandemente diletta. Sono venato
finalmente in questo consiglio, di concedere la più parte della nar-
razione al primo storico delle arti nostre; e solo ove sarà di me-
stieri, interpormi fra il leggitore e lo storico con brevi ricordi,
come colui che ad un narratore non troppo aiutato dalla memo*
ria, viene rammepiorando ciò che egli avesse sdimenticato, to-
gliendo nel tempo stesso tutte le prolisse ed inutili digressioni.
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212 MEMORIE
La patria di fra Guglielmo Tu lungamente ignorata. 11 Va-
sari dicendolo ora di Marcilla e quando di MarxiUaj fece nascere
in molti opinione che avesse tratti i natali in Marsiglia , città
principalìssima della Francia. Il P. Gugl. Della Valle soggiunge,
doversi tenere indubitato esser egli nativo di Marsiglia, e averne
trovati riscontri in alcune carte (1). ÀI presente è ornai certo
quel Marcilla e Marzilla del Vasari essere corruzione di Mar-
cillaty che verosimilmente è il cognome di fra Guglielmo.
L' accuratissimo Dottor Gaye, nelF Archivio del vescovado di
Arezzo rinvenne un documento che ci rivela il luogo de* suoi na-
tali; in esso appellasi, Messer GuiUelmo de Piero ^ francese Priore
di S. TibaUhy di 5."" Michele dioceei di Verduno. Egli poi si sotto-
scrive, Io GuiUeìmù de Piero de MareiUat (2). Pier la qual con
parmì si debba credere, che MareiUat fosse il cognome dt Um*
glia; Piero il nome del genitore; S. Tebaldo il titolo deDa prioria
che ottenne in Toscana; .9. Michele nella diocesi di Verdun, 0
luogo del suo nascimento. Il perchè dopo le parole Priore ài
5. Tibaldo té di mestieri apporre una vìrgola, onde alcuno noa
sia tratto nelF opinione che il luogo della sua Prioria tome ne&a
Francia, il che sarebbe troppo lungi dal vero. Nacque Fanoo
1475, per ciò che afferma il Vasari. Dei suoi anni giovanili e
degli sludi fatti in patria non abbiamo contezza; solo ci è noto
che assai prestamente diede opera al disegno e alla pittura dei
vetri, la quale in Francia colti va vasi con amore e con lode gran-
(1) Note al Vasari nelle edizioni ài SJena e di Milano. Simile er-
rore leggesi neU' opcrJi intitolata Geografia Politica delVTuilia, Voi. unico,
pag. 4S0. Biblioteca delt* Italiano 1845.
(2) Carteggiò Inedito di Jrthiiy td. 2, Appen. pag. 119 in noU.
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LIBRO III. CAP. XI. 213
dififiima. Già da tempi remoliflsimi, per le sollecitudini dell'abate
Sugero, sotto i regni di Carlo il Cal?o e di Luigi il Grosso, que-
st' arte era Tesata prosperando in quel regno; fincbè ogni di più
avanzando e ingentilendosi, per l'opera di Pinaigrier, di Giovanni
Consin, di Bernardo Palìssy e di Angrand, era salita a molta per-
fezione (1)» Ma al MarciUat era coocediito condurla a quella ec-
cellenza della quale ntuna età e nion luogo videro mai la mag-
gioro.
Il motivo che trasse al chiostro questo artista francese , ci
viene narrato dal suo biografo colle parole seguenti, a Costui
ae'snoi paesi persuaso da prieghì d'alcuni amici suoi si trovò
alla morte d' un loro iiiimioo, per la qual cosa fu sfondato nella
religione di S. Domenico in Francia pigliare l' abito di frate per
esser libero dalla corte e dalla giustizia (3), E sebbene, soggiunge
lo stesso biografo, egli dimorasse nella religione, non però mai
abbandonò gli studi dell' arte, anzi continuando li condusse ad
ottima perfezioDe. » Da tutto ciò si rileva, che i religiosi gli die-
dero ogni agio e comodità per coltivare la pittura dei vetri ; e
che dovette vivere nel chiostro non breve tempo, se potè ren-
dersi in quella perfetto. Nel primo volume di queste MemcHrie
abbiamo veduto quai^ suoi confratelli coltivassero la vetraria
in Italia; e a^natamente lodammo fra BarUdommeo di Pietro,
(1) BoURASSB, Archeologia Cristiana^ pag. 251.
(2) VasaIii, Vita di Guglielmo di Marcilla, in prìnc. Ne piace ri-
cordare come eziandio il celebre orefice e scultore Benvenuto Gcllìnt, per
fagglre dalle mani della giustìzia, che persegnìvalo a cagione di una sua rissa,
TicoTeratosì in Santa Maria Novella e vestito l'abito domenicano, potè fug-
girsi natoosamente da Firenxe. Vitay rap. HI, in fine.
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214 MEMORIE
che colori il gran finestrone del coro di S. Domenico dì Perugia,
non che il beato Giacomo d'Ulma, e i vari ed eccdlenti suoi al-
lievi in quest' arte. Ma Guglielmo di Marcillat tutti dovea tìd-
cerli e superarli.
Dimorando pertanto il Marcillat nel suo couT^nto, tutto
inteso aUe cose della religione, contrasse amicizia con un certo
Claudio, artefice valentissimo, se più veramente non fu quegli
il maestro che aveva introdutto il Marcillat negli studi deDa v^
trarla. Con i di lui esempi e consigli studiava venirsi ognor più
perfezionando in quest' arte diflScile, la quale deve trionfare degli
ostacoli che le oppongono la materia debilissima e poco arrende-
volo aUa mano, non meno che di queg^ assai maggiori che le
oppone il fuoco nella cottura dei vetri, a In questo mentre , segui-
teremo col Vasari, fu per ordine di Papa Giulio II data ami-
missione a Bramante da tlrbino di tar fare in palazzo mdte fi-
nestre di vetro. Perchè nel domandare che egli fece de' più ec-
cellenti fra gli altri che di tal mestiero la ventavano, gli fu dato
notizia d' alcuni che facevano, in Francia cose maravigliose , e
ne vide il saggio per lo ambasciator francese che negoziava al-
lora appresso sua Santità, il quale aveva, in un telaro per fine-
stra dello studio, una figura lavorata in un pezzo di vetro bianco
con infinito numero di colori sopra il vetro lavorati a fuoco;
onde per ordine di Bramante fu scritto in Francia che venissero
a Roma, offerendogli buona provvisione. Laonde maestro Claa-
dio francese capo di quest' arte, avuta tal nuova, sapendo l' ec-
cellenza di Guglielmo, eoa buone promesse e danari fece si, che
non gli fu diflicile trarlo fuor de' fra ti, avendo egli, per le discor-
tesie usategli e per le invidie che sono di continuo fra loro, più
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LIBRO m. GAP. XI. 215
voglia di partirsi, che maestro Claudio bisogno dì trario ftaora.»
Qui interrompendo per poco il racconto del Vasari, ci faremo
lecita alcona riflessione, che il lettore concederà facilmente al-
l' amore che ognuno debbo sentire per il proprio Instituto. Qual
fosse la cagione che ayea tratto il MarciUat ai chiostri domeni-
cani fu già narrato; non superna vocazione che lo rinfrancasse
ndl'arduo cammino, non desio di cogliere una palma immortale;
ma si il timore della umana giustizia che perseguiva chi potè
farsi in qualche modo autore di una grande scelleratezza. Nò so
quanto lusinghiero elogio sia quello del nostro biografo verso
del suo lodato, scrivendo che con buone promesse e danari mae-
stro Claudio trasselo fuori del chiostro. La qual cosa ^ quando
fosse vera , apporrebbe al MarciUat brutta nota di animo venale;
e che più dei giuramenti fatti appiè degli altari, facesse capitale
delle promissioni e del guadagno. Se non che poco innanzi il
termine della sua biografia, il Vasari, quasi dimentico di quanto
avea scritto, soggiunge: ti rimorso della coscienza per la partila
che fece dai frati lo teneva molto aggravato .... parendogli aver
molto obbligo a \ueUa religione. E per certo doveagU, se non la
vita, certo la libertà, quanto quella cara e preziosa. Del rima-
nente, delle acèrbe parole dell* aretino Vasari non dovrà mara-
vigliare chiunque pensa, essere stato uso questo scrittore a lace-
rare la fama, non pure dei claustrali, abbenchè da loro avesse
grossi guadagni per i molti lavori che di continuo e poco avve-
dutamente a lui affidavano, ma quanto ingiustamente e tal fiata
crudelmente eziandio mordesse la vita e le opere dei più grandi
e lodati artefici dell' età sua, segnatamente di Pietro Perugino ,
del Pinturicchio e di Francesco Francia.
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210 MEMORIE
Recatisi perUmto in Roma maflstrp Claudio e fra GugUebuo,
presero a coknire insieme molte finestre per il palazzo pootifi-
cale che più non esistono. Rimangono però due sole da loro
eseguite neUa chiesa di S. Maria del Popolo nella cappella dietro
alta Madonna y in una delle quali fecero sei storie relative alk
vita di G. C.;e nell'altra sei della vita della Vergine; le quali ftirono
e sono lodatissime. Essendo morto in questo mentre maestro
Claudio, rimasero a fra Guglielmo lutti i disegni e le masserizie
del compagno, onde cominciò da solo a operare in Roma in sor*
vigio del pubblico e dei privati cittadini; e avendo per alcuni
Alemanni colorita una finestra ndla loro chiesa, piacque dia sif-
fattamente al cardinale Silvio Passerini, che condusse seco il pit-
tore in Cortona perchè ri eseguisse alcune cose deli' arte 6ua« £
come il MarciUat non era men [»*atico coloritore di vetri, che va-
lente disegnatore e buon frescante, la prima opera che facesse
per il detto cardinale fu la facciata eh casa sua che è volta
sulla piazza, la quale dipinse di chiaroscuro, e dentro vi fece
Crotone e i primi fondatori di quella città. Dopo colori due fine-
stre nella cappeDa maggiore della Pieve di Corfooa, nelle quali
fece la Natività di G. C. e F Adorazione dei Magi. Queste due ra-
rissime storie, ignoro il come e il quando, passarono nd coro della
cattedrale; ma per breve tempo, perciocché vendute, non sono
molti anni, frirono comperate dalTIU*^ sig. Rìdoifini Corazzi, che
con grande amore le conserva. Avend(rfe potute considerare a
tutfagio, per la somma cortesia del suddetto cavaliere, ne dirò
alcune parole. Nella prima di queste finestre è la Vergine che
adora Gesù bambino; due Angioli in ginocchio con i ceri accesi
pongono in mezzo il divino Infante; e 8. Giuseppe in disparte
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LIBRO III. GAP. XI. 217
considera quella scena de? ola insieaie e affettaosa: d' appiedi tì
è scritto: Quem genuU odoraviL
L' Adorazione dei Magi à cosi conceputa. La Vergine è se-
data; il Bambino erge^ iU/piedi su i ginocchi deUa madre, e fa
segno di benedire i Magi, che prostrati a lui dinnanzi, lo adorano;
dietro è la numerosa comitiva di fanti e di cavalli. Tutte queste
figure, sono grandi al vero. li disegno è corretto e grandioso ;
l'aria delle teste assai bella in tutte le figure, ma alquanto
ignobile nella Vergine; il nudo del putto ben disegnato; i fregi»
i velutì, i ricami e tutti gli adornamenti sono meravigliosi. Que-
ste due finestre sono veri quadri di una eccellaite composizione.
Ciò che stimo mirabile veramente, è la finitezza di tutto il lavoro;
come i contorni del nudo disegnati con grandissima precisione,
contro l'uso dei quattrocentisti che nella pittura dei Tetri
dintomavano assai debolmente. La disposizione delle tinte,
la fireschezza e trasparenza dei colori, è tale da vincere'
quanto mai si è operato in questQ genere nel giro di molti
secoli.
Ndr abitazione dell' lil""* sig. conte Tommaso Passerini, si
conservano i vetri colorati di due piccole finestre in quattro
sportelli, dell' altezza di due palmi e mezzo. In ognuno di que-
sti è una figura simbolica*, cioè la Prudenza, la Fortezza, la Tem-
peranza e la Giustizia, rappresentate nel modo medesimo tenuto
poi da Raffaello nelle Loggie Vaticane. Non è a dire quanta bel-
lezza sia in queste quattro figurine, assai correttamente di-
segnate e morbidamente colorite; ma guaste in modo che di
alciùic non si hanno che pochi e miseri avanzi. Io non du-
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218 MEMORIE
bìto punto essere qaelle stesse flnestre che il Vasari scrive
aver colorite U Varcillat per il cardinal Passerini (1).
Ma seguitiamo il nostro biografo, a Dimorando dunque,
come si è detto, costui in Cortona, mori in Arezzo Fabiano di
Stagio Sassoli Aretino, stato buonissimo maestro di fare finestre
grandi, onde avendo gli Operai del Vescovado alk^to tre fine-
stre che sono nella 'cappella principale, di venti braccia X una,
a Stagio figliuolo del detto Fabiano ed a Domenico Pecori pit-
tore, quando furono finite e poste ai luoghi loro, wxl molto sod-
disfecero agli Aretini, ancoraché fossero assai buone e piuttosto
lodevoli che no. Ora avvenne che andando in quel tempo M. Lo-
dovico Bellichini, medico eccellente e dei primi che governasse
la città di Arezzo, a medicare in Cortona la madre del detto car-
dinale, egli si dimesticò assai col detto Guglielmo, col quale
quanto tempo gli avanzava ragionava molto volentieri; Guglidmo
parimente, che allora si chiamava il Prwrt per avere di quei
giorni avuto il beneficio di una prioria, pose afiezione al detto
medico: il quale un giorno domandò Guglielmo se, con buona
grazia del cardinale, anderebbe a fare in Arezzo alcune finestre,
ed avendogli promesso, con lic^za e buona grazia del cardinale,
là si condusse. Stagio dunque, del quale si è ragionato di sopra,
avendo divisa la compagnia con Domenico, raccettò in casa sua
(1) yila di Guglielmo da Marci Ila. « Non aveva Guglielmo' (fuando
prima arrivò a Roma , sebbene era pratico nelV altre cose , molto dise-
gno; ma conosciuto il bisogno t sebbene era in là con gli anni, si diede
a disegnare e studiare , e cosi a poco a poco Io migliorò , tjuanto si vide
poi nelle finestre che fece nel palazzo del detto Cardinale in Cortona. »
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LIBRO III. GAP. XI. ai9
Guglielmo (1); il quale per la prima opera in ima finestra di
S. Lucia, cappella degli Àlbergotti nel Vescovado di Arezzo, fece
essa Santa ed un S. SHvestro tanto bene, che quest'opera può
dirsi veramente fatta di vivissime figure e non di vetri cdorati
e tra^arenti, o almeno pittura lodata e maravtgliosa (2); perchè
oltre il magistero delle carni, sono squagliati i vetri, cioè levata
in alcun luogo la prima pelle, e poi colorita d'altro colore,
come sarebbe a dire posto in sul vetro rosso squagliato opera
gialla, e in su r azzurro bianca e verde lavorata, la qual cosa
iti questo mestiero è diflScile e miracolosa. Il vero dunque e primo
colorato viene tutto da uno de' lati, come dire il color rosso, az-
zurro, o verde, e l' altra parte, che è grossa quanto il taglio di
un coltello o poco più, bianca. Molti per paura di non spezzare
(1) Quando avvenbse questa gita del Marcillat in Areuo non è noto,
ma è molto teroAÌraile che fosse V anno 1510; perchè di qnest' anno sotto
il giorno 31 Ottobre il Dottor Gaje trovo un ricordo reladvo al contratto
fra gli Operai del duomo di Àreaxo e Guglielmo di Marcillat, concepito
nei termini seguenti: / Signori Operai al Vescovado ano alogato ajare
ire Jinestre di vetro in Vescovado a maestro Guglielmo di Pietro , Jran-
cese, maestro a far finestre di vetro, cioè una finestra sopra la eappella
di San Francesco, una finestra sopra la cappella di San Matio^ una fi-
nestra sopra la cappella di San Niccolò , per pretto di lire 15 per cia-
scheduno braccio — coiti a fuoco , non a olio; e dehale avere finite per
tutto giugno prossimo i520. Ebbe poi per ogni finestra ducad 180, come
apparisce da un licordo del 31 dicembre 1520. Vedi Carteggio Inedito, te.
loc. cit.
(2) Esistono tuttavia, ma alquanto guaste, essendosi supplito con vetri
bianchi a quei colorati che si erano infranti.
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2&0 MEMORIE
i vetri» per non avere gran pratica nel maneggiarìi, non adope-
rano punta di ferro per squagliarli, ma in quel cambio per più
sicurtà vanno incarando i detti vetri con una ruota dì rame con
in cima un ferro, e cosi a poco a poco tanto fanno con lo sme-
riglio, che lasciano la pelle sola del vetro bianco, il quale vioie
molto netto. Quando poi il sopradetto vetro rimaso bianco si vuol
fiu* di odor giallo, allora si da, quando si Tuole metter a fuoco
appunto per cuocerlo, con un pennello d' argento calcinato, che
é un color simile al bolo, ma un poco grosso, e questo al ftiooo
si fonde sopra il vetro e Cs che scorrendo si attacca, penetrando
a detto vetro, e fli un bellissimo giallo; i quali modi di tee
ninno adoperò meglio né con più artificio del pricve Guglielno;
ed in queste cose consiste la difficoltà, perchè il tingere di colorì
a olio o in altro modo è poco o niente, e che sia diafano a tra-
sparente non è cosa di nudto momento, ma il cuocerli a fuoco e
fare che reggano alle percosse dell'acqua e si conserrìno sempre,
è ben fatica degna di lode. Onde questo eccellente maestro me-
rita lode grandissima, per non essere chi in questa professione
di disegno d'invenzione di colore e di bontà abbia mai fatto tanta
Fece poi F occhio grande di detta chiesa, dentrovi la venuta
dello Spirito Santo (1), e cosi il battesimo di Cristo per S. Gio-
vanni, dove egli fece Cristo nel Giordano che aspetta S. Giovan-
ni, il quale ha preso una tazza d'acqua per battezzarlo, men-
tre che un vecchio nudo si scalza e certi angioli preparano la
veste per Cristo, e sopra è il Padre che manda lo Spirito Santo
(IJ Essendo questa invetriata danneggiata non poco, veime con molta
bravura restaurata a nostri giorni dal sìg. Raimondo Zaballi aretino.
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LIBRO IH. GAP. XI. 221
al Figlinolo (1). Questa finestra è sopra il battesimo in detto
Duomo, nel qoàfe ancora lavorò la finestra della resurrezione
di Lazzaro quatriduano, doie è impossibile mettere in A poco
spazio tante figure, mila quale si conosce lo spavento e Io stu^
pore di quel popolo, ed il fetore del corpo di Lazzaro, il quale
fa piangere ed insieme rallegrare le due sorelle della sua resur^
rettone* Ed jn qnesta ope^a sono squagliamenti infiniti di colore
sopra colore nel tetro, e vivisaidia certo pére ogni minima cosa
nel suo genere. E chi luxA vedere quanto abbia in quest' arte
potuto la mano dd Priore nella finestra di S. Matteo sopra la
capp^a d' esso Apostolo, guardi la mirabile invenzione di que-
sta istoria, e vedrà vivo Cristo chiamare Matteo dal banco che
lo seguiti, il quale aprendo le braoda per riceverlo in se» ab-
bandona te acquistate ricchezze e tesori, ed in questo mentre
un apostcdo addorltoaiUato a pie di certe scak si vede essere
svegliato da un altro con prontezza grandissima, e nd medesimo
modo vi si vede ancora un & Pietro fatdkre con& Giorattii, si
belli r uiK> e V altro, che ? eramenle paiono divini. In questa
finestra mederima sono i tempj di prospettiva, le scale e le fi-
gure talaaente composte, ed i paesi sì pnqprio fatti» che mai Jion
si poiserà che siano fetri, ma cosa piovuta dal ddo a consola-
zione degli uomini. Fece in detto luogo la finestra di S. Antonio
(1) Gate, Carteggio Inedito^ ec., loc. cit « Due altre finèstre si allo-
gano al medesimo Guglielmo il 1 giugno 11123. Una ioprù V aliare di
San Francesco f V altra sopra il Battesimo; dere levare tfueU§ ehe vi
erano f e finire V òpera fino al novembre prossimo. Il 3 di marzo 1524,
riceve per una rappresentazione delV Adultera e per mC altra d* una Fla-
gellazione lire 660. »
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222 MEMORIE
e di S. Niccolò bellissime (1), e dae altre, dentroTi nell'ima la
storia quando Cristo caccia i Tenditori dal tempio, e nell' altra
r adultera; opere yeramente tutte tenute egregie e meraTigliose.
E talmente furono degne di lode, di carezze e di premj le fati-
che e le virtù del Priore dagli Aretini riconosciute, ed egli di
tal cosa tanto contento e soddisfatto, che risolvette eleggere
qudla città per patria, e di francese che era diventare aretino.
Appresso considerando seco medesimo Farte dei vetri essere poco
etema per le rovine che nascono ognora in tali opere, gli venne
desiderio di darsi alla pittura, e cosi dagli Operai di quel vesco-
vado prese a fare tre grandissime volte a fresco, pensando la-
sciar di se memoria ; e gli Aretini in ricompensa gli fecero dare
un podere eh* era della fratanita di S. Maria della Miseric(H4it
vicino alla terra, con bonissime case a godimento della vita sua,
e volsero che finita tale opera, fosse stimata per uno egregip
artefice il valor di qudla, e che gli Operai di ciò gli facessioo
buono il tutto (2). Perchè egli si mise in animo eh farsi in ciò
valere, q alla similitudine delle cose della cappella di Michela-
gndo, fece le figure per altezza grandissime. E potè in lui tal-
molte la voglia di farsi ecceHente in tale arte, che ancora che
ei fosse di età di cinquant' anni, migliorò di cosa in cosa di
(1) Queste due finestre più non esìstono.
(2) Dae di queste storie erano state dipinte dal Marcillat nel maggio
del 1524, ed erano state stimate da Ridolfo del Ghirlandaio ducati 400.
Il giorno 10 ottobre 1526 gli furono allogate sei volte; cioè quelle picehci e
che al presente non sono dipinte , col campa tT oro fino e colori fini e
altri omamenlif per pretto di ducati 70, a lire 7 per ciascheduno ducalo.
Gaik, loc. cit.
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LIBRO III. GAP. XI. 223
modo, che mostrò non meno conoscere ed intendere il bello, che
in opera dilettarsi di contraffare il bnono. Figurò i principi del
Testamento nuovo^ come nelle tre grandi il principio del vec-
chio aveva fatto. »
Queste storie a fresco, che adomano la volta del duomo di
Arezzo nella nave di mezzo, esistono tuttavia, e a quanto mi
parve, benissimo conservate. In esse si ammira ugualmente la
bontà del disegno, e la ricca e felice composizione; solo mi par-
vero alquanto deboli nel cdore. Non ignorò il MarciUat il modo
del dipingere a olio, e ne lasciò un saggio ndla tavola ddla Con-
cezione per la chiesa di S. Francesco di Arezzo, nella quale il
Vasari loda alcune vestìmenta molto bene condotte e molte te-
ste mvissime e tanto belle ^ che egli ne restò onorato per sem-
pre , essendo questa la prima opera che egli a/vesse mai fatto a
olio.
Nel tempo di questi dipinti non intralasciò V opera delle fi-
nestre di vetro, 1q quali noi verremo brevemente rammemo-
rando. Nella chiesa di S. Francesco di Arezzo, l'occhio grande di
fondo, che è bellissimo ed ottimamente conservato. Per i dome-
nicani fece parimente la invetriata grande della loro chiesa,
nella quale rassembrò una' vite, che partendosi da S. Domenico
mostrava fra i rami ed i viticci, tutti i santi di quello Instituto;
e nella sommità era la B. V. e Gesù Cristo che disposava santa
Caterina da Siena. Della quale invetriata, che fu lodatissima ,
non volle prezzo alcuno, parendogli aver molto obbligo a quella
religione (Vasari). Di presente più non esiste. Alcune finestre co-
lori per la chiesa della Madonna delle Lagrime; per quella di
San Girolamo e V altra di San Rocco. Ne inviò eziandio fuori di
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224 MEMORIE
Arezzo; cioè ona a Firenze in Santa Felicita (1); una a Casti-
glion del Lago, e due o tre in Perugia (2). E perchè era molto
▼ago delle cose di architettara, fece per Arezzo assai disegni di
^fabbriche e di ornamenti ai privati cittadini; le due porte di
S. Rocco di pietra, e T ornamento di macigno che fu posto alla
taTola di Lnca Signorelli nella chiesa di S. Girolamo. Cno fif
fece nella badia di Anghiari; e im altro nella compagnia della
Trinità alla cappella del Crocifisso; non che un ricchissimo la-
vamani nella sacristia. < Laonde egli che di lavorare sempre
aveva diletto, continuando il verno e la state il lavcxD del moro,
il quale chi è sano fa divenire infermo, prese tanta umidità, che
infermatosi in pochi giorni rese V anima a chi glie ne aveva do-
nata, e come buon cristiano prese i Sacramenti della Chiesa e
fece testamento. Appresso avendo speciale divozione nei romiti
(1) Quando gianse ìd Firenze la ìnretrlata del Marcìllat, i Padri
Gesaats tht erano maestri in q«est* arte , la decomposero tutta per vedere il
modo tettato daìi* artefice. Vedi Vìsari.
(2) Secondo tcrrre il P. Timoteo Bottonio, la ìnTetrtata f rande per
la chìeaa di San Domenico di Arewo sarebbe stata coloriu intorno il 1525 ,
e soggiunge : È ancor suo V occhio grande a pie la chiesa di San Loremo^
duomo della nostra ciuà (di Perugia); et al medesimo si atln'buisee la
invetriata della cappella del Rosario in chiesa nostra , opera molto bella
come si vede, ninnali MMSS. voi. 2, pag. 241, ad ann. 1525. Quella del
duomo rovinò nella metà del passato secolo. Quella in San Domenico più
non esìste. Il P. Keginaldo Boarini ricorda una invetriata del Marcìllat già
esistente nella cappella dì San Lorenzo della stessa chiesa dì San Dome-
nico di Perugia. Vedi Descrizione Storica della chiesa di San Domenico,
pag. #5.
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LIBRO in. CAP. XI. 225
Camaldolesi, i quali vicino ad Arezzo venti miglia sol giogo
d' Appennino fanno congregazione, lasciò loro Favere ed il corpo
suo; ed a Pastorino da Siena suo garzone, ch'era stato seco molti
anni, lasciò i vetri e le masserizie da lavorare, e 1 suoi disegni...
Visse il Priore anni sessantadue, e morì l'anno 1537 (1). o Farona
suoi allievi nella vetraria, il suddetto Pastorino da Siena, del quale
può vedersi la vita nel Baldinucci (:2); Maso Porro cortonese ,
Battista Borro aretino; e nel disegnare e nel colorire, Benedetto
Spadari, non clie lo storico Giorgio Vasari.
Alle lodi che il Vasari tributò al nome di questo rarissimo
dipintore di vetri, non è facile aggiungerne di maggiori ; e noi
dopo avere ripetutamente considerate le mirabili vetriate della
cattedrale di Arezzo, abbiamo dovuto confessare, che il merito
del Marcillat era di gran lunga maggiore di ogni più splendido
encomia.
Con esso si chiude la serie dei pittori di vetro dell' Ordine
Domenicano; cosi che, se non furono appo loro oscuri i comin-
ciamenti di quest' arte nel secolo XIV, ognuno dovrà confessare
altresì che non potea esserne più luminoso il tramonto.
(1) Vasari, yUn di Guglielmo di M ardila ^ io fine.
(2) Notizia dei Projessori del Disegno. Voi. V, Deceim. V. parte i .
15
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22G MEMORIE
CAPITOLO XII.
Del pittore Fra Paolino da Pistoia^ discepoh di Fra BarloUmmeo
della Porta.
m istoia, città cara alle lettere, lodata nelle armi , per commercio
fiorente, ricca dei più bei doni della natura, quali certamente
sono un aer puro, un suolo ubertoso, ed un'aurea farclii,
non vanta molti e grandi cultori delle arti belle; perciocché
, sopra ogni altra delle italicbe città provò tremenda V ira ddle
ciyili fazioni. La sua storia, scrive l'egregio Contmcci , è un
quadro spaventoso, terribile, di battaglie, d' affrontamentì, d'uc-
cisioni ìmmanissime, orrende, di devastamenti e di rovine (1).
Né vi ba animo tanto efferato, che da alcuna pietà non sia com-
preso' in leggendo i mali che fecero infelice e diserta quella vaga
e illustre città. Per la qual cosa, alloraquando le arti comincia-
rono a scuotere l'antica barbarie, 'e a prender forme e modi
gentili, troppo i Pistoiesi aveano l'animo da feroci passioni esa-
gitato perchè potessero volgere la mente a quegli studi, che la
pace e l' agiatezza sogliono e possono con prospero successo ali-
mentare. Pur nondimanco nella pistoiese terra sortiva i natali
(1) Opere edite e inedite del Prof, Pibtro CoNTuccci. Pistoia 1841.
4 Tol. in 8. Vedi voi. IV, pag. 133.
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LIBRO III. CAP. XII. 227
quel Giunta, che dal )aogo in cui lungamente ylsse e mori» Tu
poi (detto Pis^o (l). Ebbe in Pistoia culto ed onore la orifice-
ria; e nel secolo più felice alle arti, ella diede i natali a quel
Paolino delSignpY'accio, che pella pittura e nella professione della
vita claustrale seguitò sempre fra Bartolommeo della Porta;
del quale dovendo ora noi per ragion dei tempi e del nostro
Istituto fi^Tellare, se non portiamo fiducia di dame una rita in
ogni parte compinta, si^mo certi però di porgerla assai più estesa
e copiosa di notizie, che non sono i brevi cenni che il Tolomei
ne ha lasciati di questo artefice.
Da Bernardino del Signoraccio, ragionevole dipintore, e se-
guace déUa maniera di Domenico del Ghirlandaio,, nacque, in
Pistoia il nostro Paolino V anno 1490^ ultimo rampollo di quella
famiglia (2). Dal genitore apprese i rudimenti deU' arte , non
arendovi forse in patria pittore più valente di lui. Quando e ove
vestisse le divise domenicane si ignora, per essersi smarrite le
cronache del conventi di Prato e di Pistoia (3); ricercati però i li-
bri delle vestizioni dei due conventi di S. Dqmc^co, di Fiesole e
(1) Il Prof. CaT. Sebastiano Ciampi ha rìiiTenati documenti dai quali
Apparisce, Gianta esser^ oriundo di Pistoia ove dipingeva nel 1202.
(2) Fraucksco TolombIi Guida di Pistoia, Un voi. in-8. 1821, p.ig.
i09 e seg. Debbesi avvertire, che il vero nome di questo pittore era Paolo,
ma per essere di breve statura fu universalmente detto Paolino» ed anche il
fratino.
(3) U P Serafino Razzi ha scritta una Cronaca del conv. di S. Do*
noenico di Pistoia^ da me non conosciuta innanzi si imprendesse a stam-
pare il presente volume; e della qunle alcuni amici mi inviarono qualche
notizia per la vita di fra Paolino.
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228 MEMORIE
di S. Marco di Firenze, che tuttavia rìmangono, né avendovi rin-
venuto il suo nome , dedussi con tutfa ragione che ei pure,
siccome il Porta, facesse il noviziato nel ccAvento di S. Dome-
nico di Prato. Veduto nel giovine pistoiese amore e attitudine
alle arti belle, i superiori divisarono associarlo a Fra Bartolom-
meo per èssere indirizzato al dipìnger^; lieti di potere cosi per-
petuare nel loro chiostri un'arte, che fino dai cominciamenti deDa
loro Congregazione vi avea ricevuto un culto solenne. Il perchè
lasciati gli studi in divinità, pe' quali non aveva alcuna attitudine,
Tra Paolino si recava in Firenze, se il vero narra il P. Serafino
Razzi, Fanno 1503, tredicesimo della sua e(è; al che però non
so prestare T intiero mio assenso. Poteva egli per siffatta guisa gio-
varsii dei consigli e degli esempi del più grande coloritore deUa
scuola Fiorentina, non che della amicizia degli altri valenti
dipintori, scultori ed architetti, che in tanta copia accoglieva
la capitale. Scribi nella yita di fra Bartolommeo , aver ^li
voluto che il Signoraccì si adusasse al modellare di terra , se
più veramente non si giovò del ministero di quel frate Ambro-
gio della Robbia, che era valente plasticatore , come lo dimo-
strano alcuni suoi lavori che tuttavia rimangono in Siena (1). lo
(1) Nel 1^ voi. di queste Memorie, dando il catalogo degli artefici che
per la influenza del Savonarola vestirono le divise Domeiiìcane, posi altiino
tra essi fra Ambrogio della Robbia, come semplice mia conghiettara. Di
presente son lieto di potere accertare, che veramente questo nipote di Loca
della Robbia era perito nella. plastica, e ne lasciò un bel saggio nella chiesa
di Santo Spirito in Siena. Debbo questa notizia con altre molte ai sigg. fra-
telli Milanesi. Nella Cronaca di quel convento dei Domenicani , che si con-
serva nell* Archivio del Duomo di Sicna^ a carte 80. si legge: Tempore
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LIBRO UL GAP, XII. 229
stimo che 1* accoppiare al disegno l'esercizio del modellare sia
di grandissimo alato ai giovani studiosi della pittura , e certa*
mente allora famigliare più che per il presente agli artefici. U
primo saggio che di questo suo studio ci lasciasse frate Paolino ,
risale all'anno 1513; nel qual tempo invitato da' suoi religiosi a
modellare due statue grandi la metà del vero, le quali doveano
collocarsi nella chiesuola di S. Maria Maddalena in Pian di Mu-
gnone, forse col disegno di fra Bartolommeo, fece un S. Dome-
nico ed una S. M. Maddalena, che nella castigatezza del disegno,
e nella bellezza delle pieghe, rivelano tosto la maniera del Porta.
Soltanto nel 1516 furono colorite dal Sìgnoracci, e coUocate in
due nicchie delle testate laterali al maggiore altare (1}«
memorati Jratris Roberti (è l'Ubaldini «rnialìsta di San Marco), M Dilli
Jactum Juit Pre$epium Domini in E celesta , arte ftc diligentia fratri$ Am-
hrosit de Rubia fiorentini , quem Prior et Patres ipsius eostruendi Pre-
$epii gratia huic contentai postularuntf receperunt, et plures per mente s
retinuerunt. Questo presepio in terra cotta invetriata, si vede tuttavìa nella
cappella detta degli Spagnoli, la quale ha pitture a fresco delRazai. Il presepio
si compone di quattro 6gure grandi al vero, non compreso il Baipbino;
hannovi pure i due ammali in mezzo ai quali nacque il Salvatore. Bellis-
sima è la figura del San Giuseppe^ segnatamente la testa, modellala con molta
bravura. Quella di un pastore alla destra dello stesso santo, mi parve assai
ragionevole. Inferiori poi e forse di altra mano posteriore, quella della Ver-
gine e di un altro pastore.
(1) Libro Debitori e Creditori delV Ospizio di S. M. Maddalena
in pian di Mugnone de^ Frati di S. Marco; un voi. in fol. MS.: giunge
dal 1482 al 1520 a carte 112. — 1516. Ricordo come adj 17 giugno
mt^ fen fare quello smalto sopra al presepio el quale fece Marco- di
SaWestro et Thomaso Ciachi ce.; el adj 10 di detto si posono in chiesa
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230 MEMORIE
Quando il Signoracci giunse in Firenze, studiavano la pit-
lara sotto la direzione di fi*a Bariolomtneo, altri àae religiosi
domenicani, Trate Andrea e frate Agostino. Del primo non ci è
rimasto alcun siaggio, e sembra aiutasse il maestro nei lavori dì
minor rilevanza. Il secondo associatosi a ft'a Paolino, e gareg-
giando seco lui neir arte, giunse ad uìia certa cotal perizia, die
di poco eccede la mediocrità (1). Nella primavèra dèlTannolSU
in quelli nicchi di pietra quelle figure di terra fatte da frate Pagolo da
Pistoja estendo giovanetto^ et per tuo ingegno ti mi tono nel luogo loroy et
nota die non tono cotte estendo astai dure perchè erano ttate Jatte più
che tre anni, et per lui ti tono depinte, ad laude de Dio et de S» Do-
menico et de Santa Maria Magdalena. £ sotto il giorno 12 taglio 1916,
ti dice cbe le stesse figure furono finite di dipingere in detto giorno, e si
aggiunge, che tono collìgate insieme con fili di ferro in modo non è paura
abbiano a cascare^ et ciascuna e di tre petti. Dalle stesse rneoìorie si de-
duce: cbe le figure del presepio furono opera di Andrea della Robbia ps-
dre di fra Ambrogio.
(1) Chronica Conv. S. Spirìtus de Senit ec. Anno Domini MDIT.
fol. 14. « Tempore quo hujut eonvent. prior erat vir R. Dominut Fraier
Malatetta Sacromorut de A rimino ec. . . . prò nova eccletia exornanda
atciti tunt Jratret Augustinus et Andreat converti de Florentia picto-
ret, quorum arte ac pio labore ornatut omnis ecclesie^ quicumque in pa-
rietibus cemitur pietas, »
£ d'uopo avvertire come due pittori domenicani eoi nome di Ago-
stino SI trovino ricordati nelle cronache dell' Ordine. Uno dét^ AgotUno
di Paolo del Mugello^ affigliato al conv. di S. Marco. L'altro detto J§o-
itino di Paolo di Marco Macconi o de* Alacconi, pistoiese, già al secolo
pittore^ aggregato al conv. di S. Domenico di Fiesole nel giorno 30 gen-
naio 1490. Stimo essere il primo quegli che aiutò in Siena fra Paolino.
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LIBRO IH. CAP. XII. 231
abbiam veduto che tra Bartolommeo della Porta sì era recato
in Roma onde ammirare i capi lavori del Sanzio e del Buonar-
roti. Reduce in Firenze, mal fermo di salute, si portò all'Ospi-
zio dei domenicani in Pian di Mngnone. Narrano le memorie
dell'Ospizio medesimo, che egli conducesse seco due suoi disce-
poli, e che ivi dipingessero alcune storie di Santi Padri (1).
Abbcnchè non siano ricordati i nomi di questi allievi del Porta,
stimo non pertanto assai verosimile che fossero fra Paolino e
fra Agostino. Le storie dei Santi Padri , che dovettero avere ese-
guite con i disegni o sotto la direzione del maestro, più non esi-
stono. Esiste però in una cella del dormentorio superiore, un
fresco assai guasto dai ritocchi, rimanendo però intatta e benis-
simo conservata una Ggura di S. Tommaso di Aquino in atto di
orare. La maniera è evidentemente di fra Bartolommeo , ed es-
sendo alquanto debole nel disegno, stimo poter essere opera
de' suoi discepoli.
Il Signoracci non avea da natura sortito grandissimo inge-
gno, e nella invenzione mi parve povero anzi che no; ma gli
esempi e i consigli del valente maestro, un amore fortissimo al-
l'arte, lo sollevarono ben sovente sopra la schiera innumerevole
dei mediocri. Allorché prese a imitare il Porta, questi, lasciata
la seconda maniera semplice e graziosa , si cimentava sul sen-
tiero dei Michelangioleschi. Al nostro Pistoiese non fu dato se-
guitarlo in quel difficile arringo, che voleva arte grandissima ,
franchezza nell' operare , ed un fuoco rispondente a quella so-
prabbondanza di vita, che gli artisti di quella età volevano im-
primere nelle opere loro; laddove fra Paolino, d'indole dolce, e
(i^ Vedi libro Debitori e Creditori, loc. cit.
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232 MEMORIE
di mite ingegno, aspirava piuttosto aUa lode di grazioso e dilì-
gente pittore. Per la qual cosa, eziandio nei dipinti che eseguì
con i cartoni del Porta, si vede il pia delle volte temperato
siffattamente il primiero concetto, che se le pieghe e il col(»^
rivelano tra, Bartolommeo, l'arieggiare più dolce ed eziandio
più nobile annunzia tostamente Tra Paolino.
Compiute con sua molta lode le due figure di terra in Pian
di Mugnone, i domenicani del convento di Santo Spirito di Siena
invitarono Tra Paolino e fra Agostino ad un* opera di maggiore
importanza. Quell' anno stesso 1516 era trapassato in Siena un
maestro Cherubino Ridolfini da Narni. Il fratello Giovanni Bat-
tista, che lo avea fatto tumulare nel chiostro del suddetto con-
vento di S. Spirito, volendone condecorare il sepolcro, diede ai
religiosi certa quantità di danaro perchè vi facessero eseguire
un'opera di pittura. Non potendo verosimilmente fra Bartolommeo
recarsi in Siena, per le molte e gravissime occupazioni, proferse
in quella vece i due suoi discepoli; fornendo forse loro eziandio i
disegni della storia, che si doveva eseguire a buon fresco nel
chiostro suddetto. Giunti iu Siena, o nel termine dell'agosto, o nei
primi del settembre, diedero tosto cominciamento al lavoro , e
colorirono un Crocifisso con ai lati la B. Vergine e S. Giovanni
Evangelista; e dappiedi, prostrate in ginocchio, S. Maria Madda-
lena e S. Caterina da Siena, tutte figure grandi al vero. Non
dirò perfetto questo dipinto; non pertanto vi sono alcune parti
bravissimamente eseguite, siccome è la figura della Vergine e
quella di S. Caterina. Il nudo del Cristo, di forme alquanto esa-
gerate, non offre molto palese e molto corretto lo studio della
notomia, e nelle giunture delle estremità mi parve vedere quella
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LIBRO HI. GAP. Xll. 233
debolezza dì disegno, che si ravvisa nelle altre opere del Signo-
racci. Piacemì non pertanto in questo dipinto il fare grandioso^
il forte impasto delle tinte, fl largo e insieme facile piegare dei
panni. Non cosi mi aggrada T ultima figura del* Santo Evange-
lista, a tutte inferiore nel maneggio del pennello; forse opera di
frate Agostino. Per lunga pezza questa storia fu universalmente
giudicata opera di fra Bartolommeo della Porta, e ciò sia a lode
dei due discepoli; ma gli egregi fratelli Milanesi, diligenti inda-
gatori delle patrie memorie, non ha molto rinvennero i nomi
dei due dipintori in un libro di Ricordanze nel sopra citato ar-
chivio (1). Reduce fra Paolino in Firenze, fu nel seguente anno
(1) Segnato H. VII. Ricordo come nelV anno MDXFI M. Gio-
s^anhattista Ridolfini da Narni dette per helemosina L. trentacinque per
conto di un suo fratello ^ Maestro Cherubino^ el quale, propinquo al
doctorato dell' arte et medicina si morì a Siena , et elesse la sepoltura in
questo convento: et di tale helemosina di volontà di decto M» Oiovanb.
$i Jece un Crocifixo con quattro figure da eantOf a capo el chiostro aU
Iato alla porta che entra in chiesa : et lo dipinse fra Paulo da Pistoja^
et ebbe i/f compagnia fra Agostino converso ; et sotto el Crocifixo si messe
el corpo dì decto Maestro Cherubino , colla sita arme^ come in tal htogo
apparisce; el quale Crocifixo sarebbe costo molto pia; ma per lo averlo
dipincto li nostri Jrati , non si spese più denari , excetto alcuni vestimenti
che decte el convento ai detti frali Paulo et fra Agostino in segno di
gratitudine della loro fatica. Dipintesi el Septembre et Octobre i5i6.
L'ìscmione posta sul sepolcro del defunto appiedi del dipinto, dice:
SEMA VETUS CBEROBIII
CEMUIT QOBM MARlllA GimS
CLARA RODOLPHIMB
FEBRB RAPIT CLARIO. (sìc)
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Wk MEMORIE
graodettwte amar^iato per la perdita del maestro, morto come
si disse nell'ottobre del 1517. E ciò fìi a graye damio del Signo-
racciy coDciosiachèse avesse per tempo più loogo potuto giovarsi
degù esempi e dei consigli di fra Bartolommeo, tengo indubitato
avrebbe di assai migliorato il disegno* nel quale era debole tut-
tavia (l].Rimasto possessore di. tutti i disegni e di tutti i cartoni dd
Porta, potè con quelli condurre moltissimi dipinti. Dapprima
si diede a ultimare alcuni quadri, che il maèstro avea la-
sciati o disagn^ti soltanto, o non del tutto finiti; fra questi de-
vési noverare quella Deposizione di Croce che vedesi nella gal-
leria dell^A^ccadeo^ia fiorentina, contrassegnata dal N. 48. Fino al
presente era stata tenuta come opera di fra Bartolommeo, ma
dalle memorie dell* Ospizio di S. M. Maddalena in Pian di Mu-
gnone appare, essere stata solo dintomata dal Porta, e poscia,
sopravvenuta la morte di lui, colorita da f^a Paolino. Yenne
collocata in sul maggiore altare di quella chiesa, nel giorno 21 lu-
glio 1519 (2). In questa tavola è la Vergine che tiene in grembo
(1) Nella ricordata Cronaca del cony. di S. Domemco di Pistoia,
scritta dal P. Serafino Razzi, dicesi che fra Paolino stiede in San Marco
sotto la disciplina di fra Bartolonitneo della Porta, ben quattordici annu
Ma di ciò non so persuadermi , perche farebbe mestieri credere fra Pao-
lino vestito dell* abito domenicano nella età di soli anni 1 2.
(2) Ubro Debitori e Creditori dell' Ospizio di S. M, Maddalena
in Pian di Mugnone. fol. 112. — 1519. Ricordo come la vigilia di
S. M. Maddalena 1519> ti messe in chiesa una tavola ali* altare dise-
gnata per mano di Jrate Bartolomeo già dipintore, et preventus morte la
Unì frate Pagolo da Pistoia nostro Jrate, nella quale v' è dentro queste
figure; la Vergine Sancta col suo liunico figliuolo morto, et san Gio-
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LIBRO HI. GAP. XII. W&
r esanime spoglia del Figlio; alla destra è S. Giocami Evangeli-
sta; a manca S. M« Maria Maddalena; e qnasi in un fnor d'opera,
il SL P. Domenico e S. Tommaso di Aqaìno. Non so se debba at*
triboirsi alle ingiurie del tempo oa qoelk degU uomini^ ma
piarmi a^sa4 detiohnente colorita; né certamente fra le migliori
cose disegnate dal Porla ed eseguite dal Signoracci. Nella obiesa
suddetta ne è al presente una bella copia, che non lascia gran
desiderio dell' originale.
Ignoro se vivente tuttavia il maestro^ o dopo il s^q trapas-
samento, fra Paolino colorisse la grandissimi! e bellissima tavola
della Vergine Assunta in cielo; che- posseggono i Domenicani in
3: M. del Sasso pres^ Bibbieiia. Questo quadro dalla più parte è
giudicato dipinto nella metà superiore d^' fra: fiaptolommeo, e
nella' metà inferiore da fra Paolino; ma il dMfgente P. Vincenxo
Finesebi rinvenne certissimi documenti per i quali si prova, es-
sere stato solo disegnato dal Porta^ e colorito intiera^iente dal
discepdo (1). Popò vedute molte opere del Pistoiese, ed eziandio
la tavola del S. Paolo in patria, è d'uopo confessare che giam-
mai colorì con tanto vigore di tipte, e' con si felice impasto, come
ih questa tavola dell' Assunta. Al Signoracci attribuisce il P. Fi-
mseìà il quadro del S. Vincenzo Ferreri, che vedasi netta chiesa
medesima, stimato già opera del Porta; ma certamente di fra Pao-
lino è una tavola che adorna V altare di S. L^cia nella inferiore
panni, et Maria Maddalena col p. san Domenicho et san Thomasa da-
qaino.
(f) Compendio Storico Critico sopra le due Immagini di M> San--
tissima che si venerano nella chiesa di S, M. del Sasso presso Bibbiena.
Firente 1792, un voi. in.i6. — Vedi c»p. VI, pag. 45 e 47.
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236 MEMORIE
chiesa del Sasso, ove espresse la Vergine col Figlio in braccio,
S. Lucia geouflessa, e alcuni Santi domenicani, nei quali il Fi-
neschi crede essere i ritratti dei religiosi di quel convento. Il
pittore ?i pose le iniziali del suo nome, e l'anno MDXXV [1).
Dal medesimo anno contrassegnata era una tavola, al presente
perduta, che lo stesso dipintore colori per il noviziato di S. Do-
menico di Fiesole. Ofleriva la Vergine genuOessa in atto di ado-
rare il pargoletto Gesù, sorretto da un Angelo. Dai Iati oravi
S. Giuseppe, e S. Agnese Vergine domenicana (2).
Quando fosse provato che i due grandi quadri gìk esistenti
nel soppresso convento dì S. Domenico in S« Gemignano, dei quali
uno passò nella chiesa di S. Agostino, e l'altro in quella di S. Lu-
cia a Barbiano, fossero veramente opera del Signoracci, come
uìolti intelligenti mi accertarono, farebbe mestieri crederli pitturati
in questo tempo medesimo, sendovi scritto in sottilissimi numeri
d*oro l'anno 1525.Io per non averli veduti nonposso fame accurata
menzione; ma da una copiosa descrizione favoritami dal sig. Sal-
vatore Gabrielli sanese, deduco che in essi il Pistoiese volesse se-
guitare le traccio del maestro, e cimentarsi a quelle grandiose
composizioni, nelle quali il Porta fa singoiar pompa d'arte e di in-
gegno. Rappresentano ambedue la Vergine seduta in trono, con ai
(1) F. P. O. P. (Frater Paulus Ordinis Pradicatorum)
(2) Cronaca Conv. S. Dominici de Fesulis, Ord. PrcBdìc. hi. 7,
a tergo (1525) Reedificatum et ampliaium fuii capitulum novitiorum, ec...
ilem depicla fuit tabula aitarli cap. novitiorum in qua est imago Kirgi-
ni$ M. adoranlis genn/ltxes puerum existentem in 'manibus Angeli , et
Joseph, et figura S. Agnetis virgtnis , quat pietà Juit a fratre Paulo de
Pistorio Jraler nosUrce Congregattonis. ,
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LIBRO 111. GAP. Xll. 287
Iati alcuni santi, e sol gradino del trono' il consoeto Angioletto
in atto di suonare II Unto; argomento che ei trattò più roUe
in patria e fuori.
In tempo che il Signoracci nel silenzio della sua cella esc-
gniYa questi ed altri dipinti , si andavano svolgendo i più terri-
bili avvenimenti. Non dirò ddl' Alemagna e di gran parte di
Europa, le quali da religiose discordie esagitate, si bruttavano
spietatamente di sangue civfle; né di Roma, che dalle armi di
Cesare pativa quei danni che il furore di Attila non avea osato
inferirle; ma per ciò che spetta a Firenze, ben era tristo il ve-
derla straziata da coloro che più doveano tutelarne la gloria e
la libertà. I Medici, non corretti dall^esiglio, non commossi ai
diuturni mali deUa patria; tre volte cacciati, tre vdCe tornanti
all'eccidio di lei, tentavano opprimerla di rovina. E la bella e la
generosa Firenze, dopo il martirio di un lungo e crudele assedio,
caduta in braccio dellMnfaqie Alessandro, offeriva uno spettacolo
del quale la storia, dopo i tempi neroniani, non so qual altro ci
narri più spaventoso. E quando uno pensa che consigliero e as-
sentafore di questo mostro era quello stesso Guicciardini, il quale,
in narrando i delitti del Valentino, sembra fremere di generosa e
terribile indignazione; allora uno chiede a se stesso quale con-
cetto debba formarsi del padre della storia italiana! Forse al
buon frate Paolino non resse l'animo alla vista di tanti mali; nò
più il veggiamo in Firenze, ma tramutandosi d*uno in altro luogo,
da ultimo ridursi in patria. Di un viaggio del Signoracci in Viterbo
sembra non potersene dubitare; narrandoci le cronache del con-
vento di S. Maria della Quercia, in quel tempo aggregato alla Con-
gregazione di Toscana, che egli compiesse un quadro ivi lasciato
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338 MEMORIE
imperfeUo da fra Bartolonuneo nel suo recarsi ia Roma o nel
ricondursi in patria. Noi preghiamo il lettore a riandare quanto
ne abbiamo scritto nella vita del Porta (1); solo aggiungerò la
notizia originale tratta dalle cronache di quel convento.
