Skip to main content

Full text of "Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani ;"

See other formats


This  is  a  digitai  copy  of  a  book  that  was  preserved  for  generations  on  library  shelves  before  it  was  carefully  scanned  by  Google  as  part  of  a  project 
to  make  the  world's  books  discoverable  online. 

It  has  survived  long  enough  for  the  copyright  to  expire  and  the  book  to  enter  the  public  domain.  A  public  domain  book  is  one  that  was  never  subject 
to  copyright  or  whose  legai  copyright  term  has  expired.  Whether  a  book  is  in  the  public  domain  may  vary  country  to  country.  Public  domain  books 
are  our  gateways  to  the  past,  representing  a  wealth  of  history,  culture  and  knowledge  that's  often  difficult  to  discover. 

Marks,  notations  and  other  marginalia  present  in  the  originai  volume  will  appear  in  this  file  -  a  reminder  of  this  book's  long  journey  from  the 
publisher  to  a  library  and  finally  to  you. 

Usage  guidelines 

Google  is  proud  to  partner  with  libraries  to  digitize  public  domain  materials  and  make  them  widely  accessible.  Public  domain  books  belong  to  the 
public  and  we  are  merely  their  custodians.  Nevertheless,  this  work  is  expensive,  so  in  order  to  keep  providing  this  resource,  we  bave  taken  steps  to 
prevent  abuse  by  commercial  parties,  including  placing  technical  restrictions  on  automated  querying. 

We  also  ask  that  you: 

+  Make  non-commercial  use  of  the  file s  We  designed  Google  Book  Search  for  use  by  individuals,  and  we  request  that  you  use  these  files  for 
personal,  non-commercial  purposes. 

+  Refrain  from  automated  querying  Do  not  send  automated  queries  of  any  sort  to  Google's  system:  If  you  are  conducting  research  on  machine 
translation,  optical  character  recognition  or  other  areas  where  access  to  a  large  amount  of  text  is  helpful,  please  contact  us.  We  encourage  the 
use  of  public  domain  materials  for  these  purposes  and  may  be  able  to  help. 

+  Maintain  attribution  The  Google  "watermark"  you  see  on  each  file  is  essential  for  informing  people  about  this  project  and  helping  them  find 
additional  materials  through  Google  Book  Search.  Please  do  not  remove  it. 

+  Keep  it  legai  Whatever  your  use,  remember  that  you  are  responsible  for  ensuring  that  what  you  are  doing  is  legai.  Do  not  assume  that  just 
because  we  believe  a  book  is  in  the  public  domain  for  users  in  the  United  States,  that  the  work  is  also  in  the  public  domain  for  users  in  other 
countries.  Whether  a  book  is  stili  in  copyright  varies  from  country  to  country,  and  we  can't  offer  guidance  on  whether  any  specific  use  of 
any  specific  book  is  allowed.  Please  do  not  assume  that  a  book's  appearance  in  Google  Book  Search  means  it  can  be  used  in  any  manner 
any  where  in  the  world.  Copyright  infringement  liability  can  be  quite  severe. 

About  Google  Book  Search 

Google's  mission  is  to  organize  the  world's  Information  and  to  make  it  universally  accessible  and  useful.  Google  Book  Search  helps  readers 
discover  the  world's  books  while  helping  authors  and  publishers  reach  new  audiences.  You  can  search  through  the  full  text  of  this  book  on  the  web 


at|http  :  //books  .  google  .  com/ 


BODLEIAN  LIBRARY 
OXFORD 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


DEI  PIÙ  INSIGNI 


DOMENICANI 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


z^;a  ^'V^^]^.z7^,7.,fi^:i'  ija  p:isa 


ÒitcnjOju/Jb,    eàu'. 


Bf/Cae.7  7 


Digitized  by 


Google 


MEMORIE 


DEI  PIÙ  INSIGNI 

PITTORI,   S€IILTOBI   E   ARCHITETTI 

CON  AGGItNTA   DI  ALCDRI  SOtlTTI  IirTORNO  LE  BBUE  ASTI 
DEL    P.  L.   VINC.  MARCHESE 

DBLLO  STESSO  ISTITUTO 

fOLlilE  PBIIO 


FIRENZE 

PRESSO    ALCIDE    PARENTI 
1845 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


A  SUA  ALTEZZA  REALE 

LA  PRINCIPESSA. 

MARIA  TERESA 

DI  SAlDiailA 

DUCHESSA  DI  LUCCA  EC.  EC. 


/^a^  cod4  /od/a  e^^/  /a  dot/g  cU  c^iJiai'- 
/enéie  au   Oécuhe  m   c:iiec/<ixiSu\   cne  ^acaue 

ó^i/e^a  uod/ta^  €:^eéC4occAe  ^n<  eia  Jauetz/s 
t/a  ^me/ca^jUa/e^' naiia/oL  cc^  aaan/aA^s/t^a 
àa/uci/uaine  c/<d/aa<aj/e  4h,  oan/  /e^r^a  atii- 
/uie  e ^ia/eaaete  /e  nod/ia  oA//iiiwè.  ^yt^/Zoi  c/a 
tneit/awt  cet/acmen/s  c/a  ^a/  ^  A/u  ^neta  aéa- 
/i^/eaZ/ne/  fna  detnAie  cAe  ^  Aenda  cafne  /lei  ^ 
c/ad/ie  /ndion/  ii/i/u  e/ ijtenao^a  i<i^^av€t//  /^ 
eMfnA/  (u  Oiic/ta  dan/4/d<r/ta    céui^^f/te^a  c^e 


Digitized  by 


Google 


€teJceid<  /tù^Àa  Atii  4ieida  cU  C/a4<  /tìàkuaeua 

den/<me'n/i\   aia  idea  o^eUliu'  ^  ^éeden/€\ym?e'' 
d /€€(/<    cne  /urtane  4'n/ei'?n</a  jna^   ^n<  canden- 


Digitized  by 


Google 


FK.  VINCENZO  MARCHESE 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE 


ia  stona  delle  Belle  Arti^  considerate  sotto  la  in- 
fluenza del  Cristianesimo,  può  partirsi  quasi  in  due 
grandi  epoche;  la  prima  delle  quali  a  cominciai*e  dal  YI 
secolo  si  conduce  fino  a  tutto  il  XII;  che  è  a  dire  quel 
lungo  trattoci  tempo  che  fu  detto  il  sonno  del  genere 
umano:  la  seconda  salutati  i  prìncipii  del  XIII  secolo 
si  protrae  fin  presso  la  metà  del  XYI.  In  quella  è  lode 
bellissima  della  religione  aver  salvato  le  arti  insieme 
colle  scienze  e  colle  lettere  dalle  barbarìclie  devasta- 
zioni^ mantenendo  le  tradizioni  sacre  primitive^  anzi- 
ché curando  la  forma;  in  questa  averle  portate  a  quella 
eccellenza  di  forma  e  di  concetto  che  raggiunsero  ed 
in  parte  perdettero  nel  secolo  di  Leone  X.  In  ambedue 
fu  merito  egregio  averle  inalzate  alla  dignità  dei  morali 
concepimenti,  e  fatte  educatrici  del  popolo.  Percioc- 
ché presso  i  greci  ed  i  romani  era  ufiìcio  delle  arti  far 
diletto  ai  sensi  con  il  bello  della  natura;  ma  il  Cristia- 
nesimo più  che  a  quella  dilettazione  mirò  sempre  a 


Digitized  by 


Google 


G  PREFAZIONE 

perfezionare  il  cuore  e  la  mente  con  T  opera  delle  me- 
desime. Né  già  osiamo  asserire  che  di  molta  importan- 
za non  sia  la  storia  delle  arti  considerate  nelle  Cata- 
combe romane,  o  sotto  r  impero  dei  greci  in  Costan- 
tinopoli; come  eziandio  non  neghiamo  esserlo  per 
molti  capi  nei  secoli  posteriori  al  XYI;  ma  diciamo 
soltanto  che  la  influenza  della  religione  nelle  arti,  e 
r  azione  dvUe  arti  su  i  popoli  non  fu  così  meraviglio- 
sa, né  così  universalmente  sentita  come  nelle  due 
epoche  sopraccitate.  E  invero  chi  mai  non  ammira  la 
sublime  origine  dell'  arte  cristiana  muovere  il  primo 
passo  fra  lo  squallore  dei  sepolcri;  sparger  di  fiorì  le 
urne  dei  martiri;  seguitare  la  religione  fra  le  scurì  ed 
i  carnefici)  incuorare  i  fedeli  al  martirio, e  tramandarne 
i  nomi  e  le  gesta  alla  più  tarda  posterità?  Ciò  nonper- 
tanto comecché  santa,  pure  tenuta  a  celarsi  come  il  pen- 
siero del  colpevole ,  sotto  simboli  misteriosi  ed  oscuri 
non  le  fu  dato  crescere  e  sviluppare  l' interna  sua  vi* 
ta.  Più  misera  sorte  ebbero  le  arti  presso  de'  greci  in 
Costantinopoli.  Perciocché  dopo  breve  e  inonorata 
esistenza,  dal  bestiai  furore  di  Leone  Isaurico  e  di  Co^ 
stantinoCopronimo  sbandeggiate,  si  ricoverarono  sulla 
terra  ospitale  del  Lazio.  Storia  terribile  é  questa  nella 
quale  veggonsi  i  cultori  delle  arti  difendere  il  dogma 
cattolico  a  prezzo  della  vita,  e  cingersi  della  corona 
dei  niartiri.  Tanto  nelle  Catacombe  avevano  appreso  a 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  T 

soffrire;  tanto  e  sì  profondamente  l' arte  sentiva  la  re- 
ligione! E  questa  lotta  con  gli  Iconoclasti  meriterebbe 
esser  meglio  studiata  e  descritta^  perchè  ridondante 
di  grandi  e  pietosi  fatti  ^  e  perchè  quella  eresia  non  fu 
solo  un  attentato  contro  k  fede  del  Cristianesimo^  ma 
contro  la  civiltà  e  la  ^rìa  delle  nazioni.  Fu  un  cru- 
dele dispogliamento  di  quanto  l'uomo  ha  più  caro^  del 
modo  cioè  di  rivelare  all' altr' uomo  i  suoi  affetti^  le 
sue  gioie ^  i  suoi  dolori^  le  sue  speranze^  ufficio  clie 
le  arti  dividono  con  la  poesia  e  la  eloquenza  (1). 

Sul  declinare  del  secolo  XVI  e  nel  seguente  dalla 
dominazione  straniera  l' Italia  guasta  ^  snerva^^  vio- 
lato dalle  laidezze  delle  coiti  ii  pubblico  pudore^  e 
r  esanpio  di  ógni  bruttura  dai  superiori  agli  inferiori 
gradi  scendendo^  «ninuita  la  fede  nei  popoli  per  ope- 
ra delle  rdigiose  riforme;  le  arti  non  bastando  a  fer- 
mare tanta  rovina^  lasciatesi  andare  a  seconda  di  quella 
corrente  che  seco  tutta  travolgeva  la  società^  caddero 
nelle  più  oscene  strane^ze^  e  perduto  ogni  gentil  sen- 
timento^ si  fecero  ministre  alle  libidini  dei  potenti, 
alle  lascivie  de^jl  artisti^  servirono  ad  accrescere  le 


(1)  ffel  conciliabolo  teautoti  a  Costaatinopoli  per  ordine  dell' Impe- 
ratore Coatantino  Copronimo  l'anno  754  non  solo  venne proscriUo  il  culto 
delle  sacre  immagini  come  invenzione  diabolica  f  ma  fu  eziandio  dichia^ 
rata  illecita  V  torte  della  pittura,  V.ConciL  tom.  VII.  p.  254. 


Digitized  by 


Google 


8  PREFAZIONE 

nostre  vergogne^  e  a  perpetuare  la  storia  delle  nostre 
viltà. 

Ma  nei  tempi  di  mezzo  le  arti  assunsero  veramen- 
te un^ ìndole  sublime  ed  un  nobilissimo  magistero. 
Perciocché  quando  muta  era  la  eloquenza^  smarrita  la 
filosofia^  crudele  il  diritto^  e  la  (avella  stessa  ispida  e 
dissonante^  le  arti  associate  alla  Religione^  impresero 
l'alto  ufficio  di  ammansire  tanti  popoli  feroci ^  e  delle 
diverse  schiatte  dei  barbari  formare  una  sola  e  con- 
corde famiglia.  Per  siffatta  guisa  l'artista  può  dirsi 
Voratore,  il  vate,  il  filosofo,  lo  storico  del  medio  evo; 
ed  in  quel  lungo  periodo  di  tempo  nel  quale  non  è 
dato  che  numerare  i  patimenti  spietati  degli  oppressi, 
e  la  barbarie  degli  oppressori  ;  ove  non  si  trova  la  virtù 
che  per  vederla  infelice;  né  si  rinviene  il  sapere  che 
pauroso  e  nei  chiostri,  le  arti  ci  si  porgono  belle  di  ci- 
viltà e  di  perfezionamento ,  e  sembra  loro  affidato  il 
ministero  di  consolare  l' umanità  ne'  suoi  lunghi  do- 
lori. Epoca  non  pertanto  così  malnota  e  calunniata 
nella  storia  delle  arti  che  appena  è  che  alcuno  la  de- 
gni di  un  guardo;  così  che  se  taluni  presero  a  scrivere 
dello  stato  delle  medesime  nei  bassi  tempi,  ciò  fu  per 
deplorarne  lo  scadimento ,  e  per  intuonare  su  loro  un 
funebre  inno^  senza  punto  avvedersi  che  quelle  ceneri 
palpitavano  ancora  di  un  caldo  affetto,  e  sotto  le  roz- 
ze forme  era  la  vita  che  rigogliosa  e  soprabbondanle 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  9 

^veva  ili  breve  rivelarsi  nelle  scuole  di  Niccola  pisano 
e  di  Giotto.  Vero  è  che  per  conto  della  pittura  e  della 
scultura  que'  secoli^  in  ciò  che  concerne  la  forma^  non 
consolano  gli  studiosi  dell'arte^  tuttoché  nella  minia- 
tura e  nel  musaico  anche  per  questo  non  vadan  privi  di 
qualche  lode.  Ma  nelF  architettura  sacra  ci  sembrano 
così  grandi  da  reggere  al  paragone  con  le  età  successi- 
ve. Imperciocché  se  la  classica  euritmia  de'  greci  e  dei 
romani  era  la  più  acconcia  alla  elegante  e  voluttuosa 
religione  dei  gentili^  l'architettura  detta  gotica  impro- 
priamente^ è  forse  quella  che  meglio  si  addice  al  tem- 
pio cristiano^  perché  meglio  sublima  il  pensiero^  me- 
glio invita  a  quel  profondo  raccoglimento  e  a  quelle 
gravi  meditazioni  chela  cattolica  religione  vuole  da' 
suoi  adoratori.  La  qual  cosa  parve  vera  eziandio  al 
Muratori^  il  quale  osò  asserire  che  i  moderni  pote- 
rono veramente  aggiungervi  ordine  ed  eleganza,  ma 
nella  maestà  e  solidità  non  soprastare  agli  antichi  (1). 
E  Leon  Battista  Alberti  per  i  cui  precetti  ed  esem- 
pi gli  ordini  dell'  architettura  greca  e  romana  furono 
novellamente  posti  in  onore,  confessò  non  pertanto 
che  r  arte  nei  bassi  tempi  meglio  trionfava  nelle  chie- 
se cristiane:  senza  chela  origine  di  quelle  basiliche 


(1)  Oc  Artibus  Italicorum  pott  deciìnalionem  Romani  Imperii.  Disseit, 


Digitized  by 


Google 


10  PREFAZIONE 

è  strettamente  legata  a  molti  avvenimenti  civili  e  re- 
ligiosi di  quel  tempo;  e  l'attento  osservatore  non  vi 
ravvisa  soltanto  delle  pietre  collocate  e  disposte  con 
maggiore  o  minore  ordine  e  proporzione^  ma  vi  legge 
mia  pagina  eloquente  della  storia;  perciocckè  meglio 
che  daUe  rozze  cronache  e  dagl'  inspidi  carmi  dei  Tro- 
vatori^ il  medio  evo  si  rivela  in  que' monumenti;  es- 
sendo^ come  ben  disse  Tommaseo^  l'architettura^  più 
che  ogni  altr'arte^  significativa  della  vita  pubblica  (1). 
E  invero  a  quella  vista  ci  tornano  in  mente  e  le  Tre- 
gue di  Dio^  e  le  Crociate^  e  il  Feudalismo,  e  la  Caval- 
leria, con  le  virtù,  i  delitti,  le  poche  gioie  e  le  molte 
sventure  di  que'  tempi:  e  còme  le  loro  volte  risuonas- 
sero per  il  corso  di  tanti  secoli  del  canto  e  dei  gemiti 
de*  padri  nostri ,  i  quali  in  quella  tremenda  lotta  veni- 
vano appiè  degli  altari  onde  chieder  forza  a  soffrire  e 
a  sperare,  nella  sola  religione  trovando  uno  schermo 
alle  violenze  dei  potenti,  una  guarentigia  dei  propri 
diritti,  ed  un  conforto  ai  mali  della  vita.  L'artista 
nell'innalzare  un  tempio  all'Altissimo  sentiva  elevarsi 
sopra  tutte  le  convenzioni  dell' arte  >  e  non  pensava  che 
a  soddisfare  ai  bisogni  civili  e  religiosi  dell'età  sua.  E 
come  in  quei  secoli  di  rusticana  semplicità  erano  nella 
vita  privata  abborrenti  da, ogni    maniera    di   lusso, 

(1)  Nuovi  scritti  di  N,  Tomnuuto,  voi.  2  parte  3  ptg.  317. 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  li 

volevano  non  pertanto  che  il .  tempio  di  Dìo  facesse 
prova  del  loro  ingegno^  deUa  loro  fede^  della  rìcòhezza 
e  prosperità  della  patria.  Nobilitata  per  sifl&rt^ta  guisa 
Tarte^  egli  è  facile  intendere  il  perchè  ci  occórra  ve* 
derla  sì  di  frequente  nella  storia  di  quei  tempi  profes- 
sata non  pure  dall'  uno  e  dall'  altro  clero ,  ma  dai  ve- 
scovi stessi,  ed  è  pur  fìicile  render  ragione  di  quel  sacro 
entusiasmo  che  muoveva  i  popoli  uell'  innalzare  ^i  edi- 
fia  consacrati  al  culto  divino^  quasi  tutti  gsireggiassero 
in  onorare  quella  religione,  che  era  tanta  materia  alle 
costumanze  del  popolo ,  e  teneva  gran  parte  di  pubbli- 
ca felicita.  Cosi,  a  cagion  di  esempio,  fabbricandosi  dai 
Benedittini  la  loro  chiesa  di  9.  Pietro  in  Dive,  il  mona- 
co Aimone  con  queste  parole  ne  dava  contezza  a  suoi 
religiosi  dell'abbazia  di  Tuttebery  nell'Inghilterra. 
«  Ella  è  certamente  cosa  maravigliosa  vedere  uomini 
potenti  e  superbi  della  loro  nascita  e  delle  loro  ric- 
chezze, attaccarsi  ad  un  carro  *con  de'  tiranti,  e  car- 
r^giare  pietre,  calce,  legna,  e  tutti  i  materiali  neces- 
sari alla  costruzione  del  sacro  edifizio.  Tal  fiata  miUe 
persone  uomini  e  donne  traggono  uno  stesso  carro,  sì 
grande  ne  k  il  peso;  e  non  pertanto  vi  regna  il  più 
profondo  silenzio.  Quando  si  fermano  tra  via  non  si 
ode  che  il  racconto  de' propri  peccati,  de' quali  fassi 
pubblica  confessione  con  preghiere  e  con  lagrime.  Al- 
lora i  sacerdoti  si  adoperano  a  persuadere  il  perdono 


Digitized  by 


Google 


12  PREFAZIONB 

delle  offese^  la  satìs&sione  dei  debiti  ^  ec.  ec ,  e  se  tro- 
vasi alcuno  ostinato  sitìfattaniente  phe  rifiuti  sottc^r- 
si  a  queste  pie  esortazioni^  ei  viene  discacciato  dal 
santo  consorzio  »  (ann.  861  )  (1).  Ma  servigi  molto 
maggiori  rendeva  tal  fiata  la  pittura.  Nel  IX  secolo  Bo- 
gori  re  de' Bulgari  avendo  richiesto  il  monaco  Metodio 
di  alcun  dipinto ,  l'artista  effigiogli  un  giudizio  finale 
si  pauroso  e  tremendo^  che  quel  barbaro  principe , 
uditane  dal  solitario  la  dichiarazione,  abbracciò  tosto 
il  Cristianesimo,  e  con  esso  lo  abbracciarono  pure 
tutti  i  suoi  sudditi  (2).  Or  quelle  arti  le  quali  valevano 
produrre  eifetti  sì  straordinari  sulla  mente  e  sul  cuo- 
re dei  popoli,  sembra  non  meritassero  essere  cosi  su- 
perficialmente considerate  dagli  storici  come  fino  al 
presente  si  è  fatto.  Dappoiché  in  quella  età  tennero 
luogo  della  eloquenza  e  (fella  filosofia,  e  quanto  queste 
operarono  il  bene  della  società;  ricordandoci  tutte  le 
antiche  memorie,  come  a  sopperire  alla  ignoranza  del 
volgo,  non  trovassero  modo  più  acconcio,  che  rendere 
quasi  direi  sensibili  le  principali  verità  della  morale  e 


(1)  Caomokt,  Histoìre  sommaire  de  V Architecture  reltgieuse ,  militai'' 
re  et  civile  au  Moneti  Age ,  eh.  Vili  pag."  176. 

(2)  D*  Agircourt,  Storia  delVArte  dimostrata  coi  monumenti ,  voi.  1.* 
cap.  XVIII  pag.  264   in  noia. 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  la 

della  religione^  e  porle  loro  innanzi   col  ministero 
della  pittiu^e  della  scultura  (1). 

Del  rimanente  ninno  confidi  darci  una  storia  com- 
pleta delle  arti  nei  tempi  di  mezzo  ^  senza  studiare 
quelle  meravigliose  instituzioni  mona^tche^  che  tanti 
e  sì  grandi  servigi  resero  alla  società.  GiHiciosiachè,  i 
monaci  non  furono  soltanto  i  più  versati  nelle  scienze 
e  nelle  lettere  ne'  secoli  ricordati^  ma  eziandio  i  più 
periti  nel  dipingere^  nello  scolpire^  nell' architettare: 
e  dopo  insegnata  la  legge  del  perdono  ai  feroci  conqui- 
statori^ lottato  contro  l'orgoglio  dei  potenti^  e  &tta  sen- 
tire la  parola  evangelica  fra  le  barbare  leggi  fendali  ^  si 
accingevano  ad  innalzar  ponti^  ad  arginar  fiumi^  e  co- 
struire magnifiche  cattedrali  ed  abbazie^  alcune  delle 
quali  rimangono  tuttora  per  ricordare  ai  posteri  il  loro 
genio  moltiforme^  come  i  loro  benefizi.  E  &  di  me- 
stieri dirlo;  uè  il  patrocinio  di  Carlo  Magno^  né  quello 
di  Teodelinda^  di  Teodorico^  e  di  alcuni  Pcmtefici  sa- 
rebbero bastati  a  salvare  le  arti  da  tanta  rovina ,  ove  i 


(1)  S.  GiECOB.  Epist.  105  lib.  IX  «  ìdcirco  pictura  in  eeclesiis  adhi~ 
betur,  ut  qui  Htteraa  nesdunt ,  taltem  in  parietibus  legant  quae  legere 
in  cotUdòus  non  vtdenL  »  —  E  oe^i  «tatati  dei  pittori  «anesi  del  1355, 
si  legge  *  «  Noi  siamo  per  la  grafia  di  Dio  manijeslalori  agli  uomini 
grossi  ch€  non  sanno  lettera,  delle  cose  miracolose,  operate  per  virtù, 
ed  in  virtù  della  santa  fede,  e  e.  ec  »  Gati  ,  Carteggio  Inedito ,  e  Archivio 
delle  Biformagioni  ec  voi.  1.® 


Digitized  by 


Google 


14  PREFAZIONE 

monaci  non  le  avessero  con  amore  grandissimo^  pro- 
tette e  coltivate  per  il  corso  di  tanti  secoli.  Essi  accol- 
sero le  tradizioni  sacre  loro  affidate  dai  bizantini^  e  le 
trasmisero  all'età  successive^  improntandole  di  quel- 
la affetto  e  di  quella  melanconia  che  vi  traluce  a  mal- 
grado delle  rozze  forme  che  le  rivestono^  e  col  profes^ 
sarle  nobilitarono  le  arti  dispregiate  dai  rozzi  conqui- 
statori. È  pertanto  grandemente  a  dolersi,  che  ninno 
ci  aU)ia  fino  al  presente  date  le  notizie  degli  artisti 
Benedettini,  e  sottratti  all'oblio  tanti  nomi  degni  di 
bella  fama;  e  questo  nuovo  servigio,  me^o  che  dagli 
altri,  si  attende  al  presente  dai  monaci  stes^ ,  i  quali 
con  la  diligente  ricerca  dei  loro  archivi,  e  di  quanto  è 
sopravanzato  alla  più  clic  vandalica  dispersione  degli 
ultimi  avvenimenti,  potreU>ero  forse  darci  ancora  una 
storia  delle  arti  nei  tempi  di  mezzo,  sotto  la  influenza 
del  monachismo,  di  molta  importanza.  Glii  mai  ipiora 
che  nei  monasteri  di  s.  Gallo  nella  Svizzera,  di  Monte 
Casino  in  Italia,  di  Solognac  presso  limoges  in  Fran- 
cia, di  Dune  nelle  Fiandre,  ed  in  altri  altrove,  eranvi 
fiorenti  scuole  di  belle  arti,  alimentate  e  dirette  da 
que' solitari?  che  il  primo  trattato  elementare  della  ori- 
ficeria  e  della  pittura  italiana  che  si  conosca,  è  dovuto 
a  Teofilo  monaco  del  secolo  XII;  e  che  eziandio  nei 
secoli  posteriori  quando  le  arti  risorgevano  a  nuova 
gloria,  i  Camaldolensi  nella  pittura,  gli  Olivetani  nelle 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  15 

tarsie^  i  Cassinesi  nella  miniatura^  e  nella  pittura  dei  ve- 
tri noverano  una  eletta  schiera  di  artisti?  Con  ciò  si 
chiarirebbe^  i  monaci  avere  inteso  veramente  a  provve- 
dere in  ogni  tempo  a  tutti  i  bisogni  intellettuali  e  mo- 
rali della  società. 

Ma  facendoci  alquanto  più  distesamente  a  ragiona- 
re dell'epoca  seconda^  che  s'intitola  del  Risorgimento , 
qui  veramente  la  influenza  della  religione  nelle  arti^ 
come  sopra  tutta  la  società^  è  maggiore  di  ogni  concet- 
to. £  invero  fino  dal  secolo  XH  si  era  andato  operando 
cosi  fatto  movimento  ch^  ben  dava  a  conoscere  a  qual 
felice  termine  sarebbe  riuscito  nei  secoli  avvenire.  Im- 
perciocché quando  per  le  crociate  e  per  la  cavalleria 
furono  alquanto  più  addolciti  i  costumi^  ed  allargato  il 
redimento  civile  dei  popoli^  allora  si  fu  messa  in  tutti 
un'ardenza  grandissima  di  più  nobile  e  beato  vivere^  e 
parve  gli  uomini  sentissero  onta  di  quella  ignoranza^ 
e  indignazione  di  quella  setvitù^  in  cui  erano  giaciuti 
per  sì  lunghi  anni;  e  cercassero  rannodare  tutti  i  vin- 
coli sociali  che  l' egoismo  feudale  aveVa^  non  pure  ral- 
lentati^ ma  infranti^  sacrificando  alle  passioni  di  pochi 
i  diritti  e  la  felicità  dell'intiero  popolo^  e  dapprima 
stringendosi  insieme  nei  municip),  poscia  nelle  confe- 
derazioni commerciali^  politiche  e  religiose; e  dando  nel 
tempo  stesso  opera  allo  studio  del  diritto  romano^  che 
venne  sapientemente  sostituito  alle  leggi  longobardiche^ 


Digitized  by 


Google 


16  PREFAZIONE 

per  le  quali  la  forza  teneva  il  luogo  della  ragione. 
Le  due  celebri  università  di  Bologna  e  di  Parigi  creb-^ 
bero  il  fervore  dei  buoni  studi  j  e  le  arti  seguitando 
quel  movimento  si  elevarono  a  maggior  nobijità  di  for- 
ma e  di  concetto.  La  poesia  vagiva  con  i  Trovatori,  ma 
andava  preparando  il  grande  Allighierì;  e  la  pittura 
associandosi  ai  vati,  non  diede  Giotto  se  non  quando 
Dante  ebbe  preso  a  cantare  i  tre  regni  della  seconda 
vita.  E  questo  movimento  in  prò  delle  scienze  e  delle 
arti  sembrerà  a  tutta  ragione  meraviglioso  considerata 
la  natura  torbida  dei  tempi  che  allora  correvano.  Men« 
tre  U  Italiani  minacciati  di  servitù  dalla  casa  di  Svevia, 
lacerati  fra  loro  da  guerre  cittadine,  pure  non  dimet- 
tevano V  animo  generoso ,  che  in  quel  tremendo  con- 
flitto sembrava  crescer  di  vigore  e  di  audacia.  Lo  stesso 
vuol  dirsi  dei  romani  Pojitefici ,  i  quali  furono  parte 
principalissima  del  rinnovamento  degli  studi  e  delle 
arti  appunto  quando  più  ferveva  la  lotta  con  l' impero 
germanico,  che  tentava  condurre  la  romana  chiesa  alla 
misera  ed  abbietta  condizione  in  cui  cadde  l'emula 
sede  in  Costantinopoli.  Per  la  qual  cosa  eternai  gratitu- 
dine debbono  tutti  i  buoni  italiani  alla  memoria ,  non 
solo  di  Gregorio  VII,  e  di  Alessandro  III,  ma  a  quella 
eziandio  dei  due  Innocenzi  III,  e  IV  perchè  ove  V  iniquo 
disegno  avesse  avuto  felice  risultamento,  spenta  era  la 
gloria  nostra,  smarrite  le  scienze,  le  lettere  e  le  arti,  e 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  17 

forse  noi  saremmo  rimasti  barbari^  come  i  greci  rima- 
sero. Del  resto  a  ben  comprendere  la  influenza  della 
religione  nelle  arti  in  quest'epoca  secojida,  meglio  clie 
nella  storia  è  dato  contemplarlo  negli  stupendi  monu- 
menti sacri  di  questa  età,  i  quali  per  la  copia  e  per  la 
bellezza  vincono  quelli  dei  secoli  precedenti  e  dei  poste- 
riori* Dappoiché  se  nell'  XI  e  nel  XII  si  viddero  sorgere 
s.  Marco  di  Venezia,  la  cattedrale  di  Pisa  e  in  parte 
quella  di  Siena,  e  riedificarsi  monte  ^Casino  ec.  ;  il  XIII  ne 
novera  troppe  più,  non  8(do  in  Italia,  ma  nella  Fran- 
cia, nell' Alemagna,  nell'Inghilterra  e  nel  Belgio  (1).E 
questo  universale  fervore  dei  popoli  per  le  arti,  e  que- 
sto patrocinio  delle  arti  per  parte  della  religione ,  creava 
per  COSI  dire  e  moltiplicava  gli  artisti.  Allora  apparve 
quel  raro  ingegno  di  Niccola  pisano,  che  la  scultura 
italiana  saluta  col  nome  di  restauratore  dell'arte,  e  che 
nei  discepoli  Giovanni  pisano  ed  Arnolfo  perpetuò 
quella  scuola  nobilissima,  e  fecondissima  di  grandi 


(1)  In  Italia  la  basilica  di  a.  Francesco  di  Assini  é  del  1228.  Il  duomo 
di  Firense  del  1298.  Quello  di  Orvieto  del  1290.  S.  Antonio  in  Padova 
del  1231.  n  Campo  Santo  di  Pisa  del  1278.  S.  Maria  Novelb  in  Firenze 
è  dd  1279.  S.  Croce  del  1294,  e  di  questo  aecolo  tono,  a.  do.  e  Paolo, 
la  chiesa  dei  Frari  in  Venezia.  Fuori  d'Italia,  le  cattedrali  di  Colonia^  di 
Beau  vaia,  di  Chartres,  di  Reims,  di  Amiens,  di  BrujLelles,  di  Dunes, 
di  JoA,  di  Salisbury,  di  V^enstminster,  di  Burgos,  di  Toledo,  ec.  ec 
sono  latte  appartenenti  alla  prima  metà  del  secolo  XIII. 


Digitized  by 


Google 


18  PREFAZIONE 

scultori^  che  doyea  poi  splendere  dei  nomi  di  Dona- 
teUo^  dd  Ghiberti,  e  di  Michelangiolo  Buonarroti.  Ar- 
nolfo preparò  l'aringo  al  Brunellesco  e  a  Leon  Battista 
Alberti;  e  Gimabue  andava  educando  quel  Giotto  di  Bo- 
done^  che  ebbe  la  gloria  di  aver  prodotta  una  delle  più 
copiose  e  delle  più  elette  scuole  d'Italia.  Giammai  l'arte 
cristiana^  dal  momento  in  cui  segnò  timida  e  inosservata 
sulle  pareti  delle  catacombe  e  sopra  le  urne  dei  martiri 
i  primi  simboli  della  sua  fede^ed  eran  decorsi  ben  dodici 
secoli  y  non  vide  giorni  più  belli  di  questi.  Giammai  tro- 
vò tanta  corrispondenza  d' affetto  e  d' intelligenza  nella 
mente  e  nel  cuore  degli  artisti;  e  allora  spiegando  tutta 
la  sua  potenza  e  tutta  la  sua  fecondità^  diede  a  cono- 
scere che  possedeva  un  tipo  del  bello  il  quale  avrebbe 
in  breve  emulate  le  greche  e  le  romane  forme^  e  supe- 
rati gli  antichi  per  il  sentimento  sublime  della  virtù. 

Fu  già  osservato  nell'epoca  prima  con^e  le  arti 
trovassero  nelle  instituzìoni  monastiche  dei  primi  se- 
coli del  medio  evo ,  non  pure  patrocinio  ed  amore ,  ma 
anche  i  maggiori  ed  i  più  valenti  loro  cultori;  tutto- 
ché per  le  ingiurie  de'  tempi  molte  loro  produzioni 
più  non  rimangano^  ed  i  nomi  stessi  ne  siano  obliati. 
Il  medesimo  avvenne  agli  ordini  religiosi  insti tui ti  nel 
secolo  XIII,  i  quali,  nati  appunto  quando  più  ferveva 
quel  movimento  progressivo  della  società,  si  ppserQ 
tutti  in  secondarlo  animosamente.  E  chi  studiò  l' indole 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  19 

e  la  natala  di  quel  secolo  avrà  potuto  scorgere  di  leg* 
gieri^  come  gli  istituti  dei  Minori  e  dei  Predicatori 
ne  portino  impressi  i  lineamenti,  e  siano,  qua^i  direi, 
una  emanazione  del  religioso  entusiasmo  che  lo  agi^ 
taVa.  Quindi  Y  ardore  e  la  costanza  con  cui  si  adopera^ 
rono  a  spegnere  le  discordie  cittadine  che  per  sì  lun- 
ghi anni  e  con  A  atroci  fatti  funestarono  V  Italia.  E 
quando  fu  necessità  seguitare  l'una  delle  due  sette  poli- 
tiche, la  Guelfa  vo'  dire  o  la  Ghibellina,  non  stettero 
mai  in  forse  a  favorire  le  parti  del  Pontefice  e  la  inde- 
pendenza  italiana,  non  atterriti,  non  vinti  dalle  male 
arti  e  dalle  persecuzioni  ddl'  Imperatore  Federico  II,  del 
tiranno  Eccellino,  e  di  Lodovico  di  Baviera.  £  quando 
aU>isognò  predicare  la  crociata;  essi  si  posero  in  capo 
a^^i  eserciti;  e  quando  gli  oltramontani  infettarono  le 
nostre  contrade  della  sconcia  eresia  de'  manichei,  ne* 
mica  delle  arti  e  ddla  civiltà,  non  che  della  religione, 
essi  a  purgarla  di  quella  maledizione:  e  quando  l'età 
chiese  diffusione  di  lumi  e  più  umane  e  gentili  dottri- 
ne, essi  allora  diedero  s.  Tommaso,  Alberto  magno, 
Bacone,  s.  Bonaventura  ec.  In  breve,  come  il  monachi- 
smo nato  fra  il  dolore  e  le  lagrime  dei  popoli  ndle 
irruzioni  barbariche  ebbe  per  ufficio  cessare  quei  mah, 
e  preparare  la  società  a  suoi  futuri  destini,  così  al 
monachismo  di  estimazione  e  di  forza  morale  scaduto, 
sottentrarono  gli  Ordini  del  terzo  decimo  secolo,  i  quaU 


Digitized  by 


Google 


2a  PREFAZIONE 

nati  nel  più  gran  movimento  della  società,  che  cercava 
ricomporsi  su  nuove  e  più  solide  basi,  dovettero  essi 
pure  prender  parte  in  quella  tremenda  lotta  della  forza 
e  del  diritto.  E  ciò  che  stimiamo  servigio  degno  di 
etema  gratitudine,  è  Taver  eglino  contribuito  a  me^io 
coUegare  le  discordanti  classi  della  società,  ponendosi  fra 
il  pòpolo  e  la  nobiltà  quasi  centro  di  unione.  Del  resto 
quanto  essi  operarono  in  prò  delle  arti  farà  fors*  anco 
meglio  conoscere  l'indole  loro;  imperciocché  all'amore 
ed  al  patrocinio  che  alle  medesime  professarono.  Vita* 
lia  va  debitrice  di  gran  parte  de'  capi  lavori  de'  quali  si 
tiene  meritamente  onorata.  E  invero  a  chi  brama  co- 
noscere la  natura  e  i  pregi  dell'  antica  pittura  italiana 
fa  di  mestieri  recarsi  a  considerar^  in  Assisi  la  insi^ 
gne  basilica  di  s.  Francesco,  ove  i  frati  Minori  invi- 
tarono successivamente  a  dipingere  i  greci ,  Giun- 
ta,  Cimabue,  Giotto,  Pietro  Gavallini,  Giottino, 
Buffalmacco,  Filippo  e  Simone  Memmi,  Puccio  Cst* 
panna,  e  quanti  in  quell'età  ebbero  più  grido.  Per 
simil  guisa  volendo  in  un  sol  monumento  vedere 
riunite  le  bellezze  e  i  pregi  della  scultura  italiana  è 
d'  uopo  venerare  1'  urna  sepolcrale  che  chiude  in  Bo- 
logna le  ceneri  di  s.  Domenico;  per  ornamento  del- 
la quale  i  frati  Predicatori  si  giovarono  dell'opera  di 
Niccola  pisano ,  dì  fra  Guglielmo ,  di  Niccola  di 
Bari  ,   allievo    di    Jacopo    della    Fonte,   di   Alfonso 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  2i 

Lombardi^  di  Gerolamo  Coltellini  e  di  Micbelangiolo 
Buonarroti.  Chi  poi  bramasse  vedere  tutte  le  arti  del 
disegno  sfoggiare  bellezze  di  ogni  maniera  veda  il 
tempio  di  s.  Antonio  in  Padova^  di  s.  Croce  e  di  s. 
Maria  Novella  in  Firenze^  dei  Frari  e  di  s.  Giov.  e  Paolo 
in  Venezia^  e  presso  che  tutte  le  loro  chiese  in  Italia  e 
fuori.  La  qual  considerazione  desterà  certamente  me- 
raviglia avuto  riguarda  alla  povertà  degli  instituti  e 
all' austerezza  delle  leggi.  Ma  que' frati  ^  i  quali  nei 
primi  secoli  pativano  difetto  di  ogni  cosa^  volevano  non 
pertanto  che  il  tempio  di  IM9  splendesse  di  tutta  la 
maestà  e  di  tutta  la  bellezza  delle  arti.  Innocente  am- 
bizione aUa  quale  siamo  debitori  di  tanti  e  così  rari 
monumenti.  Né  già  si  tennero  paghi  a  solo  protegger- 
le^ che  datisi  essi  stessi  a  coltivare  i  singuli  rami  del 
disegno  gareggiarono  con  i  più  lodati  artefici  della  loro 
età.  E  invero  quando  i  soli  bizantini  avevano  rino- 
manza nel  musaico^  frate  Mino  da  Turrita  francescano 
neUa  prima  metà  del  secolo  XIII  salì  a  molta  gloria  in 
quel  magistero.  Gli  architetti  di  s.  Maria  Novella  dei 
Predicatori,  gareggiarono  con  Arnolfo. Fra  Filippo  Lip- 
pi  carmelitano  seguito  da  gran  maestro  le  traccie  di 
Masaccio.Il  beato  Giovanni  Angelico  e  fraBartolommeo 
domenicani,  siedono  fra  i  primi  pittori  dell'Italia.  Il 
Mon torsoli  dei  servi  di  Maria,  meritò  l'amore  e  la  esti- 
mazione di  Micbelangiolo  Buonarroti,  che  il  volle  socio 

2 


Digitized  by 


Google 


32  PREFAZIONE 

nei  lavori  del  sepolcro  di  Giulio  II  in  Roma^  e  dei  Me« 
dici  in  Firenze,  Fra  Giocondo  è  tale  architetto  e  lette- 
rato che«olo  vantaa  competitoreLeonBatt.  Alberti.TacT 
ciò  la  eletta  e  numerosa  schiera  degli  artisti  degli  altri 
istituti^  dappoiché  non  ve  ne  ha  alcuno  che  non  ne 
noveri  degF  insigni;  (1)  ma  sarebbe  ingratitudine  tacere 
i  servigi  resi  alle  arti  da  due  ordini  religiosi  estinti  da 
lungo  ten^pp^  i  Gesuati  e  gli  Umiliati,  i  quali  per  leggi 
propri^  dediti  ai  lavori  d' industria  come  la  farmacia, 
la  tessitura  dei  panni,  ec.  coltivarono  eziandio  l' archi-; 
tettura  civile,  militare  e  religiosa,  e  si  trovano  ben  sol- 
vente quai  pubblici  ingegneri  al  servigio  della  i^pub^ 
blica  fiorentina  e  delle  altre  città  della  Toscana;  ag- 
giungendovi la  pittura  dei  vetri  nella  quale  riuscirono 
veramente  eccellenti  (2) .  Per  siffatta  guisa  una  fra  1q 

(1)  Chi  amasse  conoscere  la  serie  dei  principali  arti(ìci  de^li  altri 
Onrml  religioni  veda  una  nota  lunghissima  apposta  da  mons.  Boltari  in 
fine  della  vita  di  fra  Giovanni  Angelico  del  Vasari.  Ediz.  di  Livorno  e 
Firenze  del  1771.  Altri  se  ne  troveranno  ricordati  nel  decorso  di  queste 
memorie.  Nutriamo  speranza  di  ottenere  dalla  gentilezza  di  alcuni  reli- 
giosi una  serie  assai  più  copiosa  che  daremo  in  fine  dell'opera. 

(2)  Gatb,  Carteggio  inedito  e  Archivio  delle  Bijormag.  ec.  voi.  1.** 
Append.  sotto  il  giorno  5  aprile  del  1317  riporta  una  supplica  di  ambedue  gli 
Qrdini  diretta  alla  repubbl.  fiorentina  la  quale  comincia  di  questa  guisa: 
c(  Cam  frairer  Sci.  Salvatoris  de  septìmo  (Gesuati)  etfratres  HumiUatorum 
oMnium  sanctorum  de  Florentia  j  olim  et  hodie  multipli  ci  ter  seruierint 
et  cotidie  serviunt  communi  et  populo  florent.  in  omnibus  quae  ipsi  coni" 
mani  expediunt,  et  dicti  fratres  Sci.  Salvatoris  habeant  quemdam  fundum 
in  quo  sunt  tiratoria  pannorum ,  ideo  ec.  ec. 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  23 

idee  tanto  vagheggiate  da  Carlo  Denina  intomo  gli  or- 
dini religiosi^  di  vederli  dediti  non  pure  alle  scienze 
sacre  e  profane^  ma  alle  belle  arti^  ed  ai  lavori  mecca- 
nici (1),  era  già  mandata  ad  effetto  nel  secolo  XIV 
per  opera  di  due  instituti^  che  la  nostra  età  cotanto 
industriosa  forse  apprezzerebbe  sopra  molti  di  gene- 
re diverso. 

Questa  lode  del  clero  regolare  in  ordine  alle  arti 
crescerebbe  assai  più  ove  ci  piacesse  dare  la  serie  di 
coloro^  i  quali  presero  a  scriverne  la  storia  e  dettarne  i 
precetti.  E  qui  ci  verrebbero  su  le  prim^  i  nomi  chiaris- 
simi.dei  padri  Pacioli^  Giocondo^  Ignazio  Dan  ti  ^  Della 
Valle,  Alio,  Federici , -Lapzi ,  Pungileoni  j  ec.  e  con  ciò 
si  aggiungerebbe  una  pagina  assai  bella  alla  storia  delle 
società  religione  che  loro  manca  tuttora. 

Dal  fin  qui  detto  ognuno  potrà  scorgere  facilmente 
q^al  vasto  e  nobile  aringo  avrebbe  a  percorrere  chi  a 
lode  della  religione  ed  a  prò  delle  arti  prendesse  a  nar- 
rare i  servigi  resi  alle  medesime  dal  cattolìcismo  nelle 
due  epoche  ricordate.  E  forse  sarebbe  facile  dimostrare 
eziandio,  come  Tarte  cristiana  fosse  quasi  sempre  sotto 
la  influenza  e  la  tutela  del mopachismo;  perciocché  usci- 
ta dalle  catacombe  copiane  dopo  le  persecuzioni  dei 


(1)  JiiVo/ii*  d'haUa.ìih.  XII  cap.  VI  e  lih.  XXIV  cap.  V. 


Digitized  by 


Google 


21  PREFAZIONE 

Cesari,  ben  tosto  venne  accolta  dai  monaci  dell' Oriente, 
che  col  proprio  sangue  la  difesero  dal  furore  degli  Ico- 
noclasti, e  la  coltivarono  se  non  esclusivamente,  certo 
con  lode  maggiore.  Da  loro  fu  poscia  trasmessa  ai  mo- 
naci dell'  Occidente  nella  invasione  dei  barbari;  fmchè 
gli  ordini  mendicanti  del  terzo  decimo  secolo,  toltala 
dall'infanzia  la  condussero  alla  sua  maturità  con  la 
duplice  azione  del  proteggimento  e  dell'  opera.  Sarebbe 
pertanto  a  desiderarsi  che  gì'  instituti  religiosi  si  fa- 
cessero con  nobil  gara  a  ricerfcare  ne'  privati  archivi  e 
quindi  pubblicare  le  notizie  di  quegli  artisti  che  lorq 
appartengono.  La  qual  cosa  mentre  riutriamo  fiducia  di 
vedere  quando  che  sia  eseguita,  ci  affrettiamo  a  pre- 
sentare un  saggio  della  storia  artistica  dei  frati  Predica-^ 
tori,  confidando  sia  per  essere  di  un  alcuna  Utilità.  Im-^ 
perciocché  forse  in  niun' ordine  non  fiorirono  mai  in  sì 
gran  copia  e  sì  eccellenti  i  pittori,  gli  architetli,  i  colo» 
ritori  di  vetri,  gl'intarsiatori,  i  miniatori,  quanto  nel 
domenicano.  E  noi  li  vedremo  educare  nella  pittura 
Raffaello  d'  Urbino  e  Bramante  Lazzari;  operare  nei 
duomi  di  Pisa,  di  Orvieto,  di  Milano,  in  s.  Petro* 
niodi  Bologna  ed  in  s.  Pietro  di  Roma;  gettar  ponti 
sulla  Senna,  sull'Amo  e  sul  Minho;  e  dirigere  opere 
difficilissime  di  idraulica  e  di  fortificazione  militare 
nelle  principali  città  e  fortezze  dell'Italia;  e  quando 
le  arti  eran  volte  in  decadenza  per  la  corruttela  dei 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  25 

tempi,  con  sempre  memorando  conato  aver  fatto  prova 
di  rialzarle  in  Firenze  ;  di  che  la  vita  e  la  tragica  morte 
di  fra  Gerolamo  Savonarola  faranno  ai  posteri  perenne 
testimonianza.  Ma  ciò  che  stimiamo  lode  bellissima^ 
si  è  avere  sopra  la  comune  degli  artisti  meglio  intesa 
l'indole  della  pittura  sacra ^  tenuta  Tarte  in  conto  di 
cosa  divina,  e,  ad  eccezione  di  pochi,  onoratala  con 
vita  santissima.  Vero  è  che  le  notizie  di  alcuni  più  in- 
signi si  trovano  presso  il  Vasari  e  il  Baldinucci,  ma 
quasi  tutte  incomplete  e  bisognevoli  di  molte  corre- 
zioni ed  aggiunte;  senza  quelle  in  numero  assai  mag- 
giore, che  essi  omisero  interamente,  comechè  degne 
di  esser  mandate  alla  memoria  degli  uomini.  Né  sa- 
rebbe stato  lieve  servigio,  come  non  fu  lieye  fatica, 
da  molti  e  sovente  discordanti  istgrici  tessere  unica 
narrazione,  che  tutti  li  comprendesse;  ma  avendo  ri- 
cercati i  pubblici  e  i  privati  archivi  ebbi  la  sorte  di  rin- 
venire copiose  notizie  tuttora  inedite,  le  quali  di  nuova 
luce  la  storia  dell'arte  fanno  chiara.  A  cagione  di  esem- 
pio, la  vita  di  frate  Bartolommeo  della  Porta,  pittore 
preclarissimo,  si  dà  arricchita  di  molti  documenti  di  cui 
ninno  potrà  disconoscere  la  rilevanza.  Nuova  è  quella 
di  fra  Benedetto  del  Mugello  miniatore,  fratello  di  fra 
Giovanni  Angelico;  e  nuova  eziandio  quella  di  fra  Do- 
menico Portigiani  scultore,  allievo  di  Gian  Bologna. 
La  vita  di  fra  Guglielmo  da  Pisa  omessa  dal  Vasari  e 


Digitized  by 


Google 


26  PKEFAZIONC 

dal  Baldinucci,  piuttosto  accennata  che  scrìtta  dal  si-^ 
gnor  Alessandro  da  MoiTona^  per  nuovi  documenti 
rinvenuti  di  recente  ofiriamo  assai  piò  copiosa  ed 
importante.  Alle  scarse  notizie  che  di  fra  Damia- 
no da  Bergamo  principe  degli  intarsiatori  italiani^ 
ci  ebbe  date  il  conte  Tassi  aggiungeremo  molte  e 
preziose  memorie  tuttora  inedite.  Lo  stesso  dicasi 
del  beato  Giacomo  d' Ulma  e  di  altri  non  pochi.  Di 
uno  però  ci  siamo  studiati  scrivere  la  vita  con  quel-» 
la  maggior  diligenza  che  per  noi  fu  possibile^  non 
omettendo  ricerche  o  fatica  perchè  rispondesse  in 
qualche  guisa  al  desiderio  e  alla  espettazione  de' suoi 
ammiratori. -Certo  Cno  al  presente  di  fra  Giovanni  An- 
gelico non  è  stato  scritto  con  quella  accuratezza  e  co- 
pia di  notizie  che  valessero  a  sceverare  la  storia  dalle 
arbitrarie  congetture  degli  odierni  scrittori.  Che  se  ve- 
ramente le  nostre  ricerche  negF  archivi  intomo  questo 
rarissimo  dipintore  non  furono  sempre  coronate  di  fe- 
lice risultamento^  pur  tanto  abbiamo  aggiunto  alla  vita 
che  di  lui  ne  diedero  i  due  biografi  toscani  da  satisfare 
in  gran  parte  al  presente  bisogno.  Come  non  abbiamo 
preso  a  scrivere  che  de' più  insigni  artisti  dell'  ordine, 
confdiamo  non  ci  verrà  ascritto  a  colpa  se  difette- 
ranno le  memorie  di  altri  così  dell'Italia  che  d'oltre- 
menti; ma  essendo  i  più  celebri  presso  che  tutti 
toscani,    portiamo    fiducia    di    averne   a    sufiicienza 


Digitized  by 


Google 


PREFAZIONE  à7 

favellato.  Del  resto ^  noi  il  confessiamo  ingenuamente^ 
questo  primo  tentativo  delle  memorie  artistiche  dei 
frati  Predicatori  sarà  trovato  manchevole  in  molti 
luoghi;  ma  preghiamo  i  gentili  che  ci  leggeranno  a 
considerare  che  i  primi  indagatori  e  ordinatori  delle 
antiche  memorie  hanno  sempre  maggiori  difficoltà  a 
vincere,  e  più  facile  cagione  di  errori  (1).  Perciocché 
fino  al  presente  niuno  ci  aveva  preceduto  in  questo 
divisamento.  Ove  però  nuove  e  più  accurate  ricerche 
ci  fornissero  nuova  messe,  daremo  in  seguitò  un  vo- 
lume di  supplemento. 

Non  è  adunque  una  storia  quella  che  noi  offeriamo 
al  presente,  ma  solo  il  risultamento  delle  nostre  ri- 
cerche quasi  materia  preparata  a  più  perfetto  lavoro. 
Debito  nostro  non  era  pertanto  versarsi  sulla  parte 
estetica  dell'  arte,  e  di  quella  profferire  giudizio;  se  non 
dimeno  alcuna  fiata  abbiamo  creduto  doverlo  fare ,  ci 
siamo  studiati  tenerci  lontani  dagli  estremi  tra  quali  si 
dibattono  al  presente  gli  scrittori  di  quella.  Ognuno  ha 
suo  proprio  modo  di  sentire  e  gustare  i  pregi  delle 


(1)  Mons.  GioT.  Bottali  in  ana  tua  lettera  al  sig.  Ma  riette,  che 
leggesi  oel  voi.  V  delle  Pittoriche,  lasciò  scritto:  «  Le  persone  che  scri- 
Tono  delle  tre  belle  arti  pare  che  abbiano  addosso  qualche  maledìsione, 
poiché  tutte  han  preso  e  prendono  sbagli  incredìbili.  Lo  dico  per  prova 
io  stesso,  che  ho  (atto  errore  in  cose  che  sapeva  beae  come  il  mìo  nome.  » 


Digitized  by 


Google 


38  PREFAZIONE 

artt^  e  quando  uno  emette  modestamente  il  suo  pa- 
rere^ sarebbe  fuor  di  ragione  ascrivergli  a  colpa  il  dis- 
sentire da  quello  degli  altri.  E  invero  pronunziare 
tali  giudizi  che  niuno  possa  né  voglia  contraddire  è 
impossibile  più  che  in  altra  cosa  nelle  arti.  Fu  in  noi 
desiderio  rendere  un  qualche  servigio  così  alla  religio- 
ne come  alle  arti;  destare  net  claustrali^  ove  fosse 
per  mancare^  più  acceso  amore  alle  medesime^  che 
un  giorno  coltivarono  con  tanta  gloria;  e  se  la  gio- 
vine età ^  se  un  buon  volere/  se  le  durate  fatiche 
meritano  alcuna  indulgenza  ncy  portiamo  fiducia  di 
conseguirla. 


Digitized  by 


Google 


MEMORIE 


DQ  nu  IKSIGia 


mOKI,  SCULTORI  fi  IRdTEin 


^<t#^ 


LIBRO  PRIMO 

CAPITOLO  PRIMO 

Condizione  delle  Arti  in  Italia  n^  primordi  del  secolo  XIII, 

-e  segnatamente  dell*  Architettura  volgarmente  appellata 

Gotica  0  Tedesca 


^#<ii» 


i%Uoraqtuiiido  i  frati  predicatori  Yennero  a  compiere  gli  affiti 
del  loro  religioso  e  drile  apostolato ,  nel  secondo  decennio 
dd  secolo  XIII;  le  BeDe  Arti  sorgevano  dallo  squaUore  dei 
bassi  tempi  alla  luce  di  un'era  novella,  risalendo  verso  la  lor 
perfezione  con  quella  stessa  rapidità  con  la  qnale  n'erano  ca- 
dute Non  però  tutte  ad  un  modo  o  ad  un  tempo  medesimo; 
percioocbè  la  pittura  ed  il  musaico  furono  lunga  pezza  tardati 
dai  precetti  e  dagli  esempi  dei  biaeantini;  cosi  che  lenti  »  e  quasi 


Digitized  by 


Google 


2a  MEMORIE 

direi,  ingloriosi  furono  i  passi  che  mossero  per  Giunta,  per 
Margarìtone  di  Arezzo,  per  Guido  di  Siena -e  per  Andrea  Tafi; 
mentre  rapidi ,  e  quasi  giganteschi  furono  quelli  che  segnava 
la  scultura  per  opera  di  Niccola  pisano  e  de'  suoi  discepoli  ;  e 
strano  e  capriccioso  oltremodo,  ma  non  senza  bellissima  gloria , 
fu  il  procedere  dell'architettura.  Le  cagioni  di  quel  dicadi- 
mento e  di  questo  felice  ritorno  alla  primiera  eccellenza  si 
trovano  narrate  dagli  storici  delle  arti  ove  più,  ove  meno  accu- 
ratamcnie  ;  e  noi  crediamo  debito  nostro  toccare  alquanto  quelle 
che  concernono  l'architettura,  perciocché  delle  tre  arti  sorelle 
questa  di  preferenza  coltivarono  i  Domenicani  nei  primi  due 
secoli  della  loro  instituziope.  La  necessita  di  erigersi  diiese  e 
conventi  dovea  facilmente  educarli  ad  un'arte  che  non  ha  a 
solo  scopo  il  diletto  ma  il  bisogno;  ed  in  essa  salirono  a  tanta 
altezza ,  che  il  Cicognara  non  dubitò  asserire ,  essere  forse  i  soli 
i  quali  potessero  influire  sull'ingegno  grandissimo  di  Niccola 
pisano,  ed  aver  seco  lui  contatto  in  questa  materia  (1). 

Coloro  che  si  fecero  ad  indagare  i  primi  segni  della  rovina 
in  cui  cadde  questa  primogenita  fra  le  arti ,  credettero  ravvisarli 
sotto  l'impero  di  Diocleziano  e  di  Costantino»  e  citano  le  terme 
dd  primo,  e  l'arco  trionfale  del  seqondo  in  Roma;  ed  in  Spa- 
latro  neUa  Dalmazia ,  il  palazzo  di  Diocleziano  [2]k  Nei  quali  ^difizi 
r  occhio  tosto  ravvisa  un  licenzioso  trapaasamento  <li  queUe  leggi, 
che  i  grandi  maestri  aveano  poste  quasi  a  infrenare  l' arbitrio 


(1)  Sioria  della  Sctdtufxi  luUiana ,  voi.  3  lib.  Ili  cap.  VI  pag.  366. 

(2)  CAUMorr,  D'AcmcoimT. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  1.  GAP.  l  il 

ehi  DOTatori.  Viddero  poi  quésti  ségni  di  decadenza  cresciaìì  a 
dismisura  in  Bisanzio,  senza,  direi,  modo  di  ritornare  all'antica 
forma ,  perciocché  ivi  non  erano,  siccome  in  Roma  e  ndle  città 
della  Grecia,  i  bei  modelli  lasciati  dagli  artisti  che  aTeranlì  pre- 
ceduti ;  e  sacriOcandosi  al  lusso  ogni  legge,  ogni  ragione,  quel  male 
già  assai  grande  fecesi  disperata  €osi  sono  legati  strettamente  i 
costumi  alle  arti  di  un  popolo^  che  dal  modo  di  esprimere  i  suoi 
eoocettì  tosto  apparisca  la  sua  grandesEza  o  la  sua  abbiezione. 
Venuti  quindi  i  i[X)poli  settentrionali  ad  invadere  e  manomettere 
rEctropa^  andchè  nitrodnrre  nuovi  fenetodindràrchìtettora,  come 
quelli  che  di  arti  ìk»  sapevano  pia  che  di  «denze  e  4i  lettere, 
mantennero  il  romano  ;  ma  per  ferità  ed  ignoranza',  passando 
ad  altro  estremo,  lo  dispogliarono  di  ogni  ornamento  e  decoro, 
solo  pregio  dèlie  fabbriche  stimando  la  solidità.  E  per  certo  in 
tanta  frequenza  di  guerre, di  rapine, e  d* incendi,  nell'avvicendarsi 
di  tante  orde  feroci  di  popoli  sitibondi  di  oro  e  di  sangue,  primo 
bisogno  fu  cercare  la  sicurezza  della  vita  e  delle  sostanze.  Allora 
le  abìtaziooi  private,  e  le  chiese  stesse ,  presero  forma  ed  aspetto 
di  fortezze.  Sursero  i  temuti  castelli  entro  i  quali  si  chiudevano  i 
barbari  depredatori,  e  tutte  qudle  innumerevdi  torri  ddle  quali 
ancora  non  poche  rimangono  neHe  nostre  dttà.  Con  ciò  si  ebba 
l'epoca  prima  dello  stile  impro|Nriamente  da  akmni  detto  ffoti-^ 
€0y  perciocché  cominciò  troppo  innanzi  la  venuta  de'  Goti,  da 
altri  appdlato  ramatuhlnxantino;  ma  che  assai  meglio  dnrebbesi 
romano  barbaro^  e,  in  alcune  provincie  d'ItaUa,  Itmbaido; 
ed  ha  per  contrassegno  lo  squallcnre,  la  nudità,  la  mancanza 
di  proporzione,  e  la  mole  ingente  e  pesante:  e  ne  Canno  fede 
le  antiche  basUiche  di  s.  Michele  in  Pavia ,  di  s.  Frediano  in 


Digitized  by 


Google 


32  MEMORIA 

Lacca,  ed  altre  altrove.  Questa  cosi  fatta  forma  di  architettu- 
ra durò  quasi  quanto  il  secolo  XI,  Buche  sju  gli  ultimi  di  que- 
sta e  su  i  primi  del  seguente  cominciò  V  arte  a  dirozzarsi 
non  poco,  e  sembra  doversene  ripetere  la  cagione  dalle  cro- 
ciate, dal  commercio  con  T Oriente,  e  dalle  invasiooi  dei  Sa- 
raceni; i  quali,  occupata  presso  che  tutta  la  Spagna ,  invasa  la 
Francia  e  P Italia,  mcdte  delle  loro  foggie  e  costami  lasciarono 
ai  popoli  vinti  o  esterrefatti.  Oltre  le  opere  dette  danuuchme 
ed  i  rabeschi f  la  loro  architettura  venne  imitata  da  noi,  e  ne 
fanno  fede  nella  Sicilia  il  palazzo  ddla  Ziza  e  la  chiesa  di  Mon- 
reale; e  in  Venezia  ne  appariscono  alcuni  segni  nel  s.  Marco.  Per- 
ciocché quando  correvano  per  noi  i  tenàpi  infelicissimi,  e  ¥  igno- 
ranza era  più  grande,  ed  i  costumi  rozzi  e  fieroci,  gli  Arabi 
nella  Spagna  sl(^;giavano  lusso  di  arti ,  come  lo  attestano  le  gra- 
ziose e  ricche  fabbriche  dell' AUambra ,  ddl'AIcazar,  del  Ge- 
nérah'fo  in  Granata ,  la  moschea  or  cattedrale  di  Cordova  ;  per 
tacere  del  quanto  valessero  nelle  scienze  e  nelle  lettere.  Nel  men- 
tre adunque  in  alcune  parti  d'ItaUa  T  architettura  seguitava  gli 
esempi  degli  Orientali  e  rivestiva  nuove  e  strane  forme,  in  altre 
opera  vasi  un^  diverso  e  assai  più  nobile  mutamento.  Gessate  le 
invasioni  dei  barbari,  amalgamati  hisieme  tanti  diversi  popoli, 
o  stanchi  o  impotenti  a  piA  nuocersi,  nella  pace  die  Ita  dato  go- 
dere in  quel  tempo,  si  viddero  sorgere,  segnatamente  nella  To- 
scana, non  pochi  sacri  edifizi  di  molta  bdleaa,  i  quaU,  per 
manco  di  fatica  e  dispendio,  vennero  innalzati  con  i  ruderi  degli 
antichi  monumenti  romani,  che  in  tanta  copia  rimanevano  anco- 
ra tra  noi,  quasi  a  rendere  testimonianza  dell'antica  gloria  e 
della  presente  calamità.  I  quali  avanzi  collegavano  poi  come  che 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  CAP.  I.  38 

ib§se  senza  considerazione  alcuna  di  ordine  e  di  proporzióne. 
Dalla  qnal  opera  avrebbono  potuto  trarre  argomento  a  studiare 
alquanto  le  opere  degli  antichi ,  e  prender  lume  a  rintracciare  i 
boooi  metodi ,  se  altre ,  ma  a  noi  ignote  cagioni,  non  gli  avessero 
consigliati  diversamente.  Roma,  Firenze,  Pisa,  ec  come  qudle 
che  sopra  molte  città'  dell'  Italia  erano  ricche  di  maravigliose 
fabbriche  antiche ,  meglio  si  gioyarono  delle  medesime  :  e  pnoss» 
Tcdere  tuttavia  nel  duomo,  nel  battistero,  e  nel  campanile  di 
Pisa  adoperate  colonne ,  capitelli,  basamenti,  iscrizioni  tolte  a  ro- 
mani edifizi  dei  buoni  secoli;  come  eziandio  in  s.  Pietro  a  Gra- 
do presso  la  stessa  città,  in  Firenze  nel  s.  Giovanni  e  in'  s.  Mi- 
niato al  Monte ,  ed  in  Fiesole  nel  duomo.  Per  questa  guisa  in  Ita- 
lia si  P9SSÒ  al  secondo  periodo  dell'  architettura  gotica  ,  il  quale 
fra  tutti  è  forse  il  più  ragionevole,  per  certa  disposizione  (K 
parti  che  meglio  si  legano  all'insieme;  ma  fu  di  troppo  breve 
iterata,  non  avendo  proceduto  oltre  il  secolo  XII,  e  ristretto  a 
que'  soli  luoghi  ove  era  dovizia  di  antichi  monumenti. 

Frattanto  in  questo  stesso  secolo  duodecimo,  e  su  i  primi 
del  seguente^  accadeva  nell'architettura  cosi  civile  che  religiosa , 
UH  grandissimo  rivolgimento  die  le  cangiò  totalmente  forma  ed 
aspetto,  e  sembrò  annunziare  quello  troppo  maggiore  che  ope- 
ravasi  nella  società.  Coneiosiaehè ,  gli  archi ,  i  quali  fino  a  quel 
tempo  si  erano  Toltati  di  tutto  sesto,  addivennero  diagonali,  o 
a  meglio  dire  di  sesto  acuto  ;  alle  colonne  e  ai  pilastri  vennero 
sostituite  le  colonne  a  fasci  sottilissime,  o  pilastri  ornati  da 
mezze  colonne;  ai  capitelli  dorid,  corìnti,  ec.  che  il  secolo  an- 
tecedente avca  tal  fiata  veduti  adoperarsi  con  tanto  ornamento 
dell'arte,  sottentrarono  rabeschi  e  figure  rQz;rissii^.  Le  volte 


Digitized  by 


Google 


34  MEMORIE 

girarone  altissime ,  e  gli  archi  delle  medesime  poggiando  gli  ani 
sopr^i  degli  altri,  mostravano  quasi  a  vicenda  sospingersi  al  cielo, 
incrociati)  svelti,  leggieri  con  ardire  non  più  veduta  Sembra,  dice 
il  signor  D*  Aginoourt,  avessero  tolto  a  sciogliere  il  problema  di 
unire  la  perfetta  solidità  ad  una  sorprendente  arditezza ,  che  at- 
terrisce rocchio ,  e  ad  una  leggerezza  piena  di  grazia  che  lo  rìr 
crea  (1).  Non  è  già  che  innanzi  al  detto  (empo  non  si  rinvenga  tal 
volta  Farco  di  sesto  acuto;  che  anzi  il  citato  scrittore  attesta  aver- 
ne trovati  esempi  in  Italia  dei  secoli  I^,  X,  XI,  n^  era  usatq 
assai  parcamente,  e  sempre  alternato  con  quello  di  tutto  sesto , 
come  è  a  vedersi  nei  due  monasteri  di  s.  Benedetto  e  di  s.  Sco- 
lastica in  SiAbiacQ.  Qr  questa  terza  epooa  ddlo  stile  gotico,  ci 
sembra  dividersi  in  due  periodi  di.  tempo.  Il  primo,  che  dura 
quanto  il  secolo  ^UI ,  è  il  più  semplice  e  il  meglio  inteso  nelle 
sue4>roporzioni.  Il  secondo  nel  XIV;  ed  è  il  più  ricco  ed  il  più  or- 
nato di  quanti  ne  presenta  rarchiletlura  sacra  dei  bassi  lempi;  ed 
a  quest'ultimo  manifestamente  appartengono  le  faodate  dei  duo- 
mi di  Siena  e  di  Orvieto,  e  il  duomo  di  Milano  in  cui  per  l'ul- 
tima volta  apparve  in  Italia  il  gotico  in  tulio  lo  splend^ire  della 
sua  maestà  e  della  sua  ricchezza.  Più  lunga  vita  ebbe  oUremonti, 
ma  fra  noi  credo  intorno  la  metà  del  secolo  XV  mancasse  per 
opera  di  Leon  B|\ttista  Alberti ,  e  del  Brunellesco ,  i  quali  rivoca- 
rono  a  vita  li  ordini  delVarchi!et^ura  greca  e  romana.  Àbbenchè 

(1)  Storia  delTJrte,  ec  loc  cit.  jwg.  216. —  MerìUno  esser  Ielle 

alcune  pegioe  eloquenlissime  del  eh.  MonUlemberl  suU'  orìgine  e  sulla 

natura  dell'  archilellura  gotica  o  tedesca  »  nella  introduzione  alla  Vita 
di  s.  Elisabetta  di  Ungheria.  — 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  L  m 

r  uliiaio    pariodo  ddlo  siile  téotoiilco   ceda   al   ptìmo  ndla 
proporzione  de'  membri,  ed  in  certa  severa  maestà ,  non  per- 
tanto arrecò  un  vantaggio  grandissimo  a  tutte  le  arti,  perdoc- 
cbè  la  brama  dì  profondere  adornamenti  di  ogni  maniera ,  in  spe- 
dai modo  nelle  facciate  delle  basiliche,  obbligò  gli  artisti  a  me- 
glio studiare  il  4is9gnQ,.coa  utiliM^  grandissima  (|ella  pittura  e 
della  scultura  ;  sendo  che  nd  ral)eschi ,  nd  meandri ,  nd  trafori , 
infine  in  tutti  i  capricdosi  abbellimenti ,  co'  quali  si  studiavano 
adornare  i  sacri  edifid ,  erano  firutta ,  fiorì ,  animali ,  simboli  mi- 
steriosi, e  ben  sovente  figurf^  di  tutto  o  meso»  rilievo;  fin  ehe  si 
giunse  poi  a  ricoprire  la  immensa  superfide  delle  bcdate,  come 
nel  duomo  di  Orvieto,  con  storie  copiosissime  dell'  antico  é  nuovo 
Testamenlo.  In  altre  si  vedevano  sculti  i  santi  protettori  delle 
dttà,  1  grandi  uomini  della  patria,  i  benefattori  del  tempio,  e 
ritratti  gli  architetti  che  avevanlo  innalzato;  e  nel  duomo  di  Siena 
faron  poste  fino  le  insegne  dì  tutte  le  dttà  federate  a  quella  re- 
pubUìca.  Per  siffatta  guisa  in  uno  stesso  edifizio  si  riepilogavano 
le  glorie  dvili  religiose  artistiche  di  un  popolo,  la  sua  storia ,  il 
suo  genio  e  la  sua  fede.  Il  musaico,  la  tarsia,  i  vetri  colorati,  i  bron- 
za, gli  smalti  venivano  a  sparger  fiori  sul  sacro  edifizio,  ed  e 
questa  la  cagione  potissima  per  la  quale  i  più  valiti  architetti 
dei  due  secoli  XIII  e  XIV  erano  eziandio  scultori ,  siccome  Nic- 
cola  e  Giovanni  pisani.  Agostino  ed  Agniolo  sanesi;  tal  fiata  pit- 
tori e  ardiitetti  come  Taddeo  Gaddi ,  e  non  di  rado ,  come  V  Or- 
gdgna,  abbracciavano  tutte  e  tre  le  arti  sorelle. 

Allorquando  pertanto  sorgevano  in  Italia  gli  ordini" de'  Fran- 
cescani e  dei  Domenicani ,  succedeva  nelF  architettura  quel  can- 
giamento che  abbiamo  indicato  nel  primo  periodo  dell'epoca  terza; 


Digitized  by 


Google 


36 


MEMORIE 


die  è  a  dire ,  qaando  l' ìmltazioiie  dell'antico  die  luogo  alla  go- 
tica o  tedesca  ohe  dùr  si  voglia  (1). 


(1)  Coinprenderà  fecilmente  il  lettore,  che  io  questa  partizione  dello 
alile  gotico  noa  è  dato  ottenere  una  rigorosa  esJittezza;  perciocché  l'ar- 
chitettura, più  che  tutte  le  arti,  si  modifica  a  seconda  de' tempi,  de'Iuoghi , 
e  dell' indole  dei  popoli.  Quindi  quella  che  si  addice  all' Italia  non  ben 
cooTÌene  alla  Francia  ed  alla  Germania.  In  pro?a  di  ciò  daremo  quella 
«Mr«h^  Bourassé  {Archeologia  Crisi,  eap.  V  pag.  72),  die  codsimnm  con 
qiteOa  del  sig.  Caamoat,  e  discorda  da  qnelte  del  sig.  D' Agincourt ,  «Ten- 
do i  due  primi  scrìtto  piii  particolarmente  per  la  Francia ,  ed  il  seeoo* 
do  per  l'Italia;  . 


ARCHITETTURA 

DFX 

MEDIO  EVO 


Rollalo 
BtaàarnA 


Prìmitiya      dal    400  al  1000. 
Secondaria    dal  lOOO  al  1100. 
Terza  o  di 
Transazione  dal  ilOO  al  1200. 


Sisto  Aarro 


A  Lancette  dal  120Q  al  1300. 

A  Raggi         dal  1300  al  1400. 

A  Fiamma    dal  1400  al  155a 

Risorgimento  alla  metà  del  sec.XVI. 
Rammentisi  dopo  ciò,  che  l'Orgagna  yoltaya  in  Firenze  gli  archi  di 
tutto  sesto  fino  dall'anno  1370  o  in  quel  tomo. 


Digitized  by 


Google 


37 


CAPITOLO    n. 

Fra  Si$(o  e  Fra  Rittcro  ordiiteiH  tasemù  —  Laro  prime  ijpere 
in  servigio  della  repubblica  fiorentina,  —  Compiono  il  pfUazzo 
del  Podestà.  —  Ricostruiscono  il  ponte  alla  Càrraja.  —  Fab- 
bricano la  chiesa  di  e.  M.  Novella.  —  Dal  Pontefice  Niccolò 
III  sono  chiamati  in  Roma  ad  operare  nel  Valicano. 


^•^i 


1  primi  caltori  delle  arti  che  ci  offra  la  storia  dei  frati 
Predicatori  sono  due  insigni  architetti,  e  tali  che  la  loro  età 
Ibrse  non  vide  i  maggicnri,  eccettuato  Niccola  pisano  ed  Arnol- 
fo; onde  a  ragione  Tennero  posti  nel  norero  di  coloro  a'  quali 
la  pubblica  gratitudine  dà  lode  di  arer  preparata  la  restaura- 
zione dell'architettura  italiana.  Sono  questi  fra  Sisto  e  fra  Ri- 
storo, religiosi  conversi  del  'con?ento  di  s.  Maria  Novella,  dei 
quali  entriamo  a  tragioliare. 

Fra  Sbto  area  sortiti  i  natali  in  Firenze,  precisamente  nella 
contrada  di  questo  nome  presso  porta  s.  Pancrazio.  Fra  Ristoro 
era  nativo  della  terra  di  Campi,  grosso  borgo  che  dà  il  nome 
ad  altre  borgate  e  parrocchie,  a  sette  miglia  da  Firenze  e  quat- 
tro da  Prata  Le  preziose,  ma  troppo  scarse  notizie  che  di  loro 
ci  furono  tramandate,  (e  sono  poche  linee  del  Necrologio  di 
quel  convento  )  tacciono  il  nome  dei  genitori  e  l'anno  della 

3 


Digitized  by 


Google 


38  MEMORIE 

nascita  (1).  Sembra  noo  pertanto  doversi  collocare  tra  il  1920  e 
il  1225  ;  che  è  a  dire  qoindici  o  Tenti  anni  innanzi  a  Cimabue. 
Ignorasi  ugoalmente  da  chi  apprendessero  Y  arte  del  fabbricare. 
Il  Baldinnod,  e  il  eh.  prof.  Niccolini»  li  giadicarono  discepoli 
o  imitatori  di  Arnolfo,  ma  in  quella  rece  dovrcbbesi  con  più 
ragione  crederli  col  Lanzi  precettori  di  lui,  se  non  fosse  certo 
Arnolfo  ayere  appresa  Farte  da  Niccola  Pisano  (2).  A  togliere 
o(;ni  probabilità  a  quella  opinione  basti  il  sapere  che  Amolfp 


(1)  Necrùlogium  ven*  conv.  *,  Màriae  Ifo^eUaé  de  Ftorentia  Ord. 
Praedic.  aib  ann.  1225.  usì^ue  ad  ann.  1844.  2.  voi.  in  4.®  uno  a  pagp  119. 
membran.  il  di  più  cartaceo  (Arch.  di  t.  M.  Novella.)  Venne  cominciato  dal 
P.  Pietro  Macci,  che  lo  scritse  Qno  all'anno  1280  ;  e  fors'anco  fino  al  1301 
che  fa  quello  di  sua  morte.  Fra  Corrado  Gualfredooci  lo  continuò  fino  al 
1309.  Fra  ScoUrio  Squarci  fino  al  1320.  Fra  Buonfante  Boonfanti  fino  al 
1337.  Fra  Paolo  di  t.  Croce  Qno  al  1348*  Fra  Jaoopo  Altoyiti  fino  al  1370, 
Fra  Paolo  Bilenci  ^o  al  1381.  In  seguito  si  ignora  da  chi  proseguito. 
(I  P.  Yìac.  Fiaeschi  ne  pubblicò  nni^  piccola  parte,  cioè  fino  al  132Q 
Heli*  opera  Memorie  Jstoriche  per  servire  alle  9^U  degli  Uomini  Illustri 
del  conv.  di  s,  M.  Novella*  Un  yol.  in  4.®  Firenze  1780,  Il  rimanente 
è  tuttora  inedito.  Il  Ceraccliiiii  nei  Fasti  Teolog.  pag.  308  appella  quel 
Necrologio  diligentissimo ,  raro  ed  inarrivabile. 

(2)  BàLDtvooci,  Notizie  dei  professori  del  disegno,  toI.  1.®  Vita  di 
Arnolfo.  —  O.  B.  Niocoum,  Ehgio  di  L,  B,  Alberti,  huni.  Storia  Pit* 
torica  deir Italia,  voL  1.®  parte  1.*  Scuola  Toscana.  Che  Arnolfo  sia 
discepolo  di  Niccola  è  oramai  indubitato  per  un  documento  che  leggesi 
nelle  Lettere  Sanesi  del  P.  Guglielmo  della  Valle,  voi.  1.®  liettera  %yilh 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  IL  39 

soprayyisse  a  fra  Ristoro  anni  37  «  a  fra  Sisto  21  (1) .  Erano 
io  qclel  tempo  diiari  in  Toscana  nelle  cose  di  ardiitettnra  Iaco- 
po» dal  Vasari  detto  tedesco,  e  Niccola  pisano.  Il  primo,  edi- 
ficatore della  chiesa  e  de)  convento  dì  s.  Francesco  di  Assisi, 
ayeya  in  Firenze  eretto  11  ponte  Robaconte,  e  nel  1218  posti  i  pi- 
loni di  quello  alla  Garraja ,  e  fabbricata  con  soo  disegno  la  chiesa 
di  s.  Salvadore  del  Vescovado ,  quella  di  s.  Hiéhele  in  piazza 
BerteMe  (oggi  degli  Àntinori)  ed  il  palazzo  del  Podestà,  che  a 
quanto  sembra  non  ultimò  ec.  Il  secondo  noto  per  le  grandi 
fabbriche  erette  in  patria ,  in  Bologna,  in  Padova,  in  Venezia, 
in  Napoli  ec  ec  lece  in  Firenze  la  chiesa  di  s.  Trinità  intorno 
il  ISSO.  Anliite^ti  maggipri  di  questi  non  furono  in  quella  età 
Ddla  Toscana  ;  e  forse  fra  Sisto  e  fra  Ristoro  si  giovarono  dei 
ixmsigli  o  degli  esempi  di  ambedue.  Il  Necrologio  del  loro  con- 
vento d  tacque  eziandio  l'anno  in  cui  vestirono  l'abito  Dome- 
nicano; e  non  è  senza  verisimlglianza  la  congettura  del  P.  Fine- 
scfai ,  Q  quale  opinò  che  ciò  avvenisse  alloraquando  il  P.  Aldo- 
brandino Cavalcanti ,  essendo  per  la  seconda  volta  priore  del 
convento  di  s.  Maria  Novella,  fece  ampliare  l'antica  chiesa  di 
questo  nmne;  offerendosi  forse  i  due  giovani  architetti  a  condurre 
quel  lavoro> sotto  le  divise  di  s.  Domenico,  come  in  Assisi  Filip- 
po da  Campelk)  sotto  quelle  di  s.  Francesco  avea  diretto  in  gran 
parte  la  faUnìca  di  quella  insigne  basilica  (2).  H  Cavalcanti  fu 

(1)  Il  BaldÌQUcci  avea  collocata  la  morte  di  Aroolfo  or  sotto  V  anno 
1300  or  sotto  il  1320.  Nel  Necrologu)  di  s.  Roparata  è  sUto  di  recente 
rinvenato  esaer  egli  trapassato  nel  1310. 

(2)  Memorie j  ec  pag.  343. 


Digitized  by 


Google 


40  MEMORIE 

priore  ia  s.  M.  Novella  dalFaiiiio  1244  fino  al  1253;  flaooedu- 
togli  a  tutto  il  1255  il  P.  Enrico  da  Massa  ;  nel  1256  venne  nuo- 
vamente eletto  il  P.  Aldobrandino.  Nella  quale  cronologia  con  il 
Fineschi  consente  anche  il  P.  Borghigiani  (1). 

Il  primo  saggio  che  diedero  della  loro  penna  nelle  cose  di 
architettura»  ricordato  dalle  antiche  memorie,  è  un  opera  pub- 
blica alla  quale  vennero  invitati  dal  magistrato  della  città  di  Fi- 
renze. Volendosi  dar  compimento  al  palazzo  de'  Priori  cominciato 
nel  1252  da  Jacopo  sopradetto»  fta  loro  ingiunto  dì  innalzare  al- 
cuni voltoni»  o  fors'anco  un  cortile  o  chiostro;  {magnai  iesiu^ 
din$s)  il  che  fu  dai  medesimi  condotto  con  tal  bravura,  che  là 
città  volle  giovarsi  nuovamente  dell'opera  loro  in  fabbriche  di 
più  grande  rilievo  (2).  Nei  primi  di  ottobre  dell' anno  12^9»  per 
dirottissime  pioggie  essendo  l'Amo  a  dismisura  cresdulo»  sover* 
chiale  le  sponde,  si  sparse  ed  inondò  gran  parie  ddle  adiacenti 
campagne,  e  ddla  stessa  dttà  di  Firenze:  e  nella  straboodie^ 
vole  foga  volse  seco  dagli  Appennini  grandissima  quantità  di  ^1* 
beri  e  legni,  che  attraversatisi  alle  pile  del  ponte  s.  Trinità,  e 

(1)  Cronaca  JnnaUstica  del  Con.  di  s,  ìi.  Novella ,  dtUV  anno  di  sua 
fondazione  fino  all'anno  1556;  raccolta  dal  P,  Fine.  M,  Boì^higituii  ,yoL 
3  in  fol.  MS.  C  Arcb.  di  s.  M.  Novella  }. 

(2)  Avrerte  il  P.  Fineschi  che  il  palazzo  de'  Priori  del  quale 
si  fa  menzione  nel  Necrologio ,  era  probabilmente  quello  del  Potestà  or 
detto  del  Bargello,  non  il  palazzo  Vecchio  innalzato  da  Arnolfo  nel  1298 
quando  già  eran  defunti  i  due  architetti  Domenicani  Da  un  luogo  della 
cronaca  di  Gio.  Villani  (  lib.  Vili  cap.  26  )  appare  manifestamente  che 
i  Priori  innanzi  all'anno  1298  non  avessero  stabile  dimora. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  I.  GAP.  U.  41 

quelle  in  bveye  smcMe  ed  atterrate ,  si  disoiiestaiiienle  urtarono 
in  qoeUe  del  ponte  alla  Carraja ,  ohe  ancor  es80  dovette  cedere 
e  rovinare. 

Questa  memoranda  inondazione  fu  capone  di  assai  morti  » 
e  ddla  rovina-  di  molti  edifizi  (1).  Volendo  la  Repubblica  rifare 
i  due  ponti  e  restaurare  le  Cid)brìcfae,  fra  gli  architetti  de' quali 
si  giovò  in  quella  i)coorrenza ,  furono  i  due  conversi  di  s.  Maria 
Novdk;  ai  quali  commise  il  rifacimento  del  ponte  alla  Carraja. 
Forse  V  altro  venne  affidato  ad  Arnolfo  (2).  11  Vasari ,  il  Baldi- 
noeci  ;  il  Lanzi ,  il  Cicognara ,  con  i  due  storici  Domenicani  Fi- 
nesohi  e  Biliotti,  afRermarono  che  fra  Sisto  e  fra  Ristoro  rifa- 
oessevo  ambedue  i  ponti,  n  P.  Borghigiani  non  ricorda  che 
quello  di  s.  Trinità  ;  e  ciò  che  è  strano  veramente,  il  P.  Ti- 
moteo Boltonio  loro  attribuisce  in  quella  vece  Q  ponte  di  Ru- 
baoonle  che  la  piena  non  aveva  atterrato  (3).  Niuno  cita  docu- 
menti. Volendo  pere  stare  alla  autMìtà  gr^visóma  dd  Necrologio 
di  8.  M.  Novdìa»  come  qudlo  che  fti  scritto  da  contemporaneo, 

(1)  Gio.  Viù^m,  lib.  Vn  cap.  34. 

(2)  La  Guida  di  Firenze  del  1830  eoo  manifesto  errore  dice  edi- 
ficato il  ponte  alla  Carraja  nel  1318  sul  disegno  di  Arnolfo,  e  soggiunge 
che  in  seguito  venisse  costruito  di  pietra  dall' Ammanato  sotto  Cosimo  I. 
In  quella  del  1841  si  dà  solo  come  probabile  che  vi  operasse  fra  Gio- 
vanni  da  Campi  nella  riedificaaione  del  1334.  Né  più  accurata  è  la  Guida 
leoBnte  del  eh.  sig.  Fed.  Fantoisi(l8l2}  die  lo  dice  riatto  ndla  piena 
del  1333  da  Taddeo  Oaddi.  A  suo  luogo  daremo  notine  più  copiose  di 
questo  ponte. 

(3)  Jnnaii  mss.  voi  1.^  pag.  88  ad  ann.  1279.  (  Arch.  di  s.  Dome- 
nico di  Perugia  ). 


Digitized  by 


Google 


42  MEMORIE 

non, può  asserirsi  che  i  medesimi  ridicessero  se  ndo  il  solo 
della  Carraja.  Aicani  credettero  che  l'attuale  bd  ponte  di  que- 
sto nome  sia  quello  stesso  inalzato  Tanno  1269  dai  medesimi 
conrersi,  ma  ciò  è  manifesto  errore;  essendo  il  presente  opera 
di  altro  architetto  Domenicano,  dd  quale  in  seguito  ragionerà* 
mo.  Per  l'autorità  di  Giovanni  Vijlani  è  indubitato,  che  innanzi 
e  dopo  la  piena  del  1269,  il  ponte  alla  Carraja  fosse  di  legno ,  e 
fra  %to  e  fra  Ristoro  gettassero  di  pietra  soltanto  i  piloni ,  come 
si  disse  ayer  (atta  Iacopo  tedesco  nd  1218.  Furono  però  gettati 
con  tale  maestria,  che  ressero  alle  gravissime  piene  degli  anni 
1282,  1284  e  dd  1288  (1).  Essendo  poi  avrenuU  la  rovina  dd 
ponte  di  legno,  che  vi  era  sc^apposto,  per  quelle  feste  narrate 
dal  Villani,  (u  nel  1304  fatto  intieramente  di  pietra;  e  nuova- 
mente distrutto  dalla  straordinaria  e  sempre  memoranda  inon- 
dazìpne  dd  1333,  fìi  ricostruito  siccome  è  al  presente. 

Gli. storici  di  s.  M.  Novella  credono  assai  ragionevolmente, 
che  i  due  architetti  facessero  in  Firenze  altre  labbriche  jn  servigio 
della  Repubblica  e  dei  privati  cittadini ,  ma  in  tanta  pov^tà  di 
notizie  non  possiamo  accertarlo.  Trovo  bensì  ricordato  come  sem- 
plice conghiettura  nella  Guida  del  1841  che  fra  Sisto  e  fra  Ri- 
storo abbiano  eretta  la  piccola  chiesa  di  s.  Remigio  della  stessa 

(1)  SoIUDto  l'anno  1291  ti  trova  una  deliberazione  della  repubblica, 
sotto  il  giorno  3  settembre  di  libr.  25  fl.  p.  (  florenor.  parvor.  )pro  repara» 
tione  pontis  C4vrariae  e  nel  21  d.  libr.  200  ad  opus  et  laborerium  ponii* 
s.  7)'initatis.  V.  Giti,  Carteggio  Inedito,  ec  voi.  1.®  Append.  2.»  Dalla  t©- 
nue  somma  assegnata  per  il  ponle  alla  Carraja  si  deduce  il  bisogno  di  pic- 
colo restauro. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  GAP.  II.  43 

dtti  dì  Firenze»  per  certa  somigUaiiza  di  stile  che  sembra  ad 
alenili  di  rayyisarTÌ  con  qodlà  di  s.  H.  Novella.  D  P.  Giuseppe 
Bicfaa ,  provò  la  prima  essere  troppo  anteriore  atta  seconda ,  e 
in  qoeDa  vece  opina ,  che  i  due  conyorsi  architetti  ne  togliesse- 
ro  il  concetto  per  il  loro  tempio  novellflnoi  Combatte  questa 
qyiniooe  dd  dotto  Gesuita  il  diiarissink^  sig.  Federigo  Fantozzi 
ndla  sua  Guida  ^d  1842  con  le  seguenti  ragioni.  «  È  parimenti 
{nrerisimile  die  questa  diiesa  servisse  di  modello  agli  architetti 
Domenicani  per  ardiitettare  il  magnifico  tempio  di  santa  Maria 
NoveOa,  come  molti  hanno  scritto  e  pensato,  poiché  se  è  ve- 
ro, come  seoabra  incontrastabile»  che  circa  il  142S  (ìa  chiesa 
A  s.  Remigio)  passasse  dal  gnu  del  Vescovo  in  quello  del  P(h 
polo  in  benemerenza  di  averla  rinnovata  verso  quel  tempo,  e  rì^ 
dotta  nel  modo  presente»  ec  è  maniCesto  che  non  potè  servire 
di  modello  a  quella  di  s.  Maria  Novdla  eretta  nel  1278.  »  (1) 
A  questa  dimostrazione  parmi  opporsi  evidentemente  V  architet- 
tura stessa  del  tempio»  la  quale  a  mio  avviso  troppo  appare  più 
antica  »  e  non  poco  simile  a  quella  di  s.  Trinità  e  di  s.  M.  No- 
vdla. In  Firenze  F  architettura  aveva  fatti  tali  progressi  nd  i^8 
per  opera  dd  Brnndlesco  e  di  L.  B.  Alberti  da  non  potersi  fa- 
dhnepte  concedere  che  si  vdesse  perpetuare  lo  stile  gotico  in 
onta  dd  nuovi  melodi;  e  qud  dirsi  rinnovata  forse  non  acoen^ 
na»  che  ad  una  semplice  restaurazione  dell'antica  fabbrica.  Che 


(1)  Ifuotfa  Guida  ^ovvero  descritione  storico,  artistico,  critica  della 
Qtth  e  contomi  di  Firenze  compilata  da  Federigo  Fantozzi.  Frrenxe 
1842  pag.  158. 


Digitized  by 


Google 


44  MEMORIE 

cbe  ne  sia  dì  questo  Gatto  lascerò  agli  iotelligeati  dell'arte  il 
giadìcarne,  noo  areiylo  prore  bastanti  per  credere  antori  di 
quella  chiesa  i  due  nostri  architetti.  Ma  un'  opera  per  la  quale 
il  loro  nome  sali  a  molta  odebrìtà  si  è  certamente  la  fabbrica 
di  s.  M.  Norella  della  quale  essi  diedero  il  disegno.  Confidiamo 
che  il  lettore  ci  condonerà  se  saremo  alquanto  prolissi  nel  ra- 
gionare della  medesima  per  essere  stata  in  ogni  tempo  un  vero 
santuario  delle  arti  belle /e  avere  per  oltre  un  secolo  e  meno 
eserdtato  l'arte  e  r ingegno  di  molti  e  valenti  architetti  Do< 
menicani. 

L'anno  della  venuta  in  Firenze  dei  frati  {Predicatori  non  è 
ben  certo.  Gli  annalisti  dell'Ordine  ed  il  P.  Finesehi  la  col- 
locarono nd  1219  (1).  il  loro  primo  apparire  in  una  dttà  aveva 
un  carattere  tutto  speciale.  Più  o  meno  numerod  si  presentava- 
no al  nuovo  popolo  »  e  quasi  gli  si  offerivano  spontanei.  In  man- 
canza di  asilo  si  ricoveravano  ad  uno  dei  pubblid  spedali-situati 
presso  le  porte  della'  dita,  eretti  e  mantenuti  in  quasi  tot(e  le 
contrade  d' Italia  per  accogliervi  i  poveri  pellegrini.  Pietoso  con- 
sìglio in  tempi  cbe  l'ira  delle  fazioni  oM)Iigava  a  girsene  esule 
e  raminga  tanta  parte  di  dttadinil  Nel  giorno  si  spargevano 
per  le  chiese  e  p^  le  piazze,  invitando  il  popolo  ai  lóro  ser- 
moni, che  si  ripetevano  anche  più  fiale  e  in  più  luoghi.  La  cu- 
ra del  loro  sostentamenlo  aflidavano  a  Dio  e  alla  carità  dei  fe- 
deli. Se  vi  erano  discordie  civili,  essi  ponevano  ogni  opera  ad 
amicare  gli  animi,  predicando  la  pace.  Se  la  città  era  infella  di 

(1)  jénnal.  Ord.  Praed.  voi.  1.®  pag.  245.  Fiitmchi^  Memorie  ce  pre- 
faz.  e  yita  del  B.  Gio.  da  Salerno. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  IL  45 

errori ,  esn,  forti  campioni  4el  vero,  inTìtaTano  gli  eretici  a  pnb- 
Uìehe  conferenze  e  ne  constavano  le  false  dottrine.  Tanto  loro 
aYTenne  in  Firenze,  ove  giunsero  in  numero  di  dodici  avendo 
a  superiore  il  beato  Giovanni  da  Salerno.  Lo  spedale  presso  por- 
la s.  Ciano  primo  gli  accolse  in  questa  dtti;  e  ivi  si  stettero 
Gndiè  dalla  liberalità  dd  vescovo  non  fu  a  loro  uso  concedute 
a  piccolo  oratorio  cB  s.  Jacopo  in  pian  di  Ripoli ,  discosto  più 
che  due  m^lia  da  Firenze.  Il  <&agio  del  doversi  recare  più 
volte  ogni  di  a  predicare  nella  cittii ,  rendendo  loro  importabile 
quella  distanza,  li  ricondusse  ben  tosto  in  altro  spedale,  che 
fa  quello  di  s.  Pancrazio,  probabilmente  presso  l'antica  porta 
di  questo  nome  [i).  Qui  li  rinvenne  quando  giunse  in  Firenze 


(1)  In  pian  di  Bipoli  ore  prima  abiUnmo  i  Domeaicani  vi  furono 
collocate  le  monache  dell' Oidìiie  iatorao  al  1224.  Poi  imdéntit  in  Firenae 
a  cagione  delle  guerre,  l'anno  1292.  Ebbero  ttania  in  ria  della  Scala  nella 
chiesa  e  monattero  che  aerba  tuttavia  il  nome  di  s.  Jacopo  di  Rìpoli.  Nel 
1787  il  Gran  Duca  Pietro  Leopoldo  toppretso  quel  monattero ,  vi  eresie 
un  conaenratorio  di  nobili  fÌBmciulle.  È  lode  beUÌMÌroa  delle  monache 
Domenicane  di  Firenie  essere  state  tra  primi  e  più  caldi  promotori  dell'arte 
tipografica  nella  loro  patria.  I  padri  fra  Domenico  da  Pistoja  e  fra  Pietro 
da  Pisa  dell'ordine  stesso  direttori  spirituali  di  quel  monastero ,  vi  in- 
trodussero intorno  l'anno  1476  non  pure  la  stamperia,  ma  eziandìo  la  fon- 
deria dei  caratteri ,  che  si  £ioeva  a  spese  delle  monache.  Alcune  feligiose 
si  prestavano  a  comporre,  e  il  celebre  ser  Bartolommeo  Ponzio  ne  era 
U  correttore.  Si  trovano  libri  quivi  stampati  dal  1476,  al  1484;  nel 
quale  anno  essendo  mancato  di  viu  fir.  Domenico  da  Pistoja ,  cessò  an- 
cora la  sUmperia.  Il  benemerito  P.  Vinc  Fineschi  ha  pubblicato  Noùsie 


Digitized  by 


Google 


46  MEMORIE 

quell'anno  1219  s.  l)onienicOt  il  quale  in  Siena  eziandio  per 
difetto  di  abitazione  ayea  trovati  i  sooi  religiosi  nel  pnbbUoo 
spedfide  di  s.  Maria  Maddalena  (1).  Nel  1220  cresciuti  di  nume- 
ro, alcuni  ebbero  trovato  asilo  presso  i  canonici  di  s.  Paolo  in 
Palazznolo.  Nell'agosto  del  1221  il  cardinale  Ugolino,  legato  dd 
PonteGee,  venuto  di  Bologna^  ore  aveva  onorato  di  sua  presenza 
i  funerali  di  s.  Domenico,  chiamalo  alla  gloria  dei  beati  il  6  di 
quello  stesso  mese,  trovò  in  Firenze  i  frati  Predicatori  in  disa- 
gio grandissimo  di  abitazione ,  e  come  ei  gli  amava  con  affetto 
di  padre,  si  pose  tosto  in  am'mo  dÌ4>rocnrarglida.  Dopo  due  m&- 
si  ottenne  dal  vescovo  e  dal  capitolo  della  cattedrale  la  piccola 
chiesa  parrocchiale  dì  s.  Maria  or  delta  tra  le  VignCf  or  la 
Novella.  Il  12  novembre  fu  fermato  l'atto  di  cessione,  n  20  ne 
presero  possesso.  Per  inalzare  di  subito  un  piccolo  convento ,  con 
facoltà  del  Legato  vendettero  alcune  terre  che  a  qudla  diiesa 
appartenevano.  L'antico  tempio  del  quale  rimane  ancora  una 
parte  sotto  l'attuale,  si  stendeva  in  lunghezza  quanto  la  metà  della 
croce  di  mezzo,  e  precisamente  dalla  cappella  di  s.  Tommaso  Ono 
ai  gradini  dell'  aitar  maggiore.  La  porta  d' ingresso  metteva  nella 


istoriche  sopra  la  stamperia  di  Bipoli,  le  quali  possono  sei^ire  all'  illu^ 
stratione  della  storia  tipografica  fiorentina.  Un  voi.  in  8.^  Firenie  1781 
per  Francesco  Mouke.  Come  al  Finetchi  •  tlìiggirono  alcune  ediiioni  di 
opere  uscite  da  quei  torchi ,  ti  supplirono  il  prop.  Fossi ,  ed  U  can. 
Domenico  Moreni.  V.  Bibliograjia  storico^ragìonata  della  Toscana,  Tol. 
1.<»  pag.  372. 

(1)  In  Milano  la  prima  abitazione  dei  Domenicani  fu  lo  spedale  dei 
pellegrini  di  S.  Barnaba  ove  giunsero  l'anno  1218  in  numero  di  12. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  1.  CÀP.  U.  47 

piafza  yecdìia.  Del  diiostro  eretto  allora  per  i  rdigiosi  può  ye- 
derseoe  taitayia  una  parte  nel  cimHero  dei  medesimi,  ove  sono 
gli  archi  murati.  Esso  Ganchegglaya  la  diiesa.  In  breye  la  pic- 
cola ramiglioola  dei  Predicatori  fu  grandemente  cresciuta.  Molla 
gioventù  fiorentina  per  nobOtà  di  natali  ,.per  dovizie,  per  sapere 
ragguardevole,  richiese  dd  sacro  abito  il  bealo  Giovanni.  Pas* 
sato  alla  gloria  dei  comprensori  i|  Salernitano,  il  P.  Aldobran- 
dino Cavalcanti,  che  per  V  ingegno,  i  natali  e  le  aderenze  so- 
prastava a  tutti,  acquistò  in  Firenze  cosi  fotta  influenza,  che  a 
lui  si  deve  in  gran  parte  l' incremento  del  convento  noveUana 
In  questo  mentre  (  1244]  il  sommo  Pontefice  Innocenzo  IV 
avuto  sentore  che  la  ««sia  dei  Manichei  fattasi  scudo  del  partitoGhì- 
bellnio  insolentivainFirenze,v'  inviava  s.  Pietro  di  Verona  Domeni- 
cano  con  pienisshna  autorità  onde  sradicare  quella  rea  semenza. 
La  santità  ddla  vita  e  la  doquenza  che  nel  veronese  eran  gran- 
dissime, commossero  i  rìttadini.  n  concorso  ad  udirlo  era  tale, 
che  troppo  angusta  era  la  diiesa,  angusta  la  piazza  stessa  con- 
tigua, n  santo  richiese  la  Repubblica  fosse  ampliata  T  antica 
piazza  di  s.  M.  Novella,  non  essendovene  di  più  capevoli  in  Fi- 
renze ;  e  la  Repubblica  con  decreto  delli  12  dicembre  1244  ade- 
riva alle  instanze  del  nuovo  apostolo,  e  faceva  demdire  quante 
case  bastassero  al  bisogno  (1).  n  P.  Alddbrandino  senti  allora  la 


(1)  Questo  presioto  docomeDto  ignorato  d*l  dotto  P.  GampAna  nella 
tua  storia  di  a.  Pietro  ìt.  yenne  pabblicato»  credo,  la  prima  Tolta  dal 
P.  G.  Bicba  Tanno  f755,  neU' opera  Notizie  suri fih$ delle  chiese Jiortn'- 
tinei  e  nuoyameote  dal  P.  Finenhi  nel  1790  nell'opera  sopraciuu. 


Digitized  by 


Google 


48  MEMORIE 

neeessità  di  più  ampia  chiesa ,  perchè  il  popolo  non  dovesse  sot- 
tostare alle  intemperie  delle  stagioni  nel!' adire  la  dima  paro- 
la e  pensò  a  sopperirli.  Per  primo  ottenne  dal  Pontefice  due 
brevi  con  i  quali  si  concedevano  indulgenze  a  chi  avesse  aiutata 
di  elemosine  la  nuova  labbrica  che  egli  andava  divisando.  Prov- 
visoriamente si  pensò  ad  ingrandire  V  antica.  La  direzione  venne 
affidata  al  P.  Pasquale  dell'  Ancisa ,  ed  al  P.  Pagano  degli  Adi- 
mari»  i  quali  dovettero  essere  assai  intelligenti  delle  cose  d'ar- 
chitettura; e  noi  li  vedremo  dirigere  fabbriche  ia  altre  città  della 
Toscana.  In  questo  mentre  il  P.  Aldobrandino  Testiva  dd  sacro 
abito  moltissimi  de' più  ragguardevoli  cittadini,  i  quali  tutti  por- 
tavano sussidi  per  la  fobbrìca ,  e  utili  aderenze  al  convento.  Ma 
prezioso  sopra  ogni  altro  fii  l'acquisto  di  due  giovani  architetti, 
che  si  offmvano  a  quel  lavoro  sotto  le  divise  di  s.  Domenico. 
Erano  questi  fra  Sisto  e  fra  Ristoro;  ai  quali,  dice  Q  P.  Fi- 
neschi,  si  aggiunse  terzo  un  fra  Dcxnenioo,  ed  altri  maestri  di 
pi^re,  o  Yogliam  dire,  scarpellini,  per  dar  compimento  alla 
fabbrica.  Tutto  ciò  secondo  il  citato  biografo  sarebbe  avvenuto 
nell'anno  1S56  ó  nel  seguente  (1). 

Ampliata  alquanto  l'antica  diiesa  i  religiosi  vollero  abbellir- 
la di  pittare  per  mano  di  qae'  greci ,  che  la  Repubblica  avea  fotti 
ventale  intomo  la  metà  det  secolo  XIII  perchè  educassero  ali*  arte 

(1y  Neil*  articolo  necrologico  di  questo  fr.  Domenico  (  V.  N.®  163  ) 
non  li  trova  aver  egli  il  consueto  titolo  di  magitter  lapidum  t>  archi^ 
tecius,  come  non  si  rinviene  nel  documento  citato  dal  iud.  P.  Finetchl 
nella  vita  del  b.  Giovanni  da  Salerno  pg.  li  — •  Per  la  qual  cosa  non 
ho  prove  sufficienti  per  concedergli  luogo  fra  gli  artisti  Domenicani. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  II.  49 

h  gio?enlù  fiorentina,  non  volendo  giovarsi  dell'opera  dèi  pi- 
sani, sanesi,  e  di  altri  che  erano  nella  Toscana  e  fiiorì,  ai  greci 
certamente  non  inferiori.  Questo  fatto  è  prezioso  per  la  storia 
ddle  arti  ;  e  ai  Domenicani  di  s.  M.  Novella  toccò  in  sorte  con 
ciò  dì  porgere  modo  al  genio  di  Cimaboe  di  rivelarsi  per  la  pit- 
tura (1).  A  rendersi  utili,  come  è  voluto  dalle  loro  leggi,  non 
paghi  delle  latice  apostolidie  in  die  si  versavano  di  continuo, 
tenevano  una  scuola  di  grammatica  (sotto  questo  nome  in  quel 
secob  e  nel  seguente  erano  compresi  tutti  gli  studi  in  latinità] 
per  istruzione  ddla  gioventù  fiorentina ,  come  dei  novìzi  del  con- 
vento, n  precettore  era  di  quel  tempo  uno  zio  dd  Cimaboe,  dd 
quale  ignoriamo  il  nome,  e  se  d  (osse  religioso  o  sacerdote 
secdare  (2).  Il  nipote  frequentando  la  scuola  del  convento  ; 

(1)  In  dae  tempi  fanmo  iaviuti  i  greci  a  dipingere  in  t.  M.  No- 
féXU.  La  prima  volta  nell*  antica  chiesa,  la  ^seconda  nella  nno?a;edal 
non  aver  saputo  distinguere  queste  due  epoche  sono  nate  molte  quistio- 
ni  fra  li  storici  dell'arte.  Cimabue  dovette  avere  studiati  i  dipinti 
deU* antica,  e  non  della  presente  perchè  cominciata  ad  erigersi  nel  1279 
quando  egli  contava  digià  39  annL 

(2)  Questo  maestro  di  grammatica  quando  non  era  religioso ,  ave- 
va dal  convento  un  fiorino  il  mese,  vitto  e  alloggio  iu  convento.  Dalle 
antiche  memorie  dei  libri  di  amministrazione  del  convento  di  s.  M*  No- 
vella risulta ,  come  non  pure  dai  conventi  della  Toscana ,  ma  dello  Stato 
Pontificio  eziandio  fossero  inviati  a  quello  studio  di  grammì|tica  o  la- 
tinità, assaisaimi  giovani ,  segnatamente  nel  secolo  XIV  atteso  il  sapere 
e  la  virtii  del  beato  Guido  Regiolano  che  ne  era  maestro.  Si  trovano  di 
fiitto  giovani  venutivi  dai  conventi  di  Pisa,  di  Lucca,  di  Siena,  di 
Perugia,  di  Roma,  di  Pipemo,  ec.y»  Spogli  dell' Jrchivio  di s.  Maria 


Digitized  by 


Google 


50  MEMORIE 

quando  gli  veoiya  latto ,  lasciato  lo  zio  e  i  libri ,  fuggitasi  presso 
dd  greci  pittori,  né  mai  da  loro  sard)besi  dipartito.  In  scuola 
poi,  in  luogo  di  attendere  agli  insegnamenti  della  grammatica, 
scarabocchiava  con  la  penna  uomini,  animdi,  tl^pire  da  spiri- 
tare. Veduto  Tumore  bizzarro  di  quel  cen^dlo,  fu  giudicato  per 
lo  meglio  assecondarne  l'inclinazione,  e  lo  aflBdarono  ai  greci, 
con  che  la  scuola  pittorica  fiorentina  eU)e  il  suo  ficmdatore.  Do- 
gli a  freschi  dai  greci  operati  non  è  più  traccia.  I  presenti  di 
ignoto  ddla  scuola  di  Giotto  fiirono  eseguiti  nel  1348  (!].  Narra 
il  Lami  come  a  suoi  giorni  caduta  una  parte  dell'  antico  lirtona- 
co ,  apparire  un  avanzo  di  greca  pittura  rozzissima.  Mal  potreb- 
bési  giudicare  al  presente  della  forma  e  bellezza  delT  antica 
chiesa  per  i  mutamenti  subiti.  Sembra  fosse  piuttosto  bassa  ed 
angusta.  Le  volte  tutte  colorite  in  azzurro  oltremare ,  trapuntate 
da  nK>ltissime  stélle  in  oro ,  come  la  chiesa  inferiore  di  s.  Fran- 
cesco di  Assisi;  e  ccMne  quella  aveva  altresì  le  pareti  da  cima 
a  fondo  dipinte  con  storie  della  Vergine  e  dei  Santi. 

Ma  il  P.  Aldobrandino  Cavalcanti  non  era  pago  di  si  angusto 
tempio.  Andava  seco  divisando  inalzare  dalle  fondamenta  un  ma- 
gnifico edifizio  che  il  maggiore  non  avesse  Firenze^  A  quest'uo- 
po adunava  elemosipe,  eccitava  i  devoti,  i  parenti,  gli  amici, 
quanti  poteva  dei  cittadini.  Tutti  i  religiosi  Domenicani  delle  più 

Ifot^elta,  Tol.  1  pag.  162.  presso  il  Borghigiani,  Cronaca  Jnnalistica,ec* 
sotto  l'aQDO  1393  pag.  161;  e  il  P.  Modesto  Biliotti  nell'opera  Chr<h- 
nica  pulcherrimae  aedis  magnigue  coenohii  #.  Mariat  Noveliae»  Un  voi. 
in  fol.  ras.  cap.  XXXVl.  pag.  40. 
(1)  V.  BoROHiGUni  ■  Fìubschi. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  U.  51 

insigoi  riùni^  della  città  fooevano  altrettanta  V  arere  dae  bra- 
TÌ  architetti  nel  cooyento  medesimo  era  sprone'all' impresa,  e  non 
sfiregevol  vantaggio.  Già  si  era  sul  porre  mano  al  lavoro  »  quan- 
do a  Pontefice  Gregorio  X  elesse  il  Cavalcanti  a  vescovo  di 
Orvieto  (1272].  Con  ciò  venne  ritardata  di  altri  sette  anni  la 
fabbrica, di  quella  chiesa.  Recatosi  il  Pontefice  in  Lione  al  con- 
ciKo  ecumenico»  il  P.  Cavalcanti  fu  dal  Santo  Padre. dichiarato 
suo  Vicarìo  in  Roma  ;  ufficio  che  per  la  subita  morte  di  Grego- 
rio X»  e  dei  tre  sucoessori  Innocenzo  V»  Adriano  V» Giovanni  XX, 
detto  XXI,  d  tenne  fino  all'anno  1277.  Fìnahnente  Niccolò  III 
diagli  facoltà  di  ritornare  alla  sua  sede  in  Orvieto.  Intorno  a  due 
anni  resse  anccnra  quella  chiesa ,  ma  nel  marao  dd  1279,  forse 
per  cagione  di  salute^  si  recò  in  patria ,  portando  seco  ragguar- 
devcrie  somma  di  danaro  per  la  sua  diletta  fabbrica  di  s^  IL  No- 
vella. Fra  Sisto  e  fra  Ristoro  all<M*a  mostrarono  il  disegno  dd 
nuovo  tempio,  e  fu  tosto  approvata  Sul  porre  la  prima  pietra 
dd  grandioso  edìfizio  Iddio  chiamò  agli  eterni  riposi  monsignore 
Aldobrandino  Cavalcanti,  li  31  agosto  1279.  Quell'onore  venia 
riserbato  ad  altro  religioso  in  maggior  dignità  constitnito.  Con 
dò  si  ebbe  legata  la  fondazione  di  quella  chiesa  ad  uno  tra  più 
Importanti  e  lieti  avvenimenti  delle  storie  fiorentine.  Frate  La- 
tino Itfalabranca  nipote  dd  Pontefice  Niccolò  lU,  cardinale  le- 
galo alla  Repubblica;  già  pacificatore  glorioso  delle  fazioni  Ge- 
remd  e  Lambertazzi  in  Rologna,  e  degli  altri  Guelfi  e  Ghibel- 
lini  delie  Romagne,  veniva  per  <M*dine  del  Romano  Pontefice  a 
compiere  lo  stesso  ufficio  nella  città  di  Firenze,  per  discordie  dtta- 
dine  tortiida  e  sanguinosa.  Ascoltiamo  Giovanni  Villani.  «  Giunse 
in  Firen^  (  frate  Latino  )  con  trecento  cavalieri  della  chiesa 


Digitized  by 


Google 


ss  MEMORIE 

a  di  8  del  mese  di  ottobre,  g^  aoni  di  Cristo  1378  (stile  yeo- 
ctuo];  e  da'  fiorentini  e  dal  chericatofuriceyiito  a  grande  onore 
e  processione,  andandogli  inoontro  il  carroccio  e  molti  armeg- 
giatori;  e  poi  il  detto  Legato  il  di  di  santo  Ldca  Vangelista, 
nel  detto  anno  e  mese  (18  ottobre]  fondò  e  bene&se la  prima 
pietra  della  nuova  chiesa  di  santa  Maria  Norella  de"  frati  Pre- 
dicatori, ond'egli  era  frate  ,*^  e  in  quel  luogo  de' frati  trattò  e 
ordinò  generalmente  k  pad  tra  tutti  i  cittadini  Guelfi  cori  Gudfi , 
e  poi  da  Guelfi  a  Ghibellmi  ».  II  lieto  ayyenimento  non  poteva 
aver  più  sacro  suggello,  né  segno  che  più  chiaramente  ne  traman- 
dasse la  ricordanza  ai  nepoti,  quanto  Tedifiao  di  un  tempio  che 
la  divozione  dei  4eddi  inalzava  al  Dio  ddla  pace.  Infranta  però 
ben  presto  dall'ambizione  dei  Buondelmonti  questa  concordia, 
r  infaticabil  Legato  con  maggiore  solennità  e  nuovo  sacramento  la 
rinnovava  nel  febbraio.  «  Congregato  (  seguita  il  Villani  ]  il  popolo 
di  Firenze  a  parlamento  nella  piazza  vecdiia  della  detta  chiesa 
(di  s.  M.^  Novella]  tutta  coperta  di  pezze,  e  con  grancM  perga- 
mi di  legname  in  su  quali  era  il  detto  cardinale ,  e  più  vescovi ,  e 
prelati,  e  eherici,  e  religiosi,  e  podestà,  e  capitano,  e  tutti  i 
consiglieri  e  gli  ordini  di  Firenze ,  e  in  quello  per  io  detto  Legato 
sermonato  nobilmente  e  con  grandi  e  molto  belle  autoritadi,come 
alla  materia  si  conveniva ,  siccome  quegli  ch'era  savio  e  bello 
predicatore  ;  e  ciò  fatto ,  si  fece  bascìare  in  bocca  i  sindachi  ordi- 
nati per  li  Guelfi  e  Ghibellini ,  pace  facendo  con  grande  allegrezza 
per  tutti  i  dttadini  ;  e  furono  cento  cinquanta  per  parte.  y>  (1] 

(1)  Gio.  VitLAm,  Cronaca  libr   VII  cap  6.  Nioqolò  BfAOcauvnu, 
Storie,  Fiorentine  libr.  II. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  U.  sa 

GoQ  si  li^  auspici  soifieya  il  ten^HO  di  s.  IL  No?eIla.  la 
quei  seooli  di  fede  V  ìmialzanieato  di  un  chiostro  e  di  ana  chiesa 
era  no  avvetmneiito  di  cemniie  esultaiiza.  JD  poYero  sapeva  ehe 
in  qoegli  asili  poteva  diridere  con  i  frati  il  pane  die  averano 
mendicato  aBe  porte  dei  ricchi  ;  i  dotti  vi  rinyenivano  ona  so- 
cietà di  cDltori  e  propagatori  delle  scienze;  gH  artfeti  una  sor- 
gente d'inspirazioni,  d'incoraggiamento,  di  layoro,  di  lacro; 
le  anime  innamorate  del  cielo  un  pascolo  proporzionato  ai  bro 
bisogni;  ed  il  fffpdo  sempre  che  opprèsso,  in  essi  trorava  i  suoi 
difensori.  Non  é  quindi  a  maravigliare  se  tutti  offerivano  le  so- 
stanze, e  le  braccia  stesse  alla  fabbrica  di  qudle  chiese  e  di  quei 
ehioslri,  dai  qaiaSì  tanti-  si  partivano  benefizj  a  pro  della  società. 

Postosi  mano  al  lavoro  ne  furano  dichiarati  architetti  i  due 
conversi  fra  Sisto  e  fra  Ristoro.  Parecchi  altri  loro  confratelli 
eccelleoti  migratori,  e  scarpellini ,  de'  quali  avremo  cagione  di 
ragionare,  condussero  la  fabbrica.  Soprastanti  e  direttori  erano 
sempre  religiosi  dello  stesso  convento  periti  nell' arcUtettura  (1). 
Per  siffatta  guisa*  qud  tempio  non  venne  inalzato  che  con  fe 
proprie  lor  braccia  senza  l'intervento  di  alcun  artefice  secola- 
re; esempio  assai  raro  nella  storia  dell'arte  (2).  Quindi  vediamo 

(1)  Furooo  sopraiitaati  alla  febbrica  della  chiesa  dì  s.  M.  Novella 
fra  Paaquale  deirAncisa  fino  al  1284,  fra  Rainerio  Guafterotti  dettoti 
Greco  fino  al  1317,  fra  Jacopo  Passavanti  che  la  vide  ultimare  intorno 
il  1357.  V.  BiLiom,  Cronaca  cap.  VIL 

(2)  I  PP«  Cistercenti  fiamminghi  cene  porgono  un  consimile  esem- 
pio,  i  qoaU  nella  Mbrica  della  diieaa  e  monastero  di  Dunes  non  ado- 
perarono €ÌM  artefici  propri.  MnauA,  Èiemorie  degU  ^trcMtetti  amichi  e 
moderni,  lib.  2.  cap.  2. 

4 


Digitized  by 


Google 


54  MEMORIE 

per  la  basilica  di  Assisi,  fer  i  duomi  di  Firenze,  di  Orvie- 
to, di  Milano,  ec.  aprirsi  un  generale  concorso;  invitarsi  i  cit- 
tadini e  gli  oltramontani  artici;  dover  lottare  con  i  partiti, 
vincere  V  emulazioni ,  e  le  basse  arti  degli  inetti.  I  Domenicani 
al  contrario  tutti  di  una  patria ,  di  uno  institnto,  di  un  convento 
medesimo  prestare  concordi  il  senno  e  la  mano  al  lavoro. 

Vedtita  la  bellezza  del  disegno  da  riuscire  H  primo  tempio  di 
Firenze,  la  Repubblica  proteggitrice  muiùficentissima  ddle  artf , 
porgeva  ai  religiosi  tale  una  copia  di  snssidj  che  alcuni  non  du- 
bitarono assmre  sommassero  a  ben  diecimila  fiorini  anitni  e  cen- 
to moggia  di  calce  fin  che  la  fabbrica  non  Ibsse  a  termine  con«> 
dotta  (1).  Tania  generosità  trovò  eco  nd  cuore  dei  cittadini;  il 
perchè  le  principali  famiglie ,  e  i  molti  vescovi  Domenteani  che 
noverava  di  già  qud  ixnvento,  concorsero  con  ragguardevoli  som- 
me a  quell'opera  nobilissima.  Ma  più  che  tutti  valeva  la  elo- 
quenza del  celebre  fra  Remigio,  che  a  dbUnguerio  dall'altro 
insigne  letterato  del  secolo  XVI,  appartenente  eziandio  a  questo 
convento ,  fu  detto  il  Seniore.  Dotato  di  molto  ingegno  e  di  na-^ 
turale  facondia ,  aveva  sollevata  la  sacra  eloquenza  a  una  qualche 
maggior  dignità  di  concetti  e  di  stile.  Assai  lontano  però  dalllm- 
peto  e  dall' entusiasmo  di  fra  Giovanni  da  Vicenza  che  avea  ve- 
duti dodici  popoli  [400  ifnila  persone)  pendere  da'  suoi  cenni,  e. 
cessata  l'ira  delle  fazipni  abbracciarsi  fratelli;  diverso  da  quel 

(1)  La  discrepania  di  tutti  li  storici  nel  detenninare  quella  lomina 
ci  tiene  in  ragionevole  dìifidenxa.  Molto  ancora  aiutò  di  meni  la  detta 
fabbrica  V  arte  della  lana ,  come  può  rederti  nel  Biliotti  e  nel  Finetc^i. 
Omettiamo  le  altre  per  brevitli. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  I.  GAP.  n.  55 

^terribile  Sayoilarola  che  giunfle  a  bilanciare  il  partito  dei  Medi- 
ci e  donmiare  Fireivee;  fra  Remigio  non  ci  ricorda,  se  è  lecito 
il  paragone,  che  le  dicerie  del  Gasa  all' Imperatór  Garlo  V,  scrit- 
te parò  con  tutta  la  semplicità  del  secolo  XIII.  Gi  è  rimasto  un 
suo  ragionamento  pronimciato  ai  nuovi  Priori  e  Conialoniére  di 
giustizia  nel  prender  possesso  del  loro  uffizio  li  23  dicembre  1293 
nd  quale  loro  raccomanda  il  tempio  di  santa  Maria  Novella. 
Né  furono  inefficaci  le  sue  pande^  perciocché  si  rinvengano  due 
decreti  della  Repubblica  per  sovvenzioni  a  queHa  fabbrica ,  uno 
dell!  23  settembre  12do,  l'altro  de* 6  giugno  1297(1). 

La  diiesa  di  s.  M.  Novella  (2)  ha  Antna  di  croce  latina  in 
tre  navate^  Sei  archi  per  parie  di  sesto  acuto  posano  sopra 

(1)  Anno  1295,  2S  sept.  Pro  eccUsiae  $.  M.  Hovellae  construcUo^ 
ne  ti  edCficaiùme  Ubr.  1200.  f,  p*  (floren.  panror  )  persolt^endae  in  qua^ 
tMtor  terminis  prò  anno  futuro  fnitiando  in  kalend,  fanuarii  ptoxime 
venturi. ''^  Anno  1297,  6  junii,  Pro  ecclesia  e.  4f-  NoveUaej  quae  de 
novo  raffici  tur  et  rehedificatur  Ubr,  1200  f.  p.  in  termino  unrus  anni. 
Gati,  Archivio  delle  Biformagioni,  Voi.  1.  Appendice  2.* 

(2)  Misurata  recentemeDte  con  ogni  esattezza  dal  eh.  sig.  Fantozzi , 
si  è  troyata  nella  sua  lunghezza  dalla  porta  maggiore  al  fini^trooe  del  coro 
br.  168.  Ì5.  8.,  e  quella  della  croce  dalla  cappella  Ruoellat  a  quella  dei 
Strozzi ,  br.  71. 15.  6.,  e  compresavi  la  profonditi  delle  cappelle ,  br.  104. 
18.  10.  La  larghezza  della  nave  traversale  è  di  br.  19.  15.  e  compreso 
lo  sfondo  delle  cappelle ,  di  br.  33.  Quella  della  nave  di  mezzo ,  di  br. 
21.  8.  8.,  dei  pilastri  divisori  br.  3.  3.  e  delle  pìccole  navate  br.  10.  3.  4. 
Così  che  la  larghezza  totale  del  gran  braccio  della  croce  è  di  br.  48. 1 .  4. 
Nuova  Guida  di  Firenze  ec.  pag.  505.  Con  che  si  correggono  le  dimensioni 
date  dai  PP.  Rlcba  e  Fineschi,  che  il  suddetto  architetto  trovò  errate. 


Digitized  by 


Google 


«6  MEMORIE 

altrettanti  pilastri  di  pietra  serena  o  peperino,  ornati  da  quattro 
mezze  colonne  della  pi^ra  medesima.  Le  volte  sodo  cosi  sfi)gate 
e  gli  ard^i  si  ben  tesi,  che  manca  un  sol  punto  onde  passare 
dall'architettura  di  fra  Sisto  e  fra  Ristoro  a  quella  dell' Orga- 
gna  ilei  secolo  seguente.  Ella  ti  fa  mostra  quanto  questi  archi- 
tetti bene  addentro  penetrassero  nei  segreti  della  prospetdya, 
perchè  guardata  di  fondo  la  chiesa  ti  si  porge  più  lunga  as^i 
ch'ella  yeramente  non  sia;  la  quale  illusione  è  prodotta  all'oc* 
chio  dagli  ardu  i  quali  cominciando  assai  larghi  ed  estesi,  ran- 
no yia  yia  ristrìngendosi  a  misura  che  toccano  l'estrema  Iffira- 
bile  eziandio  per  questo,  che  ove  le  grandi  yolte  yengono  gio^ 
sta  il  consueto  rafforzate  da  grosse  catene  di  ferro,  in  questa 
indarno  le  cercheresti ,  perchè  il  tutto  yi  si  regge  fer  yia  di  con- 
trasto. Semplice  e  maestosa  nel  tempo  stesso;  solida  e  syelta, 
unisce  un  insieme  di  bellezze  che  la  rendono  nel  suo  genere  la 
prima  di  Firenze ,  e  al  dire  del  Richa  e  del  Fineschi ,  eziandio 
dell'Italia:  Ano  a  meritarle  dal  Buonarroti  il  nome  gentile  di 
SpdiBa.  Essa  sembra  digià  annunziare  l'architettura  del  Brunel- 
lesco.  Non  troyi  qui  quella  moltiplicità  di  membri  inutili  che  af- 
faticano l'occhio  e  generano  confosione.  Non  quella  soyerchia 
copia  e  ricercatezza  di  adornamenti  onde  in  quella  stagione  stu- 
diayansi  di  abbellire  i  sacri  edìGzj  ;  ma  solo  una  rara  e  mae^ 
stosa  semplicità.  O  ella  si  consideri  allorché  ammantata  di  seta, 
sfolgorante  di  oro  e  di  lumi  splende  in  tutta  la  pompa  del 
giorni  solenni;  o  meglio  ancora  si  contempli  nella  sua  seyera 
semplicità,  quando  al  tramontare  del  sole  le  grandi  ombre 
delle  yoKe  e  dei  piloni  si  incrociano  e  ripercuotono  ndle  oppo- 
ste pareti,  e  la  luce  del  giorno  che  muore  tinta^dalla  yaga 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  CAP.  II.  57 

iride  dei  yetri  colorati  dipinge  tutti  gli  oggetti  di  mille  colorì , 
sempre  solleva  mirabilmente  lo  spirito  ed  il  caore  a  soavi  e  oe- 
lestiaU  peosierì  (1).  A  lode  maggiore  dei  dae  citati  architetti  ag- 
giungeremo in  ultimo,  che  essi  in  Firenze  non  avevado  certa- 
mente modelli  di  pari  bellezza;  conciosiaché  solamente  negli  an- 
ni 1294  Arnolfo  pose  le  fondamenta  di  s.  Croce,  e  nel  1298  di 
8.  Maria  del  Fiore:  che  è  a  dhre  la  prima  quattordici  a^ni,  e 
b  seconda  diciotto  dojK>  s.  M.  Novella ,  cfuando  i  due  artisti  Do- 
menicani erano  trapassati.  La  imparzialità  però  della  storia  vuole 
aggiungiamo,  come  gran  parte  della  gloria  di  avere  eretto  quel 
tempio  sia  dovuta  a  due  altri  ardiitetti  dello  stesso  convento 
die  la  condussero  a  termine  nel  secolo  seguente. 

Dopo  che  il  Necrologio  novellano  dbbe  ricordati  i  lavori  fotti 
da  ambedue  i  conversi  in  patria ,  ci  vien  narrando  come  la  fa- 
ma del  loro  ingegno  essendo  pervenuta  fino  in  Roma ,  il  Ponte- 
fice (né  si  dice  qua!  fosse)  rmvitasse  ad  operare  nel  proprio 
palazzo  onde  inalzare  alcuni  vòltoni,  [primas  teatudineà)  siccome 
avevano  (atto  in  qudlo  dei  Priori  o  del  Podestà  in  Firenze.  Non 
sai^ebbe  fuori  di  ragione  il  credere  ohe  ciò  avtenisse  sotto  il  pon- 
tificato di  Niccolò  III,  zio  a  quel  cardinale  Latino  che  noi  già 
vedemmo  porre  la  prima  pietra  di  s.  M.  Novella ,  e  che  debbe 
aver  data  oontezra  al  Papa  de'  due  architetti.. Se  dò  è  vero, 

(1)  Nel  «ecolo  XV  leggevati  tutU?ìa  un'  opera  che  or  credo  smar- 
rita, e  ìgnorau  dai  storici  noyellani,  intitolata  De  Pulchritudine  sari' 
ctae  Mariae  Noi^eUae.  Si  trova  citata  dal  Savonarola  in  un  suo  ragiona- 
mento alla  Repubblica  fiorentina  presso  il  Burlamacchi.  f^ita  di  fra  Gi^ 
roiamo  Savonarola  pag.  70  edizione  di  Lucca  del  1 7(M. 


Digitized  by 


Google 


58  MEMORIE 

doveUe  essere  prfana  dell'  agosto  del  1280  nd  qaal  mese  ed  anno 
mori  il  suddetto  Pontefice. 

Or  qui  non  vogliamo  omettere  una  nostra  ooi^ttura ,  ceri  il 
tèmpo  adducK(H«  di  più  vere  e  più  copiose  notizie ,  potrebbe  im 
giorno  convertire  in  certezza.  Ponendo  a  riscontro  F  epoca  della 
venuta  in  Roma  dei  due  religiosi  architetti ,  e  quella  della  fobbri- 
ca  della  basilica  di  s.  Maria  sopra  Minerva  dell'ordine  stesso,  e 
vedutele  convenire,  mi  nacque  sospetto  che  fra  Sisto  e  fra  Ri- 
storo ne  abbiano  dato  il  disegno,  e  per  alcun  temi>o  diretti  i 
lavori.  L' architettura  di  questa  se  diseguale,  non  è  dissimile  da 
quella  di  s.  M.  Novella ,  salvochè  nella  sveltezza ,  forse  non  con- 
sentita dalla  vastità  della  chiesa  medesima,  sendo  dopo  le  tre 
basiliche,  la  più  grande  di  Roma.  Ia  forma  della  croce  è  la 
stessa.  Due  cappelle  laterali  al  maggiore  altare,  e  i  cappelloni 
alle  due  testate  del  braccio  trasversale  rispondono  a  quelle  di 
s.  M.  Novella  in  Firenze.  Le  colonne  ugualmente  a  fasci,  o  vo- 
gliam  dire  i  pilastri  ornati  da  quattro  mezze  colonne.  E  se  non 
fosse  stata  più  e  più  volte  rimodernata,  uè  subiti  avesse  tanti 
cangiamenti ,  forse  si  vedrebbe  a  prim*  occhio  V  architettura  di  fra 
Sisto  e  fra  Ristora  Poniamo  a  confronto  l'epoche.  Queir istesso 
P.  Aldobrandino  Cavalcanti  che  avea  dato  l' abito  religioso  ai  due 
suddetti  artefici,  e  che  aveva  loro  affidato  il  disegno  di  s.  M. 
Novella,  sendo  in  Roma  vicario  del  Pontefice,  confermò  l'atto 
di  cessione  fatto  dalle  monache  Renedettine  In  Campo  Marzo 
dell'antica  e  piccola  chiesa  di  s.  Maria  sopra  Minerva  in  favore 
dei  frati  Predicatori  (  16  nov.  1274].  Sembra  però  che  in  allora 
non  si  fosse  ancor  dato  comineiamento  al  nuovo  tempio,  dappoi- 
ché presso  il  P.  Fontana  trovasi  un  breve  di  Niccolò  III,  dei  24 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  II.  69 

gingilo  1280  (anno  che  Tennero  probaUbnenle  in  Ronia  i  due 
oonyarsi  )  diretto  a  Giovanni  Colonna  e  Panddfo  Sarelli  senatori 
romani,  invitandcdi  a  dare  i  promessi  snssìdj  ai  frati  Predica^ 
lori  per  innahare  la  nnova  chiesa  ;  e  si  dice  manifestamente  che 
sene  poneyaùo  allora  le  fondamenta  [cum  itaque  dieta  ecclesia 
nuipiaturfabrieori  ad  presene).  Iforto  Niccolò  III ,  credè  lo  sto^ 
rico  saddetto  9  rimanesse  inlemotta  la  fabbrica  Ano  alla  elezione 
di  Bonifacio  VU;  del  quale  abbiamo  un  breve  dei  21  gennajo 
1295  anno  primo  dd  suo  pontificato^  diretto  al  priore  dei  frati 
Predicatori  ove  i  prindpj  di  quel  tempio  vengono  detti  sontuo^ 
sissimi  [filiere. plurimum  sontuoso).  Vero  è  iche  fra  Ristoro  era 
subitamente,  ritornato  in  Firenze,  ma  fra  Sis^lo  si  era  trattenuto 
in  Roma  per  altri  otto  anni  consecutivi,  nel  qual  tempo  potè 
benissimo  dirigere  quella  fabbrica  da  sembrare  sontuosissima 
nd  1295.  Dappoiché  F  asserzione  del  Fontana  die  più  non  si  la-- 
Torasse  per  il  lungo  giro  di  quattordici  anni ,  che  tanti  decor-' 
sero  dalla  morte  di  Niccolò  III  alla  elezione  di  Bonifacio  Vili, 
è  del  tutto  gratuita  (1).  Il  Necrologio  di  s.  M.  Novella  tace  qu^ 
sto  fatto ,  che  pure  avrebbe  dovuto  ricordare  ;  e  questo  argomento 
negativo  è  degno  di  alcuna  considerazione:  ma  sarà  poi  sèmpre 
inverosimile  che  avendo  i  Domenicani  in  Roma  due  celebri  ar-- 
diitetti  dell'ordine  loro^  volessero  invitare  un  estraneo  a  diri^ 
gere  la  fabbrica  di  s.  M.  sopra  Minerva  (2] .  Il  fontana  non 

(1)  De  Romana  Provincia  Ordinis  Pì*aedicat,  cap.  II  tit.  1.^ 

(2)  Nel  1636  troTO  che  iabbrìcandoti  il  braccio  meridionale  del 
coDveiito  della  Minerva  con  diaegno  di  Paolo  MarutceUo,  era  direttore 
•  topraslante  alla^  fabbrica  fra  Giovanni  Maria  da  Pesaro  conveno  Do- 
menicano. FoRTAPA  loc  cit 


Digitized  by 


Google 


60  MEMORIE 

seppe  rinvenirne  i'  antore.  Giuseppe  Vasi  pone  la  cessione  del- 
l' antica  chiesa  di  questo  nome  ai  frati  Predicatori  nel  1395.  (1) 
Lp  stesso  errore  si  trova  nell'opera,  Botm  antica  e  modenm^ 
cavata  dalle  opere  del  Panvinio,  del  Pancirolo,  e  del  Nardiai. 
La  Guida  di  Roma  del  184S  ripete  qudl' errore.  Il  sig.  D*  AgiiH 
ooort  si  tien  pago  di  dire,  che  venne  fabbricata  nel  XIV  secolo 
sotto  il  pontificato  di  Gregorio  XI  ;  e  fa  le  meraviglie  perché 
Farco  di  sesto  acalo  osasse  mostrarsi  ancora  in  qud  tempo  in 
Roma.  (2)  La  qual  meraviglia  è  ftior  di  ogni  ragione;  d^qppoichè  se 
in  Firenze  l' Orgagna  cominciato  aveva  a  girare  gii  archi  di  tatto 
tondo  intomo  al  1370 ,  nelle  altre  città  dell'  Italia  si  prosegai  per 
molti  anni  ad  usare  l'arco  di  sesto  acuto.  E  il  duomo  di  Mila- 
no incominciato  appunto  sul  tramontare  di  quel  seodo;  e  il  s. 
Petronio  di  Bologna  che  ebbe  i  suoi  prindpj  nd  1393  ne  sono 
una  prova  validissima.  Se  non  die,  come  abbiamo  avvertito  il 
tempio  minervitano  è  veramente  anteriore  di-4m  secola 

Il  eh.  sig.  Valéry,  dopo  vedute  le  chiese  de'PP.  Predica- 
tori di  8.  Giovanni  e  Paolo  in  Venezia,  di  s.  Niccolò  di  Trevi- 
gi ,  di  s.  M.  Novella  in  Fìrense ,  della  Minerva  in  Roma ,  e 
di  s.  Domenico  Maggiore  in  Napoli ,  restò  ammirato  del  carat- 
tere tutto  proprio  dell*  architettura  gotica  dei  loro  tcmpj,  che  ei 
trovò  nobile,  semplice  e  maestosa.  (3]  Lo  stesso  paìre  al  eh. 
sig.  Montalembert  delle  chiese  Dcmienicane  della  Francia;  le  quali, 

(1)  Magnificenze  dì  Roma  antica  e  moderna'  di   Giuseppe  Vasi, 
Tol.  3  lìbr.  3.  pag.  14. 

(2)  D'Agikcoubt^  Storia  delVJrte,  voi.  1.**  parte  2.  pag.  240. 

(3)  Fo/ages  hi  stori ques  et  litter.  d'Italie,  lirr.  XII  eh.  Vili. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  II.  61 

al  ,<Kre  di  questo  scrittore,  parvero  fatte  priocipal  segno  al 
furore  del  pqpolo  nella  rivoluzione  ddlo  scorso  secdo,  che 
molte  ne  <&Cmsse,  motte  ne  mutilò,  e  converti  ad  usi  profani; 
fl  qual  destino  ineorsero  eziandio  in  non  poche  città  deH'Ita^ 
lia(l)- 

Non  è  alcuno  mezzanamente  versato  ndla  storia  politica ,  re- 
ligiosa e  letteraria  dell'Italia,  che  al  primo  p(Mrre  il  piede  ndi 
tempio  Mnervìtano,  non  senta  affacciarsi  al  pensiero  una  mol- 
titudine dì  idee  or  liete  or  tristi;  e  quasi  non  si  vegga  schierato 
innamn  il  trionfale  ingresso  del  secolo  XVI  e  il  suo  infame  e 
sangnfaioso  tramonto.  Leone  X,  il  Bembo,  Paolo  Manuzio  che  ri- 
posano sotto  queste  volte ,  gli  rammentano  i  bei  giorni  delle  no- 
stre glorie  letterarie  ed  artìstiche,  i  giorni  di  Raflaéllo,  di  Hi- 
chèlangiolo,  ec  Alla  vista  dei  monumenti  di  Oemente  VII;  e  di 
Paolo  IV  tornano  al  pensiero  il  sacco  di  Roma,  la  riforma,  e 
tutte  le  dure  prove  cui  il  pontificato  romano  ebbe  a  sottostare 
per  la  malvagità  dei  tempi  e  degli  uomini  Dalle  quali  conside- 
razioni l'animo  grandemente  commosso  o  indignato,  cerca  tosto 
riconfortarsi  sul  sepolcro  del  beato  Angelico  da  Fiesole,  e  di 
quella  cara  verginella  sanese,  la  cui  eloquenza  più  possente  an- 
cora di  quella  di  Francesco  Petrarca,  riconduceva  in  Roma  la 
errante  e  sbattuta  sedia  del  Pescatore. 


(1)  Du  FandaUsme  et  du  CatholicUme  dan$  V  Jrt,  Paris  1859  pag. 
47.  «  Je  voui  fads  observer  en  passoni  gu*  une  sorte  de  fatàUté  touiè 
particuiiere  semble  s'attacher  aux  églises  construites  ptn*  les  Domini'' 
ctànSf  toujour  et  un  goùt  si  simple,  si  pur,  si  regulier:  elles  sont 
partout  choisies  en  premier  Ueu  par  les  destructeurs.  » 


Digitized  by 


Google 


6i  MEMORIE 

Qui  ban  termine  le  notizie  di  Pm  Sisto  e  di  fra  Ristoro.  U  pri- 
mo chinse  i  suoi  giorni  in  Roma  nel  man»  del  1289  addetto  al 
servizio  delle  religiose  Domenicane  del  monastero  di  s.  Sisto;  il 
secondo  in  patria  nel  1283,  e  volle  che  le  sue  ceneri  riposas- 
sero sotto  quel  tempio  che  era  il  più  bel  titolo  della  gloria  di 
entrambi  (1).  Questi  due  architetti  vennero  ricordati  con  onore 
dal  Vasari  nella  vita  di  Gaddo  Gaddi  ;  da  mons.  Bottari  in  una 
lunghissima  nota  alla  vita  di  fra  Giovanni  Angelico;  dal  Baldi- 
nuccì  net  chiudere  la  vita  di  Arnolfo;  dal  Land  nella  Storia  Pit- 
torica ;  ma  con  speciale  tributo  di  lode  dal  cel.  conte  Leopd- 
do  Cicognara  nella  sua  pregiatissima  Storia  della  Scultura  Ita- 
liana ,  nei  termini  seguenti.  «  È  strano  che  quasi  coperti  siano 
di  oblivione  i  nomi  di  fra  Sisto  e  fra  Ristoro  florentini  »  autori 
dei  principali  ponti  sull'Amo  in  Firenze,  dì  molte  volte  nel  pa- 
lazzo pubblico  di  quella  città ,  e  del  Vaticano  in  Roma  :  come  non  si 
nomina  ipiel  fra  Jacopo  Talenti  da  Nipozzano,  che  unitamente 

(1)  Articoli  necrologici  dei  due  conversi 

N.^  133.  «  F>*.  Bistarut  conversut  de  Campi,  hicjìtit  maximus  or» 
thiteoius  et  una  cum  fratine  Sixto  cotwersoy  qui  est  infra,  et  obiit  iiò- 
mae,  et  fecerunt  nostram  ecctesiam  tanto  eiquidem  artificio  ut  ìuque 
hodiesitin  admiratianem,et  hi  duojecerunt  nuignas  ustudines  palatii  do^ 
minùTum  Priorum  Florenu'ae,  et  pontem  Can^ariae,  et  primas  testudinee 
palata  domini  Papae ,  ubi  obiit  frat.  Sixtus,  » 

N.^  144.  Fr.  Sixtus  conversus  de  porta  s.  PancratiideFico  qui  dici" 
tur  sanctus  Sixtus,  obiit  Romae  in  loco  dominar um  s.  Sixti,  anno  1289. 
m.  martii-  Che  il  primo  moriste  nel  1283  si  deduce  dal  trovarsi  il  suo  ar- 
ticolo posto  immediatamente  dopo  quello  di  un  religioso  morto  in  detto 
anno,  e  seguitato  da  un  altro  morto  nel  1284. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  GAP.  U.  63 

ai  suddetti  fece  tante  fobbriche  in  Firenze»  ec  Questi  ardìi- 
tetti  del  secolo  XIII  (il  Talenti  è  del  XIV)  hanno  tanto  di- 
ritto alla  nostra  riconoscenza ,  quanto  che  predsamente  da  loro 
hanno  principio  i  Cisti  del  risorgimento  dell'architettura,  e  dopo 
gK  architetti  pisani,  e  i  costruttori  ddla  basilica  di  Venezia, 
meritano  il  primo  luogo  in  Italia.  »  (1) 

Noi  chiuderemo  il  presente  capitolo  col  maniiestaiie  fl  de- 
siderio che  virissimo  nutriamo,  di  vedere  in  quella  stessa  chiesa 
che  essi  eressero  dalle  fondamenta,  almeno  una  lapida ,  una  me- 
moria qualunque,  la  quale  ricordi  al  cittadipo  e*all' estraneo  il 
ìaro  nome  e  il  loro  merito.  Tardi  Firenze  eresse  un  monumen- 
to ad  Arnolfo  e  al  BruneUesco;  venga  il  giorno  in  cui  sia  pa- 
gato ancora  que^  debito  alla  memoria  di  fra  Sisto  e  fra  Ristoro 
m  8.  M.  Novèlla  I 

(1)  YoL  in  lib.  m  cap.  1  pag.  45. 


Digitized  by 


Google 


M  MEMORIE 


CAPITOLO  m. 


Architeli  fimari  Toscani,  loro  fabbriche  in  Prato ,  ih  Firenze y 
net  Val  d^ Arno,  ec. 


"uel  religioso  entosiasmo  inspirato  nei  popoli  italiani  e  d'ol- 
tremonti  dai  novelli  ordini  mendicanti,  sì  rivela  nella  storia 
dell'arte  mercè  un  gran  nomaro  di  labbriche ,  ove  più  ove  me- 
no sontuose,  che  di  que' tempi  quasi  per  incanto  si  ergevano 
non  pure  nelle  città,  ma  nei  paesi  ancora  e  nm  villaggi,  pre- 
rìpuamente  della  Spagna  e  dell'  Italia.  Nel  1233  frate  Giovanni 
da  Bologna  Domenicano  arringava  il  popolo  di  Reggio  con  quella 
eloquenza  calda  ed  animata  che  invitava  gl'italiani  al)a  concorw 
dia  e  alla  pace  nelle  ire  civili.  Addomandò  i  mezzi  necessarj  per 
erigere  in  Reggio  una  chiesa  ed  un  convento  ai  suoi  religiosi  :  ed 
allora,  scrive  uno  storico  contemporaneo,  avresti  veduto  tutto 
quel  popolo  con  fervore  grandissimo  otEerire  le  braccia  e  gli 
averi,  e  tutte  classi  di  persone  gareggiare  di  zelo  e  di  attività, 
in  quella  guisa  stessa  che  avevano  alcuni  secoli  innanzi  veduto  i 
Benedettini  nella  fabbrica  del  loro  tempio  in  Dive.  Quindi  non  pu- 
re gli  uomini  ma  le  femmine  stesse  e  i  fanciulli ,  cosi  de'  nobili  co- 
me dei  popolani;  farsi  a  trasportare  i  materiali  del  sacro  edi6zio; 
e,  dirigendone  la  fabbrica  un  fra  Jacopino  dell'ordine  stesso,  in 


Digitized  by 


Google 


UBRO  L  GAP.  IH.  63 

tre  soli  anni  compiere  quel  sacro  edifi2Ìo(l).  In  Perugia  il  magi- 
stralo  della  città  consegnò  al  bealo  Niccolò  da  OioTenazao  il  patrio 
fessiUo»  dicendogli»  che  in  qoalanqae  luogo  ei  lo  avesse  fatto 
sreatolare»  yerrd)be  innalzato  un  tempio  a  s.  Domenico»  ed  un 
asilo  a  suoi  Ggli  (2).  Questo  farvore  dì  sacri  edifizj  richiedeva 
gran  novero  di  ardutetti»  di  scarpdlini»  d' ingegnìeri ,  e  di  per- 
sone inleUigenti  a  presiedere  alle  fabbriche;  e  i  novelli  ordini 
rd^iosi  per  questa  stessa  ragione  avevano  dovizia  di  artisti  di 
ogni  maniera.  Ciò  apparirà  vi^ne^  da  quanto  siamo  per  nar- 
rare. Mancali  i  due  architetti  fra  Sbto  e  fra  Ristoro,  la  fab- 
brica di  s.  M.  Novella  non  v^nne  in  guisa  alcuna  interrotta, 
che  anzi  per  soprappiù  s*  impresero  altre  fabbriche  nelle  vicine 
città  e  paesi  ddla  Toscana  con  l'opera  di  tre  laici  architetti  di 
qudlo  stesso  convento;  i  nomi  dei  quali  si  trovano  ricordati  nel 

(1)  Memoriale  Poiestatwn  Regien$ium,  pretto  il  Muratori  Ber.  ItaL 
Script.  ToL  VUI  pag.  1107  e  1108.  «  De  Jnceptione  ecciesiae  Jeeu  Chri" 
tti/rotrmn  Praedicat*  In  anfto  1}33  in  Jèetivitaie  s.  Jacobi  primus  lapis 
ficdesiae  J.  Cfidt  conseeratue  per  D.  Jiòerium  Reginor.  ArdUpresbyU" 
nun,  et  D.  Nicoiaum  Bpisc,  et  ad  praedictum  opus  faciendum  veniebant 
ììonùnes  et  tmdieres  reginorum,  tam  parvi  quam  magni,  tam  milites  quam 
pedites  ,  tam  rustici  quam  cipes ,  ferebantiapides ,  sabulonem  e$.  caidnam 
sopra  dorsum  eorum ,  et  in  peìiibus  yoHis,  et  cendalibus ,  et  beatus  itle 
erat  qui  plus  portare  poterat.  Et  fecerunt  omnia  fondamenta  domorum , 
et  ecclesiae  partem  moraverunt.Etfrat.  Joannes  de  Bononiafedtmagnam 

praedicantiam  inter  castrom  Leonem  et  castrom  Francom et  tane 

fratrer  Jacobinus  superstabat  ad  laboreriu  praedicta  facienda.  » 

(2)  FofT4V4,  De  fiumana  Provincia.  Ord.  Prqedicatorum.  Tit.  VII 
pag.  103. 


Digitized  by 


Google 


66  MEMORIE 

Necrologia  Sono  fra  Mazzetto,  fra  Borghese^e  fra  Albertino  Maz* 
zanti.  Dei  quali  soltanto  il  secondo  potè  essere  allievo  difraSistoe 
fra  Ristoro,  non  cosi  gli  altri  due,  se  non  forse  nel  tempo  che 
tnttavia  dimoravano  al  secolo.  Fra  Mazzetto,  del  qoale  ignoria- 
mo la  patria ,  i  genitori ,  V  anno  del  nasdmeato,  avea  vestite  le 
divìse  di  s.  Domenico  Tanno  1298  nel  convento  di  s.  M.  No- 
vella, qoando  già  erano  trapassati  i  doe  primi  architetti  di  quel- 
la chiesa.  Intorno  al  1900  vennegli  dai  superiori  aflSdata  la  fab- 
brica di  s.  Domenico  di  Prato;  il  qnal  tempio  sorgeva  per  le  s(d- 
lecitadini  di  fra  Niccolò  Albertino,  qod  d'esso,  che  poi  insigni- 
to della  sacra  porpora  tanta  parte  ebbe  nei  poKticI  avvenimenti 
della  soa  patria  e  della  Toscana.  La  chiesa  di  s.  Domenico  in 
quella  città  avea  avuti  i  suoi  principi  nel  1281  forse  con  disegno  di 
tm  Sisto  e  fra  Ristoro,  e  ne  avea  diretti  i  lavori  il  P.  Paolo  Pilastri  Ano 
all'anno  1300 ;  ma  passato  questi  a  r^gere  i  conventi  di  Pisa ,  di 
Arezzo ,  di  Firenze  ec.,  fra  Mazzetto  assunse  il  carico  di  compiere 
quella  fabbrica.  E  ciò  sia  detto  a  malgrado  l' autorità  del  Fine- 
schi,  il  quale  crede  che  ei  prendesse  a  dirigerla  Ooo  dal  1281 
laddove ,  come  abbiamo  avvertito  solo  nel  1298 ,  indossò  V  abito 
Domenicano  (!].  Né  eziandìo  al  Vasari  si  può  facilmente  concedere 
che  nel  1300  il  convento  di  Prato  venisse  restaurato  da  Giovanni 
pisano ,  inviatovi  dal  card.  Albertino ,  quando  non  si  voglia  cre- 
dere ch'ei  fosse  là  mandato  a  dar  giudizio  di  quei  lavori 
die  si  erano  incominciati  dagli  artisti  Domenicani  ;  essendo 
indubitato  che  nel  1322  non  erano  ancora  compiuti  né  la 
chiesa  né  il  convento.  Risultando  dalle  memorie  rinvenute  dal  di. 

(1)  Memorie  ec  f^ita  del  P.  Paolo  Pilastri  pag.  272. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  III.  67 

àg.  Bamuttniele  Sepetti»  che  il  giorno  10  febbrajo  di  qo^iranno» 
fra  Lapo  Domemcano,  ano  degli  esecatori  testamentari  del  car- 
cHnale  Niooolò  Albertino,  espose  al  magistrato  di  Prato ,  come 
qnel  cardinale  avesse  lasciata  certa  somma  dì  denaro  per  dar 
compimento  alla  obesa  e  al  conTcnto  4el  sao  ordine  in  p^ 
tria.  (1)  Intorno  a  dieci  anni  si  adoperò  fra  Masetto  in  quella 
fidbhrica »  quando  da  immatiu^  morte  rapito»  chiose  i  sooi  giorni 
in  Prato  lì  11  ottobre  1310  dodiceshno  anno  della  sua  yita  clan- 
strale.  Lo  scrittore  dd  Necrologio  di  s.  IL  Noydla  lasciò  scritto 
di  kd  9  essere  stato  religioso  devoto  f  verecondo  ^  pudico  f  e  porco 
ddfacMare-  Nette  cote  di  arc^Mwra  inieUigente  e  indusirioeo; 
non  pure  nemico  delTosio  >  ma  infaticabile^  ed  a  tutti  i  suoi  con- 
(rotali  carissimo.  (3]  Con  le  quali  brèyi  parole  d  viene  ritratto 


(1)  -Diuonario  geografico^  fisico,  storico  d^Ua  Toscana,  oompiUto 
àk  EniiMiiiiele  Repetti  ToL4pag.  649  — Fìreaie  1842. -p- Vaiali,  Fiia 
di  Ificoola  e  Giot^anni  pisani. 

(2)  Necrotogium  Conv.  S.  Mariae  Nw^tUae  Ord.  Praedic.  N.®  198.  Fr, 
Ma^zettits  conversus  religiosus  pariur  et  detfotus  verecundus  extitit  et  pu^ 
dicus,  pauciloquens,  carpentariusfuit  peritus,  et  in  ipsa  arte  industrius, 
et  architectans,  devitans  otium,  et  operosus  ubique,  et  fralribus  omnibus 
gratus.  Obiit  Prati  operi  ecclesiae  fratrum  nostrorum  presidens  et  insi~ 
Siene  anno  ifom.  1310  quinto  idus  octobris  Fixit  in  ord,ann.  1 2  i^el  circa, 
È  à*  aopo  avvertire  come  nel  Necrologio  novellano  il  vocabolo  carpento^ 
rius,  che  importerebbe  falegname,  è  sempre  usato  nel  senso  di  architetto, 
come  può  vederit  in  molti  luoghi,  ma  segnatamente  nell'articolo  di  fra 
Giovanni  da  Campi  che  è  eletto  carpentarius ,  e  non  pertanto  fu  valen- 
tissimo aKhileito.  Alloraquando  il  Necrologio  vuol  dinotare  un  ^legname 


Digitized  by 


Google 


OS  MEMORIE 

l'animo  800;  e  sq  yi  è  (adota  tanta  parte  (fi  sua  vita ,  ri  è  però.  Il 
che  monta  aaiaissimo,  basterolmente  chiarita  la  di  lai  virtù.  Dei 
ianrori  da  questo  architetto  eseginti  io  s.  Domenico  di  Pfcalo  mal 
potrebbesi  dar  giudiiio  al  presente,  perdoechè  incendiala  nel 
1647  qodla  diiesa ,  yenne  in  quasi  tutta  la  parte  mtema  riedifi- 
cata con  disegno  (fi  Baccio  del  Bianco  (1). 

MogKo  ci  è  dato  appreoare  fl  merito  degU  altri  due  architetti 
lira  Albertino  Maoantie  fra  Borghese.  Il  primo  ayea  aortiti  i  natali 
m  Firenze  nel  popolo  di  Or  San  Michele  iiìtorao  all'anno  ISGO.  Dui 
nome  dd  padre  soo  che  fu  Cambio  potrebbesi  tòrse  trarre  aiigo- 
mento  a  aospettare  esser  desso  congiunlo  in  parentela  con  fl  ce- 
lebre AmoUb,  il  qnale  non  fa  figlio  di  Lapo,  come  per  errore 
scrisse  il  Vasari ,  ma  si  di  Cambio ,  come  provò  il  Baldinacd  (2\ 
Vesti  r  abito  religioso  in  s.  M.  Novella  nel  1284 ,  quando  lira  Si- 
sto era  in  Roma ,  e  fra  Ristoro  era  morto  in  Firenze  Y  anno  innan- 
zi. Per  anni  trentadnque  servi  a  Dio  neU'instituto  dd  frati  Predi- 
catori, e  ottenne  lode  d*  indostre  architetto.  N^  anni  sessanta, 
o  in  quel  tomo ,  passò  di  questa  vita  nd  suo  convento  di  s.  M. 
Novdla  fl  1319  (3). 

Fra  Borghese  maggiore  nell'  età  al  Mazzanli  era  nato  in 
Firenze  intomo  al  1250 ,  da  un  tal  maestro  Ugolino  architdto  di 

a«a  il  vocabolo  di  Ugnariut  o  Ugnorum  faber.  Goal  leggeti  negli  articoli 
233  e  321.  NelGlouariodel  DacangenÒQ  ne  rìnTenni  però  aìcon  eaempio. 

(1)  Re  ITTI  loc  cit. 

(2)  Notizie  dei  professori  del  disegno,  ec  toI.  1.® 

(3)  Necrolog.  n.'*216.  «F.  AU>ertinusdict.Ma%*anteJiUus  Cambi^pcp. 
s.  MichaeUs  in  Orto,  carpentarius ,  et  in  edifiàis  et  ojfioinis  fratrum 
construendis  peì*subtilis ,  obiit  1319  vixit  in  crd.  circa  35  ann.  » 


Digitized  by 


Google 


UBRO  L  GAP.  UI.  69 

^  dalquftleafrà  (adkiieate  appreri  irudimeiiU  dall'arte. 
AUoiqiiaado  pioièstò  riastiliito  Domeiiicaao  io  s.  H.. Novella, 
die  Al  r  anno  1973  e  fiMTse  vigerioio  deD'età  sna^  erano  latUyia 
loqiieloonTeDloidQehMìgoLarchHeltifraSttto  efraBslofo  dai 
quali  polè  rioerere  esempi  e  consigli  per  eoDdursi  a  perfe- 
aoae.  Si  preparavano  appuata  in  quel  tempo  i  materiali  del 
movo  ediizio.  Qoando  ne  fti  poeta  la  prima  pietra  dal  cardinale 
Latino  llalafaranca  Tanno  1279 ,  fra  Borghese  potava  digià  aver 
talpericia  ndl'arte  da  oEforire  l'ingegno  e  la  mano  al  lavoro.  Per 
tempo  brevissimo ,  e  forse  non  più  che  otto  mesi ,  1  due  primi  ar- 
chiCeCti  diressero  la  fabbrica  di  s.  M.  Novella,  invitati  quindi  ad 
operare  in  Roma  nel  Vaticano  dal  Pontefice  Niccolò  III  come  ab- 
biamo altrove  accennato  ;  a  niuno  pertanto  meglio  che  a  fra  Bor- 
ghese poteva  affidarsi  l'esecuzione  del  disegno  di  quella  chiesa. 
Aggiuntosegll  fra  Albertino  nel  1284»  unitamente  condussero 
quella  fabbrica  per  non  brevi  anni.  E  invero  da  un  importante  no- 
tiaa  rinvenuta  dal  P.  Richa  della  compagnia  di  Gesù,  si  deduca 
per  ragionevole  congettura  che,  ad  ambedue  sia  dovuta  la  nave 
orientale,  costruita  Fanno  1307,  quando  gli  architetti  fra  Gio- 
vanni da  Campi ,  e  fra  Jacopo  Talenti  non  avevano  ancora  vestite 
le  divise  Domenicane  (1) .  Alternar  fatiche  e  orazione  ,   va- 


(1)LU>rodi  Ricordanze  del  eoa.  di.t.  M.  Novella,  sego. P.  «^307.  Jean» 
UmpiaMione  di  fra  Inolino  Mintrbeui^  che  vestì  V  abito  di  s.  Domenico  nel 
1296,  i  Minerb€tii  diedero  fiorini  d^  oro  300  oo  quali  ti  fece  la  nat^e  di 
dues€  vereo  la  fnazaa  vecchia,  e  furono  dipinti  in  alio  a  f inesco  Andrea  di 
Niccolò  Wnerbetti,  e  Francesca  sua  donna,  »  Rkuu,  Notizie  Storiche  deU 
le  chiese  fiorentine  voL  III  pag.  25. 

5 


Digitized  by 


Google 


70  MEMORIE 

gbeggiare  il  belio  dell'arte,  e  per  essa  sollevare ?ieiiieglior  animo 
alcielo;associareaI  genio esteiiooraosterezza del aolitario^eoooia 
breve  tutta  la  vita  che'l  boon  frate  Borghese  menò  per  il  ooi^di 
anni  quaranta  nell*iiistitato  dei  frati  Predicatori;  finché  ebbdoQio 
cfaiaHiato  alla  pace  dei  giusti  nel  giorno  20  febbrajp  dell'  anno 
1313  (!].  Molta  lode  panni  doversi  a  questi  due  arohitelti  per 
aver  saputo  incarnare  in  parte  il  primiero  concetto  <fi  Sisto  e  Ri- 
storo; parciocchò  ove  in  opere  cosiflEeitte  manchi  la  perizia  negli 
esecutori ,  viene  o  in  parte  o  in  tutto  a  menomare  la  bellezza  del- 
l'edifizio. 

Nel  tempo  che  fra  Mazzetto  dirigeva  la  fabbrica  di  s.  Dome- 
nico di  Prato  »  e  il  Borghese  e  il  Mazzanti  quella  di  s.  M.  Novella» 
alcuni  religiosi  o  architetti ,  o  solo  intelligenti  di  quest'arte  ne  im- 
prendevano altre  assaissime  in  tutta  la  Toscana.  La  chiesa  di  s.  Do- 
menico di  Pìstoja,  i  cui  principi  risalgono  al  1280  o  in  qud  tomo, 
venne  innalzata  probabilmente  come  quella  di  Prato  con  disegno 
di  fra  Sisto  e  fra  Ristoro,  e  ne  guidò  tutli  i  lavori  qud  P.  Pa- 
squale dall'  Ancisa ,  che  già  vedemmo  moderare  eziandio  qudli  dd 
tempio  novdlano  dal  1279  fino  al  1284.  Dovette  egli  pertanto  es- 
sersi recato  in  Pistoja  in  quest'anno  dopo  aver  lasciato  in  Firenze 
il  P.  Rainerio  Gualterotti  che  gli  succedette  in  queir  uflSda  Con- 
temporaneamente, osolo  da  breve  intervallo  divisi,  sorgevano 

(1)  Necrol  n.®  211.  /V.  Burgeruit  eonversus  filius  oUm  magistri 
Ugolini  CarpentariI,  uulis  et  sedulu»  arca  opera  tam  eccUsie,  quam  oon^ 
ventati  otium  deyitavit,  in  nullo  corporit  sui  parcetis ,  fuit  solide  vite,  et 
bone  religionis\  sequutus  antiquorum  fratrum  vestigia»  ì^ixit  in  ord,  ann^ 
40  et  1  mens.  obiit  anno  dom*  1 313  die  20  febr. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  I.  CAP.  ni.  71 

toni  quelli  ob{mzì  die  i  frati  Predioatori  possederano  gli  andati 
secoli  odia  Toacana,  alcuni  dei  quali  aaq[>liaU Ba  tempi  sacoessi- 
Ti,  adcfireonero  conventi.  Essi  erano  in  numero  di  otto,  a  non 
contare  quello  di  s.  Vincenzio  di  Trìdozio  nella  Romagna ,  appar- 
tenente esdandio  a  s.  H.  Novdla.  Quello  di  s.  Domenico  di  Figline, 
gro990  borgo  sulla  strada  che  da  Arezzo  mette  a  Firenze  era  do- 
vuto alle  cure  del  P.  Pagano  degli  Adimari,  che  ne  dfaresse  la  fab- 
brica 9  e  che  fu  poi  compiuta  dal  P.  Piefro  Macci  religioso  assai  perito 
ndle  cose  di  architettura.  Al  Macci  ugualmente  doveasi  quello  di 
8.  Maria  a  s.  Casciano  sulla  strada  che  da  Firenze  conduce  a  Sie- 
na. Quello  di  s.  Giovanni  in  Val-d' Arno  venne  costruito  per  ope- 
ra dì  fra  Giovanni  deU'  Ancisa.  U  primo  e  l' ultimo  dei  quali ,  non 
cbe  qudlo  di  s.  Nicccdò  di  Monte  Lupo,  eretto  per  la  generosità 
di  mona.  Simone  Saltarelli  Domenicano  arcivescovo  di  Pisa ,  ave- 
vano unito  uno  spedale  pubblico,  quasi  sulla  foggia  <fi  quelli  che 
si  dissero  eretti  anticamente  presso  le  porte  di  ogni  città ,  onde 
raccogliervi  i  pellegrini  (1).  Per  siffatta  guìs^  i  frati  Predicatori 

(1)  Nell'articolo  necrologico  di  mons.  Saltarelli,  o.^  313.  leggesi 
•  FecU  etiam  quoddam  ho^itale  in  Monte  Lupo  in  quo  omnea  fratres 
Praedicatores  reciperentur  ad  comestionem  et  dormitionem,  ibi  etiam  or^ 
dinmni  bonam  éUmosinam  prò  aliis  pauperibus,  »  Questi  ospixi,  oltre  i 
già  ricordati  erano,  t  Antonio  e  s.  Gio?anni  Battista  della  Querciola 
a  CaateUo.  8.  Tommaso  di  F(^a no  appartenente  al  convento  d'Arezzo:  la 
ss.  Annunziata  in  s.  Gemignano,  appartenente  a  quello  di  s.  Domenico 
di  Siena;  e  a.  Maria  dell*  Ancisa.  Bohùmiaiktn  Cronaca  annalistica  MS. 
Tol.  3  pag.  307.  Di  alcuni  di  questi  ospizi  si  trova  fatta  menzione  nel- 
l'articolo necrologico  del  P.  Pietro  Macci ,  che  per  la  sua  importanza 
non  possiamo  omettere  di  trascrivere.  N.®  100.  «  /*.  Petrus  fiL  Gaù'gai  4^ 


Digitized  by 


Google 


72  MEMORIE 

vollororicambiarela  carìCAt  oboi  popoli deUaTo6caiiaaTe?ano altra 
fiala  loro  usata  odi' aoooglierli  negli  spedali  di  s.  M-Maddaleoaia 
Siena.edinqqdlidis.  Paolo  e  di  $.Faiiorazio  io  Firease,  quando 
ignoti,  priyi  di  proleziooi,  poveri ,  oOnrivansi  la  prima  volta  alla 
loro  pietà.  DaUe  quali  fabbridie  erette  per  la  più  parte  con  ardii- 
tetti»  muratori,  scarpellini  dd  solo  oonvento  di  s.  M.  Novella, 
ognuno  potrà  di  leg^ri  dedurre  il  num^o.e  il  valore  degli  ar- 
tisti medesimi 

Maccis  sacerdos  et  predicatar,  canicr  bonus  ^  scriptor  gt'oiiosus ,  oonver* 
saiione  guietus ,  et  fratribus  gratut,  ingeniosus  circa  mechanicà,  et  ad 
edificia  construenda  industrius  :  fiat  supprior  in  cotu^entu  Fiorente  insu^ 
per -consolationi ,  et  recreationi  frmtrum  nostrorum  studiose  int^igilans, 
et  altof'um  etiam  pauperum  hospitalitati  intetideìis ,  Itospitale  de  fUghino 
sibi  a  fratre  Pagano  de  quo  dictum  est  si^ra ,  sibi  eommissum ,  md  quem 
prindpaliter  pertinebat  f  sua  edifiean^it  industria ,  lectos  ibidem,  et  aiim  ad 
hec  necessaria  cum  multa  diligentia  procurando ,  et  quaUur  fraires  mo- 
stri  omnes  ibidem  st^fficientem  reffecUonem  haberent  jam  discreUj  quam 
provide  ordinavit,  ad  quos  pleniori  ferebatur  affectu-  Fratre  autem  Paga^ 
no  predicto  viam  universe  carnis  ingresso,  cura  hospitalis  ipsius  est  ei 
prinapaliter  eredita  a  Magistro  Ordinis,  qiù  super  ezcrescentibus  pos^ 
sessionibus  supradicti  hospitalis,  utpote  fideiis  dispensator  et  pradens^ 
territorium  emit  in  s,  Cassiano^  et  locum  profratribus  simili  modo  rm* 
piendii  cepit  edificare  ibidem,  quem  moru preventus  non  potuit  consw 
mare.  Mie  hujus  libelli,  (  il  Necrologio)  et  cronice  compilator  extitit,et 
inventar  :  vixit  in  ord.  attn^  41  ob,  ann,  dom,  1 301, 1 1  juUi. 


Digitized  by 


Google 


13 


CAPITOLO  rv. 

Di  alcuni  architetti  Portoghesi  del  secolo  XIH. 


Innanzi  a  (u(tì  gli  architetti  toscani  die  al)bianio  rioMrdati , 
aTrenuiìO  dovuto  collocare  per  ragione  di  età  tre  portoghesi 
chiari  per  dottrina'  e  santità  di  vita  »  i  quali  seppero  accoppiare 
alle  fatiche  apostoliche  la  cultura  delle  arti  ;  ina  non  che  faces- 
sero di  queste  seria  occupazione ,  appena  si  trova  che  alcuna 
fiata  vi  dessero  opera.  Per  la  qual  cosa  meglio  che  tra  gli  ar- 
tisti forse  doyeansi  annoverare  fra  i  cèldri  banditori  della  di- 
vina parola  se ,  l' esempio  del  Milizia ,  che  loro  die  luogo  onorato 
fra  .i  pia  celebri  ardiitetti  antichi  e  moderni ,  non  ci  avesse 
consigliato  diversamente  (1).  Sono  questi  il  beato  Gundisalvo  »  il 
beato  Pietro  Gonzalez,  ed  un  certo  ven.  P.  Lorenzo;  i  quali  sotto 
una  sola  appellazione  meglio  son  noti  col  nome  dei  tre  santi  ar- 
chitetti; dalla  vita  dei  quali  apparirà  sempre  più  manifesto  quel 
vero  che  noi  ci  siamo  studiati  provare,  come  le  arti  nei  bassi 
tempi  per  opera  dei  claustrali  si  improntassero  di  un  indole 
eminentemente  religiosa. 

(1)  Memorie  degti  architetti  antichi  e  moderni  joh  i  lib.  1  cap.  2. 


Digitized  by 


Google 


74  MEMORIE 

Il  b.  Gundisalyo  nato  nella  diocesi  di  Braga  nel  Portogallo» 
assai  provetto  aveva  vestito  Y  abito  dei  frati  Predicatori.  Tratto  al- 
Tamoredella  solitudine ,  si  costmsse  alF  uso  degli  antichi  padri  del 
deserto,  una  cella  ed  una  chiesuola  in  luogo  romito»  tre  l^he 
dalle  sponde  del  Duro,  su  i  oon6ni  della  provincia  che  dicono 
Tras-os-montes.  Da  questa  solitudine  detta  Amaranta  si  in- 
titolò il  santo  anziché  dalla  patria.  È  cosa  degna  di  considerazione, 
che  molti  presi  dalle  sue  virtù  e  dalla  sua  eloquenza»  si  tol- 
sero a  fabbricare  abitazioni  intomo  alla  cella  del  santo;  e 
da  si  umili  cominciamenti  ebbe  origine  la  città  di  Amaranta. 
Al  b.  Gundisalvo  viene  da  tutti  gli  storici  attribuito  un  magni- 
fico ponte  di  pietra  sul  Timaga ,  opera  di  tale  solidità  che  potò 
reggere  per  quasi  sei  secoli,  alle  piene  gravissime  di  qud  tor^ 
rente.  Li  10  gcnnajo  dell*  anno  1259  il  santo  architetto  passò 
alla  gloria  del  cielo,  ed  in  quel  giorno  stesso  la  chiesa  cattoli- 
ca ne  celebra  la  memoria. 

Il  b.  Pietro  Gonzalez,  volgarmente  appellato  $.  Telmo  f 
era  nativo  della  città  di  Astorga  nella  Spagna  ,  ma  passò 
gran  parte  del  viver  suo  nella  città  di  Guìmaranez  nel  Por- 
togallo ,  ove  si  dedicò  alla  salvezza  delle  anime  col  mi- 
nistero della  predicazione,  ed  ivi  chiuse  i  suoi  giorni  il  15  aprile 
1246  f  onorato  atìch'  esso  di  pubblico  culto.  Gli  storici  lusitani ,  i  JmI- 
landisti ,  e,  sulV  autorità  di  essi  il  Milizia  ;  lo  giudicano  autore  di  un 
bel  ponte  sul  Hinho  fra  Rivada  via  e  Ormse,  opera,  scrive  lifi- 
ehele  Piò,  troppo  grande  ad  ogni  gran  re ,  l(tvorando  et  stesso  e 
assistendo  come  se  fosse  un  manuale  (1).  Il  P.  Antonio  Touron 

(1)  Delle  Vite  dt^li  Uomini  Illustri  dell' Ord.  di  s.  Domenico  par.  1.* 
libr.  1  pag.  3. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP,  IV.  «rS 

crede  che  i  suddetti  scrittori  cadessero  tutti  in  errore  per  la  so* 
nùgliaitta  dd  nome,  dap|k)iebé,  ei  dice,  ilb.  Gundisalyo  neirì^ 
dkxna  portoghese  yien  dettò  Gonzalez  ugualmente  ebe  il  b.  Pie^ 
tro;  e  che  il  ponte  del-  quale  si  ragiona  sia  quello  soltanto  eret- 
to dal  primo  sul  Timaga  (!)•  La  Tenta  di  questo  fatto  meglio 
che  al  ToimMi  dovea  esser  nota  agli  storici  lusitani,  ma  co^ 
monqiie  sia  non  abbiamo  altro  saggio  dd  valore  architettonico 
di  andieduè.  DA  yeo%  P.  Lorenao  architetto  del  ponte  di  Ca^ 
Tei  9  non  riuTenni  alcuna  notiaa.  Il  P.  ICchele  Piò  fa  onorata 
menzione  di  un  Padre  Lorenzo  ÌSeoAez  portoghese,  oratore  in- 
signe e  di  rara  Tirtà,  morto nd  1259,  Tanno  stesso  che  il  b. 
GundisalTO;  ma  die  ei  tosse  architetto  non^diee.  Per  quanto  po- 
Tere  siano  queste  memorie,  d  contòrta  non  peHànto  il  pensiero 
di  Tedere  tre  rdigiosi  occupati  in  opere  di  piAblica  utilità,  e 
onorar  l'arte  con  Tita  e  costumi  santissimi  (2). 

(1)  Fie*  des  Hommes  lUuitret  de  tOrdre  de  ».  Dominique  vok  1. 
Ut.  1. 

(2)  Sooa  agualmeate  celebri  nella  Spagna  i  due  tanti  arcbìteUì, 
Giovanni  di  Ortega  e  Domenico  della  CaiMada  de' quali  ragiona  il  Miliiìa 
Memorie  ee.  lib.  1  cap.  Z 


mi^ 


Digitized  by 


Google 


7G  MEMORIE 

CAPITOLO    V. 

Notizie  iniwno  la  vita  -e  le  ùpere  di  Fra  Qiiglietmo  da  Pi$a 
seultore  e  architetto.  -^  Condizioni  delta  scultura  m  Italia  nei 
primordi  del  secolo  XIII  -^  Prirn  lavori  di  Fra  Ouglielmo  in 
patria  ed  in  Bologna, 


t^hi  si  fa  ft  ricercare  la  gloria  di  Pisa  nelle  arti  non  speri 
rinvenirla  nel  sonno  torbido  ed  irrefiieto  che  dormi  sotto  dei 
Medici;  ma  nei  giorni  d^  battaglia  di  Ifont'-aperti»  o  nella  tre- 
menda lotta  con  Genova ,  quando  vedeva  oongiivate  a  suoi  da»- 
ni  tutte  le  città  guelfe  della  Toscana.  Allora  è  che  Niccola  pi- 
sano STolgendo  i  germi  lasciati  da  Giunta  e  da  Bonanno^  con- 
sultando l'antico,  e  più  cbe  l'antico  il  vero,  fondaya  tale  una 
scuola  di  scultura  e  dì  architettura ,  cui  dcbbesi  lode  di  aver 
ricondotto  in  Italia  il  buon  gusto  nelle  arti.  Scuola  nobilissima 
dalla  quale  uscirono  Arnolfo»  Giovanni  e  Andrea  pisani ,  ec 
Cosi  a  que'  lieti  cominciamenU  avesse  risposto  il  mezzo  e  il  (ine  ;  ma 
r  infelice  repubblica  prima  dai  Genovesi  prostrata  alla  Hdoria  ; 
poi  insidiata  e  presa  da  Castrueoio{  dall'infame  Appiano  ven- 
duta ,  qual  vittima  che  si  dibatte  e  che  muore ,  lacera  e  san- 
guinosa cadeva  in  potere  dei  Fiorentini.  Allora  le  arti  seguita- 
rono la  potenza  e  la  gloria  dei  vincitori;  e  solo  a  quando  a 
quando  volsero  un  sorrìso  di  riconoscenza  a  quella  terra  ospitale 


Digitized  by 


Google 


UBRO  1.  GAP.  V.  77 

che  ayeya  presiodoto  al  loro  ffsorghnento.  Fra  qpei  grandi 
che  Miooolà  educava  aliarle  cosi  dello  scolpire  come  del  fabbri- 
care, aimniraTasi  an  giovine,  che  d'ingegnò  forse  gareggiava 
con  tatti,  e  fìicilme&te  nella  pietà  e  ndla  chiarezza  del  sangue 
vinceva!!:  il  quale  poi  vestito  T abito  di  frate  Predicatore;  fu  il 
primo  che  vi  operasse  di  scalpella  E  perdio  da  molti  sono  tu(ta^ 
via  ignorate  o  misd  note  cosi  la  vita  come  le  opere^  noi  ci  stu- 
dieremo  farìe  meglio  conoscere  ed  apprezzare: 

In  Pisa  da  famiglia  onorata  nei  primi  seggi  della  Repub- 
blica nacque  fra  Guglidmo  Agnèlli.  L'anno  si  ignora,  né  saria 
fadle  rinrvenirlo  in  tanta  osicurìtà  della  storia ,  e  in  tanta  pover- 
tà di  notizie  die  di  lui  ci  furono  tramandate  (1).  Il  P.  ìGcbde 
Pfiò ,  senza  apportar  documenti ,  anzi  mostrandosi  ignaro  di  quan- 
to ^xHiceme  la  vita  di  questo  scultore,  ci  condurrebbe  a  cre- 
dalo nato  nel  12S;  al  che  si  oppone  evidentemente  la  storia, 
come  vedremo  a  suo  luogo  (2).  Bfeglio  fora  pertanto  confessar 
d'ignorarlo;  e  ove  si  volesse  andare  per  lecongfaietture,  dirio 


(1)  Il  cognome  Agnelli  taciaio  nella*  cronaca  originale  del  cony. 
di  a.  Caterina  di  Pisa,  ignorato  dall'Alberti  e  dal  P.  Piò,  fu  noto  al 
P.  Serafino  Rani^  all'abate  Grandi,  aj  signor  Da  Morrona,  al  Gardo- 
ti,  ec  Pretto  che  tutti  gli  danno  il  titolo  di  beato.  Il  Raszi  ci  ha  con- 
teryato  per  toprappih  il  ritratto  e  lo  ttemtaia  della  fiuniglia,  che  era  un 
agnello  in  uno  tcudo  bianco  con  tre  sbarre  rotte;  e  daU'ettere  comu- 
ne al  beato  Agnello  AgneUi  ugualmente  pttano,  religioto  dell'ordine  dei 
Minori,  ti  deduce  con  molta  probabilità  che  pastatte  fra  ambedue  al- 
cun grado  di  pafentela.  Nel  1368^  GioTanni  Agnello  era  doge  di  Pisa. 

(2)  Viu  degU  Uomini  Illustri ,  ec  lib.  1  ."*  pag.  1 S5. 


Digitized  by 


Google 


78  MEMORIE 

nato  nel  1238,  o  io  quet  torno.  Area  Y  Agnelli  sortita  dalla  na- 
tura un  indole  buona ,  che  i  consigli  e  gli  esempj  de'  suoi  indi- 
rizzarono facilmente  alla  yirtù  ;  onde  cresciuto  negli  anni  e  già 
chiaro  ndla  scultura ,  ottenne  dai  popoli  opinione  e  lode  di  uo- 
mo santissimo.  L'ingegno  ebbe  pronto  e  sveglialo,  ma  più  che 
delle  scienze  o  ddle  lettere,  studioso  del  bello  che  si  appalesa 
nelle  op^  della  natura;  laonde  ancor  giovnietto  si  pose  con 
ottimo  consiglio  sotto  la  dbciplina  di  Niccola  pisano,  la  cui  fa- 
ma già  grande,  avea  superata  e  yinta  di  lunga  mano  quella  di 
Bonanno,  e  degli  altri  artisti  suoi  contemporanei.  E  ciò  a  mio 
avviso  rende  ragione  perchè  i  pisani  in  quella  età  meglio  che 
seguitare  Giunta  nella  pittura  si  volgessero  alle  arti  dello  ^cxA- 
pire  e  del  fabbricare.  Altrove  abbiamo  accennato  quali  fpssero 
le  condizioni  dell'  architettura  in  Italia  nel  secolo  XIII  ;  e  come 
appunto  nei  tempi  di  Niccola  avvenisse  quel  rivolgimento  di 
idee  e  di  principii  che  tramutò  l'arte  da  una  felice  imitazione 
degli  antichi  metodi,  ndla  creazione  di  un  nuovo  e  immagiooso 
stile,  al  quale  non  mancava  certamente  bellezza  e  maestà.  Ma^ 
oltremodo  infelice  era  lo  stato  della  pittura  e  della  scultura; 
coodosiachè  ambedue  dalle  vecchie  tradizioni  e  più  dagli  esem- 
pi dei  Bizantini  tardate,  hon  osavano  con  generoso  ardimento 
infrangere  le  catene  di  queUa  servile  imitazione,  e  togliere  ad 
esempio  e  modello  la  natura,  fondamento  essenzialissimo  dell' ar* 
te.  Non  pertanto  se  ben  si  considera  la  pittura  era  venuta  in 
assai  peggior  condizione,  perdocchè  i  tempi  e  gli  nomini  ave- 
vano distrutti  i  capi  lavori  del  greco  e  del  romano  penndlo; 
laddove  la  scultura  poteva  giovarsi  tuttavia  di  molte  statue  e 
bassi  rilievi  antichi  sopravanzati  alle  barbariche  devastazioni; 


Digitized  by 


Google 


UBRO  I.  GAP.  V.  79 

e  questa  fa  la  vera  cagione  p^robè  imanzi  alle  arti  latte  pri- 
ma a  risorgere  fosse  la  scaltora.  QoÌQdi  abbendiò  molto  si  sto- 
dìassero  rialzarla,  e  forse  non  del  latto  inrelicemente,  Benedet- 
to degli  Àntelani  in  Parma^  Bidoino  in  Locca ,  Bonanno  in  Pi- 
sa, ViKgelmo  in  Modena,  Grqamonte  ed  Enrico  in  Pistoia ,  non 
pertanto,  come  qoelli  che  o  non  seppero,  o  non  vollero  gio- 
Tarsì  deUe  opere  degli  antichi  e  sovrani  maestri,  e  molto  meno 
studiare  la  natara,  non  ottennio  lode,eaH'arte  non  pcMrsero  molto 
incremento.  Ha  quando  Niccob  pisano  ebbe  tolto  a  stod^re  in 
Roma  e  in  patria  gli  avanzi  della  greca  e  della  romana  eccel- 
lenza, aiutando  qqdlo  stadio  con  la  considerazione  del  vero, 
allora  certamente  parve  che  la  scultura,  scossa  l'antica  barbai 
rie,  sorgesse  a  vita  novella.  Erano  in  Pisa  due  (oziosi  monu- 
menti ornati  a  Imssi  rilievi:  ano,  opera  greca,  offeriva  le 
storie  d'iHKdito  e  Fedra;  nell'altro,  opera  romana,  era  ri- 
trita la  cacda  di  Heleagro.  Nicoola  in  Inogo  di  proporre  a 
suoi  allievi  lo  stodio  dei  Bizantini,  conforlavali  alla  imita- 
zione dei  due  sarcofagi  sopradetti,  sete  ritcneado  éaDa  vee- 
diia  scooh  il  «Aoleggiare  proprio  dell'  arte  eristiittia ,  e 
quelle  tradizioni,  le  quali,  anzi  che  alla  forma  aveano  atti- 
nenza al  concetto,  e  a  un  certo  modo  di  significaria  0  conte 
Gcognara  ci  ha  dati  i  disegni  di  molte  opere  di  Niccda  e  di 
altre  degli  aurei  secoli  della  scultura,  dal  cui  confronto  appar 
manifesto  quanto  studio  ei  vi  ponesse,  e  come  si  adoperasse 
imitarle  nel^nndo,  nel  panneggiare,  nella  espressione;  tacendo 
prova  di  vincere  tutte  le  difficdtà  che  a  quel  primo  tentativo 
si  attraversavano  (1).  E  come  era  eziandio  valentissimo  ndlc  co- 
(1)  Tedi  le  Uvole  XIII  e  XIT  della  sua  storia  della  Scultura. 


Digitized  by 


Google 


80  MEMORIE 

se  deffarchiteCtcmi,  nell'ona  e  nell'altra  ammaestrava  i  disce- 
poli 9  per  guisa  che  poi  tatti  qaal  piò  qaal  meno  riuscirono  ec- 
cellenti in  ambedue  le  arti.  Quando  Y  Agnelli  si  pose  sotto  il  magi- 
stero di  Niccola  pisano  poteva  trovarvi  compagni  eziandio  Giovanni 
figlio  di  lui,  Arnolfo  e  Lapo  fiorentini.  L'arte  in  quel  secolo  e 
nel  seguente  non  aveva  ancor  tolto  ad  abbelBre  le  abitazioni  dd 
grandi,  ma  solo  minisira  del  cuHo,  traeva  dalla  religióne  non 
pure  le  inspirazioni,  ma  le  cagioni  dell' operare.  Guglielmo  non 
pago  di  ofTerirle  F ingegno  e  la  mano,  volle  (arie  sacrifizio  di 
lutto  sé  stesso,  ed  abbracciò  in  patria ,  a  quanto  sembra  nel  1287 
l'institoto  dei  frati  Predicatori  nel  convento  di  s.  Caterina;  e 
fosse  umfltà,  o  desìo  di  meglio  attèndere  all'arte,  volle  essere 
annoverato  fra  laici. 

I  Domemcani  erano  stati  accolti  in  Pisa  Y  anno  1221  ;  e  co- 
me era  avvenuto  altrove,  per  Tafflùenza  grandissima  del  popo- 
lo che  traeva  ad  udirli  bandire  la  divina  parola  ;  furono  ben  to- 
sto nella  necessità  di  erigersi  un  nuovo  e  più  vasto  tempio.  Nel 
1282  posero  mano  alla  fabbrica ,  e  crede  il  sig.  Alessandro  da 
Horrpna,  che  II  disegno  fosse  dato  da  Niccola,  ma  1'  es^ 
cuzione  sia  dovuta  a  (hi  Gngliehna  Conceduto  però  che  questi 
nascesse  nd  1238,  Y  opinione  del  dotto  illustratore  di  Pisa  mal 
potrebbesj  sostenere ,  conciosiachè  egli  avrebbe  avuti  soli  quattor- 
dici anni ,  età  non  convenevole  a  quel  lavoro  (1).  Opina  eziandio  lo 
stesso  scrittore,  die  a  dare  un  cotal  saggio  del  suo  valore  nella 
scultura ,  Y  Agnelli  ne  facesse  sperimento  nella  facdata  della  chie- 
sa medesima ,  la  quale  potè  essere  Ultimata  non  pochi  anni  dopo. 

(1)  Pisa  niustrata^YfÀ.  2  p.  1."  $.  5. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  GAP.  V.  81 

Nei  tempi  del  Iforrana  «mmiravasi  mi  topralBDo  lavoro  di  scal- 
peOo  DeHa  grande  formella  sferica  posta  nel  inezio  di  qudla  fao> 
data  »  ma  oosi  essa  cbe  altri  lavori  di  scnlttira  che  l'adornavano  fo- 
rano o  Udii  o  malconci  ndb  scorso  setola  Che  fra  Gnglidmo 
molto  operasse  nella  fobbrica  dd  convento  è  indobitato  per  V  an- 
loriti  della  cronaca  di  S.  Caterina;  e  nel  1373,  dovea  essere  in 
gran  parte  oompiato,  essendovisi  raccolti  i  padri  a  generale  capi- 
Udo,  fra  qialrammiravasi  qnd  raro  onore  d'Ilalta  s.  Tommaso 
dì  A91Ì110.  Noi  avremo  altra  fiata  occasione  di  favellare  di  que- 
sto convento ,  ove  fiorirono  in  ogni  età  rdKgiosI  di  grande  pietà  e 
dottrma;  e  che  ha  il  vanto  di  aver  dati  all'Italia  tre  de'snoi  più 
tersi  prosatori,  fra  Bomenico  Cavalca,  fra  Bartolomeo  da  S. 
Goiicordio,e  fra  Giordano  da  Pisa  (1). 

Fra  i  primi  lavori  che  di  architettora  operasse  l'Agnelli  sem- 
bra doversi  annoverare  il  campanile  della  Badia  di  Settimo  nelle 
vicinanze  di  Firensse,  leggendovisi  in  nn  marmoreo  cartello 

G|JGLI£L.  MB  FbCIT. 

Il  Morrona  lo  crede  innalzato  dal  nostro  frate  ;  e  il  Vasari  vi  rico- 
Qobbe  un  discepolo  di  Niccola  pisano,  che  seguitava  fedelmen(e 


(1)  Ci  è  grato  poter  annaozUre  come  la  preziosa   cronaca  di  c}uel 
conTeoto  compilata  dal  P*  Domenico  da  PeccioH  sulle  notizie   lasciate 
dal  P.  Bartolomeo  da  &  Còncordio ,  mercè  le  cure  del  eh.  piofess.  Fran- 
cesco Buooaini  sarà  in  breve  pubblicata  ed  inserita  peli'  Archivio  Storicq 
itaiiano  adito  da  G.  P.^  Vieusseui. 


Digitized  by 


Google 


82  MEMORIE 

le  (racoe  dd  maestro  (1).  Potendosi  eoo  molta  ragione  congettn- 
rare,  che  avendo  Nìooola  a  termine  condotta  la  foUNrica  di  qodla 
Badia,  per  le  molte  e  gravi  commissioni  che  di  continoo  a  Ini  si 
offerivano,  lasciasse  a  fra  Goglielmo  la  cara  di  erigere  con  suo 
<fisegnoil  campanile  della  medesima. 

Nel  ten4>ocbe  sotto  la  scorta  dd  maestro  l'Agnelli  attendeva 
in  patria  e  foori  a  qnesti  e  simili  lavori ,  i  Domenicani  ioi  Bologna 
erano  venati  in  questo  coosigUo^cbe  al  santo  fondatore  dd  loro  in- 
stilato  fosse  da  erigere  tal  monnmento  che  l' Italia  non  avesse 
pari  in  qael  tempo.  Ad  opera  tanto  grande,  invitarono  molto  av- 
vedatamente  Nicola  pisano  e  fra  Guglielmo,  intorno  al  126&  E 
perché  qaesto  fatto  è  della  più  grande  importanza  n^a  storia 
della  italiana  scultura;  ci  faremo  a  parlarne  alquanto  diste- 
samente. 

Lasciò  scritto  Giorgio  Vasari ,  che  r  ama  marmorea  la  qua- 
le rinchiude  le  ceneri  di  s.  Domenico,  venisse  scolpita  da  Nio- 
cola  nel  termfaie  di  sei  anni,  dal  1223,  al  1231.  Questa  data 
ammessa  da  tutti  per  vera  trasse  tutti  ia  errore,  e  ciò  che  sem- 
bra diflBcìle  a  credersi.  Io  stesso  con.  Leopoldo  Gcognara.  Un 
leggier  dubbio  ne  avea  non  pertanto  mosso  il  Malvasia,  e  que- 
sto bastò  alla  critica  del  chiarissimo  sig.  march.  Virgilio  Davia 
pei'  travedere  la  verità  e  sospettare  dell'epoca  vera,  abbeachè 
non  giungesse  per  difetto  di  notizie  ad   averne   certezza  (2). 

(1)  Fiia  di  Niccola  e  Giovanni  pisani, 

(2)  Memorie  Storico^ Artistiche  intorno  ali*  Arca  di  s,  Domenico, 
del  mardi,  Virgilio  Davia.  Un  voi.  in  8.®  Bologna  1838.  Tipi  deDa  Volpe 
al  Sassi.  Opefetu  assai  pregevole  e  per  le  notizie  che  racchiude ,  e  per 
il  guslo  squisito  del  eh.  autore  in  fatto  di  belle  arti. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  CAP.  V.  83 

SeDdvava  a  tutta  ragione  air  autore  della  Felsina  Pittrice,  che 
imaiìzi  alla  canonizzaziòDe  di  s.  Domenico ,  non  si  potassero  scol- 
pire sul  suo  sepolcro  le  gesta  miracolose  del  santo;  e  per  giu- 
sta illazione  quelle  storie  essere  state  eseguite  troppo  posterior- 
mente. Prendiamo  ad  esame  la  storia. 

S.  Domenico  di  Guzman  ayea  chiusi  i  suoi  giorni  in  Bologna 
fi  6  agosto  1221., n  sacro  corpo  deposto  in  una  cassa  di  ìegao^ 
era*  stato  tumulato  a  parte ,  senza  alcun  segno  di  onore  e  di  ri- 
verenza. I  firati  stessi  a- evitare  la  taccia  di  venali  incorsero 
in  quella  (fi  disamorati  e  d*  ingrati ,  perciocehè  impedirono  il  culto 
e  tolsero  i  voti  che  i  fedeli  portavano  al  luogo  del  tumulo  per 
le  grazie  ottenute.  Ben  dodici  anni  rimasero  i  preziosi  avanzi  del 
gran  Patriarca  in  tanta  umiltà  di  sepolcro.  Finalmente  il  Ponte- 
fice Gregorio  IX  ingiunse  al. beato  Giorclano  di  Sassonia,  se- 
condò g^ìtt^le  dell'Ordine,  di  trasferirU  in  luogo  più  decente, 
e  le  dar  principio  al  processo  per  la  solenne  canonizzazione  del 
santa  Nel  giorno  pertanto  23  di  maggio  dell'  anno  1233, 
presenti  l'Arcivescovo  di  Ravenna,  il  Magistrato  della  città  di 
Bologna,  e  innumerevole  moltitudine  di  popolo,  tolta  di  terra 
la  cassa  di  legno  ove  riposavano  le  ceneri  del  santo,  apertala  e 
riconoscrato  il  cadavere ,  questo  venne  nuovamente  chiuso  in  un  ur- 
na di  marmo,  o  come  altri  scrìve,  di  pietra.  Di  ciò  abUamo  un 
assai  prezioso  documento  nella  lettera  che  il  beato  Giordano  sud- 
detto diresse  all'  intiero  Ordine  dei  PP.  Predicatori  in  quella  oc- 
correnza (1).  Deducesi  dal  fin  qui  detto  che  le   ceneri  di  s. 

(1)  Gio.  Bàtt.  MiLumi,  f^ita  di  j.  Domenico,  Appendice  P.  2.*  Dei 
Monumenti  i  ìli.  Epist.  b.  Jordani.  alnstrumentis  fabrilibus  lapis  duriori 


Digitized  by 


Google 


84  MEMORIE 

Domenioo  fino  al  giorao  23  maggio  del  1333  eraao  riaiaate  chiu- 
se in  un  umUe  sepolcro  di  legno,  e  per  dò  Galsa  la  narraàooe 
del  Vasari  Che  poi  l'urna  in  ohe  vennero  posteriormente  rac- 
chiuse fosse  senza  alcun  opera  di  scultura ,  è  indubitato  per  al* 
tra  ugualmente  preziosa  memoria  die  d  è  rimasta.  Con  ciò  sia 
die  nel  giorno  5  giugno  ddl'anno  1267  essendosi  fSeitta  una  se- 
conda traslazione  di  qud  sacro  corpo,  il  beato  Bartolomeo  Ve- 
scovo di  Vicenza ,  dell'  Ordine  dd  Predicatori ,  presente  alla  me- 
desima, ne  scrisse  una  pienissima  rdazione  in  forma  di  lettera, 
ed  in  essa  dichiara  apertamente,  come  T  Ardvesoovo  di  Raven- 
na trasferisse  le  reliquie  dd  s.  Fondatore,  de  twnule  lapideo 
non  caelat^j  ad  marmareum  et  caekUùm  (1).  Solo  in  questo  di- 
scordando da  quanto  ne  lasdò  scritto  Oiordano  di  Sassonia ,  dia 
questi  dice  marmoreo  il  sepolcro  die  il  Vicentino  appella  lapideo. 


caemento  sepidlcro  comfMtginatus  auftrtur:  et  crai  de  subtus  capsa  lignea 

terrae  suffossa  ec Delatum  est  corpus  ad  monumentum  marmoreum 

cum  propriis  aromatibus  ibidem  recondendum.  » 

(1)  Ibid.  $  IV.  Malgrado  ti  evidente  dichiarazione  del  b.  Bartolo* 
meo  vicentino  il  eh.  Davia  scrìve  «  E  tanto  pia  riescirh  verosimile  la 
proposta  data  del  1 236  (  €Uino  che  presso  a  poco  fissar  deve  la  data  della 
fattuì*a  del  pisano  )  ec  Memorie ,  ec  P.  2.*  Append.  1.*  Egli  è  evidente 
che  8e  nel  1267  il  sacro  corpo  era  tuttavia^^ìn  un  sepolcro  di  pietra  o  di 
marmo  senza  opera  di  scultura^  non  può  aflRermarsi  che  Niccola  fino 
dal  1236,  cioè  31  anno  primti  lo  avente  eseguito.  Vero  è  che  in  seguito 
il  Davia  mostra  dubitare  dì  un  epoca  posteriore,  ma  la  lettera  del  vi- 
centino parmi  dovesse  chiarirf^i  l'anno  di  quel  lavoro,  anche  aeaza  il 
documento,  che  noi^  produrremo. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  1..CAP.  V.  85 

DigGrepaina  nata  prokakilasente  dalla  fiialUà  rtetsa  dèUa  fio- 
tra  ohe  vevoè  allora  adopenUa.  E  jenaàMe  segghinge  Mh- 
chde  Piò,  fuse  di  seii4)Uee  peira,  biaaoà  fero  e  bella,  ma 
rotaa  p  quadra  teooodo  Vnao  dei  iemfi.  Ciò  Imstia  cdiarire  IV 
ipooa  Tera  di  quel  maravigligso  laverò  di  Nieoola  Pisano.  Se  no* 
che  tengo-  per  nMfcttHtalo  ebe  soto  nei  primi  dd  1966* 
e  forse  dcon  tempo  innanzi  ei  lo  abbia  eseguito;  penìoodhé  leg- 
gesi  nella  Tita  diioi  come  li  S9  settacihre  del  1266  si  recasse 
in  patria,  e  oon  frate  Mdano  CSsteroense  Termasse  il  contratto 
di  scolpire  Q  palpito  del  duomo  di  Siena ,  oon  obbligo  di  con- 
darlo  a  termine  in  sn  solo  anno,  siccome  lece.  Per  k  qaal  cosa 
nel  settembre  del  1267-  NiQcola  Pisano  era  tnttavia  in  Siena.  (1) 
Gbe  poi  fra  Guglielmo  fosse  presente  alla  traslazione  suddetta  « 
▼ien  narrato  concordemente  da'  Leandro  Alberti ,  dal  Melloni , 
dal  Piò  e  dal  Razzi  (2)  ;  i  .qQalj  ahhenchè  non  dicano  se  ciò  avre- 

(1)  CìcoGMàMk,  Sior^  della  SeuU.  lib.  3.  -^  P.  Giniuiliio  I>k.l4  Yuui 
LtUertSanesi^  toL  1.^  Lett.  XVIII.  Di  quel  maraTÌglioéo  lavoro  del 
pulpito  di  Siena,  NiccoU  Pisano  non  ebbe  di  mercede  che  sole  lire  651 
Frate  Melapo  CisCercenae  era  uno  degli  opera)  del  duomo,  e  credo  au* 
cbe  camerlingo.  Nel  1271  si  trova  essere  stato  incaricato  dalla  repub* 
blica  di  Siena  di  far  riedificare  la  distrutta  chiesa  di  s.  .Cristoforo.  E 
nel  1291  si  trova  un  fra  Domenico  dell'Ordine  degli  Umiliati  operaio 
della  fabbrica  di  Castel  Paganico  in  servigio  della  stessa  repubblica.  Lei" 
tere  Sanesi  ec  Létt.  XXIV. 

(2)L.  kiMmDe  Viris  lUustr»  Ord.  Praed.  lib.  VI  pag.  261.  Mbllori, 
Fita  di  s,  Domenico  cap.  XXIII  pag.  128  in  nota.  P.  Michblb  Piò,  f7<e 
digli  Uomini  Illustri  di  s.  Domenico  ^  lib.  iP  pag.  1 34.  P.  Sisàfiro  Razsi  , 
Fiu  dei  Santi  è  Beati  del  saero  Ordine  dei  frati  Predicatori. 

6 


Digitized  by 


Google 


86  MEMORIE 

nisse  iieDa  prima  o  DeHa  seconda  ;  si  dednoe  non  perfanlD  fodl- 
menle  dover  essere  m  quella  del  1397  perdocchè  ayoraquàndo  (ta 
fatta  la  prima  traslazione  V  AgndK  non  era  ancor  nato.  A 
questo  termine  erano  le  congetture,  kitomoil  tempo  e  Fauto- 
re che  condusse  quelP opera  di  scultura,  e  cosi  prossime  al 
Tero  da  aver  grado  di  morale  certezza.  RimaneTa  soltanto  che 
per  alcun  autentico  documento  di  que*  tempi  o  a  quelli  yldno, 
si  portasse  a  quella  maggiore  evidenza  che  può  dare  la  storia. 
Fatto  adunque  ricerca  dell'antica  cronaca  originale  del  convento 
di-s.  Galerìna  da  Pisa,  che  niuno  a  quanto- sembra  aveva  a  tal 
prqx)sito  consultata,  si  ebbe  tosto  chiarito  che  ambedue  i  pi- 
sani ,  maestro  e  discepolo,  scolpirono  il  monumento  nel  tempo 
che  noi  abbiamo  indicato  (1). 

(1)  ((  Hic  (  fìr.  Gulietmus  )  cum,  beati  Dominici  corpus  tandisBimum 
in  ioUempnìori  tumulo  tevaretur  guem  scuipserani  (  sic  )magistri  NicoU 
de  PisiSf  Policretior  manù,  sociatus  dieto  <a*Mtettori ,  ec 

Debbo  aUa  gentilezza  del  eh.  tig.  profeas.  F.  Buonaiai  di  aver  pò* 
tuto  estrarre  questa  e  altre  notizie  daUa  cronaca  del  ceoT.di  s.  Cate* 
fina  di  Pisa. 


■W»  m 


Digitized  by 


Google 


«r 
CAPITOLO    VI. 