<r L' anno poi 1&43, al tempo del priorato del R. P« F. Tbo-
maso Buoninsegni senese, si messe la tavola , et 0gura di nostra
Donna in quel modo che ancora si vede al presente , et il pittore
fu il Padre fra PaoUno da Pistoia deU' ordine nostro , et hebbe
in nome di pagamento quarantacùaque scudi d' oro, se bene si
dice, che il disegno di iale figura è dell' eccellentissimo fra Bar-
tolommeo oonverso anoor esso dell'ordine nostro (2): e^ perchè
si babbi maggior' notitia della tavola^ in cima a qudla è un
mezzo tondo dove è dipinto un Dio padre ia.atto di dare la
benedizione, ' ornato intorno d'angioli. Neliipiadro poi d^ basso
vi è una gratiosa Vergine in ginocohioni quale è coronata dal
Signore intorno di molti angioli^ a basso vi sono in ginocchioni
tutti i santi nostri, co. di molti altri santi; tenuta molto bella
opera da quelli che sono dell' arte, i si conosca >che è opera di
fra Bartolonuneo. j> Non paghi i religiosi di quel convento di
fare ultimare dal Signoraeci quella, tavola, gli commisero un
dipìnto di tutta sua invenzione. -Ne è ricordanisa nelle cronache
stesse, a La' cappella che seguita sotto quella di Val di Marco si
ha padrone, et è di M«' Pacifico Caprino di Mont'alto, il quale la
fece dipingere a fra Paolino da Pistoia, e si chiamala cappella
(1) Véd; libro III. cap. VI, pag. 96.
(2) Quivi è nnof sbaglio evidente del cronista, pcrcioccbò si prova
con certi jsimi documenti, che né fra Bartolonuneo , né fra Paolino erano
conversi , ma kenal diaconi.
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LIBRO Ul. GAP. XII. 239
della pietà/e fu mosso a fiir questa clippeila da ona gra. che gli
fece la Madonna, ec« (1). o Per le qnali parole non è ben chiaro
se il Pistoiese vi colorisse alcuna storia in fresco, ovvero alcuna
tavola; certo si è che di fra Paolino non si ha in quella chiesa
che la gran tavola del coro, dintomata dal Porta e colorita
dal Signoracci.
Condotti a termine questi dipinti, sembra fra Padino si eoo-
ducesse in patria, ove esegui un graii novero di- quadri, molti dei
quali rimangono' tuttavia. Noi per ìkyetlì potuti considet^re a
nostro bell'agio ndf autunno del 18t^4, ne ragioneremo con accu-
ratézà:a alquanto maggiore.
Nella chiesa di S. Domenico vedesi al presente un quadro,
che dalla sacri$tia,'ove stava per lo innanzi. Al trasportalo tiel
coro (2). Nel concetto ritrae alquanto da quella stupenda' tavola
che fra Bartolommeo colori per la sua chiesa' 'di SauMarco, al
presente ornamento bellissimo della galleria psllatina: ES^vi, sic-
come in quella, la Vergine seduta in trotto, avente in grembo
il Bambrao ignudo, il quale con fancfullesca grazia disposasi a
Santa Caterina da Siena; e questa santa è una molto beUa e gra-
(1) Libro delle Croniche della chiesa e $acre$iia del conv, dclln
Quercia, MS. a carte 4. Debbo questa notìzia con altre spettanti a quella
chiesa, alla somma gentilesca d<i PP. LL. Aquaroni e Masetti, religiosi di
queir osservandssìmo convento. La tavola della quale parla la cronaca credo
sia quella cbe vedesi all'altare *del coro; e per la debole reminiscenza cbe
ne conservo, panni cbe nella bellezza del colorito molto somigli VAssunta
cbe è in S. M. del Sasso a Bibbiena.
(2) Questo quadro dicesi fosse «seguito per il monastero di S. Cate-
rina, e quindi portato nella cbiesa di S. Domenico.
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240 MEMORIE
zioM figura. Né di molto le cede quella di S. M. Maddalena > che
prostrata in ginocchio, vedési dal lato opposto. Fanno corona alla
Vergine, S. Apollonia, S. Domenico, S. Pietro M. e S. Cecilia. Co-
mecché la composizione di questo quadro non sia al tulio origi-
nale, pur nondimanco le figure tì sono bene aggruppate, il di-
segno sufficientemente corretto, ma il colore ha patiti non lie?i
danni (1). Assai maggiore considerazione merita una Adorazione
dei Magi, che vedesi nella cappella del SS. Sacramento, laterale al
maggiore altare, in quella chiesa medesima; quadro tutto origi-
nale, e da annoverarsi fra i più belli che mai facesse il Signo-
racci. n Tolomei, che vide le antiche memorie di quel convento
(U S. Domenico innanzi la sua soppressione, afierma che quella
tavola fosse dipmta V anno 1539 , e soggiunge che il dipintore
avesse allora anni 36 di età; ma con troppo manifesto errore;
perciocché scrivendo egli stesso che fra Paolino sortisse ì natali
nel 1490 (3), noverava allora ben 49 anni
La composizione di questo quadro é mcdto semjdice. La
Vergine é seduta sopra un imbasamento di pietra; tiene il putto
ignudo su i ginocchi, e presentalo al primo dei Magi, che pro-
strato a lui d'innanzi, con grandissima divozione fa segno di vo-
lere imprimere un bacio su i piedi del bambmello. Bellissima
é la figura della Vergine, improntata di tale una grazia ed
(i) Il P. Serafino Ra^ti scrìve che fra Paolino dì Pistoia colorìjM
tre tavole per la tua chiesa di S. Domenico. Vedi Istoria degli Uomini
Illustri t ec. pag. 354, N. IX. Verosìmilmente la terza è quella che nella
ftessa chìeta offre un Crocifìsso con la Vergine e S. Tommaso di Aqui-
no; tavola molto rovinata e peggio restaurata.
(2; Guida di Pistoia^ pag. 109.
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LIBRO 111. GAP. XII. 241
sta, che poche Yargìiii vidi al paro di questa con tanto decoro
eflBgiate. Il Bambino, se ne togli che ha i braccìni un po'corti,
è nel rimanente ben disegnato, e molto vezzoso. Le altre figure,
siccome S. Giaseppe, i due Magi, e le persone di seguito, collocò
dietro V imbasamento; ed è bella quanto mai dir si possa quella
di un giovine, che ei pose nella estremità del quadro dal lato
manco del riguardante, e veduta sol di profilo, nella quale il
Tdomei scrive essere rassembrato il noslro pittore, e ciò leggersi
ndle memorie del convento. Il fondo del quadro è formato, a
destra, dalla abitazione della Vergine, disegnata con bella pro-
spettiva; ove si rodono alcune piccolissime e graziosissime figurine
nelle scale e sulle loggie, come di persone accorrenti alla novità
di quello spettacolo; alla mancina, da un paese, se non bellis-
simo, certo ragionevole. In questo dipinto a me sembra vedere
assai miglior disegno che in altro qualsiasi del frate Pistoiese ;
piacemi r armonia del colore, sebbatie nel chiaroscuro lasci alcun
desiderio; le estremità sono ben dìntomate, e nelle teste vi è una
vita, che forse uguale non ho trovata in altri suoi quadri. Solo
appariscono nei contomi alcune crudezze, e più che altrove nello
svolgere e nel piegare dei panni.
Ha a cui piacesse meglio conoscere il merito di fra Paolino,
deve a mio avviso considerare la gran tarola che al presente
si vede nella chiesa di S. Paolo della stessa città di Pistoia, potendo
a buon diritto appaiarsi il suo capo lavora Ivi più che altrove
addimostrasi seguace e imitatore di fra Bart(dommeo della Porta;
e se, veduti gli altri dipmti che egli lasciò alle chiese ed agli
Oratorj della sua patria, siamo sovente portati a crederlo sol-
tanto mediocre pittore; dopo veduta la tavola del S. Paolo e
IL 16
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2i2 MEMORIE
r Adorazione dei Magi, gli si coooede fadhnente un seggio
onorato fra i migliori del secolo XVI.
n concetto ivi espresso non è del totto originale, ma mollo
somiglia qudle grandiose composizioni delle quali assai piacevasi
il Porta. Due nudi Angioletti in alto sorreggono le tende di un
padiglione, sotto del quale si erge il trono della Regina del Cielo.
Essa nobilm^te seduta, e spirante dal volto materna tenerezza,
tiene ignudo in su i ginocchi il pargoletto Gesù. Appiedi del
trono collocò quattro sante; due sul gradino, due sul piano; e
sono, S. Caterina V. e M., S. Appollonia, S. M. Maddalaia, e
S. Agnese V. e M. Intorno al trono dispose simmetricamente una
corona di santi. Alla destra della Vergine sono, S. Paolo, S. Già
Battista, S. Domenico, e un'ultima figura deUa quale ad vedesi
il YoUo di profilo, che dice» é sembra essere il ritratto di fra Gi-
r(damo Savonarola; tributo forse d'ammirazione che eì por^
gera alle virtù e ai patimenti di questo grande uomo. A mano
manca ritrasse S. Pietro, S. Iacopo, S. Lorenzo, S. Anto-
nino, e un altro santo del quale appare sd parte del v<dto, e
cbe non hesa saprebbe»! determinare. A^q^edi del trono , se-
duto sopra il gradino, fece un Angioletto che suona il liuto,
come neHe composizioni di fra Bartolommeo. In questo di-
pinto non loderò aver collocate le due principali figure degli
apostoli Pietro e Paolo in modo, cbe quasi volgono il tei^ alla
Vergine, e sembrano non curarsi di Lei, che siede in tanta mae-
stà, e coronata di tanta gloria, fòrore gravissimo, perchè toglie
quell' unità la quale, nei dipìnti come nel dramma, è severamente
voluta e dalt* uso e dalla ragione. Tutto il dipinto è condotto con
uno stile largo e grandioso; e più cbe in naolti altri quadri ^
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LIBRO III. GAP. XII. 243
questo pittore, vi si ammira mi tingere vigoroso e benissimo con-
tempcrato nei passaggi dei lami e delle ombre, per guisa da ri-
lerame gradatamente le masse con ottima prospettiva. Nell'arìeg-
giare dei volti è vario, e in qaello della Vergine e del Figlio,
cosperso di raffaellesca bellezza; ma negli altri desiderasi una
scdta migliore, e fors' anco più vita. Nel piegare dei panni, co-
mechè assai felice, avvi non pertanto qua e colà del trito e
del secco. Ma ciò che porge all'occhio una gradevole illusione,
è lo sfuggire dei piani per le linee prospettiche tirate con molta
bravura. Né stimo sia alcuno il quale possa considerare questo
dipinto del Signoracci, senza essere compreso da subita e gran-
dissima riverenza nauti ad una scena tanto solenne. Che se da
queste generali considerazioni si procede alla disamina delle
singole parti, un giudice alquanto severo potrebbe forse censu-
rare il putto che suona il liuto, atteggiato in modo non naturale;
le mani di S. Lorenzo mancanti di proporzione; e quella di
S. Pietro che r^ge un libro, la quale appare rotta nella giun-
tura. Malgrado queste scorrezioni e la mancanza di originalità,
è nel suo insieme un quadro da onorarsene grandemente la
patria e il pittore (1).
Alla gloria di fra Paolino devono bastare i dipinti fin qui
(1) Nei gradi del trono si legge: Opus f. Pkvli, db Pist. or. Prab.
MDXXVIU. — Quetu gran tavola era «tata dipinta per i religioéi del con-
vento di San Domenico di Pistoia ; ma sembrando loro non adatta al luogo
ove dovea collocarsi, fu dai medesimi vendota alla chiesa priorale di S. Paolo.
Ora fan^o pochi ami, venne per ordine del governo con ogni diligensa
restaurata. »
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24& MEMORIE
noverati. Un più copioso elenco può vedersi nel Tcdomei (1). Or
fanno quattro anni, venne fortuitamente scoperto nd refettorio
del convento dì S. Domenico di Pistoia un grande a fresco, sul
quale era stato dato di bianco. Si trovò essere una storia della
vita di S. Domenico, che il eh. Repettì per ^rore scrìve essere
una cena degli Apostoli vestiti da domenicani (2). Fu creduta
opera di fra Paolino; ma per essere giudicata inferiore alle altre,
venne di bel nuovo sepolta sotto V inesorabile pennello degli im-
biancatorì (3).
Dal fin qui detto 4>armi doversi tenere, che il Signoracd
fosse alquanto debole nel disegno, segnatamente del nodo; non
molto fecondo nella invenzione, ma lieto e sovente vigoroso co-
lorìtore; nella prospettiva lineare a ninno secondo; nell'aerea a
suflBcienza versato; nel piegare dei panni ritrae alquanto dal
Porta; ma è più di lui gentile, grazioso e devoto ncUe V^^,
spiranti celestiale bellezza. Tenne molte e diverse maniere così
nel colorire come nel comporre, e soventi volte si dubiterebbe
de' suoi dipinti, se a chi ha veduti quelli di fra Bartcdommeo,
(1) Nella Gold a citata dì Pistoia si ricordano come dipinti da fra Paolino
alconi quadri, i quali, abbenchè abbiano non pcichl tratti di somìgliania
con le altre sue cose, sono non pertanto si deboli, anaì scorretti nel di-
segno del nudo, che per l* onore del Signoracci amo meglio tacerne.
(2) Dizionario Stòrico, FiiicOy Geogrqf., Voi. IV, pag. 437.
(3) Abbiamo omesso di favellare di un dipinto attribuito a fra Pao-
lino da Pistoia, che Tedesi nell'Accademia fiorentina, perciocché a noi
sembra ravvisarvi altra mano. Bappresenta la Vergine Assunta in cielo, che
lascia la sua cintura a S. Tommaso Apostolo. L contrassegnato dal N. 53,
e dicesi appartenesse al soppresso monastero di S. Vincenao d'Aimalena.
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LIBRO 111. GAP. XII. 34S
Don vi ravvisasse, non pnre gU stessi concetti, ma tal fiata le
figure medesime.
I giorni del nostro dipintore à chiusero nel silenzio e ndla
pace del chiostro, divisi fra gli esercizi del culto e quelli del-
l'arte; il che ci è grato ricordare dopo la vita di tre artefici do-
menicani, i quali deposte le divise del proprio istituto e tornati al
secolo, patirono le influenze di una età corrottissima. Siccome
il Porta e gli altri reUgiosi di quella Congregazione i quali col-
tivarono la pittura, fra Paolino non ascese negli Ordini- sacri
più oltre del Diaconato. Narrano le antiche memorie, che con il
frutto delle sue fatiche il Pistoiese facesse fabbricare un chipstro
piccolo nel suo convento di S. Domenico in patria; una parte del
chiostro grande; l'ospizio; non che rinnovasse l'organo, e facesse
altre spese* per l'adornamento della chiesa. Fu il Signoracci,/8Ìc-
come scrive il P. Serafino Razzi, religioso buono ^ semplice, retto,
divoto, timorato ed obbediente» E questo farà sempre ragione
della virtù di frate Paolino, che scudo di quel tempo in Prato
la Santa Vergine Caterina de' Ricci, suora del suo Istituto,
levata poi all'onor degli altari, egli ne meritò e ne consegui la
stima e l'amicizia. Sembra che negli ultimi anni del viver suo
prendesse eziandio conoscenza di suor Plautilla Nelli, monaca e
pittrice domenicana nel monastero di S. Caterina in Firenze,
alla quale, come altrove si disse, lasciò in morte tutti i disegni
di fra Bartolommeo. Chiuse i suoi giorni in patria, nella notte
del terzo giorno di agosto, vigilia della solennità del Padre
San Domenico, l'anno 15^7, e dell'età sua quinquagesimo set-
timo (a), l suoi concittadini, che ne aveano in pregio le rare doti
(a) Vedi Documento^ (l^)
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246 MEMORIE
della m^te e del cuore, g^ fecero coniare una medaglia in
bronzo, che insieme a quelle dei più illustri Pistoiesi attesta il
Lanzi aier leduta presso il dottore Yitoni (1).
(1) Storia Pittorica delV\ltalia^ Scuola Fiorent, Epoca % Questo
medagliere del Vìtoni fo in seguito vendato, e se ne ignora l'attuai pos-
sessore. Di tanto accertavamì il sig. Giuseppe Tigri pistoiese, al quale soo
debitore di alcune notiaie intomo fra Paolino.
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2i7
CAPITOLO Xlfl.
Di fra Damiano da Bergamo , rarissimo intarsiatore.
Sue opere in patria , in Bologna e altrove. — Suoi discepoli.
A Husnra che noi procediamo innanzi , ci sentiamo sor-
gere nell'animo una dolce fidanza, che qaesle povere nostre
fatiche siano per afqportare nn qaakhe firntto ben più rilevante,
che non è qneUo di riempiere una lacana nella storia delle Arti.
Questo popolo di ceD(rf)iti pittori, sctdtori e architetti, che nel
silenzio del chiostro si viene educando alla fatica e alla prece;
che si adopera con ogni caldezza onde alimentare il fuoco sacro
delle Arti; che dopo aver lasciato alla terra r opera del suo in-
gegno e della sna mano, si va a perdere ndla oscurità del sepolcro,
geloso perGno di quel silenzio misterioso che ricuopre il suo nome ;
parmi unnobile esempio che noi ofleriamoai nostri fratelli di chio-
stro, ed insieme un invito a quegli arteGci i quali, disingannati dei
beni presentì, volessero cercare una gloria non peritura nel seno
slesso deUa religione. Così Y opera più bella delF Angelico, del
P<»rta e del Signoracci, non sarà dì avere rivaleggiato con i più
valenti artefici del loro secolo, ma di aver lasciati degni imita-
tori e seguaci delle loro virtù. E questa età agitata da discor-
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248 MEMORIE
danti dottrine, vanitosa e le(|^iera, più che di naoTe teorie ab-
bisogna di esempi generosi. Noi entriamo a rayellare di mi
arteGce, il quale, nel tempo che tutto congiurava ali' abbassa-
mento dell' Italia, e che gli animi inviliti si volgevano ad adulare
lo straniero che ci calpestava, questo artefice, povero fraticdlo,
seppe dare a Carlo V imperatore V esempio di una indepen-
denza, della quale Cesare dovette forte meravigliare. Egli é
questi quel fra Damiano da Bergamo , che nel magistero della
Tarsia tutti vinse e superò i contemporanei; e che dopo il corso
di tre secoli è tuttavia al possesso di una gloria, che il tempo
non ha potuta menomare. Di costui prendiamo a scrivere con
ogni possibile accuratezza, mandando prima innanzi akune no-
tizie, che stimiamo opportune a meglio chiarirne la vita.
Le opere di intarsio, conosciute dagli antichi sotto la g^ie-
rica appellazione di Opiu Sectile^ meglio concernevano le oMnet-
titure dei marmi ad uso del musaico; perciocché ignoro se vera-
mente avessero notizia e pratica di quelle che noi volgarmente
diciamo Tarsie. Nei tempi più a noi vicini, conunciossi quest'arte
a coltivare in Italia alloraquando la prospettiva si andò perfe-
zionando con r opera del Brunellesco. Posevi amore il rinomato
scultore Benedetto da Maiano, e la coltivò con molta sua lode,
siccome può vedersi per gli armadj della sacristia della catte-
drale fiorentina, che sono bellissimi; e per le porte di una sala
del Palazzo Vecchio, ove di legni commessi fece una figura di
Dante Alighieri, ed una di Francesco Petrarca; per tacere di
quello stupendo lavoro ricordato dal Vasari, che lo stesso artefice
inviò in Ungheria a Mattia Corvino (1). Ma i Toscani, come quelli
(1) Vasari, F'ita di Benedetto da Maiano,
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UBRO HI. GAP. XIII. 249
che erano occupali in arti assai più nobili e darature,ladciarono la
tarsia ai Veneti, che la portarono a rarissima perfezione. Padora,
Venezia y Trevigi, Verona, si abbellirono di opere stupende di
commesso, dovute in gran parte a tre monaci Olivetani, il più
cdebre dei quali è fra Giovanni da Verona. E questo proverà
sempre il merito suo, che volendo il Sommo Pontefice Giulio II
adomare con siffatti lavori le porte e ì sedili del palazzo Vati-
cano, invitato a Roma fra Giovanni, gli fece con disegno di Raf-
faello eseguire tutta quell'opera,onde egli trasse bellissima lode(l].
E invero, chi non lo predicherà sommo in quest'arte dopo veduti
i postergali del còro nella cattedrale di Siena ivi trasportati da
Uont' Olivete? Tutto ciò che possa la tarsia nel genere di pro-
spettiva, vi si ammira eseguito con una bellezza di disegno^ con
una verità ed una diligenza meravigliose. Potrei citare altresì
molti altri artefici italiani, i quali operarono egregiamente nei
cori delle certose di Pavia e dì Bologna; in quello di S. France-
sco di Assisi (2), e segnatamente in quello della cattedrale dì Città
di Castello, le tarsie del quale si credono in parte eseguite
con i disegni di Raffaellino dal Colle (3). Ma come sono, quasi
direi, infiniti in Italia i lavori di que^a sorte, per non dilun-
(1) Vasari, Introduiionef cap. XXXI, e f^ita di RaJUaelìo di Ur-
lino,
(2) Il coro di S. Francesco di Assisi è opera di Domenico Indovini
da Sanseverino, del quale ponno vedersi le notizie presso il eh. Amico
Ricci, Memorie degli Artisti della Marca d^ Ancona, voi. I, pag 234.
(3) Fu eseguito da diversi' artefici in diversi tempi, come prova il
eh. cav. Giacomo Mawcjmi. Vedi Istruzione Storico-Pittorica di Città di
Castello, un voi. In-S. pag. 24.
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350 MEMORIE
garmi soverchiamente, dirò che tutti coloro ì quali presero a col-
tivare questo grazioso genere di scultura (e come tale meritò
aver luogo nella storia del conte Cicognara (1)), o si attennero a
sole opere di prospettiva, come più facili a produrre una grata
illusione, e allora fa di mestieri che tutti riconoscano sovrano
maestro di quest' arte frate Giovanni da Monte Olivete; o pre-
sero a ritrarre storie e figure, e allora è d' uopo confessare che
ninno ebbe mai vinto fra Damiano da Bergamo, come quegli
che non pure era dilìgentissimo nella esecuzione, ma sapendo
tingere a maraviglia con diversi colori i legni dei quali dovea
giovarsi nelle sue storie, sollevò la tarsia al merito della pittura.
I primi anni della vita di questo artefice sono dalle più fitte
tenebre ricoperti, e noi ne ignoriamo tuttavia l' anno della na-
scita, i genitori, la condizione; rimastoci solamente il nome ddla
patria, per Fuso invalso presso i religiosi Mendicanti, nei primi
due secoli della loro istituzione, di denominarsi, non già dalla Si-
miglia, ma dal luogo del nascimento. 11 conte Tassi, che scrisse
a lungo intomo gli artefici bergamaschi, confessa essere stato
deluso nelle sue ricerche ; sebbene, è d' uopo il dirlo, non fossero
troppo accurate. Segna per semplice conghiettura i natali di fra
Damiano nei primi del 1500, al che non possiamo assentire, tro-
vandosi nel 1527 già celebralissimo nel magistero delle tarsie. 11
perchè stimo più simile al vero collocarne il nascimoito nel 1490
0 in quel tomo. All' anonimo autore della Notizia di opere del
disegno della prima metà del secolo XVI, pubblicata dal dotto
Morelli bibliotecario della Marciana in Venezia, andiamo dd>i-
tori di una molto rilevante scoperta, per la quale a viene a co-
(1) Storia della Scultura, voi. V, Ub. V, pag. 524.
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LIBRO ni. GAP. XIII. 251
noflcere m parte il maestro dì fra Damìaiio nei labori dèlia tar^
sia. Ricordando egli pertanto akone eccellenti opere di arte in
Bergamo nella chiesa di S. Domenico, soggiunge: In la cap-
pella maggiore li banchi de tarsia ton de man de fra Damian Ber-
gamaeco converso in S. Domenegho, che fu discepolo di fra
Schiavon in Venezia, li disegni de le dette tarsie furono de mano de
Troxo de Monza e de Bernardo da Trevi, del Bramantino e altri;
e sono istorie del Testamento vècchio e prospettive (1). Per la qnale
autorità si deduce, che fra Damiano fti discepolo di un religioso
Illirico e fecihnente domenicano; e che ad apprendere quest'arie
si recasse in Venezia ; se in queDa Tcce non voglia credersi piut-
tosto, che quel frate Schiavone cosi si appellasse, non dal luogo
dei natali, ma dal vero cognome della famiglia.
La prima Tolta che ci è dato rinvenire il nome di fra Da-
miano da Bergamo nelle antiche memorie, non è già in patria,
ma sì in Bologna, ove questo artefice passò la pia parte del viver
(1) Notizia d^ Opere di Disegno nella prima metà del teeolo XF'I,
esistenti in Padova, Cremona f Milano, Pavia, Bergamo, Crema e Ve-
netia, scritta da un Anonimo di quel tempo, pubblicata e illustrata da
D. Iacopo Morelli custode della R, Biblioteca di S. Marco di Venezia.
Bassano 1800, un voi. iii-16. Vedi pag. ISO. In Bergamo al presente non
sì ha di fra Damiano, per ciò che scrive il conte Tassi, se non i qua-
dretti dì tarràa nelle sedie del coro dei Domenicani , le quali tarsìe furono
trasportate dalla loro chiesa in S. Stefano nell'anno 1561, quando per le
nuove fortificazioni fu distrutta la chiesa antica ed il convento. Soggiunge
lo stesso biografo , che queste tarsìe sono inferiori a quelle eseguite in Bo-
logna. Vedi Vite dei PiUori, Scultori, Architetti Bergamaschi, scritte
dal conte Frahcesco M. Tassi. Un voi. in-4., pag. 62.
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252 MEMORIE
suo. In on libro dei Consigli del convento di S. Domenico di que-
st'ultima città, veduto dal conte Tassi, sotto Tanno 1518 leggevasi
la seguente partita: Ann. 1518 firater Damianus de Bergamo
homo perUis$imuSf $ingulari8$imu$ et tmicìu in f arte della tar-
siOf conversusy receptatus fuit in fiUum conventus. La data del 1518
dovrebbe essere un errore di stampa; perciocché neU'aprfle
del 1842, sendomi recato in Bologna in cerca di notizie onde
scrivere la vita di questo insigne artefice; e rinvenuto un antico
libro dei Consigli di quello stesso convento, vi lessi il seguente
ricordo, sotto il giorno 24 di ottobre deir anno 1528. Fra Da-
miano converso fu accettato per figliuolo del convento dal P. Ste^
(ano da Bologna priore^ e vocali del capitolo^ havendo prima
havuta la licenza dal Vicario deWOrdine P. fra Paolo Buttigella,
e dal Vicario Generale della Congregazione di Lombardia^ fra Do-
menico da Cortamedulo^ e daUi de/finitori di detta Congregaxiume.
Questo fra Damiano è quello che ha fatte le sedie del coro co#t
bene intagliate che è un miracolo del mondo [1}. Quindi possiamo
ragionevolmente conghiettnrare , che volendo i domenicani di
Bologna adomare d* opere d' intaglio e di commesso il proprio
coro, intesa la celebrità di questo loro confratello, lo invitassero
a quell'opera, e a meglio afTezionarlo al convento, ve lo aggre-
gassero, o come dicono, lo afBgliassero al medesimo; e invero
r anno dell' affigliazione risponde a quello in cui diede comin-
ciamento al lavoro. Che poi fosse di già grandissima l'estimazione
in cui era fra Damiano, si deduce facilmente da questo , che
sendo in quel tempo medesimo in Bologna un altro valente in-
(i) Liber Consiliorum S. Dominici Bononia. Un toI. in fol. BIS.
Comincia dall* anno 1459 —Vedi ad hunc. ano.
L
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LIBRO III. GAP. XIII. 253
tarsiatore domenicano e bolognese, denominato Antonio Asinelli,
il quale intorno il 1520 aiutaya Paolo Sacco da Cr^na nei lavori
del coro di S. Giovanni al Monte, non pertanto a lui preferi-
rono il da Bergamo.
Determinare con certezza F anno in cui quest'artefice venne
in Bologna noncièdato, ma indubitatamente vi dimorava nel1527,
e forse alcun tempo innanzi. L'opera del nuovo coroy alla quale era
stato invitato fra Damiano, non ebbe principio, come si disse, che
nel 1528; e in prima i religiosi lo richiesero di uno sperimento.
Consisteva questo in fare sette seggi con ogni possibile diligenza
e beOezza di disegno e di intaglio, a norma de' quali, quando
soddisfacessero, doveano seguitarsi gli altri. Disegnò egli prima-
mente tutta r architettura dei medesimi , cioè il corm'ciene e i
pilastrini, sotto de'qnali fece ricorrere un doppio imbasamento.
Entro gli specchi dei postergali, e dappiedi ai sedili, fece qual^
tordici stxme fra grandi e piccole, con sette teste di santi. Nel
primo seggio ritrasse la storia di un santo, che non potei cono-
scere se fosse un S. Petronio vescovo di quella città, o un S. Nic-
colò di Bari già titolare di quella chiesa. Neil' imbasamento vi
fece, in piccole figure, il sacrifizio d' Isacco, che è cosa raris^
sima. Dappiedi vi effigiò la testa di S. Giovanni Battista. Nel 2"* un
fotto della vita di S. Niccolò; nella base il battesimo di G. C;
dappiedi la testa di S. Domenico. Nel 3^ rassembrò la lapidazione
di S. Stefano protomartire; nella base Adamo ed Eva nel para-
diso terrestre; dappiedi la testa di S. Pietro. Nel 4^ ritrasse la
conversione di S. Paolo; nella base 1' adorazione dei Magi; dap-
piedi un Agnus Dei. Nel ^ la Maddalena appiedi di G. C. nel
convito del Fariseo; nella base l'Angelo che discaccia Adamo ed
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254 M E xM O R I E
Eva dal paradiso terrestre; dappiedi la testa di S. Paolo. Nel &» il
martirio di S. Caterina dalle Ruote; nella base F uccisioiie di
S. Pietro da Verona; dappiedi la testa di detto santo. Nel 7<> le
nozze di Canaan; nella base Mosè che rioere le tavole ddla
legge; dappiedi la testa di S. Alessandro.
In questo lavoro fra Damiano diede tale un saggio dd
suo valore nell' arte d' intagliare ^ commettere e tingere il
legno» da superare di lunga mano tutti qudli che innanzi a
lui avevano operato di tarsia, e tc^liere agli avvenire ogni
speranza di mai poterto raggiungere. Imperciocché, infino a
quel tempo la più parte degli artefici si erano tenuti paghi, in
opere cosi fatto, a soli lavcHÌ di prospettiva, perchè qudk ave-
vano termine di canti vivi, che commettendo insieme i pezzi
Tacevano il profilo, e pareva tutto d' un pezzo il piano dell' open
loro, sebbene fosse stato di innumerevdi parti composto : coloro
poi che impresero a tratterà la storia, non adoperarono che due
sole tìnte, il bianco cioè e lo scuro; laddove fra Damiano conobbe
il modo di tingere il legno con nuovi e diversi colori, più per-
fettomente che non avea fritto fra Giovanni di Monte Oliveto,
adoperando egli il primo, acque di solimati e d'arsenico, e olio £
zolfo (1); con l'opera dei quali giunse a colorire e lumeggiare le
sue piccole storie tento bene, che non sembrano già opera d'in-
taglio, ma si di libero e franco pennello. Nei sette postergali or
dianzi ricordati, si ammira squisita bdlezza di disegno, ricchezza
e varietà di composizione, dolcezza e perfezione d' integlio, ezian-
dio nelle più picode e minute parti; come piante, erbe, animali,
ft^i e ornamenti di fabbriche, ec. Alcune di queste storie , e se-
(1) Vasari, IntrojJur.ìone , cap. XXXI.
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LIBRO IH. GAP. XIII. aS5
gnatamente quella delle nozze di Canaan , non che il Convito del
Fariseo, sembrano bozzelli di on quadro dì Paolo Veronese; e
credo non possa vedersi opera più bella di queste, e per il modo
onde sono aggrappate e vestile le Ggure, e per la ricchezza ed
eleganza dell'architettura; ammirandosi in esse la varietà e pre-
ziosità dei marmi^nelle cotonnct nel pavimento, ed in tatto il rima-
nente dell* edificio. Vero è che i dis^ni di queste storie non sono
opera del nostro frate, al quale sola sì deve la esecuzione ; ma
noi ne loderemo il buon gusto in procurarseli ottimi, e nel va-
lersi, in Catto di architettura, di quelli ddcdebre Vignola, come
è indubitato facesse (1). A tutto ciò si aggiungano gli stupendi la-
vori di rabeschi, di ornato, d'intaglio, segnatamente quelM del
cornicione, che sono un miracolo di pazienza e di buon gusto. Se
il conte Tassi, quando fu in Bologna, avesse con diligenza mag-
giore considerata quest' op^a di fra Damiano, vi avrebbe rinve-
nute alcune notizie preziose per la cronologia della di lui vita.
Nel primo seggio adunque l'artefice segnò il suo nome in que-
sto modo : Frater Damianui de Bergamo faciebat. Nella storia
del Convito del Fariseo, vedesi pendere dal mezzo ddla volta del-
l'edificio un cartellino raccomandato a sottilissimo filo, nel quale
si legge l'anno 1528, che è quello in cui l'intagliatore diede co-
minciamento al lavoro. Dappiedi al pritno seggio, ove è la testa
di S. Giovanni Battista, è segnato l'anno 1530, in cui terminò il
detto sperimento; che è a dire, nel periodo di soli due anni. Ciò
(i) Narra Florent Le Conte » che sendo in Bologna il celebre archi-
tetto Giacomo Baroxio da Vignola , questi fece alcuni di&egni per Messcr
Francesco Guicciardini, lo storico, allora governatore di quella città, il
quale datili a fra Damiano, li fece eseguire con opera di commesso.
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256 MEMORIE
leggesi chiaramente neU^altìmo stallo, appiedi del quale avendo
flgurato un libro aperto, vi scrisse: Inehoatumhoc opus atttptms
R. P. F. Stephani Futcararif eoque GU. Vie."* feìiciier expìeium
anno MDXXX. Fra gli ornamenti di un pilastrino sta scritto,
Frater Damianui de Bergamo^ e in un altro Fraier Siepk
Fot. Nella base poi di un altro pilastrino, si legge : TRE.
K. IPEro'CORONABÀTUR (quo tempore Karohu imperator
coronabatur). E veramente in queir anno 1590, alti 24 feb-
braio, Carlo y imperatore cingeva in Bologna , per le mani di
Gemente VII, la corona imperiale. Sendo questo fatto stretta-
mente legato alla storia del nostro artefice, ci è mestieri spen-
dervi alcune brevi parole.
^ Era tuttavia lacrimabile V aspetto di Roma, che le armi im-
periali avevano contaminata di sangue, di nefandezze e di rapina;
il Pontefice, per Tonta e p^ lo danno, smarrito; l'Italia dalle
continue guerre diserta; Bologna stessa da crudelissima fame
travagliata (1). In tanta cagione di lutto, in tanta universale de-
solazione, r imperatore giungeva in Bologna per cingervi la co-
rona imperiale. Precedevalo Clemente VII Pontefice Massimo;
(1) In quella dolorosa occorrenza sì parve quanta carità albergasie nel
petto del P. Sebastiano Foscarari priore dei Frati Predicatori , il quale renduta
una possessione del convento, e portati gli argenti della chiesa alla zecca
di Bologna, fattone coniare moneta sopperì in parte ai gravi bisogni della
patria. Rimangono tuttavia alcune di queste monete le quali da un lato
hanno lo stemma dell' Ordine , e dall* altro quello della Città , con l' iscri-
xione seguente: Ex collato aere de rebus sacris et prophanù in ttgeiw-
rum tubUdìum. MDXXIX* Bononia, Nel rovescio .* Rei frumentarim co»
genie inopia. •
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LIBRO IH. CAP. XIll. 257
seguivalo 1* innumereYole turba dei prÌDcipi italiani e aleman-
ni ; e quelle stesse truppe che avevano spietatamente saccheggiata
la santa citt^, ornavano il trionfo di Cesare. Nel giorno cinque
novembre del 1529, Carlo V si appresentava al cospetto di Cle-
mente ; e al primo ragguardarsi in viso , dicesi che per poco
impallidissero entrambi. Cesare allora solennemente dichiarò,
al cospetto della moltitudine, che senza ordine suo Carlo di Bor-
bone aveva commessa tanta scelleratezza a danno e sfregio di
Sua Santità, e della veneranda religione di Cristo.... non aver
^li dato giammai un ordine cosi barbaro e funesto; sentirne
profondo dolore, e averlo con pubblici segni manifestato; ed
esser pronto a far palese a tutto V universo quanta fosse la ri-
verenza che ei nutriva per il Vicario di Cristo. Se papa Cle-
mente prestasse fede a queste parole, non so; certo si abbrac-
ciarono; ed evvi chi scrive che da quell'abbraccio fermaronsi
i miserandi fati della Fiorentina repubblica!
Di mezzo ai lieti festeggiamenti, Carlo e «Clemente non isde-
gnarono prender diletto delle Arti che, a solennizzare quel me-
morabile avvenimento, faceano pompa di maravi^ìose bellezze.
Bravi allora in Bologna il Tiziano, Alfonso Lombardi, il Bagna-
cavallo, Giacomo Francia, quel tristo di Amico Aspertini, ed
altri moltissimi. Chiese il Pontefice della celebre scultrice
Properzia de' Rossi, e fugli risposto che in quei giorni me-
desimi r infelice avea chiusa la sua carriera mortale; la
qual nuova assai dolse al Pontefice. Nel giorno 5 dicembre del-
l' anno 1529 1' imperatore recossi a venerare il sepolcro del
P. S. Domenico; e dopo avere considerati i molti e rarissimi capo
lavori delle arti italiane, onde vagamente si adorna la chiesa
n. 17
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258 MEMORIE
del santo Fondatore, fermossl meravigliato nauti le tarsìe di fra
Damiano da Bergamo. Né potendo egli credere qoelie storie
eseguite di legni commessi, ma dubitando in queDa vece fossero di-
pinte sull'asse, a meglio chiarirsene, sfoderato lo stocco, scatti
e tolse alcune parti del lavoro; le quali in memoria del fotlo
non furono più restitnite (!]. Preso da fortissima ammirazìoiie,
dopo che ebbe cìnta la corona imperiale ToDe di bel nuovo e
più accuratamente disaminare Topera del tràìie domenicano, e
conoscere il modo da lui tenuto in eseguire quegli stupencfi lavori.
Il giorno 7 di marzo delFanno 1530, pertanto Cesare
tolto seco Alfonso d' Este duca di Ferrara, e alcuni principi della
sua corte, si portò al convento dei frati Predicatori (2); e andando
difilato alla povera cella di fra Damiano, picchiò all' oscie on-
d'essere introdotto. Il frate avendo aperto e conceduto Vm-
gresso al solo imperatore, prestamente il richiuse. Fermate, (fisse
l'imperatore; è quegli 11 doca di Ferrara che mi sicgne.— Co-
nosco costui, rispose fra Damiano; per ciò appunto ei non avrà
mai accesso in mia cella. — E che? ripigliò Carlo V, avete forse
onde dolervi di lui?— Udite, Maestà, soggiunse il laico: dovea io
dì Bergamo recarmi in Bologna per imprendere Fopiera di questo
coro; avca meco questi ferri che qui vedete, pochi nel numero,
e necessari al lavoro, onde mi studio giovare aBte Arti, e
spendere degnamente la vita. Toccato appena il confine del fer-
rarese, non pure si volle che io, povero frate, pagassi un prave
(i) Tassi, f^ita di fra Damiano da Bergamo,
(2) Il Pontefice e l'Imperatore avevano mmniì assìememente ascoltata
la sanra Mesia nella chiesa di S. Domemco, nella cappella dì S. Tr.mmaso ài
Aquino, del quale in quel giorno ricorreva la solennità.
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LIBRO HI. GAP. Xlll. 259
ed iDgiusto bakello; ma il modo ne fa al tulio viUaBo: ora dac-
ché quel daca comporta bei suoi stati simili ribalderie, beo è
dotere che egli non feda quest'opera che toì Tedete. Questo
tratto di independenza dorette s^nbrare molto nuovo a Carlo V,
oso a non rioyeaire che vilissimi adulatori; pure sorrìdendo,
si {nrofferse di ottenergli dal dsca Alfiraiso ogni più ampia
satisfazione. Escito di cella, e narrati all'Estense i motiTì
della collera di fra Damiano, il duca non pure promise rl^
storarlo del sofferto danno, ma gli concedette eziandio patenti
pa* le quali così esso che i suoi allievi, transitando nel ferrarese,
fossero francati per sempre da qualsivoglia dazio e gabeUa.
Quindi, non senza gioconde risa, entrarono tutti nella cella di
fra Damiano, il quale a ftor loro conoscere che le sue storie di
commesso non erano, siccome dubitavano, dipinte ed pennello
sutt' asse, tolto un piallettino, passdlo con forza sopra le mexte-
sime; e mortrò come i colori fossero ivi rimasti m tutta la loro
integrità e bellezza. Quindi offerì m dono all' imperatore una
storia vaghissima della Crocifissione, ed un'altra al duca di
Ferrara, che molto l' ebbero cara (1).
Dal Convento di 8. Domenico di Bologna il pensiero facil-
mente si trasporta a quello di S. Giusto nella Spagna. Quante
volte Carlo V nella sua solitudine si sarà rammentato di questo
colloquio con fra Damiano!
(1) Gaktaiio GiORDARi, Della venula e dimora in Bologna del Somhio
Pontefice Clemente VII pet la C.oronatióne di Carh V imperatore.
\)n Volttme ìn-8. Bologna 1842, ptg. 163. Vedi anche il Mcllohi » Alti e
Memorie degli Uomini Illustri in santità, Voi. IH. yi/a del B. Gio'
corno d* Vlma, pag. 271 in nota.
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260 MEMORIE
Continuandoci alla vita del nostro arteflce, ornai chianti
i religiosi Domenicani del merito rarissimo dì questo intar-
siatore, per il saggio dei sette stalli già ultimati, gti diedero
ordine di compiere nel modo stesso il rimanente del coro.
Il conte Tassi accenna assai brevemente quest'opera, tace
r anno in cui ebbe cominciamento, e solo avverte, che dal li-
bro dei Consigli di detfo c«>nvento si deduce, come nel 1534
fu fatta una ringhiera all'arca di S. Domenico, ed un pal-
pito nella chiesa (1). Ecco il tutto. Avendo noi avuta la sorte
di rinvenire gli antichi libri della fabbrica della chiesa e del
convento medesimo, ove sono copiose notizie delle opere dì fra
Damiano, ci studieremo favellarne con ogni possibile diligenza.
Tre opere grandissime sembra che simultaneamente fossero
affidate a questo artefice. Una Spalliera (cosi trovasi denomi-
nata ], cioè a dire, alcuni grandi armadj da collocarsi neDa cap-
pella di S. Domenico per chiudervi i vasi sacri e i paramenti ad
uso del culto; un palpito nella chiesa; e il proseguimento del
coro. Questa moltitudine di lavori abbisognava dell' aiuto di più
braccia. £ veramaite fino dall' anno 1529 era stato posto ai servigi
di fra Damiano un certo Zanetto da Bergamo; e nel 1530, un Fran-
cesco di Lorenzo Zambelli, per anni quattro, con «afono come era
solito tre anni fa prima che tornasse a Bergamo (2). Da ciò si
(i) Tassi, Ioc. clt. pag. 61.
(2) Annali del convento di S. Domenico di Bologna, MS. ab anno
MD. Fabbrica del Coro — 1tf29, pag. 808,1eggesì: il primo atoede con fra
Damiano un anno solo, ed il secondo' tutti <faattro. Per sinnl guisa, nel
Giornale del 1544, alla pag. 238, notasi, che si concede possa rimanere
per »nnì sei ad imparar l* arte da fra Damiano, certo Bernardino figlio di
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LIBRO IH. CAP. XIII. 261
deduce che fino dal 1527 fra I^amìano fosse in Bologna, ed avesse
seco il detto Zambelli. Un' altra notìzia ci somministra il Gior-
nale della chiesa; ed è, che trovansi dati scudi sei aUo stesso
Zambelli, danaro di fra Damiano suo Maestro^ che dice aver
avuto dai Monaci di S. Cfio. di Parma per giudizio che diede
al loro coro. Per le quali parole ci è manifesto che il nostro
converso intarsiatore fosse chiamato in Parma a porgere giudì-
zio di un'opera di molta rilevanza; e ciò ne dice la estimazione
in cui era tenuto in altre città delT Italia. Di quel fra Antonio
Assinelli, che il Masini scrive aiutasse fra Damiano nei lavori
del coro di S. Domenico, e che operasse in quelli di S. Michele in
Bosco, non rinvenni alcuna notizia. È ricordato però nelle an-
tiche carte un altro valentissimo intarsiatore domenicano, allievo
certamente del Da Bergamo, ed ignorato da tutti. Appella vasi
frate. Bernardino, era ugualmente converso, e dicesi dissipulo di
fra Damiano. Di questo frate Bernardino è quella bellissima
porta che dalla chiesa mette nella sacristia. Ci è rimasto tuttavia
un elenco di spese occorse per la medesima, scritto da un certo
fra Lodovico Archista, o vogliamo dire , custode dell' Arca del
P. S. Domenico. Comincia li 6 giugno 1532, e fra le varie spese
trovasi quella pei disegni fatti eseguire da un pittore; e si ricorda
segnatamente quello di una Vergine Annunziata. Venne ultimata
e collocata al suo luogo nel giorno 21 giugno 1533 (1). Questa
Gìo. Batta , maestro di Menacordi. Vedi anche il Libro dell* Arca di
S. Domenico, fol. 303. (Ambedue questi MSS. sono nell* Archivio pubi,
del Demanio. )
(1) Alcune tiotifiie intomo fra Damiano mi sono state graziosamente
favorite dal eh. sig. Vincenzo Vannini bolognese.
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262 MEMORIE
porta ha due sole storie» non che alcuni lavori di prospettifa,
ed è eseguita in ogni sua parte tanto maestrevofaneiite, che si
stimerebbe opera dì fra Damiano. Ma per ciò che spetta a qni&-
st' ultimo, diede egli cominciamento in prima ai lavori degli
armadj intomo V Arca di S. Domenico, ai 13 dicembre 1530.
Ne segnò con ogni accuratesza tutte le spese lo stesso fra Lodo-
vico (1); e nel principio si legge quella per i disegni di tulio il
lavoro; e dappiedi del giornale, scrive lo stesso Archisia, che
questi disegni furono procurati da fra Leandro, che è l' Alberti,
celebre scrittore di quel convento, il quale con magnifiche lodi
rammenta in pKi luoghi delle sue opere la virtù di fra Da-
miano (2). Questa Spalliera^ o Armadio, ebbe il suo termine
(1) Libro dell* Arca dì S, Domenico, pag. 310. Ne pì«oe riportare
la dicbiarMÌone del detto ArchistA sul conto di qucst' oper» di fra Datmano.
Questa ai t la tpesa quale io fra Lodovico ArehUta ho faUo per Ut te-
iera quale ha fatto Jra Damiano da Bergamo oonvMreo, homo in fM«il«
arte unico al mondo a tempi nostri, quale ha usato questa atlucia con
mi per cavarmi quattrini assai dalle mani; mai me ha detto che /acessi
di bisogno pagare quattro lire ^ ne uno scudo, ne quaranta bologninif o
mezzo scudo, ma sempre usava simili termini: credete fra Lodovico mio^
solamente è necessario al presente comprare carta , over altre cose , * piit
non vi darò impazzo ^ et con sue dnlce parolette me ha cavato dalle mani
tutta questa somma ec- ec.
•/8) Descrizione di tutta Italia ec, pag. 366. Frate Damiano con-
verso delV Ordine dei Predicatori è stato huomo di tanto ingegno quanto
si ^ia ritrovato insino ad hora al mondo ( che si sappia ) in eotnettere le-
gni insieme j con tanto artificio ^ che paiono pitture fatte col pennello ^
come chiaramente si può veder ncìV opere dn Ini fatte nella sua patriti
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Gòogle
LIBRO III. CAP, XUI. 263
Del gKHno 19 aprile dell'anno 1534.; cioè nello spazio di
circa tre anni e mezzo. Eziandio questo lavoro di poco ec-
cede in lunghezza i sette stalli che abbiamo già descritti.
Venne» non so quando, dalla chiesa trasportato nella sacristia,
e serre all'uso di chiudere i paramenti sacri. Sono quat-
tro armadi a destra , e quattro alla ministra; in ognuno dei
quali sono otto storie, quattro nella parte superiore, e altret-
tante ndla inferiore. I superiori sono fatti dall' antico Testa-
mento; gli inferiori sono storie ddla vita del P. S. Domenico.
Nel primo a manca si legge: Fratris Damiani Bergwnensis opm
insigne, E veramente ò questo uno dei più perfetti lavori del*no-
stro intarsiatore, e f&r bellezza di disegno e squisita esecuzione,
non cede punto ai seggi eseguili dallo stesso nel 1528 (1).
Non per anche era del tutto compiuta l'opera di questi arma-
dj, che i religiosi del convento, nel giorno 12 aprile del 1534, si
raccoglievano a consiglio p^ deliberare su i lavori che restavano
a farsi per la continuazione del coro. In questa adunanza furono
proposti tre quesiti. 1^ Se si dovesse proseguire il nuovo coro
del quale, oltre i sette stalli che or sono da cima, ne erano di
già stati esegniti altri due. 2° Se quei giovani secolari chiamati
in aiuto di fra Damiano, si dovessero ten^e tuttavia in suo ser-
nella chiesa di S. Domenico , et nella città di Bologna , et in più luo-
già di Europa ove sono state portate le sue eccellenti opere ec. ec.
(1) L' Arcfaista fìra Lodovico chiade il suo giornale nei termini* se-
guenti*. Explicit el fastidio di fra Damiano per pagare come appare di
sopra, et incipit el fastidio de'seculari et de religiosi per causa di vedere
questa spallerà : el citi vuole sapere come sia fatta il dimanda al P. fra
Leandro nostro (che) glia speso di buoni scudi in fare i disegni.
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mk MEMORIE
vigio. 3** Se in luogo dei medesimi non stimassero i Padri più
opportuno valersi dell' opera di alcaoi laici del convento, o faiiì
venire da altrove. Per siffatta guisa si sarebbero ammaestrati in
quesl' arte altri giovani religiosi con loro profitto e dell' Ordine.
I Padri con unanime deliberazione rispondevano: cbe considerate
le spese gravissime importatejdai già fatti lavori, nofrratnjMRipfr-
totem deformantihus y non {solamente non se ne dovessero im-
prendere dei nuovi, ma né eziandio proseguire quelli del coro;
e che con la Spaliera^ già prossima al suo termine, si volevano
compiute tutte le opere di fra Damiano. Al secondo quesito ri-
spondevano, che tosto decorso il tempo per il quale Francesco
Zambelli si era obbligato, si licenziasse, né altri subentrasse in
sua vece. Al terzo, che non dovendosi imprendere più alcun
lavoro, non era necessario aum^itare il novero dei conversi, ma
che fra Damiano, il Zambelli, e i due conversi che in quel
mentre lo aiutavano, soli dovessero ultimare quanto ancora
rimaneva a farsi (1).
Per questa deliberazione si indugiò altri sette anni a ripren-
dere i lavori del coro. Sotto 1' anno 1535, si legge nei libri del
convento, come a tra Damiano fosse tolto il locale a lui conce-
duto per uso della sua professione, concedendogliene in quella
vece un altro per lo scopo medesimo. Nel 1536, siccome scrive
il conte Tassi, fra Damiano otteneva dal Sommo Pontefice
Paolo III un Breve, in data degli otto settembre, per il quale si
(1) Questi due conver» che aiutavano fra Damiano , dovrebbero es-
sere quel frate Bernardino , del quale altrove si è parlato, e un certo fra
Antonio da Lunigiana, indubitatamente discepolo dell* intarsiatore Bergamasco.
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LIBRO UI. GAP. Xm. 365
confeUnavano tutte le indolgenze che Clemente VII, sendo in
Bologna 9 areva concedute alla cappella del P. S. Domenico dì
quella città (1).
Il consiglio preso dai Padri del convento di far cessare tutte
le opere di fra Damiano non durò lungamente; conciossiachè nd
Giornale dell' Archista fra Lodovico si rinviene una memoria» la
quale narra come net 1537 fosse dai medesimi ingiunto al nostro
intarsiatore di proseguire i lavori del pulpito, e dar principio a
quelli della porta del coro. Cosi queMo che questa più non,
esistono, e si ignora che ne avvenisse. Lo sterminato lavoro del
coro non venne intrapreso che cinque anni dopo. Ma innanzi
vogliamo accennare un' opera assai piccola, ma non meno pre-
gevole, eseguita dal nostro artefice alcuni anni prima.
I monaci Benedettini di Perugia, intesi ad abbellire il loro
tempio con ogni maniera di arti (e veramente pochi in Italia gli
Tanno innanzi per questo pregio j, avevano divisato di fare ese-
guire un magnifico coro con V opera dei più valenti intagliatori
ed intarsiatori di quel secolo. Diceai ne ottenessero da RaCEaello
di Urbino il disegno; e al certo egli è tale, che giammai vidi, né
yedrò cosa più rara di quella; tanta è l'eleganza, la varietà, la
ricchezza del lavoro, che come meraviglia dell' arte si viene di
presente illustrando e incidendo per le sollecitudini del Rev"»» Ab.
(1) E verosimile che in quella occorrenza fra Damiano offerisse allo
stesso Pontefice Paolo III Una cappellelta con V Ancona dell'altare, simile
ad urC altra fatta per Enrico li re di Francia, ambedue eseguite con legni
commesii, e delle quali ragiona Lbawdro Alberti. V. Descrizione delV Italia,
pag. 366. a tergo.
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266 , M B MO A I B
Bini, reUgìoso di quello stesso insigne monastero di S. Pietro (1).
Chi fosse r artefice che tanto maestrevolmente esegai un si stu-
pendo lavoro d^ intaglio, si trova ricordato dagli scrittori Peru-
gini e dal conte Tassi, col nome di maestro Stefano da Bergamo;
ma credo che universalmente si ignori che questo Stefano da
Bergamo fbsse fratello di fra Damiano. U nome, la patria, r età,
la professione ( poiché fra Damiano aveva un fratello appellato
Stefano ed intagliatore), tutto concorre a persuadercene. Doven-
dosi fare una porta al detto ooro^ ornata di commesso^ sembra
che maestro Stefano offerisse l'opera del fratello domenicano, e
a lui venne tosto affidata. Vi fece egli pertanto nelle due im-
poste, due storie e due teste di Santi: cioè ndla parte snperioie,
una Vergine Annunziata dall' Angelo, e la figlia dì Faraone che
campa il pargoletto Mosè dalle acque del Nilo; e ndla inferiore,
la testa di S. Pietro e quella di S. Paolo, che sono refdica dì
quelle eseguite nel coro di S. Domenico di Bologna. Questo la-
voro gli venne fatto assai bene e con grandissima diligenza; mi
al presente è molto danneggiata Dicesi che fra Damiano lo ese-
guisse nel 1535, e ne avesse 120 scudi di mercede.
Ma egli è omai tempo che prendiamo a favellare dell'opera
più importante di questo celebre intarsiatore, nella quale spese
il rimanente della sua sua vita, vuo'dire il coro di S. Domenico.
Manderemo innanzi alcune notizie storiche, e quìpdi passeremo
a descriverlo.
Che il coro sopraccitato avesse cominciamento l'anno 1541»
chiaro apparisce da questa cifra che leggesi nel primo seggio,
MXLl (leggi MDXLl ). In un libro di spese della chiesa medesima,
(1) Dalla Tipografia di Crispino Puccinelli in Roma 1845.
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LIBRO HI. GAP. XIU. ^7
sotto r anno 1544, si trova la importante notizia, che maestro
Stefano da Bergamo, fratello di fra Damiano, si dava in aiuto al
medesimo per i lavori del coro, per ordine del P. priore F. Ste-
fano da Bologna (1); e che questo maestro Stefano avea seco per
garzone on certo Zampiero da Padova* Ambedue avevano stanza
in convento, erano spesati di tutto, e avevano di mercede scudi
sei e mezzo d' oro fra l' uno e l'altro. Soggiunge la memoria,
che cominciarono a lavorare nel giorno 26 aprile 1544, e prose-
gohrono fino a tutto il S4 agosto di quello stesso anno. Nd
giorno 25 partirono ambedue, forse invitati altrove per alcun
sollecito lavoro, ma nel 24 settembre già erano di ritomo, e ri-
pigliavano r opera del coro. Per quanto tempo maestro Stefano
aiutasse il fratello, non è ricordato. Avvertoho però le memorie
sopraccitate, come nell' ultimo pagamento, maestro Stefano in
luogo di scudi sei e mezzo, come erasi convenuto, ne ^dàd sette
e mezzo, dicendo che innanzi di venbe a Bologna fra Damiano
gli avea fatto scrivere che tanti ne avrebbe ricevuti. Per cessar
(1) Libro delU èpent JaUe per la chiesa di S. Domenico di Boto-
la, S€sn. con lett. F. G. H. N. 5. (Archivio pubi, del Demanio), pag. 58^
«ODO 1544. Ricordo come maestro Stepliano da Bergamo J rateilo de fra
Damiano se accordato cum mi fra Stephano da Bologna Priore del con-
vento e con fra Damiano sop. sto. (iul proposito) de lavorare al nostro
choro con un garzone chiamato Zampiero da Padua per salario de à
(scudi) sei e mezzo doro per messo et a rosone de messo tenendoli in
convento et Jacendole le spese de ogni cosa pel lor vivere.,., comenzorno
a di ^^ de aprile 11544 , nel qual zorno comenzorno a lavorare. Et cossi
siamo liccordali. jimno lavorato infino a di ^ d. jégosto et si partirono
adi 2o seguente; re.
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268 MEMORIE
le quislioni, gli venne dato quanto chiederà, e si parti. Qaai la-
vori siano dovuti a questo rarissimo arteGce, non ci è noto; ma
con tutta ragione possiamo credere che opera sua siano nella
più parte gli intagli del coro, e segnatamente il Lavoro stupendo
del cornicione, nel quale non ben sai che più debba ammirare, il
disegno vario, ricco ed elegante, o la dih'gentissima esecuzione [ì).
Frattanto il buon laico domenicano, aiutato verosimilmente dai
frati Bernardino , Antonio Asinelli , e Antonio da Lunigiana,
proseguiva V intrapreso lavoro. Nel seggio XIX scrisse r anno
1542; e finalmente nel cornicione sopra V ultimo seggio del
Iato destro è a chiare note scritto: 1550 Fr. Damianus Bergo-
menàis Ord. Praedic. fecU (2).
Dopo le quali notizie, ci faremo a parlare del merito di
tutto il lavoro. V attuai coro della chiesa di S. Domenico di Bo-
logna novera nella sua lunghezza 28 seggi superiori per parte; ed
altri 28 inferiori, cioè in tutto ben 112, de'quali però è istoriata
(1) Fra le altre cose, è mirabile in questo cornicione T iscriùone la-
tina che yì è apposta per tutta la sua lunghezza ; ogni lettera della quale,
di cubitale grandes&a, offre gruppi di angioletti vagamente schenanti io-
tomo la stessa, tanti nel numero, e tanto ben fatti, che non paò Tedeni
cosa più bella.
(2) Questa iscritione vi fu indubitatamente apposta alcuni mesi dopo,
perciocché fra Damiano in quell'anno era già morto. Il conte Tassi scrive
di aver rinvenuto nell* archivio del conv. di S. Domenico di Bologna la
seguente notiaia delPanno 1»(50. Completai cliorus mirabilis Ecclesia no-
stra opere, ut vulgo dicuntf tarsilo ex ligno^ opera fratria Damiani con-
versi Bergomensisy Jilii monasterii nostri , qui et preshiterium et pulpitam
cum la Spalerà delV Arca simili j>per e effinxerat.
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LIBRO III. GAP. XIII. 269
la sola parte superiore. Nella destra parte ritrasse la storia
del Nuovo Testamento; nella sinistra quella dell' Antico. In que-
sta scAo: la creazione del mondo; Adamo ed Eva discacciati dal
Paradiso; la morte di Abele; il diluvio; il sacrifizio di Melchise-
decco; Abramo in atto di adorare i tre Angioli; il sacrifizio
d'Isacco; la rendita di Giuseppe; il trionfo dello stesso; il Ro-
veto ardente; Mosè che intima a Faraone di lasciar partire il
popolo ebreo ; il mangiare dell' Agnello pasquale ; il passaggio
del mar rosso ; la caduta della manna ; Mosè che percuote la
pietra; lo stesso orante sul monte; lo stesso sul Sina nell'atto di
ricevere le tavole della legge; l' Arca, ed il fiorire della verga
di Aronne; il serpente di bronzo innalzato nel deserto a salvezza
del popolo; Sansone che atterra il tempio de' Filistei; Davide
che uccide Golia; la disfatta de' Filistei; Davide danzante in-
nanzi l'Arca del Testamento; la regina Saba innanzi a Salo-
' mone: Giobbe; Tobia che risana il padre dalla cecità; Giuditta
che uccide Oloferne; e da ultimo la storia dei tre fanciulli nella
fornace di Babilonia, siccome è descritta nel libro di Daniele. In
tutto sono N** 28.
Questo primo braccio del coro domenicano, nella esecuzione
non pure, ma nel disegno eziandio, è di molto inferiore ai sette
specchi di fronte, ed alla parte opposta, perciocché il nudo vi é
assai debolmente dintomato; il piegare dei panni è trito e secco;
le estremità non bene indicate; il paese, le fabbriche, troppo re-
mote dalla perfezione delle altre cose di fra Damiano; ed io sono di
avviso, che se veramente questa parte è contemporanea a quella
di fronte, del che dubito forte, fra Damiano solo dirigesse il la-
voro, ma non lo eseguisse, o al più in alcuna parte soltanto. E va-
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870 MEMORIE
glia il vero, ore nei teggi éì fronte ed in quelli del lato opposto
yì è ad ogni tratto e in luogo assai palese ripetato il nome di
fra Damiano» e Fanno in cui esegui il lavoro, in questa sinistra
parte non vi è mai ricordato. Il perchè sarebbe assai ragio-
nevole la congettura, che questo celebre iirtarsialore facesse hA-
tanto la parte destra; e che seodo stato nei tempi posteriori
trasfmto il coro dalla nave di mezxo della chiesa nel raso am-
plissimo ove si trova al presente, non bastando i seggi a quda
sterminata lungliezza, dovessero fame eseguire quasi altrettanti
per mano di ignoto, e forse discepolo dello stesso Damiano (1).
Certo, ella è troppo palese la differenza dei due bracci del coro
suddetto , nd abbisogna di molto stadio a ranisare le due di-
verse mani che eseguirono quel lavora
Prendendo a ragionare del braccio destro, opera indubita-
bilmente di fra Damiano, esso oBro le storie seguenti: L'Aih
nunziazione della B. V.; la Visitazione di S. Elisabetta; la Nati-
ci) tm mia cgngettura ai convalida per U segaeoti Botìzi«. Nei libri
dei Consigli del conv. di S. Domenico di Bologne tolto V sano 1603 ^àì
19 mano $i legge: Fra Giuse/fo Pasqualini da Bologna converso fu **-
stilo dal P. Letlore Paolo da Capriata^ ec. ec. eolle elemosine che rac-
coglieva dai nobili e ciliadìni fece finire il coro che non era ne anche
mezzo. Nel libro medesimo si legge una deliberazione dei Padri sotto il
giorno 5 luglio 1605, nella quale si disamina e si approva di concedere
ad un patrizio bolognese , ivi non nominato , la facoltà di fabbricarsi una
cappella prò trasferendo choro; e nel 1621, sotto il giorno 23 giugno, si
defibera se per ultimare la fabbrica del coro ianditt ineoatam et nondum
eoopertam , si debba prender* a cetiso la somnaa di scadi 50a, il rhr
v«mie ugvaknefite approvato.
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LIBRO IIL GAP. XIII. 271
vita dì G. C; la Preseotazione al tempio; V Adorazione dei Magi;
la Parificazione ddla Vergine; la Strage degli Innocenti; la Di-
sputa di 6. C. con i dottori; il Battesimo di G. C; lo stesso ten*
tato nel deserto; la Trasfigurazione sul Tabor; G. G. che guarisce
gl'infermi; la Moltiplicazione dei pani; la Resurrezione di Laz-
zaro; l'Ingresso trionfale di G. C. in Gerusalemme; lo stesso che
discaccia i profanatori dal tempio; V ultima Cena di Cristo con
gli Apostoli; G. C che laya i piedi ai medesimi; Cristo orante
néll' orto degli Ulivi; la Flagellazione; la Coronazione di spine;
la Crocifissione; G. C. che discende al Limbo dei Padri; la Hi»-
surrezione; T Ascensione al cielo, e la discesa deDo Spìrito Santo
nel Cenacola
Noi 9 ad oggetto di non dilungarci sorerchiamente, non ci
faremo a noverare tutti i pregi e le bellezze onde splende cfae-
sta destra parte del coro bolognese; solo avvertiremo che per
correzirae di disegno, ricca e variata composizione, dolcezza
d' intaglio, e diligentissima esecuzione, non cede punto ai primi
seggi eseguiti dal 1538 al 1590.
In ciò che spetta aDa architettara di queste storie, appare
manifestamente disegnata da un valente architetto; e già si disse
che di alcune Cmiisse i disegni il celebre Barozio da Vignola. Per
simil guisa stimo che di un valente pittore siano quelli delle figure,
tanto correttmente vi è dintornato il nudo, piegati i panni,
dbposti gruppi delle figore. Mirabile è un paese eseguito neOa
storia del batteshno di G. C.,nd quale, superate tutte le diffi-
coltà della materia, ti appare morbido, sfumato, diiigentissimo.
L' ultima Cena di G. C« con i discepoli ti rammenta il meravi-
glioso Cenacolo di Leonardo alle Grazie. A contraffare la varietà
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272 MEMORIE
e preziosità dei marmi, venati , macchiati in mille maniere, si
gìoTÒ molto avvertitamente delle radiche degli alberi,che offrono
simili scherzi di macchie e di vene. Ma per ciò che spetta al co-
lore onde avea saputo tingere tanto vagamente i snoi piecoli
qaadri, invano l'occhio lo cerca, che il tempo lo ha cancellato dd
tutto; e solo ne appariscono alcune tracce nei primi sette specchi
da cima; onde dubitai alcun tempo se in fuori di quelli, il rima-
nente fosse eseguito a colore, o solamente ombrato a chiaroscuro.
Ma le parole dell' Alberti, che in favellando di queste tarsìe ne
loda la bellezza e varietà del colore, debbono persuaderci che il
lungo reflesso del sole abbia ogni tinta distrutta. Avrenturosa-
mente la parte che sola noi stimiamo eseguita da fra Damiano,
trovasi benissimo conservata, né il tempo , né gli uomini , né il
tarlo, osarono offèndere tanto perfetto lavoro; ma non cosi av-
venne al braccio sinistro, ove crudelissimi sono i danni che do-
vette patire più che dal tarlo, dalla mano stessa degli uomioi;
essendosi alcuno preso il barbaro diletto di scalfire gran parie
delle figure, togliervi i legni commessi, per sostituirvi lamina di
piombo, e ciò a contraffare gli elmi, gli scudi, le corazze, le
spade dei soldati , nelle varie storie ivi efiBgiate , che a ve-
derle ti senti bollire nell'animo dolore e sdegno contro gli autori
di tanta rovina (1).
Ciò è quanto per noi si é potuto rinvenire intomo la vita
e le opere di questo rarissimo intarsiatore. Egli mori, come ne
attesta Leandro Alberti, il giorno 30 di agosto dell'anno 1549,
avendo qmui già finito U coro per dirizzarlo nella chiesa di S. Do-
(i) Ksìandio opera di fra Damiano credesi il gran leggìo in metto
al coro medetimo.
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LIBRO ni. GAP. XIH. 273
menico (cereamente cosa mirabile al mondo) (1). Alle magnìfiche
lodi che a lui tributarono il Vasari e I* Alberti aggiongeremo
qoelle di mons. Sabba da Castiglione, il quale ne' suoi Ricordi ,
fovellando degli adornamenti di una casa, così ne ragiona:
a Chi le adoma di commesso di mano di fra Giovanni da
Monte OlivetOy o di fra Raffaello da Brescia (OUvetano ancKetso),
0 delli Legnaghì maestri eccdkntissimi in tali esercizi, massi-
mamente neUe prospettive. Ma sopca tutto, chi le può avere le
appara e le adoma con le opere piuttosto divine che umane del
mìo Padre frate Damiano da Bergamo dell' Ordine dei Predica-
tori, il quale non solo nelle prospettive (come questi altri buoni
maestri], ma nelli paesi, nelli casamenti, nelU lontani, e che è
più, nelle figure fa con il legno tutto quello che a pena farebbe
il grande Apelle col pennello; anzi a me pare, che li odori di
quei legni siano più vivi, più accesi, più vaghi di queUi che
usano li pittori, di sorte che questi degnissimi lavori si possono
dire essere una nuova ottura eccellentemente colorita senza co-
lori; cosa m(dto ammiranda, ancoraché non manco maraviglia
sia che, essendo le opere di commesso, V occhio quanto più si
affatica tanto meno comprende le commìssure, che non è senza
stupore de' riguardanti. Questo buon Padre in tinger legni, ed
in qual si voglia colore, e in contraffar pietre macchiate, e mi-
schie, siccome é stato intomo alli secoli nostri unico, così penso
che alli futuri sarà senza pari ; e certo, nostro Signor Dio gli
presti grazia, come io credo, perchè il vorrei, per esser le cose
a buon termine, di poner l' estrema mano all' opera di S. Dome-
nico di Bdk>gna. Io credo, anzi son certo, t^he si potrà intitolare
(1) Loc. cit.
n. 18
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27& MEMORIE
r oCUvo spettaeolo del oioiido; e siccome li Bahiloiiesi, li Assiri,
li Egizi e i Greci si avantaBo de' loro tempii, piramidi, colossi
e sepolcri, cosi la fiolice Bologiui si potrà gloriare e vantare dd
coro di S. Domenico. E perchè io boq rorrei che l' amore e
r aflezione che io porto al mio eccelleDtissimo Padre mi facesse
riputare asseotatore, cosa da me mcdto aliena, e massimam^te
con gli amici, con gU quali sempre il vero si ha a dire, mi
estenderei più oltre, anccHa che tutto quello che io sapessi dire
sarebbe assai meno del merito deUa sua rara e singolare rirtà,
e deDa onestà della sua religiosa e santa TÌta (1). » Dopo tanto
splendido encomio noi non aggiungeremo più altro sul conto di
fra Damiano, e passeremo a dire di qwi rehgiosi che egli edooò
all' arte dell' intaglio e dd commesso*
Tre laici domenicani, già altrore ricordati, si legge essere
stati da lui ammaestrati o perfezionati in qoeste arti ; cioè (hi
Bernardino, fra Antonio Asinelli, e fra Antonio da Lunigiana. Dei
(Hrimi due mm abbiamo che qud broTe cenno che si è fétto <M loro.
Del terzo ci ha conservate alcune poche notizie fl P.Serafino Razzi
Cosi egli ne scrive nel più volte citato catalogo degli artisti do-
menicani. N^ Vn. a Fra Antonio di Lunigiana, converso dd con-
vento di S. Romano di Lucca, e discepolo, come dicono, dd pre-
fato fra Damiano, ha fatto nel suo convento di Lucca neUe porte
dd coro e della sagrestia, nd leggii e aV organo akoni quadri
di tarsia molto lodati. Lavorò ancora la libreria dd convento
(i) Vedi presso il conte Tassi, yUe dei Pittori, Scaltorì e circhi-
tetti BergftmasHti. F'ita di Fra Damiano, in fine. Può leggersi eziandìo
ntlU Storia della Scultura Italiana del conte Cicocwara. Voi. V, Kbi V,
pag. 524.
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LIBHO in. CAF. XIII. 875
driia Mftdomia della Qt^rcia, poco flsorì di Viterbo. Nei qaal
ooDvento della Quercia aUreBl Ètà^ podii anni sono, i fiomi della
ma tita, essendo di eie di circa ottonf aoni (1). » Dei latori di
questo Arate Antonio mordati dal Kaxzi, non rimangono che i
seguenti. Nel tuo convento di S. Romanodi Locca, sono di legid
eomnelai le porte deHa aacristia e qoele che mettono in chiesa,
ma ^ le ime che le altre efuate e malccneie in gnisa, da non
restame cbe potthi e miseri a?anri« h quelle della sacrf-
stia esegid due storie dela rita di Sansone, quando cioè
porto aeoo le porto dalln città di Gaia, e qtMndo sharra e uc-
cide il leene4 In qndle poi d» dalla sacrisiia mettono in cMesa,
fece due storie deHa B. V«; to qnslì, id>benekò ndla eMm-
ziotte siano certamente inferiori a qudle di Ara Damiano da
Bergamo, mm peitanto appalesano AMdto merito» Fece altre^
nel gran Iqigto del coroakuni kmiri di prospettita, e due teste
bellissime di S. Pietro e di S. Paolo , eiM sembrino repHea
di quelle dal maestro eseguite nei cori di S. Domenico di
Bologna , e di S. Pietro di Perugia. I Irrori ricordati dal Razzi
nell'organo della stessa chiesa, e quelli della libreria deUa
Quercia, più naa esistono; ma rimangono però alcune sue opere
di tarsia nel presbiterio di S. Maria del Sasso presso Bibbiena,
tociute dal Razzi e ricordato dal P. Fineschi (2); ddle quali^ pw
non essere meglio determinato dallo stesso scrittore, e per essere
molti anni che più non l' ho reduto, non ne posso dhr altro.
L' anno della morto di questo religioso artefice vuol credersi
fosse intomo il 1584, ovvero 1585; perciocché il P. Serafino
(1) Istoria degli uomini illustri ec, pag. 380 e seg.
(2) Compendio Storieo-criticOf te. pag. 46.
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276 MEMORIE
Razzi scrìreva la sua Istoria degli nomini iUostri faimo 1587, '
come appare a carte 362 della medesima.
Se ad alcono sembrassero povere troppo e breyi queste no-
tizie degli intagliatori dell' Ordine Domenicano, noi loro rispon-
deremo ciò che abbiamo altrove dovuto dichiarare e riqpoodone,
che le ricerche per noi fatto non furono potute estendere oltre quei
confini che a noi imposero la nostra condizione presente, k
mal ferma salute,e i doveri del chiostro. Non ignoriamo in molti
luoghi d' Italia essere fioriti artefici valentissimi in questo ed io
altro ramo deU'arte; e veniamo accertati come nei Veneti do-
mimi esistano di un mta^iatore domenicano opere mararigliose;
ma le ripetute preghiere fatte agli amici di fbmird le opportune
notizie, non sortirono alcun eCEstto. Ciò basti a nostra discolpa.
Del rimanente, noi stimiamo che il solo fra Damiano da Bergamo
basti a mantenere ai Domenicani il primato nelle qpere dell'in-
taglio e del commesso (1).
(1) A cagione di esempio, il coro di S. Domenico Maggiore di Na-
poli, tutto di radica di noce, venne eseguito Tanno 1562 dicesi con moha
eleganza di disegno e di intaglio , con 1* opera di fra Giuseppe di Pareta
converso di quello stesso convento , e con la spesa di ducati 866. Vedi
Dtscritione htorica di S. Domenico Maggiore di Napoli, del P, Per-
rotta.
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277
CAPITOLO XIV. -
Di alcuni Artefici minori spettanti al secolo X VI.
Ahbie^ìùo divisato accogliere in un solo Capitolo alcuni arte-
fici di patria e di età diCTerenti, per non aversi di loro che poche
ed incerte notizie, le quali quando non fossero di alcuna utilità
alla storia generale delle arti italiane, varranno certamente a pro-
vare, come disteso pcfr ogni dove e in ogni tempo fosse nei chio-
stri domenicani V amore e lo studio delle arti imitatrici.
Pongo per primo fra Bartolommeo Coda da Rimini. Questo
pittore non fu ignoto al Vasari ed al Lanzi, scrivendo il primo
in sullo scorcio della vita di Giovanni Bellini, che stette con esso
/tit ancora^ sebbene non fece molto frutto^ Benedetto Coda da Fer-
raray che abitò in Arimini dove fece molte pitture^ lasciando dopo
se Bartolommeo suo figliuolo che fece il medesimo. U Lanzi che ne
favella nell'epoca prima della scuola Bolognese, corregge l'espres-
sione del Vasari, che Benedetto sotto il Bellini non facesse molto
fruitOj citando di lui una tavola nel duomo di Arimini rappre-
sentante uno Sposalizio della Vergine, che a luì parve assai ra-
gionevole; e quella d^ Rosario presso i Domenicani della stessa
città, che trovò di miglior gusto benché non ancora moderno.
Non così, ei soggiungc,può dirsi del Aglio Bartolommeo, del quale
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278 MEMORIE
vidi un quadro a 5. Rocco di Paoro, dipinto nel 1528 con ionio
buon metodo f che ^uasi in tutto sente dtV aureo stcoìo: vi è espreseo
il titolar della chiesa con S. Sebastiano ùUomo ai trono di No-
stra Donna; e vi sono aggiunti angiolim molto graziosi (1). Ninno
però dei due scrittori ci fa avvertiti della profisssioiie religiosa di
questo Bartolommeo Coda. È molto yerisiniile che Benedetto Coda
ammaestrasse ei stesso il figlio nei principii dell' Arte; e il Ricci
congettura che dopo i primi rudimenti, a meglio perfezionario,
lo inviasse alla scuola del Ramenghi in Bologna; il primo che
vi prqMigasse it nuovo stile» Forse a qudla 9cuob studiò
eiiandìo un M. Francesco di M* Sebastiano, nywte di fra Barto-
lommeo, che poi lo rio tolse a compagno in alcuni $om
dipinti; non altrimenti che il Porta avea fatto con l'Al-
bertinelli. Nel 1562 li troyiamo ambedue a dipiugere in San*
Severino, città della Marca di Ancona. Una importante notìiia
ha testé pubblicato il citato cav. Ricci intorno questi pittori, tratta
dal pubblico archivio di quella città; ed è uno strumento con la
data del 4 novembre di quello stesso anno, col quale frale Ba^
(1) Loc. eh. — Gio. Ahdrii Làzzknm, Catalogo delle pitture di Pe-
saro, — Pesaro 1783, pag. 14. S, Rocco Confraternita, <c L' aitar mag-
giore ha un nobilissimo quadro in tavola. Nel piedistallo ove sta sedente
la Vergine SS. in mezzo ai santi Sebastiano e Rocco, leggesi come in una
specie di bullettino, Bartholomeus .... nsis 1528. Sarà questo il nome
del pittore. »
Scrìve il eh. cav. Amico Ricci, che questa tavola di S. Rocco in
Pesaro fu venduta , e ne venne sostituita uà' altr| con una Annumiata di
Carlo Paulqcci. Stài Memorie degli artisti della Marca di Ancona , voi. %
cap. XV, nota 45.
L
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LIBRO III. CAP. XIV. 279
(okmimeo « M. Francesco si obbligano ad Antonio Giacomo Sara-
ceni dj pitturare una tavola per J' altare della cappella dei Sa-
racoii nella chiesa di S. Domenico di Mercato, giusta lo sguizzo
(boizeti^) disegnato di mano A fra Binlolommeo, per il qual la-
voro la lamica Saraceni si obbliga dare ai dipintori tavola, te-
la, ec, e fiorini oltanto di moneta della Marca, a ragione di
XL bohr (fiorse bolognini) (1). Qnest' atto venne rogato dal no-
taro Giov. Lorenzo Noè nella odia dd ÌMore di S. Domenico.
L' argomento cbe si volea eseguito dai pittori, ^a una Pietà. Di
questo dipinto, che tuttavia rimane, per non averlo veduto, fa-
velleremo con le parole stesse del ch"'^' sig. Giuseppe Ranaldi ,
il quale por somma gentilezza ce ne favori un* accurata descri-
zione.
« Questa tavola è nella sua attezza palmi 5 e oncie 4 di mi-
sura romana; e larga palmi 2 e oneie 10. La Nostra Donna stassi
seduta sopra sede che forma imbasamento, da cui soi^e il po-
stergale semicircolare. Sostenta essa il morto figlio, che il pittore
lo volle rappresentato sedente sul grembo di Lei, reggendolo essa
addoloratissima pel capo colla destra, e colla sinistra per un
braccio, mentre l'altro cade giù per la persona quasi disteso. La
Vergine accompagna in tutto l'assieme la circostanza dolentis-
sima, e sa ^lOStrare il lungo sostenuto dolore che tuttavia la tra-
figge. Le chiome bionde calano giù dìsciolte aggraziatamen- .
te , accrescendo cosi la mestizia del volto di Lei. Ha una vesto
quasi, più che bianca, azzurrignola. Il manto, che la testa ed il
grembo le ricopre, è di un colore bigio eseguito con magistero di
pieghe. Ma dalla parte della sp(^lia del divino Figliuolo non pò-
(1) Ricci, loc. cit, p«g. 99 e 100. Nota 44.
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280 MEMORIE
(rà ragionevole parere il vederlo che segga quasi p^ suo TÌgore:
ammeno che T artista con quella postura non abbia guardato la
sacra spoglia^di Dio fatto uomo che pienamente vinse la morte,
li corpo di Lui non é rigato di sangue, se non che alcune stille
vengono dalla corona di spine, e un rivolo ne deriva ddla fiorita
del costato. È osservabile in questa tavola* come il Coda cono-
scesse le ombre e i riflessi luminosi, e la maniera di trattare le
incarnagioni , non seccamente, ed in singoiar modo mi voUo della
Vergine (1). d Questa tav(da parve tanto bella al cav. Rìcci, che
stimò meritasse quegli stessi encomii che il Lanzi prodigò alla
tavola pesarese.
Compiuto questo dipinto, e soddisfatti i due artisti dalla fa-
miglia Saraceni degli ottanta fiorini pattuiti, ne fecero ai mede-
simi ricevuta, con atto dello stesso notaroGio. Lorenzo Noè, nel
giorno i° luglio 1563; che è a dire dopo circa sette mesi (2). Sog-
(1) Questa tavola non è più nella chiesa « ma al presente vedesi nel
convento.
(2) Ricci , loco cìt. 11 ricordato signor Giuseppe Ranaldi neU* archì-
vio dei PP. Domenicani di S. Maria di Mercato, rinvenne la seguente no-
tìzia relativa alla tavola suddetta : Catasto universale, o Campione 1710.
jinn. 1862, Giacomo Saraceni e Ciuccione della Cialfa Jecero accordo
conjr. Bartolommeo e maestro Francesco Pittori di Riminif acciò dipin-
gessero il quadro in tavola del loro aliare con la spesa di fiorini 80 ,
quali pittori Jecero il saldo e quietanza a suddetto Saraceni il 1 luglio
1563. Ranaldi, Memorie Storiche di S. M. del Glorioso ^ pag. 51.
Avverte lo stesso corno il. pittore M. Francesco di M. Sebastiano da
Riinini si trova in Sanscverìno fino ali* anno 1576, e ciò rilevasi dal-
l' archivio pubblico , nel quale e un atto del notaro Lorenzo Noè delli 30
aprile 1Ò76, nel quolc e tcsliraonio lo slcsso pìllorc.
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LIBRO m. GAP. XIV. 281
giunge lo stesso cav. Ricci, come dalle memorie che sì conser-
vano tuttavia nell' arclùvio dei PP. Domenicani io Sanseverino,
oltre il potersi credere che que$H piitori aj^farteneesero àUa re-
gola dei Padri Predicatori ^ si ravvisa ancora che per lungo
tratto ebbero stanza in questa città , e altresì la loro vita prdun-
gata (Aite quella gli concedettero vari biografi * (1). Farò non
pertanto avvertire, come il nipote di frate Bariolommeo Coda tro*
vandosi nei pubblici documenti appellato sempre col titolo di
Maestro Francesco di Maestro Sebastiano, non può ragionevoir
aiente credersi appartaiere ad un Ordine religioso.
Per alcun tempo fununo lusingati di rinvenire più: certe e
più copiose notizie di questo valente pittore ndla vita scrit-
tane dal Barufialdi, che inedita rimane tuttavia con le altre degli
artefici ferraresi nella riccabiblioteca Ercolani di Bologna; ma
fattane per mezzo d' un amico ricrea, non si trovò rispondere
alla nostra espettazione.
Un secondo pittore domenicano ci è ricordato dal P. Se-
rafino Razzi, che potè conoscerlo di persona. È questi frate
Onorio Peruzzi, figlio di quel Baldassarre Peruzzi sanese, eccel-
lentissimo architetto, e grande e ricco edelegante pittore di
Grottesche, non che buon frescante e pittore di storie eccellente.
Non ultimo dei molti figli di Baldassarre Peruzzi fu il nostro
Onorio, del quale non si potrebbe additare la patria, per essersi
il padre incessantemente tramutato da un luogo ad un altro, fin
che chiuse i suoi giorni in Roma l'anno 1536, nella ancora verde
età di anni 55. Sopra la lapida che ne chiude le ceneri al Paur
teon presso il sepolcro di Raffaello da Urbino, sono ricordati i
(1) Ricci, loco cit.
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282 MEMORIE
figli mioori a Baldawarre, e fra qufi^ è il nostro Onorio. Ap-
prese egU dal genitore il disegno» ma non dovette essere a lunga
tempo; e verosimilmente vokndo seguitare le tracce del padre, si
aoeoncìòa imparar l'arte con alcuno dei molti discepdi di Baf-
foello. Nel 1556 vesti l'abito domenicano in Roma, nel oonvo^
di 6. Maria sopra Minerva, e Corse negli anni 80 dell' éià sua ,
spiando poteva aver compiuti i suoi studi artistici. In luogo di
seguitare gii esempi di fra Giovanni Angelico, di fra Bartoiom-
meo della Porta, e de^ altri suoi religiosi fratelli, che con lode
bellissima coltivarono la pittura, egli fermò nell' animo di non
più toccare i pennelli; pur nondimaneo, sendo inviato nel con-
vento di S. Bomano di Lucca, e piegato dal superiore a dipin-
gere gli sportelli dell'ottano per quella chiesa, non seppe rifia-
tarsi aU' invito. Ti fece pertmìto di chiaro§eHro una beOMma
froipeitwuy e vi dipinse poi certi putHni ehe accordano una mu-
sica per cantare^ tanto ben disposti, tanto ben fatti, ehe pm m
qmì genere sembra non potersi desiderare, per le meravigliose e
vere attitudini di quelU ignudini intentissimi ad accordare dHta
musica (1). Fu con tale occasione pregato a riprendere l' arte
(1) Istoria degli uomini illustri rc.^pag. 254, N. XIII. Questi tpor-
telli più non esistono. — Lo stesso Scrittore ricorda al N. XI un frate Repnaldo,
nativo di Perugia di padre alemanno , il quale faceva maravigliosi progressi
nella pittura. Ma quando di lui si aveva una vivissima espettasione, colto
dalla pestilenza che V anno 1510 afflisse quella città, morì nella sua verde
età di anni 24. — Le Cronache di S. M. Novella lodano in questo secolo due
dipintori di quel convento, un Frate Mattia fiorentino, morto nel 1527,
ed un fra Salvatore da Arezzo nel 1535: di costoro più nulla rimane.
Vedi BofiGHiGiAHi^ Cronaca Annalistica^ voi. Ili, pag 255 e 285.
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LIBRO 111. GAP. XIV. 288
dismessa e ricercato di più opere, ma cigli non Yotte riiovoversi
dal sao propanimento di non più dipiogere. Mori ki Roma non
dopo molti amii assai doTotameate.
Al eh. pioflass. sig. Camillo RamelU di Fabriano siamo de-
bitori della scoperta di altro pittore domemcano. Iq questi ter-
mini egli ne scrifeva al più volte citato bibliotecario di S. Se-
yerìnoy Giqseppe Ranaldi, dal quale tenghiamo questa notizia.
« Nella chiesa parrocchiale del comune di CanoeUi, appo-
diato di Fabriano, osservasi un dipinto in tavola nell' altare a
sinistra presso il maggiore.
Sta nel mezzo, ed a metà circa deU'altezza, la Vergine SS»*
vestita con abito sparso di fiori dorati, e sedata con sulle ginoc-
chia il Bambino inghirlandato da fiori ; stanno al di separa che-
rubiniy e due angioli, i quali pongono sulla Vergine altra corona
di fiori. A sinistra de' riguardanti è S. Paolo, più a basso S. Do-
menico, che ha nei piedi un libro aperto, suQe di cui pagine è
scritto; Opus fae Eva$igeU$UB: ministerium impk; sohrm e$io;
qui auiem fecerit et docueritsic homnes, ec. Più basso ancora,
ma dalla stessa parte, è S. Gismondo, alli di cui piedi è un libro
aperto, il quale ne pare aggiunto posteriormente da altra mano,
siccome diversi sono i caratteri, che dicono da un lato — Sancto
Gismundo A.D. CICIDCIU (sic) ;e dall'altro, ilev.I>omtn.5^i«ffttin-
dus Orlandus de Fabriano doiavit hanc cappellam juris patrona-
tus 0tiu8 stue domus^ et familÙB^ et omnium defcendentium ex
9uis germanis fratribus. Nella destra parte poi del dipinto sono
S. Caterina martire, più a basso S. Caterina da Siena; nel mezzo,
sotto la Vergine, un capriccioso ornato di tre archi, da dne dei
quali spunta la rosa con sotto scritto — Sahe Verbi $mcra Po-
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284 MEMORIE
rens, Salve rosa spina carens; e più sotto ancora un' arme dì fa-
miglia, che presenta nn braccio con spada impugnata, la^qaale
tocca la stella di mezzo fra le tre soprastanti. Belle ne sembrano
le teste, specialmente dei SS. Domenico e Gismundo, ma li
15 quadretti posti attorno come a cornice del qaadro, e rappre-
sentanti li 15 misteri del rosario, li direi di altra mano, e forse
di quella del libro aggiunto, come sopra coli' anno 1603. Frat-
tanto ai piedi della Vergine, e quindi quasi in mezzo della ta-
Tola, si legge in altro cartello:
FRAT. FaBIAN. UftBIIfAS
Ord. Prabdicator.
PIN6BBAT 1533. o
Questo pittore è stato fino al presente ignoto nella storia
dell'Ordine come in quella dell'Arte. Stimo però assai yerosì-
mile, considerata la patria e l' età, possa essere alIicTO nella pit-
tura di quel fra Carnevale da Urbino, del quale abbiamo scritta
la vita nel secondo libro del primo volume di queste M^norìe (tj.
(1) In un manoscritto del P. Isidoro Ugurgierì, poissedoto dal signor
Onorato Porri tipografo in Siena, nel quale si ricordano alcuni domenicani
illustri per sapere o per dignità, o per altre cagioni, si noverano e&ìandio
i seguenti artefici.
Pag. 31. « 1. Fra Sebastiano Caccini, che vive quest* anno 1637,
dipinge con buona maniera, e si pedono di suo molte pitture assai stiioate.
2. Fra Serafino da Lucca , converso , figlio di questo convento {dì
S» Domenico), fu pittore e scultore egregio , il quale particolarmenle faceta
certe imagini di terra stimatissime. Morì Panno 159tf li 4 agcisto.
3. Fr. Alberto Transerighi, maestro di Teologia, fu pittore e scaltore
gratiosiasimo, ed in miniare 1* imagini di cera o di carta non ebbe pari. »
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LIBRO HI. GAP. XIV. 265
Un confronto fra lo stile dell'ano e quello dell'altro potrebbe ri-
solvere facilmente questa nostra congettura. Se poi fosse alcuno
il quale stimasse cbe questi due ultimi dipintori non dovessero
ayer luogo in un'opera dove si scrive dei più intigni artefici^ ri- ,
spenderò^ cbe eziandio i valenti pittori non rifiutano nei grandi
dipinti y dopo avere ben lumeggiati gli oggetti principali, accen-
nare in più tenue luc§ e in più remota parte i minori, con l'opera
dei quali meglio trionfano i primi, e il dipinto forma un tutto
armonizzato da diverse parti e da svariate sbellezze. Per simil
guisa, noi collocammo nel primo e più degno loco Era Bartolom-
meo della Porta^ siccome quegli cbe per il merito suo grandis-
simo a tutti va innanzi nel magistero dell' arie ; e intomo a lui,
quasi pianeti minori, cbe si fanno belli della altrui luce , dispo-
nemmo i secondi e men cbiari artefici.
wmm^
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u.
286 MEMORIE
CAPITOLO XV.
Di Suor PlautìUa NM fùiriee Ifommieama^ e éà aUre MOigim
dello sUéioIUitulo, ehó coUkmnmo la finora, ìavrinMwf%
la flatHoaf in Firenmt im Prai^ € m Lucca.
Le doDDe loa venule io eccellcma
Di citicm'Mle ov'kMiM poeto con.
iUioCTO, OrUtmdù Fur. C XX.
]Nel secondo decennio éA secolo XVI, neUa ooKa BcriogM ,
una giovine leggiadrissima, tolto lo scalpello e le sabbie, con forza
maggiore dell'età e del sesso, tentava l'arduo aringo di Prassitele
e di Fidia; ed in quel secoìo dei grandi scultori, giungeva in parte
ad emulare le grazie del Lombardi e l' evidenza del Buonarroti
Questa giovine era la celebre Properzia de' Rossi. Un ìnCdice
amore le fu scorta nell' arte, e poi la trasse al sepolcro; in dò
ritraendo da quella Saffo di Lesbo, chiara per il favore ddk
muse. Ma come a quella il canto soavissimo, cosi a Properzia la
lode dello scolpire non bastarono a rendere la fortuna amica e
la vita diletta, così che in su l' aprile degli anni, l'una e l' altra
lacrimate discesero nel sepolcro. Pochi anni innanzi che la
De Rossi cessasse dallo scolpire e dal vivere, si veniva educando
in Firenze una giovine nobilissima, la quale nella pittura dovea
raggiungere quella eccellenza che la bolognese ottenuta aveya
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LIBRO III. GAP. XV. 287
nel magistero dei marnri; ma di lei più avventarosa, ohe
aTeodo locato i suoi aftiti non iti bdlezza caduca e terMia^ma
celeste ed immortale, consegid n bramato fine con gk»ia e feli-
cità troppo maggiore, btendo fereBare di Suor Piantina Ndli
pittrice domenicaM.
Da Piero di Luca Nelli patririo fioreirtiiio, F anno 1688
nacque suor Plautina, n nome <fena gedtrice non fti a noi tra-
mandato. Bbbe costei una soreUa, che la seguitò nel chiostro col
nome di suor Petronina, fl quando si ignora, ma rerosimilmente
tra fll588eU 15W>. Nd principi di questo secolo ayea avuto 9suo
compimento in Firence, per la pietà deHa nobU donna CammiUa
Rucellai, rossenrantissimo monastero di S. Caterina in via Lar-
ga, nel qnak la institntrice ,per le persuasioni di fra Gerolamo
Savonarola , aveva introdotta F arte del dipingere e dd miniare.
Schive dei vani e caduclu dUetU, e solo anelanti alle pure e
sante gioie del cidoi queste due sorelle si chiusero hi quel sa-
cro recinto. Dotate di fdice ingegno, e nobUmente educate, si die-
dero a coltivare queUe arti, che meglio al luogo ed al sesso si ad-
dicevano. La PeironiUa, non affatto digiuna deUe buone lettere,
scrisse una vita del Savonarola,che avea promossa lafondazione di
quel monastero; vita clie tuttavia rimane manoscritta, e clie servi
al P. Serafino Razzi per dettame una consìmile (1). La PlautiUa
(1) Il manoserìtto di Suor Petronilla si conserva presso il di. sìg. Pietro
Bigani in Firense, che gentilmente mi permise esaminarlo. Sembra che in
luogo di una vita originale sia in parte copia della vita del Savonarola
scritta dal Borlàmacchi e pubblicata in Lucca nel 1764. La Petroxnlla vi
aggiunse i racconti e le tradiaioni che intomo il Savonarola si erano con-
tinuati fino a suoi tempi. E invero nella citata edi^one del Burlamacchi vi
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288 MEMORIE
cominciando a poco a poco a duegnare, e ad imitare coi colori
qaadri e pittare di maestri ecceUenti^oon tanta diligenza oondiuse
alcmii lavori da fame maravigliare gli artefici. Il Razzi, che la
conobbe, scrive che non fa allieva che di se stessa (1). D Vasari,
che dettava le vite degli artefici italiani vivente lei, e che la ri-
corda nella seconda edizione, ne loda la bontà del disegno e la
pone a riscontro della Properzia de' Rossi. Ma non è mancaio,
egli dice, ancorché ella disegnane molto bene, chi abbia pareggiato
Properzia non solamente nel disegno^ ma fatto così bene in pit-
tura^ come ella di scultura. Di queste laprisna è suor Plau-
tuia ec.ù (2). Per le qaali parole del biografo aretino panni po-
sooo a^gnmte dì di^e o tre scrìtiorì postfrìorì, alcmii dei qaiU non ucqaero
il proprio nome, e di altri ti de^ce dal radersi narrati alcum fatti av fenati
dopo la morte del Barlamaccbi. Nel fine del MS. della Nelli si legge : Fi-
nisce el libro della vita del beato leronimo e iua compagni scritto per
me peccatrice suor Petronilla Nelli , priegoyi lettori devoti orate per wu —
Sotto si legge: Questo libro è del monastero di S, Caterina da Siena di
Firenze^ e possiedelo suor Plautilla Nelli monaeha del detto Monastero,
sorella della sopraddetta suora Petronilla ^ et dipintora^ et prega tutte
quelle persone a chi verrà alle mani glielo rendino perchè lo tiene molto
caro per la pretiosità del libro et per memoria della sua sorella, la
quale è passata a miglior vita — In ultimo si legge: Siano queste sorelle
ambedue in gloria, suor Plautilla pittrice e prelata, e Petronilla che
scrisse la Storia. F. S.^ R. (Fra Serafino Haui) Ord, PradicaL da que*
sta vita ne scrisse una sua abbreviata e più corretta ltf90. In carattere dd
Razzi a me ben noto. Il can. Moreni ricorda il MS. della Petronilla nella
sua Bibliografia S lorica- Rcigionaia della Toscana, voi. II, pag. 231.
(1) Istoria degù Uomini Illustri domenicani, pag. 355 e 356.
(2) Vita di Propersia de' Rossi, in fine.
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L1B»0 III. CAP. XV. 289
tersi dubitare (MI' asseriioue del Razzi ; perciocché non è dato
senza r indirìzaameDto di od' pmcAlore acquistare btioiio e cor*
retto diwgno. Aieà fHto Imiga dimora nel vicino conrento di
S. Marco quel fra Paolino Oa. Pistoia, che erede deU'arte e dei
disegni del PcNrla^lasoiò tanti quadri iu Firenze ed in patria, come
si disfio^ £g^ per alcun tempo arra diretto questa suora^e for-
nitala.de' suoi disegnie di quelli di Ara Bartolommee» lasciando-
gliene, come smre. il Vasari , il riinanenle aU'qpoea dèUa sua
morte, avvenuta Tanno ISUT^ Più di.una fiata mi è occorso rav-
visare una qualche soitfglian2a fra la Nelli e il Signoracci, cosi
nel dintomaire come nel cohrii^^ sebbene fl pistoiese vinca
d' assai la fiorentina pittrice.
Un grandissimo impedimento si frq>poneva non pertanto
agli avanzamenti neWarlodi questa: suora^ edera la severa legge
della ckmsmra monastica; pereioodrò non potendo studiare il ve-
ro , né conridarase fltruomini OMlla società, quando agitati da
gagjiiarde passioni, alfiaggiano e compongono il volto e la per-
sona secondo le divBr^ .impressioni d'ira, di amore, di odio,
di vendetta ee., non avea modo di ritrarli ne' suoi quaAri con
quella eviden!:a del .veiro/ che et pregio principaliasimo dì qualsi-
voglia dipinto; Chiusa in luogo, a tutti inaccessibile, circondata
da volti su' quali. non .teggetasi^ che la serenità: e la calma, e
ai quali la . somiglianza deljie vesti, .la. medesimezza delle con-
suetudini della Tìta, dava:una tinta unifonne e poca sentita,
trova vasi abbarrata ogni via a qudla espressione dei grandi affetti,
nei quali trionfa la fantasia re la mano del dipintore. Arroge che le
stesse diffiooltà^efor^ maggiori^ rinveniva nel disegno e nel co-
lore, sendochè, se non le etk conceduto studiare, non dirò già
n. 19'
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290 MEMORIE
il ondo, ma nò estandio le antiche slaltie eidipintidei più oele-
braii artefici; non avea Qgnahnente il modo di oontempiaTe net-
l'aperta campagna i mollitemi retosi detta hice, ecoiM questa
mite e soare si mariti agii xiggetti sol feraree sol tramontare del
soie; come per forti e crudi ornine e sbattimenti ne ingraadisca
le masse nell'orror della notte, quando la Inna squarciando il seno
alle nubì^ripercuote la pallida e nibsla sua luce snlTanif erao^Nè fi-
nalmente poteva far tesoro di qtelle moltissime cogninoni rohile
dall' arte, che solo con la lettura de'Ubri, con i lunghi viaggi, e
Tosar di continuo con i cultori delle nwdesime ponno acqui-
starsi. Da tutto ciò lieve coQdiittder8ì,'Ohe a suor Hautilia non
rimanesse altra via, che addestrarsi a quelle CmjIì e sempiici
compesisiani le quali «on addiitwMiano molta perida nell'arie,
come saere FamigUe^mezze figure di saDli,r8ndti,eo«NeD pertanto
questa monaca moUocpraggioBanKOtei per non dive aodacemente,
si cimentò a quelle grandi e oopiose oomposiaKini^ die Togliono
studio, ingegno ed arte grandissima* Quindi presso che tutti i
suoi dipinti sono in vasta superficie, e popolati dt assai figure.
Nel refettorio di & Maria Novdla ò una gran tela colorita già da
suor Plantilla per il ano reOittorìo 4i & Caterina in via Larga,
nella quale fece Gesù Cristo con gH ApoMoU seduti a mensa nd-
r ultiaia cena, tutte figure grand! al varò. Ragionevole è la di-
sposizione deUe figure; il fere è largo e grandioso suHo stile dd
Porta, ma vi ò insiememenle una durezza nei contcotii che non
è né del Porta né del Siguoracci. La tinta delle incamagfoni ha
evidentemente soflérto dai poeteriori restauri. L' arieggiare de
volti ò monotono ed insignificante. Narraat che sovente nelle figure
virili, non potendo avere modeHi giusta F oppmiunità, togliesse
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LIBRO m. CAP. XV. 291
a ritrtltare alcoM suora, e poi con Imigitt mastacoU e prcdisaa
barba tentasse tramutala in nomo; se non cbe i lineamenti rego*
lariele forme poco sentite rivdanoloetononpurladonnaymala
monaca. Assai meglio le venne fallo una Deposizione di Crooe,da
vedesi neU'Aoeademia flortnlina^ddBa quale scrive il Lanzi cre^
dosane V invenziOM del celebre pittore Andrea del Sarto, e di
suor PlantiUa la esecniìone^ Certunente che nel oonoetlo alqcumto
ritrae da quella Deposizione di Croce^ che ddrVannnoohisi aia*
mira ndla L e R. Galleria de* Pitti* Eziandio m questo qnadro
le figure sono grandi quasi quanto il vero. Nd priaM> piana ve*
desi l'estinta salma del Redentore distesa in terra sopra un
panno bianco* S. Giovanni in ginocchio lo regge cb tergo: dap*
piedi ugualmente m ginoccbio è la Maddalena, Il nodo del Cri-
sto^ sebbene ragionevolmenle disegnato» non d ugualmente ben
dipinlOy né le parti sono troppo studiate, e ad mi volger d' oc*
cfaio ognuno ravvisa che all' artista talliva la cognizione dd
nudo. Mei secoi^lo piano vi sono in ginoccbio le tre Marie, e da
ultimo tre Apostoli, tutte figure atteggiate di vivo dolore. Il fondo
del quadro è un paese peruginesco^ da dove si vede il monte Cat
vario. In questo dipinto sono visibili tracce della maniera di fra
Rartolommeoconlemperata eoa quella di Andrea del Sarto; le
torte sono bastovobnsnto espressive, ma più gialle deUe femmn
ne. Io non dubito appellarlo il miglior dipinto che mai facesse
questa monaca. È tradizione che suor Plautina volendo studiare
il nudo per la figura del Cristo, si giovasse di quello di una mo-
naca defunta, e le altre suore celiando fossero solite dire, che
la Nelli in luogo di Cristi faceva Criste.
Uguali difficoltà, e forse maggiori, per ciò che spetta alla
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298 MEMORIE
composizione, oflèriva rargomento della AdorazJooe dei Magi: non
pertanto Tolle eziandio farne sperimento, n Vasari scriTe che né
ottenesse molte lodi; e il Lanzi soggiunge, es$er quadro di Mia
sua invenzione e con paeee da fare onore a un moderno (1). L'ori-
ginale ignorasi OTe al presente si trovi. Alcuni credettero rarfi-
sarto in una Adorazione dei Magi che è ndie stanze infieriori
ddla Galleria degli Ufflzj; ma ciò yien negato da molti, e certa-
mente sarebbe cosa troppo rea. Inferiore ad altri suoi dipmtì fu
una Discesa deUo Spirito Santo, allogatagli da nn cittadino di Pe-
ragia, per ciò che scrive il sig. Serafino Piepi, intomo Q 15U (2).
Poò vedersi tattaitia nella Chiesa di S. Domenico di qudla cittik,
nell' altare sotto V organo. Eziandio in questo quadro le figure
sono grandi al vero. Ignoro se per cagione dei lumi o per la na-
tura dei colori , ma fatto è che trovasi molto rabbuiato fino a
scomparirne affatto le mezze tinte. Qui è la consueta debolezza
di disegno, crudezza di linee, e uniformità di sembianze. La com-
posizione sembra tolta da una mediocre incisione in rame. De-
gli altri dipinti che più non rimangono, o che a me non fu dato
di vedere, favellerò con le parole stesse del Vasari.
er Nel monastero di S. Luda di Pistoia è una tavola grande
nel coro, neHa quale ò la Madonna c<d Bambino in braccio,
8. Tommaso, & Agostino, S« Maria Maddalena, S. Caterina da Sie-
(1) Storia Pittorica delV Italia^ Scuola fiorentina. Epoca % $0%-
giunge lo stesso , cbe in Firense U nobile famiglia Nelli possiede di mano
di Suor Plaatìlla una Crocifissione con molte figure piccole tutte siadiaiis-
sime. Ignorasi cbe sia avvenuto di questo quadro.