Descrizione  delFArca  di  S.  Domenico  in  Bologna  — .  Parie  che 
ti  ebbe  Niccola  Pisano  e  Fra  Guglielmo  — Scultori   che  vi 
^    operarono  nei  tempi  sttccetsici 


Il  monuineiito  ohe  volganDcnte  appellasi  ¥  Arca  dì  ^  Do^ 
ineaico ,  è  ndla  sua  altezza  totale,  dal  pavimento  fino  alla  pio 
cola  statoa  dd  Divio  Redentore  die  s' iimatea  salla  dmasa ,  me- 
tri 6,  e  centimetri  11.  Nella  longhezzametri  2,e  centimetri  ^. 
Nd  Oanchi  largo  metri  1  ;  e  centimetri  22.  Diyidesi  in  tre  paiv 
tL  Un  imbasamento,  TArcà  propriainente  detta, eoo  coperchio; 
il  tntto  di  marmo  statuario  finissimou  Esso  è  isolato  nella  cap* 
pdla  del  santo  per  modo  da  potersi  vedere  da  tutti  i  lati ,  e$« 
sendo  da  o^  banda  ornato  di  sculture.  La  sua  forma,  coma 
quella  dei  sarcofogi  di  quel  tempo^,  è  quadrilungo-rettilinea.  Del- 
le tre  parti  del  monumento  I^iccola  pisano  e  fra  Guglielmo  non 
scolpirono  che  l'Arca  ove  riposano  le  ceneri  del  S^nto,  essen^ 
do  la  base  o  gradino  di  Alfonso  Lombardi  ferrarese;  la  cimasa^ 
ed  alcune  statue  che l'adcnmano,  di  Niccola  da  Bari,  detto  an« 
Cora  Nicccdò  dall'  Urna;  e  i  due  dngtoU  suUa  mensa,  ano  di 
Michelangiolo  Buonarroti ,  T  altro  d'ignoto  del  secolo  XV.  Non 
è  punto  a  dubitarsi  che  Niccola  pisano  desse  il  ^Ksegno  di  tutte 


Digitized  by 


Google 


88  MEMORIE 

le  storie  ddl' Arca  proprìameofe  delta ,  e  togliesse  a  scolpire  la 
parte  di  fronte  e  le  dee  lateraB,  affidando  a  fra  Guglielmo  la 
parte  posteriore.  Imperciocché  non  è  yerosimile  che  V  Agndli 
fa  giome  età  volesse  dmeotarsi  a  si  disngoale  confronta 

Le  storie  scolpite  net  monomento  formano  sei  comparti- 
menti, doò  due  innanzi,  uno  per  eiascnn  lato,  e  due  dietro.  Le 
Agore  sono  di  mezzo-rilieTO,  dell' altezza  poco  più  di  mezzo  brac- 
cio. Nel  primo  compartimento  Niccola  effigiò  3  miracolo  opera- 
to in  Roma  da  s.  Domenico,  quando  da  morte  risuscitò  il  gio- 
vine Napoleone;  e  nel  secondo,  quando  disputando  nella  Lin- 
guadoca  con  gli  eretici,  venuti  allo  sperimento  del  Tuoco,  furo- 
no arsi  i  libri  de'MiniiM,  e  illeso,  nelle  fiamme  rimase  qndlo 
a  Domenico.  Le  quali  dne  storie  per.  la  composizicme,  il  dise- 
gno, e  segnatamente'  per  l'espressione  sono  quanto  dir  si  possa 
beOisaime,  avuto  riguardo  all'  età   che    vennero  scolpile.  Di 
mesEO  a  questi  due  compartimenti  fece  di  tutto  riHevo  svelta, 
leggera,  graziosa  una  statuiiia  ddla  B.  Vergiue  avente  in  brao« 
do  fl  Divino  suo  figlio ,  la  quale  accresce  bellezza  a  qud  ricco 
e  squisito  lavora  Nel  fianoo  dal  lato  dell' evangelio  ritrasse  con 
fino  accorgimento  due  storie  che  vennero  stranamente  confuse 
dal  conte  Gicognara.  Una  delle  quali  rappresenta  i  santi  apostoli 
Pietra  e  Paolo,  i  quaU  al  s.  Fondatore  consegnano  il  libro  de- 
gli evangdj  affinchè  quegli  vada  a  diffonderto  per  la  conversio- 
ne degli  eretici  e  dei  peccatori;  e  neH* altra  fece  il  Santo  che 
consegna  questo  stesso  libro  degli  evangdj  a  suoi  frati  e  gf  in- 
via a  bandirio  per  ogni  dove.  Nel  fianco  dd  lato  dell'epistola 
iDce  una  storia  soltanto,  la  quale  ricorda  come  gli  angioli  prov- 
vedjcsserodicibola  nascente  famiglia  de'fr^ti  Predicatori,  quando 


Digitized  by 


GoQgle 


LIBRQ  I.  GAP.  VL  80 

Teouta  mieiio  la  carità  dei  Cadali  non  arevaBo  joome  campa- 
re la  vita.  Uguali  .pregi  rispleBdoiio  m  queste  due  storie;  9^ 
non  die  i  due  angioli  di  qaesl'iiltìiiia  sono  di  cosi  rara  fadle»^ 
za  e  di  cosi  puro  disegno,  che  niimo,  vedute  imaiiii  le  goffe 
scalture  di  quella  età  ed  eziaiHUa  del  secolo  s^gueuie^  e  oooti- 
derate  poi  queste  di  Niecola  »  le  credoebbe  opera  del  secofe  XHI» 
ma  di  teaqpi  troppo  a  quelli  posteriori;  dappoidiò  il  disegno» 
le  movenze  e  il  pietre  dei  panni,  tutto  annunzia  nn  progreMO 
nell'arte  meravigliosa  A  ridosso  dei  quattro  angoli  dell' Artsa 
scolpi  i  quattro  dottori  della  chiesa»  i  quali  sdbene  nell'aria 
daDe  teste  e  ndla  dabcurata  esecuzioDe  abbiano  molto  merito, 
pure  non  ben  proporzionati  parvero  al  Daria 

La  imrte  posteriore  del  monumento  die  noi  giufiehiamo 
disegnata  da  Nicoda  ma  eseguita  da  fìra  Guglielmo,  nei  due 
con^artìmenti  anziché  due  storie  ne  presenta  sei;  tre  ddle  quaH 
voglion  dirsi  piuttosto  dd  beato  R^[inddo  di  Orleans  discepolo 
di  8.  Domenico/ e  tre  dd  santo  Fondatore:  e  sono  le  seguenti 
1.*  Il  b.  Reginaldo  il  quale  còlto  da  mortx>  flerissimo,  si  abban- 
dona fira  le  braccia  di  un  giovane  che  lo  sostiene,  a.*  La  B.  V. 
risana  F  infermo  e  g^  addita  l'abito  del  novdlo  instituto  de'frati 
Predicatori,  ingiungendogli  di  vestiria  3*  Il  medesimo  die  te* 
nendo  le  sue  mani  fra  quelle  di  s.  Domenico  è  liberato  da  una 
tentazione  fortissima ,  cosi  interpetra  il  Daria.  Il  secondo  conn 
partimento  vien  diviso  dal  primo  con  una  bella  statuina  dd 
Divin  Redent(»re,  che  nd  disegno  non  pure  ma  ndl' esecuzione 
eziandio  sembra^ opera  di  Niccola.  Seguitala  4*  storia,  la  quale 
nppresento  la  visione  di  Onorio  III  Poalefice  Massimo,  cui 
io  sogno^parve  vedere  rovinosa  e  cadeoAe  la  basilica  Latera- 


Digitized  by 


Google 


90  MEMORIE 

nense,  e  8.  DomeDÌco  ia  atto  di  sorreggerla.  La  esecuriooe  di 
questo  argomeiHa  fu  sempre  malagevole  a  tutti  i  pittori  che  pre« 
seto  a  £p]orìrl&;  nudlo  più  dovea  esserlo  allo  scultore  per  la 
difficoltà  di  rendere  la  prospettiva.  La  5.*  offire  Onorio  III  che 
prende  a  disamina  la  regola  e  le  leggi  Domenicane.  La  6.*  fi- 
nalmente la  solenne  approvazione  delle  medesime  fatta  da  quel 
Pontefice.  Ognuno  ravviserà   di  leggieri  quanto   infelicemente 
fiofiaero  scelti  gli  argomenti  di  queste  sei  storie,  e  quanto  poco 
si  prestassero  alla  immaginazione  dell'  artista ,  laddove  la  vita 
del  gran  Patriarca  oflèrìva  i  più  svariati  e  commoventi  fatti,  i 
quali  avrebbero  come  quelli  della  parte  anteriore  meglio  fatto 
risplendere  V  ingegno  grandìasimo  di  Nicoola ,  e  la  esecuzione  di 
fra  Guglielmo.  E  invero  chi  ha .  vedute  le  stupen^  pitture  di 
Simone  Memmi  nel  cappellone  degH  spagnuoli  in  s.  Jtf.  Noivélr 
la,  quelle  rarissime  dell'Angelico  in  Cortona  e  in  Parigi,  e  lo 
zoccolo  o  imbasamento  dell'  arca  medesima ,  ove  Alfonso  Lom- 
bardi tolse  a  scolpire  altre  storie  del  santo  Fondatore  ^^  tosto 
ravviserà  quanto  lontano  dal  vero  sia  il  detto  del  chiarissimo 
sig.  F.  Rio,  cui  parve  che  la  vita  di  s.  Domenico  non  si  jHre- 
stasse  quanto  quella  di  s.  Francesco  alla  poesia  dell'  arte  cristia- 
na. Nd  che  venne  meritamente  contradetto  dal  celebre  Monta- 
lembert,  il  quale  con  l'esempio  appunto  del  Beato  Angelico  di- 
mostrò Oailsa  quell'asserzione.  (1)  E  potrebbe  aggrangersì  ancora 

(1)  A.  F.  Rio,  De  la  Poesie  Chréttenne,  an  voi.  in  8.**  i>aris  1837 
chap.  Ili  peg.  86.  Pib  fiate  dorremo  con  lode  parlare  di  quest'  opera 
imporUntiasima  che  tanto  onora  l' ingegno  e  la  pietà  del  chiar.*  autore. 
MoiTALBMBBitT,  Du  VondoUstM  tt  du  CathoUcisme  dans  1^  Art,  pa|;  88. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  1.  GAP-  VI.  91 

cbe  aUorquando  T  Allighierì  pcese  a  narrare  le  gesta  di  quel  Giran^ 
de  ndb  Divina  Commedia  ci  die  <iqel  canto  duodecimo  del  Para- 
diso cbe  fira  i  belli  può  dirsi  bellissimo^edi  grandi  e  stupende  im- 
magini ripieno.  Ma  facendo  ritomo  ai  lavori  sopra  descrìtti  di  fra 
Xhiglidmo  da  Pisa ,  niuno  negherà  certamente  essere  non  poco  in* 
fericNTì  nella  esecuiìone  a  quei  di  Niccola  suo  maestrale  trovarsi 
fai  questa  parte  dd  monumento  molti  difetti  dell'età;  perdocchò 
non  sempre  proporzionate  sono  le  membrane  rìgide  e  dure  le  mo^ 
venze  ;  le  estrenùtà  né  beo  posate  né  ben  finitele  ciò  che  pii^  spia- 
ce le  figure  affollate  e  strette  le  une  sopra  le  altre.  Del  quale  di- 
fetto non  debbesi  a  mio  avviso  dar  colpa  nèa  Niccola  nò  al  discepo- 
lo, ma  si  a  coloro  i  quali  in  spazio  cosi  angusto  e  in  tali  dimensio- 
ni vollero  si  ^tlgiassero  più  stoHe  che  il  luogo  veramente  non 
comportava  ;  perciocché  come  fa  altrove  osservato, ove  nella  pur-* 
te  anteriore  due  sole  storie  eccupano  due  compartimenti,  in 
questa  entro  due  se  ne  vollero  sei.  Malgrado  i  quali  difetti  niuno 
che  conosca  le  condizioni  della  scultura  italiana  nella  metà  del  se- 
colo  XIII  negherà  che  fra  GugMdmo ,  se  non  raggiunse  3  mae- 
stro, vuicesse  non  pertanto  quanti  in  quella  stagione  operavano 
di  scultura ,  se  ne  eccettui  Arnolfo  e  Giovanni  pisano. 

.  A  questi  ornamenti  di  storìe  che  tutta  fasciano  e  adomano 
r  urna  sepolcrale  di  s.  Domenico,  i  due  artisti  aggiunsero  lungo 


«  entailUurs,  comment  se  fait^il  que  V  Ordre  detfréres  Précheurs  mt 
produit  toni  de  grand  artistes,  et  du  premier  rang ,  teU  gtie  fra  Angelico 
et  fra  Bariolommeo  ,  tandis  fue  U  nombre  de  ceum  sortis  desjhéres  Mi^ 
neurs  est  infinimient  moindre*  Nom  auouone  que  nous  $ommes  jaloux  de 
U  mmndre  peax€lU  de  la  gioire  de  ».  DominUfue  ec.  » 


Digitized  by 


Google 


92  MEMORIE 

la  ooniioe  superiore  an -fregio  dì  foglie  di  acanto  frameoale  va- 
gamente  da  alcuni  angdlettì  ;  il  tatto  condotto  con^  bnon  disegno 
e  diligenza  infinita.  Questi  sono  i  layorì  che  l' Agndli  esegui  in  Bo- 
logna in  compagnia  di  Niccola  ;  terminati  i  quali  il  maestro  tornò 
in  patria 9  e  il  discepolo,  come  si  disse,  rimase  spettatore  del  so- 
lenne traslocamento  delle  reliquie  del  santo  Padre.  E  dappoiché 
tanto  abbiamo  scrìtto  di  quesl'  urna ,  crediamo  far  cosa  grata  al 
lettore  accennando  almeno  i  larori,  che  nei  tempf  successivi  furo- 
no dagli  altri  Talenti  artefici  eseguiti.  La  qual  narrazione  come 
che  strettamente  non  appartenga  alle  presenti  memorie,  non  per- 
tanto aTTisiamo  possa  riuscire  accetta  a  tutti  quelli  amatori  o 
cultori  ddle  arti  a' quali  non  fti  conceduto  anunirare  qud  mo- 
numento, o  loro  non  pervennero  le  preziose  notizie  die  ne  pub* 
bKoava  fai  Bologna  il  marchese  Davia. 

Il  concetto  di  Niccola  pisano  nitomo  l'Area  di  s.  Domenioo 
non  potea  dirsi  conq>iuto  con  le  storie  sopra  descritte,  mancando 
tuttavia  la  base,  e  que'ricdìi  e  vaghi  adornamenti  che  sopra  e  in- 
tomo i  sepolcri  de'  grandi  uomini  costuniavansi  in  qudk  età.  E  a 
cui  piacesse  farsi  a  indagare  qual  forse  sana  stato  F  intiero  diso- 
gno del  monumento  domenicano, ove  al  valente  scultore  fosse  sta- 
to conceduto  mandarlo  ad  efletto,  deve  a  mio  avviso  richiamare 
alla  mente  quello  che  alla  regina  di  Cipro  ergeva  intorno  a  quei 
tempi  Puccio  in  Assisi  (se  veramente  dì  Puccio  é  quell'opera) ,  e 
al  b.  Benedetto  XI  in  Perugia,  Giovanni  pisano;  quel  di  Guido 
Tarlati  ni  Arezzo,  opera  beUissìma  di  Agostino  e  Agnolo  sanesidd 
secolo  XIV,  o  meglio  ancora  il  magnifico  altare  della  chiesa  cat- 
tedrrie  di  quella  stessa  città ,  ove  riposano  le  sacre  ceneri  del 
vescovo  e  martire  s.  Donato,  cui  Giovanni  pisano  ergeva  tal 


Digitized  by 


Google 


UBRa  I.  GAP.  VI.  M 

moiiiiineDtOy  die  sene  eecettoi  quel  di  8.AgostiiìomPaTÌa,iiOQso 
qoal  altro  lo  Tinca  o  l' ugnagli  in  Italia  (!].  Tatti  questi  mona- 
menti  e  altri  di  qoe'tempi  e  a  quelli  yidni  si  adomavano  non  pu- 
re con  figure  di  tutto  o  mezzo  riliero,  ma  eziandio  con  Topera 
deir  ardìitettura  ;  e  sono  pur  raghe  a  vedersi  qudle  colonne  spi- 
rali sottilissime,  sorrette  da  animali  simbolid;  que' tempietti  go- 
tici, quelle  guglie  intagliate  a  serafini  trafori  ;  qneUijmgicdicberi* 
BHido  daDHina  e  dall' altra  banda  le  oorfioe  lasciano  vedere  la  statua 
giacente  dd  santo  o  dell'eroe;  poscia  nella  base  rabeschi  in  sraal- 
io  o  musaico,  e  in  ultimo  chiudersi  con  una  rozza  si,  ma  aSettoo- 
sa  e  devota  iscrizione  che  invita  il  riguardante  aila  prece,  o  gli 
riovda  fl  coninn  fine  degli  uomini.  Fosse  diflatto  di  meoi  o  altra 
a  noi  ignota  cagioiie,  intcumo  a  due  secoli  rimase  Farea  di  s.  Do- 
menico in  quella  forma  die  avea  ricevuta  da  due  pisani  sculto- 
ri (2).  Fhiahnente  ranno  1469  i  tirati  Predicatori  vennero  nella 
unanime  determinazioQe  di  compiere  fl  monnmento  m  modo  de^ 
gno  dd  gran  Patriarca  del  quale  racchiude  le  ceoeri.  Le^iesi 


(1  )  Il  magnifico  monomento  di  s.  Agostino  in  PavUfu  giudicato  dal 
conte  Cicognaim  opera  de^i  aHieTi  di  Agostino  e  Agnolo  sanesi.  Ebbe  il  suo 
oominciamento  li  14  dicembre  1362.  Al  presente  decomposto  in  tntte  le 
sue  parti  giace  in  una  stansa  contìgua  alla  cattedrale.  Era  largo  br.  2, 
alto  1,  lungo  5.  Vi  sono  fra  grandi  e  piccole  di  tutto  o  meteo  Hliero 
ben  290  figure- Costò  ai  religiosi  Agostiniani  pih  di  4000' fiorini  d'oro 
di  sole  mercedi.  Star,  deità  Scutt.  libr.  3  cap.  Y  pag.  291 . 

(2)  Fiào  alla  metà  del  secolo  XY  Tenifa  soprapposto  aU*  urna  mar- 
morea di  s.  Domenico  un  umile  copercbio  dì  legno^  cui  nei  di  feslÌTÌ 
soprappoQe?asi  un  drappo  d'oro. 


Digitized  by 


Google 


04  MEMORIE 

tuttavia  nel  libro  delconsigH  dd  coovenlo  di  s.  Domejuico  di  Bo- 
logna Tatto  con  il  quale  nel  giorno  9  luglio  dì  quell'anno  decreta- 
vasi  dai  padri  il  lavoro ,  e  se  ne  affidava  V  impresa  a  Mae$tro 
Niccolò  di  Paglia  scultore  insigne:  e  con  altra  deliberazioiie 
delli  10  agosto  di  quell'anno  ^esso  si  concedeva  all'artista  stanza 
in  convento  (i).  Come  ai  religiosi  non  bastavano  le  raccolte  de- 
mosine,  si  volsero  ai  sedici  Riformatori  ddla  città  »  i  quali  per 
ciò  che  narra  Leandro  Alberti ,  deputati  quattro  del  loro  numero 
promotori  dell'opera,  e  destinata  la  somma  di  700  scudi  d'oro, 
fecero  tosto  dar  principio  al  lavoro  dall'  art^uce  suddetto  (2).  Se 
non  che  Y  arte  in  cosi  lungo  volgere  di  anni  avea  fatti  tanta  rapi- 
di avanzamenti ,  e  il  gusto  era  mutato  in  guisa,  che  non  poteasi  ragio- 
nevobneute  credere  di  yeder  compiuto  il  monumento  su  lo  stile 
e  col  concetto  degli,  amichi  maestri  ;  ma  in  qudla  vece  abbellksi 
di  tutte  le  ingenue  e  pure  grazie  della  scoltm^  dei  tempi  iDhe  per 
lei  volsero  migliori.  Quattro  anni  pose  Niccola  a  lavware.U  co- 
perchio marmoreo  che  si -volle  soprapporre  all'arca  domenicana 


(1)  Liker  Consilior,  s.  Dominici  Boaoniae  ab  anno  i459,ad. ,,.  un 
¥oL  infoi,  MS,  (Jrch.  del  conv,)  pag,  i9,  1469,  9  julii.  De  fabricatione 
Arce  s.  Dominici  nondum  complete,  debeat  compievi  per  mag,  Tficolaum 
de  Pulia.  pag.  20»  1469, 10  augusti,  Decretum  ^uod  mag,  NicoUus  fa^ 
bricare  debeat  in  conwentu.  » 

(2)  L.  Aimti,  de  divi  Dominici  Calaguritani  obitu  et  sepukura, 
Bononiae  1535.  a  Et  acceptU  septingealit  aureit,  Untp  fenrore  id  opat 

protecuti  snnt,  ut  sexta  decima  )ulii  anni  -  147S. operimeotum 

marmoreum  maximo  ingenio  et  noa  miuor'i  artificio,  elaboratum  archae 
imposilum  fuerit.  » 


Digitized  by 


Google 


LIMIO  I.  GAP.  VI.  95 

HI  luogo  A  qiidlo  di  legao»  e.nd  giemo  16  di  loglio  dell'anno 
it13  afabeii€faé  mancante  dì  alcune  statue,  Ti  fa  collocato;  i  la- 
vori del  quale  noi  descrìveremo  con  le  par^  stesse  del  eh.  Da-* 
via.  «famakasi  il  marmoreo  coperchio  con  elegante  e  Tarìata  curva- 
tura dal  vivo  della  cornice  superiore  dell'arca ,  tutto  ricoperto  di 
finte  tbgtie  snnmetricamente  alternate  su  tutta  la  sua  superficie, 
formando  nel  suo  cofano  un  ripiano,  dal  quale  discendono  attorno, 
attorno  e  ad  uguali  distanze  otto  larghe  zone ,  terminate  al  basso 
in  altrettante  volute  o  rotoli ,  da  servire  di  base  a  olto  figure  di 
tutto  tondo ,  che  rappresentano  li  santi  Francesco ,  Petronio ,  Do^ 
Bienico>  Floriano,  Procedo,  Giovanni  il  Battista,  e  due  altri 
Santi  i  quali  non  nn  fu  dato  conoscere  p^  mancanza  ili  connotati 
(Sùno  %  Si,  fnmUri  Vitak  e  Agricola.)  Sovrapposto  di' indicato 
ripiano  avvi  nn  ben  architettato  fregio  ornato  di  Serafini ,  e  co» 
renato  dalla  corrispondente  cornice  ricca  dì  finissimi  intagli,  su 
de*  quattro  a^joli  della  quale  sono  poste  le  figure  di  altrettanti 
Profeti  di  tutto  tondo,  e  nel  messo  de' due,  i  qaaU  aUa  taccia 
anteriore  dd  monumento  corrispondono,  il  Signor  nostro  in  mezca 
figura  spof'gente  nudo  dal  sepolcro  e  da  due  Angioli  adorato.  Al 
di  sqpra  della  cornice  dell'  indicato  fregio  scHrge  un  abata  quasi 
piramidale,  su  cui  poggia  una  specie  di  candelabro  di  deganii^sima 
fintna,  che  regge  una  figura  di  lutto  tondo  rappresentante  un  Dio 
Padre,  avente  il  globo  nella  sinistra,  e  ccdla  destra  in  aUo  di 
benedite.  Dalle  anse  del  vaso  di  esso  candelabro  discendono  due 
grancfiosi  encarpi  o  festoni,  di  fiori  e  di  fi-ntta  svariatamente 
intrecciati ,  contro  de'  quali  appoggiandosi  due  griu:losissimi  putti, 
posanti  su  due  volute  appiè  del  candelabro,  gli  fan  urto  col 
peso  de'  loro  corpi ,  studiandosi  dì  dargli  una  gradevole  incor- 


Digitized  by 


Google 


96  MEMORIE 

vatnra  »  (1).  I  quali  tutti  adornamenti  e  figprc  sono  A  cosi  sqpé* 
sita  bellezza,  e  condotti  eon  tanto  amore  e  dìMgenta,  che  me- 
ritarono a  Niccola  venire  denominato  dalfArea^  come  Jacopo 
suo  maestro  lo  fu  dalla  Fcnte^  che  avea  sì  lodevolmente  scolpita 
in  Siena  sua  patria.  A  dar  conipitnento  al  ricco  fi^egìo  rimane- 
vano a  farsi  ancora  alcune  staine,  le  quali,  forse  perchè  im- 
pedito Niccola  da  altri  più  importanti  lavori ,  e  poi  dalla  morte 
nel  1484 ,  non  poterono  esservi  collocate ,  onde  ciò  che  allora 
{Nirve  a  dolersi,  riuscì  poi  a  maggior  decoro  del  monumento 
medesima  Gonciosiachè  dai  fiorentini  caccialo  in  esiglio  Piero 
de'Hedid  il  quale  con  pessime  arti  avea  tolto  a  reggere  la  so* 
miqpenta  repubblica ,  Michelangiolo  Buonarroti  giovile  quaAri* 
lustra  che  dal  Medici  avea  protegginiento  e  fiivoro  cercando 
scampo  dagli  sdegni  del  popolo,  riparossi.  prima  in  Venena  eon 
Piero,  poscia  in  Bologna,  ove  da  Giovan  Francesco  Adovrandi, 
uno  dei  sedici  del  governo,  con  ogni  umanità  ricevuto,  tolse  ai 
prieghi  di  lui  a  decorare  l'urna  Domenicana  con  Topera  del 
suo  scalpello.  Alcuni  lasciarono  scritto  avervi  egli  scolpile  ben 
quattro  statue;  altri  tre;  chi  ne  ricorda  due  sidameote.  Nei 
seguiteremo  l'opinione  dd  chiarissimo  signor  Vinoenao  Vanwn 
che  ne  fé  diligente  ricerca.  «  Sono  alcuni  storici,  che  aBérmano 
avere  Michelangiolo  scolpite  nell'arca  di  s.  Domenico,  oltre 
TAngelo,  le  statue  di  s.  Petronio,  di  s.  Procub  e  di  s.  Vtmt* 
Cesco.  Ma  per  altre  autorità  si  dimostra  non  avari  lavorato 
che  i  panni  del  s.  Petronio  lasciato  tmperTetto  da  Niccola  da 
Bari;  del  s.  Francesco  non  sono  prove  bastevoli  alla  opinione 

(1)  Memorie  Sionco''artistiche ,  ce  pag.  30^  31. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  L  GAP.  VI.  m 

fi  eaA;  ed  il  s.  Prooolo^  par  documeàtì  aotentid,  si  conosce 
eseere  opera  falla  iDnanii  Micbelaogiolo  »  (1] .  Sembra  pertelo 
che  solo  Tangiolo»  il  quale  di  preseole  si  vede  sulla  mensa 
dal  fallo  ddl' evangelio  sia  opera  del  Bnonarroli  (3).  A  ISur  con* 
Irapposlo  all'altro  simile  ^  già  vedaasi  scodilo  da  ignoto  su 
qndla  stessa  mensa  dal  lalo  ddl'epislola,  il  fiuonarroU  iecèlo 
piegalo  a  terra  l' un  de' ginòcchi  hi  allo  di  adorazione,  e  aventa 
fra  le  mani  nn  candelabro.  Lo  rìvesU  di  lunga  tunica  con  fael- 
Bflshiio  putito  di  pieghe,  ed  atleggionne  il  toIIo  e  la  persona 
a  tanta  rtrerenza,  e  dief^i  si  rara  nobiltà  di  forme, che  asolo 
rìguardario  tosto  vi  si  ravrisa  la  sembianj»  di  uno  spirito  disceso 
dal  cido.  Le  altre  staine,  a  quanto  sembra,  vennero  tutte  scol- 
ile da  Gerdamo  Cdièllini  bolognese  nel  secolo  XVI,  artista  ei 
pare  di  raro  merita 

Gomechè  già  splendesse  di  grandissimi  pregi  l'arca  del  s. 
Fondatore,  e  niun'altra  dell'Italia  si  potesse  a  quella  paragonare, 

(1)  V  Ang/elo  del  Buonarroti  che  adorna  il  monumento  di  *,  Dome» 
mito,  illustrato  dtdprof.  Vinc.  Vannini,  Bologna  1840  ìd  iP  Ci  gode  l*i- 
aiiBO  di  anooDxiarQ  che  questo  ditttnto  architetto  bolognese  da  alcun 
tempo  si  è  dato  a  raccogliere  notiiie  inedite  onde  illustrare  la  magnifica 
cappella  ore  sorge  Tarca  di  s.  Domenico.  Colgo  assai  volentieri  questa 
occasione  per  attestargli  la  mia  gratitudine  per  le  nolisie  di  cui  mi  fu 

*   cortese  intomo  qualche  artista  dell'ordine  Domenicano. 

(2)  Il  Condivi  che  a  lui  attribuisce  due  statue,  cioè  il  s.  Petronio 
e  r Angelo,  scrive  che  del  primo  ebbe  ducati  12  e  del  secondo  18  e 
soggiunge  y  che  avrebbe  fiitte  eziandio  le  altre  se  le  minacce  dì  un  ar- 
tista bolognese  che  quelle  statue  aveva  in  animo  di  scolpire,  tion  lo  aves* 
sere  coasigtiato  a  partire  di  quella  città.  V.  Vita  di  MiicheL 


Digitized  by 


Google 


08  ME  HO  R  I  E 

non  pertanto  considerata  nell'insieme  (osto  si  polea  facilmente 
conoscere  ihancarle  una  elevazione  che  rendesse  il  monumento 
meglio  proporzionato  nelle  sue  parti,  e  all'occhio  si  offerisse 
più  svelto  che  in  vero  non  era.  Voleasi  adunque  uiio  zoocolo  o 
base  che  lo  sollevasse  quanto  iacea  di  mestieri ,  e  con  niKm  fregi 
e  adornamenti  gli  crescesse  leggiadria.  Di  ciò  siamo  debitori  al  ed. 
Leandro  Alberti  bolognese,  religioso  di  quello  stesso  éonreoto ,  il 
quale  con  vivissime  instanze  indotto  nel  suo  consiglio  il  gonfin 
hmìere  di  giustìzia  Antonio  Marsigli ,  propose  al  senato  ék  Bo- 
logna ed  ottenne,  che  a  spese  del  pubblico  erario  si  facesse 
una  base  ugualmente  marmorea  al  sepolcro  di  s.  Domenico,  la 
quale  fosse  ornata  a  storie  in  basso  rilievo  per  mano  del  chia- 
rissimo scultore  Alfonso  Lombardi  ferrarese.  La  somma  elargita 
non  fu  che  di  cento  scudi  d'oro,  avendo  forse  sopperito  al  dipiù 
r  Alberti  e  i  suoi  frati.  11  contratto  con  l'artefice  è  dei  20  novem- 
bre 1532.  Posto  quindi  mano  all'opera.  Alfonso  divise  il  fregio 
della  base  in  cinque  compartimenti  di  non  uguale  grandezza, 
quattro  dei  quali  più  piccoli  istoriò  con  fatti  della  vita  del 
santo,  ed  uno  nel  mezzo  più  grande  adomò  con  una  storia 
del  nuovo  Testamento ,  vo'  dire  con  1'  adorazione  dei  Magi. 
Scolpi  adunque  nel  primo  con  bellissime  considerazioni  la  na- 
scita di  s.  Domenico.  Nel  secondo  ritrasse  il  santo  che,  fanciul- 
lino  di  pochi  anni,  abbandonato  il  proprio  letto,  si  adagia 
sul  nudo  terreno.  Nel  terzo  fece  due  storie,  ovvero  una  stessa 
in  due  tempi  diversi.  La  fame  travagliava  la  città  di  Palenza  ; 
e  i  ricchi  e  i  potenti  chiusi  ad  ogni  pietà ,  non  che  soccorrere  i 
poverelli  mostravano  ignorar  che  patissero.  Il  giovane  Guzmano 
dato  quanto  aveva ,  vendè  in  ultimo  i  libri  de'  qjiiali  faceagU 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  VI.  99 

di  mestieri  oegK  stadi  delle  fflosoeche  e  delle  teologiche  disci- 
pline- E  io  questo  y«fi  al  banco  an  cotale  che  ha  semhiaiize  di 
osoriere,  cod  occhio  diffidente  namerare  il  danaro  al  santo  il 
qoale  lo  ys^  dispensando  ad  una  turba  di  storpi  e  di  faindici  che 
tutto  k)  inlomia.  In  ultimo  scolpi  il  transito  di  s.  Domenico^ 
e  gli  AngìoU  che  con  mirriril  festa  e  trionfo  ne  portano  Tani* 
ma  beatissima  al  ciela  Dire  partitamente  dei  pregi  di  que^ 
ste  cinque  storie  sarebbe  yersarsi  in  troppo  lungo  discorso. 
Bisogna  yederle  per,  conoscere  quanto  valente  arteCce  fosse  il 
Lombardi,  e  quanto  ben  meritata  la  stima  che  di  lui  aveva 
Hichelangiolo  Buonarroti /il  quale  voUe  averlo  socio  nel  fon- 
dere in  Bologna  la  statua  di  Giulio  U.  Ciò  che  reca  veramente 
ammirazione  è  come  in  si  piccole  dimensioni  (  le  figure  sono 
alte  un  sol  qnario  di  braccio  bolognese,  metri  0.  160  )  ei  po^ 
tesse  mostrare  si  ricca  composizione,  si  buon  disegno  e  si  squi- 
sito lavora  B  perchè  ben  disse  il  Gicognara ,  che  infuori  delle 
dimensioni,  tutto  è  grande  in  queste  mirabili  sculture  (1].  Per 


(1)L.  Alberti,  De  divi  Dominici  Calaguri toni  obitu  et  sepuUura.  a  Quia 
et  anno  MDXXXIl  basim  marmoream  miitutissimis  figui'is  insculptam  ab 
Mfotiso  lombardo  egregio  statuario  poni  jussit  (  i.  e.  Senatus  Bononien- 
tis  )  prò  qua  aureos  centutn,  curante  Leandro  Alberto  Bonon.  et  M,  Jn^ 
tonio  Marsilio  vexillifero  justitiae  ad  senatum  referente y  et  ipse  senatus, 
videlicet  XL  viri,  ex  publico  erario  decrevit.  Unum  dixerim ,  absit  in- 
vidia verbo,  me  quamplurima  nobilissima  sepulcra  ex  argento,  atque  ex 
lapidibus ,  ex  aere  diducta  «  idisse ,  non  solum  per  Italiam ,  quam  totam 
peragravi ,  prout  in  geographia  ac  topographia  ipsius  ìtaliae  ostendi,  sed 
etiam  per  Germaniam  GcdUasque  y  et   adhuc  non  solum  superius  ullum 


Digitized  by 


Google 


1CM>  MEMORIE 

siffatta  guisa  nel  corso  di  tre.seooli  la  scultura  itattaoa  veone 
a  sparger  Gori  sul  sqpoicro  di  quel  grande,  che  sjprenate  le 
pompe  e  i  diletti  del  secolo  p^  Ja  cariti  dtà  finatelU,  si  rese  po- 
vero yolontariOy  e  seguitò  Cristo  ndla  via  deUe  umiliazioai  e  dèi 
dolori;  al  quale  Tltalia  non  sob,  ma  TEuropa  tutta  dere  io 
gran  parte  la  cooserFaziooe  ddla  fede  cattolica  e  ravanzameiito 
delle  sceme,  ddle  lettere  e  deDe  arti 

hoc  Bonedstimo  septdcra^  ted  necpar  vidi.  »  Copiotittlme  e  preiiote  no- 
tizie tntorao  la  tnlaUiione  del  corpo  di  t.  Domeaioo,  it  euo  sepolcro,  là 
chiesa,  ec.  ponno  leggersi  nella  yita  di  s.  I^menlco  scritta  dal  dotto  od 
accurato  P.  Mellòai.  V.  cap.  XXIII  pag.  124  e  seg.  Bimanefa  a  decorerai 
di  scultore  la  parte  anteriore  4^Ua  mensa  ;  alcuni  religiosi  dì  quel  con» 
vento  con  proprie  qpese,  nello  tcorfto  secolo  ne  affidarono  la  cura  ad 
artisti  bolognesi  ed  estranei.  Bfauro  Tesi  diede  il  disegno  di  tutti  gli  or* 
uamenti;  Carlo  Bianconi  eseguì  quello  della  storia  che  tì  è  scolpita  e 
rappresenta  la. sepoltura  di  s.  Domenico.  Alessandro  Salyclini  scolpi  i 
Iregi  a  gli  ornamenti,  e  Giovanni  Battista  Boudard  francese ,  direttore 
della  scuola  di  scultura  in  Parma  ^  scolpi  la  storia  sopradetta.  I  quali 
lavori  comechè  latti  in  tempi  per  l'arte  non  felici,  non  pertanto  hanno 
molto  merito. 


►♦♦^ 


Digitized  by 


Google 


lot 

CAPITOLO    VII. 

S^fwita  la  YUa  HFraGu^itlmo  daPi$a.—Smi4mlwri  nH  dMmo 
di  Orvieto  f  e  m  patria. -r^  Sua  morte. 


-^♦4 


I%>reratepfurtitaiaent6  lesettUoree  i  piegi  onde  rbpieiide  ruma 
di  s.  Domenico^  è  di  oMBlìeri  ripigliare  b  vita  di  fea  Guglielmo 
Agnelli  I  biografi  délT  ordine,  e  la  cronaca  dd  coarmlo  di  s.  G»- 
ieritta  di  Pisa,  clie  tolte  ccfse  d  tacqoen  di  lui,  Jiairano  Ito 
dolo  che  brereineiMe  racconteremo. U  giònioSdi  gingno dell'anno 
1867  ^m  fermalo  par  il  aotonne  traaiocamento  del  corpo  di  «.Do- 
mepico  ndl'oma  ooveilamenle  scolpita  dai  dna  artefici  pisani  A4 
impedire  ogni  pia  farlo  ddle  sacre  reliqaie,  Q  generale  dei  frali 
Predicatori,  ollennlane  bcollà  dal  Pontefice,  fobnìnò  la  scorna- 
Bica  contro  cU  si  attentasse  rapirle.  B  iNioa  frate  Guglielmo 
immemore  A  qudla  terribile  commìnaiione,  tanto  si  adopera 
e  cosi  destramente,  die  a  lui  renne  fatto  involare  ona  coalola  del 
santo,  la  qode  con  grandissima  aegretem  e  gfabbilo  del  soo  cuo- 
re recata  in  Pisa,  nascose  sotto  l'aliare  di  s.  H.  Maddalena  nella 
dnesa  del  suo  instituto;  stimandosi  con  ciò  assai  largamente  rimu- 
nerato di  quanto  aveya  egli  fatto  per  r  adornamento  del  di  lai  se- 
p<ricro  in  Bologna.  Né  mai  ebbe  rivelato  ad  alcuno  quel  furto,  se 
non  quando  venuto  l' estremo  momento  del  viver  suo  non  avea 

7 


Digitized  by 


Google 


102  MEMORIE 

più  a  temere  l' indignazione  del  generale  dall'ordine  (1).  Or  segoi- 
lando  a  narrare  le  òpere  da  lui  eseguite  tn  patria  e  fuori,  dob- 
biamo in  prima  riflulare  una  congettura  del  P.  Guglidmo  della 
VftUe,  il  quale  sospettò  che  Nicooia  pisano,  di  Bologna  recatosi 
in  Siena  onde  6col|iire  il  bellissimo  pulpito  della  cattedrale,  con 
Arnolfo  e  Lapo,  secondo  voleva  il  contratto,  conducesse  seco 
eziandio  il  figlio  Giovanni  e  F Agnelli;  perdoechè  sembrava  al 
dotto  Francescano,  che  in  si  breve  spazio  di  tempo,  quale  fu 
quello  conceduto  a  Niccola,  non  potesse  con  due  soli  allievi 
compiere  quell'  inmienso  lavoro.  Ma  cosiSatta  opinione  non  è  più 
dato  sostenere  essendosi  provato,  che  nel  tempo  in  coi  Nlceola 
scolpiva  il  palpito  sanese  fra  Guglielma  dimorava  io  Bologna 
nella  metà  appunto  di  qoell'  anno  1267. 

Qut  abblanio  un'inmiensa  lacuna  nette  storia  di  Ara  Go- 
gHdmo,  della  quale  chi  volesse  rondar  raglMe,  non  potrebbe 
che  risalire  a«qudla,  non  so  se  io  dica  modestia  o  trascoranza 
degli  antiidìi,  più  ambiziosi  di  spendere  te  vita  in  opere  bdle 
e  onorate,  che  4i  quelle  scrivere  o  favellare;  nurito  in  ciò  Aversi 
dei  moderni  nei  quali  posstemo  lamentare  povertà  (8  fatti ,  ma 
non  di  parole.  Non  è  veroéimile ,  come  potrebbe  apparire  dal  si- 
tenzio  delle  crofiacbe,  che  un  artista  del  merito  dell'  Agnetli-  re- 
stasse inoperoso  per  lo  spazio  di  venlisei  anni,  e  poi  insieme  ai 
primi  scultinri  ddl'età  sua  fosse  invitato,  a  operare  in  Orvieto 
que' bassi-rilievi,  che  destano  FammiraaoHe  di  tutti  0' inten- 
denti delFarte.  Né  è  chi  ignori  coiìie  uguali  e  fonse  maggiori  tene- 
bre coprono  te  vita  e  le  opere  di  altri  valenti  scultori  in  tempi 

(1)  àLm»ti,  Piò,  ■  MB|.i.oBr. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  VII.  103 

meno  daf  M^trì  kmtaHi,  come  i  due  rioontatf  die  4iperarono 
DeliVarna  di  s.  Domenico /Nìcccflò  da  Buri  e  Gerolamo  Còll^ 
Km.  È.  questa  fonìe  l'epoca  più  beila  deHa  yitft  éi  fra  Gag^ìdmo, 
qoaodo  matnro  di  a«n,  perfeziopato  ttell'arte,  potè  coqAt* 
nolfo  diriderc  la  gloria  di  dafe  all'Italia  un'opera  che  le  ac- 
creacé  éerUanente  splendore.  Haiidereino  inùanri  alGane  notizie 
troppo  necesaarié  a  ineglio  dichiarare  la  storia  deffartiata  é  Fo* 
pera  cbe  eì  dovette  eseguire. 

TnUe  le  città  ddr  Italia /lei  sei;;^  XIU  e  XIV  diedero  esem- 
pio di  eodliattto  entnsiitsmo  in  prò  delle  arti,  die  ha  certa* 
melile-  del  i^wligàosò.  Venesia^  Pisa^  Monte  Gasmo  avean  dato 
Fimpobb;  Siena  lo  seguite  ed  eresse  la  sua  magnfioa  oattedràle* 
Ffreme  affidò  ad  ÀroolfQ  T  impresa  di  erigere  tal  tempio  che 
ben  si  addicesse  ad  un  popolo  per  arti,  per  lettere,  per  eom- 
merdo  fknricMssiaio.  Assisi ,  JPado^a ,  Bobigna/ec  gareggiarono 
con  le  altre  città:  Tutte  però,  se  ne  eccettui  Assisi,  erano 
ricche  e  potenti  ;  ma  destò  meraTigHa-  redere  la  piccola  città 
di  Orvieto  emulare  nell'alto  concetto  e  nella  magniflcenza  le 
piò  insigni  dell'Italia  con  il  suo  duomo,  che  posto  allato  a 
quello  bdlissimo  di  Skm^  o  io  yiuoe  o  lo  pareggia.  Monumentò 
glorioso  del  genio  italiano,  vero  emporio  deUe  arti;  ricco  delle 
sculture  di  Arnolfo,  di  fra  Guglielmo,  di  Agostino  ed  Agn3lo 
sanesi ,  dì  Coro  dì  Gri^orio  «aoese ,  dì  I)oqalello,  di  Simone 
Mosca,  di  Raffaello  di  Monte  Lupo^  d'Ippolito  Scalza  disce- 
polo del  Buonarroti,  del  Gaccini,  di  Gbvan  Bologna,  oc  e 
per  dò  che  è  di  .pittura  adomo  dal  pennello  di  Gei^tìlp  da  Fa- 
briano, dd  beato  Giovanni  Angelico,  di  Beuozzo  Gozsoli,  4i 


Digitized  by 


Google 


101  MEMORIE 

Lmb  SigBoidU^fe.Tanpfeereito.iionooiirQrodiili  principe, 
BUI  eoa  Fobokt  del  popolo  (1).  ^ 

La  CMidamiie  dd^dnomo  di  Orvieto  risde  «iraMiD  1390. 
La  priatia  pietra  Ai  posta  il  di  13  Boyembre  dal  Ponteflee  Nk>» 
eelò  IV.  LorauBO  Maitaoi  diede  il  diaegno,  e  fti  dichiarato  ar« 
chileltOt  capo  e  direttore  4ella  lalÉrioa.  Voiendosi  àk&  f«d 
tempio  splendesse  di  tatta  la  luce  ddle  arti,  farond  inritali  da 
ogni  parte  d'Italia  i  più  Talenti  cultori  d4)e  medesiaae.  Vi  Ten« 
nero  sopra  quaranta  art^d,  tra  quali  primegf^yano  Arnolfo, 
i  Cosmati  romani.  Ramo  Pagaoelìo,  e  prdUbilmente  Gioraani 
pisano  (3).  Fra  GugUdmo  si  trova  ricordato  nelfe  meoiorie 
deir opera  sotto  l'anno  ISaS;  egli  lavoraya  nella  loggia  desti- 
nata agli  scultori  e  a^  scarpdiini;  Quanto  si  trattenesse  in  Or- 
vieto si  ignora.  Arnolfo  ne  dovette  essere  partito  sui  primi  dd 
làM,  perebè  In  detto  anno  fti  dato  principfo  cdn  sn  disegna  al 
magniflco  tempio  di  s.  Croce  in  Firenae ,  e  quatiro  anni  dopa 
a  qnelto  di  s.  M.  del  Fiore  (3).  Essendo  pertanto  ceda  la  paf* 

(1)  Scrisse  mu  storia  del  duomo  di  Ònrielo  U  P.  Guglielmo  daUa 
Ville  AL  C.  Uoto  benemerilo  ^lle  arti.  La  pubblica  nel  1791  senza 
noma  d' autore.  Evvi  unita  u^a  collezione  di  stampe  risgoardanti  i  bassi 
rilievi  della  iacciata ,  le  statue  che  sono  nell'  interno ,  e  le  pittare  dell*  An- 
gelico^ di  Luca  Signorelliy  ec 

(2)  Storia  del  duomo  di  Orvieto.  Dpcum.  N.^  11  pag.  ^.  I  capi 
scultori  avevano  poco  pib  di  6  soldi  il  giorno:  i  garzoni  2;  Cosi  Niccola 
pisano  quando  operava  in  Siena  aveva  soltanto  8  soldi  pisani. 

(3)  Arnolfo  fìno  dal  12S0  aveva  scolpito  in  Orvieto  il  bel  monumento 
sepolcrale  del  card.  Brayo  in  s.  Domenico. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  CAP.  VII.  ti» 

dft  Onrialo  #  questo  scidtore  e  aròUteCto,  e  dubbia  la 
A  GtofMUtf 'pisaiib,  cmeò  la  ragione  di  credere  che 
Fdpcra  dei  basitrBiefi  sia  in  molta  parie  domta  all'AgneBL 
Di  Mlì  qoei  ledcéoU  rioordaU  dal  Vasari  eomè  oooq^ti  in  seot 
yire  marmi  per  qneUa  basiHoa,  non  iti  (roraio  inemoria  neirar- 
cbMo  della  fabbrica  che  di  vn  sóbh  ^Slemanno  e  di  an  fiammingo. 
Fer  bmUo  tempo  Ai  crednto,  die  la  pia  parte  e  la  pi6  rara  dei 
citati  baasHrflieri  si  doresse  allo  scalpetto  di  Niooolae  di  Giovanni 
pbanL  Lo  disse  il  Vasari  e  lo  ripeterono  tutti.  Il  P.  DeHa  Valle 
Jktla  diligènle  Asamba  ndl'- archivio  dell' opona,  ove  erano eo- 
piqrisanne  nofiqe»  non  rinvenne  giammai  il  nome  dell'uno  o 
dtf  nltio  scultore;  ifon  pertanto,  e  ciò  é  degno  di  molta  oo»- 
U  pose  IQoDola  primo  nel  lìovera  di  tutti^psdli  che  vi 
Del  ^o  .Giovanni  è  probnbOe  ma  non  consta  per 
i  dooumenti«  Il  Ctoognara  con  giusta  critica ,  adfimùsM 
HloQifla  pisano  nato  col  secolo  XIII;  e  fece  riflettere  che  ponendo 
le  aciritnre  ddla  linciata  ahneno  contemporanee  atta  fiMataiione 
dd  dnomo  orvietano  (1S90)  »  Niccola  sardibe  stato  nonagenario, 
e  ninno  crederi  CMihasnte  che  in  tale  età  ei  volesse  o  potesse 
fa^rendere  qnd  lavoro  [1].  Se  Giorgio  Vasari  non  fosse  uso  tanto 
sovente  a  contradirsi, purmi  che  da  fad  medeomo  potrdibe  dedur- 
si  il  tempo  della  morte  di  Nicoota,  e  la  sofauione  del  dubbia 
Narrando  la  vita  dd  figlio  Giovanni ,  scrive:  Ma  finalmenie  af>m- 
io  amto  nuore  efce  Nkeoia  tmfodré  era  morto^  $ene  andò  a  Pi- 
M ,  dorf  fu  per  la  virtù  ma  da  tutta  la  città  con  molto  onore 


(1)  Storia  deità  Sculutra,  lib.  2  cap.  4. 


Digitized  by 


Google 


iOC  MEMORIE 

riceviUo^  ce  o  vedati  «Icairi  SUOI  lavori-,  %  pisani  dMerò  cura  a 
€fÌovanni  di  fare  Ctdifi:^  del  Càngio  Semk^  Dal  jefae  appiurìsce  oo- 
me  aUorqaando  GioTannl  pose  mano  alla  erezìoiie  ilei  Cam|[M>  SaA- 
to,  il  pàdire  «no  era  di  ^à  trapassata  Or  «pic^  fabbrica  fii  eo- 
mmciafanel  1278;  che  è  a  dire  dodid  anni  innanzi  che  si  ponesse 
la  prima  pìdra  del  duomo  4i  Orrielo.  Concedato  ?ero  il  raoooiao 
dei  Vasari,  panni  dileguato  ogni  ìAibbìà  U  P.  Ddla*Valle  vide  la 
dfffieoltjl  dr  queila  cronologia ,  ma  sembra  tiòn  la  yalòtas^  gran 
fatto;  perciocché  con  certa  sua  ammirafaile  indiCEerenza  diòe  ciie 
settania  e  piit  anni  prima  (  dalla  foodaK.  dr  quel  doomo  ]  Niceola 
pismèò  godeva  rynitazione  di  ecceiientisiimo  f  avendo  fatlo  il  depo- 
sitò di  s.  Domenica  in  Balognar  e  vani  puipUi  della  Tosìùò- 
nati  (1)  Altrove  poi  oonsiderafa  forse  meglio  la  quesliobe,  dal 
tuono,  affermativo  cHsoese  al  didbbiò.  Questa  manemxa  (  di 
molte  carte  )  pia  e  pvà  volte  mi  tenne  dMbioso^  se  dovessi  ere^ 
dere  al  Y(isari',  che  le  più  belle  sculture  e  i  bassirrilievi  della 
facciala  attribuisce  a  Niccolo  pisano.  Però  non  atendonoi  nella 
storia  dell  arte  del  secolo  XIII  un  arte/U»  che  lo  uguagli^  e 
trovandosi  in  qtml  tempo  Artèolfo^  uno  deipmmied^piUf^olenti 
discepoli  che  egli  soleva  condurre  seco  neW  esecuzione  ddle  molte 
e  importanti  opere  ordinategli  nelk  principali  città  dell'  Italia^ 
mi  pare  meno  erronea  F  opinione  di  coloro  che  tengono  col  Va- 
sari  (2).  In  qual  modo  p<H  il  biografo  aretioo  fosse  tratto  in 
errore,  parmi,  se  mal  non  mi  avviso»  di  averlo  rinvenuto. 


(1)  Storia  del  duomo  dì  Orvieto,  Docuin.  XCI* 

(2)  Ibid,  cap.  1  pag.  99. 


Digitized  by 


Google 


UmO  I.  CAB.  VII.  i*W 

Sarà  appunto  9  P.  D^a  YaUe  ohe  ee  lo  additerà  fra  i  docu- 
meiitl  relativi  agli  artisti  jfcl  secolo  XV  (  V.  N.^  70  ).  Scrive  lo 
storico  suddetto.  «  Qui  ci  si  presenta  tm  M.  Niccolò  di  Pisa  con 
m  suo  figlio  abile  seullerCy  e  probabilmenle  nipote  (  dopo  daeoeuio 
aoaiii  )  di  quM altro  famoso  che  fioriva  sul  fimrm^  del-  secolo 
XIII; cacai  si  detnmo  ipiù pregevdi  bassi^Uievi  della  facciata 
come  si  disse.  »  Farmi  facile  a  dediirsi  che  il  V^lsari  o  i  suoi 
eorrispoudenti,  i  quali  è  d'uopo  confessare  sonasi  eurayano 
gran  bìtìù  d'esattezza^  trovato^  neHe  antiche  memorie  un  NiCr 
cola  pisano  ed  un  suo  figlio  scnUeri  in  Orrieta,  tuttoché  poste- 
riori di  due  sècoli^  de  fiuN>no  tratti  in  errore  per  la  somigliania 
dei  nome,  della  professione  e  d^a  patria. 

Dalla  storia  adimqoB  di  quella  basica  non  è  dato  ccxmh 
Sfiere  a  ecii  sìa  dovuta  la  parte  [mocipale  <U  quelle  scollare; 
e  3  nostrp  fra  Guglielmo  appena  vi  si  trora  ricordato  in  un» 
nota ,  avendo  il  chiarissimo  ai]iÉ>re  dimenCìtòto  quanta  parie  ei 
quan(a  lode  gliene  attrìboisse  in  una  sua  lettera  dei  3  giugno 
1787  diretta  al  signor  Alessandro  da  Morrona,  la  quale  Irorasi 
inserita  nell'opera  Risa  Illustrala  (1). 

(1)  Nei  termini  seguenti.  «  Che  dirà  sentendo  un  altra  scultore 
pisano,  fra  Guglielmo  dell'Ordine  di  s.  Domenico  al  pari  di  esso  (  Nic- 
cola  pisano  )  valente  nelC animare  quelle  ammirajbili  storie  ?  (  del  duomo 
di  Orvieto  ).  Quando  io  nei  giorni  scorsi  per  molte  ore  le  ammirai, 
gii  affetti  da  esse  in  me  eccitati,  t animo  mio  jUori  di  me  portando, 
mi  tenevano  immobile  e  muto  come  il  marmo,  e  il  marmo  dai  due  bravi 
pisani  animato  con  tanta  eccellenza  vivo  n/i  pareva y  parlante,  impe-^ 
rioso. .  .  .  io  tengo  per  Tsrio,  che  sino  ai  tempi  di  Mqffaello  cosa  pia 
bella  nelle  produzioni  dell'arte  non  siasi  veduta  giammai.  » 


Digitized  by 


Google 


im  MEMORIE 

I  bassMrilievi  de"  quali  Tagamenle  si  adorna  la  CMciala  del 
duomo  Orvìeiano,  abbracciano  in  iioorcio  la  BloriadelTeooiiio 
e  del  BUOYO  Testamento;  ì  pia  pregevoli  dei  quali  fl  P.  Ddla  Valle 
d  ha  dati  incisi  in  qualtordid  taTole;  e  sono. — La  creaijone  de- 
gli animali  ^  la  quale  è  oontenbta  in  due  bassi-rflieYi  ;  quella  del- 
l'uomo  e  della  donna  ne  abbraccia  tre.  Il  divieto  ai  nostri  pro- 
genitori di  cibarsi  del  frutto  dell'albero  fatale  e  la  Iqro  disuttl- 
dienia.  Il  rimproyero  del  loro  misfatto,  e  la  cacciata  ddTEden; 
Adamo  ed  Eva  in  esigilo  che  fanno  saggio  dei  mali  della  Tita. 
Il  sacrìfiiio  di  Caino  e  di  Abefoi  H  primo  fratriddfo— .  E  tra- 
sportando lo  spettatore  dalla  genesi  del  mondò  aHa  sua  distra* 
zione,  flgurarono  il  risorgimeato  universale  neil' estremo  del 
giorni ,  le  pene  dei  dannati  e  là  gloria  degli  eletti  MnAile  epo- 
pea  ndla  quale  il  pensiero  valicando  uno  sterminato  giro  di  se- 
coli y  si  ferma  a  meditare  come  T  umana  lieimiglia  passasse  per 
il  doppio  stadio  d'innocenza  o  di  colpa,  ed  in  quello  di  pre- 
mio o  di  pena!  In  quella  età  cosi  calda  di  Cede,  gl'italiani  bra- 
mavano aver  sempre  d' innanzi  agli  occhi  e  presènti  al  pensiero 
gli  argomenti  delle  loro  sperante  e  dei  loro  timori,  sia  die  il 
pennello  o  lo  scalpello  dell'artista  cristiano  dovesse  incarnare 
un  sublime  concetto,  o  l'arinonia  del  suono  si  maritasse  a  quella 
dd  verso.  Dante,  Niccola  Pisano,  Giotto,  non  aveano  segno  o 
parda  che  piò  accendesse  gì'  italiani  a  nobilmente  operare  quan- 
to il  dogma  cattolico  ddla  vita  e  ddla  morte.  Qufaidi  e  le 
gioie  stesse  e  le  feste  popolari  erano  improntate  di  questo  ca- 
rattere, essendo  la  rdigipne  qud  forte  vincdo  che  armi,  lettere» 
scienze,  arti,  costumi  stringeva  in  amichevole  accordo. 


Digitized  by 


Google 


LIBBO  I.  GAP.  VU.  1» 

n  Ooognara  nd:  porgere  giadUo  dei  InMi-rttèvi  Orrielaiii  d 
pifye  eooesÓTaoieiite  severo;  nò  tane  volle  riOeltere  che  bod  ben 
$1  addioeva  nn  paragone  dei  medesinii  ood  queW  dei  palpiti  di  Pi- 
sa e  di  Siena,  e  le  storie  dd  monomenlo  di  s.  Domenico  in  Bolo- 
gna ;  perdoccbè  questi  doveano  esser  vedati  a  fareve  distanza  ;  e 
perciòfaroDo  condotti  ed  esq^oiti con  grandissima  diligean;  laddo- 
ve quelli  ddla  CBMX!sata  del  duomo  in  Orvieto  coUocati  a  media  aM 
a,  esposti  a  tutte  le  ingiurie  éA  tempo  non  consentivano  cosi  pa- 
àeote  l'opera  delle  lime  e  ddle  soU)ie,  a  dannò  dell' eSstlo  gene- 
rale. Vero  è  che  ninno  deHa  scuola  di  Nicocda  giunse  a  uguati^ 
re  il  maestro  nell'lmprimere  nei  marmi  tutto  il  calore  d^i  ai- 
ietti  più  svariati;  ma  ninno  potrà  ragionevobneiite  negare  che  idU 
cuni  tra  i  hassi-rilievi  Orvietani  si^endanodi  bellissimi  pregi,  se- 
gnatamente la  creazioDe  di  Adamo  ed  Èva ,  il  sacriQzìo  tf 
JUìde,i  nMtriprogenittNri  intesi  al  lavoro,  ec.  Che  se  fra  questi 
ne  sono  a  quando  a  quando  degli  inferiori,  come  il  rimprovero 
ddl'  Eterno  ai  prevaricatori,  le  pene  dd  dannati  ,ec.,  la  mdtìpliciti 
degli  artisti  die  vi  operaronoyi  quali  non  avranno  per  certo  tutti  avo- 
lo un  merito  uguale,  d  deltono  rendere  ragione  ddla  inegoag^iania 
che  si  trova  fra  lassir  Ma  generalmente  vi  sono  ben  disegnati  inndi, 
snpa'ale mdte  difficoltà  del4isqino,  ed  i)  concetto  espresso  con 
moHa  efficacia;  né  an<frè  forse  errato  dicendo,  che  quel  secolo 
non  d  ofire  opera  più  bdla  di  questa,  dopo  le  ricordate  di  Nio- 
cda  pisano. 

Quanto  tempo  V  Agndli  dimorasse  in  Orvieto  non  è  ben 
eerto,  ma  nd  1304  il  troviamo  in  patria  occupi^  in  grandi  la- 
vori di  scultura  e  di  architettura:  e  dò  rende  ragione  dd  non 
essere  stato  invitato  dal  cardinale  Niccolò  Albertino  Domenicano 


Digitized  by 


Google 


uà  MEMORIE 

a  scolpire  in  Perugia  il  monniiiei^  sepolcrale  del  setnine  fon- 
lefloe  Benedetto  XI  deHo^tesso  islitiito,  Hianoato  ai  "tiri  appoolo 
in  qoeH'aiuio  IdM  ai  ^  di  lug^Iio.  Fa  in  qoeUa  yeoe  prescelto 
Gioramii  pisano,  ebe  Io  esegai  con  molta  sua  lode.    ' 

I  monad  Gamaldolensi  di  Pisa  bramando  dar  compimento  atta 
kro  chiesa  di  s.  ICdiele  in. Borgo,  e  decorame  la  facciata  con 
storie  in  basso-nUero,  invitarono  a  quell'opera  fra  Guglielmo,  già 
chiaro  per  qaeHe  fette  in  Orvieto.  La  chiesa  ed  il  monastero 
dì  s.  Michele  in  Borgo  riconoscono  la  loro  origine  nel  101& 
ARérma  il  Vasari ,  e  con  esso  kri  il  sig.  AlessaìMlro  Da-Morrona ,  che 
nel  1262  Niccola  pisano  V  operasse  non  so  che  di  scidlara  o 
di  Architettara  (1).  In  seguito  quel  tempio  dovette  essere  rinno- 
vato o  in  tutto  o  in  parte;  pei^occbè  si  legge  come  nel  1904  l'a- 
bate Andrea  di  Volterra  vi  facesse  eseguire  dal  nostro  fra  Guglid- 
mo ,  oltre  la  facciata ,  il  tetto  e  parte  della  chiesa.  Questo  impor- 
tante lavoro  di  architettura  insieme  e  di  scultura  occupò,  a  quan- 
to sembra  ,tultii  nove  anni  chea  fra  Guglielmo  bastarono  ancora 
di  vita.  Non  ò  verosimile  però  ohe  eisolo  scolpisse  tutte  le  storie  in 
etàgià  molto  avanzata  (aveva  oltre  passati  i  60 anni);  eia  diversità  del 
meritò  in  esse  annonzia  per  giudiiòo  dd  Morrona,  diversità  di  artefici 
collaboratori.  Non  pertanto  parmi  non  si  possa  facilmente  con* 
cedere  al  dotto  ilhfttratore  di  Pisa ,  che  fra  coloro  che  aiolà- 
reno  V  Agnelli  potesse  essere  Giovanni  pisano,  il  nome  del  qua- 
le come  che  assai  celebre  non  si  sarebbe  per  certo  taciuto  nella 
iscrizione  e  che  ricordava  1*  aatore  dei  bassi-rilievi.  E  invero'  trop- 
po era  Giovanni  oppressalo  di  commissioni  e  di  opere,  per- 

(1)  Pisa  lUuHrùtm,  voi.  3  p.  1  cap.  VI  $  2. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  l  CAF.  VU.  Ili 

ofierirsi  socio  di'  Agn^  ;  aè  lurere  temìpo  dofotte  tyer  pMttU» 
ÌB  Penigia  presso  i  religioisi  di  s.  I>oiiMnìeo,.per-i  iiaali^  oltve 
ayére  scolpito  il  moBanunto  di  Benedetto  XI  e  quello  di  Vtìùs. 
Nicoolò  GuidaloUi  institatcNre  della  nnifersiià  peragiaa,  rkostrol 
con  soo  disegno  là  oaye  dì  raeczo  della  tor  cinesà.  Nel  mentre  cte 
Guglielmo  atleDdeyaaUa  fobbrica  $  s.  Mìdieie  ìa  Bórgo  è  aHà  wA- 
tura  de'diariiait  fàgli  iogiiHito  di  faaee  eziandio  xsà  polputo  isto- 
riato Mlk  fbggia  di  quei  di  Siena^  di  Pisa  e  di  Pistoja;  e  segui- 
tando le  tracce  del  «no  maestro  Nìccola  autore  dei  nvédesfani»  l'eb- 
be in  breve  tempo  scolpita  Ma  la  barbarìodi  quei  4empicl^<fiooii6Ì 
dyili,  distrusse  lex)pQre  dd  buon  frate  pitanò,  cosi  le  itoriodrila 
facciata  come  queHe  del  p^r^nno;  ood  lìmaneiidoBa  al  presente 
die  sole  otto  trasferite  alla  Cattedfale,  e  ooUocat»  parte  sott» 
le  cantorie  e  parto  su  le  pòrte  delle  due  saoMia 

Compiuti  tutti  i  sópeadetti  lavori  con  lode  4Mranefice  e  sed*- 
dis&zione  de' monaci /«  voile  perpetuane  la  menoria-eon  un 
iscrìzìoBe  al  presente  distrutta,  ma  riporlala  daH' abate  Grandi 
lieHa  sua  Epist.  de  Pandectis ,  come  si  legge  nel  Monona.  Per 
la  quale  «i  la  manìfasto  che  fra  Guj^iehao  è  antoce  dei  layori 
già  ricordati;  e  si  correggono  eziandio  tutti  [gli  storici  che  po- 
sero la  morte  di  lui  sotto  Tanna  1312,  Paolo  Tonici,  U  Piò,  e 
k)  stesso  Morrona,  il  quale  con  la  iaerizione  che  egli  riporta 
àyea  modo  di  conoscere  ed  emendare  l' errore  di  quella  data^  (a). 
fanpercioocbè  il  vèrso,  miUeno  ireeehto  tre$  datodmoydkD^  aper- 
tàmentott mille  trecento  tredici r  e  Panno  priino  dell'impero 
di  Enrico  VII,  pure  in  quell' iscrizione  ricordato,  ci  dà  mani- 

(a)Vedi  Documento  (ì). 


Digitized  by 


Google 


Ita  heuorie 

feflaiiieiiie  Vmmo  131S.  knperaooobè  sé  ^era  atikK  kiooto- 
nato  in  MBaM  oon  la  eorpna  di  ferro  H  6  gwm^  del  1311. 
seto  però  neiraono  wtigaealit  avea  dota  io  Roma  ^léHa  di  im- 
p«alore.  È  nolo  come  iMOrase  io  BaoDonarento  presso  Sìeaa 
li  S4  agoato  131S.  Noferando  pertanto  gU  avi  ddla  sua  ìoeo- 
renamie  in  Boma^  avea  regnato  im  anno,  nn  mese  e  fenti- 
cinque  gicNmì.  In  ferere»  come  si  diiae,  segnitoUo  Ara  Gnglielmo 
Agnelli»  il  quale»  giusta  il  Piò»  contava  anni  novanlafi  età  »  ma 
pii  prababilmente  intorno  a  settanta,  dopo  averne  passati  dn- 
qnantasei  ndl'Mitoto  dei  fntà  Predicatori»  come  leggesi  ndla 
cronaca  del  convento  dì  s.  Caterina  di  Pisa  (a). 

Fra  OogBelmo  nwrjtaya  pertanto  no  posto  onorato  neHa 
storia  della  scultura  italiana  per  i  moltred  importanti  lavori  da 
lui  eseguiti  in  patria,  in  Botogna,  in  Orvieta  Ma  come  a  molti 
artisti  è  avvenuto,  delle  «uè  fatiche  aUrì  colse  la  gloria.  Non 
deve  adunque  recar  menviglia  se  A  conte  Gicognara  non  to  ri- 
corde  che  in  una  nota  della  sua  storia  (1)  :  vlat  è  però  inconce- 
pibile che  A  sig.  Alessandro  da  Iforrona ,  il  quale  primo  d  diede 
lenotiKiedcHasnavitaedeUesueopere,  non  consultasse  eumene 

(1)  Storia  delia  Scultura,  yoh  3  lib.  3  cip.  Vi.  «  Jbbiamo  anche 
lofidi  memwMli  erttie  aUa  àumoria  di  firme  Guglielmo  Domenicano 
urMtétto  e  eeuUore,  e  di  cui  si  riportano  memorie  daltaltb.  €randi 
Camaidoiete  nella  sua  Epist,  De  Pandectis  e  Leandro  Àlkeni  lo  Mama 
optimue  lapidum  Mculptot»  Mori  questo  bratto  frate,  non  omesm  anche 
dal  Morrona,  nel  1312  e  poteva  egli  pure  essere  mittente  nel  tempo  di 
fueifi  edifiii  (di  t.  Maria  Nojslla  )  almeno  per  ultimarli^  » 

(a)  Vedi  Documento  (II). 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  VH.  113 

avet  lotto  Tagio  »  la  cronaca  manofioritjte  deleoBveato  di  s.  Caterina 
per  la  quale  arrdribe  almeno  oonosciata  'h  parte  che  questi  dibe 
nei  monomento  4i  8.  Domenico  in  Bologna  (a).  Del  merito  ano 
come  artista  e  come  refigioso  parct  aver  detto  a  solBcienaa,  solo 
aggiungeremo,  phe  probabilmente  sno  discepolo  nell'arte  fa  un 
tal  frate  Fazio  knco  éeH  conyento  di  s.  Caterina  di  Pisa  ;  che 
nella  cronaca  ha  il  titolo  di  Magister  Seulpttire.  Egli  a?rà  pro- 
babilmsnte  aiutato  r  AgnelH  né^molli  snoi  layorì,  npa  di  lai  non 
si  ha  altra  memoria  che  il  breve  elogio  della  sua  pietà  che  ci 
lasciò  il  cronista  del  convento»  il  quale  ne  segna  la  morte  sotto 
l'anno  1340. 

(a)  Vedi  Documento  (IH). 


Digitized  by 


Google 


114  MEMORIE 


CAPITOLO    Vili. 


Architetti  Bolognesi  e  Lombardi. —  Loro  fabbriche  in  Venezia  ^ 
in  Padova  y  in  Treviri ,  in  Milano. 


-Molte  volte  d  è  occorso  lamentare  l'ingrato  sflenzio  deg^ 
storici  9  che  lasciarono  in  obUyione  non  meritata  artefici  di  bel- 
r  ingegno;  la  perdita  delle  antiche  memorie  avvenuta  in  tempi 
dai  nostri  non  lontani ,  quando  dispersi  i  pacifici  abitatori  dei 
chiqstri ,  e  manomessi  i  loro  archivi  e  le  loro  biblioteche  »  mol- 
te ed  importanti  notizie  tuttora  inedite  andarono  perdutele  ben 
sovente  ancora  provammo  dol<Mre  per  non  aver  potato  con  lun- 
ghi viaggi  estendere  maggiormente  le  nostre  ricerche,  come  ^a 
richiesto  dall'importanza  dell'argomento.  Ciò  è  quanto  ci  av- 
viane pur  di  presente. 

Tre  magnifici  templi  eressero  i  Domenicani  con  proprii  ar- 
chitetti negli  stati  della  repubUica  di  Venezia;  e  tali  ohe  poa- 
no  a  buon  diritto  uguagliarsi  ai  più  belli  d'Italia;  non  pertan- 
to appena  possiamo  accennare  il  nome  de'  loro  artefici ,  o  solo 
dedurlo  per  valide  conghielture.  Sono  questi  s.  Giovanni  e 
Paolo  in  Venezia,   s.  Agostino    in   Padova,  e  s.    Niccolò  di 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  Vm.  113 

Treyìgì(l}.  Goo  hreri  parole  ci  passerema  dei  primi  doe^epiù  d^- 
stesameole  parleremo  del  lerzo  per  la  m^ggioir  oopia.  ddle 
notizie. 

1  frati  Predicatori  dovettero  essere  Tenati  Mnoltaneameiite 
ioJPadova el  iq  VencKia.  In  qoest' ultima  cittàenHio stati  prece- 
doti -dal  santo  Fondatore  rumio  1221.  Probabilmente  a  prin- 
cipio si  ricOTeraroQO  presso  alcun  privato  cittadino,  o  Bd  poih 
Mici  "spedali ,  come  loro  era  avvenuto  iù  Siena ,  In  Firenze ,  in 
Ifilano,  ec  Giusta  la  t^ronaca  di  Andrea  Dandolo,  Iranno  se- 
sto dd  dogato  di  Giacomo  Hepolo ,  i  Domenicatìi  per  il  grido 
della  loro  eloquen;tei,  [ex  Icmdatione  puSlicae  còncionis)  otten- 
nero da  quel  Doge  un  peòd  di  terra  palustre  e  limacciosa  nei 
confini  di  s.  Maria  Formosa  e  di  s.  Marina ,  ed  ivi  idinalzaro- 
no  la  loro  chiesa  e  il  loro  convento  (2).  L'anno  sesto  del  do- 
gato di  Giacomo  Hépolo,  secondo  la  cronologia  del  P.  Bernar- 
do De-Rid)eis,  è  il  1234  (3).  Sono  lungi  però  dal  cred^e  che 
per  si  gran'^  tempo  ì  frati  Predicatori  dimorassero  in  Venezia  sen- 
za propria  abitazione;  potendosi  congetturare  che  sul  luogo 
ceduto  loro  dal  doge  avessero  eretto  un  più  ampio  e  regolare 

X^)  E  probabile  che  eziandìo  la  chiesa  di  s.  Anastasia  in  Verona  e 
quel  concento  dei  frati  Predicatori  siano  stati  eretti  da  architetti  dell'  Or- 
dine ^  ma  per  mancanza  di  memorie  non  posso  accertarlo. 

(2)  Liber.  X  cap.  V  p.  XIII  V.  Ber,  Italie.  Script,  voi.  XII. 

(3)  De  Rebus  Congregationis  b,  Jacobi  Salomotiii  in  Proteine,  s. 
Dominici  F'enetiarum  erectae.  Commenta  Histor.  auctore  fr»  Jo.  Frane. 
Bernardo  M.  De  Bttbeis.  Veneliis  1751  un  toL  in  4.^  V.  cap.  II  5- 
II  pag.  ^9. 


Digitized  by 


Google 


tic  MEMORIE 

edificio  Nelb  quale  opinioiid  consente  il  D&-Riibei8  per  Pan- 
tonta  di  Ferdinanda  UgheUi ,  il  qnale  riportando  nn  preàoso 
documento»  ci  induce  a  credere  cbe  fino  dal  ISM  potessero 
avere  almeno  un  ospizio  cosi  in  Venena  che  in  Padova.  Di- 
cesi pertanto  in  qudil'  antica  memoria ,  come  ^ìiordano  da  M> 
dena  yescoro  padovano,  a  richiesta  e  supplicaiione  di  finale  Gui- 
done priore  dei  Doìnenicani  (fi  Padova»  e  di  firnjte  Martino  prìo* 
re  di  qod  di  Venesia,  benedicesse  la  prima  pietra  del  nuovo 
tempio  che  i  medesimi  divisavano  innaliare  in  Padova  sotto  la 
invocaaóne  di  s.  Agostino.  Tutto  ciò  Fanno  1S27  nel  giorno  5 
di  oltoiire  (fl  D^-Rubeis  legge  1226]  Per  il  qnal  documento 
viene  aecertafo  come  in  detto  anno  ndile  città  di  Veneaa  e  di 
PoKlova  fesse  una  comunità  di  frati  Predicatori,  de' quali  qnd 
firate  Guidone  e  quel  /rate  Martino  etmo  i  superiori  (t). 

AHAbooo  iucpiù  luoghi  dovuto  anumrare  l'attività  e  il  con- 
cetto graiMlissimo  cqsI  degli  italiani  come  degU  oltramontani  in 
erigere  fiibbriehe  sontuosissime  in  questo  meraviglioso  secolo 
XUI;  e  come  gareggiassero  eziandio  in  magnificenza  di  dii^e 
dì  chiostri  (^  stessi  ordini  religiosi  novellamente  ìnstituiti.jnaE- 
grado  la  severa  povertà  che  e' professavano.  Venezia  di  presente 
ce  ne  offire  altro  bdUssimo  esempio.  Avevano  i  frati  Minori  dato 
cominciamento  a  un  nuovo  e  magnifico  tempio  con  disegno  di 
Niccola  pisano:  i  Domenicani  non  potevano  tenersi  ristretti 
nell'angustia  di  un  piccolo  oratorio,  e  diedero  anch'essi  prin- 
cipio al  loro,  che  per  la  somiglianza  deli* architettura  fò  cre- 

(1)  Italia  Sacra^  toL  V  pag.  444.   De  àtAeUy    loc  cit  cip.  2 

$.  2  ptg.  68. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  GAP.  VIU.  117 

dere  al  Cioognara  fosse  disiato  dalto  stesso  artefice.  Ma  U 
Vasari  clie  nella  yha.di  questo  scoltore  e  architetto  gli  attri- 
buisce il  tempio  dei  Frari  tace  di  quello  di  s.  Gìovaani  e  Paolo. 
I  daigenti  Ulnstratori  delle  più  cospicue  fabbriche  di  Venezia, 
soggiongono  a  questo  proposito:  «  Noi  non  abbiamo  che  opporre 
a  tal  coi^iettnra  (  del  Gcognara  ) .  Ove  però  la  medesima  non 
reggesse  a  tutte  prore,  sarebbe  permesso  credere,  che  siccome  la 
rdigiosa  famiglia  di  questi  padri  (  Domenìcam  )  bene  spesso  fioriva 
di  architeli  domestici ,  cosi  pure  in  tal  caso  avesse  ricorso  alla 
industria  di  un  suo  fratello  »  (1).  Oltremodo  ci  piace  la  riser- 
batezza  di  questi  scrittori,  i  quali  per  mancanza  di  notizie  non 
osarono  proferire  un  giudizio.  Nella  importante  operetta  che  ci 
ha  data  il  eh.  ab.-Bourassé  sui  monumenti  del  mèdio  evo,  e 
della  quale  già  abbiamo  fatta  menzione,  si  leggono  in  una  ap- 
pendice, che  credo  del  traduttore  signor  Carlo  Valle,  le  seguenti 
pande  intorno  quel  tempio:  <c  La  chiesa  di  s.  Giovanni  e  Paolo 
in  mattoni  cominciata  nel  1246  non  ancor  tratta  a  termine  nel 
1390  fu  costruita  pd  Domenicani  di  cui  gli  architetti  seguivano 
imo  stile,  mentre  quelli  dei  Francescani  ne  seguivano  un  al- 
tro »  (2).  Sarebbe  a  desiderarsi  di  conoscere  a  quali  fonti  lo  scrit- 
tore di  qnell'  app^endice  abbia  attinta  cosiffatta  notizia ,  e  quale 
fosse  lo  stile  proprio  dei  frati  Predicatori,  e  quale  quello  dei 
frati  ìfinori.  L'ordine  Francescano  che  iix  magnificenza  di  tempi 


(1)  Fabbriche  più  cospicue  di  Fenettia,  ec  2  voi.  in  fol.  con  inci- 
tiooi.  Venezia  1820.  V.  yol.  2  pag.  3. 

(2)  Archeolof^ia  Cristiana ,  ^c.  Appendice,  pag.  225. 

8 


Digitized  by 


Google 


118  MEMORIE 

pareggia  e  beo  solente  Tìnoe  tatti  gli  allri  iostiluti»  fosse  di« 
fetta  di  ftoprì  architetti  »  o  fosse  la  brama  di  giovarsi  dei  pii!i 
valenti  del  secolo,  è  indubitato  che  nel  XIII  e  fors'anco  nel 
XIV  non  eresse  in  Italia,  per  quanto  m  è  noto,  alcuna  fab- 
brica di  importanza  con  T  opera  de' suoi  religiosi  jU  basilica 
di  Assisi  fu  disegnata  da  un  Jacopo  tedesco,  se  il  Vasari  nar- 
ra il  vero;  e  fra  Filippo  da  Campello  non  fece  che  dirigerne  i 
lavori.  S.  Croce  in  Firenze  riconosce  suo  architetto  il  celebre 
Arnolfo.  S.  Antonio  in  Padova  e  i  Frati  in  Venezia ,  Niccola  pi- 
sano. Per  la  qual  cosa  mal  potrd>besi  dichiarare  quale  sUle  o 
metodo  tenessero  in  quella  età  i  frati  Sfinori  nell' innalzare  le 
loro  chiese.  Ma  per  tornare  a  quella  di  s.  Giovanni  e  Paolo, 
sembra  indubitato  avesse  principio  nel  1246:  perciocché  una 
bolla  di  Innocenzo  IV  data  nel  giorno  10  luglio  di  quell'anno 
stesso, 'concede  indulgenza  a  tutti  che  aiutassero  di  mez^i  quel 
tempio  dei  Domenicani  (1).  Inutili  furono  le  mie  ricerche  oqde 
rinvenire  l'architetto  che  primo  ne  porse  il  disegno;  e  abbenché 
sìa  molto  probabile  che  fosse  dello  stesso  instituto ,  il  quale  ayeva 
di  quei  t^mpi  dovizia  cosi  di  architetti  come  di  scarpellini  e  di  mu- 
ratori ,  non  pertanto  per  difetto  di  notizie  non  oserei  asseverarlo. 
Venuto  meno  il  danaro,  rimase  la  fabbrica  interrotta, o  procedette 
cosi  a  rilento  che  nel  1395  non  ne  era  ancor  fatta  se  non  la  metà 
superiore.  Da  una  lettera  del  ven.  P.  Raimondo  da  Capua  oaaestrQ 
generale  dell' ordine ,  scritta  di  Palermo  in  data  deili  26  marzo 
1395  ci  è  dato  conoscere,  come  riformandosi  per  sua  sollecitudine 


(1)  BuUarium  Ord.  Praedic.  voi.  1.^  pag.  166. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  CAP.  Vra.  119 

ì  conventi  deiVeneti  doiiiinj»per  lo  sdsmshe  per  la  pestilenza  sca- 
doU  dall'antica  osseiranza,  il  popolo  con  larghissime  elemosine 
conctHTesse  a  restaurare  gli  antichi  conventi,  e  a  fabbricarne 
de'nooyi  ;  laonde  ben  20  mila  fiorini  furono  in  quella  occasione 
raccolti  per  condurre  a  termine  il  magnifico  tempio  di  s.  Gio- 
vanni e  Paola  Con  la  qual  somma ,  narra  frate  Antonio  da  Siena, 
fu  costruita  la'  metà  inferiore  del  medesimo,  la  cappella  di 
s.  I>omenico,  ed  il  canq)anile,  che  si  volle  simile  a  quello  dei 
frati  Iffinori  (1).  Dal  fin  qui  detto  appare  manifesto ,  che  se  vera- 
mente Niccola  pisano  diede  H  disegno  di  s.  Giovanni  e  Paolo,  come 
opinò  il  Qcogiiara ,  non  potè  vederne  eseguita  che  una  piccela 
parte.  ^  nei  lavori  fatti  nd  secolo  XIV  è  indubitato  per  T  au- 
torità del  Gbirardacd  e  del  Petrogalli ,  vi  oprasse  in  qualità 
di  architetto  frate  Niccolò  da.Im(4a,  o  frate  Benvenuto  da  Bi3- 
legna ,  ambedue  laici  Domenicani ,  e  assai  periti  in  quell'  arte , 
i  qwdi  diressero  eziandio  per  alcun  tempo  le  fabbriche  di  s. 
Agostino  in  Padova,  e  di  s.  Niccolò  in  Trevigi  (2). 

«  La  chiesa  di  s.  Giovanni  e  Paolo  in  Venezia,  misurata 
nella  sua  lunghezza  è  p.  290.  nella  crociera  125.  Larga  nel  corpo 
p.  80,  e  ¥  altezza  p.  108  che  è  a  dire  dieci  piedi  più  lunga  del 
tempio  di  s.  Antonio  in  Padova.  La  f(^rma  è  quadrilunga  e  tie- 
ne della  croce  latina.  Si  divide  in  tre  navi,  delle  quali  quella 
di  mezzo  sorpassa  poco  meno  del  doppio  quelle  dei  fianchi.  Cin- 
que grandi  archi  di  sesto  acuto  ad  ambi  i  lati  sostenuti  da 

(1)  De  Rubeis,  loc  cit.  cap.  1  J  V  pag.  26. 

(2)  P.  DoMBvico  Fbdbuci,  Memorie  Trevigiane  sulle  opere  del  dise'^ 
SUO,  ce  voi.  2.  Venezia  1803.  V.  voi  1-°  pag.  174. 


Digitized  by 


Google 


120  MEMORIE 

rebuste  colomie ,  ne  compongono  la  lunghezza  Ano  al  braccio  tra- 
Tersale  che  segna  la  croce.  Tutto  è  voltato  a  crocerà  sopra  le 
colonne ,  coHa  diflerenza ,  ohe  dalla  nave  media  muovono  sopra 
una  pianta  quasi  quadrata,  e  qudle  delle  ali  sopra  una  di  dì* 
suguali  dimensioni  »  (1).  11  qual  tempio,  scrive  il  conte  Cìco- 
gnara,  ricchissimo  di  ogni  sorta  di  preziosità ,  può  dirsi  11  Pan- 
teon delle  arti  veneziane,  massimamente  dopo  trasferitivi  i  gran 
monumenti  dì  scultura  e  di  pennello ,  che  erano  In  procinto  di 
perire  nelle  diverse  demolizioni  di  altre  chiese  della  città  [2]. 

Della  chiesa  dì  s.  Agostino  in  Padova,  per  opera  di  archi- 
tettura e  per  adornamenti  dì  pitture  e  dì  marmi ,  ragguardevo- 
lissima, cominciata  nel  1226,  compiuta  nel  1303  sotto  la  dire- 
zione di  fra  Benvenuto  architetto  bolognese,  perchè  distrutta 
dalle  fondamenta  l'anno  1822,  non  faremo  altre  parole;  riser- 
bandoci in  quella  vece  a  favellare  più  distesamente  del  vago 
tempio  di  s.  Niccolò  di  Trevigì  di  cui  c'è  presta  copia  maggiore 
di  notizie. 


(1)  Fabbriche  più  cospicue  di  Vencùa»  Voi.  2  pag.  5 

(2)  Storia  della  Scultura,  yol.  6  libr.  VI  cap.  IV  pag.  232.  Pri- 
meggia fra  tatti  quel  meraviglioso  dipinto  del  Tiziano,  i|  Martirio  di 
a.  Pietro  di  Verona ,  il  quale  nella  scuola  del  veneti  tiene  il  posto  che 
la  Trasfigurazione  di  Raffaello  nella  scuola  romana.  Venne  dipinto  in- 
nanzi al  1537  e  s.  Pio  V  glielo  fece  ripetere  con  variazione  di  alcune 
parti  l' anno  1 566  quando  Tiziano  noverava  già  89  anni  di  età.  Questo 
rarissimo  quadro  in  tavola  recato  a  Parigi  nel  1797  fu  restituito  in  tela 
a  Venezia  nella  pace  generale. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  Vili.  121 

U  bisogno  di  una  parola  di  conforto  e  di  pace  nella  (em« 
pe^  dell'ire  ci?ili,ey  dirò  anche ^  d*un  fireno  alla  importabile 
licenza  dei  grandi,  faceva  ai  popoli  riyeriti  e  cari  i  novelli  or^ 
dini  Mendicanti,  aUoraqnando  si  facevano  a  bandire  la  legge 
dell'amore  e  del  perdono.  Questo  stesso  bisogno  fece  accogliere 
in  Trevigi  con  parziali  dimostrazioni  di  affetto  i  frati  Predica- 
tori l'anno  1221.  E  come  la  piccola  chiesa  lor  concedala  a  prìn- 
dpb  non  valeva  a  contenere  la  moltitndine  grandissima  del  po^ 
pedo,  nel  1231  la  città  decretava  se  ne  ergesse  dalle  fondamenta 
ona  nuova  e  più  grande  (1).  Al  (juale  decreto  facendo  eco  la 
generosità  dei  privali  cittadini,  offeriva  aiuti  di  ogni  maniera. 
£  veramente  ninno  apostolato  fu  mai  tanto  nobile  e  grande 
come  quello  che  allora  i  frati  Minori ,  e  i  frati  Predicatori  im- 
prendevano a  prò  del  popolo  trevigiano  e  ddle  altre  città  di 
Padova ,  di  Vicenza ,  ec.  contro  qud  tigre  di  ferocia  e  di  barbarie 


(1)  Neir Archivio  del  Comune  di  Trevigi,  il  P.  Federici  rinveDDe 
il  decreto  di  quella  città  per  la  erezione  della  chiesa  dei  frati  Predica- 
tori, che  riporteremo  per  intiero,  a  In  Christi  nomine.  Amen.  Jd  ho^ 
norem  Dei  et  Sanctorum  omnium ,  et  ad  confirmationem  sanctae  /idei 
dtristianae,  statuimsu  et  ordinamus  quod  per  Commune  Tarvisinae 
CivitatisJiiU  ecclesia  una  in  congruo  loco  civitatis  vel  suburbiorum, 
in  quajrattes  Ordinis  Praedicatorum  possint  praedicationee  faccine  et 
divina  ojfficia  celebrare  si  placuerit  eis  in  civitate  Tarvisina  vel  Su^ 
burbiis  habere  conventum ,  prò  quo  laòorerio  Potestas  Tarvisinus  per 
comune  expendere  possit  et  debeat  usque  ad  summam  quingentarum 
librarum  et  plus  ad  woluntatem  consilii  et  majoris  partis.  »  FiDiRia 
loc  cit.  voi.  1  pag.  17. 


Digitized  by 


Google 


1^  Memorie 

Ezelìno  da  Romano ,  il  cui  nome  lìa  sempre  esecrato  da  tutti 
che  sentono  affetto  all'  Italia ,  ed  hanno  in  onore  1*  umana  na- 
tura. 

Cosi  il  tempio  di  s.  Maria  Novella  in  Firenze  segnava  un 
epoca  di  pace  Tra  i  Guelfi  e  Ghibellnii,  e  quello  di  s.  Niccolò 
di  Trevigi  »  era  un  tributo  di  riconosoenza  che  il  popolo  di  (fucila 
città  offeriva  ai  zelanti  difensori  de' suoi  più  sacri  diritti  (1). 
Finalmente  nei  primi  del  secolo  XIV  un  cittadino  di  Trevigi, 
un  religioso  di  quello  stesso  convento  dei  frati  Predicatori,  per 
dottrina  e  santità  di  vita  chiarissimo ,  veiùva  dapprima  decorato 
della  satra  porpora;  poscia  morto  Boaiiacio  Vili  passava  a  mo- 
derare i  deslini  della  chiesa  cattolica  col  nome  di  Benedetto  XI. 
In  queir  altezza  costituito  non  dimenticò  la  patria  e  i  suoi  Trati. 
Venne  pertanto  nella  determinazione  di  abbellire  con  nuovi  e 
vaghi  edifizi  la  città  che  gli  avea  dati  i  natali,  e  di  erigere  ai 
Domenicani  un  magnifico  tempio  ed  un  chiostro ,  che  pareggias- 
sero in  bellezza  quei  di  Venezia,  di  Padova  e  di  Verona.  Tre- 
vigi inviati  suoi  ambasciatori  al  Pontefice,  presentò  la  pianta 

(1)  li  Pontefice  AleMtndro  lY  l'anno  1255  mandò  lettere  circolari 
a  tutti  i  T6AC0TÌy  ai  signori,  alle  cillk  libere  di  Lombardia,  dell' E« 
roilia  e  della  Marca  Trivìgiana,  ingiungendo  loro  di  formare  una  crociata 
contro  il  tiranno  Ezeìino,  e  concedendo  per  quelli  che  vi  fi  arruolas- 
sero tutte  le  indulgerne  concedute  a  coloro  che  si  recavano  all'acqui- 
sto di  terra  santa.  Ogni  corpo  di  armata  scelse  a  suo  conduttore  un 
religioso,  e  le  truppe  bolognesi  erano  guidate  da  quel  frate  Giovanni 
da  Vicenxa  Domenicano  che  avea  riconciliati  i  Guelfi  e  i  Ghibellini 
nella  pianura  di  Paquara.  SisMoirDi,  Storia  delle  BepubbUche  luUiane 
dei  secoli  di  mezzo.  Voi.  3  cap.  XIX.  . 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  CÀP.  Vili.  123 

deOa  città  9  e  i  frati  Predicatori  inviarono  il  disegno  della  nuova 
chiesa,  cavato  in  gran  parte  da  quelle  di  s.  Giovanni  e  Paolo 
e  dì  s.  Agostino.  Di  mezzo  alle  più  liete  spei^nze  una  morte' 
inmiatora  vedovava  la  chiesa  di  uno  de^suoi  più  grandi  Ponte- 
fici e  dileguava  ì  conceputi  disegni  di  quelle  fabbriche;  non  perù 
quella  del  nuovo  tempio.  Imperciocché  essendo  tuttavia  cardi* 
naie,  il  Boccasini  aveva  a  quest'uopo  elargiti  25  mila  ducati 
d'oro,  e  pria  di  morire  depositati  nelle  mani  dei  vescovi  Do- 
menicani di  Mantova  e  di  Ferrara  altri  td  mila  ;  con  la  qual 
somma  fu  eretta  la  diiesa  e  impresa  la  Tabbrìca  del  nuovo  con- 
veofò.  Abbenché  non  si  trovi  ricordato  il  nome  deir  architetto 
che  ne  porse  il  disegno,  non  pertanto  non  dubito  punto,  che 
sia  quello  stesso  fra  Benvenuto  da  Bologna ,  il  quale  nel  1309 
compieva  il  tempio  di  s.  Agostino  in  Padova  ;  essendo  molto  ve- 
rosimile che  avendo  in  quel  tempo  i  Domenicani  un  artista  del 
proprio  instituto  non  volessero  preferirgli  un  estraneo.  E  ciù  a 
mio  avviso  gioverà  a  distruggere  un  opinione  del  eh.  P.  H.  Fe- 
derici ,  il  quale  trovù  veramente  ndle  antiche  memorie  di  quel 
convento,  come  dirìgesse  la  fabbrica  della  chiesa  in  quatità  di  ar- 
dìitetto  un  laico  p^  nome  fra  Benvenuto,  ma  perciocché  era 
di  que' tempi  in  Trevigi  un  religioso  Francescano  di  questo 
stesso  nome,  e  architetto  esso  pure,  sospette  che  questi  e  non 
quegli  possa  esseme  stato  l'autore,  contro  Tautorìtà  del  Ght- 
rardacd  die  il  dice  Domem'cano  (lì. 

(1)  Fbdbrici^  Ioc.  cit.  Tol.  i.°  pag.  174.  In  TreTÌgi  come  in  tutto  Io 
stato  Veneto  in  quel  secolo  XIV  erano  non  pochi  religiosi  assai  Tersati 
nelle  cose  di  architettura,  e  nel  1315  tre  se  ne  rinvengono  occupati 


Digitized  by 


Google 


124  MEMORIE 

L'anno  in  cui  ebbe  comincìamento  Q  sacro  edìflzk)  non  6 
ben  cerio,  ma  è  forse  Ira  il  1310  e  il  1315.  Tre  anni  dopo  sem- 
bra fosse  già  molto  inoltrato.  Rimasto  interrotto  a  cagione  delle 
guerre  por  lo  spazio  di  trentanni,  cioè  dal  1318  6no  al  1348 
fu  in  quest*  anno  nuovamente  riassunto  il  lavoro  sotto  la  dire- 
zione dell'altro  arehitelto  Domenicano  fra  Niccolò  da  Imola  che 
lo  condusse  a.  termine  nel  1352.  Dal  fin  qui  detto  apparirà  ma- 
nifesto quanto  lontana  dal  vero  sia  V  asserzione  del  conte  Oco- 
gnara,  il  quale,  fermo  nel  suo  consiglio  di  attribuire  a  Niccola 
pisano  tutte  quelle  fabbriche  più  insigni  d' Italia  appartenenti  al 
secolo  XIII,  delle  quali  de'  suoi  giorni  se  ne  ignoravano  gli  au- 
tori, eziandio  il  tempio  Domenicano  di  Trevigi  giudicò  disegnato 
da  Niccola  e  solo  eseguito  dai  frati  architetti  (1)  :  ma  come  abbia- 
mo altrove  avvertito,  il  celebre  scultore  e  architetto  pisano «ra 
morto  fino  dal  1278  che  è  a  dire  ben  trentadue  anni  innanzi  si 
desse  principio  al  medesimo. 

«  Se  il  tempio  di  s.  Niccolò  di  Trevigi ,  scrive  il  P.  M.  Fe- 
derici ,  ceder  deve  per  la  vastità  e  copia  di  lavori  al  duomo  di 


intorno  i  Uvori  idraulici  sopra  la  Piave.  E  intorno  a  quel  tempo 
desimo  fioriva  qdel  frate  Giovanni  Agostiniano  architetto  e  ingegnere 
dei  Comuni  di  Bassano,  di  Trevigi  e  di  Padova,  nella  quale  ultima 
città  fece  il  tetto  della  sala  della  Ragione,  una  delle  opere  più  singo- 
lari dell'  architettura  italiana.  Il  celebre  salone  di  Padova  è  nejla 
sua  lunghezza  p.  256,  largo  86,  alto  72,  onde  il  Milizia  Io  appella 
il  più  gran  salone  del  mondo.  Memor.  degli  architetti  atit.  e  mod. 
voi.  1.®  libr.  2  cap.  2  pag.  150. 

(1)  Storia  della  Scultura,  voi.  3  libr.  Ili  cap.  VI  pag.  42. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  CAP.  Vm.  125 

HilaiK),  a  quelli  di  Orvieto  e  di  Siena,  se  alla  chiesa  di  s.  Maria 
No?dla  dì  Firenze,  se  a  quella  di  s.  Petronio  in  Bologna ,  a  quella 
del5aii/o  (Antonio)  in  Padova,  ed  a  qualche  altra,  opere  tutte 
nel  tempo  medesimo  travagliate  con  copia  di  c(AonneH&>  e  di 
archi»dìgagiie,feDestrelle,comici,efllastrelli,nonèdi  minor 
pregio  però  per  r  arditezza  degli  archi,  e  delle  colonne,  de' pSa- 
stri  superiori,  per  le  belle  cinque  cappelle  e  feoestre,  che  tutta- 
via veggonsi  nella  sua  semplicità  ^  solidità  e  grandeEsa.  La  porta 
maggiore  è  con  focdata  di  scannellature  di  marmo  una  sol- 
tanto, ma, regolare,  siccome  l'aquilonare  di  pari  lavoro.  In 
questa  chiesa  più  che  nelle  altre  vi  regna  molto  dì  armonia  fra 
la  lunghezza,  larghezza,  ed  altezza  »  (1).  Ciò  die  pamiì  degno 
veramente  dì  considerazione  in  questo  tempio  si  è ,  che  essendo 
in  lunghezza  e  in  larghezza  più  breve  di  quei  del  Santo  in  Pa- 
dova e  di  s.  Giovanni  e  Paolo  in  Venezia,  tutti  li  vince  poi 
nell'  altezza  delle  sue  volte  per  guisa  che  al  padovano  soprasta 
ben  ottanta  piedi  e  al  veneto  ottantadue,  se  non  è  occorso 
errore  di  dira  nelle  dimensioni  date  dal  P.  Federici  [2).  Com- 
piuta l'anno  1352  la  chiesa  suddetta,  si  volle  abbellirla  con 
l'opera  ddle  arti.  Era  in  quella  città  il  pittore  Tommaso  di 
Modena,  artista  di  molto  merito,  avuta  considerazione  ai  tempi. 
0  P.  Francesco  Massa  lo  invitò  a  dipingere  la  chiesa;  ed  il  P. 
Vazzola  tutte  le  storie  ed  capitolo.  Per  siffatta  guisa  s.  Nicocriò 
di  Trevìgi  ritraeva  perfettamente  Timmagiiie  di  s.  M.  Novella 

(1)  Memorie  7>eing..y6L  1.^  p«rte  2  pag.  175. 

(2)  È  lunga  p.  274;  larga  nella  eroderà  107;  larga  nel  corpo  79; 
alta  190.  FtDEKia,  loc  cit. 


Digitized  by 


Google 


126  MEMORIE 

in  Firenze;  concìosiachè  ambedue  da  propri  archil^ti  innalzale, 
compiute  ambedue  nel  tempo  medesimo;  è  si  l'nna  ohe  l'altra 
per  opera  di  due  religiosi  delle  arti  studiosissimi ,  decorata  co' più 
rari  penikelli  del  loro  secolo. 

Le  pitture  delle  quali  si  adoma  il  tempio  trivigiano  dovet- 
tero essere  tra  il  1353  e  il  1354.  Nel  secolo  XIV  era  invalso 
l'uso,  come  abbiamo  altrove  accennato,  di  ornare  le  pareti 
deUe  chiese  con  storie  o  scolpite  in  marmo,  o  colorite  a  buon 
fresco,  de' fatti  principali  del  vecchio  e  nuovo  Testamento,  per 
guisa  che  ovunque  l'occhio  si  riposasse,  fosse  pare  nei  vetri 
stessi  delle  finestre,  nelle  volte,  ec  ivi  leggesse  un  ricordo^  o 
gli  si  oOSerisse  una  lenone  solenne  di  morale  civile  e  religiosa. 
Tommaso  di  Modena  die  facilmente  non  aveva  la  fecondità  del 
Gaddi,  del  Memmi,  dello  Spinello,  si  tenne  pago  ad  una  Ico- 
nografia leggendaria,  e  colorì  le  immagini  di  un  gran  novero 
di  santi  nel  giro  di  tutta  la  chiesa ,  di  fronte  e  sopni  degli  ar- 
chi, con  tutti  que' simboli  de' quali  piacevasi  meravigliosamente 
la  pietà  dei  fedeli.  Molti  di  questi  dipinti  più  non  esistono,  di- 
strutti nel  1400  per  restauri  e  cangiamenti  subiti  dalla  fabbri- 
ca. Del  merito  di  quei  dipinti  e  della  loro  significazione,  assai 
copiosamente  discorre  il  Federici.  I  religiosi  del  convento  grati 
alla  manoria  del  P.  M.  Massa  che  a  proprie  spese  avea  fatto 
eseguire  quelle  pitture,  gli  eressero  dopo  morte  un  marmoreo  se- 
polcro^ Ma  di  maggiore  importanza  per  la  storia  dell'ordine  so^ 
no  quelle  che  nel  1332  fece  lo  stesso  Tommaso  di  Modena  nel 
capitolo  del  convento  medesima  Formano  d'esse  una  galleria 
storica  di  tutti  i  più  insigni  Domenicani ,  i  quali  fino  a  quell'  anno 
avevano  o  eoa  la  santità  della  vita  o  con  la  dottrina  illustrato 


Digitized  by 


Google 


UBBO  L  GAP.  Vili.  i27 

fl  loro  ìnstilulo.  Là  vedi,  assieme  con  loro  elogio»  la  serie  di  tutti 
i  maestri  generali  e  dì  tutti  i  cardinali  ddl'ordime;  e  nei  fregi 
troyi  descritto  il  novero  delle  provinde,  e  qodlo  dei  conyenti 
ddla  proyinda  ddla  Lombardia  inferiore,  cni  il  conyento.Tre* 
y^no  era  aggregato.  Pittore  che  a  tutta  ragione  il  P.  Federici 
intitola  Storia  Sacray  LeUeraria  e  Politica  detf  ordine  dei  Predio 
catori  nel  primo  secolo  della  loro  instituxhne.  È  yero^imile  die 
il  pittore  ira  Gioyanni  Angelico  nel  dipingere  una  più  brcfye»  ma 
consìmile  galleria  nel  capitolo  del  convento  di  s.  Marco  di  Firen- 
ze ,  si  procacciasse  copia  di  qua  di  Treyigi ,  pardocdiè,  il  Fede- 
ricì  cbe  yide  Tona  e  l'altra  trovò  rispondere  entrambe  perfetta- 
mente. E  invero  Giorgio  Vasari  scrive,  che  l'Angelico,  aiuiahdolo 
i  frali  con  mandare  per  essi  in  diversi  luoghi^  fece  molti  ritratti 
di  naturale.  ìiolta  lode  è  dovuta  al  P.  M.  Federici,  il  quale 
iOnstrando  quei  dipinti  e  dandogli  incisi»  rese  un  importante 
servigio  alla  storia  dell'arte^  ed  a  quella  del  suo  instituto; 
inq^erciocchè  innanzi  a  quel  tempo,  erano  poco  men  che  i- 
gnorati  (1). 

Qui  hanno  termine  le  notizie  intomo  la  chiesa  di  s.  Nic- 
olò di  Treyigi ,  e  i  loro  architetti  ira  Benvenuto  da  Bologna  e 
fin  Niccolò  da  Imola.  Solo  del  primo  ci  piace  avvertire  come 
neD'  anno  1314  lo  troviamo  in  patria  incaricato  dal  magi- 
strato di  quella  città ,  con  altri  sei  ingegneri ,  di  un  importante 
lavoro.  Essendosi  colmato  il  canale  o  Namglio  che  serviva  a 

(1)  Il  Laosi,  che  forse  non  li  conobbe  cbe  «ulle  incisioni  date  dal 
P.  Domenico  Federici,  ne  parla  nella  Storia  della  Pittura  nell'epoca 
1.'  della  Scuola  Modenese. 


Digitized  by 


Google 


128  MEMORIE 

tragittare  le  persone  e  le  mercanzie  da  Bologna  a  Farara ,  per 
gaisa  da  impedire  ogni  comunicazione  fra  le  due  città  :  fra  Ben- 
venuto e  gli  altri  ingegneri  deputati  a  ricondurlo  all'antico  oso. 
Tennero  nel  consiglio  di  cavare  il  fondo  del  detto  naviglio  ndla 
profondità  di  due  pertiche,  per  la  lunghezza  di  600»  pigliando  dal- 
l'una  all'altra  riva  cinque  piedi  di  sodo,  affine  di  dargli  un  letto 
maggiore,  e  voltando  le  acque  per  il  Cavadiccio  o  Grossetta,  il 
qnal  canale  conduce  a  Ravenna.  Il  che  eseguirono;  e  la  città  di 
Bologna  spese  in  quell'operazione  sopra  5000  lire (1).  Altro  di  lui 
non  ci  è  dato  sapere.  Nutriamo  speranza  che  in  tante  ricerche  di 
archivi  pubblici  e  privati  si  possa  col  tempo  meglio  conoscere 
la  vita  e  le  opere  di  questi  due  insigni  architetti  Domenicani 

Innanzi  di  chiudere  le  memcNrie  trivigiane,  ci  piace  ripor- 
tare una  notizia  conservataci  dal  benemerito  P.  Federici ,  p^  la 
quale  ci  è  fatto  noto  l' amore  che  alle  arti  belle  nutrivano  i  rdi- 
giosi  di  quel  convento,  e  che  merita  essere  ricordato.  Nel  privato 
archivio  di  s.  Niccolò,  iu  dallo  stesso  Federici  rinvenuto  im  atto 
Ormato  dal  P.  Blassa,  col  quale  nell'anno  1347  questi  faceva  dono 
al  suo  convento  di  Trevigi  di  un  prezioso  museo  di  oggetti  di 
belle  arti  da  lui  con  grande  sollecitudine  e  dispendio  grandissimo 
raccolti,  e  ove  si  noveravano  libri  miniati,  immagini  dipinte, 
vasi  preziosi,  cristalli  figurati,  corniole,  camei ,  una  Beata  Ver« 
gine  di  alabastro ,  ed  un  altra  di  avorio.  Al  qual  dono  aggiun- 
se una  raccolta  di  codici  che  sommavano  a  un  gran  numero, 
di  poeti,  di  storici  e  di  filosofi.  La  qual  cosa  parci  degna  di 

(1)  P.  Chuubibo  Ghibabdacci,  Agottìn.  Hisunìa  di  Bologna ,  2  yoì, 
ìd  fol.  Bologna  1596.  V.  voi.  1.*»  libr.  XVII  pag.  573. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  CAP.  Vili.  129 

considerazione,  perciocché  in  poche  città  dell'  Italia ,  anche  pres- 
so ì  grandi  signori  e  prìncipi,  non  era  facil  cosa  in  quel  se- 
colo rinrenirc  tanta  dovizia  di  libri  e  dì  oggetti  di  belle  arti. 
Gò  valga  a  disinganno  di  coloro,  i  quali  avvisano,  i  frati  dd 
secolo  XIQ  e  XIV  essere  stati  cosi  infatuati  della  mistica  e  soo- 
laiMica  teologia,  che,  di  quella  in  fuori,  non  volessero,  nò  sa- 
pessero pascere  la  mente  di  più  lieti  studi. 

Détto  degli  architetti  bolognesi ,  rimane  che  favelliamo  dei 
lombardi.  E  qui  veramente  più  che  altra  fiata  dobbiamo  lamen- 
tare la  penuria ,  anzi  la  assoluta  mancanza  delle  opportune  no- 
tizie. Nel  che  proviamo  tanto  pena  maggiore  in  quanto  che  ci 
è  noto  essere  fiorito  appunto  sul  tramontare  del  secolo  XIV 
nella  città  dì  Milano  tale  architetto  dell'ordine  che  meritava 
essere  con  gratitudine  incordato  dagli  storici  delle  arti.  Fu  chi 
appellò  il  medio  evo  l'epoca  delle  grandi  celebrità  anonime;  e 
invero  in  nnm  altro  tempo  sì  rinviene  cosi  meravigliosa  attività 
e  tanto  studio  di  celarsi  alla  memoria  dei  posteri. 

n  Ticozzi  nel  dizionario  e  il  Cicognara  nella  storia  della 
scultura ,  rammentano  con  onore  due  frati  architetti  apparte- 
nenti l'uno  all'ordine  dei  Minori,  l'altro  a  quello  dei  Predica- 
tori, i  quali,  innalzandosi  l'insigne  tempio  del  duomo  di  Milano, 
vennero  con  molti  altri  ingegneri  e  architetti  cosi  italiani  che 
d' oltremonti  invitati  a  operare  in  quella  fabbrica  (1).  Sono  que- 
sti, fra  Giovanni  da  Giiìssano,  Domenicano,  e  fra  Andreolode 
Ferrari ,  Francescano.  Ma  inutilmente  cercheresti  nell'  uno  e 
nell'altro  scrittore  alcuna  notizia  della  vita  e  delle  opere  di 

(1)  Slor>  della  SfuU,  voi.  3  Jibr.  Ili  cap.  1. 


Digitized  by 


Google 


130  MEMORIE 

questi  due  religiosi;  invano  ne  diiederesti  al  Milizia  ohe  prese 
a  raccogliere  le  memorie  de'  più  insigni  architetti.  Questo  solo 
per  essi  ci  è  data  conoscere,  ebe  nel  1390  ambedue  erano  in 
Milano  in  servigio  dell'opera  del  duomo.  Il  duca  Giovanni  Ga- 
leazzo Visconti  ne  avea  fatte  porre  le  fondamenta  l'anno  1386. 
Ma  non  essjendo  piaciuto  quanto  erasi  Ce^tto  ndla  spazio  di  al- 
cuni  mesi»  venne  distrutta  «e  ripresa  nuovamente  la  Eaibbrica 
sotto  altra  forma  nell'ottobre  del  1387.  Con  pessimo  consiglio 
aveva  il  Visconti  ii^vitata  tal  noverp  di  architetti  e^  di  ingegneri 
da  molli  e  lontani  paesi;  che  in  luogo  di  aiuto ,  la  fabbrica 
ne  ebbe  a  patire  disagio  e  ritardo  grandissimo.  Perciocché  la 
disparità  ddle  opinioni,  le  gare  e  le  emulazioni  si  frappone- 
vano ad  ogni  tratto  al  di  lei  avanzamento.  Ciò  porse  occasione 
a  far  meglio  risplendere  il  merito  dei  due  religiosi  artefici  ;  per- 
chè nata  disparità  di  giudizi ,  e  concitati  gli  animi  dalla  discor- 
dia per  cagione  di  alcuni  lavori,  furono  invitati  giudici  delle 
contese  frate  Andreolo  e  frate  Giovannp  ;  alla  lora  prudenza  e 
sapere  rimettendo  la  decisione  della  quistioqe,  e  di  comporre 
gli  animi  alla  concordia.  Qui  hanno  fine  le  notizie  ohe  di  ambedue 
ci  dà  il  Qcognara  e  il  Tioozzi.  Se  non  che  giudico  assai  proba-^ 
bQe  che  fra  Giovanni  possa  aver  diretta  eziandio  la  fabbrica  d(^l 
convento  e  ddla  chiesa  di  s.  Eustorgio  in  Blilano ,  che  appunto 
intomo  a  quel  tempo  sì  quello  che  questa  ebbero  un  incremento; 
sembrando  ragionevole  il  credere,  che  avendo  i  frati  Predicatori 
un  valente  architetto  in  quella  città  occupato  in  opera  tanto  gran- 
de, volessero  giovarsi  dell'arte  sua  a  decoro  del  pròprio  tempio. 
Non  tacerò  che  il  eh.  signor  Michele  Qafli ,  il  quale  di  recente 
ci  ha  data  un  accuratissbna  e  dotta  illustrazione  delta  chiesa 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  Vili.  131 

di  s.  Eustorgio»  non  ricorda  gbimnAl  frate  Gioraiinì  da  Cìihis- 
sano  come  ardiitetto  della  medesima  ;  ma  ciò  potè  essere  per 
difetto  dì  doeamenti;  e  ognun  sa  quanto  gli  anilohi  cronisti 
(onero  trascorati  in  questo  proposita  Né  io  intendo  trapassare 
i  confini  di  nna  sempUoe  congettura. 

Nel  1S18  la  città  di  Milano  aveya  accolta  una  colonia  di  (irati 
Predicattyri  inviati  dal  s.  Fondatore  in  numero  di  12»  e  come  era 
loro  accaduto  in  Firenze,  si  ricoverarono  dapprima  nel  pubblico 
^pedale  dei  Pdlegrini  o  di  s.  Barnaba.  Nel  1220  passarono  ad  uffi- 
ciare la  cbiesa  di  s-Spstorgìo»  e  nel  1^7  ne  ottennero  la  proprie- 
tà. Se  in  Firenze  come  abbiamo  altrove  osservato  i  Domenicani 
avevano  asspnto  ¥  ufficio  di  annunziare  la  pace  neUe  discor- 
die citladine  ;  se  in  Trevigi  fidminavano  colla  potenza  della 
parola  la  tirannide  del  feroce  Ezelino;  una  non  men  difficile  né 
meno  importante  missione  gK  attendeva  in  Milano.  La  sconcia  e 
feroce  setta  de^  Manichei  o  Paterini,  si  era  col  favore  delle  armi 
imperiali  introdotta  nelle  terre  lombarde,  l^aga  soltanto  dap- 
prima di  spargere  dogmi  tendnrosi  e  di  corrompere  il  costume; 
cresciuta  in  breve  di  potenza  e  di  audacia  trascorreva  alle  sedi- 
zioni e  alle  rapine.  Ài  flgU  di  s.  Domenica  e  di  s.  Francesco  (che 
corsero  sempre  ambedue  uno  stesso  aringo)  R.oma  affidava  il  mini- 
stero di  purgare  l'Italia  da  quel  contagio:  valessersi  deHa  dottrina 
della  predicazione  e  dell'esempio,  e  dove  ne  facesse  mestieri,  non 
(»nettessero  eziandio  l'esecuzione  di  quelle  severe  leggi  che  gli  im- 
peratori e  i  pontefici  avevano  contro  gli  eretici  fulminate.  Si  ado- 
perava con  zelo  grandissimo  in  quest'ufficio  in  Milano  e  nella  Lom- 
bardia s.  Pietro  di  Verona  dell'ordine  dei  Predicatori,  quando  il 
giorno  6  aprile  1252  esso  e  il  compagno  aggrediti  per  via  dagli 


Digitized  by 


Google 


132  MEMORIE 

eretici,  trafitti  cadevaDO  sotto  i  loro  pugnali.  I  milanesi  voUeno 
con  ogni  significazione  di  affetto  €  di  gratitudine  onorare  la  me- 
mom  del  zelantissimo  difensore  della  loro  fede,  e  gli  eressero  on 
magnifico  monumento  marmoreo  per  opera  di  Baldoccio  pisano; 
il  qoal  monumento  se  non  ngnag^  nella  perfezione  del  lavoro 
quel  di  s.  Domenico  in  Bologna,  quel  di  Guido  Tarlati,  e  di  s. 
Donato  in  Arezzo;  né  quello  di  s.  Agostino  in  Pavia,  li  pareg- 
gia e  forse  li  vince  in  magnificenza  (1).  Né  di  dò  paghi  i  mi- 

(1)  Btlduccio,  come  sospettò  il  Cicogoara  ed  il  Ltmi  fa  probtbil* 
mente  discepolo  di  Andrea  pisano.  J  lui,  scrive  il  yenì,Ju  dal  Duca 
Jzione  ingiunto  di  fifrmare  un  disegno  il  più  grandioso  che  fosse  pos^ 
sibiUy  e  si  studiasse  eseguirlo  con  tutta  la  diligenza  e  lo  sforxo  ikWarie» 
Ckxmw.  Stor.  della  Scultura,  libr.  3.  cap.  YIII  pag.  422.  —  Yaaai,  Sto» 
ria  di  Milano,  toL  1.®  pag.  422.  —  Il  monumento  marmoreo  di  s.  Pie- 
tro martire,  è  nella  sua  lunghezza  cubiti  5  e  oncie  14  1/2.  Nella  lar- 
ghezza, cubiti  1  e  oncie  23.  Tutta  l'altezza  dell'arca  da  terra  6no  alla 
statua  del  Salvatore,  è  di  cubiti  12  e  oncie  12.  È  scolpito  a  rabeschi, 
storiato  d'otto  fatti  del  santo  in  basso-riiiero ,  con  molte   statue  che 

10  adomano  ai  Banchi  e  nella  sommità.  Fu  ultimato  Tanno  1339.  Non 
è  già  vero  ciò  che  scrissero  alcuni  che  si  debba  principalmente  aUe  cure 
e  generosità  di  Azzone  Visconti ,  e  di  Giovanni  suo  zio  vescovo  di  Novara; 
perciocché  narra  il  Taegio  {JmpL  Chronicae  p.  2  pag.  192)  che,  m^iia' 
ad  hujus  archae  fabricationem  de  dìuersis  mundi  partibun  largas  trat» 
mìsere  elemosjrnas.  E  noverando  partitamente  le  oblazioni,  dice  come 
il  re  e  la  regina  di  Cipro  inviassero  300  ducati  d'oro;  100  un  no- 
bile di  quell'isola.  Altrettanti   il  cardinale  Matteo  Orsini  Domenicano. 

11  vescovo  Giovanni  Visconti  ,  50  ;  il  duca  Azzone  50 ,  e  60  carra 
di    calce    per    le    fondamenta    e    la    base;    più    20   ducati  d'oro  per 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  GAP.  VOI.  133 

laaesi  ooDOorsero  ood  ogni  largbezia  di-oflerle  alla  tMurìca  del 
cooyento  e  ddk  chiesa.  Soprastante  ai.  lavori  fu  un  fra  Bel- 
tramo da  Bobbiano,  rdìgiòso  dì  qud  convento»  il  quale  do- 
vette essere  peMo  nelle  cose  di  arohitettura,  come  per  oonsoeto 
lo  orano  coloro  che  venivano  a  quesf  ufficio  deputati  (1).  Rima- 
sta alcun  tempo  interrotta  la  fabbrica,  fu  proseguita  dall'  Ar- 
civescovo Ottone  Visconti  nel  1278;  e  credesi  che  allora  venisse 
allungata  la  chiesa ,  rìducendola  alla  forma  presente.  Nel  1290 
si  lece  la  voUa  della  cappdla  al  lato  sinistro  del  maggiore 
altare.  La  torre  delle  campane,  secondo  il  manuscrìtto  di  Gal- 
vano Fiamma,  fu  incominciata  nel  1297  e  compiuta  nel  1309. 
In  mc^ti  di  questi  lavori ,  per  ragione  del  tempo ,  potè  avere 
operato  l'architetto  fra  Giovanni  da  Giussano.  Noterò  per  inci- 
denza, die  nella  torre  di  s.  Eustorgio  Fanno  1306  fu  collocato 
il  primo  orologio  ad  uso  pubblico,  che  allora  vedesse  Y  Italia  (2). 

indorare  l' arca  medesima.  I  qaali  peraoDaggi  vennero  poi  tutti  scolpiti  nel 
coperchio  deU'arca.  D.  Erasmo  Boggia  diede  30  ducati  d'oro^  e  molti 
altri  nobili  della  Francia,  della  Germania  e  dell* Inghilterra  concorsero 
con  abbondanti  elemosine.  Tutta  la  spesa  ammontò  a  2000  ducati  d'oro. 
Campisà,  yita  di  s,  Pietro  martire,  libr.  IV  cap.  2  pag.  270.  e  seg. — 
MiCBBLB  Cafyi,  DefUt  Chiesa  di  s.  Eustorgio  di  Milano,  lUustrazione  Sto^- 
rico-monumeìUale^epigrafica.  Milano  1841  un  toI.  in  8.^  ?.  pag.  104. 

(1)  Catti,  loc  cit.  pag.  XX. 

(2)  L' anno  1 395  ebbe  il  suo  orologio  pubblico  anche  la  città  di 
Forlì,  e  fu  opera  di  un  frate  Gaspare  Domenicano,  che  Paolo  Boiiolì 
appella  professore  eccellente  ed  ingegnere.  V.  Storia  di  Forlì,  libr.  Vili 
Yol.  2  pag.  57.  —  Un  giorno  forse  ci  sarà  dato  conoscere  alcun' opera 
di  maggiore  importanza  di  quésto  ingegnere  e  meccanico  dell'Ordine. 

9 


Digitized  by 


Google 


134  M  E  M  O  R  I  E    ^^^ 

Questa  povertà  di  notizie  che  delle  opere  e  degli  artisti  bo* 
lognesi,  veneti  9  lombardi  abbiamo  dovuto  lamentare  nei  due 
secoli  XIII  e  XIV  trovare  compero  nella  copia  ed  importanza 
maggiore  di  qudle  che  riguardano  i  secoli  XV  e  XVI  cosi  fe- 
condi e  si  gloriosi  per  tutte  le  arti  dd  disegno. 


Digitized  by 


Google 


135 


CAPITOLO    IX.' 

Memorie  di  Fra  Giovanni  da  Can^y  e  di  Fra  Jacopo  Talenti 

arckUeUi  toscani  -—  Compiono  il  tempio  di-  s.  M.  Novella*  — ^ 

Fabbricano  il  miovo  convento.  —  Ricostruiscono  di  pietra  il 

ponte  alla  Carraja,  e  incalzano  altre  fabbriche  m   servizio 

della  Repubblica  e  dei  privati  cittadini. 


Jrirenze  madre  e  maestra  di  ogni  belParte  d  offre  nuovi  e  va- 
lenU  artefici ,  de' quali  essa  meglio  onorò  il  nome  e  ricordò  le  o- 
pere;  perciocché  come  ninna  città  mai  la  Tinse  nella  scienza  e 
ndl' amore  delle  arti  imitatrici^  cosi  ninna  T  uguagliò  nella  cura 
e  soQedtndine  di  tramandare  ai  posteri  la  memoria  di  quei  tra 
suol  figli,  che  a  la  e  all'Italia  tutta  crebbero  onore.  E  ad  ognu- 
no die  sulle  sponde  dell'  Arno  abbia  potuto  bearsi  di  quel  deb 
e  di  quella  soave  favella,  di  leggieri  verrà  scorto,  come  in  tutti 
i  sud  dttadini  sia  quasi  dird  naturato  quest'amore  alle  arti,  e 
in  tutti  un  finissimo  senso  a  portarne  giudijno,  e  diOiise  ezian- 
dio nd  volgo  stesso  le  nozioni  generali  del  bello.  Tanto  è  pri« 
vOegiato  questo  popolo,  in  cui  le  arti  come  il  linguaggio  sono 
l'espressione  di  un  animo  che  sente  squisitamente  le  bellezze 
della  natura! 


Digitized  by 


Google 


13«  MEMORIE 

11  (empio  di  s.  BL  Novdla  in  Firenze,  eominciato  da  fira 
Sislo  e  fra  Ristoro;  proseguito  nella  sola  nave  orientale  da  fira 
Borghese  e  da  Ara  Albertino,  ci  rìcondooe  a  fayellare  di  altri  due 
insigni  architetti,  che  gli  diedero  compimento  nella  metà  del  se- 
colo XIV,  e  che  nella  perizia  dd  fabbricare  raggiunsero  il  Gaddi 
e  rOrgagna.  Sono  questi  i  due  Imci  fra  Giovanni  da  Campi  e  fra 
Jacopo  Talenti.  E  veramente  può  asseverarsi  essere  stato  qud 
tempio  per  il  corso  di  sopra  cent'anni,  una  scuola  di  architet- 
tura, nella  quale  si  educarono  alfarte,  éome  vedremo,  un  nu- 
mero grandissimo  di  giovani  religiosi,  che  forse  sarebbero  un 
giorno  addivenuti  valenti  arteBd,  se  morte  immatura  non  ne 
troncava  la  vita.  Nel  favellare  dei  quali  seguiteremo  le  [tracce 
del  prezioso  Necrologio,  deplorando  la  perdfta  di  quelle  notizie 
che  a  grande  studio  e  fatica  avea  raccolte  il  P.  Fineschi ,  e  che 
alla  sua  morte  andarono  smarrite. 

*  Fra  Giovanni  Brachetti  avea  sortiti  i  natali  nella  terra  di 
Campi  patria  di  fra  Ristora  L'anno  dd  m^dmento  ci  è  ignoto, 
ma  non  sf  anderebbe  forse  molto  lungi  dal  vero  ponendolo  in- 
tomo al  1280.  Non  potè  essere  allievo  nell'  architettura  dà  fra 
Sisto  o  dd  compagno,  ma  di  fra  Albertino  o  di  Amollb.  Ci  (a 
noto  il  Necrologio  che  egli  non  visse  nell'  ordine  che  soli  22  anni , 
avendo  vestito  l'abito  Domenicano  nel  1317;  la  qual  cosa  ci 
muove  a^credere  che  egli,  si  rendesse  religioso  in  età  matura, 
o  che^morisse  in  giovine  età,  e  allora  farebbe  di  mestieri  collo- 
care la  sua  nascita  molti  anni  dopo. 

Fra  Jacopo  Talenti  assai  più  giovane  del  sopra  t^tato, 
era  nato  nel  castello  di  Nipozzano ,  diocesi  di  Fiesole ,  e  due 
miglia  e  mezzo  distante  da  Pontassieve.  Di  lui  pure  si  tace  nel 


Digitized  by 


Google 


UBRO  I.  GAP.  IX.  *37 

Necrologio  ramio  in  coi  nacque,  0  nome  dei  genitori,  e  Tanno 
in  cai  Testi  r  abito  religiosa  Sembra  gimigesse  ad  età  assai  a- 
Tanzata ,  e  sopravvisse  a  fra  Giovanni  ^  anni.  Nella  storia  del 
duomo  -di  Orvieto  ò  fatta  menzione  di  nn  Francesco  Talenti  fio- 
rentino, il  quale  nel  1327  operava  in  qudla  basilica,  ed  era  nel 
novioro  degli  sciatori  e  degli  scarpellini ,  con  la  paga  di  cinque 
soldi  il  giorno,  che  si  dava  ai  capi  dell'arte.  Da  ciò >altri  potrebbe 
trarre  argomento  che  questi  fosse  il  nostro  Jacopo,  il  quale  avesse 
mutato  nome  in  religione ,  siccome  è  proprio  dei  frati  Mendicanti  ; 
ma  avendo  noi  rinvenuto  come  in  queir  anno  egli  fosse  di  già  a- 
scritto  all'ordine  Domenicano,  sembra  che  Francesco  possa  essere 
un  suo  stretto  parente;  la  qual  cosa  ci  rivelerebbe  che  il  nostro 
religioso  appartenesse  a  fami^ia  dedita  alle  arti  (1) .  Nel  Ne- 
crologio fra  Jacopo  ha  il  titolo  di  Magister  lapidum,  die  davasi 
agli  scarpellini,  e  tal  fiata  eziandio  agli  scuItoH,  come  può  ve- 
dersi nel  Gcognara  (2).  G  pare  pertanto  che  prima  occupazio- 
ne del  Talenti  fosse  quella  di  scarpellino,  e  che  studiasse,  o 
solo  si  perfezionasse  nell'architettura  sotto  fra  Giovanni  da  Cam- 
pi. A  lui  debbonsi  adunque  attribuire  quelle  opere  dì  intaglio 
e  di  scultura  che  sono  nel  tempio  di  s.  M.  Novella ,  i  capitelli 

(1)  Storia  del  duomo  di  Orvieto,  Docun.  N."*  XXIV  pag.  272.  Fab^ 
bricandoci  la  librerìa  di  ••  M.  No?ella^  si  Uova  laToranri  in  qoaUtk  di 
nnratore  un  maestro  Giovanni  Talenti,  cbe  dorrebbe  essere  frateUo  o 
BÌpote  di  Jacopo.  Bomobigusi,* Cronaca  JnnaL  yoL  1  pag.  377. 

(2)  Un  Atdaino  scultore  e  architetto  Tcnésiano  in  una  sua  opera 
si  sottoscrive  «  Arduinue  Tajapetra  ftdt.  »  CicooHAaA ,  Star,  della  ScuU. 
libr.  Ili  cap.  2. 


Digitized  by 


Google 


138  MEMORIE 

delle  colonne,  gli  ornamenti  delle  antiche  porle  e  delle  GAestre, 
i  bei  laTori  dì  quelle  del  cappellone  degli  Spagnoli ,  e  quelli  ora 
dislititti  che  ammiraYansi  nel  panie  o  pulpito  che  divideva  la 
chiesa  suddetta  (1).  Mancato  ai  vivi  fra  Albertino  Hananti  Fanno 
1319  fra  Giovanni  da  Campi,  che  da  due  anni  avea  vestite  le 
divise  dell'  ordine  tdsc  ei  solo  a  dirigere  e  compiere  la  chiesa. 
Soprastante  ai  lavori  fino  all'anno  1317  era  stato  fra  Rainerio 
Gualterotti  fiorentino,  soprannominato  il  greco ^  al  quale  suc- 
cedette immediatamente  il  celebre  fra  Jacopo  Passavanti.  La 
Repubblica  fiorentina ,  abbenchè  si  innalzasse  allora  il  gran  tem- 
pio di  s.  M.  del  Fiore ,  era  stata  generosa  con  s.  M.  Novellai  ;  e 
r  anno  stesso  in  cui  si  era  posta  la  prima  pietra  ddla  nuova 
cattedrale  (1298),  avea  concedute  lire  1300  da  ripartirsi  fira  le 
chiese  di  s.  Croce,  di  s.  M.  Novella  e  dì  s.  Spirito  (2).  Con  le 


(1)  DtLiom  ,  Chronica  ec.  cap.  VI.  pag.  9.  «  Supei'ipswn  (pontem) 
privalim  sact'ificabant  ccrtis  diebus ,  festis  autem  diaconus  et  subdiaco^ 
nus  canlabant  hic  epistolam,  evangeUiun  ìUe ,  idgue  super  marmoream 
illam  cotumnam  egregie  sculptam ,  et  quatuor  euangelistarum  Jiguris 
notatam,  gnae  post  pontìs  dejectionem  anno  dom.  i56S  Jactam,  in  ho^ 
spitium  deportata ,  atque  ibi  erecta  ad  lectionem  hospitibus  habendam 
prostrai,»  Questo  ponte  fu  distrutto  li  22  ottobre  di  quell'anno,  con 
dispiacere  di  molti.  Gate  , Carteggio  Inedito, ec.  voi.  2.®  Append.  pag.  480. 
E  allora  tolsero ' anche  il  lorO  le  chiese  di  s.  Croce,  di  Ogni  Santi,  dei 
Cannine ,  di  s.  Pier  Maggiore  e  di  s.  Felicita.  Esso  dividendo  la  chiesa 
per  metà  serviva  a  separare  gli  uomini  dalle  donne ,  occupando  i  pri- 
mi la  parte  superiore,  e  le  femmine  la  parte  inferiore. 

(2)  Gate,  loco  cit.  voi.  1.**  Append.  2. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  CAP.  IX.  139 

etecDOsine  oRèrledai  cìtt^dliìl,  e  quelle  Inviate  dai  prelati  dell'or- 
dìDe  y  che  lauti  ne  noverava  in  quel  secolo  il  convento  novel- 
lano, 81  potè  avanzare  il  sacro  ediGzio  con  celerità*  Ma  sopra 
ogni  altro  per  zelo  ed  inteUigienza  in  promuovere  quella  fab- 
brica dlstingoevasi  il  Passavanti.  Questo  religioso  che  era  in- 
sieme dicitore  focondo,  terso  ed  elegante  scrittore ,  dotto  sopra 
molli  di  qudl'età,  avea  stretta  amicizia  eon  i  più  insigni  arti- 
sti di  Firenze,  c(A Gaddi,  col  Metnmi ,  colFOrgagna,  ec.  i  quali 
lutti  ridiìedeva  di  consigUo,  e  tutti  invitò  ad  abbellire  quel  tem- 
pio; il  perchè  mercè  le  sue  cure,  e  quelle  de' religiosi  che  gli 
succedettero ,  addivenne,  come  il  Campo  Santo  pisano  e  la  ba- 
silica di  8.  Francesco  di  Assisi ,  una  galleria  di  preziosi  dipinti, 
e  di  rare  opere  di  belle  arti.  Ignoriamo  quando  fra  Jacopo  Ta- 
lenti venisse  ad  unirsi  a  fra  Giovanni,  ma.  è  indubitalo  per  ao- 
lorìtà  del  Necrologio,  che  egli  ebbe  grandissuna  parte  in  quella 
fabbrica ,  e  certamente  la  condusse  a  termine.  Né  forse  si  an- 
drdUie  molto  lungi  dal  vero  aflérmando  che  egli  oe  prendesse 
la  direzione  l'ipM>  1339,  che  fu  quello  ddla  morte  del  suo  com- 
pagno; e  quando  ciò  fosse,  ei  vi  avrebbe  solo  operato  per  ben 
dicìotto  anni.  Si  l'uno  die  «l'altro  vennero  aiutali  da  non  po- 
di! lairì  di  quel  convento  che  erano  eccellenti  muratori.  Segui- 
tando il  disegno  di  fra  Sisto  e  fra  Ristoro,  innalzarono  la  gran 
nave  di  mezzo  e  la  ocddentale.  Della  traversale  non  eressero 
che  la  cappdla  maggiore,  quella  contigua  dì  s.  Luca  o  de'  Gondì, 
e  i  due  cappelloni  di  fondo  alle  testate,  cioè  quello  de'Rucel- 
lai ,  e  r  altro  degli  Str^izzi  intitolato  a  s.  Tommaso  di  Aquino. 
Le  tre  cappelle  laterali  al  maggiore  altare,  come  manifesta- 
mente annunzia  l'ardiitetlura,  sono  di  un'epoca  posteriore* 


Digitized  by 


Google 


140  MEMORIE 

Finalmente  ocurrendo  Fanno  1357  ebbe  11  suo  compimento  la  cfak>- 
sa  di  s.  Maria  Novdla ,  in  cui  furono  spesi  ben  100,000  fiorini 
d'oro,  e  intorno  a  77  anni  di  tempo  (1).  La  bcdata  tutta  in- 
crostata dì  marmi  bianchi  e  neri  fti  |principiata  dopo  il  1350, 
e  terminata  nel  1470,  a  spese  di  due  diverse  Eeunfiglie.  Ed  ezian- 
dio quésta  è  doYuta  in  gran  parte  alle  soUedtodini  dd  Passa- 
vanti;  perciocché  per  l'amicizia  die  a  lui  lo  univa,  messer 
Turrino  Baldesi  nel  1349  diede  400  fiorini  d'oro  per  fare  le 
tre  porte  e  l'ornamento  delle  medesime:  con  la  qual  sonuna 
la  facciata  fu  condòtta  inclnsivamente  fino  agli  archi  sotto  il 
primo  cornicione.  Nel  1456  fu  ripresa  a  spese  di  messer  Gio- 
vanni di  Paolo  Rucellai,  e  compiuta  nd  1470  con  disegno  del 
cel.  Leon  Battista  Albedi  {2). 

In  un  secolo  cosi  fecondo  di  artisti  e  si  glorioso  per  l'arte 
cristiana  ,  quando  ognuno  bramava  leggere  sulle  pareti  del 
tempio  le  pagine  più  sublimi  della  Bibbia,  le  leggende  popola- 
ri, e  perfino  la  cantica  dell' Allighieri ,  aH' artista  si  apriva 
un  vasto  e  nobile  aringo  ove  esercitare  l'ingegno,  e  inspi- 
rarsi a  quanto  la  religione  ha  di  più  nobile  ed  affettuoso;  e  la 
pittura  era  una  grande  lezione  mofale  e  religiosa  degna  d'un 
popolo   cristiano.  Bene  adunque    mostrò    conoscere'  i  bisogni 


(1)  Il  eh.  sìg.  Fed.  Fantozsi  scriye  nella  Nuova  Guida,  (pag.  504} 
che  venne  ultimata  l'anno  1349  da  fra  Giovanni  da  Campi.  Ma  que- 
sto architetto  era  morto  dieci  anni  innanzi,  cioè  nel  1339. 

(2)  Lettera  del  P.  Vinc  Fineschi,  sulla  facciaU  di  s.  M.  Novella^ 
inserita  nelle  Novelle  Letterarie  del  1779.  —  Gio.  Masselli  ,  Note  alla 
vita  di  L,  B.  Alberti  del  Vasari ^  nota  1 7.  pag.  308. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  CAP.  IX.  141 

ddl'età  sua  firate  tacojpo  Passayanti  allena  quando  mvitaTa  ad  ab- 
beUìre  la  chiesa  di  s.  ML  Novdla  il  Gaddì,  0  Memnal,  VOrgagna, 
Boifalinacoo»  i  quali»  eìDcettuato  Spinello  di  Arezzo,  e  Pietro 
CayaUii  romano,  ninno  Tìnceva  nella  poeria  dell'arte.  Dì  già 
ammiratasi  ndla  eappella  de'RuoeBai  quella  merayigliosa  ta- 
vola della  B.  V.  dipinta  da  Gìmaibae;  la  quale  era  stata  recata 
in  quel  tempio  a  suono  di  trombe  e  con  solennissima  proces- 
sione nel  popolare  entusiamio  dd  fiorentini.  E  ben  era  dovere 
che  ove  primamente  f  attìsta  si  era  inspirato  all'amore  dell'arte 
ivi  si  ammirasse  uno  de' suoi  più  rari  dipinti.  Giotto  vi  aveva 
collocato  un  crocifisso  che  vedesi  tuttavia  sulla  porta  d'ingressa 
AH'  Orgagna  fti  dato  a  dipingere  la  cappella  maggiore ,  o  vo- 
gtiam  dare  il  coro,  e  la  cappella  degli  Strozzi.  Fece  nella  prima 
in  molti  compartimenti  alcune  storie  della  B.  V.  di  s.  Giovanni 
Battista  e  di  s.  Domenico;  le  quali  pitture  guaste  dall'umidità, 
furono  rifette  da  Domenico  del  Ghirlandalo  nel  seodo  seguente, 
operandovi  eaandio  alcuna  cosa  il  giovinetto  Michelangiolo  Buo- 
narroti, con  che  annunziava  il  suo  ingegno  grandissimo  (1).  Nella 
seconda  cappella  dipinse  l' Orgagna  i  due  novissimi,  l'Inferno  e 
0  Paradiso.  E  bome  la  Divina  Commedia  formava  di  già  le  delizie 
del  popolo,  e  T Orgagna  né  era  oltremodo  invaghito,  divise  l'In- 
ferno secondo  le  bolge  dantesche,  le  popolò  di  spiriti  maledetti , 
gli  atteggiò  agli  spasimi ,  ai  dolori  nel  diversi  e  orribili  tormenti 
immaginati  dal  poeta.  Argomenfo  che  avea  esercitato  Tingcgno 


(1)  n  Ghirlandaio  n'ebbe  di  prezzo,  1000  fiorini  d'oro.  Fu  termi- 
nau  Tanno  1490. 


Digitized  by 


Google 


Uà  MEMORIE 

dì  Niccola  pisano 9  di  Giotto,  ec.  e  che  si  trova  cosi  sovente  e 
eoo  tanta  nÈiestrìa  ripetuto  dai  gioitesdii.  Se  l'arte  non  vi  è 
perfetta,  se  il  nudo  non  ha  buon  disegno,  se  la  composizione  è 
ben  sovente  confusa;  vi  regna  però  tutta  la  poesia  di  Dante; 
tutto  l'orrore  di  quel  luogo  ove  è  sbandita  la  speranza ,  e  sem- 
bra in  vederlo  di  udire: 

Diversi  suoni,  orrìbili  (avelie. 
Parole  di  dolore,  accenti  d'ira, 
Voci  alte ,  6oche ,  e  suon  di  man  con  elle. 

Inferno,  Canto  UI. 

Di  pontro  effigiò  la  gloria  dei  celesti,  ed  ivi  spiegò  tanta  bel- 
lezza, e  tanla  maestrìa,  che  da  due  diversi  arteCd  sembrano 
eseguili  questi  due  novissimi.  Vero  è  che  il  Paradiso,  per  as- 
serzione del  P.  Borghigiani ,  venne  posterìormente  ritoccato  dal 
Veraccini  [1].  In  ultimo  TOrgagna  dipinse  la  bella  tavola  per 
l'altare  di  s.  Tommaso ,  ove  appose  il  suo  nome  e  l'anno  1357. 
A  Buonamìco  BufTalmacco  erano  state  affidate  molti  anni  innanzi 
le  pitture  di  una  cappella  che  era  ove  al  presente  si  ha  l'adito 
al  campanile;  e  delle  quali  rimane  upa.  tavola  sulla  porta  del 
medesimo,  si  guasta  però  e  malconcia  che  non  è  più  dato  ri- 
conoscervi la  mano  del  prìmo  dipintore.  Ma  preziose  sopra 
ogni  altra  furono  quelle  pitture  che  Taddeo  Gaddi,  e  Simone 
Memmi  eseguirono  nel!'  antico  capìtolo ,  al  presente  detto  il 
Cappellone  degli  Spagnoli^  per  averne  avuto  alcun  tempo  la 
proprietà  questa  nazione.  Del  quale  edìtizio  come  di  monumento 

(1)  Cronaca  Annoi,  voi.  Ili  ad  arni.  1556  pag.  329  e  330. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  IX.  143 

dì  grande  iii4K)r(a]ìza  odia  storia  della  {ottura  italiana ,  e  cosi 
mal  noto  aDa  più  parte ,  diremo  alcone  parole. 

Boonamico  di  Lapo  (kiidalolli  mercante  fiorentino,  aeqoi- 
stata  una  piccola  cappella  contigua  alla  chiesa  vecchia  di  s.  M. 
Novella,  fece  porre  le  fondamenta  del  vasto  capitolo,  Taono 
1^0.  Dovea  servire  per  le  adunanze  dei  religiosi,  e  per  cele- 
brarvi annualmente  con  molta  pompa  la  festa  del  SS.  Corpo  di 
Cristo  (1).  Errarono  perciò  i  PP.  Fineschi  e  Borghigiani ,  i  quali 
ne  segnarono  la  erezione  sotto  Tanno  1350  iid  qual  tempo  non 
vi  avrdMie  certamente  potuto  dipkigare  Simone  Afemmi  morto  in 
Avignone  Tanno  1344  (2).  Quale  dei  due  architetti  sopra  citati 
ne  fosse  Tanlore  non  è  ben  certo.  I  tre  storici  Domenicani, 
Biliotti ,  Borghigiani  è  Fineschi ,  con  il  Mecatti,  ne  fanno  autore 
fra  Jao^  Talenti  ;  ma  io  sono  dì  avviso  che  in  qudla  vece  sia  dovuto 
a  fra  Giovanni  da  Campi  ;  perchè  il  Talenti  od  1320  era  in  troppo 
giovine  età,  e  fra  Giovanni  già  da  tre  anni  aveva  vestito  T  abi- 
to di  s.  Domenico  e  dirigeva  i  lavori  della  chiesa.  A  tutto  ciò 
si  aggiunge,  che  contemporaneamente  doveasi  fSabbrìcare  il  bel 
chiostro  detto  il  Verde  ^^  ed  il  Fineschi  ne  fa  autore  fra  Giovan- 
ni Compiuta  la  fabbrica  del  capitolo,  il  Guidalotti  volle  ador- 
narla di  pitture  dei  più  eccdlenli  pennelli.  Prescelse  per  primo 

(1)  MicàTTi ,  NoUùe  Storiche  riguardanti  il  Capitolo  dei  PP,  Do^ 
menicani  di  s,  M.  Novella,  un  toI.  in  4.^  Firenze  1737  pdg.  3.  —  Fi- 
Rton  Forestiero  Lietruito  in  j.  M,  Novella,  pag.  44.  —  Boigbic  ad 
hunc  ann. 

(2)  Gio.  RòMii,  Storia  della  PiUura  Italiana  toI.  2.^  Epoca  1." 
cap.  XII  pag.  98. 


Digitized  by 


Google 


144  MEMORIE 

Simone  Mfimmì ,  U  quale,  oome  bone  aTverte  11  eh.  profess.  Ro- 
sìnit  non  potè  operarci  prima  dell'anno  1336;  anno  In  etri  tor- 
nò di  Avignone  ove  avea  veduta  la  celebre  Laura  che  poi  ri- 
trasse In  qod  capitolo  (1).  Secondo  a  dipingervi  fa  Taddeo  Gad- 
dì , ma  11  qaando  non  saprei  dire.  Sulla  lapide  sq[iolcrale  ebeohìu- 
de  le  ceneri  di  Mico  Guidalotti  si  legge,  come  l'anno  1355,  che 
fu  qnello  di  sua  morte,  il  capitolo  era  di  già  dipìnto;  e  Invero 
anche  Taddeo  Gaddi  dovea  essere  mancato  di  vita  intorno  a  qfuel 
tempo  (2 .  Lat  spesa  imporlo  ben  850  fiorini  d' oro.  Or  qui  si 
affacciaiosto  una  gravissima  difiiadtà.  L' ab.  Hecattì ,  ed  il  Flneschi 
rinvennero  come  11  suddetto  Mico  Guidalotti  alla  morte  sua  .la- 
sciasse al  fratello  Domenico  altri  325  fiorini  d'oro  per  condurre 
a  termine  le  pitture  del  capitolo  ;  alla  qnal  somma  perchè  forse 
insufficiente,  Domenico  ne  aggiunse  altri  92.  Abbiamo  da  tutto 
ciò  che  il  capìtolo  Importò  la  spesa  di  1265  fiorim*,  die 
in  queir  anno  1355  non  era  compiuto  ,  e  che  rimaneva- 
no a  farsi  ancora  molte  pitture/  per  le  quali  ne  furono 
sborsati  altri  415.  Ma  a  chi  Arxnìo  mai  affidati  questi  dipinti  se 

(1)  Rotiici,  toc.  cit. 

(2)  Lakzi,  Storia  Pittorica,  epoca  1.*  Scuola  Fiorentina» 
Iscrizione  posta  al  sepolcro  del  Guidalotti. 

Hic  iaeet  Michus 

(ìlius  din  Lapii  de  GuidatotUt  mercator 

qui  fecit  fieri  et  dipìngi  istnd  Capitului^i 

curo  cappella,  sepullus  in  habitu  ordiois 

A.  D.  MCCCLV  die  III  septenbrit 

requietcat  in  p;ice 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  IX-  145 

il  Hemmì  e  il  Gaddi  erano  già  morti ,  e  se  tutto  quanto  il  ea- 
pitòto,  paftio  la  volta  ara  stata  dai  medcsiiiii  colorita?  Non 
arendo  veduto  il  docomento  dell' oltitoa  volontà  del  Goidalotti, 
giudico  verofiiiiule  obe  i  415  fiorini  dovessero  essere  impiegati  nell'a- 
domamento  ddl' altare ,  e  in  quelle  opere  di  scoi  tura  cfae  beUameote 
adornano  la  porta  e  i  finestroni  dd  capitolo,  dovuti  forse  alto 
scalpalo  di  fira  Jacopo  Talenti  (1).  Detto  ddla  Tabbrica ,  diremo 
ddle  pitture.  Bramandosi  un  saggiadi  pittura  storica ,  simbolica 
e  leggendaria ,  si  ebbe  ricorso  al  Passavanti  ;  il  quale  forni  gli 
artisti  delle  opportune  notizie  e  diresse  il  lavoro  (2).  Simone 
Memnai  tolse  a  dipingere  tre  parti;  l'orientale,  la  meridionale 
e  la  settentrionale.  Nella  meridionale  fece  alcune  stcnrie  di  s. 
Domenico  e  di  Sb  Pietro  martire  in  gran  parte  perdute.  Neil'  o- 
riei^le  ritrasse  la  cbiesa  militante  e  la  chiesa  trionfante.  Nella 
prima  ^igiò  le  principali  dignità  dviB  ed  ecclesiastica;  ed  è 
dc^ppiamente  preziosa  per  i  ritratti  che  d  haoonsQrv^ti  del  Pon- 
tefice Benedetto  XI,  di  Enrico  VII  imperatore,  di  Filippo  il  bello 
re  di  Francia,  del  card.  Niccolò  Albertino  di  Prato,  di  fra  An- 
giolo Accia  juoliDoinenicano  vescovo  di  Firenze,  come  di Cimabue, 

(1)  Non  sarebbe  ezÌAndio  fuor  di  ragione  il  credere  che  restasse  solo 
a  dipingersi  la  tribuna  o  cappella  dello  stesso  capitolo ,  della  quale  è 
menzione  nella  lapida.  Chi  in  seguito  ti  operasse  non  è<:erto}  deperite 
però  quelle  pitture  nel  1590.  furono  rifatte  dai  discepoli  di  Alessandro 
Allori  e  dal  Poccetti. 

(2)  Il  eh.  prof.  Rosini  scrive  che  ì  dipinti  di  questo  capitolo  furono 
probabilmente  diretti  dal  cel.  fra  Domenico  Cavalca  pisano,  ma  credo 
prenda  equivoco  con  fr.  Jacopo  Passavanti ,  perciocché  tutte  le  memorie 
del  convento  di  s.  M.  Novella  ciò  afifermano  di  quest'ultimo. 


Digitized  by 


Google 


146  MEMORIE 

dì  Giotto,  dì  Arnolfo,    del    Petravca  ec.  Forse  era  suo  ooo- 
oeCto  mostrare  come  dì  meizo  agli  errori,  alle  ambizioiii  ed  ai 
piaceri  che  Maodiscono  o  travagliano  la  vita  umana ,  i  veri  se- 
guaci di  G.  C,  mercè  il  suo  divino  aiuto,  pervengano  alla  pa- 
tria edeste.  Acceonò  per  gli  orrori  la  setta  dei  Manichei ,  della 
quale  era  infetta  Firenze  non  s(rio,  ma  gran  parte  d'Italia.  Fi- 
gurò gli  eretici  dispulare  con  i  cattolici  ;  altrove  volpi  iiseguite 
da  cani  bianchi  e  nari;  con  die  volle  ricordare  la  vigilaiiza  dei 
frati  Predicatori ,  i  quali  ovunque  vedessero  Terrore,  sotto  qua- 
lunque forma  o  sembianza,  lo  combattevano  senza  tregua.  A 
dinotare  i  piaceri  e  la  voluttà  onde  sono  adescali  e  sedotti  i 
mortali  ritrasse  una  schiera  di  giovani  danzatrici ,  e  fra  esse  vedi 
la  bella  Laura  per  la  quale  tanto  vanfeggiò  Francesco  Petrarca. 
Similmente  a  significare  le  ambizioni  di  onori  e  di  potenza , 
pose  le  più  alte  dignità  della  chiesa  e  delT  impero.  Poi  figurò 
la  confessione,  Tassohizione  e  la  penitenza  per  le  quali  si  ò 
introdotti  nella  chiesa  trionfante.  In  breve,  ritrasse  egli  a  colorì 
quanto  conr  terso  ed  elegante  stile  avea  scritto  l' autore  dello 
Secchio  di  vera  penitenza.  Nella  parte  settentrionale  di^iinie  la 
salita  di  Cristo  al  calvario;  la  sua  crocifissione  e  morte»  e  la 
discesa  di  Lui  al  limbo  dd  Padri.  Pitture  tutte  per  la  invenzio- 
ne, la  poesia  e  il  disegno  veramente  meravigliose.  Giammai   il 
Memmi  mi  parve  si  grande  come  in  questi  a  freschi  del  capi- 
tolo. Sono  eziandio  un  elogio  della  pittura  cristiana  e  della  bon- 
tà deir  artista.  Taddeo  Gaddi  non  raggiungeva  il  Memmi  ndla 
poesia  del  comporre ,  ma  forse  superayalo  nel  disegna  Si  atten- 
ne perciò  a  più  semplice  composizione.  Nella  parte  ocddenlale 
che  gli  fu  data  a  dipingere,  ritrasse  il  trionfo  di  s.  Tommaso 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  CAP.  IX.  147 

dì  Aquino  snU'  errore ,  ed  insieme  la  sua  ceìesie  sapienza;  quasi  in 
quella  guisa  che  fece  il  pittore  Francesco  Traini  in  Pisa  nella  gran 
taTola  che  Tedesi  in  s.  Caterina.  Figurò  pertanto  il  s.  Dottore 
seduto  in  catteto  con  libro  aperto  in  mano;  lo  circondò  di 
patriarchi,  di  profeti,  di  apostoli  e  di  dottori;  ai  piedi  di  lui 
pose  gli  eretici  confusi ,  e  compreso  di  vergogna  T  arabo  Aver- 
roe  corrompitore  ddla  dottrina  di  Aristotile;  i  cui  deliri  avea 
TAquInate  con  tanta  forza  d'ingegno  confutati.  Nella  parte  in- 
fericNre  espresse  in  quattordici  figure  muliebri  le  yirtà  e  le 
scienze  più  cospicue,  e  al  di  sotto  di  esse  i  più  celebri  cultori 
deUe  medesime.  Della  qual  pittura  simbolica  molto  si  piacevano 
i  bizantini  e  i  giotteschi.  Ndla  volta  del  capitolo  colori  la  ri- 
surrezione di  G.  C.,  la  discesa  dello  Spirito  Santo  nel  cenacolo, 
e  la  navicella  di  Pietro  agitata  dai  flutti.  11  Gaddi  pose  in 
qudr  opera  tanto  studio  e  diligenza  per  la  emulazione  del 
Hemoù,  che  tra  i  suoi  dipinti  è  forse  questo  il  piò  insane. 

Le  fin  qui  noverate  sono  le  opere  di  pittura  dovute  in  gran 
parte  allo  zelo  ed  alla  intelligenza  del  Passavànti.  Ma  egli  può 
asserirsi  francamente ,  che  cominciando  dai  Greci  e  da  Cimabue, 
quel  tempio  e  quei  chiostri  esercitarono  V  arte  e  V  ingegno  di  tutti 
i  più  valenti  dipintori  della  scuola  fiorentina ,  eccettualo  Andrea 
del  Sarto,  e  fra  Bartolomeo  della  Porta;  percioccliè  oltre  i  ri- 
cordali, vi  operarono  Spinello  di  Arezzo,  V Angelico,  Filippo 
Lippi ,  Paolo  Uccello,  Masaccio,  ec.;  ed  appare  dalle  antiche  me* 
morie  come  le  pareti  di  quella  chiesa  fossero  daU*  alto  al  basso 
tulle  adorne  dì  pitture  della  ^uola  giottesca,  le  quali  in  gran 
parte  furono  dislrutte  nel  secolo  XVI  quando  per  consiglio  e 


Digitized  by 


Google 


148  MEMORIE 

sotto  la  dircasioDe  di  Giorgio  Vasari  teiiDC  rìmodeniata.  Ciò  ba- 
sti del  (empio  di  s.  M.  Novella* 

Seguitando  a  narrare  la  Tita  delF  architetto  fira  Giovanni 
da  Campi ,  i  privati  lavori  ddla.ohiesa  e  dd  chiostro  non  erano 
oosiflatti  che  gli  vietassero  adoperarsi  nei  puÌMici ,  ai  qoali  eia 
di  llreqaente  invitato  par  la  opinione  ohe  «vevasi  deUa  sua  pe- 
rizia ndl'arte.  Neg^  anni  1319  e  13il  sembra  ohe  i  muratori  e  i 
scarpellini  Domenicani  dd  convento  di  s.  M. ,  Nov^a  fossero  adope- 
rati nel  servigio  della  Repubblica  per  la  ererione  di  alcune  flibbrì- 
di(;  e  se  ne  hanno  i  decreti  nell'archivio  delle  RiformagionL 
Facilmente  Ora  Giovanni  avrà  diretti  tutti  questi  lavori.  In  quello 
del  1319  si  ricorda  la  fabbrica  di  una  abitaziooe  contigua  al  loro 
convento  per  albergarvi  gli  uflhuali  della  Repubblica ,  e  gli  il- 
lustri personaggi  che  transitavano  per  Firenase.  Questo  edifizio 
si  faceva  in  gran  parte  a  spese  dei  religiosi,  abbenché  fosse  di 
pubblica  utilità  ;  e  il  consiglio  non  concedette  altra  sovvenzione 
ai  medesimi  che  sole  200  lire  (1).  In  questo  divisamelo 
erano  venuti  i  frati  Predicatori  per  togliersi  il  disagio  gran- 
dissimo di  albergare  costoro  nel  proprio  convento;  percioc- 
ché non  avendo  la  Repubblica  luogo  a  dò  atto  inviava  sempre 

(1)  Gaii,  Ioc.  cit.  (  Fratrib.  $,  M.  Nwellae  1.  200  f.  p.  )  «  guod 
ipsi  fratres  hediffictun  statuerint  circa  portam  eorum  conventus  quaii^ 
dam  domum  st^fftcientem  et  spatiosam,  quae  us<jue  ad  totam  akìtudi' 
nem  murorum  ìam  perducta  est ,  et  erit  maxime  necessaria  ad  recipien» 
dum  qfficiaUs  comuni  fior,  nec  non  etiam  aiios  cives ,  secundum  4jfuod 
diversi  caius  occureì'imt,  ad  quos  quidem  redpiendos  ipsi  fratres  non  Aa* 
bentdoMOs  suffltientes  et  apertas,  qtumamodum  muUolies  est  expertum.» 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  l  GAP.  DL  149 

gli  illuslrl  yiaggìatori  nei  divergi  conTenti  ddla  città  ^  e  segnata- 
mente in  qaèllo  di  s.  M.  Novella ,  abbenchè  allora  assai  povero 
ed  angusto.  QnelV  abitazione  non  pertanto  dovette  essere  ben  lun^ 
gì  dal  bastare  al  bisogno;  e  invero  Tanno  1419  dovendo  aoco- 
gliere  fl  Pontefice  Martino  V  con  il  seguito  di  cardinali  e  di 
prdatiy  la  dttà  fece  murare  appòsitamente  nel  convento  stesso 
di  s.  M.  Novella  un  magnifico  appartamento  con  danari  ddl^o- 
pera  del  duomo,  impiegandovi  la  somma  di  1500  fiorini  (1). 
Assai  più  importante  è  il  decreto  delti  10  febbrajo  1321 
col  quale  la  Repubblica  assegna  ai  frati  Predicatori  la'  grave 
somma  .di  2000  fiorini  per  restauri  di  anticbe  fabbriche,  e  la 
erezione  di  nuove.  Abbenchè  non  si  dica  se  queste  fossero  della 
città  ovrero  dei  religiosi;  parmi  non  pertanto  dd)basi  credere, 
che  gH  architetti  e  muratori  di  s.  M.  Novella  fossero  con  quel 
decreto  invitati  ai  pubblici  lavori  ^^  siccome  appunto  in  quel 


(1)  Gate  Ioc.  cìt.  d/e  31  Janum-ii  1419.  Operar ii  opere  Majoris 
Ecclesiae  FUtrent.  teneantur  expensts  ipsiut  opere  fieri  faceì'e  in  loco 
cont^ntus  Pratrum,  f .  Marie  Novelle  unum  habitationem  'prò  sanciis" 
timo  domino  Martino  V,  Excedi  non  possit  summam  fior.  1500.  curi. 
Il  '  Pontefice  suddetto  reduce  allora  dal  concilio  4i  Costanza  si  trat- 
tenne con  la  sua  corte  in  s.  M.  Novella  per  lo  spasio  di  sei  mesi.  Eu- 
genio IV  yenutoyS  nel  1434,  tì  dimorò  per  ben  sei  anni  in  due  volte, 
e  vi  tenne  il  concilio  ecumenico  per  la  riunione  dei  Greci.  Nel  1451.  quel 
convento  accolse  l'imp.  Federico  III  e  Ladislao  suo  nipote  re  di  Ungheria. 
L'anno  1459,  vi  venne  il  Pontefice  Pio  II.  Nel  1474.  Cristierno  re  di  Svezia; 
e  nel  1515  il  sommo  Pontefice  Leone  X.  V.  Bobohigiaii^Biliotti,  ec 

10 


Digitized  by 


Google 


150  MEMORIE 

secolo  facevano  gli  ordini  degli  Umiliati  e  dei  Gesoati.  Non 
essendo  yerosiipile  che  un  Istituto  di  frali  Mendicanti  avesse  pro- 
prietà di  molte  abitazioni ,  e  che  la  Repubblica -ydesse  Gir  dono 
aj  medesimi  di  somma  tanto  ragguardevole  (1). 

Ma  un'opera  che  raccomanderà  sempre  ai  posteri  il  nome 
di  fra  Giovanni  da  Campi  è  il  presente  bel  ponte  di  pietra  sai- 
l'Amo,  volgarmente  detto  della  Carraja,  da  lui  eretto  nuova- 
mente dopo  essere  stato  distrutto  qudlo  che  i  due  suoi  confra- 
tdli  fra  Sisto  e  fra  Ristoro  avevano  innalzato  nel  secolo  prece- 
dente. E  perchè  alcuni  tentarono  togliere  a  lui  questa  gloria , 
noi  con  documenti  certissimi  faremo  prova  di  mantenergliela. 

Dì  già  fu  narrato  come  sugli  ullìmi  dell'anno  1269,  o  nei 
primi  del  seguente  i  due  architetti  Qovellani  ne  avessero  gettati 
i  piloni,  e  come  agli  altri  della  città,  soprapponesservi  poi  un  ponte 
di  legno.  L'anno  1304  questo  ponte  andò  in  rovina  per  la  se- 
guente cagione.  Firenze  era  nuovamente  lacerata  da  cittadine 
discordie.  Ai  Guelfi  e  Ghibellini  erano  succeduti  i  Bianchi  e  i 
Neri.  11  vescovo  Lottierì,  anziché  sedare  quei  moti  funesti,  co- 
me era  debito  di  padre  e  di  pastore,  si  pose  in  quella  vece 
capo  del  partito  dei  Bianchi.  Benedetto  XI ,  avuto  avviso  con 
quanto  crudel  guerra  si  lacerassero  quei  miseri  cittadini,  inviò 
in  Firenze  il  card.  Niccolò  Albertino  di  Prato  dell'ordine  dei 
Predicatori,  onde  comporre  gli  animi  alla  pace.  Rammentava  il 
Pontefice ,  che  l' anno  1279  un  altro  religioso  dello  stesso  iastituto 

(1)  GàTB,  loc.  cit.  <r  anno  1321.  iO  febr.  Ubr.  2000  f.  p.  deputen- 
turjrairibus  s.  Dominici  prò  reparatione  domorum  et  constructione  de 
novo  fienda  de  domibus  et  aliit  pluribus.  » 


Digitized  by 


Google 


UBRO  L  GAP.  IX.  151 

e  della  stesa  dignità  rhrestllo  avea  EBteOmeDte  sedate  qnelle 
lazìoiiì;  «  Questo  messer  Niccolò,  scrive  Gioyaimi  Villani,  cardi- 
nale della  terra  di  Prato ,  era  frate  predicatore,  molto  savio 
di  sGrìttura  e  di  senno  natarale,  sottile  e  sagace  e  avveduto,  e 
grande  pratico,  e  di  progenia  di  ghibellini)»  (1).  L'appartenere 
ad  una  famiglia  che  parteggiava  manirestamente  per  una  delle  due 
sette  polìtiche,  il  rese  sospetto  al  popolo,  che  non  volle  udir  parole  di 
pace;  ond'egli  abbandonata  Firenze  si  recò  in  patria.  Non  per- 
tanto nel  seguente  anno,  alquanto  posali  gli  sdegni, *sì  volle  fe- 
steggiare il  suo  ritomo  da  Prato  con  feste  popolari  (2).  «Quei  del 
Borgo  san  Frìano,  prosegue  il  Villani,  avevano  per  costarne  di 
farà  più  nuovi  e  diversi  gioocfai,  si  mandarono  un  bando  che 
chiunque  volesse  saper  novelle  dell'altro  mondo,  dovesse  ess^e 
il  di  delle  Calen  di  Maggio  su  '1  ponte  alla  Garraja  e  d'intor- 
no all'Amo;  e  ordinarono  in  Arno  sopra  barche  e  naviceUe 
palchi  e  fedonvi  la  somiglianza  e  figura  dello  'nfemo  con  fu> 
dìi  e  altre  pene  e  martorK  ,  con  uomini  conlrafatli  a  demonia 

(1)  Cronaca  libr.  Vili  cap. 66.  —  Niocolò  Macchiatblli,  5<ori e  fVo- 
rcntine  It'b,  2.** 

(2)  Il  popolo  fiorentino  assai  vago  di  questi  spettacoli  ne  fa- 
ceva molti  annualmente  nelle  diverse  chiese  della  città.  I  princi- 
pali erano:  di  t.  Ignazio  martire  in  s.  M.  Novella ,  dell'  Assun- 
lione  al  Carmine,  di  a.  Bartolommeo  in  s  Croce,  e  dello  Spirito  Santo 
nella  chiesa  degli  Agostiniani  di  questo  nome:  e  fu  appunto  in  uno  di 
qaesti  spettacoli  che  incendiò  la  chiesa  di  santo  Spirito  nel  1471  e  venne 
quindi  tanto  elegantemente  ricostruita  sul  disegno  lasciato  dal  Bru- 
nellesco.  Tutte  queste  feste  eseguite  in  modo  veramente  teatrale,  erano 
dirette  dall'ingegno  meraviglioso  del  Cecca. 


Digitized  by 


Google 


158  MEMORIE 

orribili  a  vedere,  e  altri  i  quali  aye^aiio  figure  d'auiine  ignude, 
che  pareano  persone ,  e  meUevaogli  in  qaegU  diversi  tonneoU 
COD  grandissime  grida,  e  strida,  e  tempesta,  la  quale  parea 
odiosa  e  spaventevole  a  udve  e  a  vedere;  e  per  lo  nuovo  giuo- 
co vi  trassono  a  vedere  molti  Cittadini,  e  '1  ponte  alla  Carraja, 
il  quale  allora  era  di  legname  da  pila  a  pUa^  A  caricò  si  di 
gente  che  rovinò  in  più  parti,  e  cadde  colla  gente  che  v'era 
suso,  onde  molte  genti  vi  morirono  e  annegarono,  e  di  motte 
se  ne  guastarono  le  persone ,  sicché  il  giuoco  da  beffe  avvenne 
col  vero,  e  compera  Ito  il  bando,  molti  per  morte  n'andarono 
a  sapere  novdle  dell*  altro  mondo  ji  (1).  Dopo  qaeUa  rovina  M 
ponte  alla  Carraja  venne  intieramente  rifatto  di  pietra,  ma  igno- 
rasi chi  ne  fosse  l'architetta  Nell'archivio  delle  Riformagioni 
si  legge  una  deliberazione  del  27  agosto  1332  per  (ar  lastricare 
quel  ponte  (2).  Era  di  recente  compiuto  il  lav<Nro,  quando  nd 
1  novembre  dell'  anno  1333  avvenne  la  più  gran  piena  ddl'  Ar- 
no che  forse  mai  ricordi  la  città  di  Firenze.  Imperciocché  dopo 
recati  danni  gravissimi  in  Valdarno,  in  Casentino,  in  pian  d'A- 
rezzo, da  molti  e  grossi  torrenti  oltre  misura  cresciuto,  non  si 
tosto  era  giunto  presso  Firenze  che  tosto  univasi  colla  Sieve.  Al- 
lora insofferente  di  freno;  soverchiate  le  sponde,  atterrava  da 
prima  il  ponte  alla  Carraja,  salvo  due  archi;  poscia  quello  di 
s.  Trinità,  salvo  una  pila  e  un  arco;  il  ponte  Vecchio,  stipato 

(1)  Villa»!  loc  cit  Scrive  Giorgio  Va  tari  die  qaesU  rappreittiU- 
xione  dell*  Inferno  era  ttaU  concepila  e  diretta  da  qael  binarro  •pirilo 
di  Boonainico  Buffalmacco. 

(2)  Gate,  loc.  cit. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  IX.  153 

£  molto  legname  in  parte  abbatteva,  e  in  parte  quello  di  Ru- 
baconte  «  quindi  con  impeto  grandissimo  si  roresdaya  sulla  in- 
fdice  città  con  immiénsa  rovina  y  e  con  morte  di  ben  trecetito  per- 
sone. Narra  Giovanni  Villani  testimonio  di  veduta ,  che  volendo 
slimare  a  valore  di  moneta  il  danno  patito  in  quella  disavventura 
dal  comune  di  Firenze,  fra  ponti,  CBtbbriche,  ec  giudica  dtrepassa- 
re  i  150  mila  fiorini  d'oro  (1).  Abbisognando  pertanto  la  Repub- 
Mica  di  valenti  ardiitetti ,  prescdse  infra  gli  altri  Taddeo  Gad- 
di  e  fr^  Giovanni  da  Campi.  Al  primo  affidò  i  restauri  del  ponte 
Vecchio;  al  secondo  il  riracimento  di  quello  alla  Carraja.  Scri- 
vono il  Vasari  e  i  Baldinucd ,  che  il  ponte  di  s.  Trinità  fosse 
ricostruito  dal  Gaddi ,  ma  il  Bottarì  nelle  note  alla  vita  di  que- 
sto pittore  e  ardritetto ,  sospetta  in  quella  vece  venisse  innalzato 
da  fra  Giovanni  (2).  Forse  errò  il  Baldinucd  ove  scrive,  che  il 
Gaddi  rifeci  con  suo  modello  il  ponte  Vecchio  di  tutte  pietre  ri- 
quadrate ;  dappoiché  il  cronista  fiorentino  afferma  che  soltanto 
H  riitrinsero  due  pile  al  medesimo.  L'altro  della  Carraja  venne 
riTatto  per  intiero;  e  lo  afferma  lo  stesso  Villani:  nel  mese  di 
luglio  delPasmo  1334  si  cominciò  a  fondare  il  nuavoponte  alla 
Carraja  »  (3).  Che  poi  quest'ultimo  sìa  dovuto  a  fra  Giovanni  da 
Campi ,  oltre  l' autorità  del  Baldinucd  e  di  mons.  Bottarì ,  abbia- 
mo quella  gravissima  del  necrologio,  il  quale  manifestamente 


(1)  Gm.  VtLLAm,  loc  di.  libr.  XI.  cap.  XIL 

(2)  File  dei  pittori,  scultori,  architetii  di  Giorgio  Fasori,  nell'e 
dizione  di  LiTomo  del  1767  per  Marco  Coltellini. 

(3)  Gio.  ViLLAm,  loc  cit 


Digitized  by 


Google 


154  MEMORIE 

a  lui  ne  attribuisce  tutta  la  lode  (1].  Un  altro  doq  meno 
prezioso  documento  rinvenne  ai  suoi  gloriti  il  P.  Borghigiani;  ed 
era  l'antico  libro  del  bor fiere  o  stndaoo  del  convento,  ove  si 
leggevano  alcune  partite  di  danaro  dal  Comune  pagato  a  ira 
Giovanni  per  quel  lavoro.  E  sotto  Y  anno  1337  si  ricordava  oo« 
me  lo  slesso  converso  architetto  rilasciasse  al  sindaco  fiorini  30 
delle  sue  mercedi  per  la  fabbrica  del  ponte  alla  Garraja,  onde 
fossero  impiegati  nel  fare  il  pavimento  al  nuovo  dormentorio* 
cui  attendeva  indefessamente  fra  Jacopo  Talenti  (2).  Dopo  le  quali 
autorità  di  scrittori  contemporanei ,  credo  niuoo  vorrà  più  dinega- 
re a  fra  Giovanni  la  gloria  di  quella  fabbrica.  Ebbe  questa  il  suo  com- 
pimento nd  gennajo  dell'  anno  1336  e  importò  la  spesa  di  sopra  SS 
mila  fiorini  d' oro  (3).  Quello  di  s.  Trinità ,  per  quanto  afferma  il  Va- 
sari, ne  importò  20  mila;  e  deve  essere  un  errore  di  stampa 
nel  Baldijiucci  ove  si  legge  200  mila;  dappoiché  si  disse  col 
Villani,  che  tutti  i  danni  cagionati  da  quella  inondazione  non 
oltrepassarono  i    150   mila    fiorini   d'  oro.  Uguale  arrore   o 


(1)  NecroL  s.  M,  Nweliae  nP  27*7  «  ipse  factus  est  per  comune 
totius  iUius  operis  (del  ponte  )  principali^  et  unicus  archiuctor.  »  Fino 
dal  primo  giorno  di  novembre  dell'  anno  1 333  in  cui  cominciò  la  piena 
delle  acque  ti  trova  nell*  Arch.  delle  Riformagioni  memoria  di  una  de- 
putazione o  balìa  ad  providendum  gitali  ter  et  quomodo  in  dieta  dx^i'^ 
tate  Florent.  pottit  transiri  et  iri  super  ftumine  Jrni ,  et  ab  una  parte 
dicti  fluminis   Arni  ad  aliam  partem,»    Gi.t«  ,  loc  cit. 

(2)  Cron.  Ànnalist,  ad  hunc  annum  pag.  366. 

(3)  YiLLAHi,  loc.  cit. 


Digitized  by 


Google 


LffiRO  L  GAP.  IK.  155 

esageraàooe  trascorse  ore  II  saddelto  scrittore  narriai  che  li 
ponte  Vecchio  ne  importasse  60  mila  (1). 

Il  ponte aUa  Carraja  di  cinque  archi ,  etutto  di  pietre  riqoa* 
drate ,  è  il  presente  che  si  vede'  in  Firenze ,  e  die,  dopo  qnello 
dì  8.  Trinila  posteriore  di  dcpe  seoolf ,  é  il  più  bello  di  quanti  ne 
SODO  sopra  Amo.  Per  le  gravi  piene  soprayyemille  nei  tempi 
soooessiyi  ékbe  mestieri  di  qualche  rìsarclmeiìto;  e  nella  gravissi- 
ma del  i5S7»  che  ne  avea  atterrate  due  pile  e  due  archi  »  vennero 
questi  ritenti  per  opera  di  Bartolomeo  Ammapnato;  non  già  tutto 
il  ponte  come  per  manifesto  errore  leggesi  nelk  Guida  di  Firenze 
dd  iS&iy  (2).  Quando  ciò  non  fesse  provato  da  scrittori  con- 
temporanei,  basterebbe  a  mto  avviso  considerare  l'architettura 
stessa  dd  ponte.  Tengo  non  pertanto  come  certissimo,  che  del- 
rAmmannalo,  oltre  le  due  pile  e  I  doe  archi,  siano  gH  speroni 
fortissimi  che  rafforzano  le  pile,  uguali  a  quelli  di  s.  Trinità 
del  medesimo  architetto. 

Nel  tempo  che  fra  Giovanni  da  Campi  dava  opera  agli  in^ 
portanti  lavori  affidatigli  dalla  repubblica ,  il  converso  fra  Jacopo 

(1}  Notizie  dei  Professori  del  disegno.  Decennio  III  del  sec.  2. 

(2)  In  un  libio  di  Ricordanve  del  coiiy.  di  i.  Marco  di  Firenze, 
MS.  segnato  con  lettera  fi.  foL  120.  a  tergo»  ti  legge:  «  Bicordo  co» 
me  oggi  giorno  XIII  di  sept,  1557  a  tre  ore  di  notte  la  vigilia  di  «. 
Croce  Arno  fiume  per  le  grandissime  pioggie  inondò  e  usci  fuori  del 
letto  suo  ruppe  sopra  Firenze  mezMo  miglio,  ec<  ,  •  ,  .  In  Firenze  ro» 
vino  il  ponte  s.  Trinità  tutto,  il  ponu  alla  Carraja  dua  pile  et  dua 
archi,  et  guastò  una  gran  parU  di  ponte  Buhaconie,  di  modo  che 
non  si  pelea  passare.  »  ec» 


Digitized  by 


Google 


156  MEMORIE 

Talenti ,  e  gli  altri  architetti  e  muratori  Domeoicaoi  erano  intesi 
alla  fabbrica  della  chiesa  e  del  consenta  Secondo  il  disegno  la- 
sciato da  fra  Sisto  e  fra  Ristoro,  fecero  intomo  al  1330  il  bdlissi- 
mo  campanile  ;  e  ciò  deducesi  da  questo,  che  neUe  antiche  campane 
leggevasì,  in  una  Vanno  1331,  e  nell'altra  il  1334.  È  nella  sua 
altezza  ben  118  braccia,  compresa  la  pergamena;  ed  ha  tale 
sveltezza  che,  se  ne  eccettui  quello  meraviglioso  del  duomo, 
non  so  qual  altro  in  Firenze  lo  vinca  o  pareggi  Importò  la 
spesa  di  ben  11  mila  Gorini  d'oro  (1).  L'amx)  1334  oondussero 
a  termine  il  magnifico  cappellone  di  s.  Niccolò  con  T  attigua 
sacristia,  dipmta  a  buon  Tresco  con  storie  di  G,  C  da  Spinello 
di  Arezzo.  Soprastante  a  quel  lavoro  iìi  il  religioso  fr.  Ottayiano 
Rustici ,  nelle  cose  di  architettura  versatisaimo.  Sotto  la  dfanenone 
del  Talenti  si  trovano-  lavorare  in  qualità  dì  capi  muratori  due 
conversi  dello  stesso  concento  fra  Lapo  Bruschi,  e  fra  Fran- 
cesco da  Carmignano  (2).  In  questo  mentre  il  memorando  stra- 
ripamento dell'Amo  cagionava  danni  gravissimi  alla  primitiva 
chiesa  sotterranea  e  all'antico  convento;  segnatamente  l'inferiore 
dormentorio,  che  per  essere  a  troppo  basso  livello  facilmente 

(1)  La  tpeta  deOa  fabbrica  del  campaDile  fu  fatu  per  la  più  parte 
da  mona.  Simooe  Saltarelli  archrescoTo  di  Pi«a  religioao  del  convento  di 
8.  M.  Norella. 

(2)  Il  P.  Borghigiani  icrire  come  dagli  spogli  dell' ArchÌTÌo  di  t. 
M.  Novella  ti  deduce  che  col  Talenti  dirigeTa  eziandio  quei  lavori  fra 
Giovanui  da  Campi:  ciò  dovrebbe  estere  alcun  mese  ìnnanai  che  egli 
imprendesse  la  fabbrica  del  ponte  alla  Garraja,  appunto  in  quell'anno 
1331  V^  Cron.  Annalistica,  ec.  pag.  530  ad  aan.  1333. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  GAP.  IX.  iST 

vennero  occupate  dalle  acque. €oiìobbaro  allora  quei  reUgmi  ohe 
a  guarentirsi  dalle  Alture  inondazioni  fiicea  dì  mestieri  erigere 
dalle  fondaiDNita  un  nooro  e  più  vasto  coByeoio  a  troppo  mag-^ 
ffare  altezza  che  non  era  Y  antico.  Già  da  akoni  anni  ayeyano 
inqireso  a  fabbricare  un  nuovo  dormentorio  che  bastasseal  nu- 
mero ogDor  crescente  dei  religiosi ,  come  si  deduce  da  una  sup* 
plica  che  i  medesimi  porsero  alla  repubUica  U  pomo  12  aprile 
1334  supplica  %norata  dagli  storici  tutti  del  conventa  In  que- 
sta essi  dichiaravano  trovarsi  privi  dei  meizi  necessari  a  con>- 
piere  cosi  la  fobbrìca  della  chiesa  come  Y  ingrandimento  del 
dormentorio  già  da  lungo  tempo  intrapreso;  supplicare  quin- 
di perchè  loro  venissero  conceduti  due  ^pem  di  terra  uno  di 
1500  br.  e  l'altro  di  800  quadrate  (1).  Qualibsse  il  risultamento 
di  questa  petizione  si  ignora.  Or  seguitando  la  cronologia  del 
P.  Borghigiani,  awertvemo  come  il  nuovo  braccio  del  eoo^ 
vento  venne  innalzato  sopra  il  chiostro  grande;  e,  come  i  pila- 
stri del  medesimo  erano  troppo  deboli  e  impari  al  peso  che 
loro  si  ^vea  sovrapporre,  convenne  raflbrzar&  Questa  fabbri- 
ca certamente  grandissima ,  abbisognava  di  somme  ragguarde- 
voli; e  come  non  tutte  si  ebbero  ad  un  tempo  medesimo,  e  si 
dovette  abbandonare  e  riprendere  più  e  più  volte  il  lavoro, 
Varcfaittura  del  detto  chiostro  risultò  irregolare,  come  può  di 
leggieri  ravisarsi  anco  al  presente.  Tra  coloro  che  concorsero 
alle  spese  di  quel  sontuoso  edificio ,  si  distinsero  frate  Giovanni 
Inbngati,  3  quale  con  l'aiuto  de' suoi  congiunti,  fece  edificar 


(1)  Qài*,  loc  cit.  Se  Doa  è  ocoeno  errore  nella  cifra. 


Digitized  by 


Google 


158  MEMORIE 

Vaia  merìdioiiale.  L'occidentale  è  dovuta  a  mons.  Aogdo  Ac- 
dajuoli  yesc.  dì  Firenze.  Moos.  Simone  SallareUi  ardy.  di  Pisa 
e  fra  Sodario  Squarci,  tulli  figli  di  questo  convènto,  suppli- 
rono in  gran  parte  aUa  spesa  di  quanto  rimaneva  a  farsi.  Quan- 
do venisse  ultimato  si  T  uno  che  V  altro  non  è  ben  certo.  L'anno 
1337  «  faceva  il  pavimento  del  nuovo  dormentorio;  e  nel  1340 
non  era  certamente  ancora  compiuto  il  chiostro,  perciocché  il 
P.  Borghigiani,  rinvenne  memorie  di  lascili  per  condurlo  a 
fine  (1).  Questo  bel  chiostro  di  56  archi  è  il  più  grande  di  quan- 
ti sono  in  Firenze.  Poco  innanzi  al  1570  si  cominciò  a  (teco- 
rarlo  di  preziosi  dipioti  par  cura  e  sollecitudine  del  ven.  P. 
Alessandro  Capocchi;  e  vi  operarono  i  più  insigni  pittori  della 
scuola  fiorentina ,  par  modo  che  a  giudizio  delLanzi ,  può  legger- 
si in  esso  la  storia  pittorica  di  questa  scuola  ndla  sua  epoca 
terza  ;  perciocché  vi  operarono,  il  Bronzino,  Aless.  Allori,  Santi 
di  Tito,  Cosimo  Gamberucci,  il  Pocoelti  e&  (2)  i  quaH  vi  co- 
lorirono storie  dì  s.  Domenico,  di  s.  Pietro  marlfa^,  di  s.  Tom- 
maso di  Aquino  e  dì  s.  Antonino;  tutte  a  spese  dei  religiosi 
del  convento.  Ad  eccezione  dì  alcuni  lunettoùi,  venne  ultimato 
ranno  1582. 

Nel  tempo  che  più  ferveva  il  lavoro  della  fabbrica  ddla 
chiesa  e  del  convento  cessava  di  vivere  dopo  hmga  infermità  il 


(1)  BoaoBiGUJii,  Cron.  Annoi,  voL  2.**  pag.  1.  lu/ o/lfi.  1341.  —  Av- 
Ttrtiamo  come  le  date  delle  fabbriche  che  andiamo  Doyerando  sono  tolte 
dal  Borghigiani;  il  perchè  non  rispondiamo  della  loro  esatteaf. 

(2)  Stov.  Piuorka,  toI.  1."  tcaola  fiorenlioa  epoca  3.  pag.  171. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  IX.  139 

Talenle  ardùtelto  (ra  Giovanili  da  Campi  l' anno  1339  >  yenddofr- 
simo  ddia  sua  vita  claustrale ,  e  lasciava  dolore  grandissiino 
della  sua  perdita  non  pure  ne*  suoi  confratelli,  ma  Micora  in 
tutti  i  cittadidi  ai  quali  avea  prestata  indefessamente  l'opera 
sua  nei  privati  e  nei  pubblici  lavori.  ^£l)be  lode  non  pure  di  arte- 
6ce  peritissimo,  ma  dì  religioso  integerrimo  ed  esemplare  (1)« 

(1)  Necrologium  i.  M,  Nwellae ,  NS*  Ì)l,  « /*.  Johannes  convertus 
fiL  olim  Brachetti  de  Campii,  fUit  morum  nuUuritate ,  nec  non  pre^ 
àp/ua  honestate  prepoUens,  Hic  effectus  est  in  ordine  bonus  carpenta^ 
rius  et  industrius  in  edifidis  construendis,  Uhde  contigit,  quod  post 
diluvium  quod  inundatfit  Fiorentiam  anno  domini  1333  ad  rehedifica*' 
tiotum  dei  pofUe  alia  Carraja ,  quod  prefatam  diluvium  dissipatiti  ipse 
fitclus  est  per  Comune  totius  ilUus  operis  princi polis  et  unicus  architef» 
ctor,  tandemque  ipsum  cum  honore  ordinis  et  suo  laudabiUter  consw 
mmni,  ita  ut  in  oliiM  operibus  àvitatis  continue  ed  avide  peteretur. 
Fixit.  autem  in  ordine  ann,  XXIL  Tandemque  longa  egritudine  pau~ 
iatim  ad  extrema  deductus  obiit  anno  domini  1339.  » 

II  P.  ViKC.  FiKiacBi  scrive,  eaaere  congettura  che  la  chiesa  di  s. 
Domenico  di  Caiaggio  fosse  fabbricata  con  disegno  di  fr.  Giovanni  da 
Campiy  e  soggiunge  che  al  medesimo  architetto  sono  dovuti  i  dormen- 
tori di  sotto  del  cony.  di  s.  M.  Novella.  V.  Docum.  alla  vita  del  B, 
Gio.  da  Salerno  pag.  73.  in  nota^  e  Vita  di  fr.  Remigio ,  pag.  169. 
Avvertirò  sul  proposito ,  che  se  la  chiesa  di  s.  Domenico  di  Cafaggìo  fu 
incominciata  Fanno  1297,  come  sembra  indicare  il  documento  dal  mede- 
simo riportato ,  è  poco  verisimile  che  ne  abbia  dato  il  disegno  fr.  Giovanni , 
il  quale  soltanto  nel  1317  Testi  l'abito  Domenicano.  Non  vi  è  difficoltà 
per  i  dormeotorj  di  s.  M.  Novella,  purché  se  ne  assegni  la  fabbrica- non 
nel  1293,  come  sembra  che  opini  il  suddetto,  ma  a  tempi  posteriori. 


■  Digitized  by 


Google 


160  MEMORIE 

Ninno  obe  vedute  abbia  le  opere  sne,  segnatamente  il  ponte  alla 
Carraja ,  il  Cappellone  degli  Spagnnoli,  e  il  chiostro  Varde  in  s. 
M.  Novdla,  gli  negherà  certamente  nn  posto  distinto  fra  gli 
architetti  del  secolo  XIV ,  e  come  tale  yenne  col  dovuto  onore 
ricordato  dal  Baldinucd ,  dal  Gcognara ,  e  da  Mons.  Bottari  in 
una  lunghissima  nota  alla  vita  dell'Anglico.  Che  poi  cosi  esso 
che  fra  Sisto,  fra  Ristoro,  e  fra  Jacopo  Talenti,  fossero  per- 
fettamente ignoti  a  Francesco  Milizia,  faranno  le  meraviglie 
coloro  i  quali  non  sanno  quanto  povere  di  crìtica,  e  di  notizie 
siano  le  sue  memorie  degli  architetti  antidii  e  moderni. 

In  tanta  dovìzia  di  arteCd ,  i  religiosi  di  s.  M.  Novella  non 
furono  in  forse  nel  trasceglierc  cui  aflBdare  il  proseguimento  di 
tutti  i  lavori  della  chiesa  e  ed  convento;  e  ne  diedero  tosto  il 
carico  a  fra  Jacopo  Talenti,  il  quale  di  conserva  col  compa- 
gno vi  aveva  per  V  adcUetro  atteso  non  breve  tempa  E  veramente 
posti  a  confronto  gli  ediflzi  dell'uno  e  dell'  altro  si  rinviene  tanta 
medesimezza  di  arte  e  di  ingegno  che  non  da  due  diversi ,  ma 
da  un  solo  architetto  sembrano  inalzati.  In  questo  solo  mi 
parve  sempre  meraviglioso  il  Talenti,  nella  celerità  con  la 
quale  conduceva  le  sue  fabbriche,  imprendendone  più  alla  vol- 
ta, e  tutte  compiendo  in  brevissimo  tempo.  Non  ancora  intie- 
ramente ultimata  era  la  chiesa  di  s.  M.  Novella  che  egli  già 
dava  principio  alla  sacristia,  nobile  e  severo  edifizio  nel  quale 
non  sai  se  più  debba  ammirarsi  la  solidità  o  la  sveltezza.  Nel 
1350  dovea  essere  finita,  perciocché  in  quell'anno  era  recata 
ad  uso  di  cappdla  della  famiglia  Cavalcanti,  e  vi  aveva  un 
monumento  marmoreo  Mainardo  Cavalcanti  gran  Smiscaloo  della 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  IX.  161 

regina  Gìoyaima  di  Napoli  (1).  Intorno  a  quello  stesso  anno 
(1350)  gettava  le  fimdamenta  del  refettorio,  che  nel  13S3  già 
era  compiuta  Ben  hìì  ricorda  aver  veduti  refettorii  più  grandi  di 
qinesto,  abbenchò  grandissimo,  ma  il  più  slogato  e  il  più  mae- 
stoso non  mai  (3).  Cosi  esso  come  il  cappellone  di  s.  Niccolò 
denno  considerarsi  tra  suoi  più  perfetti  lavori ,  con  tanto  ardi* 
mento  son  lanciate  le  volte,  con  tanta  proporzione  di  parti,  e 
si  b^a  diqiXMÌzione  di  lumi  Posto,  fine  alla  chiesa  nel  13o7 
due  anni  appresso  alzava  le  volle  ddl' antico  ospizio,  che  di 
presente  fa  le  veci  dèi  refettorio:  Nel  1360  riprendeva  la  fab- 
brica del  dormentorio;  e  niolto  tempo  innanzi, aveva  già  eretta 
la  biblioteca  e  la  cappella  di  s.  Antonio  abbate.  Due  volte  da- 
neggiato  il  campanile  dal  fulmbe,  due  volte  lo  restaurò.  A  tutti 
questi  lavori  certamente  grandissimi  >  si  aggiungano  di  presente 
quelli  che  imprendeva  in  servigio  della  Repubblica  e  dei  privati 
cittadini,  di  che  non  ci  lascia  dubitare  l'autorità  dd  Necro- 
logio, che  il  dice  per  molti  anni  occupato  nei  medesimi.  Se  è 
lode  bellissima  dei  primi  due  architetti  aver  dato  il  disegnp  del 
tempio  di  s.  M.  Novella,  non  è  certamente  inferiore  quella  del 
Talenti  che  lo  condusse  ad  ottima  perfezione.  £d  io  non  ho  mai 
considerato  la  chiesa  medesima  e  le  labbrichè  or  ric(H*dale  che 

(1)  FimsCHi,  Foresu  Instr.  pag.  35.  Il  P.  Borghigiani  ne  assegna  la 
erezione  Tanno  1360,  ma  è  forse  una  svista  del  dotto  istorito. 

(2)  Negli  antichi  libri  di  amministrazione  del  convento  leggevasi 
il  dono  di  20  Gorini  d*oro  che  il  cel.  Passavanti  faceva  onde  qael  re- 
fettorio fosse  dipinto,  come  veramente  fu  per  opera  di  un  ignoto  delU 
scuola  di  Giotto.  V.  Borghig. 


Digitized  by 


Google 


162  MEMORIE 

da  grandissima  TenerazioDe  non  fòssi  compreso  Terso  di  arte- 
fice tanto  insigne;  il  qoale  come  che  nell'arte  e  nell'ingegno 
facifanente  i^uagliasse  il  Gaddi  e  l'Orgagna,  fìi  non  pertanto  di 
cosi  rara  modestia  e  umiltà ,  die  si  studiò  aenqnre  nascondersi 
nel  silenzio  della  sua  sditndine;  e  come  gli  altri  architetti  suoi 
confratelli  che  avevanlo  preceduto ,  In  Dio  sedo  cercò  fl  premio 
e  la  lode  delle  sue  onorate  btrche.  Gessò  di  mere  ndla  pesti- 
lenza dell'anno  1362  il  giorno  2  dì  ottobre;  e  il  Necrologio ,  cosi 
parco  lodatore  dei  rdigiosi  dettanti ,  ne  ricorda  la  bonti  del  co- 
stume e  lo  zdo  della  gloria  dell'ordine  cui  apparteneva  (1). 

(1)  Necrolog.  s.  M.  Nwellae,  NP  4ia  «  F.  Jacobu9  TaUnti  de  Ne- 
pozano  conyersus  magisUr  lapìdum  €t  edificiorum  bonus  in  tantum  quod 
Comune  Ftorent.  in  suis  edificiis  pei*  multos  annoi  eum  requirehat ,  et 
olii  magni  cive$.  Per  manus  istius  opevam  et  consilium  magna  pars 
ecclesie  s,  M,  NoueUe  constructa  est  et  Capitulum  et  sacristia ,  (di  al- 
tra mano  )  et  multa  principalia  opera.  In  conventu  fuit  bone  et  kone-- 
ste  vite ,  et  zelator  sui  ordinis  per  annos  (  manca  )  Tandem  post  muU 
tos  labores  anno  domini  1 362  die  2  oetobris  devote  ti*ansivit  ad  requiem 
queun  optaviu  »  A  malgrado  che  in  quest' a? ticolo  a  lui  ti  attribuisca  il 
capitolo,  (  Cappellone  degli  Spagnoli  )  essendo  un  aggiunta  fatta  po-> 
sterìormente  al  necrologio,  non  so  indurmi  a  crederne  autore  il  Talenti  che 
allora  forse  non  contava  i  Tenti  anni  di  età,  ma  in  quella  vece  parmi 
pili  ragionevole  attribuirlo  a  ir«  Giovanni  da  Campi,  come  abbiamo  al- 
trove accennato. 


»>tt^" 


Digitized  by 


Google 


163 


CAPITOLO     X. 

Di  Fra  Giovannino  da  Mareoymo^  %  di  aUri  religiosi  arehitetii 

del  convento  di  s.  M»  Novella^  allievi  di  Fra  Giovanni 

da  Campi  e  di  Fra  Jacopo  Talenti. 


JUemonuida  nella  storia  d'Italia  fla  sempre  la  pestilenza  dei- 
ranno  1348,  <rhe  dalle  parti  orientali  recata  nella  nostra  pe- 
nisola, tante  yi  feee  stragi,  tanto  vi  arrecò  disertamento  e  ster- 
minio, dì  tanti  e  si  <»rribili  mali  fq  cagione,  che  non  credo 
altra,  alnieno  nei  tristi  efletti,  le  si  possa  in  guisa  alcuna  pan 
ragonare.  Giovanni  Boccaccio  d  lasciò  una  pietosissima  descrizione 
della  strage  che  ella  fece  in  Firenze ,  ed  a  quella  lettura  V  ani- 
mo è  compreso  da  insolito  raccapriccio.  Pressoché  centomila 
cittadini  sì  crede  fossero  vittime  di  quel  tremendo  flagello.  Il 
convento  di  s.  M.  Novella  pianse  la  morte  di  sopra  ottanta  ro- 
ligiosl,  fra  i  quali  molti  giovani  artisti  educati  alle  cose  di  ar- 
chitettura dai  due  conversi  fra  Giovanni  e  fra  Iacopo.  Alcuni 
superstiti  furono  vittime  m  età  ugualmente  immatura  delle  suc- 
cessive pestilenze;  dappoiché  il  morbo  resosi  indigeno,  quasi 
ogni  anno  per  cdtre  un  secolo,  quando  più  quando  meno,  ripullu- 
lava, e  mieteva  nuove  vite.  Quindi  in  quella  dell*  anno  1362  nella 
quale  fu  spento  il  Talenti,  morirono  in  quel  convento  ventolto 
religiosi.  In  qudla  del  1383,  quattordici;  fra'  quali  il  beato 


Digitized  by 


Google 


164  MEMORIE 

Alessio  Strozzi  nella  fiorente  età  dì  trenlaquattro  anni.  Venti  ne 
ftiroQO  rapiti  in  quefla  del  1400  ;  nore  in  quella  del  1417  ec. 
Fra  le  vittime  di  quella  avvenuta  l'anno  1348 ^  in  matura 
età,  fu  un  converso  architetto,  ignorato  (te  tutti  gli  storici 
dell'arte,  e  solo  ricordato  dal  Necrologia  È  questi  un  tal  fra 
Giovannino,  del  quale  si  taop  il  cognome.  Trasse  i  natali  in 
Marcojano  del  Mugclla  Vesti  l'abito  religioso  in  s.  Maria  No- 
vella Tanno  1302,  o  in  quel  tomo;  dal  che  si  deduce  facil- 
mente che  apprendesse  l'arie  da  fra  Giovanni  da  Campi.  Col- 
tivò alquanto  la  pittura,  ma  di  proposilo  si  diede  air  archi- 
tettura per  il  bisogno  grandissimo  che  ne  aveva  il  suo  conven- 
to. Se  in  Firenze  operasse  nei  pubblici  lavori   non  ini  è  noto, 
ma  deve  senza  meno  avere  aiutato  il  Talenti  nella  fabbrica  di 
s.  M.  Novella.  È  indubitato  però  che  i  vari  conventi  della  sua 
provincia  lo  richiesero,  e  si  giovarono  dell'opera  sua  in  molti 
e  grandi  edifizi.  Quello  poi  che  d  dà  prova  non  dubbia  del 
merito  suo  grandissimo,  è  Tessere  stato  invitato  a  Roma  ad 
operare  nella  insigne  basilica  di  s.  Pietro.  Si  ignora  non  per- 
tanto da  qual  Pontefice ,  T  anno  in  cui  vi  si  recò ,  e  quanto  vi 
ebbe  operato.  Tutto  ciò  è  certamente  a  dolersi  di  veder  ta- 
ciuto dal  Necrologio,  se  non  che  lo  scrittore  di  quel  tempo, 
che  dovette  essere  fra  Jacopo  Altoviti ,  sembra  piò  »  studiasse 
rilevarne  le  virtù  delT animo,  che  la  perizia  del  fabbricare; 
onde  d   vien   narrando  ,  cóme  fosse  religioso  di   rita  mirar 
bilmente  esemplare,  di  astinenza  e  di  orazione  grandissnna , 
parco  del  sonno,  e  nel  fabbricare,  nello  scolpire,  nA  dipinge- 
re indefesso*'  unic()  suo  ricreamenlo  essere  stato  questo,  che  a 
coloro  i  quali  nel  tempo  che  lavorava  gli  facean  corona ,  ve- 


Digitized  by 


Google 


UBBO  L  CAP.  X.  165 

lura  narrapdo  eoa  gr^xia  bellìssifiui  i  più  bd  tratti  dalla  aaqra 
ScriHora.  Dopo  tìU  santa  ed  operosisi^uim»  ooHo  da  pestOa^pa 
ndla  sua  età  di  corca  aassant'aoDi,  si  lipoi^  nel  ^igoEve  il 
giorno  16  aprile  1348  (1).  Ci  gode  l'animp  in  pensare  che  il 
aoiiie  di  tapto  virtuoso  artefice,  per  dnqqe  secoli  rimasto  sepolto 
Ddla  oUivioiie,  in  queste  noistre  poyere  mefoorie,  sia  la  prima 
Tolta  coQQsoiato  ed  apimìrfito  dal  pubblìeo* 

Segoitando  a  noverape  gU  altri  religiosi  dì  quel  ceavenlo 
che  attendevano  alle  cose  di  arehitetturai  troriamo  nel  Necro- 
logio ,  (  N.""  309  )  un  converso  per  nogie  fra  Matteo  Gnidoori 
da  Campi ,  lodato  come  indostrioso  e  sollecito  Carpentiere^  wario 
a  giorno  25  agosto  1346 ,  vissuto  nell'ordine  anni  39.  Fa  già 
altrove  avvertito  in  qoal  senso  debba  intendersi  la  parola  Cor- 
ptniarius,  osata  sempre  dal  Necrologio  a  sigaificaxioiie  di  ar* 
chitetta  Fra  Gìotvanni  da  SetUgnano  ò  detto  alquanto 


(1)  Nea'ologium,  N.^  321.  F,  Joannìnus  de  Marcojano  de  Macello 
coiwersus  fuit  in  vita  miràbiliter  etemplaris ,  multarum  cAstinentiarum 
et  vigiHarum  et  orationum,  nunquam  vacando  olio.  Mam  cum  esset 
optimuM  lignorum  ftéer  et  carpentarius  perutilis  (  eooo  «ssai  bep  dW 
stÌDti  r  architetto  dal  falegnaaie)  multa  et  magna  edijldorum  perfiteit 
in  diversis  conventikue  provinciae,  ao  etiam  in  Urbe  in  EcoUna  «• 
Peuri»  Fuit  insuper  bonus  pigptmiarius ^  (pittore)  erM  etiam  ài\»Wu^ 
ctus  huju*  mtÌ9»  Historias  Bibliae  memariter  retinebol  in  ifuarum  nar~ 
radona  dum  operaretur  manibuf  devotum  solatium  capiebat.  Tandem 
decursis  in  ordine  annis  XLFI  vel  circa ,  ei  Deus ,  ut  pie  a*edi  po^ 
test,  post  diutinos  labores,  quietis  tribuit  mantionem,  anno  Domini 
1348  die  XFI  apriUs,  » 

11 


Digitized  by 


Google 


166  MEMORIE 

strato  in  qaeB'arte;  morì  in  gìovanissiiDa  età  il  5  giugno 
1348  (N.""  339).  Un  fra  Francesco  dd  Mordlo  è  appettato 
studioso  delTarte  medesima.  Dopo  soU  dieci  anni  di  yita  dau- 
s(ra1e,  ognafanente  cbe  gli  altri  colto  da  pestilenza,  mori  nd 
luglio  dell'anno  stesso  ( N.^  371  ].  Finalmente  fra  Giacomo  dì 
Andrea  fiorentino  conyersOy  ba  lode  di  perito  nei  lavori  in  pie- 
tra, in  legno  e  in  yetro.  Fu  per  alcun  tempo  in  Roma ,  e  mori 
di  pestilenza  in  Viterbo  neff  agosto  delF  anno  1369  vissuto  nel- 
r  ordine  anni  quaranta  (  N.^  458  ].  Venne  ricordato  dagli  storia 
Biliotti  e  Borghigiani  (1).  Di  alcuni  che  si  dedicarono  ad  altri 
rami  del  disegno  si  ragionerà  altrove.  Ma  particolar  menzione 
merita  quel  fra  Francesco  da  Carmignano,  il  quale  a  quanto 
sembra  Ai  ingegnere,  ed  aveva  m  compagnia  di  fra  Lapo  Bru- 
schi operato  nella  fabbrica  del  cappellone  di  s.  Niccolò,  come 
si  disse.  Di  costui  narrasi  un  grazioso  aneddoto.  Un  cotal  frate 
Ubertino  De'  Filippi  sacerdote  dello  stesso  convento,  intomo 
air  anno  134S  prese  dal  pa*gamo  a  concitare  la  gioventù  ficnien- 
tina  ad  una  crociata  contro  dd  Saraceni  ;  spirito  che  una  lunga 
serie  di  calamità,  e  il  corsp  di  (re  secoli  non  erano  ancora  giunti 
a  capo  di  spegnere.  Ignoro  lo  scopo  di  quest'  armamento,  percioc- 
ché Tolemaide  era  già  da  moltissimi  anni  venuta  in  potere  dd 
turchi  (  1291  );  ma  probabilmente  era  appunto  il  riacquisto  della 
medesima  che  si  toglieva  a  motivo  di  qudlMmpresa.  Tosto  ebbe 
adunato  un  certo  numero  di  armati ,  e  fra  questi  ben  died  rdìgiosi 
del  suo  convento,  parte  sacerdoti  e  parte  laici,  tra'  quali  era  fra 

(1)  Chron.   cap.  XX  pag.  24.—  Boegb.  Cron.  JanaL  oJa/tn.  1368 
pog.  116, 


Digitized  by 


Google 


LffiRO  I.  GAP.  X.  IW 

Franoesco  da  Cannignano ,  fattosi  Arate  Ubertino  capo  di  quella 
truppa  di  avrenturicri ,  parli  alla  volta  delF  Oriente  (1).  Fra  le 
prodezse  operale  da  costoro  le  cronache  dei  coorento  narrano, 
come  il  OQHveno  Ara  Francesco  preiMlene  a  dMg»(*e  le  maèdifne 
il  oppagnaikme ,  e  tQtte  qndle  opere  di  fortificazioni  miKiarì  che 
ne^  assalti  e  nelle  difese  di  un  eaercitoaoo  necessarie.  Nei  quali' 
lavori  si  condusse  con  singolare  brarura  e  coraggio,  per  modo  che 
ai  nemid  fece  quanto  deinno  più  seppe  e  potò.  In  premio  delFope- 
rato  chiese  ed  oUeane  essere  protnosso  all'ordine  saoordotale  (2). 

(1)  Oltre  fra  Franoesoo  da  Garmignaoo»  e  fra  Ubertino  de' Filippi ,  furo- 
no a  ^elk  8|pediztOQe  fm  Bariotomeo  di  Buooaoorso  >  fra  Qttavittio  di  Sle-' 
iiuio,  fra  Tommato  Bfaizei»  fra  Pieirodi  Pergolotli  Aidins^i,  fra  Lotto  > 
de' Rigaietti  y  fra  Domeoioo  di  Castel  Fiorentino ,  e  fra   Bartolomeo  di 
Acoae  {Joon,  ToUmaide).  I^ell'asaedio  di  s.  Gioranni  d' Acri ^  come  si 
disse  presa  dai  turchi  Tanno  1291 ,  si  trovano  combattere  due  altri  reli- 
giosi del  convento  di  s.  M.  Novella^  fra  Lapo  da  Cascia ,  e  fra  Matteo  da 
Firenze:  Jl  primo  dei  quali  vi  lasciò  la  vita  (NecroL n^A46  e  147  ).  E 
sembra  che  vi  fosiC  presente  eziandio  un  frale  Manetto  de' Calcagni,  sa- 
cerdote, del  quale  scrive  il  Necrologio  che,  obiit  ultra  mare  in  Àcon, 
È  d*  uopo  avvertire  altresì ,  che  i  DoaienicanI  avevano  in  quel  tempo  un 
convento  in  Tolemaide  del  quale  fa  menzione  fra  Riooido  da  Monte  Croce 
ceL  missionario,  nel  suo  Itinerario.    . 

(2}  BaioTTi ,  Chronic.  cap.  XXXV.  peg^  39.  «  Qui  cum  esset  conver-^ 
utSa€t  machinéu^tMi  ùelUearism  €^truend0rwn.^faim9gnarMM0proJhcius^ 
est  asm  gmbusdam  patribus  m  ehrùtimnorum  exerdttmi  cantra  Turoas. 
QuihuSf  centra  chrislìanos  beliantiòuA  multa  intulisset  incomoda  y  et 
ekrisdanos  multum  juuisset,  kabitum  meruil  et  obtinuii  ulericoruta.  > 
V.  anche  il  Necrol,  nP  363. 


Digitized  by 


Google 


m  MEMORIE 

I  campati  dal  ferro  ottomanOt  faroDO  poi  io  Fireiiae  mietati 
dalla  pestilenza  di  quei  Calale  asno  1348. 

Gompiata  é  4Hiìai  la  storia  artìstica  4i  &  M.  NoveUa  ;  aò  dopo 
il  secolo  XIV  é  più  concedalo  rinTcnire  in  quel  convento  aleon 
yideole  cultore  deHe  arti»  ae  ne  ecoettni  pochi  miniatori,  del 
quali  in  breve  larrilerenio.  Vedemmo  il  nomerò  grande  e  i  pre» 
gbdcf  suoi  architetti;  non  che  l'amore  portato  a  tntle  le  arti  del 
disegno»  con  l'opera  ddle  qpuHy  nel  giro  di  sei  secoli  i  reli- 
giosi di  qud  oonrento  si  studiarono  sempre  abbellire  la  loro 
chiesa  e  i  loro  chiostri.  E  se  la  sempre  fatate  pestilenza  dd 
1348  e  le  snccessive  non  mietevano  tanti  giovani  stodiori  del- 
l'architettora  »  savehboori  certamenle  per  essi  rinnovati  gli 
esempi  di  tn  Sisto»  di  fra  Ristoro  e  dei  compagni  (1).  in  bre- 
ve vedremo  trasndgrare  le  arti  presso  l'altro  convento  di  s. 
Marco  della  stessa  cHtJi»  ove  non  più  l'architettara»  ma  la  pittura» 
malgrado  i  rigori  dt  una  prima  riforma»  vi  étbe  tal  culto» 
che  forse  mai  l' uguale  in  altro  chiostro  d' Italia.  E  parve  invero 
che  r  arte  si  piacesse  di  quella  austerezza  »  e  meglio  assecondasse 

0)  Aggiungeremo,  come  nella  Cronaca  del  P.  Modesto  Btiìottì, 
(c«p.  LYIII.  pag.  e?  a  tergo)  ai  ha  la  seguente  notizia .  .  .  .  F.  J^e- 
ronimus  Bicci  secando  praefecturae  suae  anno  (1582)  tres  jistfeneioe^ 
dificatoriae  artis  perito*  ad  Ordinem  recepii  canuersot,  quorum  opera 
et  labore  multa  cum  domi  tum  ruri  instaurata,  et  non  panca  denao 
faeta  fUemnU  »  E  il  P.  Giuaeppe  Ridia  scrire ,  che  «  quasi  tutte  U 
belle  custodie ,  urne  e  busti  (Mia  Sacritlia)  sono  lopori  di  laici  di  s, 
M.  Novella,  oi^e  sempre  sono  stati  poUntuomini  in  qualcuna  delle  tre 
arti^  »  Notizie  Storiche  delle  Chiese  Fiorentine,  ¥oL  III  pag.  45. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  L  GAP.  X.  169 

fl  geoio  estetico  degli  artisti  ;  perdoochè  non  si  tosto  imprende- 
▼asi  da  s.  Antooiiio  quella  restaarazione  dell'antica  osserranza, 
die  FAngdico  ne  abbelliTa  gli  esordi  co'  suoi  celesti  dipinti; 
e  quella  poi  pel  SaTonaroIa  rinnovata  e  diOusa ,  emergeyane  Q 
Pdrta.  Grandi  invero  ambedue  i  ristoratori  »  grande  la  loro  in- 
fluenza sull'arte:  in  modo  che  veduti  i  dipinti  ddl' Angelico  ognu- 
no vi  ravvisa  la  parte  che  sul' artista d}be l'animo  soavissimo 
del  santo  arcivescovo  di  Firenze;  e  considerata  la  fierezza  e 
grandiosità  di  fra  Bartolomeo  della  Porta ,  tosto  t<nmano  alla 
mente  le  ùere  invettive  del  frate  repubblicano,  e  la  sua  tre- 
menda rovina. 


■  ■>»  * 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


171 

SAGGIO 

BBf 

IINIITORI  DOIBNIGINI 


CAPTOLO  XL 


Miniatori  dei  secoli  XIV  e  XV  in  s.  M-  Novella  e  ins.  Marco 
di  Firenze^  e  in  $.  Caterina  di  Pisa. 


Jua  miniatara  è  si  importante  nella  sua  storia,  si  copiosa  di 
grandi  artisti ,  si  vaga ,  si  ricca  nel  suo  genere,  che  ben  iheriterd>- 
be  die  alcuno  prendesse  à  scriverne  con  amore  e  diligenza  le  vi- 
cende e  i  progressi.  Per  questa  parte  è  tuttavia  incompleta  la 
storia  generale  delle  arti  italiane;  come  lo  è  pure  per  quella 
dei  vetri,  del  musaico  e  della  tarsia. 

Cagione  di  ciò  fu  tra  noi  la  rara  dovizia  dei  sommi,  che 
sollevarono  a  tanta  gloria  la  pittura  storica  da  quasi  tutta  trarre 
a  sé  r altrui  ammirazione;  in  modo  che  a  paragone  di  quella 
le  arti  minori  vennero,  quasi  direi,  non  curate.  Non  pertanto  ò 
appunto  nella  miniatura  ove  è  di  mestieri  studiare  la  genesi 
della  pittura  ne'  bassi  tempi.  Essa  sola,  dopo  l'architettura, 
sostenne  l'onore  dell'arte  per  un  lungo  corso  di  secoli;  e  senza 


Digitized  by 


Google 


172  MEMORIE 

di  lei  forse  si  ignorerebbe  se  in  cpielk  età  gli  italiani  aves- 
sero mai  preso  a  dipìngere,  avendo  U  tempo  e  gli  nomini  di- 
strutto quanto  della  pittura  propriamente  detta  erasi  fino  al- 
lora operalo,  se  ne  eccettui  pochi  e  ignobili  avanzi  del  mu- 
saico. E  invekt)  il  signor  Seroox  d' Agintourt  nello  scrivere  la 
storia  della  pittura  durante  il  lungo  periodo  del  medio  evo, 
non  potè  darci  che  F  esame  di  un  numero  grandissimo  di  quelle 
miniature,  le  quali  tuttavia  rimangono  nelle  principali  biblio- 
teche di  Europa. 