(2) Descritione Tropologico l slorica della Città di Perugia. \o]. Ili,
pag. 51t.
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LIBRO III, CAP. XV. . 293
na, S. Agnese, S. Catmna ìnartire, e S. Lucia; e un'altra ta-
Vida grande di mano deDa mede^ma mandò (nm lo spedalingo
di Lelmo. Nel refettovio del detto monastwio di S. Caterina (in
Firenze), è. un cenacolo grande^ e nella sala dd lavoro una ta-
vola di mano ddla detta: e per le case dei gentBuomini di Fi-
renze tanti quadri, che troppo sarei lungo a volere di tutti ra-
gionare. Una Nunziata in un gran quadro ha la moglie dd
sig. Mondra^Hie Spegnuolo» ed un' altra simile ne ha madonna
Marietta Pedini. Un quadretto^ Nostra l>onna è in S. Giovan-
nino a Firenze; e una predélU d' altare è inS. Maria del Fiore,
nella quale sono istorie della vita di S. Zuobi , motto belle. E
perchè questa veneranda e virtuosa suora, innanzi che lavorale
tavole ed calere d' importanza, attese a fardi mìnio, sono di sua
mano molti quadretti belli adDbtto in mano di diversi, dei quali
non accade far m^udone. Ma quelle cose di 'mano di costei sono
migliori, che eUa ha ricavato da altri, nelle quali mostra che
avrebbe fatto cose maravigliose se, come fanno gli uomini, ainsse
avuto comodo di studiare ed attendere al disegno e ritrarre cose
vive e naturali. E che ciò sia vero, si vede mamfestamente in un
quadro d* una Natività di Cristo ritratto da uno che già fece il
Bronzino a Filippo Salviati. Similmente il vero di ciò si mostra
in questo, che nelle sue opere i volti e fattezze delle donne, per
averne vedute a suo piacimento, sono assai migliori che le teste
degli uomini non sono, e più simili al vero. Ha ritratto in alcuna
delle sue opere in vcdti di donne. Madonna Costanza de' Doni,
stata nei tempi nostri esempio d' incredibile bellezza ed onestà,
tanto, bene, che da donna in ciò per le dette cagioni non molto
pratica, non si può più oltre desiderare (1). d
(I) Vasari, FV/a di Properzia de^ Rossi ^ In fine.
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294 MEMORIE
Questa valente pittrice domenicaBa ebbe (ode ne'saoi giorai
di rara prudenza e ipecchiata virtM, di sorta che fa pia ?aile
eletta saperiora dd suo oaservaatissimo ttanaslera Maooò di
Tita r anno 1587, secondo serife il P. Serafino Ra«zi, e non mè-
r auo segnenle» oome leggesi presso il P. Richa (1). Lasciò ia
S. daterina akone sue attieTe nella pittura, come suor Pmdema
Cambi, aoor Agata Traballeai, suor Maria Buggeri, ed una certa
snor Veronica, U fnofi IMtIt, acrife il Raszi, vivami neUo $te$to
wofKiCro ootupai$ am kmés a HpingH^ juaéri tn libi a ta l#-
vola (2)« A qaeste il iUcba aggiunga dne mintatrid, doé anor
Felice Lupkini, e smt Angiola Miaerbetti {3)«
Le fin qui noverate diaoepele daHa Naili orila pittnra,
non sono le iole che coltiraa^ro il disegno in quel mona-
stero; ma altre, ia luògo del dipingere» presero a operare di
terra, modellando figure di riiìeTa li sopraccitato P. Sera-
fino Raiii ci viene ricordando alcune religiose dello stesso
monastero di S. Caterina, che m diedero a coltivale que-
st'arie con amore e con lode. « Snor Dionisia Niccolini, egli
soggiunge, lavora di rilievo figwe di tenra molto devote. Dna
deUe quali, cioè ma Madonna col Figlio in braocìoawito beUa,
non ba motti mesi che io vidi m Firenze in casa di Madonna
Laura da GagUaao, suocera del sig. Antonio Salviati. Snor An-
(1) Razxi, iHoria degli Uomini lUuttri delVOrd, dei Predicatori.
— Monathe Pittfiei. N. 1 e 2. — Bicha, Koiitié IstorieJie delle Chiese
Fi^entirtéf toI. VUI» pag . SaS. Il P. BilìottS «crSye, cbe tossisse fi Ttrere
neU'tU di anni 1», 4opo SS di «iu cUiMtr^. Vtdi CAr&niea S. M. N*-
vtlìm^ cap. LX, pag. 7S.
(2) Loc. cit.
(3) Loc. cìt.
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LIBRO UL jCAE XV. 495
gelìea Bairi, soreBaoamlQ <MtD scrittore di qiiesU Cronaca, in
detto monastero lavora di sonugUastì figaro di terra, doè an-
gioli, madcHine e altri santi; Onde si vede di lei partiedarmente
in Perogia alla cappella del Rosario nna Madonna che siede cxA
Figlio m grembo che dorme, la qualo -ò stala ricavala da una che
m secolo addietro in FireiiMsi portava con gran veneraiione
in procesmme. E «l'altra simile in S« Marco. Vive in qnest'an-
DO 16S7. Nel monastero di B. Vineenso di Prato soao allreM
DMdle suore, che si dilettano di pittura. Onde cettB sorta di Àa*
gioH da loro dipinti si portano qoasi per tnlta Italia, con molta
venerazione, aache per «che da quel senio monastero ove sono
ISOnobfli serve di Dio, oggi sotto il governo dcdaaM.R.M. Priora
sQor Caterina de" Hìoci {gentildonna fiorentina e gran serva di
IMo(l).»
E dappoiché con V ocoasione di scrivere la vita di soor Pian^
lilla Nelli abbiamo ricordate ^cone veligiose dedite alle arti,
non vogliamo tacere oMie;ndla città di Lucca nd monastero di
S« Domenico flotiroiio per kmga stagione te arti medesime così
del dipingere come del modellare. Ce ne fii tramandata noti*
zia dal dnarissìmo signor Ibmmaso Ti«enta e dal P. Federico
di Poggio^ i qnaM stimarono ciie non dovessero essere dalla obli-
(1) È, quésta 5. C aterina, canoomata poi dal Pontefice Benedetto
XIV Tanno 1746. Ne piace ricordare come nel monastero di $an Niccolò
della stessa città di Prato, viveva in qnel tempo medesimo la celebre poe-
tessa Suor Lorenza Strozzi Domenicana, versa^ima nella lingua greca e la-
tina, celebrata, per le sue Elegie ed Inni latini, che meritarono 1' onore di
versioni italiane e francesi, ed essere commendati dai più valenti letterati
della sna età. Mori di anni 70 nel i59l.
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S96 MEMORIE
vione ricoperti i nomi di afcunedi qaatte monache die piasi di-
stinsero in si nobile arringa
Prima è suor Aureiia Fioretttini, la quale cosi n^a Tutù
come nell'arte imitò perfeUMEieDie la PlaoÉìlIa Nelli; e ugual-
mente che questa, tobe a modelli d^'avle fra Bartolommeo della
Porta e Andrea del Sarta. Trasse oaeleìi natali in Lucca dal dot-
tore Andrea Fiorentini J'an^ 1595» ed ebbe al secolo il nome
d- Isabella. Come era da natura .dotata di leggiadre forme, e di
pronto e svegliato ingegno» il padre. studiò ogni yia perchè
con le grazie della persona e con le doti della mente potesse te-
pere nella società none e luogo onorala, e operare un orrevole
collocamento. E come V Isabdla, di oostumi severi, e molto stu-
dioi»a deUe cose spettanti aUa reHgieae, mostrava non curare i
sollazzi dell'età e le vanezze del secolo, il genitore temendo ch^eBa
non volgesse nella mente pensiero di monacarsi, quasi a p(»gerie
materia di distrazione la fece ammaestriffe nel disegnare e nel
colorire; al che di buon aninio ella 'ppeslossi con suo ineatima-
bile diletto e meraviglioso pnifitto. Ma non che per ciò dimettesse
il già formato concepiin^to di tutta 4edìcarsi.al Signore, anzi in
queUo viemmeglio ioftamynossi^ U perchè il padre, non volendo
più lungamente opporsi a quel pict desiderio, da ultimo le consentì
rendersi religiosa nel patrio monastero di S. ])omenico.Quivi trovò
che la Madre suor Costanza Micheli vi aveva da alcun tempo in-
trodotta la pittoria (cosi appellavano costoro l' arte del dipingere
e del modellare], e non poche religiose che già si venivano in
quella ammaestrando. In questo suo ritiro moltissime cose di-
pinse la Fiorentini, per modo che il Trenta novera ben dieciotto
quadri parte in tavola e parte in tela ; non che le lunette della
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LIBRO in. CAP. XV. 287
saa chiesa di S» Domenieo, le quali rimangono tattaTÌa (1). Ma
sopra tutu i suoi dipìnti si loda uno in tavola che cdorl per la
cappdla della soa famìglia in S. Lazzaro di Camaiore Tanno 1623,
neUa ipiale fece la Vergine ohe tiene in grembo il Bambino, il
quale pòrge l'aneUo di sposa a S. Caterina da Siaia, presenti
S. Maurizio, S. Vincenzo, S. Lucia, S. Lazzaro e S. Carlo. Eper^
che la Fiorentini non avea apposto il suo nome a questo dipinto,
un nipote della pittrice, stimando che per quell'opera meritasse
essere mantenuta neHa memoria dei posteri, l'anno 1729 vi aflBsse
una iscrizione latina la quale ricorda il nome e la virtù di così
degna Supra. Ignorasi quando la FioraHìni cessasse di vivere (2).
(1) Qaeste lunette sono in numero di tre, e rappresentano la Coro-
nazione dì spine, Gesù Cristo- che cade sotto la Croce , e Gesù morto in
grembo aUa Madre.
(2) Elenco di alcune pitture di suor Anrelia Fiorentini esistenti nel
convento di S. Domenico in Lucca, faToritoci dal cb. sig. prof. Pietro
Noocbi Lucchese.
Pitture a OKo.
I» Nella stanza del Capitolo sopra 1* altare vi i un gran quadro rap-
presentante la Circoncisione, denominato, // nome di Geiii «e, con moke
figure, angeli ec.. Questo quadro prima esisteva sopra un altare nella Chlfcsa
esterna dove oggi vi è un quadro del Batoni rappresentante S. Caterina.
Neil' infermeria suU' altare vi ò un piccolo quadro rappresentante la
B. Vergine con Gesù barobino ec, e ad una parete è sospeso un gran qua-
dro rappresentante La Depoiitione di Croce.
In altra stanza del Convento vi è un quadro rappresentante il
Beato Enrico Susone Domenicano.
Nella sala esiste un gran quadro d' alure rappresenUnte la B. Vergine
in trono e diversi Santi che la circondano, cioè, S. M. Maddalena, S. Lu-
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996 MEMORIE
Come uni perita od dipingere e nel modellare» le memorie
eU, S. Cattrìq» ed Altri smitt protettori del eottvento ec. ; a pie£ del
trono tì è un Angioletto, che toone -«• Quetto im raniioeau di eeerlo «t-
doto in addietro^ e ehe b trorai beUo, e dell» nottere di Firn Berto-
lomaaeo.
Qoedro de me vedato, oggi enittnte enll'elter maggiore della ckieei
pubblica, dove prima etìateva quello di Fra Bartolommeo » ora trasportato
in convento — Rappresenta detto quadro la Madonna sedata sopra on pie-
distallo posto sopra una gradinata, dietro al quale vi h una nicchia ove
campeggia la Vergine che tiene in grembo Gesù bambino, che in atto
graziosissimo I benedice S. Domenico che le bacia il piede; e detto santo è
collocato al destro lato del quadro accanto al detto piedistallo , e soltanto
ne reeta visibile la metà superiore della figura , restando 1' altra coperta
dalla figura intiera di S. Caterina, che primeggia sul davanti a mano
destra del trono suddetto. Dal lato sinistro simmetricamente vi è rappre-
sentato S, Vincenso, visibile sokaoto nella meti superiore della finora,
restando 1* inferiore parata dalla figura intiera di S. M. Maddalena ,
che primeggia nel quadro dalla paste sinistra del trono, ai piedi del quale
sol primo gradino nel mezso, vi è seduto un angioletto ehe suona il liuto.
La Vergine ha belle pieghe sullo stile di Fra Bartolommeo, e bella ancora
e pastosa è la veste, che sui capelli ha involto un pannicello J>ianco. Nudo
è il Bambino, graaioso, e dipinto con molla morbi dezaa e corrotto dite*
gnot La sua mossa è aimile ad uno di Raffaello , e ad un altro di Lorenao
di Credi da me veduti a Milano. La S. Caterina ha belle e grandiose pie>
ghe. La testa è assai bella, facile e pastosa. Ài piedi si vede un pesao
di mota con punte di (erro; in mano ha la palaia. S. Maria Maddalena
con la destra mano tiene il vaso del prezioso balsamo, e nella sinistra un
libro. Tutto insieme lo stila è un misto di reminisceoae di Fra Bartolo m-
moo e di Andrea del Serto.
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LIBRO IIL GAP. XV. 999
iQedMsi rieoriaso «fiandio tma gnor Brifida Franeiotti, religioM
del DMnastero di S.Giorgfoy restita del sacro abito l'anno 15d2 (1);
e ndh nuniatara^ ima suor Agnese Casducd esmr Eufrosina
Borlamaccbi (2)^ Ha con parziale encomio lodasi una' gnor Bei^
sardina Ruschi, rriigìoaa nel citato monattoro di S. Giorgio ,
delia quale il Necrologio ùi la segaente.commetnoratEione : *— A
A 11 mttembn aors h morì suor Bmnardina Rmehi pUiora in
ÉeltL.^ anmn d^HH^ in iomM Iwoghi mmagini m muro 9 in Hk^
e quiUm deWmUar$ éi thima^ e % erodUm deUe €$0$ in Uhk Ah-
bimno fatta una gran piràiiayir U noitro m(ma$Urù (8)« Sog^
giunge a questo propofito il P. Federico di Poggio, che ae il
quadro che ora si Tede suU' altare della chiesa interiore fosse
suo, sendo molto stimato, sarebbe stata una eccellente pittrice.
Certo è che il monastero si dolse assai deUa di lei morte, leggen-
dosi, che ella era di grande utile al monastero per r arte del di-
pingere in tela (&)• Le pitture cattive non arrecano grande utilità.
È indubitato, prosieguo sempre il P. Federico di Peggio, che nella
stessa Cronaca si dice : dipinge eccellentemente in tela; e altrove:
si dipinse là Nunziata di chiesa , si dipinse i vasi sopra i cafritelU
della chiesa f e si dipinsero e fecero nuovi i cornicione Si racco^
(1) Documenti per servire mila ttoria patria. — Storia delle Belle
Artif di T0M11A.SO Trbhta. Lucca ùpog. Bertìni, 1822, un voi. ìn-S. pag.
122 e 123. — > Federico di Poggio , Memorie riguardanti la Religione
Domenicana er., voi. II, cap. 59, pag. 26tf.
(2) Loc. cit.
(3) Vedi pag. 339, presso il P. Federico di Poggio, loc. cit. cap. 60,
pag. 266. Suor Bernardina Buschi, vestita nel 1619, morì nel 1649.
(4) Loc. rìt.
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300 MEMORIE
modo il quadro del P. S. Domenico con la figura detta Vergini e
dette due sanie , il tutto dipinto dallanoetra euor Bernardina Ru-
schi (1). Come miniatrici di libri cwali, la sÉessa Cronaca ricorda
siMff Alessaodra Gaidiocioiii e saot Lodof ica CarlL
M(dti altri nomi ci sar^ke dato facHmente di aggiungere ai
fin qui ricordati; ma alla lode delle pittrici domenicane basterii
questo breresaggio. Per emo si farà maniibsto come, a mal-
grado degli ostacoli grandissimi cbe si frapponcTano al loro
perfeiionamento nelle Arti del disegno, partecipando a qndmo-
Timento artistico impresso nell' istituto dalT Angelico e dal Pòrta,
tentarono anch'esse eleyarsi a non comune ^oria.
(i) CronAca toprt ciuu, pag. 171 e 177. — Il Soprani, TEchard,
il P. Spotorno, e il eh. Prof. Rosinl, lodano nella pittura una suor Tom-
masina Fiaschi domenicana, nipote di S. Caterina di Genova, e religiosa
nel monastero de* SS. Giacomo e Filippo di quella stessa città ; ma de' suoi
dipinti al presente non rimane più nulla.
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301
CAPITOLO XVI.
Del P. Ignaxio Dantiy ìlatemaiieoy CoitnografOf Ing^nere^
e ArehiUtlo.
Uomeochè tutte le arti dd diaegno sieno state €Ofn amore e con
gloria cdtiyate nel giro di molti secoli dai frati Predicatori, non
pertanto due parmi dai meàeaimi afere ottenuta una peculiare
predilenoBOt e sono la pittura e r architettura; per guisa ebe non
ben sapresti se quella o questa fosse da loro più teneramente va-
gheggiata. Se non che la pittura comindarooo a coltivare soitanlo
nel secolo XV; ma V architettura loro preparò la culla, uè mai
d>be per alcun tempo abbandonati quei chiostri, che ella stessa
si aveva innalzati. La pittura novera soltanto fra suoi cultori
umili fraticelli e devote suore; laddove T architettura ci pre-
senta nomi chiarissimi, non solo per sapienia civile e religiosa,
ma per la dignità e orrevolezza degli uflBci e del grado aacer-
dolale; intanto che non pure vedremo esercitarvisi teologi e lei*
terati preckrissimi, ma venerandi pastori dei popoli, e principi
deDa Romana Oiiesa. CoA la storia dell' architettura presso i
Domenicani ha oominciamento dagli umili laici fra Sisto e fra
Ristoro, e passando quasi per tutti i gradi della gerarchia ec-
clesiastica , si chiude con il cardinale Vincenzo Maculano.
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302 MEMORIE
E yeramente V architettura per la moltiplìcità dello cogni-
zioni e per gli studi severi che addimanda, sembra in qualche
guisa uscire dal dominio delle arti per locarsi nel seggio al-
tissimo della scienze. Essa » me§^o che la pittura e che |a scul-
tura, attesta colle sue opere la maestà della religione, la fortuna
dei popoli, e la possanza dei re; e più di ogni altr'arte richiede
concetti e spiriti grandi, come arte di nazione e non d'uomini.
Cosi il tempo distruggendo tutte le opere del pennello e dello
scalpello, sembra alla sola architettura concedere Timmortalità,
e aflSdarle V uflBcio di tramandare ai posteri contezza delia po-
tenza e della prosperità delle naiion. Le sole piramidi del-
l'Egitto , r an6leatro Flario e il Partenone baaUno a chiarire il
genio e la possanza degli Egizi, dei Greci e dei RomanL
Det P. Ignazio Danti, arehitetlo e ingegnere pei^gino, con
tata copia e oob tanta aocuraterza ha scritto il ce^ebte prof.
Gio» Batt Vermlglìott, da rendere ormai impossibile aggiogaere
cosa di qualche momenti alla vita eaBeopere di questo illustre
italiano; ma come darebbero state troppo mancheroli le pre-
senti Memorie o?e in esse invano si fosse desiderato questo lume
deUe Rienzo matematiche ed astronomiche, abbiamo divisato
toccare leggermente qnella psrte ddla vita de) P« Ignaslo che
k> riguarda come scienziato, per oocupard più partitameDle di
hd sicoome artefice, poteodo solo per fiesle titolo essere aaao-
varato in queste umili nostre carta B veramenAa Giorgio Vasari
non gH area canceduto seggio fra gli artisti italioB che per
r opera del dèliware e colorire le tavole geegrafidie in servigio
del Gran Duca CosiaK» I; nel qual lavoro avendo troppo più
parte la scienza che V arte , non tenea quel posto lira gii artisti
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LIBRO IIL GAP. XVI. 808 .
che a lai era dotato. Ma il Daotiftì veramcoitegraade ingegnere
e architetto , e come tale taolsi da noi riomiare (i)«
Ignazio, al secolo detto Pellegrino, 8ortl i natdlin Perugia
da GiaUo Danti orefice, e da Biancofiore degli Alberti, Fanno
iidn. La famiglia Danti goderà in patria di tatto qaello onoranio
con le qnali ana nobjle e colta città sa rimanerare la tirtù;
ma segnatamente per lo stadio e per la professione delle boone
arti era tenuta in molta celebrità , e rimiovellata in Perugia
gH esempi deUe famiglie fiorentine de' Gaddi e de' Ghiriandai ,
nelle qnali l'arte era tradizionale, e si perpetuata d'ano
in altro nepote. E intero H nostro Pellegrino era stato di già
preceduto da Pier Vincenzo, citile architetto,da GlotanniBattista,
archiletto militare , da Teodora, pittrice, tutti mioi stretti ed as-
sai ticini congiunti; e il flrateDo Vincenzo, pitto^, scultore e
architetto di bdla fama, di soli sette anni lo precorreta nel ca^
mino della rita (2). Per siffatta guisa le pareti domestiche furono
la palestra ote addestrossi il giotine Danti, e ote Tarte insegnata
(1) I PP. £ch»r4 e Quìetìf non conobbero a dovere questo ìnsìgae
ilomenlcano ^ e quel loro articolo biografico farebbe mefiieri to molta pprte
rifonderlo. In una Cronaca manoscritta del P. Serafino Raz»i, che si con-
serva nell' Arcbivio di San Marco in Firenze, si leg^c una importantissima
biografìa del P. Ignazio Danti , che il Razzi conobbe di persona. Noi così *
da questa come dfa quella pubblicata dal eh. Vermiglìoli, trarremo le notì-
zie del Danti.
(2) Gio. Batt. Vermiolioli, Biografia degli Scrittori Perugini. Pe>
rugia 1S29. — Vedi voi. 1, part. 2, pag. 366; ma più distesamente nell'Elo-
gio che dk Ignazio Danti pubblicò lo stesso professore 1* anno 1626, inserito
nel secondo volume de' suoi Opuscoli. Vedi pag. 119
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Mi MEMORIE
dall' amore e dalla tìtIù Taceva parie della edocazione civile e
religiosa. Che vale assai avere dalla prima tenerezza degli ttmi
esempi cootiniii e preceiU domestici imianzl gli occhi, e sentir-
seli dettare con amorevolezza e cuore di padre. Dal genitore
pertanto e dalla zia Teodora apparò assai per t^npo la pit-
tara e r architettura (1). Non era però il nostro Pellegrino cosi
preso dall' amore del bello, che non cercasse pascere la mente e
il cuore di più gravi ed utili studi; e come avea da natura sor-
tito ingegno vigoroso ed atto alle più sublimi speculazioni , as-
saggiato alquanto il disegno e il colore, si diede tutto alle mate-
atiche ed alle scienze naturali. E come studi cosi fotti amano
la pace e il silenzio della solitudine» Pellegrino, che buono era e
religioso, pensò ricoverare i giovinetti suoi anni nei chiostri do-
menicani, come quelli che gli oSerìvano ogni ozio e comodità
di coltivare qualsivoglia maniera di severe discipline. A dì per^
tanto 7 di marzo dell'anno 155S, non ancora compiati gli
anni 19 dell'età sua, vesti le divise di frate Predicatore nel patrio
convento di S. Domenico, per le mani del P. Angelo da Diaceto
Ptovhidale romano , mutando il nome di Pellegrino in quello
di Ignazio (2). Data opera agli studi della filosofia e della teologìa,
come fu a dovizia fornito di celeste sapienza , si addestrò nel
porgere al popolo la divina parola ; e il Razzi ne dice fosse gra-
zioso predicatore. Non pertanto come da natura si sentia traùo
(1) Il Lami non omise dì fare onorata menzione di Teodora Danti
nella sua Storia Pittorica della Italia; e dice seguitasse la maniera di
Pietro Perniino e de* suoi scolaci. Vedi Scuola Romana , Epoca 2.
(2) Rizftì, Cronaca della provincia Romana deW Ord* dei Frali
Predicai, MS. pag. 55.
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LIBRO III. GAP. XVI. 3(».
agli stadj appresi nella giovinezza, senza intralasciare quelli
delle ecclesiastiche discipline, si diede con fervore grandissimo
a coltivare le Matematiche, V Astronomia e la Geografia ; dila-
tando, con inestimabile vantaggio della religione per siSatta
guisa quei confini ai quali sembravano ristretti gli studj degli
Scolastici in qudla età. Perciocché il modo più facile di schian-
tare dai popoli la superstizione, e segnatamente i ddirii della
Strologia Giudiziaria , cui il cieco volgo prestava allora tanta
credenza, non è già, a nostro avviso, V uso delle minacce o dei
castighi, ma bensì diffondere lo studio delle scienze fisiche e na-
turali, e foro di esse una scala per ]:isalire all' Autore sapientis-
simo e beneficientissimo dell'Universo.
Nel tempo di questi studj, Vincenzo, fratello dignazio, di-
morava in Firenze ai servigi di Cosimo I, il quale gli avea posto
grandissimo anunre, per vederlo in cosi giovine età gareggiare
con i più valenti artefici fiorentini.
Andava Cosimo divisando di fare rifiorire nel dominio nuo-
vamente acquistato, gli studj delle matematiche e delle cose astro-
nomiche , caduti alquanto in basso ; e favellando di questo suo
desiderio con Vincenzo Danti, egli tosto gli proSerse il fratello, co-
me assai versato in quelle dottrine; ilche sendo piaciuto al Gran
Duca, tosto il fece venire in Firenze con titolo e provvisione di suo
matematico. Quando ciò avvenisse, non è ben certo, ma è indubi-
tato fosse innanzi al 1567, e verosimilmente nel 1565. Egli è forte a
meravigliare come in tanta verdezza di anni (toccava appena i
ventotto ), il P. Ignazio avesse potuto siffisittamenle addentrarsi
in que'diifidli studj, e già conseguirne opinione di insigne ma-
tematico ed architetto; la quale opinione non ristretta entro i ter-
II. 20
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306 MEMORIE
mìni della patria e della Toscanaf-perveniva in Roma agli oreccbi
del SopremoGerarca. Era di recente asceso sulla cattedra romanafl
santo Pontefice Pio V , eletto li 7 gennaio 1566 ; e come qne^ che
professava la regola dei Trati Predicatori, volendo nella patria t^rra
del Bosco, non molto lungi della città di Alessandria, fare eri-
gere dalle fondamenta un magnifico convento ed mia chiesa a
suoi religiosi , al P. Ignazio Danti ingiunse fornire il disegno
dell' uno e dell' altra , tenendogli raccomandato di togliere a
modello il convento di S. Marco di Firenze (1). La bolla di fonda-
zione è del i^" agosto dell'anno 1566 ; ma già da alcun mese si face-
vano gli opportuni provvedimenti. E ciò si deduce da una lettura
del P. Agostino da Garezio del giorno 18 maggio neHa quale,
sendo e^i al Bosco , cosi scrìve al P. Angelo da Cremona inqui-
sitore di Milano. // P. Ba$iadonne^ che è qua nostro coadimtor$ ,
kammi consigliato dar la nostra fabbrica a Maestro Giorgio da
Voghera a lire due, soldi doi di moneta di Genova il trabucco^
ooéì il lavoro sottile^ cioè comici ec. . . . e fornirla come lo archi-
tettore fiorentino ha fatto il schizzo^ et è andato a Genova per
farlo tutto di rilievo. S. Santità attende a crescere F entrata , e gU
darò avviso di quanto occorre (3). p
(1) Razzi, toc. cit. pag. 1(5 a tergo. Può consuUarst eziandio la sua
Storia degli Uomini Illuslrif pag. 346, § Vili.
(2) EttraUo della Storia del Con, di S. •{• e tutti i Santi della
terra di Bosco , dedicata al P, M. Pio Tommaso Schiara^ Maestro del
Sacro Palatto, Consenrasi manoscritta in detto convento, in foglio graode
di pag. 611. V intiera Storia fa pubblicata in Alessandria l'anno 1600, coi
tipi dì Ercole Quinaiano. Queste notizie debbo al M. R. P. Vincerne
Morassi, sottopriore nello stesso convento di S. Croce del Boaco.
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LIBRO III. GAP. XVI. 307
Dall' appellarsi in questa lettera fiorentino T architetto di
qaella fabbrica» non debbe ingenera]*3i alcuna dobitaiione se re-
ramente al P. Danti perugino ne sia dovuto il disegno , percioc-
ché egli è evidente essere appellato erroneamente fiorentino per
essere allora in Firenze ai servigi del Gran Duca. Del resto
la storia di quel convento, dopo riportato quel brano di let-
tera del P. Agostino di Garezio, così soggiunge: In proporiio
di deiio schizw è cosa nota che S. Pio diede ordine di fare il
disegno del convento al P. Ignazio Dante da Perugia ^ do-
menicano^ architetto eccellente ^ del quale così parla nel suo Di-'
xionario storico f oòfr. Advocat ec... Da . alcune date del libro
domale della /aòirtca, cominciato nel lS6t>, e proseguito fino al
i573, appare essere al Bosco il detto Architetto ; e segnatamente in
una si legge, voler esso partire per Firenze nel mese di maggio
1967 ; e per altre date deducesi avere egli dimorato in detto luogo
quasi per tutto Fanno 1568. Una lettera eziandio scritta da Roma
li 9 maggio 4567 dal P. D. Serafino Grindelli Canonico Regolare
al P. Vincenzo da Pavia priore, conferma lo stesso, leggendosi in
essa quanto segue: Il Maestro ha scritto circa la chiesia, se
con lui et fra Ignazio si può far contento Nostro Signore; a suo
modo la vole , li par lunga grandemente , al Maestro Bassadonne
li pareva piccola misuratala con quella del Bosco. In detto libro
alti ik aprile 1569 sì dicono pagati scudi 10 per lo viatico di
frate Ignazio sino alla sua venuta ; et altri scudi 10 in lo sten-
dardo della fabbrica (1). Per le quali notizie si chiarisce la
(1) Loc. ck. pag. 43 e scg. Avverte lo storico che il disegno del
convento delineato dal P. Ignasio Danti più non esiste; e che nella chiesa
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308 MEMORIE
parte che ebbe in questo edificio il P. Ignazio; la dimora falla
dal medesimo nella terra del Bosco ; e V aimo del suo ritorno m
Firenze. Due cose avvertirò- sul conto di questa opera dd Danti.
Non essersi Tedelmente seguitato il disegno primitivo dell' archi-
tetto perugino : e ciò lo prova la ninna rispondenza del convento
del Bosco con quello di S. Marco di Firoize ; come il non ve-
dersi unità di concetto e di esecuzione in quella fàbbrica. P^
secondo aggiungerò, essere stata in gran parie fraudata la mente
e la generosità del Pontefice fondatore , perciocché considerata
la enorme somma di ben 160,312 scudi d*oro che S. Pio Y versò
per la medesima (1), ognuno è astretto a confessare^ che non po-
teasi ragionevdmonte attendere si incomposto è inordinato edifi-
cio, quale è a mio avviso il convento del Bosco; nel quale si
ammirerà facilmente la stabilità e la magnificenza, ma non già
le altre doti volute da Vitruvio in qual si voglia edificio; cioè la
sopra r altare di S. Antonino, sì vtàe un boatetto del disegno dcUa dùcsa
medesima , ma ignorarsene V autore. Soggiunge poi , la mancanta di eoia
tanto considerabile t tia per motivo di perdita f sia per altra qualunque
cagione, essere ci deve mollo sensibile, perchè almeno col tipo davanti ci
figureressimo quale essere doveva la pianta di questo convento, giacche
vederla non ci è permesso se non in un aspetto molto diverso dalla idea
delV ingegnoso e dotto architetto. Quello che anche sorprende si è confc
avvenuto sia , che V esecuzione non abbia se non in parte corrisposto al
Jormato disegno, quale al certo non poteva se non essere in ogni sua parte
compito e perfettissimo, o si riguardino le premure ed intenzioni del ma-
gnanimo Jondatore , o la sperimentata perizia delV illustre ed onorato
architetto,
(1) Questa somma fu versata dal 1566 fmo al i572.
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LIBRO ITI. CAP. XVI. 309
comodità, e la ragionerole disposizioiie delle parti, e la distri-
buzione dei lami. Stimo pertanto verisimile , che siccome, par-
tito l'architetto domenicano, venne con pessimo consiglio affidata
la direzione di qudla fabbrica a Martino Longbi ; e che suc-
cessivamente il Pontefice vi spedi lo scultore ed architetto lom-
bardo Giacomo della Porta a misurare e stimare tutto il lavoro
già fatto (1); costoro o arbitrariamente, o col consenso dello
stesso Pontefice, mutassero il disegno primitivo, con danno gravis-
simo di quel grande edificio. E perchè la chiesa forse non pati
mutamenti di molta rilevanza , meglio mantiene al Danti la lode
di valente architetto.
Reduce in Firenze , tolse nuovamente ad ammaestrare la
gioventù fiorentina nelle matematiche , dando opera nel tempo
stesso a* diletti suoi studj ddla Astronomia e della Cosmografia,
nel suo convento di S. M. Novella, ove Cosimo dei Medici
k) onorava sovente di visita , piacendosi di vederio operare map-
pamondi y astrolabi, ed altri cosi fatti lavori (2). Frutto di questi
studj tu un' opera che egli fece di pubblica ragione in quello
stesso anno 1569, intitolata, DelF V$o e fabbrica délV Astro-
labio, Nel 1572 delineava il primo Gnomone sulla facciata di
S. M. Novella. Nel 1573 voltava in italiano il trattato della
(1) Loc. eh. pag. tfl.
(2) Rakzi, loc. cìt. pag. tftf. Favorito da esso Gran Duca di iuUo
<juello che gli faceva di bisogno; il quale anco non si sdegnò di andare
tal hora in persona a Santa Maria Novella, e nelle stanze dove il pa-
dre lavorava f familiarmente seco dimorare. Lesse in detto tempo la Sfera
et altre scienzie mothematiche a' piìi nobilissimi gios'ani, et anco ad al-
cune illustri Signore ec.
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310 MEMORIE
Srera di Proclo Liceo, e lo intitolava al cardinale Ferdinando
de* Medici , suo discepolo negli studj delle matematiclie. In qpel-
r anno medesimo pubblicava la Prospettiva di< Euclide e quella
di Eliodoro Larisseo. Con le quali opere quanto servigio ren-
desse agli studiosi delle buone arti, non è chi possa discono-
scere. Nel 1574 delineava il secondo Gnomone sulla facciata di
S. M. Novella (1). In questo mentre il Gran Duca Cosimo I, il
quale avea fatti costruire alcuni grandi armadi per rìporvi tutti
gli oggetti preziosi di arti e di antichità che egli con grandis-
simo dispendio andava raccogliendo, pregò il P. Ignazio a ddi-
nearvi e colorirvi con ogni possibile accuratezza e con le dovute
proporzioni, le carte geografiche di tutta Europa ; e il Danti ne lo
compiacque, conducendo a termine tutto quel lavoro con sua
lode bellissima ; onde scrisse il Vasari, che di quella pr<^e$$ione
non è stata mai per tempo nessuno fatta opera né la maggiore né
la più perfetta (2). Ci avverte però il P. Serafino Razzi, che del
P. Ignazio Danti è solamente il disegno di tutto questo stermi-
nato lavoro, ma che lo fece colorire sotto la sua direzione da'suoi
giovani, non consentendogli forse le gravissime sue occupazioni di
(1) Dì questi due Gnomoni parla a lungo il Ximenes nel Gnomone
Fiorentino, e il P. Vincenzo Fineschi nella sua Lettera sulla /acciaia di
Santa Maria Novella, pag. 5. Il medesimo ci fa avvertiti di un bella
iscrisione apposta dal P. Ignazio Danti al sepolcro di Mariotto Angioletto
di lui cugino, sepolto in Santa Maria Novella 1* anno 1570. Vedi Memorie
sopra il Cimitero antico di Santa Maria Novella. Firenze 1787, un
voi. in-16., pag. 7.
(2) Degli Accademici del Disegno circa med. voi 2, pag. 1114 dci-
r edizione di David Passigli 1838.
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LIBRO III. GAP. Xyi. 311
eseg:ttirlo egli stesso (1). Queste tavole geografiche rimangono
tuttavia nel Palazzo Vecchio (2) ; e noi in laogo di riportare la
prolissa descrizione che ne porge il Vasari , stimiamo far cosa
grata ai nostri leggitori offerendo loro il giudizio che di questo
importante lavoro del Danti profferiva l'egregio geografo Bfar-
mocchi.
<r Fra Ignazio DanU è TOrtelio dell* Italia; contemporaneo
di questo grande geografo , non fu né meno erudito di lui , né
meno diligente nel disegno dei globi e delle carte geografiche ,
e ne oostrusse un gran numero ; celebri sono quelle che per co-
mandamento di Gregorio XIII dipinse nella galleria Vaticana ,
le quali rappresentano le varie provincie d' Italia — Quanto poi
a quelle che dipinse nelle facciate degli armadj nel nostro Pa-
lazzo Vecchio, le sono una vera meraviglia d'erudizione e d'ele-
ganza ; dimostrano palpabilmente quanto lo studio dei classici
avesse gettate radici profonde tra noi fino da que' tempi» e come
il gusto artistico di quel secolo famoso del cinquecento, fosse pe-
netrato perfino nelle opere più severe delle scienze. — Quelle
mappe sono costrutte in proiezione piana; e sebbene elle conten-
gano non poche tradizioni della Scuola di Tolomeo , nondimeno
in mdte occasioni dimostrano quanto fosse vivace nel Danti lo
spirito di svincolarsi dai pregiudizi di essa : vi si veggono accet-
tati i principi geografici di Gerardo Mercatore, che ^ quei tempi
consideravansi come arditissime innovazioni , e furono di fatto il
(1) Loc. cit. Ciò leggesì exìandio nel PA$ct)Li , Vedi yUe dei Pittori
Scultori £ Architetti Perugini, pag. 147.
(2) Sono in numero dì 53, delle quali 14 comprendono l* Europa,
Il r Africa , 14 r Asia, e 14 V America.
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312 MEMORIE
germe di un gran progresso nella scienza : Mercatore , OrteUo e
Danti denno considerarsi i fondatori della moderna geografia.
— Rispetto alla esecuzione, non v'ha dubbio, le più belle ddle
mappe del Palazzo Vecchio sono quelle che rapfHreaentano le
diverse regioni di Europa e le contrade Africane : il mare è di-
pinto in verde od in azzurro, e alla foggia delle carte nautiche
vi sono tracciati sopra i rombi de' venti con linee d'oro o d'ar-
gento; la terra è diversamente colorata secondo la dlTcrsità
ddle contrade ; vi sono i boschi in color verde , e spesso soor-
gesi la forma degli alberi che li compongono ; le montagne sodo
rappresentate prospetticamente e dipinte a chiaroscuro ; i laghi
ed i fiumi sodo colorati di celeste ; e sulle mappe che rappre-
saltano le remote contrade sono dipinti gli «limali più strani
o caratteristici deUe medesime. — Le iscrizioni poi non potreb-
bero desiderarsi, per la forma, né più precise, né più uguali,
né più regolari. I nomi dei monti, dei fiumi e delle prorincie
sono scritti spesso di color rosso ; le iscrizioni dd mare^ i nomi
dei porti, delle isolette , scogli ec., sono tracciati in oro od in ar-
gento, per cui mirabilmente risaltano sul fondo verde od azzurro
che il geografo dipintore dette alle acque — I titdi delle mappe,
con molta esattézza e concisione espressi , leggonsi a caratteri
d'oro in alto delle medesime; e le note e le epigrafi nelle quali
il geografo volle brevemente descrivere la storia della estrada
nella mappa rappresentata , o le curiosità naturali della mede-
sima , sono contenuti in cartelli quasi sempre dipinti con molto
gusto di disegno e vaghezza di colore. — La mappa che rap-
presenta r Asia Minore , la Siria e l' isola di Cipro dà alta idea
della erudizione classica dd nostro geografo , come la nota che
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LIBRO in. GAP. XVI. 318
leggesi in quella ov' è ritratta la porzione d' Asia Meridionale ,
che oggi dicesi Indocina , e le vicine isole , dimostra quanta in-
gegnosa e sana ad un tempo fosse la critica della quale il Danti
andava fornito; in qudla nota Fautore vuol provare che il Cher-
soneso dell'Oro degli antichi corrisp<Hide per tutti i segni alla
grande isola di Sumatra, e non alla penisola di Malacca , come
gli eruditi de' suoi tempi credevano — Concludo: per tutti
questi pregi , e per altri mcdti che da una più attenta osserva-
zione dei lavori del Danti sicuramente emergerebbero, è evidente
che le mappe dipinte sulle facce degli sportelli degli armadj
suddetti, sono un monumento veramente prezioso per la storia
della erudizione geografica e dell'arte difficile della cartografia(l).0
Quando il P. Ignazio Danti eseguisse un si importante la-
voro non è alcuno che lo accenni , solo avvertirò, come il Va-
sari nella seconda edizione delle sue Vite dei pittori, scultori e
architetti , parlando nel luogo citato di Vincenzo e di Ignazio
Danti , e descrivendo i lavori geografici di quest' ultimo negli
armadi del Duca Cosimo I , ne favella in modo da far cono-
scere che quell' opera del P. Ignazio non fosse ancora condotta
al suo termine ; e come la secmda edizione deHe Vite del Vasari è
del 1568, deducesi con ragione, che in detto anno ei vi lavcHrasse
tuttora.
Nel tempo che questo insigne artefice e scienziato dava si-
(1) Filippo Moisé, Illustrazione Slorico- Artistica del Palazzo yec-
cìdo, — Firenze i843,.an voi. in- 16, pag. i2l$ e seg. — Oltre queste 53
mappe fece il P. Danti per Cosimo I, due grandi mappamondi, alti eia-
senno braccia tre e messo , dei quali parla il Vasari, Ibc. cit. e il P. Se-
ra6no Raui nella Cronaca suddetta.
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3U MEMORIE
mnltaneameDte opera alle Matematiche , all' Asironomia ed alla
Geografia, an vastissimo proggelto si volgeva nella meote del
Gran Doca Cosimo; se già non voglia credersi che il P. Ignazio
Danti ne fosse il promotore. La natura collocando la Toscana quasi
nel mezzo dell'Italia e in un ameno giardino » sembrava invi-
tarla ad essere il centro e Tomporio delle ricchezze di latta la
penisola , siccome lo fu sempre della civiltà italiana. Se noe che
opponevasi invincibiltaiente.a questa sua floridezza l'aspra ca-
tena degli Appennini, la quale, tutta cingendola dai lati e da tergo,
e solo lasciandole aperto un varco al Mediterraneo, la divide
dalla Liguria e dalie Romagne, e dinegale la via alle subappen-
nine provinde della orientale Italia, non che il commercio con
l'Adriatico. Ora , se ad alcuno fosse bastalo l'ingegno di aprirsi con
perforamenti l' adito nelle viscere stesse degli Appennini ; o eoo
artefatti canali porre in comunicazione l'uno e l'altro mare,
r Adriatico ed il Tirreno , Firenze sarebbe certamente addive
nula r emporio dell' Italia , ed una tra le più floride e pqxdose
capitali di Europa. Questo ardito pensamento non dovea collo-
carsi fra i delirii di un sognatore, perciocché difficoltà o uguali
o maggiori di queste eransi superate e vinte negli andati tempi;
e allora appunto i francesi nella Linguadoca concepivano il
progetto di unire il Mediterraneo all'Oceano, progetto che
r ingegno meraviglioso di Pietro Paolo Riquet alcun tempo dopo,
condusse a termine con sua gloria immortale, e con inestimabile
ricchezza della Francia (1).
(i) Ciò aTvctme Tanno 1680. Nella formaxìoae di questo canale di
forte tt5 leghe in lunghcua, trascorsero 15 anni, e furono ^pesi 17 ini-
lioni, che sarebbero 94 a dì nostri. Giusta i computi di Dupont de Ne-
L
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LIBRO III. GAP. XVI. 315
Alla esecozìone di tanto vasto concepimento si adcUmandava
però Tarte e l'ingegno di nn peritissimo matematico od ingegnere,
e tale che alla vastità e sodezza delie teorie accoppiasse quella
sicorczza la quale è frutto della età e dei ripetuti esperimenti; e
che elevandosi a tutta V alt^za dì simile impresa» Tacesse opera
veramente italiana. D Duca Cosimo rivolse tosto gli occhi al
P. Ignazio Danti, quando questo religioso non contava che
soli 35 anni, ma che di già avea dati tali saggi del suo sapere
e della sua esperienza , da meritare una piena fiducia. Di
questo fatto onorevole cotanto al principe che il voleva man-
dare ad effetto e all'architetto prescelto, abbiamo distinta con-
tezza dal Cantini nella sua storia di questo primo Gran Duca
della Toscana ; e dice aversene notizia da una lettera di Barto-
lommeo Conci segretario di Cosimo, indiritta a Mons. Vincenzo
Borghini, con la data di Pisa del 24 aprile 1572 (1). Procede
quindi il Cantini a esporre il concetto del P. Ignazio Danti nel
modo seguente.
or Sulla montagna della Consuma, che è situata nel Casen-
tino , e che è una continuazione dell' Appennino , esiste verso la
parte di Prato Vecchio una spaziosa valle , neUa quale si ave-
vano a raccogliere le acque di tutti quei monti per formare un
lago , dal quale forse si dovevano partire i due canali , cioè
quello per introdursi nelF Adriatico , e V altro per scendere nel-
r Amo , e venire nel mar Toscano , e forse odia formazione di
moars, nel 1797 aveva aumentato per meglio di 20 milioni la rendita delle
proprietà territoriali di quella parte della Francia , e prodotto al regio Fi-
sco in tasse ed imposte in un secolo, a dir poco, 500 milioni.
(I) yUa di Cosimo /, Firense 1805, un voi in4, png, 477.
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316 MEMORIE
un altro lago nella sommità dell' Appomino Toscano. Questi due
canali non potevano esser navigabili senza m(dti sostegni e cate-
ratte, e artificiali ricettacoli dove si dovessero abbassare ed alzare
le acque medesime , non tanto per la natura del paese che è
sommamente montuoso, quanto ancora per causa delle acque,
che da quei luoghi non in molta quantità si possono raccogliere.
Questa operazione , se fosse stata eseguita , avrebbe facilitato ai
Toscani per V abbreviamento dd viaggio il commercio del Le-
vante, e la Toscana sarebbe addivenuta il magazzino deDe merd
orientali , come era stata la città di Pisa nei secoli antichi. I
vantaggi che questo canale di comunicazione apportato avrebbe
alla Toscana, sarebbero stati ^andissimi , e Firenze rard>be nd
mondo una comparsa non meno luminosa di quella che fanno
le città più commercianti di Europa , ec. . . . Qual fosse, la ca-
gione per la quale Cosimo non eseguisse un' impresa tanto utile
n(m è noto; forse fu la morte, che dopo non mcdto tempo, come
vedremo, tolse al mondo quel principe , e forse per V inconve-
niaite della congelazione de' ricettacoli , e de' canali nd crudo
inverno , per .cui sarebbe stata in quella stagione sospesa la na-
vigazione , e in conseguenza ritardato il viaggio , ed aumentata
la spesa dei trasporti ; e la spesa grande che era indispoisabile
in quel lavoro, forse spaventò il di lui successore Gran Duca
Francesco , e la Toscana restò senza un' opera che certamente
sarebbe stata una sorgente fecondissima di utilità , e di ric-
chezze. 0
Se questo divisamenlo per ignote cagioni non ebbe aUora
il suo efletto, non pertanto ci farà fede della estimazione che
godeva il Danti in quella età, vedendcrio prescelto ad opera tanto
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Qoogh
LIBRO. III. CAP. XVIL 317
g^rande. Né già concederemo facilmente al Cantini che questo
proggetto ci venisse al tutto di Francia, come egli va opinando,
ma in quella vece volendo procedere per via di conghietture ,
stimeremo che il re Francesco !» atuta contezza da Cosimo I
di questo disegno del Danti,ne chiedesse copia per eseguire quello
della Linguadoca. Vero è che nò il re di Francia né il Gran
Duca di Toscana impresero allora quello sperimento, lasciando
ai posteri di maturarne il disegno. E noi portiamo fiducia, che
il generoso pensiero dei Medici e il concito grandissimo del
Danti, non sia perduto per la Toscana e per l'Italia. Che forse
non é lontano il giorno in cui , se non con Y opera dei canali
e delle cateratte, con quello del perforamento dei monti e delle
strade ferrate, i popoli dell'Emilia e della Venezia porgeranno
la mano ai popoli della Toscana e della Liguria.
L' anno 1574 il P. Ignazio Danti per la morte di Cosimo I
perdeva il suo generoso proteggitore; ma il successore France-
sco I, che gli era stato discepolo nello studio delle matemati-
che, lo raflérmò nel suo servigio con la stessa provvisione del
padre. Per brevissimo tempo però; conciosiachè la Università di
Bologna, vedendo giovarsi di cotanto senno , invitato il Danti
ad occupare la cattedra di matematiche e di astronomia,
forse interpostavi Fautorità del Pontefice, lo toglieva alla To-
scana. Sembra ri si recasse tra il 1575 e il 1576; e scrive
r Alidosi vi dimorasse fino al 1583 (1). Io non verrò noverandole
dottissime produzioni di questo insigne scrittore, che ponno ve-
dersi con ogni accuratezza ricordate dal Yermiglioli, non avendo
esse uno stretto rapporto con l'argomento che abbiamo tra mano;
(1) Vermigligli ) loc. cìt. pag. t31 in nota
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318 MEMORIE
ma in queDa vece acceimerò un'opera di architettura dal mede-
simo disegnata nel tempo che egli dimorava in Bologna. Fu
questa una cappella nella chiesa del Padre San Domenico deQa
stessa città. Ce ne consertarono memoria il P. Serafino Razzi e
rOrettiy e ambedue soggiungono, fosse la cappelta di tutie ìe Re-
liquie. Ma quest* opera del Danti più non esiste, distrutta nella
rinnovazione deUa chiosa.
Nel tempo di questi studj, pregato da mona. Pietro Ghidieri
governatore di Perugia, il P. Ignazio salutava nuovamente la
patria, e a richiesta de' suoi concittadini, disegnava secondo k
misure e le regole della geografia, tutti i dintorni e il bellissimo
paese e territorio dell'augusta sua città di Perugia; come si può
vedere in una sala del palazzo dei Signori. Il quale lavoro Ai
poi fatto di pubblica ragione in Roma , aggiuntevi le castdla,
le rocche, i ponti sopra il Tevere, e altri luoghi principali
di detto territorio. Fece eziandio una descrizione e un disegno
del territorio di Orvieto, i quali vennero pubblicati in Roma
V anno 1583 (1) ; opera di cui non sembra avessero notizia
i dottissimi PP. Echard e Quietif. E dappoiché siamo md
favellare di carte geografiche, vogliamo notare per inciden-
za, come r Ordine Domenicano, pochi anni innanzi al Danti,
avesse noverati due altri geografi e storid italiani di molto
merito. Il primo è il P. Leandro Alberti bolognese , del quale
si è più volte fatta menzione. Egli descrisse non pure tutta
quanta l'Italia, ma ri aggiunse le carte geografiche della Corsica,
(1) Razzi I loc. cìt Àbramo Ortelto inserì qaeste dae carte nella
grand* Opera , Theatrum Orbis Terrantm N. LXXXIll , Ednione di An-
versa del 1592.
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LIBRO IH. CAP. XVI. 31»
della Sicilia e della Sardegna^con ogni accuratezza dal medesimo
delineate, pubblicate in Venezia Tanno 1568, che è a dire dopo
la morte ddl'autore, e inserite quindi dall'Ortelio nella sua opera.
11 secondo è mons. Agostino Giustiniani genovese , yescovo di
Nebbio in Corsica, celebre per la sua versione poliglotta della
Bibbia, e per i suoi Annali della repubbUca di Genova. Fece
una simile carta dell'isola suddetta, della quale cosi egli stesso
scrive ne' suoi Annali, sotto Y anno 1470: Ho descritto molto mi-
nuiamente V Isola di Corsica per utilità della mia patria^ intito-
UUa al Principe Andrea <f Oria , e messa poi la descrissiane in
distinta pittura^ V ho donata al magnifico ufficio di 5. Giorgio.
Questa mappa eseg:uita dal Giustiniani intomo l'anno 1531 venne
inserita dall' Ortelio come quelle del Danti e dell'Alberti, nel suo
Teatro ddl' Universo.
Per tante opere di Astronomia, di Blatematiche, di Cosmo-
grafia e di Arti, il P. Ignazio Danti chiaro e illustre per tutta
Italia, fu dal Sommo Pontefice Gregorio XIII, degli artefici e dei
letterati proteggitore munificentissimo, invitato a Roma col ti-
tolo di Matematico Pontificio, consentendogli non pertanto di ri-
tenere la cattedra della bolognese università; ed egli ricusate le
offerte generose di altri regnanti , si recò ai servìgi del Ponte-
fice. Gregorio XIU tosto ebbe conosciuta per so medesimo
la rara virtù dell' animo , e la copia delle cognizioni del
Danti, pose in lui tanto amore e tanta fiducia, che ogni giorno
conferiya seco affari eziandio di grandissimo rilievo; e quanto
egli chiedeva tosto eragli dal Pontefice conceduto (1). Quindi
aflSdavagli molte e diverse maniere di lavori; lo chiamava
(i) Pascoli, loc. cit. pag. 148.
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320 MEMORIE
a parte della Congregazione detta alla riforma del Calendario
Romano (l),e. contemporaneamente gli commetteva la diredooe
di tatti i lavori della Galleria Vaticana. E qai stimiamo doverci
alquanto allargare nel nostro racconto , onde far palesi i ser-
vigi resi dal P. Ignazio a tutte le arti del disegno nel tempo
di questo suo soggiorno in Roma.
Gli artefici che la generosità di Leone X e di Oemente VII
aveva accolti nella etema città, dalla barbarie delle milìzie di
Cario y fugali e dispersi, si erano ricoverati nelle diverse Pro-
vincie dellltalia,lasciando ovunque i mirabili esempj della scuola
elettissima dell'Urbinate. Bla cessata la ierale procella, e purgata
Roma da quella maledizione, volendo i Romani Pontefici richia*
mare all' antico seggio le arii e gli artisti , trovarono i tempi e
gli uomini mutati ; onde quella stessa generosità che versata in
seno agli artefici dell'aureo secolo avea levata in fiore la pittura
e tutte le arti del disegno, versata in seno ai degeneri successori,
crebbe sformatamente il male e lo propagò. Quando Paolo III
apriva con la Sala Regia un nobilissimo aringo ai pittori de-
siosi di fortuna e di gloria, vedeva mancare ad uno ad uno i
migliori , e succedere sempre progeniem vitiosiorem. Giulio Ro-
mano era morto in Mantova ; Pierin del Vaga invitato a di-
pingere tutti i lavori della sala, in quella guisa stessa che il San-
zio quelli del Vaticano , non aveva ancora disegnate le storie,
(1) Nella relazione presentata a Gregorio XllI dalla Congregazione
formata per l;i riforma del Calendario Romano; U Danti cosi sottoftcrive:
Ego Frat. Ignatius Dantes Orti, Prcedicat. in almo Gymnas. Bononiens.
Maihemai, Profe$$, perusin, die Jtrsto Exaltationis Crucis anno 1580.
Vedi Vermìglìoli loc. cit.
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LIBRO IH. GAP. XV 321
che morte il forava alle speranze del Ponteflce. Succedevagli
quindi Daniele da Volterra, poi ilSalviati, poi gli Zuccheri, e
altri più deboli dipintori. Salito al soglio pontificio Gregorio XIII
r anno 1572, si pose in cuore di sollevare le atti italiane a glo-
ria non peritura; e lo avria conseguito, se Toro bastasse a creare
^ artisti, e ad inspirar loro il senso del bello. Non pago di avere
fondata la celebre Accademia di S. Luca, volle continuate le
opere che la celeste fantasia di Ra£Eaello avea lasciate nella Gal-
leria Vaticana (1). Ma in questo periodo di tempo l' arte era ve-
nuta non pur scendendo al basso, ma rovinando. Gli artefici in-
vitati ad opera tanto insigne erano, Niccolò Circignani, più noto
sotto il nome di Pomarancio, Lorenzino da Bologna , il Ron-
calli, il Tempesti , Raffaellino da Reggio, il Pahna giovine, Giro-
lamo Massei, e Girolamo Muziano (2). Due sopraintendentì elesse
il Pontefice a questi lavori, e furono il Pomarancio ed il Mu-
ziano; a tutti prepose il P. Ignazio Danti. E molto avveduta-
mente, avendo mostrato V esperienza , scrive ¥ ab. Lanzi , che
r abbandonare intieramente agli artefici la direzione dei lavori
nuoce all' esecuzione ; essendo pochi coloro che nella scelta dei
pittori subalterni non si laschio guidare o da predilezione o da
avarizia o da. gelosia. Adunque tale scelta fu riserbata al Danti,
che a buona pratica delle arti del disegno univa qualità mo-
rali da ciò: e per sua opera tutto il lavoro fu compartito e
(1) Questo nuovo braccio della Gallerìa Vaticana sì crede eretto con
disegno del P. Ignazio Danti. Lo scrive il Ghilini, e sì sa eziandio da una
lettera inedita dì Mons. Krcolani domenicano vescovo di Perugia, amico al
Danti. Vedi Vermiglioli, loc. cit. pag. 136, in nota.
(2) Lanzi f Storia Pittorica ^ Scuola Romana^ Epoco 3
II. 21
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332 MEMORIE
condotto in guisa, che parve tornare nei Vaticano se non il genio
la quiete, la soggezione, il buon ordine dei tempi raffàellcscfai. E
Agostino Taia soggiunge sul conto del medesimo: « Questo inge-
gnoso e discreto Padre parve in quel tempo mandato da Dio, e
formato apposta alla cultura delle belle Arti, ed allo stradamento
dei professori delle medesime, tante erano e cosi rare le buone
disposizioni in esso a simile impiego (i).t E perchè non mancasse
r opera dell' arte e dell' ingegno dello stesso P. Ignazio, il Ponte-
fice gli fece delineare e colorire in molte tavole tutta l'antica
e la nuova Italia ; opera che rammenterà sempe ai posteri il
nome ed il naerito di questo rdfgioso. Scrive il eh. Vermigliai,
che queste mappe geografiche ftirono fatte dal 1677 al 1580 (2).
Vogliamo ricordare eziandio un altro servigio reso dallo stesso
alle Arti, abbenchò poi loro tornasse in gran parte funesta Fra i
giovmi fattorini che aiutavano i dipintori nell'opera ddle loggie,
era un fanciulletto napoletano il quale, comechò occupato in troppo
umile condizione, e confuso nella turba degli inservienti, non per-
tanto avealo il Danti veduto furtivamente disegnare e colorire
alcune figurine, che annunziavano un raro talento; onde presen-
tendo di lui grandi cose , un cotal giorno che il Pontefice si ora
recato a vedere i dipinti per sua munificenza eseguiti, il Danti
gli additò i saggi artistici del giovinetto, i quali ammirati , il
Pontefice volle fornirlo dei mezzi opportuni per addivenire
un valente artefice. Questo giovinetto napoletano era Giuseppe
Cesari, più conosciuto sotto il nome di Cavaliere di ArpÙM , nel
(1) Agostino Taia, Dcscrizior\e dei Palano praticano. Rem» 1750,
pag. 133.
(2) Loc. cìt. pag. 136, in nota.
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LIBRO IIL GAP. XVI. 393
quale fo iniero grande ringegno, ma da ree masaime forviato
e da esempi peggiori si diede a segoitare le yie dei manieristi,
onde crebbe smisoratamente e propagò la corruzione ddF arte.
Qui non si ristayano le dotte fatiche del P. Ignazio Dan-
ti; ma compiuta appena F opera ddle mappe geografidie,
dettava la vita del celebre ardiitetto Iacopo Barozzi da Yignda,
e pubblicava con preziosi commenti l'opera dello stesso suUb re-
gole deUaProspettiva Pratica (1). Asaociato dal Pontefice affardna
intrapresa deD'ardiitetto (Movanni Fontana, di ricondurre al pri-
mitivo uso le boccbe del furto Claudio, il P. Ignazio ne fece tutti
i disegni, cavandoli dottamente dai ruderi deUe antiche fobbri-
cbe (S). Volendo Gregorio XIII rimunerare tanto senno e tanta
virtù, creò il Danti Vescovo di Alatrt, città deDa Campagna ro-
mana, nel novembre dell' anno 1583. Quivi giunto, si diede tosto
con zelo grandissimo a restaurare il divin culto e la piati ne'po-
poli a lui affidati , oompiendo tutte le parti di ottimo e vigilan-
tissimo pastore. Convocò tosto il sinodo diocesano, con l'opera
del quale riformò molti abusi ; eresse per benefizio dei poveri
un monte di pietà; restaurò e abbellì il palazzo vescovile; ornò
di ricchi paramenti la chiesa; e nutricò il gregge alla sua cura
commesso con la frequente predicazione deUa divina parola (3).
^(1) Le due regole della Prospettiva Pratica di 3f esser Iacopo Ba-
rozzi da VignoUif con i Commenti, tra toI. in-fol. Roma 1583. La tiU del
Vignola fu riprodotta dal Baldiimcoi. Vedi Decen. IV,- del secolo IV. —
(2) ViRMiGLioii, loc. cit. p»f . 140. — Sorìre lo stesso che il Danti
facesse altresì una preziosa raccolta di disegni originali de* più valenti artefi-
ci , della quale sì ignora che sia avvenuto.
(3) Pascoli, loc. cit. pag. IttO.
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324. MEMORIE
Nel 1586 Sisto V, volendo innalzare sulla piazza del Vaticano il
bellissimo obelisco che vi si ammira tuttora , nxm pago di
averne affidata la cura aU' architetto Domenico Fontana , invitò
a Roma mons. Ignazio Danti, perchè aiutasse ^qnelFardoa intra-
presa con i suoi consigli (1). Quindi eretta a suo luogo la mole ,
per vo1m« di Sisto il vescovo d' Alatri vi deUneava alla base nn
gnomone col quale si dimostrano gli equinozi ed i solstizi ; di
che abbiamo la gravissima autorità del P. Serafino Razzi, scrit-
tore contemporaneo, con la quale si tolgono le dubitazioni di al-
cuni che non seppero prestarvi fl loro assenso. Reduce il Danti
in Alatri , vi ammalò di febbre , dalla quale oppresso, in otto
giorni mancò di vita, l'anno 1586, alli 19 di ottobre, odia ancora
verde età di anni 49; benedetto e compianto da tutto il suo po-
polo.
Il nome del P. Ignazio Danti fia sempre caro e venduto a
quanti portano amore alla scienza ed alle arti italiane. E lo fu, vi-
vente, a due Gran Duchi di Toscana, e a due Pontefici, non die
ai più chiari sapienti ed artefici della sua età. Fu eg^ tra primi
che prendesse a scrivere alte dottrine e sottili speculazioni di
Astronomia e di Cosmografia con pura e tersa lingua italiana ;
onde il Perticari si ebbe a dolere che non avesse per anco otte-
nuto onorato seggio nella Crusca (2). Egli che aveva fatto innal-
(1) n giorno 30 aprile del 1586 fu desùnato alla prima operaùone
dell* inalz amento dell* obelisco. Vi si operò fino al 13 giugno. Interrotti i
lavori a cagione dei calori estivi, il giorno 9 settembre vennero ripresi, e
l*iobelUco (il collocato sulla sua base. Milizia» Memorie te, voi 2, libro UI.
pag. IDI.
(2) Degli Scriflori del Trecento^ lib. 1, cap. XII, pag. 06 — Siamo
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LIBRO HI. GAP. XVL 325
tare al fratello Vincenzo un marmoreo sepolcro, non consegui
dopo morte dalla gratitudine dei posteri una pietra che allo
straniero additi il luogo ove hanno riposo le sue ceneri.
Possa la vita d^na ed operosa del P. Ignazio Danti essere
specchio in cui mirino i claustrali della presente età e delle fu-
ture!
fJebUori al più volte lodato prof. Gìo. Batt. Vermìglioli se Bartolommco
Gamba nella quarta edizione de' suoi Testi di Lingua pose in essa più opere
ilei P. Ignazio Danti. Vedi pag. 377, 400 ec.
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aae memorie
CAPITOLO XVII.
Del P. Domenico Portigiani^ vakntisnmo Fonditore in bronzo
e Architetto.
l^empre cbe ci è occorso sottrarre dalle ingiiirìe del tempo %
dalla non caranza degli uomini alcon nome degno di ^sere con
venerazione e con gratitudine ricordato, noi ne abbiamo preso
inestimabile diletto , sembrandoci per tal modo ben meritare
dei buoni , i quali , se negletti o ingiustamente oppressati in
vita, possono vedere cbe veglia su di loro la storiarla quale, tar-
diva si alcune volte, ma pur finalmente viene a trarre il loro
nome dall* oblio, e tramandarlo immortale alla posterìtè. Ma
quando per la pochezza del nostro ingegno non fosse a noi
conceduto assicurare ai medesimi la perpetuità della fama, ci
stimeremo non pertanto largamente rimunerati delle nostre fa-
tiche col solo pensiero di averlo tentato: e questo dolce diletto
proviamo ora nel parlare del P. Domenico PortigianL
Egli che nel suo secolo a ninno fu secondo nell'arte dif-
ficilissima del getto in bronzo; e che prestò 1* opera sua nel
fondere molti e grandi lavori del celebre scultore Gian Bo-
logna, del quale era verosimOmente discepolo o imitatore,
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LIBRO HI. GAP. XVII. 327
meritava a nostro avviso onorata menzione nella storia della
scultura italiana. Nondimanoo (a egli non pure dimenticato
dal Cicognara/ma il Baldinucci con ingiustizia troppo pa-
lese le opere del Porligiani attribuì a Gian Bologna e ai di
luì discepoli* Il perchè ho tolto a scriverne brevemente la vita ,
pubblicando del medesimo quelle notizie che nell' archivio della
insigne cattedrale di Pisa , ed in quello del conv. di S. Marco di
Firenze, mi è stato possibile di rinvenire (1].
Da un maestro Zanobi Portigiani, ugualm^ite fonditore di
bronzi y nacque il P. Domenico l' anno 1536, e gli fU imposto nel
battesimo il nome dì Bartolommeo. Ignoro però il luogo che gli
diede i natali, e sono tuttavia incerto se abbia diritto a questa
gloria la piccola città di San Mmiato al Tedesco , ov-
vero Firenze (2). Dal genitore apprese per alcuni anni l'arte
del getto e del rinettare 1 bronzi ; e come da questa non è
dato facilmente partire il disegno e il modellare di terra , si
vuol credere ancora in queste arti ammaestrato. Nel tempo di
questi studi non intralasciava però quello delle umane lettere,
nelle quali, come che non facesse straordinari progressi , pur
tanto seppe in latinità , che volendo dedicarsi al Signore nel mi-
nistero del culto , chiese ed ottenne Y abito Domenicano nell' in-
signe convento di S. Marco in Firenze, nel giorno 5 di Agosto
(1) E qui mi protesto grato a tutti quegli animi gentili cke in Pisa
mi agevolarono la vìa a consultare gli Archivi della Cattedrale e del Ca-
pitolo.
(2) Nel contratto fra gli Operaj del Duomo di Pisa e il Portigianì,
questi è detto fiorentino.
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338 MEMORIE
dell'anno 1552 , per le mani del P. Vincenzo Ercolani perugino,
non contando di età che soli 15 anni e sei mesi ; sendo annove-
rato fra i religiosi corali, e mutando il nome di Bartolommeo in
quello di Domenico (1). Sembra indubitato però, che tosto ve-
stite le sacre lane fosse inviato nel convento di S. Domenico di
Pistoja per compiervi V anno del noviziato, dicendosi professato
dal P. Lodovico Buoninsegni, sottopriore di qu^ convento , li 14
Agosto 1553 (2).
Allora quando il Portigiani giungeva in Pistoja, il pittore fra
Paolino del Signoraccio era da alquanti anni mancato ai viventi,
e con esso si era chiusa la successionci dei pittori della Congrega-
zione di S. Marco. Viveva però in Firenze la pittrice suor Plau-
tiUa Nelli, ed era nel fiore degli anni. Io ho per lunga esperienza
veduto che coloro i quali, dotati di indole buona e di svegliato
ingegno, hanno con laudabile fine vestito l'abito religioso, aiutati
dalla pace e dal silenzio del chiostro, si sono studiati dedicarsi
ad alcune utili e belle discipline, nelle quali ed tempo perfezio-
nandosi, sonò addivenuti eccellenti, ed hanno mantenuta ad un'ora
la integrità della vita, e la onestà del costume. E se io volessi
noverare quelli solamente che si diedero alle arti meccaniche,
piuttosto mi mancherebbe il tempo che la materia. Tanto avvenne
al P. Domenico Portigiani, il quale, non avendo da natura sor-
tito grande attitudine agli studj delle scienze ecclesiastiche , si
yoltò a quello delle arti del disegno, per le quali sentiasi tratto
(1) Ibid. Sì correggano con ciò il Gori ed il Richa^ che lo dissero
' Converso.
(2) jénnaUum conv. S. Marci de Florcntia^ fol. 264.
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LIBRO HI. GAP. XVII. 329
più fortemente. Si diede pertanto a leggere e meditare le opere
di architettura di Vitrurio e di Leon Battista Alberti , primi ed
etemi maestri di quest'arte nobilissima ; e in essa, aiutato dallo
studio e dall'ingegno, fece col tempo cosi felici progressi, che potò
dirigere importanti fabbriche in prò de' suoi religiosi in Firenze
ed in Fiesole (1). Ripigliando nelle ore di ozio l'uso del modellare
e del getto in bronzo, condusse molti e bellissimi layori di vario
genere ; intanto che le memorie del convento ricordano da lui
fuse , statue, fonti , cannoni, campane, utenti domestici, il tutto
conducendo con molta bravura. Ma segnatamente lodarono sem-
pre in lui la pratica e diligenza nel rinettare gli ornamenti di
bronzo con bellissimo pulimento; il che quanto malagevole ria e
quanta perizia richieda , il sanno coloro che hanno alcuna noti-
zia delle arti del disegno; sendo mestieri che l'artefice, fatto U
getto, con ferri appropriati, cioè bulini, ciappole, strozze, ce-
selli , ec., levi dove bisogna, e dove bisogna spinga ali* indentro
e rinetti le bave; e con altri ferri che radono, raschi e pulisca
il tutto con diligenza , e da ultimo con la pomice dia il puli-
mento. E per ciò che spetta al colore onde s'impronta il bronzo,
adoperi ove l'olio, ove l'aceto o la vernice, secondo si,vaoleche
ritragga in nero, o verde. Le quali considerazioni ed avvertenze
richiedono arte e pratica singolare, aflBnchè il concetto e il dise-
gno dell' artefice ne emerga in tutta la sua purezza ed integrità.
(1) Annoi. S. Marci, loc. cìt. f^erum hic Pater ^ ut architectus ,
multa tedtficia vel collapsa, aut lapaui proxima, confirmavit, aut denuo
erexit. Fra le opere dì architetturai può ricordarsi il novitiato di S. Dome-
nico di Fiesole eretto con suo disegno.
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330 MEMORIE
E certamente Lorenzo Ghibertì, quando dbbe ooodoCte eoo bel-
lissimo getto le porte del S. Gioyanni in Firenze, si Tabe per
rinettarle de' primi orefici e scultori fiorentini» e in special modo
di Masolino da Panicale e di Antonio del PoUaindo.
Nel tempo della sua dimora in Firenze» il Pcnrtigiani prese
dimestichezza col celebre scultore ed architetto Gian Bologna di
Dovay» e dal medesimo attinse molte cognizioni onde perfe-
zionarsi nel disegno e nell' arte fusoria. Per la qual cosa , do-
vendo quegli eseguire di continuo per il Gran Duca di Toscana
molti e importanti layon di getto» talora si giovava dell'opera
del nostro fonditore. Ora avvenne che la nobilissima fiinn-
glia Salviati» avendo ottenuto dai Padri di & Marco il gius pa-
tronato dell' altare di S. Domenico » uella cui parie sotterranea
. giaceva in umile deposito il corpo incorrotto del gkMÌo^ Arci-
rescovo S. Antonino » volle imprendere la fabbrica di una ma-
gnifica cappella per trasportarvi il prezioso corpo del santo. U
perchè» con splendidezza piuttosto regia che privata » invilo i
primi artefici fiorentini a decorarla con l' opera deUa ardùlet-
tura » della pittura» della scultura e dei bronzi» versando in essa
meglio che 80 mila scudL Di tutti i lavori fu data la direzione
a Gian Bologna» col disegno del quale venne eretta dalle fonda-
menta la cappella non solo , ma finnovata tutta la chiesa. A di-
pingere la cupola e la tavola principale trasoelscro Alessandro
Allori» detto' il Bronzino. Le due tavole laterali dettero a colo-
rire a Francesco Morandini da Poppi » e a Battista Naldini fio-
rentino; e le due grandi storie a fresco nel vestibolo fecero
condurre al Passignano. Delle sei statue» una tolse a scolpire
)o stesso Gian Bologna , e le altre i suoi discepoli Al P. Dome-
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LIBRO HI. GAP. XVII. 331
nico Portigiani fa dtCa la cura di esq^oire tatti quanti i la-
vori di bronzo (1).
E primieramente volendosi fireparare ona nobile ama per
cbiaderri il corpo del santo, fa questa eseguita di mtfmo nero
orientale , e fo divisalo soprapporvi in bronco la figura giacente
di 6. Antonino, grande al vero. Gian Bologna diede il disegno
della Medesima» e il getto fii esegaito dal Portigiani. Questa sta-
tua fii condotta con grandiasiffia dOigenza ; e segnatamente la
testa ai vede benissimo modellata, e tutto il rimanente del lavoro
rinettato medio pulitamente. Sopra le sei statue cbe vagamenie
adomano la cappella, fìirono collocate sei storie in basso rilievo
di bronzo , alle braccia due e due leni, e lai^be un braccio e
due terzi. Eziandio queste tarano disegnate da Gian Bologna ed
eseguite dal P, Domenico Portigiani con uguale bravura. Le^
prima, <die è sopra la statua di S. Giovanni Ballista, rappresenta
Su Antonino cbe predica al popolo fiorentino. La seconda, sopra k
statua di S. Filippo Apostolo, esprime l' ingresso di S. Antonina
nella città di Firenze, sendo nuovamente detto Arcivescovo , i(
quale rinunziato per umiltà la cavalcatura, entra piangendo,
nudati i piedi, e accompagnato dal clero, dal magistrato e
dal popola Nella terza, sopra la alalua di S. Tommaso di Aquino^
ci ai otbe il S. .arcivescovo nell'atto di risuscitare da morte un
uncinilo. Ritrasse nella quarta , collocata sopra la statua di
S. Eduardo re d'In^terra, S. Antonino che fa elemosina ai po-
verellL La <piinte, sopra San Domenico, rappresenta quando
(t) Vacrukmé della CappeOa di S. Antonino ArciftBco^o di Fi-
rente ec. Firenxe 1728, un toI. in-fol. ù%nT. V. pag. Vili. -« QnesU de-
scrìsìone è opera del celebre Aoton Frutoésco Gori, antiquario 6oreiitìiio.
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332 MEMORIE
S. Antonino rìcoTe V abito di frate Predicatore. E finalmaite la
sesta 9 sopra la stataa di S. Antonio Abate , mostra il Santo
ArcÌTescoTo in atto di assolvere il magistrato della città di
Firenze dalle censore incorse per la violata giorisdiziooe ec-
clesiastica. Sulla facciata della cappella, nella parte interio-
re; fece tre statue di bronzo di squisito lavoro, e sono tre
angioli, dei quali quei di mezzo sta in piedi, e gli altri due, uno
per lato, seduti. Fuse imrftre quei due candelabri di bronzo
che si vedono collocati innanzi l'altare del santo ; e alla mensa,
in luogo di paliotto, fece un bel graticolato di metallo lavorato
di rabeschi di ottimo gusto.
Per tutti questi lavori la cappeOa acquistò un raro orna-
mento , ed il nome del P. Portigiani betUssima fama. Per la qual
cosa l'I Gran Duca (scrive ilP. Serafino Razzi), quando UP. Do-
menico avesse voluto dedicarsi a cosiffatta professione ^ F avrebbe,
come dicono , provisianato , e datigli alcuni giovani , che colak
arte avessero da lui appresa. Ma egli parendogli ciò alieno dalla
sua prima professione , finita la predetta opera di S. AnUminOy se
dalFubbidienxa non sarà costretto^ cotale eserdgio tralascerà. Tro-
vasi detto buon Padre di età oltre dnquanf anni, e ora è confes-
sore del monastero di S. Domenico di Firenxe ; e un suo fratello
carnale per nome leronimo è ingegnere presso il Duca ài Sa-
voja (1). Soggiunge poi il continuatore degli Annali di S. Marco,
come avendo il re dell' Etiopia fatto richiedere il Gran Duca di
Toscana di un perito fonditore di bronzi perchè in quest' arte
ammaestrasse alcuni giovani di quel regno , quando il P. Porii-
(1) Istoria degli Uomini illustri re, pag. 354.
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LIBRO III. GAP. XVII. 333
giani vi avesse consentito, sarebbe stato preferito agli altri
artefici fiorentini (1).
Ma l'opera che eternerà il nóme ili questo religioso, è il bel- .
lissìmo getto delle porte di bronzo della Cattedrale di Pisa, che
egli condusse per la sola metà , sendo dalla morte impedito di
portarle all' ultima perfezione. Di questo immenso lavoro, non
ben noto allo stesso Morrona , noi parleremo alquanto diste-
samente, producendo tutte quelle notizie che nell'archivio di
quella cattedrale ci fu dato di rinvenire.
Nella notte del 25 ottobre dell'anno 1595 un voracis-
simo incendio avea distrutto il tetto e le porte della Catte-
drale di Pisa. Ciò era avvenuto per incuria di un capo mastro
stagnaio, mentre era occupato a risaldare alcune lastre di piombo
onde è coperto l'edificio. Rimase perciò distrutte l'antichissima
porte di bronzo fatte da Bonanno architetto e scultore pisano
Tanno 1160; monumento importantissimo dell'arte italiana in
tempi non ancora alle arti propizi. Volendosi rifare di bronzo
non pure la porte maggiore, ma eziandio le due laterali, si ebbe
ricorso allo scultore Gian Bologna, il quale allora teneva il pri-
mato dell* arte in Firenze. Non erano più i bei tempi del Ghi-
berti , del Brundlesco , di Donatello , di Iacopo della Quercia ,
quando Firenze volendo fare eseguire le due porte del Battistero,
ordinava si facesse intendere a tutti i maestri che erano tentUi
migliori in Italia , che comparissino in Firenze per fare speri-
mento di loro. (Vas.) Ma cadute l' arte da quell' altezza , spento
0 menomato lo spirito patrio , si inviteva uno straniero ad eri-
gere in Pisa questo solenne monumento. Come l'opera era grandis-
(i) Annal, S, Marcia fol. 264.
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3U MEMORIE
ama, ed egK aasii kioltrito negli anni , si asaociò in qnel 1»-
Yoro molti de' snoi discepoli, fra qnali si norerano, KetroFra»-
caTiDa f Antonio Sosini, Pietro Tacca , Oraxio Mocchi , Giovanni
dall'Opera ec Tatti questi dovevano modellare in cera le storie
disegnate daGian Bologna: ma all'opera diiBcilissima del getto
in bronxo^non si ebbe artefice più atto del P. Domenico Porti-
giani. Errò grandemente il sig. Alessandro da Morrona allora-
qottido scrisse , che solamente nell' anno 1601 si modellarono le
suddette tre porte nella città di Firenze; percioccbò sendo morto
appunto Q P. Domenico Portigiani nei primi del 1601, non
avrebbe potuto eseguire come fece la metà di qadk> sterminato
lavoro (!)• E invero, fino dall' anno 1506 si trovano pagamenti
Ditti al Padre suddetto per le porte ddla cattedrale Pisma (S);
e da una lettor di Giovanni Battista Cresci ai dqputati dd-
l'Opera, in data del 30 novembre dello stesso anno 1596 , sem-
bra dedursi che il Portigiani a modo di saggio digià lavorasse
(1) Pisa iUutirala, voi. I, parte 2, cap. Ili, § 4, pag. 109, edi-
lione dì LÌTorno del 1812.
(2) E questa una ncevuta di roano del Portigiani scritta da FSfenxe
li e giugno 1596, nella quale dichiara aver rìcevuti Se. 350f delle porte
del duomo da farsi di bromo. Vedi Recapiti per la Restaurazione del
Duomo dal 1596 al 1598 (archivio dell'Opera del Duomo). Un* altra ri-
cevuta ha la data del 23 luglio 1596. Nella citata fiUa, sotto il N. 355, si
rinvengono alcune partite di danari pagati al P. Fr. Domenico Portigiani
dai Sigg. Deputati, per mano del Camarlingo di Santa Maria Nuova, nei
giorni 27 luglio, 13 agosto e 25 detto, dello stesso anno 15M. Le rice-
vute poi àm seguenti aimi s^mo ia nuoitro molto maggiore , • noi ooet*
tiamò ricordarle per amore di brevità.
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LIBRO IH. GAP. XVII. 335
una storia e alcuni fregi per le medesime. Ecco le sne parole :
Quando il P. Portigiani vorrà danari se li onderanno paghando
secondo le occasioni , et ghe n'ho offerto n$ se ne cura per adesso*
Siccome deve haver forse scritto alle SS. VV. hanno in tutto sta
bilito Pordine , et come ha da essere la porta grande^ et si com
piaciono così nello adornamento come nel comparto. Il quale ere
detemi che se il Signore benedetto concede loro vita et stmità^ sa
ranno cose da far sttq^ire chi le vedere^ si del loro ordine ^ mi-
sterj et significati^ come della nobiltà del lavoro; se voi vedessi
hora quel quadro fornito^ vi parrebbe altra cosa ec (1). Il con-
tratto fra i Deputati dell'Opera ed il P. Domenico Portigiani fa
fermato in Pisa il giorno 22 aprile 1597^ forse secondo il computo
antico pisanoi Questo importante documento, tuttavia inedito e
da noi rinvmuto nell' archivio del Capitdo della Cattedrale ,
si darà nei documenti (a), ter esso appare» essere stato al
Portigiani affidato il getto di tutte e tre le porte, e cosi i
lavori delle storie come degli ornamenti secondo % modelli di
legno messi a cera consegnati a detto Padre ; i quali modelli
dover essere eseguiti per le masU di buonissimi maestri , il la-
verò dei qttaU debba soddisfare ed essere approvato da mes.
Gio. Bologna e mes. Raffaello di Pagno architetto di S. A. S:
obbligarsi il Padre suddetto, tosto compiuto il lavoro delle porte,
di farle condurre a Pisane stare assistente a farle mettere et ac-
comodare come hanno a slare: esser tenuti i Sig. Deputati di
provvedere il Portigiani di luogo atto al suo lavoro in Firenze;
(i) Monumenta Reataurationis Pis. Primatial, Ecclesioì, Lett. M.
miscellanea di conti (arcbìvio del Capitolo).
{a) Vedi Documento (X.)
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336 MEMORIE
fornire latto il metallo che per le dette porte abbisognasse, con
fargli buono il calo di dieci per cento di quello feeeranno; doTere
il lavoro essere ben fattOy pulito e netto: e nascendo alcuna qai-
stione fra il Portigiani e i Deputati, dichiararsi arbitri mes. Gio.
Bologna e mes. Raffaello di Pagno : per fattura delle quali tre
porte, dovere i Signori Deputati pagare *allo stesso Padre Dome-
nico Portigiani scudi duemila dugento di lire eette per scudo; e
per sei mesi prossimi^ fargli pagare scudi cinquanta il mese «
e decorsi % sei mesi , pagargli m proporiione secondo il Imoro
farà alla giornata; il saldo di ogni suo avere solo dova*si fare
quando consegnerà finite le dette tre porte, le quali dovranno
consegnarsi ai predetti Deputati in Firenze nel termine di anni
dui proxinn avvenire f da incominciare al primo maggio prox. del
presente anno et seguire anzi finire come segue ec^ obbligarsi da ul-
timo alla osservanza delle predette cose cosi il P. Domenico Por-
tigiani come Zanobi di Girolamo Portigiani suo nipote. E vera-
mente si trovano le firme dell' uno e dell' altro appiè del con-
tralto. Per questo documento non vi ha più ragione alcuna
di dubitare se al Portigiani fosse affidata una parte o 1* intiero
lavoro; e la Cronaca di S. Marco dice apertamente che , q%u m*-
rahili artificio vahae et Uminaria trium portearum^ et portae ipsae
majoris ecclesiae civitaHs Pisanae e{a6oralae «uni (1). Quel Zanobi
Portigiani che si trova ricordato nel contratto, nipote e allievo del
P. Domenico nei lavori di getto, lo aiutò grandemente nel fondoe
le porte, e sembra che dopo la morte ddUo zio le conducesse a
termine. Vero è che si trova menzione di un Agnolo, il quale se-
(1) Jnnal. S. Marci, fol. 264.
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LIBRO IIL CAP. XVIL 337
coùdo il Morrona, si denominava Serrano, anch'esso occupato ai
servigi dei Padre Portigiani (1).
Con questi due giovani imprese il religioso di S. Marco
r opera diflBcilissima del getto e del puUmento delle tre porte.
Nei due archivi dell'Opera del Duomo e del Capitolo, rinvenni
moltissime ricevute di mano del P. Domenico Portigiani per da-
nari ricevuti dai Provveditori dell'Opera del Duomo per le me-
desime (2). Per quanto il buon Padre si affaticasse, il lavoro non
potè essere tanto sollecito quanto voleva il contratto. Egli aveva
oltrepassati gli anni sessanta di età, era cagicmevole di salute , e
non aveva seco che due soli giovani. Quindi dal continuo aggi-
rarsi intorno la fornace, e dall' affaticarsi di soverchio in quella
malagevole operazione,contrasse una gravissima infermità,che con
acerbissimi dolori il trasse in breve al sepolcro. Neil' archivio del
Capitolo trovasi una lettera del P. Filippo Guidi, religioso dome-
(1) Pisa illustrata, loc. cìt.
(2) Queste ricevute sono in nanaero dì 34^ e giungono dal 1596 (ino
al 20 dicembre 1601. Ne riporterò due sole per cagione di brevità, jà di
16 di luglio 1597. lo fra Domenico Portigiani ho ricevuto da M. lacopi
Provveditore delle Fortezze, libre due mila di stagno al netto in verghe
consegnatomi alla fonderia (C ordine delli sigg. Deputati ec. La seconda ,
addi 18 maggio 1597 (stile Pisano) è un ordine di pagamento cosi conce-
pito. Francesco di Santo Regolo Camerlingo pagate a Giovanni Pro
caccio lire otto, sono per porto delli modelli delle porte mandati a Pi-
reme al Padre Portigiani, e di più lettere Jino a tutto questo giorno; e
ponete a conto della Restauratione del Duomo L. 8.
HoRATio RowcioHi ì Deputati di S. A. S. alla rr^
PiiTRO Maracci 1 stanratione del duomo di Pisa.
II. 22
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338 MEMORIE
nicano, diretta agli Operaj del Duomo di Pisa, scritta di Firenze
li 3 febbraio 1601, nella quale si dice, il Padre Portigiani essere
già assai presso il termine della sua vita ; essa è del tenore se-
guente : <t Giunsi hier sera che fu sabato p. la Dio gratta in
Firenze, e trovai il Padre Fra Domenico in peggiore essere ,
e benché tuttavia si vada consumando pian piano, è nondimeno
bene in cervello , e parla molto a proposito massimamente nel
discorrere intomo a suoi lavori, et ha dato et da di continuo av-
vertimenti al nipote, rendendoli conto di tutto il fatto e il da farsi.
Et egli è prontissimo a tirare francamente V opera al fine e ser-
virassi d' uno pratichissimo , fi quale ha servito et attualmente
serve il Padre Fra Domenico, chiamato Agnolo, che detto
suo nipote vi è costi a posta per parlare alle SS. W. e per ap-
puntar tutto quello che a loro piacerà , il quale il P. F. Dome-
nico gli raccomanda con tutto TaOctto, e gli accerta essere habi-
lissimo quanto qualsivoglia altro in quest'impresa particolare.
11 somigliante fa il nostro Padre Priore con tutti noi altri, peroc-
ché si vede hoggi havcr fermo Fanimo et attendeife a bottega, e
voler più che mai quetarsi. E caso che loro havessero qualche
dubbio, se le potrà dare la materia giornalmente quale gli sia
necessaria, purché non se le dia occasione di perder tempo. E si
rinquora assai più presto dargliele finite, che non haverebbe
fatto il Padre, perché non vuol attendere ad altri lavori che a
questo, come più largamente da lui sentiranno a viva voce.
Hoggi per esser festa non s' é possuto dar principio a far V in-
ventario come hanno ordinalo. Si comincierà domani se però sìa
comodo al Sig. Provveditore, col quale saremo pronti per eseguire
il desiderio loro. Fra tanto s'è fermo il lavorare, e serrata Li
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LIBRO IH. GAP. XVII. 339
boUega cauUmente, e perchè dod di perda tempo egli viene per
rassegnarsi, e per mantenere là promessa sua fatta in sa la scritta,
e tor da loro parola , e subito tornarsene e eseguir il lavoro.
Che è qnanto mi occorre di presente, restando per servirle dove
giudicheranno che siamo atti ec. d Dopo due soli giorQi dalla
presente lettera, il Padre Domenico Portigiani cessò di viv^e ;
cioè il 5 febbraio del 1601, nella sua età di anni 65, e cinquanta
di vita claustrale (a). Sembra che dopo la sua morte il lavoro
delle tre porte di bronzo rimanesse interrotto per lo spazio di
circa un anno; è indubitato però che solo il 24 gennaio dell'an-
no 1603 i deputati del Duomo di Pisa delegarono lo scultore
Antonio Susini fiorentino a stimare il lavoro lasciato dalPadreDo-
meoico Portigiani, obbligando i Padri Domenicani del convento
di S. Marco di Firense^ a delegare ugualmente un anista di lor
fiducia per la cagane medesima. Il Susini a maggior sicwezaa
tolse compagno a quella periziai scultore Pietro Tacca alitavo
di Gian Bologiia, ohe ancora esso e molto informato di tutta que-
sf opera et avi fatto delle storie (intendi i moddli), et imieme adth
naie otoiamo fatto legiere f inventario di tutti i lavori gettati da
fra DomeniàOy ti di etorie come fregia cornice fascette, e ri»oli€t di
storie interrale , cere lavorate, in détte storie et ogm altra cosa,
dichiaramo tuttadua insieme, ohe le porte fra Domenico V abbia
lasciate in termine della metà fatte , e solo si abbia da aivere ri-
guardo di quello abbia speso fta Domenieo a far fare U storie di
cera , e quelh che abbiano speso e SS. Deputati in esse storie
dopo la morte di fra Domenico, e chi di loro a^rd speso più sia
rifatto Vuna parte all'altra .... e si deve far buono a qtielli che
(a) Vedi Documento "(Xl.)
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SM MEMORIE
son redi { eredi j di detto Padre , e di coti ci pare che sia giusto e
dovere ec. (1).
Se le porte del S. Gioyannì io Firenze , opera meraTÌglìosa
di Lorenzo Ghiberti, vincono al paragone quanto mai si è ope-
rato in questo genere nel giro di molti secoli; quelle del duomo
di Pisa stimo, dopo le fiorentine, tenere il primo luogo in Italia.
La porta principale è nella sua altezza braccia 12, e larga 6; e le
due laterali sono alte braccia 8 { e larghe k |. Un grazioso contorno
di fronde, di frutta e di fiori, che imitano assai bene la natura, e
che sono di un getto meraviglioso, divide in quattro quadrature
ciascuna imposta. Vengono in esse rassembrati vari tra i prin-
cipali misteri della vita della B. Y. e di quella di G. C. Le figure
sono bene atteggiate e di bei panni vestite , ed alcune quasi dal
piano si distaccano. Nelle divisioni degli ornamenti sono espressi
gli emblemi relativi alle storie. Nei fregi vedonsi vari profeti e
santi , che nelle estremità loro e nelle movenze tengono molto
del grave stile Michelangiolesco. In fine vedonsi diversi gerogli-
fici colle epigrafi relative. Le due porte laterali sono tutte ricintc
da un simile contomo in tre soli riquadri per imposta. Ugual-
mente quei della destra come quelli della sinistra porta offix)oo
effigiate alcune storie della vita e della passione di G. C.;e nelle
testate e negli angoli, otto simulacri di santi. Non fa mestieri di
una grande perizia nell'ile onde ravvisare subitamente con
quanta bravura siano state fuse e rinettate le storie di queste
tre porte, ornamento bellissimo di quella insigne cattedrale.
Qui diamo termine alle notizie del P. Domenico Portigiani. Il
(1) Lettera di Ant. Susini, del 24 gennaio 1602. — Monumenta Rt-
Blaurulionis Pis. PrimatiaL Ecclesia:. Lelt. M. — Miscellanea di conti.
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LIBRO III. GAP. XVII. 341
conlìnualore degli annali del conv. di S. Marco ne loda la pietà
e la prudenza, e scrìve fosse successivamente maestro dei no-
vizi, confessore delle religiose dell'Ordine, e sottopriore nel suo
convento di S. Marco, e in altri di qnella Congregazione. Sembra
che nell' arte del getto non lasciasse nel sno Istituto alcun suc-
cessore. Quindi la storia della Scultura presso i Domenicani si
compone di questo nobilissimo triumvirato : Fra Guglielmo ^
Agnelli, nella statuaria; Fra Damiano da Bergamo, nell'intaglio
in legno; e Fra Domenico Portigiani, nel getto in bronzo.
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342 MEMORIE
CAPITOLO xvni.
Del P. Domenico Paganelli da Faenza, Architetta,
ed Ingegnere civile.
l9e molta lode e molta estimazione meritano coloro i quali,
con l'opera del pennello o dello scalpello porgono alla società
argomento di morali e religiosi pensieri, o paghi al solo diletto ,
ritraggono in tela o in marmo le svariate bellezze della natm*a;
molto maggior gratitudine meritano coloro, che tutta posero
r arte e l'ingegno a sopperire ai gravi bisogni della patria col
mezzo della architettura civile e militare, e segnatamente per
quella parte che spetta alla Idraulica ; sendo veramente questo
il debito delle Arti, offerirsi in prima all' utile e poscia al diletto
dei cittadini. Onde la. Francia benedirà sempre ai nomi di
Craponne e di Riquet; l'Italia a quei del Giocondo, del Vinci ec
Nò men caro debbe essere ai Faentini il nome e la virtù del
loro Padre Maestro Domenico Paganelli, del quale non avendo
Gno al presente alcuno, che io sappia , preso a scrivere la vita .
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LIBRO IH. CAP. XVIII. 343
noi ci studieremo dì farlo alquanto conoscere ai fiostrì leggi-
iiiri (1).
La nobile famiglia dei Paganelli , m prestiamo fede al Ton-
doKU, negU andati tempi avea tenuta sede in ForUmpopoli; po-
scia dem(dito quel castello nel 1360, ebbe fermato dcmiicilio nella
yicina Faenza (2). Ha da nna notìzia che si dice cavata da an-
tico manoscritto, farebbe mestieri credere che ì Pagandli avesser
tratta la origine nel castello di Conio, donde partitosi Silvestro
Paganelli, venisse a stabilire la sua dimora m Faenza, intomo
il 1200. L'antico castello di Cunio era situato non molto distante
da Cotignola , ed era la signoria dei conti che si dissero di Cu-
nio (3). S^ttitando sempre le memorie inedite tramandateòi da
4
uno scrittore contemporaneo, leggiamo come a Stefano terzo figlio
di Vincenzo Paganelli fu di grazioso aspetto e di acuto ingegno ,
in ogni cosa sagace, e non si messe mai a fare cosa (benché giovane
fosse ) che non gli riuscisse: ma tocco da^o Spirito Santo abban-
donò il mondo con ogni sua pompa per poter megUo attendere
al servizio dd suo Creatore, e si fece religioso nel convento di
S. Andrea di Faenza de* Frati di S. Domenico, facendosi chia-
mare Domenico; ciò fu nell'anno 17 dell'età sua, e alli 5 del
(1) Debbo la più parte dì queste notìzie ai miei concittadini e con-
fratelli, P. L. Sebastiano Pallavicini, e P. M. Ferdinando Romancngo, ai
quali intendo renderne le dovute grafie.
(2) Historia di Faenza di Giulio Cesabb Tohduzzi. Faenu 1675 ,
un voi. in-fol. Vedi pag. 426.
(3) Dì questo Castello fanno menzione, il Tomouzzi» loc. cit. ; il Bo-
zfOLi, Storia di Cotignola; Leandro Alberti, /^e«cr<s. delV Italia ; Mitta-
RELLi, Rerum Favcntinar. Scriptor. ; Savioli, uénnali Bolognesi.
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344 M E M O R I )E
mese di giagno dell' anno 1562 (1) ; ed entrato nella detta reli-
gione cominciò a fare opere religiose, cioè a meditare, orare e
digiunare, faticarsi nei studj , e impiegarsi in altre cose, che ai
frati e religiosi si convengono. Studiò nel convento di Bologna ,
e nei primi conventi della sua religione lesse e predicò con
frutto degli ascoltanti. Tenne la dignità del priorato in più con-
venti e più volte con molto ìsuo decoro : ma trasferitosi all' alma
città di Roma , con licenza de' suoi superiori, patria e rifugio di
tutti i letterati e virtuosi, V anno di Cristo nato 1585, e con la
sua virtù clemenza e bontà s'acquistò e guadagnò la grazia
dell' Uì^^ Rer^^ Card. Alessandrino de* principali Cardinali delia
chiesa Romana di buona memoria, e molto stimato in quel tempo^
e molto amato per la buona felice e santa memoria di Pio V.
suo zio, al qual Cardinale, avendo servito per lo spacio di tre-
dici anni e sino alla sua morte, con gran satisfazione di esso pre-
Iato e laude sua , il qual Cardinale con V architettura di esso
frate Domenico ( della quale si dilettava e si diletta, ed è per-
fetto architettore al presente ), fece fare in Roma un palazzo ,
nel quale spese da sessanta mila scudi e più, con molto suo con-
tento , gusto e laude del detto frate , e alla sua morte gli ri-
nunciò una pensione di cento scudi per ricompensarlo in parte
delle sue fatiche per lui sostenute. Prese anco per mezzo del
detto 111"»° e Rev"»<» Cardinale , e per il suo valore, meriti e virtù,
(1) Il P. Domenico Paganelli era dunque nato l'anno 1545. — Il
Lanxl ricorda un Niccolò Paganelli d.» Faenza, pittore, buon aìlicifo della
Scuola Romana, che potrebbe essere uno stretto parente, e forse fratello
del P. Domenico ; dicesl nato nel 1538 e morto nel 1620. Vedi Storia
PiUorica Scuola Bolognese^ Epoca 2.
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LIBRO III. CAP. XVIII. 3fc5
Della detta città di Roma il grado, e fatto Maestro di sacra teolo-
gia della sua religione, essendo' stato conosciuto per la prudenza
di tal dignità benemerito, e acquistò anco l'amicizia di molti
altri 111°^ e Rev"^ Cardinali, Principi e Baroni Romani. Fu fami-
gUarissimo di Papa Innocenzo IX, di felice memoria, il quale gli
diede un canonicato vacato nella chiesa Cattedrale di Faenza ,
quaTimpetrò senza alcuna pensione per D. Vincenzo suo nipote,
e gli avria ancora dato maggiori cose, ma Iddio lo levò troppo
presto da questo transitorio conducendolo all'eterno seculo.
Hebbe anco la grazia ed amicizia dell'Ili"» e Rev*^ Cardin. Ales-
sandro de' Medici, che tu. poi Papa Leone XI, che gli avria fatto
di molto bene, ma Ai troppo presto levato dagli occhi de'viventi,
solo gli rinunciò una pensione di cento scudi , avendolo anco
fatto suo architetto. Vive al presente il detto Maestro Domenico
neUa detta alma città di Roma, ed attende all'architettura, nella
quale è venuto eccellente, e se ne servono, e se ne sono serviti
molti di detti ni»* e Rev"* Cardinali, e altri Principi e Signori e
Baroni Romani con molta lor soddisfazione e sua laude, ed é di
età di anni 61, molto amato e in grazia di detti lU"" e Rev»* Si-
gnori Cardinali e Baroni Romani, d
Da questa memoria tuttavia inedita, si deduce che l'anonimo
scrìveva nel 1606. D Tonduzzi e gli altri scrittori Faentini ci
forniranno le notizie onde riempiere il vuoto lasciato dall' ano-
nimo nella vita del Paganelli , e a continuarla per gli altri die-
ciotto anni che ancora sopravvisse. Simile al celebre fra Gio-
condo e al Padre Ignazio Danti , questo religioso coltivò
molte maniere di sludi sacri e profani. Nelle matematiche
fu riputato uno dei più solenni maestri che avesse Roma nel
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346 MEMORIE
secolo XVII, e nelle scienze sacre e nella desterìtà degli affui
più malagevoli , ebbe opinione di tanto senno e di tanta
prudenza, cbe in tempi ne' quali Boma adornarasi di cele-
bratissimi teologi e canonùti, il nostro P. M. Domenico Pa-
' ganelli meritò essere ano di quei pocbi e più insigni cbe Tennero
invitati ad una Congregazione per la riforma del cIoto; riforma
che gli avvertimenti del concilio Tridentino e i bisogni gravis-
simi della età richiedevano. Nò vuole tacersi eziandio» come il Fon-
teOoe Clemente Vili seriosi recato Fanno ttS98 nella città di Ta-
rara novellamente acquistata (1)» e seguitandolo gran parie deBa
sua corte, al P. M. Paganelli ingiunse di tenere le veci del Maestro
dei Sacro Palazzo fino al suo ritomo in Roma (2). Ma per seguitar
l'ordine dei tempi, ei faremo a favellare della più importante fra
te opere del Paganelli, per la quale debbesi a lui maggior lode e
maggior gratitudine. Ella è questo la Fonte bellissima che ese-
guì m patria con inestimabile utilità de'saoi ccmcittodini e ador-
namento della città, onde a ragione gli storici di Faenza ne
scrissero molto partitomente, ricordandoci il tempo e la ragione
di opera tonto bella e tanto utOe (3). Giulio Cesare Tonduzzi e
(1) Clemente Vili si partì da Roma il giorno 12 aprile 1898, e
non vi fece ritomo cbe il 20 dicembre di quello stesso anno. Muratori ,
Annali d* Italia^ ad hunc ann.
(2) ToifD€£Zb Storia di Faenza ^ pag. 727.
(3) Ne piace ricordare rome la fonte di Perugia ^ dovuta eziandio
'.\à un claustrale: è questi un certo Guido «innaco Silvestrino, cbe vi con-
dusse l* acque dal monte di Paciano due miglia distante dalla citti ; fonte
ornata con scultore di Niccola e di Giovanni Pisano, e nel secolo XVI re-
aitaurata è abbellita da Vìnceitto Danti.
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LIBRO III. CAP. XVIII. 347
Cristoforo Scaletta, ambedue oontemporaDei, ci foroiraniio le no-
tizie opportune,
Già dall'anno 1567, sendo preside della provincia di Roma-
gna Blons. Moniavalente, cofam) che reggevano la città di Faenza
erano venati nel consiglio di sopperire in alcuna guisa alla molta
penuria che di acqua potabile albura pativano i cittadini ; ma
lama era stata la disparità dei giudizi, che quel savio consiglio
non ebbe alcuno risottamento. Succedolo al Blontavalente il Car-
dinale Guido Ferrerio da Vercelli, nomo Tdenteroso di adope-
rarsi con ogni afletto e sollecitudine a prò dei pop<di alla sua
cura afBdali, si pose neH'ttiimo non pure di fiutare in quell'opera
il magistrato della città, nm spronarvek) eziandio ove abbisognasse
di eccitamento. Correndo pertanto Tanno 1583, adunato il Con-
siglio degli Anziani, il Card. Ferrerio propose nuovamente l'opera
della Fonte, e insìememfente accennò, che avendo Faenza un suo
cittadino si valente architetto ed ingegnere, quale era certamente
il P. M. Paganelli , in quel tempo ai servigi del Pontefice, a nion'
altro meglio ohe a lui si poteva aifidare sì importante lavoro.
Approvato l'uno e l'altro partito, invitato da Roma il Paganelli,
gii venne ingiunto di fare diligente disamina di tutti quei luoghi
che egli stimasse più atti per la erezione deUa fonte suddetta. Ed
egli ben considerato il sito deUa città, formato il disegno, accertò
il Cardinale e il magistrato della possibilità dell'impresa. Vennero
quindi eletti dal Consiglio generale quattro nobili faentini , spe-
cialmente incaricati di trattare col Paganelli intomo i mezzi op-
portuni, e scdleeitare con ogni attività il lavoro; i nomi dei quali
furono, Africano Severchi, Cristoforo Scaletta, Cesare Nonni , e
Cesare Buonacorsi. Il giorno 15 giugno di quello stesso anno 1583,
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QhS MEMORIE
ebbe pertanto il suo cominciamento; e per provvedere io qualche
parte alle spese , il Cardinale Legato fece imporre il balzello ^
un giulio per ogni staro di pane bianco, come qwUo che è meno
dannoso per la povertà (1). Condottosi il lavoro per la lunghezza
di 200 pertiche , e con la spesa 10500 lire , fu mestieri intrala-
sciarlo più e più volte, e per la partenza dd Card. Legato, e
per la morte di lui avvenuta Y anno 1585. Si ripigliò non pei^
tanto di bel nuovo Fanno 1589; e il maggiore Consiglio onde
aiutare l'impresa, deliberava si atterrasserQ a prò di quell' opera
tutti gli alberi che adomarano le pubbliche strade; si imponesse
un nuovo balzello che importasse un quarto del sussidio triennale,
co^ sopra i cittadini come sopra i forestieri ; e si versassero in
utilità della medesima le somme proTenienti da alcuni crediti
della Comunità. Non pertanto, quale che ne fosse la cagione,
ben ventiquattro anni decorsero innanzi che si proseguisse il la-
voro. Soltanto nel 16U, essendo Legato del Pontefice Pado V il
Cardinale Domenico Rivarola , con ogni calore postosi mano al-
l' impresa , fu in breve tempo condotta ad ottima perfezione ,
con gloria bellissima del Paganelli, e soddisfazione di tutti i citta-
dini. L' ordine e il modo tenuto in quel lavoro dall' Ingegnere
ci fu cosi descritto da Cristoforo Scaletta , uno dei Deputati.
a II principal pensiero che ebbe l' architetto nella forma-
zione di questa fabbrica, si fu di visitare attentamente tutti i siti
intorno alla città, massimamente dalla parte di mezzo gi(»tìo,
donde discendono tutte V acque che scorrono per lo territorio ,
ad effetto di ritrovare qual fosse quello che, potesse riuscire più
a proposito per raccogliere l'acque bastanti per detto fonte: e
(I) ToNDUzxiy toc. cìt. pag. 681.