Nata  nelle  grandi  vicende  politiche  delle  irruzioni  barba- 
riche, cresciuta  all'ombra  romita  dei  chiostri,  nutrita  alla  let- 
tura delle  pie  leggende  e  delle  salmodie  dei  monaci,  addol- 
civa la  loro  solitudine,  pasceva  la  loro  pietà,  rendeva  preziosi 
i  codici  dei  classici,  che  i  barbari  non  apprezzavano  se  non 
pel  molto  oro  onde  lucevano,  e  per  i  vaghi  colori  che  li  ador* 
navana  Improntandosi  dell' afletto  e  del  misticismo  della  vita 
contemplativa  ,  essa  abbellivasi  mirabilmente  della  poesia  biblica 
e  liturgica  della  chiesa  cattolica.  Quindi,  se  lo  scrittore  delle 
cronache  o  delle  pie  leggende  era  eziandio  miniatore,  come 
nelle  rozze  ma  calde  espressioni,  imprimeva  lutto  F affetto  nei 
suoi  piccoli  quadri;  che  poi  coronava  di  un  vago  serto  di  fiorì, 
per  guisa  che  la  parola  trovasse  sempre  un'eco  nelle  grazie 
del  suo  pennello;  il  quale,  è  d'uopo  il  dirlo,  era  troppo  so* 
vente  migliore  interpetre  dei  secreti  del  suo  cuore,  che  non  la 
barbara  Tavella  degli  Slavi ,  ò  il  più  barbaro  latino  che  egli  ado- 
perava. «  Quindi ,  (  come  ben  riflette  un  celebre  scrittore  del 
nostri  giorni ,  ]  il  rigore  della  clausura  monastica  era  ih  pari 
tempo  un  ostacolo  alta  influenza  del  paganesimo,  ed  alle  gioie 


Digitized  by 


Google 


UBRO  L  GAP.  XI.  i7S 

proGme  dd  seeolo,  e  doperà  deVarle  ripresa  regolanmate 
quasi  esercizio  asoedoo  nel  silenzb  deHa  cella ,  addifeniva,  seoofr- 
duido  le  Tane  oocQpazkmi  del  giorno,  nna  associazioae  del  mo- 
mento alle  gide  o  ai  dolori  passati  deUa  chiesa,  una  oomme- 
morazioDe  di  martirio  o  di  miracolo,  mi  atto  di  fede  sopra 
alcun  dogma  particolare,  mi  devoto  pellegrinaggio  a  qualche 
sepolcro  o  sopra  n  calrario,  o  meglio  ancora,  si  conrertira  in 
una  fervida  preghiera  accompagnata  da  una  abbondante  eflbsione 
di  lagrime,  come  racconta  il  Vasari  del  beato  Angelico  »  (1). 
b  questa  guisa  la  miniatmra  percorse  molti  secoli  nei  di^ 
Tersi  dìiostri  dei  Benedettini,  éA  CamaMolensi,  dei  Domenicani , 
ec  nor^rando  fina  suoi  coltiTatori  nomi  chiarissimi  per  sapienta 
chrile»  e  per  autorità  di  comando,  come  un  Cassiodoro,  un 
card.  Oio.  Dominici,  ec.  B  dappoiché  col  celebre  D.  Giulio  Qo- 
rio  de^  Canonici  Regolari ,  d)be  dato  tal  saggio  di  sé  da  coUo- 
oarrf  accanto  ai  più  grandi  pittori  del  secolo  di  Raffaelto,  c^ 
dendo  il  luogo  alla  stampa  ed  alla  incisione,  quasi  intieramente 
mancò.  Vero  è  che  essa  non  si  era  limitata  soltanto  a  tendi  e 
deroti  concetti,  ma  a  quando  a  quando  aveva  tentato  eziandio  i 
più  svariati  argomenti;  ed  ofa  coU'idilio  e  coli' egloga,  ora  con 
la  epopea  e  con  la  storia,  gareggiato  avea  di  grazia,  di  forza 
e  di  beUeaa.  Quindi  Atavante,  Gherardo  il  miniatore,  Simone 
Ifemmi^  si  piacquero  abbellii  Marziano  Cappella ,  Silio  Italico, 
r  Eneide ,  Y  Egloghe  di  VirgOio ,  ec  ;  e  se  l' Alighieri  nella  Divina 
Conmiedia  ricordò  con  onore  iduegran  padri  della  pittura  italica, 


(1)  V.  hsù.  De  ia  Poesie  CMtienne.  diap.  VI  ptg.  174. 


Digitized  by 


Google 


174  MEMORIE 

Chnabue  e  Giotto»  non  omise  però  i  due  più  odébrì  miaiiitori 
del  guo  geook),  Oderìgi  da  Gubbio  e  Franco  bolognese  (1).  Nobile 
adunque  e  vasto  argomento  si  offirirebbe  a  colui»  che  knpreih 
desse  a  darci  una  storia  della  miniatura  italiana,  ddla  quale 
tuttavia  rimangono  molti  e  preziosi  tesori  nelle  pubUidie  e  nelle 
clausjirali  biblioteche  dì  Roma  »  di  Ferrara  »  di  Modena»  dì  Siena  e 
di  Firenze;  e  si  verrebbe  con  ciò  a  supplire  a  quanto  ne  omise 
il  d' Agincourt  »  il  quale  la  condusse  soltanto  presso  il  risorgi- 
mento della  pittura  (2).  Abbiamo  pertanto  giudicato  opportuno 
mandare  innanzi  alla  storia  dei  pittori  Domenicani»  questo  breve 
saggio  intomo  i  miniatori  d^o  stesso  instituto»  perchè  vera- 
mente li  precedettero»  e  perchè  non  è  dato  comprendere  fl  beato 
Giovanni  Angelico»  uè  generalmente  tutti  i  giotteschi  »  che  fuixmo 
sì  eccellenti  in  quest'  arte  »  se  prima  non  siamo  iniziati  alla  storia 
della  miniatura.  Chi  mai  ignora  che  i  greci  stessi»  non  che  la  nu- 
merosa discendenza  di  Giotto»  cominciavano  il  loro  tirocinio  dalla 
medesima;  e  che  cresdute  gradatamente  le  dimensìoDi»  meglio 
studiate  le  teorie  del  chiaroscuro»  perfezionato  il  disegno»  l'arte  sì 
innalzava  alla  grande  pittura  storica  ?  che  molta  parte  dei  d^nti 

(1  )  Purgai.  Canto  XI. 

(2)  Alcaa  saggio  ce  oe  ha  dato  il  eh.  signor  Rio  oell'  opera  rioor* 
data,  pieno  dì  affetto  e  di  poesia.  Sembra  però  ohe  non  yedesse  le  ra-. 
rissime  miniatore  delia  dacale  biblioteca  di  Modena,  eseguite  da  Gio- 
vanni Russi  per  il  Duca  Borso  intomo  al  1455^  e  che  non  ricordasse 
quelle  di  D.  Giulio  Clovio,  perchè  forse  scritto  non  ayrebbe  che»  les 
artiste»  ultremontains  vinrent  étonner  t  lialie  par  la  perfectìon  qu  iU 
sm^aient  donner  h  ce  genre  d' oufrages  »  loc.  cit.  pag.  18  \ 


Digitized  by 


Google 


UBHO  I.  GAP.  XL  175 

cosi  in  tavola  carne  a  beato  degU  artisti  mederimi  non  sono 
ohe  repliche  di  quelle  steise  istorie  che  in  brevissioio  spazio  at^ 
Taao  numito  od  oodid  o  nei  Hbri  da  coro?  e  ohe  essendo  troppo 
megio  coDsenrate  le  pergamene  ohe  noa  le  tavole  o  le  pareti» 
e  meno  dai  liloochi  eootamhttle,  oflrano  più  esattasMite  i  tipi 
e  le  tradiaoiii  deDe  due  scuole?  Àggiii^gi  Fuso  invatao  presso 
g)i  anfichi  di  apporre  ad  ogni  qmdro  una  predeHa  o  gradkio, 
ove  in  iMcccde  storie  era  narrata  la  vita  del  santo  nella  tavola 
effigiato;  non  che  ^  ornamenti  stessi  delle  comicit  le  qnsli  di 
picoofe  e  graoosisBinìe  figurine  adornavano»  onde  all'artista  bcea 
di  meatieri  studiare  la  nnùatara;  e  CimAne  e  GMto  non  la 
sdegnarona 

E  qni  per  pruno  ci  è  d'uopo  avvertire  come  di  due  sorta 
faflsera  i  cultori  di  quesf  arte;  i  mmicuàri  propriamente  detti  e 
i  mmiaion-^aUignt/L  Ai  primi  si  apparteneva  coiorire  le  storie»  i 
fregi»  i  rabeschi  e  il  metter  d'aio  g^  <niiamenfi  dd  codice. 
Ai  secondi  scrivere  tutta  l'opera,  e  quelle  lettane  iniziali»  Io 
più  volle  tratteggiate  dì  rossd  e  ceruleo»  piene  di  volute»  d| 
ricami  e  dì  capricci»  neBe  quali  più  che  l'ingegno  è  datoane 
mirare  la  pazienza  dello  scritlore.  Ove  costui  ibsse  perito  neH'ar- 
te  sua  appellavasi  Mb  scrittore  (pulehar  mirrar  ].  IX  questi 
ultimi  era  gran  copia  nei  chiostri.  Non  di  rado  però  una  stessa 
persona  miniava  e  scriveva  il  codice;  e  allora  veramente  riu- 
sciva più  perfetto  il  lavoro.  È  d' uopo  avvertire  eziandio  com^ 
ben  sovente  nelle  antiche  memorie  si  trovino  con  lo  stesso  vo- 
cabolo di  belio  scrittore  confusi  gli  uni  e  gli  altri»  laonde  é  fa- 
cile prendere  equivoco  sul  merito  dei  medesimi. 


Digitized  by 


Google 


1T6  MEMORIE 

1  primi»  de" quali  io  abMa  rinyeoRilo  memorfai  ndk  trmad» 
deirordiiie,àppar(ftiigoiio  alla  prima  metàdd  iMoloXIVe  at  oon- 
vento  di  8.  M.  Novdla  ;  ma  gK  scrittori  di  quel  Meerdogio  noa 
raoeDdo  gfamoiai  distìmme  da  minialore  a  acriUore»  e  lutti  ap« 
pdUuìAo  belH  .scriiiwi  laaoteo  molto  diAUoti  se  yerameale  deb* 
banai  amioyerare  ira  i  primi  o  fra  i  aeooodi  (1).  Ubo  aoilantolia 
titolo  <fi  piitoc^»  ed  è  un  sacerdote  par  nome  frale  Gmdo»  flg^  di 
m  tal  Niooolò  del  popolo  di  s.  Tnula  ;  lodato  per  la  boolà  del 
costume  6  r  uflbno  della  predioaaoBe»  dioesi  ptdcher  pkiar  et 
Mai  mBChanku».  Costui  in  ìmg(^  di  tiogar  di  minio  poteva  eneve 
pittore  ia  larda  e  in  nairo;  ed  ò  il  primo  cbe  ixir  ordloe  Dom»* 
nicano  io  trovi  decorato  di  questo  titolo.  Come  gli  altri  architetti 
norellaoi,  ei  pwe  fa  vittima  della  mortiCora  pestilauaa  dell' anno 
1348,  dopo  aoO  12  aooi  di  vila  danitrale  (2).  Opere  certe  dei 
ricordali  noi  nott  abbiamo;  solo  può  oongettnrarsi  che  di  alaa- 
dI  di  questi  siano  quelli  antioliiasiad  Ubri  corali  che  di  presente 
si  cuslodiscooo  nel  noviziato  ad  convento  medeshno»  ornati  da 
picode  ma  graziosissime  Agore.  Foche  opere  atimo  slcoome  queste 
importanti  per  la  storia  della  miniatnra  italiana  nd  primo  periodo 
del  risorgimento  delle  arti.  11  disegno,  il  edere  e  la  compasmone 
anwTJano  manifestamente  un  ìmmitatore  dei  Greci  o  diCimabue. 

(1)  Ricorderemo  infra  gli  altri  i  PP.  Pietro  Macci ,  morto  nel  1301. 
Fra  Caro  Bellocci  morto  nel  1316.  Fra  Tommaso,  morto  nel  1336.  Fra 
Blatteo  Marconaldi  morto  nel  1348.  Fra  Tommaso  di  Romena  morto 
nel  1358.  ec  Tutti  questi  hanno  il  titolo  di  ptdcher  tcriptar, 

(2)  Necrol.  s.  M,  NweiUe,  nP  367. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  L  GAP.  XI.  177 

Le  iKainagioiii  sono  score  e  tenrkxie.  Ifoo  pertanto  in  que' Tolti 
è  Dna  ttpranioDe  eke  fadknente  non  si  rinviene  nelle  opere  dei 
greci;  e  le  pieghe  più  Mie  ohe  non  eomporta  l'età.  FocU 
ergpfasiiBi  sono  gli  adomaaienti  alle  leUere  iniziali,  li  poi  aà* 
nMe  la  frescheen  e  traspareaaa  del  colorilo,  dopo  un  il  Im^o 
prò  di  aimi  tottavia  senza  akuna  aUerarione.  Appariseoao  v^ 
ramenle  in  alcuni  Inogliì  segni  di  posteriori  ritoodii,  ma  pò* 
ehi,  e  focili  a  eseere  raTi»4t  Un  daUNO  wm  pertanto  mi  necque 
soir  antichità  loro  dalla  forma  del  caratiere  dei  libri  medesnni, 
che  a  me  panre  più  reoeole  che  non  sono  le  miniataee.  Giù  fece 
credere  al  ehiarissnno  pittore  GamiBo  Peccit  il  quale  meco  li  esa*- 
nùnò,  cbe  yeramenie  appartengano  ad  €fN>ca  alquanto  poeleriore; 
e  conae  eziandio  nel  tempi  di  Gioito  alcuni»  oialgfido  gli  afanaa* 
menti  Calti  dall'arte,  s  tennero  ostinataneate  aH'lmitmmè  dei 
greei  e  di  Cimabne,  oori  facesse  il  miniatore  di  qoesti  libri  corali 
Le  glorie  che  più  mi  panrero  degne  di  eoosiderazioae'  sono  nna 
natifità  di  &  C,  l'adomiQBe  dei  Magi,  la  ifaurreaene,  e  Yn- 
eensione  al  cido:  tulli  piccoli  quadri  di  focile  e  ragioneTole 


A  qneito  staso  secolo  XIV  appartengono  pure  alcuni  uà* 
idalori  del  convento  di  s.  Caterina  di  Fisa;  di  coi  due  con  titolo 
di  hdli  scriUorì,  e  sono  un  P.  Domeoioo  Pòllini  sardo,  e  il  P. 
Alessandro  della  Spina ,  inventore  degli  occhiali.  Quesl'  uUimo 
non  pure  è  delio  bello  scrittore,  ma  miniatore  eziandio  (1).  Nella 

(I)  Chron,  Jnti^,  s*  Kmtktrinae  Ord.  Prmedie-  Fisarmm,  {Mg.  iS* 
«  Av  AUmtmder  de  Spina  vir  modestm  et  bomut^  qmu  indit  oetUis 
facto  scivit  et  /acere,  Occularia  ab  alio  fftimo  Jkota  conmnieare  nolente^ 


Digitized  by 


Google 


178  MEMORIE 

pittura  si  lodano  m  fra  Pietro  KesoU,  ed  od  fra  Jaeopo 
GoalteroCti,  i  quali,  <we  d  ftwse  piadoto  di  formare  una  inset* 
tologla  pittorica,  avremino  potuto  aggiangerli  a  quel  frate  Guido 
<fi  8.  Maria  Novella  e  poi  tutti  inserirli  nd  novero  dd  pittori 
Domenicani;  ma  ore  è  dovizia  di  grandi  arte6ci,  non  è  ragio- 
nevole diseppellire  dalla  polvere  nomi  giustamente  condannati 
all'oMia  Dd  libri  corali  del  convento  di  Pisa  non  rimangono 
che  sd  in  quel  Seminario  Arcivescovile,  guasti  e  mutilati  per 
modo  da  i|on  poterne  dare  giudizia 

In  questa  sorgeva  quel  beatissimo  secolo  decimoquinto  nd 
quale  le  arti  vennero  a  tanta  e  si  rara  eccdlenza  per  la  oa< 
stigatezza  dd  disegno  e  la  semplice  ed  evì^tente  composizione. 
La  miniatura  seguitando  quel  progresso,  si  inq)rontò  di  tutti  i 
pregi  e  di  tutte  le  bdlezze  proprie  di  quell'epoca.  E  qui  yera- 
mente  si  apre  una  serie  di  valenti  miniatori  toscani,  che  tortài 
ranno  a  queste  memorie  copiosa  e  lieta  materia  di  ragionare. 
Pongo  per  primo  il  P.  M.  IBchele  Sertìni  della  Gasa,  religioso 
dd  convento  di  s.  Maria  Novdla,  dottore  della  università  fio- 
rentina, mancato  ai  vivi  Fanno  1416.  Di  lui  è  memoria  nette 
cronache  di  qud  convento,  e  solenne  testioionianza  dd  merito 
suo  nel  tinger  di  minio  in  due  grandi  saAtm  che,  unitameale 
agli  altri  già  ricordati  ponno  vedersi  nel  noviziato  di  qud 

ipse  fecit ,  et  omnibus  comunica^it  corde  Mlari  et  volente*  Cantare , 
scribere,  miniare  et  omnia  scivit  quae  manus  mechanicae  valent.  » 
Dì  questo  ioaigne  religioso  Tenne  pubblicato  un  Elogio  dal  P.  Stanislao 
Canovai  delle  Scuole  Pie.  —  Fia  Giacomo  figlio  di  Lanfranco  Gualtarolti 
mori  ArciiescoFo  Turritano  nel  1379.  — 


Digitized  by 


Google 


UBIIO  I.  GAP.  XL  17» 

ooiì?eQ(o  (1).  Se  odb  eseeonone  sono  tal  (bla  mferiorì  a  queUì 
di  s.  Marco,  segnatamente  nei  fregi  e  negli  adornamenti ,  hanno 
non  pertanto  il  merito  di  un  boon  disegno  e. di  una  felice  com- 
posizione nefle  storie.  Danneggiati  però  molto  dai  ritocchi  A 
altra  mano;  moltissimo  dall'uso  di  sopra  tre  secoli.  Bellissimi 
sono  i  firontespiij  delTuno  e  dell'altro,  uguali  perfettamente. 
NeDa  parte  superiore  è  un  Dìo  padre  neU'atlo  d^a  creazione; 
Beila  inferiore  il  profeta  David  che  sposando  alT  armonia  del- 
Varpa  i  carmi  inspirati  magnifica  la  sapienza  e  la  bontà'del  Grea- 
tiMTe  in  questa  stAiime  man^estazione  de^  suoi  divini  attrSniti. 
Harayigliose  poi  sono  due  figure  che  adornano  il  salmo  Ì09.  Do- 
vendo rendere  il  concetto  di  quelle  pande:  dixU  domnus  d^ 
nmo  meOf  sede  a  dextris  meis^éìeegoò  e  colori  due  Ègaee  non 
pur  simfli  ma  uguali  a  Anotiyre  la  medesimezza  della  natura 
diviBa  cosi  nel  padre  come  nel  figfia  Siedono  esse  con  gnin- 
fissima  maestà;  se  non  che  T Etemo,  giusta  la  visione  dell'Apo- 
calisse, tiene  in  su  i  ginocchi  aperto  un  vdume  ove  è  il  con- 
sueto Alfa  e  Omega  ;  laddove  il  Verbo  tiene  chiuso  il  volume 
ed  accenna  la  piaga  del  costato.  Non  è  facile  esprimere  a  pa- 
rche la  maestà  di  queste  due  figure  veramente  divine;  e  non 

(1)  Nei  tempi  del  P.  M.  Boiobioumi  questi  due  Mlberi  ti  adopern- 
Tane  quotidianamente  nel  coro  di  t.  M.  Nofeila,  ed  era  tradisìoBe  lo»* 
«ero  miniati  dal  P.  M.  Serliili.  Il  disegno  e  la  conpoibione  annuii-» 
ziando  an  artista  che  fioriva  appunto  sa  gli  aitimi  del  secolo  XIV  o  su 
i  primi  del  seguente ,  mi  confermarono  nefl*  opinione  che  siano  yera- 
mcnte  opra  del  suddetto  religioso.  K.  Ckron*  ÀnnmL  voi.  2®  pag.  2Ì& 
ad  ann.  1416. 


Digitized  by 


Google 


180  MEMORIE 

si  può  non  aomiinm  la  bellena  di  ^leir  ampio  e  nobile  |^ 
ludameoto»  cbe  seendenclo  dagli  oneri»  si  ripiega  su  i  gioooolii 
di  ambedue  m  modo  iacile  e  natortde.  Nuova  mi  parve  la 
maniera  di  esprimere  rAuDuamàouo  della  B.  V.;  percioeebé» 
oltre  le  due  figure  dell* Angelo  e  della  Vergine»  vi  ieoe  quei 
profeti,  che  l'adorato  mislero  dell'  Ineamazione  avevano  più 
maniieslamente  antiveduto;  e  sul  d^inoand  pose  due  firalieelli  in 
gìnocciMo,  i  quali  con  grandissima  divozione  venerano  la  Madre 
di  Dio.  Egregiamente  disegnala  è  pure  la  figura  di  on  re  Oavid 
al  salmo  88  e  altre  che  omettiamo  per  brevità. 

In  quello  stesso  seoolo  fiorirono  in  s.  M.  Novdla  due  allri 
miniatori  con  lode  ricordati  dal  Necrologio  e  daUe  cronache» 
ma  de'  quali  non  rimane  alcuna  certa  op^a  (1). 

(1)  Sono  qoMti  il  P.  Biagio  di  IioraiMO  D»'Filippft«  lodato  eonn 
eloquente  oretora»  e  acriltoie  e  raioiettre  ottimo }  mori  li  22  tettembie 
1510.  (  KecroL  a.®  750.  )  ^  L'altro  è  il  P.  Antoaio  di  Gioyaimi  IH* 
Bossi  f  il  qoale  comecché  «la  lunga  e  immedicabile  infermiti  reto  inabile 
ad  altri  studi ,  si  occupò  sempre  dello  scrivere  e  miniare  i  libri  corali 
del  suo  convento.  Fu  vittima  della  pestilensa  dell'anno  1495,  e  di  lui 
fanno  memoria  il  Necrologio  al  n.^  716^  e  il  P.  Bomoeicuiiy  che  nelle 
antiche  carte  dell*  Archivio  rinvenne  eziandio  il  novero  delle  spese  per 
quelle  miniatore.  (  loc  cit  pag.  164.  )  ^*  Ha  quello  stesso  novixiato 
due  Antifonari,  forte  miniati  intorno  ai  tempi  del  De'Boaai»  Q  del  P. 
De'  Filippi ,  ove  aoMO  alcune  vaghe  miniatura  di  una  ben  intesa  com* 
posieioBe,  ana  alquanto  deboli  nel  disegno  e  nel  colore. 

Nette  memorie  della  fabbrica  della  chiesa  di  s.  Domeaieo  ia  Bolo- 
gna tnivansi  la  partite  di  spese  somministrate  dal  convento  per  i  scrit* 
tori  e  i  miniatori  dei    libri  del  coro  e  della  biblioteca;  e  si  ricordano 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  GAP.  XI.  m 

Tempo  è  adii  si  (rtioeeihi  a  biroUaie  iktt'aKi^  coovapl^ 
A  8.  Hurao,  ore  la  aaniìiMra  aèycra  deooi  Ifa  i  |Mi  gmwiì 
«attori  cba  qoestaìrtb  taiili  in  Italia,  e  ohe  ioli  oocMp^rauia 
latto  qaeslD  breffe  sa^  dèi  nnoiaWì  dell' ortlioe  Datteakaoo; 
easeodo  andate  smarrite  òdii  te  nolifide  che  i  ISbA  oovaii  di  tùM 
ecBTenll  ddlo  flesso  intitdto  nella  gètteiitte  ÈùfpNJrìiK^  dei  cUa^ 
stri,  arreoiila  nefla  invasiene  delle  ara^  frauoes. 

E  qai  per  prime  panni  deversi  Mte  grandiamia  al  heatf 
GìoTanni  Dominici,  dell'ordine  dei  PredicaKKit  poi  eardinfede  di 
a.  Cbieaei,  il  <t«ale  hi  tntli  i  coofenli  che  ei^  e  rifinradara  ndb 
regolar  disciplma,  o  ergerà  dalle  fiwdaiaenta  cosi  degli  aomioi 
come  delle  danne,  hi  tiriti  fltxattivasr  introdmrre  quest'arte  notar 
lisfiima,  la  quale  mvabilmentB  giova  a  aeltevim  k  mente  ed  il 
cuore  a  easti  e  santi  pensieri  Rimangono  a  perenne  testimenianm 
di  ^anlo  io  dico  molte  lettere  di  lui  scritte  alle  religiose  Dome- 
nicane dd  monasiero  del  C&rpùs  Iknnmi  m  Yeneiia  eretto  dal 
medesimo;  ndte  quali  loro  porge  consi^  intòmo  il  modo  di  bea 
4!endurre  i  lavori  di  nunio,  e  si  offre  di  ultimare  quei  più  diflBcili 
die  esse  non  avevano  sapnto  eseguire  (1).  A  lui  pertanto  giudico 

come  occupati  in  que«t*  etercisio  an  fra  Marco  converto,  scrittore;  e  un 
fra  Bartolomeo  miniatore  e  pittore.  Incominciarono  ad  operare  li  3  feb- 
braio 1474,  e  te  ne  ha  memoria  Gno  aU'anno  1476.  Debbo  qnetfa  no** 
tiak  alla  gentilena  del  dottore  Viiiceino  Vannini  di  Bologna.  I  libri  mi-* 
niati  dal  aoddeito  piò  non  etutono,  giacché  qudli  dei  qnati  ti  torrono 
di  prajente  quei  religìoti  vengo  at^urato  non  etiere  miniati. 

(1)  Comm$ntarÌ0  deUa  vita  dèi  ò,  Giotwmi  Baockini^  Un  voL  in  ioL 
MS.  Arcb.  di  ».  Mavcp.  V.  $.  XXX. 

12 


Digitized  by 


Google 


18S  MEMORIE 

doveni  in  gran  parte  se  in  Fieariee  poi  in  s.  Marco  di  Firen»  e 
negli  altri  di  questa  congregarione»  florinao  sempre  molti  e  Ta- 
lenti miniatori  ;  aegnatamente  i  due  flratelH  del  Mugello»  fin  Gio- 
Tanid  e  fra  Benedetto,  si  ciliari  negli  anndi  deHe  arti»  e  dieei 
probaMlmente  rioerette  aU'  ordine  dei  frati  Predicatori  podù 
istanti  prima  di  partire  di  Firenze»  onde  senrire  il  Pontefice  Gre- 
gorio Xll  nei  tempi  dtfficHissinii  dello  scisma.  Vero  è  che  il  bealo 
Giovanni  Angelico  non  è  dai  più  conosciuto  se  non  per  i  suoi  di- 
pinti in  tavola  ed  in  fresco»  ma  die  egli  sia  stato  eziandio  raris- 
simo miniatore»  quando  lo  avesse  taciuto  il  Vasari»  ne  rendono 
testimonianza  i  suoi  stessi  dipinti»  ne*  quali  apertamente  si  ap- 
palesano i  precetti  ed  i  melodi  dei  miniatori;  il  modo  semplioe 
e  castigato  del  comporre  e  quello  di  contornare  le  figure»  la  leg- 
gereifea  e  trasparenza  delle  ombre»  tutte  le  grazie»  tutta  la  dili- 
genza »  tutto  il  brio  di  costerà  B  invero,  fino  alla  prima  metà 
del  secolo  XV  appena  usavasi  dai  pittori  alcun  tentativo  di  paese; 
ed  in  ciò  i  miniatori  forse  preced^tero  tutti  »  abbenohò  in  quegli 
spazi  angusti  la  prospettiva  si  mostrasse  timida  e  paurosa  »  e  ri- 
stringesse i  foncp  0  con  alberi  esili  o  con  nude  montagne.  Molto 
amore»  molta  vita  collocavano  nelle  teste  delle  figure;  poca  o 
^ìUDSi  nelle  estremità»  che  alla  fo^a  dei  greci  le  più  volte  na- 
scondevano. Con  brevi  tratti  esprimevaqo  il  concetto  dell'ani- 
mo; e  pochi  saprebbero  al  paro  di  costoro  con  si  ddxdi  mezzi 
produrre  si  mirabile  eSétto.  Da  loro  tutti  appresero  il  facile  pie- 
gare dei  panni  ;  e  negli  argomenti  teneri  »  devoti  e  graziosi  »  eUe- 
ro  sovente  eedissati  i  pia  valenti  dipintori.  Ma  la  magia  del  co- 
lore» quell'iride  sempre  cangiante»  qudr alternare  si  maestre- 
volmente dei  toni  più  caldi  con  i  più  languidi  »  quella  luce  che 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  XI.  188 

▼i  splende»  malgrado  il  bsehio  ddToro  che  tì  briBd  per  en- 
tro e  d^ioionio,  è  tal  cosa  da  non  potersi  dke  a  parole.  Ag^ 
gìongi  la  Mkoa  e  Tarietà  dei  fregi  e  degH  adornamenti  aoo»- 
lorj  y  ma  che  odia  miniatara  tengono  il  pia  deBe  y(rite  loogo 
primario;  quel  capriccioso  e  bizarro  acoonamento  di  fieri»  di 
frotta,  <K  ammali,  di  figaro  fimtastiobe  e  simbcriiiche»  e  non  di 
rado  di  riiteroli  caricatmre»  fi  tntlo  esegoito  con  grandissima  di« 
ligeoia.  Cosi  salla  scorta  degli  Arabi,  i  miniatori  sembra  pre^ 
faidessero  allo  stacSo  delle  ftùttesdU^  nel  quale  tanta  lode  acqm- 
starono  Morto  di  Fdtre,  GioTanni  da  Udine,  Baldassarre  Peraz» 
zi,  e  altri  assai.  Ora  io  stimo  die  ogniono,  il  qnale  sia  medio- 
cremente yersato  nelle  opere  dell'Anglico,  debba  raryisarvi 
tosto  cosiflbtti  caratteri,  segnatamente  in  qoelie  picode  tavole 
cbe  adomano  la  galleria  degli  Dffiq  in  HreosBe,  F dtra  ddTAc- 
cademia  fiorentina,  i  reliqnieri  di  s.  H.  NoTélla,  ec 

Come  a  mimatore,  Giorgio  Vasari  attriboisce  a  fra  Giovan- 
ni Angdioo  le  opere  seguenti.  «  Sono  di  mano  di  fr.  Giovanni 
in  8.  Maria  del  Fiore  dne  grandissimi  libri  miniati  divinamente, 
i  qaaK  sono  tonati  con  molta  venerazione  e  riccamente  adomati, 
né  si  veggiono  se  non  nei  giorni  stdennissimi.  »  Di  questi  libri 
invano  io  e  il  eh.  sig.  Giovanni  Masselli  abbiamo  latta  ricerca 
nella  cattedrale.  Molti  cbe  ne  vidi  hanno  altra  origine,  e  ricor- 
dano presso  che  tatti  la  seconda  metà  del  secolo  XV  o  la  pri- 
ma metà  del  segaente  (1). 

(1j  Pili  avveoluroso  ili  noi  sembra  fosse  il  eh.  profl  Rosini,  che 
potè  vederli,  scrirendo  Frutto  di  questo  esercizio  (  del  mioiare  )  sotw 
I  Uirri  corali  di  s.  Domenico  di  Fiesole,  Forse  due  di  quelli  del  Duomo 


Digitized  by 


Google 


iU  MEMORIE 

SeguUa  il  Vtsari  ia  altra  loofo  della  ?Ha  deir  Aogriico. 
«  Sodo  di  mano  di  fra  Oio?aaiii  nel  sim>  contento  di  s.  Marco  di 
FiienBe  aloom  libri  da  0(hx>  miniali  tanto  beMi^  ohe  non  ai  può 
dir  più»  ed  a  questi  amili  sono  alooni  altri  ohe  lasoiè  in  s.  Do- 
meoioo  di  Fiesole  eon  incredibile  diligenza  lavoratL  Ben  è  ?ero 
che  a  far  qpnsti  bi  aiutato  da  nn  sno  maggior  fratello  che  ora 
similmente  minialfire  »  ed  assai  esercitato  nella  pittnra.  »  Alooni 
errori  sono  in  qoesle  parole  dd  Vasari  »  che  noi  eoa  Taiato  di 
eertissimi  documentici  stndievemo  emendare^  Prmiieraiiiente  i  li* 
bri  eorali  .del  conv.  di  s.  Marco  che  il  biografo  aretino  attribuì- 
see  a  fra  Giovanni,  non  sono  opera  sna  ma  del  firateUo,  come 
nella  rita  di  Im  si  proterà.  Quei  di  Fiesole  in  gran  parte  pia 
non  esistonOt  e  quei  che  rimangono  non  hanno  opera  di  minio, 
se  ne  eccettni  alcuni  rabeschi.  Sono  in  Firenie,  ma  assai  più 
fuori  d'Italia,  molti  togli  di  questi  libri,  credati  opera  dell'An- 
gelico, che  l'avidità,  o  la  barbarie  fe'mntilare;  eoonbaguari 
uno  beUissimo  fu  venduto  ad  un  Atemanno,  giudicato  fra  le  mi- 
gliori opere  di  miniatnra  che  mai  faxxsse  il  Fiesolano»  Girava 
per  quanta  era  l' ampiezza  del  foglio  un  vago  serto  di  fiori  e  di 
frutta,  fra  i  quali  erano  in  dodici  ovatini  dodici  mezze  figure 
di  Apostoli,  e  nel  mezzo  una  Vergioe  annunziata  dall'Angela 
Che  fra  Giovanni  possa  avere  aiutato  il  firataUo  ndle  molto  mi- 
niature da  libri  di  s.  Marco  Io  credo  certissimo;  sembrandomi 

di  Firenze  ,  che  restano,  e  non  pochi  altri  che  furono  trasportati  fuori 
et  Italia»  Storia  della  Pittura,  voi.  2.  cap.  XVII.  pag.  254.  — >  Gio. 
MiasBLLi  Note  al  Vasari  ddl'Edra.  di  Firenie  per  David  Pastigli  1832.  — 
voi.  1.0  NoU  39. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  L  GAP.  XI.  t» 

akane  figure  Ènm  pm%  ék  kd  dì0egiiitenHioolofil6;eoeAdoCli 
MI  ftuBa  parinioae  dm  ei  poneva  in  tutta  le  optretoo^Ndk 
MtBoteea  daDo  staso  owiffuloi  si  ócumeatti  no  «lieo  nìasnls 
DoKiadcaiio  fitto  sorif ere  e  miniBTO  di  Cosimo  dei  Modid  y  ed 
è  a  seooiido  fri  i  dttqoe  die  liisstigioo;  io  esso  é  ém  màm* 
torà  indubitatamente  sua  »  e  da  annoyerarsi  fri  le  più  belle  di 
^jOBBlo  pittori.  Keoi  nella  patte  snpoieie  dd  privo  fe^  fra 
le  iKivoie^  mi  ifio  padre  in  atto  di  irnsàm,  e  ndfai  porte  io- 
fariore  prostrati  aletidl  sMli  die  de?otamedte  Io  adorano;  e  sono 
s.  Domenico»  s.  Pfetm  tnarfife,  s.  Tommaso  Ai  Aquho^  s.  Fra»- 
eeseo,  ec.  tatto  Agore  die  ricordano  qtidle  che  d  cotort  gran- 
di al  Tero  nd  capitolo,  o  qodle  che  ammifansi  nella  eelh  deBa 
ineoranajiooe  della  &  Y.  Nimo  ehe  vedute  non  FaMMlet  poltd 
credere  di  leggieri  come  in  si  piccole  figurine  potesse  esprime-i 
re  tanto  bene  r  afletto  e  la  pietà  grandissima,  con  la  quale  quei 
santi  innalzano  le  loro  preci  all'  Altissimo  ;  condotte  poi  con  un 
tocco  di  pennello  franco  e  leggiero  come  i  dipinti  di  una  gran 
dimensione.  D'appiedi  in  un  tondino  lece  mezza  figura  di  un  Cri- 
sto legato  die  ricorda  l'altra  dell'appartamento  dei  Medid  nello 
stesso  convento.  È  a  dolersi  che  questa  rara  miniatura  sia  stata 
in  più  luoghi  ritoccata.  Quelle  die  seguitano  ndlo  stesso  volume 
sembrano  opera  di  altro  miniatore;  il  quale  rifece  ove  i  rabeschi, 
ove  alcuna  piccola  storia;  ed  un  terzo  miniatore  entro  i  vani  delle  let- 
tere iniziali  seguitando  il  primo  disegno,  quando  ritoccò,  quan- 
do intieramente  miniò  alcune  piccole  storie  graziosissime,  che  a 
me  parvero  fatte  sul  terminare  dd  secolo  XY.  Nella  festività 
della  Resurrezione  è  una  reminiscenza  delle  Marie  al  sepolcro 
che  l'Angelico  dipinse  a  buon  fresco  nel  conventa  In  quella 


Digitized  by 


Google 


166  MEMOR  I£ 

ddl'AfloeosMoe,  «ugnila  di  Apo^oH  cn  la  B.  V.  de'qiiAK 
8cdo  vederi  9  toKo;  beUisame  figure^  ma  ritooeale;  intatta  però 
ma  mezza  figura  di  G.  Cristo  che  afioende  Ira  le  natole.  Quanto 
mai  può  dirai  bèlla  è  una  dìsoeta  ddlo  Spirito  Santo»  che  gia« 
dico  <tell'  Angdico  o  del  firaldo,  e  solla  qnale  nìona  mano  pro- 
fana osò  posarsi 

Non  conoscendo  aUr^  opera  di  minio  che  possa  con  corteoa 
a  lui/attriboirsf»  passeremo  a  narrar  la  vita  e  descmere  le  ope- 
re di  fra  Benedetto»  veramente  sommo  in  quest'arte;  e  percbò 
e|^  ebbe  col  fratello  Giovanni  comune  le  consoetodini  ddlo  stato 
claustrale  e  lo  stadio  dd  miniare  e  del  dipingere ,  leggermente  ci 
passeremo  della  vita,  e  più  distesamente  ragioneremo  delle  qpe- 
re»  dovendone  di  bel  nuovo  favellare  in  qodla  più  copiosa  del- 
rAngdioo. 


**^ 


Digitized  by 


Google 


187 

CAPITOLO    XII. 

Notizie  deUa  vUa  e  delle  opere  del  mmiatare  e  pittare 
Fra  Benedetto  del  Mugello. 


••• 


Isella  fertile  e  vasta  proTinda  del  Mugdk),  presso  il  castelk) 
di  Viodìio,  che  la  BepubUica  fiorentina  innabava  a  iafrenare 
rambiziooe  e  la  potenza  dà  conti  Gnidi,  nacqae  fra^ened^lo 
da  un  tal  Pietrcu  del  quale  la  storia  d  tacque  il  cognome.  Ove 
tosse  vero  qoanto  narra  il  Vasari,  essere  stato  fra  Benedetto 
maggiore  di  età  ddl' Angelico,  dovrebbesi  collocare  l'anno  del 
suo  nascimento  intomo  al  1386,  ma  trovatosi  l'atto  della  sua 
processione  rdigiosa  segnato  posteriormente  a  quel  del  firatdlo 
Giovanni,  e  nell'anno  medesimo,  panni  ragionevole  fl  dubbio 
die  d  fosse  minore  ii  età,  e  si  debba  in  quella  vece  crederlo 
nato  intomo  al  1389,  Da  chi  apprendesse  il  disegno  si  ignora, 
e  ricercarlo  saria  senza  frutta  Poteva  aver  fatti  al  secob  buoni 
stndj  ndl'arte,  quando  in  Fiesole  prese  l'abito  Domenicano 
l'anno  1407 ,  forse  dieciottesimo  delFetà  sua*  Nd  seguente  emise 
la  solenne  professione,  probabilmente  in  Cortona  ove  era  il  no- 
viziato, essendo  però  aggregato,  e  come  dicono  aflBgliato,a 
qodlo  di  s.  Domenico  di  Fiesole,  nel  novero  dd  cMerìrì  (1): 

(1)  Cronica  coiw,  «.  Dominici  dt  Feudi»  MS.  mi  voi.  in  (bl.  cod. 
cartaceo.  (  Ardi,  dì  a.  Marco  )  ▼.  fol.  97  a  tergo  «  1407.  Fr.  Benedi'' 


Digitized  by 


Google 


i88  MEMORIE 

Non  mi  è  no(o  se  eì  dimoraste  in  Cortona  cpando  questa  città 
venne  aggredita  e  presa  da  Ladislao 're'  di  Napoli;  o  se  erasi 
di  già  recata  io  Fiesole,  $iccQii(ie  siioip  j/ii^  |trd»«b^e^  ^l^ora  ne 
dovette  essere  partito  nel  1409  fer  vV^ende  politiche  e  religiose 
che  altrove  si  narreranno,  e  non  tornatovi  prima  del  1418.  Quan- 
to in  una  indole  buona  possano  le  caste  gioie  della  rdigione, 
le  pratiche  severe  del  chiostro,  gli  esempi  di  un'insigne  virtù, 
parve  in  lui  manifesto.  Gonciosiaché  per  le  esortazioni  e  gli 
esempi  del  fratello,  angelico  veramente,  eper  quelli  luminosi»- 
shnt  di  s.  Antonino,  venne  in  tanta  lode  di  bontà ,  che  in  breve 
tu  annoverato  fra  i  primi  e  più  venerandi  padri  di  qnd  con- 
vento. E  ninna  cosa  a  mio  avviso  coai  bene  ci  rende  immagine 
della  sua  bontà  quanto  T amicizia,  die  finché  visse  Io  strinse 
ed  unì  con  s.  Antonino;  il  quale  di  un  fortissimo  affetto  amando 
i  due  fratelli  del  Mugello,  V  uno  e  ¥  altro  seco  condusse  ki  Fi- 
renze l'anno  1437,  dopo  che  da  Cosimo  dei  Medio!  ebbe  otte- 
nuto il  nuovo  convento  di  s.  Marco.  Qkiifì  unlM  vissero  otto 
anni  consecutivi  ;  nd  qual  tempo  volendo  s.  Antonino  con  si>- 
lenne  dimostrazione  appalesare  la  stima  the  egli  nutriva  ddla 
vir(ù  di  fra  Benedetto,  lo  invitò  a  dividere  seco  il  governo  di 
quella  religiosa  comunità,  eleggendolo  sempre  sotlopriore  ogiri  qial 
volta  fosse  egli  il  priore.  Il  magnifico  Cosimo  dd  Medici ,  al  <|iiale 
era  ben  noto  il  merito  di  lui  nell'arte  di  ^luminare  i  eodid  e  i 


ciM$  Puri  de  Mugello  iuxta.  Vichìwn ,  germoaus  praedicU  frat.  Joannis, 
qui  et  futi  tcriptor  optimus,  et  muUos  libros  scripsit  et  notavit  prò 
ctmtu:  aceepit  haèitum  clericorum  .  .  .  .  c«  eetfuetm  mnmo  fiitii  profeta 
sionem. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  GAP.  XU.  18» 

Bfi  del  mHo,  Ymno  1443  dMe  t  «arioo  «  fra  Benedetto  di 
sorirere  e  mUtro  tatti  qadH  deOa  ichieM  e  della  sacristia  di 
&  Marco;  ed  egli  eoo  l'aiiita  di  deoM  B«oi  religiori  che  erano 
eeeeUeati  caDignifi»  lotti  li  eoadoase  a  termiae,  ano  eoceUnatOt 
wHoflpomdidttqQeai»:  iirtiea  che  impiovlè la  sómma  gratiseh^ 
di  ben  1500  ducati.  Quelle  sterminato  laToro  non  era  die  in^ 
oomiDciato,  cpiando  i  rdigiosi  di  &  Domenico  di  Fiesole  dessero 
fra  Benedetto  priore  di  quel  convento; e  avendone  s.  Antonino, 
in  qnel  tempo  vicario  ge^t^Ie,  sanoooata  la  elezione  con  la  sua 
antorità,  Oi  buon  miniatore  fece  ritorno  all'amena  colUoa,  ove 
prinuimepte  aveva  vestite  in  copipagnia  dd  fratello  le  divise 
dnmfnicane  (1).  Inlomo  a  tre  anni  resse  qnella  reUgiosa  fimi* 
gfia«  e  cop  fli  esempi  la  edì^;  né  era  ancor  gJanlo  il  lenA* 
na  dd  tea»  ed  nUitto  anso  dd  sno  reggimento^  cbed'improv- 
viso  colla  da  pcitiknm»  si  ripoe^nd  Signore!' anno  144B»  forse 
5&^  di  san  età.  ignovad  il  mese,  H  giorno  e  il  luogo  stesso 
dela  sna  morte;  perdoeeèè  scrive  il  P.  Timoteo  Bottonio  (An- 
noi, voi.  St  fNig.  95.)  che  non  in  Fiesole  ma  in  s.  Marco  di  Fi- 
renze cessasse  di  vivere;  e  invero  nella  cronaca  di  quest'ultimo 
conventò  sì  trova  Tatto  necrologico  di  fra  Benedetto ,  laddove 
quella  di  Fiesole  solo  brevemente  lo  accenna.  Potendosi  crede- 
re che ,  o  a  cagione  dd  libri  che  d  tuttavia  miniava  per  il  coro 
di  s.  Marco,  o  forse  apparso  segno  di  pestilenza  in  Fiesole»  cre- 
dendo fu^la,  si  recasse  in  Firenze.  Gli  storid  dd  due  conventi 
onorarono  la  sua  memoria  con  brevi  ma  belle  parole  d'enco- 
mio. Qud  di  Firenze  Io  appella  religioso  integerrimo,  e  nd 

(1)     Cron.  conv.  s.  Dominici  de  Fesulis,  fol.  49  a  tergo* 


Digitized  by 


Google 


J90  MEMORIE 

nome  e  oeUe  opere  benedetta  Qad  cB  FieMle  lo  dm  devoloe 
MDto  (1).  Dovette  e»ere  edàndfo  verstto  a  safideiiza  neBe 
scienae  sacre  e  nella  predicanone,  perdooebè  all'officio  di  sa- 
periore  le  ooetìtiMioai  dell'Ordine  non  cooaentono  sia  elevato  cin 
è  digfinno  di  buoni  ttndj,  e  non  abbia  altiCndine  ad  anoonriave 
la  divina  parola;  e  nei  fervori  di  qndk  riffarma,  la  qnale  di 

(1)  Articolo  oecrologico  di  fra  Benedetto  tratto  dalla  Cronaca ,  o  co- 
me fuor  di  ragione  si  intitola  AnnaUa  conv.  s.  Marci  de  FloretUia  Ord. 
Pt-aedic.  ab  ejus  receptione,  ec,  1 435  tti^f/«  ^  f e.  MS.  un  voi  in  fol.  cod. 
cart  (  Arch.  di  s.  Blarco  ) 

«  A  fol.  211.  JFV.  BenedicUiM  Petri  de  Mugello  filius  nathus  et 
Urne  prior  existens  Fesulani  conventuè ,  germanus  Jratris  Joanm's ,  iU 
Ime  tam  mirandi  pictm*i$,  cmjue  arte  picturaefire  onuies  hujiu  con" 
ventau  eattanl  .  Uic  re  et  nomine  Benedictas  morihue  et  t^ita  integerri^ 
mia  fiUt ,  et  sine  querela  in  ordine  oonferttUise,  Extitii  amUm  exeeU 
lentissimus  ,  non  modo  suorum,  eed  et  plurimorum  t^mpor^mt  eeri^ 
ptor  et  miniator,  Cuius  manut  litterie,  cantus  nota  et, minio  ei.{iàc) 
omnee  fere  libri  chori  hujus  eocleeiae  *.  Marci-  Jntiphonaria  ndelicetf 
Gradualia  et  Psalteria,  dempto  ultimo  duntaxat  festivo  Graduali.  Hic 
ex  ea  peste  invasus  alacer  mortem  intuitus,  sacramentis  omnibus  rite 
perceptis  in  domino  requievit  ipso  anno  1448.  sepultus  in  comunibus 
frau*um  sepulturis.  Bequiescat  inpace.ìt 

Articolo  necrologico  tratto  dalla  Cronaca  del  conr.  di  a.  Domenico 
dì  Fiesole  a  fol.  146.  «  Frat,  Bentdictus  Petri  de  Mugello  germanus  prae» 
dicti  pictoris  (  r  Angelico  )  obiit  .  .  .  .  (  manca)  hicjìdt  egregius  jcn- 
ptor  et  scripsit  pene  omnes  libros  chori  s.  Marci  et  nouwit ,  et  aliquos 
etiam  hic  Fesulis.  Fuit  hic  Pater  devotus  et  sanctus,  et  bono  fine  quie» 
vit  in  domino,  »  Quiyi  è  evidentemente  confuto  lo  scrittore  col  mi- 
niatore. 


Digitized  by 


Google 


UBnO  I.  GAP.  XII.  191 

dotti  e  maotà  uomini  non  pMira  difielto»  non  è  a  credere  A  to- 
IcBse  iofrangere  una  legge  principaUttima. 

Detto  detta  vita,  parleremp  ddle  opere,  n  biflogoo  crea  le 
arti  ;  il  dHetto  die  nasce  dall'eMdzio  di  quelle  toro  dà  perfer 
acne.  H  bisogno  di  asito  aYeTa  invitali  alTareUtetlnra  i  ikatì 
Predicatori;  qnelto  dei  libri  soliti  adoperarsi  neU'eserdzto  dd 
cnlto  li  trasse  alla  miidatara  :  la  vaghezza  del  colorire  condus- 
se altri  a  seguitarli ,  e  Tarte  che  primamente  fu  necessaria,  ad- 
cBvenne  piacevole  a  molli,  e  per  questa  guisa  si  perpetuò  nd  diio- 
stri  Domenicani 

Gli  esempi  dd  fratelto  Gtovanni,  e  forse  ancora  i  consigli  di  s.  An- 
tonino indussero  fra  Benedetto  a  dedicarvisi.  H  primo  saggto 
che  ne  diede  in  miniare  alcuni  libri  corali  del  convento  di  s. 
Domenioo  di  Fiesole,  come  narra  la  ovonaca;  e  forse  erano 
quelli  che  a  Vasari  attribuisce  all'Angelico.  Qud  di  s.  Marco» 
che  si  disse  incominciati  a   miniare  nd  144S  e  che  alla  sua 
morte  non  erano  dd  tutto  comphiti,  lo  ftmmo  due  aniu  dopo 
da  un  religìoao  delTOrdhie  del  Ifinori,  dd  quale  si  ignora  H 
nome  (  iÌS3.)  U  P.  Roberto  Ubaldini  scrittore  della  cronaca  dd 
convento  di  s.  Marco  li  novera  partitamente  ;  e  sono  quaUordid  vdu- 
mi  fra  Graduali  e  Antifonarj ,  tutti  di  sua  mano  scritti  e  miniati  ; 
eccettuato  r  ultimo  volume  del  Graduale  festivo»  e  forse  tre  volu- 
mi dd  Graduale  della  feria»  che  per  morte  non  ultimò;  ma  che  fu- 
rono» per  ciò  che  egli  scrive,  miniati  da  un  rdigioso  dell'Ordine  dd 
IBnori  (1) .  Lo  stesso  Ubaldini  però  nuovamente  favellando  dì  que- 

(1)  Jnnai.  Conv*  #.  Marci,  JbL  $•  a  tergo  «  Nam  quatuordedM  yo- 
lumina  GraduaUum  »  et  Jntiphonariorum  aeripta  sunt  manu  supradicti 


Digitized  by 


Google 


192  MEMORIE 

sti  Kbrl  IR  «Uro  luogo  déHa  croMoi  alena,  non  coetltoa  dn 
r  ultimo  volume  del  Gradoale  bttàfo  (1)«  Per  la  qml  «va  «alo 
quesC^uMoiopotrebberi  con  oertcna  altriboire  ri  IfiDorìti.  Scrìsse 
ognalmente  ira  Bniedetui»  e  ìmmò  i  dm  Slitti,  alconi  missali; 
e  H  Ubió  degli  iafilalorì  che  non  è  aDumiiiato  (i^.  Tutti  qm^ 

fratri»  Benedicti  prioris  conyenius  Fesulani^  excepto  ultimo  volumìne 
Graduali t  fonivi,  et  tribus  volumiiùbus  Gnidualis  ferialis ,  quae  impera 
fetta  remanserunt  propter  super  venientem  mortem  :  quae  postea  completa 
fuerunt  per  quemdam  Ordinis  Minorum.  Sed  et  tam  conyentui  Fesulano 
ratione  primi  scriptoris]  quam  secuiido  scriptori  satis factum  semper  muc^ 
cessii^e  fuit  a  Domino  Cosma.  Scripsit  simiL'ter  idem  /rat.  Benedictus 
duo  Psalteriachori , requirente eodem  Cosma,  et  Ubrum  Ini'itatoriorum.» 
AccennMickw  due  «Kversi  tcrittori  in  Fiesole  ad  in  s.  Maico ,  nasce  n« 
l^onéyoit  dubbio  •»  i»  debba  pMetor  hòé  piuttotlo  «1  cronisU  di  Fie- 
lele  cke  »  questo  di  s.  Mafco. 

(fj  V»4i  VArfàisiÀo  Necfol.  sopm  citato» 

(2>  Neilft  Biblialeea  di  s.  Marco  pel  novero  dei  MSS»  sono  ém^gn 
«issali,  due  sakeii  miniati^  e  alcani  breviarii»  ed  «n  ufeié delia  B.  T. 
I  due  Salteri  so»o  evvleatemeaie  di  fra  Benedotto  e  le  piccole  miniature 
cbe  gli  adomano  sono  assai  belle,  ma  la  piìi  parte  ritoccate.  Alcuni  mis- 
sali  sono  miniati  da  un  imperito f  e  ru6izio  della  B.  V.  che  dovea  es*- 
sere  egregiamente  alluminato,  è  sì  malconcio  dalle  posteriori  deformisi 
sime  miniature  da  non  apparir  più  traccia  del  suo  essere  primitivo.  Nel 
IV  e  nel  VI  missale  si  legge  :  Istud  missale  est  conv,  s.  Marci  de  Flo^ 
rent.  Ord.  Praedic.  et  fecit  fieri  Cosmas  Ihoannis  Medicis.  Nel  III  è 
eiiandio  l'arme  dei  Medici  ed  una  rarissima  Epifania,  con  altre  mi- 
niature ,^che^io  giudico  di  altra  mano  e  non  inferiore  a  fra  Benedetto. 
E  degno  eviandfo  di  molta  consideratione  un  CblletCaiìo  miniato  forse 
aei  primi  det*secolo|Xyi. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  XII.  193 

tf  NM  noQ  mio  pardull,  amie  scrive  il  di.  A.  F.  Rio,  ma  sor* 
voQO  toltam  all'uso  dei  rd^iosi»  e  sono  fa  niimen)  di  TeoU* 
BOQ  compresi  i  dne  salteri  e  i  missili.  L'aumeoto  deiaei  è  po*- 
aCerìire  ai  leiiijpi  dell' annalista»  peroiooché  alcani  di  mole  so* 
weiftia  Aivooo  in  due  <H?i8i;  vero  è  altresì  che  tre  non  hanM 
ùfem  di  hiìbìd.  Quelli  che  io  credo  fadshilAlaaieote  di  fra  Be« 
nedelto  sono  i  eontraesegnali  con  le  leUare  aibbeliclie  dtirA« 
fino  al  P«  I  dna  primi  {Graduali  4ei  ionii)  sopo  i  più  ricchi  di 
bep  e  di  storie,  ed  elaborati  eoo  grandiaràia  diligenza.  Di  fron- 
te al  primoé  r  arme  dei  Medici  e  le  seguenti  miniature:  cioè  Gesù 
&Ì9to  che  diiama  all'apostolato  Pietro  e  Andrea.  -«^  La  lapi- 
dazbnedis.  Stefano;  oveè  un  assai  vago  paeseegran  freschezza  di 
colore  —  S.  Giovanni  evangelista»  figura  egregiamei^  diso- 
gnata e  adonta»  ma  guasta  diil' attrito»  a  assai  più  da  l'a»- 
dado  di  chi  pretese  restaurarla.  Nei  fregi  aurati  della  lettera 
ioÌBale  vedesi  una  iscriziene»  della  qnale  solo  potei  leggere  la 
seguenti  parole»  che  ci  tolgono  ogni  duUio  intorno  all'origine 
di  questi  libri  .  .  .  .  hos  libros  sms  pectmiis  ^  iUuBtrissùims  civU 
....  mufta  é£  m(^fna  beneficia^  ei  hoc  templwn  txt$ruxU  Co-  * 
fmoi  Medie.  — *  Segue  una  strage  d^li  Innocenti.  —  S»  Agnese 
V.  M.»  graziosissiaia  figurina  — .  La  conversione  di  s.  Pa<4o»  de- 
bole nel  disegno ,  ma  con  bella  prospettiva  di  paese.  — •  La  Pu^ 
rificazioDe  della  B.  V^  alquanto  inferiore  nel  merito  alle  altre  -*-> 
Cna  assai  pregevole  Anounxiarione.  —  Seguita  quindi  il  Comu- 
ne degli  apostoli,  dei  martori»  ec.;  nei  quafi  ripetè  sempre  lo 
stesso  concetto;  cioè  G.  C.  che  benedice  ora  gli  Apostoli,  ora 
un  martire»  e  quando  le  vergini  ec.  Sopra  molti  per  diligenza  e  per 
disegno  merita  lode  un  bellissimo  crodfisso  che  vederi  all'uffizio 


Digitized  by 


Google 


194  MEMORIE 

votivo  deDa  Croce.  Nel  secondo  volaiiie  segnalo  con  lettera  B. 
si  ammira  a  principb  nna  Annaiiziazioiie  di  un  Care  alquanto 
più  grandioso.  —  Seguita  il  martirio  di  s.  Pietro  di  Verona  Do- 
menicano — .  Assai  grazioso  è  on  s.  Ofovannino  condotto  al  de- 
serto da  on  Angdo»  ben  disegnato  e  meglio  colorito.  -^  S.  Pi^ 
tro  Apostolo  che  apre  il  cielo  ad  un'anima.  Nei  0(«gi  della  let« 
tera  iniziale  si  legge  con  motta  difficoltà  una  iscrizione  latina» 
la  quale,  come  Taltra  già  ricordata»  narra  che  il  convento  di 
s.  Ifarco  venne  ediOcato  dai  Siedici.  Oltremodo  ci  piace  questo 
frequente  ridiiamare  alla  memoria  de'suoi  religiosi  che  faceva 
fra  Benedetto,  i  beneflq  ricevuti  da  quella  generosa  famiglia. 
Sogno  di  animo  che  sente  il  benefizio.  Nel  giorno  di  s.  H.  Mad«- 
dalena  esegui  un  coro  di  Angioli  che  soUevano  al  cido  la  santa 
penitente;  concetto  che,  dai  greci  trasmesso  ai  giotteschi,  per  il 
giro  di  molti  secoli  piacque  all'arte  cristiana .  Eziandio  ndla 
lettera  iniziale  di  questo  foglio  abbiamo  una  nuova  commemo- 
razione dei  benefizi  fatti  alla  chiesa  ed  al  convento  dalla  lami- 
glia  medicea.  Nella  solennità  del  P.  s.  I>omenico  colori  una  as« 
sai  bella  figura  del  santo  fondatore  dell'  Ordine  dei  Predicatori. 
Uguali  pregi  hanno  nna  Assunzione  ed  una  Natività  deDa  B.  V. 
che  seguitano  immediatamente.  Ma  a  tutti  per  disegno  corretto 
e  tAìce  esecuzione  va  innanzi  nna  figura  di  s.  Micliele  Arcan- 
gela  Per  cagione  di  brevità  ometteremo  quelle  degli  altri  volu- 
mi. Solo  a  provare  come  fra  Benedetto  avesse  V  arte  di  ben 
comporre  i  suoi  piccoli  quadri ,  recherò  ad  esempio  due  minia- 
ture; la  prima  delle  quali  posta  al  comune  di  un  martire  del 
secondo  volume,  rappresenta  un  santo  neiratto  di  essere  dal 
carnefice  dicoUato,  e  Gesù  Cristo  per  incuorarlo  al  martirio  pò- 


Digitized  by 


Google 


UBRO  I.  GàP.  XU.  IdS 

sia  la  smiflira  mano  sul  capo  di  lui,  eon  la  destra  gfi  aecena 
B  delo.  Ha  più  bdla  enandìo  é  quella  che  yedesi  di  fronte  9I 
Tolmne  ooBlraseegDalo  dalla  leltera  L  (antìfomaio)  ndla  qnate 
?deiìdo  sìgaifioare  come  CL  C  predioeflse  agli  apo9t«li  i  ttava* 
gfi  e  i  patimenli  grandissimi  che  loro  eraoo  per  soprastare  dopo 
la  sua  dipartita  da  questa  terra;  a  meglio  rendere  il  suo  ooo- 
cettD,  pose  innanzi  al  Salvatore  e  agli  Apostoli  la  figura  di  un 
gtoràie,  il  cpiale  bendati  gK  ooohi,  e  legale  a  tergo  le  mani, 
è  in  atto  di  essere  trucidato.  E  yeramente  questa  figura  posta 
di  fronte  agU  stupefatti  ed  atterriti  discepoli ,  rende  meraviglio- 
sanienle  il  pensiero  del  dipintore,  il  tutto  poi  disegnato  e  colo- 
rito in  modo  da  essere  questa  una  ddle  sue  più  rare  opere  di 
nAno.  Ne|^  altri  vdumi  non  si  ravvisa  che  una  storia  soltanto  nel 
primo  foglio.  Chi  poi  desidera  in  un'opera  sola  veder  raccòlti 
tutti  i  pregi  e  tutte  le  grazie  che  egli  sparse  e  versò  in  si  gran 
novero  di  miniature,  e  quella  che  più  sia  atta  a  farci  conoscere 
il  merito  suo  grandis^mo  in  questo  genere  di  pittura,  veda  la 
maravigiiosa  adorazione  dei  Magi  che  adoma  fl  primo  votame 
ddGradualefi9Stìvo,(  Sf^.  P.)ed  eadandio  il  primo  foglio  di qudlo 
slesso  volume,  ove  0  tu  consideri  la  composizione,  il  disegno, 
il  colore.o  la  varietà  e  ricchezza  dei  fregi, tutto  trovi  in  essa  per- 
fetto. Questa  adorazione  dei  Magi  è  una  felice  imitazione  di  quella 
piuttosto  divnia  che  umana  opera  ddl'  Angelico,  la  quale  ador-» 
na  l'appartamento  di  Cosimo  dei  ^tedici  nel  convento  di  s.  Marca 
Si  ammira  in  fra  Benedetto  un  facile  e  bello  piegare  di  pan- 
ni, e  in  dò  non  cede  al  fratello.  Diligentissimo  nelle  leste,  è  poi 
soverdìiamente  trascurato  nelle  estremità,  difiBtto  comune  alla 
piò  parte  dd  miniatori  di  questo  secolo.  Nel  celestiale  dd  volti 


Digitized  by 


Google 


196  MEMORIE 

BOB  raggteige  T  Angeliea,  abèenchè  i  suoi  siano  nobni  ed  espfdB- 
ttYL  Panni  alquanto  debole  nel  disegno»  dm  feHoe  nd  ooufKr- 
re  e  nell'a^nippare  k  figure.  Per  la  disposUooe  e  ItCMbem 
dei  adorilo  pud  fadiiiMBte  oonteadere  eoi  più  rari  raieiatori;  e . 
Mi  paese  pochi,  amio  ragione  aH'età,  lo  raggioogoiKK  DìffieO- 
meote  potrebbe  aegarai  obe  il  fraldlo  la ^/tàmse «K dÌBegni, per^ 
eiocchè  non  poche  delle  sue  minatiire  aooo  lepUohe  di  quadri 
dell' Angflioo,  oon  piccole  ▼ariaàool  Ne|^  adornamenti  di  fiori, 
di  ihitta  e  di  animali  non  è  aeinpre  Tario  e  ricco»  kna  aegmta 
fedebnenie  quel  fare  cooTemioBale  proprio  dei  quatirocenlislL 
SoKanlo  al  secolo  XVI  era  dato  portare  questa  parte  dd  dise- 
gno ad  una  meravigliosa  bdlezsa.  Nei  fregi  di  unti  questi  yoIch 
mi  si  Tedono  a  quando  a  piando  ridicole  caricature,  le  quali 
ninno  veramente  vorrdibe  in  opere  cosiffatte.  Ma  nei  secoli  XIV  e 
XV  erano  assai  comnni  aBa  pàtura  come  alla  scultura ,  segnaia- 
mente  fuori  d'Italia;  e  i  tempi  che  aUora  correvano  consenti* 
vano  oosi  fatta  licenza.  Dobbiamo  per  ultimo  avvertire,  come 
inlomo  aUa  metà  del  secolo  dedmosesto  tatti  questi  libri  venis- 
sero restaurati  cosi  nelle  lelitere  e  ndle  note,  come  neUte  figure 
da  un  altto  miniatore,  del  quale  io  breve  si  ragionerà;  e  Ibrae 
al  medesimo  sono  dovute  alcuae  durezte  ébe  appariscono  in  più 
luoghi,  e  segnatamente  nelle  estremità.  Volendo  porre  et  cwh 
fronte  i  libri  corali  del  duomo  di  Siena  con  questi  di  s.  Marco, 
parci  che,  eccettuati  quelli  miniati  da  Liberale  da  Verona  pit- 
tore e  miniatore  dd  secolo  XYI ,  gli  altri  di  D.  Benedetto  da 
Matera  monaco  Benedettino,  di  fra  Gabbride  Mattó  Servita ,  di 
Ansano  di  Pietro  sio^se  ,  e  di  quanti  altri  vi  operaroa) , 
cedano  nel  disegno  e  nella  composizione  a  questi  di  fira  Bene- 


Digitized  by 


Google 


UBRO  I.  CAP.  XII.  197 

delto  dd  Mugello ,  e  solo  li  viacano  net  fhegi  e  negli  ornamenti 
beUisfiimi  e  ricchissimi.  Molto  i  ritocchi»  assaissimo  Tuso  di 
quattro  secoli  danneggiarono  questi  di  s.  Marco,  laddove  quei 
della  cattedrale  di  Siena  sono  con  grandissima  cura  e  diligenza 
custoditi  (1) . 

Rimand  a  dire  alcuna  cosa  di  fra  Benedetto  come  di  oul- 
tere  della  grande  pittura  slorica  ;  perciooebò  é  opinione  di  mAti 
che  egli  aiutasse  il  {rateilo  neUa  ìnramereTole  serie  de'di  lui  di- 
pinti ;  sembrando  di£Bcile  e  quasi  impossibfta  a  o^edersi  che  da  scio 
avesse  potuto  rAagelicocotanto,  e  sì  dOigentemente operare.  A  ciò 
si  aggiunge  die  il  Vasari  parlando  di  iraBenedetto  ndla  vita  dd- 
r Angdico»  dice  aperlo  che d  fosse  oisai  esercitato  nellapiiàura: 
e  invero  i  consigli  e  gli  esempi  di  tanto  maestro  potevano  con- 
durlo ad  ogni  ottima  perfezione.  11  eh.  prot  Resini  nella  re- 
cente e  preziosa  storia  deUa  pittura  italiana  credette  aver  riur 
venuto  il  modo  per  distinguere  i  dipinti  di  fra  Giovanni 
da  ^leOi  di  fra  Benedetto:  condossiachè  avendo  osservato 
come  alcune  tavde  dd  primo  siano  riocbe  di  moU'oro,  e  àltne 
assai  meno,  congettura  che  le  prime  siano  dell'Angelico  e  le 
seconde  del  iratdlo  (2).  Ma  questa  opinione  ddl' illustre  autore 
non  mi  si  lascia  creder  vera»  poiché  è  indubilato  che  la  magare 

(1)  Ignoro  come  il  Vasari  nella  rita  di  Agnolo  Gadili  potesse  scri- 
vere die,  «  Pietra  du  Perugia  miniatore  miniò  tuui  i  UM  dèe  Mono 
aSie$UL  in  Duoioo  netta  tihreria  ài  Papa  Pio  li.»  IVofpo  YÌsfbili  esaend» 
le  dhrerae  maniere  èti  molti  miniatori  càe  fi  operarono,  alcuni  dei  qua- 
li ,  come  Liberale  e  Ansano  di  Pietro,  vi  scrissero  i  loi>o  nomi. 

(2)  Sloria  detta  Pittura  Itatiami,  voL  2.  cap«  X\i].  pa&  257 • 

13 


Digitized  by 


Google 


198  H  E  H  O  R  I  B 

o  la  minore  qmntità  ddf  aro  che  i  pttlori  in  qnela  sta- 
gione ponerano  negU  adomamentì  dei  loro  dipinti ,  più  che  dal 
loro  arbitrio  dipendeva  sovente  daHa  volontà  dei  committenti  »  e 
dai  mezzi  dieqaesti  oETerivtfio  all'artista.B  brero  m  un  contratto 
fatto  dall'arte  dei  linajuoli  col  beato  Angelico  per  dipingere  on 
tabernacolo,  die  tuttavìa  rimane  »  si  vnole  nelle  condizioni ,  che 
siavi  oro  e  argento  nd  modo  che  era  stato  fra  loro  convenuto. 
Che  se  veramente  fra  Benedetto  coltivò  la  pittora  cosi  in  tavola 
come  m  fresco,  si  ddAono  piuttosto  ricercaro  le  sue  opere  fra 
quei  più  dd)oIi  dipinti  die  sono  per  lo  consueto  attribuiti  aU'An- 
gelìoo;  e  in  special  modo  alcuni  a  fi^eschi  ndle  odle  del  con- 
vento di  s.  Marco,  certamente  inferiori  agli  altri  dì  tra  Giovan- 
ni. E  dappoiché  la  modestia  rarissfana  di  questi  -due  dipintori 
non  volle  che  le  opere  fossero  giammai  dal  nome  contrassegna- 
te; e  Findole  e  Tingegno  e  Tarte  dibero  simili  per  modo  da 
non  potersi  distinguere  facilmente  dò  che  è  ddP  uno  da  dò  die 
è  ddl' altro;  lasdamo  che  una  comune  gloria  renda  il  nome  di 
ambedue  chiaro  e  venerato. 

Non  è  ancora  ben  certo  se  tnt  Benedetto  dd  Hugdlo 
alla  sua  morte  Insdasse  alcun  allievo  ndla  miniatura  fra 
i  suoi  rdigiosi  dd  conventi  di  Fiesole  e  (H  s.  Marco.  Un  erede 
però  del  nome,  dell'arte,  e  delle  virtù  di  lui  si  trova  in  que- 
st'ultimo convento  sul  tramontare  dd  secolo  XV;  del  quale  però 
non  possiamo  accennare  alcun  certo  lavoro,  non  trovandosi  in- 
dicato ndle  cronache.  Ricordano  bensi  un  tratto  della  sua  vita 
pel  quale  il  nome  di  questo  artefice  non  andrà  mai  diviso  da 
quello  di  un  uomo  grande  e  sventurato.  È  questi  fra  Benedetto 
figlio  di  Un  tal  Paolo,  fiorentino,  che  al  secolo  con  vezzoso 


Digitized  by 


Google 


LIBRÒ  I.  CAP.  XIL  199 

dimnmtìyo  appellavasi  Beitueeio.  Ndla  gioTinesEa  «ra  sialo  «no 
dei  caldi  ammiralori  e  seguaci  di  fra  Gerohmo  Savonarola.  E  qua! 
mai  mgegoo  elerato,  qoal^raro  artista  in  quel  tempo  potè  e»- 
sare  insensibile  al  fascino  della  doquenca,  e  agli  esempi  della 
TirtA  di  tànt'uomol  Come  il  Porta,  il  Qredi,  i  Robbia,  H  Cro- 
naca, e  altri,  Bettnccio  sentissi  preso  da  amore  e  dariToraiaa 
per  fl  Arale  ferrarese;  ed  m  fti  il  pmao  di  tatti  gli  artisti  die 
presero  Fabilo  Domenicano  o  per  le  mani  o  per  la  inOodoia 
dd  Sarvonffltda.  n  giorno  pertanto  7  norembre  ddT  anno  1495 
eneodo  fra  Gerolamo  vicario  geo^rale  della  GongregazioQe  di  s. 
llarooy  Al  il  medesimo  rivestito  delle  saoie  lane;  ed  il  giorno  13 
novemlnre  dell'anno  seguente  professò  (1) .  Legato  a  lai  con  tanti 
vineoH  di  aflBrione  e  di  gratMndine,  non  lo  abbandonò  nei  giorni 
diflbàli  ddla  prova.  AUoraqaando  il  purfito  degM  ArraUfiaH  si- 
tibondo del  sangue  di  fra  Gerolamo,  venne  a  strappare  la  sua 
vittinoa  dal  diiostro  di  s.  Marco,  scrive 0  P.  Barlamacchi ,  (che 
l'ano  e  l'altro  conobbe]  come  fra  Benedetto  armatosi  dal  capo 
aDe  piante,  si  unisse  al  partito  dei  Piagnoni  per  difendere 
ipiella  Tita  a  lui  cara;  nel  quale  essendosi  avvenuto  il  Savona- 
rda ,  gli  ingiunse  tosto  di  depcMrre  le  armi ,  soggiungendo  cte 
quelle  del  religioso  doveano  essere  spirituali,  non  materiali,  lia 
come  fra  Benedetto  vide  condursi  prigione  il  ben*  amato  mae- 
i^rOy  fece  grande  instanza  di  voler  andar  seco^  e  ributtandolo  i 
ministri  9  egli  pur  importunava  per  voler  andare.  Ma  il  P.  F.  Ge^ 
rolamo  gli  si  voltò  dicendogli:  fra  Benedetto  per  ubbidienza  non 

(1)  JnnaL  Conv.  s.  Marci,  ec.  fol.  146.  Non  potei  riovenire  l'anno 
della  tua  morte. 


Digitized  by 


Google 


200  MEMORIE 

venke^  perchè  Ì9  e  fra  Domenico  abbiami  mmorirperramordiCri 
sto.  Et  in  questo  fu  rofUQ  dagli  oeeki  de'smi  figlia  che  tuUi 
piangevano  essendo  già  note  ore  di  notte  (1).  £  poi  dotoe  ri- 
petere queste  care  ricordanae  di  un'animo  educato  dd  pari 
all'amore  delle  arti  ohe  alla  riooot^sceoza  dei  beoefla»  in  un'età 
si  povera  di  esempi  forti  e  generosi. 

Altro  non  ci  è  dato  sapere  di  kii  Forse  appartengono  al 
medesimo  alcime  miniature  che  adomano  i  codici  della  bibUD- 
teca  di  s^  Marco,  o  altri  ohe  poi  passarono  alla  LanrenieiaBa; 
ma  con  certezza  non  si  potrebbe  citare  alcun  saggb  dd  suo 
merito  In  questo  ramo  dell'arte. 

(1)  yiia  dsL  P.  F,  Geriamo  Smener^U,  •criua  dàt  P.  Pacifico 
BurìamaoM.  Lonct  176i  un  voL  in  16.^  t.  pag.  136.  e  1i3b 


Digitized  by 


Google 


201 


CAPITOLO  xra. 

Di  Fra  Eustachio  f  e  di  Fra  Pietro  da  Tramoggiano  mniatori 
Totcmi  del  secolo  XYL 


m%m 


M^  arte  di  alluminare  le  pergamene ,  la  quale  por  U  giro  di 
molti  secoli  aveya  di  fante  e  si  rare  opere  arriediiti  i  eMostri 
e  le  biblioteche,  nei  primi  anni  del. secolo  XVI  già  acoennaya 
al  tramonta  Timida  e  inosserrata,  ma  ambiziosa  di  saccederle, 
fino  dalla  metà  del  secolo  precedente,  la  incisione  imprendeva 
la  soa  gloriosa  carriera  ;  dapprima  con  tenui  e  ignòbili  saggi  in 
legno ,  poscia  cresciutole  animo ,  con  le  opere  stupende  in  irame  di 
Alberto  Duro  e  di  Marc' Antonio  Raimtmdi.  Allora  tolta  di  seggio 
r  umile  riyale,  venne  essa  a  collocar»  accanto  aDa  pittura.  Non  per- 
tanto egli  è  appunto  in  questi  ultimi  periodi  della  sua  vita  che 
fa  d'uopo  rinvenire  i  grandi  miniatori  italiani;  i  quali  corretto 
1  disegno  cosi  della  figura  come  degli  ornamenti,  dato  maggior 
vigore  alle  tinte  e  maggior  rilievo  ai  corpi  coli'  q)era  del  chia- 
roscuro, poriarooo  quest'arte  bellissima  alla  sua  perfezione. 
Né  certamente  la  sua  storia  potea  chiudersi  meglio  che  scrìven- 
do i  nomi  di  Gerolamo  dai  libri 9  di  Liberale  da  Verona,  e  di 
D.  Giulio  Clovio.  Tanto  avvenne  a  quella  parziale  dei  miniatori 
Domenicani.  Il  secolo  XVI  che  dovea  chiuderne  la  serie,  ce  ne 
offro  alcuni  di  un  merito  insigne*  Pongo  per  primo  a  cagione 
di  età ,  fra  Filippo  Lapaccini  fiorentino ,  religioso  del  convento 


Digitized  by 


Google 


a02  MEMORIE 

di  8.  Marco,  il  quale  vestito  all'abito  Domenicaiio  ranno  14^ 
chiose  i  suoi  giorni  nel  1535.^Di  lai  non  abbiamo  alcun' open 
certa.  Solo  ci  è  noto  che  non  atto  alli  studj  sacri ,  volle,  come 
la  più  parte  degli  artisti  di  cpiel  convento,  rimaner  diacono,  e 
si  occupò  sempre  in  scrivere  e  miniare  libri  da  coro;  nel  qoale 
esercizio,  scrive  il  P.  SeraGno  Razzi  era  assai  perito  (1). 

Da  soli  tre  anni  aveva  il  Lapaecini  professato  l'istituto  da 
frati  Predicatori ,  quando  venne  ad  unirsegli  uno  dei  più  grandi 
miniatori  che  forse  noveri  V  Italia  ;  e  dd  quale  per  buona  sorte 
abbiamo  tuttavia  alcuni  saggi  del  merito  suo  grandissima  EgK, 
se  è  lecito  alle  grandi  cose  paragonare  le  piccole,  è  il  Porta 
della  miniatura ,  come  fra  Benedetto  dd  Mugello  ne  è  l' Angdi- 
co.  Ambedue  sommi;  questi  nella  semplicità  e  nell'aQètto  tenero 
e  devoto;  quegli  nell'evidenza  della  natura ,  in  un  disegno  gran* 
diofio,  e  sopra  tutto  nei  fregi  di  un  gusto  raffaellesco  e  squisi- 
to. U  suo  nome  è  fra  Eustadiio,  la  patria  Firenze,  il  padre 
Baldassarre,  il  cognome  si  ignora.  Nacque  l'anno  1473.  Al  se- 
colo  ebbe  nome  Tommaso.  Come  altri  miniatori  di  s.  Marco, 
vesti  l' abito  di  converso  Domenicano  per  le  mani  di  fra  Gero- 
lamo Savonarola  nel  1496,  e  vigesimo  terzo  dell'età  sua.  Nel 
seguente,  apparsi  segni  di  pestilenza  in  Firenze,  il  Savonarola, 
allora  vicario  generale,  ricoverò  i  suoi  noviq  nella  villa  de' Geodi, 
e  con  essifraEustacbia  Ivi  il  miniatore  emise  i  votiscdenni  nel  giorno 


(1)  Cronaca  delia  Provincia  Montana  dM  ordine  dei  Predicaiorit 
scritta  dal  P.  SnuTWO  Basii,  un  toL  in  fol.  MS.  t. ptg.  110. (Archivio 
dì  e  Marco  )  —  JnnaL  «.  Mara  foL  110  e  146. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  GAP.  XIIL  969 

12  settembre  1487  (1).  Se  di  lai  non  gi  tro?a  memoria  pres- 
so gU  slorici  den'arte»  (e  il  Vasari  dorea  rioordario  per  grati- 
Indine],  si  trova  però  presso  qndti  dell'ordine.  D  P.  Timoteo 
Bottonio  che  lo  conobbe  in  Flrense»  cosi  ne  ragiona  ne'  suoi  an- 
nali. «  Fra  Enstachio  fiorentito  coùrerso  di  s.  Uaroo  fa  un  bel- 
fisBkno  qiirito  et  di  raro  ingegno.  Era  mkiiatore  ecedleiite»  ol 
ièee  bellissime  opere  in  qwslo  genere;  spedalmenie  on  saltero 
grande  beUissittìo  che  si  adopera  nel  eboro  di  s.  Marca  Hàibe 
gran  memoria»  et  tatto  cbe  fosse  decrepito,  redtaTa  a  mente 
infiniti  Inogiii  di  Dante,  nel  qaale  egli  haveva  gran  pratica. 
Quando  il  Vasari  scrisse  la  prima  Yolta  le  vite  de'Pittori,  ve- 
niva  qpesso  a  ragionare  con  questo  vecchio,  dal  quale  cavò  molti 
et  bdlissimi  particolari  di  qoegli  antichi  et  illnstri  artefici.  An- 
dava per  il  convento  con  on  bastone  al  qaale  si  appoggiava  ;  et 
mi  ricordo ,  die  assai  temeva  il  punto  della  morie,  la  qaale  poi 
fjà  avrenne  doldssnna ,  et  placidissima  siccome  io  proprio  vidi. 
Baveva  83  anni,  et  morì  a  35  settembre  »  (2).  Con  simili  parole 
venne  eziandio  ricordato  dal  P.  Serafino  Razzi,  e  dal  oootinoa- 
tore  degU  Annali  di  s.  Marco  (3).  Il  salterò  del  quale  ragiona 

(i)  JnnaL  $,  Marci,  fol.  147  a  tergo.  «  F^at,  Eustachius  tuiUa  Tho» 
mas  Balihassaris,  florent,  eonversu».  (  di  altra  mano  )  Hic  acc^it  ha» 
h'uun  anno  aetatis  suae  23  completo.  »  Di  froate  in  margiae  ti  legge  : 
Bi  quatuer  pì*ofiin  suttt  in  villa  Gondiorum  quo  secetBwnfuerat  pro^ 
pur  p€8tem,in  manibus  Jì.  P.  F,  ffieronymi,  die  12  sepL  1497.» 

(2)  JnnaU  MSS.  toL  V  pag.  301.  ad  ano.  1555. 

(3)  isioria  degU  Uòmini  Illustri  ec  del  saero  Ordine  dei  Predi" 
eeL  scritta  dal  P,  StaAFiio  Raui  on  rol.  in  16.^  Lacca  1596  pag.  354. 


Digitized  by 


Google 


MEMORIE 

il  P.  Tìmoleo  Boltooio  rimane  luttatid,  e  serve  air  oso  de'rdn 
g:i06i  nel  coro  di  detla  chiesa.  Vederi  nel  primo  ^b  an  (regio 
assai  vago  ed  elegante ,  e  nella  lettera  iniziale  In  mezza  figura 
un  Isaja,  sul  capo  del  quale  é  sospeso  an  cartellino  ove  si  leg- 
ge :  AN.  DNI.  M.y.V:  non  vi  è  indìzio  di  altro  numero  inter- 
medio; e  forse  il  buon  laico  orrò  volendo  scrìvere  MDV.  Qoi 
non  vi  ha  la  consueta  arme  dei  Medfd ,  segno  maniresto  che  non 
fu  dovuto  alla  loro  generosilA;  dappoiché  non  si  sarebbe  rice- 
vuto in  quel  tempo  dai  medesimi  così  spregevole  cosa,  ohe 

Fra  ISustachto  fiorentino ,  conv^erso  di  s.  Matteo,  fu  miniatore  di  libri 
eccellente^  come  si  può  conoscere  da  molte  opere  lasciate  in  tal  prò» 
fcssione:  e  singolarmente  ne*due  salteri  grandi  che  si  adoperano  le  feste 
nel  coro  di  s.  Marco  predetto,  Recitava  questo  buon  padre  a  mente  in^ 
numei'obili  luoghi  di  Dante,  cosi  bella  memoria  teneva,  e  eoitmta  pra» 
tica  in  quel  poeta  toscano  aveva.  Coniala  altresì  alt  usànta  di  FtrenMe 
alarne  lodi  spirituali,  la  sera  dopo  cena  in  comumanza  con  <  Padri» 
Mori  di  atini  ^3  olii  25  seuembre  15S5  in  s.  Marco.  » 

JnnaL  Conv.s.  Marci  tUÀ.2i&.M&%n$jìàMklBi  morte  del  medesimo,  ti  legge: 
Frat.  Eustachius  Balthassaris  florent.  conversus ,  ex  hoc  vita  decessit  anno 
domini  1555  die  25  sept.  Mìe  fuit,  ni  fallov,  egregius  miniator,  idquod 
inter  alia  ipsius  opera,  Psalterii  liber  in  dextera  nostri  chori  parte 
locatus  facile  attesiaiur.  »  Debbe  avvertirsi  che  il  Bottonio  e  questo  con- 
ti nnatore  degli  Annali,  attribuiscono  a  fra  Eustachio  un  solo  salterò  ;  e  il 
P.  Serafino  Razzi  due.  Ma  sembra  doversi  seguitare  piuttosto  l'autorità  dei 
due  primi  scrìtto  ri.  È  invero  quantunque  anche  a1  presente  esistano  due  sal- 
teri miniati  ad  uso  quotidiano  dei  religiosi,  uno  solo  è  evidentemente  di 
fra  Eustacliio;  l'allro  accenna  ad  un  miniatore  alquanlopiu  antico  ed  in- 
feriore ,  abbenchè  non  sia  privo  di  merito  j  è  però  assai  guasto  dai  restauri. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  I.  GAP.  XIII.  90S 

tosto  noD  vi  é  tósae  impressa  lo  sfeimiìa  M  quella  bmiglia.  Ma 
il  merito  granassimo  dì  fhi  Bostachio  appare  tosto  veduti  gU 
adornamenti  che  el  fece  al  primo  dei  salmi.  Girò  per  quanto 
è  grande  il  foglio  on  ricco  fregio  di  fiori  e  di  rabeschi  elegantis- 
simi tutti  in  oro,  sopra  un  fondo  ove  azzurro,  ove  rosso  ore* 
misi.  Sorreggono  le  vohite  ed  i  fiori  alcuni  gruppi  dt  putti  ìgnu* 
di  assai  ben  disegnati  ;  e  a  quando  a  quando  sono  alcuni  ova*- 
tini  a  uguali  distanze,  che  tolgono  la  unlfomrità  del  disegno. 
Nei  due  da  dma  e  nel  due  da  fondo  fece  in  mezza  figura  i 
quattro  dotlod  della  chiesa  latina,  s.  Leone  papa,  s.  Gerola^ 
mo,  s.  Agostino,  e  s.  Ambrogio,  figure  condotte  con  gramfissi- 
mo  amore  e  dOigenzif.  Nel  mezzo  a  destra  ed  a  sinistra,  sono 
due  animali  graziosissimi.  Al  basso  del  foglio,  una  mezra  figura 
di  s.  Caterina  da  Siena ,  guasta  siffottamente  da  potersi  a  (atioa 
riconosoere.  NeHa  lettera  briziale  fece  nel  campo  con  bdla  pro- 
spettiva di  paese  il  monte  di  Sion;  ed  è  replica  di  altro  oonsi- 
nule  di  fra  Benedetto.  Nell'amenità  di  una  ridente  campagna, 
sotto  un  azzcmro  e  limpido  cielo,  vedesi  prostrato  Davidde,  con 
le  braccia  conserte  al  seno,  la  corona  deposta  sui  suolo,  in  alto 
di  ascoltare  la  voce  santissima  di  Dio,  che  ddl'alto  de' cieli  si 
vede  inviare  al  profeta  il  suo  lume  consolatore.  Piena  di  maestà 
e  di  vita  è  la  figura  del  David,  e  nel  panneggiare  ricorda  il 
fere  ncdrile  e  grandioso  di  fra  Bartolomeo  della  Porta.  Non  cosi 
mi  appagano  le  estremità  forse  non  ben  prqiorzionate,  né  ba- 
stantemente indicate;  difetto  comune  alla  pM  parte  dei  minia- 
tori. Che  del  rimanente  ira  Eustachio  avesse  buon  disegno  lo 
prova  il  nudo  dei  putti  eseguito  anrettamente.  Al  salmo  38  per 
analogìa  al  senso  del  medesimo  fece  una  mezza  figura  di  «m 


Digitized  by 


Google 


a06  MEMORIE 

David  che  soprappone  riodioe  alla  booca  adacoeDoara  «kario; 
ed  ìq  ciò  aasm  più  mi  aggrada  il  mudo  teoolo  dal  P.  M.  Selli- 
ni y  il  quale  ad  esprimere  quello  stesso  coiiceUo«  figaro  il  pro- 
feta seduto  eoo  grandisiima  maestà,  che  pone  suHa  bocca  la 
sommità  dello  scettro  regale.  Ma  quanto  mai  può  dirsi  èbdlo  il 
pensiero  di  Gra  Eustachio  e  il  modo  di  eseguirlo»  quando  ad  esprime- 
re l'empio  che  insulta  a  Dio  (Sai.  13.  Dixit  ifuypims  in  cord$ 
suo  fwn  est  Deug^  )  disegnò  egregiamente  e  colori  un  <  glorine 
sravillante  neH'dìrezza  dei  sensi ,  con  bellissima  foggia  di  Teslire; 
ilquale^  perchè  infuori  del  diletto  non  ha  cosa  al  mpndoche  ami  o 
paTentJy  tiene  sur  una  mano  uno  spanriero;  e  con  l'altra  fa 
segno  di  spregio  Terso  del  ciela  Al  salmo  109.  (dixU  dominm 
domino  meo^  sede  a  dextris  tneis  ),  effigiò  l'Eterno  avente  (ira  le 
braccia  l'esamme  spoglia  dell'unigenito  figlia  Eoeellente  minia- 
tura, ma  cosi  guasta  dall'attrito  che  io  breve  sarà  al  certo  perdu- 
ta. In  ciò  chiaro  si  pare  quanto  meglio  igiottesdii  sapessero  negli 
argomenti  sacri  comporre  i  loro  quadri  ;  poiché  il  citato  P.  M*  Sertiai 
nei  salteri  di  s.  H.  Novella  a  questo  stesso  salmo  fece  quella 
bellissima  miniatura  ddla  quale  si  è  ragionato  nel  capitolo  pri- 
mo. Omettiamo  a  cagione  di  brevità  alcune  altre  dello  stesso  vo- 
lume. Da  questo  breve  saggio  però  ognuno  potrà  tarsi  ragione  del 
merito  di  fra  Eustachio ,  che  io  non  dubito  nelle  storie  equipara- 
re a  Liberale  da  Verona,  e  nei  fregi  e  nei  rabeschi  dichiararlo 
a  lui  superiore*;  tanta  è  la  deganza  e  la  pureiza  con  la  quale 
sono  disegnati;  tanta  la  trasparenza  del  colore  onde  sono 
eseguiti.  Né  si  andrebbe  forse  lungi  dal  vero  asserendo  * 
che  il  disegno  di  queste  miniature  sia  dovuto  aU'nisigne  di- 
pintore fra  Bartolomeo  ddla  Pòrta ,  il  quale  nei  lempi  ap- 


Digitized  by 


Google 


UBBO  1.  CAP.  Xni.  907 

punto  di  fra  Eosladiio,  e  in  questo  stesso  oonveoto  di  s.  Mar- 
co eseguiva  i  suoi  meravigiosi  dipiotL  1  PP.  Rani  e  Bottonio  a(- 
fannano  die  il  oostro  miiùatore  facesse  altre  opere  assai  ia 
qocUo  stesso  geoere  9  ma  ci  tacquero  il  luogo  ed  il  tempo.  D  P.  Bì- 
dia  0i  attribuisce  le  miniature  dei  libri  corali  del  duomo  di  Firen- 
ae;  dei  quali  però  a?rà  fatto  soltanto  alcuna  parte,  essendo  in  nume* 
ro  grandissinio»  e  indicando  manifestamente  l'opera  di  yaij  miniatori 
cosi  del  secolo  XY  come  del  seòob  XVI  (i).  È  indubitato  peiò 
che  fin  Eustadiio  mimasse  quattro  libri  per  il  coro  di  s^  IL 
deBa  Quercia  presso  Viterbo,  troiraiidoseiie  memoria  neUe  cro- 
nache di  qud  convento.  Vengo  assicurato  che  esistono  tuttavia» 
ma  per  non  averli  veduti  non  posso  fame  parola  (2) . 

Bnnand  a  favellare  di  fira  Pietro  da  Tramoggiano^  col  qua- 
le daremo  termine  al  presente  saggio  de'  miniatori  DomeoicanL 
Di  questo  religioso  ignoriamo  Tanno  della  nascita,  il  cognome 
e  i  genìtflri;  solo  d  è  noto  che  d  sortisse  i  natali  in  Tramog- 
giano  piccoto  viUaggio  dd  Casentino  alle  fUde  degli  AppeuninL 
Fu  sacerdote,  e  probabihnente[aflit^iatoal  convento  di  s.  H.  dd 
Sassopres9oBÌbbiena,ovetenneruffidodi  priore  per  ben  sei  volte 
Cbed  fosse  ecoellente  miniatore  toaOermanoi  cronisti  toscani  del* 
fOrdine,  ma  non  si  potrebbe  con  eerteza  addkare  alcmn'opera 
di  minio  che  a  lui  appartenga.  Scrive  il  continuatore  degli  An- 
nifi  di  s.  Marco,  come  essendo  priore  di  qud  convento  il  P. 
Taddeo  Bartdi,  l'anno  1577  un  tei  P.  Antonio  Gaffardli  volesse 

(1)  Ihtisie  IstorUAe,  ec  toL  7  lesione  XVI  $  VII  peg.  164. 

(2)  Liòro  delle  Croniche  della  chiesa  e  eacristia  del  Coiwenio  della 
Queraa.  pag.  1 4.  —  (  MS.  neU' Archivio  dì  quel  coarento  )  — . 


Digitized  by 


Google 


S06  M  E  M  O  A  I  E 

restaurali  tutti  i  libri  corali  (K  quella  chiesa  dall*  uso  (pK>« 
tidiano  asssaì  danneggiati.  Fa  invitato  a  quest'  opera  fra 
Pietro  da  Tramoggiano ,  e  per  suo  consiglio  Tennero  legati  nuo- 
vamente; queUi  di  mole  soverchia  divisi;  il  minio  o  lo  scritCo 
restituito  ove  mancava  ;  e  fatte  tut(e  quelle  addizioni  che  i  tempi 
e  la  liturgia  richiedevano.  Dall'  anno  iSTI  operò  in  quel  restauro 
(Ino  al  1578.  Nata  in  seguito  alcuna  quistione  con  il  superiore  dd 
convento,  il  miniatore  partì  di  Firenze,  né  vi  tornò  se  non  quando 
yentìe  eletto  a  queiruflicio  il  P.  Filippo  BrandoHno ,  sotto  del  quale , 
uno  eccettuato  ,  fini  di  restaurare  tutti  quei  libri  (1).  Io  non 
dubito  punto  che  le  miniature  di  fira  Benedetto  dd  ìlngdlo  non 
ne  patissero  alcun  danno ,  come  suole  avvenire  in  tutti  i  restauri 
eziandio  eseguiti  dai  più  valenti  in  quest'arte.  Ai  pittori  come 
ai  miniatori  del  secolo  XVI  sembrava  troppo  debole  e  dilavato 
il  colorire  dei  quattrocentisti,  troppo  angusti  i  contomi  e  mi* 
sero  il  disegno  del  nudo;  quindi  ne  r^taorì  non  aborrivano  so* 
vente  dall' alterare  Tuno  e  l'altro  con  danno  grandissimo  delle 
opere  di  quei  sobrii  e  castigati  dipintori. 

Il  P.  Serafeio  Razzi  che  poteva  aver  conosciuto  fra  Pietro 
da  Tramoggiano,  non  ci  ricorda  alcnna  opera  certa  del  mede- 
simo (2).  Quel  pia  che  di  lui  sappiamo  è  dovuto  al  diligente  P. 
Vincenzo  Fineschi ,  che  cosi  ne  ragiona  in  una  sua  operetta:  «  Nò 
posso  tralasciare  di  accennare  i  bellissimi  libri  corali  (  del  conv. 
di  s.  M.  del  Sasso  )  lavorati  eccellentemente  da  lira  Pietro  da 
Tramoggiano,  il  quale  fu  priore  di  questo  convento  per  ben  sei 

(1)  ÀnnaL  conv.  s.  Marcia  foi.  45. 

(2)  Cronaca  delta  Provincia  Romana ,  ce-  pag.  1 37  a  tergo. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  L  CLVP.  XIU.  209 

volle;  e  il  quale  traile  molte  abilità;  qudla  «rev^  di  osser 
hrayo  scriUore  di  Bbrì  oorali ,  per  la  quaF  arte  guadagnò  non  pich 
Dole  soHune  di  daaaro,  che  le  impiegò  per  formale  tatto  il  cor- 
redo de'Utirì  da  eoro  necesaar],  che  sono  n.''  14  in  «leiini  dei 
qoalì  vi  sono  con  huoA  disegno  esigesse  varie  minìatare»  e  (^ 
roBO  stimati  più  di  mille  cinquecento  scudi  »  (1).  Avverte  poi 
ia  nota  il  Finescbi  *  oome  akmAC  di  queste  miniature  rentsaero 
tagliate  e  portate  via.  Di  questi  libri  corali  che  ci  polrebbch) 
far  conoscere  il  merito  di  fra  Pietro,  ignoro  che  sia  avvenuto. 
Quel  convento  di  Bibbiena  non  ne  ha  più  che  un  solo  senza  or- 
namento di  minio.  Vengo  accertato  che  alcuni  passarono  in  s. 
M.  Novella.  Finalmente  Fanno  1596  cessò  egli  di  vivere,  forse  nel 
convento  di  Bibbiena ,  ove  aveva  passata  la  più  parte  del  viver  suo. 

Si  potrebbero  aggiungere  alla  serie  dei  miniatori  Domeni- 
cani alcune  religiose  dello  stesso  instituto  che  coltivarono  con 
lode  questo  ramo  dell'arte;  na  otterranno  luogo  fra  le  pittrici 
delle  quali  faremo  parola  nel  secondo  volume  di  queste  memorie. 

Riepilogando  al  presente  quanto  per  noi  si  è  detto  in  questo  pri- 
mo libro  degli  artisti  appartenenti  all'  ordine  dei  frati  Predicatori; 
parcì,  se  mal  non  ci  avvisiamo ,  aver  fatto  conoscere  come  ga- 
reggiassero sempre  di  fama  e  di  ingegno  con  i  più  celebrati 
della  loro  età.  Fra  Sisto  e  fra  Ristoro  con  Arnolfo;  fra  Gu- 
glielmo Agnelli  con  i  discepoli  di  Niccola  pisano;  fra  Giovanni 

(1)  Compaidio  Storico^Critico  sopra  te  due  immagini  di  Maria  San- 
tissima che  si  venerano  nella  chiesa  dei  PP.  Domenicani  di  s.  Maria  del 
Sasso  presso  Bibbiena,  dato  in  luce  dal  P.  Vihciiiso  Fihmchi. Firenze  1792 
uà  voi.  in  16.®  v.  cap.  X.  pag.  72. 


Digitized  by 


Google 


910  MEMORIE  LI&  I.  GAP.  XIII. 

da  Campi  e  fira  Jacopo  Talenti  eoa  Taddeo  Gaddi  e  eoo  l'Or- 
gagna  ;  e  fra  Benedetto  del  Mugello  e  fra  Eustachio  con  Libe- 
rale da  Verona.  Per  siffatta  guisa  le  arti  ebbero  da  loro  nd  gi- 
ro di  questi  tre  secoli  incremento  e  splendore  ;  non  pmre  ìa  ope- 
re priTate  ma  pabbNche,  in  Firenze,  m  Pisa,  fai  Orvieto,  in 
Roma ,  in  Bologna  e  nei  Veneti  Dominj.  Se  ciò  loro  ngnalmente 
Tenisse  fatto  nella  pittura ,  lo  Tedremo  in  jqcieslo  secondo  Vbeo 
e  negli  altri  ohe  gli  terranno  dietro. 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


^-^.IL   C-ZZ  .  ALT 


T  ''/''  '17  r   ^  i 


nzu^n-aut^à.  4&r. 


Lmry  t^ 


Digitized  by 


Google 


isiEisioaie: 

DEI  nù  nisiGia 

PITTORI,  SCULTORI  B  IRGHlTEni 


•  •fi 


LIBRO  SE€Oi\DO 

CAPITOLO    PRIMO 

FAA  GiOVAlfia  AllGEUCO. 

PROEMIO. 

£Pi  poco  valicati  erano  i  prìncipj  del  secolo  XV,  e  già  le  arti 
italiaiie  ottenuti  avevano  i  più  felici  risoltamenti  in  presso  che 
tutti  i  rami  del  disegno.  E  chi  vedutele  pria  tìmide  e  smarrite 
sotto  rimpero  dei  greci,  prende  a  considerarle  in  questo  pe- 
riodo di  gloria,  meravigliando  chiede  conoscere  per  quali  vie, 
e  con  quali  mezzi  abbiano  potuto  raggiungere Joos)  |  rara  eccel- 
lenza. Ad  opera  tanto  grande  era  bastato  l'ingegno  di  tre  sedi 


Digitized  by 


Google 


212  MEMORIE 

uomÌDi,  dì  Nìcoda,  di  Giotto  e  di  Arnolfo;  e  la  nobile  e  co- 
piosa lor  discendenza  avanzando  quel  movimento,   in    breve 
tempo  avea  coperta  l'Italia  dall' un  capo  all'altro  di  opere 
meravigliose  e  divine.  1  titoli  della  loro  oeldnriti  sono  nei  duo- 
mi di  Sena,  di  Firenze,  di  Orvieto,  in  Padova,  in  Assisi,  nel 
Campo  Santo  pisano,  e  nelle  porte  del  battistero  florenfino  ec. 
ed  ivi  aspettano  tuttavia  che  i  secoli  awem're  lor  contrappon- 
gano pari  copia  e  pari  bellezza  di  monumenti.  Le  cagioni   di 
questo  così  felice  sviluppamento  dello  spirito  umano  a  me ,  più 
che  altrove,  piace  ricercare  nella  nostra  storia  civile,  politica  e 
religiosa.  Perciocché  se  egli  è  vero  che  le  arti  siano  il  linguag- 
gio più  eloquente  di  un  popolo,  adi' avanzarsi   che  ei  farà 
dalla  barbarie  alla  civiltà,  dovrà  imprimere  nelle  arti  come 
nelle  lettere,  le  fracce  di  tutti  gli  stadi  che  avrà  dovuto  per* 
correre.  E  ninna  cosa  a  mio  avviso  rivela  meglio  TabbiezionG 
dell'Italia  nei  tempi  di  mezzo,  che  la  influenza    dei  bizan- 
tini sulle  arti  nostre;  perciocché  come  noi  eravamo  da  barbare 
leggi  e  da  più  barbari  reggitori  oppressati,  così  tutte  le  opere 
di  pittura,  di  scultura  e  di  architettura  di  quella  età  portano 
profondi  segni  di  quel  duro  e  ignominioso  servaggio,  che  pati 
l'ingegno  non  meno  che  la  libertà  e  la  vita  degli  italiani:  e 
alloraquando  scasso  il  giogo'  del  feudalismo  Y  Italia  assunse  leggi 
«  costooni  propri,  e  lu  grande  e  temuta,  prima  Niccobi  e 
poi  Giotto  arditamente  infransero  i  tipi  dei  bizantini.  Per  si- 
mil  guisa  spuntato  il  secolo  XV  torbida  e  sanguinoso  per  qui* 
stìoni  politicbe  e  religiose  che  tutto  lo  esagitarono;  le  arti 
<«iandio  parvero  alquanto  da  scissura  turbate  e  divise, bramando  gli 
Uni  seguitare  i  movimenti  progressivi  del  secdo,  laddove  gli 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  H.  GAP.  I.  213 

altri  ToDero  tenersi  tmni  ostinatamente  ag^  aiitidU  pruM)ÌM; 
persuasi  che  non  per  anche  esaurita  fosse  la  soRigaote  di  qodle 
ÌBsplraKÌoiii  f  cte  avevano  fino  allora  prodotte  opere  tanto  su- 
blimi; e  non  sapendo  a  qual  tarmine  riuscirebbe  il  dì^presvo 
di  qodle  trazioni»  che  ^  per  il  giro  di  motti  anni  con  sor 
perstiziosa  religione  si  erimo  studiati  di  mantenere  e  diffondeim 
Brevemente»  la  vecchia  società  repabUicana  am  i  ^ooi  grandi 
vizi  e  le  sue  grandi  virtù,  con  la  sna  fede  ed  il  suo  anMMr  pa- 
trio, pard  ben  rappresentata  dai  giotteschi;  e  rincivilimeoto 
socide  con  i  nuovi  sistemi  poUtioi  e  filosoflci,  colla  s^ndi- 
desa  Medicea  e  il  guasto  cosljime,  si  annuaiia  con  i  quattro- 
centisti, e  con  gli  artefici  del  secolo  che  seguitò. 

U  i|oale  confronto  fra  le  arti  e  la  italiana  civiltà  cM 
amasse  pros^[Pire  ao<^  nei  secoli  posteriori»  vedrebbe  ior- 
nar  sempre  con  rigorosa  esattezza.  E  paxhè  «'  di  nostri  molta 
si  è  scritto  e  disputato  intorno  l'arte  antica,  e  l'iadole  e  la 
natura  di  lei;  noi  ne  diremo  alquante  parole,  servencto  ciò  a 
meglio  chiarire  le  condizioni  della  pittmra  italiana  nei  tempi 
in  cui  fra  Giovanni  Angelico  tolse  a  ctdorire  i  suoi  devoti 
concetti. 

L'arie  ia  ogni  tempo  servi  primamente  alla  religione,  por- 
sela ai  diletti  e  agli  agi  dei  grandi  e  del  popolo:  e  secondo  la 
iiatora  di  quella  o  di  questo  prese  varia  configurazione,  ed  ebbe 
sorte  diversa.  Quindi  presso  gli  egizi  rese  immagine  di  un  po^ 
polo  aMnrutito  da  sconci  riti  o  crudeli,  e  vilnmate  curvato  sotto 
il  giogo  de' suoi  tiranni;  onde  fu  ufficio  dell'arte  non  amiBOr 
Dire  o  dilettare  qud  popolo ,  ma  sgomentarlo  ed  atterrirb.  E 
laddove  il  paganesimo  ovunque  aainiava  la  natura  tutta  di 

14 


Digitized  by 


Google 


214  MEMORIE 

vaghe  e  rìdenti  immagìiri,  soli  i  popoli  dell' Oriente,  e  gli  egi- 
zi più  die  altri,  si  piacquero  di  orrende  e  laide  divinità,  e 
velarono  le  dottrine  religiose  eon  miti  e  simboli  misteriosi  ed 
oscuri.  Onde  appo  loro  Tane  fti  veramente  orfica  e  simbolica, 
pasoido  di  menti  illuse  e  dì  cuori  corrotti.  Sotto  il  ridente  delo 
di  Grecia,  presso  un  popolo  grandissimo  e  dotato  di  un  senso 
squisito  del  bello,  l'arte  inspirossi  alla  (voluttuosa  e  poetica 
teogonia  di  Esiodo  e  di  Omero,  e  dilettossi  grandemente  di 
forme  leggiadre,  e  si  accostò  cosi  presso  al  sublime  da  tat 
disperati  gli  altri  popoli  di  poterla  giammai  raggim^re  in 
quella  el^nza.  Ma  rade  volte  assunse  V  ufBdo  di  oorreggoe 
e  migliorare  il  costume,  amando  in  quella  vece  dilettare,  e 
pia  sovente  pascersi  di  lascivie  e  di  turpitudini.  Gd  romani 
espresse  il  prepotente  genio  della  conquista ,  e  fVi  tutta  in  nar- 
rarne le  guerre  e  i  ^trìonG  :  e  più  che  al  semplice  e  gentile 
aspirò  allo  splendore  della  magnifleeoza ,  con  che  pose  i  germi 
di  quella  tremenda  rovina  cui  non  bastarono  dieci  secoli  a  rat- 
tenere.  Finché  il  cristianesimo  venne  a  sublimarla  a  insperata 
grandezza,  affidando  all'arte  l'ufficio  santissimo  di  ammonire 
il  popolo  del  vero  e  innamorarlo  della  virtù,  associandola  a 
tutte  le  sue  gioie  e  a  tutti  i  suoi  dolcuri,  e  aprendole  oltre  il 
mondo  sensibile  uq  vastissimo  campo  Ignoto  ai  gentili.  Nata 
fra  lo  squallore  dei  sepolcri  dei  inartiri ,  nutrita  alla  fede  vi- 
vissima dei  primi  cristiani,  hiq[)ntitasi  al  codice  sublime  del 
vfingelo  ed  ai  carmi  dei  profeti ,  più  che  a  squisitezza  di  forme 
mirò  sempre  a  porgere  ai  mortali  le  caste  gioie  del  delo,  a 
render  loro  dìspetla  la  terra,  a  consolarli  na  mali,  e  sdegnò  servire 
Ili  capricci  ed  alle  libidini  dei  potati  e  dei  riechi  epidoni  dd  seco- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  0.  GAP.  i.  215 

la  Soave»  oonforUitrioe,  eloquente  maliiMOoica,  atteggkissi  a  fatte 
k  Aunne  ed  a  tutti  i  ooooettl  cbe  le  suggerirà  la  feée»  b 
sfenuÈBi  e  l'amore.  Ghmgeiido  tal  fiata  sioooiiie  la  parola  ad 
ottcnsere  trionfi  baissimi  sul  cuore  ddl'uomo;  perdoechò  poobe 
ToUe  le  lagrime  sgorgarono  cosi  abbondanti,  il  onore  ebbe  pal- 
pilì  ooei  soavi ,  e  la  mei^  fini  estasi  ood  sublime,  come  jb)1& 
lista  di  un  ifitNnto  improntato  ddla  fede  ardente  cfi  quei jseooU 
avventurosi  Per  siffatta  gnisa  come  presso  gfi  egiiJani  farle 
si  era  inspirata  al  terrore^  presso  de'greoi  alla  volottà,  con  i 
romani  alla  gloria  »  dal  cristianesimo  le  fti  impresso  il  carattere 
di  ammaestratrìce  e  conforCatrice  del  popolo. 

E  qui  ci  piace  pw  priÉio  awertife  come  senza  ponto  al* 
tcrare  l'intima  sua  natura ,  p^'egrinando  presso  i  diversi  po- 
pe^» si  acconciasse  sempre  all'indole  di  quelli^  ed  alla  condi- 
zione dei  tempL  Quinfi  ndle  cataco^ibe  adombrò  i  giorni  de'  suoi 
dolori;  nelle  romane  basiliche  la  gioia  de'snoi  trionfi;  in  Go- 
stantinopoli  abbigOossi  del  lusso  barbarico  di  un  popolo  dege- 
nere; dorante  la  invasione  dei  barbari  rammentò  i  tempi  diffi- 
g3ì  del  suo  nascimento,  e  fu  nuovamente  conforlatrioe;  ndla 
rigenerazioae  inspirossi  alla  storia  patria  »  alle  pie  leggende  ed 
ai  canti  popdari.  Inviolati  non  pertanto  rimanevano  i  canoni 
seguenti  quasi  parte  dogmatica  dfjU'arte — Avesse  ella  sempre 
di  mira  non  dilettare,  ma  muovere  e^  instruire,  ovvero  il  diletto 
fosse  mezzo  e  nqn  scopo  — .  11  proprio  cpncetto  si  esprìmesse  nel 
più  semplice  ed  evidente  modo  possibile  ;  né  vi  avessero  accessorj 
che  turbassero  l' effetto  n)Qr$de  o  religioso  del  soggetto  rappresen- 
tata -^  All'artista  fiosso  conceduta  tutta  quella  libertà  di  ope- 
rare, e  l'oso  di  tutti  quei  meza  cbe  egli  reputasse  meglio  con* 


Digitized  by 


Google 


216  MEMORIE 

ducenti  allo  scopo,  malgrado  la  sererìtà  della  storia  e  della 
crìtica  -*-•  Tutto  parlasse  alla  mente  ed  al  coore  del  rignar* 
dante  ;  e  ove  non  arrivasse  l'ufficio  deBa  pittura  si  sopperisse  con 
simboli  facili  ed  eridenti;  e  se  non  iMotassero  questi  si  aiutas- 
se con  la  parola ,  togliendo  dalla  Bibbia  quei  concetti  che  meglio 
rappresentassero  il  pensiero  del  pittore»  scrivendoli  ove  pii 
erodesse  opportuno  (1).  ~  Ndle  tavole  esposte  alla  venerazione 
dei  fèdeli  effigiassero  i  santi  non  viatori ,  ma  circondati  delia 
luce  e  deUa  gloria  celeste;  e  nel  delineame  la  immagine,  molto 
più  qudla  di  G.  C  e  ddla  Vergine,  si  guardassero  dal  laore 
ritratti  di  persone  vìventi;  percioccbè  il  ritratto  destando  nella 
mente  dell'  osservatore  la  memoria  ddl' originale  «  e  tutto  ciò  che 
ha  relaàooe  con  la  vita  e  co'  costumi  di  <pidlo,  toglie  o  scema 
in  gran  parie  la  divozione  del  popola  —  La  decenza  serbasse- 
ro— .  Avessero  in  orrore  la  proCsnazione  di  argomenti  iaomorali, 
e  rammentassero  sopra  tutto,  l'arto  cristiana  essere  inspira- 
zione divina ,  e  non  potersi  degnamente  ed  efficacemente  ritrtf- 
re  le  sembianze  dei  edesti  e  le  santo  gioie  del  paradiso,  senza 
un  cuor  puro,  una  fede  viva,  un'ardente  carità,  ed  una  fer- 
vida orazione.  A  questi  canoni  generali  si  legavano  più  parziali 

(1)  Da  ciò  manifestamenle  derivò  Tubo  presso  gli  antichi  di  asso- 
ciare la  parola  alla  pittura ,  volendo  mantenere  all' Arte  l'ufficio  impres- 
sole dalla  religione  di  ammaestratrice  del  popolo.  E  fa  d*uopo  confes- 
sarlo y  quelle  loro  iscrizioni  che  si  leggono  talvolta  nelle  aureole  de*  santi , 
tal  altra  nelle  comici  del  quadro,  ovvero  nella  predella ,  o  come  piacque 
ai  giotteschi ,  partono  dalla  bocca  stessa  delle  figure,  rendono  maravi* 
gliosamente  il  concetto  (k!  dipintore. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  U.  GAP.  I.  217 

tradmoni  di  tipi  e  di  conoettL  Gosioohè  jmno  de'l^faaBtini  è 
aampre  dato  di  ravvisare  nei  loro  dipinti  «a  severa  maestà; 
■è  mai  sendira  aspirassero  alla  lode  di  gentiU  e  di  graziosi,  ma 
in  qaeUa  vece  incutere  una  profiooda  veneramne  mista  a  cerio 
terrore»  che  destasi  alla  vista  di  qndle  Vergini  e  di  qud  Grò- 
eifiasi  di  gravi  Torme,  e  di  grandi  e  tremendi  oooU.  Laddove 
ndle  opere  degli  italiani,  qnaildo  non  vollero  essere  ttappo  seac- 
vili  imitatori  dei  greci  nei  tempi  di  mezzo,  Iasioni  scorge  mag- 
giore éoloeta  di  Unee,  un  movimenlo  più  spontaneo  deHa  per- 
sona, e  il  desiderio  éi  eccitare  nei  rignardanfi  un*  aaMMPosa 
fidnda  ed  una  iliale  riveronta  nei  santi  efligiatL 

Questi,  se  mal  non. ci  avvisiamo,  sono  i  principali  carata 
teri  di  quest'arte,  più  o  meno  fedelmente  mantenuti  fino  a  tutto 
il  secolo  XV.  E  perchè  non  senfaasae  cosi  presa  al  dUaHo  di 
pascere  la  mente  ed  il  cuore  (fi  atti  e  santi  conoetfi,  die  rifiur 
tasse  ostinatamente  ogm  peifezionamenlo  dal  lato  esteriore,  ed 
i  ragionevoli  e  diflBdli  artlfia  ddk  ombre,  degli  scorti,  del 
paese,  e  di  tutte  le  nobffi  teorie  dell'arte;  non  sdegnò  nel  s^ 
colo  XV,  e  nei  prindpj  del  seguente  correggere  e  migliorare 
■  disegno,  Q  colore,  la  prospettiva  ec.  giungendo  con  Pietro 
Perugino,  e  col  divino  Rafladlo  a  toccare  queHa  suprema  ec- 
cellenza di  coneetto  e  di  Amna  che  sola  era  dato  desiderare. 
A  tosto  poi  ratvisame  i  pregi  e  la  nobiltà  credo  non  si  richieda 
che  nn  coore  sensibile  alle  caste  dolcezze  doDa  rdigione,  una 
mente  scevra  di  pregiudizi,  un  occhio  che  non  si  lasci  st» 
durre  dal  fascino  di  vaghi  colorì,  e  dal  teatrale  comporre  dei 
secoli  troppo  remoti  dalla  cara  semplkntà  degli  (mtichi.  Poten- 
dosele facilmente  concedere  questa  lode  sopra  tutte  le  scuole 


Digitized  byVaOOQlC 


218  MEMORIE 

che  segnifarono,  die  ove  gli  Miri  dipinti -non  moHe  tolte  go- 
duti generano  sazietà,  quellr  di. qnestA  lasciano  ognor  di  sèyi- 
vissimo  desiderio  ;  e  non  mai  alemo  si  pone  seriamente  a  con- 
templarli ,  die  tosto  non  si  senta  discendere  nelT  animo  quasi 
una  parola  di  conforto  e  di  pace. 

I  diligenti  indagatori  della  sua  storia  (  lasciati  i  tempi  re- 
motissimi ]  la  ridderò  in  Italia  risorgere  e  propagarsi  per  opera 
dei  miniatori;  e  perchè  nd  monti  delFUmbria,  sidla  collina  di 
Fiesole  e  ndla  colta  Bologna  meglio  che  altrove  sembra  &npTo&- 
tarsi  di  un  aBsttó  devoto ,  e  pascersi  di  cdestiali  oontemplazioiii, 
le  imposero  il  nome  di  mistica;  il  quale  cosi. bene  le  si  addice, 
che  noi  sempre  con  questo  la  chiameremo^  non  rifiatandolo  a 
tutti  qudli  artefid  della  scncJa  romana,  sanese  e  fiorentina ,  che 
in  qodh  tia  la  seguitarono.  II  Umbra  addita  fondatore  di  essa 
e  maestro  Oderigi  da  Gubbio  miniatore,  quindi  GentBe  da  Far 
briano ,  il  Perugino,  e  altri  assai.  La  Bolognese,  Franoo  por  mi- 
niatore ricordato  con  Oderigi  dallVAllighieri,  Vitale,  l'Ayami, 
Simone  dai  Crodfissi,  Lippo  Dalma^,  s.  Caterina,  il  Fran^ 
eia,  ec  La  Fiesolana  i  due  fratelli  del  Mugello,  fr.  Benedetto 
e  fr.  GioTanni  Angdico;  al  paro  di  tutti  questi,  grandmiente 
mistid  a  me  parvero  sempre  Pietro  Cavallini  romana,  e  Spinalo 
di  Arezzo:  nobile  schiera  di  generosi,  di  cui  gran  parte  pure 
splendeva  di  bella  lama  di  santi  ti.  Né  mai  io  credo  V  arte  venisse 
eoo  sì  grande  venerazione  coltivata;  né  mai  tanto  potesse  sul  cuore 
degli  artisti  come  fu  veduto  nella  nobile  e  copiosa  scuola  dd  mi- 
stici. Imperciocché,  per  tacere  degli  altri ,  di  Uppo  Dahnasio  si 
legge,  die  gianunai  accinto  sarebbesi  a  dipingere  la  immagine 
di  M.  V.  se  non  vi  avesse  premesso  il  digiuno,  e  qud  giorno 


Digitized  by 


Google 


UBRO  II.  GAP.  L  919 

stesso  non  si  fbsse  cOMito  col  pane  degli  angiolL  E  dì  Pietro 
Cavallìiri  lasdò  scritto  Giorgio  Vasari^  ohe  «  fii  non  pnreboo^ 
no  cristiano,  ma  derotisBiiDO  e  amicisrimo  dei  poveH,  e  per  bl 
bontJÉ  saa  amato  non  pnve  in  Booia  sua  patria ,  ma  da  tali 
coloro  die  di  fall  dibono  oogniiione  o  delF  intere  sua  E  si  diede 
inaimene  neH'àltima  soa  Tecohiem  eoa  tanto  spirito alh  religio* 
ne,  menando  ?ita  esempkure,  che  Ai  quasi  tenuta  santo  w  (1).  Né 
lo  ho  mai  potato  considerare  i  podd  e  snUimi  araod  delle  sne 
epere,  né  leggere  la  vite  di  qdfesto  pittore,  che  tosto  il  peosteo 
qiiontaiieo  non  si  trasportasse  aff  AngeUoo,  col  qaaledibe  pari 
la  yirtà,  l'Ingegno  e  Testimaaane  dei  cratemporaneL 

Onesta  scuola  a  prima  Tista  timUhi  e  rìÉerfaata  che  pavea 
Ibggire  o  soccombete  nelle  mag^ori  difieoltà  dd  diiegpo»  imi 
non  pertanto  di  cosi  ahi  concetti ,  da  tentare  la  gnÉÉde  epopea  4 
la  storia,  ec  e  gar^giare^soirentecdrAllighieridi  poesia,  di  forza 
e  di  ^fennslju  Gli  argomenti  che  toglier  per  consaeto  a  dipin|^ 
emo  molti  e  noi.  Teneyano  il  primo  loqgo  i  bBdici,  e  traque- 
sti  di  prderena  fl  Genesi,  la  vita  di  G.  Coi  ìiksmmà^  dà 
quali  ricopriya  le  grandi  sopeffioie  dei  campi  santi,  dei  chiostri 
e  dei  capitoH,  con  nna  mrietà  e  beUeiza  al  tutto  meràTÌgliosa. 
Ma  ore  forse  meg^  si  ri?ehifa  la  potensa  del  pittose  cristiano 
era  nella  leggenda  deDa  R  V.  (^  poco  valefano  le  teorie 
deir»rte.  Innanzi  ad  un  giudice  quale  era  H  popolo  nd  me^ 
em ,  caldo  di  fede  e  afente  come  suprema  dolcezza  e  1 


<1)  FI'M  din'  Miori,  ec.  Parte  1.*  •-*'  ^im  di  Pietra  CmuaUimiin 
firn. 


Digitized  by 


Google 


320  MB  MO  RIB 

bisogno  la  rellgioae,  o  cbe  di  un  colto  còsi  poflitioo,  cosi  «Ret- 
looso  yeoerava  la  gran  Regiiia  dt|^  AftgMt^  chele  ccn$Mra?a 
U  patria,  la  famiglia  e  la  fila;  atl'artiflÉa  ohe  votere  risponr 
dSTé  ia  modo  degno  al  suo  argòmttita  era  di  mesUm  studum 
Wte  le  vie  del  cuore»  e  paiteéìpare  a  qùA  latro  entasiasiuo 
del  qaalè  il  popolo  era  eonprtio.  Ove  comegntee  lo  scopo  deiide* 
rato/prcmto  ed  elogio  maeme  ddl' epéra  erano  le  lagrkne  e  i 
gemili  dei  deroCi  contemplatori,  e  le  benedimai  detta  commossa 
moMMine.  AUa  leggenda  dflla  B.  V.  aègoltaTMO  quelle  dei 
santi ,  e  forse  erano  qoelle  scritte  dal  b.  Jwopo  da  Varane» 
dal  Metafiraste,  da  Gosarto  ee«;  ed  é  mirabile  cooae  narrafeioni 
che  il  nostro  seeeior  sdegna  leggere,  a  deride»  fomiìsero  alla 
seoola  gbttesca  sì  copiose  fadlesie,  e  alla  pietà  del  popolo  cri* 
stiano  per  il  giro  di  ìMlti  seocK,  on  pascolo  soave.  Alonoa 
iate  la  pittura  associandosi  ai  rati  colorita  le  pagine  pia  belle 
ddla  Divina  Cioamudiai  o  i  trieofl  di  Francesco  Petrarca. 

Né  Torse  era  nen  poetica  e  fecowla  di  utili  ammaestnnMntt 
morali  e  ndìgiosi  la  pittnht  simbolica  ;  ohe  trasmessa  dai  greci» 
abbelUla  dagli  italia»i»  ocoapò  per  ai  lungo  tempo  le  aiti  si 
dello  scolpin  che  del  diplngera;  serrendo  mirabOasente  a  stoV* 
gere  quel  concetto  che  Tartisfa  si  era  proposto  di  espsimerei. 
Linginggio  eloquente,  e  00$)  proprio  deH'ade  cristiana»  ohe 
non  è  dato  penetrai»  nelFinÉvna  nalnra  di  lei  senm  appiCM 
oonosceria 

Ma  il  cristianesimo,  dopo  creala  una  nuova  architettura» 
diffuso  su  i  marmi  un'alito  di  vita  con  T opera  dei  pisani, 
educala  e  notrila  per  molti  secoli  la  miniatnm  e  le  opere  dei 
vetri  e  del  musaico,  presieduto  alla  origine  della  incisione^ 


Digitized  by 


Google 


UBRO  a.  CÀP.  L  astt 

e  rifritto  m  vnofo  gnere  A  pittura  ocn  la  ioiK^>dri  mMici» 
MB  era  ancor  giunlo  al  fensÌBe  il  tecob  émnti^pàato  che.già 
▼adea  maiioinesda  fop^ra  sua,  e  ni  daoioìoaeBto  in  grea  parte 
dvorntla.  Condariaohè  alla  fede  ardente  dei  moli  preoèdenÉi 
era  aoooednlo  il  driiUo  e  te  dispotaziafà  i«SgiÓB&  AUe  taiiplici 
Cd  afMtooae  stxàtan  «  «iccola  pisano,  di  BodJìte  é  del  6l|ikerb; 
doverano  fai  tarete  tener  «SdtroqoeUe  di  Bacete  BandìneHi;  man- 
caro  r  arébHetttiia  di  AiiiDl[>,di  fra  Osto  é  fra  Biataro;  tengoire 
e  perdeni  la  nmiiiura  e  i  Tetri  oaterati;  e  te  pittura» 
nobite  e  cava  parie  dèlte  ane  gterte,  queste  inCmn 
tficedeUe  ane  giote  ceksfi ,  ripndiato  f  uficio  sanlittinin  di  am- 
maestratrioe  e  oonforlatrioe  del  popolo,  sembrava  ptefarirei 
Taneggiflunenti  e  te  turpitudini  deUa  mitologia.  Ninno  umano 
consiglio,  ninna  potenza  saria  bastete  a  ùifrenare  questo  mo- 
vimenlo  dd  secolo  che  accennava  ad  una  perfezione  esteriore. 
Rimaneva  adunque  soltanto»  che  ¥  «te  cristiana  desse  un  nuovo 
e  più  splendido  saggio  ddte  sue  bdlezze,  accogliendo  m  un  solo 
artefice  quanto  di  tenero,  di  devoto,  di  grazioso,  di  sublime 
aveva  operato  neUe  Catecombe,  m  Bizanzio,  nei  bassi  tempi;  per 
cui  al  severo  giudizio  del  secdo  XV  e  del  seguite  apparisse  cosi 
grande ,  da  non  poter  mai  alcuno  sperare  di  contendergli  te  pal- 
ma di  supremo  e  inarrivabife  pittore  ddla  divinità.  Costui  Ai 
frate  Giovanni  dd  Mugdlo.  Né  mal  si  appose  l'arte  cristiana  ;  per- 
ciocché se  veramente  coloro  che  seguitarono  costui  giunsero  a 
troppo  maggior  perfezione  nel  disegno  e  nel  colore,  ninno  sperò 
mai  vincerte  ndl' afletto  e  nel  sentimento  religioso.  Onde  il  se- 
colo XVI  coti  invaghito  delte  greche  forme  e  ddle  romane,  cosi 
traviato  di  mente  e  di  cuore  che  sdo  pìacevasi  di  pitture  te- 


Digitized  by 


Google 


9S2  MEMORIE 

mife  e  di  tnrpMiidnii  ;  fu  da  tanta  Teoeracioiie  preso  e  oommosse 
alla  rista  ddle  odesll  immagiBi,  cosi  ianamorato  deHe  yirtà 
di  fra  Giovami,  ohe  volendo  con  un  telo  vocabolo  compenditfe 
ima  lode  non  meritata  dà  altri,  né  altrui  mif  conceduta ,  impone- 
vagli  il  nome  di  Angelico;  quasi  volesse  riavricinare  il  dottofe 
di  Aqiùno  e  il  pittore  di  Mugelto;  peroioochÀ  come  avevano  avo- 
lo conine  la  innocenza  e  santità  della  vita ,  e  le  consueindioi 
di  uno  stesso  instituto;  cosi  se  qnd  titolo  era  stato  impasto  al 
primo  per  avere  sopra  ogni  altro  meg^  descritta  la  natura 
angelica  e  la  divina,  si  dovesse  pure  all^ artista  per  averla  con 
linee  e  colori,  quasi  dbei,  resa  visitale  agli  occhi  stessi  dia- 
gli uoiniBÌ. 


,^n>^. 


Digitized  by 


Google 


3S3 


CAPITOLO     IL 

DoemneiUi  coA  editi  cime  inediti  dai  quali  fu  tratta  Ai  premUe 
vita  di  Fra  Giovanni  Angelieo. 


Innaim  che  prendiamo  a  descrivere  là  vita  e  le  opere  di  fra 
Gìaraiuii  del  Mugello,  crediamo  debito  nostro  additare  i  fonti 
ai  quali  abbiamo  attinte  le  notizie  che  lo  riguardano;  e  dichia- 
rare il  metodo  che  abbiamo  credalo  seguitare,  onde  far  paghi 
i  desiderii  di  coloro»  i  qnali  di  tanto  nisigne  dipintore  bramano 
conoscere  la  vita  assai  meglio  che  fino  al  presente  non  è  stato 
coQcedato;  né  consentono  che  si  preterisca  cosa  alcuna  la  quale 
possa  fonie  conoscere  cosi  T  ingegno  come  Pintima  natoraleh 
bontà  del  cuora  Nel  metodo  poi  non  è  sperabile  for  paghi  i 
desiderii  e  le  opinion!  di  tutti.  Gondosiachè  a  taluni  piacerebbe 
una  semplice  e  rapida  narrazione,  la  quale  solo  additasse  i  pregi 
artistici  de" suoi  dipinti,  e  le  azioni  principali  della  sua  Tita.  fi 
sono  altri  per  lo  contrario  i  quali,  di  un  artista  la  cui  lode  più 
che  neUa  forma  ò  nel  concetto,  e  éke  non  cura  dilettere  ma 
si  muoTere  ed  instruire,  bramano  in  quella  vece  si  renda  nel 
modo  il  più  efficace  ragione  di  qneUa  piofboda  emozione  che 
la  Tista  de^  suoi  dipinti  suole  ovdinariamiBiite  operare  su  l' animo 
dei  riguardanti;  volendo  il  lettore  quasi  essere  introdotto  nei 


Digitized  by 


Google 


224  MEMORIE 

segreti  movimenti  del  cuore  di  lai ,  e  provare  alla  lettura 
della  di  lui  vita  quelle  fioavi  impressioni  cbe  la  vista  de'  suoi 
dipinti  gli  aveva  altra  flata  prodotte.  E  noi  d  studieremo  quan- 
to dalla  pocbeEza  ddl' ingegno  nostro  ei  sarà  oouoedolo,  far 
paghi  i  desiderii  dei  primi  senza  intieraineate  defraudare  qaéOi 
dei  secondi. 

Prima  che  Giorgio  Vasari  pubblicasse  le  sue  vite  dei  pitto- 
ri ,  scultori  e  architetti  (  1550  ] ,  tre  religiosi  Domenicani  quasi 
nel  medesimo  tempo  avevano  compendiosamente  descritta  quella 
di  fra  Giovanni  Angelico.  D  primo  è  fl  P.  Giovanni  de'  Tolo- 
sani  scrittore  della  cronaca  del  convento  di  s.  Domenico  di  Fie- 
sole, cbe»  a  quanto  egli  stesso  afferma,  le  die  coiBÌiiciameBto 
Tanno  1516;  cioè  anni  sessantuno  dopo  la  niorte  del  pittore. 
Ma  costui  fu  cosi  poco  accurato  e  diligente  nello  scriverne  la 
vita,  che,  taciuto  l'anno  della  nascita  e  della  morte ,  si  tenne 
pago  di  darci  cosi  alla  rinftisa  un  breve  catalogo  de'  dipioti: 
non  trovandosi  in  qudla  cronaca  né  una  sola  di  quelle  molte 
farticolariti,  che  quarani'anni  dopo  ci  diede  Criorgio  Vasm. 
Non  pertanto  in  questo  manoscritto,  wwetììA  povero  di  critica 
e  di  notizie,  attingeremo  alcuni  tatti  di  narrile  rilievo  a  bea 
chiarire  la  vita  di  questo  artefice.  U  secondo  ò  H  P.  Bobarto 
UbaUiniy  annalista  del  convento  di  s.  Marco,  del  quale,  come 
del  Tolosani ,  si  è  altrove  parlato.  Quando  prendesse  a  scrìvere 
i  suoi  annali  lo  narra  ei  slesso ,  e  fa  nel  1505  non  avendoli 
condotti,  a  quanto  sembra,  oUie  il  1508;  percioochè  neg^  anni 
sfeiccessiii  il  manoscritto  si  vede  proseguito  da  altra  mano.  £ 
eerto  però  che  sopnavisse  nncota  molti  anni,  essendo  morto  in 
Siena  li  3  gennaio  1584.  Noi  lo  abbiamo  inficato  posteriormente 


Digitized  by 


Google 


UBIO  II.  GAP.  n.  S2S 

al  Toiosani  pereìoocbò,  oTe  nelle  notiae  dd  suo  coBTODto  è 
più  copioso  e  più  eloquente  scrittore^  dell'  Angriieò»  pènpiiè 
ascritto  al  ooavenCo  di  Fiesole,  non  ha  che  una  heere  coninie* 
morazkne.  Teno  ò  il  P.  Leandro  Alberti  bolognese,  storico  t 
geografo  di  qnd  merito  die  lotti  sanno.  L'anno  1517  pabUM 
in  patria  un  Tdame  di  elogi  latini  degli  uomini  ilhistrì  dell'or- 
dine dei  Predìcalorì;  ma  da  due  lettere  che  gli  vanno  innanzi 
scrìtte  all'autore  da'  suoi  amici,  la  prima  nd  febbraio,  e  la 
seconda  nel  marzo  dell'anno  1516,  rilevasi  che  erano  stati 
scrìtti  alcuni  anni  prima.  Fra  questi  elogi  leggesi  quello  di  fra 
Giovanni  Angdico.  L'Alberti  non  è  gran  fatto  più  copioso  del 
Toiosani  e  dell' I}baldini;  ma  narra  alcuna  particolarità  che  si 
legge  nella  vita  che  ne  scrisse  motti  anni  dopo  il  Vasari,  e  qud 
che  è  veramente  prezioso,  il  giorno  e  il  mese  della  morte  dd 
pittore,  ignorato  da  tutti  gli  storici  dell'arte  Ano  al  presente.  Dopo 
che  il  biografo  aretino  ebbe  pubblicate  le  sue  vite  dei  pittori, 
scultori  e  ardìHetti,  due  altri  religiosi  Domenicani  descrìssero  bre- 
vemente la  vita,  o  solo  favellarono  per  incidenza  dell'Angelico,  e 
sono  il  P.  SeraCno  Razzi  fiorentino,  ed  il  P.  Timoteo  Bottonio  pe- 
rugino; il  primo  nella  storia  degli  uomini  illustri  dell'Ordine,  e  in 
qodla  dei  santi  e  de'  be9ti;  il  secondo  negli  annali  che  manoscritti 
si  conservano  in  s.  Domenico  di  Perugia.  Ma  il  primo  copiò  il  Va- 
sari, e  il  secondo  tradusse  ciò  che  ne  scrisse  FUbaldini.  Ninno  dei 
due  aggiunge  pertanto  di  una  sola  linea  la  vita  scrittane  dal  pri- 
mo istorico  delle  arti  nostre  (1).  Rimane  quindi  a  investigarsi  di 

(1)  Due  pMii  cootemponnei  airAofelico  ci  tesci&roo»  oti  loro  Tersi 
ooorau  meaoria  di  lui.  Il  piimù  è  il  P.  li*  Domenico  da  CoreHa  dei 


Digitized  by 


Google 


aa  MEMORIE 

qaal  guisa  Gkxpo  Vasari»  cosi  remolo  dall'età  di  fra  GioYami 
Aagelioo,  potesse  narrarci  tatti  qoe'più  miooti  falli  e  delti  di 
kùy  quando  i  due  cromsli  di  Fiesde  e  ci  a.  Mareo  »  e  Leandro  Al- 
berli  obe  non  ne  erano  gran  fallo  lontani»  serbano  sihnào  prò- 
fondissimoT  Qaesla  dimanda  pan»  assai  grave,  dappoiché  il 


Predicatori y  morto  in  s.  M.  NoTcIlt  ore  fa  priore,  li  27  ottobre  1483. 
In  un  tao  poema  eroico.  De  Origine  Urbis  Ftorentiae,  lo  ricorda  nei 
termini  tegnenti: 

JngeUcus  Pictor  quam  finxerat  ante  Johannes 

Nomine,  non  Jotto,  non  Cimabue  minor  ec. 
r.  Tol.  XII.  DeUciae  Eruditorum  a  pag.  111.  £  come  il  P.  Corolla  an- 
tecedentemente faTellara  della  miracoloia  immagine  dì  Maria  ■•.  An- 
nnnxiata  nella  chiesa  dei  Serti  attrìboita  da  alcuni  per  errore  a  Pietro 
Carallini }  congettaia  il  cb.  Rotini  per  qoetto  detto  del  poeta  yenitce 
retUnraU  daU'Angelioo.  r.  Sttr.  toL  V  cap.  Vili. 

Il  tecondo  è  Giovanni  Santi  da  Urbino,  pittore,  padre  dì  Raftel- 
lo,  il  quale  in  un  tuo  poema:  «  Dei  ftUti  ed  imprese  di  Federico 
Duca  di  Urbino,  tcritto  in  terza  rima,  e  tuttayia  inedito  nella  Yatica« 
na,  (  n.®  1305)  così  avella  del  Fietolano; 

Ma  neW  Italia  in  questa  eth  presente 

Vi  fu  il  degno  Gentil  da  Fabriano 

Giovan  da  Fiesole  frate  al  bene  ardente  -j 
E  in  medaglie  ed  in  pittura  il  Pisano, 

Frate  Filippo  e  Francesco  Peselli, 

Domenico  chiamato  il  Veneziano» 
Giovanni  Santi  morì  il  1  agotto  1494.  —  Y.  P.  Bl    Luigi  Pongileoni 
«  Elogio  Storico  di  Giovofini  Santi  piuore  e  poeta,  padre  del  gran 
MélffaeUo  da  Urbino  —  Urbino  per  Vincenzo  Guerrini  1822. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  II.  GAP.  U.  327 

Vasari  noD  è  uso  a  dtare  autorità  alcuna  in  oonrermazioQe  delle 
sue  storie,  nò  ha  gran  lode  di  veritiero.  Noi  avendoci  (propo- 
sta e  lungamente  considerata  questa  difficoltà ,  siamo  venuti  in 
questa  opinione,  che  il  biografo  suddetto  facesse  tesoro  ddle 
tradizioni  che  intomo  al  pittore  si  erano  mantenute  cosi  in  Fie- 
sole coaxi  in  Firenze  ;  e  che  a  lui  venissero  fedelmente  narrate 
da  quel  frate  Eustachio  miniatore  e  converso  del  convento  di 
s.  Marco,  il  quale,  come  nella  vita  di  lui  abbiamo  scrìtto,  molto 
aiutò  Q  Vasari  di  notizie  nella  prima  edizione  dell'opera  'sua.  Im- 
perdocdiè  avendo  egli  vestito  V  abito  Domenicano  per  le  mani  di 
ira  Gerolamo  Savonarola  Tanno  1496,  soli  quarantuno  dopo  la 
morte  ddl'Angelioo,  erane  tuttayia  cosi  viva  la  memoria  si 
ddla  vita  die  delle  opere,  da  potersene  risapere  tutte  quelle 
partioolarità  che  a  noi  ftirono  tramandate.  E  veramente  questo 
miniatore  vissuto  ben  ottantre  anni,  dotato  dì  TeUcissinui  ritentiva, 
poteva  narrare  un  lungo  e  importante  periodo  ddb  storia  60* 
rentina  e  di  quella  delle  arti. 

Dopo  i  scrittori  della  vita  vengono  alcuni  documenti  parÀH 
rinvenuti  nel  passato  secolo  e  nell'antecedente  dal  Baldinucd,  e 
dal  P.  Guglìehno  della  Valle.  Gon  queste  notizie ,  giacché  a  noi  di 
maggiori  non  fu  dato  rinvenire ,  procederemo  a  scrivere  la  vita 
del  pittore  fr.  Giovanni  Angelico. 


ip-j  Hn  ■» 


Digitized  by 


Google 


CAPITOLO    in.     ' 

Oriffim  ppalria^  ^ué^f  frofe$9Ìme  nkgiota  di  Fra  aiava$mi 
Angelico* 


SLà  iseedesa  delle  anlicbe  DMoorìe,  e  FimpnNitiUidiiie  di  co- 
loro  ohe  pretesero  supplirvi  con  sogni  e  itMnanzi,  cooAttero  cosi 
slrattamente  k  yìu  dell'  Angeboo,  die  Q  porla  io  chiara  luce,  e 
seeverare  il  vero  dal  probabSe  e  fl  probabile  dal  Salso»  non  è  oosa 
di  lieve  raamBnÉa  n  Vasari  Io  disae  di  Fiesole»  e  ann  che  dia  pa« 
tria  forse  volle  aoeenoare  al  ooDveoto  ofve  fece  Imga  dimora.  U 
P.  Guf^idiiìo  BarUdi  sospettò  in  quella  vece  avesse  sorliti  i  natali 
in  Firenze  o  ne'  d' intomi  (1).  H  eh.  lioottiembert  lo  «ce  del  Mu* 
gfBOf  ma  soggiiiilge  ohe  il  Mugello  ò  un  piccolo  villaggio  nelle 
vicinanBe  di  Firenze  (3).  Non  essendosi  potuto  rinvenire  il  cogno- 
me di  fsiHfgUa,  giudicarono  bene  apporgUene  uno  a  capricda 
Cosi  LoresEO  Cantini,  citando  il  Borgfaini»  lo  dice  de'  Montorsoli^ 
confondendo  torse  con  strano  errore  frate  Giovanoi  Angiolo  Mon* 
torsoli  servita  »  scultore  egregio,  e  discepolo  dd  Buonarroti ,  con 

(1)  Istoria   di  i.  Antonino,  e  de' suoi  pia  iUustri  diseepoH,  #V- 
ren9e  1782  libr.  Z  cap.  2. 

(2)  Du  Ftuìdalinme  et  du  dukolidsMC  don*  V  Art.  V.  Jppemd. 
pag.  343. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  11.  GAP.  III.  229 

il  nostro  pittore  (1).  Vem  é  ohe  il  Borgfiìiii  oott  ha  dMHtiBedti  que- 
sto svarione*  il  Lmai  60ll'a«loritè  delle  N<yrdle  Letterarie  M- 
r«mio  1773,  affertua  die  al  seodo  fossa  San$i  To^ù  Aglio  hH  ab 
Midiele  Ridolfo  Tónni  pittoro^  Ha  frate  Sanii  Tosini  nligiésò  do- 
mettieano  del  convento  di  Fiesole,  piisBlino  invehra,  e  idqoanto 
▼eisatondla  pittnra,  nsOii  in  Rom  pia  A  oentoeinqnaiil*  aniti 
dqio  il  beato  Angelico  (1668)  (3).  Finalnente  il  cik  gif:  Gioi^ndi 
Masselli  sospette  si  deooiaiiiiaSBé  PbìH  (3).  Né  naiiiore  eseorttà  fi 
ritroya  nel  deteimibare  l'anno  del  ano  nascimento,  intanloDbé 
i  Vasari  stesso  nella  prima  edi£i0iie  lo  stabilisce  nd  1388;  e  netta 
seixmda  nd  1387.  n  Bn)€du  lo  pime  intoni^ 

(1)  Btruria  Sacra.  yoL  3.**  aJl  ii /ebbra jo. 

(2)  Storia  Pittorica,  Epoca  ^}  della  Scuola  Fiovenl.  Di  questo  P. 
Santi  Tostni  morto  con  grande  opinione  di  «antità^  abbiamo  una  bio- 
grafia  non  br^d  nella  cronaca  MS.  di  u  Domenicè  di  Fiesole»  Credeti 
aiutniae  il  padre  a  Mstaarare  la  miracolosa  iaiBiagìne  di  Maria  ss.  An«- 
BiuBiafa  In  Fire^a^ 

(3)  Vedi  le  note  alla  ytta  dell'Angelico  di  Giorgio  Vasari ,  edii.  di 
Firenze  del  iZòX  per  Dai4d  Panigli.  I9el  rifiblttM  qdeAa  congettura  del 
dotto  illostiatore,  il  quale  ei  onora  delb  sua  banavoleiisa,  sentiamo  il 
dovere  di  mceomandare  grandemente  agli  s(udk>si  della  storia  dèlie  aiti 
qoesta  adisione  delle  opere  di  Giorgio  Vasari ,  eba  egli  arriocbi  copbsa^ 
mente  di  noie,  nelle  quali  si  ammira  la  più  svariata  érudiaione  «nita 
ad  una  critica  giudiziosa. 

(4)  G*  M.  BaOocBi ,  Detct*izÌone  delia  P^pintiìa  Sèi  Magella.  Firenag 
17iS  un  voL  in  6^**  a  pag.  14.^^  Presso  ebe  tuiti  questi  errori  ooa  ag** 
giunta  di  alcwn'akro,  si  trovano  in  un'opera  receii temente  pubblioaèa 
in  Pninda  dal  QÌg.  Ipvolivo  FoatòCL,  de  tjirt.  «n  Àliemag/te.  Pmis  1B42 
2  voi.  in  8.«  — voi  2  $  XVI— . 

15 


Digitized  by 


Google 


S90  MEMORIE 

Narrale  breremeiite  le  Tarie  opìnioai  degU  sloricr,  ci  sUidie- 
remo  chiarire  eoa  docnmeoti  non  dubbi  i  primi  ami  dell' artista. 
Fra  GioTanni  Angelico»  come  Tu  scritto  ndk  yila  del  fìratelto,  sorti 
ì  natali  presso  Vicchio,  forte  e  vago  castello^  situato  fra  Diomiano 
e  Borgo  a  san  Lorena)  presso  la  Sieye ,  nella  fertile  e  vasta  pro- 
vincia del  MngeUo.  Poche  miglia  discosto  è  Vespignano  patria  di 
Giotto.  Cosi  ona  stessa  terra  offeriva  la  colla  al  padre  ddla  sooola 
pittorica  ddl' Italia  e  ad  uno  tra  i  suoi  più  grandi  seguaci,  al  let- 
tore della  natura  e  a  quello  4d  dda  II  CasleUo  di  ViccUo  era 
stato  construito  dalla  republica  fiorentina  l' anno  1324  onde  op- 
pork).  alla  potenza  dei  conti  Guidi,  dopo  aver  loro  atterrato  l' an- 
tico casleUo  di  Ampinana  (1).  L'anno  del  nascimento  di  fra  Gio- 
vanni, taciuto  nelle  due  cronache  di  s.  Domenico  di  Fiesole  e  di  s. 
Marco  di  Fnrenze,  non  che  da  Leandro  Alberti,  sarà  da  noi  rico- 
noschito  il  1887,  non  avendo  ragioni  che  basGno  a  rifiutare  la 
correzione  che  a  sé  stesso  fece  Giorgio  Vasari.  11  padre  suo  Tu 
Pietro;  il  cognome  si  i^ra  (2).  Al  secolo  chiamossi  Guido  o 

(1)  GiOTAvui  VitLASi  Cronache  ficrent.  lib.  IX  cap.  274. 

(2)  Per  togliere  qualunque  dubbio  che  U  cogaome  deli'  Angelico  ooa 
fotte  Petri,  batterà  io  credo  ricordare  come  nella  cronaca  non  tolo  di 
Fieaole,  ma  in  quelle  exiandio  di  t.  Marco  e  di  t.  M.  Novella  »  egeoe- 
ralmente  in  queUe  di  tutti  gli  ordini  Mendicanti,  al  nome  del  religioto 
teguita  immediatamente  quello  del  genitore  e  dell' avo,  o  della  pairia, 
e  tolo  di  rado  dopo  quelli  il  cognome.  E  per  addumeun  tolo  etempio 
fra  mille,  il  ceL  pittore  fr.  Bartolomeo  della  Porta»  nella  cronaca  di  t. 
Marco  è  detto  :  fr.  Bartholomeus  PauU  Jdcabi  de  Fioreniia»  Ora  Paolo 
è  il  nome  del  padre ,  Giacomo ,  dell'avo;  ne  alcuno  di  quetti  potrebbesi 
togliere  a  tigniGcare  il  cognome  di  fìimiglia. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  U.  GAP.  lU.  231 

Gaidoliiio;  e  all'autorità  del  Vasari  si  aggiange  qndla  del  Baldi* 
nuedy  il  qcude  ne  rioTeane  tin  prezioso  dociuiieolot  die  a  suo 
tango  darema  Quello  di  Beato  e  di  Angelico  yennegli  imposto  dalla 
feoeratioiie  dei  popdi*  Se  inftiori  del  miniatore  fra  BeoeciettO) 
avesse  altri  fraleUi  non  ci  è  noto;  e  ddla  condizione  sua  e  della 
agiatezza  di  sua  famig^,  non  sap^mo  cbe  quanto  ne  scrisse 
il  primo  storico  delle  ar(i  nei  termini  seguenti:  «  Costui  sebbene 
arebbe  potuto  comodissimamente  stare  al  secolo  f  ed  oltre  quello 
cke  avefxty  gfiiadagnarsi  eia  che  avesse  vohUo  con  quelTarte  che 
ancor  giovinetto  benissimo  far  sapeva^  ec  Dal  die  agevolmente 
si  deduce,  che  nei  primi  suoi  anni  apprendesse  il  disegno  e  gli 
elementi  ddla  pittura;  e  perciò  lasciato  Viodiio  si  recasse  io 
Firenza  Ignoriamo  l'istitutore  della  sua  giovinezza,  e  io  tengo 
indubitato  prima  sua  occupazione  essere  stata  àllumittare  i  o 
did  e  i  libri  da  coro,  ndla  quale  opinione  consentono  il  Vasari , 
fl  Lanzi,  ed  il  dnariss.  piofess.  Rosini.  Imperdoechò,  come  ab- 
biamo altrove  awerlito,  consueto  tirocinio  dei  pittori  di  quella 
età  era  appunto  la  miniatura  per  il  bisogno  di  ornare  le  pre- 
ddle  o  gradini  dei  quadri  con  piccole  storie;  elevandosi  poi 
gradatamente  alle  grandi  proporzioni  dd  vero.  E  d  piace  in 
prova  di  ciò  arrecare  1*  esempio  di  don  Bartolon)30  della  Gatta 
monaco  camaldoleoso;  il  quale  dal  tìnger  di  minio  passò  in  ma- 
tura età  a  trattar  la  grande  pittura  storica  con  esito  relidssimo; 
intantoché  con  Luca  Signorelli  da  Cortona  e  con  Pietro  Perugi- 
no Tu  invitato  a  dipingere  in  Roma  la  cappella  di  Sisto  IV  Pon- 
(eCce  Massima  Ma  ddl' Angelico  come  miniatore  basti  quel 
poco  cbe  per  noi  fti  detto  nel  saggio  dd  miniatori  DomenicauL 
Nella  pittura,  giudicarono  il  Baldinucd  ed  il  Rosini,  avesse  a 


Digitized  by 


Google 


fiOS  U  E  H  O  R  IS 

maestro  Gherardo  Stanmia  fiarenUno,  pittore  di  gaio  stile  come 
lo  appella  il  Lanzi;  ma  oltre  il  sUenm  dd  Vasari,  mi  muove 
fjrie  a  dubitame  il  sapere  ^  che  Gherardo  passò  non  pochi  anni 
in  Scagna,  e  reduce  in  patria  vi  mori  nel  1403,  qnando  Gai- 
doUno  dd  Magello  contava  soli  16  anni;  età  che  appena  con- 
sente esaere  ii^rodotti  al  magistero  dell' arta  Vero  é  che  il 
Baldinucci  non  fu  indotto  a  credorlo  discepolo  dello  Stamina, 
che  per  certa  somiglianza  d^o  stile  die  a  Ini  parve  ravvisare 
cosi  nelTuno  come  nell'altro*  Oò  non  pertanto  merita  seria 
considerazione  mia  siCEstta  q[Hmone;  e  ove  avesse  fòndameolo 
di  verità,  si  proverefbbe  fadloMi^,  ohe  T Angelico  fosse  stalo 
condiscepolo  dì  Masolino  da  Panìcde  ed  qnale  ha  neD' ombrare 
e  nel  piegare  dei  panni  non  podii  tratti  di  aflBnità;  e  farse 
avvantaggiandolo  Masolino  negli  anni,  potrebbe  avergli  dati 
eziandio  esempi  e  consigli  (1). 

Era  il  nostro  Guido  di  indole  mite  e  soìave,  e  cosi  squi- 
sitamente gustava  le  bdlezze  d<dla  natura,  che  poteva  per  esse 
facilmente  elevarsi  a  qudle  di  un  ordine  snperiore.  È  neU' ac- 
cordo mirabile  degli  esseri  una  poesia,  una  legge  di  amore, 
un  bello  cosi  fecondo  di  soavi  emozioni,  che  é  m^lio  dato 
sentirìo  che  esprimerlo,  e  sentirlo  ed  esprìmerlo  è  sol  privile- 
gio di  podii.  La  pittura,  Iiiguag^ eiDcace ed  animatissimo,  se 
vuole  associarsi  airestasi4dk  mente  contemplatrioe,  non  ha  m  • 

(l)  Adottiamo  la  correzione  proposta  dal  Baldiauoci  nella  cronolo- 
gia di  Masolino  da  Panicalè;  perciocché  segoìtando  il  Vasari,  MasoHno 
discepolo  dello  Stamina  sarebbe  nato  fanno  stesso  in  ciii  moriva  '* 
maestro. 


Digitized  by 


Google 


LIBKO  IL  GAP.  HI.  833 

gtiarìdi  gntodi  iKiesEziiO  di  lofiiagarea^ 
paslo  di  tinle,  e  grwde  artiftdo  di  ombre  e  di  lumi;  ma  odia  dol- 
eeiza  e  varietà  delle  lipee»  odi  profilare  dei  yoUi,.iid  sempMoe  ed 
iageauo  alleggiare  d^e  persone,  nel  foggire  o yelare  ogaì  «M^te, 
reode  solente  uo  qnsMie  riflwo  di  qqdla  aroaoa  bellem  e 
di  qaeQa  arm^nia^  ^obe  sparsa  e  dilPTusa  in  (otte  le  opere  della 
oreasioiie,  si  riy^  supremameirte  ndl'aomo.  Pitture  eosi  fiiUe 
non  sono  certo  per  uondoi  effomminati  e  parasiiìf  ma  di  alto 
e  dilioato  sentire^  Vedea  il  Mugellano  non  pochi  artisti  di  quel 
seoolo  coat  piacem  ddla  natura,  ohe  M  ritraria  in  fnovano» 
aspiravano  a  lode  maggiore.  Tutta  gbria  era  nfd  ioe^o  aceo^ 
starsi  a  lei^  e  nel  renderne  pà  ftdslmente  alcaioa  beltaza;  in 
Ivere,  flliidere  1  sensi  qoaati^  alla  pittura  è  oom^esso.  La  cpial 
cosa  a  Gnido  pareva  n»  pure  stolta  ma  rea  ;  ooncio^iiicbè  ve* 
iiiva  a  porre  0  nteiao  in  hiogo  del  fine,  e  tee  Tarta  trastullo 
e  dBetto'di  genie  osiosa*  l^U  teoea  p^  fermo  poter  ella  Co- 
vare assaissimo  a  qodla  età  fiirse  quanto  la  eloquenza  e  la  fi- 
losoBa,  od  porle  insana  grandi  lezioni  morali  e  religiose.  E  di 
fiSEitte  lesioni  abbisognava  certamente  il  seoolo,  e  Firenze  so- 
pra molte  città  dolT Italia;  perciocché  l'ira  delle  fazioni  ivi  si 
contaminava  troppo  sovente  di  sangue  cittadino ,  i  costumi  tra- 
boccavano nella  ticenza,  e  la  rdigione  era  fatta  strumwto  alle 
ambizioni  di  mpHi,  i  quali  in  quello  scisma  funestissimo,  ne 
lacevaBO  stra^  e  vitupero  per  cupidigia  di  ricchezze  e  di  onori- 
Certo  quando  io  ripenso  aUe  oondizioai  delle  scienze  e  dalle 
lettere  in  Malia  »  e  più  a  queUe  dviU  e  p^ditpcbe.  del  secolo  XV, 
panni  ohe  a^i  artisti  fosse  alBdato  un  nobilissimo  ministero,  il 


Digitized  by 


Google 


234  MEMORIE 

quale,  ove  fosdero  stati  seguitati  gH  esempi  dell' Angelìoo  e  i 
consìgli  del  SaTonarola ,  pofea  miglioraone  grandemente  le  condì* 
zìoni  morali  del  popolo.  Seguitando  egU  adonqne  i  bisogni  éA 
cuore  e  la  voce  del  cielo,  yotle  abtiraccìare  lo  stato  claostnile, 
giudicando  per  esso  meglio  poter  pascere  il  cuore  e  la  mente 
delle  suMimi  dolcezze  deDa  religìotte.  CkmtaTa  venti  o  al  più  ven^ 
tun'amio  di  età ,  e  la  sua  educazione  artistica,  se  non  era  compie- 
ta, poteva  essere  a  sufficienza  inoltrata. 

Sul  pendio  delf  amena  collina  di  Eleaole  si  gettavano  le  ìmh 
damenta  di  un  nuovo  convento  cH  frati  Predicatori.  Correa  voce 
dovesse  addivenire  un  asilo  di  santità ,  un  ritiro  di  penitenza  e  di 
orazione.  Il  beato  Giovanni  di  Domenico  Baccfaini,  più  noto  sotto 
il  cognome  di  Dominici ,  religioso  del  convento  di  s.  M.  Novella , 
ne  era  il  fiondatore.  Voleva  egli  presentare  un  modello  di  liibrma 
a  tutti  gli  ordini  daustrali  grandemente  scadati  dall'  antica  osser- 
vanza ,  per  cagiobe  della  mortifera  pestilena  ed  secolo  prece- 
dente, e  per  lo  scisma  che  travagliava  la  chiesa.  S.  Antonino  era 
stato  tra  primi  ad  offerirsi  al  Dominici  per  abbracciare  quella 
riforma  (1405);  e  dopo  due  anm  to  seguitarono  i  due  Gralelli 
del  Mugello;  i  quali  di  fiori  soavissimi  venivano  ad  ornare  qudla 
restaurazione  dell'  ordine  Domenicano.  Si  era  dato  conùnciamento 
alla  faUnrìca  il  primo  giorno  di  marzo  dell'  anno  1406;  e  nd  set- 
tembre vi  si  eran  chiusi  quattordici  religiosi ,  la  più  parte  venuti 
di  Cortona ,  ove  era  altro  convento  riformato  dal  Dominici.  Co- 
stituito superiore  di  questa  comunità  il  P.  Marco  di  Venezia, 
il  beato  Giovanni  dovette  lasciar  Fiesole,  inviato  oratore  ddla 
repubblica  fiorentina  al  Pontefice  Gregorio  XII;  che  ritenutolo 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  n.  CAP.  in.  235 

presso  dì  sé»  il  toUe  decorato  ddla  sacra  porpora  (1).  L'anno 
adniiqae  1407  si  presentarono  al  P.  Marco  veneto  GnidoUdo  e  il 
fraldlo ,  chiedendo  vestire  Tabito  di  s.  Domedco  ;  di  che  fiirono 
tosto  appagati.  Giudico  non-p^tanto  venissero  inviati  a  Cortona , 
come  era  avvenuto  a  s.  Antonino  e  ad  attri,  non  essendo  ancora 
il  noviziato  nel  convento  di  Fiesole,  il  qnale  era  tuttavia  an- 
gusto e  non  fittilo.  Fu  pertanto  maestro  dei  novizi  dei  due  pi(* 
tori  il  venerabile  P.  Lorenzo  di  ftipafratta,  religioso  santissimo, 
qudl'istesBO  die  avea  diretto  s.  Antonino,  e  dd  quale  il  santo 
Arcivescovo  ci  ha  lasdatonno  splendido  elogio  in  «a  sua  let- 
tera scritta  ai  padri  Domeniottii  di  Pistoja,  per  seco  loro  condo- 
lersi dcila  perdita  di  qudlo  spec(M)  di  ogni  vMù  (2).  Che 
ambedue  i  firatdli  venissero  ascritti  al  novero  dei  chierici  e  non 
de* laici,  è  chiaramente  indicato  neUa  cronaca  fie^olana.  A  Guido 
venne  imposto  il  nome  A  fr.  Giovanni ,  ed  al  minor  firatello 


(1)  BfoDs.  Jacopo  Altoriti  Domeoic.  iretcoro  di  Pieiole,  fino  dal 
giorno  9  novembre  1405  avea  ceduto  alquanto  terreno  per  la  fabbrica 
del  nuovo  convento,  ma  l'atto  di  ceiaione  non  fu  disteso  che  li  20  no- 
vembre 1406.  Fra  le  condizioni  oravi,  che  I  religiost  fossero  tenuti  abi« 
farvi  dì  continuo,  almeno  in  numero  dì  tre;  e  se  per  cagione  dì  pesti» 
lenta,  ovvero  per  violenta  usata  loro  avessero  dovuto  abbandonarlo,  oes» 
late  queste,  fossero  tenuti  dopo  due  mesi  a  ritornarvi  sotto  pena  di 
perdere  ogni  diritto  su  quel  convento.  V.  Chronioa  s.  Dominiei  de  F0- 
Mtdis,  fol.  2. 

(2)  Quetta  lettere  è  del  1.^  ottobre  1456*  V.  f^iia  di  s.  Antonino, 
del  P.  Domvioo  MàocàtAin,  un  voi.  in  16.  Yenesia  1709  libr.  V.  cap^ 
IVpag.  326. 


Digitized  by 


Google 


236  MEMORIE 

quello  41  fr.  A^oed^cta  (1).  L'oimo  1406  emiiafo  i  yoti  sofam; 
ed  è  assai  veroaHaUe  obe  tosto  faoei6en>  ritoma  al  ^prio  eoiH 
yealo  di  %  Dowcmìo  di  Fiescde.  Quivi  fi  aUitsem  con  fiirte  e 
3aDla  acBÌci9a  al  glorìoao  saMU^  Aaioonw) ,  il  quale  li  ricambia 
di  pari  aSello,  e  di  pari  «stìmaaone  (2). 

Non  era  forse  decorai  xm  abud  4a.  ehe  i  due  dipiatort  ai 
trovavano  in  Fiesole,  che  1«  (enapeila  delle  diacoi^ie polidehe e 
religiose ,  ond'era  fieramenfe  agkata  ki  chiesa  e  la  socMà ,  veane 
a  turbare  la  pace  della  loro  solitiidiiìe.  La  vepahUioa  fiorenti^ 
na  Gnu  a  quel  tempo  si  era  mantenuta  nell' ehbidienxa  àA  Poar 
teOqe  Gregorio  XII;  al  quale»  tomb  fti  scritto,  aveva  iavialD 
oratore  il  bei^  Già  Domioioi  ranno  i406«  Se  jito  ohe  il  giono 
2$  gennaio  1400,  seiollasì  eoa  atto  solenne  da  ogni  saddiianu 
vensQ  il  medesimo,  prolestoasi  voler  solo  aderire  al  prossima 
concilio  di  Pisa,  e  seguilare  qpel  VoaHefioe,  che  dallo  sle^^ 
fosse  stato  eletto  e  riconosciuto.  Datosi  pertanto  cominciamento 
al  sinodo  il  giorno  25  marzo  di  detto  anno,  deposti  nel  5  di 


(t)  Cronacm  tsoin^*  j.  Domimei  de  F€»uk4 ,  £9!.  07  «  tecgo. 

«  1407;  Fr.  Jb«nii«#  Petìi  de  Mt^gelh  iu^tm  Vichium»  Qptimm  pi- 
otar,  qui  imtiuu  taktilMS  et  parieUf  wt  dwerMÌ$  todt  pùupitf  «c«4|pil 

hmbuwn  cier*io9twu  in  hòc  eomnéiuu et  tùquenti  mim»fieit  prò* 

fh^iionem- 

(3)  Qkr»  r  aoMcisla  di  8«  Atitonìno  0  d«l  yen.  P.  Ldrenio  4«  Bi** 
pafratU,  fra  Gio?annì  Angelico  potè  aver  goduta  quella  del  htnX»  Pi^ 
tra  Capiteci  >  del  batto  AalfOnio  (^rot,  M  beate  Coita^M  da  Fabria- 
no, i  quali  dimoraroQg  iotoroo  a  qual  tempo  nel  conv.  di  a.  1>oniQoioo 
di  Cortona. 


Digitized  by 


Google 


UBRQ  a  CAP.  ni.  887 

giagno  i  due  competitori  BeMelto  Xm,  e  Gregorio  XII;  9 
26  di  quello  stesso  mese  era  stato  loro  «irrogato  flr.  Pietro  Fi- 
largo  deU' ordine  dei  Minori  col  ooioe  di  Alessandro  V.  Questa 
delOTxunazioQe  in  luogo  di  estinguere  lo  scisma  non  fiioe  ohe 
renderlo  peggkvet  aggiuagoado  un  Vma  m  due  pontefici  ri^ 
cordati;  i  quali,  CoUmuandosi  a  vicenda  con  tevribiU  iwajediaio- 
ni,  cercando  fautori  e  seguito  di  cUerici^  A  prelati  e  di  prin- 
cipi, portarono  la  face  della  discordia  là  ove  la  paoee  Tamore 
dovrebbe  avere  il  suo  santuario  e  il  suo  propagaaado.  La  re- 
pubUica  fiorentina,  ed  il  generale  da  Predicatori,  che  di  qud 
tempo  era  fr.  Toinmaso  di  Fermo,  avevano  giurata  ubbidienza 
ad  Alessandro  V  ;  ma  i  rdigiosi  del  convento  di  s.  Domenico 
di  Kesole.  let  eonvinGimenla  e  per  le  persuasioui  del  Diami* 
vàà,  che  seguitava  le  parti  di  Gregorio  XII,  si  mantennero 
farmi  ndla  devozione  di  questo.  Il  superiore  ddl'Ordine  si 
provò  con  preghiere  e  con  minacce  di  scuotere  e  vincere  la 
loro  costanza;  ma  persistendo  essi  nell'ostinato  rifiuto,  fece 
condur  prigione  in  Firenze  il  P.  Antonio  di  Ifilaoo,  priore  del 
convento  di  Fic8^  Delia  quale  vicdenaa  i  nligioBi  meritamente 
indignati,  vennero  tutti  neUa  ferma  ed  unanime  deliberatone, 
di  abbandonare  piuttosto  quel  caro  soggiorno,  anziché  tradire 
la  kno  coscienia  ;  e  di  cercare  in  terra  straniera  qdeBa  libertà  e 
qodla  pace,  die  dalla  tristizia  dei  tempi  e  degli  uomini  non  era 
loro  consentita  sulla  terra  natale.  E  perchè  Ck)rtoira  stessa  non 
ofieriva  sicuro  ricovero ,  sendo  oppugnata  dalle  armi  di  Ladislao 
re  di  Napoli  (30  giugno  1409]  ;  vennero  in  questo  consiglio,  di 
abbandonare  nel  bel  mezzo  della  notte  il  convento  di  s.  Domeni- 
co di  Fiesole,  e  dalle  tenebre  e  dal  silenzio  protetti  ricoverare 


Digitized  by 


Google 


238  MEMORIE 

sugli  stati  del  la  chiesa ,  e  nella  dita  di  Foligno ,  la  quale  ade- 
riva alla  parte  di  Gregorio  XIL  Come  avevano  deliberato  cosi 
fecero;  e  precedendogli  il  P.  Antonio  dì  Milano,  tutti,  che 
erano  forse  piò  che  venti,  giunsero  felicemente  a  qudla  città 
deir  Umbria  (a) .  Quivi  tosto  si  unirono  ai  loro  confratelli  del 
convento  di  s.  Domenico,  dai  quali  fhrono  con  quella  umanità 
ricevuti  che  richiedeva  la  loro  virtù  (1).  Ma  parziali  dimostra- 
sdora  di  affetto  ebbero  da  mons.  Federico  Freni  vescovo  ddla 
città,  religioso  ddlo  stesso  instituto,  e  celebre  rimatore  de' suoi 
tempi  (2). 

Questo  fhtto  ignorato  da  tutti  gli  storici,  i  quali  scrissero 
di  s.  Antomno  e  dell' Angdico ,  parci  dHTondere  nuova  luce  in- 
tomo la  vita  e  le  opere  di  questo  pittore ,  e  ci  invita  ad  al- 
cune importanti  riflessioni. 

(1)  Avrertiamo,  che  cooceduto  1*  Angelico  e  il  fratello  ti  troya^ 
aero  tuttavia  in  Cortona  quando  i  religiosi  di  Pieaole  abbandonarono 
il  loro  con?enlo,  allora  fi  deve  stabilire  la  loro  dimora  in  Cortona  dal 
1407  (Ino  al  1418  >  che  è  a  dire  undici  anni  consecutivi 

(2)  Egli  è  autore  di  un  poema  in  teraa  rima,  coi  piacque  d^ impor- 
re il  nome  di  Quatriregnio,  ossia  del  regno  dell*  Amore ,  di  Lucifero, 
dei  Vili  e  delle  YiKli.  Fu  pubblicato  la  prima  volta  in  Yeneaia  nel 
1515.  Venne  scritto  ^  secondo  il  Tiraboschi^  «  a  imitazione  di  Dante,  a  cui 
benché  sia  ben  lungi  daU* essergli  uguale,  si  può  dire  però,  che  non 
infelicemente  tien  dietro.  »  V.  Storia  della  Letterat.  Ital.  yol.  V  p.  2.* 
libr.  111  $  54  e  voi.  VI  p.  3.*  lìbr.  Ut  $  3.  Il  Frexzi  mori  al  Concilio 
di  Costanza  l'anno  1416. 

(a)  V.  Documento  (IV)  in  fine  del  tH>lume. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  n.  CAP.  m.  330 

Sono  akmii  fra  i  moderni,  scrittori  deBo  arti  cosi  presll  aDe 
beiletze,  certamente  soUSmi,  della  scuola  pittorica  ddrDmhriaV 
che  nella  loro  ammirazione  mi  parraro  soTente  trapassare  i 
confini  del  vero.  Gonciosiacèè  immaginarono  che  da  qnei  monti 
sofigesse  mia  eletta  schiera  di  pittori ,  ai  qnali  toccasse  in  sorte 
ridestare  in  tutta  Itiffia  la  semispenta  poesia  dell'arte;  non 
uYCÈióo  vaoù  scrittore  dei  nostri  giorni»  per  lo  qnrie  noi  profes- 
Àmo  grandissfana  estimazione^  dubitato  di  asserire,  che  €  fa 
poesia  delfarte  era  moria  per  Mio;  per  iuito  f\»orrhè  m  una 
sdwggia  reiia  delT  Appennino.  fVa  h  erme  fòreete,  fra  %  gio- 
^  eeoeceei^  ore  U  Serafico  altana  preci  alF  Etemo  fperehi 
icmdeue  pieioào  nel  euore  dei  diseidenH  fratelli;  fra  i  menH 
delf  Umbria^  een^ice^  modesta^  solitaria  una  eeiwla  piUorioa 
si  mUrim  di  sMimi  iiiepiramnif  e  solo  tMlaoa  rimbdlire  la 
forma  »  perchè  meglio  ma^rasee  t  aUexxa  dei  eoneetH.  Ecco 
sorgere  per  essa  Gentile  da  Fabriano  ^  il  bealo  Angetieo^  Be- 
nozso  CfosxoU^  Lorenzo  di  Credit  il  Perugino^  il  PmiìÈricchiOf 
e  finalmente  Raffaello  »  (1).  Or  come  questo  non  hrere*  soggior- 
no ddl'  AngeliGO  in  Foligno  può  condurre  ì  segnaci  di  queAla 
opinione  a  dedoaonf  non  yere  o  esagerate,  non  y<^[fianio  omet- 
tere di  foie  esservare;  che  ae  nelT Umbria  nei  primi  dd  secolo 
XVtSi  era  cedl'epera  M  miniatori  educata  una  scuola  pìlloriDa  di 
qualche  merito,  non  era  però  tale  a  mio  avviso,  che  potesse  per 
la  copiaevalore  de'sooi  artefici  contendere  con  la  fiorentina, con 
la  sanese,  né  con  la  bolognese  eziandio;  che  se  poesia  dell' ar- 

(1  j  SuU' Sduetaione  del  Pittore  storico  odierno  Italiano.  Pemùeri 
di  Fimo  Snvimoo.  Padova  18i2  aa  foL  8.^  p.  3.*  pag.  334. 


Digitized  by 


Google 


340  V  B  M  O  ft  1  E 

te»  «OBlto  devoto,  Mlena  di  immaciiM  è  ixm  dato  dwdarare , 
noQ  so  quale  pìttope  ddl'Undnla  potMse  ia  questi  pregi,  noa 
dirò  vincere,  ma  pareggiare  gli  antichi  pittori  toscatù,  Giotto,  il 
JMenmi»  il  Gaddì,  Spioelk^  Pietro  Cavallioi,  ec.  Taeto  vero  die  at- 
lora  quando  si  diiedooo  i  nomi  dei  campioni  di  quella  scuola 
educata  e  cresciuta  so  i  monti  degli  Apperanu,  in  kio^o  ^  Niiai, 
di  Giovanni  Bonini  di  Assisi,  di  Lello  pemgino,  di  Francesco  Tio 
di  Fabriano,  e  di  altri  oscuri  pittori  ricordali  dal  Lano ,  si  oita- 
no  il  bealo  Angelico,  Benozio  GoaoU,  l^retuo  di  Credi,  die 
Sìono  fiorentini,  e  si  informarono  all'arte  in  patria  solfe  opere 
meravigliose  dei  giotteschi  ohe  gli  avevano  preceduti;  e  lo  stesso 
G^le  da  Fabriano,  meglio  che  idtrove,  si  perfemoò  neHa 
Toscana  e  sotto  1*  Angdico*  Né  io  ho  mai  potuto  persoadermi 
come,  essendo  sn  qne' monti  e  fra  quelle  foieste  una  scuola 
cotanto  insigne,  e  vdendosi  abbellire  il  tmnpio  di  s.  Fraooaaeo 
di  AseiA  (xm  rari  dipinti ,  in  luogo  dei  pittori  ddr  Umbria  ^  si 
invìCassero  dopo  i  Gred,  Gimaboe,  Gbtio,  il  Memmi,  il  Cad- 
di, eo«  i  quaV  apparteaevaoD  alla  scuola  toscana.  Che  se,  ocune 
é  Vffosimile,  qudle  parole:  la  poesia  idParU  era  wwria  per 
Uié$Q^  vogUonsi  riCmre  ai  (empi  che  il  nahiroiitmo  di  Masaodo  e 
del  Lippi  avea  preao  a  dominar  Y arte  hi  Firoue ;  non  pertanto, 
se  rimanevano  tuttavia  in  qudla  capitale  TAi^lico,  fienoso, 
Loreanr  di  Credi,  ed  altri,  non  potea  dicri,  che  iri  ealtrove  hseo 
morta  la  poesia  dell'arie,  quando  per  essi  appwito,  t  con  essi 
solo  vìveva. Pochi  sono  al  parodi  ed  casi  presi  da  venerazione  per 
gli  illustri  sostenitori  delFartc  cristiana ,  alla  cui  opera  generosa 
sempre  faranno  eco  tutti  i  ealdi  amatori  dell'arte  e  della  reli- 
gione, e  di  buon  grado  coglianio  qui  il  destro  per  porgere  d  me- 


Digitized  by 


Google 


UBRO  U.  GAP.  IH.  241 

desimi  le  più  sincere  oongratolazioni  ;  ma  abbiamo  nd  tempo 
slesso  Toloto  acoenoare  come  m  sempve  pericoloso  ndla  storia 
trapassare  i  coofini  segnati  dalla  severità  della  crìtica  (1). 


(1)  Assai  più  rìaerbato  ci  sembra  il  sig.  A.  P.  Rio,  il  quale  si  re- 
strioge  a  parlare  della  sola  scuola  mistica.  V.  Poesie  Chrétienne,  pag. 
168  e  169.  Altrove  poi  aon  nega ,  che  la  scuola  fiorentina  e  la  sanese  non 
ÌQTÌassero  salle  montagne  dell'Umbria  piccole  colonie,  o  a  meglio  dire,  i 
pia  bei  fiori  delle  due  scuole,  V.  pag.  209. 


I  iti  m 


Digitized  by 


Google 


242  MEMORIE 

CAPITOLO    IV. 

Prime  opere  deir Angelico  m  Foligno  ed  in  Cortona. 


H  profughi  fiesolani  ricoveratisi,  come  siam  yeuuti  narrando,  in 
Foligno,  e  concedato  loro  dal  yesoovo  Freod  quel  convento  di 
s.  Domenico,  si  diedero  primamente  ogni  sollecitodine  per  ivi 
propagginare  quel  severo  regime  di  vita ,  e  tutte  quelle  daustrali 
osservanze,  che  fl  beato  Giovanni  Dominici  avea  piantato  e  coltivato 
nell'altro  di  Fiesole.  S.  Antonino  passò  a  reggere  i  conventi  ddla 
provincia  romana  e  del  regno  di  Napoli  ;  e  fra  Giovanni  Ange- 
lico prese  fi  bel  nuovo  a  dipingere,  per  satisfare  ai  bisogni  dd 
cuore ,  il  quale  chiedeva  con  qualdie  opera  signiGcare  quel  fuoco 
di  santi  aSetti  che  dentro  gii  ardea ,  essendo  la  pittura  per  Ini , 
come  bene  scrissero  Montalembert  e  Rio ,  la  sua  pre^iera  or* 
dinaria ,  ed  un  suo  modo  di  sollevare  a  Di  j  la  mente  ed  il  cuora 
Fu  detto  che  Dante  nella  cantica  del  Paradiso  sposasse  all'ar- 
monia del  verso  la  dottrina  di  9.  Tommaso  di  Aquino;  io  ag- 
giungerei volentieri ,  che  V  Angelico  incarnò  e  colori  i  concetti 
ddr  uno  e  deir  altro.  E  quanta  sia  veramente  la  rispondenza  di 
questi  tre  grandi  italiani  nelle  teorie  del  soprannaturale,  e  nelle 
immagini  con  le  quali  vollero  rivestirie,  ben  si  pare  tosto  che  pon- 
gansi  a  riscontro  gli  scritti  di  quelli  con  i  dipinti  di  questo.  Aveva 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  IV.  243 

la  primitiva  scuola  mistica  bolognese  racchiusi  entro  si  an- 
gosti  conGni  gli  aigomenti  delle  sue  artistiche  produzioni,  che 
Simone  si  tcnea  pago  a  dipingere  soli  roci  fis^,  e  Vitale  non 
usciva  dd  consueto  argomento  delle  lUadonne.  L' Àngdico  nutrito 
alla  poetica  e  immaginosa  scuola  di  Giotto,  di  Spinello,  del 
Memmi,  ec  abbracciò  tutta  la  storia  del  vecchio  Testamento, 
e  vi  aggiunse  per  soprappiii  a  quando  a  quando  un  saggio  di 
pittura  Leggendaria,  neDa  quale  vinse  a  mio  avviso  tutti  che  lo 
avevano  preceduto.  Avendo  alla  religione  consecrato  la  vita  e 
l'ingegno,  si  propose  fedelmente  osservare  i  severi  canoni  del- 
l'arte cristiana,  e  tutte  le  tradizioni  della  scuola  di  Giotto, 
ddla  quale  ei  fti,  direi  quasi,  F  ultimo  Gore.  Quindi  non  fu  mai 
ch'ei  contaminasse  il  suo  pennello  eoa  argomenti  profani ,  facen- 
dolo in  quella  vece,  come  la  parola  evangelica,  mezzo  di  per- 
fezionamento 'morale  e  religioso. 

Opere  certe  di  questo  tempo  non  abbiamo,  ma  parci  assai 
ragionevole  il  credere,  che  nella  sua  dimora  in  Foligno  pren- 
desse a  dipingere  la  tavola  della  cappella  di  s.  Niccolò  dd  Gui- 
dalotti  per  la  chiesa  di  s.  Domenico  di  Perugia,  che  tuttavia  rì- 
iqane;  sembrandomi  doverla  annoverare  fra  le  prime  cose  che 
ei  facesse  in  gioventù;  perciocché  più  che  in  altra  vi  si  scorgono 
la  maniera  e  gli  andari  dei  giotteschi.  11  cav.  Rio  la  giudicò 
eseguita  nel  ritomo  dell'Angelico  da  Roma  riconducendosi  in 
patria  per  la  via  di  Perugia  (!].  Ha  noi  ignoriamo  se,  ec- 
cettuati i  tre  soli  mesi  che  fermossi  in  Orvieto  l'anno   1147 


(1)  Poesie  Chrétienne,  chap.  VI  pag.  199r 


Digitized  by 


Google 


244  MEMORIE 

dopo  essersi  recato  ai  servigi  di  Eugeaio  lY,  dm!  più  lasciasse  Ro- 
ma ,  ove  chiuse  i  suoi  gionii.  Né  più  Terosimìie  panni  Fopinìo- 
ne  del  P.  Timoteo  Bottonìo,  il  quate  scrive,  che  «f  la  colorisse 
nd  1437  (1)  ;  nel  qtial  tempo  fra  Gioyatioi  Angelico  era  in  FI- 
reoze,  ove  darasi  eonunciamento  ai  restauri  della  chiesa  di  sl 
Marco  y  e  alla  faUirìca  del  nuovo  convento,  che  egli  adomò  dR 
qne'  tanti  e  meravigliosi  a  fresohl.  Questa  tavola ,  al  presente  nella 
cappella  di  s.  Orsola,  dovea  ccmie  le  altm  ddlo  stesso  jiiltore, 
avere  forma  ph^midale,  ed  ^a*  divisa  hi  tre  compartimenti 
quasi  snlla  foggia  dei  tritici ,  con  uno  o  tre  cuspidi  nella  som* 
mità,  ed  un  gradino  ndla  parte  inrerìore:  il  tutto  poi  diiuso 
da  una  ricca  cornice  hitagfiata ,  entro  i  vani  della  quale  erano 
dipinte  molte  graziose  figurine  di  santi ,  in  quella  guisa  che  la  oo- 
Idme  deposizione  di  croce  dello  stesso  autore  nella  galforia  d^ 
fiorentina  Accademia  del  disegno.  Giudicandone  dalle  parti  cho 
abbiamo,  era  composta  di  questa  guisa.  Sopra  un  fondo  cforo 
ritrasse  la  Beata  Vergine  seduta  in  trono,  e  avente  il  divino  sno 
figlio  su  i  ginocchi.  Due  angioli  le  sono  ai  Iati,  e  portano  cane- 
stri di  fiori ,  dai  quali  il  bambino  sembra  aver  tolta  una  rosa  che 
ei  tiene  nella  destra.  Dappiedi  del  trono  sono  alcuni  alberdli  con 
rose  blandie  e  rosse.  Grazioso  concetto,  che  l'artista  ripetè  poscia  in 
Cortona  e  altrove.  La  Veipne  lieta  della  sua  maternità  sorride 
al  caro  frutto  delle  sue  viscere;  e  parci  nobile  e  gentile,  sopra 
molti  che  egli  fece,  il  tipo  della  medesima ,  essend jvi  tutta  quel- 
la oòesta  bellezza  e  grazia  dìcentesi   alla  madre  del  figliuolo 
di  Dio.  Debole  alquanto  mi  parve    il    disegno    del   nudo   nel 

(1)  AnnflU  MSS.  toI.  V  pag.  il 


Digitized  by 


Google 


UBRO  IL  GAP.  IV.  345 

baaUDO,  omie  ncgB  alugioli.  Né  è  più  ooDoedoto  aHHnirare  rini 
parliti  41  pieghe  mi  manto  della  Vergine^  ptetìbè  guasto  noo  so 
sB  dai  ritoaefai  o  daBe  k^porie  dd  itsofo.  Nei  ibie  oomparti* 
mMÌti  latoraU»  ebe  or  soo  ditfsi ,  erano  qtiattro  figore,  .due  a 
deAa  e  due  a  maliea;  e  solo  s.  Giofanni  fl  Bidlista,  e  s.  Ca* 
lerioa  y.  e  li,  s.  DoinoàicD  e  s.  Mioixriò»  tutte  war  oot  linea 
seeoodo  Tuo  éà  giottodU  ;  e  ae  ne  eoosUoi  fone  la  saoonda 
di  queste  fignre,  le  alire  sono  totte  keHissiiDe»  e  oMdoCte  eoa 
grande  amore  e  dtKgOBza.  Ib  eertanmte  BaeraffgHeao  eea  fl 
gradino  del  quadro  nedesimo,  oire  S  pittore  ritfaa»  tre  storie 
ddla  vita  di  8*  Nioecdò,  éelle  qàaB  nna  sòia  ò  rimasta,  essen^ 
do  io  albie  dne  m  Scun  al  ViAieano  (1).  Qocsta  ohe  è  Ititlo* 
ra  nella  chiesa  di  a.  Domenioo' di  P6ragia«snlla  porla  màggion 
idla  saoristia,  è  divisa  in  dne  eompÉrtimenti;  inoBodeicpialf 
è  fl  aanlo  Tescoro  ohe  campa  dalla  morte  i  tre  imnoenti  ghv 
Tsnelti,  i  qnaB  bosdali  gli  oechi,  sbno  in  atto  A  attendere  la 
score  dd  carnefice;  ft  pqoolo  accorso  a  quella  spettaoolo  scm- 
Inra  fMnore  iùsienie  e  trepidare  ;  se  non  che  fl  sarato  apparso 
ìoproTTiso,  trattiene  fl  ferro  deU'necisore,  e  li  salrà.  HcBl' al- 
tro fece  fl  fimere  del  santo,  e  lo  dipinse  disfieso sul  fentro 4it^ 
oondato  da  poveri ,  da  monaci  e  da  femmioe,  tutti  attcggiati4H 
Tivo  dolore;  ma  ciò  die  maggiormente  commuove  sono  i  due 
giovinetti  accolili,  i  quali  m^  potendo  rattenere  le  lagrime^ uno 
di  essi  si  terge  gli  occhi  coli' estremità  ddla  veste.  Nella  parte 

(i)  Kdis  prima  mU  «{«Ha  sftUerìa  dd  Taticsoo,  due  Uvole  con  tré 
ttoric  dd  saoto^  doò  la  iiafciu ,  k  prcdicaiiìcme  e  ì  miracoli.  "?.  Vasi  c 
NiBiy  Itinerario  di  Boma  1830. 

16 


Digitized  by 


Google 


246  MEMORIE 

superiore  dello  Steno  oompartìmento  vederi  l'anima  del  santo 
dagli  angioli  condotta  in  cielo.  Fra  le  cose  dalFAngeSco  con- 
dotte sulla  foggia  dei  miniatori,  qoesta  parmi  aver  luogo  di- 
stinto, essendo  qnelle  care  fignrine  condotte  con  bnon  disegno^ 
e  con  nna  allegreoa  di  colori  molto  TagU.  La  cornice  che  ador- 
nara  il  qfuadro  (ora  divisa  in  dodici  peas,  aventi  ognono  una 
piccola  flgura)  può  yederri  intomo  la  stessa  porta  ddla  sacri- 
stia  ;  e  sebbene  vi  siano  molti  pregi ,  non  pertanto  a  chi  ha  ve- 
duto quella  rarissima  deUa  deposizione  di  croce  in  Fireme  non 
sembrerà  fra  le  cose  migiori  di  hn.  A  compiere  Y  intiero  qua- 
dro mancherebbero  i  cuspidi  della  parte  scqMriore;  e  pnobabil- 
menle  tacevano  parte  dei  medesimi  le  due  tavoleCle  neia  stessa 
sacristia,  le  quali  sopra  un  fondo  d'oro  hanno  la  figura  ddla 
Vergine  annunaata^  e  PAngiolo  Gabriele  (1).  Mi  parvero  dello 
stesso  pittore,  ma  non  oserd  accertarlo.  A  far  poi  manifesto 
Terrore  del  Mariotti,  che  le  storie  e  le  figure  da  noi  descritte 
attribuisce  a  Gentile  da  Fabriano,  basterà  a  mio  avriso  il  sa- 
pere, che  le  medesime  si  trovano  pia  e  più  volle  ripetute  ne- 
gli altri  dipinti  di  fra  Giovanni  Angelico;  essendo  propria  con- 
suetudine di  questo  pitt<w«,  di  non  variare  gianunai  i  tipi  ddle 
aue  immagini,  ohe  cento  volte  ripetuti  sono  sempre  gli  stessi 

(1)  Sono  nel  luogo  medesimo  due  UTolellei  dello  ttetso  argomeoto, 
ma  di  assai  diverso  pittore,  n^ppresentanti  ambedue  b  Vergine  an- 
Quniiata  dall'  Angelo.  È  rimarchevole  la  pib  antica  di  ignoto  ,  nelb 
quale  lo  Spirito  Santo  in  foraw  di  colomba ,  tieoe  nel  rostro  il  feto  del 
Verbo  divino  ;  errore  che  ki  rìn?ennlo  eiisndio  in  Pistoja  in  un  antico 
Yftro  dipinto. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  II.  GAP.  IT.  "MI 

La  iaoga  espeatksaa  cbe  abbmino  di  queito  artefice  non  ci  la- 
scia 1^  modo  aleoBO  dubitarne.  A  tutto  eie  agigfiongiaino  Vaè- 
lorità  graYisriina  del  P.  TioMteo  Bottooio  cronista  del  convento  di 
Perogia  dal  quale  veniàiBoaceertati,  che  lo  stesso  pittore^  non  pu- 
re colori  la  tavola  della  cappella  de'Gnidalotti,  ma  ezianifib 
quella  del  maggiore  altare  d^'attdea  chiesa  di  s.  Domenico: 
la  quale  nei  tempi  iMl' Aonafìsta ^  cioè  nel  ISTO/vedevasI  tut- 
tavia (1).  Col  BoUonio  consente  il  eh.  prof.  Rosini  (2). 

Se  per  A  suo  convento  di  Foligno  o  per  altri  deirUnriirìa 
l'Angelico  operasse  alcuna  cosa,  non  ci  è  noto;  come  non  d  è 
noto  il  tempo  che  durò  qud  suo  volontario  esilio  dalla  Tosca- 
na. E  abbenchò  la  cronaca  di  Fiesole  affermi  che  fu  di  molli 
anni,  non  pertanto  giudico  probrtNle  che  non  Ibsse  maiggiore 
di  quattro.  Nel  tamme  dei  quali  manifestatasi  la  pestilenia  hi 
F<%no,^  spento  U  priore  e  non  pochi  religiosi  del  convento  di 
s.  DoQMaicOy  venne  meno  quel  severo  regime  dì  vita  che  eravi 
stato  da  loro  stabilito.  Ck)asoeto  efiEètto  di  questo  terribile  fiagd- 
lo.  Frattanto  avea  eziandio  cessato  dì  vivere  in  Bologna  il  Pon- 
teOce  Alessandro  Y,  e  óùpo  tre  anni  (1413)  in  Genova  M  P. 
Tommaso  di  Fermo  maestro  generale   ddl'Ordine  ;  il  quale , 

(1)  Jmud»  loc  cit.  —  Fr.  Ammtivq  Gpfoocci,  Memoria  d^è  convento 
di  s*  Donunieo  tU  Perugia ,  compilate  l'anno  i  706  un  toI.  in  8.*  MS. 
^128  pag.  59  (  Arch«  dì  •.  Domenico  )  ^^  Deamùone  Storica  delia 
Mesa  di  «.  Domenico  di  Perugia,  un  vot  in  8.^  Perugia  1778  y.  pag.  21. 

(2)  Storia  della  Pittura,  ec.  yoI.  5.*^  Epoca  2.  *cap.  2.^'  noU  30. 
Qaesta  lavokt  porlaia  in  Parigi  nella  invasione  dei  Francesi ^  nella 
pace  generale  venne  restituita  &'  suoi  primi  possesaori. 


Digitized  by 


Google 


248  MEMORIE 

dalFoppoBÌziocie  trorata  nei  suoi  religiod  di  molla  parte  d'Ita- 
lia f  aTea  amia  esperienza  dd  quanto  malagovole  àti  oostriDgeve 
le  oofidenze  con  modi  vioienlL  Maaeate  pertanto  le  cagiom  dal 
lìmore;  e  iwosi  lo  stare  in  Foligno  o  pericoloso  o  moleslOy  ri- 
destossi  in  toui  tìtìssìiiio  Q  desiderio  d^F  amena  oollioa  di  Fie- 
sole Se  non  che  quel  oonTemo  del  firali  Predioalori  era  venato 
in  potere  del  vescovo  per  le  cagioni  di  sopra  indicala  (l)»Senh 
bra  pertanto  si  recassero  dapprima  in  Cortona,  ed  ivi  si  ado* 
perassero  con  caldi  nfBd  presso  il  cardinale  Domimi  per  ria* 
vare  l'antico  lor  domicilia  Tutto  ciò  dovette  accadere  intocno 
al  1414  (2). 

GoUocberemo  pertanto  entro  questo  perìodo  di  tempo  qua 
dipinti  di  fira  Giovanni  che  possiede  Cortona»  non  potendosi  ra- 
gionevolmente credere  operati  dorante  i  severi  eserdij  del  no- 
vizialo. 

Snll'e^beriore  facciata  ddla  chiesa  di  s.  OomenicOt  nell'ar- 
coccio  sulla  porta  di  ingresso,  c(dori  a  buon  fresco  la  B.  V*  col 
figlio  in  famccio,  e  a  destra  e  a  sioisUra  s.  Domenico  e  s.  Pie- 
tro martire  in  atto  A  adorazione.  Ndla  vcAta  fece  i  quattro  evaih 
gdisti.  Questo  dipinto,  malgrado  i  danni  arrecativi  dalla  pìogpa 

(1)  V.  pag.  235  in  nota. 

(2)  Le  ragioni  che  mi  tnuoTono  a  coti  credere  sono,  cke  allora- 
quando  i  religioai  Domenkani  della  Googre^ztone  rUbrmata  oUenoere 
Bvoyanenle  il  convento  di  a.  Domenico  di  Fieaole^  ri  vennero  indabi» 
tatamente  di  Cortona  e  non  di  Foligno,  come  narra  la  Cronaca.  B  vo« 
lendo  ragione  che  si  creda  esservi  stati  restitoit!  qvetti  oIm  vi  erano  già 

innanzi  affigliati,  parali  giusto  il  dirs^  che  questi,  da  alcun  tempo 
lasciato  Foligno,  si  fossero  i«cati  In  Cortona. 


Digitized  by 


Google 


UBR0  U.  GAP.  IV.  249 

e  dal  sole  pdcMii^disoj^qiiiltroeentoaniiiyiiiantiem  tnttaria 
ttoUa  Aeschen  di  colore,  e  certa  doarìtà  di  penneUo,  che  to- 
sto fitela  FABgdioo.  ila  ^  evan^jdbti  perchè   nutfjlìò  difesi, 
SODO  iieniosiaìO  eonser?ati«  Per  la  stessa  chiesa  fece  due  graodi 
larok,  deHefdaHiiiiasdaèrkiias(a;eraltracolgradiiìoddla 
fhmk  Tcotie  recitfa  nell'oratorio  del  Gesù  presso  la  cattedrale 
Qodla  cbò  è  tutlord  lù  è.  Donleiiico  ndb  cappella  laterale  al 
maggiore  altare,  iik  qualche  gaisa  paio  dirsi  tua  replica  ddl'd- 
tra  di  8*  Domenico  di  Peragia  che  abbiamo  descriUa;  ma  la  Yin- 
ce  di  tanto  a  rnksf  avviso  nel  disegno  e  nel  colove;che  io  non  A&- 
liitodoversicdlocareiralenìiglioricherAngeliooEatcesse.  Ritrasse 
pertanto  in  pia  gran  dimeaiione  la  B.  V.  sedala  in  trono,  co^ 
me  era  usato  rappresentarla,  tenendo  sni  ginocchi  il  bambino 
Gesù  che  ha  nella  destra  nna  rosa.  Vi  sono  gli  angiott  con  i 
coDsneti  canestri  difiori,  egli  alberelli  o  anfore  appiè  del  trono.  Alla 
destra  di  Nostra  Donna,  sopra  nna  stessa  linea,  sono  s.  Gio.  il 
Battista  e  s.  Gio.  l'Evangdista.  Alla  ministra  s.  Maria  Maddde* 
na  e  s.  Marco.  E  come  qnesta  tavola  ha  ndl'  estremità  superio^ 
re  forma  di  sesto  acato;  tiene  nd  vertice  in  assai  piccole  di* 
meosioni,  un  Gesù  Crocifisso,  e  dai  lati  la  B.  V.  e  s.  Giova»- 
m;  e  nei  due  aiigoU  del  triangolo^  di  maggkife  grandezza ,  due 
tendini»  in  uno  dei  qnaU  è  l'Angelo  Gabrìde,endr  altro  la  Ver-  - 
giaeAnaimziata.  In  breve  trovi  qui  con  leggerissima  varietà!»  stesM 
so  concetto  die  abbiamo  ravvisata  nella  tavola  pemgina.  Più 
veHe  ripetè  qocstn  stesso  argomento  in  tavola  ed  ia  fresco,  in 
Fireosie  ed  altróve,  con  aggianta  (fi  altre  figure;  ma  poche  volte 
raggiunse  la  perfezione  di  questa  nd  piegare  dei  panni,  ndFom* 
brare,  nella  gratia  e  bellezza  delle  figure.  A  questa   stessa 


Digitized  by 


Google 


230  MEMORIE 

tavola  apparteneva  probabiimeiite  quel  gradino  isloriato  del  fatti 
deUa  vita  di  s.  Domenico,  che  or  vede»  nefla  chiesa  del  Gesè. 
Se  il  lettore  ha  visitata  Bcdogna,  ed  ha  per  sorte  vedale  le 
sculture  che  adomano  il  sepolcro  del  santo  fondalore  dell'Or- 
dine dei  Predicatori,  potrà  accorgersi  di  leggieri  come  una  stes- 
sa iosphrazione,  un  concetto  medesimq^ ,  guidassero  lo  scalpella 
di  Niccola  pisano,  di  fra  Guglielmo,  di  Alfonso  LonAardi,  e  il 
pennello  di  frate  Giovanni  Angdipo,  gareggiando  a  vicenda  di 
grazia ,  di  poesia  e  di  verità.  In  sei  compartimenti  ritrasse  otto 
fatti  della  vita  del  santo  Patriarca,  e  a  quando  a  quando  fira 
gli  uni  e  gli  altri  ,  quasi  episodj  di  quella  epopea ,  pose  alcu- 
ne graziose  figurine  di  santi,  le  quali,  anziché  violare  Funità  del 
soggetto,  accrescono  bellezza  e  deooro  allMntiera  composizione. 
Primo  è  un  s.  Pietro  martire,  cui  la  ferita  del  capo  e  dd  pet- 
to dice  oome  egli  ponesse  generosamente  la  vita  per  la  fede  di 
G.  C.  Seguita  il  compartimento  nel  quale  fece  due  storie;  la  pri- 
ma é  la  visione  di  Onorio  DI  Pontefice  Massimo,  quando  data 
ripulsa  al  santo  fondatore  di  approvare  il  novello  Instituto,  par- 
vegli  in  sogno  vedere  rovinosa  e  cadente  la  basilica  di  s^  Gio- 
vanni in  Laterano,  e  s.  Domenico  che  iacea  prova  di  regger- 
la e  sostenerla;  la  seconda  è  rincontro  di  s^  Domenico  con  s. 
Francesco;  i  quali  oonosciutìsi  pe^  celeste  rivelazione,  prostrati 
in  ginocchio  per  riverenza  Y  uno  ddl'  altro ,  si  abbracciano  le- 
ramente.  Seguita  il  secondo  compartimento ,  sicoome  il  primo, 
in  due  parti  diviso  ;  delle  quali  qudla  innanzi,  mostra  la  povera  celia  ; 
e  quella  che  segue,  l'oratorio  delsanto;  ambedue  disegnate  con 
bellissima  prospettiva.  Vedi  in  questo  oratorio  s.  Domenico  prostrato 
nanti  all'altare  e  levato  in  altissima  contemplazione,  nella  qua- 


Digitized  by 


Google 


UBBO  IL  OAP.  iV.  aSl 

le  apparsi  gli  ApotloH  Pietto  e  Paolo»  gli  eoasagnano  il  Mfaro 
degli  evangelj  ed  il  bastone,  inyiaiidoto  ad  evaogaliaiare  i  po- 
poli e  le  musoni  I?i  sonunamenle  mi  diletta  la  figura  di  nn  finn 
tioello,  il  quale  forse  ai  oentsi  del  santo  dove&do  partirsi^  pwé 
da  naturale  coriosità  soepinto,  si  rivolge  in  sul  limitare  ddh 
odia  a  saggnardane  qtidla  winiiie  apparizione.  Vien  quindi  aoa 
Mia  figurina  di  s.  llichde  Arcangelo,  svelta,  leggera , grano- 
sissma.  Nel  terso  compartimento  sono  ngualmcate  due  storie. 
Ndla  prima  fece  a.  DoBienieo  die  fisputa  pon  gU  erotici  Albi- 
gesi  ;  nella  seconda  lo  sperimento  4el  fuoco  ;  quando  atendo  co- 
steo  proposto  di  gìttare  neie  fiamme  il  codice  dell'  errore  e 
quello  ddla  yerità,  onde  fyr  prova  quale  dei  due  sarebbe  rispet- 
tato, con  loro  meraviglia  e  stupore  redouo  ardere  il  proprio,  e  ri- 
manere illeso  qoello  dd  santo.  Nel  ritrarre  il  miracolo  operalo  in 
Roma  da  s.  Domemco  richiamando  da  morte  a  vita  3  giovine  I^bh 
poleone,  seguitò  fedelmente  il  concetto  di  Niccda  pisano,  po- 
nendo presso  restinto  la  madbre  desdélìssima ,  cbe  richiede  in- 
slantemcnte  al  santo  la  vita  dd  ù^a  Segnka  la  figura  di  un 
martire,  quanto  mai  po6  dirsi  bellissima. -^Ignoro  pèró  il  sog- 
getto. Egli  è,  a  quank)  mostra  la  dalmatica ,  mi  santo  diacono, 
al  quale  per  luAfa  fune  pende  dal  collo  una  mola  pesantissima  ; 
accennando  cosi  al  modo  dd  suo  martirio.  Una  sola  storia  fece 
nel  compartimento  che  gli  succede,  ove  espresse  il  santo  fon- 
datore seduto  a  mensa  con  i  suoi  frati,  e  gli  Aqgioli  che  loro 
portano  il  pane.  Nell'ultimo  colori  la  morte  del  santo  Patriar- 
ca, nella  quale  a  mio  avviso  vinse  tutte  le  storie  preoedenti.  Già 
Tanima  santissima  è  stata  dagli  Angioli  portala  in  seno  all'E- 
terna Grcondano  l'esanime  spoglia  i  figU  dolentissimi;  dd  quali 


Digitized  by 


Google 


23SL  MEMORIE 

alOBni  beoiatMv  al  santo  le  anni;  alivi  solkfiM  ai  cielo  le  pat 
me;  chi  imnobìle  per  il  dolora  afltoa  lo  sguardo  mUe  amale 
scmbianae;  e  vi  ba  cMnoa  poleiido  frenare  le  lagrime»  ooHeiB^ 
bo  della  vesle  si  (erge  gli  eceUi  Goaa  Tcramente  di  sua  naia* 
ra,  e  per  esser  ialta  nella  maniera  che  eDa  è,  da  teraar  Tira 
la  pielà  dove  ella  Cosse  bea  moria.  CUode  'A  prascnto  gradmo 
una  graziosa  figurina  di  &  Tommaso  <H  Aquiaou  Le  quali  storie 
oondoite  éon  hnoa  disegno  e  vago  cokritOy  hanno  lode  enaiidio 
di  una  oara  mgcamlày  e  di  una  eridcaia  maravigliosa. 

La  tavola  ddlo  stelo  pìUaro^  che  daDa  ohiesa  dd  au  Oi^ 
dine  passò  bi  qoéHa  dèi  Geeà,  è  mia  AaBnanaziade deHa Benta 
Vei{^,  argomento  del  quale  mellD  pìa^evasi  firn  GsovaooL  R 
dove  nell'efligiare  gi  altri  santi ,  come  aUiMamo  altrove  avvertito, 
«Knleoeva  sempre  i  tipi  medesimi^  m  quello  deHa  Veirglne  e 
degli  AngioE,  è  sempre  vario,  e  sempee  gramso.  laiperdoeohè 
sefabepe  lasd  denna  fiata  desiderio  di  più  corretto  disegno,  né 
visi  ammiri  quella  fermeaza  nd  dioflomare  proprio  de' grandi 
maestri  ;  ninno  al  paro  di  Ini  saprebbe  non  pertanto  imprimere 
so.  quei  volti  Fidea  di  una  suprema  virtù,  e  di  utoa  wgeHoa  pu» 
rità  (1).  La  prcsenle  non  é  per  oerio  k  pie  perfetta,  ma  non 
è  meno  devota  drile  altra  Noi  non  prenderemo  a  descriverh 

(1)  Mi  piace  osservare^  come  nelle  Bguredi  nostra  Donna  colorite  da  fr. 
Giovanni  Angelico,  ti  ouenrano  sempre  due  direni  modi  di  effigiarla.  Goa- 
ciosiachè  quelle  che  la  rappresentano  già  glorificata  sono  pììi  beOe  e  pib 
celestiali  delle  altre,  che  la  rappresentano  tolta  via  vivente.  Per  sìmil  gui- 
sa, veste  le  prime  sempre  di  bianco,  quasi  di  un  etere  sottilhsimo;  e  le 
seconde  con  i  conauetft  eokri  di  roiao  e  oeroleo. 


Digitized  by 


Google 


LUnO  IL  GAP.  IV.  US 

fcr  €nnre  valica  di  mi  ooosimìie  oolorita  a  trcàco  mA  ec» 
mtÉù  <fi  8.  limo  con  più  perfelto  dbegno»  délb  qnhalliofe 
m  lorà  difioona  ki  qiiista  si  iMtohràOo  mattteiitite  piA  feddiiieii- 
te  le  liad&DOiB  dd  gioUeseU,  partaodd  dàlia  bocca  deiT  Angelo 
il  ooDSoeto  nhito.  Afe  itaria^  fhaUa  phna  bc.  aorUoyi  lU 
pittare;  Tokado  feniecoQ  qoMe  parole  inyiCare  piò  CMilineiila i 
éema  contemplatori  alla  iMdil»doDe  ddlMnebbie  attstera  E 
che  Yerametiteeoei  fenilMe  FAngriioo,  si  deduce  da  dogete  nei 
tettai  di:  ^fmsto  arMeecra  siato  digià  quasi  ttniyenalmfiQtd  di^ 
flBMio  roso  di  flfffatte  fsciisioii^iièakricertaflaeQteliìaiic^ 
o  l'tagegAo  di  esprimete  e  9i|piificai«lt  800  ooBce^ 
m  della  paàN)Ia  (1).  Vi  lub  altresì  ndie  ali  dèi  Angdoima  pnoAisiòne 
di  orae  Acdori,  ohe  noe  ba  esempio ìr  alCvo di|Nùto  del  medesl- 
■ao;iiè  cori  mi  appaga  B  piegar  dei  paaiiÌ,neiqodiegliaUroreha 
sempre  lode  beBbsima^  e  che  in  qQesKéfbrseim  po^nUbe  ooo- 
Aml  B  perchè  rtaeamaaioae  del  Verbo  é  strettamente  legala 
CQB  la  storia  dei  nostri  progenitori,  fece  in  im  foor  d'  opdra, 
con  lontana  e  bella  praH>ettiTa  di  paese»  io  picoola  dfmnisiooe, 
Admoied  Era  discaoriati  dal  paradiso  terrestre;  accennando  con 
eie,  che  Maria  ayMibo  risiotato  tanio  d«ino,  e  si  ti«aitada  ro* 
rimi.  Owsta  tafolaei  due  (gradini  sono  lenissimo  coi»enrati,ete>* 
BiiCi  con  grande  anatfeerdillgenia.  Se  si:  dovesse  congetMwe  che 
queste  due  tavole  Toserò  state  fatte  in  tempi  diversi ,  porrei  innan- 
d   questa  Annnnziszione  che  è  al  Gesù,  sembrandomi  alquanto 

(1)  Son  pòche  le  tavole  deU^  Angelico  e  i  freschi  «letsi,  che  non  ab-J 
biano  alowmdNvoU  fserìsioiie  dappiedi  dei  dipìalo,  tei  fiata  aeHe  aureo^ 
k  de*iaali ,  e  non  dirada  fra  i  ricami  delle  fèsti  delle  figove. 


Digitized  by 


Google 


254  MEMORIE 

debole  nel  disegno ,  e  dopo,  quella  rimasta  in  s.  Domenieo,  ohe 
a  mio  a?YÌBO  è  fira  le  migliori  che  ei  mai  fiioease. 