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LIBRO IH. CAP. XVIII. 349
osservato che lungi dalla città circa dae miglia e mezzo verso
mezzo giorno y poco distante dalla strada maestra , che conduce
a Brisighella, in luogo detto TOrvella, vi si trova un sito buono
per istabilirvi una sorgente , che avrebbe raccolte Y acque di
quelle collinette vicine, che a sufficienza avrebbero mantenuto
sempre abbondante detto fonte; tanto più che la strada per la
condotta di dette acque era sufficientemente piana; senza che il
condotto dovesse intersecare uè fiumi , uè canali', che potessero
difficultare il suo mantenimento ; e fattone il saggio con repli-
cati esperimenti y alla fine si accertò , che il luogo da esso scelto
era a proposito per lo bramato fine. A tale oggetto fece in detto
luogo fabbricare un vaso profondo, che a forma di regolato pozzo
raccoglie tutta quella quantità d' acque, che sono sufficienti al
mantenimento di detto fonte. In questo vaso si raunano , come
si vede , tutte le sorgenti di dette collinette , e quivi scolano le
acque , le quali gonfiando si alzano, finché per alcuni spirami si
possano incaminare a riempiere un ricettacolo capace, che prima
conserva si chiama ; da questa principia il condotto maestro ,
per lo quale s' incammina Y acqua verso la città , che scorrendo
sempre in detto condotto, giunge a scaturire sulla pubblica piazza,
con lo scherzo di bizzarre cadute, che fanno ammirare la biz-
zarria dell'artefice (1). o Ciò fatto, T ingegnere pensò eziandio
al modo del perenne mantenimento delle acque e a quello di
ripararne le perdite; e il fece con tutte quelle avvertenze e con
quei trovati di cui non è mai povera la scienza a chi vi
studia bene addentro. Il giudizio dei più periti architetti ed in-
gegneri commendò T opera del buon Padre Paganelli; e più
(i) Cristof. Scaletta, // Fonte di Faenza^ cop. 2, pag. 14»
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350 MEMORIE
degli oooiiiii JI tempo cotnproTò essere sfUlo maeftrerofaneBte <
gaito si importante lavoro, con vantaggio grandissimo di qndla
città. E se nella ragione dell'opera mostrò il Paganelli la sua pe-
rizia nella idraalica, nel disegno della fonte diede a conoscere es-
sere dotato eziandio di buon gusto e di bella inrenrione. Coocios-
siachè se non per la grandezza^ certo per la elegamta è quella finte
vaga molto e graziosa. Essa, munita^ alPmtomo di cancelli di fer-
ro, si compone di tre grandi leoni, stemma della città, e di Tarie
aquile e draghi di bronzo, dalla cui bocca e da altre parti del
corpo schizza T acqua a lampilfi, e ricade in un ampio
sottoposto lavacro di marmo, ove pure accolgoosi i oiolti-
plid gettiti, che da un pertugiato cannelletto di piombo, spor-
gente nel mezzo di un superiore bacino, vagamente scatorìaooDo.
Al di fuori de* cancelli, Tna ali* altra opposte, sgorgano ood-
tinuo due minori fontane, fomite ciaschedooa d'un capace abbe-
veratoio, per servire al comodo e alla necessità dei dUadìni.
Qoest' opera maravigliosa ebbe il suo compimento solo nel 1617,
come scrive il Righi (1).
Egli è verosimile che dorante un cosi famgo lavoro, il
Paganelli^ sovente lasciata Roma, si recasse in patria per di-
rigerlo (2). Negli ultimi anni volendo cfatoda^e i giorni in
seno a' suoi omcittadini ^ si recò hi Faenza , e con il danaro
raccolto dalla generosità dei Pontefici, dei Cardinali e dei
(1) Annali di Faenza, pag. 9.
(2) Scrìve il Tonduj^zi, che il Paganelli nel 1600 fosse tuttavia in
Roma, e pregato dal uiae.sU.tlo della città, otttnessc dal Pontefice che la
stessa potesse ogni anno rlegjicrsi un predicatore quadragesimale. Vedi lor.
cit. pag. 727.
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LIBRO m. GAP. XVUl. 351
Prindpi romani, a' quali areva per sì gran tempo prestata
r opera sua nella erezione di molte fabbriche, rimoTellò e am-
pliò il soo convento di S. Andrea Apostolo ; e se deyesi prestar
fede ad un' antica iscrizione , farebbe di mestieri credere che ei
lo ergesse dalle fondamenta, leggendorisi : Hoc D. Àndreae Coe-
nobiìim a fundamenHs eoctructo^ ec. E il Magnani soggiunge, che
col diségno dd Paganelli fosse rinnovato il coro e abbellita la cap-
pella del Rosario della sna chiesa (1). Tutto inteso aDa comodile
de' suoi rdigiosi, colla provvisione che ritraeva dalla città di
Faenza per V opera della fonte , comperata una villa, ne fece
dono al convento medesimo» Pregato a dare il disegno di una
magniGca cappella per la cattedrale dì ForD, fece, per attestato
di Paolo Bonoli » quella bellissima cappella d' ordine corintio »
detta deHa Madonna del Fuoco (3); sapientemente poi conserrata
nella totale demolizione della Cattedrale, stimando non poterla
riedificare né più ricca né più elegante.
Pervenuto alla grave età di anni 79, nel giorno 23 dì marzo
dell'anno 1624 il P. M. Paganelli si riposò nel Signore, nel patrio
convento di S« Andrea; e i religiosi memori e grati dei benefizj
(i) p^te dei Santi f Beoti e Venerabili Servi di Dio della città di
Facntay Parte I, p«g. 87. *
(2) Storia di Fora, voi. 2, l»b. XII, pag, 441, anno 1619. La/ab
brica, che sicuramente superò ogni altra delle già mentovate^ fu quella
a cui si die principio Vanno presente^ cioè la cappella della B, y. del
Fuoco ; ù per gli ornati Soro e di argento, che per le dipinture , marmi
ed altri lavori. Dessà è disegno del Paganelli Domenicano, architetto
del Papa. Ne fa menzione eziandio Gioliano Bezzi nell'opera : // Fuoco
Trionfante f pag. 13.
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352 MEMORIE
da lui ricevati, gU posero nel primo daustro un povero sì^ ma af-
fettuoso monumento. Offi*e questo 11 di lui busto moddkto in
terra, con abito e insegne di dottore, e avente nella destra una
carta: dappiedi una amplissima iscrizione narra i fatti principali
della vita, e le virtù di questo insigne Domenicano (1).
n P. M. Domenico Paganelli venne brevemente rammenoK)-
rato dal P. Michele Pio, da Francesco Milizia, dagli storici Faen-
tini, e segnatamente dal celebre Àbb. Gio. Benedetto Mittarelli
Camàldolense, il quale scrive, che il Paganelli lasciasse alla sua
morte non pochi scritti delle scienze da lui coltivate; ma a
quanto sembra andarono perduti (2).
(i) D. O. M. F. DOMINICO . PAGANBLLIO . FAVBNTINO . OÉD . PIABD.
8ACBAB . THBOLOGtAE . MAGISTliO . BOMANA . CUBIA . tTEBBABlAB .
GOMlfOBAlfTB . CUM , PONTinCB . ClBMBIVTB Vili . 8AGBI . PiXAm . MA-
QISTBO . IN . CBBB . USQOE . AD . BEDITOM . SUBBOGATO . OB . EU» .
PBB6PICAGUM . Ui . BBFOBMATIONIS . CONGBEGATIONBII . COOPTATO . MATHE
MATICIS . PBABTBBEA . CELEBBI . ABCffiTECTCBA . LONGB . PBAKSTAIfTI .
CCIUS . IN . BBM . Din . BOMAB . DBTENTUS . A . CABD . ALBXANDBINO .
AinSQUE . PfJBPDBATIS . TUM . A . «UMMIS . PONTIFIGIB . iNNOCKirno IX .
Clemente Vili . Leone XI . et , Paulo Y . ex . eodem . usu . munb-
BIB . AUGTUS . DEMUM . SENE! . IN . PATBU . BEDUX . HOC . D . ANDRBAE .
GOENOBIUM . A . FUNDAMBNTIS . EYTBUCTO . CHOBO . GISTBBNA . DOBMI-
TOBUE . P0BTICU8 . FOBNIGE . ABOMATABU . OFFICINA . ADIUMGTISQUB .
GUBICULIS . AUXIT . IP8B . PECUNIA . VIBTUTIBU8 . PABTA . FONTBM . AEBE .
PUBLIGO . DUXrr . PBETIUM . BELIQUIT . QUO . PBATENSI6 . VILLA . COENO*
BIO . QUAESTTA . EST . F . MAO . 8BBAPHINU8 . DE . ABGENTA . PBIOB .
AG . FBATBB8 . BELIQUI . GBATI . ANIMI . MONUMBNTUM .P.P. YIIIT .
AN . LXXIX . OBirr . X . KAL . MABT . CQI^CXXIV.
(2) De Ldieratura Faventinorum, co'. 13?.
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353
CAPITOLO XIX.
Del P. Giovanni battista Mayno, pittore Spagnuolo ,
e del P. Giovanni Andrej pittore Francese.
Il secolo Xyn y nebsto alle arti come alle lettere ed ai co-
slami 4egli italiani a?ea veduto mancare e spegnersi ad una ad
una tutte le tradizioni dell'Arte Cristiana» e la pittura ces-
sata dalla condizione di civOe e di religioso insegnamento ,
togliere le sue ispirazioni dall'Olimpo pagano. Onde parea
che la più parte degli artisti non ayessero patria terrena, e
la celeste non curassero. Imperciocché non giova ritrarre in
marmo o in tela religioso argoménto , quando non si rag-
giunge lo scopo dell' Arte Cristiana o se ne raggiunge uno a
quella contrario. Né per essere alcune figure vestite del saio de-
gli Apostoti 0 della melote dei solitari, dirò che Apostoli e solitari
siano; ma solo quando vedrò balenare sul volto dei primi la
fiamma di quella carità che li fece benefattori e delizia del ge-
nere umano ; e in quei dei secondi leggerò V estasi deU' anima
che, sollevatasi per affetto su tutto il creato, si associa anzi tempo
alle beate schiere dei comprensori. Scaduta da tanta altezza, la
n. 23
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SSfr MEMORIE
pittura non degnò più ?olga« uno sguardo, o solo incerto e fur-
tivoy a quei chiostri o?e primamente era stata aocdta e protetta,
e ove brillato aveva di una luce tutta divina. Quindi vediamo
in Italia spenta la successione dei pittori Domenicani, ed ^sere
lo storico tenuto a portare le sue ricerche in lontane regioni ,
a flne di riempiere quel vuoto che nella nostra storia artistica
lasciò quel secolo malaugurato (1).
La Spagna ci oflre nel Padre Giovanni Battista Mayno un
pittore che merita luogo distinto fra i più insigni arteflci nostri.
Cosi di lui ci fossero rimaste più copiose notizie , che noi d sa-
remmo studiati di megUo farlo conoscere ai ndstrì leggitori; ma
(i) Non Tt»gH«iDO già isierire che nltm DomeaicaAo ctMunàtt !•
pittar A hi Itatfa ttd stcok» XVD e XVIII; m» «he nmno «ì tìetò sopra la
iTMdiocrìtè. MI HmtftteBte) nel prind^ appunto M seoole X¥1I > «(vevaio
nel convento 4i S. Domenico £ Fiesole ^e relìgion ft^Qanto venati in
q««at*arte. U frimo i il P. Sesti Tesici » che akimi per errore ooafnecrp
con il beato Angelico, abbenchi posteriore ài doeccAto aoai. Il aecondo è
OD converto per nome fra Giovanni da Fireme» del quale nella Cro-
naca di quel convento si legge la seguente memoria. Ann. 1606, Fr, Ni-
colaus Pandulfini sacrista major curavit ut fieret in oratorio sacristi^
altare cum armario in quo imago sacra Annunciata depicta fuit colorì-'
bus oleo fusis , necnon armariola addita sunt et depicta ad ornatum
t
ejusdem altaris qua: quidem continebant mysteria sacra Passionisi de /o-
ris: intus vero claustra ipsa armary preseferebant imagines 7Unc S. Ro-
muU, inde S. Antonini, Tota autem plctura hujusmodi exarata est opera
et marni fratrìs Ioannis de Plorentia conversi Jilii huius emnobi. Vedi
Cronaca eonv, S. Dominici de Fesuìis ad ann. 16#3 e t606)/o/. tl^e 17.
Di qneeti due pitteri aon rìiaan più unlia di certo.
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LIBRO IIL GAP. XIX. 355
soli brevissimi cenni ne ha conserTati il eh. Sig. marchese
Luigi Montecuooolì , il quale, non sono molti anni, ha pubbli-
cata una breve storia della pittura Spagnuola, scritta con molto
ordine e accuratem (1).
Fra i molti e Talenti discepoli che Domenico Theotocopuli^pit-
tore e scultore greeo^ e discepolo di Tiziano, lasciò alla Spagna
ove si era trapiantato, uno tu il nostro Mayno, dd quale si
tace la patria , e la condizione della famiglia ; e solo ci è
noto aver ef^ì sortiti i natali nd 1569. Ugualmente che fra
Bartolommea deDa Porta, già maturo negli ai^ìi, vesti le divise
di Frate Predicatore; ma se ne ignora il luogo e il tempa La
prima notizia che di lui ci sia rimasta, ce lo addita nel 1611
già valente pittore, invitato a dipingere ndla sacristia della catte-
drale di Toledo una storia di S. fldefonso, e in un chiostro la
Circoncisione di G. Grìsta U re Filippo IV, che nella sua giovi-
necsa avea dal Mayno apparato il disegno, volle sempre gio-
varsi de' di lui consigli hitomo a tutti quei lavori che egli allo-
gava agli artisti; e per questa via il nostro pittore potè loro
essere di grandissima utilità. Gome il Theotocopuli, o il Greco
che dir si voglia, sendo più nolo sotto questo nome, avea recato
in Ispagoa lo stile dei Veneziani, tf Majno si fece una maniera
che molto ritraeva da quella di Paolo Veronese; e soggiunge il
Montecuccoli, ch*ei fosse ingegnoso nelFinvenzione, intelligente nd
chiaroscuro , castigato nel disegno, e franco nel maneggio dd
pennello. I suoi migliori dipinti sono : La tavola dell' aitar mag-
giore in S. Marco, una in S. Bartolommeo, ed una in S^ Pietro mar-
(1) Lvici MoRTiODCCDU, Storia della Pittura in Ispagna dal risor-
gimento fino ai nostri giorni. Un voi. in-8., Modena 1841. Vedi p»g. 79.
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336 MEMORIE
tire a Toledo; un Cristo morto nelle braccia del Padre Eterno,
presso i Carmelilani scalzi di Talavera de la Rejna; un S. Dome-
nico nel convento dei Domenicani di Salamanca; quattro ta?olc
e due Angioli , sui sepolcri laterali della chiesa do' suoi religiosi
di Toledo ; e una storia rappresentante la conquista del Brasile
fatta da D. Fabrique di Toledo, la qual pittura Tcdesì a Ma-
drid nel Buenritiro. Ignorasi se egli lasciasse tra suoi religiosi
alcun allievo nell' arte ; mori nella età di anni T7 nel 1646.
Due altri pittori Domenicani novera la Spagnai i nomi da
quali sono, Fra Francesco da Figueroa, e Fra Mickefe Pasados,
ma cosi oscuri che di loro non ci è rimasto che il nome (1).
Alquanto più copiose sono le notizie che la storia ci porge
della vita e delle opere del P. Giovanni André^piitore franoese,oon
il quale noi conduciamo le nostre Memme 6bo al secolo XVIIL
Egli usci alla luce in Parigi Tanno 1662. Ninno ci lasciò contezza
degli anni suoi giovanili , né* de' suoi genitori, e solo ci è noto
che in età di 17 anni si rese Frate Predicatore in uno dei
due conventi che nella stessa città di Parigi possedevano i
Domenicani ; cioè quel di S. Giacomo e quello di S. Onorala
Avendo i superiori scorto nel giovinetto amore e attitudine alla
pittura, in luogo di un teologo o di un oratore, con savio divisa-
mento, pensarono formarne un artefice, ben sapendo che andare a
ritroso delle naturali disposizioni o non è dato, o mette sovente
a termini estremi: e la natura è usa vendicarsi di questa *vio-
(1) Del P. Miguel Pasados scrìve il Montecuccoli , che appartenesse
alla provincia 2i Aragona ove sorti i natali l'anno 1711 e mori nel 1753
Di lai sono alcune pitture nel suo convento di Valenza. Vedi loco citato,
P»g. 174.
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LIBRO III. GAP. XIX. 357
lenza con lasciare nella oscurità quegli ingegni , i quali, percor-
rendo le vie da lei segnate^certamente sarebbero un giorno addive-
nuti eccellenti. Lo inviarono pertanto a Roma perchè facesse lungo
sperimento di sé studiando i maravigliosi dipinti di Raffaello e
di Michelangìòlo al Vaticano. Quando ei giunse in Italia la
Scu<da Romana wa miseramente divisa in due fazioni, le quali
con grandissima pertinacia si disputavano V impero della pittu-
ra. Erano nelTArte, ciò che Mario e Siila erano stati nei tempi
della repubblica, o ciò che nei bassi teihpi i Guelfi e i Ghibd-
Inii. In Napoli costóro sarebbero facilmente venuti alle mani ;
ma in Roma si tennero paghi a combattere con le ingiurie e a
gareggiare di strane2ze. Queste due sette erano, quella dei Cor-
toneschi^ capitanata da Ciro Ferri ; e quella di Andrea Sacchi ,
guidata da Carlo Maratta. La prima prevaleva nei freschi, la se-
conda nel dipingere a olio; quella per copia e fecondità, questa
per finitesi e diligenza. Se non che morto nel 1689 Ciro Ferri,
potè Carlo Maratta assumere la dittatura deU' Arte, e giungere
sotto il Pontificato di Clemente XI, già suo allievo nel disegno ,
a dirigere tutte le opere che si eseguivano in Roma ed in Urbi-
no» Il nostro Giovanni André, veduta piegar la fortuna dal lato
dei Maratteschi, pensò seguitare le parti del vincitot^, con
danno dell'arte e della sua gloria. Reduce in Francia, vi tra-
piantò quelle ree massime che avea trovate tra' nostri; e perchè
si diede a conoscere molto pratico e immaginoso pittore, non gli
fallirono giatnmai numerose le commissioni. I primi dipinti che
egli fece in patria dopo il suo ritomo da Roma, furono in una
chiesa che i suoi religiosi avevano di recente ottenuta in via
di Bae; ed essendo piaciuti pa* la bene intesa composizione, e per>
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356 MEMORIE
un Tigoroso impasto delle Unte, tosto gli stessi religiosi gli alloga-
roDO presso che tutti i quadri della chiesa di S. Onorato, cosi
del tramezzo come ddle cappdle ; nei quali ritrasse ak^ini fatti
della Passione di G« C. e i santi del suo Istituto. Nd tempo di
questi dipinti, il P. André era assai di sovente visitato dai celebri
pittori la Hosse e Jonvenet; ed egli in breve imitò sì bene la
maniera di quest' ultimo, che alcuni suoi quadri furono credati
ritoccati da questo celd>re artista. Venuto in fama di valente
dipintore, i Domenicani di altri conventi della Francia non
tardarono a richiederlo dell'opera sua; e segnatamente quei di
Lione gli commisero un quadro in grandi dimensioiri , nel
quale ei ritrasse il Convito del Fariseo; quadro che già ador-
nava il loro refettorio, e che ignoro ove al presente si trovi
Per i suoi confratelli di Bordeaux colorì ugualmente due
grandi quadri, in uno dei quali espresse le nozze di Cana in
Galilea, e nell'altro la moltiplicazione dei pani. Eziandio i bene-
meriti figli di S. Vincenzo de* Paoli vollero adomare 0 loro tem-
pio con alcun dipinto di questo artefice, e gli diedero ad eseguire
per la lor chiesa di S. Lazzaro due dipinti, nei quali dovea effi-
giare alcuni tratti della vita del loro fimdatore ; ed egU fece in
uno, S. Vincenzo de' Paoli che predica nello spedale del nome
di Gesù, da lui eretto dalle fondamenta , e neU' altro il santo
coronato della gloria dei comprensori. Questi due quadri me-
ritarono essere pubblicati colle stampe , e fìirono incisi da
Herisset , da Carle e da Dupin. Il biografo francese che d ha
tramandate queste notizie del P. André, loda nei di lui dipinti
la sempre nobUe e bene intesa composizione, il disegno cor-
retto, sebbene non mcdto largo , e già manierato saUo stile del
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LIBRO in. GAP. XIX. 358
Maratta ; mU' aoeoiioiare dei pamf lo prefct egregio» abben-
obà negli andari dette pieghe noi dica facile e natorak; nel co-
lore si Ue(o e TÌgoroao » d'andare nnUo appresso «1 celebre
Jkinrenet Dal che si pare» ohe in altra età e con allrì maestri
questo religiosa avrdiibe rianoTellati gli esempi di Ara Barto-
lommeo deDa Porta e del P. Marareja. Nel novero de' di tati mi-
gliori dipinti dcUMDo a suo gindizìo rioarAursi ona Adorazione
dd Magi presso i Teatini di Parigi ; nna Natività £ G. C, ima
Sacra Fanii^ nella chiesa del Buon Pastore; nna Deposizione
di Croce nella chiesa parrocchiale di Epinay; e inahneate qna
S. Genovefa, che dovea collocarsi in una cappella de* snoi re-
ligiosiy la quale dipìnse nella cadente età di novant' anni. Nei
ritratti che ei fece in tanta copia ai privati cittadini, dicono
ammirarsi sempre verità e bellezza di tinte. Avendo conseguito
bellissima rinomanza , avrebbe facilmente ottenuto l'onore di
essere aggregato all'Accademia francese, ma a lui modestissimo
parve ciò non bene affarsi alla umiltà della sua condizione.
Finalmente chiuse i suoi giorni in Parigi nella età di
anni 91 nel 1753. Furono discepoli del Padre Giovanni An-
dré, Taravaly che poi fu primo pittore del re di Svezia ; Dumont,
volgarmente detto U Aomano.che ne'suoi giorni fu eletto Direttore
della accademia di pittura; e Chasle, pittore assai dotto nella
prospettiva, che meritò la decorazione del Gordon Nero (!]•
Con queste brevi parole che noi abbiamo consecrate alla
memoria dei PP. Mayno e André, non ci crediamo già sdebitati
verso la Spagna e verso la Francia, tenendo per certo essere
(1) Diciionnaire Historiquc Critique et Bibliographique» Paris 1810.
Tom, I, pag. 139.
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L
360 MEMORIE
fioriti nei cliiostri di quelle due illustri e possenti ntzioni arte-
fici d*ogni maniera; ma noi confessiamo con dolore che d man-
cano le opportune notizie. Dirò non pertanto come TOrdine di
S. Domenico pianga tuttavia la perdita testé fatta del P. Luigi
Alessandro Pici, valente architetto firanoese, il quale, abbendié
in giovine età, ci porgeva la lieta speranza che por lai
sarebbe risorta in Francia l'architettura cristiana » e l' istituto
dei Frati Predicatori avrebbe conseguita nuova e bellissima
gloria in uà' Arte, che essi odKivaroiio con tanto amore fino dai
loro cominciamento (1).
(1) M. TnssiBR ha pubblicata tu questo religioso una Notice Bio-
graphique sur Louis-Alexandre Pici , né à Lisieux ìe 20 aoi^t 1808,
mori à BoscOf en Piémont, religieux de Vordre de Saini-Dominiqut y
le 19 dicembre 1841. Un \fol. grand in %.
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361
CAPITOLO XX.
Del P, Vincenzo Maculano^ Cardinale di Santa Chiesa ; e di al-
cuni altri ArcMutti e Ingegneri civili e miUtariy con i quali
si conducano le presenti Memorie fino al secolo XIX.
JLe Memorie degli artefici Domenieaiìi, dopo avere percorso il
lungo periodo di dDqae secoli , non poteano a nostro avviso
ehiudersi meglio che con i nomi delcardinale Vinoemo Maculano^
e quelli di alcnni altri architetti ed ingegneri militari, i quali
tutta posero r opera e la mente nella difesa della loio patria; o
aff ornamento e decoro della medesima s' affaticarono. Ck>sì la
storia artistica dei Frati Prodicatm comincia con V architettura
sacra, e termina con l'architettura civile e militare, perchè
Dio e la patria sono i termini più sublimi dell'arte. Che
se pur fosse alcuno cui sembrasse questi studi non bene af-
farsi alla condizione pacifica e contemplativa del chiostro, come
quelli che obbligano i loro cultori a versarsi di continuo fra
gli armati in tempo di guerra , o nella frequenza del popolo in
tempo di pace, noi risponderemo che a ninna condiziime di per-
sone, quanto mai dir si possa sacra e veneranda, si disdice la ca-
rità del loco natio, e l' adoperarsi in sua difesa. E invero, la sto-
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aeS MEMORIE
ria degli andati secoli ci addita un Ponte6ce ottaagenario, nel ri-
gore del verno, cinto d'armi e di armati» far prova di cacciare i
barbari dall'Italia, stimando opera ugualmente pietosa il bene-
dirla e il difenderla.
Gli storici Domenicani nel tramandare alla posterità il nome
e le gesta del card. Vincenzo Maculano, si studiarono presentarlo
modello di religiose virtù ai claustrali, e dì civile sapienza e di
dottrina ai pastori dei popoli; ma ci tacquero nella più parte la
sua rara perizia nella scienza delle matematiche e della militare
architettura, per la quale meritò che il di lui nome fosse associato
a quelli del Sammicheli, del Marchi, del Cattaneo, del Lantieri, ec.
Questo l(m> silenzio e la perdita delle antiche carte, non ci con-
sentono fiivdDare del Maculano come voleva il moHo soo merito
e il debito nostro. Con brevi cenni nonpertanto tenteremo rìen-
piere il vuoto lasciato dagli storici suddetti nella vita di questo
insigne porporato.
In Firenzuola,castdlo sni termini deHa Toscana e delleRoma-
gne, nacque Vincenzo Maculano^ il giorno il settembre del 1578.
In età di 8e<fici anni vesti l' abito Domenicano neUa città di Pa-
via, ove aiutato daH'ingegno e dal volere, venne ammaestrandosi
nelle umane e neUe divine lettere, con successo e fema maggiore
dell' età , e grandissima espettazione di tutti ; intanto che avvan-
taggiandosi di continuo nei gradi dell' Ordine , gli vennero suc-
cessivamente affidate le più malagevoli cure deUa ? Ha pnbbliea
e privata. E primamente fu per alcun tempo Inquisitore deDa
Fede in ^via ; poscia in Genova nei 16S7. Ed è appunto in que-
st'ultima città, ohe gli fti porta occasione di rivelare il suo in-
gegno e la sua perizia nelle militari fortificazioni.
L
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LIBRO IH. GAP. XX. 363
Carla Emannele duca di Sa?oja da timga stagione vagheg-
giara qua! facile e ricca preda la repubblica di Genova, nò pre-
terirà arte né mezzo alcuno a fare che spentayi r antica libertà/
cadesse in suo potere. Par tal cagione non aveva abbonito dall'ar-
mare la destra parricida di Giulio Cesare Vachero^uomo sceOera-
tissimoy perchè fatta una segreta congiurazione, opprimesse di ro-
vina la infelice patria. Scoperta la trama e spento il nuovoCatilina,
Carlo Emanuele, veduti falliti i secreti maneggi, venne ali* aperta
violenza. Stretto» pertanto con la Francia , pretessendo vane ra-
gioni, con lunga edesofaitrice guerra occupata l'una e Feltra ri-
viera , per opera del LesdigUères stringeva di assedio la male
arrivata Genova. Ma i cieli vegliaTano sirila infelice repubblica ;
e nata disparità di giudizi fra il duca e il LesdigbièroB , o cùt-
rotto quest' ultimo col danaro , tanto tergiversava alTassalto, che
di Spagna giungeva ai Genovesi il sospirato aoccorsoi e Pannata
francese e la sabauda dovevano abbandonar quell' impresa (1).
Fu in questa guerra (la quale pose ad estremo pericolo la città
capitale deUa Liguria), che meglio appalesossi quanto fosse ivi
potente l' amore del luogo natio. Tre procinti di mura già le da-
vano sicurezza dal lato di terra; ma le creste dei monti, che d*ogni
intorno la ricingono, nude ancora, potevano, sebbene con notabile
malagevolezza per l' asprezza dei luoghi, dar adito a soldatesche
leggieri a bersagliarla dalla parte superiore. La sollecitudine del
governo, l'amor patrio dei cittadini inlenti al bene comune, vi ac-
corsero con pronto ed efficace riparo. Divisarono pertanto ed ese-
guirono un quarto procinto di mura. Ilgiomo7 dicembre dell'anno
1627 , il doge Iacopo Lomellini, presenti i Collegj , il clero e le
(1) Carlo Botta , Storia d* Italia, lìb. XX e XXI.
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364 MEMORIE
confraternite, con solemiissima pompa poneva la prima pietra.
Solo nel 1630 s'imprendeva con alacrità il lavoro, e nel termine
di soli due anni era compiato! Diecimila braccia si affaticavano
indereasamente intorno ai naovi lavori indicati e regolati dai più
esperti architetti ed ingegneri di quella età, fra i quali uno era
il nostro fra Vincenzo Maculano. Sospendevasi ogni altro edi-
fizio. Tutti i cittadini contribuivano del proprio. Grandiose elar-
gizioni facevansi segnatamente dalla casa di S. Giorgio, dai coUegj
dei notai e de'medici, dagli artisti e dai sacri oratori. La sola
predica di un Carmelitano produceva centomila lire di offerte.
Per innalzare rapidamente le nuove mura, i Genovesi spargevano
Foro come Y arena del mare. Dieci milioni delleloro lire costò la
cerchia maravigliosa (1).
La descrizione di si importante lavoro, nel quale ebbe parte
il Maculano , la toglieremo da Carlo Botta. <r L' opera era da
farsi dentro il macigno. Vinsero la natura a^a e quasi intrat-
tabile coDe mine, coi picconi, con gli scarpelli. Biostravasi 11 sito
irregolare e diflBcilmente consenziente a forma regolare di forti-
ficazione. Con tutto ciò tanta fu la industria , la pazienza e la
fcNTza di chi lavcNrava e di chi il lavorare sollecitava, che si vid-
dero uscire da quelle masse inoomposte , cortine , baloardi e ba-
stioni coi fossi e coi fianchi , come se plastica materia si fosse
maneggiata. Dove poi per V inegualità del sasso restavano vani ,
si fabbricavano mura grossissime, che per la forza emulavano
quanto quivi la natura avea creato di più fòrte. Se alcuna volta
per istanchezza de* lavoratori le opere languivano, tosto i so-
(i) Davide Bertolotti, Vioggio nella Liguria Marittima ^ voi. 2,
lettera XLVIII.
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LIBRO III. GAP. XX. 865
vrainteDdenti col solo nominare Duca di Savojaf le rianimaTano e
riaccendevano. Ciò sulla cima, ciò verso la campagna. Ma non
minore si scorge la diligaiza dalla parte interiore, alla quale
tutto aU' intomo gira una strada larga sessanta piedi almeno,
comodissima alla condotta delle artiglierie, e a disporre per le
mura con ordine i difensori. Il maggior pericolo era verso la valle
del Bisagno; dove il sito si trova piano, e mancano le asprezze
de' monti. Provvidero con munizione molto gagliarda anche que-
sta parte, avendovi costrutto baloardi doppi coi loro spaldi,
strade coperte e mezze lune. E quel che più ancora conferisce
alla fortezza di questo piano , si è , che due piccoli e rilevati
colli sporgendosi, quasi due coma, in ftiori ed al sottoposto piano
sovrastando, danno comodità di spazzarlo colle artiglierie dalle
due bande. Con questi propugnacoli si rende Genova, contro cIb
non fosse padrone del mare, e dalla parte di terra solamente la
assalisse , quasi inespugnabile (1). d Per opera tanto insigqe il
nome del P. Vincenzo Maculano e degli altri ingegneri, che quelle
fcH'tificazioni aiutarcelo di disegni e di consigli , sarà sempre be-
nedetto dai Genovesi , e meritamente, conciossiachè non so in
qual altro servigio maggiore potesse il Maculano spendere V in-
gegno, quanto in questo a prò della mia diletta patria.
Nel 1629 per gravissimi affari partiva il Maculano di Ge-
nova; e dopo breve tempo il Pontefice Urbano Vili, che dei dotti
era non pure amido, ma ne faceva ricerca e premiavali giusta
il merito loro, avuta contezza del sapere e della prudenza del
Maculano, invitavalo a Roma con nome e ufficio di Procuratore
Generale del Domenicanoinstitulo presso la CuriaRomana.E come
(1) Loc. cit. Ub. XXI, anno 1632 .
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366 MEMORIE
di qaéi tempo il P^ Generale si recava io Francia per affari del*
rOrdine, deputava il Maculano a tenerne inRoma le veci« Nd 1633
Urbano VII! dichiaravalo (Commissario Generale ddla romana
Inquisizione , e nel 1639 Maestro del Sacro Palazzo. Per questa
via il PonteSce, che avea riposta in questo religioso una grande
fiducia e una grande estimazione, Io andava elevando eoa ra-
pido avanzamento onde portarlo in bre?e alla porpora. In que-
sto mentre a lui si afl^avano molti e importanti lavori di «rchi-
teltura civile e militare, intorno ai quali abbiamo sventuratamente
troppo scarse notizie. Solo ricorderò che al P. Vincenzo Macu-
lano sono dovuti i restauri e le fortificazioni del castello Urbano
nel bolognese ; della mok Adriana in Roma , volgarmente detta
Castel Sani' Angdk); e delie mura della stessa dita di Roma in
4|nella parte cbe eirconda il Vaticano (1). Né qui si ristaTano le
sue opere di militare e eifUe areUtettura, p^nàoccbè minacciaBdo
di quel tempo l'Ottomano l'isola di Malta, e facendo mestiai
sollecitamente f(Mrtificarla , Tlnquisilor Chigi, che poscia col nome
di Àlessancbe VII tenne la cattedra di S. Pietro» richiese a nome
dei Cavalieri defflsola il Pontefice, perchè volesse inviarvi on fa-
lente architetto ed ingegnere militare, con l'opera del quale si
facessero nuove fortificazioni, e le antiche si riparassero ; ed il
Pontefice dapprima vi inviava Pietro Paolo Floriani; pascià iiato
alcun dnbUo su i lavori eseguiti dal medesimo^ né essendonei Ca-
valieri ben satJsfatti,vi spediva il Maculano perché il tutto diligen-
(1) Vedi FoKTAKA. Thetdr. Dominio. — L'Eefaard seguitando 1* wto-
rhà del Rovetta, attrtimuce al Maculano alcune òpere di maftematica e ^
ardiìtettura milkaTe rìmaate inedite; non che i disegni e le descrbiopi ^i
lavori che abbiamo accennati. Vedi Scripior. Ord. Prcedic. VoL 2, pag. 683.
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LIBRO III. GAP. XX. 367
temeste «onàtoassee ri proTredeese (1). Reduce in Roma, Urba-
QO Vin non stimò do? ergti più a famgo dtflerire quella dignità, che
i resi s^vigi e la miirenale estimazione gli a? evano meritata. Nel '
giorno pertanto 16 dicembre 1641 creatalo Cardinale , e insieme
arcìTesooTOidi Bepevento. Recatosi a reggere la sua chiesa, dopo
sqU sedici mesi, il Pontefice, che volea giotnarsi de'di lui consigli t
de&a di lui opera, io richiamò presso di sé; ed egli, anzi che tenere
una sede che non potea regigere e governare, rinunci(dfai ad Urba-
no. Due volte si ixofò assai presso ad ottenere il Pontificato. La
prima dopo la morto di Urbano Vin, arvenuta il 29 luglio 16U,
e non ne fa discosto che d'un sd roto; la seceMla dopo la mente
di Innocenzo X, ofaeéa dhre nd 7 gennaio 14(56, e neftì escluso
por ì secreti maneggi della tro|^ celebre D. Olimpia HaMac-
chini. Finalmente il Signore diiamavalo a Ttta migliore il 15 feb-
braio dell' anno 1665 , nella grave età di anni 88; lasciando hi
tutti desiderio di sé e iama di dotto e integerrimo ministro dd
santuario, e d'uno tra i più tosigni ingegneri militari della sua età.
Al P. Vincenso Maculano Boi facciamo succedere il P. An-
tonio Amhrogini, le notizie del quale le dobbiamo al più tolte
lodato P. Federico di Poggio, storico e bibliotecario del suo con-
vento di S. Romano di Lucca; il quale ne scrisse dietro notizie
avute da chi con Io stesso Ambrogini era lungamente vissuto
nel citato convento di S. Romano.
La popolosa terra di Iliecimo nel Lucchese fa la patria
(i) SffORZA PAtLAVicnro, f^ita di Alessandro VII, Hb. I, cap. X,
pag. B3, cdiuone dì Prato del 1840. Echard» loc. cit — Tovkov, Stistoir e
desMommes iUastres de VOrdre de S. Dominique. Tome V, livre XXXVil,
page 449.
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368 MEMORIE
del P. Aotonio Ambrogìni. Volendo oeDa soa giovinezza yestire
le difise domenicane, tane per desiderio di maggiore aosterezza,
si aggregò alla Provincia di S. Caterina da Sioia nell' Abbmzzo,
ov' erano religiosi di grandissima virtù. Compiuti gli stadi in
divinità , sentendo particolare inclinazioiie per quello ddfe
matematiche e delle militari fortificazioni, a questi dì proposito
si dedicò. Narrasi che nel fervore di quegli studi, al tempo dell'as-
sedio di Vienna , si partisse appositamente dall' Abbruzzo a piedi,
onde ledere e con ogni diligenza esaminare quelle tanto celebrate
fortificazioni. Fattosi nome, fu chiamato, non so quando, dal Se-
renissimo di Modena per ingegnere, e fu allora verosimilmeote che
si fece figlio del convento di Modena. Dal servizio di qud Duca
passò a quello della repubblica di Lucca, con la slessa qualità
di matematico ed ingegnere, sq;natameite per le acque (1).
Fra i molti e utili servigi che rese alla patria, fu la scuok di
matematica che per lui in breve saU a molta rinomanza, e dalia
quale uscirono matematici ed ingeneri celebratissimi. Non po-
chi monumenti del raro suo ingegno sono fino a noi pervenuti.
Alcuni hanno asserito che Q bel ponte di S. Pietro sul fiume Sei^
(1) Ldbro Puhlico della Fortificaùont della città di Lucca , fogl.
110. ^ <fi 26 maggio 1705. Il P. M. Amhrogini Domenicano Ju dal-
V Eccellentitsimo Consiglio raffermaiOy^ e di nuovo eletto ntlla carica dì
Ingegnere della Repubblica di Lucca, per tre anni prossimi eoa il solito
stipendio di scudi 10 il mese, da principiare dal tempo termimò tultima
sua rafferma. Con dieìtiarazione che il medesimo sia obbligato tener le-
zione a quei giovani che volessero attendere alle matematiche, con la so-
praintendenia dell* qffizio sopra le fortificazioni.
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LIBRO m. GAP. XX. 369
chio sia opera del P. Ambrogìni, ma altri mostrarono dubitarne.
Del medesimo abbiamo nella biblioteca del convento di S. Ro-
mano di lacca, due quinterni in assai bel carattere, uno di
lettere ai Signori sopra il fiume ; V altro contenente una lunga
rdadone delSerchio. Le lettere offrono la data del 1699 e 1700;
e dalle medesime e dalla detta relazione si deduce l' abilità e
perizia del P. Ambrogini in cosiffatte materie.
I suoi conterranei conservano eziandio una bella carta
geografica a penna dd territorio di Diecimo , da esso delineata
e dedicata al card. Buonvisi. Similmente in casa del capitano
Giuseppe lacopi era altra carta geografica dello stato di
Milano, e questa a stampa (1). Il P. Federico di Poggio scrive
avere per alcun tempo possedute le dette carte geografiche. Mori
il P. Ambrogini nella t^rra nativa Tanno 1722 ai 17 agosto, in età
di anni 67. Per essere ivi appunto mancato, si sono perdute molte
altre buone cose del medesimo. Dicesi che fosse egli quanto
studioso, altrettanto malinconico, astratto, e ognora assorto in
profonde meditazioni (2).
Con rapida narrazione toccheremo brevemente di al-
cuni altri artefici, il tacere dei quali sarebbe ingratitudine.
E primo sarà l' architetto e ingegnere fiammingo , Padre
Francesco Romain , detto volgarmente II Frate Romano. Nato
in Gand nel 1646, e vestile, non so quando, le divise di
frate Predicatore, si diede con amore grandissimo allo studio
(1) Offre la Mgaeote .iscrizione. Stato di Milano diviso nelle sue
parti, dal P. F. Antonio Ambrogini di Diecimo^ delV Ordine dei Predi-
catòri, 1698.
(2) P. Fbduico di Poggio, loc. cìt.
II. 24
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370 MEMORIE
delle matemaliche e dell'architettura. Venato in fama di ya-
lente arteCce , gli SUli Generali di (Manda nel leSk gli da-
?ano il carico di costruire un arco del ponte di Maestricfa. In
sonito dovette aver condotte in patria molte e belle opere di
architeitnra, perciocché leggesi che Luigi XIY re di Francia,
gran Tavoreggiatore delle lettere e delle arti, saputo del merito
di questo f^ate, lo invitasse a Parigi, e gli ingmngesse di ulti-
mare il Ponte Beale cominciato da Gabriel; il che egli fiece con
grandissima brayura» e con soddisCicione del re. Quest'opra
gli meritò H titolo di architetto regio, e di inspettore generale
dei ponti e degli argini; il che, avuta considerasione a quella
età nella quale la Francia avea dovizia di Talenti art^kà,
quivi tratti dal regio patrocinio, ne dice palesemente come
nel Padre Romano dovette esser grande la scienza e la pra-
tica deUa civile architettura. Alla qual lode egli ne
un' altra bellissima; condossiachò lo storico che di lui d
servò queste poche notizie, soggiunge come il Padre Romano
fosse di vita grandemente esemplare, e che l'arte e la religione
tntta ne occupassero la mente ed il cuore. Chiuse i suoi gionii
in Farigi V anno 1735, netta età di anni ottantanove (1).
Onorevole ricordanza merita eziandio ^architetto tm Pietro
Paolo Belli, col nome del quale noi conduciamo le nostre Me-
morie fino al secolo presente. La città di lesi nella Marca di
Ancona Ai patria a questo kico Domenicano. L' amo del nasci-
mento e quello della sua vestizione religiosa non ci son noie.
Da alcune notizie trasmesseci di Romagna apparisce, come nel
. (i) Dìctionnaire Historique^ Critique et Bibliographique. Tome VII,
page 153.
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LIBRO in. GAP. XX. 371
1781 egli dirigesse tutti i lavori delia nuova chiesa de* suoi
correligiosi in Ancona, della quale però non fu suo il dise-
gno. Nei libri consig^ari del convento di Pesaro si legge die
nel 1790 il Belli si recasse di stanza in qudla dtlà. Nd 1791
restaurava alcune fabbriche di proprietà dei Domenicani pe-
saresi; e tre anni appresso restaurava ugualmente la chiesa
degli Angidi in Novillara. Reggendo il convento^ di Pesaro il
Padre Maestro Paolo Lastrico, e sendo venuti i rdigiosi nd
consiglio di erigere nuova chiesa daUe fondamenta, ne die-
dero il carico al Belli , il quale , fatto un disegno a seconda
dei loro desiderj, si accinse con ogni sollecitudine a murare la
fabbrica* Se non che quel turbine devastatore che tutta manomise
e desolò la penisola sullo scorcio del passato secolo , avendo
dispersi i claustrali, il Belli dovette nel 1797 abbandonare il suo
edifizio. Untate alquanto le condizioni dd tempi, e torcati i
Frati Predicatori al possesso del convento pesarese nd gior-
no 5 novembre del 1802 , il superiore , che era il P. M. Vin-
cenzo Camurati, faceva dal Bdli riprendere i lavori della chiesa
nd 22 di luglio del 1803. Nel settembre del 1806 già erano com-
piuti, e Fanno seguente Fra Pietro Paolo Bdli passava agli
etemi riposi.
Alcuni architetti vivuti nel secolo XVII e da noi omessi
attesa la penuria delle opportune notizie^ vogliono essere
qui almanco da noi ricordati. Il Padre Domenico Paglia, che
ha fornito il disegno della ricca cappella dd P. S. Domenico
alla Minerva in Roma, disegnò eziandio la gran piazza alle scale
dd ponte S. Antonio presso la città di Sanseverino ndla Marca
di Ancona. Al P. Domenico PeparelU si attribuisce il palazzo
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372 MEMORIE
Bonelli, oggi Imperlali, nella piazza dei Santi Apostoli in Roma;
palazzo che il Milizia, seTerìssimo censore, scrive essere di hwma
e proporziofiata architettura (1). Questo architetto è appena ri-
cordato dal Passeri e dal Milizia nella yita di Martino Longhi ,
per un grazioso aneddoto che può leggersi in ambedoe qnesU
biografi (2). In quel secolo stesso estivarono V architettura fra
Giovanni da Palermo, col disegno del quale fu restaurata la chiesa
dei Domenicani in San Severino; e il P. M. Giovanni Buonvisi,cbe
forni il disegno e diresse i restauri della sua chiesa di San Ro-
mano di Lucca (3). Onorata memoria merita eziandio il Pa-
dre Agostino del Riccio, autore di una storia delle Pietre, che
rimane tuttavia inedita (4), non pure lodata dal Gori e dal
(1) Memorie degli Architetti Antichi e Moderni^ toI. 2, lìb. IH,
cap. 3, pag. 172. lo credo però che U paUsio Bonellì ala disegnato e ar-
chitettato dal P. Domemco Paganelli, del qoale abbiamo acrltta la rita.
(2) Gio. Batt. Passiki, Vite dei Pittori , Scultori e Architetti eA«
hanno lavorato in Roma, e che sono morti dal 1641 al 1673. Un voL
in-4, pag. 233 — Milizia, loc. cit.
(3) I bei restauri della chiesa -di San Romano di Locca vennero
cominciati nel giugno del 1661, e compiuti nel 1666. Il P. L. Tommaso
Trenta ne pubblicò nel 1670 una piena reiasione, ricordata dal P. Fede-
rico di Poggio. Vedi Notizie della Libreria dei Padri Domenicani dì Som
Romano di Lucca, pag. 267; un voi. in-8. Lucca 1792.
(4) Istoria delle Pietre ^ scritta circa V anno 1597, dal P. Agostino
del Riccio fiorentino delV Ordine dei Predicai, del convento di S. M.
Novella di Firenze^ colle figure delle medesime dipinte da Vineenio
Dosi fiorentino. Un voi. in-fol. presso il eh. Profess. Targiont, che gentil-
«Beate ci permise esaminarlo. Un* altra copia con alquante variasioni e pos-
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LIBRO ni. CAP. XX. 373
Cicógnara, ma che gioYò non poco al primo per la sua gran-
d'opera la DacHUotheca Smithiatia (1). Storia scritta con pur-
gata favella , e della quale, ove tu ne togliessi le inutili digres-
sioni , potrebbero giovarsi non poco gli studiosi di questo ramo
dell'Arte (2). Nel tócco in penna meritò molta lode il P. Benedetto
Greyss, alemanno di origine, ma che a?ea sortiti i natali nella
città di Livorno. Per il suo valore nell'arte di ritrarre in p^ma i
più ricchi e svariati lavori, intorno Fanno 1750 Tu dall'Imperatore
e Gran Duca di Toscana, Francesco I, incaricato di tratteggiare
in piccolissime dimensioni tutti i quadri della Galleria degli DflBzi
in Firenze. Che avvenisse di questo sterminato lavoro non so ;
ben pare che gli procacciasse rinomanza, perciocché a lui fu con-
ceduto r onore di porre il proprio ritratto in quella stessa Gal-
' leria assieme a quello dei più celebri dipintori di Europa (3). In^
sedata dai libraio editore Molini in Firenze. In questa storia (fol. 2) si ri-
corda on* altra opera dello stesso religioso su i fiori ^ JrutUy e erbe, che
io credo smarrita. I Padri Echard e Quietif omisero favellare di questo
scrittore.
(1) Vedi Yol. 2, cap. lY.
(2) Il P. Agostino del Riccio mori nel giorno iS dicembre 1598, e
ne è il ritratto nel chiostro grande di S. M. Novella in quella storia a
fresco dipinta da Giovanni Baldini , la quale rappresenta il transito di San
Domenico. Ivi il P. del Riccio è figurato in quel religioso che asperge il
santo con V acqua benedetta. L questa la sola notiaia che il Necrologio del
convento ci abbia bsciata di questo dotto Domenicano.
(3) Nel suo ritratto egregiamente eseguito in penna, il P. Benedetto
Greyss pose la seguente iscriaione, che leggesi in una cartolina che ei tiene
in mano:
Fr. Benedictus Fin. De Greyss Ord. Prcedicat. Theologus , patria
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37^ MEMORIE
Danzi al P. Benedetto, Firenze avera noverati due altri rakoti
tocchisti in penna , il Cantagallina ed ì\ Mati ; ninno però
credo giimgesse mai alla facilità e aUa diligenza del Gn^ss.
Ognun sa quanto del tratteggiare in penna si dilettassero ezian-
dio i due celebri pittori bolognesi» Bartolommeo Passerotti e Ago-
stino Caraccl, giovandosene assaissimo qnest' ultimo per addive-
nire quel celdire incisore cbe poi fu (1). ^ il Greyss simifaneate
si addestrò al maneggio del bulino; ma non conosco fra le cose
da lui incise, che il ritratto del cardinale Albertino di Prato do-
menicimQ, cavato da quello di Smone Memmi nel cappellone
degli Spagnuoli in S. M. Novella (2).
Non so finalmento togliere la mano da queste pagine sema
ricordare da ultimo la pittrice Domenicana suor Anna Vittoria
Dolara, religiosa del Monastero di S. M. Maddalena a Monte Ca-'
vallo in Roma, nella quale non sapresti che più si debba ammi-
rare, se la in^gne pietà e il dono delle muse, o l'arte del pingere e
del miniare,sendo in ciascheduna di questo doti rarissima. Quando
le armi francesi con sacrilego attentoto strapparono da Roma
rimmortale Pio VI, e dispersero e fugarono i claustrali, compresi
quei rapitori da insolita pietà, condonarono al monastero di S. H.
Maddalena, per la v^rtù di quelle osservanti e povere suòre. Tol-
Liburrumis, orìgine Qermanus^ ah Imperatore Cacare JFraneitco Loiha-
ringicOf Pio , JF elice , Augusto , talulis pictis signi» anaglyptis , gua ù
regio Cinteliarco Florentias asservantur, calamo delineandis prapositutt
tua te ipsum manu e/finxit anno salutis 17K8.
(1) Labzi, Storia Pittorica^ Scuola Bolognese , Epoca 2.
(2) Del P. Benedetto Greyu si fa onorevole inentìone nell' Osserva-
tore Fiorentino. Vedi voi. VI, p«g. 28.
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LIBRO III. GAP. XX. 376
sera p^^ loro ogni meszo di sussistenza, fatti crudeli nell* alto
stesso del beneficio. La buona Dolara dipingendo notte e giorno»
e con le elemosine dei pii cittadini, campò la vita a sé e alle amate
sorelle. E perchò eantando U dolor si dùacerbajScrìsBe allora un
poemetto in ottaya rima nel quale con lamentevoli accenti ritrasse
la misera condizione cui gli stranieri aveano condotta la santa
città.Non ha cuore cosi duro e fierrigno che in leggendo quei carmi,
e in pensando alle ? irtù e alla miseria di qiwUe infelici suore ,
non sia da alcuna pietà tocco e compreso (1). Seppe costei in la-
(1) // Pianto delle sacre f^ergini Romane nella /unesta Democra-
zia di Roma^ Composizione di Suor Ansa Vittoria Dolara Domenicana
in S. M. Maddalena^ fra gli Arcadi Florinda Carisia. Roma 18i8. A
dare alcun saggio dello stile poetico della Dolara^ ne piace riportare le
due seguenti ottave, che sono la quarta e la settima.