Rimane!  a  favellare  dd  Mlissimn  gradino,  md quale  prese 
a  narrare  la  vita  ditta  Vergine ,  dal  suo  nascimento  fino  al  tran- 
sito, nel  modo  stesso  e  nella  stessa  proporzione,  che  Faltro  dd 
fatti  di  s.  Domenica  Chi  ha  ?edirte  quelle  piceole  e  graziose  ta- 
volette di  fra  Giovadni  AngciUeo,  ohe  sono  nella  galleria  dqjà 
Uflizj  in  Firenze,  può  formarsi  un  eoaoetto  ddle  storie  del  pre- 
sente gradino,  alcune  delle* quali  sono repliobe di  qudlor  Vedesi 
pertanto  nel  1.''  compartimento  la  nativa  di  Maria  ;  e  appare 
manifesto  esservi  stata  inserita  posteriormente;  o  (orse  venne 
t(4ta  6  poi  restituita  al  proprio  luogo  apparendo  divisa  dalla 
tavola.  Nel  2."^  Gli  sponsali  ddla  Vergine  oon  a.  Giuseppe;  ed 
è  reifica  di  qudla  degli  UflBzj.  Nel  3.^  La  visitazione,  che  é  cosa 
maravigpBoBa.  Figurò  il  pittore,  che  la  consorte  di  Saccheria 
venisse  a  incontrare  la  Verginella  di  Nasaret  fiiorì  ddla  sna 
abitazione;  e  In  sull' uscio  ritrasse  una  Gintesca ,  ohe  inosservata 
considera  le  ÌMe  e  oneste  accoglienze  di  quelle  benavventurate 
madri.  Alquanto  pia  remota  nella  via,  è  altra  Ifammina,  la  qoa- 
le  piegale  a  terra  le  ginocchia,  e  sollevale  al  cielo  le  palme, 
sembra  rendar  grafie  a  Dio  delle  meraviglie  operate  nell'una  e 
nell'altra.  Bellissime  le  due  figure  di  Nostra  Doona  e  di  Elisa- 
betta. Ma  ciò  che  rende  veramente  prezioso  questo  compartimen-, 
to,  è  una  bella  prospettiva  di  paese  cosi  ben  disegnata  e  colo- 
rito, che  mai  dell'  Angelico  non  vidi  cosa  tanto  perfetta.  Nel  4  È 
una  adorazione  dei  Magi,  in  tatto  simile  a  quella  degli  Uffizj. 
Nel  a  la  presentazione  al  tempio,  eoo  ragionevole  prospettiva  di 
architettm*a.  Nel  6.  La  morie  e  sepultura  dèlta  Vergine;  ed  è 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  n.  GAP.  IV.  as5 

Qgaabiieiite  replica  ddl' altra  belHssiina  che  si  ammira  ndla  me- 
desima galleria.  Nel  7  è  mia  storia  quivi  riportata,  e  tolta  pro- 
iNibOmeote  dall'altro  gradino  della  yita  di  s. Domenico; imper- 
doccbè  si  vede  in  questo  la  B.  V.  che  circondata  da  nn  coro  di 
Angioli  appare  al  beato  Reginaldo  di  Orleans  Domenicano,  e  gli 
addita  F  abito  del  novello  Instituto  dd  firati  Predicatori.  Si  am- 
mirano in  questo  gradino  i  pregi  medesnni  die  sono  nelT  altro 
già  ricordato,  bellezza  di  immagini,  grazia  di  forme,  dOigentis- 
sima  esecuzione,  ed  un  colorito  die  per  essere  a  tempera,  non 
potrebbe  dedderarsi  più  trasparente  e  più  lieta 


—^ 


Digitized  by 


Google 


X(6 

CAPITOLO    V. 

Riti»  no  di  Fra  Gùwanni  Angelico  in  Fiesole. 


J^el  mentre  c|)e  il  MnffJlano  coloriva  ìq  Cortona  oon  taala 
soavità  di  pennello  la  leggenda  di  Nostra  Donna ,  e  dd  santo 
fondatore  del  sno  institnto,  il  beato  Giovanni  Dominici  calda- 
mente si  adoperava  presso  il  vescovo  di  Fiesole,  e  presso  il  Pon- 
teflce  Gregorio  XII  onde  riavere  quel  convento  dd  quale  egli 
era  slato  il  fondatore.  Ugnale  soUedtadine  usavasi  dal  P.  Leo- 
nardo Dati  Maestro  Generale  dell'Ordine;  per  la  qual  cosa, 
dopo  molte  pratidie,  l'anno  1418,  il  vescovo  flcsolano annuiva 
alle  loro  richieste,  a  condizione  che  i  religiosi  Domenicani  a 
lai  tacessero  dono  di  on  paramento  sacro  del  valore  di  cento 
ducati;  la  qoal  somma  venne  tcdta  dall'eredità  lasciata  al  con- 
vento dal  padre  di  s.  Antonino,  mancato  ai  vivi  in  qnel  tempo 
medesimo.  E  come  in  qadl'anno  stesso  era  eziandio  morto  in 
Firenze  un  ricco  mercatante,  ed  avea  lasciato  ai  religiosi  del 
conv.  di  s.  Domenico  di  Fiesole  ben  sei  mila  florini  perchè  fos- 
sero date  maggiori  dimensioni  alla  fabbrica  del  convento;  fer- 
mato l'atto  solenne  di  libera  ed  assoluta  concessione  del  ve- 
scovo, il  P.  Generale  vi  inviò  tosto  quattro  religiosi  del  convento  di 
Cortona,  tra  i  quali  però  non  si  vedono  i  nomi  di  fr.  Giovan- 


Digitized  by 


Google 


UBRD  U.  CAP.  V.  «t 

ni  e  di  fr.  Benedetto  M  UaffUo  (1).  Ma  mq  è  pmHo  a  4u- 
Mare  che  in  segmto  vi  'feémxro  Ivélt  colora,  i  ftoU  già  m 
erano  partiti  ramia  1409  par  le  oegioói  ic^ra  kuBoale.  Datasi 
oomiBdaiQealo  aUa  lattriea,  TAogelìoo  tornò  aU'mato  nfiob 
dd  dipingere;  parolocdiè  dove  ch'ai  ai  reoasae^TmaTaa|)ieae 
mani  i  fiori  dell'arte;  ^ad  fiori  che  c^  fMurca  «ìer  colti  in  parar 
disa  Ne  sparse  su  i  monti  dcVDmhrìa  e  doUa  Toscana,  in  riva 
idi' Amo  ed  al  Tevae  ;  «la  aBa  dUetta  colUea  di  ISosdte  erano 
fiserboti  i  più  vaghi  e  i  più  odorosi,  ohe  noi  nsoissflro  delle  sue 
mam.  E  hen  era  dovere,  ohe  ov«  prinMniento  avefa  fistio  dt  si 
a  Db  saerifidoy  ivi  si  aimnirasseBa  i  più  bei  tatti  del  soo  in^ 
gegoo  e  della  sua  pielà.  E  quando  la  storia  ci  avesse  teeiuto  il 
racooDto delle  sue  virtù,  bene  aHa  vista  di  qne'saoi  dipinti  sa- 
risosi  potuti  indovniarCyU  basso  sinthredis^,raeeesiS[tfniaca« 
riti,  fl  dispnaoD  Ad  beni  toivenì,  e  perfino  le  lugiihii  ed  i 
Mspfaà  di  qudl' anima  tanomorata  del  cielo. 

Nd  dar  conto  al  lettore  delle  opeoe,  che  por  sono  ionn* 
Bierei^,  di  fra  Giovanni  Angdico,  dobbiamo  avvertire  cosse, 
non  apponendovi  e^ì  giammai  l'anno  ohe  vennero  esegnito; 
né  trovandosi  nel  Vasari  ricordate  giusta  Tordiae  dei  tempi y 
noi  seguitando  l'intrapreso  metodo,  le  coilodMremo  ove  la  rs- 
giooe  e  la  storia  d  sembreranno  richiedere.  Impercìoechè ,  se 
presso  gli  altri  pittori  non  è  difficile  H  distSngnere  le  diverse  ma* 
niere,  e  i  dffièrentì  metodi  da  loro  tenuti,  per  modo  da  potersi 
tosto  ravvisare  qua^i  dijrinti  sieno  slati  esegidti  ndla  giovideaza , 
quali  ndla  maturità ,  e  qoM  infine  sul  declinar  dda  vita  ;  nrt^ 

(1)  y.  Cronaca  s.  Dominici  de  F€sulìs,  fot.  2  a  leffo. 


Digitized  by 


Google 


aSS  MEMORIE 

l'Angdiooporoppofto,  se  ne  eeoeOni  afeme  cose  ooadolte  ood 
nHiggìore  glndio  e  dOigem,  appare  sempre  mi  modo  stesso  di 
IsMare^  ombrare»  colorire,  oomporre,  ee.  per  guisa  da  non  po- 
tersi fadlmente  conoscere  qoaB  fSeicesse  ionanzi  e  qoaU  dopo. 

In  Fleaole  credo  colorite  moke  di  qaeHe  lacvoiette  che  oggi 
si  TedoDO  nella  galleria  ddf  Accademia  Sorentina  del  ifisegno,  e 
fors"  anche  gli  sportelli  deH*armadfo  delle  argenterie  nella  cap- 
pdla  della  Stanziata  di  Firenze.  Ndla  prima  edBzione  il  Vasari 
gli  area  annoyerati  fra  le  prime  di  hii  open  ;  il  ohe  panm  vero- 
sinfle,  essendo  stati  i  suoi  principj  nell^arte  qndli  del  miniale 
e  colorire  piccole  storie»  come  si  disse.  H  biografo  aretino  ne 
loda  la  diKgenza,  ma  arria  domto  lodarne  eóandio  la  Jeompo- 
sliione,  che  in  non  pochi  compartimenti  è  bdHssima.  Breri 
parole  ISuremo  di  questi  graziosi  dipinti  per  non  dlungarei  so- 
Torehiamente.  In  trentadnqne  storie  prese  a  narrare  la  vita  e 
la  morte  di  Gesù  GriMo»  unendori  un  saggb  di  pittura  simbo- 
lica 9  e  cUadendo  la  serie  con  on  giodirfo  aniverude»  inferiore 
agy  altri  fatti  posteriormente  cosi  nelle  dimensioni  come  nel 
merbo»  ma  non  senza  bellissimi  pregi  Degni  di  pamate  men- 
zione ci  parrero,  radorazioQe  dei  Magi»  la  foga  in  Egitto,  la 
strage  d^li  Innocenti»  la  risunrezÌQne  di  Lazzaro,  Giuda  che 
▼ende  Grigio  ai  sacerdoti,  l'orazione  ndrorlo;  ec  le  quali  per 
lo  concetta,  Teriden^  del  vero,  ed  eziandio  per  la  facile  ed 
accurata  esecuzione  »  meritano  molta  lode.  Uno  sportello  però 
vedesi  dì  gran  Iqoga  agli  altri  inferiore,  il  quale  a  giudizio 
dei^  intelligenti  devesi  credere  di  altro  arteflce  ;  ed  é  quello 
che  offre  le  storie  seguenti:  le  nozze  di  Gana,  il  battesimo 
di  Gesù  Gristo  e  la  trasfigurazione.  Ma  intorno  al  mmto  di 


Digitized  by 


Google 


LIBKO  II.  GAP.  V.  259 

quest'opera  deO' Angelico,  meglio  fora  udire  il  giudizio  che  ne 
porgeva  fl  di.  P.  Tanzini,  ddle  arfi  belle  oonosoilove  ed  amatore 
grandissima 

e  Ma  tra  le  stupende  e  innnmerabiK  pitture  di  tati  quelle 
cbe  eondosse  per  gli  sportelli  deD'  armadio  delle  argenterie  nella 
cappella  della  Nnnziala»  latta  erigere  da  Pietro  di  Cosimo  dei 
Medici,  e  ebe  oggi  si  conservano  nella  galleria  della  fiorentina 
Accademia  delle  belle  arti ,  sono  forse  le  più  ammivabilL  Rap- 
preseotanp  la  vita  di  Gw  C  tema  favorito  al  nostro  piissimo  ar* 
tista,  da  Ini  sempre  meditato,  d2(  hii  vivamente  e  cordialmente 
sentita  Perciò  agevol  cosa  é  a  pensare  ohe  vi  pose  tutta  V  ani- 
ma ;  e  ove  restasse  questa  sola  <q>era  di  quel  sovrano  ingegno 
basterebbe,  io  cred»,  a  dimostrare  che  nell'espressione  reli- 
giosa egli  è  a  tutti  superiore,  che  la  sua  mente  era  illaminata 
da  un  raggio  superno,  che  il  suo  squisito  penndlQ  era  gui- 
dato dalla  fede.  I  pann^giamenti  semplici  e  maestosi,  le  mo- 
venze naturali  ma  dignitosev  T  inspirazione  delle  teste  vera- 
mente celestijdi,  rendono  queste  bene  ideate  storie  superiori 
aDa  lode,  e  Usogoa  vederle  e  rivederle  per  acquistarne  giusta 
idea»  E  come  è  proprio  di  un  bello  straordinario  e  solenne, 
forse  a  primo  aspetta  non  fanno  il  eplpo  che  sogliono  (are  la- 
vori di  un  effetto  più  brillante,  ma  che  poi  divengono  indiife- 
rentL  Più  si  studian  però  queste  dell'Angelico  più  rivehno 
all'attonito  sguardo  nuori  arcani  e  ìnenabili  pregi  L'ignorante 
e  fl  dotto,  l'artista  e  chi  è  digiuno  dei  segreti  ddl'ule,  per 
altro  s'accorgono  subito  che  vi  posano  l'occhio,  che  qualcosa 
di  straordinario  hanno  dinanzi  ;  e  quasi  non  saprebbero  indica- 
re da  che  dipenda  quell'incanto  che  provano:  ma  tutti  amm(- 


Digitized  by 


Google 


MEMORIE 

rano»  tolti  sontono  od  Intiiiio  «Botto  wm  terreno;  ogomi  Toru 
réti»  die  Tidlfaio  soo  sguardo  si  posane  ìd  qodie  caste  ini- 
magioi  di  Maria,  dei  santi,  dd  GrodOsso  »  (1). 

Segoitando  a  qarrare  i  dipioti  dalT  Aogalioo  operati  io 
Fiesole,  tre  ta? ole  troffamo  afer  egli  colorile  per  la  sua  chiesa 
éi  s.  Domenico,  e  dae  storie  a  booa  frssoo  nel  confeoto:  e 
perché  dcUe  prime  ona  soh  è  rimasta,  sendo  altra  recata  in 
Parigi,  altra  smarrita;  ne  parkremo  eoa  le  perde  slesse  di 
Giorgio  Vasari.  «  DIpiMe  simOmenle  a  s.  Domeaioo  «  Flesse 
b  tayoU  ddF  aitar  maggiore,  la  quale  perchè  forse  pareva  che 
si  guastasse,  è  stata  ritocca  da  altri  maestri  e  peggiorata:  ma 
la  predella  ed  0  ciborio  del  SacfameMo  senesi  meglio  mante- 
noti  ,  ed  infinite  figmine  che  in  mn  glorila  celeste  vi  si  veggio- 
no,  sono  tanto  beile,  die  paiano  yeramente  dì  paradiso  né  può 
chi  yi  si  accosta  saziarsi  di  vederle.  » 

Nm  d  narra  pertanto  lo  storico  qoal  tosse  il  soggetto  dd 
quadro,  ma  sembra  indidMlato  sfa  quello  che  sdo  dei  tre  di 
mano  dell'Angelico  é  rknasto  in  qaeDa  chiesa,  ed  ora  trasporr 
tato  nel  coso.  Rapprasenta  b  Vergine  seduta  b  trono  ed  divino 
800  Flg^;  qui,  come  ndle  altre  tavole,  sodo  due  santi  a  destra, 
e  due  a  sinistra;  doè  &  Pietro  iqiosido  e  s.  Tommaso  di  Aqul* 

(1)  Alcune  di  queste  storie  Teoiiero  egregiamente  iodae  dal  cb.  sig. 
AntODÌo  Perfetti  e  dalla  sua  scuola ,  uefla  lUuttrazione  delia  GalUria 
dell  Le  li  Accademia  del  disegno,  1943-1844,  e  f  iutiera  raccolU  iodaa 
in  3S  rc|;]i  dal  signor  Gio.  Batt.  Nocchi;  alla  quale  Tenne  premessa  la 
THa  di  Fr.  Cioiramiì  Angelioo  scritU  dal  Tasari,  eoo  iMa  prcfttioM 
del  P.  Pomp.  Tan^iai  »  oimamealo  dette  Scuole  Pie. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  GAP.  V.  961 

no»  s.  Domenico  e  s.  Pielit>  martire.  Alenili  angioli  in  profoiH 
da  adorazioae  le  firn  corona.  Semplice  e  graziosa  composiaoiie, 
DcUa  qoale  sod  mantcìmle  le  forme  e  la  maniera  dei  giotteschi 
Che  rappraseataase  la  predella  dod  tro?o  ricordato  nò  dal 
Vasari  né  dalla  crooaoa  dd  convento;  ma  ci  rende  questa 
avvertili ,  che  intomo  l'anno  1501  rinnovandosi  la  tribuna ,  e  tot- 
tosi  l'aitar  maggiore  per  collocarlo  altrove,  questa  tavola  yea- 
nc  restaurata  per  opera  di  Lorenzo  di  Credi;  e  come  dovea 
avere  forma  piramidale,  o  di  sesto  acuto,  venne  con  pessimo 
consiglio  riquadrata,  e  aggiuntivi  l' ornamento  e  le  figurine  che 
la  circondano.  Dopo  subite  tante  vicende,  mal  si  potrebbe  giù* 
dicare  dd  merito  della  medesima  (1).  Ignoro  cbe  avvenese 
dell'antico  gradino.  Alcuni  tengono  che  sia  presso  il  signor  Va- 
lentim  in  Roma.  Con  la  predella  scabra  andasse  smarrito  an- 
che il  ciborio. 

La  seconda  tavola  era  una  Annunziazione,  della  quale  cosi 
ragiona  lo  storico  suddetto.  «  In  upa  cappella  ddla  medesioui 
chiesa  è  di  sua  mano  in  una  tavola  la  nostra  Donna  annun- 
ziata dall'Angelo  Gabriello,  con  un  profilo  di  viso  tanto  de- 
voto ,  delicato  e  ben  fatto,  che  par  veramente  non  da  un  uomo, 

(1)  Cron,  *.  Dominici  de  Fesulis  ^  fol.   5.    a  tergo,  a  Circa  anno 

Domini  1501   tempore  prioratus  Fi\  Dominici  de  Mugello re» 

nottola  est  tribuna  capellae  majoris  in  duobus  arcubus ,  et  remotum  est 

altare  majus ,  et  positum  iuxta  murum ,  ec et   tabula  altaris 

majoris  renovata  est  et  reducta  in  quadrum  et  additae  picturae  supius 
(sic)  (  forte  superiut)  et  ornamenta  tabula/e  per  singularem  pictorem 
Laurentium  de  Credis.  » 

17 


Digitized  by 


Google 


262  MEMORIE 

ma  fitto  in  paradiso;  e  nel  campo  del  paese  è  Adamo  ed  E?a, 
che  furono  cagione  che  della  Vergine  incarnasse  il  Redentore. 
Nella  predella  ancora  sono  alcune  storiette  bdlissime.  »  Alle 
qaali  parole  noi,  per  non  arer  veduto  quel  dipmto»  non  possiamo 
altro  aggiungere.  Solo  ayyertìremo,  come  per  le  vivissime  e 
reiterate  richieste  del  signor  Mario  Farnese,  fu  a  lui  ceduto 
li  28  febbrajo  1611,  per  il  prezzo  di  1500  ducati;  rimanen- 
done alla  chiesa  di  s.  Domenico  una  copia,  che  non  fu  certo 
più  avventurosa  dell'originale,  essendosi  smarrito  Vuno  e  l'al- 
tra (a].  «  Ma  sopra  tutte  le  cose  che  fece  (hi  Giovanni ,  pro- 
sieguo a  dire  il  Vasari,  avanzò  se  stesso  in  una  tavola  ohe  è 
nella  medesima  chiesa  allato  alla  porta  entrando  a  man  manca 
nella  quale  Gesù  Cristo  incorona  la  nostra  Donna  in  mezzo  a 
un  coro  d' angdi  e  infra  mia  moltitudine  infmita  di  santi  e 
sante,  tanti  in  numero,  tanto  ben  fatti,  e  con  si  varie  attitu- 
dhii  e  diverse  arie  di  teste,  che  incredibile  piacere  e  dolcezza 
si  sente  in  guardarle,  anzi  pare  che  que' spiriti  beati  non  pos* 
sino  essere  in  cielo  altrimenti,  o  per  meglio  dire,  se  avessero 
corpo,  non  potrebbono,  perdoechè  tutti  i  santi  e  le  sante  che 
vi  sono  non  solo  sono  vivi  e  con  arie  delicate  e  dolci ,  ma  tutto 
il  colorito  di  quell'opera  par  che  sia  di  mano  di  un  santo,  o 
d'un  angelo,  come  sofio;  onde  a  grs^  ragione  fu  sempre  chia- 
inato  questo  da  ben  religioso  frale  Giovanni  Angelico.  Nella 
predella  poi  le  storie  che  vi  sono  della  nostra  Donna  e  di  s. 
Domenico  sono  in  quel  genere  divine;  e  io  per  me  posso  con 
yerità  affermar^ ,  che  non  veggio  mai  quesf  opera  che  non  mi 

(a)  y.  Documento  (  V.  ) 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  CAP.  V.  368 

paia  cosa  nuoya,  né  me  ne  parto  mai  sado  »  (1).  Le  quali  pa* 
nrie  proferite  in  una  età  che  infuori  dd  mido  e  della  immi- 
tazione  delle  statue  greehe  e  romane  parea  non  oonosoere  o 
non  apprettare  altro  bello,  meritano  a  mid  a?TÌ80  uHdta  eonr 
sideraiiooe.  Ck>loro  poi  ai  quali  parve  pericolosa  novità  Tappd- 
lazioiie  dì  stxuÀa  o  pittura  mistiea  conceduta  a  qodla  della  quale 
Y  Ang^co  è  facilmente  riconosciaAo  principe,  e  chiamano  ipocriti 
e  fanatici  i  trovatori  di  questo  vocabolo,  ci  rendano  almeno  ne* 
gìooe  perchè  i  seg^d  del  Vasari ,  di  Ghifio  Bomano,  dei  Caraccì 
ec.  non  giungessero  giammai  odia  pittura  sacra  a  cosi  rara  eccel- 
lenza. Ghe  se  confesseranno  col  Venusino,  che  pria  di  e^moro 
un  nobile  e  grande  affiato  fa  <H  mestieri  profondamente  sentirio, 
cooie  negheranno  che  di  sante  e  celestiali  contemplaciotti  non  fos- 
se la  niente  e  fl  cuore  ripieno  di  frate  Giovanni  Angelico  allora 
quando  coloriva  qodle  tavole  inerarigUose,  die  ad  un  Giorgio 
Vasari  destavano  si  profonda  ammirazione?  Se  poi  loro  spiace 
qud  vocabolo  (fi  pittura  mistica^  che  equivale  a  devota,  e  consen- 
tono ddla  cosa,  noi  non  vorremo  per  si  lieve  cagione  rifiutario 
esdegnard(2]. 


(1)  Queata  lavoU  della  Incoronamae  d«]la  E  V.  vedeti  al  preaaoie 
in  Parigi  al  Louvre,  tolta  a  Fiesole  nella  uiTasìooe  (Vanceae  Tanao  1812. 
Veone  iaciaa  e  descritta  da  A.  W.  de  Schlegel  in  P4rigì  1*  anno  1S16. 
in  ibi. 

(2)  Ninno  crederà  facilmente  come  in  tanta  luce  dì  dottrine  e  in 
tanta  gentilezza  di  costumi,  siasi  potuto  prorompere  ad  ingiurie  e  ca- 
Immie  coatro  i  seguaci  dell'arte  cristiana,  attribuendo  loro  principi  e 
massime  che  mai  non  ebbero.  Si  coniòrtano  non  pertanto  costoro  ne)la 


Digitized  by 


Google 


964  MEMORIE 

I  due  grandi  a  freBofai  cbe  il  pittore  fece  nel  eonveotoy  ebbero 
sorte  molto^diversa  ;  eonciosiachè  quello  che  d  dipinse  nel  refet- 
torio può  dirsi  aflatto  perduto;  non  oosl  V  altro  del  capitolo^  be- 
nissimo conservato.  Queste  due  storie  furono  certamente  eseguite 
dair  Angelico  in  tempi  posteriori  quando  aye?a  raggiunta  una 
maggior  perfezione,  fedendosi ,  segnatamente  in  qlwlla  del  capi- 
UAOi  grandezEa  nella  maniera»  morbidezza  ed  unione  nelle  tiùte 
delle  incamagioni ,  e  un  più  franco  e  libero  pennrileggiare.  E  a 
cominciar  dalla  prima  y  fece  nella  parete  di  fronte  al  refettorio  in 
Ogure  grandi  al  vero  Gesù  Cristo  Crocifisso,  la  beata  Vergine  da 
un  lato ,  e  dall'  altro  Tevangelisla  Giovanni  ;  dappiedi  della  croce, 
in  ginocchio  e  vedato  da  tergo,  s.  Domenico,  ma  quest'ultima  fi- 
gura sembro  venisse  aggiunta  posteriormente.  Apprezzare  il  me- 
rito di  questo  dipinto  in  ciò  cbe  è  disegno  e  colore  non  è  più  con- 
ceduto ,  dopo  che  la  mano  di  un  imperito,  che  pretese  restaurar- 
lo, e  il  vandalismo  di  chi  ne  ha  ottenuto  il  possesso,  vennero  a 
manometterla  Narra  U  continuatore  della  Cronaca  del  conv.  di  s. 
Domenico  di  Fiesole,  come  Tanno  1566  fosse  restaurato  da  un  gio- 
vine pittore  fiorentino  per  nome  Francesco  Mariani  ;  ma  Dìo  buo- 

•copo  nobilUtiiDO  che  si  Miio  propoftlO)  e  Dollà  adetìode  di  molti  tra  i 
piìi  chiari  indegni  d' Italia  e  d' oltremonti  €»m  nelle  UiMMe  come  neUe 
arti;  e  a  chi  bramaese  sapere  quali  siano  in  ^tèa  parte  i  véri  lor  sentii 
menti ,  e  quanta  la  moderazione  nel  sostenere  le  proprie  dottrine ,  léggi 
le  brevi  ma  auree  parole  che  scrivefa  11  eh.  signor  Antonio  Bianchini 
sul  Purismo  neUe  àrlL  Meritaùo  esland  io  esser  lette  le  tre  AUocuMioni 
del  medesimo  nUa  Sócietk  Remana  de§ii  Amatori  e  Cultori  delle  belle 
tfic/. -^  Fitenze  1839  coi  tipi  della  Galileiana. 


Digitized  by 


Google 


UBRD  II.  GAP.  V.  285 

no,  in  qnal  gràa!  aOargaBdo  icmlerm  e  ratEonando  il  colore, 
per  guisa  da  sparire  affitto  qodle  dilicale  votsae  tinte;  quelle 
lìbee  dolcemente  Tariate,  e  la  semidicità  delle  pieghe,  per  ìotro- 
darri  tntli  i  difetti  di  un'epoca  di  decadenza.  In  ultimo,  toUo  il 
conyeoto  ai  religiosi,  Tenne  il  refettorio  destinato  aH'uso  di  ripa- 
rare ^  agrumi  ndla  stagione  iuTemale,  con  danno  grancOssimo 
di  quel  cfipinto  (1).  Rimane  non  p^tanto  snflfajenlemente  conser- 
Taia  la  testa  bellissinia  del  s.  Giovanni,  e  il  nudo  del  Gristow 

Ma  k  storia  che  adori  nell' antico  capiMo,  per  essere  stata 
ino  al  presente  a  pochismni  nota ,  mantonnU  con  molta  diligen- 
a ,  e  da  r^Milarsi  tra  le  cosa  mi|^iori  che  r  Angdico  facesse, me- 
rita che  nm  ne  facciamo  speziale  menzione.  Ritrasse  in  questa  la 
R  Vei^line  seditta,  e,  come  ndla  tarda  perugina ,  arente  in  su  i 
ginoediì  il  Figlio  ignudo,  se  ndn  che  il  bianco  Tdo,onde  il  capo  ed 
il  seno  di  Nostra  Ponna  è  coperto ,  ìutoItc  in  un'alcuna  parie 
il  putto  eriandio.  A  destra  in  piedi  è  s.  Domenico,  a  sinistra  «• 
Tommaso  di  Aquino;  ambedue  con  libn>  aperto,  n  fondatore 
ddl'  ordine  dei  Preficatori,  non  usato  modo  di  rappresentarlo  di 


(1)  Chron*  $.  Dominici  de  Fe$uU»,  fol.  164.  «  Similiter  (  fc.  Gìor, 
Anfelìce  )  pin^fit  aliquas  fif^as  hic  F^sulis  in  refectorÌQf  in  capitulp 
ueieri,  quod  modo  e$t  hospitium  secularium-  »  E  a  fol.  10.  «  Bestaw 
rata  est  etiam  pictura  ipn'us  refectorii ,  in  qua  Crucifi^  imaffo  ,  et 
heatae  Firginisy  oc  beati  Joannis  visuntur,  Haec  omnia  qume  artis  pi^ 
etoriae  sunt  /hcieòat  peritissimus  iuvenis ,  et  qui  magnam  de  $e  spem 
exatatnt ,  Franciecus  Mariani  de  Florentia.  Expoeuit  autem  in  his 
omnibus  prior  ipse  yen.  libras*6ù  ex  K  P.  F.  Angeli  Diaceti,  et  «dio^ 
rum  amoorum  eleemosinis.  » 


Digitized  by 


Google 


206  M  E  MOB  1  B 

qoeslo  pittore,  ha  ornato  il  mento  di  folla  barba ,  e  tiene  in  noano 
il  giglio  di  sua  verginità.  Semplice  oomposiflone,  e  perciò  più 
atta  a  destare  teneri  e  devoti  affetti  ne'  rigoanboti.  Io  podie 
opere  deir  Angelico  siccome  in  questa,  ho  ravvisato  tanta  vita  e 
tanta  grazia  nei  volti ,  e  tanta  non  cnranaa  nelle  estremità  e  ne^ 
gli  accessorj.  Il  tipo  della  Veigioe  è  forse  meno  ideale  del  consue- 
to; ricorda  il  vero  scelto  di  Raffiello  e  di  Pietro  Perugino;  ed  é 
improntato  di  tale  una  bellezia  e  alaestà ,  che  ò  d' uopo  d' innan- 
zi a  quella  immagine  inchinarei  e  adorarla.  B^  a  meraviglia 
sono  1  voUi  di  s.  Domenico  e  del  Bambino;  bellisamo  qnello  di  s. 
Tommaso ,  disegnato  e  colorito  divìnunentie.  Ma  non  si  tosto  uno 
si  fa  a  oonsid^vre  le  estremità  delle  figure,  e  il  piegare  e  il  tinge- 
re dei  panni ,  che  rimane  in  forse  se  una  stessa  mano  d'iatomasse 
e  coforisse  quei  volti  >  e  il  rtncMÉienle  deir  operai  Gondosiacbè  m 
pia  luoghi  delle  vesti  non  appar  più  s^no  di  quei  bellissimi  partiti 
di  pieghe  che  sono  propri  di  lui  ;  e  i  piedi  di  s«  Domenico  e  di  s. 
Tommaso  di  Aquino,  non  sono  che  due  informi  macchie  nere.  Sos- 
pettai quindi,  che  lo  stesso  pittore  che  aveva  si  malconcio  il  firesco 
del  refettorio,  avesse  tentato  rifare  i  panni  e  le  estremità  a  questo 
del  capitolo.  Pregato  da  me  un  chiarissimo  pittore  ad  esaminario 
con  ogni  diligenza,  conscmtì  meco ,  che  in  più  luoghi  erano  segni 
di  posteriori  ritocchi ,  e  che  i  panni  segnatamente  erano  rifatti. 

Questi  sono  i  dipinti  che  fra  Giovanni  del  Mugello  fece  pei 
suoi  religiosi  di  Fiesole.  Alcuna  cosa  colori  per  le  chiese  della 
città ,  e  vengo  assicurato  rimanere  tuttavia  in  quella  di  s.  (ìerola- 
mo  una  B.  V.  col  Massimo  dottore,  ed  altri  santi.  Ma  lavorò  tante 
cose  questo  padre,  scrive  il  Vasari,  che  è  a  meravigliare  come  tan- 
to e  tanto  bene  potesse  eziandio  in  molti  anni  condurre  perfetta- 


Digitized  by 


Google 


UBRO  n.  GAP.  V.  207 

mente  on  nomo  solo.  Sembra  che  ne'  fiorentini  fosse  nata  noMo 
gara  di  avere  qnakhe  deroCa  immagine  di  mano  di  fra  Giovanni  ; 
e  le  diiese  e  gK  oratorn  della  città  le  rioercassoro  avidamente , 
come  manifesto  appare  da  nn  catalogo  che  ne  é  rimasto.  Nella 
soa  dimora  in  Fiesole  lece  indobitatamente  qad  tabernacolo,  che 
al  presente  si  vede  nella  galleria  degli  Uflizi  in  Firenze,  presso  la 
porta  d'ingresso  a  mano  manca,  il  BaMinucd  ce  ne  ha  conservato 
OD  prezioso  docomento,  che  a  quanto  sembra,  è  nn  brano  dd  con- 
tratto, o  mia  memoria,  dell'arte  dei  linainoli  per  li  qnàU  era  desti- 
nato. Al  cel.  scnUore  Lorenzo  Ohiberti  era  stato  chiesto  il  disegno 
del  medesimo,  che  non  rinsci  gran  Tatto  elegante.  Nel  giorno  11 
taglio  1433  r  arte  dei  linainoli  fermava  le  condizioni  di  qnel  di- 
pinto con  fra  Giovanni  Angdico  nei  tenmni  segnenti  :  «  Allog<»ro- 
BO  a  frate  Guido  (ecco  il  primitivo  suo  nome) ,  vocato  frate  Gio- 
vanni delF ordine  di  s.  Domenieo  di  Fiesole,  a  dipìngere  un  ta- 
bernacolo di  Nostra  Donna  nella  detta  arte ,  dipinto  ^i  dentro  e 
fuori  con  colori ,  oro  e  argento  variato ,  de*  migliorì  e  più  fini  che 
si  trofino ,  con  ogni  sua  arte  e  Industria ,  per  tutto  e  per  sua  fa- 
tica e  manifattura,  per  fiorini  cento  novanta  d'oro,  o  quello 
meno  che  parrà  alla  sua  coscienza ,  e  con  qudle  figure  che  sono 
nel  disegno  »  (!].  Questo  rimettersi  die  fanno  alla  cosdenza  dd 

(1)  Bàunsvca,  Notizie  dei  professori  del  disegno,  ec.  Decenn.  2. 
Par.  1*  del  sec.  lY.  Una  nota  di  spese  occorse  per  iì  medesimo  taber- 
nacolo per  laTori  di  falegname,  fabbro  ec  con  la  data  de*  29  ottobre 
1432  può  vederti  nelle  Memorie  Jtmliane  risguardanti  le  Belle  Arti. 
Bdogna^  1843.  V.  Serie  IV.  n.®  139.  pag.  109.  Fa  poi  trasporUta  nella 
1.  e  a.  Galleria  degli  Uflbi  ranno  1777. 


Digitized  by 


Google 


2G8  MEMORIE 

pittore  nel  determhudre  il  prezso  dell'  opera  »  dica  mm  bene  l'opi- 
nione che  nutriva»  ddla  onestà  deU'artisla.  È  questo  tabernacolo 
di  altezza  intorno  a  sei  palmi ,  e  tre  nella  larghezza.  Ha  forma  di 
tritioo,  e  chi  volesse  adoperare  il  vocabolo  di  armario  meglio  ione 
lo  significherebbe;  avendo  nd  d'innanii  doe  sportelli  eoo  forte 
serratura.  Come  voleva  11  contratto  cosi  fece  il  pittore,  eolorendolo 
entro  e  fuori  con  gran  profusione  d'oro  e  di  argento,  per  modo 
da  esaore  uno  tra  i  più  ricdn  dipinti  che  mai  vedessi  in  qoesto 
genere.  Nell'interno  fecevi  graade spianto  il  vero,  nostra  Donna 
soduta  sor  un  ricco  cuscino  tutto  trapuntato  ia  oro.  L'azzurro 
manto,  che  dal  capo  discende  fino  alle  estremità  e  cuopre  tat^ 
ta  la  persona,  con  belle  iUde  di  pieghe,  è  ornato  ugualmente 
di  grandi  fregi  aurati.  Su  i  ginoccU  deOa  Vergine  si  erge  il 
bambino,  vestito  con  bella  tunica,  e  avente  il  globo  nella  de- 
stra. Inforno  la  Vergine  ed  il  Figlio,  fece  una  ghirlanda  di 
dodici  angioletti  intenti  a  suonare  ogni  maniera  di  strumenti, 
cosi  belli  ;e  graziosi,  che  aembran  piovuti  dal  ciela  Nei  due 
sportelli  dalla  parte  ulteriore,  fece  di  pari  grandezza  san  Gio- 
vanni il  Battista  e  san  Marco;  e  nella  parte  esteriore,  san  Pie* 
tro  e  san  Marco  ugualmente.  La  quale  ultkna  figura   vi  ò 
ripetuta,  perciocché  essendo  questo  Evangelista  il  protettore 
dell'arte  dei  linaiuoli,  volevano  che,  ove  si  chiudesse  o  si  aprisse 
il  tabernacolo,  averlo  sempre  presente.  Dappiedi  di  questo  tritìco 
dovea  essere  ano  zoccolo  o  imbasamento ,  nel  quale  erano  tre 
piccole  storie,  come  <^li  era  uso  di  fare  nei  gradini  dei  qua- 
dri. Quella  di  mezzo  era  una  adorazione  de  Magi,  o  dai  lati 
erano  la  predicazione  di  s.  Pietro,  e  s.  Marco  che  ne  scrive  il 
sermone;  e  nell'altro  i  persecutori  del  santo  Evangelista  mioac- 


Digitized  by 


Google 


UBRO  IL  GAP.  V.  2B9 

eliti  da  ima  Ania  e  tempMta  di  mare.  Basendo  state  qoeste  tre 
tafolelfe  segate  dal  (abemaoolOy  ramerò  anch'esse  traspartate 
Bela  suddeUa  galleria  degfi  UfBzL  Questo  dipinfo  condotto  eoa 
oa  fare  più  grawBoso  deUeprime  sue  cose,  ed  eseguito  eoo 
gnadbsiaia  dffigenza ,  sembra  non  pertanto  ddM>le  troppo  nel 
cliiarQeciirD ;  e  dò  a  mìo  awte  è  caponato  da  quissto,  ìebe 
avendo  r  Angefico  colorite  le  sue  figure  con  tiate  leggiero  e 
trasparenti»  secondo  suo  costume,  e  sur  un  fondo  d'oit),  la 
luce,  ebe  grand&flìma  ri  rivarbera,  non  lascia  modo  air  occhio 
di  riposerà  ooq  cabna  su  quel  dipinto*  La  qual  riflessione  d 
oceorrerk-  ripelece  per  altri  sud  quadri,  i  qudi  tdti  aBa  luce 
opaca  e  raccolta  del  tempio  per  to  quale  erano  stati  eseguiti, 
reoMro  con  improvMo  consiglio  esposti  alle  gra»di  invetriate 
ddle  pobUicfae  gallerìe,  ore  l'occhio  affascinato  da  tanti  jop- 
getti  che  io  eoIpiseoQo,  non  può  gustare  ìe  caste  helleo»  di 
questa  senoh  cosi  modesta  e  devota  (1). 

Fra  le  cose  operate  nella  giovinezEa,  il  Vasari  novera  H 
tre  tevole  che  né"  sud  giorni  yedevansi  ndla  Certosa  fiorentina; 
ddle  quali,  due  andarono  smarrite,  e  la  terza,  tolta  alla  vene- 
razione  dei  fedeli,  Ai  recata  a  pasoere  la  curiosità  dei  viaggia-» 
tori  nella  galleria  degli  Uflbg.  Ddle  prime  due  parleremo  ooo 
le  parole  stesse  dello  storico  sopra  dteto.  «  Una  dette  prime 
opere  che  lucesse  questo  buon  padre  di  pittura ,  fli  ndla  CSer- 
tosa  di  FiocensEa  una  tavda  che  fta  poste  nella  maggior  <aip- 

(1)  La  benùsima  UToletU  della  Adorazione  dei  Magi  Tenne  egre- 
giamenCe  incisa  dal  eh.  signor  Livy,  allievo  della  scoola  Perfetti,  per 
b  Ukutmione  deUa  OaUerìa  degli  Uffiai. 


Digitized  by 


Google 


270  MEMORIE 

pella  del  cardinale  degli  Aooiajuidi,  dentro  la  qode  è  ma  nostra 
Domia  col  figliuolo  in  braccio  e  con  alconi  angioli  a'  piedi  die 
suonano  e  cantano  nx>lto  belli;  e  da(^  lati  sono  s.  Loren- 
zo, s.  Maria  Madddena,  s.  Zanobi,  s.  Benedetto;  e  nella  pre- 
della sono  di  figure  piccole  storìette  di  que' santi  Tatle  con  in- 
finita diligenza.  Nella  crociera  di  detta  cappella  sono  due  altre 
tavole  di  mano  del  medesiaio  ;  in  una  é  la  incoronazione  di  no- 
stra Donna,  e  nell'altra  una  Madonna  con  doe  santi,  btta  con 
azzurri  oUramarini  bellìssinìi  ».  E  perché  ddia  incoronazione 
suddetta,  che  sola  rimane,  non  fa  altre  parde^  noi  ci  studie- 
remo  descriverla ,  per  essare  uno  tra  i  più  rari  dipinti  die  Tarte 
e  la  pielà  dell'  Angelico  producessero. 

Questa  tavola  della  incoronazione  è  alta  e  larga  intomo  a 
due  palmi  e  mezzo.  Nella  parte  superiore,  una  IncentissSma 
raggiera  d*oro  parte  dal  centro  a  gnisa  di  sole  e  forma  il  fon- 
do del  quadro;  nel  mezzo  é  la  B.  V.  seduta  alla  destra  del 
Figlio.  In  luogo  di  essere  vestita  di  bianco  come  per  consueto 
sono  le  sue  Vergini  incoronate ,  ha  il  manto  di  un  bello  azzur- 
ro trapuntato  di  piccolissime  stelle  d'oro;  le  mani  dolcemente 
incrociate  sul  petto,  il  voUo  e  la  persona  alquanto  inclinati  con 
alto  di  affetto  insieme  e  di  riverenza.  Il  Verbo  divino,  ugual- 
mente che  la  madre,  ha  il  manto  azzurro  e  la  tunica  color 
ddla  rosa:  non  incorona  altrimenti  Maria,  ma  pone  una  lu- 
cidissima gemma  nel  serto  di  lei.  Concetto  supremamente  mi- 
stico, la  cui  significazione  riserbò  a  sé  il  devolo  pittore.  Una 
schiera  di  Angioli,  quanto  mai  possa  dirsi  bellissimi ,  le  fan  vaga 
ccurona,  gli  uni  intenti  a  suonare  ogni  sorta  di  istrumenti,  altri 
più  prossimi  al  trono ,  tenentisi  per  mano  in  atto  di  dama.  Due 


Digitized  by 


Google 


UBRO  IL  CAP.  V.  271 

più  sotto,  prostrati  a  piofenda  adonaEÌOBe,  ooo  ì  taribdi  k^ 
oeosano;  aUri  due  traggono  dall'arpa  celesti  melodie.  Trataoe 
dal  Tolto  e  dalle  moTenae  di  tutti  ona  graiia,  un'estasi , un'at* 
fette  merayigfioso;  onde  a  quella  lista  rioorrouo  tosto  al  pen- 
aero  le  parole  di  Daole: 

Ed  a  quel  meno  con  le  penne  sparte 

Vidi  più  di  mille  angicdi  (éstaatit 

Ciaseon  distinto  di  fulgore  e  d'arie. 
Vidi  qairi  a  kv  giuochi  ed  a  lor  canti 

Bidfipe  una  beUena»  die  letìzia 

Era  negli  occhi  a  tutU  gli  altri  santL 

PAiAMS^t  Omio  XXXJL 

Nella  imrte  inferiore  del  quldro^  don  ordine  beffissiaiQ»  dispose 
a  destra  ed  a  sinistra  gipm  moltitudine  di  santi^  che  par  rer»- 
neate  che,  giusta  l'espressione  éeU' Ailighieri ,  si  leti&no  di 
quella  yista»  e  4M  que' suoni  celesti.  Sono  da  una  parte  s«  rio- 
(olò  di  Bari,  s.  Egidio  abate,  s.  Domenico,  s.  Gerolamo» s.  Be- 
nedetto, s.  Pietro  e  s.  Paolo  apostoli^  con  altri  assaissimi:  dal» 
r  altra  handa  sono  s*  Maria  Maddalena ,  s.  Caterina  V.  e  M.  con 
altra  bdl»  schiera  di  sante,  fira  le  quali  ritrasse  pure  due  santi, 
doé  san  Stefano  protomartire  e  san  Pietro  martire  Domenicano; 
Ione  perchè  il  primo  è  didla  chiesa  contraddistioto  col  titolo 
di  proteggitore  del  debol  sesso,  ed  il  secondo  per  il  singolare 
amore  aUa  verginità.  Bendere  ragione  della  impressione  che 
produce  questo  dipinto,  stimo  malagevole  alla  più  scorta  elo- 
quenza. D  cuore  ha  un  linguaggio  cui  non  risponde  sempre  b 


Digitized  by 


Google 


S72  MEMORIE 

parola ,  e  noi  non  poisiaiiio  gìaaanai  oontenqiiare  qqatto  qua- 
dro, senza  MtiUrci  anamorati  del  oido.  Oh,  simile  a  qoesCo 
siano  lutti  quelli  adoperati  daUa  ohiesa  cattolica,  che  agli  ìii- 
Mci  da  lei  divisi  nelle  cvedeose,  sarà  tolta  molta  cagione  di 
calanniare  il  callo  delle  sacre  immagini,  se  più  ddla  parola 
slessa  sanno  persuadere  F  amore  della  virtù  t  Non  possiamo  nel 
(cmpo  slesso  non  lamentave  T  improntitndìne  di  chi  collocò 
presso  questa  celeste  visione  ddl'Angdioo,  la  sconcia  nudità 
della  ninfa  dell' Allori,  quasi  volene  rintuzzare  o  sminuire  l'eC- 
fetto  religioso  prodotto  dal  primo.  Come  opera  d'arte,  questo 
dipinto  ha  lode  di  un  buon  disegno,  di  firescheBui  e  trasparenza 
nel  colore;  neir arieggiare  dei  volli  è  vario,  espressivo  e  devo- 
to; nelle  pieghe  rarissimo:  in  breve  tale  che  più  non  è  dato 
desiderare  (1). 

Non  anderebbesi  farse  lungi  dal  vero  ove  si  collocassero 
eziandio  fra  le  cose  dall'Angelico  colorite  io  Piesole,  la  tavola 
già  ddte  monache  di  s.  Pietro  in  Piazm,  ora  nella  galleria  degli 
UlDzì  presso  la  porta  d'ingresso,  e  la  depcvrizbne  di  Croce  del- 
l'Accademia  del  disegno,  nella  galleria  dei  piccoli  qoadri,  con- 
trasegnata dd  nomerò  43.  Ambedue  cosi  nel  dbegao  come  ndk 
composizione,  mi  sembrano  eseguite  più  fedelmente  sullo  stile 
del  giotteschi;  e  abbenohè  risplendano  per  molti  pregi,  segna- 
lamento la  deposizione,  quanto  mai  dir  si  pos$a  tenera  affiettno- 
sa  e  devote,  non  pertanto  lasciamo  di  descriverle:  oondosia- 

(1)  Si  8U  incidendo  con  inarrivabile  perfezione  dal  eh.  signor  Raf* 
faello  Buonajutl  fiorentino»  alla  cui  gentilezza  siamo  debitori  dei  dise- 
fni  dti  ritratti  che  adornano  queste  Memorie. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  GAP.  V.  *» 

cbè  la  prima ,  se  ne  eeceltin  alcune  Agore*,  non  è  gran  fatto 
dissimile  dalla  tavola  perugina  che  abbiamo  ricordata;  e  per 
ciò  ohe  è  della  seconda,  dovendo  in  breve  favellare  di  un  altra 
deposiiìooe  di  croce  dello  stesso  pittore ,  e  di  gmn  lunga  a  que^ 
sta  superiore,  pard  non  irragionevole  omissione  la  nostra  (1). 

(1)  Questa  deposizione  èra  ttaU  eseguita  per  la  Coafrateraita  di  s. 
Croce  del  Tempio  ;  e  fra  le  Marie  e  i  Discepoli  che  piangono  suU'  estin- 
to corpo  del  Redentore,  fece  s.  Domenico,  e  la  beata  Villana  teniaria 
Domenicana ,  sepolta  in  s.  M.  Notella ,  sulle  cui  reliquie  la  detta  Com- 
pagnia ebbe  alcun  diritto.  Questa  tavola  venne  recata  nella  Galleria 
dell'Accademia  l'anno  1786.  fiicak ,  Notizie  Jstoriche,  voi  3  pag.  104. 


Digitized  by 


Google 


af74 


CAPITOLO    VI. 

Fra  Giovanni  e  Fra  BenedeUù  del  MugeUo  si  retxmo  in  Firenze. 
—  Fabbrica  del  nuovo  eomvento  «K  ».  Marco. — Dipìnti  delt An- 
gelico per  la  chiesa  e  per  il  convento  del  suo  Ordine  f  e  per  la 
città  di  Firenze. 


^^m 


A  questo  tenmne  per^eniiti  della  vita  di  frate  Gforamii  An- 
gelico, nella  quale  parci  splendere  di  nuova  e  beUissinia  luce, 
sia  per  la  copia  de' suoi  dipinti,  come  per  una  maggior  perfe- 
zione nel  disegno  y  nel  chiaroscuro  e  ndla  prospetliya,  sentia- 
mo il  dovere  di  introdurre  brevemente  il  lettore  in  quella  parte 
della  storia  pKtorìca,  che  narra  il  rinnovellamento  ddl'arte^e 
segna  il  termine  degli  antichi  e  il  principiare  dei  moderoL  £^poca 
memoranda y  e  per  le  arti  imitatrici,  di  bellissima  gloria.  Cosi 
fosse  stata  più  durevole,  che  veramente  non  fu,  e  la  storia  non 
narrerd)be  l'eguale.  Quindi  mentre  i  popoli  si  dibattevano  fra 
la  libertà  e  la  tirannide;  mentre  la  filosofia  [ddvava  fra  i  so- 
gni della  strologia  giudiziaria,  e  moltiplicava  i  commenti  allo 
Stagirìta;  mentre  il  diritto  era  oppressivo  e  crudele,  e  nella 
religione  medesima,  per  cagione  dello  scisma,  tutto  era  turba- 
mento e  desolazione,  le  arti  tendevano  gradatamente  a  qudla 
suprema  eccellenza,  alla  quale  per  opera  di  Leonardo  e  di  Raf- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  GAP.  VI.  275 

faeDo  doyeyano  essere  8oUe?ate  ;  fiacbè  con  la  stessa  rapidilà 
ood' erano  salile,  presero  di  bel  naoTo  a  seendere  e  rovinare. 

Anoraquando  FAngelìcOy  lasciati  i  precetti  e  gli  eseoipi  dei 
SDoi  instiiatori,  si  recava  in  Fiesole  onde  vestire  le  divise  di  s« 
Dcnnenico ,  la  vecchia  scuola  di  Giotto  gik  da  oltre  on  secolo 
teneva  l'impero  dell'arte;  ma  cosi  tenace  degli  antichi  metodi 
e  ddle  primitive  tradizioni  »  che  in  si  Inngo  spazio  di  tempo 
non  avea  Tatti  quei  maggiori  progressi  che  era  dato  sperare. 
Solo  da  Stefano  fiorentino  erasi  Tatto  alcnn  tentativo  nella  pro- 
spettiva affine  di  risolvere  le  difficdtà  degli  scorti ,  ma  con  esilo 
certamoite  non  proporzionato  al  bisogna  Non  pertanto  da  diversi 
eranà  già  posti  i  semi  della  nuova  riforma  ;  i  qnalì  in  breve,  con 
amore  grandissimo  e  Y  opera  di  molti  ingegni  coltivati  e  cresciiitiv 
diedero  afl'  arte  on  novello  ineremaita  Per  due  capi  le  avvenne 
di  migliorare  il  disegno  e  fl  colore;  Tono  fo  lo  stàdio  ddh 
proepetUva,  non  per  incerti  e  vaghi  tentativi,  ma  pel  ministero 
ddla  geometria,  della  quale,  Piero  della  Francesca  e  fra  Luca 
PadoU  dei  Minori,  furon  solenni  maestri.  Paolo  Uccello  appa- 
rolla  da  Giovanni  Manetti,  e  il  Brundleaco  da  Paolo  Toscanelli, 
e  dal  P.  Ubertino  Strozzi  Domenicano  (1). 

La  scultura  e  l'orìficeria  aiutarono  il  colorire  in  quella 
parte  che  risguarda  la  ragione  dei  lami  e  degli  sbattimenti.  Per 

(1)  Di  questo  insigne  religioso  yìen  fiitU  onorata  ricordanza  nelle 
Cronache  di  è,  M.  Novella  dalle  quali  risulta,  come  lo  Strozzi  fosse  ezian- 
dio maestro  nelle  matematiche  a  Bartolomeo  Bartolucci ,  rinomato  inge- 
gnere de'  suoi  tempi.  Y.  BoaoaioiAiii.  0*<m.  ÀnnaL  voL  2  pag.  217  ad 
aon.  14t3. 


Digitized  by 


Google 


2X6  MEMORIE 

questa  Yia  Masothio  da  Ftaic&fey  die  era  fauiettieiiieiite  orefioe, 
pittore  e  sciillore;  e  ohe  arerà  ataMO' Il  Ghiberli  nd  rineltare 
le  porte  di  bronzo  dd  s.  GioTanni,  adnato  al  modellare  ìa 
jdastica»  oonobbe  il  modo  di  dar  rilieYO  alle  figure  ed  maa» 
delle  ombre.  Laonde  lei  yero  eziandio  dd  rioDOfelIamento  dd* 
l'arte,  che  la  sotdtura  prefeone  e  aiutò  la  pittm^;  come  area 
iatto  nei  tempi  di  Niooola  pisano  ani  oomindare  dd  secolo  Xlil. 
La  gloria  di  qaerta  riforma  yiene  non  pertanto  inlieramenta 
conceduta  a  Masaccio;  ma  f  giusti  estimatori  dd  merito  do- 
YVanno  confessare,  che  questi  tiwà  in  gran  parte  appianate  e 
Tinte  le  più  ardue  difficoltà  dd  dipingere;  laddove  Masolino, 
trovata  l'arte  povera  e  difettosa,  la  sdlevò a  qu^tt'alteoa. Cosi 
che  di  lui  può  a  buon  diritto  ripetavi,  ciò  che  di  Giotto  fl  Va* 
sari ,  che  rimutò  la  pittura  dall*  antico  al  moderno.  Il  biografo 
snddetto  loda  nelle  epere  di  Masolfao  la  grazia ,  la  grandezza 
della  Bsaniera,  la  morbidezza  ed  unione  dd  colorito,  ed  fl 
molto  rilievo  dato  alle  figure,  sdibeoe  nd  disegno  nd  ricono- 
sca perfètto  È  non  pertanto  indubitato  che  Masaccio  percorse 
gloriosamente  la  via  segnata  dal  maestm,  e  fermò  stahihnenle 
la  caduta  dell'antica  scuola,  e  segnò  i  principj  della  moderna* 
Per  Qpem  di  costoro  adunque  o  dd  seguad ,  fd  lesto  variala 
la  ragione  dd  comporre;  condosiachò  non  più  si  di^[K»ero  le 
figure  simmetricamente  sur  una  linea  orizzontale,  e  mal  ferme 
su  piani  indinati,  rome avean  latto  i  giotteschi,  ma  con  grazia 
ed  affetto  atteggiate  intomo  il  trono  della  Vergine  o  dd  santi. 
Tentossi  il  nudo,  sebbene  alquanto  timidamente,  e  si  variarono 
le  acconciature,  e  i  vestiri  delle  figure;  aUe  teste  si  die  più 
vita,  e  certa  citra  ingenuità  che  innamora.  Tdti  i  fondi  In  oro, 


Digitized  by 


Google 


UBAO  U.  CAP.  VI.  877 

apipurfvo  ove  dt^aniti  fabbriche,  ove  iraMii  paesi  e  yarietà  e 
keOezzadi  adomanieBiL  SegMlammle  poi  in  ialiì  i  pìHori  di  qae- 
ito  aureo  aacolo  tf  aiimira  «oa  rariasliDa  a(Ma(à»  onde  nienie  vi 
è  poco,  «ente  ¥i  è  troppo;  e  m  qoe'teo  dipittU  Totiebio  riposa 
fiaiMpyBo,eìlciiorceail  afiello<  Come  poi  lo  Madto  di  tatto  le 
parti  del  disegtio,  VìmikàiSomd  dell' aatioo  edellFero,  raoesaoro 
ioseosaNlmeale  iraTJaie  §lt  artisti  fliio  al  poalo  di  soaiitai^  U 
maio  al  fiae;  e  ooioe  perfeaenaia  Farte  venisse  a  soemave  il 
lealimenl^)»  fa  detto  da  altri»  né  d  pìaee  ripeteri(K  Ma  per  tor- 
aare  onde  siamo  partiti ,  optando  Tra  GioTaom  Angdieo,  lasciala 
la  edliaa  di  Fiesole,  recarasi  io  FiiNaCee.  p&c  «Kpiagere  il  miti- 
ìù  conrasto  di  s.  Marco  (  1496  )>  IksoUoo  da  Baokaleem  già 
morto;  Ms^sacdo  proboMmeate  coloriva  le  storie  del  Ganiiiflie; 
il  Bmodlefloo  inalzava  la  oupola  ateniyii^osa  di  s.  Maria  dal 
Fiore;  e  loreozo  Ghiberti  aveva  d%ià  qoodotte.^  tenaiioe  quella 
porte  del  battisteit),  cbe  il  BiMiarroti  giudicò  degoe  del  par»- 
dimk  Donatalo  e  Loca  della  RobUa  gareggiavamo  in  opere  4i 
scalpello  e  di  plastica.  La  vista  di  tanti  capi  lavori  dovette  fi^re 
accorto  V  Ang^lieo,  coaie  a  Ini  maBOfesero  tuttavìa  alcuna  parti 
dd  disegno;  e  a  rendere  vieppiù  accette  ai  popoli  le  sue  cele- 
sii  meditazioni ,  gli  facesse  mestieri  di  meglio  studiare  la  pro- 
spettiva e  il  cbiarosouro;  al  che  sebbene  in  matura  età  e  con 
Dome  già  chiaro^  non  isdegnò,  a  quanto  narrano,  dedicarsi.  Si 
pose  pertaoto.a  far  tesoro  delle  bellezze  di  Masaccio  al  Carmine; 
nd  qual  consiglio  fu  poi  seguitato  da  Lionardo  da  Vinci ,  dal 
Buonarroti ,  da  Raffaello,  e  da  tolti  i  più  valenti  pittori  (!}. 

(1 }  Il  Som»  faU9  il  cottfrQQCo  dett'  éèà  thU'  AngiAico  e  dk  qadlla  di 
Masaccio,  dice  non  doTersi  focilmeDU  credere  che  il  primo  in  a  vantata 

18 


Digitized  by 


Google 


278  MEMORIE 

Il  oonyento  di  s.  Marco,  la  coi  storia  appaHieiie  del  pari 
alla  religione,  alla  letteiiatiira ,  aUe  arti  ed  aQa  politica,  rico- 
nosce h  soa  origioe  sid  decUnare  del  secolo  XIII.  Stalo  Ano  ai 
primi  anni  del  secolo  XV  di  pertineiia  dei  monaci  Sil?e9lrhii, 
per  te  sappHcasioni  del  popolo  fiorentteo,  e  per  qiidle  di  Cosi- 
mo dei  Medici  al  Pontefice  Untino  V,  tolto  ai  primi  suoi  posses- 
sori, i  qoali  furono  trasferiti  a  s.Gioigiooltr'arao,  renne  con- 
ceduto ai  religiosi  riformati  ^del  covento  di  s.  Domenico  di  Fie- 
sole (1).  L'anno  pertanto  i496,8endoin  Firenze  Papa  Bngenio 
IV  «  ordinò  che  con  pompa  e  festa  ri  fossero  i  Domenicani  intro- 
dotti, come  segni  con  solennità,  giusta  il  Migliore,  non  consueta 
né  descritta  dalle  costitodoni  neT canoni.  Tre  ^escori  di  Taranto, 
di  Trerigi,  di  Patentino  accompagnavano  i  religiosi ,  e  precede- 
Tano  i  maitieri  della  Signoria,  mnidati  acdoociié  con  la  mag- 
giore possibile  pompa  i  detti  Padri  Tacessero  quella  entrata  : 
prendendone  possesso  a  nome  ddk  soa  rel%ione  fr.  Cipriano 
da  Firenze,  yicario  generale  ddla  novella  Congregazione  ddl'os- 
senranza  »  (fi).  Allora  Cosimo  dei  Medici,  il  quale  colla  magni- 
ficenza delle  fabbriche  intendeva  a  dominare  sull'animo  dei 
cittadini,  per  opera  dell' architetto  Michdozzo  Michdozzi  fece 
inalzare  sulF  antico  V  attuale  convento,  e  la  beffissima  biblioteca  ; 

età  stMdiatse  le  cose  del  secondo  giovine  tuttavia.  Ma  la  ftoria  dell'ar- 
te ricorda  altri  esempi  simili  a  questo.  -»  Stor,  della  Più.  Ittd,  voi.  L® 
epoca  1.'  Scuola  fiorent, 

(1)  AnnaL  conu,  s.  Marci  de  Fior.  MSS,  fol.  1  e  2. 

(2)  RiCBA,  Notizie  Istariéhe  delle  ehiese  fiareni.  voi.  VII.  Leàoae 
XII  $  4  pag.  117. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  VL  3f79 

e  adoraure  la  chiesa,  nella  quak  ayrdibe  Tdato  far 
pompa  Mia  oonnKla  magnìfioeiiza ,  se  pregato  dai  frafi,  non 
si  finse  riteoato  ealso  i  ooofiai  della  modesUa  e  della  povertà 
rdigioaa.  Nelle  qodi  fabbriche  spese  38,000  ducati  d'oro;  e  od 
lenpo  die  dorò  il  lavoro,  elargì  per  lo  sostentamento  degli  oprili 
novelli  366  sendi  annnL  Altri  1500  ne  agghinse  neDa  compra 
e  nel  £Mr  miniare  i  Iftri  del  coro,  come  si  disae;  senza  tatto 
dò  che  straordinarianìente  oflèriva  per  qoalsivog^  occorrenza 
dd  mededml  Ignorata  non  pertanto  il  magnifioo  Gmmo,  che 
con  d  grave  dispendio  preparava  un  asito  a  qiid  terribile  Sa- 
vonarola, che  avrebbe  in  breve  contrastato  perlinaoemenle  aDa 
sua  famiglia  la  s^noria  di  Firenae! 

L' anno  1437  l' architetto  avea  dato  comindamento  alla  fab- 
brica del  convento,  facendo  per  primo  venti  cdle  sdtanto  per 
ricovero  de'nnovi  abitaUnri,  e  ponendo  mano  a  restaiorare  la 
chiesa,  il  cui  tetto  minacciava  rovina.  Gomphita  nel  1439  la  cap- 
pella maggiore,  si  prese  ad  dbbdiire  la  chiesa;  e  fu  in  dbra 
che  vennero  distrotti  i  preziosi  freschi  di  Pietro  Cavallini  e  di 
Lorenzo  di  Bìcd  che  tutta  Y  adornavano;  e  dd  qodi  per  somma 
ventura  rimase  ona  bella  e  devotissima  annonziazione  dd  primo, 
che  bene  addita  come  una  stessa  inspirazione  guidasse  la  mano 
dell'  ignoto  pittore  di  quella  nella  chiesa  dei  Servi  e  di  Pietro 
in  s.  Marco,  Ano  a  far  credere  al  Vasari,  che  da  un  medesimo 
artefice  fossero  ambedue  operate.  Nel  1441  dovettero  essere  com* 
pinti  i  restauri  e  gli  adornamenti  della  chiesa.  L' anno  seguente 
nel  giorno  ddr  Epifania  fu  solennemento  oonsecrata  dal  card. 
Niccolò  Acciapaccio  Ardvcsc  di  Capua;  assistente  il  pontefice 
Eugento  IV  con  il  coUcgto  dd  cardinali*  La  fabbrica  del  con- 


Digitized  by 


Google 


280  MEMORIE 

vento  yenne  uttiamta  ranno  1448^  giusta  la  craMmdi  s.  ] 
ed  un'altra  del  P.  SeraOao  Raza  (1),  seoondo  a  Vasari  mI 
1452  (2)»  e  a  gHldiiio  dd  R  Kicha  anobe  dopo;  peraoochè 
narra»  che  solo  il  primo  oiriostro  ed  i  aopnalanti  dormentori 
fossero  oonpioti  nel  1451 ,  ma  troyale  poi  deboli  le  iondamenta, 
atterrato  Q  già  foto,  abbisognasse  cominoiarlo  oaoyameale  (3). 
U  ohe  parmi  inverosinde  per  ona  evidente  ngkNie.  H  primo 
chiostro  e  i  dormentorj  soperiori  vennero  dfpiirti  ddl'  Angelioo; 
e  doveaao  esserio  ioMuud  al  1445;  perciooohè  intorno  a  quel 
tempo  parti  per  Roma  oire  mori.  Devesi  dunque  seguitare 
r  autorità  della  oronaoa.  Ultimo  fira  tutti  i  lavori  è  a  «rodere  fosse 
la  biblioteca»  della  quale  per  opera  di  architettura»  niun'idtra 
la  vnice  fai  Firen».  È  tidla  soa  lungheasta  bracda  80  larga  18 
con  volta  sorretta  da  dee  filari  di  colonne  d' ordine  dorioo.  Fto 
questa  la  prima  che  in  Italia  venisse  aperta  e  mantenuta  ad 
uso  pubUìeo;  ed  èÌ4>e  a  ordinatore  dei  codici  quel  celobre  Tom- 
maso di  Sanana  »  il  quale  poi  sali  sul  trono  Pontificio  col  nome 
di  Niccolò  V»  e  che  tanta  stfaaa  ed  affetto  pose  nel  pittore  dd 
Macello  come  vedremo  (4). 

(1)  V.  Cronaca  della  Provincia  Romana,  un  voi.  in  foL  MS 

(2)  Vita  di  Miche^suto, 

(3)  Notizie  htoviche,  ec  toc  ciU  $.  3  pag.  124. 

(4)  Molte  ed  importanti  notìzie  intorno  questa  biblioteca  ponno 
rinvenirti  nella  Cronaca  del  cony.  di  t.  Marco.  Essa  era  la  pia  copiosa 
di  opere  greche  che  allora  avesse  1*  Italia  «  onde  veniva  appellata  la  Gre-» 
co.  Spento  fra  Girolamo  Savonarola ,  per  ordine  della  Repubblica ,  ven- 
nero tolti  ai  religiosi  tutti  i  codici  ed  i  Kbri ,  li  8  maggio  1498,  e  re- 
stituiti neir  ottobre  de!  IdOO.  Y.  RiCha  loc  cit.  $  5.  Il  canon.  Btsctonì 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  GAP.  VI.  •  281 

Fermate  le  epoche  deOa  fabbrica,  si  avrà  modo  di  furel- 
laie  eoa  ordiaB  cmocdogico  dei  dipinti  ohe  furono  soceessiTa- 
nwnte  operati  dair  Angelico;  giovando  eziandio  a  correggere 
dcon  errore  sft^gìlo  al  BaMinocci  ed  rì  prof.  Rosiai.  Scriye 
pertanto  il  primo,  die  le  pittore  dd  diiostro  di  s.  Marco  deb- 
bano gindicani  fira  le  cose  operate  in  gioTinezza  dal  nostro 
pittoie;  laddove  è  indaMtato,  die  se  questi  prese  a  eelorfarle 
eòindio  aeVanno  1436  «  cioè  quando  i  Domenicani  ottennero 
qnd  conTento,  P  Angelico  oofita?a  digià  40  anni;  e  dii  yolesse 
eoa  pii  ragione  crederli  operati  intomo  al  1440 ,  siccome  io 
credo  più  verosimile,  egli  allora  avrd^be  «voti  anni  53  dì  età. 
S  per  dò  che  aflerma  il  di.  Rosini,  che  Vanno  1415  Aia  Gio- 
nnni  aTesse  dfgià  dipinto  il  capitolo,  (  se  non  è  occorso  errore 
di  stampa  )  appare  ngnalmente  Mao  per  le  addotte  ragioid  (1). 

Venati  i  frati  Predicatori  nd  naovo  domidlio,  si  adq)era- 
rooo  a  talt^uomo  onde  ben  meritare  dd  popolo  florentino,  dal 
quale  erano  stati  con  tanto  panaali  signifioaziooi  dt  aObtto  ac- 
colti e  provTcduti;  sanf  Antonino  con  la  predicazione  e  la  pob- 
Hicazione  delle  opere  sue  storiche  e  morali ,  e  Y  AngeKco  e  fra 
Benedetto  col  dar  mano  a  quelle  arti  che  fino  dalla  fandollez- 
za  aTcvano  apprese.  E  se  i  religiosi  di  s.  Marco  non  ebbero  la 

bibliotecario  deUa  Laurenxiana,  ebbe  la  torte  di  rinvenire  1* inventario, 
ostia  il  regolamento  di  quella  di  t.  Marco  mandato  da  Tommato  di 
Sanana,  poi  Niccolò  V,a  Cotimo  de'  Medici}  avendolo  trovato  a  caso 
cacito  in  un  codice,  ove  erano  tcritte  le  vite  dei  Santi  Domenicani. 

(1)  BÀLDiHVca,  Notizie  dei  Professori  del  disegno,  ec  f^ita  di  fra 
Giovanni  Jngelico,  —  Rofuri,  Storia  della  Pittura  Ital,  voi.  II  p.  2 
cap.XVHInota13. 


Digitized  by 


Google 


382  MEMORIE 

gloria  di  erigersi  la  chiesa  ed  il  coavento  eoa  architetti  propri, 
come  avevano  latto  i  loro  confratelU  di  s.  H.  Novella ,  ebbero 
quella  di  abbellire  Funa  e  l'altro  con  dipinti  de' propri  pittori, 
de'  quali  vantano  una  eletta  e  numerosa  schiera. 

Nel  tempo  che  Y  architetto  restaurava  il  tempio  di  s.  Ihrco, 
fa  dato  probabilmente  a  dipingere  a  fra  Giovanni  la  tavda  del 
maggiore  aliare,  della  quale  il  Vasari  ragiona  nei  termini  se- 
guenti. «  Ma  particolarmente  è  bella  a  mnravif^a  la  taTola 
dall' aitar  maggiore  di  quella  chiesa,  perchò  oltre  che  la  Ma- 
donna muove  a  divoajooe  chi  la  guarda  per  la  sempUdtii,  e  che 
i  santi  che  le  sono  intomo  sono  simiH  a  lei ,  la  predella  neOa 
quale  sono  storie  del  martirio  di  s.  Gopimoe  Damiano  e  degH 
altri  è  tanto  ben  fatta ,  che  non  è  possibile  immaginare  di  po- 
ter veder  mai  cosa  Cattla  eon  più  diligenza ,  nò  le  più  ddicate 
o  meglio  intese  figurine  di  quelle.  » 

In  questa  tavola  variato  alquanto  il  metodo  dei  giotteschi^ 
sembra  che  V  Angelico  Tacesse  prova  di  approssimarsi  alla  nuo- 
va scuola ,  senza  però  togliere  o  scemare  Y  etEetto  religioso  del 
quadro.  Per  la  qual  cosa,  in  luogo  di  porre  le  figure  che  sono 
a  destra  ed  a  sinistra  del  trono  della  B.  V.  sur  una  linea  oriz- 
zontale e  con  ordine  simmetrico,  come  avea  fatto  per  F innan- 
zi, le  aggruppò  in  quella  vece  con  diverse  attitudini  quasi  in 
atto  di  corteggiare  la  gran  Regina  del  cielo.  Sono  a  destra  s. 
Domenico,  s.  Francesco  e  s.  Pietro  martire;  a  sinistra  s.  Lo- 
renzo ,  s.  Paolo  e  s.  Marco  evangelista  con  alcuni  angioli  ;  e  sol 
davanti  in  ginocchio,  i  santi  Cosimo  e  Damiano;  ì  quali  noi  ve- 
dremo in  presso  che  tutti  i  suoi  dipinti  eseguiti  in  Firenze,  per 
essere  questi  due  martiri  i  prolettori  deUa  famiglia  Medicea. 


Digitized  by 


Google 


UBBO  n.  GAP.  VI.  383 

Questo  di|iioto  oi  send^  eriandio  GOodoOo  con  ao  Care  alifaanto 
più  grandioso  del  ooosfieto;  ma  del  merito  soo  in  ciò  oonoeme  co- 
lore, riKeyo,  espressioBe;  ec  non  è  pù  dato  giudicare,  siRatta- 
menle  è  danneggiato  e  dilaTalo ,  non  so  ae  da  chi  tentò  on  restao- 
lo^oyyero  per  cagione  ddl'nmidità;  rimanendo  appena  traccia 
ddi' antica  b^tezza.  H  gradino  sembra  venisse  diviso  iu  più 
partì,  e  aknne  fossero  odlocate  nell'altare  di  s.  Loca  della 
cappella  dei  Pittori ,  nel  chiostro  della  8s«  Nunziata.  Appartene- 
va ton»'  anco  al  medesimo  quella  piccola  storia  de'ss.  Cosimo  e 
]>amiaoo  curanti  un  infermo,  la  quale  vedesi  nella  galleria  dei 
piccoli  quadri  nelV  Accademia  del  disegno,  contrasegnata  col  nu- 
mero 89,  e  TaUra  ddla  sepoltura  dei  cinque  martiri  segnata 
dal  num^t)  45,  che  è  un  seguito  ddla  storia  dei  martiri  che 
Tcdesi  nel  ricordato  gradino  nella  cappella  di  s.  Luca  (1). 

Dalle  memmie  del  convento  e  dal  Vasari  non  appare  cb'  eì 
facesse  altra  tavola  per  la  sua  cMesa  :  si  diede  in  quella  vece 

(1)  ATyertwmo  come  nella  stessa  gaUena  è  «n  altra  Uvola  deQo 
stesso  pittore  meglio  conserrata  della  precedente»  nella  quale  ripetè  lo 
stesso  argomento ,  yariando  solo  alcune  figure.  Per  quanto  merito  abbia 
questo  quadro ,  è  però  inferiore  a  tutti  nella  figura  della  Vergine  e  del 
Bambino,  e  molti  ne  vinee  in  quelle  di  san  Frsfttcesoo  e  di  san  Pietro 
martire,  disegnate  e  colorite  diTinamente.  Si  crede  appartenesse  al  mo^ 
nastero  soppresso  delle  religiose  Domenicane  di  Annalena.  E  slato  inoiso 
per  k  collezione  del  eh.  sig.  Antonio  Perfetti,  ed  iDustrato  dall  insigne 
letterato  sig.  Giuseppe  La-Farina.  Degna  di  consideraiiene  è  pure  la 
tavola  nefia  stessa  galleria  dei  piccoli  <^wàn ,  segnata  dal  n.^  3i  ,  nella 
qoale  1* Angelico  fece  la  B.  V.  col  Figlio  in  braccio,  o?e  le  teste  della 
Vergine  e  del  Bambino  mi  sembrano  molto  belle  e  graaiose^ 


Digitized  by 


Google 


284  MEMORIE 

ad  «fabellire  il  ooofVCBtaK  E  per  U  v«io  agli  ioloBe  bioUo  baie 
ti  modo  di  dqringne  in,  «oro,  e  faaìlinBaineùle  lo  h¥or6, 
essendo  nìentedimeBO  nel  componpe  le  sa»  oose  mollo  leccato. 
Ami  pare  che  negli  «Itimi  amo  M  TÌyer  suo  pnCerase  questo 
genere  di  pHtara ,  la  quale  vuole  pronteiza  d'ingegno  e  di  maiio; 
avendo  condottò  in  quel  genere  grandiBsimi  %inti  cesi  i»  Fi- 
renze come  in  Roma  ed  in  Orvieto.  Per  questa  via  le  opere 
sue  ultime  ebbero  sorte  migliore;  pepcioecbé  come  non  pote^ 
rono  essére  involale  dagli  oltremontani ,  cosi  rimasero  nel  tem- 
pio santo  di  Dio  a  pascere  ddla  lor  vista  la  pietà  dei  fed^  ;  né 
ebbero  a  vergognare  della  prossimHà  di  oscene  (fipindire,  come 
spesso  è  avvenuto  a  quelle  in  tavola  nelle  pubbliche  gallerie. 
Facendoci  di  presente  a  favellare  del  freschi  die  egli  colori 
nel  chiostro  e  nello  celle  dei  religiosi,  i  quali  sono  sopra  il  nu- 
mero di  quaranta,  abbiamo  giudicato  ricordare  quelO  soltanto 
che  piò  meritano  considerazione  onde  non  dSungarcì  soverchia*- 
mente;  e  perchè  abbiamo  solenne  promessa  del  eh.  signor  An- 
tonio Perfetti  professore  d'incisione  nella  I.  e  R.  Accademia 
fiorentina,  di  vederli  tutti  incisi  per  opera  sua  e  della  sua 
scuola  (1).  Nel  primo  chiostro  ,  che   al  presente   si  intitola 

(1)  Una  gran  parte,  e  certameiita  la  più  perfetta  di  questi  affre* 
•chi 9  ditegaata  e  colorita  dall'egregio  aig.  Enrico  Laborde  ai  pubblica 
di  preseote  Sii  Parigi  —  Fresque  du  coment  de  *airU  Mitre  f  h  JFIo* 
renctf  par  beato  Angelico  da  ¥ie$oU,  destiaée*  sur  ìs$  origifìsauf  par 
M.  Uettri  de  Laborde,  et  reproduites  en.  chr0mo*iiihogfaphie,  par  Ut 
procèdei  de  MM.  Eogelmaim  et  Geaff,  par  MAL  Ifoulin,  BlaidLe^Co* 
lette  et  Sanson ,  mous  la  direction  de  M.  Paul  Dekitoàìe  ^  précède»  diurne 
noti  ce  histopique  tur  bealo-Àkigfilioo  da  Fieaofe,  par  Ludo  vie  Vitet 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  n.  GAP.  VI.  S85 

da  8.  AiHonmo,  per  enervi  colorita  da  diversi  eGoellenti  pittori 
la  vita  del  s.  Aroiveseovo,  di  contro  aBa  porta  d^inpresso»  kce  sol 
moro  tm  CrodGMo  gTQHde  al  vero,  e  s.  Domenico  che  con  gran- 
dittiaio  dietto  e  pieli  abbraccia  la  croce  del  Redentore;  figu^ 
re  «fcegnate  e  condotte  con  grandlasinia  diHgenza*  ISombiaiiieife 
mi  piace  il  Biodo  tenM>  coatantemeate  dall'Angelico  nd  dipin- 
gere i  crocifissi  ;  perciocché  fai  luogo  di  seguitare  reéempto  dei 
oontempovniMi,  ritraendolo  digià  estìnto,  o  om  segid  evidenti 
od  vcHo  e  nella  persona  di  nn  eooeasivo  dolore,  e  deUo  spa- 
sine di  una  morte  violenta  e  cmdde:  egli  in  qwdla  vece,  come 
i  pittori  della  scaola  antica,  dipinge  G.  C  lottavia  vivenUe, 
▼faraanle  dalle  sue  piaghe  santissbne  copiosi  rivi  di  sangue;  ed 
imprimeoda  aid  volto  di  M  la  cahna ,  b  serenità  ed  nn'aOMto 
ossi  soarve,  che  lesto  ognuno  avvisa,  come  l'Uomo  Dio  sollra 
veramente  per  elezione  e  per  amore  :  il  qual  concetto  invita  e 
trae  fl  riguardante  oon  grande  ettcacia  a  sensi  di  compnnzio- 
ne.  Bopn  la  porta  che  conduee  ^la  sacriaiia  in  na'arcnccio, 
fece  in  mena  figura  un  s.  Pietro  martire  che  accenna  silemcio. 
Tiene  Vindice  sollevata  sulla  bocca;  ma  assid  piA  die  queir  atto 
invita  al  raccoglimento  ed  al  sitentfo,  F aspetto  severo,  e  quasfi 
direi  minaiocioso  dd  santa  Sopra  le  dira  porte  e%iò  edandio 
ia  mezae  figure  s.  Domenico,  avente  neUa  destra  la  disdfdina 
e  neHà  ainistira  il  libro  della  regola;  e  una  pietà,  os^  G.  G.  sor^ 
genie  dal  sepolcro  e  additante  le  cicatrid  Mie  sue  piaghe; 
figura  di  mi  mirabile  efetto  religioso ,  per  la  quale  la  scuola 
de'nristid  ayc^t^  mia  parziale  dilezione;  e  che  si  trova  mflnite 
volle  ripetila  in  Firenze  e  Aiori.  Sopra  la  porta  ddT  antica 
fùtestma  o  vogNam  dire  oapirfo  dd  forestieri,  con  bdraccor* 


Digitized  by 


Google 


286  MEMORIE 

gimento  fece  G.  C  io  abHo  di  pcHegrino,  .invitato  all'ospiao 
da  due  santi  Domenicani.  Le  quali  tre  figure  sono  si  bdle,  si 
devote,  e  colorite  e  dis^oate  tanto  bene»  ohe  io  non  dubito  col- 
locarle fra  le  nùgUori  che  tAc^sse  in  s.  Marco.  Seguita  quindi 
sopra  un'  altra  porta  una  mensa  figiva  dì  s.  Tommaso  di  Aqui- 
no; ma  cosi  questa  come  quella  di  s.  Domenico  sono  assaisnnio 


La  storia  però  che  fece  nel  capitolo  basta  essa  sola  a  br 
testimooJanza  solenne  dell' ingegno  e  della  pietà  grandissima  dd 
dipintore.  Né  mai  mi  parve  vedere  un  grande  e  sublime  con- 
cetto con  tanta  tenuità  di  mezzi,  e  con  si  grande  eflicacia  signi- 
ficato. E  ben  ponno  altri  vincerlo  nel  magistero  [del  colorire, 
deir ombrare,  nello  sfuggire  dei  pi^,  ea  ma  nluno  sperì  giam- 
mai destare  nel  petto  di  allr*  uomo  tanto  fremito  di  pietà  e  di 
dolore. 

In  una  vasta  superficie  di  ben  trentadoe  palmi  nella  lun- 
ghezza, e  poco  meno  ndl' altezza,  ritrasse  in  figure  grandi  al 
vero  la  crodfifisioDe  di  G.  C,  a  quanto  scrive  il  Vasari,  riehio- 
Stono  da  Coàmo  dei  Medici.  AU*arlHlrio  però  dd  pittore  venne 
lasciata  la  ragione  del  comporre;  impercioa&è  sdegnava  egli  sot- 
tostare ai  severi  canoni  dell'arte,  per  ciò  riguarda  l'unità  del 
soggetto  e  la  verità  della  storia.  Scofio  di  ogm  suo  dipinto  era 
muovere  ed  iostruire.  Tutto  ciò  potesse  condurre  a  ^pesto  ter? 
mine  egli  non  ometteva  giammai  ;  e  poneva  in  niun  cale  il  rfana- 
nente,  quasi  estraneo  all'assunto  divisamento. 

Qualsivoglia  deUa  scuola  ohe  poi  seguitò,  avesse  dovuto  espri- 
mere quel  docile  argomento,  avria  senza  meno  popolato  il  cal- 
vario di  sgherri,  di  soldati,  di  manigoldi  fieri  e  beffardi,  con 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II  GAP.  VI.  287 

lanti,  Gayalli  e  moltifudiDe  ìnnaniereyote  di  popola  Né  sariari 
omessa  una  kmtana  e  bellissima  prospettit»  di  paese;  in  lire?e 
quanto  poterà  dilettare  eoo  la  diversità  de^  oggetti,  e  eoa  la 
somig^Dia  del  yero.  Che  poi  in  cuore  non  si  destasse  od  af^ 
feCto,  die  gli  occhi  Don  dessero  noa  li^m,  poco  montava. 
L'Angelico  fenno  ne'saoi  prindpj ,  seguitò  le  tradizioni  de^  an- 
tidii  e  gli  impolsi  della  sua  pietà.  Quando  avesse  volalo  coat- 
piacere  i  Medici  e  i  raolorì  dello  studio  del  nodo  e  ddl' antico, 
il  suo  cuore  non  gfido  avrebbe  consentito.  L'argomento  era  txùj^ 
pò  sacro,  troppo  caro  dì  pittore.  Pria  di  iM»ingersi  al  dipingere 
d  si  prostrava  ai  piedi  del  crocifisso,  come  s.  Tommaso  di 
Aquino  innanzi  di  risolvere  le  grandi  quistioni  della  religione, 
della  metafisica  e  dd  diritto.  Quivi  orava  e  meditava  lunga- 
mente il  soggdto  che  d  volea  colorire.  Le  lagrime  g^  sgorga- 
vano con  sJbbondanza  dag^  occhi,  il  cuore  pa^pitavagli  con  vio- 
lenza, la  mente  si  sollevava  d<q[)ra  il  creato;  allora  tolto  il  pen- 
nello si  accingeva  al  lavoro:  e  comunque  riuscisse,  non  si  cr^ 
dea  lecito  ritoccario',  giudicando  i  concetti  formatisi  nella  meato 
quasi  cdesti  ispfarazioni ,  alle  quali  aggiungere  o  scemare  fosse 
irriverenza. 

Nd  capitolo  di  cui  si  ragiona  pose  nd  mezzo  sollevato  in 
alto  sulla  croce  G.  C  e  a  destra  ed  a  sinistra  i  due  ladroni;  dap* 
piedi  schierò  dall'una  e  dall'altra  parte  gran  mottitu<fine  di 
santi  Ndla  figura  dd  Bedentore  si  ammira  una  rara  nobiltà  di 
forme,  n  nudo  ò  tuttavia  alquanto  giottesco,  aon  pertanto  mi 
cSende  assai  meno  ddle  forme  soverchiamente  carnose  dei  cin- 
quecentisti, non  eccettuato  fra  Bartolomeo  ddla  Porta.  Inferiori 
sono  i  nudi  dd  due  ladroni;  ma  nel  vdto  deU' uno  si  legge  totta 


Digitized  by 


Google 


288  MEMORIE 

la  gioia  di  m  cerio  perdono;  neW altro  vedi  improntata  la  be- 
slenunia  e  la  dìsperazioiie  di  chi  già  assapora  V  inferno.  Dappie- 
di a  destra  pose  svenuta  la  Madre  sorretta  da  s.  Giovanni  e  da 
una  delle  pie  fiemmine.  La  Maddalena  con  slancio  aRettooso  ed 
animato  sì  protenda  ad  aiutarla  »  e  la  si  stringe  fra  le  braccia. 
Gruppo  di  tanta  befleoa  ed  efiteacia,  che  non  cede  a  qndla 
onde  il  Raoi  rilcasso  lo  svenimento  di  s.  Caterina  da  Siena;  e 
che  cava  dagli  occlu  le  lagrime.  Seguita  una  bdla  figura  del 
Battista  bea  disegnata,  ben  colorita,  la  quale  eoa  Findioe  ac- 
cenna qml  Salvatore  die  egU  aveva  aanunaiato  alle  turbe  nel 
deserto.  &  Marco  piegato  il  ginocchb,  addita  il  libro  degli  Evan- 
geli ove  egli  ha  descritta  la  vita  e  la  morte  del  Redentore.  Ul- 
tìnù  sono  s.  Lorenzo,  s.  Cosimo  e  Damiano.  A  mano  manca 
si  apre  aoa  scena  non  meno  tenera  <^A  affettuosa.  Sono  un- 
dici santi ,  la  pia  parto  fondatori  di  Ordini  religiosi,  i  quali 
soDobrano  meditare  ta>  passione  di  Cristo.  E  fors^e  fu  inlen^ 
mento  del  pittore  mostrare  in  essi  piò  copioso  il  frutto  della  re- 
demione;  e  come  il  capitolo  dovea  servire  all'uso  di  ammonire, 
correggere,  inrervonro  i  religiosi  ndla  disciplina  claustrale, 
volle  presentare  ai  medesimi  dei  grandi  modelli  da  imitare.  È 
primo  s.  Domenico  prostrato  appiè  doliti  croce ,  e  levato  in  al- 
tissima contemplazione ,  figura  disegnata  e  colorita  eccellentemente. 
Seguita  s.  Zanobi  vesc.  di  Firenze ,  il  quale  medtMa  saHe  sacre  carte 
i  vàtioinii  dei  Profeti  avverati  nel  Redentore ,  che  eg^  acceima  col 
dito.  Quel  vecchio  calvo,  con  bianca  barite,  scarno  e  logoro 
dagli  anni  e  dal  digiuno,  è  il  magno  Gerolamo,  nel  cui  pe4to 
l'amor  della  croce  attuti  le  gagliarde  passioni,  e  sembra  che 
tuttavia  chieda  forza  ed  aiuto  nella  durissima  tenzone.  Viene  poscia 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  VL  889 

s.  AgosliDo,  0  quale  medita  e  sorive^  U  rnÉriarea  dei  IBaorì, 
a  poyerello  di  Crisk),  ò  prostrato  al  soolo  io  aUo  del  pi6  ìn- 
tenao  dolore.  Figiva  fiftirabile  nella  quale  $i  legge  oa  sAtlo  che 
non  so  <fire.  S.  Beoedelto  sembra  pensare»  aon  so  qual  pia,  se 
alla  passone  di  Cristo ,  o  alla  restaurazione  detta  mona- 
stica disciplina  nell'  Ocddente.  S.  Bernardo  oontempla  con 
grande  amore  il  crocifisso,  e  si  stringe  eoa  asibe  le  mani  mi 
Ubro  al  seno;  quel  Toluoie  ove  depositò  le  tenere  effosioBi  del 
suo  cuore.  S.  Romualdo  curvo  sotto  il  peso  degli  anni ,  sorreg- 
gendo il  delnl  Ganoo  al  bastone,  sembra  pur  esao  assorto  in 
un  profondo  e  tristo  pensiero.  Un  solitario,  che  U  stimo  s.  Gio. 
Gualberto,  per  la  piena  degli  afTetti  piange  (Urotto-  Ultimi  sono 
due  santi  Domenicani,  s.  Tommaso  di  Aquino,  il  quale  consi- 
dera il  sublime  mistero  onde  il  genere  umano  ebbe  salvezza,  di 
die  egli  poi  scrìsse  con  tanta  sapienw;  e  s.  Pietro  martire^  in  cui 
la  larga  ferita  aeoenaa  com^  ei  sapesse  rendere  a  Cristo  sangue 
per  sangue.  È  poi  mirabile  in  questo  dipinto,  come  l'artista  ad 
uno  stesso  dol(»ie  del  quale  atteggiò  il  volto  e  la  persona  dei 
santi  or  ricordati,  desse  una  diversa  espressione,  contemperala 
all'  indole,  e  alla  natura  di  ciascheduno,  cosi  ohe  caldo  lo  ve- 
di a  mo'di  esempio  in  s.  Gerdamo,  tenero  ed  espressivo  in  s* 
Francesco  ed  in  s.  Bernardo,  sublime  e  meditativo  in  s.  Tom- 
maso di  Aquino,  ee.  Cosa  veramente  più  da  filosofo  mirabUe  di 
giudisio  che  da  pittore;  onde  di  lui  ben  si  direUe  ciò  che  nar* 
rasi  di  Aristide  pittore  lebano,  essere  slato  vanto  dìpinge*- 
re  Fanimo  e  le  passioni. In  quest'opera  dell'Angelico  già  appari- 
scono i  segni  di  qselli  avanzamenti  che  l'arte  avea  talli  in  Fi- 
lenie,  per  i  beUi  andari  dei  panni  e  delle  arie  che  diede  a  quel*- 


Digitized  by 


Google 


290  MEMORIE 

te  figure y e segnatanente  pw  eerta  grandeeza  nella  nìaniera^e  fd 
rilieTO  e  forza  maggiore  nel  disegno.  Non  cosi  mi  appagano  le 
estremità»  nelle  qnati  per  certa  sua  negligenza  non  di  rado  è 
scorretta  Non  pertanto  sempre  che  volle  tdse  eziandio  quella 
menda.  Fa  di  mestieri  av?erlire  che  in  mdte  parti  qoesto  di- 
pinto è  stato  ritoccato  e  guasto;  e  de  che  è  più  importabile, 
tolto  il  fondo  primitivo, azzurro  che  egli  fosse o  di  una  languida 
tìnta  a  chiaroscuro,  ignorasi  il  come  e  il  quando,  ebbervi  sostituito  un 
laidissimo  rosso,  con  danno  non  lieve  del  contomi  stessi  deHe  figure. 
A  meglio  signfficare  questa  sua  devota  meditazione,  il  pit- 
tore fece  in  dieci  esagoni  che  circondano  1*  arco  della  volta,  die- 
ci figure  prolome,  o  vo^m  dire,  mene  figure,  di  Profeti  e 
di  Sibille^  le  quali  tengono  alcuni  cartdli  con  molli  rignar- 
danti  la  passione  di  G.  C;  e  sono  quanto  mai  possa  dirsi  belle 
e  graziose.  Nd  fregio  che  ricorre  sotto  il  fresco  per  quanta  è 
la  lunghezza  deHa  facdata,  fece  in  dieci  tondini  i  ritratti  dì  s. 
Domem'co  e  degli  uomini  più  illustri  del  suo  Istituta  Abbiamo  al- 
trove narrato  come  i  frati  Predicatori  del  convento  di  Trevìgi , 
un  secolo  innanzi ,  avessero  fatto  dipingere  da  Tommaso  da  Mo- 
dena quella  gallerìa  nd  capitolo  di  s.  Niccolò,  della  quale  si 
può  vedere  una  deboUssfana  incimne  nel}'  opera  già  ricordala  del 
P.  D.  Federici,  (voi.  1.  pag.  34)  1  rdigiosi  dd  convento  di  s. 
Marco  bramando  averne  alcun  saggio,  si  procurarono o^ia  per 
quanto  io  stimo  verosimile,  di  quella  di  Trevigi.  Collocò  pertan- 
to fra  Giovanni  Angelico,  nel  bel  mezzo  il  P.  S.  Domenico  in 
atto  di  reggere  con  ambedue  le  mani  il  tronco  (fi  un  albero,  i 
cui  rami  si  distendono  a  destra  ed  a  sinislra  per  tutta  quella 
lunghezza    de'  Irentadne  palmi ,   formando  nelle  loro   volute 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  H.  GAP  VI.  391 

sedici  tondi.  È  mdto  a  dolerai  che  nei  tempi  posteriori  all'  Ange- 
lico, tolti  ad  alcuni  i  nomi  che  vi  erano  stati  scrìtti  dal  mede- 
aimOy  ne  fossero  sostifniti  altri  non  rispondenti  alla  «toria  ed 
all'originale.  Al  presente  si  leggono  a  destra,  come  riporta  il  Vasari  » 
ì  nomi  di  Innocenzo  V  FonteOce  Massimo,  di  Ugone  cardinale, 
del  P*  Paolo  fiorcnlino  (Pilastri  patriarca  di6rrado)f  di  s^  An- 
tonino ardyesc  del  beato  Giordano  di  Sassonia,  secondo  mae* 
stro  generale  dell'Ordine,  dd  beato  Niccdò  provinciale;  (  Po* 
glia  da  Giot)€naz2o\  del  beato  Renùgìo  fiorientino  (i  il  Seniore)^ 
del  beato  Buomnsegna  martire  (Cicciofwrci  fiormtino)  A  sini- 
stra è  il  beato.  Benedetto  XI  Sommo  Pontefice,  il  bea'o  Giovai^ 
ni  Dominici  card.,  il  beato  Pietro  della  Palude  appellato  il  Po- 
stillatore ^  il  beato  Alberto  Magno,  s.  Raimondo  di  Pennafort, 
Q  beato  Chiaro  da  Sesto  primo  provinciale  romano,  s.  Vincent 
20  Ferreri,  il  beato  Bernardo  martire,  probabilmente  uno  dei 
Ire  uccisi  in  Avignoaeto  Tanno  1240.  I  santi  hanno  1* aureola, 
i  beati  i  raggi  in  oro.  Non  abbisogna  molta  critica  per  tosto  ra* 
visare  die  il  nome  di  s.  Antonino  deve  esservi  stato  aggiunto 
posteriarmente.  Perdocohè,  omesso  che  i  lineamenti  di  questo  rii 
tratto  non  rispondono  in  guisa  adcuna  agli  altri  ch&  abbiamo  ve^ 
rissimi  di  lui ,  non  poteva  l' Angelico  ritrarre  il  santo  ardre- 
scoTO  con  l'aureola  intomo  il  capo  e  con  le  divise  pastorali, 
quando  il  medesimo  era  tuttavia  vivente,  e  semplice  religioso  del  * 
suo  convento  di  s*  Marco.  Se  non  che  sotto  il  nome  di  s.  An- 
tonino si  vede  trasparire  un  altro  diverso  e  più  antico  nooie.  Po- 
trcbbesi  dubitare  eziandio  di  qud  di  s.  Vincenzo  Ferreri  e  dd 
beato  Giovanni  Dominici;  o  credersi  che  l'aureola  dd  primo  e 
i  raggi  del  secon<k)  fossero  stati  aggiunti  nd  tempi   posteriori. 


Digitized  by 


Google 


392  MEMORIE 

Questi  ritratti  sono  assai  belH«  ma  attaissilm  dasmèggiati  e  se- 
gnatamente negli  occhi  (1). 

La  cronaca  del  oosTeolo  di  s.  ÌSatoo  rieorda  un  dtro  di- 
pinto del  medesimo  nel  refettorio  dei  rdigiosi ,  e  narra  fosse  ob 
crodfisso,  probabilmente  una  replica  di  queUo  obe  già  avea  co- 
lorito nel  refettorio  di  Fiesde  con  ai  lati  la  B»  V.  e  s.  Giovan- 
ni evangelio  (2).  Ma  al  presente  più  non  esiste,  ed  è  facile  a 
credersi  yenisse  distrutto  per  dar  luogo  al  grande  a  fresco  di 
Gio.  Antonio  SogCani,  rappresentante  s.  Domenico  seduto  a  men- 
sa co^sooi  frati  e  dagli  Angioli  sovvenuto  di  pane.  Il  qoale  di- 
pioto  eseguito  nel  1534»  è  tra  le  cose  migliori  di  questo  pitto- 
re, ohe  fu  uno  éà  felici  imftatorì  di  fra  Bartolomeo  ddla  Por- 
ta; anzi  alcune  parti,  e  se^piaiamente  la  soporiore,  sembrano  di 
mano  del  Frate. 

Ma  OTC  panni  che  TAngeUco  mogHo  splenda  per  bdleoa 
d'immagku,  copia  e  fecondità  di  concetti,  tenere  e  devote  cooh 
siderazioni,  e  tal  fiata  eziandio  per  eiegama  di  forme,  ò  nelle 
storie  a  fresco  ftel  convento,  nelle  quali  sono  a  quando  a  quan- 
do tai  saggi  da  reggeore  iadfaaMnte  al  paragone  con  ì  più  eooeb- 
leati  di  quella  età,  cbe  pur  di  eccellenli  aveva  tanta  dovina. 
Vdevansi  adomare  le  cdle  dei  religiori  e  i  dòrmentoq    di 

(1)  Nel  tempo  della  domiuaiìone  francese,  le  truppe  che  ebbero 
stansa  m  conTeiìto,  si  presero  il  diletto  di  togliere  le  luminelle  dagli  oc- 
dii  di  tutte  queste  figure;  il  qoal  danno  patirono  eziandio  tutte  le  fi- 
gure del  bellistimo  gradino  dei  fatti  di  a.  Nicoolò  in  Ptrogia,  die  co- 
me si  disaa  tenne  ei  pure  recalo  io  Francia, 

(2)  JnfutL  9.  Mmnci*  fol.  6.  a  terfo. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  VI.  293 

akuD  dipinto  odi' opera  del  quale  veojssero  le  loro  meati  ed  i 
loro  cuori  iocessaBteuieQte  solle?ati  alle  cose  del  cielo.  Fosse  un 
rioordar  loro  la  patria ,  il  premio  delle  fatiche»  e  gli  esempi  dd 
santi  ohe  aveirangli  preceduti.  Pensiero  forse  suggeritogli  da  s. 
Antonino.  Ci  gode  F  animo  di  potere  far  meglio  conoscere  que- 
ste mirabili  ed  ingenue  produziom  delF  Angelico ,  cosi  mal  note 
oaiiatlo  ignorate  dagli  storici  delle  arti  In  esse  non  prese  a  narrare 
h  leggenda  della  B.  V.  come  scrive  il  eh.  Montalembert,  ma 
si  la  vita  di  G.  C  solo  aggwogendori  della  prima  qnesi  fatti  che 
necessarìameate  coogiungono  la  yita  ddla  Madre  a  quella  del 
Figlio;  e  sono  il  più  delle  volte  tolte  da  queOe  trentacinque  sto- 
rie di  G.  C  che  si  dissero  dal  medesimo  colorite  nei  sportelli 
deUa  SS.  Annunziata,  e  in  un  fiior  d'opera  alcun  santo  Do- 
menicano, secondo  la  devozione  del  rdigioso  che  abitava  la 
odh. 

A  procedere  ordinati  seguiteremo  la  storia,  non  già  F  ordine 
delle  cdle;  soltanto  dei  principali  dipinti  facendo  menzione,  riserban- 
do gli  aldi  nen'q)era  che  venne  annunziata  dal  eh.  prof.  sig.  An- 
tonio PòrfettL  Primo  si  presenta  FAnnunziaziane  della  B.  V.  nel 
dormentorio  superiore,  in  figure  poco  minori  del  vero.  Sur  una 
sDperfirìe  della  lunghezza  di  dieci  palmi,  ritrasse  F abitazione 
di  nostra  Donna ,  che  circondò  di  un  vestìbolo  o  loggiato  a  co- 
lonne d'ordine  Corintio,  quasi  nel  modo  stesso  di  quello  cheei 
fece  in  Corcona  ;  e  sebbene  nella  prospettiva  non  sia  corretto ,  gli 
venne  eseguito  meglio  del  primo.  Fuori  è  F  orticello  delizia  Ji 
Maria ,  da  folta  siepe  e  da  cancello  tutto  ricinto  e  chiuso  alF  in- 
tomo» figura  della  quale  si  serve  la  chiesa  a  dinotare  la  inte- 
merata verginità  di  Lei.  La  verginella  di  Nazzaret  è  seduta  su 

19 


Digitized  by 


Google 


294  MEMORIE 

povero  sgabello;  ha  la  tuiMca  dì  un  rosso  languido»  il  manto 
azzurro  ripiegato  sopra  i  ginocchi  »  le  braccia  conserte  al  seno, 
il  volto  y  se  non  vaghissimo  »  carto  splendente  di  verginale  can- 
dore e  della  calma  dd  paradiso:  ha  U  biondo  crine  alquanto 
abbandonato  sul  collose  l'atto  umile  e  devoto  per  modo ,  die  a 
chi  contempli  quella  cara  immagine,  corre  tosta  spontaneo  sul 
labbro  V  angelico  saluto  :  Ave  Maria.  E  perchè  non  fosse 
alcuno  si  irriverente  e  villano,  che  innanzi  a  Lei  si  rifiu- 
tasse a  quell'ossequio,  il  buon  pittore  ne  fece  in  iscritto  ricordo 
sotto  il  dipinto  (1).  La  figura  ddT  Angelo  è  di  una  meravigliosa 
bellezza.  Piegato  alquanto  il  ginocchio;  le  braccia  incrociate  sul 
petto,  con  dolce  sorriso,  con  avida  espettazione  attende  il  so- 
spirato assenso.  Non  altrimenti  descrisselo  l' Allighierì  nel  XXXII 
canto  del  Paradiso  (2).  Se  uno  ha  veduto  la  mirabile  annunzia- 
zione  della  chiesa  dd  Servi ,  e  quella  bellissima  dd  Cavallini  in 

(1)  Vi  si  legge:  f^irginit  intacimi  dum  veneris  ante  Jigttram  , pre^ 
tereundo  ca^e  ne  siUatur  Ave,  E  eopn  :  muuer  pieuuie  et  totius  TriniUàis 
nobile  triclinium.  Maria» 

(2)  Qual  è  ^uel'  Jngel ,  die  con  tanto  giuoco 

Guarda  negli  occhi  la  nostra  Begina 
Innamorato  sì  che  par  di  fuoco  ? 


.     .  «.     .     .     .  Saldezza  e  leggiadria 
Quanta  esser  puote  in  Angelo  ed  in  alma 
Tutta  è  in  lui ,  e  si  wolem  die  sia 
Perchè  egli  è  quegli  che  portò  la  palma 
Giuso  a  Maria  t  quando  il  FigUuol  di  Dio 
Corcar  si  volse  della  nostra  salma* 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  li.  GAP.  VL  Ì95 

8.  HaroOy  avviserà  di  leggieri  quanto  la  scuola  de'  mistici  in  co- 
sìffialto  argomento  vinca  di  lunga  mano  i  pittori  delle  età  succes- 
sive. E  bene  avverti  il  eh.  Tommaseo  la  cagione  per  la  quale  i 
più  dei  moderni  non  giunge  a  dipingere  a  colori  e  a  parole 
ramor  vero,  il  pudore,  la  fede,  la  speranza,  la  calma.del  giu- 
sto ,  (che  pure  in  questo  dqrinto  splendono  a  meraviglia  )  essere 
«  perchè  in  noi  V  amore  troppo  spesso  i  la  stanchezza  dell'odio^  il 
pudore  è  sulC  orlo  della  malizia^  la  fede  è  fede  da  criticif  la 
speranza  e  rabbiosa  ^  la  calma  i  più  minacciosa  sovente  della 
tempesta  »  (!]• 

Nella  Natività  ripetè  il  concetto  slesso  che  negli  sportelli  della 
SS.  Annunziata;  ed  è  uno  dei  più  vaghi  dipinti  e  de' meglio  con- 
servati. La  Presentazione  al  tempio  ricorda  alquanto  il  pensiero 
di  Giotto  espresso  in  quelle  piccole  tavolette  della  galleria  del- 
l' Accademia  dd  disegno.  Né  con  più  verità  potrd)be  rendersi 
l'affetto  ddla  madre,  ed  il  giubilo  del  santo  vecchio  Simeone, 
beato  di  strìngersi  fra  le  braccia  il  promesso  liberatore.  Per 
quanto  abbia  sofferto  questo  dipinto  dall' aversi  voluto  con  pes- 
simo consiglio,  togliere  il  fondo  primitivo  per  sostituirvi,  come 
nel  capitolo,  una  tinta  laidissima  con  danno  evidente  dei  contor- 
ni, è  tuttavia  molto  bello,  segnatamente  la  testa  del  vecchio  e 
della  madre.  Ma  ove  l'Angelico  vinse  certamente  se  stesso;  ove 
die  saggio  del  quanto  valesse  nel  disegno ,  nel  chiaroscuro ,  nel 
colore,  e  ciò  che  più  monta,  nella  verità  e  nella  espressione, 
è  per  confessione  di  tutti  nella  Adorazione  dei  Magi^  con  la  qua- 
le sembra  volesse  dare  a  conoscere,  come  a  raggiungere  certa 

(1)  Nuovi  Scritti,  voi.  2.  pag.  305. 


Digitized  by 


Google 


296  MEMORIE 

parfezione  nel  comporre»  noi  tardassero  le  difficoltà  deU'arle, 
ma  si  le  seyere  massime  che  ei  professaya;  e  come  sapesse  al- 
l' aopo  Cbut  tesoro  delle  bellezze  di  Masolioo  da  Panicale  e  di  Ma- 
saccio, senza  ponto  violare  i  canoni  ddl'  arte  cristiana.  Per  qaét- 
tunqne  bellissime  siano  le  dae  tavolette  di  qnesto  stesso  argo- 
mento, e  dal  medesimo  colorite,  ona  ndla  galleria  degli  Uffizi, 
l'altra  in  quella  dell'Accademia  fiorentina,  non  pertanto  sodo 
di  gran  lunga  da  <{Uf|sta  vinte  e  superate. 

Avea  Cosimo  dei  Medid  fatto  murare  nel  convento  di  s. 
Marco  un  appartamento  a  suo  uso ,  onde  aver  agio  di  mtratte- 
nersi  famigliarmente  con  s.  Antonino  e  con  i  due  fratelli  del 
Mugella  Quivi  aveva  stanziato  il  Pontefice  Eugenio  IV,  allora- 
quando  assistè  alla  consecrazione  della  chiesa  (  1442  ).  Egli  ò 
adunque  molto  probabile  che  questa  adorazione  dei  Magi,  allu- 
siva alla  festa  della  Epifania ,  nel  qual  giorno  avvenne  quella 
consecrazione,  fosse  dipinta  appunto  in  quel  tempo,  volendosi 
condecorare  T  appartamento  del  Pontefice.  Dovea  pertanto  fra 
Giovanni  Angelico  dare  tal  saggio  dd  suo  ingegno,  che  ooooor- 
dasse  alla  grandezza  dei  due  ospiti,  e  all'amore  con  cui  es- 
si proseguivano  le  arti,  delle  quali  Ck)simo  principalmente  era 
munificenlissimo  protettore  per  natura  o  per  politica. 

Disegnò  adunque  con  lontana  prospettiva  i  monti  della  Giu- 
dea ;  che  a  non  distornare  l'occhio  e  la  mente  dalla  scena  che 
si  para  innanzi,  tenne  non  pur  disadorni,  ma  nudi  d'ogni  ver- 
zura.  Nel  vivo  del  sasso  incavato  è  il  povero  ostello  che  die  ri- 
cetto al  nato  Salvatore.  La  Vergine  adagiata  su  troppo  umile 
seggio,  tiene  il  divino  suo  figlio  sopra  i  ginocchi.  Le  è  a  man- 
ca lo  sposo,  il  quale  considera  il  presente  btto  da  uno  dei  re. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  GAP.  VI.  297 

Innanzi  prostrato  a  terra  con  segno  dì  profondisslnoa  adorazio- 
ne, e  per  canizie  Tenerando»  è  il  primo  de'Magi»  Q  quale  depo- 
sto il  serto  regale  9  con  grande  aOétto  appressa  le  avide  labbra 
al  bacio  dei  piedi  dell' Infante ,  cbe  con  fanciollesca  grazia  lo 
benedice.  Dietro  da  hii  è  il  secondo,  che  piegate  a  pore  a  terra  le 
ginocdna,  mostrasi  anzioso  di  compiere  qiiell'nflBcio.  Il  terzo, 
più  giovine  degU  altri ,  è  in  piedi  tnttora.  Viene  in  seguito  nu- 
merosa comitiva  di  fanti,  di  servi,  di  cavalli,  ben  disposti  ed 
aggrappati  ;  dei  quali  alcuni  si  stringono  insieme  a  caldo  ragio- 
nare; e  a  fare  avvisati  che  que' satrapi  o  principi  erano  studio- 
si delle  cose  astronomiche,  pose  neDe  mani  di  uno  di  questi  la 
sfera  armillare ,  quasi  cercassero  render  ragione  di  quella  stella 
meravigliosa  die  aveali  guidati  per  via.  Concetto  assai  fdice- 
mente  sanificata  Gli  altri  sono  alla  custodia  dei  cavalli;  e  som- 
mamente mi  diletta  l'ultimo  a  destra ,  il  quale  vole6do  aflBssare 
lo  sguardo  nella  stella  hicentissima,  che  sta  sopra  T  ostello  del 
Redentore,  si  fe  con  bell'atto  ddDa  mano  schermo  agli  occhi 
contro  i  raggi  della  medesfana.  E  a  dire  alcuna  cosa  dei  pregi 
artìstici  di  questo  dipinto;  pard  che  la  B.  V.  e  il  Bambino  sia- 
no verametite  di  sovrumana  bellezza.  Né  meglio  potrebbe  essere 
disegnata  e  colorita  la  figura  del  primo  dd  Magi,  né  megKo 
espresso  l' affocato  desiderio  di  appressare  le  labbra  a  qud  pie- 
di santissimi.  Uguali  pregi  hanno  le  altre  due  figure  dei  re ,  che 
vengono  appresso,  per  certa  nobiltà  e  grazia  che  traluce  nd 
loro  volti  ;  ma  quanto  mai  può  dirsi  bello  é  il  gruppo  di  que- 
gli scudieri  o  cortigiani,  i  quali  raccoltisi  insieme,  favellano  di 
quel  mirabile  avvenimento.  Né  tu  ben  sai  se  più  debba  lodarsene 
la  bellezza  delle  forme,  o  la  varietà  delle  accondature  e  dd 


Digitized  by 


Google 


MEMORIE 

vestiri,  d^ni  di  qualunque  più  celebre  dipintore.  Ninno  ricu- 
serà certamente  di  ravvisare  in  esse  una  (èlice  imitazioiie  dì  Ma- 
solino  ,  essendovi  un  movimento ,  una  vita,  una  grazia  »  che  è  sol 
propria  di  lui;  e  ciò  segnatamente  apparisce  nel  rilievo  mag- 
giore che  hanno  le  flgure  di  questa  storia.  Le  estremità  stesse 
sono  ben  disegnate ,  e  lo  sfuggire  dei  piani  assai  ragionevole.  In 
breve ,  non  vi  è  cosa  della  quale  V  occhio  e  la  mente  non  siano 
pienamente  appagati.  Molto  è  a  dolersi  che  questo  dipinto  ab- 
bia non  poco  sofferto  dal  tempo ,  minacciando  in  pia  luoghi  di 
cadere  l'intonaco;  né  ben  so  se  più  verrà  fatto  dì  preservarlo 
da  non  lontana  rovina. 

Pregi  bellissimi  hanno  eziandio  le^  storie  seguenti  —  Il  Ser- 
mone di  G.  C.  sul  monte,  la  Trasfiguraztane ^  e  l'Istituzione  del 
ss.  Sacramento ,  nella  quale,  seguitando  il  modo  tenuto  dai  giot- 
teschi, l'Angelico  figurò  gli  Apostoli  seduti  aQa  mistica  cena, 
e  G.  C.  avente  il  calice  nella  sinistra,  e  con  la  destra  mano 
porger  loro  nelF  ostia  consecrata  il  suo  corpo  ed  il  suo  sangue. 
Niuno  sperì  giammai  di  potere  si  maestrevolmente  esprimere  sul 
volto  de'  discepoli  la  grandissima  meraviglia ,  la  tenera  divozio- 
ne e  r impaziente  desiderio  di  nutrirsi  di  quel  cibo  divino;  né 
la  maestà  e  l'affetto  insieme  dd  Redentore.  fiélV Orazione  di  G* 
C.  sul  monte  degli  ulivi,  assai  mi  aggrada  il  modo  tenuto  dal  pit- 
tore, che  a  far  meglio  apparire  la  fiacchezza  degli  apostoli,  i 
quali  in  quel  crudele  trambasdamento  del  maestro  si  erano 
abbandonati  a  profondissimo  sonno,  fece  in  un  fuor  d'opera  la 
Nostra  Donna  e  Marta  in  atto  di  orare  e  di  meditare.  Molti 
pregi  si  ammirano  nel  Tradimento  di  Giuda,  ma  forse  assai  più 
nella  storia  ove  ritrasse  G.  C.  \iliposo  dalla  sbirraglia  di  Erode. 


Digitized  by 


Google 


Libro  u.  cap.  vi.  299 

Come  al  fìiUxre  non  pativa  T  animo  di  figurare  la  santa  uma- 
nità di  lui ,  con  atti  troppo  indegni  Tituperata  e  derisa ,  stadio 
modo  di  fare  in  alonna  guisa  appérire  sotto  le  umili  spoglie 
mortali,  la  sua  divinità.  Pdse  pertanto  G.  C  sedato  in  trono 
eoo  grandiarima  maestà ,  bendati  gli  ocehi,  ma  trasparenti  dal 
Tdo,  severi  e  qaasi  minacciosi.  Pose  a  lui  nella  destra  il  ^ot», 
nella  sinistra  in  Inogo  di  scettro,  nn  mazzo  di  verghe,  e  solo 
redonsi  accennate  le  mani  ed  Q  volto  dei  belèggiatorL  La  bian- 
ca veste  che  lo  ricopre  ha  facile  e  bellissima  andatara  di  pieghe. 
Dappiedi  dd  trono  fece  sedati,  h  Vergine  Addolorata  alla  de- 
stra, ed  a  sinistra  s.  Domenico;  il  quale  con  atto  vero  e  gra-r 
zioso,  tenendo  un  libro  sur  i  ginocchi  medita  profondamente  le 
nmiliaziooi  del  Verbo  Divina  Per  simil  guisa  in  luogo  di  effigia- 
re Gesù  Cristo  sotto  il  tempestar  dei  flagelli,  feoelo  bensì  legato 
aUa  colonna,  ma  noti  già  vi  ritrasse  i  carnefici  intenti  a  qudl'atto 
spietato;  pose  in  qudla  vece  di  contro  al  medesimo  il  santo  fon- 
datore dell'Ordine  dei  Predicatori,  che  denudate  le  spalle,  si  di- 
sciplina. La  Crocifissione  oolorl  in  più  odle;  e  in  quella  abitata 
dall'autore  delle  presenti  memorie,  ritrasse  con  devotissimo 
concetto,  G.  C  che  sale  il  patibolo ,  offerendosi  spontaneo  alla 
morte,  e  d'appiedi  in  atto  di  venir  meno  la  madre  fra  le  brac- 
cia della  Maddalena.  Nella  cella  contigua ,  appiedi  del  crocifisso 
ritrasse  la  Vergine  dolentissima,  s.  Giovanni  che,  mal  potendo 
reggere  alla  piena  dd  dotoro,  piange  dirotto;  quindi  s.  Dome- 
nico e  s.  Tommaso  di  Aquino  rapiti  nella  contemplazione  di 
quello  ineOabile  mistero  di  amore. 

Omesse  le  altre,  dirò  di  tre  che,  dopo  l'adorazione  dei  Magi, 
mi  sembrano  vincere  tutte  le  ricordata  Nelle  Harie  al  sepolcro 


Digitized  by 


Google 


300  MEMORIE 

ritrasse,  giusta  Fe^resmno  eyangeiica,  inoayatd  nel  vivo  sasso 
un  capevote  recinto,  entro  del  quale  yedesi  di  bianoo  manne 
e  scopercfaiMo  il  sepolcro  dd  Bedentore.  Nella  superior  parte 
del  medesimo  é  G.  C.  risorto,  avente  neUa  destro  il  segno  tri- 
onfale. Le  pie  femmine,  venate  a  porgere  estremo  niBcio  i 
lagrime ,  di  baci  e  di  profumi  alla  adorata  sakna  dd  Salvatore 
sono  tre  figure  egregiamente  disegnate;  e  con  segni  di  si  pro- 
fondo dolore,  che  in  rimirorle  l'animo  è  grandemente  com- 
mosso. Quanto  mai  può  dirsi  bdlo,  e  non  per  mano  mortale 
ma  celeste  coldritOy  è  l'angdo,  il  qnale  sedato  sai  labbro  dd 
sepolcro,  con  graxia  beUissima  accenna  e  dk»  alle  sconscdite» 
che  Cristo  è  risorto.  Feceìodandio  in  un  ftaor  d'opera  e  in  meoa 
figora  s.  Domenico,  die  medita  la  gloria  di  quel  risorgimento, 
ed  è  improntato  di  una  soavità  veramente  angeHca.  La  parte 
supcriore  di  questo  dipinto  ha  patito  non  lieve  danno.  Ndla  Di- 
scesa al  Limbo  dei  Padri,  che  egli  ritrasse  nella  cella  di  s.  An- 
tonino, parve  al  chiariss.  prof.  Rosini  avere  di  iorza  e  di  poe- 
sia vinto  e  superato  sé  stesso.  Sol  limitare  di  oscorissimo  speco 
vedesi  la  figura  nobilissima  del  Redentore,  il  quale  con  atto  ed 
incesso  trionfale,  atterrate  le  porte  infernali,  schiaccia  sotto 
di  qudle  Ludfero,  ndla  stessa  guisa  che  vedesi  ritratto  dal 
Memmi  nel  capitolo  di  s.  Maria  Novella.  Pensiero  derivato  dai 
gred  nei  giotteschi.  Il  Salvatore  porge  la  destra  al  primo  pa- 
rente, dietro  al  quale,  con  ansia  e  giubilo  grandissimo,  si  strin- 
ge, incalm  e  preme  la  turba  innumerevole  di  quelle  anime  av- 
venturose. Quante  fiate  mi  posi  a  considerare  questo  dipioto, 
nel  quale  è  gran  verità  di  espressione  unita  ad  un  felice  oon- 
cdto,  altrettante  dovd  confessare,  che  se  la  naturo  soavissima 


Digitized  by 


Google 


UBRO  n.  GAP.  VI.  aoi 

deir  Angelico  parea  averlo  creato  solo  a  significare  teneri  e  de- 
▼otì  conoqyimenCi;  era  in  Ini  non  pertanto  si  i^rrido  immagina^ 
re,  e  si  svariata  e  tanta  la  copia  delle  immagini,  che  potea  di 
fecondità  e  di  bellezza  gareggiare  con  i  più  lodati. 

Ultima  delle  storie  a  fresco ,  e  sopra  tatte  le  altre  bellissima , 
odia  quale  appare  sovrano  maestro  nel  rendere  le  ineffabili  gioie 
del  cielo,  è  la  tncorcnamne  della  Vergine.  Se  con  molte  lodi 
abbiamo  encomiata  quella  in  tavola  nella  I.  e  R.  gallerìa  degli 
UflBzi,  questa  parci  eziandio  pia  celeste.  Noi  tenteremo  bensi  de- 
scrivere il  modo  tenuto  dall'artefice  nel  significare  con  linee  e 
colorì  questo  suo  devoto  concetto;  ma  a  rendere  in  alcuna  guisa 
l'Impressione  die  desta  la  vista  di  un  tale  dipinto,  confessiamo 
non  bastarci  r ingegno  e  h  parola.  Sopra  candida  nuvoletta, 
tutta  da  vaga  iride  circondata ,  ritrasse  la  Vergine  bianco  vesti- 
ta. Le  braccia  ha  conserte  al  seno,  il  volto  atteggia(o  a  cele- 
stini sorriso,  e  la  persona  alquanto  inclinata  in  atto  di  proten- 
dersi verso  del  Figlio:  e  stava  tutta  umile  m  tanta  gloria  (1). 
n  divin  Verbo,  in  cui  ella  s'incnise,  siedde  aUato,  e  fa  segno 
di  incoronarla.  Non  che  ei  regga  con  le  mani  l' aureo  diadema  ; 
die  anzi  appena  il  tocca  con  Y  estrema  parte  di  esse ,  quasi  in 
atto  di  inviarlo  a  dngere  il  capo  ddla  Madre.  Pensiero  sublime 
che  richiama  alla  mente  il  fiat  della  creazione.  Ha  egli  eziandio 
bianca  la  veste,  h  quale  sul  candore  delle  nuvole,  solo  da  leg- 
gera tinta  di  chiaroscnro  ombrata,  rende  immagine  di  cosa 
non  pur  leggiera,  ma  aerea.  E  se  l' Angdioo  nel  magistero  dd- 
le  pieghe  è  sempre  perfetto,  in  queste  è  piuttosto  meraviglioso. 

(1)    PmABCà. 


Digitized  by 


Google 


302  MEMORIE 

Dappiedi  dipinse  (re  santi  a  destra  e  tre  alla  sinistra,  qodi 
ogoalmente  da  candida  nube  sorretti ,  estatici ,  innamorati  con- 
templano quella  gloria.  Qui  parci  viemmeglio  seguitare  la  cau- 
stica dell' Àllighìerì;  conciosiachè  dispose  queste  sei  figure  sopra 
una  linea  semicircolare ,  quasi  una  di  quelle  ghirlande  di  spìriti 
beati  i  quali  di  continuo  cantano  e  danzano  intomo  al  trono  di 
Dio:  e  sono  s.  Paolo,  s.  Tommaso  di  Aquino,  s.  Benedetto,  s. 
Domenico,  s.  Francesco  e  s.  Pietro  Martire.  Tutti  a  un  modo 
stesso  tengono  sollevati  gli  occhi  e  le  mani  al  cielo  ;  e  trahice 
dai  loro  volti  un  gaudio,  una  beatitudine  che  in  vederli  sem- 
bra essere  rapiti  fra  il  consorzio  dei  comprensori.  Questa  storia 
è  condotta  con  tmte  cosi  dilicate  e  trasparenti ,  con  tale  e  tanta 
soavità  di  pennello,  che  in  luogo  di  un  dipinto,  tien  forma  di 
una  visione  celeste;  e  forse  tale  apparve  veramente  al  devoto 
dipintore  nell'atto  di  colorirla  (1).  Nel  secondo  dormentorio  sul 
muro  fece  eziandio  la  B.  V.  col  Figlio,  circondata  da  molti  santi, 
tutte  figure  ben  disegnate,  e  nel  tingere  delle  carni  e  dei  panni, 
assai  maestrevolmente  condotte. 

Questi  sono  a  mio  avviso  i  più  pregevoli  freschi  dei  qaali 
si  adomi  il  convento  di  s.  Marco;  la  più  parte  benissimo  con- 
servati, ma  per  somma  disavventura  non  è  lo  stesso  di  tutti 
quelli  che  fece  nelle  celle  a  mano  destra  del  secondo  dormen- 

(i)  Di  questa  incoronazione  ne  fu  catata  alcuna  copia  dal  P. 
Serafino  Guidotli,  religioso  di  questo  stesso  convento,  il  quale,  se- 
guitando le  tracce  di  fra  Giovanni  Angelico  e  di  (ra  Bartdomeo  della 
Porta ,  fa  concepire  la  lieta  speranza ,  che  gli  esempi  di  quei  sommi  di- 
pintori Terranno  rinnovati  da  questo  loro  confrateUo. 


L 


Digitized  by 


Google 


UBRO  U.  GAP.  VL  303 

torio,  i  qoali  venneio  danneggiati  per  modo  che  alcuni  sono 
aflatto  perdati;  e  altri  da  poiteriorì  ritocdù  condotti  a  stato 
deploraUlissima 

Questa  preiaosa  galleria ,  questo  monumento  insigne  della 
pittura  italiana,  nei  primi  del  corrente  secolo  doyea  essere  di- 
strutta da  barbari  yenuti  a  civilizzare  ritaBa;  i  quali  nella 
loro  sapienza  avvisavano,  che  una  piazza  alquanto  più  vasta 
della  presente,  importava  assai  meglio  dbe  tutti  queisti  dipinti 
dell'Angelico  e  di  fira  Bartolommeo  ddla  Porta.  Grazie  al  patrio 
amore  del  cav.  Alessandri  si  abbandonò  fl  pensiero  di  quella 
vandalica  demolizione. 


M««M| 


Digitized  by 


Google 


30i  MEMORIE 


CAPITOLO    VIL 


Dipinti  di  Fra  Giovanni  Angelico  per  altre  chiese  della  città 
di  Firenze. 


I^on  era  il  nostro  pittore  cosi  intento  ad  abbellire  la  sua  chie- 
sa ed  il  suo  monastero ,  che  si  rifiutasse  a  compiacere  gli  amici, 
e  qnanti  a  lui  ricorrevano  onde  avere  alcuna  devota  immagine; 
ma  per  la  somma  gentilezza  dell'  animo ,  come  riferisce  il  Vasari , 
a  chiunqiie  ricercava  opere  da  lui  diceva  che  ne  facesse  esser  con- 
tento il  priore  f  e  che  poi  non  mancherebbe.  I  Domenicani  di  s.  M. 
Novella  vollero,  che  come  la  loro  chiesa  adomavasi  coi  dipinti 
de' più  insigni  pittori  fiorentini,  non  vi  mancassero  quelli  di  un 
loro  confratello,  che  nell'arte  cristiana  avea  rinomanza  di  som- 
mo. Lo  invitarono  pertanto  a  colorire  qualche  storia  nel  tra- 
mezzo della  chiesa  ;  e  a  quanto  narra  il  biografo  aretino ,  fecevi 
s.  Domenico,  s.  Caterina  da  Siena ,  s.  Pietro  Martire,  ed  alcune 
storiette  piccole  nella  cappella  della  incoronazione  di  nostra 
Donna.  Le  quali  pitture,  o  in  tavola  fossero  o  in  muro,  più 
non  esistono;  perdute  forse  nel  rinnovamento  di  quella  chiesa, 
quando  con  tutti  gli  a  freschi  della  scuola  giottesca,  perirono 
eziandio  le  stupende  figure  dei  dodici  Apostoli ,  opera  rarissima  di 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  VIL  dOS 

Masaccio  (1).  Sorte  alquanto  m^iUore  acvrenae  aHe  bdUniBie 
toTofette  colorite  da  fra  Giovanni  Angelico  molli  anni  innanzi, 
per  frate  Giovanni  Masi»  religioso  dì  quello  stesso  convento  ;  ed 
ermo  qnattro  refiquieri,  e  un  adornamento  dd  cereo  pasqua- 
le (2}.  Al  presente  non  rimangono  che  tre,  derubato  9  quarto, 
s  smarriti  gli  ornamenti  del  cereo.  Io  non  ho  mai  veduti  i  primi, 
che  non  provassi  un  senso  dolcissimo  di  ammirazione  insieme 
e  di  affetto  Yerso  questo  pittore:  tanto  sono  belli,  devoti  e 
graaJosL  Fece  in  uno  la  incoronazione  della  B.  V.  con  un  coro 
di  angioli;  e  nel  ritrarre  questi  spiriti  celesti  egli  è  sempre 
vario,  copioso  e  impareggiabile:  appiedi  del  trono  è  una  mol- 
titodiue  di  santi  cosi  ben  fatti,  che  non  può  vedersi  cosa  più 
cara  di  quella.  Nella  base  effigiò  la  Vergine  e  s.  Giuseppe  che 
adorano  Gesù  bambino,  con  alcuni  angioletti  dai  lati.  U  secondo 
reliquiere  divise  in  duo  compartimenti  ;  nel  primo  ritrasse  V  An- 


(i)  Ore  al  pftsente  è  1*  altare  del  RoMrio  era  ne*  tempi  andati  un 
CrociflMo  acolpito  da  Masaccio,  e  dai  lati  coloriti  a  buon  fresco  dal 
medetimo  alcuni  tanti.  Il  CrocìBfso  fu  trasportato  nella  sacristia  ove  si 
vede  anche  al  presente,  e  le  pitture  rimangono  occult|ite  da  una  infe- 
lice tavola  del  Vasari  dipinta  nel  1570  per  la  quale  ebbe  1800  lire. 

(2)  «  Habemus  et  multai  plurimorum  sanctorum  reliquìai,  qua$  qui" 
dam  fr.  Jeanne»  Masius  /iorentinu»  multae  devotionis  et  taciturnità^ 
tis  vir,  in  quatu^r  inclusi t  tabellas,  quas  /r.  Joannes  Jìssulanus  pictor 
cognomento  Jngelicus,  pulcherrimis  beatissimae  Mariae  f^irginis  et 
sanctorum  angelorum  ornavit  figuris,  Obiit  fr.  Joannes  Masius  anno 
MCCCCXXX.  »  BiLiom,  Chronica  MS.  cap.  XfX.  pag.  24.  Nel  mano- 
scritto si  legge  veramente  133S,  ma  debb' essere  un  errore  di  cifra. 


Digitized  by 


Google 


aOG  MEMORIE 

Bunàaziooe ,  nd  seoondo  radoraziooe  dei  Magi;  ed  è  mimbOe 
come  io  spazio  tanto  ristretto  potesse  racchiudere  tante  e  si 
graziose  figurine.  Nella  base  sono  alcune  sante  Vergini  e  la  no- 
stra Donna  €xA  Figlio  in  bracdo.  Nd  terao  ripetè  il  concetto 
del  tabernacolo  che  è  nella  galleria  degli  Ufllzj ,  con  questo  solo 
divario,  die  la  Vergine  in  luogo  di  essere  seduta  è  in  piedi;  e 
come  in  quello  yi  fece  intomo  un  bel  coro  di  Angioli  che  canta- 
no, e  suonano  alcuni  strumenti.  Nella  base  in  mezze  figure  Teoe 
s.  Domenico,  s.  Tommaso  di  Aquino,  s.  Pietro  m.  e  due  Angidi. 
E  dappoiché  abbiamo  preso  a  faydlare  di  queste  piccde  tavo- 
lette, accenneremo  eziandio  brevemente  qudle  delle  quali  si 
adoma  la  galleria  degli  DfBzj ,  e  che  a  mio  avviso  erano  gra- 
dini di  più  grandi  tavde;  non  aveòdo  egli  giammai  ritratto 
alcun  santo  o  santa,  che  dappiedi  dd  quadro  non  ne  narrasse 
la  vita  con  piccole  e  bdlissinse  storie.  Già  abbiamo  ricordato 
l'adorazione  dd  Magi  e  le  due  storie  di  s.  Marco  che  vennero 
tolte  al  tabernacolo  dell'arte  dd  Unaiudi.  Sono  in  quella  stessa 
galleria  altre  due  della  B.  V.  ed  una  di  s.  Giovanni  Battista, 
cioè,  gli  sponsali  ed  il  transito  della  Vergine;  eZaccheria  che 
impone  0  nome  al  figlio  Giovanni.  Della  prima  cosi  scrìve  il  eh. 
prof.  Bosini.  «  Essa  (  la  Vergine  )  ebbe  dalle  mani ,  o  per  dir  me- 
glio dal  cuore  dell'Angelico  una  tal  purità  di  forme,  una  tal 
soavità  dì  sembianze,  un  tale  accordo  nella  disposizione  delle 
figure;  che  nella  cara  e  semplice  espressione  de' castissimi  afTetti 
supera  quanti  a  lui  furono  innanzi  ;  e  lascia  indecisi ,  se  RaOadlo 
stesso  lo  vincesse  nd  famoso  quadro  di  Brera,  che  copiò  dal  mae- 
stro 9  (1).  Ha  rara  veramente,  anzi  divina  è  quella  che  rappre- 

(1)  Sioria  della  PiiUtrm,  tot.  2.^  ptr.  2.*  pas*  257. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  GAP.  VII.  307 

senta  il  transito  di  Maria.  Oh  B  caro  dipinto  che  è  quello!  Fa  di 
mestieri  Tederlo  per  conoscere  quanto  nella  miniatura,  cui  si  bene 
somiglia  per  la  diligente  esecuzione,  valesse  questo  insigne  pittore. 
In  esso  fedelmente  mantenne  le  tradizioni  degli  antichi  maestri  in- 
torno la  leggenda  della  B.  V.  e  tì  traluce  un  affetto  ed  una  me- 
lanconia che  riyela  la  commozione  grandissima  che  provava  il 
buon  frate  nel  colorirlo.  Fece  pertanto  la  nostra  Donna  distesa 
svi  feretro:  e  a  dinotare  die  la  morte  non  potò  in  guisa  alcuna 
oSendere  quel  corpo  santissimo  ove  degnò  abitare  il  Verbo  del 
Padre;  ritrassela  quanto  mai  dir  si  possa  bellissima,  e  più  si- 
mile a  chi  dolcemente  riposi  che  a  corpo  di  estinta.  Intorno  le 
fon  corona  gli  Apostoli ,  venuti  a  porgerle  estremo  uffido  di 
lagrime;  sul  volto  dei  quali  leggesi  un  dolore  intenso  insieme 
e  rassegnato.  Due  Angioli  facenti  le  veci  di  accoliti  sono  da  cima 
al  feretro,  e  pongono  in  mezzo  un  apostolo  che  sembra  pro- 
nunzi parole  di  benedizione  e  di  laude  sull'estinta.  Ha  ciò  che 
veramente  rapisce,  ò  la  figura  di  G.  C  disceso  dal  cielo,  rag- 
giante di  luce ,  e  in  veste  azzurrina  su  cui  splendono  innumere- 
voli stelle  d'oro,  il  quale  tolta  aSettuosamente  fra  le  braccia 
r  anima  di  Maria  (  che  il  pittore  figurò  in  una  vezzosa  bambi- 
na )  benedice  pria  di  ritornare  al  cielo  il  corpo  di  lei  Concetto 
die  alquanto  meno  felicemente  aveva  eseguito  in  Cortona  (1). 

(1)  L'insigne  storico  odierno  «Iella  nostra  pittura,  ci  badato  incito 
un  transito  della  B.  Y.  di  Paolo  Teneto,  dipinto  in  Vicenia  l'anno  1330, 
nel  quale  si  vede  come  in  questa  tavola  dell'Angelico,  G.C.  che  con- 
duce in  cielo  r anima  di  Maria  in  foima  di  una  veziosa  iKimbina  nelle 
fascio;  e  vi  è  un  coro  di   angioli  tanto  belli ^  che  solo  dall'Angelico 


Digitized  by 


Google 


306  MEMORIE 

(Suodaramio  la  serie  dà  dipiiiti  faUi  per  la  dita  di  Firen- 
ze due  tav(^  die  sona  i  due  capi  lavori  delf  Angdieo  »  e 
nelle  quali  panni  trionfar  yeramoite  l'arte  catana.  Se  in  b- 
Tellando  di  questo  pittore  troppo  sovente  ho  domto  meco  slesso 
dolermi  9  che  la  natura  dandomi  un  forte  «eotìre,  mi  abbia  poi 
dinegato  il  dono  di  piò  eloquente  parola  »  sempre  che  yedo  la 
deposizione  della  Croce  ed  il  Giudizio  finale  dd  medesioM),  con- 
fesso che  fora  meglio  tacerne;  inq^erciooohè  le  belleae  di  cui 
splendono  sono  cosi  remote  dai  sensi,  cosi  improntate  di  un' 
estasi  divina,  che  la  eloquenza  non  ha  vocabcdi  a  beo  signiO- 
carle.  È  un  armonia  oelesle  che  indirta  l'anima  di  santa  ed 
ineflabile  voluttà;  e  quanto  è  piò  profoodameote  sentita,  meno 
è  conceduto  di  esprimerla. 

La  tavola  ddla  deposizione  della  croce,  che  dalla  chiesa 
di  s.  Trinità  per  la  quale  era  stata  dipinta,  passò  negy  nldmi 
tempi  neDa  I.  e  R.  galleria  deU^  Accademia  dd  disegno,  è  alta 
intorno  a  palmi  sette  e  larga  presso  che  otto;  ndla  parte  su- 
periore ha  forma  di  sesto  acuto  ornata  di  tre  cuspidi  o  trìan- 
girii,  i  quali  sono  divisi  dalla  tavola  principale  per  una  cornice 
dorata.  Non  pure  i  cuspidi,  ma  la  cornice  stessa  che  tutta  ri- 
dnge  il  ipadro,  sono  vagamente  intagliati  e  dipinti,  quelli  a 
piccole  storie,  e  questa  ornata  di  molte  e  bdUssime  figure  di 

poBOO  estere  ^po  dirò  superati,  ma  eguagliali»  fliuoo  speri  gianoMÌ 
raggiungere  Taffelto  e  la  iugenuitlk  di  questi  cari  dipinti.  Le  tre  taTO- 
lette  dello  sposalizio  e  del  transito  della  B«  V.  e  la  natifità  di  s.  Gio** 
▼anni  Battista  sooo  state  incise  per  Y  opera — GalUrim  di  Firenu  Bluitrtìr 
ta.  Serie  1."  Taf.  XXX,  CV  e  CVL  — 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP*  VIL  300 

Baoti p  l^^llaoia  niaggtori  ntiUa  djaiaosi^M  oertauMMalpiè 
perfeUi  di  qudli  ebe  per  od  simile  adomameoto  feee  o^ait- 
Tcfia  perogÌM  più  foUe  rioardata.  lìwv^  b  .^paMA  It  nionte 
Catraifo»  e  oootm  Tusato,  eoo  pioetic^ie  deyoto  «otiMto;  adMn- 
jmIIo  di  fiori  e  di  yermiLn^.ipm  unirne  dinotare)  ebe  al  too- 
csBieolo  delle  piaate  e  dd  »«gne  preoosissioio  di  G.  CL  qodlt 
r  infame  ed  arrìda  yeUa  si  rìyestisse  keUameote:  ddk  pia  rie* 
fia  vegetabile.  E  eiie  tale  imrero  fiMe  la  «wola  iielidq[MCiore 
«i  dednqe  da  questo  «  «hi»  i  a:iMti  dbé  Io  drcoodaiio,  e  Ae  ih 
kntana  prospeUiTp  fornaimiparte  del  fondo  ddi  <ih«1i«^  feci 
nudi  di  opri  omaaieoto,  ^e  ne  tccli  a  gnutdo  o  ^oasdo  akona 
pianta,  dr  palma.  BiaU'Qppq^to  lato  ritrasse  eon  non  moHoifeUda 
prospettiva  la  città  di  Gernaalenirae»  condotta  e  lavecsàta  coi 
incredibite  diUgeqza.  Le  figure  difese  in  tm  gruppi  Nel  meno 
doe  disfceppllp,  poggiatp  le  scalci  alla  Crooe,  «al«ìofl.jcx)vtfc>  dèi 
Bedentore;  a'  piedi  lo sontegggno  doe,  dei  q/iaìi  il  più  giovioeie 
il  più  oo^miosso  è  TEvaogelisla  Giovanni;  on paiolo  prostralo  a 
terra  l'adora;  e  portando  la  «lano  al  petto  sembra  die  di«a; 
far  me  A  ria  ptorul  U  grappo  a  sinistra  qffire  sei  figure  delle 
quali  una  tiene  nella  destra  la  corona  di  spine^  e  qgVa  siwtra 
i  chiodi  sanguinosi  che  tsapassarpno  k  mani  ed  i  piedi  de|  $Qtr 
vaU)r0,  e  addila^  ad  un  vecebip  cbe  mestissima  li  ccptempl^. 
Pensiero  con  pari  maestrìa  espresso  da  Donatello  nei  bassi  rin 
lieTi  del  pulpito  di  s., Lorenzo;*  e  da  Pietifo  Pemgiwf  in  ifuella 
stupenda  depo^imnf  di  Croce>  che  io  stimo  il  più  prenoso  or^ 
naasenio  detta  L  e  B*  gaHeria  de'  Pitti  9ue  fra  i. discepoli,  al^ 
(issano  Io  sguardo  neU'estinlo  naestro;  di  mesoso  ai  quali  vedcsi 
ano  chei.  mal  p^Mendo  rwgGPe  a^ft  pwna  del  dolore,  uè  frenare 

20 


Digitized  by 


Google 


310  MEMORIE 

le  lagrime,  nasoonde  U  yollo  fra  le  palaie,  e  piatìge  4ìrotU>.  E 
se  non  piangi  di  che  pianger  eualil . . .  U  grappo  a  destra  è 
composlo  delle  pie  fenuatoe.  Chi  vuol  ritnreiiire  la  teiera  ed  aSsi- 
tnosa  Maddalena  h  oeroU  ai  piedi  di  G.  C  II  pMore  figaroUa  pro- 
strata al  suolo  in  atto  di  sorreggerli  e  imprimerri  rultimoiia- 
do.  Oietro  da  essa  ò  la  Hadre.  Oh  quanto  spietatamente  la  mi- 
sera è  ^tra2iata  dal  dolofe,  cosi  ehe  rocchio  erra  incerto  or 
su  fesanmie  spoglia  del  Fif^io,  or  su  la  mestissima  fra  le  ma- 
dri! Né  è  ohi  a  quella  yisla  nen  proti  un  franco  di  pietk  Due 
femmine  lesiono  i  panniUni  onde  intohrervì  l'estinto:  altre dne 
contemplano  H  crudele  tfambasdamo^  di  Maria.  E  quanto  mai 
dir  si  poBsa  bellisshna  è  un  ultima,  sol  veduta  di  fonco,  la 
quale  in?pUa  in  maolo  yioletlo  die  tutta  ne  cuopre  la  persona, 
con  molta  grafia  io  si  stringe  sotto  del  mento,  onde  ne  appare 
il  volto  di  lei  tutto  bcUeaza  e  leggiadria.  Ma  eomeoohé  molti 
pregi  si  ^mmirioo  in  queste  figure,  non  pertanto  tutte  a  mio 
avviso  son  vinte  da  quella  di  G.  C;  essendovi  una  si  squisita 
noi)iltà  di  forme,  una  dolceaea  di  Hnee,  mm  morbidezza  e  tra- 
sparenza di  mezze  tinte,  che  colma  di  meraviglia.  Il  nodo,  sol 
quale  molto  studiosamente  segnò  le  tracce  deHe  crudèH  batti- 
mre ,  è  più  corretto  di  quanti  mai  facesse  V  Angdico  ;  meglio 
intesa  la  notomia  ;  uè  quasi  vi  ha  traoda  di  quella  durezza 
che  troppo  sovente  d  offende  nei  giotteschi. 

Nei  cuspidi  superiori  sono  tre  storie,  che  gli  intelligenli  di 
quesf  arte  giudicano  di  piò  antico  pittore.  In  quel  di  mezzo  ve- 
desi  la  risurrezione  di  G.  G.  ;  in  qtidlo  a  destra  la  Maddalena 
e  le  Marie  al  sepolcro;  e  in  quello  a  manca  il  notf  vm  tangere. 
Nella  cornice  poi  parte  inftlcri,  pfflte  in  mezze  figure,  sono  venti 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  CAP.  VII.  311 

santi  di  rara  bellezza  (1).  A  compiere  Pefletto  religioso  del  suo 
dipmlo,  e  quasi  ad  associare  Io  spettatore  a  questa  sua  tenera 
e  devoUi  meditazioiìe ,  scrisse  dappiedi  in  lettere  d'oro  alcune 
sentenze  della  s.  Scrittura  allusÌTe  alla  morte  del  Redento- 
re (9).  CiOme  nel  mirabOe  a  fresco  della  adorazione  [dd  Magi  » 
amnflrasi  in  questa  tavola  un  corretto  disegno,  un  yago  e  molto 
lieto  colorito;  nèDe  acconciature  e  ndle  pieghe  parmi  marayi- 
l^ioso;  e  neir arieggiare  dei  volti»  nòbile,  vario,  ed  espressiva  Le 
estremità  sono  ben  disegnate  e  ben  disposte  su  i  piani.  Solo  nella 
prospettiva  aerea  si  desidera  quella  gradazione  di  tinte,  che  al- 
lontana gli  indietro  c(d  diminuire  la  luce  e  3  crescere  delle  om- 
bre. Arroge,  die  essendo  nelle  incamagioni  oltremodo  langndoe 
<filieato,  e  nd  tinger  dei  panni  brillantissimo,  rocchio  è  alquanto 
oAso  dal  disacoonto  df  que^  eon  qneHe.  Metto  non  pur  suo, 
ma  di  tutti  di  qudla  scuola.  Non  pertanto  credo  non  sia  chi 
voglia  dinegare  all' Angelico  quella  lode  che  tributarongli  il  Lan- 
zi e  0 IV  Agincourt  ;  andare  cioè  innanzi  a  tutti  che  dipinsero  a 
tempera  per  la  gaiezza  dd  colore;  e  congiungere  insieme  due  dis- 
paratissioie  e  quasi  opposte  qualità  di  quest'  arte ,  doè  il  diligente 
e  quasi  leccato  finire  dd  oiiniatori,  col  libero  e  franco  pennel- 


(1)  Quatti  adoroamenti  «ooo  siati  in  parte  tacici  dal  diianiéimo 
•Sgnor  Antonio  PeiletM  ,  con  ma  breve  noatta  iHaaCratione  pubblicata 
ranno  1843. 

[2}  Plangéni  ettm  qmmn  unigemiuM,  ^a  irmocens  ettinuUus  sum 
Cam  d€9otndengtìm»  in  laatm  —  JScee  tfuomodo  moritmr  iuttut  et  ruma 
perei  pi t  oordel 


Digitized  by 


Google 


312  M  E  M  O  %  I  E 

leggiare  dei  frescanti»  Per  la  qual  cosa  se  tu  ^^onsideri  i  sooi 
dipinti  assai  da  vicino  e  ti  pare  de'  primi  ;  ove  tu  li  goardi  da 
lungi  lo  credi  de' secondi  (1). 

Restaci  di  presente  a  far  parola  di  qud  giudnio  finale  che, 
fra  tutte  le  maraviglie  dell'Angelico,  è  a  mio  avviso  la  pia  stnpeiih 
da.  Da  Niccola  pisano  fino  a  Michelangioio  Boonarroti,  qneelo 
terribile  argomento  esercitò  l'arte  e  l'ingegno  de' più  valenti 
artefici ,  i  quali  nella  più  parte,  gareggiarono  in  ritrarre  a  oo- 

(1)  Oredìadio  far  cosa  grata  al  lettore  se  in  luogo  delle  povere  no- 
stre parole,  daremo  le  riHessiofii  che  sa  quel  dipinto  lasciò  an  assai 
-pin  doqaeiite  scrittore  «  OA/  ifuetle  Bur4éondanc9  d^  amour  de  'Dieu, 
it  immensi  €t  ardente  contn'tion  devait  avqire  ce  cherjra  JngeUca  le 
jour  ou  il  a  peint  cela!  o&mme  il  mura  mediti  et  pleure  ce  jour^^ 
dant  le  fond  de  sa  pet^u  cellule,  sur  les  soufiiances  de  notre  dwin 
Maitre  l  cliaque  coup  de  pinceau,  chaque  trait  qui  en  sartait,  semblent  au- 
toni  de  regreu  et  d'amour,  provenant  dufond  de  son  dme*  Quelle  émou» 
vant  predi  cation  que  la  vue  d*  un  pareil  tableau  !  •  .•Oh  delideux  chef 
d'oeuvre!  quel  l/onheur ,  quelle  veritable  grace  que  de  pouvoire  contem^ 
pler  dans  cette  merveilleuse  réprésentation  de  la  passion  de  iVblre-5ei- 
gneur ,  le  coeur  tout  entier  si  ardent  et  si  contrit  du  saint ,  qiu  exìiar 
lait  ainsi  les  tentimens  de  douleur  et  d'amour  doni  son  àme  était 
inondée,  pendcuit  les  longues  heures  qu  il  passait  dans  la  calme  de  sa 
selitude  en  la  presence  de  Dieu,  ec  . .  •  • .  D'autrte  y  uoient  simplex 
ment  des  oeuvre*  d^artsi  moi  ( y  aurai  psà$é,je  lesene^  d* iu^ffMes 
consolations ,  des  profonds  enseignements,  »  V.  Presso  MoDtaleoibiirt 
neir  operetta  :  Du  f^andalisme  et  du  Catholidsme  dans  l'aru  pag.  97  e 
98,  —  Questa  tavola  della  deposizione  di  croce  è  «tata  egregianeale  re^ 
sUurata  nel  1841  dal  sig.  Francesco  Acciai. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  CAP.  VU.  S13 

lori  ipiaato  deHe  gioie  dei  giusti  e  del  forsecmato  disperar  dei 
diuinati  avea  nel  suo  carme  divino  cantato  rABighieri.  E  bene 
^▼etano  costoro  esaoriti  fotti  i  concetti  nd  ritrarre  il  tardo  di- 
singamio,  e  gli  spasimi  atroci  di  que'  miseri  riprovati;  rinve- 
nate  le  piA  nuove  e  le  pia  orribili  maniere  di  tormenti;  nuove 
e  disusate  Torme  di  dolore  ^  cosicché  nn  sabito  raccapricdo  in- 
Vade  tosto  la  mente  e  fl  eaore  alla  vista  di  quella  scena  ter- 
ribile^ che  parano  innanzi  il  Signorelli  in  Orvieto,  e  il  Buonar- 
roti in  Roma.  E  invero  l'uomo  per  Imighe  e  dure  prove» 
é  ammaestrato  del  (fotore;  e  ben  sa  egli  con  veri  colori  e  con 
eloquenti  parole  Iritrarlo  m  tela  o  in  versi  :  ma  ove  egli  si  ac- 
cinga a  ^^idficare  flf  piacere ,  a  lui  vengon  tosto  meno  le  im- 
magini »  e  le  forme  onde  rivestirlo.  Componendosi  pertanto  quel 
dramma  del  giudizio  finale  di  due  parti  disparatìssime;  cioè 
r estremo  gaudio  e  P estremo  dolore,  quasi  disperavasi  di  ben 
rendere  il  primo;  percioccbè ,  ore  Dio  stesso  non  riveli  ali*  uomo 
alcun  saggio  delle  gioie  del  cielo,  come  varrà ,  egli  miserissimo, 
a  significarlo  con  parole  o  colori?  Al  solo  Giovanni  Angelico 
là  dò  oonceduto;  né  ti  ha  chi  innanzi  o  dopo  possa  conten- 
dergfi  la  palma  nel  difflcQe  sperimento. 

Quattro  tavole  rimangono  di  lui  su  questo  argomento,  due 
in  Roma  e  due  in  Firenze,  e  sono:  la  prima  nella  galleria  del 
principe  Corsini ,  ricordata  da  mona.  Bottari  nelle  note  atta  vita 
Ji  fin  Giovanni  del  Vasari;  la  seconda  in  ^quella  Ml  fa  carA. 
Fasch;  k  terza,  e  raUima  neUa  L  e  R.  galleria  dell'Accade- 
mia dd  disegno  in  Firenze ,  doò  un  compartimento  degli  spor- 
telli della  ss.  Annunziafa,  e  la  tavola  già  in  s.  M.  degli  Angioli 


Digitized  by 


Google 


314  MEMORIE 

de'Camaldoleiisi  (1).  Tulle  splendono  di  rarissimi  pregi,  ma  k 
più  perfetta  a  giudizio  di  molti  i  qoesl* ultima,  la  qnale,  per 
ciò  che  scrìve  il  Vasari,  era  radomaaoento  della  cattedra  o  se- 
dile ove  siede  il  sacerdote  quando  si  cantano  le  messe*  Questa 
tavola  è  nella  sua  lunghezza  intomo  a  sette  palmi,  avente  forma 
nella  sommità  di  tre  archi ,  dd  quali  quel  di  mezzo  è  più  gran- 
de^ e  i  due  dai  lati  più  piccoli.  Il  finsde  giudizio  occupa  quel 
di  mezzo;  in  quello  a  destra  ritrasse  il  paradiso,  e  in  quella 
a  sinistra  rinTemo.  Le  figure  hanno  la  consueta  dimensione  di 
quelle  dd  gradini  dd  quadri.  Siede  nd  centro  con  grandissima 
maestà  il  giudice  dei  vivi  e  dd  morti  Gli  fanno  intorno  intor- 
no corona  gli  Àngioli,  i  Cherubini  e  i  Serafini:  e  la  vedi  la 
Vergine,  conserte  al  seno  le  braccia,  volgere  al  FigUa  ano 
sguardo  di  amore,  e  porgere  l'estrema  prece  a  pvo  dd  miseri 
peccatori.  Deh  chi  varrà  significare  a  parole  la  trepidazione  di 
Lei  per  tanta  parte  del  genere  umano?  A  destra  ed  a  manca 
spettatori  di  quella  tremenda  giudicatura,  seduti  sa  le  nuvole, 
sono  i  Patriarchi,  i  Proreti,  gli  Apostoli,  la  sarie  dd  quali  è 
chiusa  da  s.  Domenico  e  da  s.  Francesco.  Dal  fondo  in  oro  dd 
quadro  sembra  partire  un  torrente  di  luce  che  rivela  la  gloria 
degli  detti.  Appiedi  di  G.  C  un  Angiolo  innalza  il  I^no  san- 

(1)  Nella  prezìotifltima  ed  unica  raccolta  di  disegni  originali  dei 
pittori  Italiani  da  Andrea  Tafi  a  tatto  il  secolo  XVII  nella  I.  e  B.  Gal- 
lerìa degli  Uffizj;  che  ammonta  al  novero  di  ben  27,3S8.  re  ne  ha  uno 
a  penna  di  fra  Giofanni  Angelico,  rapproeenfcante  qr gtudino  finale d>- 
Terso  da  quanti  io  conosco. 


Digitized  by 


Google 


UBftO  a  GAP.  VII.  315 

imam»  della  owe,  e  due  danno  fiato  iMe  trombe,  dal  cn  soam 
aeoni  iH  esthiti,  tìioi|;obo  dd  sottopogtl  e  seoperciiìatì  aTdK. 
11  aipremo  gMfoe  ò  la  atto  dì  Admiiiare  la  sua  eterna  male- 
diiioBe  sa  i  riprovalL  Nan  mmagini  il  lettore  vederlo  odiata  la 
deatra  »  eoocMato  odk  persona,  quasi  aryentarsi  su  qoe^i  io- 
Uieì,  come  pacqneadaltridi|iiiigerlo;main<pidaTeeesedi]r 
to,  senza  ponto  agitarsio  scomporsi,  rivolger  da  loro  io  sguardo» 
e  solo  oon  la  mano  far  segno  di  aUontanarlI  dal  suo  cospetto; 
9  quale  atto,  abbendiè  sempHeìssimo,  parei  piùdcquente  e 
anUinae  di  qoatamqne  più  fiera  ndnaeda.  Un  bneve  intervallo 
divìda  dai  dannati  g^  eletiL  Ificliélangblo  nella  Sistina  ritrasse 
igandi  ngndmente  gli  nm  e  gli  altrì;  lo  Znccheri  ndla  cnpda 
del  dnemo  di  FireoKe  fece  nkidi  i  reprobi  e  vestiti  gH  eletti;  Loca 
SignoreW  in  Orrieto  tedne  il  modo  del  primo,  se  ne  logli  che 
solo  riéoprl  in  patte  gli  eletti  ove  voleva  deeenaa;  Fra  Giovailni 
rivesti'  tntfi  ngóaladente,  cosi  die  oltre  fi  decoro,  m 
nn  elietto  «orale  e  rdigioBO  di  molto  rlKevo;  polendosi 
per  quella  giiisa  più  facHmente  dialinguere  e  riconoscere,  chi  il 
pittore  ponesse  fra  i  fdicìsiimi ,  e  dii  Ara  i  ricolmi  di  ogni  mi- 
serta;  dal  che  può  trarre  Foés^valore  un'i^rtile  e  solenne  aifl« 
maestramenla  Cosi  Dante,  non  pago  di  noverare  i  tormenti  al 
binali  sottopose  qnegli  sdaguràti,  o  le  gioie  che  finse  gustare  gli 
eklti;  volle  non  pure  dirci  il  nome  de' più  ehiari'  fra  loro,  ma 
narrarci  eziandio  i  vizj  e  le  virtù  per  le  qadi  d)bero  sorle  co- 
tanto diversa;  gisvéndo  eie  a  fare  viemeglio  detestare  i  primi, 
ed  ammirare  i  seooodik  Pare  che  al  medesima  scapo  mirasse  l'An- 
gelica Quindi  tn  vedB  fra  i  maledetti  persone  di  ogni  età,  gra- 
do e  eondiaiooe,  e  specialmente  assai  ministri  del  santuario;  la 


Digitized  by 


Google 


316  M  EMO  RIE 

qoal  cosa  non  TéchiM  ttnràiv%Ua  a'  chi  pensa ,  die  allora  e»* 
levano  i  giorni  fenesUssìmi  dello  scisnia.  Per  lo  die  nM  ddhe 
ponto  la  ntoltHodìne  di  uMinaèl,  di  pt^Mi^di  eardinaB,  e  quei 
ponlefld  ohe  10  questo  e  oeHe  altre  ùitirieei  ritrasse  (ra  i  ripro* 
vati,  essere  eflello  di  mi  santo  e  gnaaom  sdegno  éA  pittore^  die 
gfi  autori  di;  qipeManti  mali  onde'  era  stala  ne'  sqoi  tempi  trn^ 
bàta:  e  diviso  ia  chiesa,  'daniiarae  aUe  fàmme  eternali.  Non  al* 
trtoenli  aiea  fritto  rAlfighicri'per  divarse  oagienì  a  soledne  e 
f  erpeiup  àmAiacsiramento  dei  popoli.  Ben  fìi  chi  avrerll  come 
etfl  itàko  di  tnlU  ipesti  inféUei,  ìa  luogo  del  disperato  feirore 
che  vedasi  in  qudli  degK  altri  pHtoriy  sembri  piottòsta  aj^MH 
jlrvt  il  disingaDrio»  e  il  dolore  grandissimo  di  aver  perduto  q«sl 
sonfmOtaene,  che  a  loro  epmé  agli  detti  ora  stato  fiserbalo, 
s6k>  ^  avessero  sicooiftie  essi  esservati  i  dtvfan  eoÉiandameoti. 
Strana  .  e  Wzmrra  è  la  ferma  dei'  deipon|  tpxnfata  dall'  An- 
geHoo^  e  canvien  confessare  ohe  di  ciò  gfi  matìeasse  egei  arie 
eeonestlo.  Divise  ^inferno  in  selle  gironi  o  bolge,  in  oganna 
ddie  qnali ,  secondo  la  nafnra  dei  sette  risj  capitali,  sodo  di- 
versi i  tomieiii  e  ì  tormenlali.  E  qoesta  parte  del  dipinto^  se 
nella  conlposirioue  ikm  è  <M  totlo  inficHee,  cede  di  gchn  Inn^ 
ga.al  rimanente,  cosi  nel  disegno  .come  adla  eseonione  fioto 
perei  asse!  poetica^  toHa  dall' AUigUeri,  T idea  di  l|g«rarènel- 
riiDa  parte  deU'inTelmo,  i'imp^àlor  del  tbhmo  regno r  ehe 
ornato  di  trd  teste  . 

Da  ogni  bocca  dirémpea  co'deHf 
Un  pecoalon  n  gnisa  dC  ntarinih 
'Si  che  tre  ne  boea  cosi  delentL 


Digitized  by 


Google 


LIBIO  IL  CAR  Vn.  317 

Figiva  verameote  terribilev  d^lUiq[iMle  nhino  i?fia  creduto 
anfore  un.  artiila  solò  adiMlo  a  ritrane  hnmagiai  ornate  (M 
eriesfiale  bdleoa.  Ma  ove  trionfisi  veramente  il  pUCore,  e  rende 
ragione  di  qnel  tribfOo  cbe  a  M  olfcrirono  i  p&pi3!&  ìmpònen* 
dogli  il  nome  di  AngdieOf  è  nella  parte  destra  del  quadro  ri^ 
agli  dettL  Chi  mai  cedole  quelle  oare  figurine  noti  M 
innamorato  d^a  VirtA^?  Chi  non  prova  nn  fi>Hi$9imo  de- 
sidèrio dì  gustala  le  sante  ed  ìneScibilt  gi6te  di  qàei'betiearrì^ 
vali;  i  quaU  compioto  il  termine  -dèlia  prova ,  finiti  i  giotmi 
ddresigUo»  Vengono  alia  sospnrata  pàtria ,  a  godere  qud  pre- 
mio die  tanto  avevano'  vagheggiato,  e  per  il  quale  tanU  e  si 
grandi  mali  pafiti?  iSitA  banno  B  voltò  e  le  braccia  rivolte 
verso  dd  Bedentore,  e  con  affi^tlo  e  cbb  gioia  grandisiritbé , 
senahumé  benedirlo  è  ringraziarlo  di  averH  collocati  nd  novero 
deTsooi^ttir  e  éonò  principi,  goierrieri,  pdlegrini,  Vescovi, 
pontefici';  e  un  buon  numero  di  fraticèlli;  e  come  in  tutti  i 
snoi  quadri  (H  quésto  genere,  concedette  luogo  distìnto  a  figli 
di  s.  Francesco  e  di  s.  Domenico.  Ma  ciò  che  veramente  di- 
letta a  vedersi,  sono  le  carezze,  i  baci  e  i  teneri  abbraccia- 
menti, cHe'scambianO'COd  gli  elettì  gli  angioli  che  loro  tarmo 
scorta  e  difissa  nel  perìgltoso  cammino;  i  quali  inginocchiatisi,  si 
stringono  al  seno  gli  md  e  gli  altri  con  amore  grandissima  E 
forse  fb  mente  del  pittore  accennare  come  gli  angioli  venerasi 
sero  in  que'  corpi  V  umanità  già  fatta  gloriosa.  A  questa  scena 
commoventissima,  altra  ne  succede  al  tutto  meravigliosa.  Com- 
pinle  le  oiMMnze  fi»  gli  Angioli  e  i  gnisti ,  si  intreoda  una 
dffliÉa  di  questi  con  quelli  in  un  vago  prato  smaltato  di  fi(n*i; 
Brillano  le  kiro  vestimenta  di  innumerevoli  e  piccolissime  stelle 


Digitized  by 


Google 


318  M  B  H  O  R  I  B 

d'oro;  il  loro  capo  è  ééomo  di  nm  gUrlanda  dì  rofle  kiaii* 
che  e  rosse;  e  Mdo  agK  ^^ngioli  pose  sulla  fronte  ima  leggiera 
fiaflimella ,  la  quale  ooo  ò  a  cfoe  quaalo  toro  afiMsca  4acoro 
e  bdlesm.  Quiodi  syelti»  leggeri,  granosi,  e  nella  danza  stessa 
«fiorii  in  soave  oonleraplazioQe ,  carolando,  cantando  si  avviano 
alle  porte  della  celeste  Gerosalemaie;  e  quanto  pia  le  si  fanao 
Ticini  sembrano  addivenire  più  aerei  i  loro  corpi  e  più  ksni- 
nosi:  e  non  sono  appena  ginnti  alle  porte  ddla  santa  dttà/che 
più  non  appariscono  se  non  ^lali  fpìriti  IqggerissiiBi  e  aplen- 
dentissimi;  ed  ivi  a  di:»  a  due  tenentisi  per  mano,  sono  jnttH>* 
dotti  nell'eterna  beatitudine.  Ove  mai  il  pittore  tolse  qaA  caro 
concetto?  Ove  attinse  tante  e  si  svariale  beHezm?  Qui  eonfbs* 
siamo  venirci  meno  le  imi^agini  e  la  parola  (1). 

Questi  fin  qui  noverati  sono  i  prinoipaU  dipinti  ohe  l'Angelico 
colorì  per  le  città  della  Toscana  si  in  fresco  che  in  tavnh,  macer* 
tamente  nel  numero  assai  minori  del  vero;  coociosiachò  da  un  an^ 
tico  catalogo  che  ci  ha  lasciato  Q  cronista  del  convento  4i  s.  Do^ 
menico  di  Fiesole,  ne  appariscono  altri  da  noi  affatto  ìgooratL  A 
espone  di  esempio,  nella  chiesa  di  s.  Trinità  in  Firenze,  non 
era  soltanto  la  bellissima  tavola  della  deposizione  di  Croce  die 
abbiamo  descritta ,  ma  un  altra  eziandio  della  quale  ignoriamo 
r  argomento.  Una  ne  era  nella  chiesa  di  s,  Egidio.  Alcune  ta- 
vole minori  nelli  Oratorj  e  Confraternite  di  iandulli,  ddle  quali 


(1)  È  auto  con  rarissima  paleai»Ae  disegnato  dal  sig.  Eaffitflb 
BqotHiiati.  Un  altro  giudiiio  fiaale  alquanto  simi^  a  quallo  MrAocft* 
demia  fu  Tcnduto  e  recato  in  Berlino  non  sono  molti  ««dì.    . 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  VU.  819 

oongregazioni  molte  ermo  m  Firenze;  alcane  erette  in  s.  Maria 
NoYdla,  ed  una  m  s.  Maroo.  Bf  ijdedti  iiipinti  non  si  trora  latta 
menzioiie  presso  il  Vasari.  Al  termine  di  questa  vita  daremo  il 
catalogo  pUi  oompioto  èhe  per  noi  siasi  poMo  avere,  delkf  pin- 
tore di  frate  Giovami  del  MogellOi  onde  far  pago  i  àaUmj  dei 
stiMfioBi  di  questo  divino  arteica 


^«•«Ni 


Digitized  by 


Google 


320  MEMORIE 

CAPITOLO  vm. 

V  Angelico  è  mt4M9  a  d^pikgert  m  Ammo,  probdlnlmmle  dal 
Soihmo  Ptmkfi^  SUjiimo  lY^  e  iMiemimfiMsuoee$scre  Nic- 
colò V.  —  Suoi  dipinti  al  Vaiiomw  e  mUa  Ètmerra  H  Momay  e 
in  Orvieto.  —  Sua  morte^  suo  elogio  e  suoi  discepoli. 


mtm 


Jir  er  tante  e  si  lodate  opere  essendo  ornai  chiara  per  latta 
Italia  la  fama  dell'Angelico,  il  sommo  Ponte6ce  Eogenio  IV 
che  già  ne  aveva  ammirata  in  Firenze  la  perizia  del  dipinge- 
re,  e  le  rare  virtù  «  volendo  negli  ultimi  anni  del  suo  pontifi- 
cato aUteUire  di  pittare  il  Vaticano,  ne  porse  invito  al  me- 
desimo. 

Per  il  silenzio  degli  antichi  e  le  oontradizioni  de'  più  recenti 
scrittori,  mal  si  potrebbe  determinare  il  tempo  in  cai  egli  si 
recò  in  Roma.  Imperciocché  Giorgio  Vasari  scrive,  die  ei  vi 
andasse  a  richiesta  di  Papa  Niccolò  V.  Il  di.  prof.  Rosini  se- 
guita il  Vasari,  e  determina  l'anno  1447  (1).  Leandro  Alberti 
più  antico  di  tatti,  sembra  favorire  questa  opinione.  Non  per- 
ei) Storia  delia  Pittura  hai.  yoI.  II  parte  2.*  cap.  XVII  p«g. 
257  e  aeg. 


Digitized  by 


Google 


LOBO  IL  GAP.  YIU.  821 

taDlo  akame  ragmi ,  le  qiidi  a  me  jctfinìàiio  ^ffmtm^,  ài 
muovono  a  ciMeift  ^Ae  ciò  arvettisse  ne^  uHin  adni,  0  al-^ 
mea^  n^  oKimi  mesi  della  vKa  di  Eugemo  IV.  H  primo  di 
questi  starici,  odia  vite  dell' Aogalieo,  quari  dtmeiitteo  drqwMF 
to  aveva  soritto,  dopo  narmia  la  veimta^  del  pittore  ia  Boma, 
d  vien  dicendo  «  e  perehè  al  papa  (Kioeolè  V  )  parve  fra 
Giovanoi,  sìcoome  era  veraoieiite ,  poteoba  di  santiisima  vtta^ 
quieta  e  modesta,  vaeaisto  TareiveaDovado  in  quei  tempo  di 
Firenze  l'aveva  giodi^to  degno  di  quel  grado,  quando  inten- 
dendo ciò  il  detto  /rat^»  sapplìcòt  a  snasài^ità  die  provvedesse 
d'un  aUrOt  pendoocbé  non  n  sentiva  alto  q  governar  popoB; 
ma  die  avendo  la.sna  nel^iooe^ui  Hrate  ataonoso  dei  'poveri, 
dottìs»OM>  di  governo,  e  timone  di  Dìo,  sarebbe  in  Ini  mollo 
me^  qQeBa  dignità  collocata  chef»  sé.  B)  papa  sentendo  ci6 
e  ricordandosi  die  qodlo  die;dioeTafra  vani; gUfecè la gnoi» 
lìberamente;  e)  cesi  fu  ardvésoovo  di  Fhtnse  ftate  Artoninb 
delF ordine  dei  Predicatori,  nono  v^amenie  per  sattM  odòt-^ 
Irina  chiarisnmo,  ed  in  somma  tale,  cbe  meritò  die  AìAriano 
VI  lo  canonizzasse  a  lampi  i  nostri,  n  Goneediito  vero  il  raccontò 
dd  Vasari,  a  non  incorrere  in  un  grave  anacronismo, 'fó  dt 
mestieri  risalire  ad  on^  epoca  alqilanto  anteriore,  onde  stabilire 
questo  viaggio  deU^Angeiioo  in  Roma.  Pel*oioediè  monsL  Barto^ 
lommeo  Zabarella  arcivescovo  di  Firenze,  cui  succedette  s.  An- 
tonino, mancò  ai  vìvi  l'anno  1445  sedendo  sul  trono  pontificio 
Eugenio  IV  [1],  Non  ppò  dunque  stabilirsi  qnd  viaggio  nel 

(1)  S.  AnUiììii»  veane  eletto  «itiv«ic*  <li  forante  aM  pria»  di  Mar- 
zo del   1445  secondo  il  computo  fiorentiao,  i  quaK  piavano  priocìpio 


Digitized  by 


Google 


S»  MEMORIE 

1447  «ooome  fèoe  fl  RotinL  Ma  ooMSdolo  «risodio  che  Q  nic- 
oonlo  del  Vasari  non  pare  sia  Mao  ma  interoriariley  aicoome 
parve  ad  alcuni,  non  pertanto epfaio,  Ae  B  quarto  Eugedb  lo  hi- 
rilasae  in  Roma^eohesopraTTenita  la  nortedi  kri,  Neoolò  V 
800  sncoessore  lo  rHenene  presso  di  aè  per  lo  scopo  medesimo. 
E  di  ciò  addurrò  in  prora,  che  dal  conCratfo  fra  0  duomo  di 
Orrìeto  e  fina  Gioranni  Angelico  appare  indubitato,  come  questi 
nei  primi  di  maggio  di  detto  anno  1417  già  si  trovasse  in  Roma , 
da  dove  scrisse  BfjR  operaj  della  ftMrica  di  qnd  duomo  per 
andarvi  a  dipingere.  Buf^enio  IV  era  trapassato  nd  febbrajo;  e 
ai  6  di  manso  di  quello  stesso  anno»  tenutosi  9  condave  ndla 
chiesa  dei  fk^ti  Predicatori  di  s.  M.  sopra  Hnerva,  gli  era  stato 
dato  a  socoessore  qod  Tommaso  da  Sarzana,  del  quale  si  è 
di  già  favellato,  e  che  assoMC  il  nome  di  Nkoolò  Y.  Seaànxh 
do  pertanto  inverosimile  che  in  qucHe  prime  core  e  aolledtn* 
din!  éi  un  nuovo  pontUeato,  si  invitasse  si  tosto  in  Roma 
r  Angelico;  e  òhe  qnesti  appena  vi  era  giunto,  g^  remasse  il 
concito  con  il  duomo  di  Orvieto  per  recarsi  colà  a  colorirvi 
fl  finale  giodirio;  parmi  ragionevole  il  credere,  che  egli  vi  fosse 
invitato  da  Engenio  IV  nel  1446;  e  dal  snooessore  venisse  trat- 
tenuto per  compiervi  i  già  intrapresi  lavori.  Per  questa  guisa 
si  concifierebbero  facilmenle  le  due  diverse  ophuoni  (1). 

air  anno  ab  incarnatìone,  cioè  a  25  di  mano;  e  secondo  il  computo  io« 
mano,  nel  1446.  —  Nel  giorno  13  di  quello  stesso  mese  s.  Antonino  fece 
il  suo  solenne  mgresso  in  Firenae. 

(i)  In  qnesU  sembre  «maentire  il  dk  A.  F.  Eio  Y.  Poesie  Cliré- 
tie^e,  cap.  VI  pag.  197. 


Digitized  by 


Google 


UBHO  II.  GAP.  VUI.  823 

n  nome  A  Micoélò  V  Oa  sempre  caro  e  venerato  premo 
qiianli  sono  amatori  delle  scieoze,  deBe  lettere  e  deBe  Mi^ 
e  sapienti  reggitori  di  popoli  ;  onde  a  ragiove  soUa  lapida  che 
ne  chiude  le  ceneri  fti  scritto  aver  egfi  dato  a  Roma  i,  seool 
d'oro.  Primo  porse  qoel  noUle  esèmpio,  che  seguitato  ppi  da 
Oinlio  II  e  da  Leone  X ,  fece  Homa  santuario  di  tutto  le  utili 
e  dMte^oli  dtedpUne.  Salilo  al  sogKo  pontWoìo ,  inritò  con 
larghi  premi  i  più  sapienti  di  quel  secolo.  A  bn  Yenivano,  scrif^e 
Vespasiano  fiorentino,  Kttti  gli  nomini  dotti  o  di  loro  propria 
wlontA,  o  chiamati  dal  Ponleioe.  Goadasse  aMdtisBimi  scrittori 
perebè  copiasser  codioi;  e  gran  numero  dà  uomini  dotti  tenne 
in  corte  con  grandissime  prmryiBioni ,  aceioccfaò  gli  autori  gred 
voltassero  in  latino,  e  i  gik  tradotti  emendassero  colla  scorto 
tf  ottimi  esemplari  (I).  Lo  stesso  fervore  e  la  stessa  magnili* 
cenza  spiegè  in  prò  lidie  arti,  segnatamento  neir architettura. 


(0  PrsMQ  il  MsKàtatf  «  Mttùm  lioL  Sa^ip€,  voi.  XXV  ptg.  238. 
GrafUMme  aomme  venò  per  U  Ydriione  dei  greci  tenUoti,  coticcliè  et 
Goarioo  traduttore  ài  Strebone  donò  1^  sciidij  al  Perotti  per  la 
traduzione  di  Polibio  500.  GiaiinoszQ  Maimetti  Q*ebbe  COO  annui,  ac- 
ckNxhc  ti  occupasse  in  varie  opere  sacre.  Prometteva  a  Francesco  Filelfo 
una  casa  ed  un»  villa  in  Ironia,  e  10  mila  scudi  d'oro,  se  voleva  tra- 
sportare in  latino  l'Iliade  e  l'Odissea.  Diodoro,  Senofonte,  Tucidide, 
Erodoto,  Appiano  Alessandrino,  Platone,  Aristotile,  Tolomeo,  Teofra- 
sto ,  e  non  pochi  santi  Padri  greci  si  introdussero  nel  Lazio  per  ordine 
e  OHmifiocsBa  di  Niooolò  V  o  vi  fecero  più  gentile  comparsa.  V.  G.  B. 
Svoiono  JScoi^.  I^tUr.  dtèU  Ugunm,  e  Siitmmdi  S$orùa  dtlJLa  R^hMìì^ 
che  liaL 


Digitized  by 


Google 


8U  MEMORIE 

onde  Roma  e  lo  stato  D'eUwro  adbmtnMiita  Bomwda  Bood- 
IÌM  e  a  €eldm  Leon  Biltista  Alberti  ^Umo  U  carioo  di  mol- 
te  laUndie^  e  a  ^pMf  oIiAdo  di^  enaodb  qwOo  di  uni  mo- 
va e  pfà  magniiica  basilfoa  m  onore  di  &  PMio;  oaa  non  rida 
che  porae  le  tondattieiita,  lìnrlNila  qitQila  ^kìria  a  KraoHnite 
ed  a  Giidio  IL  U  Ai^dioo  I1016  ai  qpgM  Podtafioe,  ixm  pwa 
OD  Mecenate»  ma  w  anrioo  nKtUitùtù,  ed  in  Éhc«to  wamm^ 
lore.  Salito  ai  sogUo  pmtìBà^p  gli  diede  a  aonapiera  qoei  A- 
pin^oheiper  la  morte  di  Sugamo  IV  ernno  pmlMddmeote  rìm»- 
8ti  soltanto  incDmiiiciali  (1).  Seadm  WUMalo  die  avene  ooDa- 
pagno  in  qodl' opera  il  suo  discnpelo  Benone  Goooii,  il  quale, 
come  in  breve  vedremo,  lo  si^Bilè  anoon  i»  Orvielo;.<opei08iadiè 
oltre  die  aveva  eoateri  pteaa  assai  tene  la  maniora  dell'Ange- 
li^, era  emndio  valenlisMio  nd  ritmrre  IkMridMi»  pacd,  a 
negli  ornamenti  di  qoalsivot^  gwnre,  qaanto  lo  aowsdevano 
le  oondiziooi  dell'arte  in  qnd  seodo.  Doe  cappdle  dipinsero 
costoro  in  Vaticano,  nna  detta  dd  ss.  Sacramento,  che  fo  poi 
fatta aUerrare  da  Paolo  HI  per  dtriziafvi  lescale  e  neRa quale 
opera,  scrìve  il  Vasari ,  che  era  ecbeBente  in  qaena  maniera  sna, 
aveva  lavoralo  in  fresco  alcune  storie  ddìa  vita  di  G.  Qristo,  e 
fattivi  mdli  ritratti  di  natnrale  di  persone  segnalate  di  qua'  tem- 
pi ,  i  quali  per  avventura  sarebbono  oggi  perduti ,  se  fl  Giovio 
non  avesse  fattone  ricavar  questi  per  il  suo  museo:  papa  Nìc- 
cola  V,  Federig<^itnperatore  die  in  quel  tempo  veme  in  Italia, 


(1)  L'maonimo  tcrìttore  della  tìU  MS.  étl  betdó  Gioranoi  AmbI* 
nici  affBm»,  che  l'Angelico  dipìoseM  m  Rmi*  la  €a|i|»elfci  di  Eug^oim 
lY  e;;queUa  di  Niccolò  V. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  li.  GAP.  Via  325 

finite  AnUHHDO  che  fo  poi  arci?e6ooyo  di  Fireme,  il  Bioi^lo  da 
Forli  f  e  Ferraate  d' Aragona.  »  Nella  seoonda  cappdla  »  cbe.  al 
presente  s'intitola  da  Niccolò  V,  ritrasse  alcune  storie  del  pro- 
tomartire s.  Stelano»  e  di  s.  Lorenzo  nel  modo  seguente. Xjoknri 
tutta  la  volta  di  quella  con  azzurro  dtremare,  e  trapuntoUa  di 
moltissime  stdle  d'oro,  secondo  cbe  usavano  i  giotteschi;  e 
come  ndla  superiore  chiesa  di  s.  Francesco  di  Assisi ,  nei  quat- 
tro scomparti  ond'è  divisa  »  fece  i  quattro  Evangdisti»  e  negli 
angoli  otto  dottori  di  s.  Chiesa:  e  sono  a  destra  al  basso, 
s.  Giovanni  Grisostomo  e  s.  Bonaventura,  e  sopra,  s.  Gre- 
gorio e  s.  Agostino.  A  manca  al  basso,  s.  Atanasio  e  s.  Tom- 
maso dì.  Aquino,  e  sopra,  s.  Ambrogio  e  s.  Leone,  l'ultimo  dei 
quali  é  nella  pia  parte  distrutto.  Tutti  questi  dottori  si  stanno 
ritti  sotto  un  grazioso  tempietto  gotico.  Venendo  alle  storie  dei 
due  santi  martiri ,  fece  nelle  pareti  in  aei  compartimenti  i  princi- 
*pali  fatti  ddia  vita  di  ambedue,  e  gli  dispose  in  guisa  cbe  tpielli 
deD' uno  rispondessero  a  quelli  dell'altro,  a  far  meglio  apparire 
la  somiglianza  della  vita  di  entrambi,  e  sono:  s.  Pietro  cbe  dall'al- 
tare consegna  il  calice  a  s.  Stefano,  consecrato  primo  diacono,  il 
quale  inginocchiato  lo  riceve.  11  santo  protomartire  cbe  dispensa 
ai  poveri  la  demosina.  Sotto  eflSgiò  s.  Lorenzo  prostrato  innanzi  al  * 
PonteOce  s.  Sisto  dal  quale  riceve  il  diaconato.  Seguita  ndla  par- 
te superiore  la  predicazione  di  s.  Stefano ,  e  lo  stesso  santo  innan- 
zi al  sommo  sac^dote  degli  ebrei ,  dal  quale  riceve  il  divieto  di 
predicare  la  dottrina  di  G.  C  Nella  parte  inferiore  ritrasse  il 
ponteflce  s.  Sisto  che  benedice  a  s.  Lorenzo ,  e  gli  consegna  i  te- 
sori della  Chiesa  per  dispensarli  ai  poveri ,  nel  mentre  che  due 
armati  venuti  per  rapirli  battono  l'uscio  onde  entrare.  Viene 

21 


Digrtized  by 


Google 


326  MEMORIE 

appresso  la  distiibuzioiie  ddle  elemosine  fatta  dal  saoto  diaocoo 
a  nna  gran  moltitudine  di  poderi  e  di  infermi.  Nella  sinistra 
parete  cotori  la  lapidazione  di  s.  Stefono,  e  al  disotto  s.  Loren- 
zo condotto  innanzi  al  tiranno  9  il  qnale  posti  dirersi  strumenti 
di  morti  cmdelissime  sotto  degli  occhi  del  santo,  si  argomenta 
di  scuotere  e  vincere  la  di  lai  costanza  ;  e  in  un  altro  compar- 
timento si  Tede  per  una  piccola  finestra  del  carcere,  il  santo 
medesimo  che  fa  cristiani  i  compagni  di  sua  prigionia.  Ultimo 
è  il  martirio  di  s.  Lorenza  Sotto  le  predette  storie  tirò  un  riooo 
fregio  di  fiori  e  frutta  firamezzate  alternativamente  ove  dalla 
testa  di  un  putto,  ove  da  un  triregno;  poi  con  bella  ordinanza 
vi  dipinse  rose  e  stelle,  quindi  un  ricco  drappo  toccato  d*oro, 
col  quale  si  coonpie  T  adornamento  di  questa  elegantissima  cap- 
pella. 1  quali  fregi  non  dubito  punto  che  siano  dovuti  in  gran 
parte  a  Benozzo  Gozzoli ,  odioso  e  vario  in  cosiilatto  genare  di 
pittura.  Sul  merito  poi  delle  storie  udiamo  il  giudizio  di  due 
tra  i  più  insigni  scrittori  delle  arti.  Il  signor  Seroux  D' Agin- 
court  ne  ragiona  nei  termini  seguenti.  «  L' abilità  colla  quale 
questi  a  freschi  sono  terminati,  è  veramente  prodigiosa.  Nulla 
di  più  dolce  all'occhio  del  loro  colorito;  poche  ombre  forti,  un 
"  chiaroscuro  armonioso.  Da  vicino  questi  a  freschi  hanno  tutte  le 
grazie  della  miniatura;  da  lontano  esse  producono  col  vigor 
delle  tinte  tutto  V  effetto  di  un  pennello  libero  e  largo  ec.  »  Loda 
in  seguito  l'attenzione  postaTdair artefice  nella  facile  espressio- 
ne del  concetto,  pargli  vedere  una  felice  imitazione  di  Masac- 
cio, e  ne  loda  eziandio  la  prospettiva  delle  fabbriche  (1).  Al- 

(1)  Storia  dell' Jrte,  voi.  IV  parte  2.«  pag.  427. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  GAP.  Vili.  327 

quanto  più  distesamente  ne  ragiona  il  eh.  A.  F.  Rio.  «  L'ope- 
ra che  sola  yinoe  quella  di  cui  parlo,  (  i  reliquieri  di  s.  M.  No- 
vella ]  non  diirò  già  in  bellezza,  perciocché  non  è  dato,  ma  nella 
dimensione  e  fors*  anco  nella  importanza  istorica ,  è  il  grande  a 
fresco  del  Vaticano,  nel  quale  frate  Angelico,  invitato  a  Roma 
da  Eugenio  IV ,  ritrasse  in  sei  compartimenti  i  prindpali  fotti 
deUa  vita  di  s.  Lorenzo  e  di  s.  Stefano,  riunendo  per  siflalto 
modo  questi  due  eroi  del  Cristianesimo  nella  stessa  poetica  com- 
memorazione, come  è  costume  dei  fedeli  invocarli,  dacché  un 
sepolcro  medesimo  racchiude  le  loro  ceneri  nelF  antica  basilica 
di  s.  Lorenzo  fuor  delle  mura.  » 

«  La  consecraziope  di  s.  Stefano,  la  distribuzione  delle  ele- 
mosine, e  meglio  che  ogni  altra  la  predicazione,  sono  tre  qua- 
dri cosi  perfetti  nel  loro  genere  quanto  qudli  di  qualsivoglia  più 
insigne  maestra;  e  difficilmente  saria  conceduto  ideare  un  grup- 
po che  vincesse  cosi  nella  disposizione  come  nelle  movenze  e 
nelle  fonne ,  quello  delle  femmine  sedute  che  ascoltano  il  santo 
predicatore;  e  se  il  bestiai  furore  de'camefid  che  lo  lapidano 
non  è  sanificato  nel  modo  il  più  eflScace,  àétbe  attribuirsi  ad 
una  gloriosa  impotenza  di  quella  angelica  immaginazione  nutri- 
ta siffattamente  di  estasi  e  di  amore  da  non  potersi  giammai 
adusare  a  quelle  scene  drammatiche  nelle  quali  fa  di  mestieri 
ritrarre  passioni  violenti.  » 

a  Le  figure  sono  collocate  e  disposte  con  pari  grazia  e  no- 
biltà, e  in  questo  pregio  che  anmiirasi  in  tutte  le  opere  di 
frate  Angelico,  splende  viemeglio  nella  presente  a  cagione  di 
avere  con  ogaì  esattezza  mantenute  le  acconciature  e  il  vestire 
propri  dei  tempi,  che  ritrasse  dai  monumenti  della  prin^itiva 


Digitized  by 


Google 


328  MEMORIE 

diiesa.  Non  cosi  nel  compartimenti  inTeriori  nei  qoali  il  pittore, 
comecché  ugualmente  bene  inspirato,  ha  eflBgiati  i  latti  rispon- 
denti della  vita  di  s.  Lorenzo  »  (1) . 

ÀYTertiremo  in  ultimo  col  eh.  prot  Rosiniy  come  in  que- 
st'opera più  die  in  altra,  ingrandisse  la  maniera,  e  la  portasse 
a  tal  perfezione  da  poter  contrastare  la  palma  ai  più  nobili  in- 
gegni di  qud  secolo.  Per  l'altare  di  questa  stessa  cappella  di- 
pinse similmente  una  taTola  nella  quale  ritrasse  una  deposizio- 
ne di  Croce,  che  al  presente  credo  perduta  (2). 

Nel  tempo  che  Arate  Giovanni  coloriva  le  storie  sopra  de- 
scritte, il  Pontefice  a  quando  a  quando  si  recava  a  conside- 
rarle, e  quanto  ammirava  l'arie  e  l'ingegno  di  lui,  altrettanto 
aveane  cara  e  pregiata  la  virtù.  La  storia  ci  ha  conservato  un 
aneddoto,  che  noi  sull'autorità  di  fra  Leandro  Alberti  e  del 
Vasari  riporteremo  con  le  parole  stesse  di  qii^t' ultimo.  «  Fu 
fra  Giovanni  semplice  uomo  e  santìssimo  ne' suoi  costumi,  e 
questo  faccia  segno  della  bontà  sua,  che  volendo  una  mattina 
'papa  Niccolò  V  dargli  desinare,  si  fece  coscienza  di  mangiar 
della  carne  senza  licenza  dd  suo  priore  ;  non  pensando  all'autorità 


(1)  Loc  cit  pag.  198. 

(2)  È  degno  di  considerazione  ciò  che  narra  Mons.  Bottari  in  una 
nota  alla  Tita  dell'Angelico,  che  ne' tuoi  giorni  queste  storie  di  s.  Lo- 
renzo e  di  s.  Stefano  erano  così  poco  conosciute  in  Roma^  che  volen- 
dole egli  vedere,  dovette  passare  dalla  finestra  della  cappella,  essendosi 
perduta  la  chiave  della  porta.  Di  alcuni  di  questi  a  freschi  se  ne  può 
vedere  le  incisioni  nella  storia  del  prof.  Rosini,  e  meno  felicemente  in 
quella  di  D'Agincourt  v.  la  Uv.  GXLV. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  n.  GAP.  Vili.  329 

dd  pontefice»  (1).  Semtira  che  neUa  dmiefitichezsi  di  que- 
sti bmig^iari  ooUoqiD  avrenisse  quanto  abbiamo  narrato  di  so- 
pra con  le  parole  stesse  dd  Vasari  intomo  l'Arcivescovato  di 
Firenae.  Leandro  Alberti  il  più  antico  dei  biografi  di  fra  Gio- 
vanni Angelico»  non  fa  alcon  cehno  di  qnesto  fatta  Al  P.  Gu- 
l^ielmo  BarUM  parve  non  pare  blso»  ma  inverosimile  per  due 
ragioni:  la  prima  ddle  quali  è,  che  il  Vasari  scrisse  essere  sta- 
to oSèrio  all'Angdico  l'Arcivescovato  di  Firenze  da  Niccolò  V; 
quando  per  ragione  del  tempo  dovealo  essere  stato  da  Eugenio 
IV.  La  seconda»  che  l'Angelico»  piissimo  veramente  ed  insigne 
dipintore»  non  avea  però  quella  dottrina  e  quella  prudènza  vo- 
tele nei  pastori  ddle  anime  (2).  E  per  ciò  concerne  il  silenzio 
ddl' Alberti  dirò»  che  troppe  cose»  anzi  la  maggior  parte  ddla 
vita  di  fra  Giovanni  egli  omise»  senza  che  per  tale  silenzio  si 
possa  rivocare  in  dubbio  quanto  egli  afferma;  perciocdiè  in 
luogo  di  fare  un'accurata  narrazione  delle  gesta»  egli  ama  in- 
teasere  V  dogio  della  persona.  Che  poi  Giorgio  Vasari  invece  di 
scrivere  Eugenio  IV.  scrivesse  Niccolò  V.  non  faranno  le  mera- 
viglie coloro  coi  ò  nota  la  poca  diligenza  di  questo  biografo; 


(1)  Non  è  gran  fatto  Terosìmile  che  il  Pontefice  inTÌtasse  a  desinare 
il  pittore  ,  come  sembra  far  credere  il  Vasari  ;  ma  in  quella  yece  parmi 
doTcrsi  stare  ali* autorità  dell'Alberti,  il  quale  afferma  soltanto  che  il 
Papa  veduto  un  cotal  giorno  di  troppo  affaticato  e  stanco  l'Angelico  lo 
esortasse  a  cibarsi  dì  carne  in  luogo  de' soliti  cibi  magri,  secondo  che  Tuole 
la  regola  de' frati  Predicatori. 

(2)  Fita  di  $.  Antonino  e  de  suoi  discepoli,  libr.  II.  cap.  IL  Fita 
di  fixt  Giovanni  Angelico,  in  una  nota  nel  fine. 


Digitized  by 


Google 


330  MEMORIE 

nel  quale  per  consueto  è  yerìtà  dì  fatti ,  e  solo  errore  di  anni 
e  dì  nomi.  A  cagione  dì  esempio,  nella  vita  dì  Gioranni  pisano 
lasciò  scrìtto,  che  egli  scolpi  nella  chiesa  di  s.  Domenico  dì  Pe- 
rugia il  monumento  marmoreo  del  Ponte6ce  Benedetto  IX.  man- 
cato ai  vivi  in  quel  tempo.  Un  crìtico  poco  avveduto,  dirdibe 
non  poter  quella  essere  opera  di  Giovanni  concioasiadìè  la  (fi- 
stanza  fra  il  Ponte6ce  e  lo  scultore  sarebbe  non  di  anni  ma  di 
secoli;  corretta  la  cifra  IX.  in  XI.  si  ha  la  verità  dd  btto,  avendo 
veramente  cessato  di  vivo^  il  beato  Benedetto  XI.  nei  tempi 
dello  scultore  Giovanni.  Per  sìmil  guisa ,  errò  il  Vasari  dicendo 
conferito  a  s.  Antonino  T  arcivescovato  da  Niccolò  V.  quando  ve- 
ramente, lo  fu  da  Eugenio  IV.  ma  in  questo  scambio  di  nomi 
può  essere  tuttavia  vero  il  racconto,  posto  che  l' Angelico  fos- 
se a  Roma  invitato  da  Eugenio  IV.  come  noi  abbiamo  mostrato 
di  credere.  Soggiunge  il  Bartolì,  che  egli  fosse  povero  o  digiuno 
di  ogni  dottrina;  la  quàl  cosa  ci  vien  narrata  gratuitamente, 
potendone  in  hri  esseme  [nù  che  alla  sua  modestia  non  piacque 
manifestare,  e  certamente  quanta  era  voluta  nel  sacerdote  di 
una  Congregazione  delle  scienze  sacre  studiosissima.  A  coloro  poi 
i  quali  non  sanno  quanto  per  mala  sorte  in  quel  secolo  le  più 
alte  dignità  della  chiesa  fossero  sovente  conferite  a  persone  non 
pure  idiote,  ma  non  di  rado,  che  è  assai  peggio,  di  non  pro- 
vati costumi ,  lascerò  fare  le  meravìglie  che  il  Ponteflce  volesse 
ad  un  santo  pittore  conferire  l'Arcivescovato  di  Firenze.  Dirò 
al  presente  ciò  che  io  stimo  intomo  questo  fatto.  Narra  Fran- 
cesco Castiglioni  famigliare  di  s.  Antonino,  e  per  pietà  e  dot- 
trina chiarissimo,  come  per  la  morie  dì  mons.  Bariolomeo  Za- 
barella  arcivescovo  di  Firenze ,  Eugenio  IV.  vedute  le  pratiche  e 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  li.  GAP.  Vm.  331 

gli  inlrighi  che  da  molti  si  faoeTano  onde  oonsegoire  quella  di- 
gnità, bea  noye  mesi  soprassedesse  a  meglio  pToyyedervi  ;  e  che 
da  oleum  uomini  reUgiosi  proposto  al  Pontefice  s.  AntoniiiOy  co- 
me meritevolissimo  di  quel  posto,  piacessegli  grandemeale  il 
soggetto,  e  a  lai  tal  dignità  conferisse.  Dal  che  deduco,  che  se 
Eugenio  IV.  non  offerì  yeramente  l' Arciyescoyato  di  Firenze  al- 
l'Àogelicoi,  come  narra  il  Vasari,  ben  può  per  i  consigli  di  lui 
ayerio  conferito  a  &  Antonino;  quindi  se  non  ci  è  conceduto 
lodare  il  pittore  di  im  tratto  singolarissimo  di  umiltà  per  mer 
rifiatato  cotanto  onore,  ben  potremo  ammirarne  la  prudenza 
per  ayer  proposto  al  Pontefice  un  pastore,  che  fu  modello  al  suo 
seodo  e  ai  venturi  ddle  più  rare  virtù  (1). 

Le  storie  sopra  descritte  ndle  due  cappelle  del  Vaticano 
non  erano  probatHlmilBnte  che  sol  cominciate,  quando  avvenne, 
come  si  disse,  la  morte  di  Eugenio  IV.  e  la  elezione  di  Niccolò 
V.  ranno'  14f7.  Negli  ultimi  di  aprile  o  nei  primi  di  maggio, 
forse  per  essere  sospesi  i  lavori  d'ordine  del  Pontefice,  o  più 
yeramente  onde  fbggire  Y  aria  malsana  di  Roma  nella  prossima 
stagione  estiva,  fra  Giovanni  smsse  agli  operai  dd  duomo  di 
Orrieto,  offerendosi  a  dipingere  in  quella  insigne  basilica,  ap- 
punto nei  tre  mesi  di  giugno,  luglio  e  agosta  Più  lieta  novella 

(1)  Epistola  D.  Francisci  CastiUonensis  presbyta'i  saecuku'is  ec, 
ad  Pratres  i.  Dominici  de  Bononia»  Ord,  Praedic,  super  vita  B,  An^ 
tonii  de  Florentia  ejusd,  Oi'd,  Arch.  Fiorerà,  ec.  a  ita  novem  mensibus 
ambiguus ,  suspensutque  animo  Bomanus  Pontifex  perseverai:  cui  tandem 
subijdenubus  vhris  religiosis  personam  Antonii ,  cum  iam  antea  virtu-^ 
tem  hominis  cognovisset,  statim  eorum  consiliis  acquievit,  »  Questa  let^ 
tera  è  stata  inserita  dai  BoUandisti  Ti%\VActa  Sanetorum. 


Digitized  by 


Google 


333  MEMORIE 

non  potea  perrenìre  ai  prefetti  di  qndla  fobbrica ,  stodiofiìssìfm 
di  abbellirla  con  ogni  maniera  di  opere  pregiate,  e  di  decorar- 
la coi  nomi  de'più  cbiari  artefici.  Un  pittore  del  merito  di  fra 
Giovanni  Angelico ,  e  che  di  presente  era  al  servizio  del  Sommo 
Pontefice,  parve  accrescer  decoro  al  nuovo  tempio  orvietana 
Fu  per  noi  narrato  con  qnanta  eoa  lode  vi  operasse  di  scidtu* 
ra  nd  tramontare  del  secolo  XIII  fra  Goglidmo  da  Pisa.  Nel  136S 
vi  era  stato  invitato  frate  Giovanni  Loca  Leonardélli  del  tenfor- 
dine  di  s.  Francesco,  egregio  mosaicista.  Nd  1401  per  opere  di 
musaico  ugoalmente,  e  per  colorire  finestre  di  vetro,  onP,  Fran- 
cesco di  Antonio  Cistercense,  orvietano,  e  quando  vi  giunse  l'An- 
gelico eravi  forse  tuttavia  quel  P.  Francesco  Bronacd  Benedet- 
tino, che  ndl'arte  di  tingere  i  vetri  fa  uno  dei  più  valenti  pit* 
t<MÌ  che  in  quel  secolo  ricordi  la  storia.  Per  siSaHa  guisa  sem- 
brava nata  fra  ^li  ordini  religiosi  una  nobile  gara  di  abbdlire 
quel  tempio  dedicato  a  Maria.  Nel  giorno  13  di  maggio  si  racccdr 
sero  a  consiglio  i  consolatori ,  i  deputali,  ed  i  principali  mae- 
stri dell'opera  del  duomo,  affine  di  delibo^ure  sulla  dimanda  di 
fra  Giovanni  Angelico.  Egli  si  ara  proffierto  di  recar  seco  U  di- 
scepolo Benozzo  Gozzoli  che  lo  aiutava  in  Roma  nei  dipinti  del 
Vaticano,  con  altri  de' suoi  giovanL  Accolta  favorevolmente  la 
dimanda ,  risolvettero  dargli  a  dipingere  la  cappella  della  B. 
V.  con  r  emolumento  di  200  ducati  d'  orò  Y  anno  ,  più  le  spese 
occorrenti.  A  Benozzo  furono  offerti  7  ducati  il  mese,  e  3  a  due 
suoi  giovani;  obbligandoli  a  dipingere  quattro  mesi  deiranno. 
A  due  dì  giugno  dd  1447  il  eamarlengo  fé  noto  ai  deputati 

dcir  opera  come  «  fra  Giovanni  di  Pietro dell'  Ordine  dei 

Pc^icatori  aveva  accettato  V  invilo  fattogli  di  recarsi  a  dipin- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  n.  GAP.  VUI.  333 

gere  la  cappdk  nuova ,  e  che  si  troverebbe  in  Orvieto  nella  fe- 
stività del  Corpo»  Domini^  chiedersi  pertanto  qoali  fossero  le 
pittore  che  egli  vi  dovesse  eseginre.»  Vennero  tutti  nella  deli- 
borasBone  dì  dargli  a  dipingere  il  finale  giudino  in  figure  gran- 
di al  vero:  e  per  segno  di  maggiore  onoranza,  a  lui  si  confe- 
risse il  titolo  di  Maestro  dei  Maestri  y  dbe  davasi  soltanto  ai  pia 
eccellenti,  e  che  nel  1^03  aveva  avuto  eziandb  Gentile  da  Fa- 
briano discepolo  o  imitatore  deirAngelico.  n  14  giugno  l'Angelico 
fermava  il  contratto  con  fl  duomo;  e  come  quel  mese  era  in  par- 
te decorso,  vollero  si  obbligasse  a  dipingere  per  quelli  di  lu- 
gilo,  di  agosto  e  di  settembre  (a).  Seguiteremo  lo  storico  di 
quella  cattedrale  P.  Guglielmo  Della  Valle  de'&Onori  Gonven- 
tnalL  «Pose  sollecitamente  mano  air  opera  il  buon  idrate  Gio- 
vanni: ma  gli  fu  di  gravissfano  dispiacere  la  morte  di  Antonio 
Giovandli,  che  gli  cadde  ai  piedi  nello  stendere  un  travicello 
per  bre  il  ponte  ;  della  qual  caduta  mori  .  .  .  Furongli  di  aiu- 
to in  quelle  pitture  M.  Pietro  di  Niccolò,  e  Giovanni  di  Pietro 
orvietani,  probabilmente  nel  fare  gli  ornati;  perchè  si  dice  di 
costui,  che  egli  dipingeva  sopra  Maestro  fra  Giùwmni  pittore  e 
eapo  dei  Maestri;  e  cosi  continuò  a  dipingere  la  volta  dalla 
parte  di  mezzo  giorno  fino  al  di  vent'otto  settembre  del  mede- 
simo anno;  in  cui  pagatigli  cento  tre  fiorini  d'oro  per  l'aver 
suo  e  de'suoi  compagni,  andossene  per  la  via  di  Roma,  uè  mai 
più  tornò  m  Orvieto  to   (2).  Giusta  la  sentenza  dello  storico 

(a)  V.  Documento  (Vi.) 

(1)  Narra  il  P.  Gugliekno  Della  Valle,  che  pochi  mesi  dopo  la  par- 
tenia  dell'  Angelico  convenne  rìfrre  il  tetto  alla  cappella  o?e  aveva  di- 


Digitized  by 


Google 


334  MEMORIE 

suddetto,  fece?!  Y  AngeHoo,  il  Cristo  giudice  in  atto  di  maledire  i 
reprobi,  ed  il  bd  coro  dei  Profeti  che  sta  sopra  Finremo, che 
alconi  anni  dopo  dipinsevi  Luca  SignorelU  da  Cortona,  al  quale 
fu  dato  il  carico  di  condurre  a  termine  T  opera  già  cominciata 
da  frate  Giovanni.  Queste  figure  furono  incise  e  pubblicate  col 
rimanente  del  cUptnto,  dallo  stesso  P.  Della  Valle  nella  sua  sto- 
ria di  quel  duomo.  Ninno  die  io  sappia  ayyerti,  come  il  Cristo 
giudice  iyi  dipinto  sia  una  replica  di  quello  che  in  picctdissi- 
me  dimensioni -colori  negli  sportali  dell'Armario  della  ss.  An- 
nunziata in  Firenze.  Come  V  altro  della  tavola  Camaldoknse,  egli 
è  seduto  con  grandissima  maestà  ;  ed  in  luogo  dì  seriiare  qudla 
calma  che  noi  lodammo  nella  tavola  suddetta ,  alzata  la  destra, 
con  atto  di  terribile  minaccia  la  segno  dì  maledire.  Che  Hicfae- 
langiolo  Buonarroti  imitasse  in  parte  questa  figura  nel  suo  giu- 
dizio finale  della  cappdla  Sistina,  parve  verosimile  al  P.  Della 
Valle  e  ad  altri.  Probabilmente  Michelangiolo,  non  pure  il  Cri- 
sto giudice  dell'Angelico,  ma  assai  dovette  avere  studiato  il  ri- 
manente deir  oipetà  eseguita  dal  Signorelli ,  veduta  la  quale,  sce- 
merà in  parte  1*  anmiìrazione  che  provasi  alla  vista  del  tre- 
mendo giudizio  del  Buonarroti  ;  conciosiacfaè  per  il  concetto  gran- 
dissimo ,  per  la  bellezza  delle  immagini  e  per  lo  studio  del  ve- 
ro >  questo  dipinto  di  Luca  mi  parve  sempre  '  cosa  veramente 


pinto^  dappoiché  tì  pioveva  con  danno  dell*  opera  tua.  —  La  diminu- 
zione del  prezzo  dato  al  pittore  contro  ciò  si  era  pattuito  nel  contrat- 
to, deve  ripetersi  forse  da  questo,  che  in  luogo  di  dipingere  per  lo  ^- 
Kio  di  quattro  mesi  non  dipinse  che  soli  tre. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  n.  GAP.  Vm.  335 

stupenda.  Reca  poi  meravigtia  il  firanco  e  corretto  dnegno;  Fm- 
tdlìgeiiai  del  nodo,  l'ardire  degli  scorti,  e  h  nobiltà  delle  for- 
me: pregi  tutti  die  in  un  pittore  del  seccdo  XV  son  degni  di 
maggior  considerazione.  Ma  ninno  speri  di  Tederò  negli  detti  del 
Sigoordli  Testasi  diyina  e  le  forme  aeree  dell'Angelico;  niimo 
speri  sentirsi  inebriato  di  quella  celeste  voluttà,  che  uno  prora 
alla  vista  di  qudle  care  immagini,  imperciocché  lode  siSitta  è 
sol  propria  di  lui ,  né  altri  giammai  saprebbe  ottenerla.  Il  eh. 
prof.  Rosini,  considerata  l'angustia  del  tempo,  dovendosi  in 
cento  soli  giorni  fare  i  ponti,  i  disegni,  i  cartoni  ed  eseguirli, 
giudicò  non  potesse  l' Angelico  condurre  a  termine  tutto  qud 
lavoro  che  a  lui  viene  attribuito;  stima  pertanto,  che  il  Cristo 
giudice  sia  di  Benozzo  Gozzoli ,  e  il  coro  dei  Profeti  dell'  Ange- 
Uoo;  perdoochò  pargli  il  primo  inferiore  a  questi,  ne* quali  rav- 
visa un  lare  più  grandioso  ed  una  più  perfetta  esecuzione  (1). 
Mal  si  potrdibe  accettare  o  rifiutare  questa  opinione  per  la 
mancanza  di  notizie.  Solo  avvertirò^  come  nel  dipingere  in  fre- 
sco avesse  fira  Giovanni  cosi  franco  e  spedito  pennello,  da  con- 
dorre  in  brevissimo  tempo  dipinti  eriandio  di  ricca  composizio- 
ne e  in  vaste  superficie,  nd  che  venne  ammirato  dal  Vasari,  e 
k)  fia  da  tutti  che  vedranno  gli  innumerevoli  a  lìreschi  che  co- 
lori nd  sua  convento  di  s.  Marco.  Con  i  disegni  ddT  Angelico, 
crede  il  chiarissimo  storico  della  nostra  pittura ,  venissero  ese- 
guiti, un  coro  di  Angioli  die  sollevano  in  alto  la  Croce,  cir- 
condata da  altri  che  tengono  in  mano  i  diversi  strumenti  della 
passione;  la  Vergine  in  mezzo  agli  Apostoli;  e  i  quattro  Dottori 

(1)  Scoria  delia  Pittura  Italiana ,  Epoca  II  cap.  T  pag.  299. 


Digitized  by 


Google 


336  MEMORIE 

della  Chiesa  coi  quattro  roDdatorì  degli  Ordini  H^fendicanti*  «  Se 
le  composizioni,  prosegue  a  dire  il  medesimo,  rigorosamente 
parlando,  nnlla  presentano  di  singolare;  le  arie  deUe  teste  so- 
no tutte  bdle,  Tariate  con  espressione;  come  piana  di  verità  è 
la  mossa  di  s.  Francesoo.» 