Noi siamo oppresse ed a lasciar vicine
Fra Vincàia e il dolor V afflitla spoglia;
Crolla il sacro edifitio, e le rovine
Pender veggiam con ajjannosu doglia ;
Ne del nostro penar si scorge il fine ,
Ne il pianto nostro v* è chi terger voglia;
Se tu placalo alfin. Dio de* viventi ,
Dolce pietà del nostro mal non senti.
Passa la tortorella i di secura
Dolcemente gemendo entro il suo nidoy
Torna il gregge alV ovil dalla pastura
Senza timor di tradimento infido.
Noi pure entrando in queste elette mura
Credemmo d* afj errar securo lido;
Ma ad insidiarne f oh del, semhran d^ accordo
V avoltoio rapace e il lupo ingordo.
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376 MEMORIE
Unità più che al sao sesso e alla soa condizione non si cosUuna;
De ignorò le leggi del snono e del canto, con il qnale gli abbat-
tati spiriti delle suore era solita rinfrancare. Pio VII, che in gran-
dissima estimazione aveva Y ingegno e la virtù della Madre Do-
lara, più fiate si portò a visitarla nella romita sna celiale le con-
cedette che potesse ritrarlo ripetntamente; i quali ritratti forono,
a quanto si dice, somigliantissimi; e il Pontefice Leone XII le
diede una simile attestazione di stima. L'Arcadia di Roma non
tardò a concederle un seggio fra i socj di onore sotto il nome di
Fhrinda Cariiia. Cosi gli esempi della pittrice suor Plautina
Nelli , e della rimatrìce suor Lorenza Strozzi, si rinnovellanNio
in Roma nella *sola Dolara. Fra le dipinture lasciate da lei si no-
verano, oltre varj ritratti di Pio VII, una figura di S. Pio V,
un ritratto depa celebre Beatrice Cenci, forse copia di quello di
Guido Reni; due ritratti di due soreDe romane ; uno della regina
di Etruria, e altre cose che non ricordo. Mori nel 1827, sendo su-
periora dì quell'osservantissimo monistero, nella sua età di
anni 63 (1}.
(1) Gì è grato in pensare che anco al presente l'Ordine dei Frati Pre-
dicatori novera alcun valente cultore delle Arti belle. Altrove si è fatto
menzione del P. Serafino Guidotti fiorentino. Ricorderò adesso il converso
fra Gerolamo Bianchedi di Faenza, il quale diresse tutti i restauri della ma-
gnifica chiesa di S. Domenico in Bologna. Del merito suo parla a lungo
la seguente iscrizione pubblicata in suo onore^ che ne piace di riportare.
ly Agosto MDCCCXUV. GmoLAMO . bianchedi . da . pabnza .
FBATE . GONYBBSO . DOMBNICAlfO . PUJ . PBBSTO . MABAYIGLIOSO . CHE .
ABILISSIMO . MECCANICO . DI . MAB8TBI . CONSIGU . DI . GOBB . INCESSANTI .
VIUTANDO . COSPIBO . A . TUTTI . OBNÀMENTI . TESTÉ . BINNOVATI . IN . BO-
L
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LIBRO ni. GAP. XX. 3T7
Qui feociam. fine alle nostre Memorie. Non presumiamo sif-
fattamente di noi per credere di avere esamita la copiosa messe
che aveyamo tra mano , né di avere compiate tutte le parti di
buono e accurato storico; ma confidiamo di avere offerta ai no-
stri leggitori una suflSciente notizia della vita e delle opere dei
più insigni Pittori, Scultori, e Architetti Domenicani, de'quali sol-
tanto ci eravamo proposto dì favellare. Più estese e più diligenti
ricerche forniranno agli avvenire materia di più perfetto lavoro.
LOGNA . AL . nomo . 94CtO . AL . GBANDB . QUZM A50 . IIB GIOVO . LA .
M AGIflPIGBNZA . CON . XSQUISITI . SCOI . LATOBl . IN . ISTUGGO . A . CAPI-
TBLU . A . MENSOLE . A . FOGLUMI . DI . COLONNE . E . COBNICI . DIYISO .
ED . EBBE . CONGEGNATO . IN . 8BBVIQI0 . DI . OGNI . SOBTA . ABTIBBI . PBIN-
CIPALIIENTE . DB\ PITTOBI . OPEBANTI . ALLA . CAPPELLA . DELL^ . INCLTH) .
PATBIABCA . PONTI . E . ABNE8I . ALTBI . PEB BONTÀ' . DI . STBOTTOBA . E .
ADOPBBAM ENTO . LODATISSIMI . PEBGBk / DI . TANTA . VIBTU . E SOLBB-
ZIA . D* INGEGNO . AMMIBANDOSI . LE GENTI . PEB . QOBSTO . PUBBLICO .
SEGNO . DI . GBATCLAZIONE . E . D* 0S8EBVANZA . VOLLE . PIO . D^ UNO .
A . LUI . VBNIBNE . INTEBPBETB . LIETO . E . NABBATOBE.
Di D. Giuseppe Maccolini Faentino.
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378 MEMORIE
CAPITOLO XXI.
Origine delk presmii Memorie; ed EpUogo.
iSeW autunno del 1840, superate le erte cime degli Appen-
nini liguri y io discendeva sulle amene rive ddl'Amo. Più che
la bellezza del cielo e la fertilità della terra , ammiraya ^ in-
numerevoli monumenti che il genici dì quel popolo illustre sparse
e disseminò in tanta copia nelle popolose città, sulle rìdenti ag-
line e nelle valli ubertose. Innamorato alla vista di tanta eleganza,
commosso profondamente nell' animo dalla memoria della pas-
sata grandezza , io chiedeva alla mia guida il nome di quegli
artefici che aveano fatte opere tanto mera?igliose, e non di rado
udiva ricordare un mio confratello il cui nome giammai non era
^unto fino al mio orecchio. Cosi in Pisa, cosi in Prato, in Pì-
stoja , in Firenze, in Cortona, in Arezzo, ec. Meravigliato di
rinvenire questa colonia di artefici Domenicani , ne chiesi alla
storia dell'Ordine, e ne trovai mute le pagine. Diressi allora i
miei passi su i monti dell'Umbria, discesi nei fertili campi delle
Romagne, ed ivi rinvenni se non pari, certo non povera né oscura
la schiera degli artefici del mio Istituto. Mi chiusi negli archi-
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LIBRO IH. GAP. XXI. ST9
vii , ricercai le bibliotecbey e potei in breve tempo raccogliere
non scarsa messe di notizie intomo la vita e le opere loro. Ideai
dapprima un cenno storico ;poscia cresciuta la materia tra mano»
dovetti dilatare i confini del mio lavoro. Questo lavoro condotto
a termine fra i dolori di una inferma salute» ed in tempi molto
tristi al mio cuore» io ho osato oSerirti» o lettore. Per esso ti
è in gran parte narrato quanto i miei confratelli hanno ope-
rato in prò delle arti nel giro di seicento e più anni. Nati
nell'epoca avv^urosa del risorgimento delle Arti, li tro-
viamo tostamente associati a Niccola Pisano» primo restau.
ratore della scultura e dell'architettura in Italia. Assaggiata
com* ebbero alquanto la scultura » e lasciati due insigni monu-
menti del loro scalpello nell' Urna di S. Domenico in Bologna» e
nella facciata del duomo di Orvieto» con l'opera di fra Guglielmo
Agnelli, tutti rivolsero gli studi e le soHedtudini all'Architettura
civile e religiosa. E se alcuno imprenderà un giorno a scrivere
la storia di quest' arte nobilissima» si chiarBranno viemm^lio i
servigi che i Domenicani le resero nel giro di quattro secoli. Fi-
renze» Pisa» Roma» Venezia » ec. viddero in essi un popolo di ar-
chitetti» ingegnerìe muratori» adoperarsi in prò del pubblico e
dei privati cittadini con uno zdo ed una intelligenza della quale li^
storia monastica non so se ricordi altro simUe esempio. In questo
la pittura risorgeva e grandeggiava con Giotto» col Gaddi» col
llemmi» ec.;e facendo eco al canto divino dell'Alighieri^ conso-
lava r Italia nelle sue orribili calamità. I frati Predicatori non
potevano essere insensìbili al fascino di tante bellezze, e non
tardarono ad offerire essi pure alla pittura quel culto medesimo
che offerto avevano all'architettura. Esordirono dalla miniatura.
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380 MEMORIE
perciocché questo era yeramenle il coosaeto tìrociDio dei Giot-
teschi ; e le fecero andare di conserva la pittura dei yetrì, come
quella che nei bassi tempi era stata sempre indivisa compagna
della miniatura; potendo asseverarsi che queste due arti siano
nate ad un tempo ed abbiano avuto comuni le vicende e il ter-
mme loro. Quindi la nobile schiera d^li artefici che abbiamo
ricordati. E se la miniatura va superba del nome del beato Gio-
vanni Angelico, la pittura dei vetri grandemente si onora di
quello del beato Giacomo d'Ulma, ambedue per virtù e per arie
chiarissimi. E dopo il corso di due secoli e mezzo, dopo tante
opere meravigliose, Funa e l'altra si spensero ad un tempo con
due celebri nomi, fra Eustachio fiorentino, e fra Guglielmo di
MarciUat
Ma alla pittura era riserbata vita assai più durevole e più
gloriosa. Scrivemmo a lungo dell' Angelico e del Porta , dolenti
di non poterci elevare a tutta l' altezza del subbietto : ma dopo
che uno ha veduto la Deposizione di Croce e il Giudizio finale dd
primo; e il S. Marco e i dipinti che ha Lucca del secondo , si
comprende che allo storico altro ufficio non rimane che additare
e tac^e. UCorradini, il Buonsignori, il Maraveja, il Signoracd,
la Ndli , il Majno e l'André fanno ai due primi <Hiorata corona,
e chiudono le serie dei pittori Domenicani.
La scultura in marmo dopo Agnelli non porge alle nostre
Memorie alcun nome che meriti essere ricordato ; ma V intaglio
in legno e il getto in bronzo si onoreranno sempre dei nomi di
fra Damiano da Bergamo e del P. Domenico Portigiani.
Frattanto lo studio di Vitruvio e di Leon Battista Alberti
evocava a nuova vita la classica euritmia dei Greci e dei Romani;
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UBRO HI. GAP. XXI. 381
e i frati Predicatori si trovano i primi in questa novella tendenza
dell' Architettura, come erano stati tra i primi in quella volgar-
mente detta Alemanna o Longobarda. Il Colonna , il Giocondo ,
il Danti, bastano essi soli alla più compiuta gloria della nostra
storia artistica, in ciò che spetta alla architettura. Essi sono gli
anelli di quella catena di ingegneri civili e militari i quali , in
tempo che l'Italia era corsa e straziata da eserciti stranieri, offe-
rirono a difesa di lei, non pur l' ingegno, ma il petto e le brac-
cia. Con essi hanno termine le Memorie degli Artefici Dome-
nicani.
A chi non ignora la loro storia religiosa , politica e lette-
raria, si fa manifesto come sovente dallo scrivere un'opera di
teologia, di diritto canonico, o di filosofia, passassero a delineare
un tempio e dirigerne la fabbrica; dopo aringato il popolo nella
tempesta delle guerre civili, e disarmate le destre omicide, si po-
nessero a miniare un codice o un libro da coro; e dal Irtto di un
morente non di rado si conducessero a colorire su la tavola o sul
muro le pagine più sublimi della Bibbia. Associati per lunga pezza
a tutte le gioie e a tutti i dolori della società, si argomentarono
sempre di sopperire, non pure ai grandi bisogni intellettuali e
morali deUa medesima, ma vollero eziandio abbellire la patria
con l'opera dell'ingegno e della mano. E il tempo che tante cose ha
distrutte, e gli uomini che tante ne hanno dimenticate , non po-
terono ancora cancellare le tracce del loro amore inverso questa
bella e sventurata Itah'a. Il secolo decorso ebbe coli' esigilo e col
saccheggio rimeritati gli ordini religiosi dei servigi per loro resi
alla società. Il presente rivendicò il loro nome i loro diritti, ma
richiamandoci a nuova vita, egli si attende, con tutta ragione, che
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383 MEMORIE
noi ne meritiamo eoo opere, degne la fiducia e F estimazìcme.
Ridestare la fiamma della carità nei petti vulnerati dalTegoìsmo
sociale; ritemprare con la virtù gli animi disnerbati dalla {n'e-
sente mollezza; consecrare le nostre sollecitudini a migliorare la
condizione del popolo ; porgere la mano a rinvigorire ^ studj
con dottrina maschia e profonda » mostrando coll^ esempio e co-
gli scritti come la religione, se contraria ad uno spurio e falso
progresso , sia amii^ del vero sapere e favoreggiatrice di ogni
prosperità nazionale; ritirare le arti da una fredda e servile ìmU
tazione degli antichi, ed inspirarle di nobili ed alti afletti, asso-
ciandole alla morale filosofia, alla degna eloquenza , e alla san-
tità della religione : ecco la nostra missione. Cosi se ad alcuno
non bastasse l'ingegno nella palestra scientifica e letteraria,
aperto è ti campo delle arti: parii con lo scalpello e col pennello
cìà non sa parlare dalla cattedra e dal pergamo, ma tutti par-
liamo un nobile e santo linguaggio. Rammentiamoci che già
salvammo le arti nelle barbariche devastazioni ; che, riaorte, le
aiutammo a crescere e prosperare; che le scaldammo del nostro
aflétto, e le educammo ai destini e alla gloria del Cristianesimo;
uè vogliamo ripudiare una gloria che è tutta nostra, e della
quale ninno può contrastarci il possessa Così facendo, noi mo-
streremo aver compresa veramente tutta V altezza del nostro
ministera Ai nuovi benefizi seguiteranno nuove benedizioni dei
popcdi.
Eccovi , o lettore, i motivi che hanno dato origine alle Me-
morie dei più ineigni Pittori , Scultori , e ArckitetH Dow^m-
coHiy e il quadro di quanto in loro s'acchiude. Sia questo
un tributo lenue si ma aflettuoso di gratitudine che noi ren-
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LIBRO III. GAP. XXI. 383
diamo alla nostra età, e aUa nostra patria, per il molto
che le dobbiamo; onde ne piace di chiadere con quei versi del
Ferrarese:
Né che poco io le dia da imputar $onOj
Che quanto posso dar tuUo le dono.
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IIAIISTRAmiOin
DI
Beir I. « I. yitm
muA* ACCAsnu
II. 25
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L«prc|^oti ilmUnsM (bjK>«^ ^Uilicate M'«tliH« wfUMivi M4S»49 e 44,
oeiropera — Gatleria deìt /. t R. Accudemim déUt BélU ArU di fìrmse , pmbòùcmUt
con indshni m rtitme da umm SòcitiÀ JrtMÌai,e UluttrtUm «fa chiare e tmteHiggHti pmat
ludioM. — Tipogr, Pausigli. imJHÌh.
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[ :
Il4
BATTESIMO DI GESll CRISTO
QUADBO m TAVOLA
' DI GIOTTO DA BONDONE DA VESPlfiNANO.
Alto solfi H . deiari S. — Largo soMi 11. èmin 4.
Fa sorittOy non ao se celiando o da seoiio» essere re*
nota r Italia a tanta disperazione nei tempi di mezzo in
fatto di Arti» clie ad infonderlens nuovamente T amore, e
in quelle ammaestrarla, facesse mestieri venissero i Bizan-
tini ad appararle la pittura; e da uguale e forse maggior^
pietà Tinti gli Alemanni, a lei dessero precetti ed esempi
nello scolpire e nel fabbricare. Poscia a* Bizantini venuto
meno* 1* ingegno o il volere, aggiugnevasi sembrare cbe
ai soli Tedeschi passasse V ufficio di ammaestrarci nelle
tre arti sorelle; e di questa pellegrina notizia non ta-
ceasi la prova. Valga questa per tutte, a Tutte le
Arti del disegno nd corso dei due secoli XIIl e XIV,
furono indubitatamente sotto là influenza dell'Architettura, e
questa per confessione del Vasari in quei tempi era tede-
sca. Per la qnal cosa mal si avvisarono coloro i quali il
primo periodo della nostra pittura appellarono antica o
giottesca, ma doversi con più ragione dire pittura tedesca
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388 IL BATTESIMO DI GESÙ CRISTO
o di sesto acuto, n Né ciò-bastando^ per ultimo si aggiun-
geva: Già da lunga pezza avere gli Italiani perduto Arti,
religione e poesia. E perciò che è della pittura e della scul-
tura, essere di bel nuovo trasmigrate presso quegli stessi
Alemanni che primi a noi» dicesi, le insegnassero. Ove poi
ne andasse la religione, ove la poesia, e qual popolo av-
venturoso le accogliesse, non io, né forse V autore stesso
saprebbe dirlo.
Questi svarioni furono scritti di recente da un oltra-
montano in un* opera solenne intomo le Arti in Germania.
Or quei Bizantini venuti a cercare tra noi uno scampo
dal furore degli iconoclasti, erano cosi poveri di arte e
d' ingegno, che Gimabue non che Giotto bastò a farli per-
fettamente obliare; e Niccola Pisano ecclissò per guisa quei
pochi Alemanni discesi in Italia, non so se ad apprendere o
ad insegnare la scultura e V architettura, che da lunga
stagione se ne è dimenticato il nome e le opere.
Qual mai fra le nazioni civili di Europa può vantare
nei primordi del secolo XIV tal pittore che Giotto vinca, o
pareggi? Genio tanto singolare, che nello studio della na-
tura, e nell'arte di significare il suo concetto, niuno lo
ebbe mai superato. Laonde bene asseriva il eh. Minardi,
che in Giotto V espressione non pure é vivissima ne' suoi
caratteri essenziali, ma quel che é più, meravigliosamente
ridotta ad unità e massima semplicità, in guisa che né
prima i Grecia nò poscia Lionardo e Raflàello stesso fecero
punto di meglio (1). Ma perché di questo padre della pittura
(1) Delle qualità esscniiali della Pittura Italiana ^ dal suo rina-
scimento fino air epoca della perjezions, Disòorso del Profess. Tommaso
Minardi. Boma 1834, in- 4. Vedi pag. 8.
L
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IL BATTESIMO DI GESIT CRISTO 389
italica copiosamente scrìssero i valentissimi signori Guer-
razzi e La Farina nelle precedenti Illustrazioni, ci terremo
paghi a poche parole.
n battesimo dì G. G. che ei tolse a colorire nel com-
partimento che qui si dà inciso , ha tutte le doti che noi
col Minardi abbiamo in Giotto ravvisate. Gonciossiachè per
ciò appartiene alla evidenza del concetto, ognuno scorge
di leggieri essere il Battista compreso da riverenza , e quasi
pauroso oflTerirsi air altissimo ministero; il Redentore in
atto umile, e come chi invita a fidanza, piegare la fronte
e la persona al sacro lavacro; devoti, aCTettuosi due disce-
poli tener pronte le vesti. È poi meravigliosa la figura del
divin Padre, e sommamrate vero l' atto dell' inviare il Pa-
racleto sul Verbo umanato , onde tosto ricorrono alla mente
le parole del sacro testo: egli è il mio figlio diletto; ascolta^
telo. Che se dopo considerate le doti del concetto e il modo
di significarlo, si vorrà por mente alla parte geometrica
della composizione, apparirà quanto rapidi progressi facesse
r arte per opera di Giotto tosto che ebbe preso ad emanci-
parsi dalle vecchie tradizioni; ben disegnato cosi il nudo
del Gristo, come la figura del Precursore; il piegare dei
panni facile e spontaneo coprire e non ascondere la per-
sona; e tutte le parti cosi legarsi air insieme da risultarne
facilmente quell'unità, qbe nella pittura come nella poesia
è pregio essenzialissimo.
Il secol nostro restaurò la letteratura con lo studio di
Dante e dell'aureo trecento: possa la pittura italiana rin-
vigorire per quello di Giotto e dei seguacii
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STORIA DI SANTA ODLTA
QUADRO IN TÀVOLA
DI BUONAHICO BUFFALMACCO.
Alto soldi 15. dentri 8. —Largo soldi 11.
La condizione cÌTÌle e politica deiritalia nel se-
colo' xm non spaiigeva certamente di rose la union co-
niugale. Sovente la pace che riamicaTa doe faumiglie state
lunga pezza nemiche, accoppiava pure due cuori che non
si amavano; o gli odii crudeli di parte dividevano due
anime fatte per strìngersi insieme. U veleno o il pugnale
troncava non di rado un nodo formato da vii sete dì oro;
e r esigilo dei congiunti vedovava anzi tempo una madre
ed una sposa. Allora trovata in tutti i petti V ira delle fa-
zioni e la sete della vendetta; veduta la patria misera per
gli estranei, più misera per i cittadini; redarsi gli odii più
che gli averi; il cuore lacerato tanto spietatamente, ese-
crava una terra bagnata dalle lacrime e dal sangue di tanti
cari, e sollevava Tafiétto lassù ove la prepotenza non
giunge, e ove non cozzan fra loro i miseri e vili interessi
di questa vita.
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STORIA DI SANTA DHILTA 391
iDtorAO la iMtà di quel secolo una AiDcìallay o m^
glio diresti un angelo sotto ttmaiie sembianze » soloaoeianle
alle caste gioie del Cielo» veniva da bassa cupidigia de*suoi
astretta ad unirsi con nodo maritale ad un giovane cava*
liere. Era quella Rosane, e questi Ug(dotto Gaccianemici di
Faenza; ambedue di illustre lignaggio» ambedue degni di
esser felici percbò virtuosi, ied*esser felice fbese stato pos**
sibile in tanta tempesta di odii cittadini e di guerre civili*
Un cotal giorno la giovine «posa prese a dire al eonaorte
con grandissimo affetto: dappoiché loro non era duto gu^ -
star vero bene su questa terra, agognassero solo a quelli
del Cielo; a breve tempo si separassero, e nella solitudine
romita di un chiostro, per la patria, per i congiunti, per i
cari tutti offerissero di so medesimi a Dio sacrifizio: un
giorno si ricongiungerebbero in Cielo, ed ivi quella felicità
che non era ad essi in tanta tristizia dei tempi consentita
sulla terra, allora fruirebbero pura, ineffabile, etema. As-*
^sentiva lo sposo; ed egli e Rosane, la quale il proprio nome
mutò in quello di Umiltà, sotto Y abito Yallombrosano vis^
sero santa ed austerissima vita.
La commovente epopea di questa eroina dei bassi tempi
meritava essere tramandata ai posteri dalla pittura ita-
liana, che appunto in quell* età amava togliere i suoi ar-
gomenti non pure dalla Bibbia, ma ancora da quelle pie
leggende, le quali formavano allora le delizie del popo-
lo, e dalle quali soltanto, come dalle Cronache del Ma-
laspinae del Villani, è dato penetrare neir intima natura
di quel secolo cosi possente nel bene, e così tremendo nel
male. È Buonamico Buffalmacco prese appunto a narrarla
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392 STORIA DI SANTA UMILTÀ
in undici piccole storie, delle quali una ne fii data nel
precedente Fascicolo. Nella presente ritrasse la Santa nel-
r atto di persuadere lo 3poso a quella separazione; e tu
leggi nel volto di Rosane tutta la gioia di chi ha conce-
pito e spera mandare ad effetto un magnanimo divisa-
mento; e in Ugolotto mesto e. pensante , 1* angoscia di chi
pena a dividersi dalla bene amata consorte. Come in tutte
le cose sue, il pittore in questa storia die prova di alta-
mente sentire la forza dei nobili affetti , che egli espresse
con quella evidenza che noi sovente cerchiamo indarno
pelle opere dei presenti.
Tutto ò felice in questa semplice composizione; im-
perciocché il disegno vi è bastevolmente corretto, ottimo
il panneggiare, né quasi vi ò traccia dì quella durezza che
tanto spesso ci offende nei Giotteschi; e per soprappiù Buo-
namico dio un cotal saggio di prospettiva lineare degna di
un pittore del secolo seguente. La presente tavola, dapprima
esistente nel Convento di S. Salvi, passata poi in quello
di S. Verdiana, venpe da ultimo nell'I, e R. Accademia
d^l disegno.
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STORIA DI SANTA UMILTÀ
PITTUBA IN TAVOLA
DI BUONAMIGO BUFFALMACCO.
AIU solili 13. deuri 8. — Urga soldi 11.
Tre pittori sì trova aver associati i loro nomi ai tre
padri della italiana favella. Giotto, genio moltiforme e su-
blime, che primo si aflfranca dai tipi bizantini e crea una
pittura nazionale, solo poteva affarsi a quel grande, il
quale primo ai rozzi carmi de* provenzali sostituì il verso
italiano, e fu creatore del maraviglìoso poema cui posero
mano cielo e terra. Simone Memmi cbe, dotato di squi-
sito sentire, ingentilisce le severe forme del maestro, e va
in cerca dì un bello ideale, ben meritava V amore e la
stima del cantore di Laura, che tanta copia ed armonia
trasfuse neir idioma nostro; e come questi con la dolcezza
del verso cantò la bella avignonese, quei la ritrasse con
la magia del colore. Buonamico Buffalmacco bizzarro, fan-
tastico, ciarliero, vero giullare della pittura, cbe si pia-
ceva ad uccellare ora il vecchio Tafi, ora il semplice Ca-
landrino, dovea trovare nel Certaldese chi ne ritraesse al
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39i STORIA 1)1 SANTA DMILTA
vero r indole sollazzeyole ed i costumi faceti. Quando tutti
andassero perduti i loro dipinti^ il primo vivrà neDa Di-
vina Commedia, il secondo nel Canzoniere» il terzo nel
Decamerone. Buffalmacco come artista ebbe grande Y ìnge-
gnoy ma poco sofferente dello studio; fecondo ma non gen-
tile; qiuindo però volle usar diligenza ed affaticarsi (il che di
rado avveniva)non fu inferiore a niun altro de'suoi fempi.(Vas.)
Ma nella evidenza e nella facile imitazione della natura,
pochi gli vanno innanzi ed in quel secolo e nei seguenti.
Primo, al dire del Redi, usò fare il volto dei santi, noe
sparuto e muflSto alla foggia dei Greci, ma pieno, lieto
e rubicondo:
Ei dipingeva i Santi nelle mara
Con certi visi tutto sangue e latte;
e chiederva alle monache di Faenza della buona vernaccia,
che ai suoi santi facesse rinsanguinare le vene, ed a lui
confi»rtas8e lo stomaco. Ben sovente per esso la pittura di-*
scoide fino alla parodia» ed i suoi dipinti sembrano od
canto deir Orlando Innamorato, o del Morgante Maggiore.
La tavola che diamo incisa fa parte di alcune piccole sto-
rie di S. Umiltà colorite per le monache Yallombrosane,
delle quali essa fu la ìnstitutrice. Rappresenta la Santa che
asriste alla vestizione monastica di Ugolotto suo marito.
Semplioissima composizione. Un leggiero peristilio gotico
dà r accesso ad una cappella. Innanzi V altare è un sacer-
dote in atto di porre il sacro abito al nuovo candidato.
Ugolotto ^nuflesso lo riceve con profondo raccoglimento.
Due religiosi dietro l'altare sembrano compiacersi di quella
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STORIA DI SANTA DMILTA 395
vista. Piena di giubilo, e come chi fa a Dio sacrifizio di
quanto abbia più caro, santa Umiltà oon le braccia incro-
ciate sul petto, e gli occhi al cielo rivolti, sembra chie-
dere forza per sé e per il consorte a ben compiere quella
prova. Il difetto di gentilezza nelle forme della medesima
è assai ben compensato dall* affetto grandissimo che si ri-
vela sul volto della magnanima sprezzatrice di ogni umano
diletto.
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ALCim SANTI
DI FRA GIOVANNI AN6EUG0 DEL MUGELLO
oaiiAMSinro ad oha sua tavola
WBMMJk IMCPO0IBIO1VB DI CBOCB.
La feconda e sablime scaola di Giotto veniva man-
cando per la riforma operata dal genio grandissimo di Ma-
saccio. Avea tenuto 1* impero dell* Arte un secolo e mezzo;
e ninn* altra d* Italia, eccetto quelle del Sanzio e dei Ca-
racci» vide mai tanta e si eletta schiera di artisti. Primeg-
giarono in essa, Taddeo Caddi, Andrea di Clone Orgagna,
Buffalmacco, fiorentini, Spinello di Arezzo, Simone Memmi
di Siena, Pietro Cavallini romano; e quanto valenti fos-
sero bene il mostrano ancora il Camposanto di Pisa, S. Fran-
cesco di Assisi, S. Croce e S. Maria Novella in Firenze. Ma
la nuova scuola, che dicono de* NaturcUistU nutrita allo stu-
dio del vero, la vinceva nel disegno, nel chiaroscuro, nella
prospettiva, nel nudo, nel paese, nella ricchezza e varietà
degli ornamenti; e quando si ebbe preso a colorire a olio,
al fascino di tante bellezze, air evidenza di tanto vero, fu
stabilmente fermata la caduta deir antica, ed il trionfo
della novella.
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ALCUNI SANTI 397
Id questo mentre si era venuto educando alla pittura
in S. Domenico dì Fiesole un umile claustrale , il quale fe-
dele alle tradizioni di Giotto, non avea preso parte alla
nuova riforma, se non quanto il consentivano le severe
massime eh* ei professava. Tenea per certo, e molti il ten-
gono tuttora, che nella pittura sacra la via battuta da
que* primi fosse la vera: non mirar questa a solo diletto
dei sensi con la vaghezza del colorire e con la eleganza
delle forme, ma si a destare nell' animo un caldo e santo
amore del cielo, e dividere con la eloquenza F ufficio del-
r ammaestrare il popolo nelle grandi verità della fede, e
innamorarlo della virtù. E come il sentimento religioso non
può essere tramandato per precetti, né 1 trovati dell* inge-
gno sopperirvi se il cuore noi prova, se l'animo n(m ne è
compreso, Fra Giovanni del Mugello, cosi egli chiamavasi,
prosegui nel silenzio della sua cella a pregare e a dipin-
gere, assorto nelle sue celesti contemplazioni. Gh*egli mm
andasse errato, bene il conobbero i seguaci della nuova
scuola, i quali fattisi a ricercare nella natura un tipo che
uguagliasse V ideale degli antichi nell* Arte Cristiana, loro
non venne fatto di rinvenirlo. E quando il solitario di Fie-
sole ebbe dipinte quelle sue care immagini della Vergine
annunciata dall'Angiolo o coronata dal Figlio, il popolo e
gli artisti meravigliando chiedevansi a vicenda ove avesse
trovati contomi cosi puri , forme cosi celesti , quel bello in
somma che non era di terra; e a tramandare ai posteri
queir universale consentimento di ammirazione gli impo-
neano il nome di Angelico^ come a colui che meglio di ogni
altro avea rivelato ai mortali la gloria dei Celesti, Con lui
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398 ALCUNI SANTI
mancò la scuola di Giotto; e Je tradizioni sacre, che per il
corso di molti secoli erano state conservate dai Greci, e
da questi trasmesse ai giotteschi, cessarono. In qnella età
di tanti e si grandi mutamenti politici tutto fti in breve
cangiato, 1* Arte siccome i costumi. La società feudale die
luogo alla società moderna. Ciò non pertanto dopo quattro
secoli, dopo veduti i capo lavori dei grandi artefici che so-
prarr vennero, la manie ed il cuore trova sempre nei di-
pinli deir Angelico un nuovo e soave diletto, come il rao*
conto di quelle sventure e di quelle glorie italiane ci cava
sovente le lagrime.
Le sei figure che si danno incise sono come un colai
Saggio del suo valore, e verranno seguitate da altre assai
maggiori oonposiiioni. Esse formano parte del ricco orna-
mento Mia sua Deposizione della Croce, che ne novera
ben venti tra mezze o intiere, senza le tre piccole storie
della cimasa, le quali si stimano opera di quel D. Lorenzo
monaco, il quale nell' arte come nella virtù molto si fa
vicino all'Angelica
Il S. Michele è figura, che alla terribile maestà del-
r aspetto ricorda il duoe delle celesti milizie cantato da
Milton. Alquanto ritrae del S. Giorgio di Donatello, se non
ohe alle sembianze si pare cosa più che mortale. Vi è ne* con-
tiurni dolcezza e varietà di linee, ed è altresì ben con-
dotto nella prospettiva, il che prova che l'Angelico potè
talora sembrar noBcurante, ma non ignaro di questa parte
principalissHna della pittura.
S» Pietro contempla quella tragica scena della Depo-
siaone. Quanta pietà, quanto affetto non tralnce in quel
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ALCUNI SANTI 399
voHo! Ver aimil guisn T artista legò abilmente qaesta parte
accessoria ali* argomento d^l quadro. Figura nobilissima e
veneranda quale si addice al principe degli Apostoli, ed al
Tioarto di Cristo.
Seguitano S. Andrea e S. Paolo. Quegli ba la croce,
questi la spada, ambi il libro degli Erangel}. La predica-
zione di quelle verità, cbe dovean feHoitare il genere ornano,
fruttò si air uno che alFaltro il martirio. Due uomini stra*
ordinari ci offirono le sacre pagine: Mosè nell* antica, Paolo
nella nuova Legge. II primo trovò in Micbelangiole il solo
che valesse a ritrarlo. Il secondo io non spero vederlo me-
glio che dair Angelico. Dopo lette le sue epistole, percorsi
gli Atti apostolici, e considerato 1* ardore di queir animo,
la fermezza di quel petto nell'Areopago, fra le catene o
sotto la scure del carnefice, io ben lo ravviso alle sem-*
bianze che ce ne diede l'artista, in quella sua fronte aperta,
in quegli occhi scintillanti, in quel franco atteggiare della
persona. Tiene -la punta del ferro sul sacro volume a di-
notare eh' ei lo avrebbe promulgato fino alla eflùsione del
proprio sangue. S. Andrea medita nel più profondo cordo-
glio quel mistero di amore, e sembra impaziente del sa-
crifizio che lo attende sulla Croce.
Ultimi sono due grandi oratori del loro secolo: S. Do-
menicot fondatore dell' Ordine de' Predicatori, e S. Bernar-
dino da Siena, dei Minori. Ambi in diversa età esercitarono
a prò dei popoli il difficile ministero della parola, il primo
in gran parte di Europa, il secondo nella sola Italia; e se
non diedero per quello il sangue, lungo e doloroso mar-
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400 ALCDNI SANTI
tirio fn al certo quella lor vita travagliata da tante e si
grandi fatiche.
Tntte queste figure hanno merito di buon disegno e
di vago colorito; nelle pieghe sono rare, e nella proprietà
e nella espressione mirabili.
La tavola della Deposizione proviene dalla chiesa di
S. Trinità, ed è ricordata dal Vasari, e dalla cronaca del
convento di S. Domenico di Fiesole.
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SANTA BARBERA
QUADBQ IN TATOLA
DI COSIMO ROSSELLI
Ilio braccia 3. mMì 11. ^^^ Urfo braccia 3. Mi 1§.
Un cotal giorno raccoltisi a sollazzevol brigata al"-
quanti pittori» scultori e architetti fiorentini, Andrea Or*
gagna » cbe per Y ingegno e il magistero delle tre arti so-
relle fecilmente andava innanzi agli altri , volendo porgere
materia a lieti e lunghi parlari, mosse quistione, qual fosse
il maggior maestro da Giotto in fuori. E qui, come suole
avvenire peila disparità dei giudizj, chi dicea Gimabue,
chi Stefano, chi Buffalmacco, e chi uno e chi un altro. In
ultimo Taddeo Caddi, uditi i pareri di tutti, proferi que*
sta acerba ma vera sentenza: Per certo assai valenti di-
pintori sono stati, ma quesfarte è venuta e vien mancando
tuttora Ci). Or chi trasportatosi in Roma fra quella schiera
di toscani pittori che il Pontefice Sisto IV invitava a colo-
rire in Vaticano, cioè il Botticelti, il Ghirlandaio, il Ros-
selli, D. Bartolommeo di Arezzo, Luca di Cortona, avesse
(i) FftAWco SAcc;nETTf, Novella 136.
n. 26
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V02 SANTA BARBERA
onoYamente agitata quella stessa quistionet che sopra celi-
ti anni innanzi area proposto V Oiigagna in Firenze, par-
tendo in quella vece da Masaccio, non so se avrebbesi con
ragione potuto ripetere quella severa sentenza che al Caddi
era piaciuto di proferire. E vaglia il vero, se per opera di
costoro sì erano aggiutite non poche parti alla pittura, e
segnatamente lo studio maggiore del nudo e della prospet-
tiva; panni nondimeno che ninno non che vincere, giun-
gesse mai a emulare Masaccio, creatore piuttosto di uomini
vivi che d' immagini. Essendoché la più parte di loro, pa-
ghi di ricopiare la natura miseramente e con ogni difetto,
non valsero a sollevarsi fino a queir ideale ove trionfarono
Lionardo e Raffaello. Che ciò sia veramente potrà meglio
chiarirsi tosto veduti i dipioti di Andrea del Gi^tagHo, del
Verrocchio e specialmente di Cosimo Rosselli, nei quali
invano cerchi grazia e gentilezza di forme, una natura
scelta, una facile imitazione dék vero, ed un piegare dei
panni che ricordi la cara aemplicità dei giotteschi o Farte
nobilissima dell* Urbinate. E per ciò che è del Rosselli,
bene avea egli posti ottimi principi Al dipingere, e fatto
concepire liete speranze, quando in Firenze coloriva in
S. Ambrogio il miracolo del SS. Sacramento; ma Tarte a
lui più non sorrise: e quando si accinse al difficile Bpwìr
mento in Vaticano col SignoreUi e col Ghirlandaio, parve
troppo minore di sé; e allora fu ohe disperato della gloria
si rivolse al guadagno, cercando nei fomeUi d^i alchi-
misti quella fortuna che il povero ing^iK> a lui dinegata.
Quindi perduto il tempo e gli averi, disingannalo delle
arti dei ciurmadori, morissi poverissimo di oro e di fama.
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SANTA BARBERA 403
L* occhio anche il meno educato al bello deir Arte,
tosto veduta la tavola che diamo incisa, troverà che il giu-
dizio nostro» se fti severo » fu giusto eziandio. Perciocché
queste tre figure ci sembrano alquanto deboli nel disegno^
ignobili neir arieggiare dei volti, di grazia e di espressione
sfomite. Pur loderemo la ragione del comporre, nella quale
si ammira la sobrietà e la filosofia dei quattrocentisti; e la
Santa proteggitrìce delle militari fortificazioni, sotto il cui
patrocinio alquanti buoni Alemanni si eran raccolti in Fi-
renze, ha tale maestà di atto e di sembianza, che ben com-
pensa il difetto di gentilezza nelle forme. A render poi ra-
gione di quel guerriero, che chiuso nelle armi è da lei
calpestato (per quanto a noi sembra disegnato in ottima
prospettiva), si potrà facilmente svolgere il concetto del-
l' artefice dicendo volesse significare il trionfo della virtù
sulla forza brutale; pittura simbolica della quale assai si
piacevano i greci ed i giotteschi. Nulla aggiungeremo in-
tomo le due figure di S. Giovanni Battista e di S. Mattia
Apostolo, ma in quella vece ripeteremo il consiglio dato
da Virgilio a Dante: guarda e passa.
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405
DOCUMENTI
PER SERVIRE ALLE MEMORIE DEGLI ARTISTI
DOMENICANI
Libro III. cap. IlL pag. 3ft
Miscellanea N*" a. od voi. in-fol. MS.
(ArchÌTÌo di S. Marco)
Ckmtratto di fra BartolommeQ della Porta con Mariotto
, AlbertìndliyOOii il quale questi si obbliga di tutelare gli averi di
Pietro dd Fattmiiio e insegnargli la pittura*
THS.
Al nome didio et della gìanoea vergine Maria adi primo di-
gennaio 1505 sia manifesto a qualunque persona vedrà o leggerà
la presente seripta come egli è vera cosa che frate Santi daUueha
( da Lucca ] dellordine di san domenidio priore oggi in san Mar-
eho di firenxe. AjUuoga ovvero acconcia piero di pagolo del fatto-
rino con Mariotto di biagio dipintore per anni sei prosDime ave-
nire cominciando odi pritno digennaio 1505 , et finendo aA primo
digennaio 1511, et con pacto facto daccordo insieme el priore et
detto MarioUo che detto piero stia aimparare Forte del dipintore,
doè di metter Soro et altre cose di mazonerie et habbia a fare et
ubidire tanto quanto parrà et piacerà a detto Uariotto senxa preso
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M6 DOCUMENTI
o cosa alcuna f^ tutto stupra d/UtO UfVipo <t atwafrasono daccordo
k sopradeUe parte che tutti i beni che $i truovono deUa hereiUà
di paiolo di Jacopo dd fattorino che rcda il dello Piero^ inhbia il
detto Mariotto a esserne paratore et conservatore et allocatore et
affUtalore come gli parrà 9tJi§o$rA «Iftiì et che hd tenga diligente
cura che detti beni non vadino in diclinatione come fedele et buono
ministro di detti beni et che tutti e frutti et rendila di detti beni
sieno liberamente di detto Mariotto durante detti anni sei sopra-
detti. E quali beni sono questi cioè:
Una casa posta nelpopolo di satfpier9 gattoUni et una tdgna
posta a san amalo in foggio con aUri pezsU di terra htvoraiiva
posti in detto popolo et un* altra vigna et terre et boschi posti alla
castellina di FaUUgnew^ et fiorini cento undici di sepie per cento
tu ini monte del emmms di Fimnm.
Et ci» ii deUé Uariotto mhbia a Unere in casa sua et detto
piero el fargli la spesa et oalMario et mstirlo seoendo che richiede
lo stalo suoj et coA ancora se piero predetto volessi qualche volta
danaro che Moretto nem sia okUgeèlo a dargli pUche ealdi sepie
ci mm èn eaeo che delta pifirù gfi^ne oUedeeei ei non gUene ehie-
denda non ma/è detto Uariotlo essere oUigmlo a dargnieme a far-
gniene buoni oib fine di detto iempOé Ed anàoru detto Mariotto
deòki fare ogni onno ueu^ ufitioperfemima di pagalo del f^ttoris»
nella ohieea di eem fiero gtnHoVno et dare al prete per delio ufiiio
Ure dita et Ukre dua di candele di cera come i consueto. Et pia
sono daepordo le sopra delle parie ehe tuUi e debitori et creditori
della detta heredilà el anoora dd detto fiero si Iruoeano al pre-
sente che il dMo Mariotto come parraiore predetto attenda a ri-
scuotere et pagare con^ accadessi , el che dello MoriaUo possa
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DOCUMENTI W7
fiaière et fan ofPit cosa come parrà et piacerà a hti et tenerne
diUgmte conta di tuUo queUo che riscuoterà et pagherà per potere
rmitmocanto Ma firn ài detti sei anni. Et ancora sona daeeordo
to eopradette parte che detto Mariotio caci tanti danari da questi
dentari che lai comodamente in questo principia rivesta piero so-
pf Odetto et così ancora si acosèci al veroM della casa et del terreno
et ancora per acconciare un poca la easadella CastelHnaf et ogni
aiira cosa che si hacessi acconciare per P aimenire cavandone le
dette tre coee di sopra; detto Mariotto sia tsnuto'aconciarb di sua
danari 9 et in caso che detto Mariotto non riscotessi tanto quanto
spendessi netta acconciare dette ire cose che alia fine di detti sei
mmi Marictto habUa a essere rifatto in quel modo et tempo che
parrà al priore che si truoverà in San Marco di Firenxe a quel
tempo. Et ffi casa che Mariotto o sua ksredi non paresse et nùn
gli piaeesH che detto piero stesse con hd^ vuok poterlo Ucentiare
et rimmtiarc a sopra detti pacH ietti di sopra; ed ancora se al
detto piero non piacesse stare col detto Mariotto o voleseisi partire
dattui oda sua hereds et non volessi finire detti sei anni , allora
detta piero habhia a rifare a detto Marioita di tanto quanto parrà
etk priore che si trovassi tu quel tempo in San Marcho di Firenxe
et questo perchè se U detto piero volessi mattinare contro al detto
Mariotto^ o vedessi havere imparato presto^ detto Mariotto non si
perdi te sua fatieha cT avergK ime^eato. Et ancora il dUlo piero
con Hcentia M dHlopriore^ et ancora pnte (premate) flrate bar-
tolomeo suo fratetto^ promette et cosà vuote che finiti i detti sei anni
o prima se lui si partissi da detto Mariotto a sua herede , che la
vigna detta CastMna di Yaldigneve volendola Im affittare, che
détp^ piero non la possi talare a nessuno se none al detto Ma-
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408 DOCUMENTI
rioUo per prezzo giuito che sarà giudicato, ed m caso che hU ìa
volessi vendere non la possi vendere se none al detto MarioUo per
imo giusto prezzo giudicato da quattro huowmi del paese chiamati
dua per parte , et se ancora detto piero si morissi sensa figUuoU
legittimi et naturaU infra detti sei anni o dopo deéti sei anni^
vuok che chi redassi la detta vigna sia obligato a venderla al
detto Mariotto o sua heredi per il giusto prezzo come è detto di
sopra. Et in quanto a detto Mariotto et a sua heredi non piacene
comperarla, timo liberi da venderla et tenerla come piace alloro;
et ancora sono S accordo che se infra detto tempo accadessi cosa
akuna che fossi in grande danno di Mariotto o di piero^ che tutto
quello sia rimesso nel priore detto^ et ha rifacessi nuovi capir
toH come bisognasse secondo il suo judicio^ per correggere il (fanno
che fussi seguito; et di tutti questi sopra dett% pacti sano da^eràù
et vogliono che si ohservino F uno a r altro et si^tomettonsi a ogni
iuogho o stiUuto dove ragione si tenessi^ et per fede di ciò el priore
di San Marco di Firenze si sottoscriverà sotto questa scripta ^
sua propria mano et così detto Mariotto ed ancora piero di sua
mano si obligerrà ed ancora frate bartolomeo suo fratdlo si so-
scriverà per modo di testimonio et di consiglio del detto Piero suo
fratello ; et forassi dua scripte delle quali, una ne terrà Mariotto
predetto, et l' altra il com)ento di San Marco cioè il sindico.
Io Niccolò di piero di bartolo Ligi ho facto questa presente
scripta di mia propria mano a preghiera delle sopra dette parte ,
oggi questo di pròno di gennaio 1S05; et loro si scriveranno qm
dapié di loro propria mano.
Io frate Sancti di paulino pagnini da hiccha priore al pre-
sente di San Marco di Firenze , per certa autorità la quale mi
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DOCUMENTI 409
Uuciò frate Barthokmeo di paulo del f adorino sopra fiero suo fra-
tello qtUMdo li fece donatione della parte sua ( Rogato ser Lorenzo
Violi) j consento et conferma che si facci et observi quanto di so-
pra si contiene. Et per fede di ciò ho facto qìéesti versi di mia
propria mano nel sopradecto anno^ mese et giorno.
Io frate Bartholomeo di pagulo fratello di Piero decto di so-
praj consento a questi poeti decti di soprcu Et così giudico sia il
bisogno di Piero qtumto è decto di sopra. Et per fede di ciò ho
faeti questi versi di mia propria mano, hoggi decto di. .
Io Piero di Pagulo del Fattorini sapra detta sono contento
e obligomi a tanto quanto he detto di sopra apartenente ame. E
anehara mi obUgo di observare quanta ha fatta el priore detto con
Mariotto^ he così di consiglia di fra Bartholomeo mio firateOo^ mi
oUigo generalmente a quanto di sapra si contiene^ e per fede di
ciò ho facti questi versi di mia propria manOf oggi detto di primo
di gennaio 1505.
Io Mariotto di biagio dipintore sopradetto san contento e
hobrigomi a quanto di sopra si contiene di Keenxia di biagio mio
padre el quale si soscriverrà qui dappiè di sua propria mano
hogi di detto di sopra.
Io Biagio di binda sopra detto sono contento e cosi do licenxia
al obrigho di Mariotto mio figUuolo sopra detto, e per fede di dò
0 fatti questi versi di mia propria mano oggi detto di sopra.
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410 DOCUMENTI
Libro III. cap. III. pag. 43.
LiBBO DBIXB Ricordanze dbl coiiTBifTo di S. Marco
(segnato eoo lettera B cod. cartaceo, un voi. in-t)
MOVIL
Pag. 31 e seg.
Richordo eome adi XVIIII di fiwgfm 1507, ptr engimu
d'ima diffnrmuim mata tru B^moirik dì bmoemìU^ drt bianco cU-
tudku> fkìrmumo el fra Bartolomeo iipmUiro nootro frase ^ et pn
eon80ft$int col coaoaUù tmoéro fumaiaoola da aliare ohe hàvmm
pre$a a dipingere dio* fina BartoUmMo da detto Bernardo che ha-
oea andare meUa badia di FirengOt con eerti paeti cerno open in
WM ecripta prieaia eoecripta da detti frate Bartotomeo et Ber-
nardo, dove 9i contiene in effetto la tavola havere in se certe con-
ditiom che qmei apparieceno^ et che del prezzo pai di detta tavola
nen $e iir accordando thttemt le dette parti, habiei a chiatnare
dm amici comunif et non se accordando, kabioi a torre estiwuh
tori delF Arte, et lui habi a torla per quel prexo. Et coei havea
ricevuto già detto fra Bartotomeo parte de preso, et tandem finita
la tmoota<^ detto Bernardo fece akmm obiectione et nen patema rù
squotere b intero pretio eotne speravamo, onde rapportato le sa^
pra scripte cose et altre più volte al padre priore , et havuto pia
volte consiglio sopra detta cosa, et richiesto parere del prexo a pia
persone, perchè fra Bartolomeo diceva venirsene ducati dugento,
ma che per ducati cen0 sexanta se padri la davano ne facevano
gran piacere, et Bernardo non voleva passare più che ducati
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DOCUMENTI 411
ocl0ttbi, et tromii de ditiparwi sopra della coma, deHber^rono e
padri rimettere detta coma nello AbbeOe di badia Uberamente che
ne fcueai H tutto quanto a lui parea juetOf et maxime perchè
detto Bernardo era da qualamo reperito a frati^ che era huomo
pntuoeo (m) da litigare et cavillare in queeta comi» et volew eie
la tamia haeendoei a etimare voleva che a ofni moda $i caoaen
di enea noetra et poneeeiei o in badia detta^ « tu aUro tertio btoga^
et queeto el noelro dipintore non «otoa» et dieeiea nm eeeert ne
eonemto ne jueto et ohe perdeva la tavola di suo honore et re^
putatimef et mMo aUre ragione. In effetto tutto fu rimino Ubereh
mente in detto Abbate pcroM ne vene qui a parlare a fratiy et
iÈtirmmeeeei' offtrendoii volerla aehùnmatre^ credo a effbtto che la
tavola ei eondueeeei nella cappeìh al euo ktogo; wm dipoi havuta
la comeesione libera da not, referi essere stato con Bernard^ et
non httvere de lui tale parole^ ne vederlo in tale Aposilione che
lui si perMuadesei poterla aecùnmare. PertatUo dieee detto ÀbbaiOf
andate a seguire vostre ragione et ordinL Onde httvendo io havuto^
a ire in questo tempo a Venetiap. ragione delcondurd M. Jfor-^
lino a leggeret et per compraste rasoe^ ee^ i frtM cemiseono a pra
Qiavamii de* Medici et fra Niccolò di Bartolo, che. lo convenistìono
a larte degli SpexiaH a cU sappartiene ei giudilio di tale extime^
et così feciono. Il che portori ehe si fece uno compromesso in 2.
OMÌCi comuni secondo la scripta per comandamento de' Coneoli ,
et lui chiame Giovanni di Piero di GUmanni Francesehit H noi
(Riamammo Mariotto dipintore^ ei depositosei k taspa della ceti-
matione debita secondo loro statuti et p. partito si fece date lieen-^
tia da Considi a Mariotto che potessi estimare et dare iskfommir
tkme et juditio di detta tofcolOf non okstanle la prohibitiosie di
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412 DOCUMENTI
deiio statuto^ tandem non si accordorano a judicare^ et tapiro il
cQ$nprame$so^ et noi rihavenuno la tana dBCku
(pag. 32. ) Biehordo cwne per cagione della difirenHa che
nella faccia ed di rimpetto si dice della tavotm dipitUa da
fra Bartolomeo nostro frate p. Bernardo di betscenuto del
Bianco^ essendo seguite le cose infino al termine che di là ei è
narrato f et parendo al priore nostro et Padri che noi in tal cosa
pia presto perdiamo che acquistiamo^ haioendo a comparire ismansi
a uffkif judiei et corte per cagione di Utigj con hMomini secukari
per cose temporali^ et essendo detto Bernardo huomo lungo et U-
Hgioso come si disse esser reimportato da aleuti^ et che per la
necessità che in Coftoenlo è di danari, ohe si trova hawr moU
debiti et essere accattati per bisogno del Concento danari insula
assignamento di detta tavola, per uscir di questa briga el priors
comisse di consigtto dalcuni de padri, a me Fra Ruberto sindieo
dopo la mia tornata di Venetia, et a detto Fra Giowmni de Me-
éiei, che noi rifacessimo detto Compromesso n^sopradetto Ma-
riotto dipintore et Giovanni Franceschi, et che per tertio gli des-
simo lo Abbate della Alfiatia di Firenze, et cosi facemmo detto
di XVIIII di Giugnio, rogato Ser Bonaehorso notaio degh Ufi-
tiali della torre, if accordo con detto Bernardo, et muUum ami-
cabiUter, et lo Abbate acceplò dijudieare.
Dipoi lo Abbate referi a fra Giovanni d^ Meéiei che non
poteva havere informatione di q. cosa da nessuno dipintore , ne
eOant dagli extimatori deK Arte^ et così quM dipintori che da
detto abbaU erano stati richiesti di parere, et venuH a vedere detta
tavola su in Convento^ et a Atto fra Giovanni et fra Beartolomito
dipintore riferito, el quale molto haveva per male che tale juditio
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DOCUMENTI 413
H luwe$$e a dare per uno che ielVArte non si tnleiMbm né havetn
da chi $e ne miende informatione. Per tanto fra Giovanni essendo
con lo Abbate in familiare locuHone qtuui exhortando disse , ha-
biate buona informatione acciocché judichiate rettamente ^ et non
la potendo hacere credo farete bene lasciarla agli extimatori dd-
r Arie perchè non satisfarete a frati né a Bernardo , perchè ha
disse Bernardo havergH detto che per lui si faceva che la fossi
extimata dalF Arte et non daUo Abbate^ onde o per questo o per
àUro panò el compromesso et non si lodò ( sentenziò ], che have^
fMuno tempo tutto di 30 giugnio 1607.
Onde perchè non essendo io in Firenze ^ el detto Compromesso
expiré et tornando adi 1. di luglio trovai che adi 30 de giugnio
10 Abbate havea a San Marco mandato per^me^ et de commissione
del Vicario del Convento in absentia del Priore che era ito col
Generate a Roma, andai con frate Giovanni sopradetto a lo Abbate
con animo di rifare el compromesso , secondo che Giovanni Fran-
ceschi con Lorenzo di Credi dipintore, et Gherardo Gherardi ha-
vea richiesto et per parte di detto Abbate e frati in mia absentia
r ultimo A del termino, ovvero protestato a fratt, che per Ber-
nardo non stava che non si lodassi, che voleva prorogare qualche
<fi acciocché lo Abbate potessi avere informatione per certo modo
che diceva di nuovo tenere col quale sperava haverla. Ma lo Ab-
bate ci mandò a rispondere essere occupato et non potere atten-
dere anoi,etche el A di innanzi havea mandato per me , perchè
allora accadeva, bora era passato il tempo et ptà non bisognava.
11 che tutto riferito a Giovanni detto et dichiaratogli che etiam
per noi stava, et hdjustificato, rimanemmo m nuova conventio-
ne, doè che Giovanni detto insieme con Lorenzo di Credi dipin-
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414 DOCUMENTI
Uire 8i e6nte9ìshino et aeeorimri del pr^juo di dfHa lovote, U
senxa dire nuHOr a noieoU ci dichimo: noi$iamodttccordo,aUhof
noi ne faremo in loro commiseionò per coniracto ei raUhifiche'
remo el hrojudiiio; onde detto Giofxmni fues$o ofprobó et oc*
ùBflà^ et éndò a trovare detto Lorenuo, et taeidem non ei eoenen-
nono a fare detta e<Ktimaiione per riepetto della Ugge deW Arte ;
unde fu neceseario amdare a latte degli Spmaìi^ et faeema ciUare
detto Bernardo^ et fu da Contali fatto partito che ei dòveeee emtè-
mare dagli extienatari delP Arte^ et eoei depeeitatnmo deioati em-
que per gli ordini che $ono in detta arte di pagare demari VIUI
per lira^ et perchè non pare conveniente a reUgioei etare oMa d-
vite nelle loro cauee^ parlando ineieme el eindaeo del canmnte
con Frameeeeo Magalotti canieieeiMno del oonveeito et cognato di detto
Bernardo tat^dem de comeneeeiome et whmtà dei IL Tieoria G^
neirak, et del Priore et Vie. del eonftentOf et Padri^ ei rimiee entta
l4^ cauea et il prego p. la parte del convento et di detto Bernardo
in detto Francesco Magalotti^ et Imx fece che detto Bermtrdo ei
doneeei dare oltre a quelli ducati quaratUa che già havete pagato
al convento , ducati eeecauta lar. S oro in orOf et quel fiA che
parrà al )ietto Bernardo ei sua diecreti(m$, et noi fummo ooft-
tenti et daccordo al euo juditio^ et non ei face dipoi altra rap-
porto o etima^ unde a di XVU di luglio venono qui al consento
detto Framcesco Magalotti et C&aivanni <£ Piero Francuchii et
tfiowmm mi annoverò sexanta ducati (foro tn oro» et portoroeui
via la tavola^ et fra Giovanni de Medici rihehe el deposito del-
r arte, pagando perù prima a quelU eettimatori 4 giroesoni per
uno per loro fatica^ et erano iSenuti pim wdde a vederla per exti'
maria ; et ano grossone a famigli dcW Arte. In tuU0 L. 4. S. XL
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DOCUMENTI MS
Et €ù$ì i $Ma trattata et terrnmala fuuta cmm ptr grana éi
Dio. ~ Vedi Ubro DMtcri et Creditcri e 66.
Libro UL cap. IV. pag. 63.
RlCOBDANZE B.
( Codice sopra citato )
pag. VI a tergo.
Protesta fatta a Frati di Murano l'amio 1511.
Richordo come già più anni sono » che etimo fum nd 1608
daprik, eeeendo fra Bartolomeo nostro dipintore a Venetìa et il
sindico del nosWo convento di S. Marco con lui ^ tolse a dipingere
una tavola in panno da fra Bartolomeo Dal Zano Vicario del
convento di S. Pte^ro snartire del nostro ordi$ie de Sturano,^ et
prese tempo a expedirla^ et poeti fedono che si dovessi pagare se-
condo che fussi estimato el vaiare da amici comuni ; fu data jsh
strutione che passerebbe ducati 70 m/ino incento o piA, et fu data
arra per aHora atamano per coniare colori a Vinegia eerta
quantità » et ordinato che per infino m ducati XXV doro ira ^pmi
e altrove^ et per mano de Bart, de Monte Zupo dipitUore ovvero
Scullore^ che si trovava atlora a Venetia^ et per mano di fira
Barnaba di Gante a Firenu che haveva in ìnana di detto fra
Bartolomeo Dal Zano libri di pistole di Seta* Catherina da Siena
stanne a vendere che si traesse per arra di detta pictura deiH
danarif et così fu fatto infra certo tempo ^ et tenuto conto , fattone
creditore detto fra Bartolomeo Dal Zano^ al libro dd Congnio
Q. VI et debitor. et Credit. Vili e. 8k. Et la pictura fu espedita
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416 DOCUMENTI
tutta 9t beUi$8ima in brem tempii ; ita che quanto alla tUma é
cki ha di decte opere iudieio era slimata meglio che cento du-
cati doro^ et fu dato di tulto aoviio al detto Concento di San
Piero Martyre, et a detto fra Bartolomeo Vicario. Di che per ri-
epetto di guerre seguite in detti luoghi ^ et di poi per la morte à
detto fra Bartolomeo Vie. per la parte di detti frati et Convento
di Murano non si è mai eseguito la presa di detta tavola^ ma bene
si sono hamte lettere respomm di volerla et simile coea et tmiameUe
et di poi mandarono qui due frati di detto Convento con commissione
di comporre col convento nostro, coeguali havuti più ragionamenti
fu largito loro che pagando oltre la somma che habiamo haouta,
che in tutto sono ducati XXVIIl, come appare a detto libro, e.
9k; anchora ducati cinquanta doro, la tavola sarebbe aOoro posta;
et ^pianto che no che se gK serverebe loro uno mese dal (fi della
partita loro de qua, et differirono el rispondere, et poi non ser-
vati tempi et pacti, pia volte si è avisato et protestato che habiamo
che la vuole tn. (tamen) per esser fedeli, et per amore che vogUamo
più presto sia dellordine per manco che di altri pel più. Tandem
visto che non si fa conclusione alcuna, et noi volendo volerò dd
nostro , et perchè la tavola perde assai stando cosi, de comissions
priorie et consiUi passati molti lunghi termini, di tutto p.' sopra-
scripto tenore si fece loro lettera protestativa adj XV del mese ài
Gennaio Uii, mandata per lo banco di Nic. del Nero, che se in-
fra tempo determinato cioè p. di qui a tutto di XXV di feb-
braio 1511 proximo futuro non mandavano per detta taccia et
U preso debito sopra detta arra che la venderemo ad altri per
quello troveremo et della arra non renderemo niente ma secondo
che è costume et ragione la riterremo per noi.
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DOCUMENTI kil
a^Q
Libro III. cap. IV. pag. 73.
( Codice sopra citato )
YHS. MARIA
pag. 53.
Ricordo chome addi (manca) di giugnio 1513. fu fatto uno
stantiamento daUa Magnifica et ExctUa Signoria di Firenze al
chamarlingo del monte che ci dovessi pagare due. cento per conto
della tavola cmncata (cominciata) per la sala del Consiglio chome
habbiamo strumento di mano del pubblicho notajo e quali debbe
pagare per tutto ottobre proximo advenire 1513. — due. 100. —
El sopradetto stantiamento hebbi io fra Gerolamo Dandi
Gini come sindacho et procuratore del Convento adA 17 de giu-
gnio 1513 (*) Et addi 19 de luglio giunse detto stantiamento dagli
ufficiedi del monte et dal loro Cancelliere sottoscritto.
Et più di poi fu sopto scripto dal proveditore di detti dieci
et da Giovanni Masolini uno degli ufficiali — Posto debitore el
Camarlingo al libro Vili. e. 12 —
(*) Questo P. GeroUmo Dandi Gini si trova eletto sindaco del con-
vento dì S. Marco nel giorno 31 maggio 1513.
II. 27
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418 DOCUMENTI
Libro III. cap. IV. pag. 78.
MlSCELLA>EA N*^ 2. $ 5.
Copia del ricordo della divisione della Compagnia fatta fra
Bartholomeo dipintore et Mariotto di Biagio dipintore, daccordo
con consentimento del priore di San Marco , come sotto scritto si
vedrà el quale è al Mro DeUtori et Creditori et Rieordanse 5.
A, ۥ 60*
Ricordo come hoggi questo di& di gennaio 1512 fra Barto-
lomeo (ftptn/ore isisieme col padre priore fra Sanii da Luoeha dì
San Marco^ e io Mariotto di Biagio dipintore siamo f aeeoréo
di dividere la Compagnia e finire la scripta abbiamo insieme come
appare la copia in questo^ e. 53, diviso colori e masserisie^ lavori
cominciati di pitture fatte e quali si nomineranno qui dappiè, tf-
poi questo saldo e divisa, fra Bartolomeo dipintore ^ et priore si
soscriverd di lor propria mano. E prima quelle coso che toccai
a frati ài San Marco, doè:
Una tela di brada sei e larga k drentod un dio padre, et mkx
Sca. Maria Magdalena et Sca. CcUerina dassiena^ del preso di due.
sessanta* larghi doro in oro, sbattutovi due. ventotto; restano a
detti frati due. trentadua, e tanto si contano detta tela. E ancora
siamo daccordo che venendo per caso che detta tela si vendessi più
che due, sessanta larghi doro in oro, quelpiit siano mezzi de frati
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DOCUMENTI 419
el mezzi di Mariotto; non $i vendendo jriù sia Uberamenie de frati
tutta la detta tela due. 32.
Una testa d" un Cristo ih uno quadro el quale
dettono e frati a Lionardo Bartolini. . . due. k.
Dn tondo d^una natività di braccia duo. . . . due, 12.
Queste sono che toccano a Mariotto ^ cioè:
Un tondo di braccia dua dipinto. . . . due. 17.
Un Cristo che porta la crocie co ladroni e adorna-
mento due. 12.
Dua quadri di braccia 1 i l'uno, finitami di-
pinti due. 12.
Una Nusiata che a il Gonfaloniere in un qua-
dretto due. 6.
Ancora nomo daecordo insieme dei lavori cominciati e non
finiti si dividano insieme fra noi; et daecordo facciamo che que-
sti tocchino a frati di S. Marco e a fra Bartolomeo dipintore
cioè — La tavola grande che andava (forse anderà) in Consiglio
in sulla sala disegnata di spalto (aspeìUo) di mano^ di fra Bar-
tolomeo 9 sia de' detti frati.
Ancora siamo daecordo insieme che detti lavori cominciati e
non finiti che saranno qui dappiè in compenso della tavola del
Consiglio tocchi a frati, e questi tocchino a Mariotto e siano sua,
e prima — Una tavola disegnata di mano di Filippo (forse il Lippì)
che andava alla Certosa di Pawia; ancora un' altra tavola si-
mile a queUa disegnata di mano di fra Bartolomeo che va appa-
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420 D () C U M E N T I
via alla Certota; e un quadro disegnato àrea dua braccia y e un
quadrello bozato (abbozzato) di mano di fra Bartolomeo , dren-
lavi uno Adamo a sedere e un Eva ritta, ciréa uno i braccio ^
siano tutti di Mariotto questi di sopra.
Ancora siamo daccordo che queste masserizie che restano a
comune V abbi a doperare fra Bartolomeo a servirsene mentre che
vive, e dopo la morte sua siano dette masserizie liberamente di
Mariotto dipintore et sue rede: cioè uno modello di legno quanto
el naturale y cioè una figura; e ancora un altro modello circa dm
braccio gangherato — Un paio di (forse Seste) grande di ferro
circa dun braccio, e un bambino di gesso formato da uno di Sca,
Croce di desidero (Desiderio da Settignano Scult).
Copia della soscrizione di nutno di fra Sancii priore sopradttto
e di fra BartoL
Io fra Sci. di luccha al presente priore di Sco. Marco retti-
fico e approbo la sopra detta divisione della Compagnia fatta tra
fra BartoL e Mariotto sopra scritti nel modo e forma si contiene
nel sopra detto accordo di mano di sopra detto Mariotto , che co-
mincia — Ricordo come oggi, ec. a carte 59 che dura e durò in-
sino a questa nostra sottoscrizione, la quale ho fatta di mia pro-
pria mano, nelTanno e giorno sopra descritti.
lo fra Barthol. dipintore sopradetto sono contento di quanto
di sopra si contiene , e in fede mi sono sottoscritto di mia propria
mano questo dì sopra detto.
(Manca la sottoscrizione di Mariotto Albertinelli)
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1) O e U M E N T I 121
Libro IH. cap. V. pag. 85.
Annalia Convbwtus S. Marci
De Florenlia
Almi Praedicalor. Ord.'»
(un voi. infoi. MS.)
1 Religiosi del convento di S. Marco donano a ijiovanni
Benintendì una tavola dipinta da Fra Barlolommeo della
Porta.
fol. 3i.
Die 3 februari 1534, more fiorentino hora 1." noctis F. Felix
Dominici de Florenlia prior hujus conv. cum omnibus vocalibus...,
qui fuerant numero 28 congregatis.... sponte et mera wlunlate ,
non coacti sed libere omnes concorditer dederunt\ largiti sunt, et
concesserunt lofuinni Mariae filio ex domo spectabilis viri Lau-
rentii Nicolai de Benintendis cici fiorentino populi S. Marci Fio-
rentiae, praesenti et acceptanti, unam tabulam seu Anconam
pictam manu egregii pictoris fratris Bartholomei de Florenlia
Ordinis S. Dominici, positam in Ecclesia S. Marci in parte in-
feriori ex parte occidentali^ intilulatam nostrae S. Catherinae de
Senis, in qua tabula sunt muUae figurae diver$orum Sanctorum.
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422 DOCUMENTI
Quam donationem concesserunt praefato lohanni Mariae et here-
dibus de domo et familia de Beninlendis, ut ipse et eitis heredes
ad omne suum et eorum beneplacitum dictam tabuktm ornent et
dotent, et omnia alia faciant ad honorem et laumdem dictae
S. Catherinae, prout sibi et ejus heredibus melius videbitur. De qua
concessione et largitione^ et omnibus supradictis^ rogatus fuit s.
Bartholomeus Antonii de Azeis cxvis et notarius florentinusy dieta
dieSfebr. 1534.-
Libro III. cap. VI. pag. 107.
Libro Debitori e Creditorp
Dell* Ospizio di S. M. Maddalena in Pian di Mugnone
(un ?ol. in-foL MS. dal 1482 giunge fino al 1320).
Comincia. — Al nome didio et della gloriosa vergine madonna
Sca. Maria et messer Sco. Domeniche padre nro. , et messer Sco
giovanni batista f et tutta quanta la celestiale corte del paradiso f
et quali preghiamo ci pstino (prestino) sanità del corpo et salute
de lanime nostre.
Questo libro è deloratorio e frati di Sca, Maria Maddalena
in piano di Mugnone e chiamasi debitori e creditori.
foL 112. Ricordo come oggi X luglio 1514 si /ini di fare di-
pingere la madonna della cappella,.» quella apie della scala del
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DOCUMENTI 423
Convento p. {re. Bisrtho. nro. piciorep. suo spasso essendo qui ari-
creatione p. sublevarsi dalla sua infermità; con dua sua discipuU^
quali depinsono quel historie de Sci. padri,
E a dH6 de detto depinst el sop. dscto frate Bartho: quella
Madonna della infermeria dove mangiano linfermi , di sua p.p»
mano; et essendo priore de Sco. Marco fra Philippù Strozzi et Vi-
cario di S. M. Magdakna fra Ant 2>' Aradda.
(E sotto ranno 1515.)
Ricordo come quella adnuntiata che è neW arco del presepio
è di mano di frate Barthotomeo^ et quella fu facta adi 4 d* oto-
br. 1515 sotto sopradetti padri, a spese del sopra detto frate Ro-
berto Salviati.
Lib. III. cap. Vili. pag. U9.
Annalìa Conv. S. Marci
(Articolo Necrologico di fra Bartolommco)
foL S31. F. Bartholomeus PauU lacobi de Florentia profes-
SUB in Conventu Pratensi; sua aetate in pictura et prospectiva
supremum hcum tenens, sicut testantur pbtra opera ab eo facta,
Fhrentiaet Lucae, Pistoni et Romae « tum etìam ad GaUias oc
Flandriam multas, tabulas ab eo pietas, Cum redisset ex balneis
S. Philippi mortuus est in hoc Conventu die 6. Oclobris 1517 ,
cuius obitus propter eximiam eius virtutem in arte pictoria, ma-
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tó4 DOCUMENTI
gno fuit omnibus deUrimenio Obiti vero aetaiis suae ann. 48.
Er€U autem Diaconus.
Noi abbiamo scrìtto esser morto fra Bartolommeo nella età dì anni
4S^ per la testimomiiisa del Vasari, il quale lo dice nato nel 1469, e morto
nel 1517. Nella Cronaca di S. Marco si dice morto negli anni 46 , ma
sotto questa cifra si legge ancora, abbencbè cancellato, il numero 48.
Essa però non dice in quale anno nascesse il pittore; il perchè abbiamo
seguitato il Vasari.
USL;.
NbcroIìOGio, ossu Libro dei Morti
del Convento di S. Domenico di Pistoia MS.
Dal 1500 al 1564.
(Archivio della Cancelleria Yescorile di detta città).
Frate Paolino pictore figlitelo di M. Bernardino del Signo-
raccio dipitore Pistoiese ^ di anni circa 57 morse a 5 Aore dinoete
la vig. del nostro P. S. Domenico. Fuit vir bonus sin^kx et
rectus defx>tus UmoratuSf obediens: in arte sua non insegnis, non
jnger, non tardus^ summopere diligenSy et admodum peritus ut
eius opera [ostendunt. Multa n. pinx adeo ut si enarrare veìkm
tabulas et quadra nec non rectractus innumefos pagina haec ad
scribendum utique non suffieeret. In Ecclesia ut apparet nostra
in primis altaris majoris aspice tabulam viginti continentem fgw-
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DOCUMENTI 425
Deinde illa D. Augmiinù Illa iUm Annuntiataetpostea Crucifixi^
ultima illa Magorum in qua iptemet piclar se teiraxit, qui tum
erat iriginta sex annorum. Suo lucro clausirum porvtim.... et
hospitium fabricare fecit..*.. Florentiae in S. Marco quatuordecim
fere annis manisiL Simul ab ipso vidimus et copulavimus ab ilio
tempore quo Pistorii'petiit^ ipsumaureos octingentos fuisse lucra-
tum. In omnibus beniwlus et maxime secularibus. Ego qui modo
scribOf ingenue fateor, non solum in quatuor annis ipsum in
confessione Aoòtfì.... censendum anima ipsius ccslum evolasse,
et hmus rei testis est dilecta soror Chatharina de Riccis quae
pictori multum erat famUiaris nec per inde mensis pertransibat
uUus quin ab ea licteras propriis manibiu scriptas, site nuncia ,
sive munera non reciperet In vigilia S. lacobi (ut morie est)
euntibus fratribus processionaliter ad conventum S. Francisci
prae nimio solis calore dolorem capitis vehementer c^ectus , post
decima die migravit e vita. Sepultus est in Ecclesia nostra in mo-
numento quidem luvenum quia Dicicontu erat^non cum modica la-
crimarum effusione fratrum nec non et dvium et muUerum.
Questo docutnento, che ducesti scritto in liogaa Ottentotta! ci venne
graziosamente trasmesso dal signor Giuseppe Tigri di Pistoia quando era
sotto il torchio l'ultimo foglio della vita di fra Paolino. Il P. Serafino Razzi
trasse da questo il suo articolo intomo il Signoracci, ma non esattamente ,
perciocché ove il Cronista pistoiese scrive che fra Paolino dimorò nel con-
vento di S. Marco di Firenze intomo a quattordici anni, il Razzi aggiunge,
che il suddetto pittore fu per lo spazio di quattordici anni sotto la di-
reaione di fra Bartolommeo della Porta. Che poi dipingesse la tavola della
Adorazione dei Magi nella età di trentasei anni sembra non potersene dnbi*
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426 DOCUMENTI
tàtt, ma allora fari di metltarì darla dipinta nel I5S6, e non già nel
1599, come scrive il Tolonwi nella Guida di Pistoia.
Libro III. cap. XVII. pag. 335.
Monumenta Restaukat. Pisanae Paimat* Ecclssiae.
Contratto degli Operai del Duomo di Pisa, col P. Domeaioo
Portigiani , per il quale questi si obbliga a gettare di
bronzo le tre porte della suddetta Cattedrale.
(Archivio del Capitolo. Miscellanea. LetL M.)
A dì 22 d'aprile 1597.
Il M. R. Fra Damenieo Portigiani fiorentino delT ordine à
Se. Domenico f in virti* della presente promette et si obbliga a
S.A. S. et p. detta alti deputati dalla p. f. (prefaU) 5. A. S. alla
restaurazione del Duomo di Pisa di fare tre impiallacciature di
bronzo a tre porti che vanno alla d. chiesa del Duomo, alte et
larghe sdo. (secondo) t lor vani, et battenti , come le vanno, neUe
quaU vanno le appresso storie et altro, cioè:
Nella porta reale del mezzo otto storie con li suoi falsetti se-
condo e modelli di legno messi a cera, consegnati a d« Padre Por-
tigiani, et oltre a ciò ne fregi fra cornice et cornice , U fogliami ,
0 trofei di basso rUievo, et le storie sono appresso.
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DOCUMENTI 427
1. La NttiviUi cUlla Madonna 5. La VisitatioiM ài 8. EltubetU
%. La Presentasione al tempio della detta 6. La Purìficatione al tempio
3. Lo Sposalilio di e&sa con S. Giuseppe 7. Quando fìi Assunta in cielo
4. L' Annuntiatione fatta dall'Angelo 8. Quando fu coronata al Cielo.
Nelle altre dui porte vanno altri otto storie per porta ^ oltre
e sua falsetti con fogliami o trofei^ come sopra è detto ^ che sono
te appresso j cioè per la porta verso il Campo Santo.
i. La Ciativil^ di N. Signore 5. Quando fu batteuato da S. Giovanni
5. La Circumcisione di esso 6. Quando scaccia i Farisei del tempio
3. L* Àdoratione dei Magi 7. Quando resuscitò Lasero
4. La Dispula coi dottori nel tempio 8. Quando entra trionfante in lenualem
NeWaltra porta di verso lo Spedale Nuovo.
1. Quando N. Signore fa oratione nell'Orto 5. Quando e levato in croce
%. Quando h battuto alla colonna 6. Quando è messo in Cr. in mpsso a ladroni
3. Quando h coronato di spine 7. Quando è sconfitto di Croce
4. Quando porta la croce e incontra la madre 8. Quando è sepolto.
Dichiarando che ne falsetti dove li modelli hanno arme nel
mezzo vi si faccia Cherubini o Serafini, o altro et le arme si tra-
mutino accanto alti stipiti di d. porti et a canto il battente di
, mezzo ^ ne quali scudi di d. armi d. Padre Portigiani deve metterci
quelle armi o scrittioni che da essi Deputati gli sarà ordinato. Con
dichiaratione che li guodrt delle soprad. tre porti dove vanno le fi-
gure delle sopra notate storie hanno a essere figure di basso
rilievo.
Che le forme delle cere da farsi dallo sciUtore siano fatte per
le mani di buonissimi maestri , i7 lavoro dei quali deva soddisfare
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428 DOCDMENTI
et essere approvato da U. Gio. Bologna, et da M. Raffaele di Fo-
gno architetto di S. A. S. o da uno di essi loro almeno.
Che esso R. P. Por tigiani finite che averà dette tre impiallaccia-
ture di d. 3 porti deva venire con esse a Pisa^et stare assistenita
farle mettere et accomodare come hanno a stare , ma la spesa del
legname, bilichi, et trapanatura di essi bilichi attenga alla fabbrica.
Che li predetti Deputati Steno obbligati consegnare posto in
Firenze al pred. p. Portigiani posto in sua bottega a tutte spese
della fabbrica, e tutto il metallo che per dette tre impiallacciature
di d, 3. porti vi andasse , col farli buono il caio di dieci per cento
di quello peseranno esse tre impiallacciature finite che sieno se-
condo il solito.
Che il lavoro di esse impiall. deva essere ben fatto , pulito et
netto, et in ogni caso di differenzia fra il pred. P. Portigiani et
d. Deputali, dichiarono <f accordo che ne levino gituiici M. Gio»
Bologna et M. Raffaello Pagno architetti di S. A. 5.
Per fattura delle quali 3 impiallacciature deccino essi Depu-
tati pagare al pred. fra Domenico Portigiani Scudi duamikt du-
genio di L. sette per scudo in Firenze, et per sei mesi proximi
deccino farli pagare A (ducati] cinq. il mese, et passati li sei
mesi a proportione secondo il lavoro farà alla giornata, e il conto
interamente saldarli quando ne consegnerà finite le dette 3 tm-
piallacc. le quali 3. impiallacc. di esse tre porti, il R. P. Porti-
giani resti obligato et così in virti^ della presente si obliga conse-
gnarle a predetti Deputati in Firenze, et quivi da essi devono es-
sere accettate fra il termine di anni dui proximi avvenire, da in-
cominciare al primo maggio prox. del presente anno et seguire,
anzi finire come segue.
u
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DOCDMENTl 429
Per osservanza delle predette cose il Padre fra Domen. Por-
iigiani et Z anobi di Girol Porligiani suo nipote, insieme et in
solido promettono et si obligano a quanto in questa si contiene ,
et per contro li predetti Deputati in virtù d'ogni loro autorità
datali da S. A S. obligano al d. P. Doth. Portigiani l'opera del
Duomo di Pisa, sua beni presenti et futuri per il mantenimento
di quanto di sopra è narrato , con protestatione che non s' inten-
dino obligati essi né e loro beni propri.
Et in fede del vero la presente con una copia simile sarà sot-
toscritta dalle dette parti di loro propria mano questo di et anno
sopra rf*. —
Io fra Domenico Portigiani sopra scritto mi obligo a quanto
in questa si dice et in fede ho sottoscritto di mia propria mano
questo dì detto in Pisa.
Io Z anobi Portigiani soprascritto mi obligo a quanto in questa
è scritto, e in fede ho sottoscritto di propria mano, questo di
rf*. in Pisa —
Libro HI. cap. XVII. pag. 339.
Annalia Gonv. S. Marci.
(Artìcolo Nccrologico del P. Dom. PortigiaDÌ.)
fol. 264. F. Dominicus Portisianus hujus ctus. filius Dei sa-
cerdos, pietate gravitaleque non modica a natura dotatus fuit, et
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430 DOCUMENTI
ii non admodum Uckris excuUu$; (amen prudentia, et tnoriftus
religioiiSf quo$ eum banitaU precipua comuiurtì, amatìu eroi,
ita ut Magister Novitiorum in hoc nostro Ccsnobio deligeretur^ tt
a confestionibu» MoniaUum S, Dominici et alibi preponeretur;
atque iupprior hic et alibi comtitueretur. Sed cum genitoris sui
n%agisterio in seatio adkuc puer didicisset artem fusoriamy et
iam reUgiosus factus, successims horis , etiam Vitnwii kctiombui ,
et Baptistae Leonis Alberti arehitecèorum exeellentium swsumpere
delectaretur , in eam professionem artis fìuoriae et architectonicae
evasit ut famosissimus inter ahos htgus artis professores eofsnh
sceretur. Eum etenim Serenissimus Dux noster misisset Regi
EtKyopiae (q%um Prete Ioannem dicunt) htguscemodi artium di-
rectorem et magistrum, si hic Pater consensum prebuisset. Fé-
rum hic Pater ^ ut architectus , multa aedi/ieia vel coOopsa^ mt
lapsui proxima confirmavUf aut denuo erexit; et ut fusoriae ar-
tis magister, multa instrumenta aut ad sonum edendum, aut ad
globos igneos emittendos apta^ aut ad omandum constructionei
aedium, aut fontium^ sive aqueductuum diligenti oc pulita arie
fudit. Tabulas quoque aeneas semiplenas (bassi rilievi], imo et
ipsas statuas lepido artificio edebat, Inter quae appositae et affixùe
cemuntur in mirabili ilio sacello Divo Antonino sacro in ecclesia
nostra S. Marci, sed etiam alibi quorum longa esset enarratio.
Hoc solum sat sit recensere, quod ejus mirabili artificio vahae et
liminaria trium portarum, et portae ipsas majoris ecclesiae etri-
tatis Pisanae elaboratae sunt. Et si non ad perfectionem de-
duxerit, morte preventus, relieto discipulo suo qui ea omnia fedi,
et suo loco ejus nomine collocavit. Al ipse Magister ob nimiam
defatigationem et animi anxietatem in his deducendis, et propter
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DOCUMENTI 431
nimiam oc frequentem ad ignem approximationemy iam iam in-
grave$cenU aetate^ et dum stripsius nulla cura gereret, lapUlos
fnuUo8 in urinaria vesica contraxit..... tandem mciximis doloribus
deteniuSf petitis et devote susceptis Sacramentis, diem clausit extre-
mum , anno aetatis suae 65/ et post habitus susceptionem SO, die
5. februarii ann. 1601; et sepuUus est apud nos in ecclesia.
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filDNTB E GORIEnONl.
EMenilo decono ub «ino dalla pubblìcatione del 1* volarne a quella
del ÌV*, si sono in questo mentre rinvenute, altre notiaie che ofinano ai no-
stri leggitori.
ir#IjlJIIE rWOBBM.
Lib. /, cap. 2, pag. 41, nota 2.
Meglio riscontrata la Guida di Firenze del signor Federico
Fantozziy fa rinvenuta esattissima in ciò che s|>etta alla costru-
zione del Ponte alla Carraia.
/(uf.» càp^ F, pag. 84, nota 1.
n eh. marchese Davia aveva di già corretto Terrore di
quella data, nella seconda edizione delle sue Memorie intorno
V Arca di S. Domenico; che è a dire, innanzi la pubblicazione
di questo nostro lavoro. Vedi F edizione bok^inese del 1842,
tipograf. Slarsigli , pag. 40, 45 , e nota 23.
/òid., pag. 85, linea 6.
In luogo di quelle parole: solo nei primi del 1266, l^fgi:
solo nel 1265. .
11. 28
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4:U GIUNTE E CORREZIONI
Ibid,, cap, VI, pag. 94^.
II eh. sig. Michelangiolo Gualandi lia pubblicata l'intiera
Convenzione fra il Legato Gio. Batta. Savelli , il MaesUrato di Bo-
logna e lo scultore Niccolò di Puglia per i lavori del coperchio
deir Arca di S. Domenico. Ha la data del 20 luglio 1^9. Vedi
Memorie originaH liatieme ntgnetrdemH le Belle Ani, Bolo-
gna 1844, Serie V.
Ibid., pag. 99, linea 14.
Ove dice: metri d, IM^leffi: fmmi 0, e. 60.
Ibid., cap. Vili, pag. 1:28.
In alcune Memorie MSS. ddl' archivio Ercolani di Bologna
ii signor Vinoenao Vaniinii rnvemc il nome di parecchi arte-
fici DomciiicMiL II primo è un fra Douenico Bolognese» che nel
testamento di Pietro q. Pietro Martini» è detto Ingegnerò, e fu
uno dei testimonj alla consegna del detto testamento. Ne è me-
moria negli Annali Domenicani di Bologna sotto il giorno 24 mag-
gio 1290, V. pag. 100. Costai può avere avuto parte alla fabbrica
della primitiva chma che fu eseguila con disegno di Niccola
Pisana. L'altio é F architetto fra Evangelista Marani, il quale
fece un disegno éeà portico innanzi la diiesa iM 8. Domenico;
disegno tuttavia esistente neir archivio CMlrale del DemaakK
Trovò pure memoria di fra Bartolommeo da Vigevano e fra
Gfcrolamo de' Mamolini, i quali negli anni 1466 e 1467 come
capi muratori operavano MUa fiabbrica deUa biblioteca e del
convento.
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GIONTE E <X»lRBZ10Nf 435
ìbid.f cap. XIII, pag, 207, linea 12.
Nella Cronaca del convento dì S. Spirito de' Predicatori in
Siena, si legge la seguente notizia intorno fra Eustachio minia-
tore. Anno Domini MDIf . tempore quo huius eonventus prior erat
9Ìr R. Dom. praier MaUUesia Saeromarus de Àrimimo^ Antvpkth
narium de Sanctis m duohue vohnninibus^ quod plurei ante per
annos scribi ceptum fuerat expensis fratrum,..., prò quo miniando
atque ligando in hunc conventum ascittu est fr. Eustachiìis con-
wrsm d% Fhrentia, qui non ipsum moébo Ubrum^ sed tam chori
quam Sacrarii omhes pene Kbrès restituit. F. Chronaca Conv.
S. Spiritta de Senis «Imi Ord. Pr^dkat. Anno Domimiim Inoetr-
nation. MDIX inehoa${t pag. 14, m voi. in fot. MS. n^' Archì-
Tìo dell'Opera del Duomo di Siena. Notìzia eonHnicataci dal
9ig. Gaetano Milanesi. I libri oorali del suddetto Convento mi-
niati da frate Eustachio più non esistono.
Libro II, cap. IV, pag. 243, Unsa S.
— soli rèci fissi , — leggi : soH Crocifissi.
Ibid. >
— THale nm usciva — leggi: Vitale quasi mai non usciva.
Ibid.y cap. F, pag, 261, linea 14.
Presso gli eredi del sig. Giovanni Metzger in Firenze^ sono
j lucidi di questo gradino. Rappresenta un Cristo risorto, e nella
parie inferiore una schiera di Angioli che suonano diversi stru-
menti. Venni accertato che il sig. Metzger comperò questo gra-
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436 GIDNTE E CORREZIONI
dino dell' Angelico per 700 scudi, é lo vendette al sig. Valcn-
tini per 900.
Ibid., pag. 269, linea 21.
La tavola dell' Angelico rappresentante la Incoronazione
deUa B. V. che è nella Galleria degli Dffizj, non proviene dalla
Certosa, ma dalla cliiesa di Santa Maria Noova.
Ibid., cap. VII, pag. 310, ittica 24,
L* annotatore e traduttore del Saggio ituarno Lionario da
Vinci di E.DBLÌGLDZB (Siena 1844) congettura con molta ra-
gione che le tre piccole storie che adomano i cupidi della De-
posizione di Croce del beato Angelico, siano opera di D. Lorenzo
monaco Camaldolense; e che perciò fra F Angelica e Don Lorenzo
passasse stretta emkizia e frateilanta artistica. Vedi pag. 87, in
nota.
Ibid., cap. Vili, pag. 336, linea 23.
Le due tavole dall' Angelico dipinte per la chiesa di S. M«
sopra Minerva in Roma, si crede esìstano tuttavia nella chiesa
medesima, ma ricoperte da lele colorite da mediocre pittore*
forse per celarle agli evidi depredatori nei tempi della disper-
sione dei religiosi. Desideriamo ch^ venga chiarito questo dobbio.
Sommario dei Dipinti di fra Gio. Angelico j pag. 347. Dopo
la pubblicazione del 1** volume di queste Memorie, ci sono ve-
nuti a notizia i seguenti dipmti. — Firenze, presso gli eredi del
sig. Gio. Metzger 7 tavolette: cioè, due sportellini di un Tritico,
in uno dei quali è la salita degli eletti al cielo; e nelT altro la
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GIUNTE E CORREZIONI 437
discesa dei daDtiati DeU'inrenio. — Un S. Tommaso di Aquino
che ricefe il cingolo dagli Angioli. — Un S. Pietro' martire. —
In dne tavolette, due Angioli bellissimi, ora passati neUa R. Gal-
leria di Torino.^ Un presepio stato ridipinto. Forse appartiene al*
r Angelico una B. Y. col Figlio in braccio, ma per essere troppo
ricca di fregi e troppo aggraziata nelle vestimenta, non oserei ac-
certarlo.— Nella Gallerìa del sig.Ugobaldi in Firenze, è una tavola
con il nrartirìo de*SS. Cosimo e Damiano, in piccole figure.— Il
sig. Achille Sandrini possiede delT Angelico una tavola di medio-
cre grandezza, con entrovi la Vergine col Figlio in braccio, molto
bella e devota; alquanto ritrae da quella che sul muro dipinse
io stesso artefice in un dormentorio di S. Marco. — Roma.
Nella Galleria del fu conte di Bisenzio, una B. Y. col Bambino,
circondato da alcuni angidi e santi; alta p. 1 1, larga }$. — I di-
pinti che sono in Hontefalco presso i RR. PP. Francescani, da
alcuni attribuiti aU' Angdico, ftirono da altri reputati opera di
Benozzo Gozzoli. — In Civitella di Romagna nel Santuario della
Suasia, si venera una Immagine miraéblosa di Maria SS."^ col
divin Figlio, colorita sul muro. Una tradizione popolare attribui-
sce quel dipinto ad un artefice Domenicano, e molti sono di av-
viso che sia opera del beato Giovanni Angelico. Da una debole
incisione trasmessaci di Civitella, non abbiamo potuto chiarire
questo dubbio; né d'altronde esistono documenti in favore di
quella opinione.
Ibid., cap. X, pag. 363.
Il eh. Prof. Resini scrive, esistere tuttavia in Mantova di
mano di fra Gerolamo Monsignori, una Vergine dipinta a fre-v
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438 GtUNTS £ CORRCZiONI
900, di forme grandiose e di stile Mwrtogtttsca Fq data ificisa
ed iUusirata dal coate Carlo d*Arco, neU' opera, I Momtmmti di
Mant(ma lUmiroU, voL III» pag. 321 RosiiUt Skxrim éeUm Pit-
tura lial., ToL IV, P. k, capi 94, p^. I9k
Ibid., pag. 365.
La eo|Ha del Cenaecdo di Leonardo fatta da fra Geitriamo
Monsignori, scrive il conte D'Arco^ fosae rendala ad on francese
per il prezzo di 13 Inigi; p soggiunge, cbe il pittore Domenicano
avea in questa copia mutato il fondo del quadro, convertendo la
sala in un atrio. Vedi loc. cit pag.. 10» in nota.
Appendice. — Pittori in vetro. Gap. XIII^ pag. 390, in fine.
Il Vallancoli [Annali Pi$anh voL I, pag« kSB)^ citando il
Tronci scrive, che la invetriata del coro di S. Caterina da Pisa
fu opera di un converso Domenicano Polacco» per nome Andrea,
come si leggeva appiè di essa. Vi era eziandio V arme dei Ma-
stìani, onde può facilmente dedursi cbe quella bmiglia ne facesse
le spese. Di tale notizia siamo ddHitori all'amiciiia del ch.8ig.PKof.
Cav. GroitaneUi.
Ibid., pag. kO±
Crediamo far cosa grata ai nostri le^itori riportando aj^
cune notizie di fra Barlolommeo di Pietro, perugina, autore
della bella invetriata del coro di S. Domenico di Perugia, rac-
colte dal eh. Profess. Gio. Batta. Vennigliolì,che gentilmente ce
le comunicò con sua del 21 aprile 1845. ^ Nota marginale di
mano del sig. Gio. Batta. Vermiglioli, apposta alla pag. 30 della
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GICNTB E CORREZIONI 439
AcfcrisioAi dsUa Chiesa di S. Domenico di JNru§iay dopo le pa-
rote B€iriohmeo éi Pietro.
« Si «cede oooMuwineiite che qoil fra Bartoiomeo di Pietro,
di Perugie, il quale Cbco qvella gran finestra, e del qvale parla
riscriiìODe posta a pie della medesima, fosse della famigUa Gra-
ziaoi di Pervgia, e che alla medetrima faadiglìa spetti 1 naiile*
mmento della stessa inr^ìala. Questa fii sempre V opinione te-
nuta in Perugia; ma il P. Boarini Doroesicatio, dalle memorie
del convento di Perugia raccolse un giorno, che il Frate, autore,
e fors' anche semplice promotore di qiella grande opera, fosse
un n*ate Bartolomeo di Pietro di Vanni Accomandoni perugino,
Oomeoicano anch'esso, di cui si trovano memorie, che dimorava
in detto convento nel 1370, quando Pietro suo padre bot testa-
mento, nel quale è aommato anche Bartolomeo con altri suoi
fratellL Goal frate B^^tolomeo è nominaAo in un lodo gittdì2iale
del di 1 ottobre 1383, per rogito di Cola di Michele notaro pe-
rugìBOu Viveva similmeiite nei 1415, in cui nel mese di ottobre
convenne per Istrumento perchè si facesse una Cnestra di vetro
nella Sacrestia della chiesa di S. Domaùoo di Perugia; e da que-
ste notizia può congetturarsi che fosse V autore anche del gran
Gnestrone nd coro lavorato solamente cinque anni prima, come
si deduce dall'iscrizione; e può credersi eziandio che Bartolomeo
di Pietro di Vanni fecesse quella grande opera con il disegno di
Benedetto da Siena, di cui, come autore di altre opere ndlla
stessa chiesa di & Domenico di P^ugta, è ricordanza in quella
medesima Descrizione. Ciò posto, sembra che lo stemma della fa-
Duglia Oraziani vi fosse posto unicamentQ perchè V aitar mag^
giore dirimpetto allo stesso finestrone era la cappella di delta
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440 GIUNTE E CORREZIONI
famiglia, sotto il titolo di S. Giacomo, e perchè la stessa fomi-
glia fece a sue spese il presbiterio, come si nota nella stessa De-
scrizione alla pag. 21. In segaito, Pier Antonio Graziani con sno
testamento lasciò on legato annuo per il mantenimento di detta
finestra, del presbiterio, e del coro; ed in seguito Astorre Gra-
ziani nel 1574, nel di 1 di aprile, fece transazione intorno a
quel legato, ed il Capitano Felice Graziani con lo sborso di
100 fimni liberò la sua famiglia da questo legato, b
Lib. II, cap. XI r, pag. 413.
Di un valente frfttocQ di vetri Domenicano nativo di Siena, ba
di recente rinvenute copiose notizie nell'Archivio dell'Opera del
Duomo, il eh. sig. Gaetano Milanesi. Riporteremo per intiero i
documenti che esso ci ha favoriti. — In un libro intitolato: Pi-
gioni e FiUi de' Beni, dal 1349 al 1404, a carte 195, si legge:
Jnno 1404 Memoria chome frate Ambruogio di Bindo de frati di
Sco. Domenico da Sien% a tolto da noi Chaterino di Chorsino
hoparaio e da smi chonsigUeri a fare due finestre di vetro poste
luna a chapo Idltare e chappelh di sco. Sano (S. Ansano), e F al-
tra a chapo la cappella e altare di sco. Vettorio a ogrU sua spesa
dogni e ciasckuna chosa così vetri, piombi e ogni altra ckosa,
facte et poste a ogni sua spesa ne' de-, (detti ) luoghi per prezzo et
nome di prezzo di fior, due e mjzxo dora in fino tre per braccio
non varcando, come dirà e piacierà a giovanni pucci ritagliare, e
giovanni di donato chariaio mezzani al detto mercato. Ancho chel
dco. frate Ambruogio debba fare per lo dco. prezzo di sopra a le
dee. finestre la rete di rame e acanciarla e porla al dco. lavorio,
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GIUNTE E CORREZIONI kki
e noi gii dmamo dare e ferri e ponti facti a k decte fineare^ e
uno manuak quando porrà el (fedo lavorio.
Menuniah di NaUagio di Francesco^ Scrittore deV Opera —
1404 a carte 12. Frate Ambrogio di hindo de frati di Camporeggi
[S. Domenico] che fate finestre del vetro a capo Pattare diSancto
Savino e di Sancto Tettorio.
Memoriale di Antonio di Giacomo — 1409. e. 66. Frate Am-
brogio di binda de frati Predichatori die bavere adi XXIII di
marxo fiorini ventidue p. una finestra di vetro fighurata a fighure
grandi sopra la chapella di^Santo bastiano.
(Archivio dello Spedale della Scala) — Quaderno di Frate
Nello di Ser Giovanni — e. 27. nam. antico, e 92. moderno. Me-
moria che adi XXII II di aprile 1411 , noi f Ghuglielmo di Mar-
tino Sagrestano de lo spedale j e frate Nello di ser Giovanni^ Scrit-
tore dello spedale , faciemo chonpositione e patti chon frate Am-^
hrtiogio di binda de' frati di Champoreggi in questo modo: chesso
i debba dare fatte due finestre di vetro e di piombo e stagnio, ed
tgni altra chiosa apartenente à esse finestre dare fatte; salvo che
'a rete dovianw fare far noi ^ ed ancho i feri che bisognaranno p,
fumare esse finestre doviamo fare noi: e desso lavorio deba avere
dogni braccio di quadro fiorini 1^. sanese^ e ptu gli dobiamo dare
infino a uno mezo quarto doglio , e ptu gli dobiamo dare il vetro
che bisogniarà a esse finestre dogni fatta ^ e dobiamo gligli (sic)
contiare soldi 5. den. 6. Ubra. E non deba fare niun altro lavorio^
se non a fornite le dette finestre. E perchè ne le dette finestre vi
vogliamo fare armi^ gli dobiamo fare el di^egnio. E più p. le dette
armi che vi voliamOf e di prima non erano state chontie^ rimasse
chpntento a quella discretione para af. Ghuglielmo: e debialipre-
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442 GIUNTE E CORNBZIQNI
stare, fior, tre sanesi al presenUt a sehontiare poi de la iomma
che doterà avere.
Di questo Frate Ambrogio di Btndo aon Ai rìnTennto il nome
Bel Necrologio del conr. di S. Domenico della città di Siena ,
né eziandio nella Cronaca.
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GIUNTE E CORREZIONI W3
Libro III, Cap. Ili, pag. 84.
In luogo di quelle parole : mi termine del tuo reggimento ,
cioè ne/lSOG. — leggi: nei primi mesi del stu> reggimento , cioè
intorno il 1505.
Und. Cap, X, pag. 205 in nota.
Id Yece di un anno e mezzo, — lèggi: un anno e quasi tre mesi,
ibid. Cap. XIV, pag. Wi, linea 9.
svariate sbellezze. — lèggi : svariate beUexxe.
ibid. Cap. XX, pag. 376 in nota.
VIUTANDO — leggi: AIUTANDO.
ibid. pag. 377 in nota,
diviso — leggi: divisò.
ibid. pag. 380, linea 23.
dopo Agnelli , — leggi: dopo T Agnelli.
FINE.
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IWDICE.
LIBRO TERZO
Capitolo L Proemio. Fra Bartolommco della Porta. Paj. . 1
Capitolo IL Origine, patria e studi di frale Barlolommeo
della Porla. — Vicende della sua giovinezza, — Dipinti
di questa prima epoca ...*.* ti
Capitolo IILFra Bartolommco per le preghiere degli amici
e dei religiosi ritorna alla pittura. — Instittiisce Mariotlo
AJbertinelli tutore del fratello- — St dà novameule allo
studio e alla imilaicione di Lionardo da Vinci, — Stringe
amicizia eoo Kaflaello da Orbino. — Dipinti eseguili sotto
la influenza di questi due cdcbri pittori. — Pregi di
questo auo¥0 perìodo della carriera artistica di fra Bar-
tolommco della Porta , . » . 32
Capitolo IV- Viaggio di fra Bartolommco in Venezia. —
Dipinto che vi loglio ad eseguire. — Suo ritorno in Fi-
YGnze. — Nuova società con Mariotlo AlbertinellL —
Discioglimento di della società M
Capitolo V. Fra Barlolommeo della Porta seguita più stret-
tamente il metodo dei Veneziani, — Pregi e difetti di
questa sua nuora maniera. —Dipinti che le apparten-
gono . , , - < . 80
riàPiTOLO VL Fra Barlolommeo in Roma- — Chi fosse fra
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M6 INDICE
Mariano Petti per il quale questo pittore colorisce due
grandi tavole. — Prende a segakare Michelangiolo Buo-
narroti.— Ritorna in Firenze. — Dipinti di questa quarta
ed ultima maniera Pag. 95
Capitolo VII. Fra Bartolommeo si reca in Lucca , in Pi-
stoia f in Prato. — Dipinti esefuiti per queste città. —
Reduce in Firenze, si trova presente alla venuta di
Leone X. -^ Per cagione <li salute si porta novamenle
in Pian di Mngnone e a Leccelo 116
Capitolo Vili. Ulthni dipinti di fVa Bartolommeo. ^ Sua
morte « suo elogio. Suoi disegni e suoi allievi .... Ii2
SoMMAiito dei dipinti di fra Bartolommeo della Porta. . .158
Capitolo IK. Fra Giovanni Giocondo, veronese, Architetto,
Ingegfiere e. Antiquario 166
Capitolo X. Fra Marco Pensaben e Fra Marco Maraveja,
Pittori veneziani. ^ Si disamina e si confata una opi-
nione del P. Federici intomo il primo di questi ar-
tefici 199
Capitolo Xf. Di fra Guglielmo di Marcillat, celebre colo-
ritore di vetri, Architetto e Pittore. — Sue opere in
Roma, fn Cortona , in Arezzo, e in Perugia 211
Capitolo Xn. Del Pittore Ara Paolino da Pistoia, discepolo
di fra Bartolommeo della Porta ^G
Capitolo XIIL Di fra Damiano da Bergamo , rarissimo
intarsiatore. — Sue opere tn patria , in Botogna e al-
trove — Suoi discepoli 247
(Rapitolo XIV. Di alcuni Artefici minori spettanti al se*
colo XVI 277
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INDICE 447
Capitolo XV. Di suor PlautiUa Nelli, pittrice Domenicana,
e di altre religiose dello stesso Istituto che coltivarono la
pittura, la miniatura e la plastica, in Firenze, in Prato
e in Lucca . • . Pag. 286
CAPitOLo XVI. Del P. Ignazio Danti, Matematico, Cosmo- '
grafo, Ingegnere e Architetto 301
Capitolo XVII. Del P. Domenico Portigìani, yalentissimo
Fonditore in bronzo, e Architetto ......./ 326
Capitolo XVIII. Del P. Domenico Paganelli dà Faenza,
Architetto ed Ingegnere cÌTÌle 342
Capitolo XIX. Del P. Giovanni Battista Mayno, Pittore
spagnuolo, e del P. Giovanni André, Pittore francese . 353
Capitolo XX. Del P. Vincenzo Maculano, Cardinale di
Santa Chiesa; e di alcuni altri Architetti e Ingegneri ci-
vili e militari; con i quali si conducono le presenti Me-
morie fino al secolo XIX 361
Capitolo XXI. Orìgine delle presenti Memorie, ed Epì-
logo. . . i . . . 378
Illustrazioni di alcuni Dipinti dell'I, e R. Galleria dell'Ac-
cademia Fiorentina 385
DOCUMENTI 405
Giunte e Correzioni 433
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