Qual  fosse  la  cagione  per  la  quale  l'Angelico  più  non  si 
ricondusse  in  Orvieto  onde  compiervi  gli  intrapresi  lavcuri',  mal 
potrebbesi  al  presente  chiarore.  Fcnrse  T  animo  soavissimo  del  pit- 
tore ebbevi,  in  ftiori  della  morte  del  Giovanelli,  altre  cagioni 
di  amarezza  per  conto  degli  Operai;  o  i  dipinti  a  lui  aflSdati  dal 
novello  PonleOce,  che  certamente  furono  graudissiny ,  non  gli 
consentirono  di  soddisCare  alle  sue  obbligazioni  con  la  cattedra- 
le di  Orvieta  E  vaglia  il  vero,  non  pure  dipinse  in  Vaticano 
le  grandi  storie  che  abbiamo  ricordate,  e  la  tavola  col  deposto 
di  Croce;  ma  eziandio  riduestone  dal  Papa,  miniò  alcuni  li- 
bri ,  che  al  dire  del  Vasari  erano  bellissimi  ;  e  che  a  lui  di  già 
avanzato  negli  anni,  dovettero  importare  non  lieve  tempo  e  fa- 
tica. Altre  piccole  tavole  avrà  colorite  per  i  privati  cittadini  ro- 
mani, come  i  due  finali  giudizj,  che  al  presente  si  ammirano 
nelle  gallerie  Corsini  e  Fesch ,  se  pure  non  vi  furono  recati  di 
Firenze;  e  segnatamente  le  due  più  grandi  tavole  die  pose  nella  chie- 
sa di  s.  Maria  sopra  Minerva  dei  frati  Predicatori,'  se  egli  è  vero 
quanto  scrive  il  Vasari.  Ricorda  egli  pertanto,  senza  indicar- 
ne il  soggetto,  la  tavola  per  l'aitar  maggiore,  ed  una  Nunziata, 
che  era  accanto  alla  cappella  grande  appoggiata  ad  un  muro.  In  al- 
cune Guide  di  Roma,  noverandosi  i  dipinti  che  sono  alla  Mi- 
nerva, si  giudicano  dell'Angelico  la  tavola  dell'altare  del  ss. 
Rosario,  quella  di  s.  Tommaso  di  Aquino,  e  quella  della  ss.  An- 


Digitized  by 


Google 


UBRO  U.  GAP.  Vili.  337 

nunziata.  H  eh.  sìg.  Giovanni  Masselli  nelle  note  al  Vasari    se- 
guitò qudla  opinione,  forse  tratto  in  errore  dalla  Guida  mede* 
sima  (1) .  L' anouimo  Domenicano  del  con?,  di  Fiesole,  scrittore 
di  una  vita  del  B.  Giovanni  Dominici ,  che  manoscritta  si  conser* 
Ta  netr archivio  di  s.  Marco,  attribuisce  a  fra  Giovanni  AugeU- 
00  le  due  tavole  del  Rosario  e  di  s.  Tommaso  di  Aquino.  Un 
altra  Guida  di  Roma  del  1842  reputa  opera  di  Benozzo  Gozzoli 
quella  della  ss.  Nunziata  (2).  Richiesti  del  loro  giudizio  alcuni 
tra  i  più  valenti  pittori  romani,  n'd)bi  assicurazione  che  quella 
chiesa  non  possiede  più  alcun  dipinto  dell'  Angelico.  E  per  ciò 
che  è  della  tavola  nella  cappella  di  s.  Tommaso  di  Aquino ,  una 
ye  ne  pose  Filippino  Uppi  che  era  appunto  una  Nunàata  come 
scrìve  il  Vasari ,  che  poi  forse  veime  trasportata  nella  cappdla 
di  questo  titolo  eretta  dal  card.  Giovanni  di  Torrecremata.  Se 
non  che  ci  piace  avvertire,  come  l'opinione  di  coloro  i  quali  giù* 
dicarono  quella  tavola  opera  <ii  Benozzo  Goooli ,  non  sia  priva 
dì  alcuna  ragione  storica;  concio»aché  oltre  la  Vergine  Annun- 
ziata, evvi  ritratto  con  piccole  dimensioni,  il  cardinale  suddetto, 
il  quale  prostrato  a  terra  fra  una  schiera  di  giovinette,  venera 
la  nostra  Donna  :  accennandosi  alla  caritatevole  instituzione  fotta 
dal  Torrecremata ,  per  la  quale  certo  novero  di  zittelle  ottiene 
ogni  anno  una  dote  per  monacarsi  o  toglier  marito;  instituzio- 
ne che  ergevasi  appunto  nei  tempi  che  Benozzo  (xozzoli  era  in 
Roma.  Non  dirò  se  veramente  vi  si  riscontri  la  sua  maniera  per 
essere  molti  anni  dacché  non'  l' ho  veduta  ,  ma  altri  potrà  dame 
giudizio. 

(1)  y.  DoU  n.*^  30  alla  vita  dì  fra  Giovanni  Angelico. 

(2)  Roma  compiutamenu  descrìtta  in  f^II  giornate  ,  pag,  13. 


Digitized  by 


Google 


MEMORIE 

Era  ornai  rAngdioo  peryeoato  all'aano  sessantesimo  otta- 
vo dell'età  sua;  avera  (fi  marayigtiose  opere  dibellita  non  pure 
Fireiue  e  Roma,  ma  Perugia  »  Cortona  e  Fiesole;  Q  nome  sac 
era  caro  e  Tenerato  ai  popoli ,  ai  Medid  e  a  doe  Romani  Poo- 
ieficL  Ayeya  veduta  cadere  Tantica  e  rdigiosa  scuola  di  Giot- 
lo,  della  quale  egU  era  l' ultimo  fiore;  sorgerne  una  nuova  pie- 
na di  vita,  di  grazia,  studiosa  dd  vero,  avida  di  fare  all'Arte 
acquisto  di  nuova  e  bellissima  gloria  ;  ed  egli  in  luogo  di  ac- 
cuorarsene,  come  il  vecchio  Margaritone,  per  la  caduta  ddla 
scuola  greca,  si  era  in  matura  età  Inchinato  all'altezza  subli- 
me di  Masaccio,  non  digitando  farsi  discepolo  a  cui  per  ragio- 
ne degli  anni  poteva  bdlmenle  esser  maestro.  Ma  nella  rara 
perfezione  che  egli  vedeva  aggiungersi  a  tutte  le  parti  del  dise- 
gno, di  questo  scAo  era  sapevole  a  sé  stesso,  che  ninna  teorìa 
avrebbe  condotti  i  nuovi  artefici  a  rendere  con  tanta  nobiltà  e 
grazia  le  sante  gioie  del  cielo  siccome  egli  avea  fatto,  non  per  i 
trovati  dell' Arte,  ma  per  una  fede  ardente,  ed  una  accesissima 
carità.  Né  altri  giammai  ^edo  potrà  raggiungerlo  in  questo 
vanto,  se  Dio  stesso  non  gli  rivela  siccome  a  lui,  parte  di  qudla 
gloria.  Aveva  pertanto  fedelmente  compiuta  la  sua  carriera;  fot- 
ta brillare  l'Arte  Cristiana  di  nuova  e  bellissima  luce;  ed  al  suo 
secob  ed  ai  venturi  portò  co'  suoi  dipinti  e  colle  sue  virtù,  gran- 
di ammaestramenti  di  morale  religiosa.  Nel  giorno  18  di  marzo 
ddfanno  1455  andava  egli  a  contemplare  nel  cielo  quelle  care  e  san- 
te immagini  che  avea  si  bene  colorite  qui  in  terra.  H  Pontefice  Nic- 
colò y  di  tanta  perdita  dolentissimo ,  fecegli  erigere  un  monu- 
mento marmoreo  nella  sua  chiesa  della  Minerva ,  sul  quale  volle 
fosse  scolpita  l' effigie  dell'  artista ,  ed  una  iscrizione ,  dìff  alcu- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  GAP.  Vili.  339 

DÌ  gùidicaroiio  dettata  dallo  stesso  Pontefice,  la  quale  attestas- 
se ai  popoli  il  valore  e  la  bontà  del  pittore ,  ed  insieme  la  esti- 
mazioDe  e  V  afletto  del  Pontefice,  nei  termini  seguenti 
Hic  iacet  vea  pictor 
fr.  Jo.  de  Fior.  Qrd.  P. 
M 

ecce 

L 
V 

Non  mihi  sU  lau^^  quod  eram  veltU  alter  ApelUs , 

Sed  quod  lucra  tuis  (/.  paapmiras)  omnia,  Christe  dabam : 
Altera  nam  terris  opera  extanl ,  altera  coelo 
Urbe  me  Joannemflos  tìdit  Etruriae  (i) . 
Chiuderemo  la  yita  di  tanto  artefice  col  bellissima  elogio  che  di 
fcd  ci  lasciò  scritto  Giorgio  Vasari.  «  Fa  fira  (jio?anni  semplice 
uomo  e  sanlissimo  ne' suoi  costami  ....  schivò  tutte  le  azioni 
del  mondo,  e  poramente  e  santamente  vivendo  fu  de'  poveri  tanto 
amico,  quanto  penso  jcfae  sia  ora  l'anima  sua  del  cido.  Si  eser- 
citò continuamente  nella  pittura ,  né  mai  volle  lavorare  altre  co- 
se che  per  i  santi  Potette  esser  ricco  e  non  se  ne  curò,  anzi 
usava  dire  che  la  vera  ricchezza  non  è  altro  che  contentarsi  ed 
poco.  Potette  comandare  a  molti  e  non  volle ,  dicendo  esser  men 
fatica  e  manco  errore  ubbidire  altrui.  Fu  in  suo  arbitrio  avere 
dignità  ne' frati  e  fuori,  e  non  le  stimò;  affermando  non  cercare 

(1)  Farci  degno  di  coDsiderazione  il  titolo  di  Venerabile  dato  al- 
l'Angelico tosto  morto.  Leandro  Alberti  è  il  primo  che  io  sappia  che  gli 
dia  queUo  di  beato.  ' 


Digitized  by 


Google 


340  MEMORIE 

altre  digoità,  €fae  cercare  dì  fiiggire  rinfenio  ed  accostarsi 
al  paradiso.  E  di  vero  qaal  dignità  si  può  a  qadla  paragonare , 
la  quale  dovrebbono  i  rdigìosi,  anzi  par  tatti  gli  uomioi  cerca* 
re,  e  die  in  solo  Dio  e  nel  yi?ere  virtoosamente  si  trova?  Fu 
umanissimo  e  sobrio,  e  castamente  vivendo  dai  lacci  del  mondo 
si  sciolse;  usando  spesse  fiate  di  dire  che  dii  faceva  qaest' ar- 
te, aveva  bisogno  di  quiete  e  di  vivere  senza  pensieri  ;  e  chi  fa 
cose  di  Cristo  con  Cristo  deve  star  sempre.  Non  fu  mai  veduto  in  col- 
lera trial  frati,  il  che  grandissima  cosa  equasi  impossibOe  mi  pare  a 
credere;  e  sogghignando  semplicemente  aveva  in  costume  di  am- 
monire gli  amici.  Con  amorevolezza  incredibile  a  chiunque  ricer- 
cava opere  da  lui  diceva ,  che  ne  facesse  esser  contrito  il  prio- 
re, e  che  poi  non  mandìerd)be.  Insomma  fu  questo  non  mai 
abbastanza  lodato  Padre  in  tutte  l' opere  e  ragionamenti  suoi 
umilissimo  e  modesto,  e  nelle  sue  pittare  facile  e  devoto;  ed  % 
santi  che  egli  dipinse  hanno  più  (xria  e  somiglianza  di  santi  ^  cAf 
quelli  di  qualunque  altro.  Aveva  per  costume  non  ritoccare  né 
racconciare  mai  alcuna  sua  dipintura,  ma  lasciarle  sempre  in 
quel  modo  che  erano  venate  la  prima  volta,  per  credere,  se- 
condo ch'egli  diceva,  che  cosi  fosse  la  volontà  di  Dio.  Dicono 
alcuni  che  fra  Giovanni  non  arebbe  messo  mano  ai  pennelli  se 
prima  non  avesse  fatto  orazione.  Non  lece  mai  Crocifisso  che  non 
si  bagnasse  le  gote  di  lagrime ,  onde  si  conosce  nei  volti  e  nelle 
attitudini  ddle  sue  figure  la  bontà  del  sincero  e  grande  animo 
suo  nella  religione  cristiana,  i» 

Non  sarà  certamente  discaro  al  lettore  se  aggiungeremo 
alcune  parole  intorno  i  ritratti  che  di  fra  Giovanni  Angelico 
sono  rimasti ,  o  che  si  crede  lo  rappresentino  ;  perdooehè  av- 


Digitized  by 


Google 


UBR0  U.  GAP.  VUI.  341 

fiéoe  di  tolti  gli  ttoaiini  grandi»  die  ne  siano  oare  e  deaidemie 
non  pure  le  opttre,  i  detti  e  tutto  che  li  ricordi,  naa  segnata- 
mente le  sembianffi,  nelle  spiali  siamo  usi  ricercare  e  quasi  leg- 
gere gli  intemi  sensi  ddl'aflùno  loro.  Primo  per  somiglianza  par- 
mi  si  debba  tenere  qodilo  che  il  rappresenta  sol  marmoreo  se- 
polcro alla  Minerva ,  potendosi  credere  carato  con  maschera 
di  gesso  dal  vera  11  quale  ritratto,  malgrado  l'attrito  cooti- 
nno  da'  piedi,  per  essere  posto  per  F addietro  sul  pavimento 
della  chiesa  nell'ingresso  laterale  della  medesima,  non  pertanto  d 
rende  tuttavia  a  suflfeienza  i  suoi  Hneamenti*  A  quanto  narra  il  eh. 
prof.  Bosini ,  e  se  non  erro  anche  il  P.  Guglielmo  Della  Valle,  il 
pittore  Luca  Signorili  rìtrasseb  nel  suo  finale  giudizio  in  Orvieto, 
collocandolo  accanto  al  proprio  nelle  due  figure  al  sim'stro  lato 
ddl' Anticristo;  volendo  con  ciò  oSerire  all'osservatore  la  effigie 
dei  due  coloritori  di  quella  tremenda  epopea.  Fra  Bartolomeo 
ddla  Pòrta ,  che  non  potò  averlo  conosduto  per  essergli  di  non 
podii  anni  posteriore,  ne  lasdò  uno  nel  suo  finale  giudizio  che 
dipinse  nello  spedale  di  s.  Maria  Nuova  in  Firenze,  quando  era 
tuttavia  al  secdo;  e  questo  è  qucUo  che  fu  dato  inciso  dal  Va- 
sari ndla  seconda. edizione  delle  sue  vile  pubblicate  in  Firenze 
per  i  Giunti  l'anno  15Q8;  e  ohe  assai  migliorato  sol  marmo- 
reo della  Minerva,  diamo  disegnato  dal  chiarissimo  sig*  RaChello 
Boooajuti  che  gentilmente  ha  voluto  favorircelo  con  gli  altri 
che  seguiteranno  in  queste  memorie.  Se  probsdHlmente  non  offre 
i  veri  lim^maenti  dell'  Angelico  quello  eseguito  da  Carlin  Dolce 
che  vedesi  nell'  Accademia  fiorentina  del  disegno ,  ne  ritrae  pe- 
rò a  meraviglia  l' indole  soavissima  e  grandemente  religiosa.  11 
suo  convento  di  s.  Marco  ne  possedeva  per  l' addietro  uno  iix 

22 


Digitized  by 


Google 


342  MEMORIE 

tela ,  non  so  da  qual  mano  colorito;  ed  era  nella  cella  di  s.  An- 
tonino. Con  lodevole  consiglio  avevano  i  Arati  di  qad  convento 
trasformata  la  mmle  cella  già  abitata  dal  santo  Arcivescovo  <fi 
Firenze,  in  nna  Pinacoteca,  ove  ammiravansi  i  ritratti  di  tatti 
qaei  religiosi  che  avevano  con  la  dottrina  e  la  santità  ddla 
vita  onorata  la  Congregazione  di  s.  Marco.  EgU  era  qoesto  ono 
splendido  elogio,  ed  un  monomento  solenne  che  attestava  la 
gloria  del  santo ,  al  quale  si  deve  in  gran  parte  la  restaura- 
zione ddl' istituto  Domenicano.  Eranvi  pertanto  quelli  dd  beato 
Giovanni  Dominici  Cardinale,  dell' arcivesc  s.  Antonino,  dd 
ven.  Lorenzo  da  RipafiraCta ,  di  fira  Giovanni  Angelico,  dd  beato 
Pietro  Capucd  di  Città  di  Castello,  dd  beato  Antonio  Neyrot 
martire,  del  beato  Costanzo  da  Fabriano,  dd  ven.  P.  Santi 
Schiattesi ,  ec  dei  quali  ritratti  non  rimane  al  presela  die 
qudlo  di  s.  Antonino  e  del  ven.  P.  Lorenzo  da  Ripafratta,  ai 
quali  sembra  aflidato  l'ufficio  di  rappresìentare  gli  altri  che  già 
loro  facevan  corona  (1).  Il  convento  di  s.  Domenico  di  Fiesole, 
che  annoverò  i  due  firatelli  del  Mugdlo  fra  i  primi  suoi  religiosi» 
e  che  per  non  brevi  anni  gìovossi  dell'opera  loro  e  si  abbdli 
ddle  loro  virtù ,  avea  collocato  il  ritratto  dell'Angelico  con  quelli 
degli  altri  chiari  per  santità  e  dottrina,  nd  refettorio  dd  rdi- 
giosi ,  con  la  seguente  iscrizione 

BecUus  Ioannes  pictoTy  moribus  et  peniciUo 
Angelici  cognomen  jure  merito  H,  C.  F, 

(  hujìis  canv,  filius  ) 
Questo  ritratto  più  non  esiste. 

(1)  MAocàiàRi,  f^ita  di  s,  Antonino  9  libro  VI  cap.  2. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  VIIL  343 

Sdh  rwuie  al  prescntó  die  noi  raodamo  flMuoone  di  ok 
loro  die  o  dall'  Angdioo  edocati  Tennero  alla  pittoni ,  o  per 
averne  seguitati  li  esempi  racilmente  ponno  credersi  suoi  imi- 
tatori, nd  che  non  spenderemo  molle  parole.  Quattro  ne  ri 
corda  Giorgio  Vasari,  fra  i  quali  però  non  è  aloon  IKmtienioano 
e  sono:  BenoEzo  Gozzoli,  Zanobi  Strozzi,-  Gentile  da  FUrìano 
ed  un  tal  Domenioo  di  Michelino.  Dd  primo  tutti  consentono 
né  potria  dubitarsene  dopo  il  documento  che  abbiamo  riportato 
die  è  il  contratto  fra  la  cattedrale  di  Orvieto  e  f  Angdica  Od 
secondo  più  nulla  rimane ,  o  furono  i  sud  dipinti  per  la  somi 
glianza  dello  stile  attribuiti  a  Benozzo  o  all'Angelica  II  Lanzi 
scrive  ohe  lo  Strozzi  si  sollerò  aul  novero  dd  dilettanti  ;  il  Vasari 
soggiunge,  che  fece  quadri  e  tavole  per  tutta  Firenze,  e  può 
vedersi  dna  serie  de* sud  dipinti  presso  il  biografo  suddetto,  e 
meglio  ^cora  nd  Decennali  dd  BaUìnncd.  Domenico  di  Mi* 
cbdino  giacevasi  in  perfetta  oUivione,  taduto  perfino  dal  Lanzi, 
che  di  mediocri  pittori  non  ha  mai  penuria.  Se  non  ohe  al  cfaia^ 
nssimo  dottor  Ggje,  non  sono  molti  anni,  venne  fatto  rinve- 
nire un  prezioso  documento  per  il  quale  d  è  dato  conoscere , 
come  quella  tavda  che  ammirasi  in  s.  Maria  dd  Fiore  con  entro- 
vi  Dante  coronato  di  alloro  che  si  presenta  col  divino  poema  a 
Firenze,  (  specie  di  riparazione  che  la  patria  tributava  al  pia 
grande  tra  sud  vati]  non  era  altrimenti  opera  ddl'Orgagna, 
siccome  fino  al  presente  è  stato  creduto,  ma  si  di  Domenici  di 
Hichdino  (i).  Ma  sopra  tutti  si  elevarono  Benozzo  e  Gentile  da 
Fabriano.  Dei  quali  il  primo  divide  con  fra  Filippo  Lippi  la 

(1)  Carteggio  Inedito,  yol.  1." 


Digitized  by 


Google 


344  M  E  11  O  R  I  B 

lode  di  avere  meglio  che  i  waoi  conftHnporanei  disegnato  e  colo- 
rito il  pae§e,  e,  quanto  FOippino  Lippi,  nmtrata  copia,  varietà 
e  beltezsa  di  edifici.  NeHa  feoomliià  e  nella  poesia  deirarte  a 
niuDO  seeendo,  laìMÌè  nd  palaaao  BSceardi  in  Firenze,  e  nd 
Campo  Santo  insano  lai  saggio  dd  sno  Tatore,  da  nmuer  pou^ 
raatmc^teffibne  àipiUori  (  Vas.  )  Dell' Angelico  serbò  a  mio  ay<- 
viso,  la  leggereoa  e  trasparenxa  ddle  tìnle,  certa  grazia,  e Taf^ 
fetto  devoto.  È  però  men  nobile  di  lui,  ma  forse  più  imma^ 
naso.  Mi  sembra  eziandio  cedergli  nd  piegare  dei  panni  per 
certo  tritimie  ohe  si  ravvisa  in  qodli  emndio  di  Filippino  lippi, 
e  di  altri  di  quel  secola 

Di  Gentile  da  Fabriano,  per  ranlorità  del  Lanzi  e  dd  P. 
Ddla  Valle,  dubitarono  molti  se  fosse  da  annoverarsi  fra  i  disce- 
poli dell'  Angelico,  adducendo  in  prova  che  Gentile  nei  1417  già 
dipingeva  in  Orvieto  col  titolo  di  mawtro  dii  maestri  Ma  savia- 
mente ieoe  riOettere  il  prof.  Rosini,  che  quel  1417  è  un  errore, 
torse  di  stampa,  o  ima  inavvertenza  dd  P.  Della  Valle;  giacché 
in  altro  luogo  ddl' opera  stessa,  scrive  che  egli  vi  andasse  nd 
1423  e  ne  porge  l'autentieo  documento  (1).  Il  eh.  eav.  Amico 
Ricci,  in  un'opera  assai  dotta  ed  accurata  sagh  artisti  dd  di- 
segno della  Marca  di  Anoona  opina,  che  Gentile  da  Fabriano 
apparasse  i  rudimenti  dell' arte  da  Akgretto  di  Nuzio,  e  qnm- 
di,  a  meglio  perfezionarsi,  si  recasse  in  Firenze,  e  che  ivi 
si  rimettesse  ai  consigli  deli'  Angelico  (2).  Alla  quale  opinioBe 

(1)  Storia  della  Pittura  hai.  Epoca  2.*  cap.  2.  voi.  HI.  —  Storia 
del  Duomo  di  Orvieto.  Docamento  LXIV.  pag.  299. 

(2)  Memorie  Sloriche  delle  arti  e  degli  artisti  della  Marca  di  Jn- 
coita.  Macellata  1834.  2  voi.  io  8.°  cap.  VII  pag.  148. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  GAP.  Vili.  348 

DOQ  abbiamo  che  opporrà  Se  più  yeraiuente  non  si  vuol  cre- 
dere,  che  il  fahrìaoese  aTuto  avviso  della  venuta  dell'Angelico 
io  Fdigno,  ove  come  abbiamo  altrove  narrato  è  assai  rerosì- 
nule  dimorasse  intomo  a  quattro  anni,  siasi  recato  ad  anmii- 
rame  i  dipinti  e  a  chiederne  i  consigli.  Di  Gentile  disse  il 
Buonarroti,  che  pari  al  nome  aveva  dolce  lo  stQe.  È  più  no- 
bile eziandio  di  Benooo  nell'arie  ddle  teste,  serbando  con  molta 
evidenza  tatti  i  metodi  dei  miniatori;  e  se  dovessi  giudicarne 
dalla  adorazione  dei  Magi  che  yedesi  nella  galleria  dell'Acca- 
demia fiorentina,  direi  cedere  al  Gozzoli  nella  correzione  del 
disegno.  Sarà  poi  lode  bellissima  di  lui  avere  educato  alla  pit- 
tura in  Venezia  Jacopo  Beffini  fondatore  e  padre  di  quella  scuo- 
la nobilissima  dalla  quale  uscirono  Giorgione  e  Tiziano. 


»#»•>* 


Digitized  by 


Google 


34G 

SOMMARIO 

DEI    DIPINTI    TUTTAVIA    ESISTENTI 


DI 


FRA  GIOVANNI  ANGELICO 


m^m 


PERUGIA. 

S.  Doimnco.  Nel  coretto  dei  reiigioH.  —  La  B,  V.  m  trono 
col  Figlio  in  braccio;  e  dai  lati  due  tavole  f  in  una  delle  quali  è 
$,  Gio.  Batt,  e  s.  Caterina  V.  e  M.;  e  nelT  altra  s.  Domenico  e  s. 
Niccolò  di  Bari. — In  sacristia^  iì  piccole  tavolette  con  12  santi; 
una  tavola  con  due  storie  di  s.  Niccolò  di  Bari;  e  due  tavolette  con 
la  Vergine  Ànmmziata  e  t  Angelo  s.  Gabriele. 

CORTONA. 

S.  Domenico.  Nella  facciata  della  chiesa  sulla  porta  d*  ingres- 
so^ a  buon  fresco.  — La  B.  V.col  Figlio  m  braccio^  e  dai  lati  due 
santi  Domenicani;  nelfarcuccio  i  quattro  Evangelisti.  —  In  chiesa 
nella  cappella  laterale  al  maggior  altare  ^  la  B.  V.  seduta  in  trono 
con  alcuni  angioli  e  santi  dai  tatù  Chiesa  del  Gesc'.  Una  Vergine 
Annunziata  y  e  due  gradini  ^  uno  di  storie  di  s.  Domenico ,  e  f  altro 
della  B.  V. 


Digitized  by 


Google 


SOMMARIO  347 


FIESOLE. 


S.  DoMBNica.  In  coro,  tavola  con  la  B.  V.  in  trono  dreondala  • 
da  alami  angioli  e  santi. — Nel  refettorio^  a  fresco ,  il  Crocifisso 
con  ai  lati  s.Gio.  elaB.  V.  NelT  antico  capitolo^  a  fresco^  la  E.  F. 
col  Figlio  in  braccio ,  in  mezxo  a  s.  Domenico  edas.  Tonmiaso  di 
Aquino  9  figure  grandi  al  vero. — Chibsa  di  s.  Cbrolaw).  La  B.  V. 
col  santo  Dottore  e  altri  santi.  (  V.  Mootalembert  ). 

FIRENZE. 

S.  Marco  afreschL  B  Crocifisso  nel  primo  Mostro  con  cinque 
lunette  in  mezze  figure.  La  Crocifissione  nel  capitolo^  e  i  ritratti 
degli  illustri  Domenicanù-^In  convento  9  ad  eccezione  di  due  9  tutte 
le  celle  del  dormentorio  superiore^  m  nusnero  di  SS^e  tre  storie  nei 
muri  esterni. — Nel  dormentorio  detto  il  Giotanato  alcuni  Croci- 
fissi di  qtuUa  maniera. 

S.  Mabia  Novella.  Tre  Bdiquieri. — Aocaubmia  hel  Disbono. 
Galleria  de*  quadri  grandi.  iV.°  15.  La  Deposizione  di  Croce.  Gal- 
leria  dei  piccoli  quadri.  N^  14  e  iV.®  20.  Due  tavolette  rappresen- 
tanti il  b.  Alberto  Magno  e  s.  Tommaso  di  Aquino  disputanti  dalla 
cattedra.  iV.**  30.  Lo  B.  Y.  col  Figlio  in  braccio.  iV.**  39.  S.  Cosimo 
eftf  guarisce  un  infermo.  N.'^  43.  Deposizione  di  Croce  N.^  44.  //  fi- 
nale Giudizio.  N.^  45.  La  Tumulazione  dei  cinque  martiri;  cioè  de* ss. 
Cosimo  e  Damiano  con  i  tre  fratelli.  N.&i.  Una  Pietà  con  gli  stru- 
menti della  Passione  di  G.  C.  N^  56.  Otto  tavole  j  ossia  gli  armar} 
della  ss.  Annunziala  conSH  storie  della  vita  diG- C—  Salone  delle 
esposizioni.  N.^  14  La  B.  V.in  mezzo  ad  alcuni  santi.  N.^  15.  Una 


Digitized  by 


Google 


348  SOMMÀRIO 

larda  consimile.  iV.^  18.  La  B.  V.  in  mezzo  a  due  angioli  e  ad  alcuni 
santi, — Galleru  degù  Uffizi.  Primo  braccio.  Gran  tabernacolo 
con  la  B.  V,  in  trono  ed  alcuni  santi.  —  Una  tavola  già  in  s.  Pie^ 
tro  martire,  con  la  B.  V.  e  alcuni  santi  [*).  Scuola  IbsoasUL  La 
Inc^onazione  della  B.  V.  e  le  6  twtokttè  ^  àoè  FAdorasione  dei 
Magi  ;  due  storie  di  s.  Marco  ;  lo  Sposalizio  ed  il  Transito  ddla 
B.  V.  e  la  Natività  di  s.  CHovanni  Battista. 

ROMA. 

.  Vaticano.  La  cappella  del  Pontefice  Niccolò  V  colorita  a  fre- 
sco con  le  storie  di  s.  Stiano  e  di  s.  Lorenzo  martiri.  CkUleria.  Due 
tavolelte  dei  faUi  di  s.  Niccolò  di  Bari.  — Galleria  Valentmi^  la 
parte  di  un  gradmOy  forse  ag^aartenente  alla  tavola  che  vedesi  nel 
coro  di  s.  Domenico  di  Fiesole. -^ Galleria  Corsini^  un  giudizio  fi- 
nale.-^Galleria  Fesck  f  un  giudizio  fintile. 

ORVIETO. 

Cattsdralb.  La  volta  della  eappella  della  B.  F.  grande  a  fre- 
sco con  la  parte  superiore  di  un  giudizio  finale,  compiuta  poi  da 
tuca  Signorelli. 

M  O  N  T  E  F  A  L  C  0. 

Chibsa  dei  RR.  PP.  Fbancbscani.  B  eh.  prof.  Basini  affermi 
essere  presso  dei  medesimi  alcuni  dipinti  di  fra  Giovanni  AngelicOf 
ma  non  dice  che  rappresentino. 

(*)  È  stata  di  recente  trasportata  nella  L  e  R.  Galleria  del  Po* 
lazzo  Pitti. 


Digitized  by 


Google 


SOMMARIO  3tt 

PARIGL 

LocTBB.  Ihwto  con  la  IncoromxUme  deUa  B.  V.eyngradmo 
dei  fatti  di  s.  Domenico. 

BERLINO. 

Mdsbo  Rbaub.  S.  Domenico  e  s.  Franceico  che  $i  aUraceioM 
(V.  MoDtaknibat.  Da  (ktbolioifliiie  et  iaYmidistoidy^Un  fi^ 
iiofe  ^mltjiio.  (  Foilod ,  de  r  art  en  Alternagli 


Digitized  by 


Google 


350  MEMORIE 

CAPITOLO     IX. 

Notizie  di  Frate  Bartolomeo  Coradini  pittore  UrUnUe 
volgarmente  detto  Fra  Carnovale. 


■  ■>■  I 


v^e  di  Bartoloineo  Ckuradmì*  pittore  arbioate  noo  volgare, 
quel  solo  ci  fosse  dato  oonoficere  che  al  Vasari ,  al  BaUÌDUcd 
e  al  Lanzi  è  piaciuto  di  scriverne,  questo  soltanto  ci  saria  ma- 
nifesto: essere  fiorito  in  Urbino  sol  tramontare  dd  secolo  XV 
un  dipintore  cui  il  volgo,  forse  a  cagione  dell'aspetto  prospe- 
roso e  dell'indole  amena  e  festevole,  impose  il  nome  di  Carwh 
vale:  aver  colorita  una  tavola  per  la  chiesa  dd  Padri  Minori 
di  quella  città  ;  e  sulle  opere  di  questo  lieto  frate  avere  studia- 
to in  giovinezza  Bramante  Lazzari,  e  il  divino  Raflaello.  Grazie 
però  alle  accurate  ricerche  del  dotto  e  infaticabile  P.  Luigi 
Pungileoni  de'  Min.  Qmvent.  ;  la  cui  perdita  piangono  tuttora  gli 
amatori  delle  arti  belle,  ci  è  conceduto  al  presente  di  conoscere 
alquanto  meglio  la  vita  e  le  opere  di  questo  pittore  Domenicana 
Neir  elogio  storico  di  Giovanni  Santi  dì  Urbino  padre  dì  RaCTaello, 
il  Pungileoni  inseri  una  lunga  lettera,  nella  quale  racdiiuse  quante 
notizie  potè  rinvenire  del  Goradini ,  e  la  intitolò  al  eh.  Marche- 
se Antaldi,  delle  arti  amatore  e  conoscitore  grandissimo  (1).  Di 

(1)  Elogio  Storico  di  Giovanni  Santi  pittore  e  poeta,  padre  del 
gran  Bajffaello.  Urbino  per  Vincenzo  Cueirinij  1822  un  voi.  in  8.^ 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  IX.  351 

questa  stessa  lettera  arricchiremo  pertanto  le  poTere  nostre 
memorie,  solo  aggiungendovi  in  fine  alcone  considerazioni ,  die  al 
Pungìleoni  non  consentiva  la  ristrettezza  della  totmsL  epistolare. 

•r  Al  rCOBIL  uomo  SIG.  MaICìDSSB  RaUH)IIIK>  AlfTALDI 

Patuzio  e  GoNFAomiBftB  d'Ubbino 

«  L' amore  con  cui  ella  riguarda  le  arti  belle  e  le  colti- 
i  va  mi  eccita  a  ragguagliarla  di  quanto  mi  è  avvenuto  di 
i  scoprire  sa  la  vita  dd  pittore  Bartolommeo  delF  ordine  dei  Pre- 
c  dicatori ,  figlio  di  Giovanni  di  Bartolo  Coradini  e  di  Hidielina 
e  di  coi  ignoro  Q  casalo.  Di  non  commude  talento  fornito  dedi- 
«  cossi  agli  stadi  sacri  ed  alle  arti  imitative ,  superò  la  medio- 

<  crità,  e  sarcfebesi  acquistata  lùaggiore  riputazione  nella  pittura, 

<  se  1  doveri  di  oomo  di  diiostro  e  di  Pievano ,  qual  ei  fti  del  ca- 

<  8tdk>  di  Cavallino,  non  gli  avessero  tratto  sovente  il  pennello  di 

<  mana  Varie  notizie  ricavate  da  un  libro  di  amministrazione  di 

<  questa  fraternità  di  s.  M.  della  Misericordia  mei  £atnno  suppor- 
«  re  creato  (  allievo  )  di  fra  Jacopo  Veneto  suo  confratdlo  (1).  Dob- 

(1)  Loc.  cit  pag.  47.  «  Da  un  libro  dell'  ArchÌYÌo  dì  S.  Croce  scrìtto 
dil  1363  al  1420.  ti  legge  a  e  29.  di  deUo  libro  «  21  luglio,  fiorini 
doi  contanti  per  noi  a  frate  Jacomo  da  f^enetia  de  V  Ordine  de  san 
Dometiico  per  parte  di  quello  dee  haver  per  dipingere  V  Judientìa  no^ 
fa;  e  coti  in  piti  laoghi.  »  Fin  qai  U  Pungìleoni.  Ecco  un  altro  pittore 
Domenicano  afuggito  6no  a  questi  ultimi  tempi  alle  ricerche  degli  storici 
delle  arti*  Aggiungerò  che  negli  Jnnali  del  conv.  di  s.  Domenico  di  JMo- 
8^*  pagi  5 ,  62.  —  1434  ai  trova  ricordato  che  mons.  Antonio  dalla  Volta' 


Digitized  by 


Google 


852  MEMORIE 

«  bionio  esser  grati  a  dri  stese  un  libro  di  memorie  riguardanti 
«  la  chiesa  e  il  sobarbano  convento  di  s.  Bernardino)  perchè  a 
«  e  110  come  ha  bvoriio  trascrivermi  il  dotto  e  cortese  P.  Leti 
«  Tommaso  Min.  Riibr.  notò  quanto  segue.  —  Intorno  a  quei  tem- 
«  pi  (  1472  ]  Al  dipmta  la  tavola  dell'  aitar  maggiore  da  fr.  Bar- 
«  tolommeo  detto  ih  Carnovale  »  poiché  la  Madonna  è  il  ritratto 
«  della  Duchessa  Battista  Sforza  moglie  del  Duca  Federico,  ed  il 
«  Bambino  che  sta  su  le  ginocchia  della  Madonna  è  il  ritratto  al 
«  naturale  del  piccolo  fanciullo  nato  in  quei  tempi  al  Duca  della 
«  suddetta  Battista  ec  —  Gonvien  dire,  come  osserva  il  eh.  di 
«  lei  fratello  Marchese  Antaldo  nelle  sue  notizie  inedite  de^  ar- 
«  tisti  Urbinati  e  Pesaresi  graziosamente  aflMatemi  da  limgo  ieuh 
«  pò  ,  che  il  quadro  fosse  fìitto  tra  il  24  gen.  giorno  natadizio  di 
«  Guidobaldo,  e  il  di  sesto  di  loglio  in  coi  cessò  di  vivere  la  se- 
«  conda  sposa  di  Federica  Checché  sia  del  tempo  in  coi  io  (atto 
«  il  quadro,  che  ora  si  conserva  nella  reale  Pinacoteca  in  MQano, 


▼escoYO  di  Imola,  «loTCva  a  quel  convento  corbe  cinque  frumento,  ed  un 
legnaro  di  legna  per  ogni  anno,  per  affitto  di  più  pexse  di  terra  pofte  in 
Mongardino  presso  la  cappella  di  s.  Gemignano,  le  qaali  quanto  aU'nso 
frutto  spettano  a  frM  Antonio  dipintori  di  Bologna.  Cosi  da  rogito 
del  Bruno,  anno  suddetto  26  luglio.  Poi  si  legge  che  morto  detto  fra 
Antonio  pittore  Domenicano  l'anno  1467  nel  conv*  di  Palermo  in  Si- 
cilia, cessò  l'affitto  e  rimasero  dette  pene  di  terra  alla  chiesa  di  san 
Gemignano  di  Mongardino.  Y.  Archivio  pubblico  dei  Demanio  in  Bc 
logna.  Speriamo  che  un  giorno  d  venga  fatto  diseuoprìre  o  alcun  di- 
pinto, o  alcuna  memoria  di  questi  due  pittori ,  fra  Giacomo  da  Vene- 
tla  e  fra  Antonie  da  Bologna, 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  li.  CAP  IX.  333 

«  ella  obe  ha  avuto  tutto  Tagìo  d'esaminarlo  e  che  può  parkr- 
c  ne  c(«  aii^rìtà,  è  ia  grado  di  sapcroii  dire  se  più  creder  si 
fl  debba  al  aig,  Ste£aDO  Ticosezi  die  il  loda  pel  colorito,  ma  non 
e  per  li  panneggiamenti  delle  Bgure  né  per  T  architettura  in  cui 
f  pargU  scorgere  tutta  la  durezza  di  que'dl,  od  all' ab.  Lanzi 
e  che  nel  dice  di  bella  architettura.  Il  coltissimo  dg.  Pompeo  di 
e  Pano  de' Conti  di  Montevecchio  nelle  sue  inedite  memorie  pitlo- 
t  riobe  oondlia  un  parere  coli' altro  osservando  che  non  si  potè 

<  mai  bene  scuoter  di  dosso  la  polvere  gotica ,  vizio  più  de'  suoi 
f  tempi  che  del  pittore.  A  lui  debbo  varie  ingegnose  osservazioni 
t  sa  i  dipinti  dd  Santi  e  del  Viti ,  né  verrò  meno  a  me  stesso 
e  in  iBir  nota  al  piAblico  questa  mia  particolare  obbligazione.  Un 
«  abbozzo  in  legno  creduto  della  stessa  mano  che  fece  il  detto  qua- 
e  dro  in  grande,  viene  gelosamente  custodito  in  s.  M.  delle  Gra- 
f  zie  de*  Mia.  Rifor.  di  ^  Francesco  fuori  di  Sinigaglia.  Vi  si  veg- 
t  gooo  il  tandolletlo  addormentato  ia  grembo  della  Vergine,  e  il 
«  Duca  Federigo  con  le  mani  incrodcchiate;  ma  vi  manca  la  pro- 
«  spettiva  e  più  di  un  personaggio  della  Cnmiglia  Feltresca.  Sard 
i  qui  tentato  a  ricordare  l'altra  tavola  di  lui  già  esistente  in  s. 
ff  H.  della  Bella,  ma  non  lo  fo  perché  il  card.  Legalo  Barberini 
t  bramò  d'averla  e  l'ottenne,  cui  sostituì  una  buona  di  Gaudio 

<  Ridolfi,  che  poi  ancor  essa  è  stata  portata  via.  Piuttosto  le  ri- 
c  cordo  il  quadro  in  legno  per  traverso  esistente  nella  Galleria 
«  della  nobilissima  Gamiglia  Staccoli ,  che  viengli  attribuito  nel  suo 
«  mannscritto  del  professore  Michele  Dolci.  La  testa  della  Ma- 
«  donna ,  che  sta  in  mezzo  del  quadro  assisa  in  trono  come  den- 
«  tro  una  nicchia ,  è  ben  dipinta  ed  espressiva ,  e  tra  l' altre  fl^ 
«  gure  quella  d'un  vecchio  con  barba  bianca  leggente  un  libro 


Digitized  by 


Google 


354  MEMORIE 

«  è  travagliata  con  gusto  cbe  tende  aUa  rilbrma.  Occupato  od 
«  gravi  nlBci  di  Parroco  non  ebbe  campo  di  lavorar  molto,  sep- 
«  pare  non  fii  lento  in  trattar  il  pennello.  La  mancanza  di  co- 
«  modità  al  parer  mio  sarà  stata  il  motivo  per  coi  dovè  nd 
«  1456  alli  5  di  giugno  nd  fondaco  di  Giovanni  di  Lnca  Zacea- 
«  gna  disimpegnarsi  dall'  oU)ligazione  contratta  con  la  Compagnia 
«  del  Corpo  di  Cristo  di  dipingere  una  tavola  die  questa  gli  ave- 
«  %a  ordinata,  come  ricavo  dagli  atti  <fi  Sfanone  d'Antonio  Vanni; 
«  rtim  inter  Disciplinatosi  cosi  il  detto  notajo,  FraterrnUUis  Corpo- 
«  ris  Cristi  de  Vrb.  etfr.Bartolamewn  Johanmis  de  Vrb,  Ord.  Prae- 
«  die,  fuerit  actum  et  conventum  quod  dictusfr.  Bortolomeus  faterei 
«  et  pingeret  prò  dieta  Fratemitate  quamdam  tabulami  H  habmt  et 
«  recepit  die.  fr.  Bartolofneus  ^  prò  parte  pretU. . . .  Due,  40  awi  et 
«  eapenderit  7  dictorum  XL  Due,  auri  in  cohribusy  et  cum  dietae 
«  partes  a  dieta  contentione  ....  Dionisius  m/rt(  magislri)ff uùlonù 
«  Sindaeus  dict,  Frater. ....  absolvit  dù^um  fr,  Bartoiomeum  a  di- 
ti età  conventione  et  hec  fecit  quia  ser  SaUtut  aurifex  sciens  se  ali- 
«  ter  non  teneri ,  promixit  Dionisio  sup,  restituire  33  Due,  auri ,  ec 
«t  Le  piacda  che  io  la  metta  a  parie  d'altra  notizia  sdibene  nd 
«  riguardi  come  pittore.  Nel  libro  del  C«iiarlingo  segnato  A  di 
«  questo  arch.  comunale  alla  tacda  117  in  cui  si  notano  varie 
«  oblazioni  di  cera ,  alli  22  agosto  1461.  Item  al  ven.  ho  Bartolont- 
«  meo  Pievano  della  Pieve  di  s.  Cassiano  di  Cavallino  sol,  4  per 
«  /tir.  4  de  cera  lavorata  quale  al  nostro  libr.  I  apparisce  decto  dì 
«  alladecia  Pieve  per  la  Victoria  ebbi  la  sua  5.  (forse  signoria)  in 
«  tal  festa  f  qu.  ruppe  el  s.  Sigismondo  di  MalatestcL  Avrei  altre  cose 
•r  a  dirle  intomo  a  questo  artefice,  ma  non  è  mia  lirtenzione  di 
«  nojarla,  e  dirolle  solo  che  se  il  crede  *coll' ab.  Lanzi  morto  nel 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  IX.  353 

«  1478  (1)  s'ingaima.  Nel  n^to  di  ser  Antonio  Vanni  1481  de- 
«  oembre  I.  Pnrtocollo  V.  pag.  433  dell'ardi,  pubb.  di  Urbino  è 
«  citato  per  testimonio  —  Ven.  Vir  et  Piebanus  Bariholomeus  Jo- 
«  hannis  de  Coradinis  Pleb.  sancii  Caseiani  de  Camlino ,  ec  Nel  li- 
«  bro  G.  della  Fraternità  dal  1479  al  1488  si  legge  —  a  di  23 
«  fetib.  1482  fol.  60  a  Frate  Bartolommeo  Arciprete  di  CawUK- 
n  no — In  altro  libro  segnato  A.  ddla  Compagnia  di  s.  Qroce, 
«  nel  maggio  del  1483  settembre  I.  Fra  Bartolommeo  di  Giovanni 
a  delia  Corradina^  e  gen.  I.  1484.  Fra  Bartolommeo  come  sopra, 
«  bologn.  per  i poteri,  cosi  in  maggio,  ec.  Forse  non  istette  guari 
«  a  rapirlo  la  morte ,  e  nel  1488  gli  era  succeduto  nn  certo  fial- 
«r  dassarre ,  di  cui  non  so  che  il  nome  battesimale.  Vorrei ,  ama- 
li baissimo  sig.  Marchese,  esibirle  la  mia  servitù,  se  questa  va- 
«  lesse  qualche  cosa  ;  aggradisca  però  il  buon  desiderio ,  con  che 
«  pieno  di  amicizia  e  di  stima  mi  rassegno.  » 

Dopo  le  quali  notizie  dd  dotto  rranccscano  poco  oltre  ci  è 
dato  di  aggiungere  ;  e  per  primo  diremo  alcune  parde  della 
tavoh  ricordata  già  esistente  nella  chiesa  di  s.  Bernardino,  che 
Doi  non  conosciamo  se  non  per  una  incisione  che  ne  ha  data 
il  proC  Resini  nella  sua  storia  della  pittura  italiana  (2).  Fece 
in  essa  la  Vergine  seduta  in  trono,  e  sui  ginocchi  ignudo  e 
dormiente  il  divino  suo  Figlia  Essa  atteggiato  il  volto  e  la  per- 
sona ad  orazione,  sembra  devotamente  adorarlo.  A  destra  ed 

(1)  NoD  pure  il  Laziali,  e  l'ab.  Lanzi  errarono  ponendo  la  morte 
del  Corradìni  nel  1478,  ma  eziandio  il  eh.  prof.  Rosini  che  scrisse  dopo 
il  Pungileoni.  V.  Stor.  deità  Piti.  JuU.  voi.  3.  Epoca  2."  cap.  Vili  pag.  169. 

(2;  Tav.  xeni. 


Digitized  by 


Google 


356  MEMORIE 

a  sinistra  locò  due  santi  per  parte  tolti  sur  ma  linea ,  ginsta 
la  consuetudine  dei  giotteschi  ;  e  sono  s.  Gìo.  Q  Battista ,  s.  Ge- 
rolamOy  s.  Francesco,  ed  altro  santo  non  ben  determinata  In- 
nanzi al  trono,  prostrato  nei  ginocchi  e  tutto  chioso  ndl'armi, 
è  il  Duca  di  Urbino,  in  atto  dì  implcxwe  per  so  e  per  i  fi|^ 
(  che  91  pittore  collocò  dietro^  trono  )  il  patrodmo  di  Maria. 
Tutti  lodano  la  bellezza  delle  teste,  ed  i  ritratti  del  Duca  e  dei 
Agli  cosi  yìtì^  e  parlanti  da  reggere  al  paragone  con  i  più  belli 
di  Pietro  Perugino.  Nella  composizione  mi  disgrada  Q  modo 
onde  dispose  la  famiglia  del  Duca,  la  quale,  anziché  asconderla 
dié(ro  il  trono  della  Vergine,  meglio  era  agrupparia  intorno  il 
medesimo,  siccome  fecero  molti  pittori  di  quel  secob  e  tutti  del 
seguente.  Se  non  che  yi  ostavano  a  mìo  avviso  le  tradizioni  de- 
gli antichi  maestri,  delle  quali  nd  Goradinì  appariscono  ancora 
alcune  tracce.  Le  pieghe  hanno  alquanto' del  duro  e  dd  trito, 
e  il  nudo  dd  bambino  è  forse  debole  nel  disegna  Malgrado  i 
quali  difetti,  comuni  alla  più  parte  dei  pittori  di  quella  età, 
non  può  negarsi  che  in  questa  tav(da  non  si  riveli  un  artista 
dotato  di  beli'  ingegno;  e  che  facilmente  può  noverarsi  fra  1  pri- 
mi della  scuola  romana  nel  secolo  XV.  Il  Lanzi  sembra  devarlo 
sopra  Giovanni  Santi  (1)  ;  e  il  P.  Luigi  Pungileoni  opina  ezian- 

(1)  Storia  Pittar.  —  Scuola  Bom*  Epoca  I.' —  u  Sopra  ogni  altro 
si  distinse  ivi  fra  Bartolommeo  Corradini  d  Urbino  Domenicano  ^  detto 
fra  CarnoiHtle.  A  informati  è  una  sua  tay^ola  difettuosa  in  prospettiva 
e  che  ritiene  nelle  pieghe  il  tritume  di  quel  secolo  r  ma  piena  di  ri" 
tratti  vivi  e  parlanti ^  con  una  ideila  architettura,  di  bel  colore i  e  vi 
è  un  arieggiar  di  teste  nobile  e  leggiadro  insieme.  Si  sa  ohe  Bramante 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  CAP-  IX.  357 

dìo  che  questi  noD  sdegnasse  gìoTarsi  dri  oonsi^  e  degli  esem- 
pi dì  fira  CamoTale,  che  dì  pocbì  anni  gli  era  maggiore  (1).  Ab-  * 
Marno  pertanto  Ire  fra  i  più  chiarì  arteici  dì  Urbino  che  da  Jai 
appararono  o  da  suoi  dipìnti.  Di  Bramante  è  manifissto  per  l' au- 
torità del  Vasari,  Q  quale  scrive, che  imeer  fcmciuUetto  stadie 
ìiìolto  le  cose  di  fra  Bartolommeo^  altrimenti  detto  fra  Camovak 
da  Urbino^  che  fece  la  tavola  di  e.  M.  della  Bella  iti  VriAno  (2).  Di 
GìoTanni  Santi ,  col  Pimgileoni  consentono  altri  andora  ;  e  per 
ciò  die  è  di  Raffaello,  é  congettura  del  Lanzi  e  dd  Rosini  (3).  E 
TagKa  il  vero,  a  malgrado  finsero  tuttavia  recenti  le  opere  che 
Piero  della  Francesca  avea  eseguite  in  Urbino  per  Io  stesso  Duca 
Federico,  non  pertanto  come  qudle  che  erano  fra  le  prima  sue 
cose,  e  condotte  con  lo  stile  e  con  i  metodi  dei  miniatori  ,  e 
tutte  storie  dì  Ggure  piccole,  non  potevano  aiutare  gran  fatto 

e  JUtffaello  studiarono  in  lui,  non  vi  essendo  allora  in  Urbino  cose 
molto  migliori.  » 

(1)  Loc  cit.  pag.  6. 

(2)  yita  di  Bramante  Lazzari,  in  prìnc. 

(3)  Stor.  della  Pittura  Ital.  yoL  3.  Epoca  2.*  cap.  Vili  pag.  169. 
Quanto  poco  il  Baldinucci  conoscesse  questo  artefice  si  pare  dalle  seguenti 
parole:  Usci  questo  pittore  dalla  scuola  di  Raffaello,  e  fecesi  eccellente 

nelle  prospettive e  piti  sotto:  Questi  fu  quel  fra  Bartolomeo  da 

Urbino,  che  insegnò  l' arte  del  disegno  e  della  pittura  a  Bramante  di 
Castel  Durante,  e  che  fioriva  intorno  il  1520.  V.  Decenn.  DI.  Parte  1." 
Sec.  TV.  Òr  come  un  pittore  il  quale  usciva  dalla  scuola  di  Raffaello  po- 
teva essere  maestro  a  Bramante^  e  fiorire  intorno  Ìl  1520?  Aggiungi  quel 
dirlo  eccrilente  nella  prospettiva  quando  appunto  nella  prospettiva  è 
trovalo  difettoso  il  suo  quadro. 

23 


Digitized  by 


Google 


358  MEMORIE 

i  pittori  che  aUMaino  ricordati ,  i  quali  bramaYano  emancipaTsi 
dagli  antichi  metodi,  e  imprendere  una  più  larga  e  spaziosa 
yUk;  laddoye  in  fra  Gamovalo  parnù  federe  nn  fare  alquanto 
più  graniliofiOy  e  quasi  ritrarre  in  sé  Sandro  Bottioelli ,  Andrea 
del  Castagno ,  il  RosscUi ,  ec  e  gli  altri  fiorentini  di  questo 
tempo. 

P^sona  che  io  grandemente  yeoero  e  stimo ,  e  ndle  arti 
belle  e  nelle  lettere  maestra ,  sospettò  che  la  tavola  già  descrìtta , 
ora  nella  Pinacoteca  di  Milano,  anziché  del  Corradini  ddiba 
credersi  di  Piero  deUa  Francesca.  Adducevami  pec  ragione  di 
aver  veduti  in  alcuni  studi  di  Piero  ripetuti  tutti  1  ritratti  del 
Duca  e  de' suoi.  Dovrebbero  senza  meno  esser  quelli  che  veg- 
gonsi  nella  L  e  R.  Galleria  degli  UflBzi  in  Firenze.  Non  pertanto 
panni  troppo  debole  congfaiettura  ;  perciocché  omesso  che  le 
antiche  memorie  rbvenute  dal  P.  Pungileoni  non  ci  lasciano  più 
alcun  dubbio  intomo  il  vero  autore  di  quel  quadro,  e  che  se  fu 
colorito  Tanno  1472* Piero  d^la  Francesca  già  da  non  pochi  anni, 
avendo  perduto  il  lume  degli  occhi,  avea  lasciato  di  dipingere;  po- 
teva qaeslì  nel  tempo  die  dimorava  alla  corte  FèUresca ,  o  per 
suo  diletto  o  perchè  richiestigli ,  colorire  i  ritraiti  del  Duca  Fe- 
derico e  della  sua  famìglia ,  senza  che  se  ne  possa  trarre  argo- 
mento ad  attribuirgli  la  tavola  ricordata.  E  ove  sia  vero  ciò  che 
afferma  il  Ticozzi  ed  il  Lanzi ,  che  Y  architettura  di  quel  tempio 
che  forma  il  fondo  del  quadro  sia  errata  nella  prospettiva ,  come 
ne  crederemo  autore  un  Piero  della  Francesca  che  in  questa 
scienza  era  solenne  maestro?  Ma  basti  di  fra  Carnovale  finché 
nuovi  documenti  non  ci  porgano  materia  di  più  lungo  e  di  più  ac- 
curato discorso. 


Digitized  by 


Google 


359 


CAPITOLO    X- 

Ai  Fra  Gerolamo  Mwsignori  pUtare  Venmese. 


^»^ 


Ualla  erta  cima  degli  Appennini  recandoci  per  lungo  csanmino 
io  rìya  alle  rìdenti  sponde  dell'  Adige  e  del  Mincio,  troviamo  fra 
i  pittori  educati  alla  scnola  di  Ancfarea  Hantegna  padovano ,  frate 
Gerolamo  Monsignori,  il  nome  del  quale  sarebbe  certamente  con 
lineilo  di  nKrftl  altri.rimasto  nella  oUivione,  se  Giorgio  Vasari  non 
Io  avesse  ai  posteri  raccomandato  con  brevi  parole  d*  encomio,  il 
Coniniendatore  Bartdommeo  del  Pozzo  nel  diittdere  la  vita  di  Fran- 
oesoo  Monsignori,  aggiunge  di  Gerolamo  dò cbene scrisse  il  bio- 
grafo aretino  (1]  ;  e  il  march.  Scipione  Maflei  si  tenne  pago  a  dire 
che  Francesco  ebbe  due  fratelli  i  quali  collivfirono  la  pittura  [2].  ' 
Né  più  accurato  né  più  copioso  di  loro  fu  il  P.  Serafino  Razzi,  in- 
tantoché,  ove  ne  eccettui  alcuna  notizia  non  ben  certa, per  manco 
di  fatica  e  di  studio  copiò  d  pure  il  Vasari  (3).  Tanta  incertezza  e 


(1)  Fite  dei  Pittori,  Scultori  e  Architetti  Veronai,  un  voi.  ia  4.^ 
Ycroiui  1718  V.  pag.  22. 

(2)  Ferona  iUuttraia,  parte  3.  cap.  VI. 

(3)  Viu  defili  uomini  illustri,  ec.  pag.  353.  N.  IV. 


Digitized  by 


Google 


360  MEM  O  R  IB 

tanta  poyertà  di  memorie  non  ci  cooseote  di  ben  determinare  l'an- 
no del  nascimento  di  Gerolamo  »  che  URazo  pone  intomo  al  1440, 
dicendolo  morto  di  60  presso  il  1500  ;  laddove  il  Vasari  parlando 
del  fratello  ne  assegna  i  natali  od  1455e  la  morie  nel  1519.  Di- 
screpanza bastantemente  notabile  per  chiudere  la  Tia  ad  ogni 
congettura ,  essendo  l' uno  e  l' altro  di  questi  storici  di  poca  o 
ninna  esattezza  in  Tatto  di  cronologia.  La  patria  del  nostro  frate 
fu  Verona ,  il  padre  Alberto  Monsignori  »  di  famìglia  agiata  ba- 
stantemente di  beni  di  fortuna.  Ebbe  il  genitore  tre  Ggli,  Gero- 
lamo, Ghembino  e  Francesco,  dei  quali  non  so  qaal  fosse  il 
maggiore  di  età;  sembra  però  che  f  ultimo  soprayrivesse  a  G^ 
rolamo  non  brevi  amii.  Come  Alberto  prendea  diletto  della  pit- 
tura ,  e  cohifavala  non  a  cannare  la  vita  ma  a  sfuggire  Tom, 
ne  voUe  instruiti  eziandio  tutti  e  tre  i  figli,  ^ai  quali  nei  prnù 
rudimenti  fu  maestro  egli  stesso;  poscia  scorto  in  Francesco  in- 
gegno pronto  e  svegliato,  e  amone  grandissimo  al  d^iagere;  ed 
in  Gerolamo  indole  più  mite,  e  se  non  pari  Y  ingegno,  certo  pro- 
mettitore di  felice  resultamento ,  pensò  a  provvederli  di  più  va- 
lente maestro  che  egli  non  era.  E  quello  di  che  marita  lode 
maggiore,  sono  le  cure  e  le  soileoitudini  che  si  diede  il  buon 
padre  di  instillare  nell'animo  dei  figliuoli  il  timor  santo  di  Dio,  e 
porger  loro  tutti  quei  consigli  ed  esempi,  che  valgono  a  crescere 
la  prole  costumata  e  virtuosa.  Né  l'esito  falli  punto  alle  con- 
cepute  speranze;  perciocché  Gerolamo  e  Cherubino  menarono  vi- 
ta fervorjsìssiroa,  il  priai3  nei  chijslri  dei  Predicatori ,  il  se- 
condo in  quelli  dei  Minori  ;  e  di  Francesco  lasciò  scritto  il  Va- 
sari, queste  memorande  parole:  Fu  Francesco  di  sa$Ua  vita  e 
nemico  (f  ogni  vizio ,  intoftUochè  non  voUe  mai ,  non  che  ^tro ,  di- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  X.  361 

pmgere  qpere  Irncwe^  anecrehifu  fosH  dal  marchese  [Vr^wxsooll 
Gooiaga  di  Hantora)  multe  volte pregaio^ e  smiKa M  furono  wi 
bontà  i  fratelli  come  si  dirà  a  suo  luogo  (1). 

Questo  esempla  bellissimo  in  aoa  età  corroCtissima  ;  e  altri  di 
ràdìl  genere  ohe  a  quando  a  quando  oBte  la  Gloria  della  pittare 
ibdiaiia,  Talgano  a  conforto  di  qaegli  odorati  artefid,  ì  qoali  assai 
più  die  un  nndo  hanno  in  pregio  un'  idea  morale,  e  a  ma^rado 
dei  pessimi  esekn]»,  sanno  compiere  gloriosamente  la  loro  carrie- 
ra senza  contaminare  il  proprio  pennello  con  indegne  tDffpitadini. 

Eka  di  qnd  tempo  tenuto  in  gramfissima  estimazkme  di 
valente  dipintore  Andrea  Mamtegna  padovano  allievo  dello  Squar- 
cione;  il  quale  abbandoùala  la  patria  e  poi  Venezia»  ove  aveva 
tolta  io  moglie  una  figlia  di  Iacopo  BeDmi,  per  gli  inviti  dd  mar* 
diese  Lodovico  Gonzaga ,  si  era  ricoverato  in  Mantova,  ponen- 
do i  primi  giermi  della  scuola  Lombarda,  la  quale  in  breve 
dall'  ingegno  meraviglioso  di  Lionardo  da  Vinci  dovea  essere  sol- 
levata a  qudl' altezza  che  tutti  sanno.  Alberto  Monsignori  giudicò 
pertanto ,  che  ad  avanzare  i  figli  nella  pittura  facesse  mestieri 
di  un  valente  maestro ,  e  che  niuno  ve  ne  avesse  in  Verona  che  po- 
tesse contendere  ook  Mantegna  ;  perciocché  pochi  in  quella  età 
g^  andavano  innanzi  nella  copia  e  nella  eleganza,  e  forse  niuno 
nella  correzione  del  disegno;  inviò  pertanto  Francesco  è  Gero- 
lamo in  Mantova  a  studiare  sotto  di  lui;  Del  primo  è  indcdiitato; 
del  secondo  parmi  facile  il  crederlo  per  aver  egli  seguitato  nella 
saa  prima  maniera  il  Mantegna,  e  per  T autorità  del  Lanzi  che 


(1)  FiU  dei  pitturi,  ec.  Parte  IIL  V.  Fitmdi  fraGiocondo  e  attri. 


Digitized  by 


Google 


MEMORIE 

Il  novera  fra  ì  pittori  mantegnesc&i  (1).  Cheratiiiio  in  qudla  ve- 
ce dedicatosi  al  tinger,  di  minb,  riusci  in  quel  genere  eccellente, 
e  il  Vasari  lo  appella  Mlissimo  scrittore  e  miniatore.  Quando  e 
ove  Gerolamo  vestisse  T  abito  Domenicano  non  è  ricordato  da 
alcuno.  Egli  senza  averlo  potuto  conoscere  se  non  per  fama,  fa 
seguace  e  imitatore  fedelissimo  di  fra  Giovanni  Angelica  Abben- 
che  nato  da  famiglia  ragguardevole ,  nondimeno  per  tratto  (fi  sin- 
golare umiltà  volle  essere  ascritto  al  novero  dd  laici.  L' orazione, 
la  solitudine,  il  disprezzo  dei  beni  terreni  Airono  la  palestra  delle 
sue  virtù.  Alcune  particolarità  della  sua  vita  ci  furono  conservate 
dal  Vasari;  noi  le  narreremo  con  le  parole  di  questo  scrittore.  «  Fu 
Ira  Gerolamo  persona  semplicissima ,  e  tutto  alieno  dalle  cose  dd 
mondo;  e  standosi  in  villa  a  un  podere  del  oon vento,  per  fug- 
gire ogni  strepito  ed  inquietudine ,  teneva  i  danari  che  gli  erano 
mandati  dell'opere,  de* quali  si  serviva  a  comprare  colorì  ed 
altre  cose ,  in  una  scatola  senza  coperchio  appiccata  al  palco 
nel  mezzo  della  sua  camera ,  di  maniera  che  ognuno  che  Y<dea 
potea  pigliarne;  e  per  non  »  avere  a  pigliar  noia  ogni  giorno 
di  quello  che  avesse  a  mangiare,  coceva  il  lunedi  un  caldaio 
di  fagiuoli  per  tutta  la  settimana.  Venendo  poi  la  peste  in  Abn- 
toa,  ed  e  sendo  gli  infermi  abbandonati  da  ognuno,  come  si  fa 
in  simili  casi ,  fra  (jcrolamo,  non  da  altro  mosso  che  da  som- 
ma carità ,  non  abbandonò  mai  i  poveri  padri  ammorbati ,  and 
con  le  proprie  mani  li  servi  sempre;  e  cosi. non  curando  di 
perdere  la  vita  per  amore  di  Dio,  s'infettò  di  quel  male  e  mo- 
ri di  sessantanni  con  dolore  di  chiunque  lo  conobbe.  » 

(1)  Siar.  Pittorica,  Scuola  Mantovana  Epoca  1.*  in  fine. 


Digitized  by 


Google 


UBBO  n.  GAP.  X.  363 

Come  ^pintore  il  Vasari  lo  appella  ragionetfole  ^  che  è  a 
dire  medioere;  ma  norerando  poi  i  suoi  dipinti  sembra  eleyarlo 
cdaiHyo  sopra  la  mediocrità.  MoUe  cose  colori  per  il  suo  conveii- 
lo  dì  Hantoya  ;  fra  le  quali  è  la  taTola  dell'  altare  del  Rosario, 
e  nel  refettorio  on  b^is^mo  cenacolo»  e  la  crocifissione  di  6. 
C  che  per  morte  non  ottimo.  In  patria  nel  convento  di  s.  Ana- 
stasia fece  a  fresco  la  B.  Y.  s.  Reongio  vescoro,  e  s.  Anastasia 
martire;  le  quali  figure  sono  in  gran  parte  perile.  Nd  secondo 
chiostro  deUo  stesso  convento  sopra  la  seconda  porta  in  on  ar- 
cticcìo,  colori  la  B.  V.,  s.  Domenico  e  s.  Tommaso  di  Aquino, 
tuttidipraitiea^  come  scrive  il  Vasari;  che  è  quanto  dire,  non 
cavati  dd  vero.  Se  non  che  negli  ultimi  anni  della  sua  vita ,  es- 
sendo omai  per  tutta  la  Lombardia,  anri  per  tutta  Italia,  cele- 
brato Lionardo  da  Vinci  sopra  la  comune  estimaadone  degli  al- 
tri pittori ,  lasciato  fra  Geriamo  lo  studio  e  la  imitazione  dd 
Mantegna,  si  diede  a  seguitare  la  maniera  del  Vinci.  Gò  prova 
od  HonsìgDori  animo  lìbero  dai  pregiudizi ,  avendo  voluto  odia 
vecchiezza,  sempre  tenace  dd  primi  metodi ,  imprendere  diverso 
e  più  difficOe  sentiero.  Lionardo  era  stato  invitato  a  colorire  in 
Milano  dal  Duca  Lodovico  il  Moro  nel  1494,  o  come  avvisano 
altri ,  fino  dal  1482.  Débbesi  pertanto  tenere  per  indubitato  che  il 
nostro  fra  Gercdamo  lasciata  Mantova  o  Verona,  ove  per  consueto 
dimorava,  si  recasse  in  Milano  nel  convento  ddle  Grazie;  quando 
eravi  qud  bizzarro  ingegno  di  Matteo  BandeUo,  e  il  Vinci  vi  di- 
pingeva quel  meraviglioso  cenacolo,  che  il  Lanzi  meritamente  ap- 
pella una  delle  più  belle  pitture  che  siano  uscite  di  mano  d'uo- 
mo. Qpivi  dovette  grandemente  giovarsi  dei  consigli  e  degli  esem- 
pi di  tanto  artefice;  e  a  porgere  alcun  saggio  di  stile  leonardesco 


Digitized  by 


Google 


361  MEMORIE 

colori  un  s.  Gioiwmo  ed  um  fenvaioa  ride«le,  ohe  noi  giorni 
dd  Vasari  tedevansi  aeUa  zec^a  ìd  liilavia^  e  ne' quali  a  giadiib 
di  molti  amnoìrava»  quella  evidenza  d^  vera,  e  quella  grazia 
propria  del  grande  mae^ro»  Ma  sopm  tutti  i  dipinti  cade  fece  Ara 
Gerolamo  gli  acquistò  lode  beUiaaiiua  la  copia  del  Cenacolo  che 
il  Vinci  a?ea  dìpiato  a  fresco  ud  refettorio  doUe  Graàe ,  e  die 
dovette  essere  finito  tra  il  1498». e  il  1499  nd quale  annolio- 
nardo  abbandonò  Milano  aggredita  dalle  anni  francesi.  Di  que- 
sta  copia  era  stato  dato  il  carico  al  Monsignori  dai  nEionad  Be- 
neddlini  di  Mantova,  i  quali  avendo  inteso  celebrarsi  da  tutti 
quell'opera  jeneravigliosa  dd  Vlnd,  e  conoaduto  quanto  in  fra 
Gerolamo  fosse  idudio,  diligenza  e  fdice  imitazione  dd  medesi- 
mo, ToDero  cke  ei  la  ritraesse  con  le  desse  dimensioni  ddl' origi- 
nale. Non  possiamo  detenninare  con  esattezza  l'anno  in  cui  egU 
eseguì  qudla  copia ,  ma  conceduto  che  egli  morisse  veramente  nd 
1500,  siccome  scrìve  il  Padre  Serafino  Razsi ,  tsrebbe  di  mestieri 
il  credere  che  ciò  avvenisse  l' anno  1499  quando  appunto  si  era 
comprato  qud  raro  dipinto;  e  perciò  qudla  fqsse  la  prima ,  o 
certamente  fra  le  prime  copie  che*del  Cenacolo  siano  stale  fatte,  e 
quindi  fra  le  più  pregevoli.  Perciocché  in  brevissimo  tempo  annerì 
sithttamente  l'originale,  che  nei  tempi  dell*  Armennini ,  cioè  a 
dire  cinqoant'anni  dopo,  era  digià  mezzo  guasto;  ed  il  Vasari  che 
il  vide  nd  1566,  afferma  che  era  tanto  mal  condotto,  che  non  si 
scorgeva  pia  se  non  una  macchia  abbaglùUaj  onde^prosiegHcadire, 
la  pietà  di  questo  buon  Padre  (  fra  Gerolamo  Monsignori')  renderà 
sempre  te$éimonianza  in  questa  parte  della  virlà  di  Uonaréo  (1) . 

(1)  Fita  di  Gtrotano  da  Carpi  in  fiue. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  n.  GAP.  X.  38S 

« 

U  Lmn  ohe  forse  vide  la  copia  fiittaM  d«L  frale  veroMse, 
scri?e  die  da  akvm  si  tiene  per  la  miglioie  che  d  rkianga  di 
qod  miracolo  dett'Arte  (1);  e  il  Vasari  la  dice  ritraUa  Umào 
imetkem  vederhne  fu pre$o  ia  meraviglia  (3).  I  monadBene* 
deUìai  per  i  quali  era  stata  colorita ,  la  collooaiìo«o  dapprima 
od  refettorio  dd  loro  ceovoito  di  Haalova ,  gonidi  odia  libre* 
ria,  fioche  iid  primi  dd  presente  secolo  fa  venduta  e  trasporr 
tata  in  Fraada  (3).  Gonfiato  qoeslo  dipinto,  semfaQa  che  il  ìtoa^ 

(1)  Nella  edisioae  milaaese  delle  Kìte  dei  Pittori  di  Gioicio  Vi- 
tati pubblicata  dalla  società  tipografica  dei  Classici  Italiani  l'aimo  1809 
in  una  lunga  nota  alla  vita  di  Lionardo  da  Vinci  (  pag.  52  )  è  un  elenco 
di  copie  del  Cenacolo  eseguite  da  chiari  pittori  sull'originale;  quella  di 
fra  Gerolamo  Monsignori  è  segnata  1*8.*,  ed  è  detto  di  lui  «che  studiò 
molto  le  opere  di  Lionmrdo  e  le  imitò  egregieumenu.  La  prima  che  si 
ricordi  in  qaeDa  serie  è  una  eseguila  dal  Lomazzo  l'anno  156f  per  i 
religiosi  Osaenrand  della  Pace.  Ignoro  se  l'annotatore  seguitasse  T or- 
dine dei  tempi  o  del  merito;  ma  farò  avvertire,  che  nel  primo  caso  quella 
di  fra  GevolamO'è  anteriore  di  ben  sessantadue  anni,  e  nel  secondo, 
essendo  ia  quel  tempo  grandemente  annerito  1'  originale  fino  a  sembrare 
una  macchia  nera,  non  so  quanto  fedele  potesse  riuscire  quella  copia 
che  ne  diede  il  Lomazzo.  Né  poteva  obliarsi  che  il  Lanzi,  seguito  in 
ciò  da  molti  9  prima  a  tutte  nel  merito  pone  quella  del  Monsignori. 

(2)  #^.  Vita  di  Gerolamo  da  Carpi. 

(3)  Il  sig.  Manette  ha  scritta  U  storia Jlel  Cenacolo  di  Lionardo 
da  Vinci  molto  minutamente,  e  può  vedersi  nel  2.^  voi.  delle  Lettere 
Pittoriche  al  num.  84.  Noi  non  vogliamo  chiudere  le  notizie  del  Mon- 
signori senza  aggiungere  sul  conto  del  Cenacolo  alcune  parole .  Stiman- 
dosi da  tutti  irreparabilmente  perduto  quell'  insigne  dipinto ,  il  su- 
periore di  quel  convento  (  ne  di  ciò  possiamo  o  vogliamo  scusarlo), 


Digitized  by 


Google 


366  MEMORIE 

• 

signori  si  rioonduoesse  in  Màntoya ,  ove  non  cosi  tosto  fa  giunto, 
die  i  religiosi  Domenicani  dà  qnella  città  to  richiesero  di  colo- 
rire quella  Crocifissione  di  G.  C.»  ohe  siccome  (h  detto,  per  mor- 
te non  potè  finire^  Noi  non  oseremo  certamente  odlocare  fra 
Gerolamo  tra  i  più  chiari  pittori  della  scuola  veneta  e  Lom- 
barda, ma  stimiamo  che  si  elevasse  sopra  la  mediocrità,  e  se 
non  raggiunse  il  fratello  Francesco,  pard  si  ddrin  collocare  fra 
i  felid  imitatori  del  Mantegna  e  del  Vind ,  il  che  non  è  pìcco- 
la lode.  Tutti  poi  che  hanno  in  pregio  la  virtù  venereranno  in- 
dubitatamente quest'artefice,  che  onorò  la  pittura  con  vita  e  co- 
stumi provatissimi. 

fece  segare  il  muro  nella  parte  inferiore  della  pittura,  aprendovi  una 
piccola  finestra  per  comodo  dei  religiosi  L'anno  poi  1726  il  pittore 
Michelangiolo  Bellotti  si  offerì  ai  medesimi  di  ritrarre  fuora  nuovamente 
il  dipinto.  Nella  lusinga  di  ridonare  alle  arti  quel  capolavoro  accetta- 
rono con  giubilo  l'offerta,  ed  essendosi  ottenuto  un  breve  è  forse  ap- 
parente risultamento,  i  religiosi  domenicani  in  premio  dell' operato  « 
diedero  al  pittore  scudi  500.  L'  Abate  Carlo  Bianconi  nella  sua  Guida 
di  Milano,  si  lasciò  trascorrere  a  troppo  acerbe  parole  contro  i  frati  Pre* 
dicatori  per  la  prima  e  per  la  seconda  operazione  ,  perciocché  quel  re- 
stauro fu  giudicato  funesto.  Coloro  però  che  sono  usi  misurare  il  me- 
rito delle  azioni  non  dall'esito  ma  dal  buon  volere,  non  vonanno,  io 
spero,  dar  colpa  ai  medesimi  dell'infelice  riuscita  di  quel  tentativo. 


Digitized  by 


Google 


367 


CAPITOLO    XI. 

Del  P.  Domenico  Emmude  Maccarj  pittore  Genovese. 


mtm 


Ud  figari  nn  sola  apparirà  in  queste  memorie ,  ragionevcde  di- 
pintore ;  perciocdiè  meg^  cbe  ì  Domenicani ,  splendettero  nelle 
arti  in  «pielia  repnbUioa  i  rdigìosi  di  altro  instititto  e  di  altro 
paese.  Gasi  un  frate  Stefano  da  lUDlano,  non  so  di  qaal  ordine,  sul 
oominciare  dd  secolo  XVI.  Tre  Carmelitani,  fra  Gercdamo  e  fra 
Giovanni  da  Brescia;  e  ttn  fra  Lorenzo  Moreno  ricordato  dal 
Lanzi  ùomd  buon  frescante.  Genovese  però  era  nn  Simone  da 
Carnali  de*  Minori  Biformati,  valente  prospettico.  Ma  sopra  tatti 
il  chìar.  fr^f  e  Bernardo  Strozzi,  or  detto  il  Cappu/cdnoy  ora  il  Prete 
^enot^e,  coloritore  si  grande  da  reggeire  al  paragone  con  i  miglio- 
ri tra  venenani  maestri.  D  nostro  Maccarj  ignoto  al  Lanzi,  al  Ratti, 
d  Sopram ,  ed  a  quanti  scariss^-o  della  scuola  genovese ,  deve  alla 
diligenza  dd  eh.  P.  6.  B.  Spotomo  bamaUta,  di  ottenere  al  pre- 
sente on  poeto  non  oscuro  nella  scuola  medesima.  Ma  a  lai  avven- 
ne ciò  che  ad  altri  suoi  confratdlì ,  che  ne  andassot)  smarrite  non 
pure  le  notizie  ddla  vita,  ma  ad  eccezione  di  una  tavola,  eziandio 
tutti  i  dipinti. 


Digitized  by 


Google 


368  MEMORIE 

La  terra  di  Pigna  nella  riviera  ocddenUle  di  Genova  su  i 
confini  del  Piemonte  fa  la  patria  di  frate  EDianade  Maccarj  ;  e 
quesf  amile  Inogo  si  onorò  eziandio  nei  giorni  nostri  del  nome 
di  an  celebre  antiquario,  Tab.  Fea.  Def  sooì  genitori,  ddl'anno 
del  sao  nascimento,  come  di  qaello  della  morte  non  abbiamo  con- 
tezza. Di  baon  grado  ci  sottoscriviamo  alla  opinione  dello  storico 
della  letteratura  ligure ,  che  il  nostro  Domenico  Emanuele  Rap- 
prendesse V  arte  in  Taggia  da  Corrado  di  Atemagna ,  ed  avesse  a 
condiscepolo  Lodovico  Brea  di  Nizza ,  che  il  Lanzi  fuor  di  ragione 
appella  il  fondatore  della  scuola  genovese  (1).  Più  a  buon  dritto 
forse  dovrebbesi  tal  lode  a  Giusto  di  Alemagna ,  quel  d'esso  che 
colorì  il  fresco  deHa  s^  Annoniiala  nd  oonv«alo  di  s.  H.  dì  Ca- 
stello in  Genova  l'anno  1451;  e  che  con  molta  probabilità  fii  mae- 
stro a  quel  Corrado  por  di  Alemagna  ediKatore  in  Taggia  del 
Brea  e  del  Maoearj;  senza  che  per  ipianlo  si  è  detto  vogiiafii 
dinegare  il  vanto  di.  fondatori  della  scuola  pittorica  ligure  ad 
altri  dlpinlori  nazionali,  i  <piali  innanzi  o.nei  tempi  di  Giusto 
q>eravano  in  Genova.  Pereioccbè  la  scoperta  della  matricola  dei 
pittori  genovesi  fatta  dal  doltissfanoP.  Spotomo  barnabita  (ohe  noi 
ricorderemo  sempre  con  gratitudine  per  essere  stato  V  institatore 
ddla  nostra  giovineoa),  troppo  ragionevolmente  induce  a  crede- 
re che  non  si  debba  quella  lode  agli  oltremontam.  Quando  e  in 
qual  luogo  il  Maccarj  vestisse  le  divise  Domenicane  si  ignora; 
sembra  Indubitato  però  appartenesse  all'ordine  sacerdotale,  e 
venisse  affigliato  al  convento  di  s.  Maria  della  Misericordia  in 

(1)  Storia  Letteraria  delia  Uguria,  Genova  1S26.  yoI.  4.  — V.4.® 
cap.  IX  pag.  199.  — 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  XI. 

Taggui  f  uno  di  qoeHi  i  qoali  aveTano  abbncmta  b  riforma 
che  si  andana  soecessivaiiiente  operando  nell'  Ordine  ;  percìoo- 
cbè  nelle  antiche  menorie  è  appellato  Canv.  Oòs^rv&ntiae.  Gb 
abbiamo  volalo  ricQfdare  essendo  manifesto  dalla  storia  degU 
artisti  Domenicani ,  come  la  più  parte  dd  medesimi  fiorisse  in 
qne'cbìosCri  ove  era  maggiormente  in  vigore  la  regolar  diset- 
plina.  Cosi  il  beato  Angelico,  il  franilo,  fr.  Bartolommeo,  tt* 
IVioUnOy  (ir.  Gerolanao  Monsignori,  appartengono  tutti  ai  con* 
venti  rifonnatì  della  Toscana  e  della  Lombardia.  Del  P.  Do- 
menico Emanuele  Maccarj  non  abbiamo  che  la  pala  ossia  ta- 
vola nella  cappella  di  s.  Pietro  m.  ndla  chiesa  del  suo  iastitu- 
to  in  Taggia;  chiesa  che  con  tutta  ragione  il  eh.  David  Berto* 
lotti  appellò  ricca  pinacoteca  di  pitture  del  secoto  XV;  essendo 
adoma  di  quelle  di  Lodovico  Brea ,  di  Corrado  di  Alemagoa , 
del  Maccarj  e  di  altri  (!].  Fecevi  pertanto  il  Maccarj  un  Cro- 
cifisso con  ai  lati  s.  Domenico  e  s.  Caterina  v.  e  m^o  dappiedi 
s.  Pietro  UL  e  s.  Gerolamo.  Del  merito  di  questo  dipinto  mal 
potrd)be8Ì  dar  gindìzio  al  presente;  perciocché  narra  la  ero- 
naca  di  q«él  convento,  come  in  tma  incursione  di  barbareschi 
scesi  a  depredare  la  riviera  occidentale  ddla  Liguria  l'anno 
1364  fosse  da  loro  indegnamente  ottraggiata  quella  tavola  fino 
.  a  far  prova  d' infirangerla  con  le  scuri ,  di  che  rimasero  i  segni 
in  più  luoghi  della  medesima.  E  forse  peggiore  fu  Y  insulto  fat- 
tole da  un  indegno  sacerdote,  onde  n'ebbe  dal  cielo  pronto  e 
tremendo  castigo.  L'anno  in  cui  il  Maccarj  prese  a  colorirla 

(1)  Viaggio  nella  Liguria  marittima  di  Davidi  BiaTOLom,  voi.  3« 
in  8.«  Toriuo  1834.  V.  voi.  1.*»  Lettera  XXVIII  p«g.  274. 


Digitized  by 


Google 


afro  MEMORIE 

DOD  è  ben  certo,  ma  sembra  dopo  il  1522;  deduoendosi  da  que- 
sto,  cbe  nel  giorno  21  gennajo  dì  qndb  stesso  anno,  fl  nofaU 
nomo  Domenioo  Oddi  di  Taggia  avendo  dichiarata  l' ultima  soa 
T(dontà  y  lasciò  erede  di  ogni  suo  avere  la  cappdla  di  s.  Pietro  ul 
nella  diiesa  dei  PP.  Predicatori ,  aasegn^ido  ducati  25  per  le 
spese  della  tavola  che  poi  colori  il  P.  Domemco  Emanude,  come 
diiaramente  apparisce  dalla  cronaca  sopradetta  (a).  Della  quale 
notizia  sono  tenuto  alla  gentilezza  dd  di,  sig  Can.  Vincenzo  Lotti 
di  Taggia,  dotto  e  diligente  indagatore  delle  memorie  patrie. 

Alcuno  forse  potrebbe  oppord,  die  un  pittore  0  quale  ope- 
rava nel  1522  meglio  sardibesi  annoverato  fina  gli  artisti  del 
secolo  XVI  che  non  fira  i  quattrooentistì;  ma  noi  avvertiremo 
come  nella  storia  ddTarte,  anziché  gli  anni,  Ibi  di  mestieri  con- 
siderare lo  stile  e  il  metodo;  e  quello  dd  P.  Maccarj  a  giudizio 
di  molti  è  proprio  di  questi  e  non  <fi  quelli  La  qual  conside- 
razione ci  sarà  di  norma  eziandio  per  l'avvenire.  Qui  hanno 
termine  le  scarse  notizie  che  del  P.  Emanuele  si  sono  potute 
ottenere.  Forse  un  giorno  verrà  fatto  discuqprire  o  memoria  o 
dipinto  che  meglio  ce  lo  faccia  conoscere  ed  apprezzare ,  quan- 
do alcuno  con  lunghe  ed  accurate  ricerche  vorrà  riempiere  qud 
vuoto  che  ndla  storia  pittorica  della  Liguria  lasciarono  Q  Ratti 
ed  il  Soprani. 

(a)  V.  Documento  (  YU.  ) 


«•»c»^ 


Digitized  by 


Google 


371 


CAPITOLO    XII. 

DelTÀrehUeUo  tmeMno  Fra  Francesco  Colonna^  (uUore 
del  jRomanzo  Artistico ,  Il  Sogno  m  Poufilo. 


p^m^  ' 


'i  seocrio  XV  che  di  tanii  e  dod  malgari  arl«Gci  ha  arricchite 
quejte  memorie,  non  ci  aveva  per  anche  oflerto  collore  alcuno 
ddb  prima  fra  le  tre  arti  sorelle,  vo'  dire  l'architettura.  Ma 
nm  Siam  lieti  di  potere  al  presente  narrare  la  vita  di  tale,- che 
divide  con  Leon  Battista  Alberti  e  col  BruneUesco  la  gloria  dì 
aver  ricondotta  in  Italia  la  classica  euritmia  dd  greci  e  dei 
romani.  Tanto  quest'  arte  era  stata  con  predilezione  coltivata  dai 
frati  Predicatori,  che  si  trova  averne  essi  seguitate  sempre  le 
vicende,  e  sempre  tra  primi  at)pariscono  in  quel  movimento  che 
la  civiltà  e  le  scienze  vi  avevano  impresso.  Quindi  F  architettura 
Gotica  nelle  due  ultime  e  splendide  sue  fasi,  ricorda  i  molti  archi- 
tetti di  s.  M.  Novella  in  Firenze;  e  il  risorgimento  due  veneti  scrit- 
turi, antiquarj  e  architetti  valentissimi,  fra  Francesco  Colonna  e  fra 
Giocondo.  Del  primo  diremo  nel  presente  volume,  del  secondo 
io  quello  che  seguiterà.  E  chi  chiedesse  ragione  perchè  abbiamo 
divisi  due  artefici  che  trattarono  le  arti  medesime  e  furono  con- 
temporanei ,  risponderemo  che  l' opera  per  I9  qu^Ie  il  Colonna 


Digitized  by 


Google 


372  MEMORIE 

é  in  voce  di  grande  architetto  appartiene  agli  aitimi  periodi  del 
seeolo  XV;  laddoTe  il  Giocondo  mfltd  e  inéigiB  Cadibriche  diresse 
neir  aureo  secolo  di  Leone  X. 

Egli  è  forte  a  meravigliare  come  la  Yita  e  ^i  seritti  di  on 
claustrale  ohe  tutti  i  suoi  gi(mri  e^  sladj  sacrò  ala  gloria  ed 
all'afanzamento  delle  arti  imitatrici»  e  che  ne' suoi  tempi  sali  a 
grandissima  estimazione ,  col  procedo^  degli  anni  cadesse  in  tale 
e  tanta  dimenticanza^chenon  pure  dagli  estranei,  ma  da  suoi  stessi 
concittadini  e  da  suoi  confiratdli  medesimi  fosse  ignorato;  onde  non 
bastassero  poi  le  dotte  ricerche  di  molti  insigni  scrittori  a  porlo 
novellamente  nella  memoria  e  nella  venerazione  degli  uomini  (1). 
La  qoal  sorte  dibe  ooamne  con  altri  assai  che  ddle  arti  scrissero, o 
a  quelle  in  alcuna  maniera  giovarono.  Chi  mai  ignota  ohe  il  «pre- 
zioso  trattatodel  monaco Teofflo  sulla  piUoni  é  cosi  raro  inlta^ 
che  dai  più  non  è  nolo  che  per  alcun  brano  datoci  dagli  scrittori 
della  storia  ddle  arti?  die  l'operetta  di  Ceonino  Ooonfaii  solo  da 

(1)  Qaanto  poco  il  Coloona  foaae  noto  agli  storici  Teoeti  e  a  qaeUi 
del  tuo  ftteMO  Istituto,  appare  da  questo  brcre  cenno  che  ne  diedero  ì 
dottissimi  PP.  EcBAiD  e  QuisTir.  «  Fr.  Frandscus  Colunna  venetus,  m- 
ter  viros  in  Oratoria  hoc  aetate  praestantes  laudatur  a  Leandro  foL 
154.  6^  et  de  eo  sic  habet:  «  In  quodam  libro  materno  sermone  edito, 
litteraturam  et  varium  ac  multiplex  ingenium  suum  praesefert.  » 

Nescio  qui  Alberico  venit  in  mentem  in  sttis  Scriptoribus  venetis, 
ut  Ubrum  litteraturam  auctoris  ai*guentem  ut  habet  Leander,  verteret  in 
volumen  yariarum  epistolarum  eruditum ,  nam  òpus  ipse  te  vidisse  non 
indkat.  Atbericum  tamen  excipiunt  Jltamura  ad  14S9.  et  M^vetta  ad 
1493.  Miihi  donsc  lux  mtjor  tfftUstrit  Leandro  aeguaU  stuhdum  visum 
est.  »  Script.  Ord*  Praedioau  voi.  2  fol.  35  ad  1517. 


Digitized  by 


Google 


UttRO  IL  GAP.  XU.  373 

pòchi  masi  vide  la  hice  per  le  soUecitiidiiii  del  «g.  Giuseppe  Tam- 
hnoiff  C!heqiidladlLof«Da»6liiberti  dbbe  iigoal  fl^ 
tettati  dilioiardo  da  Vinci  scoo  tuttavia  seon  Fonor  della  stam- 
pa? n  passalo  ed  il  presente  seeolOi  ofae  ponno  a  tatta  ragione  dirsi 
kdoe  epocbedeBe  solenni  riparazioni  al  nome  dei  grandi  cheono- 
rarono  la  pi^ria,  eoe  nobie  gara  e  eon  feiioe  risnltamento  si  die- 
dero a  rioercare  laTitae  iUostrare  le  operedegl'italiani  chiari  per 
le  opere  del  seno  eddla  manaUgoal  sorte  locofr  al  nostro  Colotf- 
na;  che  &  FBaMi,  TAposUdo  Zeno,  0  Fossati  e  l' Algarotti  ne  ri- 
lendioafono  la  gloria.  Ha  piò  che  tutti  meritano  essere  ricordati  il 
ToMma^e  fl  P.M.  Domenieo  Federici  deT  Predicatòri ,  i  qnrii 
ogni  possibile  diUgenn  adoperarono  a  diradare  le  tendve  die 
cnoprirano  Tantore  e  il  IBnro  misterioso  del  Sogno  di  Poli/Uo. 

Fra  le  funig^  che  la  prepotente  andiikione  di  Gastmcdo 
obUigaya  esolare  da  Locca  mia  fa  dei  Colonna,  ricoveratasi  in 
VencBa,  come  la  più  parte  deg^  esuli  italiani  i  qnali,  qnasi 
nanfiraghi  in  porto  di  sicareoa»  riparavano  in  quella  terra  ospi- 
tale (1).  Quivi  nacque  Francesco  l'anno  1483;  e  come  si  addi- 
ceva alla  sua  oondfaione ,  nobilmente  edm»to  e  nutrito  di  ot- 
timi stadi.  ÌÌMo  saviamente  qmavano  i  veneti ,  a  compiere 
reduoQ2Ìone  civile  e  scientiSca  dei  giovani  patrizi  non  bastare 
le  cognizioni  acquistate  su  i  libri  e  per  la  via  dei  jpreeetti, 
ma  esser  parte  gravissima  di  quella  visitare  lontane  regioni,  e 
studiare  i  costumi  e  la  natura  dei  popoli ,  le  loro  leggi ,  le  loro 
arti,  non  che  la  religione  e  la  politica.  Crede  pertanto  il  Te- 

(1)  Fii€  d€i  pia  eeUbri  archiutti  iwteziani.  Veoeiia  1778,  un  voi. 
io  4.^  V.  fAg.  1 

24 


Digitized  by 


Google 


374  MEMORIE 

manza,  che  Francesco  ndla  gkmnezia  yiaggìasae  nelFOrienle, 
odia  Grecia,  ndl' Egitto,  si  recasse  a  Gnstanfinopoli, atlingeodo 
ovunque  svariate  e  moltipUci  cognizioni  ;  e  segnatamente  yedene 
l'Italia,  e  longa  dimora  fermasse  in  Boma,  facendori  tesoro 
delle  più  rare  e  preziose  antichità  di  quella  capitale,  come  troppo 
manifestamente  lo  addimostra  Federa  sua.  Venute  meno pe  no- 
tizie al  suo  biograib,  giudicò  doversi  ricercare  la  vita  del  Co- 
lonna nel  suo  stesso  romanio;  e  che  Polifilo  che  ne  è  il  prota- 
gonistisi,  sia  lo  scrittore  del  sogno  misterioso.  Per  la  qual  cosa  d 
lo  credette  fino  all'età  di  trentaquattro  anni  viaggiatore  disso- 
luto e  sposo  a  Polia  eroina  del  poema;  quindi  morta  l'amata 
•  donna ,  vestisse  l'abito  DomenicaBO.  Ma  guida  troppo  infedele 
sono  i  romanzi ,  i  quali  in  luogo  di  condurre  ad  alcun  ragione- 
vole risoltamento  fanno  traviare  dietro  I  delirii  della  immagi- 
nazione. Il  P.  Federid  trovò  documenti  con  i  qdaK  è  ad  evi- 
denza provato  come  il  Goloona  l'anno  1455  già  appartenesse 
all'istituto  dei  frati  Predicatori,  cioè  nell'età  di  ventidue  anni; 
che  dimorasse  in  Trevigi  fino  all'anno  1473;  che  Ivi  fosde  pro- 
fessore di  rettorica  e  di  lingue,  e  maestro  dei  giovani  religiosi; 
che  nel  1473  ottenesse  dall'  università  di  Padova  il  grado  di  bac- 
celliere; leggesse  ivi  teologia,  e  fosse  insignito  della  laurea.  E  chi 
ne  amasse  vedere  i  documenti  può  rinvenirli  nelle  memorie  Tre- 
vigiane del  citato  scrittore.  Seguitano  due  altri  documenti  dei  quali 
uno  ce  lo  addita  lettore  a  suoi  religiosi;  e  l'altro,  die  è  del  1485, 
procuratore  in  Venezia  delle  monache  di  s.  Paolo  di  Trevigi  per 
riscuotere  non  so  qual  sonuna  di  denaro  (1).  Altre  notizie  omesse 

(1)  Memor.  IVeuig.,  ce  voi.  iP  P.  1.«  Gap.  V.  Docum.  II ,  IH ,  IV. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  U.  GAP.  XII.  375 

dal  Federici  si  leggono  ntd  Temanza  ;  fra  le  quali  od  allo  oon- 
sigliaie  del  convento  di  s.  GioTanni  e  Paolo  di  Venezia  (  ooo- 
Tento  coi  era  yeroaimilmenle  affiglio  il  GokMma  )  dd  15  otto- 
hne  1533,  d  addimostra  qoei  religioBi  aoUeoiti  di  provvedere  ai 
bisógni  deBa  fi  Ini  vecchiezza,  ingiungendosi  che  al  P.  M.  Fran^ 
ei$co  Cokmna  amm  He  dentw  tot  tigna  quel  poterti  portare  fa- 
muhu  infirmaariae:  ei  a  sacrista  qtMUuor  sotidi  omni  dky  etpmuis 
et  tmumprocottaiionef  et  hoc  prò  maxima  aegestate  9  necessitate  f 
et  decrepitate.  Finalmente  nel  Ifecrologio  di  qod  convento  ^ 
trovò  segnata  la  sua  morte  nel  giorno  2  di  ottdire  delFanno 
1537  e  della  sua  età  94.  Ebbe  l'onore  di  privato  sepolcm,  e  di 
solerne  iscrizione  nd  chiostro  del  suo  convento  dietro  la  cUesa,  , 
come  si  ha  dal  registro  ddle  iscrizioni  sepolcrali  di  s.  Giovanni 
e  Piloto,  ccHsipilato  dal  P.  Lndani  (1). 

Date  qodle  notizie  die  della  sna  vita  fino  al  presente  si  ' 
sono  potute  rinvenire,  b  di  mestieri  parlare  deg^  study  e  del- 
l'opera di  quest'uomo  dottissimo.  Consentono  gli  scrittori  tutti 
che  egli  fosse  perito  nel  latino,  nd  greco,  nell'ebraico  e  nd 
siriaco.  Studio  però  a  hii  supremamente  diletto  sembra  fosse 
qndto  ddl' antichità,  e  in  qpecial  modo  di  ciò  che  spetta  alle 
arti  bdle,  e  molto  studiasse  Vitruvio  e  I^eon  Battista  Alberti,  la 
cui  opera  avea  di  recente  veduta  la  luce.  Né  pretermise  la  datti- 
licgrafia ,  la  lapidaria  e  la  numismatica ,  nelle  qnali  scienze  parte 
con  lo  studio,  parte  con  i  viaggi  fece  acquisto  di  grandi  e  bd- 
lisBime  cogdizioni.  Che  egli,  tanto  profondamente  versato  ndla 
parte  teoretica  dell'architettura,  possa  avere  in  patria  e  fuori 

(1)  Loc  eit  p»g.  52  e  53. 


Digitized  by 


Google 


376  MEMORIE 

dirette  e  innalzate  fabbriche  ad  oso  pnbUioo  e  privato,  è  assai 
Teroeìmile  abbenchè  la  storia  noi  dioa  ;  ma  poniamo  enamfio  ohe 
mai  non  ponesse  m  opera  qoe'sooi  ammaestramenti ,  dei  quali 
molti  si  giovarono,  mono  io  credo  vorrà  perdo  ^dinegargli  m 
seggio  onorato  fra  gli  arefaitetlori ,  quando  glieto  concedettero 
il  Milizia  ed  il  Temanza ,  abbenchè  il  primo  per  non  aver  po- 
talo penetrare  nei  sensi  oscnri  dd  suo  poema  artistico,  passasse 
poi  da  una  cieca  venerazione  ad  on  deoo  disprezzo  (1). 

Volendo  pei^nto  il  P.  Colonna  con  im' opera  sda  dar  sag- 
gio de'sooi  gravissimi  stndj  e  rendere  familiari  le  dottrine 
vitmviane,  fa  di  avviso  ch^  il  metodo  cattedratico  avria  fadl- 
mente  ribattalo  certi  leggitori  schifiltosi  e  svogliati ,  i  qaaU  ama- 
no addivenire  o  piuttosto  parer  dotti  senza  grande  fatica;  e  ove 
la  scienza  e  la  erudizione  fossero  piaeevcdmente  apprestate,  ad 
ogm  condisone  di  persone  avrebbesi  reso  famigliare  lo  stadio 
dell'  antichità  e  delle  arti.  Ideò  pertanto  e  scrisse  un  rooianzo 
artistico,  cui  pose  un  nome  greco  sesquipedale  da  atterrire, 
non  che  il  terso  e  gentile  Annibal  Caro,  ogni  pia  coraggioso 
leggitore  :  La  Htfpnerotùmaehia  di  Poliphilo ,  ossia  pugna  di  muo- 
re in  sogno.  Nel  qoal  sogno,  quanto  mai  dir  si  possa  fantastic9 
e  bizzarro,  e  lungo  più  che  non  è  certamente  il  sogno  ordinario, 
finge  aver  veduti  tutti  quelli  oggetti  di  belle  arti  che  d  vien 
descrivendo;  e  gli  siano  accaduti  tutti  qud  casi  amorosi  i  quali 
occupano  non  meno  di  un  grosso  volarne  in  foglio.  Per  certo 
che  la  hypnerotomachia  posta  in  versi  non  cederebbe  al  Mor- 
gante  Maggiore  del  Puld,  al  Ricctardetto  del  Forteguerri,  e 

(1  )  Memorie  degli  architetti  antichi  e  moderni  lib.  3  Gap.  1.®  ìd  fine. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  XIL  377 

all'Oriando  deU' Ariosto  e  del  Benii.  Ma  ciò  die  Tiuoe  rem- 
mente  la  padcaza  di  tatti,  è  lo  stile  fldenziaiio  o  pedantesco, 
ofA  quale  si  consiglifr  di  Telare  le  arcane  dottrine  e  gli  amori 
lasdri  dd  soo  PdifilOy  onde  fl  sonno  grava  troppo  sovente  gli 
ùùdÀ  dei  leggitori.  Come  Fautore  tacque  il  suo  nome,  e  forse 
▼ergognò  (  e  ne  aveva  ben  d'onde  )  apparire  scrittore  men  ca- 
sto,  dcnni  si  argomentorono  di  rinvenirlo;  e  il  Fossati  credette 
die  PdUfilo  fosse  un  ihi(e  Servita  mascherato  qual  altro  Filoxe- 
no; il  Fonlanini  Io  stime  un  canonico  contemplativo.  Ma  il  P. 
PMrogalH  e  Apostolo  Zeno  rinvennero  il  nome  di  Francesco 
Colonna  in  acrostico  ndle  lettere  iniziali  dd  capi  del?  opera.  Né 
qui  cessarono  i  ddìramenti  degli  scrittori  ostinatisi  a  ricercare 
ndle  avventure  di  Polifilo  la  storia  di  questo  frate  antiquario 
«d  arohiletlo.  Loro  nacque  desiderio  di  investigare  eziandio  chi 
mai  fosse  quella  Mia  per  la  quale  tanto  addimostrasi  spasi- 
manto  il  misero  Polifilo,  e  che  a  mio  awiSb  era  persona  cosi  reale 
vome  la  Doldnea  di  Don  Chisciotte  ddla  Mancia.  Muovono  certa- 
mente a  riso  indagini  cosifatte,  vedendosi  con  la  storia  svdgere 
e  sostenere  i  vaneggiamenti  di  un  sognatore.  Giudicarono  per- 
tanto alcuni  che  essa  fosse  persona  allegorica,  e  sotto  qud 
nome  si  volesse  significare  la  scienza  o  Tantidiità  o  Tardiitet- 
tnra ,  i  quali  studj  occuparono  tutta  la  vita  di  fra  Francesco 
Cdonna,  alla  quale  opinione  noi«  di  buon  grado  ci  sottoscri- 
viama  Ma  altri  ostinatamente  sostenneTo,  che  la  PoUa  non  fosse 
altrimenti  cosa  ideale  ma  concreta ,  composta  dì  carne  e  ossa , 
in  breve  una  giovane  bellissima  di  casa  Pola.  Chi  giudicolla  una 
Lucrezia  o  Camilla  Collalto,  e  il  Temanza  e  il  Federici  un'Ip- 
polita per  vezzo  appellata  Polla,  figlia  di  un  Francesco  Lelio 


Digitized  by 


Google 


378  MEMORIE 

gìurecoQsaHo  tpevigiano;  e  con  la  consocia  ma  paaenza  ed  eru- 
dizione il  P.  Federici  ci  dà  nei  docmnenti  l'albaro  geoealogioo 
di  questa  eroina  del  poema ,  sostenendo  anevèrantemenle  obe  il 
frate  veneziano  fosse  veramente  preso  da  illecito  amore  per 
essa  (1).  Ma  noi  d  stndieremo  oon  le  parde  stesse  del  Colonna 
purgarlo  da  si  bratta  nota  d' infamia ,  addìnmtrjfndo  e  svolgendo 
il  senso  allegorico  del  suo  romanao-artistieo  :  sebbene  la  li- 
bera sua  narrazione  non  d  consenta  difènderlo  da  qodla  di 
poco  castigato  scrittore.  Egli  d  ricorda  il  troppo  oddMre  Mat- 
teo Bandelk),  che  appunto  negli  idtimi  anni  del  €!olonna  scri- 
veva in  Milano  le  soe  ìéée  noveHe.  Tanto  la  comizione  del  co- 
stome  in  qud  tempi  infelicissimi  avea  contaminate  e  guaste 
tutte  le  dassi  di  persone! 

Quando  avvenisse  quel  lungo  e  dotto  sogno  sendbra  indi- 
carlo lo  stesso  autore  in  flne  dell'opera ,  con  le  seguenti  parole. 
Tarvisii  cum  deearisiimb  Polim  amore  landi$  disiitieretwr  mitel- 
lu8  PoKphilut.  MGCGCLXVn  Kalendis  Mm  nel  quale  anno  fra 
Francesco  Ciolonna  era  lettore  nel  suo  convento  di  s.  Niccolò 
di  Trevìgiy  e  contava  anni  trentaquattro  di  età.  Alcum  però 
credeaero  in  quella  data  accennarsi  piuttosto  la  pubblicazione 
deiropera,  ma  la  prima  opinione  è  assai  più  verosimile.  Ebbe 
l'onore  di  due  edizioni  Aldine,  e  di  una  traduzione  in  lingua 
iancese  per  opara  di  Giovanni  Martin  segretario  dd  cardinale 
Lenencourt,  quell' istesso  che  voltò  in  francese  Vitruvio  e  Leon 
Ballista  Alberti  per  ordine  di  Francesco  I  re  di  Francia  (3).  Nelle 

(i)  .Memorie  lyevig.  ìùc  cit. 

(2)  D' Agirooukt,  Storia  delfJrte  yd.  4.^  P.  2.'  delta  Pittura  p.  481. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  XIL  379 

eàmaoi  ìtalune  l'opera  è  adorna  di  molte  incisioiii  in  legno, 
cbe  il  P.  Federioi  giodloò  disegnate  da  lìioTaniii  Bdlim  pittore 
Teneiiano,  e  fl  Ternana  erede  in  qodla  reoe  dal  Golonaa  stesso. 
Come  opera  mirabile  da  onorarsene  grandemente  il  secolo  e 
l'Italia,  Tenne  da  Lorenao  Crasso  dedicata  a  Goidobaldo  Doca 
di  Drinw.  Ma  egli  è  ornai  tempo  che  noi  introduoittno  al^ianto 
il  leggitore  nd  misterioso  sogno  di  Polifilo,  e  dichiariamo  me- 
glio la  mente  deD' autore. 

in  fronte  all'opera  pose  il  Colonna  il  titolo  ohe  a  mio 

arriso  ne  rivela  il  concetto:  Hyjmeratomadìia  Poliphili  uH  Au- 

muma  omnia  fè0H  nUi  fimmkm  wt  docetf  accennandosi  cosi  la 

Tanità  e  labait&  ddle  amane  cose.  Qoesto  scopo  morale  e  fllo- 

soico  meglio  é  chiarito  dall'autore  nella  preTazione,  con  la  quale 

rivela  i9)ertamente  l'animo  sua  Non  fla  discaro  intenderlo  da 

Ini  medesiBio.  «  Lettor  se  tu  desideri  intendere  brevemente 

«  qndlo  che  in  quest'opera  se  contiene,  sapi  che  Poliphilo  narra 

«  aver  in  somio  visto  nùrande  òose»  la  quale  opera  elio  per  yo- 

«  cabdk)  greco  chiama  pugna  d*  an^r  in  sonno.  Ove  lui  finge  ha*- 

«  Ter  visto  molte  cose  antiquarie  degne  dt  memma,  et  tutto 

«  qoeHo  lui  dice  haTcr  visto  di  punto  in  punto,  et  per  propriì 

€  Tooaboli  elio  descrive  con  elegante  stilo,  (  non  troppo  )  Pyra- 

«  mide,  Obdisci,  Ruhie  massnne  di  ecfificìi,  la  dffanentia  di  co- 

«  hmne,  la  tua  mensura,  (^  capitelli,  base  epystyli,  cioè  trabi 

€  retti ,  trabi  iuBexi ,  zophorì ,  cioè  lirisiii ,  coronioe  con  gli  sui  or^ 

«  nati.  Uno  magno  caballo.  Uno  maxime  elephanto,  uno  colosso, 

«  una  porta  magnifica ,  con  le  mensure  et  li  suoi  ornamenti.  Uno 

€  spavento,  li  cinque  sentimenti  in  cinque  nymphe,  uno  egregio 

«  bagno,  fontane,  el  palatio  della  regina  che  è  el  libero  arfai- 


Digitized  by 


Goògle 


380  MEMORIE 

€  (rk)....iiiio  gioco  de  scachi  iiibalb,  atre maisiire de scMu^ 
«  laberynto,  che  è  la  vHa  humana,  ee.  »  Dal  ebe  ognan  Tede  ma- 
nifesto, BOQ  (foverà  e  noD  poteirsi  tntewbBre  il  sogno  H  Pdifila 
che  in  nn  senso  puramente  aUegorioo;  dicendo  egli  alesso  ebe 
nelle  ninfe  da  Ini  nel  romanzo  introdotte  allude  ai  cinqne  aensi 
del  corpo,  quasi  ancelle  e  miaislre  ddl'aniaàa  nd  riportarle  le 
forme  degli  oggetti  sensibìlL  Ndk  regina  del  magnifico  e  reale 
palazsDO,  doversi  riconoscere  il  libero  ariiilrio  die  go?eraa  e  reg- 
ge il  c<»po  e  gli  appetiti  del  senso.  Nel  «fiflBcile  hberìrto  es- 
sere rassemhrata  la  vita  umana  per  le  nMilte  Ticende,  i  peri» 
coli  e  i  diUciili  casi  cui  ya  soggetta.  Per  la  qual  cosa  panai 
di  potere  ragioneYobnente  condukidere»  che  la  PoBa  per  la  qua- 
le addimostrasi  PoKfilo  preso  da  fortiisiiao  aSelto,  sia  rera- 
mente  lo  studio  ddl' antichità,  apparando  da  tatto  il  romanm 
l'amore*  grandissimo  che  PoUfilo  ebbe  posto  a  questa  scienza, 
ddla  quate  ta  il  Colonna  perpetuamente  studioso.  L'autore 
addimostra  lo  stesso  senso  aUegorioo  ad  procedere  ddl' ope- 
ra, A  cagione  di  esempio  nd  capitolo  I  ddla  prima  parte 
narra  come  »  gli  parte  in  sogno  di  ritroTarsi  m  ma  gmeim  « 
silente  piaggia,  di  culto  diserta,  di$uU  posma  disaeedtUù  em 
grande  timore  intro  in  ima  imfia  et  opaca  sUva.  Con  le  qudi 
parole  volle  forse  alludere  al  primo  nostro  ingresso  alla  vita 
umana,  bene  a  ragione  ad  un  folto  e  orrido  bosco  paragonala, 
ove  molte  e  frequenti  sono  le  cagioni  dello  smarrarsi  e  del  per- . 
dersi.  Nd  capiUdo  II  Polifllo  temendo  il  perìcolo  del  bosco 
oscurissimo,  si  pose  a  fare  orazione  sì  Diespiter,  e  s^tendosi 
da  cocenlissima  sete  riarso,  appressa  le  labbra  ad  una  corrente 
di  limpide  e  fresche  acqcc,  ma  nell'atto  (lei  dissetarsi  riscosso 


Digitized  by 


Google 


UfiRO  a  GAP.  XIL  381 

da  «m  soave  €nilo>  lascialo  0  refrigerio  delle  aoqae,  si  fidge 
?erao  Q  8Q0B0  dolcisniMK  Nd  ohe  paro!  adombrato  oosie  nella 
giovÌBetm  sia  ia  noi  ardente  oitremodo  il  desiderio  del  disetare 
la  mei^  aUa  fonie  dèi  vero;  nel  qoale  stadio  fere  Tenjamo  trop- 
po sorente  lardati  o  impediti  dal  diletto  ddle  eose  sensibSL  I 
capite^  III,  IV»  V  SODO  consecrati  alla  desoimne  di  qmre  ndra- 
bili  di  architeltara  da  Ini  yednte  in  ima  eoMolk  serraia  da  mi- 
rabile  dmmara:  né  forse  andiamo  errati  opinando  che  sia  mente 
ddT  antere  accennare  con  ciò  come  aU'aoqnisto  di  quella  scienza 
si  Toi^  lungo  stndio  e  nen  leggiera  btiea.  E  cosi  seguitando  sa- 
rflUe  beile  volgere  ad  nn  senso  morale  se  non  Inltoy  almeno  gran 
parte  dd  sogno  misterioso.  Intorno  le  vicende  amorose  diPoK- 
tto  non  faremo  jparola  ;  e  chi  aasasse  conoscere  la  parte  sden- 
tiflca  deV opera,  segnatamente  k  dottrine  arcbifettoraohe,  ed  il 
confreoto  cee  Vitruvio  e  Leon  Battista  Alb^ ,  legga  il  Teman- 
la.  Accenneremo  sdtanto  i  pregi  granAssfani  della  Hypneroto- 
machia  per  dò  concerne  la  dovitia  ddle  cognizioni  rarissime,  e 
per  i  servigi  importanti  resi  a  tntte  le  arti  ed  ai  coltori  deUe 
medesime.  Avverte  il  P.  Federid,  che  tutti  qud  prezfosi  og- 
gelli  di  arti  che  egli  viene  descrivendo,  non  sono  altrimenti 
invenzioni  come  tahmo  si  persuade,  ma  cose  vere  e  reali  da 
esso  Ini  vedute  ne' suoi  viaggi ,  e  molte  neHe  lapidi,  ndle  mone^ 
te,  ne'Camd  (9  cui  none  fii  da  lui  primamente  trovato),  neOe 
conùote  ed  altre  pietre  preziose,  deUa  ricerca  e  significaaone 
ddle  quali  ^  era  steto  studiosissimo  (1).  «  Cosi  che,  soggiun- 

(1)  Abbiamo  jdteofve  ricoidata  il  privato  Homo  che  in  t.Niooolòdi 
Treyigi ,  ove  il  Colonna  dimorò  pi^  anni ,  ayera  raccolto  il  P«  Franco- 


Digitized  by 


Google 


382  MEMORIE 

gè  il  Federici ,  noD  Antonio  Le4\)is,  non  Enea  Vico  di  Parma 
nel  1560»  dir  si  devono  oome  M.  Manette  ndla  sua  Dattiliogra- 
fia  scrive,  fossero  i  primi  illustratori  e  pobblicatori  di  pietre 
scolpite  dagli  antichi,  ma  il  Colonna,  che  la  maggior  parie 
della  sua  opera,  per  quanto  rigoarda  la  religione  dei  gentili, 
tutla  con  l'impressione  fatta  d^e  pietre  dare,  pubblicaiidoiie 
la  scultura,  la  grandezza,  la  prenosità  ed  oso  superstizioso 
•delle  medesime,  è  compresa  e  segnata.  Spesso  ci  arreca  deHe 
iscrizioni  romane  di  elogio,  di  storia  e  sepolcrali,  che  aasieoM 
unite  formano  U  bel  Miueo  Lapidario  Polifilitmo ,  e  queste  per 
la  maggior  parte  sono  gemme  vedute  ne'marmì  da  esso  Ini 
leUe,  dal  Gmtero,  dal  Godio,  dal  Cori,  e  prkna  dal  Ghiaoo, 
dal  Feliciano.,  dal  Giocondo  raccolte,  talune  con  propria  in- 
terpretazione e  supplemento  date,  e  nel  sogno  riseontrate  e  stra- 
vcdte.  Egli  d  ik%ì  precetti  di  Vitruvio  con  le  parole  stes»  di 
hii,  e  talora  con  quelle  di  Leon  Battista  Alberti  per  lo  studio 
deirardutettura  per  cui  dimostrasi  zelantissimo  ed  intelligeoie, 
checché  in  aria  dittatoria  e  bnatica  opponga  il  sig.  Milizia.  Egli 
il  primo  a  dipingere  gli  ScamiUi  impari  vitruviam  per  cui  Ber- 
nardino Baldo  tanto  si  accreditò  sopra  ogni  altro,  mutuandone 
dal  Polififo'la  intcarpretazione  :  egli  il  primo  a  sciogliere  il 
proUema  di  formare  dentro  un  circolo  un  pcdigono  di  sette 
lati,  del  di  cui  geonò^rico  ritrovamenla  tal  altro  vestito  andò 
borioso:  egli  il  primo  a  insegnare  la  nuova  forma  dèlie  volate 

eco  Massa  ;  nel  qua!  Museo  era  eziandio  una  collezione  di  carnei  e  di 
corniole  y  sulle  quali  aytii  studiato  il  Colonna  per  T  opera  sua.  (V.  li- 
bro I.  cap.  Vili.  ) 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  n.  GAP.  XIL  383 

e  YÌtra^iaiìC  e'de'yeri  archi ,  togliendoli  dd  tutto  dal  gotioisiiio: 
«  egli  le  pfoporaoni  archit^toniche  alle  armoniche  della  musica 
«  ixmA  si  ragguagli:  egli  dei  cinque  ordini  con  la  interpetrazione 
«  più  adatta  delle  parole  di  VitraTiOy  ci  dà  la  più  distinta  ed 
«  esatta  notizia ,  e  le  misore  più  certe  déUe  più  ben  archit^tate 
«  romane  labbrichey  con  prodarre  degli  sdiemmi  di  porte,  pa- 
«  lagi,  piazze»  cortili,  tempj,  da  esso  lui  in  ogni  sua  parte  gin* 
«  sta  le  regole  più  rigorose  formati ,  se  non  anche  da  mderi  an- 
«  tidii  di  fabbriche  romane  con  singoiar  perizia  e  maestria  dise- 
€  gnati  E  yì  sarà  dù  ricasi  annoverare  fra  gK  architetti  e  fra 
«  scrittori  di  architettura  Polifilo?  •  (1) 

Non  pago  9  Gdonna  di  aver  btio  tesoro  deHe  più  preziose  an- 
tichitày  vi  aggiunse  eziandio  con  ottimo  consiglio  quanto  di  più 
maraviglioso  avevano  veduto  le  arti  italiane  dal  tempo  del  loro 
risorgimento  fino  alTetà  delTautore.  Quindi  trovansi  hi  quel  sogno 
dottisrimo  la  descrizione  dell' inferno  iK  Dante  dipinto  da  Giotto 
in  Padova;  quella  del  trionfo  di  Cesare  dipinto  dal  Mantegna  in 
Mantova;  del  mausoleo  dì  Teodorico  re  d'Italia  in  Ravenna;  del 
cavallo  di  bronzo  del  Donatello  in  Padova  fatta  per  il  Gattame- 
lata,  della  guglia  posta  suffeleCauite  comeor  vedesi  sulla  piazza 
ddla  Ifinerva  in  Roma,  il  cui  concetto»  il  disegno  e  le  pro- 
porzioni stesse  il  Remino  che  la  eresse,  tolse  dall'opera  del 
Colonna ,  come  ora  tutti  confessano  ;  la  descrizione  dd  gioooo 
degS  scacchi  ;  più  di  venti  emblemi  che  fbronp  dqpinti  nd  chio- 
stro di  s.  Giustm^  in  Pàdova  da  Lorenzo  o  Renuordo  Parentino 
ed  altre  aasaisshne  opere  (fi  antichità  e  di  arti:  dando  nd  tempo 

(1)  Loc  cit  pag.  100  e  101. 


Digitized  by 


Google 


384  MEMORIE 

stesso  un  ssggio  prezioso  ddk  pUtnra  gnUtesca  netta  quale  UuiU 
lode  ottemiero  Morto  da  Fdtre ,  Gioraom  da  Udine,  Baldassurre 
Pernia ,  Perin  dd  Vaga  eo.  ter  la  qiial  cosa  di  buon  grado 
ci  uniamo  col  P.  Federici  in  far  voti  die  alcuno  intelligente  di 
queste  scienze  imprenda  un  importante  lavoro  sull'opera  dd 
Colonna 9  sceverandone  la  parte  ideale  e  fantastica,  e  prenden- 
do ad  esame  soltanto  tutto  ciò  concerne  l'erudizione  antiqua- 
ria ,  e  segnatamente  le  dottrine  suDa  dossica  architettura.  Pur- 
galo per  siffatta  guisa  da  qud  gergo  ininteUigiUle,  dalle  follie 

• 
amorose,  e  da  molte  inutili  digressioni,  apparird)be  un'opera 

utilissima  da  giovarsene  grandemente  gli  studiosi  ddle  arti  ita- 
liane. Nella  quale  opinione  consente  eriandio  il  cddire  Seroux 
I^Agincoiurt,  con  le  parole  dd  quale  chiuderemo  le  noti» 
ddla  vita  e  dell'opera  di  tnt  Francesco  Ckilown.  e  Non  tente- 
«  remo  dì  dar  qui  l'analisi  dd  sogno  (8  Pollilo,  ohe  riusdrdée 
«  in  gran  parte  estraneo  al  nostro  ar^tmiento;  ma  d  restringe- 
te remo  a  dire,  che  il  Colonna  cedendo  in  pari  tempo  alle  più 
«  dold  fllttsiOBi  dell'amore,  ed  al  più  vivo  entusiasmo  per  le 
«  arti,  mostrasi  saecesiiv«nente  nel  quadro  crealo  dalla  feconda 
«  immagidaiione,  pittore,  scultore,  ardntetta  Suo  prindpale  og- 
«  getto  sembra  essere  quello  di  riprodurre  i  bei  monnmenti  dd- 
«  l'antiebità,  dai  quali  dice  di  avere  egli  stesso  ^tulto  imparato. 
«  L'architettmra  richiama  in  particolar  modo  la  sua  attendone. 
«  Commosso  ddla  lettura  di  Vttruvio,  ilhminato  dallo  stnfio 
€  degli  antichi  ediflz).ohe  cominciava  a  dOaiarsi,  il  rdigioso  tien 
«  dietro,  a  modo  suo,  alle  traccio  di  L.  B.  Alberti,  ponendo  dirò 
«  cosi,  in  azione  le  regole  e  i  principj  del  'professore  fiorentina 
«  Egli  vede  in  sogno,  ma  fa  vedere  ai  lettori  in  xeMk  tutto  ciò 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  GAP.  XU.  385 

«  che  atemii  oommetitatori  noa  avevano  fatto  die  spiegare,  il  più 
«  delle  volte  senza  intendere,  e  più  frequentemente  senza  essere 
«  intesi.  Certo  è  die  l'idea  di  porre  in  tal  modo  TarchitetUira 
e  n  tavola,  e  di  dare  a  suoi  precetti  il  colore  della  pocèìa,  era 
«  ingegnosissimo.  U  libro  dd  Colonna  ebbe  indubitatamente  una 
e  fidice  influenza  sul  suo  secolo,  e  contribuì  al  rinovamento  del- 
€  l'arte  »(1). 

(1)  Storia  delt  Jrte,  toL  2.  Parte  3.*  pag.  297  ,  edis.  di  Prato  del 
Gìachetii.  Chi  bramatae  leggere  uà  cotal  saggio  dello  siile  fideoziano  del 
Colonna,  abbiasi  questo.  Nel  Cap.  1.®  descrivendo  l'aurora ,  così  si  espri- 
me. Phoebo  in  quel  ham  manoiufo  i  che  la  fronte  di  Bimtuta  Leucothea 
candidava y  fora  già  delle  Oceane  onde,  le  volubile  rote  sospese  non  di» 
mostrava  f  ma  sedalo  cum  gli  sui  voluan  caballi  Pjrroo  primo  et  Eoo 
alquanto  apparendo,  ad  dipingere  le  fycophe  quadrige  della  figliuola  di 
vermigliante  rose,  velocissimo  inseguentila ,  non  dimorava»  »  Or  chi 
Torrà  por  mente  come  con  questa  terrìbile  eloquenza  sia  scrìtto  un 
intiero  volume  in  foglio,  facilmente  potrà  comprendere  perchè  un'opera 
dottissima,  quale  è  certemente  la  Jfypnerotomachia,  da  pochi  aia  stata 
letta  per  lo  passato,  e  forse  da  niuno  piii  si  legga  al  pcetente. 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


APPENDICE 

PITTORI    Ii\    VETRO 

NEI  SECOLI  XIV.  E  XV. 


M««-l 


CAPITOLO    xiir. 

Di  alcuni  pittori  Toscani,  e  di  Fra  Bartolomeo  Perugino. 


m^m 


«l^arrate  con  k  maggior  diligenza  che  per  noi  è  stala  pos- 
sibile, le  notizie  ddla  vita  e  delle  opere  di  quei  frati  Predica- 
tori i  quali  coltivarono  T architettura»  la  scoltnra»  e  la  pittura 
ne'  tre  secoli  XIII,  XIV  e  XV,  e  aggiuntovi  un  breve  saggio  dei 
nùniatori  toscani  degli  ultimi  due  secoli;  solo  restava  che  ve- 
nissero ricordati  coloro  i  quali  presero  a  coUivareil  mosaico  e 
la  pittura  dei  vetri;  arti  die  per  essere  alle  altre  infiariori, 
sono  da  noi  collocate  neD'ultimo  Inoga  Del  musaico  propria- 
mente detto  non  rinvemi  cultore  alcuno  presso  i  Domenicani  # 
ma  quel  genere  di  pittura  è  cosi  aflSne  a  quella  dei  vetri , 
che  l'eccellenza  cui  salirono  In  questa  compensa  in  loro  il  di- 


Digitized  by 


Google 


388  MEMORIE 

Tetto  di  quella.  E  yerameule  io  eisa  noreraiio  noo  pure  oo- 
piosi  ed  insigni  artefici ,  ma  quel  sovrano  maestro  deU'|arte  ve- 
traria 9  frate  Guglielmo  di  Mardllat,  che  a  mio  avviso  daj  Dia- 
no fu  vinto  giaounai  nel  difficile  magistero;  se  non  che  appar- 
tenendo egli  al  secolo  XVI ,  ne  ragioneremo  nd  secondo  volume 
di  queste  memorie. 

Dell'arte  di  colorire  i  vetri  per  uso  ddle  finestre  si  trova 
ricordanza  in  Italia  fino  daO' ottavo  seccdo  sotto  Q  pontificalo  di 
Leone  III»  come  pure  nel  trattato  che  di  quest'arte  e  dd  mu- 
saico pubblicò  Q  Muratori  nd  secondo  volume  ddle  Antichità 
Italiche  del  medio  levo,  scritto  da  ananimo  Italiano  dello  stesso 
ottavo  secolo;  ed  alcun  cenno  se  ne  rinviene  udì' opera  di  Teo& 
Io  monaco  del  secolo  nono.  Nd  XIV  e  nd  XV  quest'  arte  fa 
coltivata  con  amore  e  con  gloria  dall'  Ordine  dei  Gesuati ,  segna- 
tamente nella  Toscana  »  avendo  questi  molto  operato  nd  duomi 
di  Ffa'enzey  di  Arezzo,  e  altrove  (1).  Essa  ugualmente  che  la 
miniatura  formò  le  ddizie  dei  claustrali  pel  giro  di  molti  se- 
coli; e  quai  servigi  rendessero  a  quest'arte  apparirà  manifesto 
quando  alcuno  imprenderà  a  dare  all'Italia»  non  dico  una  sto- 
ria »  ma  un  saggio  almeno,  abbastanza  copioso  de'  suoi  pittai  di 
vetri»  di  che  siamo  privi  tuttora.  Sia  che  gli  italiani  non  merito 
curassero  eserdtarsi  in  questo  genere  di  pittura  »  o  i  vetri  dei 
quali  dovettero  servirsi  non  ben  (acessero  all'  uopo  (  eome  era 
di  qnddi  V^ezia  rifiatati  dalk  pia  parte»  percbò  non  ben  tnn 
sparenti)  certo  egli  è  die  gli  oKramontani  d ebbero fadlmeiite 
superati  nel  fonderli  e  cdorìrli  ;  dui  per  dò  che  appartiene  al 

(1)  Gkim,  Cmttggio  itudiio,  te.  voi.  2.  Jppend.  pig.  44& 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  XIU.  889 

disegno  e  aDa  oompoBìaòone  delle  storie  e  degli  omaBieQti  die 
ti  si  tollero  eCBgiaU»  i  noslri  tinoono  quelli  di  lunga  moBo» 
atendone  di  non  pochi  dati  i  disegni  arteOd  chiarissimi^  ooooe 
Pietro  Perugino,  Lorenzo  Ghib^rti,  il  Dooatdlo,  ec 

U  periodo  più  luminoso  ddla  pittura  dei  tetri  é  forse  il 
secolo  XV.  Gol  seguente  toccò  rritima  sua  perfezione  e  chiuse 
la  sua  carriera.  Nei  bassi  tempi  seguitò  il  lare  simbolico  del- 
farte  cristiana  ;  e  come  ritraeta  da  quella  lo  scopo  noUlisaimo  di 
aounaestrare  e  confortare  il  popolo,  si  vede  a  quando  a  quando 
associala  alla  parola  evangelica  (1).  Nei  seodì  che  seguitarono 
salì  alla  dignità  della  pittura  storica  ;  finché  per  le  ingiurie  del 
tempo  e.  degli  uomini  ^parvero  ^paieUe  meravigliose  tetriate, 
le  quali  di  una  vaga  iride  coloratano  le  tecchie  nostre  basili- 
che, ed  invitavano  il  popofo  a  mesti  e  religiosi  pensieri.  Non 
è  cuor  si  dura  e  ferrigno,  scrìveva  Montaigne,  die  non  si  senta 
comprendere  da  riverenza,  considerando  la  fosca  vastità  delle 
nostre  chiese,  e  la  diversità  degli  ornamenti;  udendo  il  devoto 
soono  dei  nostri  organi,  e  T armonia  si  soave  e  religiosa  dei 
nostri  canti.  II  secolo  presente  tenta  ravvivare  un'arte,  che 
tre  secoli  di  disprezzo  avevano  fatta  obliare.  In  Frauda  comin- 
cia ad  ottenere  i  più  felìd  risultamenti ,  ma  i  tentativi  che  si 
vanno  facendo  in  Italia  lasciano  ancora  molto  a  desiderare  (2). 

(1)  È  degna  di  asfore  rìcordaU  la  pia  aoilecitadiiie  del-  curato  di 
Saint  Nixier  di  Troyea ,  il  quale  lasciò  memoria  di  aver  fiilto  dipingere 
tre  retri  per  «erTÌre  di  catechismo  e  di  itUruaioneal  auo  popolo.  V.  Rio, 
Poesie  Chréùenne  y  cbap.  I  pag.  38. 

(2)  Il  aignor  Esilio  Tu  imi»  ba  (ormato  una  manifattura  di  vetri 
colorati  a  Clermont  Ferrand,  e  pubblicate  alcune  notiiie  •loriche  euUe 

25 


Digitized  by 


Google 


390  MEMORIE 

I  toscani  che  si  oBirono  sempre  i  primi  in  queste  memorie 
nello  scolpire,  nel  dipingere  e  nell' architettare ,  eziandio  nel 
colorire  i  vetri  conservano  il  prhnato  (fi  autorità.  I  loro  Ne- 
cndogii  ricordano  alconi  cultori  di  qoest'arte  nd  secolo  XIV , 
ma  con  troppo  incerte  e  troppo  brevi  notizie.  La  cronaca  dd 
convento  di  s.  Caterina  di  Pisa  novera  innanzi  a  tntti  on  firate 
Domenico  Pollini  nativo  di  Cagliari  nella  Sardegna ,  affigliato  però 
a  qnd  convento,  del  quale  loda  la  probità,  la  gentUezza  dei  mo- 
di, la  perizia  del  cantare,  del  miniare,  e  del  colorire  i  vetri. 
Sembra  fosse  sacerdote,  e  morisse  dopo  il  1340.  Alquanto  più 
copioso  è  l'elogio  faitessato  a  frate  Michele  pisano,  figlio  di  ona 
tal  Pina,  sacerdote  d  pare;  dicesi  religioso  grave  e  soHlario, 
perfetto  maestro  nell'  arte  di  tingere  i  vetri ,  e  ricordasi  come 
opera  sua  una  grande  invetriata  ndla  chiesa  di  s.  Domenico 
di  Pistoja  al  presente  distrutta,  ed  una  nel  refettorio  di  s.  Ca- 
terina di  Pisa  (1] .  Il  convento  di  s.  Maria  Novdla  ci  offre  un 

yetrierf  antiche  e  moderne.  Scrinerò  ugualmente  fu  questo  argomento: 
LiBvn.,  Jrte  della  Pittura  sul  yetro,  e  della  Cetraria,  un  rei.  in  4.^ 
E.  H.  LàBOLOity  Sojg^o  stojrico  e  descrittiyo  sulla  pittura  sul  vetro, 
un  Tol.  in  8.^ 

(1)  «e  Frater  Dominicus  Sardus  de  PoUinis  KaUaritanis  fmt  tndde 
gratiosus  et  probus ,  soavissime  conuersationis.  Cantabat  bene ,  scribe^ 
bat  pukre  et  fenestras  vitreas  operabatur  optime,  —  Frater  Michel 
domine  Pine  j  dictus  Pisam$s  Jhit  antiquus  pater  coellicula  continuus. 
Fuit  perfectus  magister  in  arte  vitrorum  ita  utfenestram  pistoriensis 
conventus  faceret  in  ecclesia  ^  et  in  refoctorio  nostro  ^  et  qmdquid  in 
Conpentu  refidendum  videèat  promptissime  resardre  curabat.  Migra-' 
vit  ut  supra  (1340). 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  GAP.  XUI.  391 

ooQTerso  florentioo  per  nome  fra  Giacomo  di  Anérea  soHcieii- 
temente  rersato  in  qnesf  arte  (  Necrol.  NS  4W.  )  Nel  secolo  se- 
guente fr.  Bemarfino  rdlgloso  sacerdote,  è  detto  Magister  fé- 
mUramm  vUrearum  optinmSf  mori  in  Fireaie  Fasio  14S0.  (V. 
Necrol,  JV.""  642.)  Un'artista  però  rarissinio  di  questo  stesso  se- 
colo XV,  e  degno  di  essere  annoyerato  fra  i  pnni  dell'Italia, 
Ita  certamente  frate  Bartolomeo  di  Pietro  perugho,  dd  quale 
daremo  quelle  poche  notizie  che  nell'arcbiiio  del  coaveoto  di 
s.  Domenico  ài  Perugia  ci  é  slato  possibile  rinvenire. 

Tre  religiosi  Domenicani  presero  a  scrivere  le  menùrie  di 
quel  convento.  Il  primo  è  un*  anonimo  dd  secolo  XIV ,  autore 
dì  una  croriiclietta  che  ordinò  sulla  Ì3ggia  de'  Necrologii.  La 
condusse  dalTanno  lS82fino  al  1845  (1).  D  secondo  è  il  P.  Do- 
menico Baglioni  perugino,  che  la  seguitò  dal  1500  fino  al  1558. 
Teneo  fu  il  piò  volte  ricordato  P.  Timoteo  Bottonio,  religiosu 
dottissimo,  e  a  quanto  mi  parve  bastevohnente  accurato.  La- 
sciò egli  due  volumi  in  foglio  manoscritti  di  Annali  di  Storia 
Universale  quadripartita ,  collocando  per  primo  le  notizie  della 
Storia  Universale ,  quindi  quelle  della  città  di  Perugia ,  ponen- 
do in  terzo  luogo  gli  avvenimenti  precipui  della  storia  dd  frati 
Predicatori,  ed  in  ultimo  quelli  che  risguardavano  il  suo  con- 
vento di  s.  Domenico;  ma  de'  fatti  poco  oltre  si  trova  che  una 
semplice  indicazione,  quasi  indice  generale  di  storia.  A  questi 

(1)  Chroniea  de  cbim  fratr.  Praedic*  cotw.  s.  Domimei  de  Peru" 
sio,  ab  anno  1232^  usque  ad  ann.  1590.  Codice  membniDaceo  di  fol. 
69.  in  16.^  tcriUo  da  dìfersi.  Il  P.  Domenico  Baglioni  è  altraai  autore 
di  un  Poema  latino,  D9  Fuga.  ChrUU  in  Sg/ptwHf  e  di  un  Begistro, 


Digitized  by 


Google 


3^  MEMORIE 

si  potrebbero  aggiungere  una  deacruioiie  storica  della  chiesa  di 
8.  Domenico  di  Perugia  dd  P.  Reginaldo  Boarini,  ed  akooe 
memorie  maBOscritle  di  quel  convento,  del  P.  Agostino  Guidnc- 
è!  (1).  Da  qnesti  scrittori  andremo  raggranellando  <piel  poco 
che  di  un  tanto  artefice  ci  fa  dato  di  rinvenire. 

L'anno  della  nascita  e  ddla  noorte  di  frate  Bartolomeo  si 
trova  taciuto  da  tatti  gli  storici  ricordali.  II  genitore  fa  m  tal 
Piefro,  e  perciò  die  afferma  il  eh.  sig.  Serafino  Siepi,  appel- 
la vasi  Vanni  Accomandati  (2);  ma  di  qoeslo  cognome  non  é  al- 
cun ricordo  ndle  cronache  del  conventa  Soggiunge  il  saddetto 
scrittore,  che  per  alcun  tempo  eserdtassc  rnflfido  di  smdaoo 
o  camarlingo.  Consentono  poi  il  Bottonio,  il  Baglioni  e  gli  altri, 
che  Tanno  1413  fosse  eletto  superiore  dd  suo  convento  di  san 
Domenico;  la  qud  cosa  d  fa  ragione  ddla  interezza  de'sod 
costumi,  come  della  sua  prudenza.  Cagione  di  tanta  penuria 
delle  notizie  concementi  la  vita  e  le  opere  di  questo  raro  ar- 
tefice fu  Io  smarrimento  delle  antiche  carte,  o  F  incuria  di 


della  Chiesa  e  della  Sacristia  di  s,  Domenico  di  Perugia,  incomuiciato 
TaoDO  1548,  un  toI.  in  fol.  MS.  ricco  di  importanti  notizie.  Gli  Annali 
del  P.  M.  Bottonio  cominciano  dal  1200,  e  furono  da  lui  protegu iti  fino 
al  1578,  in  seguito  continuati  da  altri  religiosi  (ino  al  1791.  A  pag.  341 
sotto  Tanno  1575,  scrive  avere  impreso  a  raccogliere  le  memorie  del  con- 
vento «  e  a  stenderle  li  11  novembre  1577^  morì  li  13  giugno  1591. 

(1)  L'operetta  del  P.  Boarìni  è  stata  pabblkata  da  Geaare  Orlan- 
di in  Perugia  l'anno  1778. 

(2}  Demnrizione  Tropologica  Isterica  delia  ciuk  di  Ferugia,  esposta 
da  Serafino  Siepi,  voi*  3.  Perugia  1822.  V.  vd.  3.  pog.  491. 


Digitized  by 


Google 


:  LIBRO  U.  GAP.  XIII.  393 

quei  religiosi  (  come  scrire  il  Baglieoi) ,  i  quali  non  si  dettero 
alcuna  soUedtiidicie  di  proseguire  la  oroiiaca  antica  del  con- 
Tento,  essendoTÌ  una  lacuna  di  oltre  un  secolo,  che  è  apponto 
il  XV;  perciocché  lo  storico  suddetto  non  potè  continuarla  che 
dal  1500  al  ISSS^  avendo  solo  con  brevi  cenni  tentato  di  riem- 
pine il  vuoto  di  quel  lungo  intervallo  (1) .  Per  la  qoal  cosa  sì 
rende  inutile  ricercare  <h  chi  fra  BartolÒD/leo  apprendesse 
r  arte  di  colorire  i  vetri ,  e  quali  opere  a  lui  siano  dovute.  Ri* 
mane  però  a  peri:etuità  dd  suo  nome  e  ddla  sua  gloria  una 
l)elli8sìma  invetriata  nella  chiesa  di  s.  Domenico  di  Perugia,  e 
tale  da  vincere  nelle  dimensioni ,  nella  oom|M)SÌ2Ìone,  e  nèUa  va- 
gliezEa  del  colorito,  quante  altre  ne  novera  T Italia,  solo  ce- 
dendo a  quelle  di  fra  Guglielmo  di  Harcillat  che  sono  in  Areno. 
La  sna  altezza  veramente  sterarfDato  è  di  primi  95  e  la 
larghezza  trentaquattro  e  mezzo.  È  partita  per  mez»)  da  un  al- 
bero di  travertino ,  il  quale  nella  sommMi  dìridendosf  in  più  ra- 
mi ddla  stessa  pietra,  lascia  nei  vani  travedere  una  gloria. 
Mdla  estremità  superiore  è  Y  Eterno  Padre  che  sostiene  il  0o- 
bo,  ed  è  in  atto  di  benedire;  negli  intrecci  dd  rami  in  forme 
di  ovati,  sono  vari  Serafini  ed  una  figura  che  sembra  dnta  da 
lingue  di  fuoco.  Questa  sommità  è  sorretta  da  im  architrave 

(1)  Chronìca  de  obìtu,  ec  fot.  60  a  tergo.  «  Postquamper  centma 
et  plures  annos  haec  intermissa  est  Chronìca  de  glorioso  obitu  fratrum 
conv.  s„  Dominici  de   Perusio,  vel  viventium  neglectu  ,  uel  oblivione 

seu  negligentia,  vel  quod  libellus  iste  ad  tempus  latuerit,  ec 

%nsum  est  nuhi  fralri  Dominico  quondam  Frandsd  Ballionii  de  Pe^ 
rusiOf  ec prò  viribus  innovare»  » 


Digitized  by 


Google 


394  MEMORIE 

sotto  del  quale  sono  quattro  ordini  di  Santi;  quindi  jma  base, 
e  dopo  la  base'  una  iscrizione.  Le  figure  sono  intiere  e  quasi  ai 
yero ,  racchiuse  da  un  tempietto  gotico  secondo  lo  stile  di  qud 
secolo.  Nel  prin^o  ordine  sono:  s.  Pietro,  s.  Paolo,  s.  Già  Batt, 
r  Angeb  Gabriele ,  la  Vergine  Annunziata ,  s.  Giovanni  Erange- 
lista,  4a  quale  ultmia  figura  essondo  rovinala,  ne  fta  sostituita 
una  dipinta  in  tda,  ma  cosi  trasparente  da  sembrare  siccome 
le  allre  di  vetiro.  Nell'ordine  secondo  sodo;  s.  Stefano,  s.  Pie- 
tro martire,  s.  Costanzo,  s.  Ercolano,  s.  Domenico  es.  Loren- 
zo. Nel  terzo  s.  Tommaso  di  Aquino,  s.  Agostino,  s.  Gregorio, 
s.  Afi^x)gio,  s.  Gerolamo,  ed  un  santo  vescovo  Domenicano, 
che  il  Siepi  crede  s.  Antonino,  il  che  è  improbabBe  essendo 
morto  questo  santo  nel  14B9,  e  canonizzato  nel  1523.  Sotto  qoe- 
st'  ordine  sono  dodici  ovaUu  con  dodici  mezze  figure  di  santi 
fiondatori  di  ordini  religiosi.  Ndl' ordine  quarto  ritrasse  s.  Lin- 
cia, s.  Dorotea,  s.  Maria  Maddalena,  s.  Caterina  da  Siena,  s. 
Agnese  v.  e  m. ,  e  s.  Caterina  v.  e  m.  Nella  base  in  piccole 
figurine  espresse  il  martirio  di  s.  Giacomo  apostolo  con  tre  suoi 
miracoli;  e  ai  due  lati  colori  lo  stemma  della  luniglia  Graziani, 
che  verosimilmente  fece  le  spese  della  medesima  finestra.  Più 
basso  leggesi  a  caratteri  gotici  la  iscrizione  seguente  : 

Jd  honorem  Dei  et  Sanctissimae  Virginio  Mariae, 
B.  Jacobi  apostoli  et  B.  Dominici  Patris  nostri 
et  totius  curine  coelestis  Frater  Bartholomaeus 
Petri  de  Perusio  hujus  almi  Ordinis  Praedica- 
torum  minimus  Frater  ad  sui  perpetuam  memo- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  GAP.  XUl.  3d5 

riam  fecit  hanc  s^itream  fen^stram  et  ad  Jìnem 
usque  perduxit  divina  gratia  mediante  anno  ab 
Incamatione  Dni  MCCCCXI.  de  mense  augusti. 

Lodeiemo  in  questa  invetriata  fl  disegoo  largo  e  grandioso,  la 
fdioe  disposinone  dei  odori,  la  rioohezza  e  il  buon  g^^  degli 
adornamenti,  segnatamente  di  quei  tempietti  gotici  che  racdiio- 
dono  le  Cgure.  1  fatti  poi  di  s.  Gkoomo  apostolo  nella  base 
sono  cosi  ben  conce|Hti  e  di  cosi  bdla  esecozione,  che  non  cre- 
do per  la  piccola  dimensione  possa  vedersi  in  quel  genere  la- 
voro più  ben  tatto  di  vetri  nel  secolo  XV.  Le  estremità  sola- 
mente delle  figure  non  sono  troppo  correttamente  disegnate,  e 
nelle  teste  si  desidera  spella  aecurateoa  e  quella  verità  che  si 
ammira  nelle  maràvigliose  vetriate  di  Arezzo.  Ma  queste  difette 
è  piuttosto  dei  tempi  che  dell'artefice,  non  essendosi  potute 
vincere  tutte  le  diflScoltà  di  ben  eseguire  il  nudo  nell'opere  dei 
vetri,  se  non  col  mezzo  di  lunghi  e  ardui  sperimenti.  Arroge, 
che  la  più  parte  degli  artefici  di  vetraria  eranodeboli  nel  disegno^ 
e  valevansi  di  cartoni  disegnati  e  coloriti  dai  pittori,  laddove  fra 
Guglielmo  di  IfardUat  che  colori  le  finestre  di  Arezao,  era  ezian- 
dio buon  frescai\te,  come  ne  sono  prova  i  dipinti  nella  vdta 
di  quella  cattedrale. 

Ninno  crederà  facilmente  che  a  fra  Bartolomeo  di  Pietro 
non  bastasse  l' ingegno  che  a  colorire  queste  sola  invetriate  : 
non  pertanto  non  si  potrebbe  al  {uresente  additare  altr'opera  di 
simil  genere  che  a  lui  sia  dovuta.  Se  non  <^  dopo  la  tradi- 
zione di  sopra  tre  secoli  ;  a  malgrado  r  iscrizione  che  vi  ap- 


Digitized  by 


Google 


396  MEMORIE 

poso  r autore,  si  è  tentoto  tagliere  a  quest'artefice  la  ^orìa 
eziandio  di  tanto  insigne  lavoro,  e  a  Perugia  quella  di  avere 
avuto  uno  dei  più  rari  eolorilorì  di  Tetri  che  ricordi  V  Italia  nd 
secolo  XV.  U  Mariotti  fu  il  primo  che  si  alimentasse  di  por- 
re in  dubtno  un  tal  vero,  conducendosi  a  crederne  autore  un  Bin- 
do  da  Siena  (1).  D  Siepi  lo  seguitò  in  quella  opinione.  Noi  addotto 
le  ragioni  di  ambedue,  faremo  prova  di  mantenere  al  fì^te  pe- 
rugino i)  possesso  ddr  opera  soa ,  per  quanto  k  povertà  delle 
notizie  ce  lo  vorrà  oonsenlire. 

«  È  però  a  riflettere  col  dottissimo  Mariotti,  scrìve  Serafino 
Siepi ,  che  la  data  del  1411  che  qui  si  scorge  non  può  eonveoire 
a  questo  lavoro,  e  perchè  non  è  a  credere  che  la  iaestra  fosse 
compiuta  prima  della  chiesa,  la  quale  non  fu  ridotta  al  suo  termi- 
ne che  nel  1458,  e  perché  prima  del  1436  non  si  rese  fra  noi 

famigliare  Parte  di  colorire  ì  vetri,  ec e  ci  assicura  il 

€!ampano  (  in  Hia  PU  II  )  che  nel  14S9  trovandosi  di  passag- 
gio in  Perugia  Pio  II  e  consecrando  questa  diicsa,  ordinò  che 
la  gran  finestra  già  aperta  dietro  all'aitar  maggiore  fiosse  chiosa 
òpere  vitreo  artificio  et  textura  texellata.  »  Opina  pertanto  il  eh. 
antore  col  Mariotti ,  che  siccome  nella  parete  laterale  del  coro 
era  un'altra  finestra  di  vetri  colorati  assai  più  antica,  ed  un 
altare  dedicato  a  s.  Giacomo  apostolo  appartenente  alfa  famì- 
glia Graziani,  chiusa  la  finestra,  distrutta  la  invetriata  e  Tal- 
tare,  trasportato  il  titolo  al  maggiore,  alcuni  pochi  vetri  del- 
l'antica  invetriata,  e  precisamente  la  iscrieìone  con  le  storie 
piccole  di  s.  Giacomo,  servissero  a  Bindo  di  Siena  e  a  Bene- 

(1)  Lettere  Pittoriche  Peitigine,  Pcrugu  1788.  pag.  89. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  II.  gAP.  xuL  am 

detto  di  Valdorcìa  per  formare  la  base  dèUi  presenle  graodis- 
sima  che  vederi  nel  fondo  del  coro  ;  e  per  oiè  ebe  Gonoeroe  fra 
Bartolomeo  di  Pietro  che  tì  è  ricordato,  non  essere  costai  che 
il  sindaco  del  convento,  il  quale  con  le  dilazioni  dei  fedeli,  e 
segnatamente  della  famiglia  Graziani,  aveva  latta  fare  la  inve- 
triata nel  1411  (1). 

Di  tanto  poco  valore  d  sembrano  le  doe  prime  ragionr, 
€be  non  spenderemo  molte  parole*  in  oonfatarle;  |^  seria  con- 
siderazione merita  la  terza  per  rautorìtà  gravissima  del  Cam- 
pano. 

Alloraqnando  frate  Bartoknneo  di  Pietro  coloriva  nd  1411 
i  snoi  vetri,  la  chiesa  di  s.  Domenico  di  Perugia  polea  dirsi 
ÌD  gran  pmle  compiata ,  avendone  Giovanni  pisano  con  suo  di- 
segno eretta  la  nave  éi  mezzo  fino  daU'anno  1804  o  in  quel 
(omo.  n  coro  ove  quella  invetriata  si  trova  è  ancora  un  avan- 
zo dell'antica  diiesa.  Intorno  la  metà  di  quello  slesso  secolo 
XIV  i  rdigìosi  Domenicani  di  Perugia  si  erano  data  sollectta- 
dine  di  abbdlire  il  loro  tempio  òon  opere  di  artefici  insìgiH,  fra 
i  quali  assai  si  giovarono  di  Bnonamieo  Builalmacco;  e  la  Tab- 
brìca  della  chiesa  non  era  ancora  condotta  al  suo  termine.  Or 
come  non  poteva  fr^  Bartolomeo  sessantanni  dopo  colorire  i 
suoi  vetri  ?  Né  facilmente  è  dato  comprendere  come  avendo  con- 
ceduto esistesse  una  invetriata  nella  parete  laterale  del  cofO 
innanzi  al  1459  si  <&ca  poi  ciò  inverosìmile  per  queOa  di  fon- 
do. E  per  ciò  che  si  soggiunge  che  in  Perugia  non  si  fosse  resa 
famigliare  la  pittura  dei  v^  innanzi  al  1436,  ciò  è  chiara- 

(1)  Descrizione  TYopoiogica,  ec  voL  3  ptg.  491. 


Digitized  by 


Google 


39B  MEMORI^ 

mente  sttientito  dàlia  itcrizioiie  suddetta  ove  leggesì  a  chiaris- 
sime cifire  la  data  del  1411.  Fra  Bartolomeo  poleva  avere  ap- 
presa quest'arte  fuori  della  patria;  e  gii  abbiamo  veduti  al- 
cuni su(H  confratdli  essere  stati  periti  ndla  vetraria  un  secolo 
innanzi  e  averne  lasciati  alcuni  saggi  in  Pisa,  in  Pistoja  e  in 
Firenze.  Ma  passiamo  a  considerare  F  autorità  di  Giovanni  CaoBh 
pano  scrittore  contemporaneo. 

Narrando  egli  adunque  la  venuta  in  Perugia  d^  Som- 
mo Pontefloe  Pio  II  Y  anno  1459  scrìve  :  dedkatntque  jAa- 
num  Domnici  postulantibus  civibus  propter  exindam  templi  mar 
gniiìidinemy  et  dona  primus  intuiti:  fenestram  quoque  eximiae  ma- 
ffnitudmis  pehe  aram  maximam  opere  vitreo  jussit  occludi ,  arti- 
ficio et  textura  texellata  (1) .  t)alle  quali  parole  apparirebbe  trop- 
po manirestamente  l'ordine  del  Pontefice  di  coostruire  una  in- 
vetriata per  la  finestra  del  cora  Conceduta  vera  la  narrazione 
del  Campano ,  parmi  dì  potere  ragionevolmente  rispondere, 
cbe  Pio  II  maniiestasse,  anziché  un  ordine,  un  suo  desiderio,  e 
non  avendo  di  mezzi  opportuni  sovvenuti  i  religiosi ,  questi  non 
estimassero  potersi  altrimenti  far  paga  la  volontà  del  Pontefice, 
ohe  togliendo  la  intiera  invetriata  cbe  >era  nella  parete  laterale 
del  coro,  eseguila  nel  1411,  e  trasportarla  alla  finestra  in  fon- 
do al  medesimo;  perciocché  essere  ella  stata  distrutta  oome 
scrivono  il  Mariotli  ed  il  Siepi ,  é  asserito  troppo  gratuitamente. 
E  vaglia  il  vero,  ove  il  Pontefice  avesse  in  tutto  o  in  parte 
contribuito  alla  spesa  ddla  nuova    invetriata,  non  sarebbevi 

(1)  Joann.  Campanut,  Opera  omnia ,  un  toL  in  fol*   edizione  del 
1495.  —  In  vita  Pii  il  fol.  2  a  tergo. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  XIU.  399 


stato  tollerato  né  il  nome  dì  fra  Bartolomeo,  cbe  si  sappone  il  sin 
daoo  che  la  fece  Tare,  né  lo  stemma  Oraziani;  ma  in  quella  vece, 
ricordata  con  apposita  iscrizione  la  generosità  del  Pontefice,  l'a- 
Trebberò  eziandìo  improntata  del  di  lui  stemma.  A  ciò  sì  aggiun*- 
gè,  che  in  essa  non  si  ravvisa  già  Y  accozzamento  di  dae  divèrse 
invetriate,  come  si  aRnrma,  ma  si  rimità  del  concetto,  essen- 
dovi ,  come  annunzia  l' iscrizione ,  figurata  tutta  la  celeste  gerar- 
chia ,  e  con  parziale  significazione  di  onore  ricordato  il  glorioso 
Apostolo  s.  Giacoma 

Si  ponderino  bene  le  parole  della  iscrizione  /V.  Bartho- 

lomeus  Petri od  sm  perpektam  memoriam  ficU  hane  vi- 

iream  fenestram ,  et  ad  finem  usqm  perduant  dwina  gratta  me" 
dBante.  Or  quando  mai  fu  lecito  ad  un  religioso»  il  quale  con  le 
altrui  elemosine  potè  fare  eseguire  alcune  opere  insigni  di  beHe 
arti  y  farsene  egli  V  autore?  E  se  la  famiglia  Oraziani  sopperì  die 
spese  della  invetriata,  come  manilÌBstamente  indica  lo  stemma 
e  le  memorie  del  convento,  e  se  Bindo  di  Siena  la  colori,  che 
'  lece  egS  mai  questo  frate  il  quale  con  non  troppa  modestia 
asserisce  d'averla  fetta  a  perpetuità  del  suo  nome?  (1) 

Alle  quali  fagioni,  che  a  noi  sembrano  gravi  bastantemen- 
te, aggiungeremo  la  gravissima  autorità  degU  storici  di  quel 
convento  di  s.  Domenico.  Nel  codice  membranaceo  già  ricorda- 
to, che  ha  per  titolo  Chronka  de  Obitu  FF,  Praedicatorum^  a 

(1)  Scrìve  il  Siepi,  (loc  cit. )  che  Pier  Antonio  Graxiani nel  1547 
lasciò  un  kgalo  di  cinque  fiorìni  annui  per  il  mantenimento  del  pre* 
ibiterìo  e  del  coro,  dal  quale  legato  pochi  anni  dopo  il  cap.  Felice  Gni« 
ziani  ti  liberò  con  lo  aborao  di  cento  fiorini. 


Digitized  by 


Google 


400  MEMORIE 

&d.  60  si  le^e  di  un  carattere  che  Torse  è  queUo  del  Baglio- 
ni  :  Fr.  Barthoiameu$  Petri  de  Perusio ,  qui  mirabilem  fenestram 
tUream  nosirae  ecclesiae  construxiL  Vt  dare  palei  ex  iUieris 
in  calce  fenesirae  pasiiis.  De  isto  ^ingenioso  viro  alia  non  ha- 
lemus  :  a  fol.  62.  Fr.  Bartholomeus  Petri  de  Perusio  fail  vòr 
ingenxosus ,  conqmuit  ritream  fenesiram  fnagfuun  ecdeskte  no- 
straey  ut  patet  ex  lUteris  in  dieta  fenestra.  L'anno  1460,  cioè 
quello  che  seguitò  alla  venuta  in  Perugia  di  Pio  II  mori  nei 
convento  di  s.  Domenico  un  religioso  per  nome  Giuliano  d'A- 
gnolo perugino,  e  lasciò  di  sua  mano  scrìtta  una  m^Enoria  re- 
lativa al  convento  medesimo,  veduta  dal  P.  Bottonio,  ndla  quale 
ricordati  non  pochi  religiosi  insigni  di  quel  secolo  XV  e  di  quel 
convento,  fra  questi  noverava  Fra  Bartolomeo  di  Pietro  che  fe- 
ce la  invetriata  grande  (1] .  Il  P.  Domenico  Baglioni ,  nel  soo 
Registro  della  chiesa  e  della  sacrestia  di  s.  Domenico  di  Pera- 
già,  cui  diede  cominciamento  nel  1548,  parlando  dd  presbite- 
rio scrìve:  <t  E  la  finestra  vetriata  grande  et  bellesima  fu  latta 
dalla  casata  Oraziani  siccome  appare  per  lettere  a  piedi  di  detta 
finestra ,  per  V  insegna  et  armi  de'  Graziani  Tamosa  casata  in 
Perugia.  Detta  famiglia  ha  fatto  ancora  il  presbiterio,  come 
pure  il  mostrano  le  medesime  arme  Graziani.  »  (2) 

Altrove  sembrai  concedere  vera  la  narraeuone  del  Campa- 
no per  ciò  spetta  l'ordine  dato  da  Pio  II  di  far  colorire  una 
grande  invetriata  nel  fondo  del  coro  l'anno  1459.  Non  pertan- 


(1)  Jnnaiì\  toI.  2  pag.  1ia 

(2)  Registro,  ce.  un  voi.  in  fol.  MS.  Vedi  fbl.  1.° 


L 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  CAP.  XUI.  «di 

lo  non  so  cosi  (iiciliiienle  presUnni  riùlioro  mio  assenso.  Ne^ 
Annali  MSS.  del  detto  P.  Bottonio  so(to  l'anno  1411  si  legge: 
La  inretriaia  grande  di  chiesa  ni>stra  fa  fatui  quesfanno^ 
come  appare  da  questa  iscrisione  che  si  legge  nelT  estrema  par^ 
(e  di  essa^  ec.  Altrore  sotto  Fanno  145S  scrive»  che  le  carti- 
ne^ ovvero  tende  j  che  sono  nella  invetriata  grande  furono  fatte 
quesfanno.  Che  è  a  dnre  quattro  anni  innanzi  la  venuta  in 
Peragfa  di  Pio  II  (1).  Narrando  poi  la  venata  di  questo  Pon- 
tefice,  e  la  consecrazione  ddla  chieda  di  s.  Domenico,  mostra 
conoscerne  le  più  pfccole  partieoiaritk  Fa  dedicata^  ovvero  con- 
sacrata quesf  armo  la  chiesa  nostra  nuova  da  Papa  Pio  II 
a  H  10  dì  feòhrajOf  in  domenica^  facendo  le  untioni  et  le  cerìr 
manie  il  rescoto  della  città ,  et  V  arciprete  cantò  la  messa  y 
stando  il  Papa  all'  altare  da  la  banda  del  coro  (2).  Or  come 
il  Bottonio  cosi  versato  nelle  memorie  istoriphe  ddla  saa  patria 
e  del  suo  convento,  che  accenna  le  più  Kevt  dréostaolÉ  di 
quella  consecrazione,  ignorò  quanto  scrìve  il  Campano  intorno 
la  grande  invetriata  che  avrebbe  ingiunta  il  Pontefice?  Con- 
temporaneo del  Bottonio  fu  il  P.  Serafino  Razzi,  il  quale  per 
alcun  tempo  lesse  teologia  in  quel  convento  di  s.  Domenico,  e 
vi  fu  eziandio  superiore.  Nell'opera  più  volte  ricordata  degli 
uomini  iUustrì  dell*  ordine  dei  Predicalorì,  noverando  in  ultimo 
luogo  quelli  che  nelle  arti  belle  ebber  grido,  al  N.^  XII  pone 
Fra  Bartolomeo  di  Pietro  da  Perugia  autore  e  facitore  della 
magnifica  finestra  invetriata  della  cappella  maggiore  (  il  coro  ) 

(1)  loc  ciL  voi.  2  ibi.  21  —e  fol.  10!^. 

(2)  loc  cit  ad  annum  1459,  voi.  2  fol.  117. 


Digitized  by 


Google 


40S  MEMORIE 

E  che  il  predetto  fra  Bartolomeo  ne  foeee  autore  H  cava  dalla 
iscrizione  posta  a^ppie  di  quella  (1). 

DaUe  quali  aotorìti,  se  mal  non  mi  aYTÌso,  à  dd)be  do- 
durre  che,  o  andasse  erralo  il  Campano  scriTeodo  che  a  Pio  U 
sia  dovuta  quella  invetriata ,  o  la  presente  fosse  ivi  traslocata 
dalla  finestra  laterale,  non  già  ndla  sola  base,  ma  ndla  sua  inte- 
rezza, e  che  fira  Bartolomeo  sia  veramente  il  pittore  die  la 
odori.  Quell'unanime  consenso  degli  antichi  scrittori  nd  con- 
cederne a  lui  k  lode,  tutti  addncendo  in  prova  la  citata  iscri- 
zione, ci  dice  aperto  che  non  si  possa  trame  le  parole  ad  altra 
significazione,  se  non  quella  che  noi  abbiamo  lor  data  (2).  Per 
la  qual  cosa  fin  che  con  nuovi  e  piò  certi  documenti  non  si 
confermerà  meglio  V  autorità  del  Campano ,  noi  ripeteremo  sem- 
pre che  fra  Bartolomea  di  Pietro  a  gloria  di  Dio  e  a  perpetuità 
del  suo  nome  fece  e  color)  la  meravi^osa  invetriata  del  c(MX>  di 
s.  Domenico  monumento  solenne  dd  suo  valore  in  qnest'  arte» 


(1)  loc  cit. 

(2)  Non  tacerò  che  il  P.  AcofTiHO  Guiouca  nelle  Memorie  MSS.  del 
convento  di  #.  Domenico  di  Perugia  (  fol  19  $.  IT  )  scrive  che  fra  Bar- 
tolomeo di  Vitito  fece  fare  quella  inretrìata  nel  1411  e  che  la  famiglia 
Graiiani  ne  fece  le  ipete  ;  ma  il  Guidacci  acriTeva  nel  1706  e  non  dia 
documentL 


I  •%%  m 


Digitized  by 


Google 


403 


CAPITOLO    XIV. 

Notizie  del  beato  Giacomo  <F  Ulma  e  de'  suoi  (Rscepoii 
ndtarie  vetraria. 


m^m 


lìloD  poobe  volte  in  narrando  le  vite  degli  artisti  Domenica- 
ni  ci  è  ocoorao  lodare  la  rara  bontà  di  alconi  tra  essi ,  i  quali 
seppero  fare  d^e  arti  belle  nn  mezzo  di  perf^icoamento  mo- 
rale e  religioso,  e  ricordammo  segnatamente  il  bealo  Gugliel- 
mo Agnelli,  fra  Giovannino  da  Maroojano,  il  buon  fra  Gerola- 
mo Monsignori,  e  qnel  pittore  santis^mo  che  Tu  Giovanni  An- 
gelico. Di  presente  ci  gode  l'animo  in  dover  favellare  di  uno 
che  nel  tinger  i  vetri  ^bbe  merito  insigne  e  ndle  daustraM 
virtù  cosi  grande,  che  meritò  dalla  chiesa  cattolica  nei  giorni 
nostri  r  oQor  degli  altari.  È  questi  91  beato  Giacomo  Alemanno 
laico  del  convento  di  s.  Domenico  di  Bologna. 

La  vita  del  beato  Giacomo  trovasi  narrata  da  molti  e  ao- 
corati  scrittori;  il -perchè  non  abbiamo  qui  a  lamentare  poverr 
tà  di  notizie.  Solo  ci  duole  che  del  molto  da  lui  operato  ndla 
pittura  dd  vetri  poco  rimanga ,  e  non  cosi  noto  che  se  ne  possa 
con  certezza  portare  giudizia  Ckmdi^ione  infelicissima  di  que- 
st'arte, alle  cui  produzioni  non  è  dato  sperare  lunga  vita,  onde 


Digitized  by 


Google 


404  MEMORIE 

l'opera  dì  tango  studio  e  dìligeoza  infinita ,  è  solente  in  bre- 
vissimo tempo  e  da  lieve  causa  distrutta. 

In  Ulma  città  imperiale  dell' Alemagna  nacque  jl  b^to  Gia- 
como Tanno  1407.  D  padre  suo  chianxnsi  Teodorico»  e  fa  mer- 
cante di  professione.  Il  più  antico  scrittore  della  vita  del  beato, 
che  fa  (rate  Ambrogino  da  Sondno  laico  Domenicano  e  suo  al- 
lievo nell'arte  di  colorire  i  vetri ,  lasciò  scritto  che  nella  giovinez- 
za il  beato  Giacomo  si  addestrasse  alle  arti  meccaniche,  per  le 
quali  aveva  speciale  altitudine  ;  ed  eziandio  apparasse  la  pittura 
dei  vetri ,  nella  quale  i  tedeschi  ed  i  fiamminghi  sorsero  a  gran- 
de celebrità.  Come  da  natura  avea  sortita  un'indole  buona,  e 
molto  dilettavasi  delle  pratidie  religiose,  gli  nacque  desio  di 
visitare  in  Roma  il  sepolcro  del  principe  degli  Apostoli  ;  pochi 
essendo  m  quei  secoli  di  fede  i  cattolici,  che  kmanzi  il  morire 
non  volessero  imprimere  dì  un  bacio,  e  bagnare  delle  laro  la- 
grime quel  venerando  sepolcra  Vi  si  recò  impertanto  1'  amo 
1432  e  di  sua  età  25;  e  si  grande  e  faeflabile  fa  il  pascolo 
che  n'  ebbe  la  sua  pietà ,  che  non  sapea  più  dipartirsi  da  quei 
luoghi  santificati  dalle  vnrtù  e  dal  sangue  di  tanti  martiri.  Ve- 
nutogli meno  il  danaro,  né  avendo  modo  di  Tar  ritomo  alla  pa- 
tria né  di  campare  la  vita ,  pre^  la  vfei  di  Napoli ,  si  arruolò 
fra  le  truppe  di  Alfonso  re  di  Aragona,  ed  ebbe  jmrtc  a  qodla 
memoranda  battaglia  nella  quale,  per  il  valore  del  genovesi ,  Al- 
fonso perde  il  trono  e  la  libertà.  Quattro  anni  servì  la  milizia 
con  lode  di  integrità  e  di  valore;  poscia  abborrendo  dal  vivoe 
licenzioso  dello  soldatesche,  acconciossì  al  servizio  di  un  citta- 
dino di  Capua.  Nel  1440,  o  41  il  desiderio  del  loco  natàoy  che 
forte  punge  ogni  animo  gentile,  quello  di  riabbracciare  il  veo- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  GAP.  XIV.  405 

cUo  geoìiore,  lo  oondosae  a  Bologiia  da  cnr9  iiHMdeva  pmie- 
gHire  il  canunino  alla  Yolta  ddla  Germaiito.  Orando  al  sajpol- 
CTO  di  s.  Dcnaenioo  seotisM  inspiralo  a  ràmuiare  alia  patria 
torreoa  onde  atteoder  solo  aU'aoQaisto  detta  celeste.  Chiese  ed 
otteape  l'abito  religioso  di  coa^erso  in  ^aello  stesso  oon^eirto 
nella  saa  età  di  aoni  34.  Pel  corso  di  ben  cingnant'aniii  ser- 
^  vi  a  Dio  nell' istituto  Domenicano  con  fita  santissioia,  e  mori 
gli  il  ottobre  1491.  PqUefprmo,  gqemero»  daostxale  fu  spec- 
chio di  tutte  ?irtà.  U  Sommo  Pontefice  Leone  XII  lo  ascrisse 
nel  novero  dei  beati  fanno  1^S>  e  la  diiesa  ne  soleonisa  la  me- 
moria nel  giorno  12  di  ottobre.  Chi  amasse  conoscerne  più  par- 
tìtamente  la  vita,  veda  il  UeUoni  negli  Atti  dei  Santi  Bolcgoe- 
àj  e  Leandro  Alberti  nel  quinto  libro  de*  snoi  Elogi  latini  de- 
gli nomini  illustri  dell'Ordine  dei  (rati  Predicatori.  Di  presente 
d  faremo  a  considerarlo  siccome  artefice. 

Non  cosi  tosto  il  beato  Giacomo  ebbe  indossato  l'abito  re- 
ligioso, die  riprese  lo  studio  e  l'esercizio  della  pittura  dei  ve- 
tri da  lui  intralasciata  negli  otto  o  nove  anni  die  mancò  dalla 
patria  ;  e  invero  frate  Ambrogino  nel  capitolo  XVIII  della  sua 
cronaca ,  dice  essere  stato  discepolo  dd  beato  Giacomo  in  qoe- 
sl'arte  per  lo  spazio  di  ben  trentatrè  anni  La  più  antica  ed 
accertata  memoria  però  che  a  me  fu  dato  di  rinvenire  de'  suoi 
dipinti  non  rìsale  ohe  all'anno  146S.  MeU' archivio  pubblico  del 
Itanumìo  in  Bologna  esistono  due  volumetti  manoscritti  appar- 
tenenti già  al  convento  <K  S.  Domenico,  ne' quali  sono  indicate 
le  spese  occoorse  per  la  fàdbbrica  e  per  F^adomamento  delia 
chiesa  medesima;  uno  dd  1465,  e  l'altio  de^aono  seguente 
scritti  da  un  frate  Bartolomeo  di  Vigevano  converso.  In  ani- 

2a 


Digitized  by 


Google 


406  MEMORIE 

bedoe  leggoosi  lutlayia  le  partite  ad  entrata  ed  UBcita  ddle 
spese  fatte  per  le  floestre  colorite  dal  beato  Giacomo.  A  ca- 
gione cy  esempio,  nel  libro  eontrasegnato  con  le  lettere  F.  C 
Numero  2.  sotto  Tanno  1465  si  trova^  la  seguente  partita: 
Frate  Jac.  de  Alemagna  de  hatere  a  dì  III  maggio  e  più  di 
spesa  in  diversi  $enyn  libre  trenta  otto  et  soldi  dt»e  posti  in 
questo  a  debito  de  la  fabbrica  m  ire  partids.  E  nel  libro  seooodo 
sotto  Panno  1468  a  carte  35  si  ìegfse:  Frate  Jac.  de  Alemagna 
da  le  finestre  de  dare  a  di  XYL  aprile  soldi  sate,  ai?e  per  lui 
Guglielmo  da  Como  per  ferri  gli  fi  fare  a  la  fusina  nostra  per 
lo  occhio  della  finestra.  Appare  m  giornale.  Altre  simili  partite 
sono  ivi  firequenti.  In  un  altro  giornale  della  fabbrica  dd  con- 
vento (V.  Caps.  134.]  sotto  Tanno  1467.  nei  giorni  28  novem. 
2  dicem.  e  18  detto ,  si  trova  memoria  di  alcune  spese  fatte  dal 
medesimo  per  %  col^per  le  finestre  della  libraria.  Altre  panno 
vedersi  a  carte  90.  91.  92.  Sotte  del  giorno  17  dicembre  1468 
si  trova  una  partita  di  B.  [forse  bológnini]  sedici  per  pc^gar 
Micheli  per  lo  disegno  d.  lo  occhio  d.  libraria.  Dalle  quali  parole 
sembra  doversi  dedurre  che  egli  si  aiutasse  dei  disegni  altrui. 
Simili  partite  di  spese  occorse  nel  colorire  le  invetriate  della  li- 
breria si  trovano  Ano  alTanno  1472,  e  T  ultima  fiata  che  si 
legge  il  suo  nome  in  quel  giornale  è  nell'anno  1480,  che  fu  il 
73  dell'età  sua.  Colori  eziandio  i  vetri  dd  refettorio  del  suo 
convento,  due  finestre  nella  cappella  di  s.  Domenico,  e  il 
grand' occhio  sulla  porta  maggiore  di  detta  chiesa,  del  quale  il 
eh.  sig.  Vincenzo  Vannini  possiede  tutte  le  dimensioni,  e  ac- 
certa essere  di  rara  bellezza.  Al  presente  i  suqi  rel^iosi  non 
posseggono  più  alcun  dipinto  di  questo  insigne  artefice.  Nèll'in- 


Digitized  by 


Google 


UBRO  n.  GAP  XIV.  407 

gresso  al  primo  dormentorio  del  oonveoto  di  s«  Domenico  Te- 
desi  una  invetriata ,  nella  quale  è  una  piccola  storia  a  vetri  co- 
lorati y  che  un'  antica  tradizione  attribuisce  al  beato  Giacomo  ; 
rappresenta  il  Crocifisso,  e  dai  lati  la  B.  V.  e  san  Giovanni 
Evangelista  in  figure  di  piccola  dimensione.  Esaminatala  accu- 
ratamente mi  parve  q)era  di  assai  piò  antico  pittore.  In  que- 
sta sentenza  consentono  altri  eziandio;  e  la  Guida  di  Bologna 
non  dubita  appellarlo  il  piò  antico  dipinto  di  vetri  che  sia  in 
qnella  città  (1).  . 

Ma  un'opera  che  a  lui  arrecò  lode  grandissima,  e  che  attesta 
troppo  palesemente  il  merito  suo  nell'  arte  vetraria ,  sono  alcune 
finestre  che  colori  nell'insigne  basilica  di  s.  Petronio,  le  quali 
rimangono  tuttavia.  Tutti  gli  scrittori  della  sua  vita  consentono 
in  celebrarne  la  bellezza  ;  e  la  Guida  di  Bologna  le  ricorda  col 


(1 }  Ricorderò  al  presente  uoa  notiiìa,  la  quale  forte  gioverà  an  giorno 
a  meglio  chiarire  la  profenienza  di  una  tavola  dipinta  per  la  cappella  del 
P.  8.  Domenico  in  Bologna.  «  Liber  ConsiUorum  s.  Dominici  Bonomae. 
Jnno  1462  die  27  decembri s.  Determinatum  fuit  in  concilio  per  Po» 
tres,  quod  frater  Guilelmus  debeat  compiere  Jnconam  quam  facit  fieri 
yènetiis  prò  Jrclia  Sci  Dominici  Bononiensis,  et  quód  convento*  dc'- 
beat  dare  sibi  liiteras  sigillatas  sigillo  conventus  in  bona  forma,  ha» 
bito  priuM  consenta  conventus,  continsntes  quod  ipse  frater  Guilelmus 
possit  elemosina*  querere  ubique  terrarum  prò  ipsa  Jncona.  »  Nella 
pagina  tegnente  è  regittrata  la  carta  di  procura  data  a  fra  Guglielmo 
per  tale  oggetto.  —  Per  essa  ci  è  dato  conotcere,  in  qual  modo  e  con 
quali  mezzi  i  frati  del  tecolo  XV  e  degli  antecedenti  imprendettero  a 
fare  eseguire  opere  dispendiote  di  belle  arti. 


Digitized  by 


Google 


406  MEMORIE 

dcmito  elogio  (1).  Bla  ohi  potrebbe  delermioare  al  preseale  eoa 
cerieask  queste  invetriale  ?  DÌTeni  e  Tafenti  pitlcnri  di  vetri  ope- 
rarono in  quella  chiesa,  e  fra  questi  fu  frate  Ambrogino  aUievo 
dell'Alemanno.  A  chi  ben  le  considera  appariscono  tosto  sensibiU 
diSerenxe  ira  le  une  e  le  altre,  di  stile,  di  composizione,  di  co- 
lore; onde  non  ci  è  concedalo  proferir  gindirio  sol  merilo  del 
beato  Gi^eoofto.  A  ci6  si  i^fgiunge,  che  Tanno  1792  furono  toHe 
fldciBie  di  qndle  iorelriate  e  vennero  sosUtuiU  vetri  bianchi,  o  per 
aver  Ince  maggiore ,  o  per  essere  troppo  danneggiate  dal  tempo; 
fra  queste  potevano  esseme  alcune  del  bealo,  n  P.  Melloni  attri- 
buisce al  medesimo  alcune  storie  di  velri  colorati  nelT  oratorio 
della  B.  Elena  dall'  Olio  nel  palazao  Bentivogfi  in  Bologna  (8).  Al- 
tri 1^  concedono  un  piccolo  quadretto  ^d  nyo  di  finestra  neUa  casa 
del  professore  Bianconi,  via  Mascarella,  due  tondi  nella  chiesa 
della  Misericordia  presso  Bologna,  e  alcuni  vetri  nella  cappella 
maggiore  del  collegio  di  Spagna  della  stessa  città. 

Noverati  tutti  quei  dipinti  che  la -storia  e  la  tradizione  attri- 
buiscono al  beato  Giacomo  d' Ulma ,  chiuderemo  le  notizie  deHa 
sua  vita  e  delle  sue  opere  col  racconto  di  un  fatto,  che  noi  nar- 
riamo sul!'  autorità  del  sig.  Emilio  Thibaud  francese.  Giovanni 
di  Bruges ,  cui  è  dai  più  facilmente  consentita  la  lode  di  primo 
ritrovatore  della  pittura  a  olio,  da  nM)lti  scrittori  è  detto  eziandio 
autore  di  alcuni  metodi  per  tingere  le  toglie  del  vetro  al  fuoco 
del  fornello.  Emilio  Thibaud  giudicò  doversi  a  più  ragione  quella 

(1)  PiUure,  Sculture,  e  Jrdiiteilure  di  Bologna  1792»  un  toI.  iu 
Ì6P  pog.  265. 

(2)  Memorie  della  beata  Elena  pag.  285. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  GAP.  XIV.  409 

seopena  al  nostro  Giacomo  d*  Ulma ,  che  dice  essare  stato  il  pri- 
mo a  Goooscere  h  maniera  di  colorire  il  vetro  a  giallo  diafano 
colf  ossido  di  argento.  B  narra  come  Un  cotal  giorno  emendo 
F  Alemanno  inteso  a  fondere  i  suoi  yetri,  gli  cadesse  fortuita- 
mente un  i»ttone  di  argento  fra  la  calce  che  serriya  di  strato  al 
Tetro  :  una  parte  di  questo  bottone  essendosi  fusa  >  il  vetro  su  cui 
pogara  si  tinse  di  giallo.  Questo  fatto  per  sé  medesimo  probabilis- 
simo ,  si  registrò  quindi  in  tutte  le  opere  di  vetraria  (1). 

Lode  bdlissima  degli  artefici  è  perpetuare  sé  stessi  nei  disce» 
pofi.  L' Angelico  avea  lasciati  eredi  delT  arte  sna  Benoco  Gozioli 
e  Gentile  da  Fabriano;  il  beato  Giacomo  d'Ulma  più  avventurato 
di  lui  y  rinvenne  i  successori  nel  suo  chiostro  medesimo,  e  in  essi 
trasAise  non  pure  il  valore  dell'  arto,  ma  la  sua  stessa  virtù.  Fu- 
rono questi  frate  Ambrogino,  e  frate  Anastasio.  Il  primo  avea 
sortiti  i  datali  in  Soncino,  forte  e  popolato  castdlo  del  milanese. 
Leandro  AAerti  contemporaneo  e  religioso  neUo  stesso  convento, 
scrive  che  fosse  egregio  maestro  di  invetriate,  e  tale  che  non 
avesse  chi  lo  pareggiasse  né* tempi  suoi;  soggiungendo,  che  le 
opere  sue  si  ammiravano  in  mcdte  chiese  di  Bologna.  Onorata 
memoria  ne  fece  eziandio  nelb  sua  Descrizione  dell* lialiOy  ore  ri- 
cordati alquanti  uomini  dì  lettere  nativi  di  Soncino,  scrìve  <  Fio- 
rirono tutti  questi  nòbili  ingegni  nei  tempi  nostri  con  Ambrogino 
converso  deir ordine  dei  Predicatori,  non  men  buono  e  santo, 
che  eccellente  maestro  di  finestre  di  vetro.  Benché  fosse  converso, 
nondimeno  compose  la  vita  del  beato  Giacomo  di  Alemania  an- 
che lui  converto  di  cui  egli  fu  discepolo  (2).  »  Michele  Piò  che  gli 

(1)  BooiAan,  Archeologia  Cristiana  cap.  XIX.  pag.  260. 

(2)  loc.  eie.  pag.  360  dell' edizione  di  Yeaesia  del  1557. 


Digitized  by 


Google 


410  MEMORIE 

dà  il  titolo  di  beato,  sembra  non  lo  conosoesse  che  per  questa 
commemorazioiìe  TaCtane  dall'  Alberti  (3).  Come  del  maestro  coti 
di  lai  non  ci  è  dato  indicare  con  eertezza  alcuna  delle  sue  opere 
nella  pittura  dei  vetri.  È  indubitato  ccdorìsse  alcune  invetriate  in 
s.  Petronio  unitamente  al  beato  Giacomo,  prova  non  dubbia  dd 
suo  valore  in  quest'  arte;  perciocché  i  bolognesi  si  erano  sempre 
studiati  decorare  quel  tempio  con  l'opera  de*  piò  chiari  artefici 
dell'  lUUa.  I  PP.  Echard  e  Quietif  nella  biblioteca  degli  scrittori 
Domenicani  segnano  la  morte  di  fra  Ambrogino  l'anno  1517, 
che  fu  quello  in  cui  mancò  di  vita  in  Firenze  il  celebre  pittore 
ira  Bartolomeo  della  Porta.  La  manorìa  di  questo  buon  laico 
sarà  sempre  in  venerazione  nel  suo  instìtuto,  per  il  suo  valore 
nella  vetraria,  per  le  sue  insigni  virtù,  e  per  avere  descrìtta 
la  vita  mirabile  del  beato  Giacomo  d' Ulma ,  che  forni  poi  ma- 
teria a  quelle  del  Prierio,  del  Flaminio»  dell'  Alberti  e  del  Mel- 
loni. In  una  lettera  con  la  quale  offeriva  la  sua  leggenda  si 
P.  M.  Generale  dell'Ordine,  scrive  con  cara  ingenuità  le  se- 
guenti parole  che  abbiamo  voluto  riportare:  Mi  i  venuta  aita 
mente  la  sonda  e  degna  memoria  di  quello  specchio  di  Religione 
e  de  Sancta  vita  frate  Jacobo  de  Aiemania  converso  e  beato^  del 
quale  indignamente  sono  stato  discipulo ,  et  ho  dormito  con  esso 
lui  un  anno  sopra  uno  medesimo  saccone ,  et  ho  veduto  et  audito 
multi  secreti  de  la  stia  sancta  bocca  degni  de  memoria  ec  I  due 
di  sopra  citati  biografi  dell'ordine  lo  giudicano  autore  ezian- 
dìo di  un'altra  leggenda  intomo  la  beata  Luchina  da  Soncino 

(1)  Uomini  illustri  dell'Ordine  di  s.  Domenico.  Libru  I.^  parte  1.* 
pag.  189. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  XIV.  411 

del  lerz'Ordiiie  di  9.  Domenico,  che  oompeodiosainente  venne 
inserito  dal  P.  Piò  ndl' opera  deg^  Uomini  illustri  de'  Predi- 
cata (1). 

Dì  frate  Anastasio  converso  dello  stesso  institoto  e  ^o 
^esso  convento,  si  ignora  il  cognome ,  la  patria  e  le  opere.  Né 
mi  fu  noto  se  non  allorquando  neir  archivio  pubblico  di  Bolo- 
gna si  rinvenne  una  sua  preziosa  memoria,  che  il  più  voUe 
lodato  signor  Vincenao  Vannini  volle  per  somma  gentilezza  co- 
municarmi. In  nn  libro  di  Ricordanze  concernenti  l'Arca  di  s. 
Domenico,  cominciato  a  scriversi  li  10  aprile  1521;  noveran- 
dosi gli  Ar diisti  o  custodi  dell'  arca  del  santo ,  dopo  il  converso 
fra  Petronio  bcdognese,  che  tenne  quell' ufficio  dal  giugno  del 
1512  fino  al  1521,  succede  fra  Anastasio.  Daremo  per  intiero 
la  memoria  neUo  stile  semplice  ed  affettuoso  del  laico  scrittore. 

«  Dopo  lui  fu  fatto  il  mio  diletto  e  cafcr  maestro  prede- 
cesscnre  omo  fra  Anastasio  converso;  huomo  tutto  divoto  tutto 
del  massimo  Iddio,  et  dil  p.  n.  s.  Domenico.  Roselo;  alliegro: 
di  statura  mediochre;  et  tengo  che  la  bellezza  de  T  anima  re- 
dondassi  in  quello  corpo:  a  me  pareva  molte  fiate  veder  un 
dierubino,  valeva  più  in  una  mano,  che  io  in  tutto  il  corpo; 
era  de  ingegno  eccellente;  peritissimo  in  fare  finestre  di  vetro; 
diseipolo  e  imitatore  del  beato  Jaoobo,  per  spacio  di  otto  anni 
fidelissimamente,  ferventissimamente,  et  devotissitnamente  ser- 
vite con  grandissima  charità  et  esemplarità  et  integrità  di  vìto 
il  suo  e  nostro  bom  padre  s.  Dominico  ;  et  da  lui  fu  ottima- 
mente premiato;  la  sera  della  Pentheeoste  venendo  a  fare  la 

(1)  BibUoikeca  Script.  OnL  Praedic  jùL  2.  pag.  SS. 


Digitized  by 


Google 


412  M  E  M  0  R  I  B 

p<^donanza  e  basiate  la  sancla  Aroha,  e  cosi  partendosi  che 
dissi ,  andalc  adasio  il  mio  carisshno  eC  oos)  andate  In  cella , 
et  mense  ju  :  glie  andetero  giuso  le  budella  nella  rottora ,  et 
ricevuto  lutti  I  Sacramenti  obdormiTtt  in  domina  Sepoltus  com 
patrìb.  suis  sequenti  die  (!].  »  Dalla  presente  memoria  si  dedu- 
ce, che  egli  apparasse  Farle  dalP  Alemanno  in  gtoTine  età,  che 
sopravvivesse  a  frate  Ambrogino  anni  dodici,  che  educasse 
all'arte  di  tingere  i  vetri  lo. scrittore  di  questo  giornale,  e  che 
morisse  Fanno  1S99.  Come  ci  è  stato  dì  onlbrto  richiamare 
alla  notizia  dei  presenti  e  degli  avvenire  il  buon  Ira  Giavanni- 
no  di  Marcojano  architetto  di  s.  Maria  Novella,  uguale  aod- 
disfaaone  proviamo  in  ricordare  questo  artefice  di  vetri ,  que- 
sto vero  imitatore  del  beato  Giacomo  d'Chna,  che  tutti  gli  scrit- 
rori  deir  ordine  avevano  dimenticato. 

Dal  presente  abbencbè  tenue  saggio  de  cultori  della  ve- 
traria nei  due  secoli  XIV  e  XV,  ognuno  Cicda  ragione  qual 
copiosa  messe  sarebbe  a  cogliersi  tuttavia,  ove  si  avessero  le 
noticie  di  quegli  artefici  i  quali  fiorirono  nei  Veneti  dominj,  nella 
Lombardia ,  e  segnatamente  nella  Francia  e  nella  Germania  (2). 
Non  pertanto  quando  1*  istituto  Domenicano  non  potesse  nove- 
rare che  il  celebre  fra  Gugliebno  di  Maidllat,  basterebbe  ei 
solo  ad  iNnstrarlo  te  questo  remo  ddFarta 

(1)  Cap».  112  libro  A.  HP  4  pag.  17. 

(2)  Nella  Storia  del  Duomo  di  Orvieto  (Docura.  LXVni.— 71— ) 
si  i^gg^>  come  nei  giorno  17  dicembre  1444  un  certo  fra  Mariano  di 
Viterbo  'Domenicano  si  offerìtae  a  fare  le  infetriate  di  quella  cattedra- 
le^ e  proponeiae  aiM  éper^menlo.  I  direttori  della  fabbrica  gli  diedero 


Digitized  by 


Google 


UBRO  U.  CAP.  XIV.  413 

a  eseguire  una  fignra  omaU  a  ?ar|  colori ,  che  dovea  porti  nella  cap- 
pella del  M*  Corporale.  Ha  vedato  il  lavoro  nmatero  poco  •oddia&Ùi, 
perdoodiè  lo  trovarono  troppo  debole  nel  disegno.  Rifiatarono  pertanto 
l'offerta  di  fra  Mariano,  ed  invitarono  il  sacerdote B. Gaiparre  da  Vol- 
ttm,  né  di  lui  paghi  abbastama,  condussero  di  Perugia  il  celebre  mo- 
naco Benedettino  D.  Francesco  di  Barone  Brunacd,  il  «juale  esegui  al- 
cune invetriate  con  sua  lode  grandissima.  Qui  emetterò  una  mia  con- 
gettura, ed  è  die  questo  pittore  di  vetri  perugino  possa  essere  stato 
allievo  nella  vetraria  del  Domenicano  fra  Bartolomeo  di  Pietro,  o  al- 
meno essersi  non  poco  giovato  de'  suoi  consigli  ed  esempi,  perciocché 
l'età  non  vi  dissentirebbe.  Per  ultimo  aggiungerò  che  nel  Necrologio 
del  convento  di  s.  Domenico  di  Siena  a  pag.  41  sotto  l'anno  1515  si 
legge:  Frater  Raphael  Peregrini  Senen,  artis  vitrariae  peritus  Eode^ 
noe  Sacramenv't  devote  saisceptis  VIL  decerne,  mignwit  ad  X4um 


N»#«^ 


(*)  lunanti  di  chiudere  la  serie  degli  artefid  Domenicani  éel  se- 
colo XV,  debbo  agi^vngere  una  notisia  comunicatami  gtntilmeiite  dal 
<h.  sig.  Giuseppe  Rinaldi  pubblico  bibliotecario  della  città  di  Sanseve- 
rìno.  Nelle  Riformanse  delb  Comunità  di  Sanseverino  (  ibid.  dal  1492 
al  1502,  pag.  74-75  anno  1493)  si  legge  :  Super  tuppne  (  supplicatio- 
ne  }  Societatis  mtdierum  Bosarj  petentis  .  . .  •  aUquod  iubsidium  • . . . 
cum  ipse  inUndant  perficere  velie  dignum  opue  crucis  incepte  quon" 
àam  per  Magist,  Jnion.  Ord*  Sancii  Dominici  prò  Ecclesiae  Sanctae 
Mariae  de  Mercato.  Sembra  da  questa  memoria  che  il  suddetto  mae- 
stro Antonio  Domenicano  sia  l'orefice  che  aveva  impreso  a  lavorare 
quella  croce  di  argento,  che  con  altre  simili  andò  perduta.  Se  pure 
non  si  voglia  credere  in  quella  vece  che  quel  P.  Antonio,  amicherò- 
i^oe,  sia  il  oomittente  del  lavoro.  L'espressione  essendo  ambigua,  non 
Olerei  proferire  un  giudizio. 


Digitized  by 


Google 


411  MEMORIE 

CAPITOLO    XV. 

Biforma  delle  arti  Italia^  tentata  da  Fra  Gerolamo  Savonarola. 
—  Concetti  del  Frate  tulle  medentne,  —  Seguaci  e  fautori  die 
in  quella  lo  aiutarono* 


i%l  termine  pervenuti  di  questo  primo  volume  delle  Memorie 
degli  artisti  Domenicani ,  ove  abbiamo  la  storia  di  tre  secoli  com- 
pendiosamente descrìtta ,  portiamo  opinione  che  manchevole  in 
gran  parte  sarebbe  stata  la  narrazione  presente,  ove  si  fosse  da 
noi  lasciato  il  racconto  di  uno  fra  i  più  gravi  e  memorandi  av- 
venimenti che  oflra  insieme  la  storia  civile,  artistica  e  religiosa 
del  secolo  XV.  È  nostra  mente  Cavellare  del  magnanimo  tenta- 
tivo fatto  da  frate  Gerolamo  Savonarola ,  onde  sollevare  le  arti 
italiane  da  quella  abUezione  nella  quale  per  la  licenza  dei  tem- 
pi erano  in  parte  traboccate,  accennando  a  più  grande  rovina, 
come  loro  avvenne  veramente  dopo  la  morte  di  lui.  Dissi  ap- 
partenere questo  fatto  alla  storia  civile,  artistica  e  religiosa,  per- 
ciocché in  quel  solo  terribile  oratore  parmi  riepilogarsi  l'intiero 
secolo  XV,  e  perchè  della  sapienza  civile  e  religiosa  ^i  valse  a 
indirizzare  le  arti  a  più  nobile  meta.  Non  mi  è  noto  che  alcuno 
per  lo  passato  prendesse  a  svolgere  di  proposito  questo  subict- 
to.  Primo  fra  tutti  il  fece  di  recente  il  eh.  F.  Rio  con  ingegno 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  n.  GAP.  XV.  415 

ed  eloquenza  grandissima  ;  e  di  tutta  quell'opera  egregia  intomo 
la  natura,  i  pregi  e  le  vicende  dell'  Arte  Cristiana,  la  parte  la 
più  perfetta  stimiamo  il  racconto  di  questo  fatto,  n  perchò  di 
buon  grado  facciamo  eco  al  chiarissimo  Montalembert  nel  ren- 
derne grazie  all'autore  (1)  ;  il  quale  sembraci  avere  con  ciò  ben 
meriUto,  non  pure  delle  arti,  ma  assai  più  della  religione,  gio- 
Taado  quanto  ei  scrisse  a  chiarire  viemegHo  i  concetti  e  le  mas- 
sime del  cattolicismo  mtomo  le  arti  imitatrici ,  in  quanto  sono 
minisUre  dd  culto.  Pretermesse  adunque  le  due  grandi  quistioni 
intorno  le  opinioni  politiche  del  Savonarola  e  la  parte  che  egli 
ebbe  nd  reggimento  di  Firenze;  non  che  queUa  se  ei  discono- 
scesse veramente  l'autorità  del  Pontefice  par  ciò  concerne  la 
scomuttca  contro  di  lui  Adminata,  il  cav.  Rio,  quale  amatore 
dell*  arte  e  della  poesia  cristiana ,  si  ptoe  a  considerare  la  lotta 
cotanto  drammatica  ed  animosa  sostenuta  da  un  semplice  frate 
Domenicano  contro  il  suo  secolo,  al  cospetto  di  tutta  quanta 
l'Italia  «Suo  so(^  è  ristabilire  il  regno  di  Cristo  nel  cuore. 


(1)  V.  Du  Fandalisme  et  du  CalthoUduM  don*  CJrt,  pag.  114. 
«  Mais  ce  ne$t  pa$  seuUment  à  V histoire  de  T  art,  e' est  h  Vhiitoire 
nligieuse  en  general  que  M.  Rio  a  renda  un  eerpice  estentiel,  enpid» 
veriiant  tee  mensongee  h  f  aide  dee  quel*  les  protestant*  et  Ut  philoso» 
phes  ont  jousque  h  présent  exploité  le  róle  joué  par  Sa^^onarola  au 
profit  de  leur  Kaine  cantre  VegUse  romaine  •  »  .  .  M»  Bio  a  réhabili» 
té  les  opinions  religieuses  et  politiques  de  ce  grand  homme;  il  a  prou^ 
ve  que  ton  catholidsme  était  autsi  pur  que  sa  politique  était  sage  et 
eUignée  de  la  demagogie  quon  lui  impuU}  il  a  reconquis  pour  l' eglise 
la  gioire  et  le  genie  de  SavonaroU»  Qto'  il  en  soit  bèni! 


Digitized  by 


Google 


416  MEMORIE 

nclh  mente  dei  popoli ,  e  allargare  e  distendere  il  beneficio  delia 
redenzione  a  tutte  le  umane  Tacoltà  come  a  tutte  le  loro  ope- 
razioni, n  nemico  che  egli  combatte  di  tutta  l'energia  deir ani- 
mo e  di  tutta  la  potenza  della  sua  parola,  è  il  paganesimo;  del 
quìzile  egli  ha  per  ogni  dove  rinvenute  le  impronte  nelle  arti 
ugualmente  ohe  nei  costumi,  nelle  idee  come  nelle  operazioni, 
nei  chiostri  come  nelle  scuole  del  suo  secolo  »  (1) .  Noi  senza 
svolgere  per  intiero  questo  dramma ,  toccheremo  soltanto  di  pro- 
posito ciò  che  spetta  alle  arti,  e  se  la  nostra  parola  non  po- 
trà elevarsi  a  tutta  l'altezza  dell'argomento,  uè  certamente  ade- 
gnare la  narrazione  calda  e  fanmaginosa  del  Rio,  d  studieremo 
non  pertanto  provare  brevemente  con  documenti  non  dubbi  la 
verità  di  quanto  questi  venne  narrando  sid  conto  dd  Isrrarese 
oratore.  • 

L' Italia  sullo  scorcio  del  secolo  XV  videsi  agitala  da  un 
movimento  grandissimo  che  accennava  il  risolversi  delT  antica 
società  feudale,  e  la  genesi  della  presente.  I  popoli  facevano  un 
ultimo  sforzo,  onde  liberarsi  da  tutti  que'  piccoli  o  grandi  tiran- 
ni ,  i  quali  quel  brano  di  (erra  che  nelle  discordie  civili  si  era- 
no facilmente  usurpato,  tentavano  con  ogni  arie  ritenere  e  di- 
fendere. Né  più  paciGca  o  meno  infelice  era  la  condizione  della 
Chiesa,  che  dibattutasi  lungamente  fra  l'eresia  e  lo  scisma,  ve- 
dea  menomata  l'antica  potenza,  e  mancarle  l'affetto  e  la  ve- 
nerazione di  molli.  La  invenzione  della  stampa  dìRòndendo  lo 
studio  dei  classici  e  della  erudizione,  crollava  dalle  fondamenta 
l'edìfizio  aristotelico,  apriva  nuova  via  agli  ingegni  e  dava  agli 

(1)  Poesie  Chréltenne,  chap.  Vili  pg.  305. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  GAP.  XV.  417 

stadi  uidìrizzaiDeQto  noyelló.  Dalle  quali  cagioni  ne  erano  poi 
derivate  queste  oQQsegqeiue:  che  nella  politica  nina  secolo  ?m^ 
se  giammai  in  malvagità  il  XV,  perciocché  si  pugnò  più  con  le 
fipodi  e  con  i  yeteni,  che  con  le  armi  e  col  valore;  e  po^i  lo 
ugoagliarono  nd  mal  costume.  Nella  religione  appanrero  i  se- 
gni di  quelle  eresie,  che  nel  seguente  tolsero  alla  romana  chie- 
sa tanta  parte  di  Europa.  Lo  studio  dei  classici  in  tutto  quel 
secato  non  avvantaggiò  gran  latto  le  lettere,  non  ingentilì  la 
tavella,  non  consolò  la  filosofla,  solo  andò  preparando  quel  lu* 
miDOso  periodo  che  si  intitola  da  Leone  X.  I  Medici  i  quali  ten- 
tavano assicurarsi  la  dominazione  della  Toscana,  come  tutti  li 
oppressori  della  libertà  ddla  patria,  cercavano  corrompere  il 
popoto,  tenerlo  distratto  nelle  leste  e  nd  sollazzi;  guadagnarlo 
con  le  promesse  e  con  i  doni  Non  altrimenti  aveano  fatto  Pe- 
ricle in  Grecia  e  Augusto  in  Roma.  AUoraquando  pertanto  fra 
Gerolamo  Savonarola  per  le  instanze  di  Pico  della  Mirandola 
venne  dai  Medici  invitato  nel  loro  convento  di  s.  Marco  in  Fi- 
renze, trovò  nei  dotti  la  superbia  e  la  incredulità*  nel  popolo 
e  negli  artisti  la  licenza ,  in  tutti  poi  un  inquieto  agitarsi ,  una 
stanchezza  dei  qoali  presenti,  ed  una  grande  espettazione  di  co- 
le nuova  Quando  le  condizioni  della  società  sono  a  questo  ter^ 
ipine  pervenute,  la  natura  stessa  dd  tempi  crea  gli  uomini  sin- 
golari che  debbono  dominarla  ;  onde  è  loro  forza ,  o  quel  mo- 
vimenlo  s^aoreggiare  e  dirigere,  o  sotto  quello  soccombere.  Il 
ferrarese  si  credè  chiamato  a  compiere  una  grande  missione, 
monde,  intdlettuale,  artistica,  politica;  e  si  landò  arditamente 
in  qud  tremendo  conflitto  di  idee,  jli  passioni ,  d' interessi ,  nel 
quale  dd  mille  un  solo  ne  scampa ,  e  il  rimanente ,  vittima  mi- 


Digitized  by 


Google 


418  MEMORIE 

seranda,  fa  mostra  alle.  Tentare  generazioni  come  in  tempi  oo- 
siflatti  sia  fbnesto  il  dono  di  un'  anima  che  trascenda  in  vigorìa 
il  comune  delle  intdligenze. 

Quanto  l'eloquenza  popdare  e  rdigiosa  ha  di  più  caldo  e 
passionato;  quanto  l'ingegno  e  T immaginazione  di  nn  oratore 
possa  comunicare  ad  un  popolo  ugualmente  fervido  e  immagino- 
so fu  veduto  in  Firenze  per  il  corso  di  otto  anni  consecutivi ,  nei 
quali  Ara  Gerolamo  tenne  il  dominio  di  quella  grande  repub- 
blica. Gli  annali  della  Grecia  e  del  Lazio  non  d  offrono  esem^ 
pio  di  una  eloquenza  cotanto  possente  quanto  qndla  di  questo 
frale.  Nel  secolo  XIII  dai  chiostri  Domenicani  si  era  levata  una 
voce  che  invitava  aUa  pace  i  Geremei  e  i  Lambertazzi  in  Bologna,  i 
Guelfi  e  i  GhibélUni  in  Fbenze;  e  a  questa  voce,  che  passava 
di  bocca  in  bocca  da  fra  Giovanni  da  Vicenza  a  fra  Latino  Ma- 
labranca ,  a  fra  Jacopo  da  Varagine,  a  fra  Bartolomeo  vicentino, 
si  strigneano  e  abbracciavano  fratelli  i  popoli  tutti  chiusi  dalle  Al- 
pi e  dal  mare.  Nel  XVI  questa  stessa  voce  risuonava  nelle  sdve 
deir  America  e  tentava  firangere  i  ceppi  di  nn  popolo  troppo 
crudelmente  oppressalo,  e  per  le  parole  e  per  le  virtù  del  ve- 
nerando vescovo  di  Chiapa  fra  Bartolommeo  dì  Las  Gasas,  eb- 
bero alcuna  Iriegua  i  patimenti  spietati  dei  miseri  Indiani.  A 
quelli  e  a  questo  mollo  costò  di  sudori  e  di  slenti  una  si  subli- 
me missione;  ma  troppo  più  ardua  era  quella  di  fra  Gercdamo 
Savonarola  ;  oonciosiachè  sdUiene  tutti  avessero  quasi  uno  scopo 
medesimo,  molto  diversi  erano  non  pertanto  i  nemici  contro  dei 
quali  loro  era  abbisognato  combattere.  Né  certamente  al  Vescovo 
di  Chiapa  saria  bastata  la  eloquenza  grandissima,  né  giovata  la 
vhlù  piuttosto  divina  che  umana  a  camparlo,  dall'  ira  di  quei 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  II.  CAP.  XV.  419 

cupidi  domiiiatori,  se  noi  proteggeva  la  Iremenda  possanza  di 
Carlo  V.  imperatore.  Non  è  ofDcio  nostro  ragionare  della  in- 
floenza  politica  che  ebbe  il  Savonarola  nel  govemamento  della 
città  di  Firenze,  potendo  bastare  qaanto  ne  lasciarono  scritto 
il  Nardi  e  il  Guicciardini ,  e  in  special  modo  Bernardo  Segni  »  il 
quale  di  hn  proTeri  queste  memorande  parole:  Fra  Gioiamo 
Savonarola ,  che  alla  patria  nostra  conseguì  un  tal  fine  di  avervi 
con  si  perfetta  ragione  costituito  il  governo  libero ,  debbe  esser 
messo  ira  i  buoni  datori  di  leggi,  e  debbe  essere  onorato  e 
amato  per  tal  fatto  dai  fiorentini,  non  altrimenti  che  Numa  dal 
popolo  di  Roma,  Licurgo  dai  Lacedemoni,  e  Solone  dagli  Atenie- 
si (i).  Alloraquando  considero  quanta  esser  dovesse  l'efficacia  del- 
la parola  del  ferrarese  per  elevare  un  popolo  corrotto  a  meglio 
sentire  della  sna  dignità ,  ed  in  si  breve  spazio  di  tempo  operare 
qneDa  riforma  che  solo  con  Topera  di  lunghi  anni  e  dì  molte  cau- 
se si  suole  ottenere;  mi  dolgo  meco  stesso  che  nei  tempi  presenti 
sia  venula  meno  e  presso  che  estinta  la  forza  della  sacra  e  popo- 
lare eloquenza.  Di  che  ella  fosse  allora  capace  in  Firenze,  udia- 
molo dal  Burlamacchi  testimonio  di  veduta  :  «  Si  levavano  le 
genti  a  mezza  notte  per  aver  luogo  alla  predica,  et  venivano 
alle  porte  del  Duomo ,  aspettando  al  discoperto  fin  tanto  che  elle 
si  aprivano,  né  si  focea  conto  di  disagio  alcuno,  né  di  freddo, 
né  d'aria,  né  di  star  Tinvemo  con  i  piedi  su  i  marmi,  et  tra 
questi  erano  giovani  et  vecchi,  donne  et  fanciulli  d'ogni  sorte 
con  tanto  ghibHo  che  era  uno  stupore,  andando  alla  predica 
come  si  va  a  nozze.  In  chiesa  poi  il  silenzio  era  grandissin^o, 

(1)  Slorig  fiarent.  lib.  1.  air  anno  1527. 


Digitized  by 


Google 


430  MEMORIE 

rìduceiidosi  ogouno  al  suo  luogo  ,et  eoo  un  hinuciiìo  io  mano, 
chi  sapeya  Ijeggere  dkeia  il  suo  ufficio.»  et  aUrì  altre  gratìoiii. 
Et  esse^  insieme  tante  miglia  di  persone,  non  si  sentiva  quasi 
un  zitto,  Oitanto  ohe  Teniyano  i  Csmcinni,  i  quali  oautaTano 
alcune,  laudi  con  tanta  dolceiza  die  pareTa  sì  aprisse  a  Fura- 
disa  Cosi  astiavano  tre  o  quattro  ore,  finché  il  Paihre entra- 
ya  in  pergamo,  ec.  .  .  .  .  (pag.  Sf7.  ]  » 

«  Cosi  per  contado^  non  si  cantayano  più  rispetti  et  can- 
zone et  vanità,  ma  laudi  et  canti  spirituali,  che  io  quel  tempo 
in  gran  copia  si  componevano,  cantando  alle  volle  insieme  a 
vicenda  da  ogni  banda  della  via  come  usano  i  firali  io  eoro, 
mentre  lavoravano  m  somma  letizia,  tanto  s'era  sparso  et  ac- 
ceso per  tutto  questo  gran  fuoco.  Vedevansi  talvolta  per  le  stra- 
de le  tn^drì  andare  dicendo  Tofficio  con  gli  propri  tgliaoU  a 
uso  di  religiosi.  Alle  mense  loro  fatta  la  benedigioaa  ri  loieva 
silenzio,  leggendo  la  vita  de'ss.  Peidri,  ealtri  libri  devoti,  mas- 
sime le  prediche  del  Padre  (Savonarola)  et  dire o|^ere  sue.  »  E 
a  pag.  80.  «  Le  donne  si  ornavano  con  somma  modestia ,  et  per 
riformarsi  mandarono  alcune  di  loro  pubUiehe  ambasciatrici 
alla  Signoria  con  moUa  comitiva  et  solennità.  »  Lo  stesso  Tecero 
i  raneioUi  che,  presentatisi  ai  reggitori  della  Gtttà,li  richiesero 
di  leggi  che  guarentissero  0  buon  costume  (1). 

DaQa  forza  pertanto  di  queHa  eloqnensa ,  e  da^  esempi  di 
tanta  virtà,  era  non  pure  prandemeote  concitato  e  commosso  Fa- 
nimo  del  volgo,  de' chierici  e  dei  monaci ,  ma  qndlo  eziandio  dei 

(1)  Fita  dei  P.  F.  Gerolamo  Sawonarola,  scritta  dal  P.  F.  Paofico 
B0BL4II4GCBI.  LiKC»  1764.  UD  ToL  in  8.^  V.  pug.  109. 


Digitized  by 


Google 


UBao  IL  GAP*  %y.  m 

più  iyufiiri  npiemi  di  oui  dita,  k  quale  per  tt  fotore  4à  MedM 
aoeogBeuJ  fiore  d"  Halk  e  d' oltfemoiitLE  b^ 
Ibne  di  ofcin'tMroiieaiD^  quanto  taàìéit  à  TqgMa  gtaNiMfa»» 
dtee  te  atoria  U  oéme  oé»  aeguito  e  corteggio  (fi  tante  e  si  grandi 
aékèrit&;e  (fiffliflBieiite  atomo  osa  popsmdwri  che a^ 
nMi  di  Ola  frate,  quatido  al  ooverifeio  fra'  SAoi  pie  eddi  am^ 
nùratori  e  segnaci  fllosofi,  poeti,  artigli  éì  ogni  maniera,  pit^ 
tori,  seoltori,  arokiteMi,  fucAiori,  i  qoali a  Ini  si  offerif ano  qoal 
dorili  atrttmenti  dcdla  atta  grande  riforma  sociale  (1] .  Tenera  il 
primo  luogo  il  oante  eiovanni  Pico  della  lOrandola ,  od  r  am- 
mirazione del  sno  secolo  impose  il  nome  di  Fenke  degli  inge* 
gni  ;  aeguitayalo  Angelo  Pottdano  dome  ed  dogante  scrittore 
della  corte  liedieea,  IfattOio  Fioino^  il  caa.  Saeromoi^,  i  duo 
Benitieoi ,  Giorgio  Vespncd  ilo  dd  grande  narigatore,  ZanoU 
Aociaiaoii,  Tommaso  8er*tfoo^  tMtl  ornali  a  doriiia  di  greèbe 
e  latine  lettene  Alcuni  dd  quali,  ù^ia  paghi  cH  ammirarlo,  t^ 
lero  seco  lui  diridere  le  consuetudini  della  vita  domestica,  e  ye- 
stìrono  l'alato  di  frali  Predicatori:  ed  il  Mirandolano  perchè  da 
morie  prevenuto,  ToUe  con  queDe  divise  scendere  nd sqpolcro, 
e  die  te  sue  ceneri  riposassero  accanto  a  qudte  del  Poliziano  nel 
tempio  dì  s.  Marco ,  ove  tante  fiate  ambedue  avevano  intesa  ri- 
suonare  la  voce  del  Savonarola. 

Né  alcuno  crederà  di  leggieri,  se  non  vedute  le  cronaclie 
di  quel  conveoto,  come  il  fiore  della  nobiltà  fiorentina  accor- 
resse in  gran  aumero  a  schierarsi  sotto  le  insegne  domemcane , 


(1)  Loc  dt.  pag.  341. 

27 


Digitized  by 


Google 


j 


422  MEMORIE 

per  desiderio  di  mq^  avvidoarsi  a  qaeU'aomo  man?iglioAo(i]. 
Ma  dò  che  a  parole  noo  ò  dato  di  eqi^rimere  si  é  l'enlasiasaia 
da  lui  destato  negli  artirti  fioreotioi.  Il  Vasari  lo  paragoea  a  un 
delirio ,  tanta  era  la  fona  con  cui  doaoìnaTa  i  cuori  e  le  meati  ; 
oierendosi  costoro  uou  pure  a  indirinafe  Tarte  a  quella  mela 
cbe  a  lui  fosse  piaduto  preGggere,  ma  dichiarandod  pronti 
eziandio  a  patire  ogni  qualunque  tniyagyo,  e  raffrontare  tutto 
lo  sdegno  di  una  ludone  brutale,  anziché  abbandonarlo  in  qudla 
lotta  tremenda,  che  e^  sosteneva  a  prò  della  loro  patria  e 
delle  arti  belle.  E  yeramente  alcuni,  con  esempio  sempre  me- 
mcMrando,  si  condussero  a  infeUdssinia  condizione  per  le  ven- 
dette degli  avversar],  tollerando  la  perdita  dd  beni  e  perGno 
Fesilk).  Altri  poi  dal  tragico  fine  di  quell'uomo  grande  profon- 
damente commossi»  abbandonarono  per  alcun  tèmpo  le  arti  di- 
lette, spentasi  col  Savonarola  la  fiamma  che  lor  dava  alimenta  1 
particolari  di  questi  &tti  non  ci  vennero  per  buona  sorte  narrati 

(1J  Fu  8i  grande  l' affluenza  di  coloro  che  in  quegli  anni  vestirono 
r abito  di  a.  Domenico  nel  conv.  di  s.  Marco,  che  il  novero  dei  reli- 
giosi montò  sopra  i  200,  e  fu  di  mestieri  ampliare  la  fabbrica.  Ma  ciò 
che  forse  rivela  meglio  come  quell'entusiasmo  si  fosse  comunicato  ad 
ogni  classe  di  persone,  ti  è  che  i  monaci  Camaldolensi  di  Firenze  con 
atto  pubblico  del  quale  fu  portatore  il  Burlamacchi  allora  secolare ,  sup- 
plicarono fra  Gerolamo  Savonarola  a  riceverli  tutti  nella*  sua  Congrega- 
zione e  a  concedere  loro  l'abito  e  la  regola  dei  frati  Predicatori.  Alla 
quale  dimanda  non  assentì  il  Savonarola,  e  rispose  che  aegoitasaero  pare 
gli  esempi  e  le  leggi  santissime  del  loro  gran  Patriarca  s.  Romualdo,  che 
li  avrebbero  indirizzati  ad  ogni  ottima  perfezione.  Y.  Builamaocbi  Ioc. 
cit   pg.  81. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  GAP.  XV.  433 

da  scrittori  pandi  dd  frate,  die  certo  ninoo  gli  ayria  fMstt- 
mente  credati ,  ma  si  da  ao  maadpio  dd  Hedid,  da  Giorgi» 
Vasari;  il  quale  non  sapea  rioTeonre  le  r&gioni  cK  quel  Tatto, 
tanto  a  Ini  sembraya  iocompreosibila 

Gli  artisti  parteggianti  dd  Sayoiiarda  erano  fiMnimente  ri- 
coDOsdoti  i  primi  ddla  scuola  fiorenliBa  in  tutti  i  rami  dd  di- 
segno :  che  ninno  ignora  quanto  ydessero  neV  incisione  in  piOf 
tre  dare  Gio?anni  delle  Gormole,  ndl'  incisioBe  in  rame  il  Bal- 
dini e  Sandro  Botticdli»  nell'architettura  il  Cronaca , n^e  ope- 
re di  plastica  tutta  la  bmiglia  dd  BobUa ,  nella  scultura  Bac- 
on da  Monte  Lupo  (1) ,  nella  pittura  Baccio  lidia  Porta  e  Lo* 
renaio  41  Credi,  ndla  miaiatnra  Bdtocdo  e  Eustachio  fiorenti- 
no (2).  E  per  qodla  stessa  ragione  che  traeva  le^  persone  <fi  let- 
tere e  la  nobiltà  fiorentina  a  voler  passare  i  loro  giorni  presso 
queD'uomo  singolare,  molti  artisti  lo  richiesero  dd  sacro  abi- 
to, e  lo  vestirono  o  nel  convento  di  s.  Marco,  o  in  qndlo  di 
Fiesole ,  come  vedremo. 

Cinto  da  tanta  luce  di  letta»  e  di  arti  imprese  fl  nostro 
oratore  a  svolgere  i  suoi  concetti  su  le  une  e  su  le  altre,  a 


(1)  Le  autorità  del  Vayari  intomo  la  iofluenia  del  Sa?oQarola  sul- 
l'animo degli  artisti  ponno  vedersi  neOe  vite  dei  medesimi.  Per  ciò  che 
qpetta  poi  a  Baccio  da  Monte  Lupo  ne  favella  il  Burlamacchi ,  il  quale 
narra  che  temendo  le  vendette  dei  nemici  esulò  di  Firenze.  Loc  cit. 
pag.  166. 

(2)  Fra  gli  artisti,  tenevano  le  parti  di  oppositori  al  Savonarola, 
Mariolto  Albertinelli  e  Piero  di  Cosimo,  pittori  Borentini. 


Digitized  by 


Google 


4i4  MEMORIE 

questo  indirizttndo  rìogegiio  e  la  parola,  H  oondum  le  per- 
sone di  lettere  dalla  iaorediiiilà  a  meglio  aentìre  della  rafigio- 
ne,  e  gH  artisti  a  togliere  le  arti  imitatrid  da  qaelk  ten- 
denza immorale  alla  quale  erano  daUa  lioema  dei  tempi  tot* 
temente  sospinte;  imperoioecliè  non  pore  non  aborrivano  dalle 
sooQcie  nudità  e  da  laide  rappresentaziooi,  ma  gli  argonenli 
stessi  ddla  sentissiDia  rdigione  non  erano  sempre  da  essi  col 
dovuto  rispetto  trattati,  osando  perino  togliere  a  ritratto  net- 
le  figure  adorabili  della  Vergine  e  de'  santi,  persone  di  ripro* 
vati  costumi ,  onde  alla  religione  veniya  onta ,  e  alla  pietà 
dei  redcM  scandalo  manifesta  Non  già  che  nei  tempi  del  Sn- 
Yooaroia  abuso  cosi  latto  fosse  pervenuto  a  quel  termine  nel 
quale  giunse  nd  secolo  seguente  per  opera  di  Giulio  Romano, 
del  Tiziano,  dd  Coreggio  ee.;  ma  dai  cominciamenti  di  quella 
depravaziofie  T  animo  sagace  ed  avveduto  del  ferrarese  pre- 
vedeva ove  sarebbe  in  breve  trascorso,  se  una  voce  amica  non 
additava  ai  cultori  delle  arti,  di  quanta  ignominia  ricoprivano 
sé  stessi,  e  di  quanti  mali  funestavano  la  patria  col  propagare 
e  crescere  quella  contaminazione.  Incauti  che  non  sapevano, 
colla  perdita  de'  costumi  nei  popoli  andar  sempre  di  conserva 
quelle  della  lor  libertà;  e  non  prendevano  avviso  da  quella 
troppo  vera  sentenza  di  Tacito,  che  il  modo  più  facile  di  vin- 
cere e  soggiogare  un  popolo  si  è  quello  di  corromperlo;  par 
questa  via  avere  i  romani  più  che  con  le  armi  domata  la  Gallia, 
la  Brittania  e  la  Germania.  Tuonava  dai  pergami  con  sdegnosa 
voce  il  Savonarola,  e  vaticinava  i  mali  tremendi  che  soprasta- 
vano a  quegli  afiascioati ,  e  forse  antiveggendo  il  futuro ,  mirava 
le  insegne  e  le  armi  degli  Imperiali  cinger  d'assedio  la  male 


Digitized  by 


Google 


UBKO  II.  GAP.  XV.  425 

arrivata  Fireaie:  vedera  gli  ulinni  anditi  ddla  rep^bUica, 
che  dopo  ìmtiy  e  bdBe  pnn^  di  ?akfre»  cadeva  odia  aogge^ 
aooe  dei  liedidt  CioaoeoeDdo  lotta  la  forza  ddUe  arti  da  quel 
pigolo  immagioofio,  e  come  qocBte  potevano  addiveoire  utfle 
stramcnto  a  riformve  la  sodelà,  si  pose  a  svolgere  i  sooi  con- 
cetti soUe  medesime^  risalendo  ai  prindp}  generali  ddf  esteti- 
ca, e  dando  ma  nnova  definizione  dd  bello,  la  quale  non 
fuse  cirooscritta  al  solo  dileUo  dei  sensi ,  ma  per  questi  pas- 
sasse aOa  menle  ed  al  cuore,  con  forte  Ungoaggio  innamorando 
della  virtù.  Quindi  per  esso  l'idea  dd  bello  non  dovea  mai 
andar  disgionta  da  qneHa  dd  vero  e  ddr  onesta  Meglio  fora 
odime  i  concepimettti  con  le  sue  parole  medesima  «  In  che 
consista  la  bdlena?  nei  coleri?  no:  neUa  effigie?  (forma)  no: 
im  la  bdlena  è  una  (orma  die  riaolta  dalla  proportione  et 
eoreqpondentja  di  tutte  le  membra ,  d  de  colori;  et  di  questa 
tde  proportione  ne  risulta  una  qualità  chiamata  dai  phUosophi 
bellezza.  Ma  qoesta  è  vera  ndle  cose  composte,  ma  nelle  seoH 
pBd  la  beHezza  loro  è  la  luce.  Vedete  d  sole;  la  bdlezia  sua 
è  baver  luce:  vedete  gM  spiriti  beati,  la  bdlezza  deVqoali  con- 
siste nella  luce:  vedete  Dio,  perchè  è  lucidissimo  è  ipsa  belles- 
za.  Tanto  sono  belle  le  creature  quanto  più  partidpano,  et  sono 
più  appresso  alla  belleiza  di  Dio  :  e  ancora  tanto  più  bdlo  è 
il  corpo,  quanto  è  più  bella  Y anima.  Togli  qoa  due  donne  che 
sieno  egualmente  beUe  di  corpo:  Tuna  sia  sanda,  Taltra  sia 
captiva,  vedrai  die  quella  sancta  sarà  più  amata  da  ciascuno 
che  la  captiva;  d  tutti  gM  ocdii  saranno  volti  m  ki.  Io  Aco 
degli  uoottinl  canalir  Togli  qua  un  hucmb  sancto,  il  quale  sìa 
brutto  di  corpo,  vedrai  che  par  che  ognuno  lo  voglia  veder 


Digitized  by 


Google 


m  MEMORIE 

vdaitieri;  el  pare  (  benché  bruito  )  che  quella  sanctkà  risalti, 
et  fiMXJa  gratm  in  qndb  Ciccia.  Hor  pensa  qoanta  belleza 
havea  la  Vergine,  che  avea  tanta  sandità,  che  rìsplendeTa  in 
quella  Taccia;  della  qoale  dice  s.  Tommaso,  che  nessuno  che 
la  vedessi  mai  la  guardò  per  ooncupìscentia,  tanta  era  la  san- 
etità  che  rilustraTa  in  lei.  Pensa  ad  Cristo  quanto  era  bello, 
el  quale  era  Dio  et  hncnno  »  (1).  Le  quali  teorie  ognuno 
raTTiserà  facilmente  ridotte  in  atto  dal  pittore  Giovanni  An- 
gelico; perciocché  nicmo  meglio  di  lui  seppe  Tar  riyeiberare 
sul  volto  delle  sue  immagini  la  bellezza  di  un'anima  immor- 
tale. Date  le  noiioni  generali  del  bello,  il  Savonarola  passa  a 
ftabninare  la  Ucenui  degli  artisti ,  i  quali  aveyano  fotto  della  pit- 
tura vile  strumento  alle  lascivie  dei  grandi,  anziché  parola  do- 
quente  di  morale  e  dì  vfatù  ;  e  per  confonderli  viemmaggior- 
mente  con  l'esempio  dei  Gentili,  sdamava:  «  Aristotile  che  era 
pagano,  dice  nella  pditica  che  non  si  ddiba  fare  dipingere 
ùgare  disoneste,  rispedo  a  fanchiHì,  perché  vedendole  diventa- 
no lasdvi;  ma  che  dirò  di  voi  dipintori  Cristiani  che  fate  quelle 
figure  spettorate  che  non  sta  bene:  non  lo  fate  più.  Voi  a  chi 
si  appartiene  dovresti  Car  incalcinare  et  guastare  quelle  figure, 
die  havete  nelle  case  vostre,  che  sono  dipinte  disonestamente, 
et  faresti  un'opera  che  molto  piaceria  a  Dìo,  et  a  la  Vergine 
Maria  »  (2) .  Quindi  passando  a  detestare  la  improntitudine  di 
coloro  die  toglievano  a  modello  e  a  ritratto  dei  santi  parsone 

(1)  Prediche  Quadragesimali  del  P.  F.  Gerolamo  Savomarola ,  re^ 
citate  i' ormo  1495.  Y.  Feria  lY.  dopo  la  3/  Demenicm  di  Quaresima* 

(2)  Predica  della  prima  Domenica  di  Quaresima. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  n.  CAP.  XV.  437 

troppe^  note  alla  moltfttkline  per  la  foYereoondia  dei  loro  co- 
stami»  prendeiMio  le  parole  della  Santa  Soittara:  Et  portagHi 
tabemaetilum  Melodi  deo  vestro  ;  et  imaginem  idohrum  vettré- 
rumy  ec.  (Amos,  cap.  V]  prorompeva  in  .qiaeste  espressioni. 
«  Voi  hayete  dedicato  d  mio  tempio  et  le  mie  chiese  a  Holoch 
dìo  Yostro.  Gaarda  che  usanza  ha  Firenze!  Onne  le  donne  fioren- 
tine hanno  maritate  le  loro  fanciuBe,  le  menano  a  mostra,  et 
acconcianle  die  paiono  ninfe,  d  la  prima  cosa  le  menano  a 
Sanda  Liberata  *(  il  duomo  )  Questi  sono  gli  idoli  vostri,  i  cpudi 
havde  messo  nd  mio  tempio.  V  hnagine  de'  vostri  dd  sono  le 
imagini  et  simflitudini  delle  figaro  die  roi  fate  dipingere  ndle 
chiese;  et  gli  giovani  pd  vanno  dfoendo  ad  questa  d  qnéDa: 
costei  è  la  Magdalena;  quell'altra  è  sancto  Giovanni,  perchè  toì 
fate  dipingere  le  figure  nelle  chiese  alla  simSitudine  di  qudk 
donna  o  di  qudr altra,  il  die  è  molto  mal  facto,  et  hi  grande 
dispregio  delle  cose  di  Dio.  Vd  dipintori  fote  male;  che  seyd 
sapessi  lo  scandalo  che  ne  segue,  et  qudlo  che  so  io,  vd  non 
le  dipingeresti.  Vd  mettete  tutte  le  vanità  nelle  chiese.  Credete 
voi  die  la  Vergine  Haris^  andasse  vestila  a  questo  modo  come 
voi  la  dipingete  ?  Io  vi  dico  che  dia  andava  vestita  come  po- 
verella ,  semplicemente,  d  coperta  che  appena  se  gli  vedeva  il 
viso:  cosi  sanda  Elisabetta  andava  vestita  semplicemente.  Voi 
fareste  un  gran  bene  a  scancdlarle  queste  figure  che  sono  di« 
piote  cosi  disoneste.  Voi  fate  parere  la  Va^e  Maria  vestita 
come  meretrice.  Or  si  die  il  culto  di  Dio  è  guasto/  »  ec.  [1]  Dalle 

(1)  SabtUQ  dopo  la  seconda  Domenica  di  Quareiima.  -*-  Merita 
eiicnaio  es«r  letU  la  predica  dd  terzo  gìoiiio  di  qaaiBmoMi  nella  quale 


Digitized  by 


Google 


«8  MEMORIE 

qoali  e  d^  altre  siioili  parola  noa  i  a  dke  q^iaato  restasse  oom*- 
mosso  a  iofiaiì^inalo  raojuiio  di  mM  iHleSci  ioreotioi;  i  quali 
in  quel  prìipo  fin^yore  »  obtdigaroQO  oqh  saerwiCBto  a  Frale 
Gendamo  SaTooarpla  di  noa  più  oontamioare  V  arte  oo9à  dello 
scolpire  come  del  dipingere  con  modi  e  forme  disoiie^e.  Né 
paghi  di  questo,  Baccio  delia  Pèrla  (  poi  Tra  BartoiomBieo  )  Lo- 
rensQQ  di  Credi  e  altri  non  j^ocbi  pprtarona  ai  piedi  del  frate 
tutti  gli  study  del  nudo,  e  tutti  quei  loro  dipinti  na'qnaU  era 
palesemeote  offesa  la  decenia.  Quindi  volendo  il  Safonarola  ooii 
pubblica  e  stiaordinaria  diniosqraxioDe  inspirare  ndl' animo  dei 
fiorentini  un  giusto  e  santo  di^preno  di  tutte  le  yanità  e  lascivie 
con  le  quali  si  alimentaya  la  cornuiofie  nel  popolo,  nd  carnovale 
deiranno  1497  tutti  quegli  q^^  lascivi  iè  ardere  pubblicamene 
te  con  grandissiiiia  solennità  sulla  fiaiza  del  Palano  Vecchia 
Udiamone  il  racconto  dal  P,  Buriamacchi.  «  L'anno  1497  venendo 
pi  ^^iimovale  ordinò  il  Pa<be  ebe  fi  iacesae  una  beiljisima  prò* 
cessione  piena  di  mistm  a  ore  2i  del  giorno;  e  iéoe  fabbricare 
sulla  piasia  dei  Signori  un  gran  capaunuccio,  dove  erano  rac- 
colte tutte  le  vanità  e  cosa  lascive,  dbe  i  fandidli  avevano  rac- 


svolgendo  alcuni  tuoi  concetti  tulU  educasione  letteraria  della  gioyentiii 
soggiunge.  E  vorrebbesi^  che  non  si  leggeste  per  U  scuole  poeti  cattivi 
come  e  Ovidio  de  Arte  amandi,  Tibullo ,  ne  Catullo  e  simili ,  né  7*e- 
renzio  dove  parla  di  quelle  meretricoU,  Leggete  s.  Jeronimo,  e  s.  JgO" 
stino ,  ed  altri  libri  ecclesiastici,  ot^ero  Tàllio  e  Virgilio,  e  qualche 
cosa  di  Scrittura  Saera.  E  dove  voi  maestri  trovau  in  quelli  vostri  li» 
Mré  di  poena  6iwe,  Ptsuone^  diiA  hro:fyUuoU  miei  quesu  «orto  /«• 
4r0èe,  t  ««tirate  ifro  che  s^l»  Iddim  è  fueU»  che  regge  il  mmtdo. 


Digitized  by 


Google 


UBHO  IL  GAP.  XV.  429 

coMe  da  lotte  le  parti  deHa  eittà;  la  forma  del  qoale  era  foe* 
sia.  Preasro  i  legnajooli  m  lAero,  e  lo  riaomo  in  mezso  d^ 
piana  »  alto  da  terra  trenta  braccia ,  in  cima  del  qaàe  confic* 
corno  di  molte  travi  intorno,  le  quali  come  da  nn  ceohro  par- 
tendosiy  e  decrescendo  verso  la  terra  in  forma  di  piramide»  o 
A  padq;lione»  occopomo  120'hraeoia  di  largliezza,  aopra  le 
foali  dall'ultimo  piede  infino  alla  cima  ddl' albero  arerano 
titlo  qnindid  gradi,  sopra  i  qnali  nd  vaeao  intorno  al  fasto 
deir  albero  era  tatto  pieno  di  scope  e  fascine,  ed  tìàn  legni  ari- 
di, con  molta  polvere  da  bombarde.  Aveva  questa  macchina  otto 
bctie  m  ritondo,  e  ciasdiedona  aveva  i  suoi  quindici  gradi, 
sopra  i  quali  erano  poste  ed  accomodate  tutte  le  vanità,  e  la- 
scivie sopradette  variamente  distanti  con  mirabile  artìficia  Nd 
primo  grado  erano  panni  forestieri  pretiosissimi ,  ma  pie»  di 
%ire  fanpodicbe,  sopra  i  quali  nel  secondo  grado  era  nniK 
BMfo  grande  di  figure,  e  ritmiti  di  beUssime  donne  fiorentine, 
et  altre  per  mano  di  eocdlentissimi  artefici  pittori  e  scultori 
h  un  altro  grado  erano  tavoUeri,  certe,  tavdle  da  slampaiie, 
dadi  e  tilonfi.  in  un  altro  grado  libri  di  musica,  arpe,  Untt^ 
chitarre,  boonaccordi,  gravicembali ,  pive,  cornette,  ed  altri 
strumenti  sìbbAL  in  un  aMro  le  vanità  delle  donne,  capelli  mor- 
ti, vdioe,  ampolle,  alberelli^  specchi,  profami,  polvere  di 
0^,  capelliere  ed  altre  lascivie.  In  un  altro  libri  di  poeti  la* 
tini  e  volgari  pieni  di  lascivia,  Horganti  et  altri  Ifinri  di  batta«- 
glh.  Boccacci,  Petrarchi  e  simifi.  In  un  altro  maschere,  barbe, 
Hnee,  et  altri  stmmenti  carnevaleschi.  Vi  erano  di  molte  di 
pan  prezzo,  come  pitture  e  sculture  nohflissime,  schacdiieri 
d'avorio  e  di  alabastro,  in  modo  dke  un  mercante  veneziano  ne 


Digitized  by 


Google 


430  MEMORIE 

ofTorse  alla  Signoria  ventimila  scadi;  del  che  rìporlò  questo 
premio,  die  fu  ritratto  al  naturale ,  e  posto  in  cima  a  qoeU'edi- 
fizio  sopra  una  sedia  come  principe  di  tutte  qudle  yanità. ...  Di 
poi  i  quattro  custodi  con  un  torchio  acceso  dettono  fuoco  al  ca- 
pannucdo  con  tanta  festa,  e  letizia  di  tutto  il  popolo,  ohe  era 
uno  stupore,  suonando  insieme  le  campane  del  Palazzo,  e  |le 
trombe,  et  i  pifhri  et  cornette  della  Signoria,  tal  che  ogvi 
cosa  in  qud  punto  si  yedea  esultare  e  far  festa.  Cosi  ascenden- 
do le  fiamme  al  Gelo,  tutte  le  vanità  restomo  dal  fuoco  con- 
sunte B  (1).  Il  quale  spettacolo  fu  rioovato  eziandio  Y  anno  1498 
ultimo  dc^  carriera  apostolica  <U  fìra  Gerolamo  Savonarola. 

E  qui  ne  rattrista  il  pensare  come  a  quc^isto  solenne  trion- 
fo che  riportava  la  parola  di  lui  sulla  licenza  del  secolo,  do- 
vesse in  breve  seguitar  quello  ddl' errore  suUa  verità,  e  ddla 
impudenza  snl  costume.  I  foutori  dei  Medici  che  volevano  ri- 
tornare alla  antica  donmiazioDe  qudla  fami^;  un  regnante 
assai  più  potente  dei  Medici;  gli  artisti  libertini  ai  quali  6111- 
rono  i  turpi  guadagni,  e  la  stima  di  molta  parte  del  popolo; 
qne'  letterati  ai  quali  eran  gravi  le  severe  massime  del  tirate,  e 
ti|ttì  coloro  che  traevano  hicro  o  bma  dalla  corruzione  del  po- 
polo, sì  strinsero  insieme  e  giurarono  la  rovina  del  Savonarola. 
Sorgeva  allora  la  setta  degli  Arrabbiati  o  de  Cùmpagnaedy  cui 
dava  forza  e  coraggio  la  medesimezza  dei  vizi;  l'odio  lunga- 
mente represso  e  il  desiderio  della  vendetta.  Vinta  sulle  prime 
e  sbarattata  ,  sembrava  sciogliersi  a  breve  tempo,  ma  ranno- 
davasi  tosto  e  più  fortemente  di  prima ,  e  tolta  occasione  da 

(1)  BnUMàCCBi ,  loc.  €it.  pag.  113. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  GAP.  XV.  431 

alGone  dispotazioiii  il  gìoroo  23  maggio  deirmoo  1496  inàogu- 
raya  il  sua  sotemie  trionfo.  In  qoeUa  stessa  piazza,  e  sa  qiràl 
rogo  medesimo  ore  pochi  mesi  innanzi  il  SaTooarola  aveTa  ten- 
tato incenerire  il  rinascente  paganesimo ,  rimaneva  incenerito 
egli  stesso»  vittima  illastre  ed  infellcel  Àyrerossi  cosi  il  detto 
di  Niccolò  Machiavelli,  die  male  avvenne  senq>re  ai  profeti,  i 
quali  offersero  il  petto  inerme  all'ira  delle  fezioni  (1).  Ma  ben 
potè  r  odio  dei  tristi  opprimerio  di  rovina ,  che  il  nome  soo 
dalla  ignominia  del  patibolo  non  macchiato,  tuttayia  si  onora 
ndk  carte  degU  scrittori  che  Tollero  essere  non  timidi  amici 
dd  vero.  «  Per  quasi  due  secoli,  ghirlande  di  fiori,  che  nel- 
¥  anniversario  ddla  sua  morte  si  trovarono  sparse  sul  terreno 
che  lo  vide  morire,  attestarono  della  universale  venerazione 
pd  frate,  della  vita  continua  (fi  quelle  idee  che  avea  destate 
nd  popolo  di  Firenn.  » 

«  Vedere  il  Savonarola  dlpmto  da  Raflìiello  fra  i  dottori 
deDa  chiesa  mdversale  nelle  sale  Vaticane,  dieci  anni  dopo  là 
soa  morte  sopra  infame  patibolo,  è  la  più  splendida  riabflita- 
zione  reli((io6a ,  la  prova  la  più  luminosa  della  innocenza  di  Im', 
della  perfidia  de* suoi  nemici;  e  qud  dipinti  allogavansi  a  Raf- 
faello da  Giulio  II,  il  quale  non  avrebbe  certamente  permesso 

(1)  n  SaTOnarola  fenbra  afctse  un  imo  otcnro  pvetenttaieiito  dtl 
tmgico  fine  della  tua  cartiera  apottolica,  perciocehè  laaciò  •arìtte  qoeite 
nemocaode  parole.  Fa  Ì4f^  tuua  la  Scritturti,  tu  vedrai  che  queUi 
e&e  hanno  predetto  cote  fittmre,  sono  etati  morti.  Così  stimo,  che  ver» 
rk  ancora  a  aie.  Questo  é  il  tesoro  che  io  congrego  da  qttesto  pojfolo. 
Oracolo  della  Benofalioiie  della  Qiieta  lib.  I  pag.  51  « 


Digitized  by 


Google 


432  MEMORIE 

che  netta  disputa  del  SaerameniOf  fin  i  campìoai  ddta  CUesa 
siedesfle  im  empio,  un  uoim che ayene  Mto  oltraggio  all'oso- 
re  del  Pontificala  —  Co$l  Giidio  II  prodamaTa  rinooceiua  del 
SaYooaroh  (1).  » 

«  La  HKMrte  dd  Irate  precesse  di  pochi  anni  b  morie  della 
ftepoUdical  » 

Esposti  brevemente  i  concetti  e  la  tragica  fine  dd  {errare- 
se»  rimane  soltanto  che  si  difenda  dalla  taccia  impostagli  dai 
suoi  ayyersari,  di  predicatore  della  barbarie»  di  iconoclasta  e 
delle  arti  belle  nemico.  E  troppa  materia  invero  porsero  a  qoel- 
le  accosazioni  i  fatti  che  abbiamo  narrati  con  le  parole  stesse 
del  Bnrlamacchi,  i  qnaU  sinistramente  interpetrati»  Tecero  cre- 
dere che  egli  avesse  l'animo  chiuso  ad  ogni  gentil  sentimento 
del  bello  cosi  nelle  arti  come  nelle  lettere.  Ma  io  stioM  che 
ogni  leale  amico  dd  vero»  poste  a  riscontro  le  dottrine  dd 
Savonarola  con  la  sva  storia»  dorrà  confessare  che  ei  non  ab- 
borrisse  dall'onesto  e  legittimo  uso  di  qudle,  ma  sdo  pren- 
desse a  combattere  t'abuso  che  grandissimo  se  ne  iaceva  a  qne* 

(1 }  Filippo  Motta ,  lUustraxione  Storico^Jrtistica  del  Palano  Vee^ 
chio,  Firenze  1843.  nn  voi.  in  16.®  ▼.  pag.  194.  —  Rio,  Poesie  Chré* 
tienne ,  chap.  Vili  pag.  361.  Il  chiar.  profesaore  Rosìdì  a  smentire  che 
il  ritratto  di  un  frate  Domenicano  dipinto  da  Raffaello  nella  disputa 
del  8S.  Sacramento  y  aia  quella  dei  Saronarola,  come  fino  al  presente 
è  stato  creduto  da  tolti»  diade  quel  ritratto  inciso  nella  sua  storia; 
orasse  mal  non  mi  appongo , questa  ne  è  ami  la  piiiTaKdaoonCMma; 
poidiè  ndl'inctsioiìe  di  qucato  ritratto  vedrà  diiunque  tanta  aomi* 
gKma  con  l'altro  rbo  del  Savouarob  sotto  le  acmlmiDtt  di  s.  Pietro  M. 
fece  fra  Bartolomeo ,  da  sembrar  quello  una  oopta  di  questo. 


Digitized  by 


Google 


UBRO  IL  GAP.  XV.  43S 

gjorni  con  danno  della  morale  e  ddla  rdigione,  in  Ciri  tntta  con- 
sisfe  la  phiHi  delle  naikmi.  E  se  egli  si  lasciò  trascorrere  a 
quella  pubblica  e  solenne  dimostraxìone  di  Tare  ardóre  tanti 
strumenti  di  vanità  e  di  lascivie  al  cospetto  del  popolo  floren» 
tino»  sembra  che  dò  fosse  voluto  dalla  natura  stessa  M  male 
il  quale,  perchè  estremo,  voleva  pronti  ed  estremi  rimedj.  Né 
si  potri  g:iammai  condannare  per  quel  fatto  fra  Gerolamo  die 
nel  tempo  medesimo  non  si  condamù  l' apostolo  s.  Paolo ,  H 
quale  siccome  è  noto,  tè  ardere  pubUioamente  non  pure  qu^fi 
scritti  ne'quaM  era  palesemente  offeso  il  costume,  ma  a  di** 
vezzare  i  fedeli  dalle  flrivòle  disputazioni  e  nidirizzarli  alla  sa- 
pienza cristiana,  fé  ardere  eziandio  qu^e  opere  le  quali  con- 
tenevano oziosi  e  vani  racconti  (1).  Se  non  che  veramente  an- 
die  all'Apostolo  delle  genti  toccò  per  questa  cagione  la  taccia  di 
Eanatico  e  di  avventato  da  uno  scrittore  protestante  dello  scorso 
secolo.  Certa  cosa  ella  è,  che  quelli  artisti  i  quali  rimasero  fis 
deli  agli  insegnamenti  dd  Savonarola,  non  abbandonarono  Farle 
del  dipingere  e  dello  scolpire ,  come  sembra  avessero  dovuto  fare 
se  eg^  le  avesse  gridate  maledette ,  ma  in  quella  vece  le  indiriz- 
zarono a  più  alta  e  nobile  meta  ;  né  più  contaminarono  il  loro 
pennello  con  laide  rappresentazioni ,  giovando  il  loro  esempio  a 
rattenere  molli  da  tanta  corruttela.  Del  resto  che  nel  ferrarese 

(1)  Jet.  JposL  cap.  XIX  Ters.  19  e  20.  Multi  autem  ex  eis ,  qui 
fuerant  curiosa  sectati ,  conlulerunt  libra,  et  eombusserunt  coram 
omnibus  :  et  oomputatis  pretiis  illorum ,  invenerunt  pecuniam  denario^ 
rum  quinquapnta  miUium.  Ita  fortiter  crescebai  vetbum  dio,  et  con^ 
firmabaiur. 


Digitized  by 


Google 


434  MEMORIE 

Trate  fosse  amore  grandissinìo  alle  arti  si  paro  foeiliiieQte  da 
questo,  che  non  naaì  in  si  gran  novero  e  certamente  i  più  in- 
signi artefici  fiorentini ,  avrebbero  posto  tanto  afltetto  in  on 
nemico  di  qneUe  stesse  arti  cbe  professavano;  e  ciò  die  è 
più,  non  si  sarebbero  lasdati  condurre  a  qoelli  estremi  che, 
per  lui  difendere  e  le  sue  dottrine,  si  condussero.  E  alloraquan- 
do  con  tutta  la  potenza  della  sua  parola  fira  Gerolamo  ful- 
minava dal  pergamo  l'abuso  di  portare  nel  tempio  santo  di 
Dio  le  oscene  dipinture ,  che  fiiceva  egli  mai  se  non  voler  to- 
gliere troppa  materia  di  acousazioni  ai  nemici  della  chiesa  cat- 
tolica e  del  suo  culto;  e  prevenire  col  suo  esempio  le  decisio- 
ni del  Tridentino  ooncAio»  il  quale  vucde  che  dalle  diiese  sia- 
no tolte  tutte  qudle  pitture  le  quali,  anziché  fomentare  la  pietà, 
valgono  a  spegnerla  neU'  animo  dei  fedeli  ?  (1) 

Alle  quali  ragioni  che  a  noi  sembrano  gravi  bastantemente , 
faremo  seguitare  alcuni  fatti.  U  Savonarcda  già  da  molti  anni 
apparteneva  ad  una  congregazione ,  la  quale  avea  sempre  por- 
talo alle  arti  belle  grandissimo  afletto.  Già  abbiamo  narrato 
come  il  beato  Giovanni  Dominici,  che  erane  il  fondatore,  si 
fosse  studiato  propagarne  e  diffonderne  l' amore  in  tutti  i  chio- 
stri da  lui  eretti  cosi  di  religiosi  come  ddle  religiose;  frutto 
di  questo  amore  essere  stato  il  dipintore  beato  Giovanni  An- 
gelico, e  tutta  quella  schiera  di  miniatori,  che  abbiamo  ricor- 
dati nel  libro  primo  di  queste  memorie.  E  ciò  era  stato  fatto 
molto  avvedutamente,  perciocché  non  vi  ha  cosa  a  mio  avviso 

(1)  SeM.  XXV.  cap.  1.  Omnit  deni^fue  Uudvia  viteturi  ita  ut  p'o- 
caci  venuttate  imagines  non  pingantur,  nec  omentur* 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IL  GAP.  XV.  435 

die  soUefi  la  mente  ed  H  cuore  a  casti  e  santi  pensieri  del 
eìdo,  (joanto  Parte. divina  del  disegnare  e  del  colorire,  sem- 
preohè  ?enga  diretta  da  quello  spirito  di  pietà  che  Terveva  nel 
petto  déir  Angelico.  Volendo  pertanto  Tra  Gerolamo  Savona^ 
rola  restaurare  la  primitiva  serera  osservanza  nd  convento  di 
s.  Marco,  credette  parte  non  lieve  di  qu^a  promuovere  cal- 
dameote  lo  studio  delle  arti  del  disegno,  attestandolo  il  P.  Pa- 
dfioo  Burlamacchi  testimonio  di  veduta.  «  Voleva  che  i  con- 
versi lavorassero  alcanearti  esteriori,  ma  non  molto  distratti- 
ve,  né  di  molto  romore,  siccome  è  scultura,  pittura,  mura- 
re, scrivere  e  simili^  contribuendo  il  guadagno  loro  per  i  bi- 
sogni  dd  convento ,  acciò  i  firati  più  rerventemente  predicasse 
m  la  verità,  et  non  temessino,  (ficeado:  se  diremo  il  vero  fum 
d  saranno  daie  delle  UmosinSf  et  per  questo  cominciò  a  tot 
conversi  che  Ausino  persone  da  bene,  et  nobili  per  lasciar 
loro  ogni  cnra  temporale  (i).  »  Questo  savio  divisamento  d)be 
resito  il  piò  felice,  oondosiachè  lui  vivente,  o  pochi  anni  do- 
po il  suo  tragico  One,  una  eletta  schiera  di  artisti  venne  od 
convento  di  s.  Marco  a  seguitare  le  tracce,  e  a  far  rivivere 
gK  esempi  del  bealo  Giovanni  Angelico  ;  la  qual  cosa  non  si 
sarebbe  in  guisa  alcuna  avverata  ove  il  Savonarola,  che  mode- 
rava quella  (Congregazione  dei  Domenicani ,  fosse  stato  un  pre- 
dicatore della  barbarie,  un'iconoclasta,  ed  un  furioso  nemico 
deOe  arti  imitatrici.  Se  non  che  la  storia  di  lui  ci  narra 
Qo  .latto  eziandio  più  solenne.  La  nobilissima  donna  Camilla 


(1)  Loc.  dt  pAg.  45. 


Digitized  by 


Google 


436  MEMORIE 

Rnoellai,  per  le  predieazkmi  dello  steiao  fra  Gerobino  con* 
vertita  daDe  vanità  e  dai  diletti  dei  mondo  all'amore  ddb 
croce  di  Gesù  Cristo,  avea  divisato  erigere  di^  iMidameiita 
un  chiostra  di  Sacre  Vergini  con  le  quali  in  oontinaì  esercizi 
di  pietà  y  cbiadere  la  sna  carriera  mortale.  Aperto  Tanimo  ano 
al  Savonarda,  e  da  Ini  spronala  all'impresa,  eresse  e  dotò 
il  magnifico  monastero  di  s.  Caterina  da  Siena  in  via  Larga; 
ed  ivi,  seguitando  la  riforma  ed  i  oonoetti  dd  Ferrarese,  intro- 
dusse per  di  kii  Consilio  le  arti  del  dipingere  e  del  modellare 
in  plastica  con  esito  felicissimo,  inlùitociiè  forse  in  dun  altro 
chiostro  d'Italia  v'ebbero  mai  per  nomerò  e  per  valore  religio- 
se decfite  alle  arti,  quanto  in  qoesfo  eretto  dalla  Rocdki;  e  un 
dotto  ed  accurato  scrittore  d  attesta ,  che  fino  allo  scorcio  dd 
passato  secolo,  che  è  a  dire  fino  alla  generale  soppressione  de- 
l^i  ordini  rdigiosi,  si  perpetuava  in  qoel  monaiBtert>  lo  stadio 
e  l'amore  deUé  arti  belle.  «  Esist^o,  cod  egli  sì  esprime.  In 
quel  monastero  (  di  s.  Catetina  )  i  monumenti  di  questa  glo- 
riosa Ioto  institozione,  che  fanno  l'elogio  allo  zelo  ed  alla  rir- 
tà  dd  P.  Savonarola ,  i  quale  per  evitare  in  qud  religioso  celo 
i  pericoli  delTozio,  vi  inlrodasse  la  nohil  arte  ddla  pUtrara  e 
dd  disegno ,  e  ddla  miniatura ,  ndla  quale  tanto  si  avaotaro- 
Do  quelle  pie  femmine,  ohe  lirooo  richieste  Topone  loro  in 
Boma,  in  Napoli,  ndla  Lombardia  e  in  tutta  l'Italia  (1).  » 

(1)  Della  Storia  del  P.  FV.  Gerolamo  Savonarola,  Li?orao  1782, 
OD  Tol.  in  4.^  libro  2  $  XXXIY  pag.  146^  V  attore  Ai  qnetU  storia  cko 
è  la  pib  completa  ed  accurata  dì  quante  ne  aooo  state  pubblicate  fino 
al  presente,  è  il  P.  Barsanti  di  s.  Marco.  Un'altra  pregevole  Tita  ne  pub* 
blicò  a  Parigi  l'anno  1842  mona.  P.  J.  Carle  piena  di  affetto  e  di  poesia. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  U.  GAP.  XV.  «7 

QaìDdi  può  ben  dirsi ,  che  come  qoel  monastero  seguitava  le 
osseryanze  del  oonveoto  di  s.  Marco ,  cosi  ne  seguitasse  ezian- 
dio la  coltura  delle  arti  imitatrici;  e  queste  valenti  suore  ci 
forniranno  non  breve  né  ingrata  materia  di  discorso  nel  secon- 
do volume  delle  presenti  memorie. 

Dopo  ì  quali  fatti  non  aggiungeremo  più  altro  sul  propo- 
sito del  Savonarola,  stimando  che  tutti  odoro  ì  quali  tengono 
l'arte  in  éonto  di  meeao  eficacissin^  di  morale  e  religioso 
perfezionamento»  vorranno  applaudire  al  grande  e  generoso  pen- 
siero del  Savonarola  (fi  toglierle  dal  blandire  vili  e  turpi  passio- 
ni, per  innalzarle  a  tutta  la  dignità  e  a  tutta  la  potenza  della 
parola.  Che  se  il  magnanimo  tentativo  non  ebbe  quel  felice  ri- 
suHamento  che  era  dato  sperare,  pur  ripeteremo  la  sentenza 
di  Omero,  che 

Andte  U  voler  nelle  gran  cose  è  molto. 


28 


Digitized  by 


Google 


43É 

CHE  SOTTO  l'influenza   DSL  8ATONAROLA  VESTIRONO 
l)  ABITO  DOMENICANO. 


■i^i» 


MINIATORI. 

Fea  Bensdetto  o  Bbttuo^o  fioreot  vealiio  li  7  novemlK  1493. 
e  professato  (lai  P.  Gen^lamo  Sfivonarola  li  13  oov,  1496. 
(  Jmdl,  $.  Mar^  foL  146.  ] 

Fju  Fxuppp  LAPA(;ciia  floreot.  vestilo  dal  medesimo  nei  primi 
di  agosto  del  1492,  professato  li  3  agosto  1493.  (  lUd.  ] 

Fra  EusTAcmo  J^or^t,  ^e^tQ  dal  medesimo  nel  1496,  profes- 
sato li  12  settembre  1497.  (  Ibid,  pag.  149.  ) 

PITTORI. 

Fra  Agostino  di  Paolo  del  Mugello,  vestito  nel  1495,  pro- 
fessato od  1496. 

Fra  Andrea  florent.  vestito  nel  ISOO ,  prof,  gli  8  ottobre  1501. 

Fra  Bartolomeo  della  Porta,  vestilo  in  Prato  il  26  luglio 
1500.,  profess.  nel  1501.  (  Annoi,  conv.  s.  Marci  fot.  149.  ) 

ARCHITETTI. 

Fra  Domenico  di  Paolo  Oorent.  Non  trovo  in  qual  aimo  vesti- 
to e  profess.;  era  sacerdote,  e  mori  li  5  ottobre  1501.  [An- 
noi, s.  Marci  pag.  224.  ] 


Digitized  by 


Google 


Fra  Frakcbsco  di  Prato;  di  qaesto  eziandio  ignoro  quando  fosse 
yestito  e  qoando  professata  Mori  nel  dicembre  del  1523. 
(  Ibid.  pag.  234  ) 

MODELLATORI  IN  PLASTICA. 

ProbaUlmente  ooUìvaya  quest'arte  Fra  Amaocao  dkLla  Rob- 
bia, yestito  dal  P.  Gerolamo  Sayonarola  nel  1495 ,  professa- 
to li  13  dicembre  1496.  (  Ibid.  pag.  146.  ) 


FINE  DEL  PRUiO  VOLUME. 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


441 


DOC U MENTI 

PER  SERVIRE  ALLE  MEMORIE  DEGÙ  ARTISTI 
DOMENICANI 


8» 


Libro  1.  cap.  VII.  pag.  111. 


Iscrizione  già  esistente  nella  facciata  della  cfaksa  di  s.  Michele 
in  Borgo,  dei  RR.  PP.  Camaldolensi. 

Cernite  vos  queso  que  fulgent  marmore  ceso 
Hoc  opus  alanim  frontis  templi  quoque  clarum 
Tempore  constructum  fuit,  ad  finemq.  reductum 
Hic  patris  Andree  laudis  de  culmine  vere 
Vulterri  natus  fuit  Àbl>as  ìpse  prefatus^ 
Infirascriptorum  numero  tunc  et  monacfaorum 
Gei  ductoris  claustralis  rite  prioris 
Ànselmique^  Boni^  Benedictum  junge  Guidoni 
Sic  Plancus^  Michael^  Andreas^  Angelus  inde 
Camaldulenses  sunt  hic^  et  cenobienses 
Laude  supernorum  insistunt  angelicorum 


Digitized  by 


Google 


412  DOCUMENTI 

Anno  niilleDO  trecento  tres  dato  deno 
Cesar  et  HenricQS  s^lUius  regpandoque  prìmus 
GUGLIELMUS  sane  pisanus  sumìte  piane 
Hìc  operìs  factor  caput  extat  et  ordinis  actor 
Ergo  tu  spector  qui  respicìs  bec  quoque  lector 
Summo  dans  laudes  Patri  quo  denique  plaudes 
Die  animabus  eorum^  da  bona  Chrìste  polorum. 

(  V.  ALEstAVDRo  Di  MoKiovA ,  Pìhl  Illustrata  voi.  III.  P.  1.*  cap.  VI.  ) 

Loc.  ci(.  pflg<  tt% 

ClOIflCA   ANTIQUA  GONT.  S.  KaTHAUNAB  QrD.  PrAEDIC  PlSAmCH 

(  A^tìffAii>  NecE9)9gico  di  Fr«  GncMehna  ) 

Frater  Guilielmus  conversus  magister  in  Schullura  peritus, 
mxdtum  laboratH  in  augmmtando  conventutn.  Bic  mm  bsati  Do- 
minici corpus  mncHssifipAm  in  sotkPqmiori  tumulo  tmctretuat  quan 
scìdpsmmi  [m)  M€igi$tri  Itìskoh  dr  -Piti*,  PoHorftiar  mmu^ 
sociatìts  dicto  architedori  ^  clat^  unafn  ^e  coetis  san^tissimis  de 
IcUers  ejì^  exforsit  y  non  memoria  magistri  ordinis  cum  excomu- 
nicatione  lata  praeceptty  qui  fune  cum  generali  capitulo  Bono- 
niae  praesens  erat ,  dictamque  costam  portavù  Pisas  et  in  altari 
sanctae  Marine  Magdalmae  rerèrenter  abscondit ,  qiuim  in  mor- 
te, petendo  irnioìtì  de  innocenti,  ta  sic  loguar,  culpa  laerinuh 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  m 

iUiier  retatami.  Quam  invenfkfUes  FrtUres  ubi  ips€  praedUceml^ 
m  swiMia  venerabilitn*  posuert,  Obiit  posSqwm  vuit  m  Ordt^ 
ne  $6  (mni$^  quae  fmi  aèta$  cotnpleta;  ctgm  $pirHu9  sine  tem- 
pere m  w^  Air0ka$  feHciUn-  qi^k^cU- 

Lóc.  cit  pag.  113. 

(  Articolo  Necrdogìco  di  Frate  Fazio.  ) 

Frai&r  Fatius  conversus  mngisUr  Scutptmw^  fuk  éteoSits 
fumo  et  ToUk  àiscretn^.  tango  impore  fkit  portariits  tonven-^ 
ius  et  bene  illud  caeter^tque  offleia  soUMter  et  obbeHenter  impie^ 
tk  et  plenus  aeiate  dimisso  eanris  i^Muh  citm  electis  Dei 
sine  tempore  deleeéaiitr  4310. 

JUIvQ  H  cap.  UI.  pag*  HSd. 

CaoNicA  GONT.  8.  DosfiNia  DE  FssuLis  Ord.  Prabdic 

(  Codice  cartaceo  »  un  Tol.  in  fol.  di  pag.  194.  ] 

Fot.  %  wca  m$i.  Eodem  mn»  tidèUcet  1406  predictus  ^ 
n^abilis  (r.  JemMs  Deminici  mssw  est  onUor  a  dominoAme 
Fiorentina  ad  iom.  Papom  Gregóriusn  XII  f.  mortuo  Innocenr 
Ho  VII  cmUus  fmrtU  Smwms  PonOfeXf  ed  ab  ip$e  Gregorio 
Pontifica  detetUus  ftnt  et  oeeupains  m  negotiis  eaHesie  ae  ton- 


Digitized  by 


Google 


414  DOCUMENTI 

dem  ad  cardinalatutn  assumptus.  PermanseruiU  nihìiaminus  in 
dicto  convmtu  incoato  fralres  circUer  XVI  ^  quorum  primus  pricr 
ut  dicium  est  sopra  fait  fr.  Marcus  de  Vmetiis;  et  post  ewn 
fr.  Antonius  de  Cruce  de  MedManoi  eujus  priaratus  tempore^ 
s.  (  scìlìoet  )  anno  dom.  1409  augmeniatum  est  schisma  in  ec- 
clesia Dei.  Nam  cum  usque  ad  illud  tempus  duo  tenerent  locum 
papatusj  Gregorius  XII  predictus  et  Benedictus  XIII  ^  facto 
concilio  site  potius  conciliabulo  Pisis  p.  cardinates  predictontm 
ponti ficum  Gregorii  et  Bmedkti  q.  recesserunt  ab  eis  p.  maiori 
parte  creatus  est  tertius  Sumnrns  Ponlifex^  et  tocatus  est  Ale- 
xander  V  q.  prius  dicebatur  Mogister  Petrus  de  Candia  Ordi- 
nis  Minorum  unius  ex  cardinalibus  Gregorii.  Et  q.  (  quia  )  ci- 
vit€U  Fiorentina  obedientiam  prestabat  dicto  Pontifici  Alexan- 
dro  V  fratres  tunc  ipsùu  oom)entus  (  s.  Dominici  de  Fesnlis  ) 
perstiterunt  in  fide  et  obedientia  predicti  Gregorii  XII  tamquam 
veri  et  legiptimi  pastoris:  Mogister  Ordinis  q.  tum  erat  mo- 
gister  Thomas  de  Firmo  cum  vellet  predictos  fratres  cogere  ut 
adhererent  predicto  Alexandro  V  pp.  quod  et  captivum  duxit 
Florentiam  priorem  ipsius  conventus  Fesulani  licet  postea  dimi- 
eterei  :  ne  partidpes  fierent  coinquinationis  schismatis  omnes  si- 
mul  fratres  nullo  excepto  de  nocte  locum  dindserunt  occulte  re- 
cedentes  ne  impedir etur  iter  eorum:  et  omnes  cum  suo  priore 
perexerunt  Fulgineum:  et  dominus  civitatis  dktus  Golinus  Pe- 
trincius  et  episcopus  ejusdem  cititaiis  s.  dom.  Fredericus  Ord. 
Praedicatorum  q.  perseverabat  in  fide  et  obedientia  dicti  Grego- 
rii dederunt  eis  conventttm  Fulginatem  ipsius  Ordinis:  ubi  per 
plwi^  onnos  permanserunt  viventes  sm.  [  sammam  )  tiiom  re- 
gìUarem.  Sed  posmodum  superveniente  peste  mortuo  priore  pre- 


Digitized  by 


Google 


OOCDHBNTI  445 

dkto  et  aliis  pluribus  defhcU  vìUm  reguh»r%$  in  preHeto  conven- 
tu  Fidgmaie. 

Dictue  autem  amwntus  FenUanus  dfrelictus  apredictis  fra- 
iribus  ex  causa  assignaia  kabitarì  cepit  p.  aliquos  fratres  «on- 
ctif  Marie  Novelle:  sed  post  modieum  tempus  ab  eis  et  dereli- 
ctus  est  pp.  qd.  non  fuemfU  servale  condictiones  et  poeta  q. 
fuerunt  stipulala  in  collatione  dicti  loci  ab  episcopo  Fesulano 
ut  superius  apparetf  ipse  episcopus  Fesidanus  accepit  dicium 
locum  tamquom  pertinenlem  ad  ius  ecclesie  sue. 


V, 


Libro  II.  cap.  Y.  pag.  262. 

LlBBO  DI  RlCORDAIfZB  DEL  CONTBlfTO  DI  8.  DoMBiaGO  DI  FlBSOLB 
8BGN.  GO!f  LFTT.  C.   (  UD  YOl.  ÌD  fol.  COdlOe  CaitaCOO.  ] 

Pag.  74  a  tergo.  Ricordo  sotto  li  28  febbrajo  1611  come 
t  lllustr.  et  Eccellent.  sig.  Mario  Farnese  dopo  avere  negoziato 
con  il  nostro  convento  per  lo  spazio  di  circa  due  anni  di  otte- 
nere dai  Padri  del  convento  la  tavola  del f  Annunziata  ^  opera 
del  M.  A  P.  fra  Giovanni  detto  f  Angelico^  pittore  del  Mugello 
vicino  a  Ticchio  9  figlio  di  questa  casa^  et  contet/iporaneo  del 
Beverend.  Arcivescovo  di  Firenze  s.  Antonino  9  pure  figlio  di 
questo  convento  f  finalmente  gli  fu  conceduta  ^  et  egli  per  gra- 
titudine di  tanta  privazione  fece  dono  di  ducati  mille  cinque- 
cento. Qua!  tavola  si  conugnò  come  ci  era  ordine  al  P.  Carlo 
Strozzi  insieme  con  la  sua  predella  dove  erano  dipisUe  cinque 

29 


Digitized  by 


Google 


446  DOCUMENTI 

Btmette  della  B.  Vergine^  tutte  opera  del  detto  pittare  ec.  ec  . .  •  • 
di  tutto  eia  lode  et  onore  al  Signore^  sì  ancora  al  nostro  An-^ 
gelico  pittore  9  dal  quale  dopo  P  età  di  circa  160  asmi  ha  sen- 
tito il  nostro  convento  cotanto  benefim. 

Loc.  cil.  cap.  Vili.  pag.  333. 

Storu  dbl  duouo  m  Orvieto,  un  yoI.  in  4.''  Roma  1791. 
Documento  LXXUL  Nota  G.  pag.  136  e  seg. 

Contratto  fra  gli  Operaj  del  duomo  di  Orvieto  e  fra  Giovanni 
Angelica  Die  5JV  jonii  MCCCGXLVIL 

In  Dei  noe.  ameti.  Congregatis et  habitis  inter  eos 

et  pictorem  multis  colloquiis  super  omnibus  et  singulis 

manimter Camerarius conduxit  ad  pingendam 

cappellam  novam versus  episcqpatum,  religiosusn  virum 

frem.  Johem.  Petri  Mag.  pictorem  Ord.  Praedicatorum  ob- 
servantie  Sci  Dominici  ibid.  presentem  et  acceptantem  et  pictW' 
ras  totius  diete  cappelle  looavit  d.  mag.  fratri  Johi.  cum  pactis 
quod  d.  frater  Johes  ....  servirei  ad  picturas  pred.  cum  perso- 
na  sua  item  cum  persona  Benotii  Cesi  de  Florentia.  Item  cum 
persona  Jacobi  de  Poli^  bene  et  diligenter  et  cum  ea  qua  decet 
solertia  et  solicitudine. 

Item  quod  faciet  et  curabit  quod'd.  figure  dd.  (dictanun) 
picturarum  erunt  pulchre  et  laudabiles. 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  447 

Item  conduetto  pred.  incipiat  /ras  que  est  XV  presentis 

tnmsis  junii.  Item  quolibet  anno  pinget  cum  premissis  hoibus 

Junio ,  Julia.  Augusto  et  Settembri  quòusque  tota  cappella  fuerit 
dipincta.  Item  quod  omnia  faciet ....  sine  fìraude  dolo  ad  com^ 
mendaltionem  cujuslibet  boni  mag.  pictoris. 

Et  prò  praedictis  Camerarius .  promisit  solemniter  et 

juravit  eidem  f.  Johi  presenti  et  acceptanti  prò  se  et  suis  here- 
dibus  et  dd.  Benolio  Johi  et  Jacobo  dare  et  solvere  cum  effectu 
eid.  fratri  Johi.  prò  suis  laboribus  salario  prò  dd.  IV  mensi- 
bus  quolibet  anno  quòusque  ec.  ad  rat.  CC.  ducatorum  auri  w^ 
kris  VII  librar,  prò  quolibet  et  prò  quolibet  anno  completo.  Vi- 
delicet  prò  dd.  IV  mens.  teriiam  partem  CC.  ducatorum. 

Item  Benotio  quolibet  mense  septem  ducatos  ejusd.  valoris 
Johi.  duos  ducatos  ad  d.  rat.  et  Jacobo  unum  ducatum. 

Item  dabii  d.  mag.  pictori  omnes  colores  incumbentes  ne- 
cessarios  prò  dictis  picturis  ....  ultra  dieta  salaria. 

Item  prò  eorum  expensis  ultra  salaria  panem  et  vi»mm 

quantum  sufficiet  eis  et  XX  libras  denar.  quolibet  mense 

dum  laborabunt. 

Item  persolvet  eis  expensas  usque  ad  presentem  diem. 

Item  quod  d.  mag.  fr.  Johes.  interdum  fiunt  pontes  fadat 
designum  picturarum  et  figurarum  quas  debet  pingere  in  volta 
d.  cappelle. 

Que  omnia  vicissim promiserunt  attendere  bona  fi- 
de ec  ec*  Ada presentibus  Pietro  Mei  aurifice  et  Petra 

Natii  civ.  urbev.  et  mag.  Jchannmo  de  Senis  caput  m.  testibus. 


Digitized  by 


Google 


US  DOCUMENTI 

(  Loc.  cil.  Ductmento  LXXIV.  Nola  A.  ) 
Die  XXVIII  sepfembris  MCCCCXLYII. 

Beìiffiosus  rtr  fr.  Johes.  PeHi  mag.  pktwmntm  H  Ord. 
obsermnlie  Frum.  Predieatùrum  cmtductus  ad  pmgmdum  m 
cappella  nova  d.  fmij.  Ecelie,  mm  persona  $ua^  et  atm  perso^ 
nis  Benozi  Cesi  de  Fl&rentìa  ee.  ec  ft»o$  secw»  habml  ad  dietam 

picturam fedi  Camerario guam amémiaiio- 

nem  absoiutam el  paetum  de  tdtra  nom  pekndo  de  eeffkùim 

tribne  florenis  auri  de  auro qtios  detebai  habere  a  d.  fa- 

brica  tam  prò  se  qtiam  prò  suprad.  BitMzxo et  prò  trilms 

mensibus et  se  qmetìim  wcavit d.  mag.  fr,  Jàkes 

jurawt  ad  s.  Dei  evangeUa omm  tempore  attendere  oh- 

senxtre,  Insuper  ad  majorem  eaulelam  lièerotit  d.  fabbritam  .... 
per  AquUinam  stip^ilationem  ee.  ee.  presenMus  Jèeobi  P^ri.  Pe- 
tro  PutH.  Magro.  Johe.  Petri  alias  Pintahecchia  pittore  et  Post- 
eratio  Luce  VasceUajo  testibìès. 

Ubro  II.  cap.  Vili.  pag.  339. 

Artìcolo  Necrologico  di  fra  Gieframii  Aageiico  nelk  Cronaca 
dì  s.  Domenico  di  Fiesole. 

Fot.  166.  Fr,  Jòannes  Petri  de  Mugello  obnt  die 

{  manca  ) .  Eie  fuit  precipims  pietor:  et  sicut  ipse  erat^  dewtus 
in  corde  ita  et  figure^  pingebai  detotione  plenas  ex  effigie  pin- 
xit  n.  multas  tabulas  altarivm  in  diversis  ecclesiis  et  cappellis 
confraternitatib.  quar.  tres  sunt  in  hoc  conv.  FestUano.  una  in 


Digitized  by 


Google 


DOCDHBNTI  449 

Saneto  Marco  Floreniiae:  éme  m  eedùi.  Ste.  Trimiatis  Ordinis 
VaUis  Umbrote:  una  in  Sta.  Maria  de  Angdis  Ordmis  Carnai- 
dulensium:  una  m  Sto.  Egidio  in  toeo  hospitalis  Ste.  Marie  No- 
te. Quedam  tabule  minores  m  sodetatibas  pueror.  et  m  alOs  so- 
cietatibus.  pinxii  cellas  conrentus  Sti.  Marci  et  capituluxn  et 
aliguas  figurai  m  claustro.  SimUHer  pinxit  aliguas  figurai  hic 
Fesulis  in  refectorio:  in  capitulo  velcri  qd.  mo.  e.  (  modo  est  ) 

hospitium  secularium.  pmooii  capellam  dm^pape et  partem 

cappMe  tfi  ecdia.  cathedrali  urbis  veteris  ;  et  plura  alia  pinxit 
egregie  d  tandem  simptr  vices  (  simpliciter  yiyeiis  )  sto.  fine  que- 
tU  tu  pace. 

AlfNAUA  OONT.  S.  MaBO  DB  FuOBBXtU.  ObD-  PkAED. 

(  un  Tol.  in  UÀ.  codice  cartaceo.  ) 

Fol.  6  a  tergo.  Tabula  gltaris  nugoris  et  figure  capHuli  et 
ipsius  primi  claustri  et  omnium  cellarum  superiorum  et  crucifi- 
xi  refedorii  ,  omnes  pietas  sunt  per  quemdam  fratem  Ord. 
Praedicat.  et  conventus  Fesulani  qui  habebatur  prò  summo  ma- 
gistro  in  arte  pictoria  in  Italia  ^  qui  fir.  Johannes  Petri  de  Mu- 
gello dicebatur^  homo  totius  modestiae  et  ritae  religiosae. 


29 


Digitized  by 


Google 


460  DOCUMENTI 

Db  ttMs  ttjjDSTB.  OiD.  Pmàsmcjoommf  urna  sex 

IN  uifVM  GONGvn»  Aocrou  Lbaiidiio  Aunn  mmnoBim. 

(  un  ToL  ki  IbL  Bonomie  1517.  ) 

Libro  V.  fol.  352.  a  tergo. 

B.  JO.  FE8DLANUS. 

Joannes  fesìdanus  Hetru»cu$  rtr  sanctitate  canspicnus^  et 
pingendi  arte  peritissimus ,  anno  domini  MCCCCLY.  XII  Kai. 
marta,  Romae  vita  functus  est ,  et  in  basilica  s.  Mariae  ad  Mi- 
nervam  in  sepuicro  lapideo  tanto  viro  digno  tumulatasi  quod 
Nicolaus  V  Pont.  Max.  duobus  epitaphiis  grqphice  exornarì  cur 
ravit,  Fxiit  hic  tenerandus  vir  tantae  observantiae  institutionum 
suarum ,  ut  in  palatio  Pontif.  Max,  consistens  minimam  earum 
partem  haad  quaquam  onUserit.  Nam  cwn  Nicolaus  Pontifex  ei 
sacellum  in  palatio j  quod  adhuc  cernitura  picturis  exomandum 
tradidisset,  et  eum  aliquando  viserety  oc  diceret,  hodie  Joannes 
volo  ut  carnibus  vescaris,  nimis  enim  laboribus  indulsisti,  re- 
spondisse  ferunt:  Pater  sane  te  hoc  mihi  praefectus  coenobii  non 
indulsit.  Et  Pontifex ,  ipse\  qui  omnibus  praesum  tibi  hoc  indul- 
geo.  Ex  hoc  enim  coniid  potest  quanta  fuerit  cum  isto  sancto 
viro  patrum  nostrorum  observantia  institutionum ,  qui  sibi  non 
indultum  a  coenobii  sui  presidente  hoc  pontifici  obiecerit.  Appri- 
me  Nicolaus  tantum  virum  coluit,  ac  veneratus  est,  ob  ejus  ri- 
tae  integritatem  ac  morum  excellentiam. 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  451 

vnr% 

Libro  U.  cap.  XI.  pag.  370. 

CHlOlflCA  GONY.  S.  HaUAB  IbSBUGOBJDIARUM  TaBIAB 

Ordinis  Prabmcatobìhi.  US. 

Fol.  VL  —  Sacellmn  S.  Petrì  Martiris.  Anno  domini  1474. 
Nob.  D.  Barthohmaeus  Lupus  legami  prò  eo  libras  centum:  an- 
no autem  1522,  die  21  januarUy  N.  D.  Dominicus  Oddus  de  To- 
bia suum  ullimum  condidit  testammtum^  in  quo  suum  haeredem 
instituii  sacellum  S.  Petri  M.  quo  ordinavit  quoad  Iconem^prout 

nunc  est  »  assignans  ducatos  25  prò  eapensis Pallam 

(  (almlam  )  autem  illam  delineavit  R.  P.  D.  Emmanuel  Macho- 
rius  de  Pigna:  in  illa  est  e/figies  D.  N.  Jesu  Christi  crucifixi; 
ad  ejus  latus  dextrum  depictus  est  B.  P.  Dominicus;  ad  lemm 
S.  Catharina  virgo  et  martyr;  ad  pedes  autem  crucifixi  a  de- 
xtris  5.  Hieronymus  pectus  suum  Ifqnde  percutiens  ;  Sancius  au- 
tem Petrus  Martyr  a  sinistris.  In  incursione  vero  impiorum  Tur- 
carum  furore  satanico  ac  belluino  cantra  imagines  istius  altaris 
impie  debacchati  sunt^  et  in  faciebus^  pectoribus^  et  brachOs^ 

securibus  et  aliis  armis  percusserunt  ae  deturpaverunt sed 

(  quod  silentio  praetereundum  minime  est  )  cum  Ule  presbyter  joco 
et  irrisorie  conspicilia  ad  faciem  B,  P.  Dominici  pinxisset  et  de 
hoc  fucinare  glorians  rediret^  ipse  postmodum  coecus  effectus  est^ 
et  sic  diu  y  usque  ad  finem  vitae  suae  misere  permansit  ;  et  hu- 
jus  facti  testes  oculati  adhuc  vivi  supersunt. 


>»♦<  m 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


453 


INDICE 


Prbpauoivb Pag.     9 

LIBRO  PRIMO 

CApntNLO  I.  GondiiacMii  ddle  Arti  io  Italia  net  primordi  del 
wMìk>  XIII  y  e  segnatamente  dell'  architettura  volgarmente 
appdlata  GMù»  o  Jtfdf 5ca «    2d 

CjMtGUf  II»  Fra  Ssto  e  fra  Ri^oro  architetti  toscam.  -^ 
Loro  prime  qpere  in  serrigio  della  repobbliea  fiorenfina. 
—  G>mpiono  il  palajoo  del  Podestà  —  Rioostraiseono  il 
ponte  alh  Garraja.  «^  Fahbrieam  h  chiesa  di  g.  M.  NoTel- 
la.  —  Dal  Pontefice  Niccolò  Ili  sono  clMaitiaU  in  Soma  ad 
operare  nd  Vaticano  .   .    .    .    i «    3t 

GAmy>Lo  III.  Architetti  minori  toscani ,  loro  fabMcbe  in 
Prato,  fn  Firenie,  nel  Val  d^Amo,  e&    é   .    .    .    .    «    M 

CAfinoLO  IV.  Di  alenni  architetti  Portoghesi  del  sec.  XIIL  «    73 

CAPrroLO  V.  Notizie  intomo  la  vita  e  le  opere  di  fra  Gugliel- 
mo da  Pisa  scultore  e  architetto.  —  Condizioni  della  scul- 
mm  in  Italia  nei  primordi  del  secolo  XIR  — ^  Primi  lavori 
di  fira  Guglielmo  in  patria  e  in  Bologna ;    «    76 

Cafitolo  vi.  Descrizione  dell'  Arca  di  s.  Domenico  ki  Bolo- 
gna. -*  Parte  che  vi  ebbe  Niccola  pisano  e  fira  GugKelmo. 
-^  Scultori  che  vi- operarono  nei  tempi  successivi.    .    .    «    87 


Digitized  by 


Google 


434  INDICE 

Capitoex)  vii.  Seguita  la  vita  di  fra  Guglielmo  da  Pisa.  — 
Suoi  layori  nel  duomo  di  Orvieto ,  e  io  patria.  —  Sua 
morte •    .    .  Pag.  101 

CAPrroLO  Vili.  Architetti  bolognesi  e  lombardi. — Loro  fab- 
briche in  Venezia ,  in  Padova ,  in  Trevigi ,  in  Milano    .    «  114 

Capitolo  IX.  Memorie  di  Tra  Giovanni  da  Campi ,  e  di  fra 
Jacopo  Talenti  architetti  toscani.  —  Compiono  il  tempio  di 
s.  Maria  Novella.  — -  Fabbricano  il  noovo  convento.  —  Ri- 
costruiscono di  pietra  il  ponte  alla  Carraja,  e  innalzano  al- 
tre fobbriche  in  servizio  della  repubblica  e  dei  privati  cit- 
tadini   «  i35 

CiFiTOLO  X.  Di  fra  Giovannino  da  Marcojano ,  e  dì  altri  re- 
ligiosi architetti  del  convento  di  s.  Maria  Novella ,  allievi 
di  fra  Giovanni  da  Campi  e  di  fra  Jacoco  Talenti    .    .    «  163 

CiprroLO  XI.  Saggio  dei  Miniatori  Domenicani.  Miniatori  dei 
secoli  XIV  e  XV  in  s.  Maria  Novella ,  in  s.  Marco  di  Fi- 
reme  ,  e  in  s.  Caterina  di  Pisa «  171 

CAFrroLo  XII.  Notizie  della  vita  e  delle  opere  del  miniatore 
e  pittore  fra  Benedetto  del  Mugello «  187 

CAPrroLO  XIII.  Di  fra  Eustachio ,  e  dì  fra  Pietro  daTramog- 
giano  miniatori  Toscani  nel  secolo  XVI «  aOl 

LIBRO   SECONDO 

Capitolo  I.  Fra  Giovanni  Angelico «  211 

Capitolo  II.  Documenti  cosi  editi  come  inediti  dai  quali  fri 

tratta  la  presente  vita  di  fra  Giovanni  Angelico  ...  «  223 
Capitolo  IH.  Orìgine,  patria,  studj ,  professioiie  religiosa 

di  fra  Giovanni  Angelico « 


Digitized  by 


Google 


INDICE  455 

Capitolo  IV.  Prime  opere  dell' Angelico  in  Foligno  ed  in 

Cortona Pag.  242 

Capitolo  V.  Ritorno  di  fra  Giovanni  Angelico  in  Fieside  .  «  256 
Capitolo  YL  Fra  Giovanni  e  fra  Benedetto  del  Mugello  si 
recano  in  Firenze.  —  Fabbrica  del  nuovo  convento  di  san 
Marco.  —  Dipinti  dell'  Angelico  per  la  chiesa  e  per  il  con- 
vento del  suo  Ordine,  e  per  la  città  di  Firenze.    .    .    <x  274 
Capttolo  vii.  Dipinti  di  fra  Giovanni  Angelico  per  altre 

chiese  della  città  di  Firenze «  304 

Capitolo  Vili.  L'Angelico  é  invitato  a  dipingere  in  Roma, 
probabihnente  dal  Sommo  Pontefice  Eugenio  IV ,  e  tratte- 
nutovi dal  successore  Niccolò  Y.  —  Suoi  dipinti  al  Yatica- 
to  e  alla  Minerva  di  Roma ,  e  in  Orvieto.  —  Sua  morte , 

suo  elogio  e  suoi  discepoli «  320 

Sommario  dei  dipinti  tuttavia  esistenti  di  fra  Giovanni  An- 
gelico     «  346 

Capitolo  IX.  Notizie  di  frate  Bartolomeo  Coradini  pittore  Ur- 
binate volgarmente  detto  Fra  Carnovale tf  350 

Capitolo  X.  Di  fra  Gerolamo  Monsignori  pittore  veronese .  «  359 
Capitolo  XI.  Del  P.  Domenico  Emanuele  Maccari  pittcnre 

genovese «  367 

Cartolo  XII.  Dell'  architetto  veneziano  fra  Francesco  Co- 
lonna »  autore  del  Rmnanzo  Artistico ,  //  Sogno  di  Po- 

tifilo «  371 

CAPrroLO  XIII.  Appendice.  Pittori  in  vetro  nei  secoli  XIY  e 
XY.  —  Di  alcuni  pittori  Toscani ,  e  di  fra  Bartolomeo  pe- 
rugino  «  387 


Digitized  by 


Google 


4S6  INDICE 

Capitolo  XIV.  Notizie  dd  beato  Giacomo  d' Dima  e  de'  suoi 
discepoli  Dell'  arte  vetraria Pag.  403 

Capitolo  XV.  Biforma  delle  arti  Italiane  teotaU  da  fra  Ge- 
rolamo Savonarola.  —  Concetti  dd  Frate  sulle  medesime. 
-^  Segoad  e  fautori  cbe  in  quella  lo  aiutarona  ...    «  414 

DOCUMENTI «  441 


Digitized  by 


Google 


DEI  PIÙ  MSieNI 


DOMENICANI 


Digitized  by 


Googk 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


.   iZ^  4-'  ifS-t.-Vt^     £J^  t-  . 


Digitized  by 


Google 


11^ ;ri  o  3  l.:rt qZaO  ::^irL {a  ^ 


SJ  -.ZCK^rj/i     j!t.- . 


X.  c^ 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


MEMORIE 

DEI  PIÙ  INSIGNI 

PITTORI,   SCULTORI  E  ARCHITETTI 

DOlfilVIGAVI 

CON   A66IIIRTA  DI  ALCOHI  8CKITTI  INTORNO  LE  BELLB  ARTI 

DEL    P.    L.    VINC.    MARCHESE 


DILLO 


ISTITUTO 


feumsiGiMio 


FIRENZE 

PRESSO    ALCIDE    PARENTI 
1846 


Digitized  by 


Google 


.  ."  '   ' 


Digitized  by 


Google 


niEMOBIE 

OBI    PIO    INSIGNI 

PITTORI,  MTORI  E  iRCHUTTI 


LIBRO     TERZO 

CAPITOLO    PRIMO 

Fra  Bartolammeo  Della  Porta. 


PROEMIO 

Mi  fallire  della  rifimna  tentata  da  fra  Girolamo  Savonarola, 
con  la  qaale  chiademino  il  primo  rolome  di  queste  Memorie^  non 
tardò  a  portare  i  suoi  fhitti.  AUoraquando  l'ambizione  di  Lodo- 
vico il  Moro  ebbe  aperto  agli  stram'eri  il  yarco  al  bel  paese  chiuso 
dalle  Alpi  e  dal  mare,  questi,  non  che  rinrenire  forti  e  generosi 
difensori  della  patria,  furono  in  quella  vece  contro  di  lei  da  par- 
ricide mani  aiutati  e  sospinti.  Allora  questa  infelice  terra,  anzi 
che  luogo  di  sudata  conquista,  fu  un  aperto  campo  che  impune- 
n.  1 


Digitized  by 


Google 


2  MEMORIE 

mente  scorrevasi  e  depredaTasì;  o  meglio  ancora^  mio  steccato 
oYe  Francia,  Spagna  e  Alemagna  venivano  a  contesa  per  sapere 
qual  brano  della  penisola  saria  loro  toccato  o  in  premio  del  va- 
lore, 0  in  dono  della  Tortuna.  Così  quegV  Italiani  medesimi  che 
di  recente  avean  fhtto  dono  agli  stranieri  di  on  nuovo  mondo,  si 
vedevano  da  quegli  stessi  conteso  il  possesso  della  propria  lor 
terrai  Perduto  il  dominio  delle  armi,  solo  a  noi  rimanea  quel 
dell'ingegno.  Il  perchè  Giulio  II,  pontefice  di  smisurati  concetti, 
dopo  r inutile  prova  di  sbandire  i  barbari  dall'Italia,  fermò  nel- 
V  animo  di  mantenere  il  primato  italiano  delle  lettere,  delle  arti, 
della  religione;  primato  che  uè  l'ambizione,  né  la  potenza  degli 
stranieri  fia  che  d  tolgano  mai,  se  a  noi  non  tolgono  ¥  aria  che 
respiriamo  e  il  suolo  che  ci  nutrisce.  Se  non  che  Giulio  non 
avendo  per  morte  potuto  mandare  ad  effetto  i  suoi  grandi  con- 
cepimenti, Leone  X  da  uguale  carità  della  comune  patria  com- 
preso, tolse  ad  incarnare  il  pensiero  del  suo  antecessore.  Allora 
il  Bembo  e  il  Sadoleto  vennero  ad  assidersi  allato  al  nuovo  pon- 
tefice. A  Beroaldo  il  giovine  si  affidò  la  Biblioteca  Vaticana,  e  a 
Filippo  Laschari  il  ministero  di  addottrinare  nelle  greche  lettere 
la  romana  gioventù.  Paolo  Giovio,  Aldo  Manuzio,  il  Tcbaldeo,  Ber- 
nardo Accolti,  Santi  Pagnini,  Agostino  Giustiniani ,  con  infinita 
schiera  di  vati  e  di  dotti  foceano  nobile  corona  al  pontefice,  per 
guisa  che  si  potea  dire  con  ragione  che  tutta  la  umana  e  la  divina 
sapienza  avesse  fermato*  il  seggio  in  Vaticano.  E  perchè  dalla 
civiltà  di  un  popolo  non  andò  mai  disgiunto  il  teatro,  Gian  Giorgio 
Trissino  colla  Safoniibay  e  fl  cardinale  di  Bibbiena  colla  Calandra 
poneano  le  fondamenta,  quegli  della  tragedia  e  questi  ddla  com- 
media italiana.  Frattanto  RaSaeDo  coli'  opera  di  Giulio  Romano, 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  I.  3 

di  Francesco  Penni,  di  Perìn  del  Vaga,  di  Baldassarre  Peruzzi, 
di  GioTanai  da  Udine,  coloriva  le  loggie  vaticane.  Michelangelo 
BnonarroU  creava  il  ìlùèè^  pingeva  i  profeii  alla  Sistina»  e  for- 
niva i  disegni  a  Sebastiano  dd  Piombo  onde  abbattere  V  emulo 
Raffaello;  e  a  Bramante  di  recente  sceso  nel  sepolcro,  soccedEe- 
vano  fra  Giocondo,  Giuliano  da  San  Gallo  e  Raffaello  nel  prose- 
guire la  fabbrica  del  più  bd  tempio  dell' uni  v^so. 

Che  se  dalla  eterna  Roma  si  rivolge  lo  sguardo  alle  altre 
provmde  dell'  Italia,  vi  si  rinviene  pari  luce  di  lettere  e  di  arti. 
Oode^u  vedi  r  Ariosto  leggere  alla  corte  del  cardinale  Ippolito 
d'Este  le  pazzie  e  gli  amori  di  Orlando;  il  Castigliope  for  lieta 
quella  dì  Urbino  col  suo  Cortegiano;  Firenze,  Atoie  novella,  neUi 
Orti  Rncellai  udire  per  bocca  del  Guicciardini,  del  Macdòaveili 
e  di  Luigi  Alamanni  lezioni  di  politica,  di  armi  e  di  letlere;  Mi- 
lano meravigliare  del  cenacolo  di  Lionardo  alle  Grazie;  Bologna 
abbellirsi  delle  ultime  opere  del  Francia;  Parma  saiutare  con 
gioia  gli  amii  giovanili  del  Coreggio;  e  Venezia  andar  superba 
dei  dipinti  di  Giorgione  e  di  Tiziana  P^  siffatta  guisa,  nel  tempo 
che  nella  Germania,  per  cagione  di  un  frate  ambizioso  e  lascivo, 
tutto  era  disordine  e  confusione,  e  di  scolastidie  sottigliezze  e  di 
dogmi  venerandi  dispatavasi  nei  trivj  e  neUe  piazze  da  laici, 
da  femmine  e  4a  fanciulli;  in  Italia  toccavano  la  suprema  ecoel« 
lenza  le  arti  imitatrici;  creavasi  un  poema  epico;  risorgeva  la 
commedia  e  la  tragedia;  di  forza,  di  elegmiza,  di  proprietà  ga- 
reggiavasi  nc^  storia  con  Tucidide,  con  Livio,  con  Tacito;  e 
ndla  filosofia  e  nella  scienza  ddla  divinità  era  venerato  il  vero 
quando  per  tutto  erano  delirj,  atrocità  ed  orribile  confusione. 
Per  questa  via  Dio  pietoso  corresse  il  disordine  dei  tempi  e  degli 


Digitized  by 


Google 


4  MEMORIE 

uomini;  e  se  a  noi  non  fu  più  conceduto  dar  legge  ai  popoli  vinti 
e  soggiogati,  pur  fummo  loro  maestri  di  civiltà.  Onde  io  stimo 
fosse  bellissima  gloria  quella  di  aver  veduto  Carlo  V  imperatore 
e  Francesco  I  re,  cagione  prìncipalissiAia  dei  mali  nostri,  umi- 
liarsi stupefatti  nauti  l'ingegno  maraviglioso  di  Lionardo  e  di 
Tiziano. 

Ma  a  non  dipartirci  con  troppo  lungo  intervallo  dal  sub- 
bietto  ddle  presenti  Memorie,  diremo  alcune  parole  sulla  condi- 
zione delle  arti  in  Italia  in  questo  portentoso  secolo  XVL 

Quando,  volendo  noi  scrivere  la  vita  di  fra -Giovanni  Ange- 
lico, toglieipmo  TufiScio  di  ricercare  la  storta  e  svolgerei  canoni 
dell'arte  cristiana,  non  fu  quella  opera  di  lunga  Iena;  percioc- 
ché tutti  i  pittori  del  secolo  XIV,  e  in  gran  parte  quelli  del  XY, 
ci  parvero  maravigliosamente  concordi  in  un  solo  concetto,  e 
quasi  parlare  una  sola  favella.  E  ben  puoi  andare  peregrinando 
dall'  uno  aU'  altro  capo  dell'  Italia,  e  vedrai  in  costoro  la  stessa 
semplicità,  la  stessa  grazia  e  la  inspirazione  medesima.  Per  la 
qual  cosa  non  sembrano  già  appartenere  a  molte  e  diverse  scuole 
pittoriche,  ma  ad  una  sola  e  concorde  famiglia,  educata  da  uno 
stesso  principio,  cresciuta  perla  stessa  via,  aspirante  ad  una  co- 
mune gloria.  Si  trasportino  l'Avanzi  e  il  Dalmasio  in  Siena;  Mat- 
teo di  Giovanni  in  Bologna;  Simone  Memmi  in  Roma;  Pietro  Ca- 
vallini in  Firenze,  e  parranno  cittadini  di  quelle  stesse  città, 
educati  a  quelle  scuole  medesime;  e  lo  stesso  vuol  dirsi  di  Fran- 
cesco Francia  e  di  Pietro  Perugino,  quasi  ruscelli  nati  ad  una 
stessa  sorgente.  Tanto  la  religione  avea  saputo  imprimere  in  co- 
storo un  cotal  riverbero  di  celestiale  bellezza  che  li  rendea  tutti 
quanti  fratelli. 


Digitized  by 


Google 


LIB.  HI.  GAP.  1.  5 

Ma  ora  imprendendo  noi  a  scrivere  della  vita  e  delle  opere 
dell'insigne  dipintore  Ara  Bartolommeo  della  Porta,  e  volendo  per 
sìmil  guisa  svolgere  i  canoni  generali  dell'arte  nel  secolo  XVI r  ci 
é  giuoco  forza  cessare  da  quell'impresa,  e  confessare  che  a  tanto 
ufficio  non  ci  basta  T  ingegno.  Perciocché,  non  pure  in  questa 
età  le  varie  scuole  d' Italia  ne  paiono  assai  diverse  e  quasi  di- 
scordanti fra  loro;  ma  vediamo  sovente  uno  stesso  pittore  lenere 
molte  e  svariate  maniere,  per  guisa  che  non  essendo  a  quelle 
adusato  e  volendone  pur  giudicare,  si  avrebbe  troppo  facile 
materia  di  errori.  Tu  vedi  gli  uni  piacersi  meravigliosamente 
del  colore,  e  non  altrimenti  che  da  uno  istrumento,  trame  soa- 
vissime melodie;  altri  vagheggiare  il  disegno,  ed  essere  fecondi 
trovatori  di  modi  e  di  forme  elettissime,  e  nelle  linee  dolcemente 
variate  e  nelle  facili  e  gentili  movenze  trovare  un  bello  tanto 
squisito  da  innamorarne  gli  occhi;  alcuni  poi  non  cosi  bravi  co- 
loritori, uè  disegnatori  si  pronti,  trionfare  nella  ragion  del  com- 
porre: e  vuoi  moltitudine  di  popolo  ordinata  alla  pace  o  atteg- 
giata alla  guerra,  mostra  di  danze,  trionfi  di  vincitori,  egli  ti, 
sembrano  storici  e  poeti  più  che  pittori.  Non  pertanto  nella  più 
parte  di  costoro  se  trorerai  la  imitazione  del  vero,  raro  è  che 
ti  eccitino  nell'  animo  un  forte  e  generoso  concetto,  e  assai  più 
raro  un  pensiero  ed  un  affetto  di  cielo.  Ne  è  mestieri  pertanto 
conchiudere,  che  l' arte  nel  secolo  XVI,  o  non  avea  certe  e  defi- 
nite leggi,  0  con  queste  sole  reggersi  e. moderarsi:  le  belle  arti 
cercare  il  piacere;  esser  di  lor  natura  imitatrici;  ogni  suo  pregio 
avere  nella  verità  e  forza  della  imitazione^  e  nel  dilettamento  che 
di  questa  gradevole  illusione  gli  uomini  prendono;  al  che  nulla  ri- 
levare che  gli  oggetti  imitati  siano  da  se  piacevoli  o  magnifici; 


Digitized  by 


Google 


G  MEMORIE 

piacer  anxi  iaiora  non  poco'  la  imitazione  di  tali  co$e  che  altri 
non  vorrebbe  il  vero  iofferime  (1).  Per  questa  guisa  V  arte  che 
dal  Cristianesimo  era  stata  fatta  maestra  di  civiltà ,  educatrice 
del  popolo,  parola  eloquente  di  nobili  e  santi  affètti,  in  questo 
secolo  tornò  nuovamente,  per  la  più  parte,  ali*  ufficio  di  trastul- 
lare gli  oziosi,  e  porger  esca  alle  lascivie  dei  grandi. 

Che  se  da  queste  generali  considerazioni  ne  piaccia  scendere 
ad  alcune  più  parziali  e  proprie  dell'Arte  rdigiosa,  e  meglio  dif- 
finire  i  termini  che  dividono  i  pittori  del  secolo  XVI  da  quelli 
dei  secoli  precedenti,  diremo  in  tre  capi  principalmente  sem- 
brarci discordare  gli  uni  dagli  altri:  nella  compoazione,  nella 
proprietà  e  nella  imitazione. 

Avevano  gli  antichi  molto  avvedutamente  partiti  i  dipinti 
ad  uso  del  tempio  m  due  classi  disUnte:  nella  prima  erano  qudk 
tavole  o  quei  freschi  a'  quali  era  il  tempio  stesso  o  V  altare  de- 
dicato, e  che  voleansi  coloriti  per  offisrirli  al  culto  e  alla  reima- 
zione  dei  fedeli.  Questi  erano  concepiti  per  modo  che  la  figura 
del  santo,  o  sola  fosse,  o  prima  si  offerisse  all'  occhio  del  riguar- 
dante già  coronata  dalla  gloria  de' comprensori,  perciocché  ad 
uomo  mortale  non  saria  conceduto  omaggio  tanto  solenne.  Se 
questi  dipinti  erano  in  tavola,  aveano  forma  di  Dittici  o  di  Trit- 
tici; e  le  figure  non  necessarie  teneansi  o  più  piccole  nella  di- 
mensione, o  disponeansi  in  guisa  che  non  stomass«x>  dalla  prima 
il  culto  e  r  ammirazione.  Nella  classe  seconda  erano  quei  dipinti 
che  voleansi  a  solo  adornamento  del  tempio,  dei  chiostri  e  dei 
capitoli,  e  diceansi  storie;  e  quivi  servato  l'ordine  e  la  ragione 
dei  tempi  o  della  storia,  ritraevasi  alcun  fatto  con  la  stretta  imi- 

(1)  Pietro  Gioudaiti,  opere,  Voi.  Il,  pag.  12,  nell* cditionc  del  1S21. 


Digitized  by 


Google 


LIB.  lU.  GAP.  I.  7 

(azioae  dd  yero.  U  secolo  XVI  turbò  e  confuie  quest'  ordine  sa- 
Tìamaite  troyato  dai  padri  nostri;  e  nelle  tavole  degli  altari 
troppo  sovente  trovi  qaeDa  conftisione  che  appena  tollerabile 
sembrerebbe  in  una  storia  che  narrasse  navale  o  terrestre  com-^ 
battimento.  Onde  fra  quella  moltitudine  di  gente,  di  fanti,  di 
cavalli,  cerchi  indamo  il  santo  cui  è  vduto  il  cuUo  religioso, 
poiché  il  pittore  sovente  in  minori  proporzionile  fai  massa  scura, 
appena  è  che  lo  accenni  confbso  fra  la  moltitudine.  Arroge,  che 
la  vaghezza  del  paese,  la  maestà  delle  fabbriche,  io  squisito  la- 
vorio dei  ricami  e  dei  tessuti,  e  cento  altri  accessorj  per  modo 
ti  furano  l' aUentione,  che  V occhio  sedotto  e  preso  al  fascino  di 
tante  beOezie  non  lascia  alla  mente  ed  al  cuore  elevarsi  alla 
contemplazione  delle  cose  celesti  ed  immortali. 

Ma  per  troppo  lungo  intervallo  si  dipartono  dagli  antichi  i 
pittori  di  questo  secolo  in  ciò  che  spetta  alla  proprietà  e  alla  de- 
cenza. Perciocché  non  cosi  tosto  quella  impura  setta  di  artefici, 
già  spaventata  dalle  minacele  di  fra  Girolamo  Savonarola,  si  fu 
abbeverata  nel  sangue  di  lui,  e  n'ebbe  profanate  e  disperse  le  ce- 
neri, che  senza  freno  o  ritegno  proruppe  a  contaminare  d' infami 
turpitudini,  non  pure  le  domestiche  mura,  ma  il  tempio  stesso 
di  Dio;  e  rimossi  o  atterrati  quei  puri  e  casti  dipinti,  opera  e  te- 
stimonii  della  fede  dei  padri  nostri,  vi  ebbero  collocate  invere- 
conde tele  e  inverecondi  marmi,  da  spegnere  ogni  avanzo,  non 
pure  di  religione  ma  di  onestà.  Della  quale  improntitudine  chi 
vdesse  andare  cercando  le  cagioni  le  troverebbe  facilmente  nei 
costumi  di  quella  età  corrottissima,  nell*  indebolimento  della  fede 
turbata  dalle  eresie  del  settentrione,  e  nello  studio  eccessivo 
ddla  mitologia;  onde  il  pittore  e  lo  scultore  che  si  era  lunga- 


Digitized  by 


Google 


8  MEMORIE 

mente  esercitato  a  ritrarre  le  nefandezze  dell'  Olimpo  pagano, 
sempre  che  poi  volesse  trattare  i  sablimi  argomenti  della  santis- 
sima religione  di  Cristo»  contaminata  la  sua  fantasia^non  area 
più  modo  ad  elevarsi  a  puri  e  celesti  pensieri.  Troppo  feconda  e 
dolorosa  materia  di  favellare  sarebbe  discorrere  eziandio  breve- 
mente i  mali  cagionali  al  costume  pubblico  ed  alla  religione  in 
Italia  dalla  sfrenata  licenza  delle  arti;  né  so  se  ci  verrebbe  fatto 
temperare  siffattamente  lo  sdegno  che  non  prorompesse  a  troppo 
acerbe  parole  (1).  In  quella  vece  noi  ci  faremo  a  lodare  e  rin- 
graziare li  odierni  artefici»  che  ci  abbiano  finalmente  liberati  da 
tanto  nauseante  spettacolo,  rilegando  nei  postriboli  quelle  infami 
nudità  che  al  presente  ogni  onesto  cittadino»  non  che  nelle  chiese, 
non  patirebbe  vedere  nelle  stesse  mura  domestiche. 

(1)  E  acerbe  furono  certamente  quello  dì  un  anonimo  scrittore  del 
secolo  XVI,  riportato  dal  doltor  Gaye.  A  dì  i9  marzo  1549,  ti  seopri  le 
lorde  et  sporche  figure  di  marmo  in  Santa  Maria  del  Fiore  di  mano  di 
Baccio  Bandinelli,  che  furono  un  Adamo  et  un*  Eva,  della  guai  eota  ne 
fu  da  tutta  la  città  biatimato  grandemente ^  et  con  seco  il  duca  che  com- 
portassi una  simil  cosa  in  un  Duomo  dinanzi  alV altare,  e  dove  si  posa  il 
Santissimo  Sacramento.  —  JN^el  medesimo  mese  si  scoperse  in  Santo  Spirito 
una  Pietà,  la  quale  la  mandò  un  fiorentino  a  detta  Chiesa,  et  si  diceva  che 
r  origine  veniva  dallo  inventor  delle  porcherie,  salvandogli  V  arte  ma  non 
divotione,  Michelangiolo  Buonarroti.  Che  lutti  i  moderni  pittori  et  scul- 
tori per  imitare  simili  capricci  luterani,  altro  oggi  per  le  sante  cJiiese  non 
si  dipigne  o  scarpella  altro  che  figure  da  sotterrar  la  fede  et  la  devoiione; 
ma  spero  che  un  giorno  Iddio  manderà  e  sua  santi  a  buttar  per  terra  simile 
idolatrie  come  queste.  Da  un  MS.  della  Blbllot.  Maglìabecchi.  —  V.  Car- 
teggio Inedito,  voi.  Il,  Append.  pag.  500. — Le  due  statue  di  Adamo  e  di  Eva 
furono  tolte  di  Duomo  l'anno  1722,  e  di  presente  sono  nel  Pala&so  Vecchio. 


Digitized  by 


Google 


LIB.  UL  GAP.  I.  9 

Rimane  che  fovelliaino  della  terza  ed  oltitna  differenza  che 
notammo  tra  queste  due  epoche  della  pittura  italiana,  vo'dire 
della  imitazione.  L'Arte,  per  quanto  durò  il  secolo  XIV,  fu  in 
gran  parte  tradizionale.  Nel  XV ,  tolse  a  solo  modello  il  vero, 
piacendosi  ingentilirlo,  e,  come  dicono  alcuni,  portarlo  all'ideale. 
Mdtti  pittori  d^  secdo  XVI  tì  aggiunsero  una  superstiziosa  imi- 
tazione dei  marmi  greci  e  romani,  nella  quale  imitazione  si 
coi»igliaYano  rinrenire  il  più  perfètto  disegno  e  le  più  elette 
e  squisite  forme;  quasi  che  gli  scultori  greci  e  i  romani  per  giun- 
gere a  quella  eleganza  non  avessero  dovuto  studiare  il  vero  e  la 
natura.  Quindi  non  si  ay^edevano  costoro  che  raramente  nel 
marmo  è  l' espressione  e  la  vita.  E  se  allo  scultore  per  la  diffi- 
coltà della  materia  che  ha  tra  mano,  e  per  non  potersi  aiutare 
del  colore,  poco  oltre  si  desidera  del  disegno  e  della  espressione; 
nel  pittore  al  contrario  vuoisi  tal  somiglianza  col  vero,  che  meglio 
del  marmo  ci  ritragga  non  pure  il  corpo,  ma  l'animo  e  le  passioni. 
La  quale  imitazione  degli  antichi  fu  in  quel  secolo  mm  di  rado  por- 
tata dtre  i  termini  di  ogni  ragione;perciocchè  stimandosolo  perfetto 
un  dipmto  quando  ritraesse  più  fedelmente  le  greche  forme,  ven- 
nero da  ultimo  a  trasportare  nei  dipinti  intieramente  le  statue, 
onde  non  è  difficile  il  caso  che  tu  veda  dagli  artefici  di  questo  tempo 
il  Giove  Olimpico  traihutato  nell'  Etemo  Padre,  la  Venere  Medi- 
cea tener  luogo  della  Maddalena,  Adone  o  Paride  acconciarsi 
all'  ufficio  e  al  saio  dell'  Evangelista  Gioranni,  e  l' Ercole  Farnese 
addivenire  tal  fiata  un  Apostolo,  tal  altra  un  Martire.  Alla  vista 
dei  quali,  non  saprei  ben  dire  se  dipinti  o  statue,  invano  tu  chiedi 
agli  occhi  una  lagrima,  ed  al  cuore  un  palpito  di  affetto  religioso. 

Queste,  se  mal  non  mi  appongo,  sono  le  precipue  differenze 


Digitized  by 


Google 


10  MEMORIE 

fra  r  una  e  V  altra  scuola;  e  noi  le  abbiamo  tdate  additare  ai 
nostri  leggitori  y  perciocché  appartenendo  fra  Bartolomiiieo^  del 
quale  impreodiamo  a  scrivere  la  vita,  al  XV  e  al  XYI  secolo,  e 
quasi  formando  egli  un  addentellato  fra  queste  due  epoche»  voka 
ragione  che  sì  mandassero  innanzi  tutte  qudle  considerazioni  che 
meglio  poteano  far  conoscere  i  concetti  e  le  massime  con  le  quali 
in  quel  tempo  si  reggevano  gli  artefici  italiani.E  come  il  Paria  ha 
strette  attinenze  con  la  scuola  romana ,  con  la  veneta  e  con  la 
lombarda,  noi  ci  siamo  studiati  con  ogni  diligenza  chiarire  la 
ragione  dei  tempi  e  ddle  opere  che  sentirono  la  influaiza  di 
LionardOy  di  Raffaello,  di  Tiziano  e  di  Michelangiolo,  dividendo 
la  sua  vita  e  i  suoi  dipinti  in  quattro  periodi  di  tempo  nei  quali 
a  grado  a  grado  fra  Bartolommeo  dipartendosi  dalli  antichi  venne 
da  ultimo  a  collocarsi  fra  i  moderni  dipintori.  Il  quale  passag- 
gio non  ancora  avvertito  da  alcuno,  fu  a  noi  cagione  di  lun- 
ghe e  pazienti  indagini,  che  stimiamo  non  affatto  inutfli  alla 
storia  delle  arti  nostre.  Avvertiamo  da  ultimo  che  scrivendo  la 
presente  vita  con  documenti  inediti  e  originali  da  noi  rinvenuli 
nell'archivio  privato  del  convento  di  san  Marco  di  Firenze,  non 
seguiteremo  il  Vasari  e  il  Baldinucci  nell'  ordine  cronologico  che 
ambedue  stranamente  turbarono  (1). 

(1)  Noi  intendiamo  favellare  della  sola  cronologia,  perciocché  nella 
veracità  dei  fatti  trovammo  esattissimo  il  Vasari.  E  per  certo  egli  poteva 
sapere  tutte  le  particolarità  della  Vita  di  fra  Bartolommeo  da  quel  fra  Eu- 
stachio miniatore  dello  stesso  convento  di  San  Marco,  stato  contemporaneo 
del  Porta  e  del  VasaVi,  come  si  disse.  Vedi  Voi.  I,  lih.  I,  cap.  XIII,  delle 
presenti  Memorie. 


Digitized  by 


Google 


li 
CAPITOLO   11. 

Origine^  patria  e  studi  di  Frate  Bartolommeo  della  Porta.  —  * 
Vicende  dellasuagiovinezza. — Dipinti  di  questa  prima  epoca. 


Jui  SarigiiaiiOy  o  oome  altri  scrive  Savigliano ,  assai  piccolo 
rillaggio  sei  miglia  da  Prato  e  dieci  da  Firenie(i),fyiiuicotal 
Paolo  detto  del  Fattorino^  perciocchò  Giacomo  sao  padre  dalla 
prontezza  in  adoperarsi,  come  io  stimo, ne^serrigi  altrui,  aveane 
riportato  il  sopramiome  di  Fattorino,  che  poi  rodarono  tutti  i 
suoi  discendenti  (S).  Or  Paolo  seguitando  probabilmente  le  arti 

(1)  Savìgnano  nel  1551  noverava  soltanto  84  abitatori,  e  nel  1840,  115. 
V.  RBprrri,  Dizionario  Stor.  fisico.  Geografico  della  Toscana f  \o\,  W . 
Fra  Bartolommeo  non  pertanto  si  sottoscrìve  sempre  Pictor  florenlìnus,  e 
fiorenuno  è  detto  exiandio  negli  Annali  del  conv.  dì  San  Marco ,  fol.  231  ; 
forse  per  avere  trascorsa  la  più  parte  del  viver  suo  in  Firenze. 

(2)  Di  questo  soprannome  di  fra  Bartolommeo  e  de'suoi  congimiti, 
ignorato  da  tatti  gli  storici,  è  memoria  in  nn  contratto  originale  che  sari  dato 
fn  i  docomenti  (V.  N^  i^).  U  cognome  si  ignora.  Il  eh.  sìg.  Cesare  Gua- 
sti, autore  di  ma*  opera  importante  snlla  Bibliografia  Pratese  (Prato  1844,  an 
voi.  in-8.} ,  per  somma  gentilesaa  si  degnava  comunicarmi  un  ramo  dell*  al- 
bero genealogico  del  nostro  dipintore,  tratto  da  una  buona  miscellanea  di  me- 
morie pratesi. 


Jacopo 


Paolo  Giosto  Bartolomeo  Jacopo 

Fn  Bartolommeo— Ser  Piero*  Vito— -Bartolommeo    Antooio  e  fratelli       Caterina — Margherita 

Paolo  e  fratelli 
*  Il  tìtolo  di  Sere  dato  al  solo  Piero  del  Fatturino  ne  dice  che  nella  condiùone  ci- 
tile si  clevene  sopra  a  lotti  della  sua  famiglia. 


Digitized  by 


Google 


12  MEMORIE 

e  il  mestiere  del  genitore,  per  essere  industrioso,  massaio  e  di 
provati  costami,  di  tanto  avvantaggiò  che  potè  col  tempo  cavarsi 
di  quella  miseria,  e  comperati  alcuni  campitelìi  in  Val  d*Elsa 
e  in  San  Donato  in  Poggio,  non  che  una  casa  in  Firenze,  comin- 
ciò a  vivere  manco  strettamente  che  non  avea  fatto  Giacomo  suo 
padre.  Ma  non  volle ,  a  quanto  sembra ,  abbandonare  quel  villaggio 
onde  avea  tratti  i  natali,  ed  ove  riposavano  le  ossa  del  geniUnre, 
se  non  forse  negli  ultimi  anni  del  viver  sua  Quivi  tolta  domia 
di  sua  condizione,  n'ebbe  due  figli  maschi:  il  maggiore  Tanno  1469, 
e  gli  impose  il  nome  di  Bartolommeo,  o  come  dicesi  per  corru- 
zione dai  volgo,  in  Toscana,  Baccio;  il  secondo  non  pochi  anni 
dopo,  e  chiamollo  Pietro.  Sì  per  gli  esempj  del  padre  che  per  i 
costumi  semplici  e  frugali  della  vita  campestre,  crebbe  il  piccolo 
Baccio  savio  e  costumato,  in  quelT  aurea  mediocrità  di  fortuna 
cosi  lontana  dal  bisogno  come  dalla  opulenza.  Trascorsa  la  pue- 
rizia, e  veduto  questo  suo  figliuoletto  d'ingegno  pronto  e  sve- 
gliato, andava  Paolo  ripensando  a  qual  professione  dovesse  indi- 
rizzarlo; e  perchè  è  facile  a  credere  desse  già  non  dubbi  segni 
di  quell'  amore  e  di  quella  attitudine  alle  arti  belle,  nelle  quali 
poi  venne  a  tanta  eccellenza,  si  risolvette  condurlo  ad  appren- 
dere la  pittura  in  Firenze,  coUocandolo  presso  alcuni  suoi  pa- 
renti, i  quali  abitavano  la  casa  da  lui  comperata  presso  la  porta 
di  San  Pier  Gattolini.  Il  perchè  col  tempo  in  luogo  di  Baccio  del 
Fattorino  cominciò  da  tutti  a  chiamarsi  Baccio  della  Porta.  Quivi 
Paolo,  fatta  l'indole  e  V  ingegno  del  fanciullo  assaggiare  al  rino- 
mato scultore  e  architettore  fiorentino  Benedetto  da  Maiano,  per 
i  consigli  di  lui  pose  il  figlio  nello  studio  di  Cosimo  Rosselli  (1}. 

(i)  Vasari,  F'iln  di  fra  Bartolomeo  di  San  Marco^  nella  seconda  tàn. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  m.  CAP.  II.  13 

Io  Don  so  se  Benedelto  da  Maìano  operasse  da  buono  e  leale  amico 
quando  confortava  Paolo  a  scegliere  fra  i  'pittori  fiorentini  quel 
desso  che  a  mio  arrìso  era  a  molti  inferiore  cosi  nell'  arte  come 
Dell'  ingegno;  e  che  ad  un  giovinetto  promettito)re  di  belle  spe- 
ranze additaya  a  maestro  un  debole  disegnatore  (1).  Certo,  che 
ove  in  luogo  di  Cosimo  RosseUi»  Baccio  avesse  avuto  a  maestro 
Domoiico  del  Ghirlandaio,  oltre  che  avrebbe  trovato  un  artefice 
di  gran  lunga  superiore  a  Cosimo  nel  disegno,  nel  colore  e  nella 
composizione,  sanagli  inoltre  toccato  in  sorte  avere  a  condisce- 
polo quel  Michelangiolo  Buonarroti,  che  dovea  levare  si  -alto  il 
grido  di  sua  virtù  nelle  tre  arti  sorelle. 

Allora  quando  il  Paria  cominciò  a  studiare  la  pittura  sotto 
Cosimo  Rosselli,  questi  reduce  da  Roma,  e  già  innoltrato  negli 
anni,  a^eva  seco  il  discepolo  Piero  di  Cosimo,  che  lo  aiutava 
ne'  suoi  dipinti,  e  il  giovine  Mariotto  AJbertinelli.  Or  pensi  il  let- 
tore qual  fosse  la  condizione  del  povero  Baccio.  Il  vecchio  mae- 
stro, dopo  alcun  breve  lavoro,  lasciati  i  pennelli  e  la  tavolozza, 
si  affaticava  intorno  al  fornello  con  alquanti  ciurmadori  onde 
fare  uno  sperimento  di  alchimia.  Piero  di  Cosimo,  insofferente 
di  tutto,  a  sé  e  altrui  molesto,  nei  concetti  strano  e  nella  vita 
bestiale,  non  era  atto  a  porgere  indirizzamento  e  consigli  al  gio- 
vine Savignanese;  né  più  di  Piero  era  atto  a  questo  uflBcio 
Mariotto  Albertinelli ,  giovine  quadrilustre ,  volubile ,  irre- 
quieto, e  ne'  ragionari  e  nei  costumi  oltremodo  lascivo.  Per 
siffatta  guisa  il  Porta ,  dotato  di  un'  indole  semplice  ed  in- 
genua, educato  alla  pietas  cresciuto  fra  gli  esempj  delle  do- 
mestiche virtù,  trovavasi  abbandonato  a  sé  stesso  in  tempi 

(1)  Vasari,  yUa  di  Cosimo  Rosselli, 


Digitized  by 


Google 


li  Af  E  M  O  R  I  E 

ed  in  luoghi  corrottissimi ,  senza  potersi  eiertre  a  grandi  spe- 
ranze neli*  arte  per  conto  del  maestro,  né  rallegrare  i  suoi  gio- 
vani anni  colle  dolcezze  di  una  bella  e  generosa  amicizia  che  a 
lai  fosse  stimolo  e  guida  alla  virtù.  Non  pertanto,  come  in  qndla 
età  sentiamo  fortissimo  il  bisogno  di  amare  e  di  essere  riamati, 
Baccio  non  potendo  stringersi  a  Cosimo  e  a  Piero,  trqppo  di  età 
e  di  indole  dalla  sna  diversi,  si  rivolse  all'Albertinelli,  gareggiando 
seco  lai  nello  stadio  dell'  arte.  Finito  il  dipingere,  Mariotto  osava 
alle  osterie,  Baccio  alle  chiese,  Piero  discorrea  per  i  burrooi  in 
cerca  di  piante  e  di  animali  selvatici,  e  Cosimo  tornava  al  LapU 
Philosophoruml  Cosi  il  Porta  negli  anni  delle  iUasioni,  dd  senti- 
m^to,  dell'  entasiasmo,  serbò  immacolato  il  costomo,  V  animo 
intero,  il  caore  incorrotto.  Piuttosto  che  ridocersi  fra  giovani 
oziosi  o  perduti,  dava  il  tempo  agli  stadj,  alfe  lezioni,  al  ritiro» 
e  alla  preghiera.  Alle  fatiche  cercava  ristoro  nel  consorzio  di  qodli 
che  più  avevano  voce  di  sapienti.  U  perchè  soo  diletto  era  Ter- 
sarsi  nei  chiostri  e  nelle  chiese,  e  assai  volentieri  odiva  svolgere 
dai  più  facondi  oratori  i  grandi  argomenti  della  religione.  In  brave, 
in  altri  tempi  e  con  altri  maestri,  Baccio  avrebbe  rinnorellati  ^ 
esempj  del  beato  Giovanni  Angelico  cosi  nella  virtù  come  nell'arte. 
Frattanto  ogni  giorno  egli  vieppiù  si  chtarìya,  che  seguitando 
i  precetti  e  gli  esempi  di  Cosimo,  poco  avria  proceduto  nell'  arte 
della  pittura;  perciocché,  tolto  eziandio  che  il  disegno  di  costai 
era  alquanto  debole,  come  si  disse,  crudo  il  colorire,  e  misat>  0 
comporre,  era  inoltre  nelle  soe  figure  ignobile  siffattamente  che, 
se  ne  eccettui  Andrea  del  Castagno,  non  so  qual  altro  meno  di 
lui  gustasse  il  bello  della  natura  (1).  Baccio  e  Mariotto  pertanto 

(1)  Una  sol  volta  mi  sembra  che  Cosimo  Rosselli  si  elevasse  sopra  la 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  II.  15 

di  unanfine  consenso  fermarono  di  abbandonare  la  scuola  del 
RoBielli,  ricovrarsi  a  studio  nella  casa  del  primo  presso  la  porta 
dì  San  Pier  Gattolini,  e  togliere  in  quella  yece  a  modelli  e  a 
maestri  gli  anticbi,  e  segnatamente  Masaccio  (1).  E  perchè  al 
Porta  assai  dilettava  l' ombrare  e  il  colorire  di  iLionardo  da  Vinci, 
cominciò  allora  a  studiamo  con  grande  amore  le  opere;  facendo 
in  brere  tempo  cosi  fatto  progresso,  che  nel  dintomare,  nel  lu- 
meggiare,  nel  colorire  s' acquistò  riputazione  e  credito  d' uno 
de'  migliori  gioTani  che  allora  coltivassero  le  arti.  Era  la  pittura 
di  qudi  tempo  in  Firenze  tenuta  sotto  la  tutela  della  scultura  e 
ddla  orificeria,  cosi  che  pochi  pittori  fiorentini  sì  trovano  in 
questo  periodo  di  tempo,  che  non  abbiano  appresi  i  rudimenti 
dell'  arte  da  orefici  o  da  scultori.  Tanto  era  avvenuto  a  Lionardo 
da  Vinci,  a  Sandro  Botticelli,  a  Lorenzo  di  Credi,  ad  Andrea  del 
Sarto,  ec.  ec;  alcnni  dei  quali  si  addestravano  eziandio  nel  tempo 
stesso  a  scolpire,  ad  architettare,  a  gettare  di  bronzo,  a  niel- 
lare, a  dipingere:  argomento  d'invidia  per  l'età  nostra,  ove  un 
artefice  appena  basta  ad  un'  arte* 

Avera  il  magnifico  Lorenzo  de' Medici  con  infinito  dispendio 
fatto  tesoro  di  molti  e  rarissimi  oggetti  di  belle  arti,  i  quali  con 
beli'  ordine  dispose  nel  suo  giardino  sulla  piazza  di  S.  Marco,  in 
guisa  che  di  antiche  e  buone  sculture  erano  ripieni  la  loggia,  i 

mediocrità ,  eà  è  nel  fresco  delU  chiesa  di  Sant'  Ambrogio  dì  Firenze,  ove 
colorì  il  miracolo  del  SS.  Sacramento  ;  nel  quale  h  an  grappo  di  femmine^ 
molto  bclk  e  graftìoae.  Al  termine  del  presente  Tolnme  daremo  la  illustra- 
ùooe  di  un  suo  dipinto  che  si  consenra  nella  l.  e  R.  Gallerìa  dell*  Accade- 
mia del  disegno. 

(1)  Vasari,   yUa  di  Masaccio,  in  fine. 


Digitized  by 


Google 


16  MEMORIE 

viali  e  tutte  le  stanze;  né  yì  si  desideravano  le  pittare  de' mi- 
gliori maestri  che  mai  fossero  stati  in  Italia  e  foora.  Le  quali 
cose,  oltre  al  nobilissimo  adornamento  the  ne  ritraeva  qod 
luogo,  erano  come  una  scucia  ed  accademia  ai  giovani  pittori, 
scultori,  ed  a  tutti  coloro  che  attendevano  alle  cose  del  disegno. 
Custode  degli  omamcoiti  di  quel  giardino  era  Bertoldo,  scultore 
fiprentino,  vepchio  e  pratico  maestro,  stato  già  discepolo  di  Do- 
natello. Egli  dava  a  tutti  quei  giovani  consigli  e  indirizzamento 
alle  arti  belle  (1).  Quivi  adunque  raccolti  studiavano  con 
nobil  gara  gli  arteGci  fiorentini.  Incitavali  il  magnifico  Lcnienzo 
con  promesse  e  con  premj  ;  incitavali  V  esempio  del  Buonar- 
roti, che  giovinetto  tuttavia,  già  tutti  vinceva  nella  correzione 
del  disegno;  incita vaU  il  canto  dei  poeti  i  quali,  vedendo  che 
tutte  le  arti  immaginatiTe,  come  sorelle  fossero  da  un  comune 
legame  e  quasi  parentela  congiunte,  associavano  i  loro  carmi 
all'opera  degli  artefici.  E  in  quella  guisa  che  Pindaro  e  Tirteo 
con  le  marziali  canzoni  incoravano  i  Greci  alla  pugna,  cori  i  poeti 
fiorentini  si  studiavano  accendere  in  quei  gioranili  petti-  il  bel- 
lissimo amore  della  gloria.  Certamente  meraviglioso  spettacofe 

(1)  Vasari,  F'ita  del  Torrigiano.  Fra  coloro  che  studiarono  il  dise- 
gno o  la  scultura  in  questo  giardino,  si  distinsero  i  seguenti,  cioè:  Miche' 
langiolo  Buonarroti,  Gio.  Francesco  Rustici,  il  Torrigiano,  Francesco  Gra- 
nacci,  Niccolò  Soggi,  Lorenzo  di  Credi,  Mariotto  Albertinelli ,  Giuliano 
Bugiar^ni,  Baccio  da  Monte  Lupo,  il  Sansovino ,  ec.  ec.  NeHa  cacciau  dei 
Medici  da  Firenze  avvenuta  Tanno  1494,  una  gran  parte  di  questi  oggetti 
di  Mie  arti  andarono  perduti,  il  rimanente  può  vedersi  nella  1.  e  B.  Gal- 
lerìa degli  l}(lìz).  V.  BoscoB,  F'Ua  di  Lorenzo  de'  Medici,  Firense  t816, 
Voi.  IV,  cap.  iX,  pag.  31  e  seg. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  U.  17 

era  veder  ivi  raccolto  il  Gore  del  senno  italiano,  e  V  udire  i 
carmi  del  Polizìimo,  dd  Benivieni  e  di  Lorenzo  de'Hedid,  non 
che  le  disputazioni  filosofiche  di  Pico  della  Mirandola  e  di  Mar- 
silio-Ficino  fìra  il  tempestar  de*  mazzuoli  e  il  vario  e  lieto  colo- 
rire dei  pittori.  Cosi  qael  giardino  era  ad  nn  tempo  liceo  ai  filo- 
sofi, arcadia  ai  poeti,  accadcfmia  agli  artefici.  Esempio  che  più 
non  trovasi  rinnovellato  se  non  in  parte  dai  Caracci  in  Bologna. 

Mariotto  Albertinelli,  conosciutosi  debole  tuttavia  nel  dis^ 
gno,  chiese  ed  ottenne  essere  ammesso  m  queUa  palestra  di  va- 
lorosi giovani;  e  sdbbeue  il  Vasari  noi  dica,  stimo  lo  stesso  av- 
venisse dd  Porta,  perciocché  ne'suoi  dipinti  si  scorge  di  leggieri 
lo  stadio  dd  modellare  e  del  disegnare  le  statue.  Né  certamente 
egli  avrebhe  dato  alle  sue  flgmre  tanto  e  si  perfetto  rilievo,  né 
avuto  A  corretto  il  disegno,  né  finalmente  conosciuta  si  bene  la 
ragione  dei  lumi  e  degli  sbattimenti,  ove  non  avesse  fatta  lunga 
prova  sul  vero  e  suU'  antico  (1).  Tosto  che  ambedue  si  stimarono 
pratici  a  sufficienza  ndl'  arte,  avendo  oltre  a  ciò  Mariotto  presa 
assai  bene  la  maniera  di  Baccio  nel  colorire,  vdlero  comindare 
a  dipingere,  ponendo  insieme  i  lavori  e  i  guadagni;  quasi  nd 
modo  stesso  che  fu  fatto  in  Roma  da  Polidoro  da  Caravaggio 
e  dal  ]|faturBQo,  pittori  che  nel  vigor  delle  tinte  alquanto  ritrag- 
gono dal  Porta  e  dall'  AlbertineUi. 

Per  difetto  delle  opportune  notizie  non  ci  è  consentito  nove- 
rare partitamente  tutte  le  opere  che  ambedue  fecero  in  questo 
tempo,  accertandoci  il  Vasari,  che  condussero  molti  quadri  di 
Nostre  Donne  sparsi  per  Firenze,  a  Però,  ei  soggiunge,  toccando 

(1)  Concorda  •  qiMsU  nostra  opinione  il  Lanzi.  Vedi  Storia  PiUoriea, 
Scuola  Toscana,  epoca  seconda. 

n.  2 


Digitized  by 


Google 


18  MEMORIE 

solo  di  alcuni  falU  ecceUentooieiite  da  Baocioi  uno  ne  è  in  casa 
di  Filippo  di  Averardo  Salviate  belUasimo  e  (eBQto  motto  in  pre- 
gio e  caro  da  Ini,  nd  quale  è  nna Koetra  Dònna;  w  aUro  non 
è  molto  fu  comperato  (  vendendosi  fra  maaaerizie  vecchie  )  da 
Pier  Maria  delle  Poast,  persona  molto  amica  delle  cose  di  pìttora, 
che  conoscintolal)eileziasiia,nonlolasciòperdenari,nelqaaleè 
onaNostra  Donna  fatta  con  nna  diligenia  straordinaria.  Aveva  Pier 
del  PQgUese  avolo  una  Nòstra  Donna  piccola  di  marmo  di  bassis- 
simo rilievo  di  mano  di  Donatelloi  cosa  rarissima,  la  quale  per 
maggiormente  onoraria  g^  fece  fare  un  tabenacdo  di  legno  per 
chioderia  con  dnoi  ^lerteUlni,  che  datalo  a  Baccio  dsHa  Porta, 
vi  fece  drento  due  storiette,  che  fn  nna  la  Natività  di  CristOt  Tal- 
tra  la  soa  Circoncisione»  le  quali  condusse  Baccio  di  figurine  a 
guisa  di  miniatura,  che  non  è  possibile  a  olio  poter  far  me^, 
e  quando  poi  si  chiude  di  fuora,  in  su  detti  sportelli  dipìnse  pure 
a  olio  di  chiaro  e  scuro  la  Nostra  Doima  annunziata  dalT  an- 
gdo  (1).  »  In  questi  cari  dipinti  che  rimangono  tuttavia,  è  già 
dato  vedere  i  primi  passi  di  quella  nohilissinia  carriera  che  in 
breve  ebbe  il  Porta  percorsa;  tanto  bene  sono  disegnate  e  colo- 
rite quelle  piccole  e  bellisshne  figurine.  11  eh*  pro^  Bosini  d  ha 
data  incisa  una  di  queste  storiette,  ed  è  la  Circoncisione,  o  me- 
glio diresti  la  Presentazione  al  tempio;  oella  quale  per  il  con- 
cetto e  per  il  modo  di  significarlo,  molto  più  mi  diletta,  che  non 

(i)  Vasari,  loc.  cH.  QoMte  Uvolttte  poono  ▼«d«MÌ  ti  pr«Mate  nclU 
Galleria  degli  U(fisi.  Il  Bosini  considerato  il  fare  gnndioso  e  U  belku* 
delle  pieghe,  dnbitò  se  veramente  si  dovessero  collocare  fra  le  prime  sue 
cose.  Vedi   Storia  della  Pittura  Ital.  Voi.   IV,  epoca  seconda,    cap.    XV. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  m.  GAP.  II.  19 

la  gran  UToia  de  di  qmeslo  stesso  argomento  il  Savignanese  già 
finte,  odori  pei  novidafo  ài  &  Maroo. 

n Padre  Goi^elMi  dcHa  Valle»  du  di  copiose  anaotamni 
airiocU  Topera  del  Vasad»  siarite  arer  fedoto  in  Castel  Franco 
a  S.  Retro  al  TerreDO,  una  tarala  del  Porta  conlrassegaata  dal- 
ramo  1493.  Non  dice  cke  rappresentasse^  e  solo  avferte,  die 
li  fan  era  UgiktUe  firn  contorni;  e  soggionge,  ferció  4i  ffeie  tìm 
maggiore  i  U  frufUlo  ehe  U  frate  etwù  da  RafiaeUo,  di  queUo 
traaee  quoti  da  (patto  (1).  La  qnale  considerazione  pard  inop- 
poitnoa;  oondossiachò  in  qnd  tempo  Baccio  giovane  e  tutta? ia  al 
secolo,  ritenera  non  poco  deOa  maniera  di  Cosimo  Ross^L  Nò 
stìamflioragionefole  il  confronto  delle  prime  cose  dd  Porta  con 
altre  pia  perfette  dd  Sanzio;  ma  adendosi  institaire  un  para- 
gone deHe  loro  prime  q^re,  dorea  farsi  quando  Raffaello  nsdra 
fi  recente  dalla  scoda  di  Pietro  nnngino,  e  segnatamente  (o- 
gHcre  a  confiranto  il  Crodflsso  colorito  dal  medesimo  pei  Do- 
menioani'di  Città  di  Castello.  Ma  di  ciò  aoeadrà  altrove  di  la- 
Tellare.  Non  collocherò  fra  le  opere  ddla  sna  giovinezza  il  ritrailo 
che  vuoisi  BPorta  facesse  a  sé  stesso» ricordato  dal  Lami  (2);  aven- 
domi accertalo  il  eh.  prof.  Resini  essere  questo  un  «ipiivoeo  dd  ce- 
lebre storico  ddla  nostra  pittura.  Cxm  pia  ragione  iivdluremo  di 
una  tavola  a  pochissimi  nota,  e  forse  tra  le  prime  che  d  bcesse. 

(i)  V.  reduìone  4i  Mlhno  del  Classici,  1809,  Voi.  VIR,  Tita  dì  fra 
BartoloiDzneo ,  pag.  250. 

(2)  Laitzi,  Star,  Pittorico,  Scuola  Fiorem.,  epoca  seconda.  Pare  anco 
di  que$tm  ttà  il  ritratto  cht  in  vate  teeoUtre  fece  a  se  Steno;  figura  in- 
tera €  urtifiewsanmnU  ripiegata  im  poc»  campo,  ^he  ^4i  a  Lucca  netta 
splendida  galleria  d^  sigmori  Mfonieeaiini, 


Digitized  by 


Google 


20  MEMORIE 

È  quesia  una  Vergine  Annunziata  che  vedesi  nella  sacrìrtia  di 
S.  Marco  in  Firenze  sopra  la  porta  d'nigresso.  I  più  la  stimano  del 
Porta,  ahrì  però  mostrarono  dobitame;  non  pertanto  mdti  sono 
i  tratti  di  somiglianza  eoa  ì  dipinti  di  questo  artefice  deDa  sua 
prima  maniera.  U  tingere  e  il  piegare  dei  panni  non  vi  dissen- 
tono. Certa  crudezza  nei  contorni  che  in  essa  appariscono  il  P^ffta 
aveala  attinta  da  Cosimo,  e  in  brere  gli  ebbe  addcddtì.  Se  le  forme 
dell'Angelo  e  della  Vergine  non  hanno  lode  di  molta  eleganza,  ben 
vi  si  ammira  la  ingenuità  e  la  semplicità  di  un  dipint<tfe  che  co- 
lorirà sul  cadere  del  secolo  XV.  Ha  ove  megUo  ravviso  il  grande 
maestro,  ò  nella  mezza  figura  dell'Eterno  Padre,  che  ritrasse  neUa 
superior  parte  del  quadro,  sporgente  dalle  nuvde  e  circondato 
da  un  coro  di  angidetti  molto  belli  e  graziosi.  Quivi  assai  |hù 
evidente  è  la  somiglianza  con  altri  dipinti  di  Baccio,  e  già 
questa  parie  annunzia  un  artefice  valoroso.  Agghmgerò  in  ul- 
timo che  neUe  vesti  dell'  Angelo  e  della  Vergine  sono  alcuni 
sottilissimi  ricami  in  oro,  che  più  non  si  vedono  adoperati  dal 
Porta  negli  altri  suoi  quadri  d{  un'epoca  posteriore. 

Nel  tempo  di  questi  dipinti  giungeva  in  Firoiize  un  uomo 
meraviglioso,  che  dovea  nell'animo  di  Baccio  della  Porta  ecci- 
tare la  più  forte  impressione ,  e  potentemente  influire  sopra  i 
suoi  futuri  destini.  Era  questi  Fra  Girolamo  Savonarola.  Già 
nell'anno  1481,  per  alcun  breve  tempo  avea  salutata  Firenze; 
e  per  invito  solenne  di  Lorenzo  de'  Medici  vi  facea  ritomo 
nel  1489.  Di  questo  oratore  già  altrove  abbiamo  tenuto  discorso, 
il  perchè  solo  toccheremo  quei  fatti  che  per  essere  tnqfipo  stret- 
tamente legati  con  la  vita  del  nostro  pittore  non  possono  essere 
da  noi  taciuti,  o  troppo  leggermente  accennati. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  in.  CAP.  II.  21 

Frequentando  Baccio  il  giardino  de' Medici,  avea  forse  ìtì 
primamente  inteso  favellare  del  grande  oratore,  e  già  vedati 
gfi  eflbtti  della  sna  parola,  la  quale  in  breve  si  ebbe  guada- 
gnata la  più  eletta  parte  degli  artefici,  ilei  vati  e  dei  filosofi 
che  in  quel  gi»dino  si  raccoglievano;  e  nel  luogo  slesso  e  nel 
tempo  medesimo  si  erano  dovati  stringere  i  legami  che  unirono 
fra  loro  fi  Pòrta,  U  Credi,  tt  Botticelli,  il  Benivieni,  U  ìfiran- 
ddano,  ec.  Giudicando  quindi  molto  avvisatamente  che  dal  no  • 
bile  consorzio  delle  buone  arti,  della  filosofia  e  delle  muse 
non  si  dovesse  per  modo  alcuno  partire  e  rimuovere  la  popo- 
lare eloquenza,  troppo  con  quelle  congiunta  di  natura  e  di 
scopo;  dopo  tanto  nobile  esercitazione  d' arte  e  di  ingegno  nella 
amenità  di  quel  vago  giardino,  tutti  traevano  alla  vicina  chiesa 
di  S.  Marco  per  udirvi  la  calda  pareva  del  Savonarola.  Baccio 
ne  fu  subito  preso  siffattamente,  che  gli  parea  non  poter  vivere 
senza  dd  frale;  e  sempre  che  questi  predicasse,  egli  era  il 
primo  fra  i  di  lui  uditori,  il  ptà  devoto  fra  i  di  lui  seguaci;  onde 
l'animo  suo  era  divìso  fra  l'arte  e  la  eloquenza.  Allora  par- 
vegli  veramente  di  aver  trovato  1'  uomo  che  fosse  degno  della 
sua  amicizia,  degno  di  possedere  tutto  il  suo  cuore.  L'anima 
ardente  del  dipintore  e  la  sdegnosa  anima  del  frate  si  erano 
fra  loro  intese  con  mutuo  ed  eloquente  linguaggio.  Per  la  qual 
cosa,  quando  il  Savonarola  ebbe  volilta  dagli  artefici  fiorentini 
una  riparazione  solenne  verso  la  reb'gione  e  la  pubblica  onestà 
troppo  Indegnamente  vilipese  dalla  licenza  degli  artisti,  Baccio 
il  primo  portò  a  piedi  dell'  oratore  tutti  gli  studi  del  nudo,  e 
quei  dipinti  ne' quali  era  violata  la  decenza  e  il  pudore  (1). 

(i)  Vasari  ,   V'ita  di  fra  Bartolommeo. 


Digitized  by 


Google 


S2  MEMORIE 

Ddk  qaale  amicizia  e  fiuBÌ|^rilà  dd  Porta  con  fra  Gicoiamo 
Don  è  a  dire  quanta  kidigiiaiiooe  praodeifle  F  Albertin^i;  per- 
ckKxM  se  Doa  mai,  o  solo  rarameote  poteva  interré  il  gfcyrìae 
Sayignanesea  prender  parte  a  sooi  fioUazai,  ora  che  ai  era  tanto 
strettamente  legato  col  frale  Domenicano,  e  che  solo  di  caa* 
tici  spirituali  e  di  deroti  ragionamenti  prendeva  dfletto,  noo 
^  era  più  in  gmìsa  alonna  concednto  aperarkk  D  perdio 
Uariatto^  ottenuto  il  patrocinio  ed  il  favore  di  madonna  Al- 
fionsina  de'Medici,  sciolto»  daBn  socieCà  di  Baccio,  ai  diede 
a  operare  da  solo  (i).  Ma  per  breve  tempo  ;  conciossiaclÉè  V  an- 
no 1494k  sendo  cacciato  in  esiglio  Piero  de* Medici,  che  con  pes- 
sime arti  avea  tolto  a  reggere  la  semispenta  repobUica,  Ma- 
riolto  perduto  il  patrocinio  di  Alfonsina  de^ Medici,  chiese 
nordfaBMttte  il  consorzio  e  F  amicizia  di  Baccio;  ed  eg^  eie 
buono  era  e  cortese,  il  ikevetto;  Non  pertanto  in  luogo  di  coo- 
ten^ierarsi  alle  idee  religiose  del  Porta^  formatesi  in  Fiieiue 
due  parti  avverse  fra  loro,  quella  cioè  dei  Fiagnmi  cui  ade- 
riva il  Porta,  e  qocBa  degli  Jrrahbiali  o  ed' Compmgnaeei  ne- 
mici al  Savonarola,  Mariotto  non  abborri  dal  seguitare  la  parte 
avversa  al  suo  compagno,  e  contristarlo  in  ciò  cbe  egli  a?eT« 
di  più  caro.  Di  tal  iuta  era  la  tanto  decantata  amiciiia  che 
FAlbertìneDi  dicesi  portasse  a  Baccio  ;  onde  H  Vasari  seriTeva, 
che  erano  tm'nnma  ed  un  corpo  (3).  Bene  il  Savignanese  ricam- 
biava il  compagno  di  verace  amore,  ma  fi  qnal  natura  fosse 
quel  di  Mariotio  già  in  parte  si  è  veduto  e  m^lio  in  breve  si 
chiarirà. 

(1)  Vasari,    F'Ua  di  Mariotto  MberiineUi. 

(2)  Ibid. 


u 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  IL  23 

In  cpnslo  periodo  di  tempo  ricorderò  due  soli  dipinti  del 
nostro  artefee»  piccolo  V  ono,  grandisslnio  r  altro.  D  primo  ò 
il  ritratto  di  fra  OirohM)  SaTonarda,  bel  tributo  di  aletto  e 
di  anuniratioie  che  0  nostro  pittore  pagava  air  nomo  che  tanto 
efflcacemcnte  area  saputo  parlare  al  sno  coere.  Non  ci  olire  che 
la  festa  dd  ferrareae»  braTissiniamettteniodellata  e  oelorita;  on« 
d*  io  non  dubito  asserire  non  fc/bné  vedere  un  ritratto  che  me- 
f^  di  questo  renda  i  varj  afttti  onde  V  animo  d  compreso  nello 
svolgere  un  grande  conoeUo*  Se  molta  peiiria  di  mano  si  o»- 
serta  neHe  due  ccnniole  dbè  possiede  toma  e  Firenze,  in  quieto 
ritratto  meno  esagerato  o  sentito  nei  contomi  meglio  d  è  signi* 
ficaio  il  grande  oraìore  (1).  Recato  non  so  quando  in  Ferrara, 
tornò  poscia  in  Firenae,  e  se  Febbe  FHipp^  di  Alamanno  Salr 
Tiati.  Passò  quMi  ad  adoraam  la  devota  cella  di  fi.  daterinn 
de'Ricci  ni  Prato,  la  quale  avealo  in  grandiarima  vepranoiona. 
Soppresso  quel  monastero  nella  invasione  daUe  armi  ik'ancesi , 
ne  fcee  acquisto  il  sig.  Ermolao  RuWeri  pratese,  «be  con  molto 
amM«  lo  consenra  (2). 

D  secondo  dipinto  è  a  grande  a  fresco  rappresentante  il 
finale  giudizio  nella  «eppella  del  dmitero  ddlo  spedale  41 8.  ila* 
ria  Muova,  fiaroz2oDini,  per  la  evi  opera  era  stata  eretta  la  ditta 
cappella,  avm  pregata  Bnodo  delia  Aorta  a  ccdorirvi  entro  al^ 
cuna  storia  ebe  me^  stimasse  affarsi  a  quel  luogo;  e  il  dipto- 

(1)  Il  pittore  vi  scrisse  dappiedi  :  HyerimimL  Ferrariensis  a  Deo  missi 
propheia  efjìgìes.  Il  eh.  pittore  Antinori  ne  trasse  una  assai  bella  copia  che 
si  consenra  in  Firenze  presso  i  signori  Manelli. 

(S)  Bibliogrqfia  Pratese  ^  pag.  9,  in  nota.  Questo  rfcratto  è  ricordato 
eiiandio  dal  Vasari.  Vedi  loc.  cit. 


Digitized  by 


Google 


24  MEMORIE 

tore  molto  giudiziosamente  vi  ritrasse  V  imiTersale  riscH'gimeBto 
degli  aomini,  qaasi  volesse  con  quel  dipinto  ricordare  ai  miseri 
ed  infelici  in  quel  luogo  provati  con  lunglie  e  durissime  tribola* 
zioni,  la  speranza  ed  il  confcurto  di  una  vita  troppo  migliore. 
aCominciovvi,  scrive  il  Vasari,  un  giudizio  a  fresco,  quale  con- 
dusse con  tanta  diligenza  e  bella  maniera  in  quella  parte  che 
fini,  che  acquistandone  grandissima  fama  oltre  quella  che  aveva, 
molto  fu  celebrato  per  aver  egli  con  bonissima  considerazione 
espresso  la  gloria  del  paradiso  e  Cristo  con  i  dodici  Apostoli  giu- 
dicare le  dodici  tribù,  le  quali  con  beHissìmi  panni  sono  morbi- 
damente colorite,  oltra  che  si  vede  nel  disegno  che  restò  a  finirsi, 
in  queste  figure  che  sono  ivi  tirate  all'  infismo,  la  disperazione , 
il  dolore,  e  la  vergogna  della  morte  etema,  cosi  come  si  conosce 
la  contentezza  e  la  letizia  che  sono  in  quelle  che  si  salvano,  an- 
cora che  quest'  opera  rimanesse  imperfetta,  avendo  egli  più  vo- 
glia di  attendere  alla  religione  che  aUa  pittura  (!).ȣ  altrove: 
«Quest'  opera^.  è  tenuta  dagli  artefici  in  pregio,  porche  in  quel 
genere  si  può  far  poco  più.  o  A  meglio  farlo  conctscere  coA  ndle 
sue  parti  come  nel  tutto  insieme,  aggiungeremo  alcune  parde. 
Allorquando  Giorgio  Vasari  scriveva  di  questo  Finale  Giudizio, 
convien  dire  gli  fallisse  la  mooioria,  come  in  ragionare  de^ 
altri  dipinti  gli  è  sovente  avvenuto:  perciocché  invano  al  presente 
cercheresti  quelle  dodici  Iribà  di  betliisimi  panni  e  morbidamenU 
colorite;  se  pure  non  volle  con  quelle  parole  alludere  aUa  innu- 
merevole turba  de'reprobi  e  degli  eletti,  giusta  la  sentenza  evan- 
gelica (2). 

(1)  Loc.  cit. 

(2)  Mattb.  cap.  XIX. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  CAP.  II.  25 

Sembra  che  Q  pittore  nel  rìtraire  a  colori  questo  tcirribile 
avTeirimento  si  inspirasse  ad  un  consimile  dipinto ,  che  la  celeste 
fioitasia  dell'  Anglico  area  colorito  negli  sportelli  dell*  armadio 
della  SS.  Annunziata.  Siccome  in  questo,  eivi  fece  Cristo  giudice 
seduto  sulle  nuvole,  e  nel  modo  stesso  atteggiato  e  vestito;  e  la 
Vergine  cbe  siedegU  allato,  comecché  remota  troppo  dal  tipo  ideale 
dì  fraGiovanni  AngeUco,  pare!  eziandio  replica  di  qudla  che^li  ivi 
avea  ritratta.  Gli  Apostoti  che  fanno  corona  al  Supremo  Giudice 
debbono  senza  meno  annoverarsi  Ara  le  pia  belle  e  le  più  per- 
fette figure  che  Baccio  mai  facesse  nella  sua  giovinezza,  sia  che 
tu  condderi  il  disegno,  o  il  colore,  o  la  espressione.  Opinarono 
alcuni  che  RafiTaello  si  giovasse  di  questa  superior  parte  del  Giu- 
dizio del  Porta  alloraquando  nelle  loggie  Vaticane  colori  quel  mi- 
racelo dell'arte,  voglio  dire  la  Disputa  del  SS. Sacramento. La  qual 
cosa  che  vera  sia  non  oserei  asseverare.  Ne  piace  in  quella  vece 
avvertire,  come  in  uno  Apostolo  il  pittore  ritraesse  le  sembianze 
di  fk'a  Giovanni  Angelico;  ed  è  quel  vecchio  calvo  veduto  più  che 
di  terza,  il  quale  guarda  al  basso.  Altri  in  quella  vece  credettero 
ravvisario  nella  figura  di  un  religioso  Domenicano  veduto  di 
profilo,  che  è  nel  novero  deg^i  eletti;  tratti  in  questa  opinione 
dal  Vasari,  il  quale,  non  ricordando  bene  il  luogo,  errò  scrivendo 
essere  nella  inferior  parte  del  dipinto,  quando  veramente  è  nella 
superiore.  E  per  certo  il  ritratto  di  fra  Giovanni  Angelico  che 
lo  stesso  Vasari  ci  ha  dato  nella  seconda  edizione  delle  sue  Vite 
dei  Pittori,  risponde  perfettamente  a  quello  deU'Apostolo  che  ho 
rio(»-dato.  Abbenebè  Baccio  della  Porta  disegnasse  tutta  questa 
storia  del  Giudizio,  non  ne  colori  che  solo  la  parte  superiore,  sendo 
stato  il  rimanente  condotto  a  termine  da  Mariotto  AlbertineÙi, 


Digitized  by 


Google 


26  MEMORIE 

il  quale  ritrusseri  Ginliano  Bagiardini,  stato  alcun  tempo  suo 
discepolo,  sé  stesaOy  lo  speddingo,  akuni  frati  Talenti  in  cbirar- 
già,  e  nei  lati ,  Qerozzo  e  la  moglie  che  quel  Giadiiio  aveano 
fatto  pittarare.Pocoal  inresenteèpiùconcedato  vedere  di  questa  ' 
inTerior  parte  del  dipinto;  perciooGhé  distrutta  la  cappella  del 
cimitero,  segato  il  OHiro  ondo  trasportarlo  nd  eortOe  presso  Io 
spedale,  pati  gravissimi  danni,  e  vedrà  forse  in  breve  la  sua  com- 
piuta rovina,  per  essere  in  luogo  umidissimo  e  cfaiaio  ad  ogni 
benefico  raggio  di  sde.  Per  ultimo  agginngevemo,  che  il  luogo 
stesso  assai  basso  ed  angusto,  e  le  figure  grandette  anziché  no, 
e  quasi  due  terzi  dd  vero,  tolgono  all'occhio  ogni  Illusione;  lad- 
dove se  fosse  a  miglior  luce  e  in  maggiore  altezza  collocato,  trion- 
ferebbe assai  meglio  il  concetto  e  l' esecuzione  dd  Porta  e  dd- 
rAlbertindU(l). 

Frattanto  gli  estremi  fati  dd  Savonarda  si  avvicinavano. 
Minacciose  foci  e  pm  minacciosi  fatti  davan  presagio  di  quella 
tremenda  rovina  che  a  lui  soprastava.  Gli  oppositori  che  fino  a 
qud  tempo  aveano  serbato  oerto  ritegno,  ora  f^nmi  di  compìers 
le  loro  venddte,  prorompevano  alli  aperti  danni.  Veduta  quella 
tremenda  congiurazione ,  Baccio  dismise  il  dipingere  e  lasciò 
imperfetto  il  finale  Ghidizia 

Correva  il  giorno  8  di  aprile  dell'anno  1498,  qaando  il 
popolo  fi<»entino,  dal  partito  dcgìiArrabbiaii  eccitato  e  sommosso, 
correa  difilato  al  convento  di  8.  Marco  a  fare  vendetta  contro  dei 
Savonarda  e  de*sooi  della  rHorma  per  loro  tentata.  Allora  meglio 
che  cinquecento  dttadini  capitanati  da  Francesco  yalori,spontanei 

(1)  Nella  ^alkrì»  degli  Uffizj  sono  alcmii  disegni  of4fiiiali  a  penna 
di  fra  Bartotoniiiieo  di  <|ueato  finale  Giudiftio. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  iiL  CAP.  II.  ar 

si  chiudeTaiio  in  qudle  mura  per  difeBéere  la  tìU  del  Sayoaarola, 
eoonle  armi  propidsare  le  cSkse.  Uniti  ai  duecento  Arati  che  ivi 
stanziavano»  fatta  con  gran  «dlecilndiiie  proYTisione  di  anni»  si 
accinsero  ad  ona  disperi^  difesa.  Bacciodella  Porta,  dw  pari  al 
▼alore  nel  dipingere  non  area  qnelio  del  combattere,  volendo 
non  pertanto  liire  atto  di  verace  amico,  non  senza  grandissima 
trepidazione  si  cfaiadeva  neDe  assediate  mora.  Qoindi  trovava  il 
miniatore  fra  Benedetto^  che  di  lui  più  animoso,  gii  aveva  indos- 
sate le  armi.  Vedale  chiose  e  sbarrate  le  porte,  i  difensori  alle 
vedette  e  pronti  a  dimenare  le  mani,  gU  ArrMiati  poneano  il 
fnoco  a  tutte  le  porte  cosi  della  chiesa  come  del  convento.  Allora 
i  Piagnoni  mostrarono  che  erano  cosi  buoni  a  <fir  paternostri 
come  a  trattare  il  facile  e  la  balestra,  e  dal  tetto,  dal  campanile 
e  dalle  finestre  cominciarono  a  saettare  ed  imberciare  tremen* 
damentp  I  frati,  non  che  prender  parte  alla  lotta,  e  bene  a  molti 
ne  pizzicavano  ie  mam*,  raccolti  dal  Savonarola  nel  coro,  prò* 
strati  nauti  il  Santissimo  Sacramento,  con  pietose  e  lamentevoli 
voci  dhiedevanlo  di  soccorso.  Frattanto  il  nomerò  dei  difensori, 
parte  perle  ocdsioni,  parte  per  la  ftaiga  diradava  ognor  più.  Uno 
di  essi,  il  Valori,  forse  disperando  ddla  vittoria,  partitosi  dal  con* 
vento  veniva  tradito  a  furia  di  popolo,  e  con  essola  moglie  ed 
un  piccolo figliaoletto.  Gli  assalitori  penetrati  nella  chiesa,  coota- 
minavanla  di  sangue  e  di  stragi;  e  venuti  da  vicmo  alle  prese 
con  fi  awersaij,  oominciossi  una  flerissima  zuffa,  la  quale,  Ara 
il  baglior  delle  fiamme,  il  fumo  densissimo,  e  le  grida  e  le  be- 
stemmie dei  feriti  e  dei  morenti,  era  cosa  spaventosa  a  udire  e 
a  vedere.  Un  Alemanno,  bravissimo  bersagliere,  salito  sul  pulpito 
con  un  suo  schioppetto  traeva  su  gli  Arrabbiati  senza  misericor- 


Digitized  by 


Google 


28  MEMORIE 

dia.  Acquistando  ria  via  terreno  gli  aTYersaij,  la  mìschia  si  ri- 
dusse nel  coroy  e  in  quella  ristrettezza  di  luogo,  tanta  ta  la  resi- 
stenza, che  né  per  uccisioni  né  per  ferite  poteano  aprirsi  un 
varco  per  quella  via.  Da  ultimo  scalati  i  muri  del  giardino,  cin- 
sero i  Piagnoni  di  fronte  e  alle  spaUe  (1).  Allora  il  povero  Baccio, 
che  in  sulle  prime  a  vea  fatta  alcuna  prova  di  valore,  venutoci  meno 
il  coraggio,  deposte  le  ncm  usate  armi, si  diede  ferventissimamente 
a  supplicare  il  Signore,  che  volesse  camparlo  da  tanto  grave  pe- 
ricolo, promettendo  e  giurando,  che  grato  del  benefizio,  avrebbe 
sé  stesso  consacrato  al  suo  santo  servizio  sotto  le  divise  dome- 
nicane (2).  U  Savonarola  per  cessare  la  strage  offertosi  sponta- 
neo nelle  mani  de'suoi  avversar),  Baccio  potè  vedca^  con  gli  occhi 
proprj  le  onte,  gli  strazj  e  la  spietata  morte  dell'  illustre  ed  in- 
felice amico.  Ferito  nel  più  profondo  dell'  animo,  sgomento  di 
quella  tragedia,  di  consiglio  e  di  conforto  incapace,  abbandonò 
il  dipingere,  spenta  col  Savonarola  la  fianuna  che  poliva  ali- 
mento al  fervido  immaginare.  Lo  scultore  Baccio  da  Monte  Lupo, 
fuggendo  lo  sdegno  degli  avversar],  abbandonata  la  famiglia  e  la 
patria,  andò  funga  pezza  peregrinando  per  l' Italia.  Sandro  Bot- 
tioellì,  il  Cronaca,  Lorenzo  di  Credi  e  gli  altri  fautori  e  seguaci 
del  Frate,  da  profondo  dolore  compresi,  per  alcun  tempo  lascia- 
rono le  arti  dilette  (3}. 

Ma  il  Porta  andava  sempre  rivolgendo  nell'  animo  il  voto 
emesso  nel  funestissimo  giorno,  e  buono  come  egli  era,  pensò 

(i)  j4nnal.  S.  Marci  pag.    20,    a  tergo.    Borlamaccdi  ,     ^Ua    del 
P.   JP,  Gerolamo  SayonarolOf  pag.  136  e  137. 

(2)  Vasari,  fTto  di  fra  Bartolommeo. 

(3)  liO  ttesso,  V.  le  yile  dei  vitati  artefici. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  II.  29 

mantenerlo.  Vi  ostava  non  pertanto  la  carità  del  fratello:  concios- 
siacliè  mortogli  il  padre,  a  lui  solo  era  rimasta  la  tutela  del 
piccolo  Pietro y  e  la  cara  dell'asse  paterno.  Arato  pertanto  con- 
siglio col  celebre  religioso  Santi  Pagnini  Domenicano,  che  allora 
dimorava  in  S.  Marco,qaesti  gli  si  profierse  pronto  a  tutelare  il  mi- 
nor fìratello,  per  tatto  quel  tempo  che  a  cagione  del  noviziato  egli 
avrìa  dovuto  tenersi  lontano  da  Firenze  (1).  Per  laqual  cosa  Baccio 
fatta  rinunzia  a  Pietro  di  ogni  suo  avere  e  del  diritto  alla  eredità  di 
Paolo  del  Fattorino  suo  padre,  pr^ato  F  Albertinelli  a  ulti- 
mare il  finale  Giudizio  in  S.  Bfaria  Nuova,  del  quale  avea  già 
ricevuto  tutto  o  gran  parte  del  prezzo ,  parti  alla  volta  di  Pra- 
to. Nel  giorno  26  luglio  dell'anno  IKOO  compieva  la  fatta 
promessa  vestendo  le  divise  di  Frate  Predicatore  nella  sua  età  di 
anni  31,  ritenuto  il  nome  di  Bartolommeo  e  Tenendo  ascritto  fra 
i  religiosi  corali.  Nel  seguente  anno  suggellerà  con  voto  solenne 
la  professione,  e  facea  ritomo  nel  convento  di  S.  Marco  in  Fi- 
renze (2).  Assai  dispiacque  agli  amici  del  Porta  questa  inopinala 

(1)  Che  p«r  ricàn  tempo  il  P.  Stotì  P«§iiim  sia  stato  tutore  di  Piero 
M  Fattorino,  si  proTa  da  on  documento  originale  dell*  archivio  di  S.  Marco, 
che  daremo  al  tarmine  del  presente  volume,  nel  quale  di  roano  del  Pagnini 
si  leggono  queste  parole  :  per  certa  autorità  la  quale  mi  lasciò  frate  Bar- 
tholommeo  di  Paulo  del  Fattorino  sopra  Piero  tuo  fratello^  quando  gli 
fece  donatione  della  parte  sua.  Vedi  Documento  N*.  i. 

(2)  Vasari,  toc.  cìt.;  e  cita  le  cronache   del   conv.  di  San  Domenico 

I 
di  Prato.  Conferma  l'sutorità  del  Vasari  il  P.  Ser sfino   Baszi,  Vedi  Istoria 

degli  Uomini  Illustri  ec.  psg.  353 ,  M  Vili.   Ma    a  togliere  ogni  dubbio 

qualunque  «  perchè  il  P.  della  Valle  mostrò  dubitarne,  riporteremo  una  no> 

tixia  conservataci  nelle  più  volte  citate   Miscellanee   del  Msrtini,  e  pobbli- 


Digitized  by 


Gòogle 


30  MEMORIE 

rìsolozione;  e  di  Mariotto  Albertinolli  scrive  Giorgio  Vasari»  che 
per  il  compagno  p&rdMto  era  qwui  smarrUo  e  fuor  di  sé  steeeo;  e 
sì  strana  gU  parve  quella  novellaj  che  disperato  di  cosa  alcuna 
non  si  rallegrava^  e  se  in  quella  parte  Mariotio  $um  avesse  ovulo 
a  noia  il  commercio  de*  fratif  de"  quaU  di  continuo  diceva  male,  ed 
era  della  parte  che  teneva  contro  la  famne  di  frate  Gerolamo  dm 
Ferrara^  aivrebbe  F  amor  di  Baccio  operaio  talmente  che  a  forxa 
nel  convento  medesisno  col  suo  compagno  si  sarebbe  isicappucciata. 
egli  ancora  (i).  Alle  quali  parole  noi  non  faremo  GommenU^  sU- 
mando  che  i  fatti  narrati  e  qndli  che  si  narreranno  tra  breve 
ne  chiariranno  meglio  il  vero. 

rata  dal  eh.  Autore  della  Bibliografia  Pratese  (pag.  115).  A  carte  pertanto  36 
della  suddetta  Miscellanea ,  si  legge:  Ricordo  come  hoggi  28  dì  sett.  IMO; 
IO  Aleuandro  Guardùti,  estendo  ito  in  San  Marco  di  Firenze^  convento 
de*  Frati  Predicatori^  a  ricercare  alcune  cose  dijra  Bartolommeo  pittore 
di  queir  Ordine  ;  il  r.  fr,  Onofrio  Datti  di  Firenze^  presente /ra  Niccolò 
Pandolfi  decloro,  e  mester  Piero  Perondini  mio  compare,  disse ^  che  si 
ricordava  che  fra  Bartolommeo  pittore  si  vetù  nel  convento  di  Prato,  che 
erano  corsi  molti  anni,  e  fra  Onofrio  ne  ha  ora  86;  oggi  questo  di  2S  di 
settembre  iti^*  E  tornando  in  Prato,  cercando  la  cronaca  del  convento 
di  San  Domenico  di  Prato,  fra  CheruHno  dal  Borgo  San  Loremto  quivi 
'superiore  mi  mostrò  alcuni  /rammenti  e  petsi  deUa  detta  cronaca,  nella 
quale  si  leggeva  fra  Bartolommeo  pittore  eccellentissimo,  che  con  haveva 
ancor  nome  al  secolo,  Ju  di  Savignano^  villa  del  contado  di  Prato,  e  prese 
Vìiahito  di  quella  religione  in  Prato  nel  detto  convento,  del  quale  era 
figliuolo;  e  fu  V  anno  IttOO  a  di  W  di  luglio,  e  V anno  seguentejece  prO' 
fessione,  siccome  quivi  largamente  si  legge, 

(1)  Vasari,   Fila  di  MarioUo  AlheHinelli. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  IL  31 

Questo  primo  periodo  della  vita  del  Porta,  considerato  dal 
lato  dell'Arte,  non  è  il  più  fecondo,  né  il  più  glorioso.  Nei  saoi 
dipinti  si  ravvisano  tuttavia  le  massime  e  gli  andari  di  Cosimo 
Rosselli»  e  segnatamente  certa  timidezza  che  in  breve  ebbe  per- 
duta, n  colorire  è  già  vigoroso,  V  ombrare  ben  inteso,  e  le 
pi^he  assai  belle;  non  pertanto  panni  un  poco  cmdetto  nei  con- 
t<mii  e  debole  nella  prospettiva  aerea,  difetti  ddl'età  e  del  pri- 
miero insegnamento.  Ma  il  Porta  destinato  a  ravvivare  gli  ésempj 
di  fira  Giovanni  Angelico,  quanto  i  mutati  costumi  e  le  nuove 
tendenze  dell'  Arte  lo  cobsentivano,  di  tutti  quei  difetti  trionfò 
nei  diciassette  anni  che  visse  nei  chiostri  Domenicani,  ed  ivi  vera- 
mente ha  principio  la  sua  gloriosa  carriera.  « 


Digitized  by 


Google 


32  MEMORIE 


CAPITOLO     III. 


Fra  Bartolommea  per  le  preghiere  dei  religiosi  e  degli  amici  ri- 
torna alla  Pittura.  —  Instituisce  Mariotto  Albertinelìi  tu- 
tore del  fratello.  —  Si  dà  nuovarMnu  allo  studio  e  alla 
imitaxione  di  Lionardo  da  Vinci.  —  Stringe  amicizia  am 
Raffaello  da  Urbino.  —  Dipinti  eseguiti  sotto  la  influenza 
di  questi  due  celebri  pittori.  —  Pregi  di  questo  secondo  pe- 
riodo della  carriera  artistica  di  Fra  Bartolommeo  della 
Parta. 


J^el  silenzio  della  romita  sua  cella,  fra  le  austerezze  della  vita 
claustrale,  il  Porla  si  era  dato  in  preda  a  mesti  e  profondi  pensieri. 
Avea  veduto  un  popolo  compreso  di  entusiasmo,  acclamare  apo- 
stolo e  santo  l'amico  del  suo  cuore,  e  dopo  alcun  tempo  questo  po- 
polo istesso,  atterrato  l'idolo  che  ieri  adorava,  opprimerlo  di  onte 
e  di  rovina.  Pensava  con  quanto  amore  e  con  quanti  stenti  il 
Savonarola  si  fosse  studiato  di  mantenere  nel  popolo  fiorentino 
l'onestà  del  costume,  e  alla  sua  patria  la  libertà,  e  premio  di 
quell'  opera  generosa  essere  stato  il  patibolo  ed  il  rogo.  A  che 
dunque  adoperare  l' arte  e  l'ingegno  per  far  gloriata  la  patria, 
quando  uomini  scellerati  tentavano  spegnerla?  Con  qual  mente 
aspirare  alla  lode  di  valente  dipintore,  quando  solo  avean  pregio 
e  favore  gli  osceni  dipinti?  Tutta  questa  tempesta  di  pensieri  e 
di  affetti  avea  condotto  il  povero  Baccio  a  certa  cupezza  che  non 
gli  consentiva  riprendere  le  arti  dilette.  Tornato  in  Firenze  ebbe 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  m.  33 

per  alcan  tempo  stenta  nel  noviziato  di  S.  Marco;  e  ne  lasciò 
ricordo  in  un  suo  dipmto  colorito  per  quel  noviziato  medesimo. 
Per  queste  cagione  il  P.  GagUehno  della  Valle  sospettò  che  non 
già  nel  oonrento  di  S.  Domenico  di  Prato,  ma  bensì  in  queDo 
di  S.  Marco  di  Firenze  avease  indossate  le  divise  dì  frate  Predi- 
catore (i)«  Steto  ahnm  tempo  in  devote  esercitezioni,  venne  suc- 
cessivamente promosso  agli  Ordini  sacri ,  fino  al  Diaconato  (2). 
Ha  come  quegli  che  era  sfonnto  di  scienza  eodesiastica,  non 
ascese  al  sacerdozio. 

Era  di  quel  tempo  nel  convento  di  S.  Marco  il  celebre  orien- 
ialiste  Santi  Pagnini  di  Lucca,  uomo  nel  quale  non  sapresti 
che  più  ammirare»  se  la  dottrina,  F  ingegno  o  la  piete.  Edu- 
cato alla  severa  disciplina  del  Savonarola,  il  quale  aveva  dal  suo 
convento  sbioidite  la  scdastica  per  sostituirvi  lo  studio  della  sa- 
cra Scrittura  e  4dle  lingue  orientali,  il  P.  Santi  Pagnini  si  era  alle 
medesime  dedicato  con  amore  e  con  esito  felicissìmaln  questo  insi- 
gne teologo  fra  Barkdommeo  della  Porta  trovò  l'amico»  il  fratello, 
ed  il  vero  conoscitore  del  suo  merito.  In  breve,  ciò  che  era  steto 
sant'Antonino  a  fra  Giovanni  Angelico,  fu. il  Pagnini  al  Porte. 
Non  quattro  soli  anni  erano  decorsi»  come  scrive  il  Vasari,  dac- 
ché, fra  Bartolommeo  avea  abbandonato  il  dipingere,  ma  cinque  e. 
forse  più  ancora  di  sei  (3).  Eletto  il  P.  Santi  Pagnini  priore  del  con- 

(1)  V.  le  atinotazìonì  alla  vita  di  fra  Burlolommeo  scrìtta*  dal  Vasari, 
nell'  edizione  dei  Glassici  di  Milano,  Voi.  VII. 

(2)  Razzi,  Storia  degli  Uomini  Illustri  ce,  loc.  cìt.  — Annui.  S.  Marci 
fol.  231.  — Si  corregge  con  ciò  il  P,  Barsanlì  e  gli  altri  che  il  dicono  con- 
verso.  P^ita  del  P.  F.  Gerolamo  Savonarola,  pag.  44. 

(9)  Se    fra  Bartolomoieo    lasciò  il  dipingere  per  la  morte  del  Savo- 

n.  3 


Digitized  by 


Google 


34  MEMORIE 

vento  di  S.  Marco  nel  gtegno  del  1504  (1)»  mù  iermine  del  8«o 
reggimento,  cioè  intorno  il  19061»  alle  reiterale  istanze  degli  amki 
del  Porta  onendo  la  soa  aatorilA,  potè  vteeere  il  di  Imi  oeiioato 
riteto»  e  fare  che  eì  riprendesse  la  tarolozea  e  i  pemMsHL  Ma 
inaansi  fra  Bartolowmeo  avea  vololo  eoUocam  fl  frateBo  in  modo 
che  per  le  soUecitiuiini  di  Ini  e  dell'asse  paterno  non  dovesse 
avere  impedimeato  alo  studio  delT  arte,  e  ai  doreri  del  chiostro, 
de'qoali  era  gelosissimo  osservatore.  Come  Pietro  del  Fattorino 
dava  a  conoscere  alcuna  disposizione  allo  studio  della  pittiura ,  ei 
pensò  collocarlo  ad  apprendere  qoest'  arte  omu  HariotI»  Alk^li- 
neHi»  instituendolo  insiememente  maestro,  tutore  e  curatore  delle 
proprietà  del  fratello.  Strettisi  pertanto  assieme  fra  Bartolommeo 
di  S.  Marco,  il  priore  Santi  Pagnini,  MarioUo  AlberthdH,  Biagio 
padre  di  Mariotto,  e  Pietro  dei  Fattorino,  con  pubblico  {stru- 
mento segnato  il  1  gennaio  delT  anno  1805,  fermavano  le  con- 
dizioni seguenti  : 

Affidarsi  a  Mariotto  di  Biagio  dipintore  Ptero  di  Pagalo  M 
Fattorino  a  imparare  Forte  del  dipingere,  cioè  di  metter  d*oro 
ed  altre  eoee  di  maxoneria  (2),  per  il  corso  di  anni  sei,  a  comin- 
ciare dal  i  gennaio  1605,  epoca  del  contratto,  e  terminare  al 

narola,  e  lo  riprese  nel  1506 ,  sarebbero  non  quattro,  ma  otto  anni  d* in- 
terruzione, percbè  il  Savonarola  fu  morto  il  giorno  23  maggio  del  1498. 

(1)  V.   j4nnal.  S.  Marci  fol.  75,  a  tergo. 

(2)  Così  nell*  originale.  Il  vocabolo  Mazonerìa  sì  legge  adoperato  al- 
cuna volta  dal  Vasari  solo  in  opere  di  fabbricazione ,  come  è  usato  dar  Fr^in- 
cesi  ;  ma  in  lavori  di  pittura ,  o  d*  intaglio  •  di  metter  d'  oro ,  no«  ne  co« 
nosco  altro  esempio. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  ni.  35 

1  gennaio  1511,  senza  prezzo  p  cosa  alcnne  per  tatto  il  tempo 
suddetto* 

Dichiararsi  Mariotto  paratore»  conterratore,  alloeatore  ed 
aflBttatore  di  tutti  i  beni  che  si  trorano  della  eredità  di  Pag^h 
di  Ja$apo  M  Fattorino,  e  i  beni  sopraddetti  essere  i  seguenti: 
-^  Una  casa  posta  nel  popolo  di  San  Pier  OattòUni. — Iha  yigna 
posta  in  San  Donato  io  Poggio ,  con  altri  pesri  di  tetra  laTora- 
lira  te  detto  popolo;  nna  vigna  e  terre  e  bosdil  posti  aUa  Gastel- 
Ikia  in  Val  di  Niof  e;  ^  cento  undici  fioHni  di  sette  per  cento  in 
sul  monte  dd  Comune  di  Firenze. 

Obbligarsi  llari<)tto  Albertindli  a  tenere  in  sua  casa  B  detto 
Piero,  diesarlo,  nutririo,  testirlo;  e  chiedetido  denaro  non  essere 
tenuto  a  dargli  pi6  (M  sette  s(M  il  mese. 

Essere  tenuto  Mariotto  Albertine&i  a  far  celebrare  nella 
cMe«a  di  San  Pier  Gattolini  un  uffizio  tanebre  per  f  anima  di 
Paolo  del  Fattorino,  e  determinarsi,  come  è  consueto,  Voce  due  e 
due  IMire  di  cera  (1). 

Dal  lato  suo  Piero  dei  Fattorino,  e  per  esso  fra  Bartidommeo 
con  fecoHà  dei  superiori,  obbligatasi  a  cedere  a  Mariotto  Alfcer- 
tfaidB  per  tutto  il  detto  tempo  T  usofrulto  di  tutti  i  beni  soprad- 
detti; e  volendo  Piero  dopo  i  sei  anni  affittare  la  rilla  della  Ca- 
stefflna  non  poterla  affittare  ad  altri  che  aUò  stesso  Mariotto  peir 
giusto  prezzo;  té  sinorflmente  venderla  ^  aftri  che  a  Mariotto 
pd  vabre  che  saprebbe  sfabSlto  da  quattro  nomini  del  paese. 

Aggiungevasi  poi,  che  se  a  Piero  del  Fattorino  non  piacesse 
dimorare  con  Mariotto  Albertinelli,  o  non  volesse  finire  i  detti 

(i)  Forse  per  questo  artìcolo  potrebbe  congettararó  cbe  Paolo  del  Fat- 
tonno  morisse  in  Fireme,  e  fosse  sepolto  in  detta  cKicsa. 


Digitized  by 


Google 


36  MEMORIE 

sei  anni ,  perchè  voksse  malignare,  o  perchè  credesse  avere  impa- 
rato presto,  affinchè  Marìotto  non  debba  giammai  pentirsi  di 
ayergli  insegnato,  debba  rifare  Mariotto  di  tanto  quanto  parrà 
al  priore  che  sarà  di  quei  tempo  in  San  Marco. 

In  ultimo  Piero  del  Fattorino  si  obbligava ,  che  noorendo 
senza  figli  legittimi  e  naturali  infra  i  detti  sei  anni  e  dopo  ezian- 
dioy  l'erede  della  suddetta  vigna  (della  Castellina)  sarebbe  te- 
nuto venderla  al  detto  Mariotto  o  suoi  eredi  per  giusto  prezzo  ; 
rimanere  però  nell'  arbitrio  di  Mariotto  aderire  o  no  a  questa 
compera.  Finalmente  ambedue  le  parti  si  obbligavano  di  stare  al 
giudizio  del  priore  che  sarebbe  allora  in  S.-Marco,  se  per  alcun 
avvenimento  si  dovessero  fare  nuovi  capitoli  (1).  Seguitano  quindi 
le  sottoscrizioni  del  notaio  Ser  Niccolò  di  Bartdo  di  Liegi ,  poscia 
quelle  del  P.  Santi  Pagnìni,  di  fra  Bartolommeo^  di  Piero  di  Pado 
del  Fattorino;  di  Mariotto  Albertinelli ,  e  di  Biagio  padre  di 
Mariotto  (a). 

Io  non  mi  farò  ad  esaminare  se  giuste  e  se  oneste  fossero  le 
condizioni  del  presente  contratto;  solo  non  loderò  che  fra  Barto- 
lommeo  e  che  il  P.  Santi  Pagnini,  a'  quali  doveano  essere  troppo 
noti  la  vita  e  i  costumi  di  Mariotto  Albertinelli ,  e  quanto  fosse 
delle  proprie  sostanze  dissipatore,'  gli  .affidassero  la  educazione 
morale  e  artistica  del  giovine  Pietro,  e  la  tutela  delle  di  lui  pro- 
prietà. Forse  Biagio  Albertinelli,  che  vediamo  ei  pure  sottoscritto 
in  questa  contrattazione,  avrà  tolto  eg^  stesso  a  tutelare  gli  averi 

(1)  Quest*  ultimo  artìcolo ,  a  mìo  avviso ,  garantisce  alquanto  meglio 
gli  averi  del  Fattorino. 

(a)  V.   Documento  (I.) 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  III.  37 

del  Fattorino.  Non  pertanto  il  dirò  francamente ,  non  parmi  ab- 
bastanza guarentita  la  tutela  di  questo  giovine. 

Aggiungerò  altre  due  riflessioni  ebe  spontanee  si  offrono 
alla  mente  di  chi  legge  il  presente  contratto.  Primieramente 
affidando  frate]Bartolommeo  il  fratdlo  al  pittore  Hariotto  Alber- 
tinelli  onde  apparare  V  arte  della  pittura,  «embra  perseverasse 
tuttavia  nel  proposito  di  non  più  toccare  i  pennelli,  altrimenti 
avrebbe  egli  stesso  tolto  ad  ammaestrare  il  fratello,  come  in 
seguito  tolse  ad  ammaestrare  altri  giovani  e  rdigiosi  e  secolari. 
La  quale  dubitazione  acqubterebbe  tutti  i  gradi  della  certezza, 
se  vero  fosse  quanto  scrive  il  Vasari ,  che  il  primo  dipinto  del 
Porta  dopo  vestito  F  abito  domenicano  sia  stato  la  tavola  del 
S.  Bernardo  colorita  per  la  chiesa  della  Badia  fiorentina,  concios- 
siachè  per  autentico  documento  si  dimostri  quella  tavola  essere 
stata  eseguita  nel  1506,  o  nei  primi  del  1507;  e  non  già  nel  1504 
0 1505,  come  lo  stesso  Vasari  ci  porterebbe  a  far  credale.  In  se- 
condo luogo,  andare  errato  il  Lanzi  ove  scrive,  che  Raffaello  da 
Urbino  avesse  da  fra  Bartolunmìeo  consigli  ed  esempj  nel  colorire 
nel  tempo  della  sua  prima  venuta  in  Firenze,  cioè  nel  1504; 
quando  sembra  indubitato  che  il  Porta  non^  avesse  ancora  ripreso 
il  dipingere.  Ma  in  quella  vece  col  Vasari,  col  Baldinucci  e  col 
P.  Pungileoni,  stimeremo  doversi  affermare  che  ciò  avvenisse  nella 
seconda  venuta  del  Sanzio  in  Firenze,  cioè  nel  1506  (1}. 

Collocato  il  fratdlo  comBiariottoAlbertinelli,  fra  Bartolom- 

(1)  Lanzi,  Storia  Piliorica ,  tc.f  Scuola  Romana^  epoca  seconda.  Va- 
sai!, yita  di  Raffaello  da  Urbino.  Baldiitucci  ,  iVo/iziV ,  ec.  Vita  di  fra 
Bartolommeo  e  di  Raffaello.  Porgilbov  i ,  Elogio  storico  di  Raffaello  Santi, 
pag.  72. 


Digitized  by 


Google 


38  MEMORIE 

meo  tolse  nnovameote  a  dipiagerc.  Al  sao  fiuiigere  nel  cmYento 
di  S.  Marco,  vi  avea  rìnyenQli  tutti  quegli  arteftcì  clie  abbiane 
ricordati  nel  primo  volume  di  «pieste  Memorie,  cioè  i  tre  ì&signi 
ramiatorì,  dse  pittori ,  ub  areiùtelto,  e  «n  nipote  di  Luca  della 
Robbia,  modellatore  in  plastica  (1).  L'eMapio  di  questi  suoi 
eoafralfilli  dovea  bastare  a  riamicarlo  con  l' arte  da  Ini  per  si 
gran  tratto  di  tempo  abbandonata.  Non  potendo  additare  con  e&c- 
tezsa  akun  suodipintoantencn^  alla  sopra  dtata  ti?ola  dél&Ber* 
nardo,  comineeremo  da  questa.  D  Vasari  ne  ragiena  nei  termini  an- 
gnenti:  a  Arefa  Bernardo  del  Bianco  AMo  tn%  neUa  Badia  di 
Firense  in  queMi  una  cappella  di  macigni»  intagliata  metto  ricca 
e  bdta  col  disegno  di  Benedetta  da  Roveizano,  la  quafe  Ai  e4  è 
ancora  oggi  molto  stinsala  per  ma  ornata  e  raria  opera,  nella 
quale  Benedetto  Buglioni  fece  di  ti»ra  cotte  inretriata  in  afcane 
nicchie  figure  ed  angeli  tutte  tonde  per  finimento ,  e  flctgf  (Meni 
di  cbembini  e  d'imprese  del  Bianco,  e  Aesiilerandn  metlrnvi 
denlro  una  tavola  che  fosse  degna  di  queH'oniaaMnto,  mooMisi 
in  fantasia  che  Ara  Bartolommeo  sarebbe  i  proposto^  e  m/f^nò 
tutti  que'  mezzi  e  amici  che  potè  maggiori  per  disporioi  Sterasi 
fra  Bartolommeo  in  convento,  non  attendendo  ad  aKro  che  agli 
uffici  divini  ed  alle  cose  delia  regola,  ancora  cbe  pregalo  molto 
dal  priore  e  dagli  amici  suoi  più  cari  che  e^Ckcesse  qnaloh»  cosa 
di  pittura  ;  ed  era  già  passato  il  temine  di  quattro  am»  cheegfi 
non  aveva  voluto  lavorar  pia  nulla  ;  ma  stMlto  in  su  questa  oc- 
casione da  Bernardo  del  Bianco,  infine  cominciò  quella  tavola  di 
S.  Bernardo  che  scrive,  e  nel  vedere  la  nostra  Donna  portata  col 
putto  in  braccio  da  molti  aggeli  e  putti  da  lui  coloriti  palina*» 

(t)  Voi.  I,  libr.   11,   cap.   XV,  pag.  438. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAR  IH.  39 

neole,  ala  tanto  coatempiiÉiTO,  die  .bene  si  conosce  in  lai  un 
ma  so  che  di  celeste,  che  rispleade  in  quella  opera  a  chi  la  con- 
sidera aUoHattieBte;  dorè  melta  diligenza  edamorpoee  insieme 
con  oso  «re»  ktToorato  a  fresco  che  fi  ò  so|^  (1).  j»  Di  questa 
tavola  ci  è  nestieri  discorrere  dqnanto  yià  copiosaai^te. 

8i  Immagini  il  tatlore  vedore  il  Porta  abitare  quella  rari»- 
stana  galleria  di  a  fresclii  che  H  suo  confratello  Ara  Oiofanni 
Angeico  anea  coIotW  nel  convento  di  S.  Marco  nei  primi  anni  del 
secolo  precedente;  pieno  la  meoie  e  il  petto  deBe  sublimi  teorie 
del  beUo  soprannaturale  di  fra  Gerolamo  Savonarola»  incaricato 
di  rendere  a  odori  una  creste  visione  éA  santo  abate  di  Ghia- 
ravalle.  Egli  è  facile  a  «radere  che  postosi  Inngamente  a  meditare 
la  Incoronaziotie  ^Hs  Vergine  dell'  Angelico,  e  su  quelle  imma- 
gini creato  da  un  santo  afietto,  rivelate  all'artiste  in  un'  estasi  di 
amore.  Ara  Bartolommeo  togliesse  il  concetto  per  il  suo  quadro 
dd  S.  Bernardo,  a  ben  significare  quella  apparizione  ddla  Ter- 
gine al  più  tenero  ed  affettuoso  de'snoi  devoti.  Bellissima  è  questa 
composizione  de!  Frate.  Sotto  un  loggiato,  da  dove  si  ha  accesso 
ad  una  mdto  lieta  e  ridente  campagna,  la  quale  con  lontana  e 
bdla  prospettiva  peruglnesca  forma  il  fondo  del  quadro,  vedesi 
prostrato  il  santo  abate  di  Chiaravalle,  colili  cV  abbelliva  di 
ilfaria,  come  del  Sol  la  stella  mattutina  (2).  Sopra  un  deschetto 
e  in  terra  sparti  sono  i  volumi  che  F  affetto  caldissimo  dettava 
al  mellifluo;  e  se  fosse  alcuno  che  avesse  in  dispetto  questo  nome 
di  meUifluo^  che  il  consenso  di  molti  secoli  ebbe  a  lui  conce- 

(1)  L'a  frMco  «bll'Aroscoio  pia  non  esiste,  distrutto  nel  rioiodemare 
U  okiesa. 

(3)  Dartb,  Paradiso»  Canto  XXXII,  ver.  106. 


Digitized  by 


Google 


kO  MEMORIE 

dulo,  legga  qaeUi  aurei  volami  e  sentirà  dakensa  di  paradiso. 
Il  solilario  scriveva  appunto  le  lodi  di  Maria,  quando  dall'  alto 
dd  cielo  sopra  candida  nuvoletta,  tu  la  miri  lieve  lieve  scendo^ 
al  suolo  col  pargoletto  Gesù,  cùrcoodata  da.un  coro  di  Angioli, 
beare  di  sé  il  santo  e  innamorato  vecchio;  e  a  quella  vista  egli 
per  meraviglia  sollevate  le  palme,  diffuBo  per  gli  occhi  e  per  le 
gene  di  benigna  letizia  in  atte  pio  (1),  stimi  voglia  dare  co- 
minciamento  a  quella  bella  e  devota  canzone ,  cbe  nella  bocca 
di  lui  pone  FAllighieri  nel  trentesimo  terzo  del  Paradiso: 

Vergine  Madre,  figlia  dei  tuo  figlio , 
Umile  ed  alta  più  che  creatura , 
Termine  fisso  d' Etemo  consiglio ,  ec. 

Oh  come  nel  volto  e  nella  persona  del  santo  si  legge  il  caldissimo 
affetto,  e  l'estasi  divina!  Noi  non  dubitiamo  affermare  che  sol- 
tanto dall'Angelico  poteasi  ritrarre  con  egual  perfezione  (S). 
Dietro  al  santo  abate  locò  il  patriarca  san  Benedetto  e  l'Evan- 
gelista Giovanni,  che  grandemente  ^i  compiacciono  di  quel  fa- 
vore dalla  Vergine  compartito  al  più  grande  eroe  de'bassi  tempi. 
Tutte  queste  figure  sono  ben  disegnate  e  colorite,  e  di  un  fare 
largo  e  grandioso;  e  parci  vero  l'atto  dello  scendere  e  dell'  ap- 
presentarsi  della  Vergine,  senza  indizio  alcuno  di  sforzo  e  con 

(1)  Dante,   Canto  XXXI,  ver.  62. 

(2)  Neil*  a  fresco  delU  Incoronaxiono  della  B.  V.  di  fra  Gio^anm  An- 
gelico in  S.  Marco  è,  come  si  diMe^  ima  corona  di  Santi  in  estasi,!  quali 
ncU*  aria  delle  teste  e  ncll'  atteggiamento  molto  somigliano  al  S.  Bernardo 
del  PorU. 


Digitized  by 


Google 


Lìtm  m.  GAP.  ni.  «i 

grandimma  maestà  (1).  Non  dirò  deganti  le  fimne  ddla  Madre 
e  del  FigUoy  che  troppo  meglio  §^  vennero  fatte  in  altri  simili 
dipinti;  ma  gli  Angioli  che  loro  fanno  corona,  feoihnente  si  sti* 
Olerebbero  da  altra  e  assai  inférior  mano  dintoraali  e  odoriti. 
Podii  sono  i  quadri  di  fra  Bartolommeo  della  Porta  ne'qnali  non 
siano  vaghi  angidetti,  ove  intenti  a  suonare  il  finto,  ove  a  reg- 
gere i  panni  del  trono  di  Maria,  e  quando  a  far  corona  all'Eterno, 
e  tutti  per  correzione  di  disegno,  freschezza  di  colore,  e  avve- 
nenza di  forme  maravi^osì;  ma  in  questi  della  tavola  ora  de- 
scritta non  havvi  a  mio  avriso  alcudo  di  questi  pregi.  Se  non 
che  troppo  manifesti  sono  i  barbari  ritocchi  di  un  imperito,  che 
non  dubitò  contaminare  e  manomettere  questo  dipinto,  che  è  una 
pMà  il  vederlo.  La  sola  figura  dd  san  Bernardo,  come  che  la 
più  intatta  e  mq;lio  conservata,  mantiene  al  Porta  la  lode  di 
valente  dipintore.  Nò  taceremo  per  ultimo,  che  dopo  il  corso  di 
sd  o  più  amn  daciM  area  intralasdata  ogni  esa*citazione  det- 
r  arte ,  non  è  a  meravigliare  se  la  mano  non  fosse  in  tutto  ubbi- 
diente al  concetto  (2). 

Questo  dipinto  pbrse  motivo  ad  una  lunga  e  molesta  qui» 

(f)  Nella  galleria  dell*  Accademia  Fiorentina  è  una  tavola  di  ignoto 
contrassegnata  dal  N°  Vili,  attribuita  per  alcun  tempo  a  Giottino.  Nel  mezzo 
TI  e  ritratto  lo  stesso  argomento.  Ma  la  Vergine  cbe  apparisce  al  Santo  di 
mezzo  a  due  Àngioli  è  dì  una  meravigliosa  bellezza.  Così  non  mi  appaga 
la  fi};ura  del  S.  Bernardo  non  punto  commosso  a  quella  vista. 

(2)  Quesla  tavola  di  fra  Bartolommeo  dalla  chiesa  di  Badia  passò  nei 
primi  anni  del  presente  secolo  nell'  Accademia  Fiorentina.  Nella  chiesa  di 
Badia  al  presente  se  ne  vede  un'  altra  bellissima  rappresentante  il  fatto  me- 
desimo creduta  di  fra  Filippo  Lippi. 


Digitized  by 


=.,.  ^ 


42  MEMORIE 

flUone.  Bernardo  del  Bianco  nel  ooMmetteme  a  fra  Bartolom* 
meo  la  eseciuìone  non  areva  pattnito  del  prazio,  ma  solo  ool 
pittore  convenuto,  che  nascendo  akuna  disparità  sol  Takm  del 
quadro»  si  chiamassero  dae  comnm  amici,  a  gindixio  dei  qoaK 
ne  fosse  statuito  il  prezzo.  Compiuto  9  diptaito»  fra  Bartoiommeo 
chiese  300  ducali»  de' quali  già  per  conto  delle  qpese  ne  avea 
riceyuti  40.  Questa  dimanda  parte  eccessiva  a  Bernardo  dsl 
Bianco»  il  quale  non  voleva  oltrepassare  li  80.  U  pittore  discese 
ai  160»  mt  parve  tuttavia  grave  al  committante.  A  conciliare 
questa  disparità  si  interposero  l' abate  di  Badia  »  Lorenao  di 
Credi»  Mariotto  Albertindli»  ed  altri  amici  daffuno  e  ddTaltro» 
ma  invano»  che  fra  Bartoiommeo  e  Bernardo  del  Biasco  erano 
fermi  nel  proposito  lora  Veduto  non  poter  conciliare  le  parti» 
fu  mestici  portare  la  quistione  ali'  arie  degli  Speziali»  ai  quali 
in  quel  tempo  ,8i  apparteneva  cosiflEitia  giudicatura  (1).  Pur  non- 
dimanco  assai  dolendo  ai  religiosi  piatire  nantt  giudici  secolari  » 
di  buon  grado  accolsero  la  offerta  di  Franoeaoo  Magalotti  »  co* 
guato  di  Bernardo  del  Bianco»  ed  amico  nel  tempo  stesso  del 
Padri  di  San  Marco»  di  comporre  amichevolmente  la  quistione; 
ed  ambedue  le  parti  promisero  stare  al  di  lui  giudizio.  Allora  fl 
Blagalotli  avendo  statuito  il  prezzo  del  dipinto  100  ducati»  d>be 

(1)  In  Fìrense,  come  in  molte  altre  città,  le  Arti  erano  unite  in 
Gorporaaìoni,  ed  erano  tette  le  Maggiori,  e  quattordici  le  Minori,  Ave^a 
ciascuna  il  soo  comole  ed  il  suo  gonfaloniere.  Gli  Spettali ,  i  M e&i  e  i  Pit- 
tori facevano  una  sola  consorteria,  che  era  fra  le  arti  maggiori.  Solo  nel- 
I*  anno  1571  >  nel  giorno  19  dicembre,  i  pittori  ottennero  dal  Grao  D«oa 
Cosimo  I  di  separarsi  dagli  Speaiali.  Vodì  L*  Ostenniiare  Fiortniimo, 
Voi  VI,  pag.  9i.  escg.  —  Gate,  Carteggio  IneéiÌo,t^.  Voi.  %  pag.  39 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  III.  kS 

di  oomuM  ooHteDlatiìeiilo  posto  fine  a  qad  lango  e  nuriesto  liti- 
gio nel  giorao  17  loglio  1507  (a). 

Dd  momaito  in  cai  Baccio  della  Porta  si  era  emancipato 
da  Cosimo  Rosselli,  il  modello  che  egli  avea  tolto  a  seguitare 
era  slato  Leonardo  da  Vinci,  il  chejpnò  farci  ragione  dd  tatto 
sqoMto  di  questo  artefice.  Volendo  dì  presente  ritemprare  io 
stile  e  la  maniera,  si  diede  con  nooYO  e  più  intenso  studio  ^lla 
imMaaioDe  di  qud  grande  esemplare. 

L^età  ebe  mW  arte  tradiiionale  dei  giotteschi  atea  sostituita 
la  semplice  e  pura  imitazione  del  retro,  atea  veduto  eziandio 
troppo  sovente  alla  evidenaa  ed  aBa  natura  sacrificata  la  gra- 
zia e  il  decoro.  Conciossiachè  non  bene  erasi  ay^ertito,  come 
la  natura  salga  per  modi  srariatisrimi  al  concetto  del  bello, 
e  che  non  tutti  gli  accolga  arbitrariamente  in  un  solo^  ma  sa- 
viamente li  oomparta  e  li  divida  fra  molti;  onde  egli  è  oMStieri 
di  scegliere  e  avvicinare  qifólli  che  meglio  si  affanno  e  armoiriz- 
zane  insieme.  Il  cultore  adunque  delie  arti  che  dicono  bdk  per 
eeoeSenza,  debb'èssere  quasi  ape  industriosa,  ohe  dai  più  svariati 
e  olezzanti  fiori  M  prato  tragge  una  eletta  sostanza  che  poi 
converte  nel  mele.  Io  non  negherò  che  neHa  più  parte  dei  pit- 
tori deHa  scuola  fiorentina  nel  secolo  XV  non  si  ammiri  ve- 
ramente il  cuHp  prestalo  alla  natura;  ma  ove  tu  ne  tdga  alcuni 
pochi,  pami  che  i  più  solo  di  rado  raggiungano  fl  beDo  ed  il 
grazioso  (1).  Ciò  proveniva  in  gran  parte,  secondo  che  io  stimo, 

(1)  Pongo  m  questo  novero  Andrea  del  Castagno,  Cosimo  Rosselli, 
Andrea  del  Vcrroccbìo,  il  Poliamolo  Quanto  di  costoro  più  gentili  non 
erano  i(  fVancia,  Il  P^erugtno ,  il  Pintnricchio  ! 

(<f)^V.  l>ocumeniù  (II.) 


Digitized  by 


Google 


44  MEMORIE 

da  questo,  che  costoro  toglievano  i  moddli  dei  quali  loro£aoeva 
mestieri,  non  dalla  classe  dei  gentili  e  dei  nobili  cittadini,  ma 
sovente  dai  trebbi  e  dal  mercato.  Lionardo  da  Vinci  fa  il  primo 
che,  dotato  di  un  senso  squisito  del  bello,  andasse  sfiorando, 
per  cosi  dire,  le  più  elette  grazie  della  natura,  onde  col  mezzo 
di  queUe  salire  al  bello  ideale.  E  se  ad  alcuno  mal  suonasse 
questo  vocabolo  di  bello  ideale^  noi  allora  vi  sostituiremo  quello 
di  vero  scelto^  che  stimiamo  quasi  sinonimo  del  primo.  iÀUa  ele- 
ganza ed  all'  armonia  delle  forme,  Lionardo  marito  V  armonia 
del  colore  e  la  scienza  del  chiaroscuro,  nella  quale  egli  era  so- 
vrano maestro,  come  quegli  che  molto  addentro  sentiva  nelle 
scienze  fisiche  e  naturali. 

AUora  quando  fra  Bartolommeo  di  San  Marco  avea  tolto 
nuQvamento  a  dipingere,  il  Vinci  lasciato  Milano,  che  le  armi 
di  Luigi  XII  aveano  tolta  alla  tirannide  di  Lodovico  Sforza,  si 
era  già  da  dcun  tempo  ricoverato  in  Firenze;  e.  quivi,  quasi  in 
palestra  di  prodi,  il  gonfaloniere  Pier  Soderini,  invitato  Miche- 
langiok)  Buonarroti,  poneva  a  cimento  i  due  più  grandi  artefici 
di  quella  età  e  di  molte  altre.  Da  questa  venuta  del  Vinci  avea 
tolte  occasione  fìra  Bartolommeo  per  meglio  addestrarsi  in  quel- 
r  ardua  carriera;  ond*  è  a  credere  che  stringesse  amicizia  col 
pittore  del  Cenacolo,  e  da  lui  avesse  consigli  e  indirizzamaito 
nelle  teorie  del  chiaroscuro  e  del  cotore.  A  dare  un  cotale  sag- 
gio di  stile  leonardesco,  ne  fece  sperimentp  in  un  a  fresco  del 
suo  convento  di  San  Marco.  Entro  un  arcuccio  sopra  la  porte 
del  piccolo  refettorio,  colorì  in  mezze  figure  di  naturale  gran- 
dezza. Gesù  Cristo  risorto,  il  quale  nel  castello  di  Emaus  è  da 
due  discepoli  invitato  ad  ospizio.  Quivi  è  tento  evidente  la  ma- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  III.  45 

niera  del  Vinci,  e  tanto  felice  la  imitazione  di  quel  sovrano 
maestro,  cbe  si  stimerdbt>e  la  mano  stessa  di  Lionardo  .avere  ' 
dintomate  e  colorite  queste  tre  belle  figure.  E  vaglia  il  vero, 
neDa  testa  di  G.  C,  cbe  il  Frate  ritrasse  di  profilo,  è  tanta  no- 
biltà  e  tanta  squisitezza  di  forme,  e  nelle  altre  due  tanto  evi- 
dente imitazione  del  vero ,  che  non  so  qoal  altro  tra  i  fiorentini 
pittori  di  quella  età  avria  potuto  andare  si  dappresso  a  Lionar- 
do. Duolmi  cbe  quest'opera  del  Porta  sia  dalla  più  parte  cosi 
degli  scrittori  come  degli  artefici  ignorata,  tuttoebè  in  luogo 
assai  palese,  cbè  eertamente  in  vece  di  scrivere  o  studiare  altri 
dipinti  del  Porta  a  questo  di  lunga  mano  inferiori ,  avrian  dò- 
vuto  c(»cedergli  luogo  principalissimo.  Se  ne  eccettui  il  Vasari 
cbe  appena  il  ricorda  ponendolo  fra  le  ultime  cose  Ad  Frate, 
il  Lanzi,  il  Rosini,  Rio,  ec.  non  ne  fecero  parola.  Cbe  poi  debba 
collocarsi  fra  le  opere  eseguile  in  questo  tempo,  e  quando  Lio- 
nardo  era  in  Firenze,  si  deduce  fàcilmente  da  questo,  cbe  ivi  è 
ritratto,  il  P.  Niccolò  Scomberg,  se  Vasari  narra  il  vero,  ed 
ò  quella  prima  figura  a  destra  veduta  di  profilo,  di  pel  rosso , 
piena  e  rubiconda.  Questo  giovine  alemanno  era  succeduto  al 
P.  Santi  Pagnini  nel  priorato  di  San  Marco,  appunto  nel  giu- 
gno deU'  anno  1506  ;  e  nel  seguente,  eletto  Procurator  generale 
delF Ordine,  partiva  alla  volta  di  Roma,  ove  in  seguito  per  le 
sue  virtù  fu  consecrato  arcivescovo  di  Capua  e  poi  decorato 
della  sacra  porpora  (1).  Stimo  che  V  altro  discepolo  ritratto  in 

(i)  Annoi,  S.  Marci  fol.  76.  F'aiarifWìM  dì  fra  Baitolominco  :  Simile 
mente  lavorò  in  Jreico  un  arco  sopra  la  foretteria  (coti  era  anttcamente) 
di  San     Marco,  ed  in  questo  dipinse^  Cristo  con  Cleqfas  e   Luca^  dove 


Digitized  by 


Google 


46  MEMORIE 

quell'  a  fresco,  alquanto  più  mataro  di  età,  sia  la  vera  efigie 
del  Pigolai.  Avendo  alcune  fiate  interrogato  me  stesso  qoal  di- 
pinto di  fra  Bartolonuneo  potesse  inyaghìre  sifihttamente  Rafiaello 
per  togliere  il  Porta  a  modello  nella  sna  seconda  maniera,  non  bo 
sapato  rinvenirne  alcuno  più  di  questo  degno  di  cotanto  wt&n. 
Frattanto  Tarte  con  la  quale  Pier  Soderini  avea  posti  al 
paragone  della  propria  virtù  Micbelangiolo  Buonarroti  e  Lio- 
nardo^da  Vinci,  dovea  fruttare  alla  patria  e  ai  due  artefici  beili»- 
sima  gloria;  e  teneva  V  animo  di  tutti  gli  amatori  e  onltori  delle 
arti  belle  in  grandissima  espettazione,  di  quanto  la  virtù  e  F  in- 
gegno di  que'  due  sommi  avriano  saputo  partorire.  Doveano  en- 
trambi dipingere  una  gran  tavola  da  collocarsi  nella  aala  del 
Consiglia  Lionardo  tolse  ad  argomento  la  battaglia  data  presso 
Anghiari  l' amo  lUO,  nella  quale  i  Fiorentini  sconfissero  l'eser- 
cito di  Nicccdò  Piccinino,  inviato  in  Toscana  dal  duca  Filippo 
Maria  Visconti.  Micbelangiolo  ritrasse  un  episodio  della  guerra 
di  Pisa.  Scoperti  finalmente  i  cartoni  tosi  dd  Vfaici  corno  del 
Buonarroti,  non  è  a  dire  «pianta  meraviglia^  diletto  e  pkoso 
fosse  in  tutti  in  vedere  opere  tanto  stupende;  già  sorgomeotando 
dalla  «MTavigUosa  beUeua  di  quei  disegni ,  quale  sarebbe  stata 
la  lor  perfesiouQ  tosto  che  la  magia  del  oolore  avesse  resala fin- 
aione  più  simile  al  vero  (1).  n  perchè  tutti  i  più  principaH  arle- 

ritraste  fra  Niccolò  delta  Mttgna  quando  era  giovane ,  il  quale  poi  arcive- 
scovo di  Capua  f  ed  ultimamente  fu  cardinale. 

(i)  Oltre  gli  storici  italiani  che  scrissero  di  Lic.iirdo,  può  legger»  con 
pmere  eùeadtio  l*  oipcrttta  delsig.  £.  Deucurb,  Saggio  UUofm»  Lionardo 
da  F'inei,  ToUafta  in  ttsdiaao  e  arricebtta  Xt  note  dai  diiarns.  Stfg.  Pini  e 
Milaneja.  Siena  iSi44,  un  voi.  ìd-8. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  HI.  47 

§ci  6orQiitiDi  nm  dnbitaroiio  forsi  discepoli  dì  cpie'  due  grandi 
maestri;  o  ai  posero  a  sUidiare  e  a  diaeg»are  quei  cariool , 
ArisColile  da  San  Gallo,  Ridolfo  del  GUrlandaiOt  Franoesoo  Ora* 
Dacci,  Baccio  Bandinelli,  Alonso  Berugueita  spagnnolo;  seguitò 
qnindi  Andrea  dd  Sarto,  il  Francia  Bigio,  Jacopo  Saasof  ino,  il 
Roseo,  Uatorino,  Lovwaetto,  il  Tribolo  allora  fancanHo,  Jacopo 
da  PcBtonno  e  Perin  M  Vaga  (1).  Fra  i  quali,  abbeachò  a  Va- 
sari noi  dica,  non  daJ^ito  ponto  doversi  annoverve  ancora  fra 
Bartolonuneo,  oosoe  quegli  ohe  grandissimo  amore  portare  alle 
cose  del  Vinci.  In  queelo  mentre  RaflheUo  da  Urbino,  cbe  invi- 
tato  dal  Pinturicohio  coloriva,  a  quanto  si  dice,  una  storia  di 
Pio  UI  nel  duomo  di  Siena,  e  roroifa  i  disegni  al  compagno  per 
qudle  di  Pio  II  nella  Ubr^a  del  duomo  medesimo;  udito  quel 
tanto  acclamare  Top^ra  dei  due  fiorentini  artefici,  lasciato  il 
dipingere,  recayasi  ei  pure  a  Firenze  onde  ammirare  quanto 
avea  siqmto  produrre  l'arte  di  Uonardo  e  di  Micbelangiolo.  Noi 
persuasi  delle  ragioni  del  eh.  P.  Luigi  Pungileoni,  coHoclnamo 
questa  venuta  di  Raffadb,  in  Firenae,  cbe  stimiamo  la  seoonda, 
neU'anno  1506  (3). 

(i)  Vasari ,   f^ita  di  Lionardo  da   Vinci. 

(2)  Troppo  lungo  sarebbe  il  portare  tutte  le  discrepaose  degli  storici 
intoriio  questa  venuta  di  Raffaello  in  Firenxe.  Col  P.  Pungileoni  che  la 
stabilisce  nel  1506  consente  anche  il  eh.  Prof.  Rossini  (Vedi  Elogio  di 
Baffaello  pag.  k^,^  Stona  Mia  Pittura  hai.  Voi.  4.  Kpoca  %  Cstp.  XV, 
ptg.  S3  ).  Che  poi  fo«e  U  prima  o  U  toooad»,  si  dìsputa  fra  molti.  Alcuni 
ne  pongono  un»  tersa  (Vedi  Gio.  Masselli ,  nota  17  alla  vita  di  Raffiiella 
del  Vasari);  né  vi  dissente  il  P.  PuDgilconì,  vedi  loc.  cit  pag.  75. — 
Altrove  dissi  eh»  il  Vasari  consentiva  nella  opinione  che  Raffaello  stringesse 


Digitized  by 


Google 


48  MEMORIE 

Correva  il  mese  di  ottobre  quando  il  Sanzio  gìongeva  in 
Firenze  ammiratore  del  Vinci  e  del  Buonarroti.  Vide  allora  e 
gustò  i  cartoni  e  gli  stadj  di  qae'dne  celebratissimi  ingegni;  né 
mai  sazio  di  apprendere,  strinse  amicizia  con  Ridolfo  del  Ghir- 
landaio,  con  Aristotile  di  S.  GraDo,  ed  una  molto  intima  unione 
con  fra  Bartolommeo  di  S.  Marco  (1).  «  Entrava  fra  Bartolom- 
meo  nell*  anno  88  dell'età  sua,  nd  ventesimoquarto  fl  glorine 
Urbinate.  Figurandosi  i  primi  colloqui  di  quelle  due  anime  can* 
dide,  destinate  a  dare  al  mondo  l' esempio  di  tanta  gloria,  e  alla 
posterità  l'esempio  di  tante  virtù,  si  ha  di  che  inorgoglirsi  dd- 
r  umana  natura.  E  possono  a  lor  senno  tanti  begli  ingegni  de- 
pravati andare  a  spiare  nei  più  intimi  nascondigli  del  cuore 
umano  gli  arcani,  e  chiamare  in  lor  soccorso  gli  eftetti  deDe 
più  vili  passioni,  per  degradare  la  nostra  anima.  Finché  la  sto- 
ria ci  conserverà  i  nomi  di  Socrate,  dì  Cicerone,  di  Trajano, 
di  Raffaello  e  di  Washington,  sorgerà  una  voce  dalla  nostra  co- 
scienza, che  griderà  loro:  MmtUe  (2).  bNoì  stimiamo  questo  episo- 
dio tanto  glorioso  per  il  pittore  di  San  Marco,  si  importante  per 
la  storia  dell'  arte,  che  vi  spenderemo  alquante  parole. 

Quando  Raffiaello  giungeva  sulle  ridenti  sponde  dell' Arno, 
n'erano  forse  di  già  partiti  Lionardo  e  Michelangiolo,  e  nella 
loro  assenza  fra  Bartolommeo  era  la  stella  delta  scuola  fioren- 

:imìcìna  col  PorU  nella  sua  seconda  venata;  solo  avvertirò  di  presente, 
che  nella  vita  di  Raffaello  sembra  contraddirsi  con  ciò  che  scrive  in  quella 
di  fira  Bartolommeo. 

(1)  PuifGiLCOHi)  loc.  cit.  pag.  71  e  72.  Vasari,  lue.  cit. 

(2)  Rosivi,  Storia  della  Pitt.  loc.  cit  pag.  48  e  seg. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  III.  49 

iim  (1).  HarioUo  Àlbertkidli  e  Ridolfo  del  Ghiriandaio,  che  soli 
nel  colore  si  fanno  tal  fiata  si  dappresso  al  Frate  da  indarre  in 
errore  rocchio  anche  il  più  edacato  nell'arte,  avevano  ambedue 
da  lai  attinto  questo  elemento  principalissimo  deBa  pittura;  e  di 
ciò  abbiamo  testimonio  il  VasurL  Ma  al  colore  fra  Bartolommeo 
avea  saputo  accoppiare  uno  stile  largo  e  grandioso,  ed  uno  stu- 
dio del  chiaroscuro,  nel  quale  ninno  tra  i  fiorentini,  se  ne  togli 
Lionardo,  l'ebbe  a  suoi  di  superato.  Per  la  qual  cosa  il 
eh*  prof.  Rosini  non  dubitò  asserire,  che  se  il  Frate  di  San  Marco 
non  giunse  veramente  a  superare  il  Vinci  e  il  Buonarroti, 
andò  l<Ht>  molto  dappresso  (2).  Al  che  forse  aggiungerei,  che 
nel  o^re  non  teme  il  paragone  di  entrambe  Che  ciò  fosse  vero 
mostrò  crederlo  il  Sanzio,  gradice  troppo  sicuro.  Quindi  fra  tutti 
gli  artefici  fiorentini,  egli  tolse  a  modello  il  sdo  Porta,  lui  richiese 
di  consiglio  e  di  guida;  e  perchè  il  Frate  non  era  meno  modesto 
dell'Urbinate,  richieselo  viceversa  che  a  lui  volesse  far  meglio 
note  le  teorie  della  prospettiva,  facendosi  cosi  l'uno  all'  altro 
maestro  e  discqK>lo  nel  tempo  medesimo  (3). 

(1)  RoKim,  Storia  della  Pittura  ìtal.f  toc.  cìt  pag.  48  e  feg. 

(2)  Lo  stesso,  ìbid. 

(3)  Questo  fatto  narrato  dal  Vasari  venne  ricevuto  da  tutti  gli  sto- 
rici delie  Arti;  né  lo  tacque  il  P.  PungUeoni.  Solo  awertirò,  rhe  egli  si 
contradice  con  quanto  avea  scritto  a  pag.  71  e  72,  e  ciò  che  soggiunge  a 
pag.  183.  Perciocché,  se  prima  avea  detto  che  nella  seconda  venuu  in  Fi- 
rense  (ltf06)  Raffaello  insegnò  a  fra  Bartolommeo  della  Porta  la  prospet- 
tiva, ed  apprese  da  lui  il  colore,  a  pag.  183  scrìve:  RaJJaello  ebbe  campo 

'  di  migliorare  (la  prospettiva)  mercè  V  amicizia   contratta  non  prima  del 
150S  con  Frate  Bartolommeo  di  San  Marco,  Del  resto,  anche  il  Signor 
II.  4 


Digitized  by 


Google 


50  MEMORIE 

Sovenle  aggimdomi  mù  solilarj  chiostri  di  «paeilo  coaveiito 
di  San  Maroo,  mi  torna  al  pcmiero,  e  quasi  panni  vedere  il 
grffi  Raffiaelk)  estatico  coatemplare  i  celesti  dipinti  dell'Ange- 
lico, essergli  allato  Ira  BÉurtolommeo  dalla  Porta,  fra  Paolino  di 
Pistoia,  fra  Eustachio,  fra  Benedetto  miniatorì,  né  mancarvi 
fra  Ambrogio  della  Robbia,  e  quasi  panni  udire  i  colloqui  di 
que'dM  sooimi;  e  Raffaello  che  rivoMo  al  Porta  gli  dica:  stimi 
tu  che  a  noi  fia  dato  giamoMi  raggiangore  ncH'estaai  divina 
q»8lo  veramente  Angelico  dipintore?  Il  Porta  restarsi  mutolo  e 
quasi  disperato  dell'esito;  ma  il  Saazb  stavilanle  nd  volto  di 
generosa  emulaiione,  non  rifiutare  la  prova.  Questo  pensiero 
eccita  sempre  in  me  una  dolcissima  commozione. 

La  dimora  di  Raffaello  in  Firenze,  che  forse  si  oentinnò  dagH 
ultimi  dd  1S06  al  1508,  per  eie  che  sUbm  il  P.  Pnngiteoni,  non 
eschide  una  breve  corsa  da  lui  fetta  fai  Urbino  néHk  primaT^ra 
o  nell'estate  del  1807(1).  Reduce  di  bel  nuovo  in  Ffreme,  riab- 

Quairèmère  de  Quincy  non  dmbha  «tterìre  cht  a  frjk  Sutoloomito  di  Sm 
Marco  dovette  Raffaello  il  cangiamento  che  soprattutto  pel  colore  e  pel  ma. 
neggio  del  pennello  distingue  U  sua  seconda  maniera.  Vedi  Storia  della 
Vita  e  delle  Opere  di  Raffaello  Sanzio  ^  \foltata  in  italiano  da  France* 
SCO  Longhena.  Milano  1829,  nn  grosso  toI.  in<8  pag.  47. 

(1)  PoMOiLBoai,  loc.  cit.  pag.  73.  —  Questa  amicisia  di  Raffaello  con 
fra  Bartolommeo  forni  argomento  ad  un  quadro  del  valentissimo  pittore 
Viocenso  Chialli  di  Cittik  di  Castello,  posseduto  al  presente  dal  car.  1^- 
cerno  StrroolU.  Noi  lo  descriveremo  con  le  parole  del  Dragomanni.  «  Im- 
maginò questi  due  personaggi  sotto  una  remota  loggi»  a  pian  ttfreno  dei 
convento,  di  ordine  dorico,  svelto  e  grandioso,  del  carattere  del  daqoe» 
cento  ;  da  una  porta  che  è  in  fondo ,  si  vede  lo  stadio  pittorico  di  fira  Bsr- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  lìf.  GAP.  III.  U 

braeciato  il  Frate  di  San  Marco,  sembra  che  faisiene  (ogUeasero 
a  colorire  alcuna  cosa;  facendo  prora  il  Porta  di  accostarsi  alla 
gentilezza  di  RalSàellOy  e  questi  di  tingere  alla  maniera  del  Frate. 
Noi  non  apriamo  qnesto  nostro  pensiero  che  assai  timidamente; 
né  Togliamo  che  ecceda  i  termini  di  una  semplice  coogUetturay 
lasciando  al  giudizio  dei  Tersati  neli'  arte  dichiarare  se  si  ao* 
costi  alla  Terità.  E  Taglia  il  Toro,  Tedremo  tra  breTe  Raffaello , 
già  nel  merìggio  della  sua  gloria,  non  isdegnare  di  porre  il  sno 
classico  pennello  sopra  mi  dipinto  lascialo  itiiporftitto  in^oma 
dal  Porta;  e  permettere  che  Ridolfo  del  (%trlandaio  in  Fireaaze 
tìngesse  il  panno  della  sua  Vergine  del  BMacohmo:  non  ò 
dunque  iuTerosimile  che  ciò  pure  aTrenisse  nel  tempo  che  il  Pòrta 
e  Raffaello  si  ammaestrarano  scambieTohnente.  Nella  descrizione 
dei  quadri  componenti  la  gallerìa  del  rig.  D'Abid»  mioislro 

toèoannco»  e  ivi  presso  «opra  vao  «oocolo  ti  aeor^  qoeU*  figura  di  kfnoy 
cIm  ì  pittori  «4lop«niDo  per  accomodare  le  pieghe  del  paoneggianenti,  e 
cbt  perciò  al  chiama  il  tieni  pieghe,  colla  quaU  il  Chialli  YoiXt  far  co- 
noscere che  al  Della  Porta  si  deve  rìnvensìone  di  tal  macchina.  Barto- 
lommeo  con  atto  pieno  di  affettuosa  e  reverente  amicizia  ha  preso  per 
mano  1*  Urbinate,  e  pare  che  voglia  condurlo  nel  proprio  studio,  ed  esso 
sembra  che  gentilmente  corrisponda  al  grazioso  invito.  Nella  stessa  linea  a 
destra  si  vede  Paolo  Pistoiese  (è  il  frate  di  questo  nome) ,  valente  pittore, 
discepolo  di  fra  Bartolommeo,  che  ha  sospeso  di  patire  un  porfido  da  ma- 
cinare le  tinte ,  e  che  con  aria  tindda  e  rispettosa  sta  col  berretto  in  mano 
guardando  quel  Raffaello  che  i  pittori  tutti  salatsrraBo  come  principe.  »  Vedi 
DftAGOM AHHi ,  Della  Vita  e  delle  Opere  del  Pittore  Vincenzo  Chialli  di 
Città  di  CaitellOf  Commentario  Istorico.  Firenze '1841^  un  voi.  in-8, 
pag.  136  e  scg. 


Digitized  by 


Googk 


52  MEMORIE 

delle  Città  Anseatiche,  stampata  a  Parigi  da  Firmin  DidoI  nel 
1824,  è  ricordata  una  tavoU  rotonda  di  quattro  piedi  di  dia- 
metro con  figure  tre  qnarti  di  naturale,  rappresoitante  san 
Francesco  tm  due  Angioli,  inginocchiato  innanzi  la  Vergine, 
la  quale  tiene  il  Bambino  sulle  ginocchia;  e  un  terzo  Angelo 
inginocchiato  col  piccolo  San  Giovanni,  il  quale  ofire  alcune 
frutta  al  Bambino.  Quivi  affermasi  provenire  questa  taTòla 
dalla  coUezicme  del  cardinale  Bonzi,  che  la  portò  in  Francia 
nel  1671;  e  dicesi  essere  stata  cominciata  da  Fra  Bartolom- 
meo,  e  terminata  da  Raifaello  dopo  la  morte  di  lui  (1).  Or  come 
dopo  la  morte  del  Porta  Raffaello  non  renne  in  Firenze,  e 
quando  il  Porta  fu  in  Roma  dimorovvi  brevissimo  tempo,  perciò 
panni  più  ragionevole  il  credere,  che  se  da  ambedue  fu  quella 
tavola  colorita,  lo  fosse  in  Firenze  nella  seconda  o  nella  terza 
venuta  del  Sanzio. 

n  chiarissimo  pittore  conte  Carlo  deUa  Porta  accertavami 
eziandio  aver  veduto  in  Milano,  presso  i  signori  Fumagalli,  un 
piccolo  Trittico  giudicato  dipinto  metà  da  fra  Bartolommeo  e 
metà  da  Raffaello.  Nel  mezzo  è  la  B.  V.  col  figlio  in  braccio;  dai 
lati  degli  sportellini  due  santi,  e  al  di  fuora  Santa  Caterina  e 
Santa  Barbera.  Nella  Vergine  dicevami  vedersi  manifestamente 
la  mano  di  fra  Bartolommeo,  e  nelle  altre  quattro  figurine  quella 
del  Sanzio.  Nel  tempo  di  questa  amicizia  di  Raffaello  con  fra  Bar- 
tolommeo, scrive  il  Vasari  che  questi  facesse  una  tavola  con 
infinità  di  figure  in  San  Marco  di  Fiorenza  ;  oggi  è  appresso  U  re 

(1)  QoATRBMÉRE  DE  QoiKCT,  loc.  cìt  p«g.  740.  Qutsto  qusdro  è  co- 
nosciuto sotto  il  titolo   di  Madonna  del  Cappuccino. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  IH.  53 

di  Francia  (!].  A  qaesto  dipinto  potrebbonsi  aggiungere  eziandio 
qoegli  altri  de*  quali  ragiona  lo  storico  stesso,  ccdle  seguenti 
parole:  fece  ancora  alcuni  quadri  per  Giovanni  cardinale  de* Me- 
dici  (poi  Leone  X) ,  e  dipinte  per  Agnolo  Doni  un  quadro  di  una 
notira  Donna,  che  serve  per  altare  d^una  cappella  in  casa  suaf 
di  straordinaria  bellezxa  (2).  Ci  fa  noto  Monsignor  Bottari,  cbe 
quest'ultimo  quadro  passò  nella  galleria  del  card.  Corsini;  e  il 
Lanzi  nella  Storia  Pittorica  scrive,  che  appunto  nella  galleria 

(1)  Seme  n  chìarìss.  Slg.  Gio.  Masselli,  che  la  tavola  sopra  citata  si 
coBsem  nel  fL  Museo  dì  Parigi  unitamente  ad  un*  altra  dello  stesso  pit- 
tore, ove  è  la  Vergine  in  trono  in  mex«o  a  varj  santi,  come  la  precedente; 
ma  la  prima  ha  inoltre  S.  Caterina  che  riceve  1'  anello  da  Gesù  Bambino; 
e  la  seconda  1'  Arcangelo  Gabriele  in  ana,  in  atto  di  scendere  ad  annun- 
tiare  Maria.  Quest'ultima  tavola  ha  la  data  del  1515.  Vedi  Nota  14  alla  vita 
di  fra  Bartolommeo.  Della  prima  di  queste  due  tavole  trovasi  un*  importante 
memoria  nell'  archivio  di  San  Marco  di  Firense,  dalla  quale  si  rileva,  che 
detta  tavola  venne  comperata  dalla  Repubblica  Fiorentina  per  fame  dono 
ali*  ambasciatore  del  re  di  Francia  nell*  ai^rile  del  1512;  e  che  fu  pagata 
al  frate  dipintore  ducati  200.  Questa  noUsia  è  tratta  dal  catalogo  originale 
d^  dipinti  del  Porta,  che  di  mano  del  Sindaco  del  convento  conservasi 
nell*  archivio  di  San  Marco.  Noi  lo  daremo  per  intero  al  termine  della  vita 
^  questo  pittore. 

(2)  Ugualmente  il  quadro  per  il  card.  Giovanni  de*  Medici  si  trova 
ricordato  nel  detto  Catalogo  nei  termini  segueotì  :*  Item  un  quadro  circa 
(2*  un  braccio  nel  quale  era  una  natività  et  angioli  et  paese  di  pretto  di 
due.  cinquanta  donato  al  cardinale  dei  Medici  hora  papa ,  i7  quale  gli 
donorono  el  padre  priore  et  padri.  Tutto  che  si  cavi  fuora  in  margine 
la  somma  di  scudi  50,  è  non  peruntg  posto  nel  catalogo  di  quelli  dati  in 
dono.  Vedi  Ricordavzi  B.  u^  voi.  in-fol.  MS.  fol.  128. 


Digitized  by 


Google 


54  MEMORIE 

Corsini  in  Roma  è  una  Sacra  Fami^ia  di  fra  BarUdommeo,  la 
qaalé  ò  forse  la  più  bella  b  la  più  graziosa  che  mai  facesse  (1). 
In  qnesto  dipinto  sembrò  a  moki  vedere  alcuno  dei  vezzi  e  deUe 
grazie  di  Raffaello.  Una  ugnale  somiglianza  di  stile  fra  questi 
due  dipintori  parve  ravvisare  al  cav.  Rio  in  quella  Sacra  Fami- 
glia che  già  possedeva  in  Roma  il  card.  Fesch  (2);  ma  noi  per 
non  averla  da  più  anni  veduta  non  osiamo  isseriria 

Che  se  il  Frate  di  San  Marco  stndiavasi  far  tesoro  dei  più 
vaghi  e  olezzanti  fiori  del  Sanzio,  questi  fiacca  prova  di  spogliarsi 
di  alcuni  avanzi  di  crudezza  proprj  della  sua  prima  maniera,  p^ 
imprendere  sull'esempio  del  Porta  uno  stile  assai  più  largo  e 
grandioso»  e  un  colorire  più  vigoroso  e  sfumato.  Un  dipinto  di 
Raffaello  nel  quale  sempre  mi  parve  vedere  la  imitazione  del 
Frate,  è  quella  gran  tavola  che  adoma  TI.  e  R.  Galleria  de'Pitti, 
detta  volgarmente  la  Vergine  del  Baldacchmo.  I  tratti  della  so- 
miglianza sono,  non  pure  nella  composizione  tutta  su  lo  stile 
di  fra  Bartolommeo,  ma  eziandio  nel  tingere  e  nd  piegare  dei 
panni;  senza  che  la  figura  del  san  Pietro  e  quella  di  Gesù 
Bambino  sembrano  da  lui  disegnate.  Ciò  parve  vero  anche  al 
cav.  Rio,  come  a  non  pochi  valenti  artifici  fiorentini  (3). 

(i)  Storia  Pittorica.  Scuola  Fiorentina.    Epoca  2. 

(2)  Poéaie  Chrétienne ,  ehup.   IX,  pag.  375. 

(3)  Rio,  toc.  cit.  pag.  377.  In  questo  stesao  luogo  scrìve  M.  Rio,  cbe 
verosìtnìlineiite  nel  tempo  dì  questa  anione  di  fra  Bartolorameo  con  Raf- 
faello fu  colorito  dal  primo  in  Siena  il  grande  a  fresco  del  Crocifisso 
con  i  quattro  Santi,  che  egli  per  errore  dice  essere  in  SanCAgostinOj  ma 
cbe  è  nd  chiostro  del  convento  di  Santo  Spirito.  11  Vasari  non  lo  ricorda. 
In  Siena  fu  sempre  e  da  tatti  creduta  opera  debolissima  del  Porta.  Di  presente 


Digitized  by 


Google 


LIB.  ni.  GAP.  lU.  55 

Qui  porremo  un  termine  a  questo  secondo  periodo  della  car- 
riera del  Porta.  Abbraccia  .egli  due  soli  anni;  né  noTera  un 
troppo  maggior  numero  di  dipinti,  ma  in  esso  furono  posti  gli 
eletti  semi,  che  nel  terzo  periodo  doreano  germinare;  e  pro- 
durre i  più  perfetti  dipinti  che  mai  uscissero  dal  suo  pen- 
nello. Maritando  le  grazie  di  Raffaello  alla  se?era  nobiltà  di 
Leonardo;  associando  all'armonia  del  colore  la  forza  del  chia- 
roscuro e  le  nobili  teorie  della  prospettiva ,  fra  Bartolommeo 
accoglieva  iu  uno  gli  sparsi  elementi  della  pittura,  e  raggiun- 
geva con  essi  quella  perfezione  che  a  pochi  soltanto  è  conceduto 
in  quest'arte  di  eonsegoire. 

è  stato  Tutvanito  dal  ckstrin.  signor  Gaetano  Milanesi  non  essere  quello  un 
datato  ài  fra  Bartolommeo ,  ipa  bensì  dì  due  suoi  discepoli ,  de*  quali  al- 
trove si  scrìverà. 


Digitized  by 


Google 


56  MEMORIE 


CAPITOLO     IV. 


Viaggio  di  fra  Bartolommeo  in  Venezia.  —  Dipinto  che  vi  toglie 
ad  eseguire.  —  Suo  ritorno  in  Firenze.  —  Nuova  società  con 
Mariotto  Albertinelli.  —  Discioglimento  di  detta  società. 


I^oloro  che  scri?oiio  della  orìgine  e  delle  vicende  delle  arti 
italiche  sogliono  con  molte  pande  magnificare  il  concetto  di  Lo- 
dovico Caracci,  il  quale,  a  far  puntello  alla  minosa  scucda  dei  bo- 
l<^esiy  anzi  a  rìporla  in  fiore,  e  a  sdlevarla  a  insp^ata  gran- 
dezza, associatisi  i  cugini  Annibale  ed  Agostino,  stimò  ninna  via 
essere  più  atta  per  giungere  a  si  gloriosa  meta,  che  andare  de- 
libando le  più  squisite  bellezze  dì  Raffaello,  del  Correggio,  del 
Tiziano,  di  Andrea  Del  Sarto  ec;  argomentandosi  per  questa  via 
di  accogliere  e  adunare  e  quasi  fondere  in  una  sola  quanto  era 
sparso  nelle  più  elette  scuole  d'Italia.  In  breve,  quel  cdebre 
triumvirato  volle  rìnnovellare  nell' Arte  le  dottrine  eli  esempj  dei 
filosofi  Alessandrini,  e  trovare  una  pittura  Ecdotica,  come  era 
stata  una  filosofia  di  questo  nome.  Con  qual  fortuna  il  facessero, 
tutti  sei  sanno.  Questo  solo  non  loderò,  che  Annibale  Caracci,  a 
far  pompa  d'arte  e  d' ingegno,  tal  fiata  volesse  nelle  varie  figure 
di  un  solo  dipinto  ritrarre  e  imitare  le  diverse  scuole  d' Italia; 
siccome  fece  nella  celebro  tavola  di  S.  Giorgio,  ove  tu  vedi  una 
figura  colorita  al  modo  di  Paolo  Veronese,  un'altra  sullo  stile 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  m.  GAP.  IV.  57 

éA  Correggio,  una  terza  nella  maniera  delTiziano,  e  raUima  in 
quella  del  Parmigianino  (1).  La  qoal  cosa  stimiamo  simile  a 
qndla  di  chi  Tolesse  in  ano  scritto  tenere  lo  stUe  di  Dante,  poi 
seguitare  per  alcnn  tratto  con  quello  del  Guicciardini ,  inestarv^ 
quindi  uno  squarcio  delDavanzati,  e  chiudere  con  una  sonnifera 
prosa  di  monsignor  Della  Casa.  Nel  qual  metodo  ben  potrassi 
ammirare  Farte  di  questi  che  non  male  si  appellerebbero  intar- 
siaiarif  ma  fisrmamente  crediamo  mancare  agli  uni  e  agli  altri 
qneDa  impronta  di  originalità  che  parte  l'umile  gr^;ge  degli  imi- 
tatori dalla  nobile  schiera  dei  genj. 

Innanzi  che  i  Caracci  imprendessero  quella  via,  ella  era 
stata  già  un  secolo  innanzi  peroHrsa  gloriosamente  da  fra  Bar- 
tolommeo  della  Porta;  il  quale»  per  quello  che  io  stimo,  fu  il 
primo  a  concepire  e  inandare  ad  effetto  Tecdetismo  pittorico  con 
esito  troppo  maggiore.  Perciocché  se  egli  giunse  a  disegnare  e  a 
colorire  in  guisa  che  alcuni  suoi  dipinti  furono  giudicati  op^a  di 
Raffaello,  e  altri  non  indegni  della  mano  di  Giorgione;  è  d'uopo 
confessare  altresì,  che  fuse  siffattamente  lo  stile  di  quei  sommi 
maestri  e  lo  contemperò  in  guisa,  che  in  tutte  le  sue  opere  rav- 
visi una  maniera  che  è  tutta  sua  e  non  può  dirsi  d'alcuno. 

Qualunque  della  scuola  fiorentina  avesse  potuto  farsi  tanto 
dappresso  a  Lionardo  e  a  Raffaello  quapto  fl*a  Bartolommeo  di 
S.  Marco,  non  avrebbe  stimato  essere  cosi  remoto  dalla  perfe- 
zione, che  gli  facesse  mestieri  andare  in  cerca  di  nuovi  pregi  e 
di  nuove  bellezze.  Non  cosi  giudicò  il  Porta ,  il  quale  udito  come 
allora  i  veneti  nel  vigoroso  impasto  e  nell'armonia  del  colore 
tutti  vincessero  i  pittori  di  quella  età,  pensò  che,  se  al  chiaro- 

(1)  LauzI)  Storia  Pittorica  ^  Scuola  Bolognsse,  Epoca  3. 


Digitized  by 


Google 


58  MEMORIE 

scaro  del  Vmci  e  alle  soavi  ed  eleganti  forme  deir  Urbinate  «resse 
potato  accq[)piare  un  tocco  di  penndk)  più  caldo  ancora  del  sno» 
arria  aggiunta  alla  scacda  fiorentina  qnella  sola  dote  deUa  quale 
si  oonflBssaya  manchevole.  Risolvette  pertanto  recarsi  in  Venezia, 
e  tolto  a  compagno  il  sindaco  del  conv.  di  S.  Marco,  nen'aprUe 
delTanno  1508  giungeva  a  qaella  città  regina  deB* Adria.  Quivi 
gB  occorse  di  rivedere  un  antico  e  provato  amico  suo  concitta- 
dino, il  celebre  scultore  Baccio  da  Monte  Lupo,  il  quale,  fig- 
gendo le  vendette  degli  Arrabbiati,  si  era  ricoverato  su  queBa 
terra  ospitale.  Quanto  lieti  ed  aCFettuosi  non  saranno  stati  gli 
abbracciamenti  di  questi  due  insigni  artefici  fiorentini!  Baccio 
da  Monte  Lupo  rivedeva  quel  Porta,  che  forse  seco  lui  avea  com- 
battuto nelle  assediate  mura  di  S.  Marco,  ora  rivestito  delle 
umili  divise  monastiche,  cercare  nel  silenzio  del  chiostro  conforto 
al  profondo  dolore:  e  il  Porta  si  strìngeva  al  seno  in  terra  stra- 
niera l'amico  che  avea  seco  lui  diviso  gli  alBétti  e  le  vicende  di 
quelli  anni  funesti,  e  che  degno  di  sorte  migliore,  andava  esule 
e  ramingo  in  cerca  di  pace  e  di  libertà  (1).  Questo  fatto  taciuto 

(1)  BoBLAMAOcm,  F'Ua  di  fra  GiroUmo  Sm>9narola,  pag.  166.  Mfem' 
tre  ard€tw  la  fiamma  della  peneauione  contro  il  P.  Girolamo ,  molli  dei 
aeguaci  tuoi  /mr  eosireiti  lasciar  Firente^  et  mutar  paese ,  tra  quali  fu 
uno  Scultore  molto  eccellente  domandato  Bartolo  da  Monte  Lupo^  il  quale 
volendo  andarsene  a  Venezia,  quando  fu  a  Bologna^  un  canonico  del  Duomo 
di  quella  città  lo  ritenne  in  casa  sua,  et  gli  fece  fare  li  dodici  Apo- 
stoli di  rilievo  tanto  mirabili ,  che  tutta  la  città  corse  a  vederli ,  ec. 
Questo  Bartolo  ancor  vive  et  egli  stesso  mi  ha  con  la  sua  bocca  narrato 
tutto  questo  ec.  Da  ciò  veniamo  a  conoscere  un  Importante  lavoro  ài 
questo  celebre  scultore,  taciuto  dal  Vasari. 


Digitized  by 


Google 


LIB.  UI.  CAP.  IV.  59 

dal  Vasari  sparge  a  mio  avviso  non  poca  kce  sotta  vila  di  en- 
trambi. Qaaudo  frate  Bartoiommao  ginngeva  in  Venezia,  Gior- 
gione  da  Castel  Franco  educava  atta  pittura  Tiziano  e  Sirtiastiano 
Ladani,  detto  poscia  del  Piombò,  i  due  più  grandi  coloritori  di 
quella  scuola;  ed é  focile  a  credere  che  dalla  considerazione  di 
quei  dipinti,  e  dalla  viva  voce  di  Giorgione,  il  Porta  prendesse 
mdtrizzamento  nelle  nuove  teorie  ddl'Arle.  Cosi  quel  fra  Barto- 
lommeo  della  Porta  che  in  Firenze  ora  salutato  primo  nel  colorire, 
e  che  ne  era  stato  maestro  a  Raffaello  e  a  Ridolfo  del  Ghirlan- 
daio, m  età  più  matura  non  sdegnava  Carsi  discepolo  di  Giorgione. 
Esempio  heflissinio,  né  punto  dissimile  da  queDo  che  ne  avea 
porto  l'Angelico,  quando  già  innoltrato  negli  anni  facea  lunga 
prova  sufle  opere  del  giovine  Masaccio. 

Giunto  avviso  ai  Domenicani  del  convento  dì  S.  Pietro  Har^ 
tire  di  Murano  quanto  valente  artefice  dd  loro  istituto  fosse 
giunto  in  Venezia,  pò*  mezzo  dd  P.  Bartolommeo  Balzano  vica- 
rio del  convento  fecero  pregare  il  Porta  che  volesse  lasciar  loro 
alcun  saggio  del  suo  valore  nell'Arte.  Qfiertosi  fra  Bartolommeo 
cortese  all'  invito,  gli  dtedero  il  carico  di  colorire  una  tavola  m 
ptmno  (1),  il  cui  valore  fosse  tra  i  70  e  i  100  ducati.  Per  primo 
gli  diedero  tre  ducati  onde  comperare  i  colori;  ed  un'arra  di  25 
altri  ducati  sul  valore  del  quadro  da  stabilirsi  al  suo  termine 
dfaCro  la  stima  di  alcuni  amici;  nel  modo  stesso  che  avea  folto 

(1)  Cosi  leggesi  nelle  memorie  ongìnaB.  Anclie  n  Vnaii  scriTe  ildlo 
stesso  <fipnito  «lei  Frite^/eee  una  tavola  in  tela;  Moamando  ooaft  ali* uso 
4i  fra  BartoUmuneo  éi  soprapporrt  alla  tavola  die  dovta  colonre  tina  tala^ 
affiDchè  «e  il  Wgno  facesse  aperture  o  iatarlaese  meglio  si  salvasse  il  dipinto. 


Digitized  by 


Google 


60  MEMORIE 

in  Firenze  Bernardo  del  Bianco.  QoesU  yentoCto  dneati  dofeano 
essere  sborsati  a  fra  Bartolommeo,  parte  daDo  scultore  Baccio  da 
Monte  Lapo  (ignorasi  qoali  interessi  passassero  fra  loro),  e  parte 
doveano  cavarsi  daUa  vendita  di  on  libro  di  lettere  di  S.  Caterina 
da  Siena,  di  proprietà  del  sopraccitato  P.  Bartolommeo  Dalzano. 
Le  memorie  non  ci  dicono  se  al  Porta  fosse  determinato  Targo- 
mento  del  quadro.  Non  potendo  il  pittore  ùae  più  lunga  dimora 
in  Venezia,  si  restituì  a  Firenze,  quando  ftose  vi  era  tuttavia^ 
RaCFaeUo;  e  tosto  si  accinse  a  colorire  quella  meravigliosa  tavola 
di  S.  Caterina  e  di  S.  Maria  Maddalena,  cbe  al  presente  si  vede 
in  S.  Romano  di  Lucca,  e  che  io  stimo  il  capo  lavoro  di  qptsto 
celebre  dipintore. 

Disegnò  pertanto  e  colori  nella  parte  superiore  del  quadro 
r  Etemo  Padre  seduto  sopra  le  nubi  con  grandissima  maestà, 
facendo  segno  con  la  destra  mano  di  benedire  le  due  sottoposte 
sante,  e  con  la  sinistra  tenendo  aperto  un  libro  ove  è  scrìtto: 
Ego  8um  Alpha  et  Omega^  come  a  significare  esser  egli  il  prin- 
cipio e  il  termine  di  tutte  quante  le  cose.  Tanta  è  la  divinità  di 
questa  figura,  cbe  in  vederla  l'animo  è  compreso  da  subita  e 
grandissima  riverenza;  cosi  che  meglio  non  poteasi  rendere  im- 
magine del  Vecchio  degU  anni  etemi  descrittoci  dall'  Evangelista 
Giovanni.  Circonda  il  trono  una  schiera  di  Angioli,  due  dei  quali 
spargono  sulle  sante  e  innamorate  donne  una  pioggia  di  fiorì.  Oh 
i  cari  Angioletti  che  sono  queUi  !  Quanto  veri,  quanto  bravamente 
coloriti!  Ninno  sperì  vederne  i  più  belli.  Assai  mi  dilette  uno,  che 
fatto  del  capo  sgabello  ai  piedi  dell'Eterno,  sorregge  con  ambe- 
due le  manine  una  benda  nella  quale  si  leggono  queste  parole 
che  il  pittore  tolse  da  un'  opera  attribuita  a  S.  Dionigi  Arec^Ni- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  IV.  61 

gita:  Divinus  amor  extasòn  facit  (1);  manteDendo  per  siflaUa 
guisa  le  tradizioni  e  le  massime  dell'arte  cristiana,  clie  mirabil- 
mente si  giovava  dei  concetti  della  Scrittora  e  dei  Padri  a  meglio 
sollevare  la  mente  del  popolo  alla  meditazione  delle  cose  etema- 
li. Nella  parie  inferiore  del  quadro  il  pittore  ritrasse  alla  destra 
S.  Maria  Maddalena,  e  S.  Caterina  alla  manca;  ambedue  rapite 
in  estasi  sono  levate  da  terra  da  uno  stuolo  di  cherubini  aerei , 
che  veduti  da  lungi  hanno  forma  e  sembianza  di  candida  nuvo- 
letta: modo  cosi  proprio  del  Pùrta,  che  non  trovo  adoperato  da 
altri.  La  Serafina  da  Siena,  come  vergine  purissima,  affissa 
l'avido  sguardo  nell'  Etemo  Padre,  e  tutta  si  bea  in  quella  gloria 
che  gli  aperti  cieli  le  parano  innanri.  Il  movimento  delle  braccia, 
dd  volto  e  di  tutta  la  persona  esprime  a  meraviglia  l'estasi  di 
quelf  anima  innamorata.  Al  contrario  la  penitente  di  Maddalo  ha 
nella  sinistra  il  consueto  orcinoletto,  e  tiene  gli  occhi  rivolti  al 
suolo,  o  perchè  umilissima  si  stimi  indegna  di  affissarli  in  quella 
gloria;  o  meglio  ancora,  quasi  per  la  vista  delle  cose  sensibili 
voglia  sollevarsi  alla  contemidarione  delle  celesti  ed  immortali. 
E  veramente  ti  si  addimostra  tutta  assorta  in  un  profondo  pen- 
siero. Io  oserei  dire,  che  l' Angelico  stesso  non  avrebbe  potuto 
meglio  significare  a  colori  quell'estasi  divina  e  questo  devoto 
raccoglimento.  Mirabile  è  altresì  1^  vista  di  un  vago  paese  bassa- 
nesco,  che  foripa  il  fondo  del  quadro,  tanto  maestrevolmente 
toccato,  che  non  teme  il  paragone  con  i  migliori  dei  veneziani 
maestri;  onde  appar  manifesto  quanto  studio  avesse  egli  posto 
nella  imitazione  di  quella  Scuola,  che  nel  tingere  il  paese  tiene 

(1)  De  DMnii  Nominib,  »ib.  IV. 


Digitized  by 


Google 


62  MEMORIE 

il  tanto  in  luiba.  In  questo  dipioto  fra  Bartolommeo  mostrò  pos- 
sedere un  caldo  sentire,  una  soavità  di  pennello,  una  bellezza  di 
tipi,  die  invano  si  cercano  in  altri  suoi  dipinti.  Qui? i  tutto  è  per- 
fetto, il  disegno  sobrio  e  corretto,  il  colore  annoiiioao,  i  contorni 
sAimati,  il  piegar  dei  panni  sonpUce  e  naturale;  e  Bella  grazia  e 
nella  gentilezza  deBe  figure  nastra  tale  e  tanta  sonulgliMza  con 
lo  stile  di  Rafi^iello,  che  alctmi  giudicarono  questo  quadro  dise- 
gnato dal  Sanzio  e  colorito  (tal  Frate  (1).  Quando  gli  altri  tutti 
andassero  smarriti  i  Spinti  del  Porta,  questo  solo  basterebbe  a  ed- 
locario  tra  i  primi  pittori  d' Italia;  oadKio  non  dubito  appellarioil 
suo  capo  kroro.  Che  poi  in  esso  si  trotino  in  perfetto  modo  rac- 
colti e  fusi,  per  cosi  esprimermi»  i  pregi  e  le  bdkzze  ddla  tenda 
veneta,  romana  e  lombarda,  non  mi  stimo  da  tanto  por  giudi- 
carne. Aggiungerò  da  ultimo,  che  questa  tavola  per  f  addietro 
mal  custodita,  non  avendela  couit  di  presente  ricoperta  eoa  un 
panno,  dopo  il  corso  di  trecento  amri,  dal  buigo  rifieno  dd  sole 
che  vi  percuoteva,  era  addivenuta  si  arida  e  scaforita,  die,< 
scrive  il  eh.  prof.  Ridolfi,  sembrava  iniittosto  dipinta  a 


(  )  Rio,  poesie  ChréUenne,  eh.  IX,  pag.  381.  Cosi  questo  scrittore 
come  il  Vasari  errarono  scrivendo  esservi  ritratta  in  questo  dipinto  Santa 
Caterina  Vergine  e  Martire.  Bumobr  narra  che  i  disegni  originali  dei  due 
Angioli  principali  dei  quadro^  i  quali  si  conservano  nella  raccolta  della  gal- 
leria degli  UfBzi  in  Firenze,  erano  stati  per  lungo  tempo  credati  di  Lio- 
nardo  da  Vinci,  e  perciò  collocati  con  gli  altri  disegni  di  quel  celebre  pit- 
tore; ma  che  poi  fatto  il  confronto  con  gli  originali,  si  conobbe  essere  opera 
di  fra  Bartolommeo  della  Porta  (Rio,  loc.  cit).  I  cartoni  che  servirono  alla 
rompositione  di  una  parte  del  quadro,  si  conservano  nella  galleria  del- 
l' Accademia  fiorentina ,  e  sono  contrassegnati  dm  numeri  6  e  8. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  CAP.  IV.  63 

che  a  oHo,  m  guisa  che  più  non  era  appressala  da  ak^mo.  Ouitaa- 
menle  restaurala  dal  prof.  Nardi,  lomò  alTaiitiea  bellezsa. 

Questa  tavola  non  fo  più  ayventiirata  di  quella  dipinla  per 
Beiwurdo  del  Bianco,  e  porse  occasione  a  nuove  quistioni.  Tosto 
che  fra  Bartolommeo  l'ebbe  condotta  al  suo  termine,  ne  diede  a?- 
viso  ai  religiosi  di  Murano;  ma  prima  per  cagione  di  guerre  (corre- 
yano  i  tempi  infelicissimi  deSa  lega  di  Gambrai],  poscia  per  la 
morte  del  vicario  Barlolonmieo  Dalzano,  i  religiosi  di  Murano 
non  si  diedero  alcuna  sollecitudine  di  togliere  il  dipinto*  Dopo 
non  breve  tempo  inviarono  due  religiosi  in  FitentEe  per  concer- 
tare del  residuo  del  prezzo.  La  (avola  era  stata  valutata  più  4li 
cento  ducati;  non  pertanto  om  ì  28  ducati  giÀ  ricevuti,  il  Porta 
si  tenea  pago  di  altri  SO.  Non  soddisfatti  di  qudla  dimanda,  j 
due  frati  veneziani  fecero  ritorno  a  Muraata,  né  più  diedero  se- 
gno <H  vita.  Decorsi  intomo  tre  anni,  i  Padri  di  S.  Marco  invia» 
reso  una  prolesta  al  ccmvento  di  S.  Pier  Marti»  di  Murano  m 
data  dalli  15  genuaio  IMI,  nella  quale  dichiaravano,  che  se  q/tufi 
rdigiosi  nel  termine  £  dieci  giorni  non  avessero  fhtto  sborsare 
il  residuo  del  prezzo  e  tolto  il  dipinto,  lo  avrebbero  venduto  ad 
diri,  ed  essi  perduta  ogni  ragione  ai  26  ducati  che  antecedente^ 
mente  aveano  dati  a  fra  Bartolommeo.  Non  avenda  quelli  dato 
risposta  alcuna ,  la  tavola  rÌDM»e  tuttavia  per  alcun  tempo  in 
Firenze  |a).  Nd  già  citato  Kbro  di  Ricordanze  del  convento  di 
S.Marco,questo  dipinto  si  trova  noverato  fra  quelli  che  furono  dati 
in  dono  agli  amici  dei  religiosi,  il  perchè  non  dubito  che  fra  Bar- 
tolommeo, il  quale  portava  grande  affetto  e  pari  estimazione  al 

(<j)  Vedi  Documento  (III.) 


Digitized  by 


Google 


64  MEMORIE 

celebre  P.  Santi  Pagniiii  di  Lucca,  gliene  facesse  un  presente,  e 
questi  lo  inviasse  alia  patria  (1).  Non  fu  però  questo  il  sdo  di- 
pinto che  il  Porta  donasse  al  Pagnini»  perciocché  in  quello  stesso 
libro  di  Ricordanze  sono  ricordati  eziandio  due  piccoli  quadri 
ad  uso  di  libro,  rappresentanti  da  un  lato  la  Natività  di  G.  C,  e 
dall'altro,  il  Crocifisso,  la  Vergine  e  S*  Giovanni,  della  ralnta 
di  ducati  16;  che  il  Pagnini  donò  poi  a  M.  Zanobi  Gaddi  (3). 

Un  altro  meraviglioso  dipinto  nel  quale  a  tutti  gli  intelli- 
genti di  queste  Arti  sembra  vedere  una  felicissima  imitazione 
della  scuola  veneta,  è  il  S.  Vincenzo  Ferreri;  tavola  che  dal 
convento  di  S.  Marco  passò  nella  galleria  dell'Accademia  fioren- 
tina. (X  Fece,  scrive  il  Vasari,  sopra  V  arco  di  una  porta  per  an- 
dare in  sagrestia  in  legno  a  olio  un  S.  Vincenzio  dell*Ordine  loro, 
che  figurando  quello  predicar  del  giudizio,  si  vede  negli  atti  e 
ndla  testa  particolarmente  quel  terrore  e  quella  fierezza,  che 
sogliono  essere  nelle  teste  dei  predicanti,  quando  più  si  affaticano 
con  le  minaccio  deUa  giustizia  di  Dio  ridurre  gli  uomini  ostinati 
nel  peccato  alla  vita  perfetta,  di  maniera  che  non  dipinta,  ma 
vera  e  viva  apparisce  questa  figura  a  chi  la  considera  attenta- 
mente, con  si  gran  rilievo  è  condotta,  ed  è  peccato  che  si  guasta 
e  si  crepa  tutta  per  essere  lavorata  su  la  colla  fresca  con  i  co- 
lori freschi,  come  si  disse  delle  opere  di  Pietro  Perugino  negl'In- 
gesuati*  D  E  per  certo  il  Frate  seppe  condurre  questa  mezza 

(1)  Ricordanze  B.  fol.  128. 

(2)  Ibid.  —  Questo  steaso  u-gomento  in  quelU  forma  medesima  fa  trat- 
tato una  seconda  volta  da  fra  Bartolommeo,  e  ne  fece  dono  al  priore  di 
San  Marco  P.  Bartolommeo  da  Faensa ,  il  quale  lo  cedette  ad  no  aac  fra- 
tello; stimato  ducati  16  come  il  primo.  Vedi  loc.  cit. 


Digitized  by 


Google 


LIB.  III.  GAP.  IV.  65 

figara  con  tal  magifiteró  di  chhirosciiro,  con  tale  e  tanto  vigore 
dì  tfaUe,  che  sembra  veramente  staccarsi  dal  fondo  de!  qua- 
dra Né  a  produrre  quell'effetto  giovò  meno  il  modo  tenuto 
dal  dipintcNre,  il  quale  tirò  con  ottima  prospettiva  una  nicchia^ 
cbe  nella  parte  superiore  è  in  foggia  semicircolare  e  forma  il  fondo 
del  quadro;  e  dal  cavo  di  quella,  perchò  cacciato  fortemente  di 
scuro»  ne  vedi  sporgere  e  quasi  muoversi  la  figura  vivissima  del 
santo.  Scrive  Monsignor  Bottari,  cbe  facilmente  questa  tavola  si 
scmpibierebbe  con  un  dipinto  di  Giorgione  e  di  Tiziano  (1);  e  ve* 
ramente  a  mio  avviso  in  niun  altro  dipinto  del  Frate  appare,  sic- 
come in  questa,  tanta  somi|^anzay  con  il  colorire  dei  vene- 
ziani (3). 

Seguitando  il  metodo  da  noi  tenuto,  dì  favellare  sdtanto  delle 
principali  opere  del  Porta  secondo  l'ordine  dei  tempi,  rimettendo 
le  minwi  ad  un  copioso  elenco  cbe  daremo  al  termine  di  ^esta 
vita;  a  procedere  ordinati,  vogliamo  innanzi  riportare  una  notì- 
zia di  molto  rilievo,  da  noi  rinvenuta  fra  le  anticbe  memorie  di 
questo  arcbivio  di  S,  Marco,  e  ignorata  da  tutti  gli  storici 
deU'arte  (3).  È  questa  una  nuova  società  artistica  fimnata 
tra  Mariotto  Albertinelli  e  Bartolommeo  della  Pcnrta,  e  cbe 

(1)  Note  alle  Vite  del  Vasari  nell'  Edizione  di  Livorno  del  1767.  Que- 
sta tavola  è  stata  di  recente  restaurata:  ma  tuttavia  appariscono  troppo  ma- 
nifesti i  segni  dei  sofferti  danni.  Nelle  Memorie  del  Sindaco  del  convento 
si  trova  valutata  solo  16  ducaU! 

(3)  I  PP.  Domenicani  di  Siena  possiedono  una  piccola  copia  in  tela 
del  San  Vincenzo  colorita  tanto  bene  che  sembra  di  mano  del  Frate. 

(3)  Comunicata  questa  notisia  al  eh.  Prof.  Rosini,  ne  fece  ricordo 
nella  sua   pregiatissima  Storia  della  Pittura  Itali ana^ 

II.  s 


Digitized  by 


Google 


66  MEMORIE 

ebbe  comitteiaiiieiito  nei  prinù  ddTaiifto^lSM.  Sii  ohe  Piero  del 
Fattorino  wm  lolès&d  altrimenti  seguilare  lo  studio  della  pUtnra 
sotto  rAlbertinelli,  (di  lai  Bau  è  più  ricordo  nelle  atttiehe carie;) 
0  sia  che  Mariotto,  rotto  ad  ogni  tizio,  dissipatore  e  nemico  detta 
Ealiea,  si  fesse  cooàoàUì  a  mìflero  alalo,  sembra  ebe  questi  richie- 
desse noovaaciente  bi  società  di  frate  Barlolommeo;  ed  egK,  che 
per  li  moltissimi  laTori  commessigli  potè? a  ayer  caro  e  utile 
r  aiuto  di  un  artefice  quale  era  Mariotlo,  che  area  presa  assai  bene 
la  di  lui  maniera,  lo  accolse  con  ogni  umanità  ed  amorevolezza. 
Sembra  pianto  che  come  nella  prima  società  V  Àlbertinelli  si  era 
ricoverato  nella  casa  del  Faltorino  presso  porta  Romana,  in  questa 
seconda  tenesse  lo  studio  assieme  a  quello  slesso  di  fra  Barl<rfom- 
meo  nel  convento  di  S.  Marco.  Fattomi  a  ricercare  il  luogo  di  tale 
studio,  m' avviso  aver  trovato  che  fosse  presso  il  piccolo  eliio- 
stro  che  conduce  alF ospizio  dei  religioni,  rtspoodente  aUa  yìb 
del  Maglio.  Conoiossiachò  V  annalista  del  convento  narrando  la 
venuta  del  Ponteice  Leone  X,  il  quale  nd  giorno  delP  Epifenia 
dcU'anno  1516  aveva  visitata  la  chiesa  di  S.  Marco  e  posda  de- 
sinato con  i  religiosi,  soggiunge  che,  epulm  parabantur  et  oogua- 
bmtur  juxla  Uwaioriìun  ei  hospùium^  ftiad  prùpe  arUm  ptclo- 
riam  est  (1);  si  pare  indubitato  che  con  quelle  parole  di  arte  della 
pittura  volesse  V  annalista  accennare  il  luogo  ove  quest*  arte  si 
professava  e  si  insegnava  agli  altri.  E  invero  ivi  dovea  fra  Bar- 
tolommeo  educare  tutti  quei  giovani  che  da  lui  appresero  l'arte,  e 
che  sono  ricordati  dal  Vasari  e  dal  Lanzi;  cioè,  fra  Paolino  da 
Pistoia,  Benedetto  Cianranini,  Gabbriele  Rustici,  e  Cecchino  del 

(1)  Wéèi  ad  Ann*   1016,  pag.  29  a  tergo. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  IV.  «7 

Frale  (1).  A  qrnsH  ùl  di  oMslifiri  agf^tongeift  quel  k^  Amhnen, 
che  già  iiomioanuna  come  venite  delPabito  DamtnhNim  V  ^^m 
1800)  e  d^  4|ualB  è  memoria  m  aa  volume  di  MiseeUiiiee  dell' Ar* 
eUfìo  deleoaveato,  dioaidosi  oocopiAlQ  iq  aiataw  il  Ppnta  nella 
preparaiione  dei  di  Iiù  di|iiBli  (2))  e  omfira  Agostino  del  quale  «V 
Ivove  si  lervà  Aioorsa 

La  Buovii  fiocielà  che  ^  consoolimento  del  superiore  di 
S.  Blfifcx)  si  instUoiva  fra  il  Flirta  e  r  AlkertiueUi,  sembra  fos^ 
coniata  nei  motto  segueola.  Il  sindaca  del  coQYentp  provyede- 
vebbe  a  tulle  le  spese  ooeorraati  ad  aaibedue  i  dipintari,  cioè  per 
colepi,  tela  e  altre  masserizie  dell' arte,  e  al  termine  della  società, 
Tenduti  i  dipinti  e  detratte  le  spese,  il  guadagno  fosae  metà  di 
ìlariotto  e  metà  del  Ppr^,  o  a  meglio  dire,  metà  del  couTeoto; 
peveioGcbè  scrive  il  P.  Sevafino  Raul,  obe  il  pittore  fra  BaMo- 
lommeo  non  conseguisse  de*suai  dipinti  altvo  frutto  che  la  es^i- 
maaìone  dei  cuntemporattei,  ma  l'utile  fosse  ti^tta  del  convento; 
la  pigerosa  povertà  pcofessala  non  consentendo  al  Povta  racqvil- 
sto  e  il  possesso  di  rilev|uati  som^  di  danaro  (3).  Dqpo  quanto 

(1)  VasaiIi  p^ita  di  fra  Boftotommeo,  m  fine;  Lahzi,  Storia  Pittorica^ 
Scuola  Fiorentina^  fi  poca  2. 

(2)  MiscBpLARRÀ  N^  %  un  voi.  in  fol.  MS.  ad  ann.  1512.  Da  fra 
Bartolommeo  dipintore  a  tti  20  marzo  fiorini  3  d*  oro  in  oro  lar.  Sono 
per  parte  del  lavoro  di  fra  Andrea  converso  per  metter  d^oro,  et  inges- 
sare alle  tavole  nella  bottega  in  diversi  lavori.  — In  margine  —  21. 

(S)  RaYzi  ,  Storia  degli  Uomini  Illustri  ce,  Padri  Illustri  nella  Pit- 
tura €  nelV  Jrcbitettura,  p^.  353,  N*  DC.  E  si  dee  notare  come  questi 
Pqdri  dipintori  9rano  dispensati  dfilcoro^  onde  dicevano  Vi^cio  da  p^r 
loroi  e  i  danari    ehe  guadagnavano,  andavaì\o  alla  comunanza   d^l  Con- 


Digitized  by 


Google 


G8  MEMORIE 

81  è  detto,  parmi  ragioneTole  risdlverd  qai  ana  obbiezione  che  si 
oflìre  spontanea  al  leggitore.  Qiuiqae  in  tatti  o  neDa  più  parte 
dei  dipinti  esegniti  da  fra  Bartolommeo  nel  tempo  di  qaesta  so- 
cietà vi  ebbe  la  mano  Mariotto  AlbertméUi?  Dunque  non  sono 
wiginaU?  A  ciò  si  risponde,  che  dalla  accurata  considerazione 
di  un  antico  documento  che  daremo  assiememente  agli  altri, 
parmi  doversi  dedurre,  che  il  disegno  di  tatti  i  dipinti  fosse  sem- 
pre del  Porta;  che  Mariotto  ne  colorisse  alcuni,  e  il  Porta  poi  li 
ritoccasse  per  guisa  che  tutti  avessero  un'impronta  di  origina- 
h'tà,  in  quella  stessa  guisa  che  costumava  Raflbello,  aiutato 
sempre  dal  Penai,  da  Giulio  Romano,  ec  Che  se  alcon  dipmto 
fosse  stato  cosi  nel  disegno  come  nel  colore  operato  intieramente 
da  fra  Bart<dommeo,  questi  allora  vi  apponeva  il  suo  nome,  e 
Fanno  in  cui  avealo  eseguito.  Due  memorie  ci  sono  rimaste  di 
questa  società;  la  prima  è  l'atto  di  divisione  o  di  scioglimenlo 
della  medesima,  e  di  partizione  deg^  utili  e  dei  dipinti,  il 
quale  atto  è  tutto  ^di  mano  di  Mariotto  AlbertinellL  La  seconda 
é  il  più  volte  ricordato  catalogo  dei  dipinti  del  Porta  conserva- 
toci dal  P.  Bartolommeo  Cavalcanti  sindaco  del  convento  di 
S.  Marco.  Questi  due  documenti  in  tutto  concordi,  solo  appa- 
riscono in  contraddizione  intomo  ad  un  quadro  dei  più  perfetti 
che  mai  venissero  fatti  dal  Frate.  È  questo  il  bellissimo  dipìnto, 
che  abbiamo  descritto,  dell'Eterno  che  benedice  a  S.  Caterina  ed  a 
S.  Maria  Maddalena,  al  presente  in  S.  Romano  di  Lucca.  Dalle 
MenKHrie  del  convento  si  deduce  che  quella  tavola  fosse  colorita 

vento,  rattenendoti  solamente  quanto  /accisa  di  bisogno  per  comprare  i 
eolori,  e  aUre  cose  necessarie  alt*  arte.  Lo  ttesso  tcnve  il  Vatarì.  Vedi  f^ta 
di  fra  Bartolommeo, 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  IV.  6» 

da  fra  Bartolommeo  nel  suo  ritorno  da  Venezia,  che  dovette 
essere  nel  giugno  o  nd  luglio  del  1508;  e  si  dice  dipitUa  in  breve 
tempo  (1).  La  Società  con  Mariotto  Alb^inelll  non  ebbe  comìn- 
ciamento  che  nei  primi  mesi  dell'anno  seguente,  quando  quel 
quadro  era  già  finito  o  prossimo  a  esserlo.  Si  disse  che  renne 
stimato  ducati  90,  e  che  trovasi  nelnoTero  dei  dipinti  offerti  indono 
agli  amici.  Nell'atto  però  di  divisione  della  società  sopraddetta, 
fòcendosi  la  partizione  dei  quadri,  il  pruno  di  cui  sia  fatta  parola 
è  quello  di  un  Dio  Padre  con  S.  Caterina  eS.  Maria  Maddalena,ed^è 
stimato  ducati  60,  e  ricordato  fra  quelli  che  si  spettavano  a  fra 
BarUdoBuneo  (2).  Deduco  pertanto,  che  questo  fosse  una  replica 
^  di  quello;  e  Io  deduco  dalla  diversità  del  prezzo,  e  dal  tempo 
in  cui  fu  eseguito.  Né  è  a  tacersi  che  nel  catalogo  surriferito 
noverando  il  sindaco  alcuni  quadri  coloriti  da  fra  Bartolommeo 
nel  tempo  della  società  con  Mariotto,  non  fa  nienzione  di  quello 
di  Lucca.  Tutto  ciò  abbiamo  voluto  scrivere  onde  non  insurga 
akuiia  dubitazione  sulla  originalità  di  quel  dipinto  rarissimo.  ' 
Seguitando  a  dire  degli  altri  che  certamente  furono  fatti 
neU' unione  con  FAlbertinelli,  troviamo  il  bellissimo  quadro 
della  Vergine  in  mezzo  a  due  Santi  che  si  ammira  ugual* 
mente  in  Lucca. neUa  jcattedrale.  Né  dubito, che  aUe  sollecitudini 
dd  Pagnini  si  debba  il  possedere  che  fa  quella  città  i  più  pre- 
ziosi dipinti  del  Porta.  Questa  tavola  si  trova  ricordata  nell*  uno 
e  neir  altro  degli  anzidetti  documenti;  ma  che  sia  cosi  nel  dise- 
gno come  nel  colore  tutta  opera  di  fra  Bartolommeo  si  deduce 
facilmente  dall'  avervi  apposto  il  suo  nome,  e  dal  veder  visi  ac- 

(1)  RicoRDAHSB  B.  Ad  ami.  1511^  fol.  47  a  tergo. 

(2)  MiscELLANBA  N®  2,  aiiic.  V. 


Digitized  by 


Google 


j 


70  MEMORIE 

colte,  per  quanto  a  me  semiiri,  tutte  le  gratie  e  la  nobiltà  di 
Raffaello  e  dd  Vind  contempenta  ail*  annontoao  colorire  dei 
veneeiani.  Per  la  qnal  cosa,  se  ne  tofli  le  dìmensfcmi,  non  cede 
aU' altro  cbe  già  lodammo  in  S.  Romano  (1).  U  ck  mardiese 
Antonio  Maczarosa  ne  pubbUoò  una  descrizione,  che  in  forma 
di  lettera  indiiizsò  al  cdebre  Pietro  Giordani  (2).  Noi  ne  tog^e- 
remo  alcuni  brani  ad  ornamento  delle  presenti  Memorie. 

a  Sette  Agore  Vi  sono^  vale  a  éire  la  Vergine  con  Gesù  ki 
grembo,  che  sia  in  metzo  in  di  un  piedistallb,  e  sedente;  due 
puttinì  in  aria  wpm  a  Lei,  che  «la  incoronano;  S.  Stefano  alla 
sua  dritta,  S.  Giovanni  alla  sintetra,  ambedue  fu  piedi;  ed  un 
angioletto  che  siede  sul  grado  ^el  pieAisCafio  suonando  M  liuto 
e  cantando. 

a  È  Maria  una  fanciulla  d'angelica  bellezKa  intomo  a  18  anni 
<H  età,  dalla  cui  ^iflifccia  traspatie  fra  il  candore  del  suo  giglio  il 
caldo  afiètto  di  madre  tenerissima  e  devtitissima.  Tutta  presa 
del  fiftfo  bei^e  che  ignudò  tiene  in  grembo  col  sinistro  brac- 
cio, niente  la  distrae,  la  disvia  dal  oontonplarto  intensa- 
mente, e  còsi  pasce  gli  occhi  e  sé  stèssa  di  una  iagaarrairite 
soavità,  n  Vezzoso  bambinello,  tutto  fósttMO  oom'é,  in  mezzo 
ai  snoi  flftoti  ii^nlili,  dà  però  a  còHKttoere  dd  fino  «ssene  "divino 
alla  viva  luce  che  dagli  occy  gti  esce  fuora,  e  ad  una  certa  non 
curanza  di  tutto  ciò  che  è  intorno  ntd  esso,  contento  a{))>feno  di 
sé,  per  cui  tnostrasi  figlio  del  Dio  che  è  la  stessa  beatitudine. 
Cho  dièi  due  Angioletti  ignudi  che  tengono  con  le  m«mae  •sospesa 

(1)  Questa  tavola  è  lunga  braccia  fiorent.  2  e  }J,  e  larga  2  ^ 

(2)  Due  Lettere  del  march.  Antonio  Maxtarosa  al  Mtgnor  Pietro 
Giordani,  Lucca  1828.  V.  pag.  6. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  CAP.  IV.  7! 

uaa  cofoQa  sulla  lesta  della  Vergine,  cioè  <}tteUo  a  woistra  di 
Lei,  perfettameate  libratosi  sulle  ali,  Boa  ad  altro  è  attento  se 
non  se  a  fare  ToffUio  suo;  aou  cosi  è  del  compagno,  il  quale 
scendendo  uo  po' più  colc<»rpo,  sieatre  rogge  con  k  sinistra  là 
corona,  sta  guardando  il  S.  Stefono  che  gli  è  sotto,  ^uaai  pttt 
timore  di  urtarb  con  le  gambine,  per  cui  le  ritira  in  aria  con 
gubo  Batttr&Ussimo.  Ambtdue  poi  hanno  netta  mano  Ubera  dalia 
oaroaa  «n  piociol  velo  di  ceto  giallognolo,  il  quale  passando 
eatro  le  dita  dell'altra  prodnoe  uno  svolazEO  di  tutta  grasia,  ohe 
aocresce  la  Mea  del  volo  dei  putti,  e  serve  a  rompere  la  mmsà 
d'alia  ialomo  il  viso  della  Madonna.  S.  Stefano  è  sotto  le  Torme 
di  un  sacerdote  giovine  e  delioailo,  volto  con  la  faccia  ia  profilo 
verso  il  mesiò,  e  guardando  teneraateute  e  nella  maggiore  umiltA 
il  bambinelli  Gesù.  Ed  ék  coa^  aU'  ailtoisuo  gli  stanno  beae 
faesti  due  afletti,  mentre  con  la  dritta  mmo  tenendo  la  palma 
del  martìrio  avaati  a  sé, ed  in  linea  degU  occhi,  sembra  proprio 
che  renda  grazie  al  Figlio  di  Dio  per  averlo  fatto  segno  di  tanto 
favore,  fu^ioio  fra  toUL  Nel  S.  Giovanni  scorgesi  un  uomo  di 
beli'  aqpetto,  si,  ma  un  po'  emaciaio,  che  ricorda  il  precursor 
nel  deserto.  La  sua  faccia,  quasi  per  l'intiero  visibile,  èinfiam^ 
mata  da  quel  faoco  santissimo  che  dentro  Io  consuma ,  e  negli 
occhi  incavati  ed  ardaiili  leggesi  chiaro  la  intonsìtà  di  questo 
foooa,  per  cui  tutto  si  strugge.  E  chi  sia  la  cagione  de'  suoi  al- 
tissimi pensieri  egli  ce  lo  dice,  con  la  destra  accennando  il  bam- 
bino»  quando  con  l' altra  pendente  in  islato  naturale,  tiene  la 
solita  croce,  lunga,  esilissima.  Non  resta  che  a  parlare  dell'  An- 
gioletto sedente  sul  grado,  col  liuto  in  mano  che  tocca  e  con  la 
bocca  atteggiata  al  canto.  Siede  questo  ve£20so  in  un  modo  il 


Digitized  by 


Google 


73  MEMORIE 

più  conyeniente,  scortando  con  la  sinistra  gambìna ,.  e  tenendo 
distesa  la  dritta.  È  ignudo  in  parte ,  e  in  parte  vestito  da  una 
tunichetta ,  a  cui  è  soprapposto  un  velo  leggerissimo  che  muo- 
vesi.  Già  esperto  nel  suono  »  non  porta ,  no ,  l' occhio  suU'  istru- 
mento ,  ma  come  se  fosse  dolcissimamente  rapito  canta  le  lodi 
del  Signore ,  intento  a  questo  solo ,  con  un  aBétto  impossibile  a 
descriyersi.  Se  tutto  è  bello  nel  quadro ,  questo  angioletto  è  bar 
lissimo,  e  fa  la  meraviglia  di  ognuno.  »  E  qui  noi  esclamereaio 
a  ragione  col  citato  chiarissimo  Mazzarosa:  <r  Oh  che  bel  quadro 
è  mai  questo  per  l' unità  del  pensiero,  V  armonia  della  composi- 
zione, il  brio  e  la  varietà  dei  colori ,  per  raccordo  del  colorito, 
per  il  naturale  scelto,  per  la  finezza  dell'  espressione ,  per  un 
piegare  facile  e  grandioso,  per  la  correzione  del  disegno ,  per  il 
rilievo ,  e  in  breve  per  tutte  le  cose  chi»  costituiscono  il  sonuno 
dell'  arte.  Qui ,  si ,  che  il  Porta  comparisce  non  solo  degnissimo 
dell'  amicizia  dell'  incomparabile  Urbinate ,  ma  eziandio  emulo 

suo  (1).  » 

Sembrando  ^1  pittore ,  come  era  veramente ,  di  aver  fatto 
opera  degna  di  memoria ,  vi  appose  il  suo  nome,  che  leggesi  nel 
grado  sul  quale  siede  l' angioletto  che  suona  il  liuto  :  Frairis  Bar- 
tholomei  Fhrmlini  Ordinis  Prcsdicatorum  1609.  Questo  dipinto 
venne  con  brevi  parole  ricordato  da  Giorgio  Vasari,  tutto  che 
per  il  merito  suo  ei  dovesse  concedergli  luogo  principalissimo. 

(1)  Questa  tavoU  è  stau  incìsa  da  Samuete  Jesi  di  Coreggìo  per 
commissione  della  casa  Àrtaria  di  Manhein;  e  posteriormente  dair  incisore 
Sassone  Maurizio  Steinla.  Un  piccolo  disegno  a  penna  di  questo  qnadro, 
di  mano  di  fra  Bartolommeo,  si  può  veder  nella  gran  raccolta  della  Gal- 
lerìa degli  UfBai  in  Furente. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  IV.  73 

Per  luUe  quesi'opa^  sendo  leraio  in  aMissima  fama  fl 
nome  di  fra  Bartolommeo  della  Pùrta ,  il  Gonfaloniere  di  Fi- 
renze Pier  Soderini ,  Tedntosi  fraudato  nella  speranza  di  abbel- 
lire la  gran  sala  del  Consiglio  con  i  dipinti  di  Lionardo  da  Vinci 
e  di  M ichelangiolo  Baonarroti ,  i  cartoni  dei  quali  non  erano 
stati  mai  coloriti ,  si  rivolse  a  fra  Bartolommeo ,  che  allora  te- 
neva in  Firenze  il  primo  seggio  dell'  arte ,  perchè  con  alcun  suo 
dipinto  volesse  condecorare  quella  augusta  sede  del  magistrato 
supremo.  Gli  diede  pertanto  a  colorire  una  gran  tavda ,  nella 
quale ,  non  dovea  già  esser  efligiata  una  battaglia,  o  alcun  fatto' 
di  storia  patria ,  ma  accomodandosi  alla  pietà  del  pittore ,  voDe 
vi  fossero  entro  ritratti  tutti  i  santi  protettori  della  città  di  Fi- 
renze ,  in  atto  di  corteggiare  la  gran  Regina  del  Cielo*  Questo 
dipinto,  tuttoché  dal  Vasari  si  dica  incominciato  negli  ultimi  pe- 
riodi ddla  vita  del  Pòrta,  nondimanco  per  due  autentici  doco- 
nienti  si  prova  essere  stato  allogato  al  pittore  nel  tempo  di  que- 
sta società  con  Mariotto  AlbertineUi  ;  dicendosi  apertamente  in 
uno  di  questi  documenti,  cioè  nell'atto  di  divisione  ddla  detta 
società,  che:  la  tavola  grande  che  onderà  in  Consiglio  in  suUa 
«oJa,  disegnata  di  spalto  di  mano  di  fra  Bartolommeo  ^  eia  dei 
detti  frati  (1).  Il  P.  Girolamo  Dandi  Gini,  sbdaco  in  quel  tempo 
del  convento  di  S.  Marco,  nel  più  volte  citato  libro  di  Ricordan- 
ze, sotto  il  giorno  17  giugno  1513,  segna  la  ricevuta  di  ducati 
10(y  avuti  dalla  l^gnoria  di  Firenze  per  conto  della  detta  tavo- 
la (a);  la  quale  se  nA  1512,  epoca  dello  scioglimento  deUa  detta 
^età,  era  già  a»ninciata,  fa  mestieri  credere  che  al  Frate  di 

(1)  MlSCELLiREA    N.    2,    loC.    Clt 

*      (rt)  Vedi  Documento  (IV.) 


Digitized  by 


Google 


j 


74  MEMORIE 

S.  Marco  toese  stata  allogata  intorno  al  1611;  cioè  sei  anni  id- 
BBnzì  a  quello  chescriTe  il  Vasari  Ma  l'oiiore  di  abbellire  l'aula 
magna  del  Consiglio  non  era  riierbato  né  a  Lionardo,  né  a  Micbe- 
langiolo,  né  a  fi^a  Barliriomneo  >  ma  si  a  Giorgio  Vasari ,  il 
qaale  a  cominciare  dal  soffitto  la  venne  ricoprendo  di  storie  a 
fresco  quasi  fino  al  |Miviaienlo.  Ma  di  questa  tavola  del  Porta  ci 
occorrerà  fiiTellare  alquanto  più  distesamente  al  temine  della 
presente  vita.  Chi  poi  vedesse  farsi  a  investigar  perchè  fra  Bar- 
tolommdo  dopo  aver  ricevuta  una  parie  del  prezzo  di  quel  di- 
pinto» nel  sei  anni  che  anccura  sopravfisse  non  lo  oondncesse 
alla  dovuta  pelfeaiobe»  forse  non  troverebbe  nna  ragione  che 
appieno  lo  appagasse. 

Gli  alirì  dipinti  eseguili  nel  lempo  della  soonelà  coli'  Àlber- 
tiaelK  sono  i  seguenti  ^  Dna  Natività,  di  braccia  dne»  in  tondo, 
detta  vahita  di  dnèeti  2  —  Un  Cristo  die  porU  la  Croce,  dello 
stesso  vainre  -^  Una  Vergine  AnnnnziaU»  vendo4a  al  Gonblonìere 
di  Firenae  per  dncÉtì  6  ~  liuti  tavola  della  qoale  si  tace  V  argo- 
mento, dkesi  diae^oal*  da  fin  Barlolommeo  per  k  Certosa  di 
Pavia,  e  si  aogginnge,  che  era  ÈuniU  u  una  M  FiUppo  (  forse  Fi- 
lippo Lippi  );  ittlMvo  la  quale  trovo  il  segoenle  ricordo  del  Sm- 
daco  del  conveiilo:  i&H  Bafra  B&rPotummto  nastra  e  UmoUo 
dipintori  udii  Lufiià ,  diteùti  12  foro  m  ^o.,  som  fM  tornio  S 
dMWi  hanéo  ftmmti  da  qmiU  ddh  Certota  di  Pmvia  per  dipiar 
tute  hèrnm  ftum  hm.  In  Margine  si  trova  la  cifra  8fc  (i).  Questo 
dipfinto  sembt^  Ibsse  eseguito  da  ambedue,  cioè  diasgoato  dal 
PoKa,  e  ecriorito  daH*  Albertinetti.  Trovasi  poscia  ricordata  nna 
tavola  che  fu  poi  recata  nelle  Fiandre;  non  si  dice  che  rappre- 

(1)   MlSCCLLAHEA    N*    2,    loc.    Cit. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  IV.  T5 

sentasse^  nka  dovea  essete  si  nella  «Uibeiifliaiie  che  nel  laVéro  di 
gràBdd  rilevanza.  Se  ne  hanno  due  riccfrdi:  uno  sello  i'anhio  4511, 
ore  il  sindaco  dichiara  arer  rieevnto  da  ^ei9.  Ferrint>  hìgkikH 
éueaù  SO  d'  ììto  in  oro  contati  nelle  mani  di  fra  Sariohmwteo  di- 
pintore p.  la  metà  di  ducati  40  dati  fra  hn  e  Mariòtto  dipin^ri 
compagni  per  itrra  del  lavoro  ha  toro  aUo§ato  a  fare,  cóme  tra 
hro  sono  accordati  (1).  £iiafi4i6  da  ^eslo  ricordo  parci  assai 
ben  cbìartto  m  difMito  nel  quale  operavano  aiibedne  i  socjw  La 
seconda  memoria  rinviensi  nel  citalo  hiogo  sotto  il  gicmo  S9  no- 
vèmbre dell'  anno  IMS,  ove  M  lej^e  che  il  sindaco  avea  ricevuti 
da  fra  Bériohmme^  diptnt^  a  A  99  detto  aùuii  da  M.  Ferrino 
per  ta  nostra  parte  della  meonida  paga  della  tavola  di  Fial^ 
àray  dmc.  140  {%).  Di  questo  dipiato  non  è  mèmoi^ia  al- 
cimn  plesso  il  Vasari,  ma  è  ntwdato  negli  Amudi  del  con- 
vento (S).  AaftecedeMemente  a  tntti  ^inesfti,  e  forse  dal  solo  Ara 
BattolOttHneo  insegnato  e  eciurìto,  èVon  qoadro,  il  qnale  non  è 
noverato  nell*  aito  iM  divisione  Mia  predetta  società^  come  non 
lo  fil  dèa  VafeUfH;  ina  solò  né  è  memorfn  in  alenai  ricorll  dèi 
sindaco  di  S.  Marco.  Sd^to  il  giorno  fi  novembre  1616  si  legge: 
KceouU>  da  GMtiano  da  Gagliano  per  co^to  di  un  fimdh)  gH  di- 
pince  fra  B&rtoUmmeo  no9(h>  frate^  dWK  70»—  ikfénnaio  1611. 
9a  fra  BittkfUmmto  ^er  tmto  dei  quaàro  dipinéc  a  "Giutk^o 
dà  Gaglimo^  4uc.  84.  Abbiamo  pertanto  la  rilevante  somma 
Hi  154  dtie^i,  p^  la  iqnate  ci  è  dato  MeÉdékie  come  qoeMo  di^ 
phito  fésM  opera  di  Vasta  sfopei^de  *e  di  fango  hUmNo. 

(1)  VeAi  h  DùcuMenib  IV. 
f2)  MtscmAAitBi.  loc.  eh. 
(3)  Fol.  231. 


Digitized  by 


Google 


76  MEMORIE 

Da  uUimo  seguitano  due  altre  tavole.  La  prima  è  quella  che 
▼edesi  di  pres^te  neUa  chiesa  di  S.  Caterina  di  Pisa,  già  deirOr- 
dine  dei  Predicatori.  Rappresenta  la  B.  Y.  col  6glio  in  braccio, 
seduta  sopra  un  imbasamento  siccome  quella  del  duomo  dì 
Lucca;  ma  V  atto  è  fra  il  moto  e  la  quiete;  Ggura  pronta  e  vi- 
Tace,  ben  disegnata  e  ottimamente  vestita;  seoza  esagerazione, 
senza  sforzo  o  maniera.  Il  bambino  che  ignudo  siedete  in  grembo, 
e  che  fa  segno  di  benedire,  è  uno  dei  più  bei  putti  che  mai  fa- 
cesse il  Porta.  Le  due  figure  di  San  Pietro  e  di  San  Paolo  in 
mezzo  delle  quali  esposta  la  Vergine,  grandi  quasi  al  paro  del 
vero,  sono  bellissime,  e  forse  oserei  dire  che,  per  ciò  spetta  ai 
disegno,  più  mi  aggradano  che  quelle  dallo  stesso  pittore  ese- 
guite in  Roma  per  fra  Mariano  Fetti.  Non  dirò  del  colore, 
avendo  veduto  questo  dipinto  a  poca  luce,  ma  a  malgrado 
dei  gravi  danni  patiti  a  cagione  dell'  incendio  che  nel  secolo 
XYII  distrusse  gran  parte  di  quel  tempio,  mi  parve  robu- 
sto ed  armonioso;  e  segnatamente  vi  ammirai  mollo  rilievo. 
Nell'imbasamento  sul  quale  siede  la  Vergine  si  legge  Faniio  1511. 
Giudico  verosimite  appartenga  a  questa  tavola  il  seguente  ricordo 
del  sindaco  del  convento  segnato  dal  giorno  3  (fi  ottobre  appunto 
di  quell'anno  1511  —  Da  fra  Bartolommeo  natro  dipintore  e 
Mariolto  suo  compagno  a  di  3  ottobre,  fiorini  7  larghi  d^  oro  in 
orOf  per  loro  da  Mariotto  per  parte  de  due.  30  ebbe  da  Pisa  per 
la  tavola  di Miebele  Mastiani  —  in  margine  4^  (1).  Vengo  ac- 
certato la  cappella  ove  si  ritrova  questo  quadro  di  fra  Bartolom- 
meo essere  appunto  della  famiglia  Mastiani,  il  perchè  la  conget- 
tura acquista  maggior  grado  di  probabilità,  se  già  non  giunge 

(1)    MlSCBLLAHBA,    loC.    cìt. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  IV.  77 

alla  certezza.  Eziandìo  qaesta  tayola  sembra  esjsgoita  da  ambe- 
Aie  i  dipintori.  La  seconda  venne  allogata  a  fra  Bartolommeo  da 
ÀTcrardo  Salviati,  e  forse  è  qoella  stessa  che  il  Vasari  per 
errore  scrive  aver  colorita  il  Porta  nella  sua  giovinezza,  quando 
abbandonato  lo  studio  di  Cosimo  Rosselli  si  diede  ad  operare 
nella  propria  abitazione  presso  la  porta  Romana*  Se  m  quella 
fece  non  si  voglia  dire  piuttosto,  che  per  Io  stesso  Salriati  ne  co- 
lorisse un'  altra  in  questo  periodo  dì  tempo.  Né  questa  eziandio 
si  trova  ric(»rdata  nell'atto  di  divisione^ina  ^  nelle  memorie  del 
sindaco  del  convento  (ij. 

Questi  sono  i  principali  dipinti  eseguiti  da  frate  Bartdom- 
meo  nel  tempo  della  sua  società  con  Mariotto  Albertinelli;  la 
qnal  società  durò  intomo  a  tre  anni.  Finalmente  nel  giorno 
5  gennaio  1512,  sondo  nuovamente  friote  M  convento  di 
S.  Marco  il  P»  Santi  Pagnini,  fri  disteso  un  atto  col  quale  si 
dichiarava  disciolta  quella  società;  e  A  procedeva  alla  partizione 
del  danaro  ricavato  dalla  vendita  dei  dipinti,  a  quella  dei  quadri 
non  ultimati ,  e  delle  masserizie  ddlo  studia  Detratte  le  spese,' 
la  s(mima  ripartita  fra  i  dipintori  fu  di  ducati  424;  onde  toccò 
a  ciascuno  ducati  212. 1  quadri  che  rimasero  a  fra  Bartolommeo 
sono  i  seguenti:  —  La  gran  tavola  della  sala  del  Consiglio,  che  si 
disse  già  disegnata  e  lumeggiata  —  Quella  di  un  Dio  Padre  con 
S.  Caterina  e  S.  Maria  Maddalena  —  Una  Vergine  ÀnnunziiUa  -*• 
Vtk  Cristo  che  porta  la  Croce  —  Una  testa  di  G.  C.  data  dai  reli- 
giosi a  Lioaardo  Bartolini;  e  altre  piccole  cose.  Mariotto  Alber- 
nelli,  che,  come  dicenuno,  avea  di  suo  i^ugno  disteso  Fatto  di  di- 
visioBe,  riserbossi  -*  Un  quadro  di  mano  di  Filippo  (  forse  9 

(1)  RicoRDAHZB  B.  fol.  127,  a  lergo. 


Digitized  by 


Google 


78  MEMORIE 

Lippi  );  più  il  precio  della  OQfM  iaUaDe  per  fai  Cerloi&  di  Pavia 
—  Un  quadretto  solo  abbozzato  di  mano  di  fra  Bartolommco^  rap- 
presentante Adamo  ed  Eya,  ak^  circa  mezio  braccio.  Da  ottimo 
Mariotto  vi  aggiunse  la  partita  seguente.  Ancora  siamo  d*aecordo 
0h$  queste  masserizie  che  resiano  a  cemune  P  abbia  adoperare  fra 
Bariolommeo  a  servirsene  mentre  che  vive^  e  àapo  la  morte  $ma 
siano  dsHe  maseerizie  liberamente  di  Mariotto  Ufintostt  ci  sue 
reée;  cioè  una  tBMdeUo  éi  legno  quemto  elnaturmk.doéumm  fi§wra; 
amerà  un  altro  moisUo  circa  (f  un  brac^  gan§àeraéo  —  Un 
paio  di....  (  inintellig.  )  grande  di  ferro  circa  éfun  brmedOf  e  un 
bambino  di  gesso  formato  da  uno  di  Sca.  di  J)esiéerio  (  forse  De- 
siderio da  SettignMH)  discepolo  di  Donatello  )  (a]. 

Per  questa  memoria  ci  è  conceduto  eonosoere  un  novero  di 
dipinti  dei  Porla,  dei  quali  non  era  alcuna  ricordanza  presso  gli 
storici  deli'  arte*  Non  andrebbe  forse  molto  lungi  dal  vero  chi 
volesse  determinare  a  quest'  smoo  1519  li^  biacarra  riaoluztone 
presa  da  Mariotto  Albertinelli  di  abbandonare  il  dipingere  per 
darM  bel  tempo  e  campare  la  vita  cen  arte  troppo  più  dicevole 
alla  sua  natura. 

«  Era  Uarietto,  scrive  (Hcurgo  Vasari,  peraeBa  inquietis- 
sima e  carnale  nelle  cose  d'amore  e  di  buon  tempo  iielle  case 
del  vivere;  perchè  venendogli  in  odio  le  soflstiohoie  e  f^  stilla- 
menti di  cervello  della  pittura,  ed  essendo  spesso  dalle  lingue 
de^  pittori  morso,  come  è  continua  usanza  in  loro  e  per  eredifà 
mantenuta,  si  risolfctte  darsi  a  pia  bassa  e  meno  Micosa  e  pip 
allegra  arte,  e  aperte  una  bellissima  asteria  fuor  della  porta 
6.  Gallo,  ed  al  ponte  Vecchio  al  Drago  una  taverna  ed  esCaria, 

(a)  Vedi  Documento  (V.) 


Digitized  by 


Google 


LIB.  in.  GAP.  IV.  7» 

Tcce  quella  molti  mesi,  dicendo  che  aveva  presa  un'  arte  la  quale 
era  senza  muscoli,  scorti,  prospettive,  e  quel  ch'importa  più, 
senza  biasimo,  e  che  quella  che  aveva  lasciata  era  contraria  a 
questa,  perchè  imitava  la  carne  ed  il  sangue,  e  questa  Taceva  il 
sangue  e  la  carne,  e  che  quivi  ognora  si  sentiva,  avendo  buon 
vino,  lodare,  ed  a  quella  ogni  giorno  sì  sentiva  biasimare  (1).  p 
In  quale  concetto  V  AlbertineUi  tenesse  V  arte  non  so;  certo  che 
più  pazzo  di  lui  fra  gli  artefici  fiorentini  non  è  facile  rinvenire. 
Rinsavito  dopo  alcun  tempo,  fece  ritomo  alla  Pittura,  ma  non 
gli  fu  più  conceduto  raggiungere  quella  perfezione,  la  quale  il 
molto  ingegno  e  gli  esempj  di  fra  Bartolommeo  a  lui  sembra- 
vano ripromettere. 

(1)  Vasari»  ViU  di  3f«ir|«l/o  4\hetiinflU. 


Digitized  by 


Google 


80  MEMORIE 


CAPITOLO    V. 

Fra  Bartolommeo  della  Porta  seguita  più  strettamente  il  metodo 
dei  Veneziani.  —  Pregi  e  difetti  di  questa  sua  nuota  maniera. 
—  Dipinti  che  le  appartengono. 


[^e  il  lettore  ha  posta  seria  considerazione  a  quanto  siamo 
venati  narrando,  avrà  scorto  di  leggieri,  come  P  ingegno  versa- 
tile del  Porta  vagheggiasse  di  continuo  nn  bello^  che  ei  stimava 
fuggirgli  d'innanzi;  e  che  mai  non  soddisfatto  di  metodo  alcuno, 
sempre  studiava  nuove  vie  e  nuovi  procedimenti.  Il  bello  per  esso 
era  quasi  un'  iride  variopinta,  la  quale  or  ti  appalesa  un  colore, 
ora  ti  mostra  un. seconda,  poscia  rivelane  un  terzo;  né  ben  sai 
qual  più  sia  vezzoso,  o  qual  più  ti  diletti.'  Tanto  avvenne  a  que- 
sto pittore.  Assaggiò  il  Vinci,  si  accostò  a  Raffaello,  si  cimentò 
co'  veneziani;  fuse  gli  uni  e  gli  altri,  sempre  producendo  mera- 
vigliosi dipinti;  né  pago  di  sé  medesimo,  procedeva  (Atte.  Degli 
altri  pittori  di  questo  secolo  si  noverano  due  o  tre  diverse  ma- 
niere di  colorire;  del  Porta  ne  conosco  più  ancora  di  quattro. 
Tanto  era  avvenuto  a  Raffaello,  che  nella  giovinezza  aveva  segui- 
tate le  tracce  di  Pietro  Perugino,  nella  virilità  si  era  accostato 
al  Porta,  e  negli  ultimi  periodi  si  era  fatto  più  dappresso  al 
Bucmarroti. 


Digitized  by 


Google 


L!B.  ni.  GAP.  V.  81 

Libero  dalla  società  di  ìdariotto  Albertiiielli,  fk^a  Barto- 
lommeo  prese  a  pitturare  alcune  grandi  tavole,  nelle  quali  »  se 
mal  non  mi  appongo,  appariscono  i  segni  di  un  novello  proce- 
dimento, o  a  meglio  dire.,  un  maggiore  sviluppo  del  m^odo  di 
Lionardo  da  Vinci  e  de*  yeneztani.  Giunti  quest'ultimi  a  possedere 
r  elemento  del  colore  e  dd  chiaroscuro  m^^  ancora  di  qual^ 
siTOf^a  scnda  d'Italia,  ne  fecero  col  procedere  del  tempo 
pompa  soverchia  a  ostentazione  delf  arte.  Il  perchè  non  è  raro 
il  caso  che  i  loro  dipinti  ti  appariscano  cacdati  tanto  terribil- 
mente di  scuro  nei  fondi  «  negli  sbattimenti,  che  gli  (^getti  ivi 
effigiati  sembrano  incerti  e  quasi  vaganti  nelle  tenebre  deUa 
notte.  Ciò  era  ad  ottener  quel  maggior  rilievo  che  all'  arte  sia 
dato  sperare;  fin  che  da  ultimo  trovate  le  tinto  ordinarie  insuf- 
fidati  al  bisogno,  fecero  uso  del  nero  di  avorio  bruciato ,  e 
della  tinta  degli  stampatori ,  con  danno  inestimabile  dell'arte  e  dei 
loro  dipinti.  U  quale  proceditnento  adottato  da  fra  Bartolom- 
meo,  da  Polidoro  da  Caravaggio,  e  tal  fiata  dallo  stesso  Raflhello, 
abbreviò  i  giorni  alle  toro  opere  (1);  onde  in  alcuni  del  Porto  in 
breve  tompo,  chiuse  le  tinto,  appannato  le  luci ,  rese  fosche  e 
cupe  le  tenebre,  appena  traveggonsi  le  figure  nel  campo  rabbui- 
nato  e  negro.  Sotto  qpesfA  influenza  tenebrosa  ricorderò  quelle 
due  grandi  e  bellissime  tovole  colorite  da  fra  Bartolonuneo  per 

(1)  Per  questa  cagione  sì  è  perduto  il  meraviglioso  dipinto  di  Leo- 
nardo alle  Grazie  in  Milano  ;  e  danni  gravissimi  pati  la  TrasGguraùone  di 
Baffaello  in  Roma.  £  noto  che  sul  cominciare  del  secolo  XVII  in  Bologna, 
in  Venesia  e  altrove,  dallo  stesso  errore  ebbe  cominciamento  la  delirante 
ietta  de*  Tenebrosi.  Vedi  il  Lahzi,  Star.  Piti,  voi  8,  pag.  174,  e  voi  5, 
pag.  127. 

n.  6 


Digitized  by 


Google 


82  MEMORIE 

la  sua  chiesa  di  8.  Marco,  e  delle  quali  una  paasò  nella  galleria 
Palatina.  Rappresentano  ambedue  la  Valgine  seduta  in  trono , 
circondata  da  molti  Santi,  e  segnano^  per  dò  che  io  stimo,  il 
trapassamento  di  questo  pittore  dalla  maniera  antica  alla  mo- 
derna. Digià  fu  per  noi  narrato  come  i  giotteschi  fossero  adusati 
in  cori  fatte  oompoaiiioni  serbare  una  grandissima  semplicità  ; 
perciocché  era  massima  di  costoro  che  i  molti  e  yai)  aocessoij 
distraessero  V  occhio  dal  principale  subbietto;  quindi  podio  nd 
numero  erano  le  figure,  e  collocate  per  guisa  che  ninna  al  pro- 
tagonista togliesse  il  culto  e  1*  ammiraiiQne.  Nd  secolo  XV  oo- 
minciossi  a  dare  certa  unità  cosi  al  pensiero  come  al  dipinto , 
per  modo  che,  se  non  tì  ha  quella  uniformità  simmètrica  dai 
giotteschi,  all'occhio  non  sempre  aggradevole,  non  vi  ha  nep- 
pure turi[>amenÉo  e  oonfdsìone  di  affollata  moltitudine.  Cosi  Foo- 
chio  è  pago,  e  F  aflbtto  religioso  non  yi  è  menomato;  e  il  Frate 
stesso  nd  due  quadri  già  ricordati  di  Lucca  ne  avea  porto  esem- 
pio si  bello,  da  reggere  al  paragone  co'  pia  sobrii  e  oastigati 
pittori.  Ma  in  queste  due  grandi  tavole  egli  sembra  volar  sollevarsi 
a  qnlle  ricche  e  grandiose  composimni  che  tanta  piacquero  a 
qud  secoto  ed  ai  seguenti;  e  nelle  qnafi  i  veneci  e  Rotolo  Ca- 
gMari  segnatamente  tengcmo  luogo  e  nome  distinto.  Noi  le  ri** 
corderemo  ambedue  con  k  parole  stesse  di  Gioitila  Vasari,  non 
potendosi  né  con  i^iù  verità  ,  né  con  più  deganza  descrìvere. 
Favellando  adunque  costui  di  quella  gran  tavola  che  fu  pd 
recata  a  Pitti,  cosi  si  esprime.  <t  Sono  molte  figure  in  essa  in- 
tomo ad  una  nostra  Donna  tutte  lodatissime,  e  con  una  grazia 
ed  affetto  e  provata  fierezaa,  vivaci;  ma  colorite  poi  con  una 
gagliarda  maniera,  che  paiono  di  rilievo;  porche  vdse  mostrarOr 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  V.  83 

che  oltre  al  disegno»  sapeva  dat  ftersa,  e  Our  Tenire  con  lo soisro 
deUe  ombre  innanzi  le  figure;  come  appare  intomo  a  un  padi- 
glione, OTO  aono  akum  putti  che  lo  tengono ,  cbe  Telando  in 
aria  tà  spiccano  dalla  tavola;  oltre  che  vi  è  un  Cristo  fanciullo 
dM  sposa  Santa  Caterina  nranaca;  che  non  è  possibile  in  quella 
sicurtà  di  colorito  che  ha  tenuto,  far  più  riva  cosa;  evri  un 
cerchio  di  santi  da  una  banda  che  diminuiscono  in  prospettiva 
intomo  al  vano  d' una  gran  nicchia^  i  quali  sono  posti  con  tanto 
ordine ,  che  paiono  veri  ;  e  parimente  dall'altra  banda,  ec»  Fe- 
oevi  innand  per  le  figure  principali  S.  Giorgio  armato ,  che  ha 
UBO  stendardo  in  mano,  figura  fiera»  pronta,  vivace  e  con  bella 
attitudine;  evvi  un  S.  Bariolommeo  ritto,  che  mmta  lode  gran- 
dissima^  insiane  con  due  fanciulli  che  suonano  uno  il  Uulo  e 
V  altro  la  lira  :  all'  uno  d^  quali  ha  Atto  raccorre  una  gamba  e 
posarvi  su  Io  strumento,  le  mani  poste  alle  corde  in  atto  di  di* 
miwaire,  l' orecchio  intento  all'  armonia ,  e  la  testa  vcdta  in  alto 
con  la  bocca  alquanto  aperta  d'una  maniera,  che  cln  lo  guarda 
non  può  discredersi  di  non  avere  a  sentire  ancor  la  voce;  il  si- 
mile ÙL  V  altro,  che  acconcio  per  lato  con  un  orecdiio  appog* 
giato  alla  lira,  pare  che  senta  l' accordamento  che  fa  il  suono 
con  il  liuto  e  con  la  voce,  mentre  che  facendo  tenore,  egli  con 
gli  occhi  a  terra  va  seguitando  con  tener  fermo  e  volto  l' oroo- 
chìo  al  compagno  che  suona  e  canta,  avvertenze  e  spìriti  vera- 
mente ingegnosi:  e  cosi  stanno  quegli  a  sedere  e  vestiti  di  velo , 
che  meravigliosi  e  industriosamente  dalla  dotta  mano  di  fra  Bar- 
tdommeo  sono  condotti,  e  tutta  l'opera  con  ombra  scura  sfìi- 
matamente  cacciata.  »  E  altrove,  a  E  nel  vero  si  valse  assai 
d' imitare  in  questo  colorito  le  cose  di  Lionardo»  e  massime  ne- 


Digitized  by 


Google 


84  MEMORIE 

gU  scarìy  dove  adoperò  ftamo  da  stampatori, -e  nero  di  aTorìo 
abbruciato.  È  oggi  questa  tavola  da  detti  neri  molto  riscurata 
più  che  quando  la  fece,  che  sempre  sono  diventati  più  tinti  e 
scuri  (1).  »  Favellando  poi  della  seconda  tavda ,  la  quale  tutta- 
via rimane  nella  chiesa  di  S.  Marco,  cosi  si  esprime,  e  Fece 
poco  tempo  dopo  un'  altra  tavcda  dirimpetto  a  quella ,  la  quale 
è  tenuta  buona,  dentrovi  la  nostra  Donna  ed  altri  santi  intomo. 
Meritò  lode  straordinaria,  avendo  introdotto  un  modo  di  fumeg- 
giare le  figure,  in  modo  cbe  all'  arte  aggiungono  unione  .mara- 
vigliosa  talmente  che  paiono  di  rilievo  e  rive,  lav<»*ate  con 
ottima  maniera  e  perfezione.  »  In  queste  due  tavole  le  teste 
virili  sono  tuttavia  nobili,  e  nobilissima  queUa  della  Vergine; 
il  disegno  vi  è  castigato,  e  facile  il  piegare  dei  panni;  ma  il  co- 
lore sì  forte  e  sì  fiero  che  poste  a  confronto  con  la  bella  tavola 
del  duomo  di  Lucca,  sembrano  da  due  diversi  artefici  colorite. 
Scrive  il  Baldinucci,  che  Pietro  da  Cortei  in  considerando  la 
tavola  di  Ara  Bartolonuneo  che  di  presente  è  a  Pitti,  la  giudi- 
casse il  più  bel  quadro  che  fosse  in  Firenze  (2);  e  mons-Bottari 
e  il  sig.  Giovanni  Masselli  soggiungono,  che  lo  stesso  pittore  sti- 
masse opera  di  Raffaello  quella  che  di  presente  è  in  S.  Marco  (3). 
Aggiungerò  da  ultimo,  che  se  il  primo  di  questi  due  dipinti  ap- 
palesa un'  arte  grandissima  e  singdare  perizia  nel  tocco  del 

(ì)  Vasari,  loc.  cìt.  Nel  più  volte  ricordato  elenco  dei  dipinti  del 
Porta  lasciatoci  dal  Sindaco  del  convento ,  non  è  menzione  che  della  prima 
di  queste  due  tavole,  ed  è  stimata  durati  400. 

(2)  Decenn.  X.  del  Secolo  III»  P.  2. 

(3)  Vasari,  con  le  note  del  sig.  Gio.  Masselli.  F'ita  di  Jra  Burtoìom- 
m90,  nota  17.  Lavzi,  Storia   Pittorica^  Scuola  fiorentina^   Epoca  2. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  in.  GAP.  V.  85 

pennello;  il  secondo  più  semplice  e  più  castigato  eziandio  mi  di- 
letta meglio  ancora  di  quello.NeUeHemoriedel  convento  diS.Harco 
si  rinviene  on  atto  consigliare  del  3  febbraio  1534,  ctìL  qaale  la 
tavola  che  tuttavia  possiedono  i  reb'giosi,  si  dona  a  messer  Gio- 
vanni Maria  figlio  di  Niccolò  Beninlendi  fiorentino,  del  popolo 
di  S.  Marco,  e  suoi  eredi,  perchè  l'adornassero  e  la  dotassero 
ad  onore  di  S.  Caterina  Y.  e  M.,  alla  quale  cosi  la  tayola  come 
r  altare  erano  dedicati  (a).  In  un  libro  poi  di  Ricordanze  della 
sacristia  di  S.  Marco  si  legge,  che  la  tavola  compagna  la  quale  era 
di  fronte  a  questa  ndla  chiesa  medesima,  dedicata  a  S.  Cate- 
rina da  Siena,  fh  per  lo  stesso  motivo  ceduta  a  monsignor  Mi- 
lanesi vescovo,  non  so  di  qnal  diocesi,  Fanno  1588;  e  che  nel 
1690  Al  trasferita  nell'  appartamento  del  principe  Ferdinando 
figlio  del  Gran-Duca  Cosimo  IH,  ottenutane  prima  fecoltà  dalla 
sacra  Congregazione  di  Roma.  Il  principe  ne  fece  fare  ai  reli^ 
giosi  una  copia  di  mano  di  Anton  Domenico  Gabbiani ,  nella 
quale  è  si  maestrevolmente  imitata  la  maniera  del  Frate,  che 
valentissimi  pittori  la  credettero  F  originale  (1).  Nella  Fiorentina 
Accademia  del  disegno  si  ammira  un'altra  gran  tavola  del 
Porta,  la  quale  nella  composizione  molto  ritrae  da  quella  dei 
Pitti,  ma  per  essere  assaissimo  danneggiata  da  chi  forse  pretese 
restaurarla ,  non  altrimenti  che  la  tavola  del  San  Bernardo , 
muove  non  so  se  più  a  pietà  o  a  indignazione  contro  Y  autore  di 
tanto  danno. 

(1)  P.  Guglielmo  Della  Valle,  Note  al  Vasari  dell'  Eclix.  dei  Glassici 
dì  Milano,  voi.  VII,  pag.  25tf.  Va  corretto  pertanto  il  Borghini,  che  la  disse 
eseguita  da  Francesco  Petnicci. 

(a).  Vedi  Documento  (VI.) 


Digitized  by 


Google 


86  MEMORIE 

Con  la  data  del  1512  trovaiisi  dne  piccole  ma  assai  prege- 
Toli  tavole  ìb  Siena  nella  galleria  deirAocademia  del  disegno;  e 
sembra  fossero  parte  di  un  più  grande  dipinta  In  una  ò^S.  Ca- 
terina y.  e  M.,  e  nell'  altra  S.  Maria  Maddalena.  Allora  quando 
le  vidi  nell*  ottobre  del  1841  ne  presi  grandissimo  diletto,  sem- 
brandomi assai  gentili  le  forme  Goal  delFnna  come  dell' altra« 
graziose  le  movenze;  il  colore,  abbenchè  patisse  non  beve  danno, 
armonioflo  e  soave;  e  in  ambedue  alcun  che  di  si  dilicato  cbe  mi 
ricbiamava  alla  mente  le  cose  di  Raffaela  e  del  Vinci.  Nella  in- 
franta rota  sulla  quale  posa  il  piede  la  martire  Alessandrina  si 
legge,  non  già  scritto,  ma  incise^  Tanno  ISllt  (1). 

Due  altri  dipinti  del  Porta  mi  tennero  sempre  dubbioso  in- 
torno il  tempo  in  cui  furono  coloriti,  ma  forse  appartengono 
a  questo  periodo  della  tua  carriera  pittorica^  quando  temperando 
lo  stile  di  tre  scuole  diverse  creava  tanti  e  oo^  stupendi  capi  la- 
vori. Vogliamo  qui  favellare  di  due  tavole  che  si  ammiraao  ndr 
Vhe  II.  galleria  de'Pitti.  La  prima,  più  piccola  nella  dimensione, 
è  una  Sacra  Famiglia.  Essa  è  composta  dì  questa  guisa.  La  Ver- 
gine tiene  fra  le  braccia  ignudo  il  pargoletto  Gesù.  8.  Giovannino 
con  fanciullesca  grazia  ofte  al  bami)ineHo  Bori  e  frutta  che  ei 
tiene  raccolti  nella  sua  pelUocia;  e  questi  ricambia  il  dono  con 
un  tenera  amplesso.  8.  Anna,  ohe  è  alla  destra  della  Vergine; 
tiene  la  piccola  croce  di  S.  Giovanni;  laddove  S.  Giuseppe  abban- 
donatosi sopra  di  un  sacco,  come  piacque  ri  trarlo  ad  Andrea  del 
Sarto  nel  chiostro  della  SS.  Annunziala,  è  vedalo  di  schiena,  e  offre 
solo  parte  del  volto.  Tutti  poi  con  grandissimo  diletto  contem- 

(i)  Narravamì  il  cb.  sig.  Gaetano  Milanesi  che  queste  due' tavole  pro- 
vengono dal  Convento  di  Santo  Spirito  dei  PP.  Domenicani  S  Siena. 


Digitized  by 


Googk 


LIBRO  III.  GAP.  V.  87 

flMBO  le  careue  che  faimosi  quei  cari  bambineUL  Non  è  natura 
Unto  ferina,  che  non  «  conomoTa  e  intenerisea  sempre  ohe  le 
avrenga  di  vedere  una  di  queste  scene  di  famìglia,  nelle  quali 
r  infanzia  si  abbandona  aUe  ineffabili  e  breyi  gioie  che  abballi* 
scotto  la  primavera  della  vita,  e  i  congiunti  amorosi  a  quelle 
partecipando,  sembrano  obliare  pe^r  un  ialanta  le  dolorose  prove 
della  età  matura.  In  questa  beUissioia  composiaione  si  rivela 
Tanimo  tenero  ed  a&ttuoso  del  Porta  meglio  che  in  qoal  si  vo- 
glia altro  dipinto.  Forse  fa  una  reminiscenza  del  cpiadro  che  si 
crede  cominciato  dal  Frate  e  ultimato  da  Raffaellb  sotto  il  titolo 
della  Vergine  del  Cappuccino^  del  quale  già  si  è  tenuto  discorso.  Né 
ho  giudicato  questa  tavola  de'  Pitti  appartenere  al  tempo  in  cui 
questi  due  pittori  ^rinsero  amicisia  fra  loro,  perchè  i  contomi 
forse  alquanto  esagerati  nel  nudo  dei  due  putti,  già  mi  dan  segno 
di  quel  mutamento  che  il  Frate  operò  nell'  ultima  sua  maniera. 
Ma  egli  é  omai  tempo  che  passiamo  a  descrivere  il  secondo  di 
queeAi  dipinti,  ohe  è  la  Deposirione  di  Croce,  raro  adornamento 
di  quella  galleria.  Pietosissima  scena  è  questa  Deposixione.  Una 
madre  infetioe  curva  sul  corpo  deU'estinto  figlio,  ne  regge  con  la 
destra  mano  il  capo,  e  con  la  sinistra  il  sinistro  braccio  di  lui. 
I  suoi  occhi  non  hanno  pia  lagrime,  che  esaurita  ne  è  la  sorgen- 
te, e  smorti  ed  atterriti  si  affissano  nell'estinto,  quasi  ricercando 
le  amate  sembianze  troppo  mutate  per  morte.  'Giorannl,  il  bene 
amato  discepolo,  fa  sostegno  del  ginocchio  all'esanime  spoglia,  e 
con  ambedue  le  braccia  la  regge  per  modo  da  appressarla  al 
seno  della  Vergine.  Egli  non  molto  esprime  al  di  fuori  il  dolore, 
che  tutto  e  fortissimo  stagli  chiuso  nel  cuore;  e  mostra  certa  fie- 
rezza che  è  insieme  pietà  e  orrore  del  tremendo  misfatto.  Non 


Digitized  by 


Google 


88  MEMORIE 

cosi  la  Maddalena,  che  abbandonata^  su  i  prèdi  dell'amalo 
maestro,  gli  abbraccia  affettaosamente,  e  li  bagna  delle  sue  la- 
grime. Stupendo  è  il  nudo  del  Cristo  adagiato  sur  una  pietra  ri- 
coperta da  bianco  panno  ;  e  tanto  maestrerolmaite  disegnato  e 
colorito,  che  ben  può  dirsi  in  ogni  sua  parte  perfetto.  Io  non 
dubito  collocare  questo  dipinto  allato  ai  due  di  Lucca,  e  dirlo 
terzo  in  tanta  gloria.  Il  fondo  del  quadro  non  ha  prospettiTa  di 
sorta,  ma  è  tutto  ricoperto  da  una  tinta  scura  che  fo  data  poste- 
riormente, e  per  la  quale  sembra  fossero  cancellate  le  due 
figure  di  S.  Pietro  e  di  S.  Paolo,  che  nel  tempo  del  Bocchi  si  yc- 
deyano  ancora  (1). 

Intorno  questo  dipinto  di  fra  Bartolommeo  ta  agitata  da^ 
eruditi  una  quistione  che  noi  breremeitte  ricorderemo.  Il  Vasari 
in  sullo  scorcio  della  vita  di  fra  Bartolommeo  scrìve  :  Comineió 
in  5.  Gallo  una  tavola  ^  la  quale  fu  poi  finita  da  Giuliano  Bugiar- 
dtnt,  oggi  alFaltar  maggiore  di  5.  Iacopo  tra  Fossi  al  canto  agli 
AWerti.  Nella  yita  poi  del  pittor  Giuliano  Bngiardini  co^  si 
esprime:  Queste  ed  altre  opere  di  Giuliano  avendo  veduto  Ma- 
riotio  Alhertinelliy  e  conosciuto  quanto  fosse  diligente  in  osservare 
i  disegni  che  se  gU  mettewmo  innanzi  senza  uscirne  un  peto,  t» 
que*  giorni  cM  si  dispose  ad  abbandonar  l'arte  9  gli  lasdó  a  finire 
una  tavola  che  già  fra  Bartolommeo  di  S.  Marco  suo  compagno 
ed  ^micó  avea  lasciata  solamente  disegnati^  e  aombrata  con 

(i)  Vedi  Le  Bellezze  della  città  di  Firenze  ce,  scritte  da  /*,  Boc- 
chi ed  accresciute  da  Gio.  Cinelli,  Un  voi.  in-lG.  Firenze  16T7,  pag.  304. 
Anche  il  celebre  pittore  Andrea  del  Sarto  dovendo  colorire  ana  Depotiaione 
per  le  religiose  Camaldolensi  di  San  Piero  a  Luco  nel  Mugello,  vi  ritrasse 
nel  modo  stesso  San  Pietro  e  San  Paolo. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP,  V.  89 

racquereUo  in  iul  gesso  della  tavola^  iieeanu  era  di  suo  costume. 
Giuliano  adunque  messovi  mano,  con  estrema  diligenza  e  fatica 
condusse  quesf  opera  ^  la  quale  fa  allora  posta  nella  chiesa  di 
S.  Gallo  fuor  delta  porta^  ecc....  ed  uUimamente  in  S.  Iacopo  tra 
Fossi  al  canto  agli  Albertip  dove  al  presente  è  collocata  alf  aitar 
maggiore;  m  questa  tavola  i  Cristo  mùrto^  la  Maddalena  che  gH 
abbraccia  i  piedi  9  e  5.  Giovanni  evangelista  che  gli  tiene  la  testa 
e  lo  sostiene  sopra  un  ginocchio:  evvi  simUmente  S.  Piero  che  pia- 
gnCf  e  S.  Paolo  che  aprendo  le  braccia  contempla  il  suo  Signore 
morto  (1).  Or  chìedesi  se  la  Deposizione  di  Croce  che  è  nel  pa- 
lazzo de'  Pitti  di  mano  di  Ara  Bartolommeo,  sia  qndla  stessa  che 
il  Vasari  in  un  laogo  dice  finitay  e  in  nn  altro  colorila  da  Gin- 
liano  Bngiardìni,  perchè  è  a  sapersi  che  fra  Bartolommeo  più 
volte  ripetè  questo  stesso  argomento  (2).  Veramente  la  prove- 

(1)  Vasaki,  loc.  cìt.  Potrebbe  congetturarsi  cfae  qaetta  tavola,  rlnaata 
in  alcuna  parte  imperfetta ,  toccasse  a  Man  otto  Albertìnelli  nella  partkione 
dei  quadri  fatta  nel  dUcioglìmento  della  società,  sebbene  non  sìa  ricordata 
né  in  qaell*  atto  della  divisione,  n^  in  qnel  catalogo  più  volte  citato  del 
sindaco  del  convento  di  San  Marco. 

La  Deposiaìone  che  è  a  Pitti  è  stata  egregiamente  incisa  da  Maurixio 
Sieinla  in  doe  diverse  dimensioni. 

(2)  Siepi,  Deierizionc  Tropologica  Islorica  della  Città  di  Perugia, 
Voi  2,  pag.  477.  Nel  Falasco  Penna  scrive  esservi  un  quadro  di  fra  Bar- 
tolommeo della  Porta  rappresentante  G.  C.  morto  in  seno  alla  Madre  e  in 
mezzo  a  due  Apostoli.  —  Nel  coro  di  San  Domenico  di  Prato  è  una  copia 
della  Deposiaione  di  Croce  di  fra  Bartolommeo  che  è  a  Pitti.  Questa  copia, 
cfae  io  credo  di  mano  di  fra  Paolino  da  Pistoia,  offre  le  due  figure  di 
San  Pietro  e  di  San  Paolo  più  debolmente  colorite  del  rimanente  dell*  opera. 


Digitized  by 


Google 


90  MEMORIE 

nìeiua  di  detta  tavcda,  per  raatoriià  del  Bocchi  e  del  Haasdll, 
confermerebbe  V  identità  con  quella  de'  Pitti.  Se  non  cbe  si  op- 
pone che  in  questa  non  iono  altrimenti  le  due  tìgure  di  S.  Pietro 
e  di  S.  Paolo,  e  tì  è  la  Vergine  della  quale  non  park  il  Vasari. 
Ma  noi  abbiamo  or  dianzi  avvertito»  che  le  figure  dei  due  Apo- 
stoli vennero»  a  quanto  ù  dice»  ricoperte  dalla  tinta  scura  del 
fondo  nella  restauraziooe  del  quadro;  e  Tesservi  di  più  una  figura 
non  ricordala  dal  Vasari»  ci  convince  TiemmegUo  che  a  questo 
storico  troppo  sovente  faUisse  la  memoria.  Nò  sarebbe  d'altronde 
ragionevole  il  concbiudereche  un  dipinto  tanto  perfetto  fosse  opera 
di  due  diversi  artefici;  ma  dirassi  piuttosto  col  Bosini:  «LaDepo- 
sieione  di  fra  Bartolommeo  »  per  la  vaghezza  del  colorito  supera 
nella  Galleria  de'  Pitti  gli  altri  quattro  quadri  che  vi  si  ammirano 
di  lui.  Dunque  il  Bugiardini,  pittore  esatto  ma  però  mediocre»  non 
potea  nella  Deposizione  colorire  meglio  di  quello  che  fra  Barto- 
lommeo avea  colorito  il  S.  Marco»  il  Gesù  risorto»  la  Vergine  in 
trono»  e  la  Sacra  Famiglia:  ed  era  quel  fra  Bartolommeo  di  cui 
scrive  k)  stesso  Vasari  (giudice  ben  competente  degli  altrui  me- 
riti neirArte)  che  diede  ianta  grazia  ne' colori  aUe  me  figure.  Or 
chi  vorrà  credere  che  apptmlo»  nelle  grazie  dei  colorì»  fosse  su- 
perato dal  Bugiardini?  b  Giudicano  quindi  il  Masselli  e  il  Rosioi, 

NeHo  $tudio  del  eh.  pittore  fiorentmo  sìg.  Niccolò  Antìnorì  è  un'altra  copia 
bellissima  di  questa  stessa  Deposisione,  e  tanto  maestrevolmente  colorita,  che 
sembra  un  dipinto  originale  ;  è  però  alquanto  annerita.  Ignorasi  il  pittore 
che  la  esegui,  ma  verosimilmente  appartiene  al  secolo  XVI.  In  questa  copia 
mancano  le  due  figure  dì  San  Pietro  e  di  San  Paolo.  Vengo  accertato  che 
in  Vald'  Elsa  è  un*  altra  DepoÌiÌKÌone  di  Croce  dì  maoo  di  fra  Bartolommeo 
della  Porta,  molto  simile  a  quella  de'  Pitti. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  V.  91 

che  soltanto  le  due  figaro  dei  ganti  Pietro  e  Paolo  fossero  ottimate 
0  colorite  dalBogiardini,  e  come  più  deboH  e  più  imperfette  del 
rimanente,  fossero  poi  cancellate  nella  restaurazione  del  qua- 
dro (!]•  Alla  quale  opinione  noi  di  buon  grado  ci  sottoscriviamo» 
Di  un  altro  dipìnto  ci  occorre  al  presente  di  faTelIaro,  la- 
sciato ngaalmeqte  imperfetto  da  fra  Bartolommeo,  e  finito  ugual- 
mente dal  Bugiardini,  intomo  al  quale  nacque  queUa  stessa  du* 
bitaaione  che  si  not6  per  la  Deposixiooe  di  Croce.  È  questa  la 
tarola  del  Ratto  di  Dina.  SimUminu,  scrì?e  il  Vasari,  fece  un 
qwEdro  del  rBt$o  di  /Kn#,  il  fnofe  é  ^ppreeeo  M*  CrieUìforo  Jtt* 
nkrif  che  dal  ietto  GiuVano  fu  poi  eoloriio^  dow  seno  e  ema» 
menH  ed  mvienaiomi  imito  hdaie.  Nella  yita  poi  del  Bugiardini, 
in  luogo  di  dire  ohe  quella  tavola  fosse  oolorita,  scrive  fosse 
finita,  soggiungendo  che  lo  stesso  Giuliano  ne  facesse  altreri  una 
copia  passata  poi  in  Francia*  Il  MasaeBi  in  una  nota  a  questo  luogo 
della  vita  di  fra  Barlofommeo,  forse  tratto  in  errore  dalle  pa- 
role del  Vasari ,  dke  che  il  Bugiardini  non  terminasse  ma  solo 
copiasse  il  Ratto  di  Dina  del  Frate  (2).  Questa  opinme  del 
dotto  illnstratore  bob  è  più  dato  sostenere  per  un  documento 
rinvenutosi  posteriormente  dal  dottore  Giovanni  GcQre.  È  questo 
una  lettera  di  Paolo  Mini  a  Bartolommeo  Valori,  scritta  di  Fi- 
renze nel  giorno  8  di  ottobre  dell'anno  1531;  nella  quale  nove^ 
rando  non  poche  opere  d' arte  che  in  quel  tempo  si  eseguivano 
dagli  artefici  fiorentini,  cosi  si  esprime:  El  Btigiardxno  à  una 
opera  degnissima,  che  fu  disegno  del  frate  di  San  MarchOy  fini- 

(1)  Massblli»  NoU  41  alla  vita  di  Fra  Bartolomnicu.  RoftiRi)  Storia 
thlla  Pittura  ec.,  kc.  cìt.  Nota  6. 

(2)  Loc.  cit.  Nota  M. 


Digitized  by 


Google 


92  MEMORIE 

eUlo  lui;  e  Michelagnolo  non  si  può  saxiare  di  chomendarb^  è 
quando  la  figUa  di  lacobe  fu  rapitta^  detta  dina  chel  testamento 
vecchio  nenara  si  bella  istoria.  V,  S*  qui  sarà  a  Dio  piacendo , 
vorà  tale  vegiate  che  cosa  mirabilissima^  e  da  esseme  vagho  ogni 
gran  principe;  e  se  dito  duca  dalbania  o  altro  navesi  nottixia  » 
per  nulla  nolo  lacierebono^  non  è  finito  (1).  Perle  quali  scorrettis- 
sime parole  è  ad  evidenza  provata  la  parte  che  Ginliaiio  ebbe  in 
quel  dipintole  rimane  chiarita  e  ferma  Fanioritàdel  Vasari.  Le  me- 
morie del  convento  di  S.  Marco  non  ricordano  questo  quadro;  ma  il 
citato  Massdli  scrive ,  che  dal  Ranieri  per  il  quale  era  stato  ese- 
guito ,  fosse  venduto  a  un  vescovo  de'Ricasoli  ;  che  neDo  scorso 
secolo  lo  acquistasse  il  pittore  Ignazio  Hnglord ,  e  alla  morte  di 
lui  fosse  venduto  a  N.  Smith  console  inglese  a  Venezia  (2).  Al 
presente  si  crede  passato  in  Inghilterra. 

Date  quelle  notizie  cosi  della  vita  come  ddle  opere  di  fra 
Bartolommeo  ddla  Porta  che  per  certissime  autorità  o  per  va- 
lide conghìetture  si  credono  appartenere  a  questo  periodo  dda 
sua  carriera  pittorica ,  chiuderemo  il  presente  capitolo  col  ri- 
cordare una  deliberazione  dei  padri  Domenicani  di  San  Marco 
nella  quale  può  avere  influito  il  nostro  pittore. 

Mell*aprile  dell'anno  151!ì,.sendo  nuovamente  superiore  di 
quel  convento  il  celebre  P.  Santi  Pagnini,  delle  arti  belle  caldis- 

(1)  Carteggio  inedito,  ec.  voi  2.  pag.  231.  N^  CLXIX.  Avverte  in 
nota  che  qaesto  Duca  d*  Albania  h  il  Duca  Giovanm  figlio  tli  Aleasaodro  , 
di  cai  era  fratello  GÌAcomo  IH,  noto  per  la  sua  dimora  in  Italia. 

(2)  Loc.  cit.  Nella  Galleria  degli  Uffixi  sono  alcuni,  disegni  a  penna 
di  fra  Bartolommeo  appartenenti  al  Ratto  di  Dina. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  111.  GAP.  V.  93 

Simo  promotore,  forse  per  le  persuasioni,  e  certamente  col  con- 
siglio di  fra  Bartolommeo,  vennero  i  religiosi  neDa  determina- 
zione di  rinnoyare  la  fabbrica  della  chiesa  di  S.  Marco,  la  quale 
riteneva  tuttavia  r  antico  disegno  gotico,  come  può  vedersi  da 
un  avanzo  della  medesima,  che  è  il  coretto  intemo  dei  religiosi. 
Tolta  occasione  dalF  essere  in  Firenze  alcuni  superiori  dei  con- 
venti della  Toscana  convenuti  al  capitolo  della  Congregazione ,  il 
Pagnìnì  raccoltigli  a  consiglio  nel  giorno  27  di  aprile  di  quello 
stesso  anno ,  espose  ai  medesimi  il  progetto  di  quella  innova- 
zione, proponendo  ad  architetto  Baccio  d' Agnolo ,  quel  desso 
che  unitamente  al  Cronaca  avea  diretto  i  lavori  del  salone  del 
Consiglio  della  repubblica  nei  tempi  del  Savonarola,  e  che 
avea  fatto  il  ballatoio  alla  cupola  del  duomo  di  Firenze.  Per 
sopperire  in  parte  alle  spese  della  fabbrica,  consigliò  di  cedere 
ad  alcuni  cittadini  il  giuspatronato  delle  cappelle,  a  condizione 
che  essi  sovvenissero  di  mezzi  opportuni  il  nuovo  edi6cio.  Ap- 
provato a  unanimità  di  voti  cosi  il  progetto  come  V  architetto , 
si  sottoscrissero  tutti  in  numero  di  dieci.  All'  atto  consigliare 
succede  però  immediatamente  una  dichiarazione  del  P.  segretario 
del  consiglio ,  nella  quale  si  dice,  come  i  Padri  Deffinitori  del 
capitolo  della  Congregazione  di  S.  Marco,,  tenuto  il  giorno  9  di 
maggio  di  quello  stesso  anno ,  avendo  preso  ad  esame  la  delibe- 
razione sopraccitata,  giudicarono  doversi  soprassedere  fino  alla 
nuova  adunanza  generale,  nella  quale  si  sarebbe  dato  il  finale 
decreto  o  affermativo  o  negativo  che  ei  fosse  (Ij.  Ma  atterriti 
forse  dalla  grave  spesa,  gravati  di  debiti  per  la  recente  fabbrica 
del  noviziato,  più  non  pensarono  alla  chiesa,  che  fu  poi  rico- 

(I)  Ricordante  B.  pag.  51.  • 


Digitized  by 


Google 


dk  MEMORIE 

struita  della  sola  parie  interna  l' anno  1580,  col  disegno  del  ce- 
lebre scnltore  ed  architetto  Gian  Bologna;  e  con  le  roTiiie  di 
tntti  quei  preziosi  a  freschi  di  Pietro  Cayallini  e  di  Lorenzo 
di  Bicci,  che  ne  adornavano  vagamente  le  pareti,  solo  scam- 
pando dal  vandalico  ferro  dei  distruttori  una  bellissima  Annun- 
ziazione  del  Cavallini.  La  quale  rovina  né  il  Pagnini,  né  fra 
Bartolommeo  della  P(»ta  avrebbero  certamente  comportata  (1). 

(1)  Il  P.  Giuseppe  Klcha ,  dotto  invero,  ma  dì  pittura  non  molto  in- 
telligente, scrive  a  questo  proposito:  Avendo  Gian  Bologna  levale  via  molle 
figure  antiche  dipinte  a  fresco  da  Pietro  Cavallini^  le  quali Jacevano 
piuttosto  conjuiione  che  le  dessero  decoro  ^  la  ridusse  a  quel  helV  ordine 
di  sei  cappelle  per  parte.  Notizie  istoriche  delle  Chiese  Fiorentine.  Le- 
zione XIT.  §  2.  Il  Vasari,  che  reataoró  S.  Maria  Novella,  fece  togliere 
ttgualaMiite  alcuni  pretiosùtimi  a  freghi  di  MasacdO|  dèli*  An|elico  ec.  Gian 
Bolof ni  t  il  Vasari  erano  due  riaomati  artefici  della  loro  età ,  e  non  per- 
tanto non  abborrirono  da  snella  distruaione.  Or  si  faccia  ragionA  ae  d^ 
vettcro  essere  meno  barbari  gli  altri. 


Digitized  by 


Google 


9S 
CAPITOLO     VI. 

Fra  Bartolomfneo  in  Roma: —  Chi  fosse  fra  Mariano  Fettìper 
il  quale  questo  pittore  colorisce  due  grandi  tavole.  —  Prende 
a  seguitare  Michelangiolo  Buonarroti. — Ritoma  in  Firenze. — 
Dipinti  di  questa  quarta  ed  ultima  maniera. 


ilei  tempo  che  Q  Frate  di  S.  Marco  prodaceva  opere  tanto 
stupende,  quei  giovine  pitUn'e  di  Urbino,  il  quale  nel  1506  eresi 
btto  sao  discepolo  wi  magistero  del  colotire,  di  tanto  si  era 
levato  sopra  la  comune  estimasione  degli  artefici  tutti ,  che  col- 
locatosi d' im  tratto  allato  al  Buonarroti,  gS  cont^deva  il  pri- 
mato ddla  pittura.  Il  perchè  gli  studiosi  di  queste  arti  non  ben 
sapevano  qual  più  dovessero  commendare;  se  le  squisite  bellezze 
e  le  celestiali  grazie  del  Sanzio,  o  la  sublime  grandezza  del 
BoonarrotL  Tutti  confessavano  non  pertanto,  che  se  non  era 
dato  instituìre  fra  costoro  un  paragone,  era  bensì  dovere  ap- 
pellarli entrambi  sommi  e  inarrivabili  maestri.  Era  sorto  per- 
tanto in  tutti  gli  artefici  fiorentini  vivissimo  il  desiderio  di  re- 
carsi a  Roma  onde  ammirarne  i  capi  lavori,  e  giovarsi  dei  loro 
esempi  e  dei  loro  consigli.  Ma  nel  Porta  questo  desiderio  era 
eziandio  maggiore,  perciocché  egli,  non  pure  considerava  nel- 
r  Urbinate  il  pittore  privilegiato  dal  cielo,  ma  l'amico  ed  il  com- 
pagno de'  suoi  studi,  colui  che  lo  aveva  introdotto  nei  segreti 
deUa  prospettiva.  Ottenutane  adunque  «facoltà  dai  superiori ,  il 


Digitized  by 


Google 


96  MEMORIE 

Frate  muoveva  alla  volta  di  Roma,  per  ciò  che  io  stimo. 
Fanno  1314;  prendendo  la  via  di  Siena  e  di  Viterbo.  Sembra 
indubitato  facesse  alcuna  dimora  nel  convento  di  S.  Maria  della 
Quèrcia  presso  quest'  ultima  città,  e  alle  preghiere  dì  quei  reli- 
giosi togliesse  a  dipingere  due  quadri,  dei  quali  uno  condusse  a 
termine,  e  l' altro  lasciò  imperretto.  D  primo  aveva  a  soggetto 
G.  C.  risorto  che  in  sembianza  di  ortolano  si  appresenta  alla 
Maddalena  (1).  11  secondo  oflerivala  B. Vergine  circondata  dai  Santi 
dell'Ordine  Domenicano;  quadro  grandissimo  che  lasciò  dise- 
gnato soltanto.  Scrive  Giorgio  Vasari,  che  Mariotto  Albertinelli 
cominciasse  un  quadro  per  la  chiesa  di  S.  M.  della  Quercia ,  e 
poi  lo  lasciasse  imperfetto  volendo  recarsi  a  Roma.  Di  questo 
quadro  egli  ci  tacque  V  argomento.  Ma  neUa  vita  di  Jacopo  da 
Pontormo,  quasi  dimentico  di  quanto  aveva  scritto  in  quella  di 
Mariotto,  soggiunge  :  Non  molto  dopo  esiendo  Mariotto  partito  di 
FirenMe  (dopo  la  venuta  di  Raflaelló-ln  delta  città),  ed  ondalo  a 
lavorare  a  Viterbo  la  tavola  che  fra  Bartohnnmeo  vi  aveva  ineo- 
minciaia.  Per  le  quali  autorità  non  ben  sai  se  il  Vasari  parii  di 
uno  o  di  due  diversi  quadri.  Né  si  dee  lasciar  di  avvertire,  come 

(1)  Libro  delle  Croniche  della  Chieta  e  SacrUUa  del  Conv.  delln 
Quercia.  Un  voi.  MS.  fol.  9.  «  La  Cappella  che  seguita  è  della  Chiesa 
et  non  ha  padrone,  vi  è  bene  una  bellissima  tavola  di  mano  delV  eccel- 
lente fra  BartolommeOf  che  è  Nostro  Signore,  quando  informa  di  Orto- 
lano si  appresenta  alla  Maddalena,  Il  Rev,  jP.  Priore ,  che  è  adesso  il 
P.  Jra  Zanobi  Buonaccorsi,  Ita  dato  ordine  et  commissione  al  Sagrestano 
maggiore,  che  è  lo  scrittore  presente,  che  la  comodi  di  ornamento  con- 
veniente a  si  bella  pittura y  ma  non  si  è  ancora  JaUo  per  non  esservi  di 
molta  comodità.»  Questo  quadro ,  per  quanto  mi  sì  scrìve,  più  wm  esiste. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  VI.  97 

egU  turbi  r  ordine  croadogico  della  vita  di  qaesU  piUori;  dap- 
poiché Doa  è  possibile  conoedere  una  gita  di  fra  BarUdommeo 
a  Viterbo  nei  tempi  che  Raffaello  vemie  a  Fhrenze;  né  di  Ma* 
riotto  nel  1514,  per  essere  forse  già  trapassato.  Dalle  citate  me- 
morie del  convento  di  S.  M.  della  Quercia  appare  al  contrario , 
che  la  tavola  lasciala  imperfetta  dal  Porta  venne  condotta  a  ter- 
mine da  fra  Paolino  di  Pistoia. 

AUoraquando  fra*  Bariolommeo  giungeva  in  Roma,  Leone  X 
di  recente  era  asceso  al  sQgUo  pontificio;  Raffaello  coloriva  nel 
Vaticano  le  storie  dell'Attila  e  della  prigionia  di  San  Pietro;  Mi- 
cheIangÌQlo;MM)lpiva  o  ^odelhiva  la  statua  del  Uose  per  il  hm>- 
numento  di  Giulio  II,  e  fra  Giocondo  con  Giuliano  da  S.  Gallo 
tenevano  il  posto  di  Bramante  nella  fabbrica  di  S.  Pietro.  Al 
nuovo  PonteBce  non  era  certamente  ignoto  il  nome  ed  il  merito 
del  pittore  di  S.  Marco  »  avendogli  i  religiosi  di  quel  convento 
fatto  dono  di  un  suo  dipinto,  e  scrivendo  il  Vasari  che  fra  Bar- 
tolommeo  fece  asMwra  aktmi  quadri  per  GÙMHMni  CaràmaU  dei 
Mediei,  Nondimeno  ei  non  rinvenne  il  mecenate  nel  Pontefice , 
ma  si  in  un  personaggio'  molto  singolare,  che  ci  è  mestieri  far 
conoscere  ai  nostri  lettori.  È  questi  fra  Mariano  Petti,  laico  del 
convento  di  S.  Marco.  Indossate  le  divise  domenicane  per  le  mani 
di  fra  Girolamo  Savonarola,  si  era  trovato  presente  alla  mise- 
randa tragedia  con  la  quale  questi  avea  chiusi  i  Suoi  giorni. 
Veduta  la  rovina  del  partito  dei  Piagnoni^  questo  laico  si 
era  dato  a  piaggiare  e  adulare  i  Medici.  A  dovizia  fornito  di 
sali,  di  arguzie,  di  piacevolezze,  terribile  parlatore,  si  era  con 
queste  arti  guadagnato  il  favore  dd  cardinale  Giovanni  de'  Me- 
dici; il  quale  salito  al  soglio  Pontificio  tenne  nel  grado  stesso  e 
n.  7 


Digitized  byLaOOQlC 


98  M  E  M  O  R  r  E 

nella  stessa  famigliarità  qaeslo  laica  fiorentifto  ^  eoi  assai  meglio 
che  al  Corradini  si  dovea  11  notne  di  fra  Carneeék.  le  non  so  se 
a  fra  Mariano,  nel  tempo  che  Dsoeva  fl  gitillare  «Ha  corte  di 
Leone  X,  sarà  mai  tornato  al  pensiem  il  fiSRiestissJniò  giorno 
28  maggio  14961  Sembra  però  che  sentisse  quanto  male  si  ad- 
diceva  qnd  mestiere  a  quélfabito  che  avea  rìcernto  dairaosteHo 
riformatore,  e  lo  depose  per  indossarne  nn  altra  ngaalmenle 
periV  venerando  (I).  Premio  df  queste  gioD^ie  era  stata  dap- 
prima la  chiesa  ed  il  conventa  di  &.  SBvestro  a  ^lonte  Cavalo, 
che  egli  domandò  ed  ottenne  per  la  stra  Congregatione  (fi  To- 
scana (2).  Poscia  crescintoglì  V  animo  a  maggiori  dimande,  osò 

(1)  In  quel  secolo  1*  uso  di  ritenere  alU  corte  persone  dì  umore  fe- 
stevole che  ricreassero  !  Sovrani  e  tutti  i  grandi  Signori  dalle  cure  mole- 
ste del  reggiroenfb  de*  popoli ,  era  comune  in  Europa  ;  ni  è  a  meravigCare 
se  fosse  ritenuto  dt  Leone  X.  P^ò  «•  di  ciò  hggerst  il  Urabosctk?,  e  il 
BettmeUi. 

Fra  liarian*  eracsialo  Testko  dèH*  alato  dbmenicaA^  T  a«no  1499.  Kbbt 
in  Rmiia  ruflcì*  èek  Ptombe  il  gìonm  12  da  manodrit*  anno  Ì5i4,  rW 
è  a  d«M«  aoMemrò  inMiedialaolcfito  a  BfMMmtev  comò  aà  deduce  d«  nm 
lettera  di  Ba&dasfarra  Turrìnl  9  Lorena»  de'  Medici.  (GavBy  Cmrte^gio  Ins- 
dito;  voi  2,  M  80,  pag.  135).  Nel  maggio  dì<^llo  sttsM  anno  ai  trovano 
aggiunti  a  fra  Mariano  nell'  ufEcio  del  Piombo,  un  fra  Bernardo^  e  un 
Matteo  Strosaieri,  l*  ultimo  dei  quali  col  titolo  di  'coadiutore  di  fra  Ma- 
riano, e  con  la  provvisione  di  X  ducati  di  oro  al  mese  (ino  alla  morte  di 
uno  di  questi  due  frati,  cioè  o  del  Fetti  o  di  fra  Bernardo  (Gatk,  loc. 
cit).  Fra  Mariano  morì  nell'  abito  Cistercense  l*  anno  1531  e  gli  succedette 
il  Luciani.  V.  Razzi  e  Bom^amaccri. 

(3)  San  Silvestro  fu  rinunKiato  d^i  Domenicani  delta  Toscana  af  fàm- 
tefice  Paolo  111  per  avere    già  oftemito  'de   Cfememe  VII',  che  il  convento 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  VI.  99 

nehiMiere  ai  Pontefice  1*  «ffleioéd  Piotubo  e  lo  eotmiguà;  qidl'af- 
ficioche  era  stata  dato  a  BraoMiiite  »  prendo  delT  arte  e  deffin- 
fegoo  graiiAsriaio  ;  ehe  non  area  potato  ottenére  Fidsigne  orafo  e 
scoMore  ^eartenatto  CcUidì  (1)  ;  e  ^e  in  quella  siagme  datasi  ai 
pia  illastri  artefici,  i  quali  reatìvano  poi  le  ditise  di  ìaoiiad 
Cistocaifliy  e  dkeransi  Frarlì  JPìcniibciiarì  daffafflcio  di  apporre 
ì  piombi  ai  diplomi  e  alfe  Indte  dei  Poadefici.  In  qnel  seooto,  fra 
gU  arti^y  t  ottennero  il  pittore  Sebastiano  Lnciant  vinìziaÉo ,  e 
Gerolamo  Lombardi  senltore  rnSaneae*  Qoando  il  Porta  giome 
in  Boam  fra  Mariano  Fotti  raUegra?a  fe  cene  del  Pontefice  ool 
BarabaDo  e  can  F  Aroipoeta;  e  oome  la  qoelhi  ategìone  latti 
etilMo  i  qnaU  volerano  entrare  sella  gratis  di  Leone  X,  e 
guadagnarsi  il  fiivore  e  la  eatf mazione  della  moltitadiner,  donreanò 
essere  0  mostrarsi  fator^giatori  degli  artisti,  ttà  HarUMio,  • 
portasse  verace  amore  aUe  arti,  o  gli  piacesse  cwÉmmttt  aHà 
moddy  vcdle  seguitare  r  aiAho^  dei  tempi,  ed  invitò  sécrM- 
Tamente  a  dipingere  nella  sna  chiesa  di  S.  SfiTostro,  Pdidoro 
da  CaraTaggio,  Baldassarre  Pemzzi,  Mariottd  Albettìnelli;  e 
tosto  fu  gionto  in  Roma  fra  Bartolommeo  della  Porta ,  il  Petti 
si  dichiarò  suo  mecenate  e  proteggitore,  e  gli  commise  di  co- 
lorire ii^  due  grandi  tavole  le  figure  di  S.  Pietro  e  di  S.  Paolo 
apostoli  per  la  sua  chiesa  di  Monte  Cavallo. 

dielk  Minerra  fosse  aggNgtto  alla  loro  Omgr«gatione.  Vedi   Bazzi,   Cro- 
naca della  Provincia  Romana^  pag.  105. 

(i>  Vita  m  BBiniiiU'ro  IGillivi  scrina  da  lui  medesimo;  libro  I, 
Csip,  XI.  Per  quanto  egli  affema^  Fafficio  del  Piombo  fntttava  meglio  di 
800  scodi  d'  oro. 


Digitized  by 


Google 


100  MEMORIE 

Prima  cura  del  Porta  fu  riabbracciare  T  amico  Raffadlo  (1). 
Sodo  facili  a  concepirsi  le  affettuose  e  liete  accoglienze  di  que- 
sti due  illustri  pittori.  Raffaello  ayrà  condotto  il  frate  di  San 
Marco  ad  anunirare  tutti  i  suoi  dipinti,  e  qudli  che  con  i  suoi 
disegni  eseguivano  Giulio  Romano  e  gli  altri  discepoli;  gli  arra 
divisato  r  ordine  e  il  modo  di  quelli  che  restavano  a  farsi ,  e 
insieme  additati  i  cartóni  che  doveano  sa'vire  per  gli  Arazri 
tessuti  poi  ndle  Fiandre.  Di  quale  conforto  non  sarà  stato  al- 
l' animo  ben  fatto  del  Porta  vedere  i  rapidi  avanzamenti  nel- 
Farle  di  uno  stato  già  suo  discepolo  nd  colorire?  Incapace 
d'invidia,  ne  avrà  ammirata  ed  encomiata  la  purezza  dd  di- 
segno, la  eleganza  delle  forme,  1*  armonia  dolce  e  tranquilla 
ddle  tinte;  e  tutti  quei  pregi  pe*  quali  il  Sanzio  sarà  etano 
modello  a  tutti  gli  artefici  delle  future  età.  Ma  sembra  che  for- 
tissima e  quasi  straordinaria  impressione  facessero  su  V  animo 
di  fra  Bartolommeo  la  vista  degli  antichi  marmi,  de'quali  Roma 

(1)  Erano  tuttavia  «otto  il  torchio  i  primi  fogU  della  vita  di  fra  Bar- 
tolommeo della  Porta,  quando  Firenze  andava  lieta  del  ritrovamento  di 
un  rarissimo  a  fresco  di  Raffaello  da  Urbino,  rinvenuto  nel  refettorio  dd 
soppresso  monastero  di  S.  Onofrio  in  via  Faenza.  Rappresenta  G.  C.  con 
gli  Apostoli  seduti  ali*  ultima  cena  :  tutte  figure  grandi  al  vero.  Per  questo 
dipinto  contrassegnato  dall'anno  IKOtf  ,  si  conferma  viemmeglio  quanto 
abbiamo  scritto  intorno  ali*  epoca  in  cui  il  Sanzio  si  fece  in  Firenze  disce- 
polo del  Frate  nel  colorire;  epoca  da  noi  stabilita  tra  il  1606  e  il  i807; 
percioccbi  in  tsso ,  a  giudizio  degli  intelligenti,  non  appariscono  ancora  i 
segni  del  nuovo  e  più  grandioso  stile,  ni  del  tingere  più  vigoroso.  Ai 
cbiarissimi  artefici  Zotti  e  conte  Carlo  della  Porta  andiamo  debitori  di 
così  iftiportMitt  .«coperta. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  VI.  101 

ha  tanta  dovizia.  Recatosi  quindi  presso  Micbelangiolo  Buonar- 
roti, potè  federe  una  parte  del  monumento  di  Giulio  II;  e  alla 
Sistina  i  flreschi  stupendi  del  Genesi ,  e  i  Profeti  già  a  termine 
ccmdottl.  Era  forse  quella  la  prima  Tolta  che  eì  vedeva  alcun 
dipinto  di  rilevanza  del  Buonarroti ,  percioccliè  si  disse  che  il 
cartone  della  guerra  di  Pisa  non  era  mai  stato  colorito.  Col- 
locato fra  que'due  grandi  luminari  »  il  Frate  parve  conie  stupe- 
fiitto,  e  lungamente  dubbioso  quale  dei  due  dovesse  tog^ere  a 
modello  nei  suoi  dipinti.  L'  Urbinate  sacrificava  alle  grazie, 
Micbelangiolo  aspirava  al  grandioso .  e  al  sublime.  U  primo 
educava  una  eletta  e  numerosa  schiera  di  valorosi  giovani 
ne' quali  trasftiso  tutta  la  soavità  del  suo  pennello,  a  Ma  il 
Buonarroti,  (sono  parole  di  Pietro  Giordani  ]  nel  quale  fu  sommo 
e  quasi  soverchiante  l' ingegno,  volle  andare  piuttosto  solo  che 
primo,  e  sdegntfndo  le  vie  segnate  errò  per  nuovi  sentieri.  Non 
si  ricordò  l'uomo  grandissimo  che  le  arti  vogliono  scienza  a  uso 
non  a  pompa:  e  trovandosi  nella  anatomia  dottissimo,  di  questa 
massimamente  fece  superflua  ostentazione;  e  cercò  inoltre  di 
esprimere  sempre  un  certo  che  di  tragrande  e  di  forzato  che 
trapassa  il  naturale.  Con  V  autorità  del  nome  e  della  fortuna  si 
tirò  dietro  molti,  i  quali  non  essendo  scusati  da  simil  empito 
d' ingegno,  peccarono  con  minori  forze,  con  più  temerità  e  mag- 
giore vergogna  (1).  »  Frate  Bartolommeo  avea  con  sua  bellissima 
lode  seguitate  le  tracce  di  Lionardo,  di  Raffaello  e  de'Viniziani  ; 
compreso  da  meraviglia-  par  il  grandioso  di  Micbelangiolo ,  e 
veduto  che  Raffaello  stesso  avea  tentato  un  riavvicinamento 
coQ'emulo  suo,  ingrandendo  alquanto  più  la  maniera,  volle  ei 

(i)   Opere  di  Pietro  Giordani,  voi  II,  p»g.  76  e  voi  V,  pag.  59. 


Digitized  by 


Google 


Me  MEMORIE 

fmm  dfoeiitarsi  in  qnett'^yniigo  ftmeito  a  molti,  e  a  fai  non 
fienpre  felice.  E  ^hì  d  é  mestieri  4Ì80or4are  alquaalo  dal  Laa- 
zi,  jl  fnale  scriye,  che  il  Porla  akimi  Mm  0^e$$o  Uo  in 
Roma  a  tedo'e  le  4tperi  èri  Bmmrroti  e  del  AuMt^ ,  ojyroiuR, 
$e  non  wro ,  la  ma  JMMitera,  mafiàcìmal  eandUadino  n  con- 
formò  itmpre  aUamco  ;  gramd$  e  grazioto  imieme  ne'  voUi  e  in 
tutlù  il  ditegno.  N$  è  prona  qurila  mm  tmola  a  Piai  che  Pietro 
da  Coriona  orodeiU  opera  di  BsffodUo^  benché  il  Fraie  ia  eokh 
riue  friena  di  andare  a  Marna  (1).  Or  noi  chieéHremOy  «ome  la 
inrol^  che  è  a  Ktti  possa  ter  ragione  a  prorare  che  ^ingran- 
disse la  maniera  a  cagione  delle  opere  ?ednte  in  Boma,  iinando 
si  concede  che  ei  la  colorisse  innanzi  di  pantire  aHa  volta  di 
lineila  città?  in  qnella  vece  noi  aegnìleneaio  <*aatorUà  di  coloro 
«  quali  sembrò  neH'oUima  maniera  4A  Frate»  i^edere  08eer?a4i 
i  precetti  e  seguitati  gM  esempi  del  Bnonaivolì.  b  qoest'oUwo 
periodo  ddta  sua  carriara  artistica,  il  Porta  ingrandisce  tal 
Asta  i  contorni  fino  alla  esageraziene;  e  si  muoY/ene  e  il  piegtyre 
^ià  sente  alquanto  non  pure  di  ardilo  m^  ibrs'  anco  di  .manierato. 
AH' Algarotii  parve  it  Porta  pooo  elevato  netto  sagome  degU 
uomini  volgari  e  vicino  al  tozzo.  Ai  Caracd  ed  a  &kngs  parve 
tal  fiata  rozzo  Micbelangiolo.  Or  ^ando  iUiai  ciò  fia  lecito  af- 
fermare di  Raffaello  e  dei  aegnad'^  b  stimo  che  dal  non  aver 
saputo  conoscere  la  influenKa  che  ebbero  sul  pittore  di  &  Marco 
le  diverse  scudte  d' Italia ,  e  pevoìò  non  potuti  parlire  i  anoì  di- 
pinti nelte  proprie  loro  classi,  sia  na|ta  tanta  disparitaci  gandici, 
ohe  lo  stesso  dìpintoÉe  sia  detto  graaioso  da  uno,  £  JUoso  e 
poco  elevalo  da  un  altro.  Ma  obiarite  le  quattro  maniere  dallo 

(1)  Storta  Piliorica  delV  Italia^  voi  1.  Scuola  Fiorentina,  Epoca  T 


Digitized  by 


Google 


LIBHO  m.  CAP.  VI.  t03 

stesso  siicce8$iiraiQai(#  temila,  apparirà  vera  la  senteaca  degli 
uni  e  degli  altri. 

Si  pongano  a  riscoetro  il  quadro  della  cattedrale  di  Lucca, 
0  il  Dio  Padre  che  benedice  S.  Caterina  e  S.  Maria  Maddalena , 
eoo  il  SalTatore  risorto  che  adorna  la  galleria  dei  Pitti  in  Fi- 
renge»  e  in  questi  tre  dipintit  cbe,  segnano  quasi  il  principio  e  il 
temine  ddla  carriera  del  JPorta,  ai  farà  manif^ta  la  imitaaione 
di  Aa£EBelio  e  di  Michelangiolo;  onde  veramente  apparirà  nobile 
e  grazioso  nel  primo;  e  grandioso  oertamenle  nel  secondo,  ma 
alquanto  ignobile  e  tozjio.  Se  l'ultima  sua  manier»  non  va  prina 
di  pregi  bellissimi  per  un  {are  assai  più  largo,  troppo  a  mio 
avviso  è  dalla  seconda  e  dalla  terza  superaia  e  vinta  neOa  ele^ 
ganza  e  nella  semplicità.  Senza  che,  al  genio  mite  e  devoto  del 
Frale  meglio  si  addieefa  quella,  ingenua  manifestazione  dell'arte, 
che  è  segno  d' indole  nalaralmenie  posata  e  tranquilla.  Ond'io 
seapte  che  vedo  il  Mosè  del  Buonarroti,  tosto  ricoanesco  Taoimo 
e  la  mano  sdegnosa  di  Ini  che  iioa  paventava  la  grande  ira  del 
i$condo  (Ariosto);  ma  nel  dipinto  del  S«  llar«o  di  fra  Bartolommeo 
cerco  invano  quel  Baccio  dsUa  PatU  timite  e  pauroso,  che  nell'as- 
sallo  dato  al  convento  di  S.  Marco  impallidiva  dallo  spavento. 

Primo  saggio  del  nuovo  stile  Michdangiolesco  furono  i 
due  ApostoM,  che  tolse  a  colorire  per  fra  Mariano  FeltL  io  non 
bvellerò  che  del  disegno  e  della  composizione,  per  non  aver 
vedati  gli  originali  int  Roma,  ma  solo  i  cartoni  che  sì  conser- 
vano tuttevia  in  Firettzek  Seme  questi  alti  intorno  a  quattro 
braccia. 

I  due  promulgatori  del  Vangdo  hanno  atto  e  sembianza 
quanto  mai  dir  si  possa  venerevole  e  maestosa,  ma  più  mi- 


Digitized  by 


Google 


104  MEMORIE 

tezza  è  in  S.  Pietro,  e  nobiltà  maggiore  in  S.  Paoto.  il  primo 
ha  nella  destra  una  pergamena ,  e  neUa  manca  no  volume.  È  in 
istato  di  calma;  e  sollevati  gli  occhi  al  cielo»  sembra  chieder 
lume  e  forza  onde  promulgare  a  corrotti  popoli  l' austera  e  da 
loro  abbonita  legge  della  Croce.  Il  S.  Paolo,  non  quale  ce  lo 
descrisse  S.  Luca  negli  Atti  Apostolici,  piccolo,  e  forse  ignobile 
neUe  forme;  ma  improntato  di  tale  una  maestà  e  fierezza ,  che 
bene  all'  ampia  fronte,  agli  occhi  scmtillanti,  all'atto  pronto  e 
vivace,  ravvisi  il  grande  oratore,  Fuomo  che  sfida  le  catone  e  la 
morte.  Tiene  nella  destra,  giusta  il  consueto,  la  spada,  e  la  punta 
di  essa  e  il  destro  piede  posati  sopra  un  imbasamento  di  antica 
colonna,  in  guisa  che  sembra  aver  già  vinta  e  prostrata  la 
idolatria,  e  quasi  calpestare  gli  avanzi  dei  templi  degli  idoli. 
Sotto  del  sinistro  braccio  è  chiuso  il  volume  della  divina  legge. 
L' ampio  e  nobile  paludamento  è  quale  si  conCace  a  cittadino 
romano;  e  nell'una  e  neff  altra  di  queste  due  figure  è  gran  bel- 
lezza di  pieghe,  ma  già,  a  mio  avviso,  alquanto  lontan&da  quel- 
l'aurea semplicità  che  tanto  ammirammo  nei  due  quadri  di  Luc- 
ca. Al  Lanzi  parve  la  Scuola  Fiorentina  misera  anzi  che  no  nel 
rivestire  le  sue  figure;  e  loda  perciò  i  Caracci  che  di  panni  sono 
più  larghi  dispensatorì.  lo  non  approvo  quel  lungo  codazzo ,  e 
quel  cascar  delle  vesti  di  dosso  alle  figure,  che  piacque  al  secdo 
ed  alla  scuola  del  Caracci;  perciocché  se  la  miseria  è  odiosa  cosa 
a  vedere,  non  lo  è  meno  un  inutile  ingombro  di  panni  ;  non 
a  coprire  la  persona,  ma  si  ad  opprimerla  ed  avvilupparla.  Del 
rimanente,  in  queste  due  figure  avvene  sol  quanto  alla  mae- 
stà e  al  decoro  si  addice.  Parci  in  ambedue  sia  corretto  il  dise- 
gno e  ben  dintornate  le  estremità;  vive  e  parlanti  le  teste;  solo 


Digitized  by 


Google 


LIB.  111.  GAP.  VI.  105 

nel  S.  Pietro  non  paò  lodarsi  il  modo  non  naturale  col  quale 
règge  colla  sinistra  mano  il  vohime.  Ninno  che  attentamente  le 
consideri,  potrà  non  rayyisaryi  i  segni  del  nnoTo  e  più  grandioso 
stile  (1).  Monsignor  Bottarì  ed  il  P.  Pungileoni  scrivono ,  che 
questi  due  Apostoli  in  Roma  sono  presi  ambedue  per  di  Raffaello 
da  iuta  i  pittori  i  pia  periti  (2). 

(1)  Questi  due  quadri  dalla  chiesa  di  San  Silvestro  a  Monte  Cavallo, 
passarono  nel  Palauo  del  Pontefice.  11  P.  Serafino  Guidotti,  pittore  dome- 
mcano,  del  quale  sì  é  altrove  parlato,  con  sua  del  23  giugno  del  corrente 
anno  1845,  così  di  Roma  scrìvevami  intomo  questi  due  dipìnti  del  Porta. 
Ho  vedutinel  Palazzo  di  Monte  Cavallo  i  due  Apostoli  di  fra  Bartolommeo. 
Questi  due  quadri  sono  rovinatissimi ,  <f  malamente  restaurati  ^  meno  la 
testa  del  San  Pietro  che  è  assai  ben  conservata,  di  bel  carattere ,  e  di- 
pinta con  molta  Jìnezza  ;  essa  sorte  ajfatto  dal  comune  delle  teste  di  fra 
Bartolommeo.  Sono  steti  incìsi  a  contorno  da  Francesco  Garzoli  sul  dise- 
gno del  P.  GugHelini,  e  formano  la  tavola  IV  dell*  Ape  Italiana;  opera 
periodica  cominciata  a  Roma  nell*  anno  1834.  I  due  cartoni  originali,  come 
si  disse ,  si  conservano  nell*  Accademia  fiorentina  del  disegno ,  e  sono  stati 
disegnati  da  A.  Tricca,  e  incìsi  da  C.  Ferri  per  la  illustrazione  di  quella 
Galleria  che  si  pubblica  dal  eh.  sig.  Antonio  Perfetti. 

(2)  Note  alla  edizione  del  Vasari  del  1771,  voi  III,  pag.  110,  nota  3. 
PcHGiLEOKi,  Elogio  di  Rajjaello^  pag.  237  in  nota.  Il  P.  Sindaco  del  conv. 
di  San  Marco  ricorda  queste  due  tavole  nei  termini  seguenti.  Item  dua 
quadri  di  circa  br.  4  ahi,  ne*  quali  è  in  uno  San  Piero,  nelV  altro 
San  Paulo  di  valuta  di  due  XXX  ma  p.  che  el  San  Piero  è  un  podio 
imperfetto  però  non  gli  metto  se  non  ducati  TS^  furono  donati  a  San  Sil- 
vestro. Il  eh.  Prof.  Tommaso  Minardi  accertavami,  che  nelle  vicinanze  dì  Roma, 
in  una  antica  chiesa  abbaziale,  che  al  presente  credo  abbandonata,  vide 
una    pittura  a    fresco  di    mano  di  fra  Bartolommeo,  ma    non  ultimata  ,    e  , 


Digitized  by 


Google 


|0«  MEMORIE 

Le  due  sopra  citate  tayole  non  erano  aooora  condotte  al 
loro  termine,  e  già  tra  Bartolommeo  prendea  connato  dagli  amici 
onde  far  ritorno  in  Firenze.  La  consideratone  di  tanti  capi  la- 
vori dell'  arte,  quella  elettisaiiBa  società  di  grandi  uomini  onde 
allora  abbellivasi  Roma,  aveano  prodotta  su  V  animo  del  Frate 
quella  gagliarda  impressione,  che  poi  sperimentarono  il  Rosso, 
Andrea  del  Sarto  e  Tiziano  medesimo;  onde  il  Vasari  ce  lo 
dipinge  non  pure  altamente  meravigliato,  ma  perfino  stordito. 
Alla  cui  modestia,  soggiunge  il  Lanzi,  ha  supplito  di  poi  la  Tran- 
chezza  d' innumerabili  mediocri,  vivuti  gran  tempo  a  Roma  sa  la 
fiducia  dei  loro  scarsi  talenti,  e  spesso  delle  mal  collocate  prote- 
zioni (i).  Forse  ebbero  allora  principio  in  fraRartolommeo  i  germi 
di  una  infermità,  che  in  b'reve  tempo  lo  trasse  al  sepolcro; 
perciocché  dopo  il  suo  ritomo  da  Roma  ta  sempre  cagionevole  di 
salate,  e  da  grave  languore  e  da  mesti  pensieri  travagliato. 
Condotta  pertanto  a  termine  la  figura  del  S.  Pado,  e  non  an- 
cora ultimata  quella  del  S.  Pietro ,  fra  Bartolommeo  abbracciò 
di  bel  nuovo  Raffadlo ,  che  non  dovea  più  rivedere;  e  mo- 
strando dolore  di  lasciare  quel  dipinto  imperfetto  in  luogo  tanto 
insigne,  il  Sanzio,  che  nel  Frate  di  S.  Marco  amava  l' amico  e 
venerava  il  maestro,  si  profferì  gentilmente  di  compierlo  ei 
stesso;  il  che  fu  accolto  con  inestimabile  consolazione  del  Porta. 
Tratto  rarissimo  di  urbanità,  perciocché  Raffaello  era  in  quel 

xssai  mal  concia.  Forse  il  Frate  sperando  alcnn  sollievo  alle  sue  inrernùlà, 
si  condusse  a  respirar  l*  aria  della  campagna,  ove  in  quella  vece  avendo  peg- 
giorato, lasciò  qael  dipinto  imperfetto,  come  lasciò  la  tavola  del  San'  Pie- 
tro in  Roma. 

(1)  Storia  Pittorica  f  loc.  cil. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  m.  GAP.  VI.  107 

Um9Q  oItr«  figm  4ìre  oppressalo  da  molteplici  e  svariate  opere 
di  pìttuira  e  di  arpbiteUurap 

h^  diiQpr^  di  Era  Bartolomoieo  in  Roma  non  fa  yerosimil- 
meote  pii  lunga  di  uno  o  due  mesi.  Giunto  in  Firenjee  intomo 
U  netà  deli' estate  di  qudl'anno  iSU,  inlermò;  e  lo  troviamo 
nei  priw  di  luglio  all'Ospizio  dei  Domenicani  iq  Pian  di  Mu- 
gnoncj  opd^  rinfrancare  le  perdute  forze*  Srano  $eoo  due  ^oi 
discepoli,  Tero$ìmilmente  frate  Paolino  e  frate  Agostino,  ai  «uali, 
per  cagione  di  esercizio,  fece  pitturare  alcune  storie  di  Santi 
Padri»  che  più  non  esistono;  ed  ^U  stesso,  tutto  cbe  infermo, 
colorì  s«)  muro  una  B.  V.  col  figlio  in  braccio,  che  rimane,  e 
porta  i  segni  del  nuovo  stile,  cer^^mente  assai  più  grandioso 
delle  altre  spe  cose  («]. 

Ab  innanzi  preodiawp  a  descrivere  le  opere  dalPorfta  as^fuite 
in  questo  fu^rtp  ed  uitipp  periodo  delU  m^  ^ì^  pittorica ,  fe  di 
pnestieri  cbe  per  chiare  note  n^  dichiariamo  l' indole  e  la  natu- 
ra; iq  g^m  cbe  poi  ci  sia  dato  facilmente  oonoscere  qqei  di- 
pinti che  le  appartengono,  e  risalire,  se  fia  possibile,  ai  generali 
princqij  dai  qoali  quella  maniera  sembraci  derivare:  il  cbe  se 
ci  yerrà  fette  di  conseguiipe,  stimeremo  avere  portata  non  poca 
Jucp  sulla  storia  artistica  di  questo  insigne  artefice. 

La  più  parte  dei  dipintori  cbe  fiorirono  nel  secolo  XY,  ave- 
vano ereditato  dai  giotteschi  e  dai  nuniatori  uno  studio  di  soTercbia 
pulitura  nei  loro  dipinti,  i  quali  con  tanta  diligenza  conducevano  in 
t«tte  le  loro  partii  che  nell'  arte  non  di  rado  appariva  lo  stento, 
e  leccati  e  lisciati  potevano,  non  altrimenti  che  miniature,  assai 
dappresso  considerarsi.  Per  simil  guisa  il  disegno  annunziava 

(a)  Vedi  Documento  (VII.) 


Digitized  by 


Google 


108  M  E  M  O  R  r  E 

una  cotal  timidezza,  e  quasi  paura  di  non  trapassare  i  conflid 
del  yero.  Il  colore  slesso,  intuonato  ed  armonioso,  non  aspirava 
ancora  al  vanto  di  illudere  i  sensi  per  guisa,  che  le  figure  ap- 
parissero muoversi,  e  quasi  staccarsi  dal  quadro.  Per  tacere  che 
delle  altre  difficoltà  dell'Arte,  come  degli  scorti,  e  de'sotto  insù, 
come  dicono  i  pitton,  erano  o  ignari  o  paurosi.  La  quale  timi- 
dezza si  ravvisa  eziandio  nel  modo  onde  atteggiavano  le  figure, 
le  quali  per  lo  consueto  erano  in  istato  di  calma,  e  assai  com- 
poste cosi  negli  atti,  come  nell'  arieggiare  stesso  dei  volti.  Ha 
nei  comiuciamenti  del  secolo  XVI,  e  più  nei  tempi  che  seguita- 
rono, era  in  molti  sorto  il  desiderio  di  francarsi  da  quella,  che 
essi  dicevano  servitù  e  grettezza  degli  ^antichi  maestri.  Perla 
qual  cosa,  nel  disegno  amarono  i  contorni  più  larghi  e  pronun- 
ciati, e  la  ragione  dei  muscoli  e  dei  tendini  indicata  molto  evi- 
dentemente, a  far  nota  agli  osservatori  la  loro  perizia  delle  cose 
di  anatomia.  Nel  colorire  poi,  in  luogo  di  molte  velature,  sem- 
bra preferissero  tocchi  fi'anchi  e  risoluti;  onde  pochi  e  maestre- 
voli colpi  di  pennello  rendessero  il  concetto  più  energico,  come 
versi  sgorganti  per  empito  di  poetica  vena,  insofferenti  di  lima. 
Per  siffatta  guisa  questi  dipinti,  veduti  da  lungi ,  hanno  certa 
fierezza  e  originalità  che  sorprende  (1).  Nella  composizione  gra- 
datamente crescendo  di  numero  le  figure,  giunsero  in  breve  a 
quella  affollata  moltitudine,  che  assai  volte  genera  confusione. 
Ma  ciò  che  più  mi  offende  in  costoro,  è  il  soverchio  movimento 
impresso  nelle  figure,  quasi  atteggiate  a  danza  o  a  teatrale  de- 
clamazione; onde  volendo  che  i  panni  seguitassero  il  moto  <lellt 

(i)  Lo  stesso  vuol  dirsi  della  Scultura.  Queste  stesse  massinie  ponoo 
▼fdersì  svolte  dal  Vasari  nella  Vita  di  Luca  della  Robbia. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  VI.  109 

persona,  fecero  ridevolì  svolazzi  dì  vesti  e  di  veli,  qaasi  da  yento 
impetuoso  agitati  e  commossi.  I  quali  difetti,  che  fino  alla  metà 
del  secolo  XVI  apparvero  tuttavia  tenui  assai,  e  in  non  molti  ar- 
tefici, crebbero  in  breve  siffattamente,  che  da  quella  deprava- 
zione ingenerossi  la  impura  e  delirante  setta  de'Manieristi.  Per 
questa  via  dalla  servitù  si  passò  alla  licenza.  Ma  per  ciò  che 
spetta  a  fra  Bartolommeo  della  Porta,  dirò  quanto  io  stimo  vero 
intomo  questo  ultimo  periodo  della  sua  carriera  artistica ,  non 
delBnendo  e  asseverando  con  certezza  di  dottrina,  ma  per  modo 
di  semplice  investigazione;  sottoponendo  il  mio  parere  a  quello 
dei  periti  in  queste  arti.  Parmi  adunque  che  negli  ultimi  suoi 
dipinti,  alcuni  eccettuati,  la  franchezza  e  la  speditezza  della 
mano  degeneri  in  crudezza  di  linee  e  di  tinte  ;  più  strettamente 
seguace  e  imitatore  dd  vero,  raro  è,  segnatamente  nelle  figure 
virili,  che  si  elevi  fino  al  bello  ideale;  nelle  proporzioni  sem- 
bra tal  fiata  rcreacere  fino  alla  esagerazione,  e  certamente  sopra 
le  naturali  forme;  onde  di  lui  può  dirsi  ciò  che  di  Zeusi  atEer- 
mava  Quintiliano,  che  Fuomo  da  lui  dipinto  sia  più  robusto  e 
di  più  gran  membratura  che  non  é  V  uomo  ordinario  :  segui- 
tando in  ciò  Omero,  al  quale  cosi  negli  uomini  come  nelle  fem- 
mine piacquero  le  totme  tragrandi  (1).  Opino  eziandio,  che  dopo 
vedute  le  cose  di  Hichelangiolo,  e  le  sculture  greche  e  latine 
in  Roma,  il  Porta  per  lo  studio  e  la  imitazione  di  quelle,  ri- 
tragga alquanto  nelle  sue  figure  dello  statuino  e  del  marmo , 
così  nella  forma  come  nelle  movenze  delle  sue  figure.  I  quali 
difetti  sono  poi  compensati  in  gran  parte  da  molte  bellezze, 
che  qdendono  in  questi  ultimi  dipinti,  ne*  quali  per  la  copia 

(ìf  InMitiU.   Orai,  Hb.  XIT,  e.  10. 


Digitized  by 


Google 


HO  MEMORIE 

garf^g:ia  eoa  Paolo  Veronese,  nel  vigor  dette  tìnle  con  Tìnano 
VeceUio,  e  nel  grandioso  con  Micbelangioto  Biionarroti* 

Prima  soUecitndine  di  fra  Bartoloameo  toelo  ginnlo  in 
Firenze»  fu  perfezionare  nella  pittara  fra  Paolmo  del  Signoraccio , 
per  lasciar  dopo  morte  un  sneeessore  nelF  atte  nd  ano  slesso 
Instituto;  e  perchè  meglio  conoscesse  il  disegno,  e  la  ragione 
del  lumi  e  degli  sbattimenti  nelle  figwe,  Io  tenne  esercitato 
al  modellare  di  terra,  od  che  potea  ralersi  dell'opera  di  fra 
Ambrogio  della  Robbia,  plastico  peritisahno.  Costumanza  «tOe 
molto,  e  comune  allora  aUa  più  parte  dei  pittori  ;  e  neSa  no- 
stra età  con  pessimo  consiglio  àbbfltidonata.  Quindi  rliniese  fl 
dipingere.  Gli  arteflci  fiorentini,  arguti  motteggiatori ,  e  nsi  a 
mordersi  gli  noi  gli  altri,  andavano  dioc»ido,  essere  liiveit>  frate 
Bartolommeo  sommo  coloritore,  ma  nello  stadio  e  nd  disegno 
del  nudo  debole  troppo;  il  perchè  non  tanto  a  far  pómpa  di 
bellissime  pieghe,  quanto  a  edare  cpn^ta  ana  imfMJrrèilone , 
ctòasse  vestire  di  molti  panni  le  s«e  figure.  Altri  poi  stiro 
f^gioflcrrolmente  dei  primi,  soggiungevanev  mancargli  eziandio 
l'arte  e  r ingegno  ndle  grandi  propòrcionfe;  e  non  pertanto  il 
Pèrta  avea  colorite  grandissime  tavole  con  figurel  tette  al  na* 
tmràle.  Queste  dne  accuse  rivelano  la  natura  dd  tempi  ;  ooodo»- 
Slàehè  soAo  valente  artefice  appdlavasi  aloraeoloi  che  meglio  e 
ptù  copiosametfle  degli  altri  facesse  mostra  di  mèmbra  IgnÉde; 
e  chi  iM^suM  dìpiAll  seguitasse  più  de  vicino  te  forme  e  ter  prò* 
porzioni  déHe  antiche  statue.  Accuse  ohe  sul  cadere  di  ^eio 
stesso  Mcòto  ripetute  contro  il  celebre  scuHore  Gian  Bologna, 
produssero  il  gnippo  del  Ratto  deMé  Sabine  (I).  Per  la  qttal  coss 

(1)  Raffaello  Borchihi,  Il  Ripòso, 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  VI.  HI 

DomMIo  cr*  mAHù  dire^  a? ere  a  luì  più  gfa^ralp  i  detti  Mor- 
daci e  fe  aspre  cerante  de'  saoi  coMMadinl ,  cbe  le  acolaiia- 
ztetti  e  le  laudi  dei  Veneziani  ;  perebè  da  queite  area  toUo 
occaiioiie  a  perfeononarsi  iiell'  arte^  per  questo^  slinMidoBi  gi* 
perfetto.  Boa  arrdibe  proceduta  piv  oltre.  Ferìlo  il  Porla 
uelFamor  proprio,  come  che  setipre  abborrente  dalle  nudità,  non 
resse  lungamente  alla  prova;  e  a  mostrarsi  dotto  tidlo  studio 
del  corpo  umano,  disegnò  e  colori  ignudo  il  santo  martire  Seba- 
stiano, a  con  colorito,  scrive  il  Vasari,  molto  alla  carne  simile, 
di  dolce  aria  e  di  corrispondente  bellezza  alla  persona  pari- 
mente finito,  dove  infinite  lodi  acquistò  presso  gli  artefici.  Di- 
cesi che  stando  in  chiesa  per  mostra  questa  figura,  avevano 
trovato  i  frati  nelle  confessioni  donne,  che  nel  guardarlo  ave- 
vano peccate  per  la  leggiadra  e  lasciva  imitazione  del  vivo 
datagti  daUa  virtà  di  fra  Bartdommeo:  per  il  cbe  levatolo  di 
chiesa,  lo  misero  nel  eapiloto,  dove  non  dimorò  inolto  tempo , 
che  da  Giovanni  Battista  deDa  Palla  compralo,  fu  mandato  al 
re  di  Francia  (1).  »  Io  credo  che  il  Frale,  sebbene  non  ecce- 
desse i  termini  della  decenza,  provasse  pof  vergogna  e  rimordi- 
mento  di  quel  dipinto.  Certo  egli  è,  che  mai  più  non  si  fece  lecite 
sinùli  nudità.  Per  le  memorie  conservateci  dal  sindaco  del  con- 
vento di  S.  Marco  appare,  che  queste  quadro  fosse  nella  sua  al- 
tezza braccia  4  |;  e  che  oltre  la  figura  del  santo  martire  vi 
fosse  quella  eziandio  di  un  Angioletto;  e  che  èra  stato  valutato 
solamente  20  ducati;  poco  certamente  considerato  il  merito  e  la 

(I)  Questo  Giovanni  Battuta  della  Palla  era  negosiante  di  quadri,  e 
di  Ini  parlasi  in  più  luoghi  del  Vasari,  ma  segnatamente  nella  vita  di 
Andrea  del  Saito. 


Digitized  by 


Google 


112  MEMORIE 

grandezza  del  medesimo  (1).  Che  qaeaCo  quadro  non  avesse  pro- 
spettiva di  paese,  lo  accerta  il  Vasari  scrivendo,  che  il  Porta 
tirò  mia  nicchia  in  prospettiva  che  parea  di  rilievo  incavata 
nella  tavola,  e  cosi  con  le  comici  incavate  attorno  Tece  orna- 
mento alla  figura  di  mezzo  (3).  E  chi  bramasse  sapere  il  per- 

(1)  /iem,  un  quadro  di  br.  ^  ^  allo,  nel  quale  è  San  Bastiano 
con  V Angelo, 

(2)  Ove  si  trovasse  questo  Stn  Sebastiano  del  Frate,  fa  longamenU 
e  invano  cercato.  Il  sig.  Manette  sospettò  esser  quello  stesso  che  aveva  Cro- 
Kart,  ora  posseduto  dal  sig.  Barone  di  Thiers,  e  gi^  creduto  del  Vinci. 
(Vedi  BoTTARi,  nota  1  alla  pag.  118  della  viu  di  fra  Bartolommeo).  Credesi 
al  presente  averlo  trovato.  Questa  notizia  debbo  alla  molta  cortesia  e  al 
molto  sapere  del  eh.  sig.  Giovanni  Masselli.  Ecco  quanto  egli  mi  scriveva 
nel  giugno  del  corrente  anno.  «  Il  sig.  Beniamino  Alaffìre  di  Tolosa  crede  es* 
sere  il  possessore  del  San  Sebastiano  di  fra  Bartolommeo,  che,  secondo  il 
Vasari,  fu  mandato  in  Francia  da  Giovanni  Battista  della  Palla.  In  un  ar- 
ticolo inserito  nel  Diario  di  Tolosa  del  17  giugno  1844  cosi  esprimesi  lo 
stesso  sig.  Alaffre.  «  Nel  tempo  de' nostri  rivolutionarj  sconrolgimcntì,  dopo 
la  devastatione  delle  chiese,  tre  quadri  furono  venduti  da  un  incognito  a 
mio  padre  al  prezzo  di  48  franchi  per  ciascheduno.  Queste  tre  tele  ave- 
vano adomata  la  cappella  di  una  delle  ville  reali  dei  contomi  di  Parigi,  e 
rappresentavano  una  l*  agonia  di  Ge^ù  Cristo,  un*  altra  V  Ànnunziazione ,  e 
la  tersa  San  Sebastiano.  Questa  ultima,  la  più  bella  delle  tre,  è  quella 
che  io  possiedo,  e  che  ascrivo  a  fra  Bartolommeo.  »  Quindi  espone  le  ra- 
gioni sulle  quali  fonda  la  sua  opinione,  e  che  in  compendio  sono  le  seguenti- 
Il  quadro  mandato  a  Francesco  I  non  esìste  in  alcun  museo,  galleria  o  chiesa 
di  Parigi.  Non  è  ricordato  ne  da  Filhiol  ne  da  Réveil  nei  loro  vasti  re- 
pertorj  nei  quali  sono  esposte  le  ricchezze  artistiche  dell*  Europa.  I  detu  re- 
pertori vennero  in  luce  sotto  l'Impero,  onde  è  a  credere  che  fin  d'allora 
fosse  dimenticato. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  VI.  113 

cbò  egli  ritenesse  assaissime  volte  l'uso  di  queste  nicchie  e  di 
queste  cornici  dipinte  che  si  vedono  ne' suoi  quadri  »  lo  troverà 
nel  suddetto  biografo.  «  Aveva  preso  collera  fra  Bartolommeo 

»  Il  San  Sebastiano  del  Fraite  era  incluso  in  una  nicchia  circondata 
da  nn  adornamento  di  architetmra;  e  il  Vasari  dice  che  questo  ornamento 
era  una  doppia  cornice  ;  il  San  Sebastiano  di  Tolosa  è  dipinto  in  una  nic- 
chia come  il  San  Marco ,  ma  più  alta  e  più  stretta,  perchè  la  figura  è  in 
piedi,  e  non  ha  superiormente  la  scanalatura  a  raggiera  come  l'altra. 

»  L'essere  il  quadro  stato  inviato  a  nn  re  di  Francia,  l'avere  appar- 
temkto  all'Oratorio  di  una  residenza  reale,  le  circostanze  politiche  in  che 
fu  acquistato ,  la  tenuità  del  preazo  che  mostra  chiaramente  come  il  vendi- 
tore ne  doveva  il  possesso  a  modi  poco  onorevoli,  la  particolarità  della 
nicchia,  e  in  fine  la  bellezza  dell'  opera,  ammirata  dal  prof.  Saverio  Fabre 
di  Montpellier  e  da  altri  distinti  artisti,  tutto  concorre  a  far  credere  che 
il  quadro  di  Tolosa  sta  1'  originale  di  fra  Bartolommeo.  » 

Descrizione  del  Quadro /aita  dalttg,  Gio,  Masselli^  secondo  un  dise- 
gno a  contorni  eseguilo  damano  inesperta.  «  Il  Santo  è  veduto  di  faccia,  e 
pianta  sulla  gamba  sinistra  ;  ha  l'antibraccio  del  lato  medesimo  nascosto  dietro 
al  dorso,  se  non  che  la  mano  scaturisce  un  poco  dalla  parte  del  fianco  opposto. 
Tiene  la  destra  aUata  in  alto  per  ricevere  la  palma  da  un  Angelo  volante,  li- 
brato sopra  di  lai.  La  testa  e  le  braccia  di  questo  messaggero  celeste  escono 
fuori  della  dipinta  cornice.  Tre  frecce  sono  infitte  nel  corpo  del  Santo  , 
dalla  parte  sinistra:  una  alla  base  del  collo,  una  sotto  la  papilla  del  petto, 
una  finalmente  nella  coscia.  Ambedue  le  figure  sono  nude,  ma  copeiie  bensì 
ove  voleva  la  decenza.  »  Da  questa  descrizione  parmi  non  si  possa  in  guisa 
alcuna  dubitare  che  veramente  il  quadro  di  Tolosa  non  sia  1'  originale  di 
fra  Bartolommeo;  il  che  sì  rende  vieppiù  certo  per  la  figura  dell'  Angelo 
che  troviamo  ricordata  nell'  Elenco  dei  quadri  del  Porta  lasciatoci  dal  Sin- 
daco di  San  Marco. 

II.  9 


Digitized  by 


Google 


114  MEMORIE 

con  ì  legnaiuoli  che  gli  dicevano  alle  tavole  e  quadri  gli  orna- 
menti »  i  quali  avean  per  costume,  come  hanno  anche  oggi ,  di 
coprire  con  i  battitoi  ddle  cornici  sempre  un  ottavo  delle  figure; 
laddove  fra  Bartolommeo  deliberò  di  trovare  una  invenzione  di 
non  fare  alle  tavole  ornamenlo  ec.  »  E  questa  fu  dipingere  at- 
torno al  quadro  una  cornice,  o  un'  opera  di  architettura  che 
mettesse  in  mezzo  la  figura,  la  qual  cosa  a  lui  che  era  valente 
nella  prospettiva,  e  che  amava  dar  rilievo  alle  figure,  faceva  un 
effetto  bellissimo.  Ma  per  questo  trovato  abbandonò  poi  sempre 
il  paese,  nel  quale  era  peritissimo. 

Alla  seconda  accusa  oppose  il  meraviglioso  dipinto  del 
S.  Marco,  figura  semicolossale  di  braccia  cinque,  che  il  Lanzi 
appella  un  prodigio  dell'arte,  e  che  nella  pittura  tiene  quel 
luogo  che  il  Mosè  di  Michèlangido  nella  scultura.  E  per  certo 
tale  e  tanta  è  la  rispondenza  dell'  uno  coli'  altro,  che  io  stimo 
molto  il  Porta  si  inspirasse  in  Roma  cosi  ai  Profeti  ddla  Si- 
stina, come  alla  statua  del  Mosè.  È  questo  S.  Marco  seduto 
entro  una  nicchia  per  modo  che  ne  rileva  tutta  la  persona ,  e 
rocchio  può  considerarlo  quasi  per  ogni  lato.  Sul  sinistro  gi- 
nocchio tien  ritto  un  libro,  e  sul  libro  distese  ambe  le  mani,  e 
nella  destra  la  penna.  La  persona  è  sorretta  ed  elevata^  tiene 
la  destra  gamba  tirata  in  iscorcio,  e  più  distesa  la   sinistra, 
con  atto  quasi  fra  il  moto  e  il  riposo.  Il  volto  non  nobile,  ma 
inspirato  e  fiero  anzi  che  no.  Ei  senìbra  avere  compiuto  l'opera 
dell'Evangelista,  e  accingersi  a  compiere  quella  di  Apostolo  e  di 
Martire,  pronto  a  dar  suggella  alla  sua  dottrina  col  sangue. 
Ella  è  còsi  viva  e  pironta  questa  figmra,  che  sembra  vederla 
sorgere    da  quel  seggio  e  parlare.  Alcuni  la  disaot)  una  sta- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  VI.  115 

tua  greca  tramutata  in  pittura,  e  per  certo  più  che  in  altro 
qualsivoglia  dipinto  del  Porta  parmi  palese  in  questo  lo  studio 
degli  antichi  marmi  (1).  Il  P.  Della  Valle  non  dubita  asserire, 
che  il  S.  Marco  di  fra  Bartolommeo  non  ha  paura  del  Profeta 
di  Raffaello  in  S.  Agostino  di  Roma;  anzi  V  attitudine  essere  piò 
bella  e  più  terribile  (2).  Questa  gran  tavola  era  stata  colorita 
dal  Frate  per  la  sua  chiesa  di  S.  Marco,  ed  era  collocata  sulla 
porta  d'ingresso  dd  coro,  quando  il  coro  era  in  mezzo  alla 
chiesa.  Il  sindaco  del  convento  ne  segnò  il  yalore  40  ducati; 
e  quando  fu  comperata  dal  principe  Ferdinando,  se  Richard- 
son  narra  il  vero,  fu  pagato  4800  scudi  (3).  Recata  a  Parigi 
nella  invasione  delle  armi  francesi,  venne  restituita  all'Italia 
nella  pace  generale,  trasportata  però  dalla  tavola  sulla  tela. 

I  due  dipinti  che  abbiamo  ricordati,  sembra  indubitato  fos- 
sero'c(doriti  dalla  metà  dell'anno  1514  ai  primi  mesi  deilSfS. 

(1)  £  stato  ininso  mccHocremente  dal  P.  Lorensiin.  Migliore  stampa 
e  quella  pubblicata  nell*  Opera  i^Galerie  de  Florence  et  du  Palah  Pitlif  dea- 
sìnéepar  G.  B.  Wicar.  Parti  1789  —  1807.  4  voi.  con  192  tav.  (  Masselli  ). 
Mediocri  sono  le  incisioni  date  dal  Bardi  nella  lUostrazione  della  Galleria 
Pitti,  e  dal  Bosini  nella  Storta  della  Pittura. 

(2)  Vedi  l*  edisìoae  del  Vasari  eaegnita  in  Milano,  voi.  VII.  pag.  S63;  e 
sogf(iung6  il  P.  Della  Valle,  che  in  San  Marco  ne  rimase  una  copia  eseguita 
da  Francesco  Petrucci.  Al  presente  questa  copia  credo  sia  nell'  Accademia 
del  disegno. 

(3)  Voi  3,,  p.  1,  a  carte  126;  presso  ilP.  Della  Valle  lor.  cit.  pag.  271. 


Digitized  by 


Google 


116  MEMORIE 


CAPITOLO    VII. 

Fra  Bartolomtneo  si  reca  in  Lucca ,  in  Pistoia ,  in  Prato.  —  Di- 
pinti eseguiti  per  queste  città.  —  Reduce  in  Firenze^  si  trova 
presente  alla  venuta  di  Leone  X  —  Per  cagione  di  sahUe 
si  porta  nuovamente  in  Pian  di  Mugnone  e  a  Lecceto. 


Troppo  sovente  nel  ci?ile  consorzio  o  in  ledendo  la  storia , 
ci  accade  rinvenire  ingegni  elettissimi  da  troppo  rei  costami  di- 
sonorati, per  guisa  che  non  una,  ma  due  diverse  anime  ti  sem- 
brano albergare  in  quei  petti;  nobilissima  Tana,  contemplafrice 
del  vero  e  del  bello,  spaziare  nell'  ampiezza  dei  cieli,  e  innamo- 
rare di  sé;  abietta  Taltra,  strisciare  quale  insetto  schifoso  sulla 
terra,  pascersi  di  sozzure  e  di  fango:  onde  tu  non  sai  se  più 
debba  ammirare  0  detestare  costoro,  certamente  compiangerli, 
che  gU  eletti  doni  del  cielo  tanto  indegnamente  contaminarono. 
Ma  sempre  che  tu  veda  un  sublime  ingegno  albergare  in  un 
santo  petto,  allora  ti  senti  verso  di  lui  da  meraviglioso  aOetto  e 
da  riverenza  compreso,  come  quegli  che  ti  rende  immagine 
di  cosa  non  pure  umana,  ma,  direi  quasi,  divina.  E  per  non  di- 
partirci dair  argomento  che  abbiamo  tra  mano,  ammirai  io  sem- 
pre in  fra  Giovanni  Angelico  e  in  fra  Bartolommeo  il  versatile 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  VII.  117 

ingegno  e  la  rara  perìzia  dell'  arte;  ma  trq)po  mi  commosse  il  ve- 
dere ambedue  fatti  specchio  e  modello  di  virtù  agli  artefici  loro 
oontemporaiiei  in  mia  età  corrottissima.  Il  perchè  dopo  avere 
lungamente  considerato  nel  Porta  l' artefice  a  pochi  secondo,  ho 
creduto  volesse  il  debito  mio  che  non  dividessi  dal  pittore  il  cit- 
tadino e  il  daostrale.  E  sebbene  le  antiche  memorie  abbiano  con 
ingrato  silenzio  taciuta  in  gran  parte  la  vita  interiore  di  fra  Bar- 
tolommeo,  pur  tanto  ne  scrisse  if  Vasari ,  da  farci  conoscere  a 
sufficienza  i  provati  costumi  e  la  rara  bontà  deQ'anìmo  di  qu^ 
sto  artefice. 

Da  natura  pcxiato  a  mesti  e  religiosi  pensieri,  il  Porta  trovò 
nel  silenzio  e  nel  ritiro  del  chiostro  quella  pace  che  è  frutto  della 
virtù.  Né  alcuno  crederà  di  leggieri  quanto  arcana  e  soave  voluttà 
anime  cosiffatte  rinvengano  in  questa  solitaria  peregrinazione  della 
vita,  nella  quale  più  che  del  presente  si  pascono  dell'  avvenire  ;  e  il 
senso  lungamente  frenato,  concede  all'anima  spaziare  libera- 
mente nelle  più  sublimi  regioni  della  intelligenza  e  dell'  amore. 
Vagheggiando  allora  il  bello  dal  lato  psicologico ,  consideratolo 
nelle  sue  svariate  relazioni,  la  mente,  e  più  che  la  mente  il  cuore, 
si  elevano  per  esso  a  quella  fontale  origine  di  ogni  bellezza,  che 
è  Dio.  Per  questa  guisa  il  Porta  avea  innalzala  l' arte  alla  san- 
tità della  preghiera;  e  come  il  dottore  di  Aquino  stimava  che 
ogni  ricerca  del  vero  fosse  un  inno  di  lode  innalzato  al  Creatore; 
fra  Bartolommeo  a  buon  dritto  teneva  lo  stesso  di  ogni  imitazione 
del  bello.  Allora  lo  studio  dell'  artefice  addiveniva  un  santuario , 
e  la  pittura  il  linguaggio  dei  celesti.  Dal  colorire  una  immagine 
della  Vergine,  passava  sovente  alla  contemplazione  della  morte; 
quindi  tolto  il  liuto,  accompagnava  un  devoto  affetto  all'armonia 


Digitized  by 


Google 

j 


118  MEMORIE 

delle  note  (1).  Erano  in  qaella  stagione  assai  {amiliari  ai  Fio^ 
rentini  i  cantici  spirituali;  ed  usato  «filetto  dei  frati  era  acco- 
gliersi neUe  ore  di  ricreamento,  e  concertare  al  canto  Je  tocL 
Cosi  leggemmo  facesse  fra  Eustachio  miniatore,  cbe  raU^prava  i 
sooi  religiosi  or  di  una  canzone,  ora  recitando  a  mente  gli  squarci 
più  belli  della  Divina  Commedia  (2).  Quel  piissimo  arte6ce  che 
fri  fra  GioTannino  da  Marcoiano  narrava  in  quella  vece  i  fatti 
più  poetici  del  vecchio  e  del  nuovo  Testamento  (3).  Fra  Bartotòm- 
meo  della  Porta,  che  non  ignorava  le  ragioni  del  metro,  conqK>- 
ste  alcune  strofe,  vi  maritava  sopra  Y  armonia  del  canto  e  del 
snono.  Di  queste  devote  emanazioni  di  un  puro  e  saitfo  afletto, 
una  ne  fu  a  noi  tramandata  dallo  stesso  pittore,  che  forse 
conceputala  quando  era  inteso  al  dipingere,  la  scrisse  dietro  un 
suo  disegno.  È  la  seguente: 

Tutto  se'  dolce.  Iddio  supremo,  eterno, 
Lume  e  conforto  e  vita  del  mio  cuore; 
Quando  ben  mi  ti  accosto,  allor  discemo 
Che  r  allegrezza  è  senza  te  dolore: 
Se  tu  non  fnssi,  il  ciel  sarebbe  inferno, 
Quel  che  non  vive  teco  sempre  muore  (4). 

(1)  VàtikKi,  Vlt%  dì  fra  Bartolommeo.  Accompagno  ultimamente  per 
V  anima  e  per  la  casa  V  operazione  delle  mani  alla  contemplazione  dello 
morte,..  Ritornando  egli  in  Firenze  diede  opera  alle  cose  della  musica, 
e  di  quelle  molto  dilettandosi ,  alcune  volte  per  passatempo  tisana  cantare. 

(2)  Vedi  libro  1,  cap.  XllI,  delle  preseoti  Memorie. 

(3)  Ibid.  libro  1»  cap.  X,  pag.  IdK. 

(4)  IL  primo  a  pubblicare  questi  versi  di  fra  Bartolommeo  è  stato  il 


Digitized  by 


^oogk 


LIB.  lU.  CAP.  VU,  119 

Questi  pochi  versi  valgono  essi  soli  quanto  uno  de'  suoi  più  rari 
dipinti,  e  saranno  una  testimonianza  perenne  ddk  pietà  di  que- 
sto degno  successore  dell'  Angelico.  Fu  il  Porta ,  siccome  quello, 
beneCco  e  non  curante  di  lucro;  onde  i  larghi  guadagni  con 
onorati  sudori  acquistati ,  depositava  nelle  mani  dei  superiori, 
sol  pago  di  avere  degnamente  spesa  la  vita,  e  sovvenuto  al  so- 
stentamento dei  bene  amati  fratelli.  In  tempi  rotti  ad  ogni  li- 
cenza, ne'  quali  la  più  parte  degli  arteCci  religiosi,  abbandonati 
i  sacri  recessi,  deposte  1^  claustrali  divise,  vivevano  nel  tumulto 
e  nella  licenza  del  secolo;  fra  Bartolommeo  della  Porta  fino  alla 
morte  fu  geloso  osservatore  di  quelle  leggi  la  cui  osservanza 
aveva  giurata  appiè  degli  altari.  La  qual  lode  non  meritarono 
alcuni  altri  suoi  confratelli  e  artefici  insigni  de' quali  tra  non 
molto  sì  terrà  discorso. 

Pagato  questo  breve  tributo  alla  memoria  dell'  ottimo  ceno- 
bita, prendiamo  nuovamente  a  considerare  il  pittore.  Nei  primi 
mesi  dell'anno  1515  (1),  fra  Bartolommeo  verosimilmente  si 
recava  in  Lucca  presso  il  suo  dolcissimo  amico  Santi  Pagnini, 
priiHre  allora^in  quel  convento  di  S.  Romano  (2).  Innanzi  di  com- 

ch.  N.  TonoMseo  in  una  «aa  ilkutrauone  dt  na  dipinto  del  Beato  Ange- 
lico iaaerita  nell'  Opera  cbe  ai  pubblica  dal  aig.  Antonio  Perfetti. 

(1)  Ai  6  gennaio  dell'  anno  1518,  ai  trovano  ricordi  del  aindaco  del 
coav.  M  San  Marco  di  varie  partite  di  danaro  paaaate  a  fra  Bartolommeo 
(Vedi  Miacellanea  M  2). 

(3)  Il  P.  Santi  Pagnini  dal  1504  al  1506  era  atato  priore  in  San  Marco 
di  Firenze;  dal  1506  al  1507  in  Santo  Spirito  di  Siena ,  ove  resse  quella 
coanuiità  nn  solo  anno ,  sendo  eletto  priore  in  San  Romano  di  Lucca,  ove 
dtoMrò  dal  1507  al  1509.  Dal  1511  al  1513  fu  priore  nuovamente  in  San 


Digitized  by 


Google 


120  MEMORIE 

piere  il  sao  reggimento,  dovendosi  fare  una  gran  tavola  per 
quella  stessa  chiesa,  ove  già  si  ammirava  un  altro  capolavoro 
del  Porta,  sembra  che  il  Pagnini  invitasse  lo  stesso  pittore  per 
colorirla.  Abbenchè  tutte  le  antiche  memorie  del  convento  di 
S.  Romano  di  Lucca  affermino  che  le  spese  così  del  dipinto 
come  dell'  ornamento  della  cappella  in  cui  dovea  essere  collo- 
cato, si  facessero  dal  religioso  Sebastiano  Lambardi  di  Mon- 
tecatini; crede  però  il  Padre  Ignazio  Manandro  cronista  del 
convento,  che  il  Pagnini  coadiuvasse  del  suo  in  parte  quell'ope- 
ra (1).  Per  il  che  andò  certamente  errato  Melchiorre  Missirini 
alloraquando  scrisse,  che  la  gran  tavola  del  Porta  volgar- 

Marco  di  Firenze,  e  dal  1513  al  i515  rieletto  superiore  dì  quello  di 
San  Romano  di  Lucca  (Vedi  le  Cronache  di  questi  tre  conventi).  Abbiamo 
voluto  avvertire  questa  parie  cronologica  della  vita  del  Pagnini,  cosi  poco 
nota  perfino  ali*  Echard  e  al  Qnietif,  perchè  se  alcuno  imprendesse  a  seri- 
Vere  di  questo  dotto  e  celebre  orientalista,  possa  giovarsene. 

(i)  Liber  Cronicorum  Conv.  Sancii  Romani  de  LMca  Ord.  Preedie. 
un  voi  in-4  MS.  incominciato  l'  anno  1525  dal  P.  Ignaxio  Manandro  Fer- 
rarese. A  carte  36  ragiona  del  Pagnini  nei  termini  seguenti»  Laudabile  est 
quod  sub  do  ^  suo  tempore  et  Jorte  ipso  adiavante^Jr,  Sebastianus  de  Jdon- 
tecalino  sacellum  quod  primum  ingredienti  ecclesiam  per  portam  qua  ex  ap- 
posito sacristim  occurritf  instauravit  exomant  fetulanis  lapidibuSf  fenestn 
vitrea^  lignisque  circumquaqae  sèdibua ,  et  quod  maius  ac  meliat  fuit ,  in- 
signi tabula  ac  puleherrima,  quce  nunc  ibi  exiat^  quamfrater  Barthohmeus 
de  Florentia  Ordinis  et  Congregationis  nostrce  pinxit.  Exposuit  auiem 
in  pradieto  opere  ipse  /rat.  Sebastianus ,  ut  ex  relatu  suo  didicimus,  tre- 
centos  vel  circiter  aureos.  Nel  citato  Catalogo  del  sindaco  di  San  Marco  si 
legge  :  Item  una  tavola  che  andò  aluccha  fece  fare  fra  Sebastiano  da  Monte 
Calhini  andò  in  chiesa  nostra  aluccha,  dette  due.   centotrenta  man.  lar. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  VII.  121 

mente  appellata. ia  Vergine  della  Misericordia^  o  del  Patrocinio^ 
fosse  fatta  dipingere  da  an  gonfaloniere  di  Lucca  della  famiglia 
de'  Montecatini  (1).  Abbiamo  intorno  a  ciò  due  documenti  origi- 
nali che  produciamo  in  nota,  i  quali  confermano  a  frate  Seba- 
stiano il  tìtolo  di  proprietario  di  quel  dipinto;  ma  eziandio  senza 
i  due  citati  documenti,  poteva  il  Missirini  chiarirlo  dalle  cifre 
che  il  pittore  stesso  scrisse  nell' imbasamento  sopra  del  quale  si 
esrge  la  Vergine;  cifre  che  sono  le  iniziali  del  nome  del  commit- 
tente del  quadro  (2).  Vengo  eziandio  accertato  che  nella  serie 
dei  gonfalonieri  di  Lucca  non  si  rinvenga  alcuno  dei  Monteca- 
tini o  Lambardi;  ma  se  ciò  sia  vero,  non  oso  affermare.  Che 
poi  fra  Bartolommeo  si  recasse  in  Lucca  per  colorire  questa 
gran  tavola,  oltre  la  comune  tradizione,  la  quale  ci  muoverebbe 
a  credere  che  il  Lambardi  invitasse  il  Frate  di  S.  Marco  a  ese- 
guire il  dipinto  in  Loppeglia,  luogo  del  Lucchese,  la  chiesa  del 

(1)  Di  un  Quadro  intigne  rappr  e  tentante  la  M.  delle  MìsericoT' 
die  di  fra  Bartolommeo  di  San  Marco,  e  delV  incitione  eteguitane  da 
Giuseppe  Sanders.  Firenze  1834  per  Leonardo  Cìardettì.  ìn-8. 

(2)  Vi  è  scritto  F.  S.  O.  P.  (Frater  Sebastianus  Ord.  Prasdicat.) 
unitamente  ali*  arme  del  Montecatini.  Questo  fra  SebasLiano  viveva  fuori 
del  chiostro  con  facoltà  del  Pont.  Alessandro  VI  ;  e  iìno  dal  1498  era  stato 
eletto  priore  di  Loppeglia.  Riro.ise  però  sempre  benc^affetto  al  suo  Istituto. 
Vedi  Federico  di  Voggio  ^  Memorie  della  Religione  Domenicana  nella  Na- 
zione Lucchese.  Sono  due  grossi  volumi  in-foglio  manoscritti.  Vedi  P.  2. 
cap.  XVIII,  pag.  149.  Auguriamo  a  tutti  i  conventi  dell*  Ordine  uno  sto- 
rico così  accurato  e  cosi  dotto  quale  fu  certamente  il  P.  Federico  di  Pog- 
gio ;  e  facciamo  voti  perche  quei  due  preziosi  volumi  manoscritti  siano 
pubblicati  con  le  stampe. 


Digitized  by 


Google 


122  MEMORIE 

quale  reggeva  lo  qael  tempo  lo  stesso  Lambardi,  abbiamo  un'al- 
tra ragione  per  crederlo,  ed  è  cbe  intorno  a  quel  tempo  indubi- 
tatamente fra  Bartolommeo  fu  in  Prato  ed  in  Pistoia,  città  yìcì- 
m'ssime  a  Lucca. 

Alla  gloria  delle  arti  italiane  appartenere  in  qpecial  modo 
due  grandi  tavole,  diceva  Antonio  Canova,  le  quali  poste  a  Iato 
di  qualunque  altro  esimio  dipinto,  vincerebbero  sempre  nel  com- 
plesso de'  loro  meriti  il  difficile  paragone:  cioè  il  magnifico  qua- 
dro dell'  Assunta  di  Tiziano»  e  l' altro  della  Vergine  delle  Mise- 
ricordie di  fra  Bartolommeo  (1). 

È  questa  tavola  alta  braccia  fiorentine  6(6  larga  br.  k  {; 
ba  forma  semicircolare  nella  sommità,  e  in  essa  sodo  ben  qua- 
rantotto Ggure  0  mezze  o  intiere,  grandi  al  vero.  Il  eh.  marchese 
Mazzarosa,  cbe  ne  tolse  argomento  ad  una  seconda  lettera  indi- 
ritta a  Pietro  Giordani  nel  giorno  22  settembre  1828,  ne  ragiona 
nei  termini  seguenti  (pag.  16]:  a  Un  popolo  di  fedeli  devoti  a  Ma- 
ria, d'ogni  età,  d'ogni  sesso,  d'ogni  condizione,  corre  intomo  a 
Lei  che  sta  in  piedi  sur  un  trono  nel  mezzo,  per  supplicarla  a 
farsi  sua  mediatrice  verso  il  Redentore  in  un  comune  bisogno. 
Maria  con  viscere  di  madre,  come  dicono  le  parole  scritte  nel 
grado  dello  scanno,  MaUr  pieiatis  et  misericordiw,  accoglie  le 
preghiere  de' suoi,  ed  alzando  e  mani  e  volto  al  cielo,  invoca  la 
divina  misericordia  su  questo  popolo  che  in  Lei  confida.  Né  in- 
damo, perchè  in  alto  sopra  di  essa  manifestasi,  come  in  visione, 
Cristo  misericordioso,  librato  in  aria,  visibile  a  tutto  il  petto, 
e  nel  resto  nascoso  fra  le  nubi,  col  costato  ignudo,  a  mostrarne 
la  piaga  scoperta  a  bella  posta  da  un  panno  rosso  scarlatto  svo- 

(i)  MissiRiiri ,   loc.   cu. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  VII.  123 

lazzantegli  dalle  qialle.  Questa  figara  spiega  molto  bene,  al- 
l' aria  dd  Tolto  e  alle  braccia  aperte»  le  pande  che  iri  sotto  leg- 
gODsi  in  tm  carteUinOy  mistreor  stqmr  tiirbam  (1).  »  E  a  carte  18: 
a  Bello  è  il  federe  come  secondo  il  sesso  e  in  proporzione  dd- 
l'eti  sono  collocate  le  figure»  stando  sol  dinanzi  le  madri  coi 
loro  bambini  ai  gradi  del  trono»  i  fanduUetti  dietro  a  quelle  o 
sul  trono  in  alto  {iniendi  gli  angwli)^  si  le  une  che  gli  altri  in 
modo  di  rimirar  la  Vergine  in  faccia,  essendo  di  fianco  gli  adulti 
e  i  vecchi» ec Primeggiano  poi  tre  gruppi;  uno  per  parte  a  piedi 
dd  trono»  e  8ono»a  destra  una  madre  che  accenna  al  suo  figliuo- 
letto di  affissare  lo  sguardo  ndla  Vergine.  L' altro  una  madre 
con  due  figli»  un  de' quali  poslolesi  dietro  tenta  di  nascosto  mole- 
stare il  fratellino  ignudo  che  siede  in  grembo  di  lei»  e  la  Tecchia 
nonna  che  sgrida  il  monello;  gruppo  di  una  yerità  e  di  una  bel- 
lezza particolare»  ma  che  sembra  inopportuno»  perchè  distrae 
r  occhio  e  la  mente  dal  soggetto  principale»  e  perchè  queste  due 
femmine  mostrano  interessarsi  punto  deUa  Vergine  nella  quale 
sono  affissati  gli  sguardi  di  tutti  in  atto  di  preghiera,  n  terzo» 
ed  è  forse  il  più  belio»  rappresenta  S.  Domenico  in  atto  di  accen- 
nare al  Gonfaloniere  ddla  Repubblica»  con  V indice  la  Vergine» 
e  con  la  sinistra  mano  quasi  focendogli  fidanza  ad  accostarsi  al 
trono  di  Lei.  Credesi  che  il  S.  Domenico  sia  il  ritratto  di  fra  Se- 

(1)  Io  non  dirò  già,  come  scrissero  alcuni ,  che  il  Vasari  favellasse 
di  questo  quadro  senza  averlo  veduto  ;  diro  solamente  che  non  lo  aiutò  la 
memoria  quando  scrisse^  esservì  un  Cristo  in  alto  che  manda  saette  e/ol- 
gori  addosso  ai  popoli.  Queste  inesattezze,  che  in  lui  sono  molto  frequenti, 
sì  devono  piuttosto  ripetere  dal  troppo  fidarti  che  ei  faceva  della  sua  memoria, 
e  dal  non  prendere  appunti  in  iscritto  sui  quadri  del  quali  doveva  parlare. 


Digitized  by 


Google 


12i  MEMORIE 

bastiano,  e  nel  Gonfaloniere  quello  veramente  del  Montecatini 
che  tenea  quella  carica  in  quel  tempo.  Un  povero  seminudo 
collocato  alla  destra  della  Vergine  è  assai  ben  disegnato  e  cdo- 
ritOy  ec  Maria  sta  ritta  sul  trono,  e  sembra  allora  allora  es 
sersi  alzata  dal  suo  scanno,  come  lo  prova  il  non  aver  p^  anco 
rimosso  il  piede  destro  rimaso  sul  piccol  grado  che  le  serviva 
sotto  di  sgabelletto  quando  sedeva,  .maitre  col  sinistro,  su  coi 
sostiensi,  é  già  discesa  sul  piedistallo;  atto  naturalissimo,  muo- 
vendosi sempre  il  primo  da  chi  discende  il  piede  manco  ec 
(pag.  25).  La  Vergine  è  vestita  di  una  scelta  e  larga  drapperia 
serica  di  color  rosso  cangiante  in  bianco,  con  in  testa  un  bel 
drappo  azzurro  che  le  scende  per  di  dietro  a  guisa  di  manto, 
tutto  spiegato  per  sostenerne  i  lembi  superiori  due  angioli  vo- 
lanti.... Piena  di  amcur  per  i  suoi,  de*  quali  conosce  a  fondo  le 
miserie  e  il  buon  volere,  la  faccia  e  gli  occhi  inBammati  del  più 
tenero  sentimento  di  madre  pietosissima,  con  la  mano  dritta  ele- 
vata in  atto  supplichevole  e  fin  sqpra  il  capo,  e  con  V  altra  ri- 
volta sopra  il  popolo  sottoposto,  accennando  a  Cristo  i  biso- 
gnosi della  sua  misericordia,  guarda  e  prega  il  Redentore  in 
modo  tale,  da  strappargli,  direi  co^,  la  grazia  sospirata....  Evvi 
qui  da  notare  che  il  Cristo  non  è  visibile  ad  altri  fuori  deUa 
Vergine,  come  mei  dimostra  che  es$a  sola  bada  in  Lui,  non 
gli  astanti.  È  questo  un  savio  di visamento,  giacché  altrimenti 
r  azione  non  sarebbe  stata  più  una,  il  che  è  sempre  un  errore, 
e  Maria  più  non  poteva  essere  V  oggetto  principale  del  quadro; 
cosa  richiesta  al  pittore. 

jo  Ora  se  si  consideri  e  il  tutto  insieme  di  questa  gran  tavo- 
la,  e  ad  una  ad  una  le  sue  parti,  si  vedrà  che  io  non  ho  poi 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  in.  CAP.  VII.  126 

esagerato  nel  chiamarla  stupenda,  e  tale  da  stare  accanto  con 
decoro  anche  alla  tanto  celebrata  Trasfigorazione  di  Raffael- 
lo (1).  »  E  il  eh.  Missirini,  dopo  averla  partitamente  descrìtta , 
soggiunge:  <r  Qui  la  bontà  del  disegno,  pregio  primario  e  sostan- 
ziale in  ogni  produzione  dell'  arte,  gira,  contoma,  serpof^ia  e 
si  compone  all'  deganza  in  ogni  parte  della  tavola.  Qui  la  subli- 
mità e  r  inspirazione  generale  di  un  ricco  teatro  che  tutta  ri- 
chiama r  anima,  la  occupa,  la  riempie  col  linguaggio  del  grande 
stile.  Qui  la  potente  espressione  entra  ne' petti,  li  trasporta,  li 
commuove  a  suo  grado.  Che  dirò  dell'  acconciarsi,  dello  spie- 
garsi, del  volgersi  dei  panni,  vanto  singolare  del  Frate?  Che 
della  robustezza  e  vita  del  colore,  che  non  disgrada  dalle  più 
belle  tinte  Tizianesche?  L'ombre  vi  soùo  diafane,  i  passaggi  ma- 
ritati felicemente,  l'opposizione  delle  tinte  omogenea,  l'effetto 
del  chiaroscuro  magico  (2).  d 

Dopo  le  parole  dei  due  chiarissimi  illustratori,  non  aggiun- 
gerò più  altro  sul  conto  di  questo  quadro.  Solo  avverthrò,  che 
se  dopo  la  influenza  di  Michelangiolo,  mi  parve  il  Porta  nel 
disegno  toccasse  alcuna  volta  i  termini  oltre  i  quali  comincia 
l'esagerazione  e  termina  il  naturale;  nel  tingere  fosse  talcnra 
crudetto  anzi  che  no,  e  nell'  arieggiare  ignobile  alquanto  ;  in 
questa  tavola  di  S.  Romano  di  Lucca  riconosco  di  bel  nuovo  la  into- 
nazione e  la  robustezza  dei  Veneziani,  unita  allo  stile  largo  e 
grandioso  del  Buonarroti,  cosperso  di  alcune  grazie  Raffaelle- 
sche, senza  esagerazioni,  ove  ne  eccettui  il  nudo  dei  putti, 

(1)  Mazzabosa,  loc.  cit.  pag.  15  e  seg. 

(2)  MissiRiHi>  loc.  cit.  pag.  14.  Di  questo  dipìnto  sono  alcuni  dise- 
gni a  pernia  di  mano  del  Porta  nella  Gallerìa  degli  Uthii  in  Firenze. 


Digitized  by 


Google 


126  MEMORIE 

senza  sforzo  nelle  movenze,  o  arte  soverchia  nelle  acconciatinre 
e  andare  dei  panni.  Che  se  a  me  più  diletta  il  quadro  di  S.  Ca- 
terina e  di  S.  Maria  Maddalena,  che  lo  stesso  pittore  avea  co- 
lorito non  pochi  anni  innanzi  per  quella  chiesa,  non  negherò 
questo  essere,  per  ciò  che  è  artificio  e  magistero  di  tinte,  uno 
.    tra  i  più  meravigliosi  dipinti  del  Frate  di  S.  Marco  (1). 

Nel  far  ritomo  in  Firenze,  semhra  che  il  Porta  facesse 
alcuna  dimora  nelle  vicine  città  di  Pistoia  e  di  Prato.  E  perchè 
ovunque  si  recasse,  lasciava  alcun  dipinto  a  compiacerne  gli 
amici;  colori  nel  convento  di  S.  Domenico  di  Pistoia  sul  muro 
interno  una  Beata  Vergine  col  figlio  in  braccio,  due  terzi  dd 
naturale;  il  quale  dipinto  nel  1669,  segato  il  muro,  fu  traspor- 

(1)  li  pittore  non  vi  tacque  il  suo  nome,  e  lo  scrìsse  nel  gradino 
del  trono  della  Vergine ,  ove  leggesi  :  MDXV.  Frater  Bartholomeui  Ord. 
Praedieator.  Pictor  Florentinut.  Questa  tavola  è  stata  incisa  da  Giuseppe 
Sanders  e  da  Samuele  Jesi  di  Coreggio..Dovea  esserlo  eziandio  per  opera 
del  Morghen,  se  da  morte  non  fosse  stato  prevenuto. — Il  eh.  sig.  Prof.  Pie- 
tro. Nocchi  di  Lucca  si  degnava  comunicarmi  la  seguente  notlaia.  Nello 
•cono  secolo  stA  maggiore  altare  della  chiesa  di  San  Domenico  della  stesa 

cìttif  era  un  altro  quadro  di  fìra  Bartolommeo  della  Porta,  alto  hr.S  |  e 
largo  br.  3  fiorentine;  avente  nella  parte  superiore  forma  aemìctrcolare. 
Bappresentava  San  Domenico  in- piedi  sur  un  gradino  di  nanne,  sul  qpale 
stavano  genuflesse  tre  monache  per  parte.  Teneva  il  Santo  il  libro  della 
regola  ed  il  giglio  con  la  sinistra  mano,  e  con  la  destra  faceva  segno  di 
benedire  le  suore.  Due  Angioletti  sostenevano  i  lembi  del  mantello  del 
Santo  Patriarca.  Questo  dipinto,  che  dicesi  del  più  puro  stile  di  fìra  Bar- 
tolommeo, accertasi  essere,  stato  traq»ortato  nell'interno  del  monastero;  ed 
in  cbieso  nel  luogo  suo  esserne  collocato  uno  di  mano  di  Suor  Aurelia  Fio- 
rentmi  pittrice  Domenicana. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  m.  GAP.  VII.  127 

tato  nella  chiesa,  e  collocato  all'altare  Fioravanti  (1).  Qaando 
io  lo  vidi  nell' antnnno  del  18U^,  abbenchè  lo  trovassi  assai 
danneggia tOy  segnatamente  nella  parte  inferiore ,  mi  parve  molto 
beDo  e  grazioso;  e  vi  ravvisai  nna  soavità  e  leggerezza  di  pen- 
nellOy  non  facile  a  rinvenirsi  nelle  opere  a  flresco  di  questo  di- 
pintore. 

In  tanta  vi<;inanza  della  patria,  fra  Bartolommeo  non  potea 
obliare  la  terra  natale,  quell*  umile  villaggio  di  Savignano  oVe 
erano  trascorsi  i  bei  giorni  della  sua  infanzia,  ed  ove  riposavano 
le  ossa  de'snd  maggiorL  U  eh.  autore  della  Bibliografia  Pratese, 
della  cui  opera  più  fiate  ci  siamo  gioTati  nelle  presenti  Memo- 
rie,  ci  offre  una  preziosa  notizia  di  questa  gita  di  fra  Bartolom- 
meo in  Prato  e  nei  dintomL  È  tratta  dalla  miscellanea  del  Mar^ 
tini.  Noi  la  ripigleremo  in  lotta  la  sua  integrità  ed  in  tutta  la 
sua  bdkzza  originale;  giacché  non  si  potrebbe  con  più  verità  e 
con  più  affètto  narrare  uno  di  quei  cari  avvenimenti  di  famiglia, 
che  ricolmano  di  gioia  la  vita;  quale  si  è  certamente  quello  di 
riabbracciare  dopo  un'  assenza  di  molti  anni,  uno  zio  affettooso, 
ed  un  affettuoso  nipote. 

«  Frm  Bartolommeo  venne  alU  Lastruceia  €on  un  olirò 
firaù  di  5.  Domenico  ^  e  rtando  con  Giueto  suo  sto  molii  giorni^ 
un  dìj  presente  Pagolo  di  Vito,  che  era  putto  circa  di  oitnì  9 
o  10,  essendo  aW  orezzo  sotto  una  quercia  vicino  ad  una  fonti- 
cella;  Giusto f  disse  allora  (fra  Bartolommeo),  non  avevi  voi  un 
frate  che  era  vostro  nipote?  Disse  Giusto:  è  vero.  Et  il  frate:  se 
voi  lo  vedessi^  riconoscerestih  voi?  Allora  disse  Pagolo:  dovete 
esser  voi.  E  cosi  con  istrettissimi  abbracciamenti  molto  si  rico- 

(i)  Fkahcbsco  ToLOWBf  »  Guida  di  Pistoia.  1  voi  ni-8.  1858t.  pag.  lOS. 


Digitized  by 


Qoogle 


188  MEMORIE 

nobbero  per  parenU,  E  questi  era  xio  di  fra  BarioUmmeo:  e 
così  sempre  si  ritennero.  E  innanzi  che  fra  Bartohmmeo  si  par- 
tisse da  Giusto t  disse:  partendomi  to,  potremo  forse  stare  qwU- 
che  tempo  a  rivedersi;  perocché  il  re  di  Francia  ha  mandato 
per  me,  che  si  vuol  servire  delT  opera  mia.  Queste  memorie  ho 
havute  da  Pagolo  di  Vito  della  Lastruccia  lavoratore  di  Andrea 
Comparini,  il  qual  Pagolo  era  nipote  cugino  di  fra  BartoUm- 
meo  (1).  Per  questa  notizia  Teniamo  a  conoscere  altresì  un  fatto 
importante  della  yita  del  Porta,  taciuto  dal  Vasari;  ed  è  che 
egli  Tosse  stato  invitato  dal  re  Francesco  I  a  recarsi  in  Francia 
in  servigio  di  quel  monarca  amatore  e  proteggitore  libéralissimo 
degli  artisti  italiani,  e  che  in  quel  tempo  teneva  fra  suoi  fami- 
liari Lionardo  da  Vinci  (2).  Il  merito  di  Fra  Bartolommeo  do- 
vea  essere  ben  noto  alla  Francia,  dacché  eranvi  stati  trasportati 
alcuni  suoi  dipinti  di  molta  rilevanza.  Il  quadro  del  S.  Sebastiano 
vi  andò  certamente  dopo  il  1516,  perchè  il  sindaco  del  convento 
di  S.  Marco  lo  novera  Ara  quei  che  tuttavia  erano  in  Tirenxe; 
e  r  elenco  de' quadri  fu  fatto  appunto  dal  medesimo  in  quell'amio 
1516.  Quali  ostacoli  si  frapponessero  alla  andata  in  Francia  di 
Fra  Bartolommeo  non  saprei  dire;  ma  rerosimilmente  ne  fa 
cagione  la  mal  ferma  salute,  e  le  molte  commissioni  di  quadri 
che  di  continuo  a  lui  si  offerivano. 

(1)  Bibliografia  Pratese,  pag.  115,  in  nota. 

(2)  In  sul  finire  del  gennaio  ,dell'  anno  1516,  Leonardo  da  Vinci 
partì  per  la  Francia  con  Francesco  I,  e  fu  nominato  pittore  del  re,  con 
«no  stipendio  di  700  scudi  all'  anno.  Delbcluzb,  Saggio  intorno  a  Lio- 
nardo  da  Vineif  pag.  98.  È  noto  che  furono  successivamente  invitati  in  Fran- 
cia il  Primaticcio,  il  Bosso,  Andrea  del  Sarto,  Benvenuto  Cellsni  ec. 


Digitized  by 


Google 


LIB.  III.  GAP.  VII.  IS» 

Dimorando  fra  Bartolommeo  in  Prato,  fa  pregato  di  colo- 
rire una  tavola  con  entro  la  Vergine  Àssonta,  che  il  Vasari 
dice  coUocata  dirimpetto  alle  Carchi ,  e  altri  scrìye  in  S.  Maria 
in  Castello;  perchè  appunto  di  faccia  alle  Carcm  era  nna 
chiesa  di  questo  nome.  È  ricordata  la  suddetta  tavola  eiiandio 
nelle  citate  Sliscellanee  del  Martini ,  e  si  dice  esservi  scritto  l'anno 
.  1516  (1).  Opino  pertanto  qhe  il  Porta  la  colorisse  nel  suo  ritorno 
in  Firenre,  e  che  la  conq)iesse  sul  finire  dell'anno  1516  (2). Ove 
si  trovi  al  presente  questo  dipinto  si  ignora  :  e  di  ignorarlo  confessò 
lo  stesso  Masselli,  che  delle  nostre  ricchezie  artistiche  è  sottilissimo 
indagatore  (3).  Scrive  il  Lanzi,  che  presso  il  marchese  Acciainoli  in 
Firenze ,  ne'  tempi  suoi  vedovasi  una  tavola  deDa  Vergine  Assunta 
in  cielo,  che  nella  parte  superiore  era  del  Porta,  e  nella  inferiore 
credevasi  di  Mariolto  Albertinelli;  e  soggiunge  riputarsi  quella 
già  colorita  per  Prato  (k).  Ma  l' ÀlbertindU  nel  1516  era  già 
morto.  Il  stg.  Cesare  Guasti,  autore  dèDa  Bibliografia  Prate^,  dap- 
prima la  credette  passata  in  Vienna,  confondendola  forse  con  la 
tavola  della  Presentazione  al  Tempio,  che  là  tuttavia  rimane;  po- 
scia corresse  l' errore,  e  confessò  ignorarlo.  Nuove  ricerche  cosi  a 

(1)  Bibliografia  Pratese  ^  loc.  cìt. 

(2)  D»l  non  trovarsi  ricordato  questo* dipinto  nel  catalogo  del  tìndaco 
del  convento  di  San  Marco  compibto  in  qnell*  anno  1516,  si  deduce  che  il 
quadro  gli  sia  di  qualche  mese  posteriore. 

(3)  Vedi  Nota  32  alla  vita  di  fra  Bartolommeo, 

(4)  Storia  Pittorica,  Scuola  Fiorentina,  Epoca  2.  Quando  vera- 
mente'in  quel  dipinto  dell'  Assnnsione  di  Maria  apparisse  lo  stile  di  due  di- 
versi dipintori,  potrebbe  congetturarsi,  che  il  Porta  si  associasse  fra  Paolino 
da  Pistoia,   come  è  indubitato  che  fece  negli  uHimi  periodi  della  sua  vitn. 

n.  9 


Digitized  by 


Google 


130  MEMORIE 

lui  chea  me  fruttarono  nuove  notizie;  dalie  quali dednoesì,  chenelle 
funeste  innovaizioni  di  monsignor  Scipione  de' Ricci,  vescoTo  di 
Prato  e  Pistoia,  soppressa  la  chiesa  di  S.  Maria  in  Castello  dì 
Prato,  ove  trovavasi  la  tavola  di  fra  Bartolommeo:  a  contenente 
r  Assunta  con  vestito  sciolto,  con  sotto  un*  urna,  o  sepolox) 
con  fiori,  a  destra  S.  Gio.  Battista,  a  sinistra  S.  Caterina  Ver- 
gine e  Martire,  fu  messa  in  custodia  nelle  stanze  del  commis- 
sario ddlo  spedale  di  Prato.  Ivi  dal  sig.  Gini,  amministratore 
del  regio  Patrimonio  Ecclesiastico  della  città,  fu  renduta  al 
signor  Giulio  Porrini,  cancelliere  della  comunità,  ora  canceUiere 
a  Firenze,  per  la  somma  di  icudi  sei  compre$a  altra  roMa,  che 
comprò  insieme.  Dico  scudi  sei,  poiché  cosi  dice  la  partita  di 
vendita  segnata  nel  libro  di  detto  Patrimonio.  Porrini  la  vendè 
ad  un  Inglese  in  Firenze  per  la  somma,  si  dice,  di  cento  zecchini: 
il  detto  Inglese  la  vendè  a  Milton  per  la  somma,  si  dice,  di  zecchini 
centocinquanta.  (In  oggi  da  Milton  Tha  riscattata  il  Sommo 
Pontefice  Pio  VI  per  più  di  tre  mila  scudi  romani ,  essendo  la 
tavola  un  capo  d'opera  del  Frate]  (1).  o  Sembra  quindi  che 

(1)  Di  qaesU  notìzia,  tritta  in  parte  da  nna  lettera  di  un  Pratese,  e  in 
parte  da  un*  operetta  del  Marchetti  (Le  Annolationi  Pacifiche  confermale 
dalla  nuova  pastorale 'di  mons.  vetc,  di  Pistoia  e  Prato  ec,  1788),  mi 
fu  cortese  il  citato  sig.  Cesare  Guasti  con  sua  del  27  giugno  1845.  Un 
cenno  alquanto  travisato  se  ne  trova  eziandio  in  un  oposcoletto  di  un  caldo  fau- 
tore  delle  noviti  Ricciane,  cioè  il  P.  Muscari  monaco  Basiliano ,  il  quale 
intessendo  il  panegirico  al  Ricci,  cosi  scrive:  fino  a  fare  ammirare  in  Roma 
il  vostro  zelo  eroico ^  e  disinteressato,  barattando  per  vilissimo  prezzo  il 
quadro  della  Madonna  della  cintura,  opera  del  celebre  fra  Bartolom- 
meo  di  Sun    Marco  domenicano,  dal  Papa  ricomprato    per  scudi  3000. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  CAP.  VII.  131 

neHe  yicende  della  invasioiie  dello  stato  PcMotificio^  e  nella  traspor- 
tazione dì  tanti  og^tti  di  belle  arti  che  partirono  da  Roma  o  in- 
volati o  rendali,  qaesta  Assunta  del  Porta  passasse  nel  R.  Mu- 
seo di  Berlino;  perciocché  scrive  il  car.  Rio  esservene  ona  dello 
stesso  autore,  che  egli,  forse  su  V  autorità  del  Lanzi,  crede  di- 
pinta metà  dal  Frate  e  metà  da  Mariolo  Albertindli  (1). 

Al  suo  convento  di  S.  Domraico  di  Prato  il  piltore  fece  dono  di 
due  quadretti,  in  uno  dei  quali  era  una  testa  di  Gesà  e  nell*  altro 
quella  della  Vergine,  stimati  del  valore  di  due.  cinque.  Ne  è 
memoria  nel  catalogo  del  sindaco  del  convento  di  S.  Marco. 
In  sul  termine  della  state,  o  nei  primi  dell'  autunno  dell'  anno 
1515,  fra  Bartolonunèo  della  Porta  facea  ritomo  in  Firenze;  e 
imprendeva  nuovi  e  importanti  lavori.  Con  la  data  di  que- 
st'  anno  si  trova  la  tavola  dell'  Angelica  Salutazione  in  Parigi 
al  Louvre,  che  abbiamo  altrove  accennata.  Rio  loda  in  questo 
dipfaìto  il  poetico  e  immaginoso  concetto  del  Porta ,  il  quale , 
in  luogo  di  ritrarre,  giusta  il  consueto,  la  Vergine  prostrata  in 
ginocchio  e  salutata  dall'  Angelo,  ritrassela  in  quella  vece  se- 
duta in  trono,  circondata  da  alcuni  santi,  ricevere  dal  messag- 
gero celeste  l' annunzio  del  grande  mistero  (2).  Io  dirò  all'  oppo- 
sto, che  se  quel  dipinto  è  veramente  una  Annunziazione ,  di 
che  dubito  forte,  questo  è  un  assai  strano  e  bizzarro  modo  di 
effigiarla  (3}.  Fino  a'  primi  di  ottobre  di  quesf  anno  1515  non 

Vedi  Lettera  consolatoria  e  consultiva  di  Gelasio  Irone  al  vèsc.  di  Pi- 
stoia Mons.  D,  Scipione  Ricci,  Filadelfia  1788.  pag.  11. 

(1)  Rio,  Poesie  Cìvrétienne,  chip.  IX.  pag.  373  in  nota. 

(2)  Rio,  loc.  cit.  pag\   383. 

(3)  Mom.  Bottarì  in  una  nota  alla    vita  dì  fra  Bartolommeo  scrive  , 


Digitized  by 


Google 


132  MEMORIE 

si  ha  più  notizia  del  Porta  nelle  antiche  carte;  ma  nel  giorno 
qoattro  si  trova  nuoramente  alF  ospizio  di  S*  Maria  Maddalena 
in  Pian  di  Mognone^  colorire  sol  muro  nella  chiesuola  dei  re- 
ligiosi una  Annnnziazioney  la  quale  è  assai  buona  cosetta, 
sondo  le  figure  non  molto  grandL  Forse  in  qud  tempo  medeamo 
dipinse  sopra  un  tegolo  in  un  andito  oscuro  del  chiostro  sope^ 
ricMre,  una  testa  di  Gesù  Nazzareno;  e  sopra  un  uscio  del  me- 
desimo, in  mezza  figura,  S.  Dom^ico  e  S.  Francesco  che  si 
abbracciano;  nelle  quali  due  figure  si  ammira  grandezza  ndla 
maniera,  morbidezza  ed  unione  nel  colorire,  e  riliero  e  fiurza 
nel  disegno;  e  segnatamente  un  tocco  di  pennello  mollo  libero  e 
fìraneo. 

In  questo  mentre  in  Firenze  si  facevano  gli  apparecchi  per 
la  venuta  del  Pontefice  Leone  X.  La  repubblica,  a  solennizzare 
questo  UetO'  ayyenimento,  invitava  tutti  i  più  valenti  artefici  fio- 
rentini a  decorare  la  patria  con  l'opera  delle  arti  imitatrici, 
deUe  quali  quel  Pontefice  era  amatore  e  proteggitore  caldissi- 
mo.  Andrea  dd  Sarto,  Aristotile  da  S^  Gallo,  il  Granacci ,  il 
Rosso,  il  Sansovino,  Baccio  Bandinelli,  Baccio  da  Monte  Lu- 
che quella  tavola-  che  il  Vasari  dice  colorita  dal  Porta  quando  Raffaello 
venne  in  Firenze,  è  un  errore  di  questo  biografo,  sendovi  scritto  il  1517; 
ed  il  nome  del  Frate.  Soggiunge  poi  rappresentare  una  Annunziasione ,  ove 
impropriamente  il  pittore  pose  San  Gio-Battista,  Santa  Maria  Maddalena, 
San  Paolo,  San  Gerolamo,  e  due  altri  Santi  religiosi.  Ma  il  Bottari  ignorò 
che  in  Parigi  sono,  non  una  ma  due  grandi  tavole  del  Frate;  se  pure  1*  ahra 
non  vi  fu  recata  posteriormente.  Per  ciò  concerne  poi  la  data  del  1517,  credo 
doversi  fede  maggiore  al  Gav.  Rio,  il  quale,  scrìvendo  in  Francia,  poteva 
accertarsi  se  veramente  porti  la   data  del  1515   o  del  1517. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  VII.  133 

pò,  ec.  gareggiarono  d' arte  e  d' ingegno  con  opere  lodatissìme^ 
che  ponno  vedersi  descritte  dal  Vasari  nella  vita  di  Andrea  dd 
Sarto.  Dovendo  il  Pontefice  albergare  in  S.  Maria  Novèlla,  la 
repubblica  ingiungeva  al  Ponturmo  V  opera  di  alcuni  freschi 
nella  privata  cappella  ove  il  Papa  doveva  celebrare;  e  a  Ri- 
dolfo del  Ghirlandaio  di  cdorire  una  tavda  perula  medesima, 
e  dirigere  con  suo  disegno  tulti  gli  adornamenti  cosi  della  cap- 
pella come  dell'appartamento  pontificio.  A  fra  Bart(dommeo 
della  Porta  non  fu  commesso  alcun  dipinto  (1). 

Nel  giorno  30  novembre  a  ore  22  Leone  X  giungeva  in 
Firenze  e  si  portava  a  S.  M.  Novella  (2j.  Pregato  dai  religiosi  di 
S.  Blaroo,  il  Pontefice  nel  giorno  della  Epifania  del  1516,  anni- 
versario della  dedicazione  di  quella  chiesa,  si  recò  con  tutta  la 
sua  corte  ad  assistere  alla  sacra  funzione.  Per  dirigere  i  para- 
menti della  chiesa,  vennero  i  religiosi  di  S.  M.  Novella  (3).  Forse 
in  quella  occorrenza  fra  Bartolommeo  colendi  la  tavola  della 
Presentazione  al  tempio  per  la  cappella  del  Noviziato,  che 
porta  r  anno  1516.  Il  Pontefice,  la  corte,  e  la  guardia  Svizzera 
desinarono  in  ccmvento;  e  V  annalista  di  S.  Marco  soggiunge  a 

(1)  I  religiosi  di  Santa  Maria  Novella,  che  sì  erano  sempre  studiati 
abbellire  il  loro  tempio  con  i  dipinti  dei  più  insigni  artefici,  sembra  non 
richiedessero  mai  1'  opera  di  fra  Bartolommeo,  che  oltre  essere  religioso  dello 
stesso  Instituto,  tenea  il  primato  dell'arte  in  Firense. 

(2)  Il  Cronista  del  convento  scrive  in  quella  vece  che  il  Pontefice 
entrò  in  Firenze  nel  giorno  dell'  Apost  Sant'  Andrea,  cioè  alli  29  novem- 
bre. Vedi  Annal  S.  Marci  Col.  20  a  tergo. 

(3)  Loc.  cit. 


Digitized  by 


Google 


134  MEMORIE 

questo  proposito:  mci^nti^  mfèmus  extitit  nobis  illa  diet  (Ij. 
Tanta  fu  la  noia  che  ricevettero  i  religiosi  dalla  soldatesca ,  la 
quale  avvinazzata,  faceva  le  più  strane  e  pazze  cose  del  UMHido. 
Stimo  assai  verosimile  che  il  Pontefice,  amatore  delle  arti  belle, 
visitasse  lo  studio  del  Porta,  e  i  religiosi  gli  facessero  presente 
di  alcun  dipinto  di  questo  artefice.  Recossi  nella  biblioteca,  e 
ìxÀae  a  leggere  un  manoscritto;  ammise  al  bacio  de*piedi  la  reli- 
giosa famiglia;  e  nel  prender  comiato  promise  dar  sollecito  com- 
pimento alla  canonizzazione  di  S.  Antonino.  Questa  dimostra- 
zione di  benevolenza  del  Pontefice  Mediceo  verso  i  religiosi  di 
S.  Marco  parci  più  degna  di  considerazione,  per  aver  rifiutato 
quello  stesso  favore  ai  religiosi  degli  altri  .Ordini  regolari  che  ne 
lo  avevano  pregato.  Rimanci  a  favellare  della  tavola  sopra  citata 
il  cui  argomento  è  la  Presentazione  al  tempio  del  Bambino  Gesù. 
Molti  ignorando  la  storia,  con  strano  errore  confusero  il 
ritaglio,  o  Circoncisione  che  dir  si  voglia,  con  la  Presentazione 
al  tempio.  Il  Porta  mostrò  meglio  conoscere  la  ragione  di  quella 
cerimonia  legale,  e  si  contenne  nei  termini  del  vero.  Sono  in 
questo  dipinto  sei  figure  grandi  quanto  il  naturale.  Collocò  nel 
mezzo  sur  un  gradino  del  tempio  il  Sacerdote  avente  fra  le  brac- 
cia ignudo  il  pargoletto;  a  destra  da  lui  in  piedi  S.  Giuseppe;  la 
Vergine  a  manca;  prostrata  appiedi  del  Sacerdote  e  fra  esso  e 
S.  Giuseppe,  Anna  la  profetessa.  La  cerimonia  si  compie  entro 
il  recinto  del  tempio,  che  ij  pittore  ritrasse  con  semplice  ar- 
chitettura. Simeone  per  età  e  per  aspetto  venerando,  e  già 
alquanto  ricurvo  per  gli  anni,  sembra  rinvigorirsi  per  la  letizia 

(i)  A  final.  S.   Marci  f  fol.    29  a  tergo. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  VII.  135 

della  tanto  lungamente  aspettata  rivelazione,  beato  di  stringersi 
al  seno  il  promesso  Liberatore.  La  Vergine,  non  por  nel  volto, 
ma  nel  movimento  di  tutta  la  persona,  mostra  una  tenerezza 
indicibile;  e  ponendo  con  le  proprie  mani  il  figlio  tra  le  braccia 
di  Simeone,  si  Io  segue  e  lo  accompagna  con  movenza  amorosis- 
sima, che  ben  pare  com'ella  malagevolmente  possa  cotanto  ca- 
rissimo pegno  partire  un  sol  momento  da  sé.  Il  pittore  la  ri- 
trasse nell'  atto  di  ricondurre  al  paro  dell'altro  il  piedino  destro 
del  pargoletto,  che  ei  tiene  sollevato.  Volle  forse  con  ciò  im- 
primere un  certo  movimento  in  quel  tenero  corpicciuolo.  Giu- 
seppe alla  destra,  e  locato  di  fronte  alla  Vergine,  fa  un  bel  con- 
trapposto colla  gravità  ond'  è  improntato,  alla  tenerezza  piena 
d'  a£ktto  della  giovine  sposa.  Avvolto  e  chiuso  in  ampia  veste  , 
spoi^  sul  davanti  la  destra  mano,  stringendo  in  quella  le  co- 
lombe volute  dal  rito;  e  tiene  la  manca  sul  petto.  Abbenchèncm 
per  anche  il  profetante  Simeone  annunzi  alla  madre  la  dolorosa 
novella  dei  lunghi  e  spietati  patimenti  del  figlio,  il  che  si  pare 
dal  volto  lieto  di  entrambi,  non  ^rtanto  il  S.  Giuseppe  ti  sem- 
bra dominato  da  un  mesto  pensiero.  Anna  supemafanente  chia- 
rita della  divmità  del  pargoletto,  devotamente  si  prostra  e  ne 
chiede  a  gran  mercé  la  benedizione,  e  l' ottiene.  Dietro  da  essa 
protendentesi  innanzi  è  una  giovine,  ivi  forse  tratta  dalla  solen- 
nità di  quel  rito.  Queste  figure  hanno  lode  di  un  buoii  disegno; 
e  dì  questo  solo  favelleremo  e  della  composizione,  per  non  aver 
veduto  l'originale,  ma  ^  una  debole  copia.  Bellissima  figura 
sarebbe  certamente  quella  di  Simeone,  se  alquanto  non  pec- 
casse nel  corto;  eflétto  forse  prodotto  dal  soverchio  ingombro 
di  panni.  E  ciò  vieppiù  si  manifesta  per  la  molta  sveltezza 


Digitized  by 


Google 


136  MEMORIE 

della  Vergine,  che  di  tanto  eccede^  nell'  altezza  tutte  le  figure 
della  taTola,  che  l' occhio  nen  se  ne  appaga.  Meglio  sarebbe  lo- 
cata altrove  Anna  la  profetessa;  perciocché  ove  la  ritrasse  il 
pittore,  sondo  tutte  le  figure  sur  una  linea,  e  di  fronte,  né  a  lei 
sarebbe  dato  facilmente  ragguardare  nel  bambino,  né  questi  a 
lei  concedere  la  benedizione,  come  entrambi  fan  segno.  Per  la  qual 
cosa  assai  meglio  aggruppate  e  disposte  ci  sembrano  le  figure 
nella  piccola  tavoletta  della  Circoncisione,  che  al  presente  è 
ndla  gallma  degli  Dfllzj  (1).  Loderemo  da  ultimo  in  questo  dipinto 
il  magistero  delle  pieghe  focili,  naturali  e  grandiose.  II P.  Ddla 
Valle,  che  forse  vide  rorigmale  quando  era  tuttavia  nel  noviziato  di 
S.  Marco,  narra  che  dappiedi  vi  fosse  scritto  il  nome  del  di- 
pintore, l'anno  1516,  e  la  seguente  iscrizione:  Orate  prò  pletore 
ohm  sacelli  huius  alumno.  Accennando  al  tempo  in  cui  fra  Baiio- 
lommeo,  reduce  da  Prato,  vi  fece  alcuna  dimora.  Onde  poi  il  sud- 
detto P.  Della  Vallone  trasse  argomento  a  quella  sua  conghiettura, 
che  il  Porta  non  vestisse  altrimenti  in  Prato  l'abito  di  S.  Dome- 
nico, ma  bensì  nel  convento  di  S.  Marco  in  Firenze  (2).  La  tavola 
deUa  Presentazione  passò  poi  nell'  I.  e  R.  Galleria  di   Viaina, 

(1)  Nella  stessa  gallerìa  è  una  piccola  copia  dì  questa  stessa  Presen- 
tazione al  tempio,  di  mano  di  fra  Bartolommco,  alta  circa  un  palmo  e  meizo, 
con  poche  variazioni,  ma  guasta  in  più  luoghi  dai  ritocchi,  e  assai  dan- 
neggiata nel  colore.  La  gran  tavola  del  noviziato  è  stata  egregiamente  in- 
cisa dal  eh.  sig.  Antonio  Perfetti,  e  da  Lauger  n<^ll* opera:  Galerie  Impc' 
riaU-Rayalte  au  Bel^^édère  à  Vienne^  puhbliée  par  CluirUs  Haas,  f^ienne 
€t  Praguc  1821.  28  voi.  in-4.  (Masselli  nota  38.) 

(2)  NuU  al  Vasari.  Ediz.  dei  Glassici  di  Milano,  voi  VII. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  lU.  CAP.  VII.  lOT 

e  al  QOTixiato  di  S.  Marco  fa  data  una  assai  debole  copia,  orila 
quale  il  pittore  si  fece  lecito  alcun  mutamento  (1). 

Innanzi  alle  due  tavole  che  portaao  in  fronte  la  data  del  1516, 
noi  avremmo  forsedoyuto  favellare  di  un  dipinto  grandisrimo  nelle 
dimensioDiy  e  molto  raro  nel  merito;  ma  per  non  essere  dal- 
l'anno contrassegnato»  non  abbiamo  saputo  ove  meglio  collocarlo. 
Certamente  appartiene  all'ultima  maniera  del  Frate»  e  venne 
eseguito  innanzi  il  terminare  dell'  anno  1516;  anzi  prima  delle 
due  tavole  anzidiette»  cioè  l' Assunta  di  Prato»  e  la  Presentazione 
che  è  a  Vienna;  perciocché  queste  non  vennero  ricordate  dal 
Sindaco  del  convento  di  S.  Marco  nel  suo  catalogo»  compilato  ap- 
punto in  quell'  anno  1516;  laddove  ivi  è  menzione  del  Salvatore 
risorto  del  quale  entriamo  a  ragionare. 

n  mercatante  fiorentino  Salvator  Billi,  in  una  sua  cappella 
ndla  chiesa  4eUa  SS.  Annunziata  di  Firenze»  avea  fatto  un  molto 
ricco  e  vago  adornamento  di  marmi»  tutto  intagliato  per  le  mani 
di  Pietro  Rosselli.  Pregò  quindi  il  Porta  perchè  vi  colorisse  una 
gran  tavola  con  entro  il  SS.  Salvatore»  del  quale  egli  portava  fl 
nome»  con  figure  analoghe  al  medesimo.  Fra  Bartolommeo»  che 
pari  all'  eccellenza  ndF  eseguire  possedea  quella  del  comporre» 
volle  in  alcuna  guisa  epilogare  entro  un  solo  dipinto  tutta  quanta 
la  economia  della  Crbtiana  religione;  in  modo  però  cosi  poetico 
e  immaginoso  da  potersi  quel  quadro  appellare  veramente  una 
sublime  epopea.  Nella  parte  superiore  fece  adunque  due  pro- 
feti, Giobbe  ed  Isaia»  i  quali»  squarciando  il  velo  dell'avve- 
nire» annunziano  agli  uomini  il  promesso  Liberatore.  Il  Giobbe 

(1)  Ignoro  V  aulore    di  qoesta  copia.  Nella   spexìerla   di  San   Marco 
si  conservano  i  lucidi  del  quadro  originale. 


Digitized  by 


Google 


138  MEMORIE 

è  sedato,  invdto  id  ampio  manto»  che  tutta  ne  ricuopre  la  per- 
sona. E  non  pure  il  rosso  panno»  ma  le  incarnagioni  stesse  sodo 
colorite  e  aombrate  si  forteaiente»  che  in  quella  cupezza  di  Unta 
avvi  alcunché  di  cosi  mesto,  che  parci  assai  bene  affarsi  al  do- 
lentissimo profeta.  Ei  ti^e  con  anìbe  le  mani  distesa  una  per- 
gamena» e  sembra  mvitare  a  leggervi  quelle  alte  sue  parole  ri- 
ferite dal  sacro  testo:  Io  risorgerò^  e  nella  mia  come  vedrò  U  tmo 
Salvatore;  questa  speranza  tengo  io  riposta  nel  mio  seno  (1).  Fi- 
gura quanto  mai  dir  si  possa»  per  bellezza  di  disegno  e  forza  di 
colore,  rarissima.  Llsaia  alquanto  più  succinto  nelle  vesthnenta» 
e  più  giovine  del  paziente  di  Hus»  è»  come  quello»  seduto»  e  preso 
da  celeste  furore»  sembra  profetare  i  dolori  e  la  gloria  di  Lui  che 
redense  il  genere  umano.(yiva  figura  è  questa»  e  maestrevolmente 
condotta»  e  nella  prontezza  dell'  atto»  e  nel  rilievo  stesso»  molto 
simile  al  S.  Marco  (2).  Questi  due  profeti»  che  sono  la  migliore 
e  la  più  perfetta  parte  del  quadro»  divisi  dall'  intiero  dipinto  fu- 
rono poi  collocati  nella  galleria  degli  Uffizj»  in  una  sala  che  fa 
detta  per  alcun  tempo  la  Sala  del  Frate.  Bellissimo  tributo  di  stima 
e  di  gratitudine  che  gli  offeriva  la  patria»  da  lui  con  opere  tanto 
insigni  condecorata.  Al  presente  i  due  Profeti  sono  nella  Tribuna» 
e  hanno  di  fronte  due  laidissime  Veneri  I 

Nella  gran  tavola  di  mezzo  fece  G.  C.  risorto.  Posa  esso 
maestosamente  sopra  un  imbasamento;  ha  nella  sinistra  mano 
la  croce»  e  con  la  destra  fa  segno  di  benedire.  Egli  è  nudo,  e 

(1)  Gap.  XIX.  Ver».  25  e  26. 

(2)  Sono  sUtì  incisi  «  contomo  nel  Tomo  I.  della  prima  Serie  drlla 
Galleria  di  Firenie  Illustrata  ,  Tav.  XXXIV  e  XXXV. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  VII.  139 

solo  da  un  bianco  velo  per  metà  ricoperto.  Circondano  la  base  i 
qnattro  Evangelisti  in  atto  di  ragionare  sulla  ricevuta  missione 
di  pubblicare  il  Vangelo.  Dappiedi  della  base  sulla  quale  si  erge 
il  Salvatore  y  fece  il  pittore  un  adornamento  in  forma  di  un  tondo, 
con  entrovi  dipinto  un  bel  paesino;  la  vista  del  quale  ci  rinno- 
vdla  il  dfAott  che  egli  abbandonasse  questo  genere  di  pittura. 
Sopra  il  detto  ornamento  ergesi  il  calice,  siccome  compendio 
della  religione;  dappoiché  la  predicazione  designata  per  gli  Apo- 
stoti, e  la  Eucarestia  accennata  Cd  calice,  comprendono  e  ab- 
bracciano tutta  la  dottrina  di  Gesù  Cristo.  Il  tondo  con  sopravi 
il  calice  è  sorretto  da  due  nudi  angioletti,  tanto  belli  e  graziosi, 
e  tanto  maestrevolmente  coloriti,  che  non  cedono  a  quelli  raris- 
simi del  primo  quadro  di  Lucca.  La  composizione  di  questa  ta- 
vola ò  semplice  e  bene  intesa.  Collocando  il  Salyatore  fra  i  Pro- 
feti e  fra  gli  Apostoli,  mostrò  come  in  Gesù  Cristo  si  unissero  i 
due  Testamenti,  ed  egli  fosse  la  base  e  la  pietra  angolare  sulla 
quale  ri  erge  il  mistico  edifizio  della  Chiesa  Cattolica.  Nella  parte 
inferiore  del  dipinto,  cioè  nelle  cmque  figure  or  ora  descritte, 
parmi  ravvisare  alcun  che  di  manierato  nel  disegno,  di  sforzo 
e  di  arte  soverchia  nelle  movenze,  e  certamente  nel  colore  ce- 
dere ai  due  Profeti.  Se  già  non  voglia  dirsi  piuttosto,  che  me- 
glio conservate  e  meno  oflése  dal  tempo  e  dagli  uomini  sono 
le  figure  del  Giobbe  e  dell'Isaia;  e  malconce  da  improvidi  restauri 
le  rimanenti.  Non  concederò  al  Borghini,  che  queste  figure 
della  pàrte^  inferiore  diano  alquanto  nel  corto,  ma  l' essere  di 
troppi  panni  vestite,  le  fa  parere  tozze  non  poco. 

Questa  gran  tavola  venne  pagata  al  Frate  100  ducati  d'oro, 
come  si  ha  nel  libro  del  Sindaco  del  convento.  U  card.  Carlo 


Digitized  by 


Google 


140  MEMORIE 

de'  Medici  ne  fece  acquisto  dai  Padri  Serriti  V  anno  1618,  la- 
sciandone loro  una  copia,  che  alcuni  credono  dell'  Empoli,  e  che 
il  Bottari  stima  di  Domenico  Pugliani.  L' originale  trasportato 
dapprima  nel  casino  del  cardinale,  poscia  recato  a  Pitti,  fa 
nel  1799  col  S.  Marco  inviato  a  Parigi  Quattordici  anni  rimasero 
ambedue  questi  quadri  nella  galleria  del  Louvre,  la  quale,  ugual- 
mente che  la  pinacoteca  di  C.  Verro  e  L.  Mummie,  si  era  arric- 
chita con  le  rapine  di  quasi  tutta  F  Europa;  e  gU  Italiani  sic- 
come i  Greci,  potevano  dire  a  buon  diritto,  che  il  vincitore  loro 
non  avea  lasciato  nò  anco  le  immagini  della  divinità.  Grazie  al- 
l' hìDOt  patrio  di  Canova,  questi  e  gli  altri  oggetti  d'arte  nel  18U 
fecero  ritomo  in  Italia. 

Ver  difetto  delle  opportuoe  notizie,  ignorandone  noi  la  vera 
epoca,  collochiamo  in  questo  tempo  una  gita  di  fra  Bartolommeo 
al  Romitorio  di  Lecceto,  già  appartenente  alla  Congregazione  di 
S.  Marco.  Questo  romitorio,  che  col  tempo  ebbe  forma  di  piccolo 
convento,  era  situato  nel  Comune  di  S.  Martino  a  Gangalandi, 
non  troppo  lontano  dal  castello  di  MalmanUle,  sulla  via  che  da 
Firenze  mette  a  Pisa.  Appellavasi  Lecceto  dai  molti  lecci  che 
tutto  lo  circondavano,  e  formavano  una  folta  boscaglia  (1).  D 

(1)  Un  certo  P.  Domenico  Guerreri  (altri  scrive  Guerrocci),  felì- 
gìoso  del  convento  di  San  Marco ,  stato  già  discepolo  di  Sant*  Antontoo , 
pel  desiderio  di  condurre  vita  eremitica,  con  facoltà  dei  soperiori,  V  anno 
1475,  avea  supplicata  la  Gomimiti  di  Gangalandi  di  una  parte  del  bosco 
dì  Lecceto  onde  erigervi  un  piccolo  romitorio  sotto  1*  invocaxioùe  della 
Vergine  Assunta  ;  ed  ottenuto  quanto  per  lui  si  bramava  ,  la  famiglia  Stroui 
lo  aiutò  di  mezzi  onde  inalzare  la  fabbrica ,  che  col  tempo  venne  tramu- 
tata in  un  ospizio  di  religiosi  domenicani.  Vedi  jinnalium  S.  Marci  fol.  25. 
Neil*  archivi*  di  San  Marco  si  conserva  l*  originale  della  supplica  del  sud. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  VII.  141 

professore  Micheli,  pittore  florentino,  visitatolo  nell^  aprile  dei- 
ranno  1843, narrayami  aver  trovato  l'antico  Ospizio  ridotto  a 
forma  di  private  abitazioni  coloniche;  il  campanile  minoso;  la 
chiesa  saflBcientemente  conservata,  e  di  una  molto  bella  archi- 
tettura, con  una  stupenda  tavola  dì  Domenico  del  Ghirlandaio; 
dappiedi  della  quale  leggevasi  come  fosse  fatta  colorire  dalla  fa- 
miglia Strozzi.  Neil*  intemo  dell'  Ospizio  trovò  dipinta  sul  muro 
una  Deposizione  diCroce  di  mano  di  fra  Bartolommeo;  e  sopra  due 
tegoli  fermati  nel  muro,  come  sovente  praticò  il  Porta,  due  te- 
ste di  Gesù  Nazzareno.  Questi  dipinti  ponno  essere  stati  eseguiti 
nella  state  o  nell'  autunno  dell'  anno  1516  (1);  e  intomo  a  quel 
tempo  lo  fu  eziandio  quella  figura  del  S.  Giorgio  armato  che  uc- 
cide il  serpente,  disegnata  e  aombrata  a  olio  sdtanto  sul  muro 
in  casa  di  Pier  del  Pugliese.  Il  pittore  lascioUa  cod  imperfetta,  e 
col  tempo  fu  ricoperta  da  uno  strato  di  calce.  Trovandosi  ricor- 
data dal  Sindaco  del  convento  di  9.  Marco  nel  catalogo  delle  opere 
non  finite  del  Porta,  può  inferirsene  con  tutta  ragione  ap- 
partenere all'  anno  1516. 

P.  Domenico,  e  l*  analoga  risposta  della  Goaranità  dì  Gangalandì ,  con 
altre  carte  appartenenti  al  detto  ospizio.  Vedi  Miscellanea  N^  2,  §  III. 

(1)  Sotto  il  giorno  23  dicembre  di  qaest'  anno  15i6  si  troya  nell'  Ar- 
chivio di  San  Marco  una  ricevuta  di  un  tal  Francesco  di  Filippo,  di  An- 
tonio ,  di  Ridolfo^  dipintore,  della  somma  di  ducati  10  d'  oro  avuti  in  prestito 
da  fra  Bartolommeo.  Vedi  Miscellanea  N**  2. 


Digitized  by 


Google 


»2  MEMORIE 


CAPITOLO  vm. 


Ultimi  dipinti  di  fra  Bartolommeo.  —  Sua  marte  e  tuo  elogio. 
Suoi  disegni  e  suoi  allievi. 


Noi  tocchiamo  già  al  termine  delia  vita  di  fra  Bartolommeo 
della  Porta;  e  ne  daole  che  troppo  brevi  ne  fossero  i  giorni  pre- 
ziosi; e  troppo  più  ne  duole  che  pari  all'altezza  del  sabbiato 
non  sia  stata  in  noi  la  perizia  dell'  arte,  e  la  eloquenza  del  dire. 
Non  pertanto  le  memorie  che  in  tanta  copia  abbiamo  cavate 
dalla  polvere  degli  archivi ,  ove  da  ben  tre  secoli  si  giacevano 
occultate,  gioveranno  a  chiarire  assai  meglio  la  vita  e  le  op&e 
di  tanto  insigne  dipintore;  e  a  noLsarà  di  conforto  che  egli  abbia 
finalmente  rinvenuto  tra  suoi  confratelli  medesimi  uno  storico 
debole  si  ma  affettuoso. 

Fra  Bartolommeo  della  Porta  noverava  soli  quarantotto  anni, 
e  in  età  tanto  verde  potea  ragionevolmente  promettersi  ancora 
qualunque  lunghezza  di  vita.  Sembra  non  pertanto  che  una  lenta 
infermità  ne  andasse  da  gran  tempo  logorando  le  forze.  E  noi  lo 
vedemmo  non  una  ma  più  volte  cercare  il  refrigerio  di  un  aere 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  Vili.  143 

più  poro,  e  il  ricreamento  della  campagna.  Meraviglioso  è  però 
come  negli  ultimi  periodi  del  virer  suo,  qnasi  presago  dei  breyi 
giorni  che  a  lui  restavano  ancora,  dispiegasse  una  maggiore  ope- 
rosità, e  moltiplicasse  i  dipinti.  Tanto  avvenne  pure  a  Raffaello, 
che  dopo  tre  anni,  in  età  assai  più  verde,  dovea  seguitarlo  nel  se- 
polcro. Ma  chi  potrebbe  tutte  accennare  le  tele  o  le  pareti  di- 
pinte in  quest'  ultimo  periodo,  se  in  molti  e  lontani  luoghi  di- 
sperse, sfuggono  alle  ricerche  dello  scrittore?  In  Firenze  stessa 
non  ne  è  penmria  presso  i  privati  cittadini:  ma  per  essere  questi 
lavori  presso  che  tutti  di  piccola  mole,  non  vi  lauderemo  altre 
parole  (1).  Solo  vogliamo  avvertire  i  leggitori  a  troppo  non  6- 
darsi  delle  Guide  di  questa  città,  in  alcune  deUe  quali  si  citano 
come  opere  di  fra  Bartolommeo  dipinti  che  per  modo  alcuno 
gli  appartengono. 

Diremo  innanzi  di  quelli  che  ei  condusse  a  termine,  poi  di 
quelli  che  per  essere  rimasti  imperfetti  si  yoglton  credere  poste- 
riori agli  altri.  Con  la  data  ddll'anno  1517,  ultimo  della  carriera 
mortale  del  Porta,  abbiamo  una  storia  assai  bella  a  fresco  nel- 
l'Ospizio di  S.  M.  Maddalena  in  Pian  di  Mugnone,  luogo  a  lui  sopra 
ogni  altro  diietto.  Entro  una  piccola  cappella  presso  l'ingresso,  fi- 

(1)  È,  a  cagione  dì  esempio,  in  casa  degli  Illiutr.  Sigg.  Ricasoli  sur  un 
tegolo^  una  testa  di  Gesù  Nazzareno,  molto  simile  a  un'  altra  che  è  nella 
Gallerìa  de'  Pitti  incisa  ed  illustrata  per  cura  del  Bardi.  Presso  i  Sigg.  Pan- 
sam  rìcordami  aver  veduta  una  piccola  tavola  con  G.  C.  in  forma  d'  orto- 
lano che  si  appresenta  alla  Maddalena  ;  dipinto  della  prìma  maniera ,  guasto 
dai  ritocchi^  e  molto  inferiore  ad  altri  suoi  lavori.  Presso  il  cav.  Baldelli, 
una  Sacra  Famiglia  ,  che  dovrebbe  essere  delle  prime  cose  colorite  dal  Porta 
quando  abbandonò  la  scuola  di  Cosimo  Rosselli  ec.  ec. 


Digitized  by 


Google 


tu  MEMORIE 

garò  Cristo  apparire  alla  Maddalena  ìd  sembianza  di  Ortdano.  In 
aperta  campagna  porera  di  verzora,  redi  nd  caro  stesso  del  mon- 
te,  scoperchiato  il  sepdcro  del  Salvatore,  il  quale  da  un  lato  chiude 
la  prospettiva.  Due  sole  figure,  grandi  quasi  quantoil  vero,  cam- 
peggiano in  quella  superficie.  Già  la  santa  e  innamorata  donna 
ha  riconosciuto  il  lungamente  pianto  e  desiderato  Maestro;  e  con 
uno  slancio  afiettuoso  si  protende  verso  di  luL  Tiene  piegato  a 
terra  il  destro  ginocchio,  e  posa  la  destra  mano  sopra  una  pie- 
tra nella  quale  si  legge:  inveni  qttem  diligit  aniima  mea.  1517: 
parole  della  Cantica  (1),  che  il  pittore  molto  avvertitamente  seppe 
trarre  a  significare  il  proprio  concetto.  Leggiadro  è  il  volto  di 
lei  veduto  sol  di  profilo;  V  atto  facBe  e  spontaneo;  e  nell'  accon- 
ciare e  nel  piegare  dei  panni  wm  ha  cosa  di  cui  Y  occhio  non 
debba  appagarsi.  Seminudo  è  il  Salvatore,  e  come  nella  tavola 
fiorentina  colorita  per  Salvator  Billi,  atteggialo  e  avvolto  in 
bianco  velo.  Ha  nella  sinistra  mano  un  istrum»ito  campestre,  e 
con  la  destra  fa  segno  di  respingere  la  Maddalena,  ma  con  sguardo 
cotanto  afibttuoso,  che  mostra  nel  tempo  stesso  rassicurarla.  La  fi- 
gura di  G.  C.  a  mio  arviso  lascia  desiderio  di  più  venerando  e 
celestiale  aspetto;  perciocché  la  giovinezza  e  V  avvenenza  di  lai, 
Tatto  quasi  di  chi  muovesi  a  danza,  e  le  membra  in  parte  ignude, 
non  ci  rendono  a  dovere  la  maestà  e  la  gloria  di  quella  resurre- 
zione. Molti  danni  ha  patiti  questo  dipinto,  e  maggiori  lo  atten- 
dono, per  non  essere  a  sufiScioiza  difeso  dalle  ingiurie  del  tempo. 
Nel  luogo  stesso,  sulla  via  principale,  presso  il  cancello  d'in- 
gresso, fra  Bartololnmeo  colori  in  una  nicchia  sul  muro,  G.  C. 
crocifisso,  dappiedi  la  Maddalena  che  abbraccia  la  croce;  e  dai 
(1)  Gap.  111.  V.  4. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  Vili.  145 

lati,  in  due  tondini,  due  teste  di  Santi Domenicaiii.  li  tempo  che  ha 
quasi  intieramente  distrutte  le  altre  figure,  non  ha  ofièso  tanto 
fueUa  della  Maddalena,  che  non  si  riconosca  ancora  per  ima  bel- 
tifisima  e  graziosiasima  figurioa.  Duolmi  che  in  brere  anche  que- 
sta disparirà. 

Pomo  al  presente  noverane  alcuni  a  freschi  dello  stesso  di- 
pintore odoriti  nel  mio  conyento  dì  S.  Marco,  i  qoali  non  dubito 
appartenere  alle  oltime  soe  cose.  Nella  cappella  del  Giovtmaio 
è  una  Vergine  col  Figlio  in  braccio,  crudelissimamente  danneg- 
giata, forse  per  opera  di  ehi  tentò  segarla  dal  moro  e  traspor* 
tarla  con  altri  simili  dipinti  del  Porta  nella  Galleria  dell'  Acca- 
demia del  disegno.  Questo  a  fresco  è  di  un  fare  tanto  grandioso, 
che  gtt  trapassa  i  termini  M  naturale.  Nella  stessa  cappeUa, 
forse  netti-  ovati  che  drconda? ano  V  altare,  erano  verosimilmente 
qoeUe  4ieci  teste  di  santi,  otto  dipime  a  fresco  e  due  a  olio,  che 
al  presente  sono  nell'  Accademia  antidetta;  fra  le  quali,  sotto- le 
sembianxe  di  S.  Pietro  martire,  il  pittore  ritrasse  fra  Gerolamo 
Savonardta ,  assai  meno  felicemente  però  che  nel  ritratto  posseduto 
dal  sig«  Robéeri  in  Prato.  Due  Vergini  col  Figlio  in  braccio,  egual* 
mMte  pitturate  sul  moro,  possiede  l' Accademia  Fiorentina,  e 
vaoBo  contrassegnate  dal  N""  M.  --*  La  più  parte  di  que!^  di- 
pinti, tutti  di  uno  stile  grandioso,  non  hanno  lode,  a  mio  avviso, 
di  molta  gentilezza  nelle  forme,  e  di  accurata  esecuzione;  onde 
basti  averli  accennati.  Ma  bellissime  sempre  mi  parvero  quelle 
quattro  mezze  figure  di  Santi  Domenicani  dallo  stesso  pittore  co- 
lorite nel  dormentorio  inferiore,  sopra  l'ingresso  alle  scuole  dei 
religiosi  di  8.  Marco.  Per  tocco  di  pennello  vigoroso,  sfumalo, 

diligente,  vanno  innanzi  a  molte  altre  consimili.  Segnatamente 
n.  10 


Digitized  by 


Google 


1&6  MEMORIE 

loderò  il  S.  Tommaso  d' Aquino  e  on  altro  Santo  Do  menicano, 

due  belle  teste  vire  e  parlanti  (1). 

Dei  quadri  non  finiti  non  ricordo  che  tre.  L'Assunzione  di 
Maria  al  Cielo,  che  da  fra  Bartolommeo  ebbe  il  disegno,  e  da  fra 
Paolino  il  colore,  è  ornamento  bellissimo  della  Chiesa  di  S.  Ma- 
ria del  Sasso  presso  Bibbiena  nel  Casentino,  ufiziata  dai  Padri 
Domenicani.  Una  Deposizione  di  Croce,  tavola  di  mediocre  gran- 
dezza, al  maggiore  altare  della  chiesuola  dei  Domenicani  in 
Pian  di  Mugnone,  con  entrovi,  oltre  le  consuete  figure  della  V^> 
gine,  della  Maddalena  e  di  S.  Giovanni,  S.  Domenico  e  S.  Tom- 
maso di  Aquino.  Tolto  V  originale  e  trasportato  nella  Fiorentina 
Accademia,  vi  fu  sostituita  una  copia  assai  bella  di  mano  di 
ignoto.  Eziandio  questa  tavola  fu  dintomata  solamente  dal  Porta 
e  colorita  da  fra  Paolino.  La  terza  è  la  gran  tavola  che  dovea 
collocarsi  nella  pubblica  sala  del  consiglio,  già  conundata  Gno 
dall*  anno  1512,  come  si  disse. 

Se  non  tutti,  certamente  alcuni  di  questi  dipinti  potrebbero 
essere  stati  intrapresi  da  fra  Bartolonmieo  nella  primavera 
del  1517.  Neil'  estate  di  questo  stesso  anno,  sperando  allevia- 
mento alle  molte  sue  infermità,  si  recava  ai  bagni  di  S.  Filippo, 
ma  con  pochissimo  giovamento  (2).  Reduce  in  Firenze  riprendeva 

(i)  Il  Cinelli  scrive,  che  nel  refettorio  del  convento  di  San  Marco  sono 
una  B.  V.  con  San  Domenico  e  Santa  Caterina  da  Siena  di  mano  dì  fra 
Bartolommeo ,  non  che  un  San  Vincenzo  Ferreri  di  mano  dello  stesso  (Vedi 
Bellezze  di  Firenze  ec.  pag.  469).  Di  questi  dipinti  noi  non  abbiamo  con- 
tessa. Il  San  Vincenzo  era  nell*  andito  della  Sacristia,  ed  ivi  pare  è  ricor- 
dato dal  GinelU.   Che  il  Porta  ne  colorisse  due,  confesso  ignorarlo. 

(2)  Vasari  ,   F'ita  di  fra   Bartolommeo,  in  fine. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  Vili.  IW 

la  gran  tarola  della  sala  del  Consiglio.  RImordeyagli  Fanimo,  che 
un'opera  a  lui  a£Bdata  già  molti  anni  innanzi,  e  della  quale 
avea  ritratto  gran  parte  del  prezzo,  non  ancora  fosse  stata  com- 
piuta. Consideraya  quanto  solenne  dimostrazione  di  stima 
fosse  quella  che  a  lui  offeriva  la  patria,  richiedendolo  di  un  suo 
dipinto  in  luogo  tanto  insigne,  ove  solo  al  Buonarroti  e  al  Vinci 
ersL  stato  conceduto  fare  sperimento  di  sé;  il  che  era  un  dirlo 
terzo  in  tanta  gloria,  e  loro  pareggiarlo  nell'arte.  Era  pur 
quella  la  sala  fatta  inalzare  da  fra  Girolamo  Savonarola,  quando 
cacciato  in  esilio  Piero  de'  Medici,  rimettevasi  il  popolo  fiorentino 
nel  possesso  dell'antica  libertà.  E  da  lui  si  chiedeva  che  in  un 
solo  dipinto  fossero  ritratti  tutti  quei  santi  nei  giorni  de' quali 
la  Repubblica  Fiorentina  aveva  ottenute  le  più  s^^nalate  vittorie 
de'  suoi  nemici;  onde  mantener  viva  nei  nepoti  la  memoria  der 
gli  avi,  e  dell'antica  grandezza.  Queste  considerazioni  dovevano 
avere  ecicitato  nell'  animo  del  Porta  un  impaziente  desiderio  di 
porre  un  suggello  aUa  sua  gloria  con  l' opera  la  più  perfetta  che 
a  lui  fosse  dato  eseguire,  aflBne  di  potere  con  tutta  ragione  escla- 
mare coi  Venusino,  exegi  monummtumi  Ma  indamo;  la  tavola  con- 
tornata e  ombrata  di  aspalto,  bellissima  per  corretto  disegno,  bel- 
lissima per  copiosa  e  ragionata  composizione,  e  tale  in  somma  da 
non  cedere  alla  Vergine  del  Patricinio  di  Lucca,  non  consegui  la 
dovuta  perfezione  (1).  La  morte  che  a  Raffaello  concedette  por  fine 

(1)  In  questa  u^ola,  oltre  un»  Gloria  nella  parte  superiore,  sono  le 
seguenti  figure:  Sant'Anna,  la  B.  Vergine  col  figlio  in  grembo,  San  Giov. 
Batdsta,  San  GioYan  Gualberto,  Santa  Reparata,  San  Zanobi,  San  Barnaba, 
San  Vito ,  Sant*  Antonino,  accanto  al  quale  è  una  figura  cbe  non  si  saprebbe 
determinare ,  nella  quale  fra  Bartoloomico  ci  lasciò  il  suo  ritrntto,  come  scrive 


Digitized  byLjOOQlC 


148  MEMORIE 

alla  Tras%urazìone  e  con  quella  farne  gloriose  e  lacrimale  le 
esequie»  non  conaenti  al  Porta  il  conforto  di  cctaipiere  il  sno  capo 
lavoro. 'Udiamone  il  racconto  dal  Vasari,  e  Perchè  avendcda  co- 
minciata e  disegnata  tutta,  aTrenn^  che  per  il  continuo  lavorare 
sotto  una  flnestra  il  lume  di  quella  addosso  percotendogli,  da 
quel  lato  tutto  intenebrato  restò,  non  potendosi  muorere  ponto. 

il  Vasari.  Pregato  da  me  l'  egregio  dipintore  ed  amico  sig.  CammìUo  Facci 
di  Saraana,  a  porgere  mi  giudizio  artistico  su  quest*  ultimo  capo  lavoro  del 
Porta,  si  degnava  comunicarmi  le  seguenti  riflessioni.  t<  Niuna  composi- 
zione a  parer  mio  più  grande  e  più  solenne  di  questa  annoTera  1*  arte  Cri- 
stiana, avuto  riguardo  al  soggetto  e  alla  destinazione  del  quadro  :  niuna  ove 
una  siomietria  quanto  severa  altrettanto  variata  e  libera,  e  ove  1*  armonia 
delle  litiee,  il  fondo  architettonico,  la  disposizione  della  G/or/a  «  e  la  distri- 
buzione dei  gruppi  e  delle  (igure,  non  che  il  carattere  parziale  di  esse,  me- 
glio valga  a  .fissare  nell'  animo  una  profortda  sensazione  di  grandezza  e  di 
magnificenza  ;  e  ebe  più  di  quésta  rtuniaca  gli  eletnenti  più  inaraviglion  del> 
1*  arte  dei  tre  sommi,  Leonardo,  RafacIlD  e  Micbelini^iolo.  Nel  gmppo  cen- 
trale di  fatto  è  facil  cosa  ravviare  la  finitezza  e  la  soavità  del  fare  Leo- 
nardesco non  solo,  ma  anche  la  maniera  con  cui  è  composto  rammenta  il 
famoso  cartone  di  Sant'  Anna  di  quel  sommo,  a  coi  sembra  il  nostro  Porta 
abbia  voluto  rendere  omaggio  in  quest*  ultimo  lavoro,  siccome  dallo  stu- 
diare i  di  luì  disegni  aveva  dato  il  primo  suo  slancio  nella  carriera  pittorica. 
Nella  ficrn  attitudine  delle  figure ,  nella  energica  maniera  di  segnare  le 
estremità,  chi  non  riconosce  il  di  lui  culto  al  Buonarroti?  mentre  nella 
Gloria^  nel  divin  Pargolo,  e  nei  putti  che  seggono  cantando  sui  gradini  della 
scala,  lo  si  direbbe  trasformato  nel  delicato  e  grazioso  sentire  del  Sanzio.  » 
Questa  tavola  venne  collocata  dapprima  nella  cappella  di  Ottaviano 
de*  Medici  in  San  Lorenzo:  quindi  Ferdinando  de' Medici,  fratello  di  Gto. 
Gastone,  la  fece  trasportare  nella  Galleria  degli  Uffiz). 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  Vili.  149 

Onde  fu  consigliato  che  andasse  «1  bagno  a  S.  Filippo,  essendosi 
cosi  ordinato  da' medici,  dove  dimorato  molto,  pochissimo  per 
questo  migliorò.  Era  fra  Bartolommeo  delle  frutte  amicissimo 
ed  alla  bocca  molto  gli  dilettavano,  benché  alla  salute  dannosis- 
sime gli  fossero.  Perché  una  mattina  avendo  mangiato  molti  fichi, 
oltre  fl  male  ch'egli  aveva,  'gli  sovraggiunse  una  grandissima 
febbre,  la  quale  in  quattro  giorni  gli  finì  il  corso  della  vita  d'età 
d' anni  quarantotto,  onde  egli  con  buon  conoscimento  rese  l'anima 
al  delo.  Dolse  agli  amici  suoi  ed  ai  n*ati  particolarmente  la 
morte  di  hu,  i  quali  in  8.  Marco  nella  sepoltura  loro  gtt  diedero 
onorato  sepolcro  l' anno  1517  alU  8  di  ottobre  (a),  d 

Cna  morte  m  eti  tanto  immatura  e  nel  meriggio  deHa  s^ 
ria,  parve  a  tutti,  oome  era  veramente,  gravissimo  danno;  per* 
ciocché  le  arti  perdevano  un  s<denne  maestro,  la  società  uon 
specchiato  cittadino,  ed  il  chiostro  un  degno  religioso.  Meno 
avventuroso  del  suo  confratello  Giovanni  Angelico,  non  ebbe 
trovato  un  mecenate  che  alla  sua  iMmoria  ergesse  un  mo- 
numento, 0  quale  ai  posteri  additasse  il  luogo  del  suo  sepólcro. 
Solo  in  ciò  stimo  fortunatissimo  il  Porta,  die  noi;i  vide  la 
cara  patria  btta  serva  di  un  mostro,  né  le  grandi  calamità  che 
in  breve  piombarono  sull'Italia.  E  pochi  giorni  più  che  a  lui 
fosse  bastata  la  vita,  avrebbe  udito  dalla  lontana  Germania  il 
grido  spaventoso  della  Riforma  (1)!  Alcuni  anùci  di  fra  Barto- 
loBuneo  dettarono  il  seguente  elogio,  il  quale  ci  fu  conservato 

.    (1)  Neil' ultimo  giorno  di  ottobre  in  quello  stesso  anno  1S17,  Lutero 
pubblicava  le  sue  conclusioni  in  WiteuiIicrgA  contro  le  {ndulgenstf. 
(a)  Vedi  Documento  (Vili.) 


Digitized  byLaOOQlC 


i50  MEMORIE 

dal  Vasari  nella  prima  edizione  ddle  sue  vite  dei  pittori  »  scul- 
tori ed  architetti. 

Apelle  nel  colore,  e  U  Buonarroto 

Imitai  nel  disegno;  e  la  natura 

Vinsi,  dando  vigor  'n  ogni  figura 

E  carne,  e  ossa,  e  pelle,  e  spirti,  e  moto. 

Quanto  mai  mutati  erano  i  tempi  dacché  Y  Angelico  avea 
cessato  di  vivere!  Volendosi  intessere  un  elogio  a  quel  piissimo 
dipintore,  era  stato  scritto  sul  suo  sepolcro,  come  la  più  bella 
lode  di  lui  fosse  stata,  non  già  di  avere  raggiunto  nella  pittura 
il  valore  di  Zeusi  o  di  ApcUe,  ma  si  di  avere  ai  poverelli  di  Cri- 
sto distribuito  il  prezzo  de'  suoi  dipinti;  e  se  la  terra  si  abbel- 
liva con  r  opere  uscite  dalla  sua  mano,  il  cielo  possedeva  quelle 
troppo  più  belle  del  cuore.  Elogio  ben  degno  di  un  pittore  cri- 
stiano. A  frate  Bartolommeo,  che  nella  pietà  e  nel  costume  era 
specchio  a  tutti  'gli  artefici  suoi  contemporanei;  e  se  nel  cele- 
stiale non  raggiungeva  V  Angelico,  molto  però  gli  andava  dap- 
presso nella  virtù,  volendosi  a  lui  intessere  un  elogio,  che  in 
brevi  parole  compendiasse  tutta  la  lode  dell'artista,  scriveasi 
aver  egli  dato  ad  ogni  figura  carne,  ossa,  pelk,  spirti  e  motol 

Dopo  quanto  si  è  detto  cosi  intorno  la  vita  come  intomo  le 
opere  del  Porta,  stimo  superfluo  il  dilungarci  in  altre  riflessioni. 
Solo  volendo  con  brevi  parole  riepilogare  il  già  detto,  e  quasi  con 
poche  linee  tratteggiare  questo  insigne  artefice,  diremo:  nel  di- 
segno essere  castigatissimo;  crudo  però  alquanto  nelle  prime  sae 
cose,  sobrio  ed  elegante  nelle  seconde,  e  alquanto  esagerato  nelle 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  lU.  CAP.  Vili.  151 

ultime.  Nella  scienza  del  ehìaroscnro  dottissiino,  non  senza  in- 
corrare  tal  fiata  la  colpa  di  ostentatore  soverchio,  segnatamente 
in  alconì  dipinti  della  sua  terza  maniera.  Nel  piegare  dei  panni 
stimo  vincere  ogaì  competitore  della  Scuola  Toscana,  e  più  in  quei 
dipinti  nei  quali  prese  a  seguitare  la  maniera  e  gli  andari  di  Raf- 
Caello  e  di  Lionardo.  Ma  nel  colore  é  così  grande  e  cosi  terribile 
questo  frate,  che  ben  può  contendere  di  vigore,  di  impasto  e  di 
sfumatezza  coi  migliori  tra  i  veneziani  stessi.  Onde  io  stimo  che 
ninno  vorrà  a  lui  dinegare  questa  gloria  bellissima,  di  aver  dato 
alla  Scuola  Fiorentina  quell'  elemento  principalissimo  nel  quale 
veramente  pativa  difetto.  Perciocché,  se  a  molte  scuole  d' ItaUa 
andava  innanzi  nella  grazia,  nella  bontà  del  disegno,  e  nella  fi- 
losofia del  comporre  ;  a  moltissime  poi  cedeva  nell'  arte  del  colo^ 
rire.  Ma  quando  potè  citare  ad  esempio  il  frate  di  S.  Marco, 
e  per  esso  MarioUo  Albertinelli  e  Ridolfo  del  Ghirlandaio, 
allora  parve  ristorai*si  di  tanto  danno.  Né  già  alla  sola  Scuola 
Fiorentina  giovò  l' esempio  del  Porta ,  ma  eziandio  alla  Ro- 
mana, per  averne  egli  ammaestrato  Raffaello,  fondatore  e  padre 
di  quella.  Debbesi  lodare  eziandio  il  Frate  di  forte  e  versatile 
ingegno,  per  essersi  con  tanto  felice  risultamento  accinto  alla  imi- 
tazicme  del  Vinci,  di  Raffaello,  dei  Veneti  e  di  Michelangiolo 
Buonarroti,  creando  uno  stile  che  può  dirsi  di  tutti  e  non  appar- 
tenere ad  altri  che  a  luì.  Ma  quando  la  storia  ci  narrasse  questo 
solo  del  Porta,  che  ei  fu  Famico  affettuoso  ed  il  maestro  di  Raf- 
faello, stimo  bastare  alla  più  compiuta  sua  gloria.  Non  taceremo 
eziandio  di  un  servigio  non  lieve  reso  dal  nostro  dipintore  agli 
artefici;  ed  é  aver  primamente  trovato  V  uso  di  quel  modello  di 
legno,  che  con  francese  vocabolo  oggi  appellasi  Manichino,  e  che 


Digitized  by 


Google 


152  MEMORIE 

altri  più  propriamente  dice  Jtem  pieghe;  troyato  bdUagimo^Geii 
r opera  del  quale,  senza  l'alato  dd  vero,  si  può  rinrenirc  la 
ragione  delle  pieghe  e  deU'  acconciare  dei  panni  (1). 

Rimane  da  ultimo  ciie  noyeriamo  i  cartoni  e  i  disegni  origi- 
nali che  dopo  la  morte  di  Ara  Bartolommeo,  e  dopo  tante  dqne- 
dazioni,  citarono  conservati;  non  che  noverare  i  suoi  discepoli 
e  imitatori,  con  i  nomi  dei  quali  chiuderemo  questo  capitolo  e 
questa  Vita. 

Morto  fra  Bartolommeo,  i  cartoni  e  i  disegni  di  lui  rimasero 
lutti  nelle  mani  di  fra  Paolino  da  Pistoia,  e  lo  attesta  il  Vasari. 
Finché  visse  costui,  se  ne  giovò  fbrs'ancbe  più  del  dovere  nei  suoi 
molti  dipinti;  e  innanzi  al  morire  ne  fece  dono  alla  religiou  do- 
menicana suor  Plautilla  Nelli.  Dalle  mani  di  questa  pittrice  pas- 
sarono in  quelle  del  cav.  Nicc(riò  Gaburri,  e  successivamente  in 
altre,  non  omesso  che  il  sig.  Guglielmo  Kant,  fattone  acquisto  di 
una  gran  parte,  li  trasportò  in  Inghilterra.  Firenze  possiede  i  se- 
guenti Qartoni  nella  sala  delle  annue  esposizioni  deQ'  Accademia 
del  disegno  : 

Contrassegnati  dai  numeri  6  e  8,  sono  le  due  bellissime 
figure  di  S.  Maria  Maddalena  e  di  S.  Caterina  da  Siena,  che  ser- 

(I)  AUornquando  fu  soppresso  il  monastero  delle  Religiose  Domeni- 
cane <ìi  Santa  Caterina  da  Siena  in  via  Larga,  si  rinvenne  un  modello  di 
legno  antichissimo,  tutto  intarlato  e  guasto;  fu  creduto  essere  quello  stesso 
che  avea  servito  a  (ra  Bartolommeo,  e  che  poi  fosse  passato  nelle  maoi  di 
suor  Plautilla  Nelli.  Questo  modello  alquanto  restaurato  si  conserva  tutta- 
vìa nell*  Accademia  Non  tacerò  che  il  Vasari  scrive ,  come  il  modello  à\ 
fra  Uartulomtnoo  pa^sisic  in  sua  proprietà.  Vedi  f^ita  di  fra  Bartolommeo^ 
III   fine. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  Vili.  158 

virono  per  il  quadro  di  S.  Romano  di  Locca.  N''  7,  un  car* 
Urne  con  eotrovi  S.  Domenico,  grande  al  Tero ,  che  appar^ 
tiene  ad  un  quadro  che  non  conosco.  È  alquanto  dameggiato. 
NMl,  il  beato  Costanzo  da  Fabria&o.  N°  12»  il  ven.  P.  Lorenzo 
da  Ripafratta,  maestro  dei  noviz)  di  S.  Antonino  e  del  beato  Gio- 
vanni Angelico.  N^  20,  il  beato  Giovanni  Domipid  cardinale. 
N""  31,  il  beato  Antonio  Nejrrot  martire.  Questi  quattro  ritratti 
sono  soltanto  mezze  figure;  e  dovevano  senza  meno  aver  servito 
per  i  ritratti  che  dei  medesimi  beati  vedevansi  ndla  ceUa  di 
S.  Antonino  in  S.  lUaroo,  nei  tempi  del  P.  Domenico  Ifaccarani, 
siccome  egli  scrìve  nella  vita  del  Santo  Arcivescovo  (1).  Vi 
mancherebbero  sc^mente  quelli  del  beato  Giovanni  Angelico  e 
del  beato  Pietro  Capucci.  Contrassegnato  dal  N*  22,  è  on  car*- 
tone  con  entro  S.  Matteo  Apostolo.  N^  23,  qudlo  di  una  Santa 
non  ben  determinata.  N^  26  e  27,  i  due  bellissimi  cartoni  degli 
Apostoli  S.  Pietro  e  S.  Paolo,  coloriti  già  in  Roma  per  fra  Ma- 
nano  Fetti.  N""  37,  una  Sacra  Famiglia*  N^  44,  un  Angelo  con  un 
candeliere,  che  si  attribuisce  allo  stesso  pittore.  Sono  in  tutto  18; 
'  benissimo  conservatL 

In  numero  troppo  maggiore  sono  i  disegni  originali  del 
Frate,  che  possiede  Firenze.  NeUa  gran  raccolta  dei  disegni 
originali  di  tutti  i  più  celebri  pittori  italiani,  la  quale,  siccome 
altrove  sì  disse,  somma  a  27,838;  e  che  con  grandissimo  amore 
si  conserva  nell*I.  e  R.  galleria  degli  Uffizj,  ve  ne  hanno  N"*  72 
(li  mano  di  fìra  Rartolommeo.  E  siccome  la  metà  è  disegnata  da 
ambedue  le  parti,  si  ponno  noverare  in  tutto  sopra  cento  disegni. 
Alcuni  di  questi  sono  a  penna  lumeggiati  a  biacca;  altri  eseguiti 

(1)    Vita  di  Sani*  Anioninoy  Kh.  VI,  cap.  2. 


Digitized  by 


Google 


IM  MEMORIE 

cdla  matita.  I  pia  belli  sonoa  penna,  e  molti  non  eccedono  l'al- 
tezza di  sei  o  sette  pollici.  Noi  ci  terremo  paghi  di  ricordaine  al- 
cuni soltanto. 

Una  figora  dì  donna  veduta  di  schiena /che  si  crede  ser- 
fisse  per  il  quadro  del  Ratto  di  Dina. —  Un'  altra  bellissima  ia 
ginocchio  che  prega,  ed  è  parte  del  quadro  della  Vergine ddPa- 
trodnio  di  Lucca.  —  Un'  altra  parte  del  quadro  medesimo,  cioè 
la  Vergine,  e  il  gruppo  bellissimo  ddle  due  madri  con  i  puttL 
^  Studj  rari  di  putti  ignudi.  —  Uno  studio  per  la  Deposizione  di 
Croce,  assai  raro.  —  Studj  per  i  due  grandi  quadri  della  Ver- 
gine detta  del  Baldacchino^  che  sono  uno  in  S.  Marco  e  l'altro  a 
Pitti;  dai  quali  manifestamente  apparisce,  come  fosse  costume  di 
questo  pittore  disegnare  innanzi  tutte  le  figure  nude,  e  poi  rive- 
stirle di  panni;  costume  seguitato  da  tutti  gli  altri  pittori. — Disegni 
vari  diSacreFamig^ie.— Un  S.Gerolamo,  che  mdto  somiglia  quello 
colorito  dal  beato  Angelico  nel  Capitdo  di  S.  Marco.  —  Un  dise- 
gno ben  finito  della  Vergine  Assunta  in  Cielo.  —  Un  altro  dì  una 
Vergine  in  gloria,  intomo  la  quale  è  una  danza  di  angioli  molto 
belli.  —  Un  disegnetto  di  Cristo  risorto,  bellissimo.  —  Cristo  nd- 
r  orlo,  e  i  Discqxdi  che  dormono  ec.  ec.  Alcuni  altri  dise- 
gni sono  presso  i  privati  cittadini  in  Firenze.  Non  è  gran  tempo 
che  in  Roma  furono  venduti  ad  un  Inglese  20  disegni  originali 
di  fra  Bartolommeo,  per  la  somma  di  400  scudi; e  vengo  accer- 
tato che  fra  questi  erano  alcuni  studj  della  parte  inferiore  del 
Giudizio  Finale  incominciato  dal  Porta  in  S.  Maria  Nuova,  e  ter- 
minato da  Mariotto  Albertinelli.  Non  pochi  ne  ha  la  città  di  Mi- 
lano; parte  nella  biblioteca  Ambrosiana  con  altri  di  Lionardo  da 
Vinci;  parte  presso  il  signor  Giuseppe  Vallardi.  Chi  vuol  co- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP,  Vili.  165 

nosoere  il  inerito  dd  Frate  di  S.  Marco  nel  disegno,  veda  questi 
che  ho  noverati,  e  vi  ravviserà  un  fuoco  ed  una. grazia» che  al- 
cune volte  invano  si  desiderano  ne'sooi  dipinti*,  e  quando  alcuno 
brami  chiarirsi  dell'  affinità  che  passa  tra  Raffaello  e;  il  P<M*ta, 
quivi  più  che  altrove  potrà  conoscerla. 

Detto  dei  cartoni  e  dei  disegni,  rimane  che  ricordiamo  i 
discepoli  e  gli  imitatori  di  fra  Bartolommeo. 

Giorgio  Vasari  novera  quattro  dei  primi,  e  sono:  Cecchino 
del  FraUj  Benedetto  Cianfanini,  Gabriele  Rustici  e  fra  Paolino 
da  Pistoia.  Dei  primi  tre  non  si  conoscono  dipinti;  dell' ultimo  si 
scriverà  altrove  copiosamente.  Ma  assai  meglio  che  nei  discepoli 
splende  il  Frate  ne' suoi  imitatori,  tutti  valentissimi.  Pongo  per 
primo  Mariotto  Albertinelli,  di  cui  scrive  il  Lanzi,  che  tanto  esso 
che  il  Porta  paiono  due  rivi  usciti  da  una  stessa  sorgente,  per  dive- 
nire r  uno  un  fiume  da  guadarsi,  F  altro  un  fiume  reale  (1).  In 
alcune  tavole  Mariotto  tiene  alquanto  del  secco,  siccome  in  queOa 
di  S.  Silvestro  a  Monte  Cavallo  in  Roma,  che  colorì  per  fra  Ma- 
riano FeUi.  In  altre  volendo  imitai^  fra  Bartol(muiieo  nel  vigor 
delle  tinte,  e  toccare  fortemente  di  scuro,  cade  in  tali  esagera- 
zioni che  muovono  a  pietà;  e  cosiffatta  è  a  mio  avviso  una  An- 
nunziazione  della  Vergine,  che  vedasi  nella  gallerìa  dell'  Accade- 
mia Fiorentina  contrassegnata  dal  N^  51:  quadro  che  importò 
tanto  stento  al  pittore,  che  lo  cominciò  due  volle.  Ma  chi  ha  ve- 
duto quello  stupendo  dipinto  che  ora  possiede  la  gallerìa  degli 
Uffizj,  vo'dire  la  Visitazione  di  Sant'Elisabetta,  e  il  bel  Cro- 
cifisso dell'Accademia,  non  negherà  certamente  a  Mariotto  Al- 
bertinelli nome  e  seggio  distinto  fra  i  più  valenti  dipintori  italiani, 

(1)  Storia  Pittorica,   Scuola  Fiorentina,  Epoca  2. 


Digitized  by 


Google 


166  MEMORIE 

Onde  è  mestieri  confessare,  che  se  pari  airingegno  fosse  stato  m 
lai  amore  allo  studio  e  alla  fotica;  nò  avesse  speso  il  meglio 
della  sua  vita  nei  bagordi  e  nei  postriboli,  avrebbe  raggiunta  nella 
pittura  una  rarissima  perCszione. 

Secondo  e  più  felice  imitatore  del  Frate,  è  Ridolfo  del  Ghir- 
landaio, stato  eziandio  suo  discepolo  nel  colorire,  come  scrive  il 
Vasari  (1).  Quanto  mai  non  era  dato  sperare  da  questo  arte6ce? 
E  qual  saggio  non  ci  ha  egli  lasciato  dell'ingegno  e  dell'arte  sua 
nei  due  miracoli  di  S.  Zanobi,  che  posti  allato  aDa  YisitazioDe 
di  Mariotto,  predicano  si  quelli  che  questo  la  virtù  dd  maestro, 
che  sta  loro  di  fronte  con  la  sua  tavola  della  sala  dd  Consiglio? 
Ond'  io  stimo,  che  se  Ridolfo  seguitando  gli  inviti  di  RaflRadk)  ri 
fosse  recato  con  esso  in  Roma,  avrebbe  se  non  tutti,  certo  la  più 
parte  superati  e  vinti  dei  pittori  fiorentini  di  quella  età.  Ma 
egli  dopo  la  giovinezza  rallentato  molto  il  dipingere,  in  luogo 
della  gloria  cercò  il  guadagno;  e  datosi  da  ultimo  alla  m^^atnra 
abbandonò  affatto  i  pennelli. 

Ultimo  fra  i  seguaci  e  imitatori  di  fra  Rartolommeo  pon^ 
Giovanni  Antonio  Sogliani,  allievo  di  L<H«nzo  di  Credi;  pittore 
castiga tissimo,  cui  il  cav.  Rio  dovea  certamente  concedere  loogo 
distinto  neir opera  sua  dell'Arte  Cristiana;  perciocché,  per  la 
bontà  de)  costume  pareggiò  i  più  specchiati  artefid;  e  quanto  fl 
Frate  e  il  Credi  ebbe  lode  di  sapere  esprimere  sul  volto  dei  santi 
un  riverbero  della  gloria  dd  cielo  (2).  Tentò  alcuna  volta  le  ve- 
stigia di  fra  Bartolommeo,  e  gli  avvenne  molto  feUcemente,  che 

(1)  Vedi  yita  di  fra  Buriolommeo  di  San  Marco  e  di  Ridol/o  del 
Ghirlandaio . 

(2)  Vasari,   Fila  del  Sogliani. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  GAP.  Vili.  157 

che  ne  scrìva  il  Lanzi,  il  quale  sembra  non  vedesse  il  grande  a 
fresco  che  il  SogUani  colori  nel  refettorio  dei  Padri  di  S.  Marco; 
ove  ritrasse  una  storia  della  vita  di  S.  Domenico,  qoando  cioè 
venati  meno  i  mezzi  di  sussistenza  alla  sua  nascente  famiglinola, 
Iddio  per  lo  ministerio  degli  Angioli  provvede  loro  il  pane.  Opera 
assai  maesttevoUnente  condotta,  nella  quale  è  lanta  la  somi- 
glianza con  la  maniera  del  Porta,  che  si  stimerebbe  da  lui  ese- 
guita ;  segnatamente  la  parte  superiore,  ove  ritrasse  un  Crocifisso 
con  la  B.  Y.,  S.  Gioranni,  S.  Antonino  e  S.  Caterina  da  Siena, 
tutte  figure  molto  belle. 

A  questi  potrebbe  aggiungersi  Giuliano  Bugiardini,  il  quale 
tolse  alcuna  volta  a  modello  il  Frale  di  S.  Marco,  come  avea 
tolto  a  imitare  successivamente  Lionardo  e  Michelangiolo;  ma 
stimo  che  gli  avvenisse  meno  felicemente  chQ  al  Sogliani. 

Basti  il  fin  qui  detto  della  vita,  delle  opere  e  dei  discepoli 
di  Fra  Bartolommeo  della  Porta. 


Digitized  by 


Google 


156 


SOMMARIO 

DEI    DIPINTI 

DI  FRA  BÀRTOLOHMEO  DELLA  PORTA 

CAVATO  DA  ON  ANTICO  MANOSCIITTO  DELL' AlCBIflO 
DI  8.  UABCO  DI  PIHBNZE, 

INTITOLATO 

RICORDANZE    E. 

Dal  1493  si  conduce  fino  al  1516,  un  ?oL  in-foL 


MDXVL  foL  127.  Ricordo  ri  fa  qui  di  iotto  in  tutu  k  seguenti 
carte  dì  tutte  le  dipinture  che  farà  fra  Bartholomeo  di  Pagalo 
da  Firenze  frate  di  S.  Marcho  di  Firenze  le  quali  lui  ha  difinte 
tanto  in  tavola  di  legno,  come  di  tela^  ovvero  in  ifiun\  o  in  quadri 
grandi  e  piccoli:  et  in  una  faccia  saranno  e  lavori  fatti  de'quaU 
se  ne  cavato  el  prezzo,  et  nelF  altra  faccia  al  dirimpetto  tutti  e  la- 
vori che  sono  fatti  per  lui  di  che  lui  non  ha  cavato  prezzo  alcuno, 
e  quali  si  sono  fatti  per  le  nostre  chiese^  ovvero  ri  sono  donati  a 
diverse  persone;  et  questo  nd  perpetuam  rri  memoriamo  et  acdoe- 
che  i  frati  presenti  et  futuri  vegghino  le  opere  sua,  et  come  none 


Digitized  by 


Google 


SOMMARIO  150 

stato  otioso  et  che  utilità  ha  fatto  et  [  domino  concedente  ]  farà:  et 
che  honore  al  convento  et  a  frati.  Dominus  qui  incepit  ipse  per/i' 
ciaU  Et  tutte  le  infrascripte  dipinture  sono  segnate  al  Hbro  che 
tiene  detto  fra  Bartholomeo  dipintore  S.  A.  a  luoghi  sua  etcmrthe 
difusamente  qui  dette  (i).  Et  io  frate  Barthototneo  Cavalcanti  syn- 
dico  del  detto  convento  et  frati  ho  fatto  questa  scriptura  et  tutte 
le  infrascripte  tavole  et  lavori  di  mia  propria  mano  per  fsde  del 
vero  ho  scripto. 


DIPINTURE  CHE  SE  NE   TRATTO  DANARI 


Im  primis  el  detto  fra  Bartholomeo  di  paghdo  dipinse  dua 
quadri  di  circa  du  braccia  luno  nequali  una  testa  di  Tkus 
(Ihesus  ),  neir  altro  la  Fergine,  a  M.  Hyero.'''*  da  Cari 
Bolognese  p,  prezzo  di  due.  quindici  doro  mo.  lar.  (2)  al 
libro  del  detto  fra  Barthol.  S.  A due.    ii 

Item  dipinse  un  quadro  di  drca  dun  br.'^''  nel  quale  era  santa 
Maria  Magdaknacum  Yhus  (Ihesus)  neUortofu  venduto 
a  Domenicho  perini  due.  XLIIIL  doro  mo.  larg.  (  moneta 
larga),  al  detto  It(r/  due »    44 

(1)  Malgrado  le  più  accarate  ricerche,  questo  libro  di  fra  Bartolom- 
roeo  non  si  è  potuto  rinvenire  nell'  Archivio  di  San  Marco. 

(2)  Due  sorta  di  Scudi  si  usavano  in  Firenze  nel  Secolo  XVI;  cioè 
lo  Scudo  d'  oro  di  moneta,  che  aveva  il  valore  di  lire  sette  fiorentine  ;  e  lo 
scudo  d'  oro  in  oro,  che  si  ragguagliava  a  ragione  di  lire  sette  e  messo. 


Digitized  by 


Google 


IGO  SOMMARIO 

lUm  dipime  un  quaéttm  cwca  (ten  tneiieo  brac.  ntì  <fwìk 
era  una  Natività  a  Damenicho  permt  p.  in  Francia  eb- 
bène due,  XXX  carne  appare  al  detto  libro  .    .    .    due.    90 

Item  una  Taw^la  circa  di  braccia  quattro  a  Bernardo  dd 
Bianco  p.  in  Badia  ebbeeene  due.  cento  doro  mo.  lar.  come 
appare  al  tib.  ditto  S.  J.    .    . i^  100 

Item  una  Tavola  neUa  Compagnia  de  ConUmplanti  dilla  quale 
pagarono  tutte  le  spese  che  vi  andarono,  et  due.  cinquanta 
doro  ma.  lar.  al  detto  Ub.  A.  (l) a    50 

ÌUm  una  Tavola  circa  di  br:  4 1  alta  nella  quale  era  la  Ver- 
gine  et  santa  Katherina  da  Siena  con  molti  altri  Santi, 
la  qu(de  dono  la  Signoria  di/irenze  a  uno  ambasciadore 

franzese  domandato  Monsygnor  di  Otton vescovo 

di { (  manca  )  et  fu  del  mese  di  Aprile  1512  et  la 

Sygnoria  dette  p.  prezzo  di  detta  Tavola  due.  trecento 
lar.  doro  benché  più  valessi  come  ne  appare  al  Ubro  De- 
bitori e  Creditori  del  convento  a  e.  123.  et  a/  /ì6.  di  fra 
thoL  S.A,(%) »  200 

Item  dsma  Compagnia  fatta  con  Mariotto  di  Biagio  dipin- 
tore sem  cavato  due.  dogenio  dodici  doro  mo.  lar.  nella 

(t)  Dì  questa  tavola  cosi  r«fk>n*  il  Vastri.  n  In  Areuo  in  badia 
de*  monaci  Neri  fece  la  testa  di  un  Cristo  in  iscoro^  cosa  bellisiima,  e  la  ta- 
vola della  Compagnia  de*  Cotitemplanti,  la  quale  s*  è  conservata  in  casa  del 
Magnifico  M.  Ottaviano  de*  Medici ,  ed  oggi  è  stata  da  M.  Alessandro  sdo 
figliuolo  messa  in  una  cappella  in  casa  con  molti  ornamenti,  tenendola  caris- 
sima per  memoria  di  fra  Bartolommeo.  »  Al  presente  si  ignora  ove  si  trovi 
questo  dipinto 

(2j  Di  questa  tavola  si  è  parlato  al  cap.  Ili,  pag,  ttS,  in  not». 


Digitized  by 


Google 


SOMMARIO        ^"  !6i 

quale  compùgnia  fu  la  Tafx>la  che  andò  in  fiandra  che 
fece  fare  un  M.  Ferrino  et  una  che  ondo  nel  duomo  di 
Luccha  et  una  nel  convento  nostro  di  Pi$a^  et  il  quadro 
di  Averardo  Salviati^  et  il  quadro  di  Giuliano  da  Ga- 
gliano ^  che  fanno  in  tutto  la  somma  della  sua  parte  che 
toccava  in  fin  che  la  durò^  che  durò  circa  di  anni  tre,  nel 
qtuU  tempo  dipinse  di  molte  cose  che  andarono  in  corpo 
di  compagnia^  come  di  tutto  appare  allib.  detto  S.A.  due*  212 
(  In  margine  si  legge  che  fatta  ogni  spesa  se  ne  erano 
cavati  hecti  dac  212  ). 

Item  per  arra  della  Tavola  che  va  nella  sala  della  Signoria 
*    in  palagio  per  essere  disegnata  hanno  haviUo  i  frati 
due.  cento  doro  mo.  lar.  al  detto  lib!"  due.    .    .    .    »  100 

Item  un  Tondo  di  dua  br.  nel  quale  era  una  Natività  venduto 
a  Giovanni  Bernardini  Lucchese,  due,  XX  doro  mo.  lar. 
al  detto  lib o    20 

Jtem  una  Tavola  alta  circa  di  br.  k  collomamento  fatta  a 
S.  Martino  de  lunigiana  stava  a  Santo  Stephanoy  in 
parte  ebbesene  due.  XXVI I.  lar.-  doro,  come  al  d.""  lib.    »    27 

Jtem  una  Tavola  che  andò  aluccha  fece  fare  fra  Sebastiano 
da  Monte  Cathini  andò  in  chiesa  nostra  aluccha  dette 
ducati  cento  trenta  doro  mo.  lar.  . d  130 

Item  un  quadro  dun  braccio  et  J  a  Stephano  spila  { fors^anco 
Sola  per  essere  poco  intelligìbile  )  lucchese  dettene 
due  XVL  doro  mo.  lar »    16 

Item  un  quadro  al  Generale  di  valombrosa  in  tela  dettene 

due.  XJl.  ald.Uibr »    12 

Item  una  Tavola  alla  br che  va  alla  Nuntiata  de  Servi 

II.  11 


Digitized  by 


Google 


162  SOMMARIO 

alla  [aita  fare  Salvadore  di  Giuliano  de'  BiUi  dettene 
due.  cento  doro  mo.  lar.  al  d.""  Ubro.  (1)     ...    due.  100 

DIPINTURE  DELLE  QUALI  NON  8*  È  CAVATO  DANARI 

/in  primie  el  detto  fra  Bartholomeo  dipinse  un  quadro  circa 
dun  braccio  nel  quale  era  una  Samaritana  cum  Thu. 
(Ihesu),  el  quale  pervenne  nelle  mani  a  M.  Byeroninw 
da  Casi  Bolognese  et  vendello  al  Signor  di  Mantova 
due.  LI.  al  d.*"  libr s    60 

Item  dua  quadretti  auso  dun  Ubretto  nequali  era  in  uno  lato 
ima  natività  et  neW  altro  lato  un  crocifisso  colla  Ver- 
gine et  San  Giovanni  fu  donato  a  Zanobi  Caddi  dal 
priore  fra  Santi  daluccha  di  valuta  di  due.  XVI.  al  d." 
libr B    16 

Item  un  quadro  a  mess.  Baldo  inghilanj  donatogli  di  valuta 
di  due.  XV.  al  d.*  libr »    15 

Item  dua  quadri  circa  dun  braccio  Inno  ne  quali  era  una 
Testa  di  Thu^nellaltrounaVergine  diprezxodi  duc.XIlII. 
donato  a  Piero  Soderini  quando  era  Gonfaloniere,  quando 
ci  rendè  la  campana  (2],  al  dJ*  libr!" o    U 

(1)  Dal  modo  onde  si  efprìme  il  Sindaco  del  convento  favellando  di 
questo  qaadro,  aembra  doTertì  dedurre ,  che  sì  stava  colorendo  nel  tempo 
che  il  medenmo  formava  il  presente  catalogo,  cioè  a  dire  1*  amio  1916,  per 
il  che  si  avrebbe  la  vera  epoca  del  dipinto. 

(2)  La  campana  della  chiesa  di  San  Marco,  che  il  popolo  appellava 
la  ptagnonOf  per  aver  suonato  a  martello  nel  tempo  che  gli  arrabbiati 
assediavano  il  convento,  tolta  per  opera  di  Tanai  de*  Nerbi  dal  campanile  <)i 


Digitized  by 


Google 


SOMMARIO  16S 

Uem  tm  quadro  circa  dun  braccio  nel  quak  era  una  fuUimta 
et  angioli  et  paese  di  prezxa  di  ducati  cinquanta  donato 
al  Cardinah  de*  Medici  hora  papa,  el  quale  gli  donorono 
el  padre  priore  et  padri  al  dJ"  Ub.* due.    SO 

Item  una  tela  circa  di  due  braccia  nella  quale  dipinse  una 
Vergine  col  Bambino  et  Joseph  di  presuo  di  duci  FUI. 
donata  alk  monache  di  Santa  Lucia  (1)  al  d."*  libf    »      8 

Item  dua  quadretti  ne  queUi  era  una  testa  di  ¥hu  nellaltro 
una  Tergine  di  due.  V.  di  pres^^  donata  al  concenio  di 
Prato 08 

Item  dua  quadretti  a  uso  di  WHretto  ne  quali  era  un  crocifisso 
coUa  Vergine  et  San  Giovanni,  nMaUro  una  Naticita 
di  prezzo  di  due.  XVI ^  el  quale  donò  fra  Bartholomeo 
da  Faenza  priore  atmsuo  fratello  al  d!*  lii.*    •    .    »    iO 

liem  dipinse  una  Tavola  di  circa  br:  k  |  alta  a  Piero  Cambi 
di  tmluta  di  due.  130  la  quale  è  in  San  Marcho  alaltare 
di  San  Piero  martire,  al  d.*  Kb.""  {9i).    .«...»  130 

Item  dua  quadri  di  circa  br:  k  alti  ne  quali  é  in  uno  san 
piero  neUaUro  ian  paulo  di  valuia  di  circa  due.  XXI. 
ma  perché  il  san  piero  i  un  poeho  imperfetto  pere  non 


quella  chiesa,  il  giorno  30  giugno  1498  fa  porttta  •  «loello  di  San  Francuco 
al  Monte.  Narra  il  Borlamacchi,  che  per  ordine  del  Pontefice  fa  reatituita 
ai  Domenicam  quando  Pisaju  riavuta  ^  cioè  nel  1509.  F'ita  del  P.  Fr. 
Gerolamo  Savonarola^  pag.  185,  Annal  Sane.  Marci  fot.  25. 

(1)  Questo  monastero  di  religiose  Domenicane  più  non  esiste. 

(2)  I  Cambi  avevano  la  sepoltura  in   chiesa   nostra  e  1*  ahare  dedi- 
cato a  San  Pietro  M. 


Digitized  by 


Google 


1C4  SOMMARIO 

gli  metto  se  non  dtic.  XXV,  furono  donati  a  san  Sylve- 
stro due.   25 

Item  un  san  Giorgio  disegnato  a  oUo  in  casa  franca  del  pu- 
gliese, non  è  finito  però  non  si  cava  fuori. 

Item  una  Tonala  alta  br:  6  \  nella  quale  è  Sancta  Kalerina 
da  Siena  et  Sancta  Maria  Magdalena,  et  Dio  Padre, 
et  4.  angioli  la  quah  haveva  a  ire  a  Murano,  oggi  ènei 
conv.  nostro  di  Luccha,  di  stima  di  due.  novanta  doro, 
al  d.Uib.*  S.  A »    90 

Item  una  tavola  di  circa  br:  6  alta  con.  •  • .  figure,  la  quale  è 
in  san  Marche  allo  aitate  di  Sancta  Katherina  da  Siena 
di  valuta  di  circa  due.  quattrocento  o  pm  doro,  al  d.' 
lib.  S.  A «400 

Item  un  san  Vincentio  posta  sapra  alla  porta  che  va  in  sagre- 
stia di  stima  di  due.    .  ■ i    16 

Item  un  quadro  circa  due  brac.  et  f  nel  quale  è  una  mexxa  Ver- 
gine col  bambina  in  colla  el  quale  donò  el  />.  priore  a 
ser  Bernardo  Canlliere  {(orse  C^nceììkTé)  de  Medici.  .  »    16 

Item  un  quadro  di  hr:  3  et  {per  ogni  verso  coUornamento,  do- 
nato al  M.*°  Lorenzo  de  Me'''.  (magniQco  Lorenzo  dei  Me- 
dici ]  con  Madonna  et  angeli  di  valuta  di  due.  cento,  ma. 
lar I)  100 

Item  una  Tavola  di  br:  6  alta  è  un  san  Marcho  fatta  per 
san  Marcho  nella  chiesa  nostra  di  valuta  di  due.  XI.    o    40 

Item  Un  Crodficca  di  circa  di  brucia  dua  et  |  el  quale  de. 
(  delle  )  fra  philippo  Strozzi  a  Francesco  del  Pugliese  di 
vahUa  di  due.  XV »    *5 

Item  Un  quadro  di  brac.  4  i  alto  nel  quale  è  san  Bastiano 


Digitized  by 


Google 


SOMMARIO  165 

con  Vangelo  è  in  ehiesa  nostra  di  san  Marcho  di  valuta 
di  due.  venti.    .    • .*    •    •    ^^^*    ^^ 

ìtem  Un  quadretto  di  circa  dua  ter  ti  alto  9  evvi  un  san  Bye- 
ronimo  el  quale  ebbe  fra  Hyeronimo  de  Rossi  allora  priore 
di  san  Marcho  di  valuta  di  dtic.  VII.    .....    d      7 

Item  Un  quadro  di  br.%{  alto  drentovi  una  Madonna  col 
batnbifio  donata  a  madonna  Alfonsina  (  de  Medici  ]  di 
valuta  di  due.  XXV.  lar.  doro  (1) 0    25 

(1)  Per  questo  importantissimo  documento  ci  è  dato  conoscere  un 
numero  troppo  maggiore  di  dipinti  di  fra  Bartolommeo  di  quello  datoci  dal 
Vasari.  Non  pertanto  vi  sono  omessi  molti  altri  quadri,  o  perchè  eseguiti 
potterìormente ,  o  perchè  dimenticai  dal  indaco.  Per  tacere  di  molti,  quivi 
non  è  ricordata  alcuna  Deposizione  di  croce  ;  che  il  Porta  replicò  più  volto  ; 
né  la  Vergine  Assunta  al  Cielo,  dipinta  per  Prato;  né  la  tavola  del  novi- 
liato  di  San  Marco;  ec.  ec. 


Digitized  by 


Google 


166  MEMORIE 


CAPITOLO      IX. 


Fra  Giqnanni  Giocondo  veronese ,  Architetto ,  Ingegnere, 
e  Antiqiuirio. 


AM  ?ita  di  un  insigne  pittore  facciaino  succedere  quelbi  di 
un  celebre  architetto,  che  fu  ornamento  singolare  deUa  sua  età; 
jche  quanto  Leon  Battista  Alberti  e  quanto  fra  Francesco  Co- 
lonna,  e  forse  più  deD^  uno  e  deU'  altro,  con  T  ingegno  meran- 
glioso  e  la  Tastiti  del  sapere,  fece  rivivere  tutta  la  greca  e  la 
romana  sapienza  nell'  arte  del  fabbricare;  che  fu  tra'primi  e  cer- 
tamente tra'  più  solenni  maestri  nella  scienza  delle  militari  for- 
tiQcazioni;  per  la  quale  meritò  gli  elogi  del  Sammicheli,  del 
Falconetto,  del  Budeo,  e  di  quanti  in  quella  stagione  n'  ebbero 
più  certa  perizia;  e  che  finalmente  nella  idraulica  si  eleyò  fino 
all'  altezza  di  Leonardo  da  Vinci.  Questo  architetto  è  frate  Gio- 
pondo;  nome  tanto  grande,  che  in  lui  solo  si  riepiloga ,  a  cosi  dire, 
mdta  parte  della  gloria  italiana  del  secolo  XVI.  Imperciocché  e^ 
ebbe  familiari  le  scienze  umane  e  le  divine*,  fu  peritissimo  nel  greco 
e  nel  latino;  nelle  dottrine  della  antichità  non  ha  chi  lo  par^i; 
nelle  matematiche  fu  insigne;  né  ignorò  la  storia  naturale,  e  le 
gentili  e  le  umane  lettere;  ed  ebbe  ammiratori  del  suo  ingegno 
Giulio  II,  Leone  X,  l'imperatore  Massifniliaqo, Luigi  XII  re  di 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  IX.  lOT 

Francia,  Lorenzo  de*  Medici,  e  tutti  i  più  chiari  ingegni  della 
sua  età;  per  guisa  che  leggendo  la  vita  del  Giocondo  sembra  re- 
ramente  di  leggere  in  gran  parte  la  storia  delle  nostre  lettere 
e  delle  nostre  arti.  Il  perchè  Giulio  Cesare  Scaligero  non  dubitò 
appellarlo  vecchia  e  nuova  MlioUca  di  tutte  k  buone  disciplme: 
e  nelle  Satire  lo  disse  Fenice  degiU  ingegni.  Il  Vasari  lo  chiama 
uomo  rarissimo  ed  universak  in  tutte  le  pm  lodate  facoltà;  e  sog- 
giunge scrireme  la  rita,  non  a  solo  beneficio  degli  artici,  ma 
del  m(Hido.  Onde  io  stimo  che  non  sia  alcuno  cosi  pauroso  o  cosi 
sprezzante  dei  Claustrali,  che  innanzi  la  grandezza  del  Giocondo 
non  sia  compreso  da  insolita  riverenza.  Perciocché  queir  età  che 
di  elettissimi  ingegni  non  pativa  difetto,  forse  ne  additerà  un 
uguale,  ma  un  maggiore  noi  credo.  Se  non  che  a  favellare  de- 
gnamente di  questo  grande  italiano  reputiamo  assunto  superiore 
di  troppo  al  nostro  tenuìssimo  ingegno,  e  alla  condizione  dei  no- 
stri studj  segnati  da  troppo  brevi  confinì.  Basterà  a  noi  pertanto 
ricordame  la  vita  e  le  opere  con  la  maggiore  esattezza;  e  se  a  noi 
verrà  fatto  di  alquanto  più  diradare  le  fitte  tenel^re  che  ingom^ 
brano  la  storia  di  questo  insigne  artefice,  stimeremo  aver  reso 
non  lieve  servigio  cosi  alle  lettere  come  alle  arti. 

Ma  innanzi  che  prendiamo  a  scrìvere  di  Ara  Giovanni  Gio- 
condo ci  è  mestieri  ragionare  alquanto  di  una  quistione  propo- 
sta già  dal  Tiraboschi,  e  agitata  e  discussa  lungamente  dagli  eru- 
diti del  passato  secolo,  né  mai  potuta  condurre  ad  alcuna  final 
concbiusione,  per  difetto  di  opportune  notizie,  e  per  la  contraddi- 
zione degli  antichi  scrittori.  Chiedesi  pertanto  se  veramente  fra  ' 
Giocondo  sia  stato  religioso  domenicano,  o  francescano,  ovvero  sol- 
tanto sacerdote  secolare:  quistione  che  se  altrove  potrebbe  sem- 


Digitized  by 


Google 


168  MEMORIE 

brare  di  poco  o  di  nlun  momento,  di  presente  si  rende  troppo  neces- 
saria; potendo  alcuno  muorerci  piato  di  avere  con  mano  furtiva 
mietuto  neil'  altrui  messe.  Che  se  a  noi  non  fia  dato  riscdveria 
in  modo  a  tutti  soddisfacente ,  verremo  almeno  a  far  noti  i  tilolìe 
le  ragioni  per  le  quali  crediamo  poter  restituire  all'  Ordine  di 
S.  Domenico  un  tanto  illustre  suo  figlio. 

Prima  che  ilTiraboschi  movesse  una  cosiffatta  dubitazione^era 
universalmente  tenuto  cbe  fra  Giocondo  appartenesse  alT  Ordine 
dei  Frati  Predicatori.  Nò  si  era  avuta  in  considerazione  V  aato- 
rìtà,  per  altro  gravissima,  del  Budeo*,  che  lo  appella  col  semplice 
nome  di  sacerdote;  stimandosi  da  tutti  che  questo  religioso,  a  me- 
glio attendere  alla  costruzione  di  tante  fabbriche,  dimettesse  per 
alcun  tempo  V  abito  del  suo  Instituto,  come  assaissimi  claustrali 
facevano  in  fuéUa  età,  in  cui  era  tanto  scaduta  la  regolar  disci- 
plina (1).  Due  scrittori,  se  non  contemporanei,  certamente  assai 
vicini  alla  età  del  Giocondo,  lo  avevano  detto  domenicaDo,  e 
sono,  Giorgo  Vasari  e  Onofrio  Panvinio:  il  primo  nelle  vite  dei 
pittori,  scultori  e  architetti;  e  afferma  avere  piena  notizia  di  que- 
sto insigne  artefice,  e  poteva  averla  da  quel  Donato  Giannotii  da 
lui  citato,  stato  già  in  Francia  amico  al  Giocondo,  e  in  Italia  al 
Vasari;  il  secondo,  dottissimo  e  diligentissimo  scrittore,  lo  ricorda 
fra  gli  illustri  veronesi,  dicendolo  apertamente  dell'Ordine  dei 
Predicatori  (2).  I  PP.  Razzi  e  Rovella  avevano  seguitato  il  Va- 

(1)  Fra  Giovanni  Angiolo  MoniorsoH  dei  Servì,  Don  Giulio  Clovio 
Canonico  Lateranense,  Fra  Marco  Pensabcne  Domenicano,  il  suo  confratrllo 
Fra  Guglielmo  di  Marcillat,  e  altri  arteBci  religiosi,  dimìsero  in  quel  secolo 
1*  abito    del  proprio  Instituto. 

(2)  OirvpHmi  PAnyniiiVBROHBirs.  jéntiquitatum  f^eroncnsìum  lib.  Vìlh 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  IX.  169 

sari;  e  il  celebre  Scipioiie  MaflTei,  ragionandone  nella  Verona  Illtt- 
if roto,  ripetè  quanto  su  la  vita  e  su  le  opere  del  Giocmido  aYe?ano 
scritto  i  PP.  Echard  e  Quietif  (1).  E  come  Giuseppe  Scaligero  ap- 
p^a  il  Giocondo  francescano/  rispondevano  T Echard,  il  Mon- 
iH>ye  e  il  Maffei,  che  sendo  Giuseppe  Scalìgero  più  remoto  dalla 
età  del  Giocondo  che  non  erak»  il  Vasari  e  il  Panvinio,  e  scrit- 
U»re  non  diligente,  non  si  voleva  preferirlo  ai  due  primi.  Vero  è 
che  Giulio  Cesare  Scaligero,  padre  di  Giuseppe,  era  stato  disce- 
polo del  Giocondo,  ma  che  ei  francescano  o  domenicano  fosse 
non  dice:  sdo  facendosi  a  lodarne  ringegno,lo  appella  sommo  scoH- 
ita  (2)  ;  forse  perchè  volendolo  encomiare  qual  sottile  disputatore, 
lo  denominò  da  Duns  Scoto  Bliaorita,  che  nel  disputare  fu  non 
pur  sottile,  ma  sottilissimo. 

A  queste  gravi  autorità,  primo  il  Tiraboschi,  e  dopo  il 
P.  Gngliehno  Della  YaUe  dei  Mincnri  Conventuali,  ne  opposero 
una  gravissima  in  favore  dell'Ordine  dei  Minori,  ed  è  quella  di 
fra  Lu^  Pacioli  francescano,  celebre  matematico,  il  quale  spo- 
nendo pubbUcamente  in  Venezia  il  quinto  libro  di  Euclide,  e  m^- 
zionando  in  una  sua  prelezione  tutti  quei  più  distinti  francescani 
che  erano  stati  suoi  i^^coltatori,  fra  questi  novera  fra  Giovanni 


un  voi.  in-fol.  1668.  Kb.  VI.  fol  167.  Frai.  Io.  locandus  yeronensis 
Ordinis  Pradieatorum,  snr  disertissìmus  et  doeiissimut ,  atque  niagnifiei 
Laurentii  Medici  Fiorentina!  Reipuhlieoe  Principis  amicitia  clarusy  multa 
edidit  ingenii  sui  monumenta,  ec. 

(1)  Maffbi,  f^rona   Illustratafììh.  Ili,  §  104,  e  Parte  IH,  cap.  6. — 
Echard  rr  Quibtif,  Biblioifiecu  Script.   Ord,  Prcedicat  ^  voi.  li,  fol.  37. 

(2)  j^pud  Echardf  loc.  cit. 


Digitized  by 


Google 


170  MEMORIE 

Giocondo  veronese  (1).  Questa  autorità,  igscnrata  dai  Padri  Echard 
e  QiiietiXe  dal  Maflfei  stesso  (2),  è  di  grande  rileTanza,  coocios- 
siachè  il  Pacioli  cita  nn  fatto  accaduto  a  Ini  stesso,  laddore  Q 
Vasari  ed  il  Panvinio  non  conobbero  mai  il  Giocondo.  A  questo 
termine  pervenuti ,  la  quisUone  sembrava  decisa  in  favore  dei 
fì-ati  Minori,  ed  il  P.  Della  Valle  ne  menava  festa  ùomt  di  ripor 
tata  vittoria.  Se  non  cbe  lo  stesso  Tiraboschi  rinvenne  altra  au- 
torità in  favore  dei  domenicani,  forse  di  un  egual  valore  di  qndna 
del  Pacioli ,  ed  è  del  francese  Sauval,  il  quale,  citando  i  registri  del 
Parlamento  e  della  Camera  dei  CùaU(€ompte$)ii  Parigi,ove  si  trova 
memoria  della  presa,  deliberazione  per  la  fabbrica  del  ponte  di  No- 
stra Donna  aflMata  a  fra  Giocondo,  nei  detti  registri  questo  frate 
è  detto  domenicano  (3).  Duolmi  che  il  P.  Della  Valle,  il  qoak 
cita  il  Tiraboschi  in  ciò  die  è  ai  suoi  0avorev<de,  taccia  poi  di 

(1)  V.  la  Vita  di  Fra  Giocondo  scritta  dal  Vasari,  edizione  di  Siena 
del  1792,  ore  al  voi.  VII  in  laogo  di  prefasione  vi  è  premesso  un  ra^- 
nainento  letto  dal  P.  Della  Valle  In  Torino  li  i5  marxo  1702. 

(2)  TiRABOscBi,  Storia  della  LeUerat,  Italiana ^  Tomo  6,  Parte  ID, 
Lib.  8.  Il  Temansa  seriore  cbt  questa  antorità  del  Pacioli  fa  nota  sBcbeal 
marchese  Maffisi  ;  ma  consultando  più  volte  la  f^erona  Hlu$trata^  non  ne  lin- 
venni  alcuno  indizio. 

(3)  TiRABOscBi,  loc.  cJt.  §  Vili,  pag.  1178.  //  Sau¥al  si  Jhnda  ìmoU 
tre  su  i  registri  del  Parlamento  e  della  Cantera  dei  contif  ne*  quali  iictf 
che  tro%fasi  sol  nominato  Frère  Jean  Joyeux  (  Gioioso)  Domenicano ,  che 
egli  crede  il  medesimo  che  fra  Giocondo,...  Per  altro  se  Jean  Joyeux  e  il 
medesimo  che  Giocondo ,  sarà  questo  un  nuovo  argomento  a  provare  che 
almeno  per  qualcfie  tempo  ei  fu  domenicano,  £  noi  aggiungeremo,  eoe 
se  questo  JoyeuT  flomenicano    non    è  lo  stésso  che  fra   Giocondo,   si  coo- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  IX.  171 

questa  autorità  del  Saa?al,  e  la  riiessione  che  su  dì  essa  fa  rin- 
signe  storico  della  nostre  letteratiira  in  fayore  dei  frati  Predica- 
tori. Abbiamo  pertanto  due  documenti  contemporanei  dd  nostro 
arcUtettOy  dei  quali  uno  lo  afferma  francescano,  e  domenicano 
Faltio.  Ciò  a  mio  avriso  dovea  bastare  a  temperare  alcjuanto 
qneBa  troppo  presta  esnltaxìoné  del  P.  Della  Valle.  Ma  che 
avrd)be  egli  detto  se  veduto  avesse  il  vero  ritratto  di  fra  Giocondo 
con  le  divise  domenicane?  Di  una  tale  scoperta  si  deve  lode  al 
P.  Domenioo  Federici,  che  la  comunicò  all'arehitotto  Temanza  , 
e  <iuesti  verificatala,  n'ebbe  fetta  memoria  nei  termini  seguenti. 
«  Vuoisi  che  la  sala  del  consìglio  di  Verona  sia  opera  di  6«  Gio- 
condOy  nò  k>  ho  niente  in  contrario.  Tanto  più  che  nel  piedistallo 
ed  second' ordine  della  Scoiata  verso  il  canto  della  vìa  delIeFo- 
glie,  d  è  in  basso  rilievo  il  di  lui  ritratto.  Questo  rappresenta  un 
frate  con  tonaca,  scapuhre  e  cappuccio*  alla  domenicana,  t^ 
nenie  un  libro  aperto  neUe  mani  con  queste  sigle,  e  nu  vbbon.  b. 
hi  mano  sinistra  che  con  il  dito  uidice  accenna  le  «gle,  cofHre  Io 
spazio  die  éovea  essere  occupato  da  queste  altre,  pist.  le  quali 
succeder  doveano  all*B.  Di  fotlo  è  chiaro  che  si  deve  leggere, 
e.  PLOfii  TBRornsusts  BFiSTOLAB.  L' abito  domenicano  e  le  accen- 
nate sigle  ci  fan  certa  fede  che  è  desso  (1).  a  E  vaglia  il  vero,  a 

cederà  almeno  l'esutenia  ^i  na  altro  insigne  arehltetlo  domemcano  al 
quale  il  Parlamento  ài  Parigi  affidava  la  erezione  del  bel  Ponta  di  Nostra 
Donna. 

(i)  Kite  dei  piit  celebri  nrchiteUi  ec.  pag.  54.  Del  Giocondo  era  un 
ritratto  nella  sala  del  consìglio  di  Venezia  colorito  dal  Tiziano ,  ma  peri 
ncll*infendio  del  4577.  V.  Tipaldo,  Elogio  di  fra  Giovanni  Giocondo, 
pag.  iO. 


Digitized  by 


Google 


172  MEMORIE 

quale  altro  religioso  domenicano  poteya  la  città  di  Verona  eri- 
gere tanto  insigne  monumento,  e  rappresentarlo  con  le  epistole 
di  Plinio,  se,  come  è  certissimo,  il  solo  fra  Giocondo  ta  il  primo 
a  pubblicarne  la  più  compia  e  la  più  corretta  edizkme?  A  nimo 
potrà  venire  in  mente  cbe  il  Parlamento  di  Parigi  e  la  patria 
Verona  ignorassero  V  istituto  a  cui  apparteneva  questo  insigne 
architetto  ed  antiquario. 

Le  quali  ragioni  ben  ponderate,  rendevano  la  soluzione 
del  dubbio  non  pur  difficile,  ma  impos^bile.  Quindi  quasi  con- 
ciliatcnri  di  pace  fra  dne  combattenti,  e  più  speranzosi  di  tron- 
care che  di  sciogliere  la  quistione,  il  marchese  Potetti  ed  fl  Te- 
manza  si  interposero  fra  gli  uni  e  gli  altri,  dicendo  che  fra  Gio- 
condo fosse  veramente  frate  Predicatore,  poscia  arbitrariamente 
tornasse  al  secolo,  e  fosse  da  tutti  affilato  sacerdote,  come  si 
ha  nel  Budeo;  in  ultimo  volendo  tornare  al  chiostro,  preferisse 
quello  dei  frati  Minori;  per  la  qual  cosa  saria  stato  veramente m 
diversi  tempi  domoìicano,  sacerdote  secolare,e  francescano.  Que- 
sta seduzione,  abbenchè  non  manchi  di  offerire  alcune  di£koltii, 
parci  non  pertanto  la  più  ragionevole,  e  perciò  la  tenghiamo  per 
v«>a  (1);  tanto  più  che  sembra  consuonare  jùosì  un  detto  di  Gin- 
seppe  Scaligero,  il  quale  in  una  sua  lettera  del  1594  favellando  del 

(1)  Ci  sembra  «Mai  giusta  una  obbieaione.  Se  Verona  faceva  scolpire 
in  luogo  pubblico  l'efBgie  del  Giocondo,  vuol  credersi  che  egli  fosse  già 
morto )  non  costumandosi  simili  dimostraaioni  a  persone  viventi;  e  se.il  fa- 
cea  ritrarre  sotto  le  divise  domenicane,  ciò  dice  apertamente  che  con  qoellc 
era  disceso  nel  sepolcro  ;  il  perchè  si  rende  vieppiù  oscura  e  confusa  h 
soluzione  del  proposto  dubbio  intomo  la  vera  condizione  dello  stato  clau- 
strale del  Giocondo. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  CAP.  IX.  173 

geiulòre«  scrìve  essere  stato  discepcdo  nella  grammatica  e  nelle 
amene  lettere  del  Giocondo,  e  soggiunge,  quipostea  ad  tnanachùs 
franciscanoi  transita  dal  che  si  potrebbe  dedurre,  che  solo 
in  matura  età  vestisse  le  divise  dei  Minori,  rimanendo  perciò  più 
verisimile  che  nella  prima  sua  giovinezza  indossate  avesse  quelle 
dei  frati  Predicatori.  Il  quale  trapassamento  da  un  ordine  reli- 
gioso ad  un  altro  in  quel  secolo  non  era  difficile,  e  la  storia  ce 
ne  ottre  altri  consisiili  esempj. 

Sciolti  da  queste  disputazioni,  imprendiamo  a  narrare  la  vita 
del  nostro  architetto  antiquario.  E  qui  per  pruno  ci  occorre, 
come  troppe  fiate  abbiam  fatto,  lamentare  la  ingratitudine  degli 
uomini, per  la  quale. questo  illustre  italiano  non  rinvenne  in  pa- 
tria alcun  diligente  indagatore  delle  sue  gesta;  per  guisa  che  se 
il  toscano  Vasari  non  ci  dava  quei  cenni  preziosi  della  sua  vita, 
con  tanto  amore  raccolti  e  descritti,  il  nome  soltanto  e  le  opere 
ci  sariano  rimaste  del  Giocondo,  non  avendone  fatto  il  veronese 
Panvinio  che  una  breve  rimemorazione;  ed  il  MaflTei,  come  si 
disse,  copiato  in  gran  parte  V  Echard  e  il  Quietif.  Per  la  qual 
cosa  dichiariamo ,  non  sapersi  con  certezza  V  anno  vero  del  suo 
nascimento,  gran  parte  della  sua  vita,  Fanno  e  il  luogo  della  siia 
morte  e  del  suo  sepolcro. 

Il  Tcmanza  ed  il  Milizia  ne  segnano  la  nascita  V  anno 
1435  (1);  il  eh.  Masselli  nel  1453  (2);  ma  da  un  antico  e  prezioso 
documento  che  produrremo,  sembra  potersi  legittimamente  infe- 
rire'ch^  fra  Giovanni  Giocondo  sortisse  i  natali  intomo  il  H30; 

(i)  TsMJLirzA,  loc.  cit.  ;  Milizia  ,  Memorie  degli  Àrchiletti  antichi  e 
moderni.  Voi.  I,  lib.  3,  cap.  2,  pag.  2{S8. 

(2)  Masselli  ,  note  al  Vasari ,  Viu   di  Fra  Giocondo ,  nota  2. 


Digitized  by 


Google 


174  MEMORIE 

perciocché  in  essodkesi  che  nel  1514  egU  «Tene  oltrepMBatigii 
anni  ottanta.  Che  fosse  veronese  ninno  mai  il  negò;  ma  die  (bsie 
di  nobile  lignaggio ,  come  afferma  Giulio  Cesare  Scaligero,  fa 
meritamente  rìvocato  in  dubbio  per  la  sospetta  fama  di  qoesto 
scrittore.  U  P.  Orlandi  ìèM' Abbectdmio  Pitlwrioo  fk  il  nostro 
Giocondo  fratello  a  Francesco  Monsignori  pittore  Toron^,  con- 
fondendo forse,  con  troppo  grave  errore,  fra  Gerolamo  Monsignori 
pittore  domenicano,  del  quale  abbiamo  narrata  la  tìU,  con  tira 
Giovanni  Giocondo  (1).  Il  P.  Domenico  Federici  lo  disse  della  fa- 
miglia Ognibene  (3);  ma  più  simile  al  vero  stimo  col  di.  Emilio 
Tipaldo,  che  Giocondo  fosse  il  Tero  cognome  di  lui  (3). 

ÀUoraquando  a  molti  slorid  veogon  meno  le  notioe,  à 
danno  a  discorrere  liberamente  nd  campo  ddle  conghiettoie,  net 
quale  ai  più  audad  non  faUisoe  giammai  una  eaiAerante  rac- 
cdta.  Noi  non  li  seguiteremo  in  quella  peregrinatione,  e  d  ter- 

(1)  Taumu,  loc.  eit  pa§.  tt5  «  Ha  forte  ptr  fondAmento  qdHto 
SQO  asserto  certa  eduione  di  Vltmne  che  egU  aocema  nel  cataloge  dei 
libri  di  architettura  con  questo  titolo:  Li  X  libri  di  ArddteUura  di  fi- 
trmvìo  Jigurati  f  con  il  hittema  di  Jigarare  V  Ordine  Gotico ,  con  gli  or- 
namenti dijra  Giocondo  Monsignori  Domenicano ^  1523  in-8.,  sensa  nots 
di  luogo.  Edizione  non  conosciuta  dall*  accnraùssimo  marchese  Polenii  e 
immaginata,  come  sospetta  il  Temanaa,  dal  P.  Orlandi,  come  altre  di  al- 
tri scrittori  creò  la  sua  fantasia. 

(2)  Notizia  dal  Federici  comunicata  al  Temanza,  la  quale  non  ha 
altro  fondamento,  che  aver. trovato  nelle  antiche  carte  sotto  Tanno  i449, 
un  Frater  Ioanne»  de  Omnibono  de  Verona,  Troppa  debole  congbiettnra 
per  crederlo  il  Giocondo. 

(3J  Elogio,  pag.  10. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  lU.  GAP.  IX.  175 

remo  contenti  alle  poche  ma  preiiose  notizie  che  del  nostro  Gio* 
condo  d  sono  rimaste.  La  singolare  perizia  delle  scienze  umane 
e  delle  divine,  quella  delle  lingue  dotte»  la  rara  e  copiosa  eru- 
dizione, rivelano  facilmente  vigoroso  V  ingegno^  egregi  gli  studj, 
6  valenti  i  professori  che  ne  lo  ammaestrarono. 

Era  in  quella  stagione  fioritissimo  l'Ordine  Domenicano  per 
ingegni  detti  e  vigorosi,  i  quali  si  erano  venuti  addottrinando  in 
tutte  le  scienze  più  universali,  e  precìpuamente  negli  studj  delle 
antichità  e  delle  lingue  primitive;  per  tacere  di  quella  nobilissima 
schiera  di  teologi,  capitanata  dal  celebre  cardinale  Gaetano,  lume 
e  ornamento  della  sua  età  e  di  molte  altre.  Nelle  lingue  orientali 
prìmqfgiavano  il  P.  Santi  Pagnini  ed  il  P.  Agostino  Giustiniani; 
nelle  antichità,  Annio  da  Viterbo,  fra  Francesco  Colonna,  del 
quale  abbiamo  scritto  la  vita,  ed  il  nostro  Giocondo.  Questo 
fervore  di  studj  era  nito  dal  recente  ritrovamento  dèlia  stampa, 
e  daUa  breve  calma  conceduta  agli  Ordini  Religiosi  dopo  la  tem- 
pesta dello  scisma,  che  gli  aveva  miseramente  travagliati.  Se  il 
Giocondo  assai  giovine  indossò  le  divise  domenicane,  come  scri- 
vono i  PP.  Echard  e  Quietif,  potè  avere  compagno  ne^  studj 
del  greco  e  dell'  antichità  il  ricordato  suo  confratello  fra  Fran- 
cesco Colonna  veneziano  (1);  ma  il  Giocondo,  molto  più  avveduto 
del  bizzarro  autore  della  Ipnerakmiaehiaf  in  luogo  dì  traman- 
dare ai  posteri  i  tesori  dell'  anàchìtà  rivestiti  di  tanto  laida  fa- 
vella, che  il  gentile  Perticari  non  dubiterebbe  appellare  /Wr- 
famUMt  volle  adornarti  colla  pura  e  sonante  lingua  del  La- 
zio; stimando  indegno  che  gli  avanzi  del  senno  e  del  valore  ro** 

(1)  Il  Colonna,  come  altrove  sì  disse,  era  nato  Tanno  1433.  Vedi 
le  presenti  Memorie^  voL  1^  Itb.  2.  eap.  i2. 


Digitized  by 


Google 


176  MEMORIE 

mano  fbssero  da  tanto  reo  linguaggio  contamiDatL  Allo  studio 
delle  antichità  ambedue  accoppiarono  quello  dell'  Àrchitettiira; 
e  perchè  il  secolo  XV  voleva  emanciparsi  dallo  stile  e  dalle  tra- 
dizioni gotiche  e  longobardiche,  ed  evocare  a  vita  novdla  k 
classica  euritmia  dei  greci  e  dei  romani;  questi  due  frati,  in 
lu(^  di  opporsi  ostinatamente  al  progreno^  si  fecero  caldi 
sostenitori  deJIe  dottrine  Vitruviane.  Ma  il  Giocondo  vi  ag- 
giunse la  scienza  delle  militari  fortificazioni;  studio  a  Ini 
consigliato  dalla  carità  della  patria ,  allora  spietatamente  dila- 
cerata da  armi  straniere.  Che  ndla  giovinezza  fra  Giocondo  viag- 
giasse r Italia  e  facesse  lunga  dimora  in  Roma,  sembra  non  po- 
tersene dubitare  per  Y  autorità  del  Vasari,  il  quale  scrive,  a  che 
dando  opera  alla  cognizione  delle  cose  antiche,  cioè  non  scio 
alle  febbriche,  ma  anco  alle  iscrizioni  antiche  che  sono 
nei  sepolcri,  ed  all'altre  anticaglie,  e  non  solo  in  Roma  ma 
ne'  paesi  all'  intomo  ed  in  tutti  i  luoghi  d' Itaha,  raccolse  io 
un  bellissimo  libro  tutte  le  dette  iscrizioni  e  memorie,  e  lo 
mandò  a  donare,  secondo  che  affermano  i  Veronesi  medesimi, 
al  Magnifico  Lorenzo  vecchio  de'  Medici,  ec.  »  È  questa  pertanto 
la  prima  e  la  più  accertata  notizia  che  abbiamo  di  fra  Giocondo. 
Le  iscrizioni  latine,  secondo  afferma  il  Panvinio  (1),  sommavano 
(4tre  due  mila.  Questa  raccolta,  che  meritò  gli  elogi  del  Grutero 
e  del  Sigonio,  fu  dal  Maffei  giudicata  indubitatamente  la  più 
perfetta  e  la  più  preziosa  opera  del  veronese  antiquario  (2). 
Nella  dedica  a  Lorenzo  de'  Medici  si  sottoscrive,  Fraier  loanms 
locvmàu»  Vtnmentisy  il  che  prova  che  dimorava  tuttavia  nel 

(i)  AnUq,   Vtroneru»  loc,  cit. 

(3)  Vvona  Illustrata,  Kb.  Ili,  §  104. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  IX.  m 

chiostro.  Come  Loranzo  de'  Medici  mori  V  anno  1493,  si  deye  de- 
durre col  Poleni,  che  la  dedica  dell'  opera  si  facesse  alcun  tempo 
innanzi;  e  il  Tiraboschi  soggiunge,  crederla  compilata  in  Roma, 
e  da  Roma  trasmessa  a  Firenze  (1}. 

Intorno  il  1492,  se  il  vero  narra  Giuseppe  Scaligero,  fra 
Giocondo  si  recaya  presso  il  castello  di  Lodrone  ndle  Alpi 
Troitine;  siccome  apparisce  da  una  lettera  ddlo  stesso  Scali- 
gero, nella  quale,  narrando  la  vita  di  Giulio  Cesare  suo  pa- 
dre f  scrive  che  nella  puerizia  ayesse  a  precettore  negli  ele- 
menti della  grammatica  il  Giocondo,  il  quale  si  era  ricoverato 
nel  loro  feudo  presso  l'anzidetto  castello,  situato  fra  Trento 
e  Brescia  (2).  L'anno  deducesi  da  questo,  che  Giulio  Ce- 
sare era  nato  nel  1484,  e  innanzi  gli  anni  otto  non  è  molto  fa- 
cile a  credere  desse  comineiamento  agli  studj  grammaticali  sotto 
tanto  insigne  precettore.  Non  si  può  dunque  concedere  all'Echard, 
che,  intomo  al  1490,  lo  stesso  Giulio  Cesare  Scaligero  di  già  fosse 
iniziato  alla  lingua  greca  dal  Giocondo,  perchè  il  discepolo  aveva 
soli  sei  anni,  età  nella  quale  non  che  il  greco,  appena  è  che  uno 
parU  speditamente  il  materno  Unguaggio.  Non  so  a  che  alludesse 
il  Temanza  quando  scriveva  che  Ara  Giocondo  tenne  anche  prò- 
tica  con  Lodowco  Duca  di  Orleans  allorché  nel  1495  dimorava 
in  Astiy  con  animo  di  tentare  la  conquieta  del  Ducato  di  Mi- 

(i)  Storia  della  LeUerat.  Italiana,  loc.  cit.  §  IX,  pag.  11T7.  ' 
(2)  /.  ScaUgtri  Epitt,  XI r.  Kal  Junii  MDXClF.n  Puer  Julius  in 
agris  aviiis  edueiut  una  cum  Tito  fratte  prima  UUerarum  et  grammatieos 
elemenla  didicit,  praceptore  Joanne  Jucundo  p^eronemi  cliente  Jamilia 
noitrce,  homine  doctissimo  et  probatitsimo ,  quipostea  ad  monachos  Fran- 
citcanos  trantit,  Apud  Echard,  loc.  cit.  pag.  37. 

n.  12 


Digitized  by 


Google 


178  MEMORIE 

lana  (1).  Egii  non  cita  alcuna  proTa  della  sua  asserzione,  il  per- 
chè noQ  osiamo  guarentire  questo  fatto.  Ma  se  il  Giocondo  ud- 
ranno sopraccitato  non  si  recò  Teramente  in  Asti,  sembra  c^to 
però  che  nel  seguente  abbandonasse  non  pure  la  patria,  ma 
r  Italia,  e  si  portasse  nella  capitale  della  Francia  (2).  Come  da 
tutte  le  sue  peregrinazioni  questo  dotto  religioso  sapea  traire 
un  pascolo  eletto  agli  svariati  suoi  studj ,  con  inestimabile  be- 
neOcio  della  repubblica  letteraria;  datosi  a  rovistare  le  ricche  bi- 
blioteche di  quella  capitale,  gli  venne  fatto  rinvenire  un  codice 
completo  delle  lettere  di  Plinio  secondo,  delle  quali  innanzi  a  hii 
non  si  avevano  che  poche ,  e  malconcio  dalla  imperizia  degli 
amanuensi.  Collazionate  con  i  migliori  codici,  corrette  con  ogni 
diligenza,  le  fece  di  pubblica  ragione ,  ìntitolafidole  allo  slesso 
Duca  di  Orleans,  che  di  recente  era  asceso  al  trono  di  Fraa- 
eia  col  nome  di  Luigi    XII.  Disputano  gli   scrittori  intoroo 
Fanno  e  il  luogo  in  cui   quest'opera  di  Plinio  vide  prima- 
mente la  luce.  Il  Tipaldo  ne  cita  una  edizione  iatta  in  Bolo- 
gna nel  1498  (3);  ma  FEchard  tace  di  questa  edizione  bolognese, 
e  solo  ricorda  F  Aldina  eseguita  in  Venezia  Fanno  1508  (4j. 
Egli  è  certo  però  che  nella  edizione  del   1498  fra  Giovaxmi 
Giocondo  non  ebbe  alcuna   parte;  e  lo  prova  ad  evidenza 
il  Tiraboschi,  citando  una  lettera  di  Aldo  Manuzio  premessa 
alla   veneta  edizione ,  nella  quale  si  afferma,  che  allora  so- 
ft) Loc.  cit.  pag.  UT. 

(2)  U  Temansa  opina  che  ciò    avvenisse  anche  prima  àt\  1490,  loc. 
cìt.  pag.  63.  — 

(3)  Elogio  di  fra  Giovanni  Giocondo,  pag.  11. 

(4)  Bihliotheca  Script.  Ord.  Prmdicat.y  voi  2,  pag.  36. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  GAP.  rX.  179 

lamente,  per  sua  soUecitudine,  vedeTano  la  luce  le  nuove  lettere 
pliniane  rmyenutQ  dal  Giocondo,  e  averne  da  lai  stesso  ottenute 
le  aggiunte y  le  varianti  e  le  correzioni  (1).  Nel  mentre  fìra  Gio- 
condo con  importabile  fatica  ed  amore  grandissimo  ricercava  e 
stddìava  gli  aranzi  della  romana  grandezza,  e  illastrava  i  più 
insigni  scrittori  del  Lazio  (e  molti  n'ebbe  in  breve  tempo  amio- 
tati  e  fatti  di  pubblica  ragione),  non  obliava  già  T  arcbitettura , 
stadio  a  lui  supremamente  diletto;  che  anzi  nei  primi  del  ISOO 
il  troviamo  tuttavia  in  Parigi  già  insignito  del  tJtoìo  di  regio 
architetto.  Allora  tolse  a  qùegare  Yitnivio,  non  ben  so  se  in 
pubblico  0  in  privato^  Che  a  più  chiara  dilucidazione  del 
testo  oscorissimo,  egli  facesse  tener  dietro  alle  sue  parole  i  dise^ 
gai  di  tutte  le  opere  di  architettura  delle  quali  dovea  render  ra- 
gione, ce  lo  attesta  il  celebre  Guglielmo  Budeo,  che  Ai  soo 
discepolo,  e  na  lasciò  ricordanza  nelF  opera  sulle  Fmid$tU  (2). 
In  questa  accadeva  in  Parigi  la  rovina  del  vecchio  ponte,  e  il  re  di 
Francia  commetteva  al  Giocondo  la  cura  di  riedificarlo.  Interno 
laquale  opera,  che  certamente  fo  tra  le  priacipalisstme  del  nostro 
artefice,  segoteremo  la  Barrazione  del  sig.  Emilio  de  TipaMé. 

cr  II  vecchio  ponte  vicino  all'  atìtica  magnifica  cattedrale 
addi  25  di  novembre  dd  H99  era  precipitata  neDe  acqae,  e 
inortevi  quattro  o  cinque  persone;  perchè,  diceva  il  popdo,  un 
artigliere  aveva  li  presso  uccisa  Fanno  innanzi  sua  madre.  Il 

(1)  Storia  della  LeUerat.   Italiana^  loc.  cit.  §  IX,  pag.  1179. 

(2)  Annotai,  in  Pandeetas,  apuci  Echaro  ,  loc.  cit.  pag.  87  m  Nobis 
vero  in  ea  Uctione  (di  Vltravk>)  contigit  praceptorem  eximium  nancitci  Ju- 
cundum  Sacerdotem  areìdtectuni  tane  regium^  hominem  antiquilatis  perilis- 
simum  qui  graphide  quoque  non  modo  verbi»  intelligendat  res  prabebal. 


Digitized  by 


Google 


180  MEMORIE 

Preposto  della  città  e  gli  Scabini  e  di  quello  e  del  precedcDle 
anno,  coIpeToli  di  negUgenza»  non  potendo  la  molta,  farono  car- 
cerati; e  fu  deliberato  edificar  nuovo  ponte:  fu  destinata  Pisola 
di  Nostra  Donna,  ove  allora  non  erano  case,  a  tagliar  le  pietre 
e  a  lavorare  i  legni  ec...  Molti  profersero  disegni  e  consigli:  {ter 
dame  giudizio  furono  fatti  venire  da  Blois  o  dall'  Alvemia  co- 
struttori di  ponti;  dal  quale  indizio  apparebbe  la  povertà  che 
d' artisti  pativa  allora  Parigi,  sì  ricca  già  di  nobili  monumenti. 
Fatto  è,  che  in  una  adunanza  alla  quale  assistette,  come  i  Fran- 
cesi lo  dicono,  frate  GUmso^  fu  deliberato  di  edificare  il  ponte 
a  tre  archi,  e  in  un'altra  poi  del  restante;  che  a  di  20  di  lo- 
glio 1504,  seguendo  il  consiglio  di  frate  Gioioso,  riscontralor 
deUa  pietra  (1),  e  di  Desiderio  di  Felin,  capo  mastro  delle  opere 
di  legname,  tu  deliberato  non  dare  agli  archi  la  perfetta  forma 
circolare  per  far  più  agevole  la  salita.  Che  il  riscontrator  deDa 
pietra  fosse  insieme  V  architetto,  lo  prova  la  paga  assegnatagli 
d' otto  lire  al  dì,  che  vale  franchi  43;  più  forse  che  dascuno  de- 
gli otto  battellieri  non  guadagnavano  in  tutto  un  mese;  Io  prova 
non  essersi  nominato  altro  architetto  maggiore,  e  lui  nell'  ordine 
essere  primo;  Io  prova  V  aver  Giocondo  titolo,  dal  Budeo  suo 
discepolo,  d' architetto  regio;  lo  prova  ¥  epigramma  del  Sanna- 
zaro (2).  Addì  10  luglio  1507  fu  posta  la  prima  pietra  dell'ultimo 

(1)  Cosi  trovasi  denominato  il  Giocondo  nei  libri  della  Camera  dei 
Conti  di  Parigi ,  e  per  quesU  cagione  sospettò  il  Sanval  se  yeramente  qat- 
sto  frate  fosse  l*  architetto  del  ponte  medesimo.  Vedi  TmABOsau  b  Tipaldo. 

(2)  Tipaldo,   Elogio^  pa^.  15.  Il  distico  del  Sannazxaro  diceva: 

Jitcundus  geminum  imposuU  Ubi,  Sequana^  Pontem 
Hunc  tu  jure  potet  dicere  Pontificcm. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  IX.  181 

arco;  e  ogni  opera  ta  compiuta  nel  settembre  dd  1512.  Importò 
la  spesa  di  an  nulicHiey  secento  sessanta  mila  cento  ventiquattro 
lire.  Questo  ponte,  per  ciò  che  scrive  il  Temanza,  ha  cinque  ar- 
chi (1)  y  ciascheduno  di  una  luce  di  piedi  54;  il  loro  rigoglio  sopra 
il  pelo  dell'acqua  è  ahneno  di  piedi  40.  Le  quattro  pile  isolate  sono 
grosse  in  fronte  piedi  15 1.  Questa  loro  grossezza»  rispetto  alla 
luce  dei  vani,  è  in  ragione  di  due  a  sette.  La  loro  lunghezza  »  la 
quale  determina  la  latitudine  d^l  ponte,  è  di  piedi  82;  non  com- 
presi gli  sproni  triangolari,  che  su  ambedue  le  fronti  risaltano 
piedi  12.  Le  volte  degli  archi,  che  sono  di  tutto  sesto  (2),  sono 
grosse  oltre  piedi  4.  Tutta  Y  opera  è  di  pietra  viva,  tolta  da  cave 
non  molto  discoste.  Su  ciascheduno  dei  lati  della  via  del  ponte, 
la  quale  è  larga  piedi  26,  vi  ha  una  fila  di  botteghe  e  case  in  quat- 
tro piani  (3).  Alloraquando  lo  Scamozzi,  celebre  architetto,  ta. 

Sendo  stato  restaurato  1*  anno  1660  sotto  il  regno  dì  Luigi  XIV,  vi 
fu  apposta  questa  iscrizione  ^  che  più  non  esiste  : 

Jucundus  faeilem  prcehuit  tibif  Sequana,   Ponteni 
Invicto  cediles  flamine  resUtuunt 
Regnante  Lodovico   XIV 
Alexander  de  Seve  Urbis  Prajectut^ 

(1)  Gonvien  dire  che  successivamente  fosse  variato  il  disegno,  o  sia 
occorso  errore  in  alcuno  dei  citati*  scrittori ,  perciocché  il  P.  Gugliel.  Della 
Valle,  citando  Claudio  Malingre,  scrive  che  li  10  luglio  1507  si  pose 
l'  ultima  pietra  al  sesto  arco.  Cosi  Tip  aldo  dice  che  questo  ponte  fosse  di 
tre  archi,  il  Temanza  di  cinque  e  Claudio  Malingre  di  sei. 

(2)  Anche  in  ciò  semhra  discrepanza  fra  Tipaldo  e  Temanza,  scri- 
vendo il  primo,  che  fu  risoluto  di  non  dare  agli  archi  la  perfetta  forma 
circolare;  e  il  secondo  che  furono  fatti  di  tutto  sesto. 

(3)  Temahza,  loc.  cit.  pag.  60. 


Digitized  by 


Google 


182  MEMORIE 

in  Parigi  l'anno  1600,  disse  non  aver  feduta  in  qneUa  città 
opera  di  architettura  più  bella  di  questa.  U  Sannazaro,  Giulio 
Cesare  Scalifero,  e  il  Vasari  attribuirono  a  fra  Giocondo  due 
poati  sopra  la  Senna.  Alcuni  credettero  che  il  secondo  fosse  il 
ponte  Pkeoh;  ma  il  sig.  Manette  con  sua  lettera  dei  9  ago- 
sto 1T71,  diretta  al  Temanza,  si  studia  proTare  che  fra  Giocondo 
non  fecesae  che  un  ponte  soltanto.  Se  prestiam  fiede  al  Vasari, 
il  nostro  architetto  fece  altre  infinite  cfen  per  quel  r«  m  imito  U  n- 
gno,  ma  soggiunge  bre  egli  soltanto  menzione  di  questi  duepontì, 
per  essere  l'opere  più  degne  di  memoria  (1).  Al  Giocondo  si  con- 
cede dal  sìg.  Tipaldo  il  disegno  del  castello  di  Gaillon  tn  Nor- 
mandia, costruito  in  stile  gotico  nel  1505;  già  posseduto  dal 
cardinale  di  Amboise,  poi  soggiorno  dei  yescoyi  di  Roaen,  e  di- 
strutto nella  rivoluzione  del  passato  secolo  (S].  La  qual  cosa 
proverebbe  come  il  culto  da  questo  religioso  prestato  alla  clas- 
sica architettura  non  giungeva  fino  al  disprezzo  dello  stile  go- 
tico 0  alemanno,  ma  che  stimava  aver  esso  pure  1  suoi  pregi  e 
le  sue  bellezze.  Nel  tempo  che  dimorava  in  Francia,  ac- 
cadde al  Giocondo  quell'  aneddoto  narrato  dal  Vasari,  e  al  Va- 
sari raccontato  da  messer  Donato  Gianotti  fiorentino,  che  moki 
anni  fu  suo  amicissimo,  come  avendo  il  frate  allevato  una 
volta  un  Pesco  entro  un  vaso  di  terra,  vide  quel  piccolissimo 
arbore  carico  di  tanti  frutti,  che  a  considerarlo  era  una  mera- 
vìglia, e  che  avendolo  posto  in  luogo  dove  avendo  a  passare  U 
re  potea  vederlo,  i  cortigiani  ^i  manomisero  tutto  qudl' ar- 
boscello con  infinito  dispiacere  del  buon  claustrale  (3). 

(1)  f^ita  ài  fra  Giocondo ,  circa  mcd. 

(2)  Tipaldo,  Elogio^  pag.   16. 

(3)  Vasari»  loc.  cit. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  IX.  183 

Dopo  avere  per  ateimi  anni  diretti  i  lafori  del  ponte,  il 
Giocondo  si  recò  in  Venezia  V  anno  1506,  invitatovi  probabil- 
mente da  qneUa  repubblica  per  opera  di  grande  importanza.  La 
melma  della  Brenta  gettata  di  continuo  nelle  venete  Lagane,  mi- 
nacciava r  interramento  di  qnelle,  con  danno  gravissimo  deUa 
città.  Aflérma  il  Vasari,  che  fra  Giocondo  focesse  avvertiti  i  reg- 
gitori della  cosa  pobblica,  quanto  grande  rovina  loro  soprastasse 
se  non  vi  accorrevano  con  pronto  ed  eflScace  riparo;  e  udite  le 
vive  ragiom  di  fra  Giocondo^  e  fatta  una  congregasdone  dei  più 
rari  ingegneri  ed  architetti  che  foesero  in  Italia^  furono  dati  nuditi 
pareri,  e  fatti  molti  disegni,  ma  quello  di  fra  Giocondo  fu  tenuto 
il  migliore  e  messo  in  esecuzione:  e  cosi  si  diede  principio  a  diver- 
tire con  un  cavamente  grande  i  due  ter»  o  almeno  la  metà  del- 
r  acque  che  mena  il  fiume  Brenta,  le  quali  acque  con  lungo  giro 
condussero  a  sboccare  nelle  lagune  di  Chioggia,  ec.  (1).  Qaesta 
narrazione  del  Vasari  viene  impugnata  dal  Temanza,  il  quale 
prova  con  certi  documenti  che  fino  dall'  anno  1488  si  era  dato 
principio  ad  un  nuovo  canale,  e  che  nel  1495  già  era  ultimalo. 
Questo  canale,  che  al  presente  appellasi  il  Brentone,  lungo  ben  25 
miglia,  si  dice  importasse  la  spesa  di  800,000  ducati;  Soggimige 
poi  lo  stesso  Temanza,  che  lo  aveva  migliorato  e  proseguito  in 
maggiore  lunghezza  Tarchitetto  ^essio  Aleardi;  ma  che  nel  ISiOO 
restando  a  farsi  tuttavia  molte  opere  per  la  detta  diversione,  il 
Collegio  dei  Senatori  invitasse  il  Giocondo  a  dare  il  suo  parere 
sopra  quanto  erasi  fatto,  e  sopra  quanto  restava  a  farsi.  Portatosi 
egli  pertanto  alla  disamina  del  luogo,  ed  incominciando  dal  di- 
versivo, o  sia  emissario  di  Limena  (che  allora  avea  cominciato 

(1.   Vasari,  loc.  cit. 


Digitized  by 


Google 


184  MEMORIE 

a  patire  qaalche  danno},  distese  le  sue  osservazioni  a  destra  ed  a 
manca  fino  alle  Lagone  ed  al  mare.  Fece  poi  una  diligente  livel- 
lazione dell'antico  alveo  della  Brenta,  da  Strà  al  Dolo  e  dal  Dolo 
a  Lizzaf lisina;  e  cosi  dal  Dolo  sul  nuovo  canale  fino  a  Concbe. 
Dopo  le  quali  considerazioni,  ilGiocondo  scrisse  il  suo  parerete  fa, 
che  nel  suddetto  cavamento  del  Brentooe,  l'acqua  avrebbe  avpta 
assai  minor  discesa  o  pendio  (e  diceva  il  vero],  che  per  V  antico 
alveo  di  Lizzafusina;  onde  il  suo  corso  sarebbe  stato  assai  lento; 
e  ciò  viemmaggiormente  per  non  aver  sfogatoi,  come  uno  ne 
aveva  alla  Mira  il  canale  di  Lizzafusina.  Per  le  quali  cagioni 
saviamente  avvertiva,  come  tosto  si  fosse  introdotta  tutta  la  Brenta 
nel  nuovo  alveo,  V  acqua  del  fiume  si  sarebbe  di  molto  innalzata 
sopra  il  liveUo  delle  campagne,  e  avrebbe  risalito  all'  insù.  Id 
breve,  affermava  che  tal  diversione  avrebbe  piuttosto  recato 
danno  che  giovamento.  Quindi  consigliava  aprire  la  via  alle 
acque  del  nuovo  canale  o  Brentone,  per  li  due  canali  di  Fo- 
golana  e  di  Petadibò,  perchè  dessero  un  esito  al  novello  ca- 
vamento; ed  in  tal  modo  il  religioso  si  lusingava  di  un  evento 
migliore  (1).  Questo  consiglio  del  Giocondo  non  piacque  alla  repub- 
blica, perchè  opposto  alla  massima  dalla  medesima  adottata, 
di  allontanare  per  ogni  via  le  torbide  e  le  dolci  acque  da  suoi 
Estuari.  Durarono  le  disputazioni  degli  architetti  e  degli  inge- 
gneri fino  all'  anno  1507;  e  da  ultimo  al  solo  Aleardi  venne  af- 
fidata la  esecuzione  dell'antico  progetto.  Rimangono  tuttavia,  per 
autorità  del  Mafiei,  del  Poleni  edelTiraboschi,  quattro  disserta- 
zioni  di  fra  Giocondo  indirizzate  al  magistrato  delle  Acque  di 

(1)  TenAHZA,  loc.  eh,   pag.  66. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  IX.  185 

VeDezia  per  quella  ardua  operazione;  ed  è  a  desiderare  che 
siano  fatte  di  pubblico  diritto. 

Due  iinni  dimorò  fra  Giocondo  in  Venezia,  nel  qual  tempo 
forse  avvenne  il  suo  passaggio  dall'Ordine  domenicano  a  quello 
de*  francescani.  Il  Temanza,  che  Ai  il  primo  a  determinare 
r  anno  di  questo  ayyenimento,  sebbene  altrove  sembri  contrad- 
dirsi (ì)y  venne  in  questa  opinione  per  la  citata  autorità  di 
fra  Luca  Pacioli  dei  Minori,  il  quale  nel  giorno  11  agosto 
dell* anno  1508  sponendo  in  Venezia  il  quinto  libro  di  Euclide, 
come  pec  noi  fu  già  detto,  scrive  avere  avuto  ascoltatore  tra  i 
religiosi  del  suo  stesso  istituto,  fra  Giovanni  Gioccmdo  veronese; 
e  aggiunge,  omnes  fraUbaU  qusdem  MifwriiafUB  famìm  (2).  Ri- 
cercando poi  il  Temanza  la  cagione  di  questo  fatto ,  stima  vero- 
simile, che  avendo  il  veronese  architetto  deposto  Y  abito  dome- 
nicano senza  il  dovuto  consoiso  de' suoi  superiori,  e  da  questi 
forse  troppo  severamente  redarguito  o  molestato,  volendo  già  ses- 
sagenario fare  ritorno  al  chiostro,  preferisse  queUo  dei  france- 
scani. Io  non  accetterò  né  rifiuterò  questa  opinione;  avverturò 
sdamente  che  se  fra  Giocondo  abbracciò  la  regola  dei  Minori 


(1)  Scrive  pertanto  a  pag.  69  della  Vita  del  Giocondo ,  che  nel  tempo 
della  lega  di  Cambraì,  cioè  Tanno  1509,  Fra  Giocondo  menava  i  suoi 
giorni  jra  i  suoi  religiosi  di  San  Domenico  nel  monastero  di  San  Nic^ 
colò  di  Trevigi.  Il  Temanza  non  i  scrittore  da  inventar  favole ,  ma  è  vero 
altresì  che  egli  non  cita  alcun  documento  della  sua  asserzione.  Sarebbe 
questa  certamente  una  non  spregevole  prova  che  nel  1509  fra  Giocondo 
fosse  tuttavia  domenicano.  Nel  Federici  non  ne  trovo  alcun  cenno. 

(2)  Vedi  presso  Tiraboschi,  lib.  Ili,  §  Vili,   pag.  1176. 


Digitized  by 


Google 


186  MEMORIE 

nel  1507,  OT?ero  nel  1508,  egli  aveva  trascorea  la  più  parte  del 
viver  sao  nell'istituto  dei  Frati  Predicatori. 

La  dimora  del  Giooondo  in  Venezia  non  fìi  continua  nd 
corso  di  questi  due  anni,  perciocchò  il  P.  Federici  scrive, 
che  nel  1507  egli  si  recasse  in  Trevigi  per  dirigere  alcuni  im- 
portanti lavori  idraulici  sulla  Piave  (1).  Ma  il  debito  dì  buon 
cittadino  il  richiamava  tosto  in  Venezia.  Correvano  allora  tristi  e 
paurosi  giorni.  Il  Pooteflce  Giulio  II  volea  dare  all'universo 
l'esemplo  di  una  solenne  vendetta  contro  qudla  Repubblica, 
già  perturbatrice  della  sua  potenza;  e  la  vendetta  di  Giulio  era 
tremenda.  Non  pago  di  collegare  V  Europa  tutta  è  danni  di  lei, 
le  imprecava  contro  eiiandio  i  ftilmiai  del  cielo;  e  il  cido  si 
unirà  alla  terra  per  inabissare  Venezia.  Ardeva  subitamente  l'ar- 
senale della  Repubblica;  ardeva  la  cittadella  di  Brescia;  mina- 
vano gli  Archivj;  il  soldo  delle  milizie  periva  nelle  acque;  segui- 
tara  la  sconfitta  di  Ghiaradadda  (2);  né  alla  Repubblica  venia 
per  tutto  questo  meno  il  coraggio,  ma  con  esempio  unico  di  co- 
stanza e  di  valore,  lottava  ccmtro  l' ira  del  cielo  e  della  terra.  Vo- 
lendo salvare  Trevigi  dalle  armi  di  Massimiliano  imperatore, 
ricercava  a  queir  opera  pietosa  frale  Giocondo,  e  il  frate,  che  »a 
cosi  perito  nelle  militari  fortificazicmi  come  a  dilucidare  una  antica 
iscrizione,  o  illustrare  uno  squarcio  oscurissimo  di  Vitruvio,  di 
Varrone,  di  Columella,  ec,  lasciata  Venezia,  il  9  giugno  giun- 
geva a  Trevigi.  Quivi  arrivato,  la  città  avea  tosto  per  opera  di 
lui  nuova  forma,  e  nuovi  ordini  di  difesa.  Nou  perdonando  a 

(1)  PEDima,  Memorie  Trevigiane,  voi  U,  par.  2,  pag.  36. 

(2)  GoicciARDi»!,  Storia  d*  Italia   lib.  Vili,   cap .   1,   ad  ann.    1500. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  IX.  187 

spedali  e  palagi,  dava  a  terra  tulli  i  borghi  d' intorno  per  farne 
fossa  e  spianato.  Abbatteva  ciò  che  delle  antiche  lorri  più  alte 
soprastava  alle  mara,  affinchè  la  nemica  artiglieria  bersaglian- 
dole, non  dovesse  fiaccarle  e  opprimere  i  difensori  ddlle  loro  ro^ 
vine.  Lo  storico  Znccato,  qaantonqne  lamenti  tanto  guasto 
dell'  antica  città ,  non  seppe  fare  però  di  non  lodar  la  bel- 
lezza dell'opera,  e  il  Bologni  volle  renderne  grazie  al  Giocondo 
con  versi  latini  (1).  E  veramente  da  qudle  mine  dovea  uscir 
opera  che  né  pi^  ehgwte^  dice  il  Bembo,  nèpi^uccomodata  a 
munire  una  terra  altrcve  ei  era  veduta  insino  allora.  «  Le  nuove 
arti  guerresche,  scrive  fl  Tipaldo,  per  l'inventato  più  diabolico  che 
umano  istrumento,  nuova  architettura  vdevano:  qui  l'imitazione 
di  per  se  non  bastava,e  alFurgetite  bisogno  chiedevasi  speditezzadi 
dottrina  e  franchezza  di  libero  ingegno.  Imaginiamquestofì^aleyChe 
della  vita  avea  speso  gran  parte  nel  raccogliere  iscrizioni  e  nel  con- 
sultar codici  di  autori  latini,  imaginiamolo  chiamato  a  difendere 
dalle  nuove  armi,  che  di  lontano  uccidono  e  atterrano  di  lontano, 
una  città  contro  i  minacciati  assalti  di  forse  intera  l'Europa.  Il  suo 
disegno  eseguito  in  quella  pressa  con  piote,  ma  compiuto  in  pietra 
gli  anni  di  poi,  fu  tal  cosa  Che  Carlo  Y  nel  trenta  due  lo  con- 
templava ammirando,  e  11  forse  il  trivigiano  Pennacchio  prese 
r  indirizzo  a  diventare  quell'  architetto  di  opere  militari,  che 
tanto  piacque  al  re  d'Inghilterra.  Nuovi  baluardi  alle  nuove 
mura,  nuov'  acqua  ai  nuovi  fossi,  raccolta  da  nuove  trombe  che 
la  ritenessero  minacciosa,  poi  la  lasciassero  sgorgar  subita  ad  al- 
lagare lo  spazio  di  un  miglio  la  circostante  campagna.  Magistero 
possenle,  il  quale  rammenta  i  prodigj  che  sulla  terra  dei  giganti 

(1)  Vedi  Federici,  Memorie  Trevi giatUf  te.  voi.  2.  part.  2,  pag.  24  e  25. 


Digitized  by 


Google 


188  MEMORIE 

favoleggiati  creò  nel  fervore  della  scienza  magnanima,  dalla  pietà 
della  patria  innalzato  sopra  se  stesso,  Archimede.  E  F  acqua 
nelle  trombe  raccolta,  e  pei  campi  intomo  vomitata,  due  volte 
respinse  i  nemici  incorrenti  (1).  »  Quindi  il  Giocondo  fa  il  primo 
anello  di  quella  serie  di  ingegneri  militari  che  poi  fiorirono  nd- 
rOrdine  domenicano,  il  quale  va  lieto  dì  avere  offerto  a  quando  a 
quando  valenti  e  generosi  difensori  della  patria.  Condotte  a  ter- 
mine le  opere  di  militare  fortificazione,  il  frate  veronese  ripren- 
deva i  suoi  stndj  profondi  sull'antichità  e  suUa  architettura* 
Frutto  dei  medesimi  fu  la  nuova  edizione  di  Vitravio,  da  lui  de- 
dicata al  Pontefice  Giulio  II,  con  la  data  del  22  maggio  1511  (2). 
Asseriva  e^i  nella  dedica,  che  la  sua  edizione  vitruviana  per  co- 
piose e  accurate  notizie,  per  sodezza  e  varietà  di  lavori  non  sa- 
rebbe per  cedere  a  nessuno  di  quelli  che  scrissero  di  tali  cose, 
se  quel  riposo  gli.  fosse  dato  che  agli  studiosi  è  più  di  ogni  occu- 
pazione laborioso  e  fecondo;  il  quale  ripoio^  ei  soggiunge,  tu 
solo,  0  Bealiisimo  Padre  ^  puoi  dùnarmL   Per  le  quali  ultime 

(1)  Elogio,  ec  pag.  23.  Quelle  macchine  furono  poi  fatte  costniire 
dì  marmo  con  chiavi  e  fìstole  dì  bronzo  e  dì  acciaio;  e  accerta  il  Tipaldo 
che  nel  princìpio  del  presente  secolo  si  vedevano  ancora  (ibid.  nota  6}. 
Il  P.  Federici  ha  pubblicato  un  Compartimento,  ossia  perìzia  dei  vari  la- 
vori fatti  in  quella  occorrenza  nei  dintorni  di  Trevigi.  Il  qual  documento, 
che  ha  la  data  del  giorno  18  novembre  1509,  offre  la  seguente  sottoscri- 
zione del  Giocondo:  Partidor  fatto  per  comandamento  ut  sopra  ,  per  mes- 
ser  Alvise  Lancenigo  et  mi  fra  Giovanni  Giocondo.  \tdì  Memorie  Tre- 
vigiane. Voi  %  Docnm    V,   al  capo  1. 

(2)  M-  Vitravius  per  lucundum  solito  castigatior  jadus  cum  figuri* 
et  tabula,  ut  iam  legi  ti  intelUgi  possit.  Venetiis  1511. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  IX,  189 

parole  sospettarono  alcuoi,  che  eziandio  dell'Ordine  flrancescano 
non  pagOy  nnoramente  volesse  fare  ritomo  al  secolo^  e  ne  desse 
alcun  cenno  al  Pontefice.  Sembra  non  pertanto  che  éi  non  potesse 
lodarsi  della  generosità  dì  Giulio  IL 

Se  prestiamo  fede  ad  alcuni ,  nel  1512  quest'uomo^  cui 
ninna  cosa  valeva  a  saziare  V  animo  sitibondo  di  apprendere  ed 
operare,  recavasi  nella  patria  Verona  onde  rafforzare  una 
pila  del  nuovo  Ponte  sull'  Adige  che  minacciava  rovina  (1); 
altri  in  quella  vece  stimano  che  ciò  accadesse  molti  anni  dopo. 
Forse  allora  avvenne  quanto  scrive  il  Vasari  ^  che  fra  Giocondo 
disputasse  di  cose  altissime  al  cospetto  di  Massimiliano  Impera- 
tore,  presente  Giulio  Cesare  Scaligero;  laddove  alcuni  affermano 
ciò  essere  stato  molti  anni  innanzi  in  Germania ,  ove  dicono 
che  il  Giocondo  facesse  lunga  dimora  alla  corte  di  quel  mo- 
narca (2). 

Nel  1513  Rialto,  emporio  del  commercio  dei  Veneti, era  in 
preda  aUe  fiamme;  e  la  Repubbh'cachene'sum  più  urgenti  bisogni 
avea  sempre  ricorso  al  nostro  architetto,  abbenchè  di  già  ottaage- 
nario,  lo  richiedeva  di  un  disegno,  non  pure  del  nuovo  ponte,  ma  di 
tutta  quella  contrada  che  sotto  nome  di  Rialto  è  compresa.  Volendo 
fra  Giocondo  rispondere  alla  fiducia  deUa  Repubblica  in  modo  de- 
gno della  sua  grandezza  e  della  propria  fama,  recatosi  in  Venezia, 
concepiva  e  delineava  opera  cosi  fatta  che,  per  autorità  del  Va- 
sari, non  8%  può  immaginare^  né  rappresentare  da  qual  si  voglia 

m 

(1)  Tbmamza,  Tipaldo. 

(2)  TiRABOSCHi,  Storia  della  LeUerat.  Itah  loc.  ciL  §  IX,  pag.  1177. 
Vasari,    Vita  di  fra  Giocondo^  in  prìnc. 


Digitized  by 


Google 


190  MEMORIE 

più  felice  ingegno  o  ecceUmtiiiimó  artefce,  akmna  coea  né  jmì 
beUa^  né  più  magn^icay  tèe  più  ordinata  di  questa.  Impercìoochè 
avea  egli  saputo  riunire  in  quel  disegno,  non  pure  tutto  ciò  che 
alla  utilità  ed  alla  comodità  del  commercia  e  dei  traflBci  dei  cit- 
tadini poteva  in  alcuna  guisa  condurre;  ma  altresì  quanto  si  per- 
teneva  alla  bellona ,  al  diletto  e  al  ricreamento  del  popolali 
Vasari  ce  ne  ha  data  una  lunga  e  bellissima  descrìzioDe, 
in  l^gendo  la  quale  uno  non  può  non  ammirare  la  ncbìk 
fantasia  e  il  gusto  squisito  di  questo  insigne  architetto;  come 
non  deplorure  la  condizione  dei  tempi,  che  opera  tanto  stu- 
penda non  consentiroDo  fosse  mandata  ad  efletto,  per  la 
quale  meraviglioso  adornamento  ne  avrebbe  acquistato  quella 
città.  Due  cagioni  assegnano  gli  storici  paxhè  non  fosse  accolto 
ed  eseguito  il  disegno  di  fra  Gioconda  La  prima  dicono  essere 
stata  la  sua  stessa  magniflcenza,  trovandosi  la  Repubblica,  per  la 
lunga  e  desolatrice  guerra  sostenuta  contro  la  Lega  di  Cambra!, 
esausta  dei  mezzi  opportuni.  La  seconda  Ai  la  eoneorroiza  di  un 
altro  architetto  per  nome  Scarpagnino,  il  quale,  abbencbè  nel- 
V  arte  di  lunga  mano  inferiore  al  Giocondo,  non  pertanto  aio^ 
tato  dal  potente  patrocinio  di  un  nobile  veneziano,  e  avendo 
proflbrto  un  disegno  più  semplice  e  manco  di^^endiofio,  vaine 
accolto  e  mandato  ad  effetto  >  con  dolore  di  tutti  gli  intdligeitf 
dell'arte,  e  degli  amatori  del  patrio  decoro,  e  oon  infinito  cordo* 
glio  di  fra  Giocondo,  il  quale  vedeasi  anteposto  un  troppo  infe^ 
rìore  arteflccOnd'egli  considerando  che  due  volteinvilato  da  quella 
Repubblica  a  porgere  consìgli  e  a  fornire  disegni,  e  per  Topera 
delle  Lagune  e  per  quella  di  Rialto,  aveasi  veduto  preporre 
prima  r  Aleardi  e  poi  lo  Scarpagnino,  preso  da  indignazione, 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  IX.  191 

abbandonata  Yenexia ,  si  indirizzava  alla  volta  dì  Roma.  Era 
appunto  in  Roma  ove  il  Giocondo  nel  fior  degli  anni  avea  dato 
cominciamento  allo  studio  dell'  antichità  e  dell'  architettura;  ove 
si  era  primamente  inspirato  alla  religione,  alla  stwia,  ali* arte; 
ed  ove  il  suo  cuore  nobile  e  generoso  non  poteva  non  essere  com- 
preso da  quell'entusiasmo,  che  la  vista  della  santa  città  eccita  in 
ogni  cuore  cattolico  come  in  quello  di  ogni  artista.  Ei  vi  fiioea 
ritomo  già  curvo  dagli  anni,  ma  con  tutto  l' affetto  e  con  tutto 
il  vigore  della  giovinezza;  dopo  avere  del  suo  nome  riempiuto 
r  Europa,  bramoso  di  chiudere  i  suoi  giorni  Ara  il  oonsorzio  di 
Bramante,  di  Michelangiolo,  di  Raffaello,  e  di  tutta  quella  no- 
bile schiera  di  sapienti  onde  allora  si  abbelliva  l'eterna  Roma.  Sa- 
liva appunto  sul  soglio  Pontificio  il  decimo  Leone,  delizia  degli 
artefici  e  dei  dotti,  i  quali  accorrevano  da  tutte  parti  a  festeggiarne 
il  faustissimo  innalzamento.  Di  questo  viaggio  del  Giocondo  avuto 
sentore  Giulio  Cesare  ScaUgero,  né  scrisse  nei  termini  seguenti; 
Tane  iUe  tU  atMÌivi  profectm  Venetioi^  atque  inde  ad  Lstmem  Pon- 
tificem  Mcutimum,  an  lomlmiiore  fato  iit  tuus  nescio.  CerteRomm 
si  meliorevuceritconditione  prò  miracuh  haberi  poteàt^  qui  uni- 
citm  exemplar  fuit  et  sanctitatis  etomnigenaerudictionii  (l).Giunto 
pertanto  in  Roma,  forse  nel  marzo  del  1514,  trovossi  presente  alla 
morte  di  Bramante  (2).  Sgomento  il  Pontefice  per  la  perdita  di 

(1)  Exercit  331  apud  Echabd,  loc.  cit.  pag.  37.  Con  questa  autorità 
dello  Scaligero  si  correggono  coloro  che  scrivono,  il  Giocondo  essersi  por- 
tato a  Venezia  dopo  aver  diretta  alcun  tempo  la  fabbrica  di  San  Pietro  in 
Roma. 

(2)  Bramante  cessò  di  vivere  nel  mattino  del  giorno  11  mano  1514. 
Gate,  Carteggio  InedilOf  voi  2,  N*'  LXXX,  pag.  135. 


Digitized  by 


Google 


192  MEMORIE 

tanto  insigne  architetto,  a  malgrado  che  Bramante  in  morendo 
dichiarasse  a  Leone  X  che  il  solo  atto  a  succedergli  nella  fabbrica 
della  basilica  di  S.  Pietro  fosse  Raffaello  (1);  non  pertanto,  poiché 
questi  era  soverchiamente  occupato  nei  dipinti  del  Vaticano,  uè 
avea  Fuso  e  la  pratica  in  dirigere  grandi  fabbriche,  pensò 
dargli  in  aiuto  alcun  celebre  architetto.  Saputo  adunque  della  Te- 
nuta in  Roma  di  fra  Giocondo,  il  cui  nome  era  celebre  in  Italia 
e  fuora,  lo  invitò  a  imprendere  con  Raffaello  F  opera  del  S.  Pie- 
tro, e  ?i  uni  terzo  Giuliano  da  S.  Gallo  fiorentino  (2).  Di  questo 
fatto  cotanto  glorioso  al  nome  di  Ara  Giocondo,  (Atte  V  autorità 
del  Vasari,  abbiamomi  preziosissimo  documento  pubblicato  dal 

(1)  PoHGiLBom,  Elogio  di  RaJJaello,  pftg.  160. 

(2)  Il  Vasari  nella  vita  di  Giuliano  da  San  Gallo  ci  indurrebbe  a 
dubitare  se  veramente  qnest*  architetto  prendesse  parte  ai  lavori  del  Vati- 
cano, perciocché  scrive:  Esèendo  egli  macero  dalle  fatiche  ed  ahhattaio 
dalla  vecchiezza  e  da  un  male  di  pietra  che  lo  crucciava  ^  con  lietnta 
di  Sua  Santità  »e  ne  torno  a  Fiorehta^  e  quel  carico  (della  fabbrica  di 
San  Pietro)  yu  citfto  al  gratioto  Raffaello  da  Urbino,  Nonpertanto  prova 
il  P.  Pongileoni  che  Giuliano  da  San  Gallo'  operava  in  San  Pietro  fino 
dal  'ì  gennaio  15t4,  che  è  a  dire,  vivente  ancora  Bramante;  trovani 
occupato  in  quella  fabbrica  fino  all'anno  ItflS;  e  che  aveva  di  paga  du- 
cati Itf  al  mese.  Elogio  di  Raffaello,  pag.  165^  in  nota.  Si  deve  correggere 
adunque  il  Milizia,  ove  scrive  che  a  quell'  ufficio  fosse  eletto  Antonio  da 
San  Gallo  fratello  di  Giuliano ,  ma  con  manifesto  errore  ;  perciocché  An- 
tonio esegui  solamente  di  rilievo  il  modello  della  fabbrica  di  San  Pietro  se- 
condo il  disegno  di  Bramante;  il  quale  modello  si  conserva  tuttavia  nel 
Palaazo  Vaticano.  Vedi  Agostiko  Taia  ,  Descrittone  del  Palazzo  Valicano^ 
pag.  36». 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  IX.  193 

P.  PongileoDÌ.  È  questa  una  lettera  dello  stesso  Raffadlo,  eoa  la 
data  del  1  loglio  1514,  indiritta  allo  zio  Simone  di  Battista  di 
Ciarle  da  Urbino;  intorno  la  metà  della  quale  cosi  si  esprime. 
Circa  a  star  in  Roma  non  posso  star  altrove  più  per  tempo  alcuno 
per  amore  della  fabbrica  di  Santo  Pietro  ^  che  sono  in  loco  di  Bra- 
mante; ma  qiwl  locho  è  più  degno  al  mondo  che  Roma,  qiu^  im- 
presa è  più  degna  di  Santo  Petro,  che  è  il  primo  tempio  del 
mondo j  e  che  questa  è  la  più  gran  fabbrica  che  sia  mai  vista^  che 
monterà  più  Sun  milione  é^oroj  e  sapiale  che  HPapa  ha  depu- 
tato di  spendere  sessantamila  ducati  Panno  per  questa  fabbrica, 
e  non  pensa  mai  altro.  Mi  ha  dato  un  CompJ*  Frate  doctissimo  e 
vecchio  de  più  di  octanf  anni,  el  Papa  vede  che  7  puoi  vivere  pò- 
cho,  ha  risoluto  S.  Santità  darmelo  per  Compagno^  cKè  huonu^ 
di  gran  riputatione,  sapientissimo,  acciò  che  io  possa  imparare,  se 
ha  alcun  bello  secreto  in  architettura,  acciò  io  diventa  perfettis- 
simo in  quesf  arte,  ha  tkome  fra  Giocondo,  et  onni  dì  il  Papa  ce 
manda  a  chiamare,  e  ragiona  un  pexxo  con  noi  di  questa  falh 
brica  (1).  Per  questa  lettera  é  ad  evidenza  provato,  che  se  fra 
Gjiocondo  nel  1514  aveva  più  di  ottani  amu,  egli  era  nato  in^ 
nanzi  al  1.434.  Si  deduce  eziandio,  che  Raffaello  si  reggeva  in 
quella  fabbrica  con  i  consigli  di  fra  Giocondo.  Anzi  da  una 
espressione  di  Giulio  Cesare  Scalìgero  sembra  potersi  arguire  che 
Giuliano  da  S.  Gallo  e  il  Sanzio  nel  seguitare  il  disegno  di  Bra- 
mante, si  trovassero  in  qualche  imbarazzo^  dal  quale  non  avendo 
trovato  modo  di  uscire,  fosse  dal  Pontefice  appellato  fra  Giocondo, 
il  quale  facilmente  risolvette  ogni  dubbio  ed  appianò  ogni  diffi- 
colti: qui  solus  Bramantis  architecti  defuncti  reliquias  typorum 

(1)  PuvGiLEOVi,  Elogio  Storico  di  Rajfacllo,  pag.  158  in  nota, 

n.  13 


Digitized  by 


Google 


19&  MEMORIE 

ntque  consiUorum  %nteUeoc%t[i).  Quanto  da  qaesto  irium?irato  di  ar- 
chitetti si  operasse  ia  quella  fabbrica,  vien  narrato  dal  Vasari  colle 
seguenti  parole,  a  Minacciando  ella  rovina  in  molte  parti,  per  es- 
sere lavorata  in  fretta  e  per  le  cagioni  dette  in  altro  luogo,  fu  par 
consiglio  di  fra  Giocondo,  di  Raffaello  e  di  Giuliano, per  la  maggior 
parte  rifondata:  nel  che  fare,  dicono  alcuni  che  ancor  vivono  e 
furono  presenti,  si  tenne  questo  modo.  Furono  cavate,  con  giosto 
sjpazio  dall'  una  all'altra,  molte  buche  grandi  a  uso  di  pozzi,  ma 
quadre,  sotto  i  fondamenti,  e  quelle  ripiene  di  muro  fatto  a 
mano,  furono,  fra  l' uno  e  l' altro  pilastro  ovvero  ripieno  di 
quelle,  gettati  archi  fortissimi  sopra  il  terreno  in  modo,  che  tutta 
la  fabbrica  venne  a  esser  posta,  senza  che  si  rovinasse,  sopra  nuove 
fondamenta,  e  senza  pericolo  di  fare  mai  più  risentimento  al- 
cuno (2).0  In  un  manoscritto  della  biblioteca  Chigi  in  Roma,  ap- 
partenente già  al  cardinale  di  Bibbiena,  il  P.  Pungileoni  rinveonc 
le  partite  di  danaro  date  ai  tre  architetti  per  la  fabbrica  di  S.  Pie- 
tro. Fra  Giocondo  si  trova  ricordato  sotto  il  giorno  27  marzo  1518. 
Frate  locondo  Veronese  ha  25  ducati  il  mese.  Depositari  Simone 
Ricasoli  e  Bernardo  Bini  da  Fioren.  (3).  Fino  al  presente  si  era 
ignorato  per  quanto  tempo  fra  Giocondo  dirigesse  i  lavori  della 
fabbrica  del  Vaticano,  ma  per  questa  notizia  è  provato  che  fu- 
rono quattro  intieri  anni. 

Nel  tempo  di  queste  gravissime  operazioni,  bastevolì  esse  soie 

(i)  ErercUat.  331,  apud  Echard.  loc.  cit. 

(2)  Vasari,  f^ita  ài  fra  Giocondo. 

(3)  Pdngilbohi,  loc.  cìt.  pag.  162  in  nota.  Fra  Giocondo  aveva  per 
tanto  300  ducati  1*  anno  per  sua  provvisione,  siccome  Raffaello  che  ne  aveva 
altrettanti  ;  Giuliano  da  San  Gallo  non  ne  aveva  cbe  soli  180. 


Digitized  by 


Google 


LUHO  m.  GAP.  IX.  195 

ad  occupare  qual  sì  voglia  artefice»  il  Giocondo  non  intralasciaTa 
i  diletti  suoi  stndj  sa  i  classici  latini.  Nel  1517  pnbblieavs^  la 
nuova  edÌ2Ìone  dei  Commentarj  "di  Giulio  Cesare»  da  lui  con  ogni 
studio  e  diligenza  corretti;  e  vi  univa  un  disegno  del  ponte  me- 
raviglioso costruito  sul  Rodano  da  quel  celebre  capitano,  e  de- 
scrittoci ne*  suoi  CoDunentarj»  del  qual  ponte  ninno  per  l' addi^ 
tro  avea  saputo  rinvenire  la  forma  e  F  ordine  deDa  costru- 
zione (1).  Dedicò  questa  edizione  a  Giidiano  de'Medici,  enontace 
elK  già  toccava  i  il  termine  deDa  sua  carriera  mortale*  miak 
qmd»m  ea  stim,  tU  de  me  non  muUa  iibi  foeiim  prwiiitefe.1i  ve- 
ramente egli  era  assai  presso  agli  anni  novanta;  la  quale  avan- 
zatissima età  non  lo  potè  ritenere  che  egli  non  imprendesse  un 
viaggio  non  breve  per  condursi  alla  sua  diletta  Yerona^se  il  vero 
narra  il  Bottari  e  il  Tirabosefai.  Si  disse  altrove»  per  V  autorità 
del  Vasari,  che  fra  Gioeondo  in  Tfvona  rafibneasse  una  pik  del 
ponte  detto  ddla  Pietra^  o  ponte  Nuovo.  Il  sig;  Emilio  Tipaldo  » 
s^foìtando  altri  storici»  assegnò  F  anno  1513  a  questa  operazio- 
ne (2);  forse  per  le  pande  stesse  del  Vasari»che  scrive  essere  questa 
avvenuta  quando  Massimiliano  imperatore  era  in  Verona.  Mons. 
Bottari  nelle  sue  annotazioni  a  questo  biografo  si  argomenta  di  pro- 
vare che  questo  fatto  deve  riportarsi  alF  anno  ISBl.  E  in  Catti, 
soggiunge  il  Tiraboschi,  nella  continuazione  della  Cronaca  di 
Verona  di  Pietro  di  Zagata,  pubblicata  dal  Biancolini,  al  finire 
dell'anno  1520,  si  legge:  in  el  tempo  predio to  fu  fatto  il  ponte 

(1)  Alcuni  pongono  qu£sU  edUìone  di  Ginllo  Cesare  nel  ltfl3;  ma 
il  Tirabosefai  e  1'  Echard  tengono  foase  eseguita  in  Venesla  nel  1K17. 
(2)  Elogio,  pag.  23. 


Digitized  by 


Google 


1%  MEMORIE 

della  Preda,  el  quale  per  innanti  era  de  kgname  (1).  Potrebbesi 
non  pertanto  rispondere  a  questa  aatorita  del  cronista  Tercoese, 
che  r  operazione  consigliata  dal  Giocondo,  di  fasciare  cioè  la  pila 
di  mezzo  di  doppie  travi,  che  da  alcuni  sì  stima  eseguita 
nel  1512,  non  si  oppone  a  qaesta  notizia  del  Zagata.  Perciocché 
molti  ponti  di  legno  hanno  le  pile  di  pietra,  e  di  pietra  erano 
qaelle  del  ponte  aba  Carraia  in  Firenze  innanzi  al  1330, 
s^do  il  rimanente  di  legname.  Poterà  pertanto  fra  Giocondo 
nd  1512  aver  consigliato  il  modo  di  salvare  quella  pila  da  im- 
minente rovina  (2),  e  nel  1520  essersi  fatto  di  pietra  il  rimanente 
del  ponte. 

Quifi  hanno  termme  le  notizie  della  vita  e  ddle  opere 
di  fra  Giocondo.  Quando  e  ove  morisse,  à  è  inutilmente  cercata 
Non  è  però  mancato  chi  afiermasse  avere  egli  chiusi  i  su(4  gìonii 
in  Alemagna  presso  Massimiliano  imperatore;  alla  quale  opi- 
nione  non  si  può  facilmente  aderire,  sembrando  inverosimile  che 
questo  frate  nonagenario,  lasciata  Roma  ove  dalla  liberalità  di 
Leone  X  avea  conseguito  onore  e  premio,  andasse  a  cercare 
nella  lontana  Germania  il  sepolcro. 

Sovente  dannosi  tali  anime,  cui  diresti  fatale  non  aver 
rèquie  giammai;  anime   che  vagh^;giando    una    perfezione 

(1)  TiRAjtoscui ,   Storia  della  Letterat.  Ilal.  loc.  clt.  pag.  1180. 

(2)  li  eh.  Masselli  in  una  nota  a  questo  luago  della  vita  di  Giocondo 
scritta  dal  Vasari,  ci  «porge  la*  seguente  notizia,  che  panni  inconciliabile 
con  la  cronaca  del  Zagata.  Il  detto  ponte  era  di  costruzione  romana;  ma 
ora  non  conserva  d^  antico  che  soli  due  archi ,  essendo  gli  altri  stati 
distrutti  dalle  piene  delV Adige,  una  delle  quali  avvenne  nel  1812,  e  dette 
motivo  ai  lavori  di  fra  Giocondo  che  furono  eseguiti  nel  1520.  Vedi  Nota  5. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IIL  CAP,  IX.  197 

ideale,  dalla  qaale  è  troppo  remota  questa  misera  nostra  natura, 
sono  del  continao  sospinte  a  ?ariare  di  stato,  di  luogo,  di  studi, 
d'uffizi,  di  professione,  sempre  agognando  ad  un  meglio  che 
sfugge  loro  dinanzi,  senza  che  Fetà  e  i  disinganni  possano  mai 
indurle  a  far  posa.  Tale  è  il  nostro  Giocondo.  Benché  educato 
nel  domenicano  istituto,  ove  è  lasciata  alla  mente  bastante  li- 
bertà per  applicarsi  a  quegli  studi  che  più  si  confanno  all'indole 
propria,  e  bastante  spazio  per  versarsi  nell'azione  esteriore, 
sembra  però  che  quell'  anima  ardente  e  operosa  ri  si  trovasse 
come  a  mal  agio,  e  che  a  lui  mal  si  addicesse  il  silenzio  e  la 
calma  della  solitudine,  o  che  pure  non  mai  assaporasse  la  dol- 
cezza della  vita  interiore:  quindi  quel  ripetuto  cangiamento  di 
stato,  e  leperpetue  peregrinazioni,  e  Taltemare  di  studi,  quella 
vita  insomma  irrequieta,  e  non  mai  paga,  come  sembra  rile- 
varsi dalle  commoventi  parole  che  il  Giocondo  già  ottuagenario 
dirìgeva  a  Giulio  II  nel  dedicargli  la  nuova  edizione  di  Vitruvio., 
Del  rimanente,  pochi  sapienti  si  rinvengono  di  cosi  universali  co- 
gnizioni, e  che  maggiori  servigi  rendessero  al  pubblico  quanto 
questo  frate  veronese.  Perciocché  le  buone  lettere  a  lui  sono  de- 
bitrici delle  edizioni  corrette  e  complete  di  Plinio  secondo,  di 
Cesare,  di  Catone,  di  Vitruvio,  di  Frontino,  di  Aurelio  Vittore 
e  dell'  Ossequente  (1).  La  lapidaria  riconosce  da  lui  la  prima  e 
più  copiosa  raccolta  di  iscrizioni  latine  che  Ano  allora  esi- 
stesse; e  l'architettura,  tutte  le  opere  che   abbiamo  ricor- 
date. Fu  onorato  in  vita  dalla  estimazione  dei  principi  e  dei 
ponteGci;  e  possedè  l' amore  di  Giulio  Cesare  Scaligero,  del  San- 
nazzaro,  di  Aldo  Manuzio,  di  Domizio  Calderine,  di  Matteo  Besso, 

(1)  EcBARO,  loc.  cit.  pag.  37. 


Digitized  by 


Google 


198  MEMORIE 

di  tutu  r  Accademia  romana;  e  in  Francia  del  Bodeo  e  (fi  Paolo 
Emilio;  in  breve,  di  tatti  i  più  chiari  ingegni  della  ma  età.  U 
Vasari  e  lo  Scaligero  ne  {nredicano  la  bontà  del  costomé  e  la 
integrità  d^a  vita.  Qual  gloria  maggiore  può  coronare  fl  nome 
di  fra  Giocondo? 

Qa^  fatti,  oomeochè  assai  'aaocintamente  narrati  e  con 
stile  troppo  ^Ksadomo,  varranno,  io  spero,  al  paro  di  qualsivo- 
glia pia  sidendido  elogio,  a  far  conoscere  al  leggitore  la  virtù 
e  l'ingegno  grandissimo  di  questo  insigne  filologo  ed  arda- 
tetto  italiano. 


Digitized  by 


Google 


199 

CAPITOLO   X. 


Fra  Marco  Pensàbm  e  fra  Marco  Maraveja  Pittori  Veneziani. 
—  Si  disamina  e  si  confuta  una  opinione  del  Federici  in- 
torno il  primo  di  questi  artefici. 


J^el  severo  e  maestoso  (empio  che  gli  architetti  Domenicani 
innalzarono  in  Trevigi  alla  memoria  del  santo  ponteBce  Niccolò 
nei  primi  anni  del  secolo  XIV,  ammirasi  in  sol  maggiore  altare 
una  tavola  grandi9sima,  che  misurata  nella  sua  altezza  è  ben 
Tenti  piedi,  e  dodici  nella  larghezza.  Con  disegno  Paolesco  ri- 
trasseri  il  pittore  una  magnifica  cupola  sorretta  da  più  archi  e 
cdonne,  con  tale  artificio  di  prospettiva  e  di  chiaroscuro,  da  sem- 
brare non  già  finta,  ma  vera  opera  di  elegante  architettura.  So- 
pra la  cupola,  come  in  beli'  Attico,  pose  a  destra  ed  a  sinistra 
in  due  tondi,  i  due  Evangelisti,  Marco  e  Giovanni.  Nel  mezzo 
del  tempio,  in  maestoso  trono  seduta,  è  la  Vergine  con  il  divino 
suo  Figlio  fìra  le  braccia;  d'appiedi,  come  nelle  composizioni  dì 
fra  Bartdommeo  della  Porta ,  evvi  seduto  un  Angioletto  in  atto 
di  suonare  il  liuto.  Nel  piano  sono  adoratori  della  Madre  e  del 
Figlio,  S.  Domenico,  S.  Niccolò  e  il  beato  Benedetto  XI,  alla  de- 
stra; e  S.  Tommaso  di  Aquino,  S.  Gerolamo  e  S.  Liberale  alla 
mancina. 


Digitized  by 


Google 


200  MEMORIE 

Chi  mai  di  qad  raro  dipinto  fosse  l' aatore  per  Mie  due  se- 
coli ta  da  molti  inutilmente  cercato;  ma  alla  ricca  e  bene  intesa 
composizione,  al  forte  e  succoso  impasto  dei  colori,  al  nd>ile  e 
vero  arieggiare  dei  volti,  alla  dotta  prospettiva,  ognuno  concedea 
facilmente  doversi  riputare  opera  di  uno  tra  i  più  grandi  pittori 
della  Scuola  veneta,  che  di  grandissimi  non  pati  mai  difetta  Chi 
stima  vaia  pertanto  di  un  pittor  Bellinesco,  chi  non  la  rifiutava 
allo  stesso  Tiziano,  chi  stimolla  di  Gioi^ione  di  Castelfranco;  e  fu 
in  ultimo  a  cui  parve  raffigurare  la  mano  e  lo  stile  di  quelBastiano 
del  Piombo,  che  Michelangiolo  Buonarroti  invocava  ad  abbattere 
r  emulo  Raflfaello  e  la  sua  scuola.  Finalmente  il  benemerito 
P.  Domenico  Federici  negli  archi  vj  dei  conventi  di  S.  Giovanni  e 
Paolo  di  Venezia  e  di  S.  Niccolò  di  Trevigi,  rinvenne  certissimi 
documenti,  per  i  quali  è  provato  che  quel  dipinto  fu  opera  di 
due  pittori  veneti  Domenicani,  i  quali  fino  all'epoca  della  pub- 
blicazione delle  sue  Memorie  Trevigiane,  cioè  fino  all'anno  1803, 
erano  rimasti  sepolti  in  una  perfetta  oblivione.  Sono  questi  i  Pa- 
dri Marco  Pensaben  e  Marco  Maraveja,  ambedue  sacerdoti  del 
convento  di  S.  Giovanni  e  Paolo  di  Venezia.  Del  prhno  sono  più 
copiose  notizie;  non  cosi  del  secondo,  del  quale  non  si  ha  che  un 
breve  cenno  nelle  antiche  memorie. 

In  Venezia  l'anno  ih86  sorti  i  natali  fra  Marco  Pen- 
saben. De' suoi  genitori  e  della  sua  giovinezza  al  secolo  è 
profondo  silenzio  nelle  antiche  carte.  Uguali  tenebre  cno- 
prirono  la  infanzia  de*suoi  connazionali  e  confratelli  fra  Fran- 
cesco Colonna  e  fra  Giocondo.  La  più  antica  e  certa  memoria 
che  del  Pensaben  sia  a  noi  pervenuta ,  risale  all'anno  1310, 
e  ce  lo  addita  già  sacerdote  nel  convento  di  SS.  Giovanni  e  Paolo 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP,  X.  201 

io  patria.  È  questa  ima  nota  presentata  al  P.  M.  ProTinciale, 
nella  quale  sotto  il  giorno  20  di  maggio  di  quello  stesso  anno, 
fra  Marco  è  detto  giovine  di  anni  Tcntiquattro,  e  uno  tra  gli  ul- 
timi che  in  quel  convento  avessero  indossate  le  divise  dell'  Or- 
dine (1).  Trovasi  poscia  ricordato  negli  Alti  Capitolari  degli 
anoi  1514,  1515,  e  1516;  e  nel  primo  di  questi,  sotto  il  giorno  17 
marzo,  appellasi  Sottopriore;  e  in  uno  del  4524,  Tiene  eletto  Sa- 
cristano  maggiore  (2).  Nel  libro  detto  Proeuratiay  o  vogliam  dire 
Giornale  ddla  chiesa  e  del  convento  di  S.  Niccolò  di  Trevigi,  che 
dal  1510  si  conduce  fine  all'  anno  1529,  trovami  partitamente  no- 
Terate  tutte  le  spese  occorse  in  far  dipmgere  la  gran  tavola  del- 
l' aitar  maggiore  di  quella  chiesa;  e  hanno  cominciamento  dal  7 
marzo  1520.  Nd  giorno  13  aprile  appare  come  un  Vittore  Belli- 
niano  si  recasse  in  Trevigi  per  fermare  il  contratto  con  i  religiosi 
di  quel  conrento  a  nome  di  fra  Marco  Pensaben,  e  a  lui  fossero 
per  arra  date  lire  49,  e  soldi  12.  Nel  giorno  24  dello  stesso  mese 
giungeva  in  Trevigi  il  Pensaben;e  nd  4  di  maggio  leggonsi  le  spese 
per  il  vitto  dd  medesimo,  che  dicesi  infermo.  Dd  P.  Marco  Ma- 
raveja  non  è  fatta  menzione  che  agli  11  agosto  di  quell'  anno 
stesso;  e  à  noverano  lire  6  date  al  medesimo  per  aver  lavora 
nelb  pala  (tavola).  L'ultima  partita  di  spese  occorse  per  fra 
Marco  P^isaben  è  dd  13  gennaio  1521  (3). 

Questo  fra  Marco, che  non  era  certamente  un  altro  beato  An- 
gelico, ma  che  ritraea  piuttosto  da  quel  bizzarro  spirito  di  fra 
Francesco  Colonna,  non  condotto  se  non  a  metà  il  dipinto,  in  volessi 

(1)  Federici»  Memorie  Trevigiane ^  voi.  i,  cap.  VI,  §  9,pag.  126» 

(2)  Loc.  cìt. 

(3)  Loc.  cìt.  Documento  al  cap.  VI  della  parte  1,  pag.  130  e  131. 


Digitized  by 


Google 


L 


202  MEMORIE 

nascosamente  da  Trevigi ,  e  di  lai  per  noo  breve  tempo  non  si  ebbe 
più  aicmia  contezza;  intanto  che  fa  inutilmente  cercalo  in  Padora, 
in  Monselice,  in  Legnago,ec.  (1).  Sfiduciati  di  piùrinTenireil  pitto- 
re, i  Padri  di  S.  Niccolò  di  Trevigi,  o  non  avessero  ugnale  fidanza 
nel  Mara?eja,  o  egli  eziandio  si  fosse  partito,  invitarono  di  Vene- 
zia a  dar  termine  a  quel  dipinto  il  pittore  Gian  Girolamo  con  un 
suo  compagno,  siccome  appare  da  una  partita  segnata  sotto  ^8 
settembre  1521,  Per  il  corso  di  altri  due  anni  ignorasi  chearre- 
nisse  del  profugo  Pensaben.  Nel  1524  rinriensi  in  Venezia  tutta- 
via Domenicano;  ma  nel  1590  nei  libri  autentici  dell'Ordine  é 
annoverato  fra  quei  religiosi  che  aTerano  deposto  l'abito,  o  erano 
morti.  Del  Maraveja  non  ò  più  fatta  menzione. 

Per  le  quali  notizie  un  pensiero  si  afilaccia  tosto  aDa  mente. 
Come  un  pittore,  che  per  l'arte  e  l' ingegno  grandissimo  potò  fare 
opera  tanto  pafetta,  che  dai  periti  delle  cose  del  disegno  venne 
giudicata  di  Tiziano,  di  Giorgione  e  di  Sebastiano  del  Piombo, 
fosse  poi  rimasto  ignoto  a'  suoi  stessi  contemporanei,  e  dell'  arte 
sua  altro  saggio  non  ci  rimanga  che  il  disegno  della  intiera  tavola 
trÌTÌgiana,emetà  solo  del  dipinto?  Questa  diflkdtà  parre  tanto 
grare  al  Federici,  che  non  avendo  trovato  modo  alcuno  di  risol- 
verla, si  attenne  da  ultimo  ad  un  paradosso,  che  altri  potrà  sti- 
mare ingegnoso,  ma  certamente  troppo  lontano  dal  vero.  Opina 

(i)  Nel  sopra  citato  libro  della  Procuratìa ,  a  carte  262,  soUo  il 
giorno  16  luglio  1521  leggesi:  a  di  16  dati  a  Jra  Alvise  per  essere  tm- 
dato  a  Padova  f  a  Monselice,  a  Este^  a  Legnago  ed  a  Soave  a  cercar 
fra  MarcQ  Pensaben  che  dovesse  venir  a-  compir  de  depenser  la  pala 
deW  aitar  grondo;  per  andar  e  tornar  in  Trevi$o^  L.  0.  IM).  Vedi  FsDSRia, 
Ice.  cit.  p(^.   132. 


Digitized  by 


Google 


LIWIO  in.  GAP.  X.  203 

egli  pertanto,  anzi  tiene  indubitato,  che  sotto  il  none  di  fra 
Marco  Pensaben  si  celi  quel  pittore  rarissimo  cbe  fu  Sebastiano 
Luciani  denominato  dal  Piombo.  Le  ragioni  che  lo  trassero  a  que- 
sta deduzione  sono  le  seguenti.  Per  primo,  manda  innanzi  alla 
sua  dimostrazione  le  autorità  di  alcuni  scrittori  ddle  Arti  yenete, 
i  quali  ragionarono  della  taV<da  triyigiana;  e  segnatamente  ri- 
corda Ambrc^io  Rigamonti  e  Pietro  Brandolese,  chela  taTola  so- 
pra detta  giudicarono  fattura  di  Sebastiano  del  Pi(»QEd>o;  e  il  primo 
aggiunge,  Sebastiano  Luciani  essere  stato  Domenicano,  e  aver  fio- 
rito intomo  il  1520.Ma  un  errore  sfoggilo  ad  uno  scritt(»:e  non  può 
essere  fondamento  a  stabilire  una  rerità.  Cosi  il  Lomazzo  scrisse 
che  fra  Bartolommeo  ddla*  Porta  fosse  Agostiniano  (1);  ma  fino 
al  presente  non  si  è  trovato  chi  volesse  sostenere  quell'errore.  Di 
questa  autorità  del  Rigamonti  fiittosi  scudo  il  P.  Federici,  la  di- 
scorre cosi  (2):  «  Se  qud  fra  Marco  Pensaben  era  di  tanto  me- 
rito, come  mai  con  questo  nome  e  cognon»  da  nessuno  di  quel 
tempo  si  nomina,  e  fra  i  Domenicani  stessi  si  ignora?  E  se  citasi 
fra  Marco  Pensaben,noB  òche  semplicissima  la  notizia  di  lui, come 
a  OD  giovine  sacerdote,  eletto  una  volta  sottqpriore,  ed  un'altra 
sacrista.  Forse  che  tenevasi  fra  Marco  nascosto  in  convento  ìtbì 
cenobiti,  così  cbe  da  yerim  altro  si  conosceva?  Ma  fra  Marco  era 
noto  ed  amico  del  ReUimàno,  e  la  fìima  di  lui  era  non  comune 
presso  del  priore  e  de' frati  Trevigiani  Domenicani,  impegnandolo 
in  un'  opera  tanto  grandiosa  e  senza  risparmio.  E  se  era  noto  fra 
Marco,  qual  altro  lavoro  in  Venezia  o  in  Trevigi  lo  contesta?  Di- 
poi, chi  WBoA  netta  storia  pittorica  ha  udito  o  letto  fra  i  più  rino- 

(1)  Trattato  della  PiUuru,  lib.  VI,  c*p.  XXXV,  pag.  366. 
(3)  Lo€.  dt.  pag.  121. 


Digitized  by 


Google 


204  MEMORIE 

mati  maestri  il  nome  di  fra  Marco  Pensaben?^  Fa  donqae  di 
mestieri,  che  con  altro  nome  e  cognome  abbia  dipinto  e  sia  co- 
nosciuto, e  che  con  qnesto  (  di  Pensaben  )  abbia  soltanto  dipinta 
la  celebre  tavola  di  Trevigi.  Ma  le  prerogative  e  qualità  che  si 
rilevano  nella  proposta  pittura  trevigiana,  tutte  combinano  nel 
valore  e  nel  pennello  di  fra  Bastian  del  Piombo.  Esaminiamo  se 
fra  Marco  Pensaben  Domenicano  fosse  ancora  Bastian  di  Venezia, 
Bastian  Luciani ,  e  di  poi  tra  Bastiano  del  Piombo,  d  (  pag.  123.  ] 
ff  Che  in  fra  Marco  Pensaben  vi  fosse  Bastian  da  Venezia,  depon- 
gono la  cronologia,  cioè  la  serie  degli  anni  della  vita  di  Gra  Ba- 
stiano del  Piombo,  il  genio  bizzarro  e  stravagante,  di  lentezza 
nell*  operare  e  di  volubilità  di  cui  leggesi  dal  Vasari  e  dal  Tob- 
mei  redarguito,  e  nella  dipintura  della  Pala  trevigiana  in  en- 
trambi manifestamente  caduto  ec....  e  finalmente  la  maniera  di 
dipingere,  che  alle  fatte  opere  di  Bastiano  in  Venezia,  in  Roma, 
in  Viterbo,  in  Perugia,  in  Napoli,  ottimamente  si  conforma,  b  A 
carte  poi  124,  il  P.  Federici  congettura,  che  dopo  av^  Sd[)astìano 
Luciani  preso  a  competere  in  Roma  con  il  grande  Urbinate,  nei 
primi  anni  del  Pontificato  di  Giuliq  II,  vedutosi  vinto  in  quel 
temerario  cimento,  da  troppo  grande  dispetto  compreso,  abban- 
donata Roma,  andasse  a  nascondere  la  sua  vergogna  nel  con- 
vento dei  Domenicani  di  Venezia,  ove  dimoravano  due  suoi  stretti 
congiunti,  cioè  Marc' Antonio  e  Giulio  Luciani;  ivi  mutato  il 
nome  di  Sebastiano  in  quello  di  Marco,  e  il  cognome  Luciani  in 
quello  di  Pensaben,  a  persuasione  dei  due  parenti  indossasse  le 
divise  dei  frati  Predicatori.  Nel  1520  tuttavia  Domenicano,  essere 
invitato  a  portarsi  in  Trevigi  per  colpire  la  tavola  dell'aitar 
maggiore,  dimorando  allora  in  quel  convento  Giulio  Luciani  suo 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  X.  305 

congiunto;  se  non  che  nel  renerdi  santo  di  qaeUo  stesso  anno 
sendo  morto  RafTaelIo  da  Urbino,  tosto  Sebastiano  Luciani  depo- 
sto r  abito  religioso  e  il  nome  di  fra  Marco  Pensaben,  fuggisse 
in  Roma,  e  prendesse  nuovamente  a  dipinga^  sotto  le  primiere 
divise  (1)*  Ma  per  breve  tempo,  conciossiachè  morto  Leone  X, e 
salito  sul  soglio  Pontificio  Adriano  VI,  delle  arti  belle  o  ignaro  o 
nemico,  il  Luciani,  veduti  i  tempi  non  propizi  agli  artefici, 
stimò  meglio  incappucciarsi  nuovamente;  il  perchè  nd  1524  è  di 
lui  fatta  ricoManza  nei  Ubri  del  veneziano  convento,  con  il  con- 
sueto nome  di  Marco  Pensaben.  Queste  bizzarre  trasformazioni 
non  ebbero  termine  allora;  ma  salito  al  maggior  soglio  Cle- 
mente VII,  e  rinate  negli  artefici  più  liete  speranze,  Sebastiano 
Luciani  gittato  via  una  seconda  volta  il  cappuccio,  fece  di  bel 
nuovo  ritorno  a  Roma,  ove  associatosi  a  Michelangioio  Buonar- 
roti, tolse  ad  abbattere  gli  scolari  di  Raffaello,  e  n'ebbe  in  pre- 
mio r  ufBcio  del  Piombo.  Io  non  negherò  che  il  secolo  XVI  non 
vedesse  troppo  sovente  per  lievi  orioni  incappucciarsi  e  scap- 
pucciarsi i  frati,  ma  queste  permutazioni  di  nome,  di  abito,  e 
di  condizione,  non  vogliono  concedersi  senza  prova  alcuna. 
Perciocché  prestar  fede  troppo  facilmente  ad  ogni  oonghiettura 
non  panni  da  uomo  saggio. 

L' ultima  ragione  colla  quale  il  Federici  si  argomentò  fare 
puntello  al  suo  assunto,  non  è  più  forte  della  prima.  Giovanni  da 
Udine,  ei  dice.  Bramante,  il  Vani  e  Guglielmo  della  Porta  ten- 

(1)  Non  sarà  certamente  inutile  dì  far  osservare,  che  Raffaello  Sanzio 
morì  il  Venerdì  Santo  dell'anno  1520,  e  che  fra  Marco  Pensaben  non  si 
Involò  da  Trevìgi  che  nei  primi  di  luglio  del  1521  ;  che  è  a  dire  nn  anno 
e  messo  dopo  la  morte  dell'Urbinate. 


Digitized  by 


Google 


MEMORIE 

nero  per  ^an  tempo  l'ufficio  del  piombo,  e  non  pertanto  giam- 
mai si  intitolaroBo  dal  nome  di  Fraii^  come  si  intitola  nelle  sue 
Mtere  Sebastiano  Luciani;  Tolersi  credere  pertanto  ayere  egli 
appartenuto  ad  un  claustrale  istituto;  e  perchè  il  modo  del  co- 
lorire k>  mostra  simile  a  Marco  Pensaben  Domenicano,  dorasi 
tenere  che  sotto  due  nomi  diversi  si  celi  uno  st^yso  pittore.  Con- 
chiude  pertanto  il  P.  Federici,  che  infino  a  tanto  che  con  nuovi  e 
certi  documenti  non  si  provi  che  Sebastiano  Luciani  dal  1510  al 
ISab  dipinse  in  condizione  laicale,  e  operasse  in  Roma,  in  Vene- 
zia e  altrove,  egli  avrebbe  sempre  mantenuto,  che  fra  Marco 
Pensaben  sia  identico  con  Sebastiano  Luciani  (l). 

Queste,  se  mal  non  mi  appongo,  sono  le  principali  ragioni 
addotte  assai  prolissamente  dal  Fed^id  nell'opera  ricordata. 
Ma  per  quanto  possa  lusingare  Tamore  del  proprio  Istituto  nove- 
rare fra  suoi  artisti  un  pittore  dd  merito  del  Luciani,  non  po- 
tante r  amore  della  verità  debbo  sempre  prevalere  a  qualsivoglia 
privata  affezione.  Così  noi  che  ci  siamo  studiati  provare  che  fra 
Giocondo  fosse  certamente  domenicano  per  non  brerve  grazio  di 
tempo,  proveremo  al  presente  che  non  lo  fu  Sebastiano  Ludanì, 
frate  del  Piombo. 

Riandando  compendiosamente  le  ragioni  del  P.  Federici, 
poimo,  a  mio  avviso,  ridursi  a  tre  sole.  1^  Alla  somiglianza  ddlo 
stile  nel  dipingere,  e  alla  capricciosa  indole  di  ambedue  fti  arte- 
fici. V  Alla  consonanza  della  cronologia.  3°  Al  titolo  di  PrtUe  dato 
a  Sebastiano  Luciani.  E  per  primo,  se  la  somiglianza  delF  indole 
e  dello  stile  fosse  bastevole  argomento  a  confondere  i  pittori,  , 
troppi  nomi  disparirebbero  dagli  abbecedarj  pittorici,  dalle  bio- 

(1)  3f emorie  Trevigiancy  loc.  ciL  127. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  X.  207 

g^rafie  e  dalle  stmrie  dell'  Arte;  e  forse  il  Cappuccino  genoyese  po- 
trebbe addirei^  ugaalmente  fira  Marco  Pensaben,  ambedue 
frati  bizzarri  e  molto  lieti  coloritori  ea  Questo  principio^  che 
soTTertirebbe  dall'  imo  al  sommo  tutta  la  storia,  non  gioTerebbe 
in  buona  logica  a  prorare  mai  nulla;  perciocché  la  natura  sva- 
riatissima  in  tutte  le  sue  produzioni,  si  piace  non  pertanto  tal  fiata, 
in  condizioni  disparate,  produrre  esseri  molto  simili.  Alla  seconda 
ragione  risposero  il  Lanzi  ed  il  Pungileoni,  prosando  come  nel 
t^npo  che  fra  Marco  Pensabeti  era  in  Venezia  e  poi  si  portaya  in 
Trevigi,  Sebastiano  Luciani  certissimamente  trofavasi  in  Roma. 
Il  card.  Giulio  de'Medici  avea  commessa  la  tavola  della  Trasfigura- 
zione a  RafiEeielk),  il  quale,  compiutala  appena,  mori  nel  venerdì 
santo  dell'anno  1520;  e  nel  medesimo  tempo,  quasi  a  concorrenxa 
di  Raffaello  (\.Yasari)j  fece  Sebastiano  Luciani  per  lo  stesso  car- 
dinale la  Risurrezione  di  Lazzaro,  che  indi  a  poco  fa  esposta  con 
la  Trasfigurazione  predetta,  e  poi  mandata  in  Francia  (1).  E  si 
dee  aggiungere  eziandio,  che  il  Luciaui  colori  pure  il  martirio 
di  S.  Agata  pel  card,  di  Aragona,  il  qual  dipiato  nei  tempi  del 
Vasari  era  presso  il  Duca  di  Urbino,  e  fini  poi  in  Firenze;  fin- 
ché da  quivi  tolto  ancora,  passò  in  Francia.  In  questo  quadro  tì 
é  segnato  il  nome  di  Seba$Hanui  Venetus  e  l'anno  1S20.  Non  può 
adunque  fra  Marco  confondersi  con  Sebastiano;  né  la  tavola  tri* 
vigiana  ascriversi  a  questo.  Alla  terza  obbiezione  dedotta  dal  nome 
di  Frate  dato  al  Luciani  quando  ottenne  l' ufficio  del  Piombo, 
Don  é  ardua  la  risposta.  Qudl'  ufficio  davasi  per  consueto,  come 
scrive  il  P.  Serafino  Razzi,  ai  laici  dei  monaci  Cistercensi;  e  qual- 

(1)  PoHGiLEovi,  Elogio  itorico   dì  Raffaello  Santi,  pag.  107  e  108 
LahzI)   Storia  Pittorina^  Scuola  f^eneta,  Epoca  1. 


Digitized  by 


Google 


208  MEMORIE 

siroglia  secolare  consegfiiisse  il  medesiiiio  afkio^prendera  il  nome 
e  le  divise  di  questo  Istituto.  Per  simil  guisa  abbiamo  reduto 
fra  Mariano  Petti,  tosto  (u  addivenuto  frate  Piombatore,  lasciare 
le  divise  domenicane»  e  vestire  quelle  dei  rdigiosi  di  S.  Bernardo. 
Ma  egli  è  forte  a  meravigliare  come  ai  dotto  P.  Federici  venisse 
scritto,  che  niun  altro  degli  artisti  addivenutìPiombatori  togliesse 
il  nome  di  Fraiey  quando  leggesi  nel  Vasari,  che  Gugliefano 
della  Porta,  scultore  milanese,  e  allievo  del  Buonarroti,  per 
avere  ottenuto  qudl'  ufBcio  medesimo,  essere  sempre  appellato 
col  nome  di  Frate  Guglielmo.  E  se  degli  altri  lo  tace  il  Vasari, 
non  vedo  perchè  si  debba  tenere  e  credere  che  quel  nome  non 
avessero.  Si  legga  la  vita  di  Benvenuto  Cdlini,  e  sarà  chiarilo 
ogni  dubbio  (1). 

Da  ultimo  ne  piace  risolvere  quella  difficoltà  pnqiostaci  dal 
Federici,  che  di  un  artefice  cotanto  insigne,  quale  fu  certamente 
fra  Marco  Pensaben,  niun  altro  dipinto  ci  sia  rimasto,  che  la 
gran  tavola  trevigiana.  A  questa  obbiezione  si  potrebberispondane, 
che  di  altri  pittori  ancora  non  si  conoscono  che  uno  odue  dipìnti  sot- 
tanto;  e  del  nostro  fra  Carnevale  per  lunga  pezza  non  fri  nota 
che  la  sola  tavda  la  quale  adoma  la  I.  e  R.  galleria  di  Brera  in 
Milano.  Bla  per  ciò  che  è  del  Pensaben,  si  può  citare  al  presente 
un  altro  dipinto  in  fuori  della  tavola  suddetta.  Nella  galleria  del 
conte  Lochis  di  Bergamo  ewi  di  questo  religioso  artefice  un  pic- 
colo quadro  assai  ben  conservato,  sulla  originalità  del  quiaJe  non 
può  insorgere  alcuna  dubitazione,  avendovi  l'autore  apposto  il 

(1)  Benvenuto  Gellini,  f^iia  scritta  du  lui  medesimo,  cap.  XI.  «  Av- 
vedntomi  che  Sua  Santità  non  sì  era  mai  più  ricordato  di  darmi  nulla, 
esaendo  vacato  un  Frale  del  Piombo,  una  sera  io  gnene  chiesi  ec.  w 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  X.  209 

sno  nome.  È  questa  una  tavola  nella  lunghezza  oncie  17  j  e 
alta  11,  di  misura  milanese,  e  rappresenta  la  la  B.  V.  col  Figlio 
in  braccio.  Le  sono  dai  lati  un  santo  vescovo  e  un  santo  dome- 
nicano, e  nel  dinanzi  un  fraticello  delio  stesso  Ordine  dei  Predi- 
catori, il  quale  giunte  devotamente  le  mani,  fa  atto  di  orare. 
Vuoisi  da  alcuno  essere  questi  il  pittore  del  quadro.  La  B.  Ver- 
gine, a  significazione  di  patrocinio,  pone  la  mano  sul  capo  del  sup- 
plichevole, e  il  Bambino  lo  benedice.  Il  fcmdo  del  quadro  è  un 
vaghissimo  paese  con  un  convento  ed  una  chiesa,  che  forse  erano 
quelli  abitati  dal  pittore.  Nella  parte  superiore  in  un  cartellino 
leggesi:  Fr:  Marcus  Yenettis  p.  Dicesi  essere  colorito  con  il  più 
puro  stile  Bellinesco,  ed  essere  uno  dei  più  rari  e  preziosi  della 
scuola  antica  de'  Veneziani. 

Di  due  ritratti  coloriti  dal  Pensaben,  ed  esistenti  nel  con- 
vento di  S.  Niccolò  di  Trevigi,  fa  menzione  lo  stesso  P.  Federici. 
Questi  ci  danno  l'eflSgie  di  fra  Alberto  Arpo,  fondatore  del  con- 
vento trevigiano,  e  quella  di  fra  Leonardo  Ermizo  fondatore  del 
convento  di  Cividale  (l).Fanno  parte  della  galleria  degli  illustri  do- 
menicani eseguita  nella  maggior  parte  dal  pittore  Bernardino  Ca- 
stello ,  in  continuazione  di  quella,  che  nel  secolo  XIV  e  nello  stesso 
convento,  avea  colorita  a  fresco  Tonunaso  da  Modena.  Per  il  che 
si  fa  manifesto  altre  più  cose  avere  dipinte  fra  Marco  Pensaben 
in  fuori  della  gran  tavola  trevigiana.  E  se  il  tempo  e  gli  uomini 
distrussero  in  gran  parte  le  opere  di  questo  reUgioso,  pur  tanto 
ci  lasciarono  ancora  di  lui  per  doversi  reputare  uno  dei  più  per- 
fetti pittori  della  scuola  veneziana. 

(t)  Memorie  Trevigiane,  voi.  2,  par.  lU,  cap.  II,  pag.  227. 


li 


Digitized  by 


Google 


L 


Digitized  by 


Google 


211 


CAPITOLO     XI. 

Di  fra  Guglielmo  di  MardUai^  celebre  coloritore  di  vetri,  Archi- 
tetto e  Pittore. — Sue  opere  m  Roma,  in  Cortona,  in  Arezzo, 
e  in  Perugia, 


lo  fui  lungamente  in  forse  se  dovessi  scrivere  la  vita  di  fira  Gu- 
glielmo di  Harcillat,  oyyero,  segni  landò  ¥  esempio  del  Malvasìa 
nella  Fekina  Pittrice,  dare  la  ?iia  scrìttane  da  Giorgio  Vasari,  e 
solo  aggiungervi  quelle  poche  notizie  che  di  un  tanto  e  così  raro 
artefice  si  sono  fino  al  presente  potute  rinvenire.  Perciocché  non 
sarà  mai  dato  ad  alcuno  di  proprietà  e  di  eleganza  contendere 
nello  stile  con  Giwgìo  Vasari;  né  parlare  più  sicuramente  del 
Marcillat  di  quello  che  abbia  fatto  egli  stesso,  per  essere  stato  assie- 
memente  a  Benedetto  Spadari,  suo  allievo  nell'  arte  del  colorire. 
Per  la  qnal  cosa  quella  biografia,  e  come  opera  letteraria,  e  come 
afiettuoso  tributo  di  gratitudine,  grandemente  diletta.  Sono  venato 
finalmente  in  questo  consiglio,  di  concedere  la  più  parte  della  nar- 
razione al  primo  storico  delle  arti  nostre;  e  solo  ove  sarà  di  me- 
stieri, interpormi  fra  il  leggitore  e  lo  storico  con  brevi  ricordi, 
come  colui  che  ad  un  narratore  non  troppo  aiutato  dalla  memo* 
ria,  viene  rammepiorando  ciò  che  egli  avesse  sdimenticato,  to- 
gliendo nel  tempo  stesso  tutte  le  prolisse  ed  inutili  digressioni. 


Digitized  by 


Google 


212  MEMORIE 

La  patria  di  fra  Guglielmo  Tu  lungamente  ignorata.  11  Va- 
sari dicendolo  ora  di  Marcilla  e  quando  di  MarxiUaj  fece  nascere 
in  molti  opinione  che  avesse  tratti  i  natali  in  Marsiglia ,  città 
principalìssima  della  Francia.  Il  P.  Gugl.  Della  Valle  soggiunge, 
doversi  tenere  indubitato  esser  egli  nativo  di  Marsiglia,  e  averne 
trovati  riscontri  in  alcune  carte  (1).  ÀI  presente  è  ornai  certo 
quel  Marcilla  e  Marzilla  del  Vasari  essere  corruzione  di  Mar- 
cillaty  che  verosimilmente  è  il  cognome  di  fra  Guglielmo. 

L' accuratissimo  Dottor  Gaye,  nelF  Archivio  del  vescovado  di 
Arezzo  rinvenne  un  documento  che  ci  rivela  il  luogo  de* suoi  na- 
tali; in  esso  appellasi,  Messer  GuiUelmo  de  Piero ^  francese  Priore 
di  S.  TibaUhy  di  5.""  Michele  dioceei  di  Verduno.  Egli  poi  si  sotto- 
scrive, Io  GuiUeìmù  de  Piero  de  MareiUat  (2).  Pier  la  qual  con 
parmì  si  debba  credere,  che  MareiUat  fosse  il  cognome  dt  Um* 
glia;  Piero  il  nome  del  genitore;  S.  Tebaldo  il  titolo  deDa  prioria 
che  ottenne  in  Toscana;  .9.  Michele  nella  diocesi  di  Verdun, 0 
luogo  del  suo  nascimento.  Il  perchè  dopo  le  parole  Priore  ài 
5.  Tibaldo  té  di  mestieri  apporre  una  vìrgola,  onde  alcuno  noa 
sia  tratto  nelF  opinione  che  il  luogo  della  sua  Prioria  tome  ne&a 
Francia,  il  che  sarebbe  troppo  lungi  dal  vero.  Nacque  Fanoo 
1475,  per  ciò  che  afferma  il  Vasari.  Dei  suoi  anni  giovanili  e 
degli  sludi  fatti  in  patria  non  abbiamo  contezza;  solo  ci  è  noto 
che  assai  prestamente  diede  opera  al  disegno  e  alla  pittura  dei 
vetri,  la  quale  in  Francia  colti  va  vasi  con  amore  e  con  lode  gran- 

(1)  Note  al  Vasari  nelle  edizioni  ài  SJena  e  di  Milano.  Simile  er- 
rore leggesi  neU'  opcrJi  intitolata  Geografia  Politica  delVTuilia,  Voi.  unico, 
pag.  4S0.   Biblioteca  delt*  Italiano  1845. 

(2)  Carteggiò    Inedito  di  Jrthiiy  td.  2,  Appen.  pag.  119  in  noU. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  XI.  213 

dififiima.  Già  da  tempi  remoliflsimi,  per  le  sollecitudini  dell'abate 
Sugero,  sotto  i  regni  di  Carlo  il  Cal?o  e  di  Luigi  il  Grosso,  que- 
st'  arte  era  Tesata  prosperando  in  quel  regno;  fincbè  ogni  di  più 
avanzando  e  ingentilendosi,  per  l'opera  di  Pinaigrier,  di  Giovanni 
Consin,  di  Bernardo  Palìssy  e  di  Angrand,  era  salita  a  molta  per- 
fezione (1)»  Ma  al  MarciUat  era  coocediito  condurla  a  quella  ec- 
cellenza della  quale  ntuna  età  e  nion  luogo  videro  mai  la  mag- 
gioro. 

Il  motivo  che  trasse  al  chiostro  questo  artista  francese ,  ci 
viene  narrato  dal  suo  biografo  colle  parole  seguenti,  a  Costui 
ae'snoi  paesi  persuaso  da  prieghì  d'alcuni  amici  suoi  si  trovò 
alla  morte  d' un  loro  iiiimioo,  per  la  qual  cosa  fu  sfondato  nella 
religione  di  S.  Domenico  in  Francia  pigliare  l' abito  di  frate  per 
esser  libero  dalla  corte  e  dalla  giustizia  (3),  E  sebbene,  soggiunge 
lo  stesso  biografo,  egli  dimorasse  nella  religione,  non  però  mai 
abbandonò  gli  studi  dell'  arte,  anzi  continuando  li  condusse  ad 
ottima  perfezioDe.  »  Da  tutto  ciò  si  rileva,  che  i  religiosi  gli  die- 
dero ogni  agio  e  comodità  per  coltivare  la  pittura  dei  vetri  ;  e 
che  dovette  vivere  nel  chiostro  non  breve  tempo,  se  potè  ren- 
dersi in  quella  perfetto.  Nel  primo  volume  di  queste  MemcHrie 
abbiamo  veduto  quai^  suoi  confratelli  coltivassero  la  vetraria 
in  Italia;  e  a^natamente  lodammo  fra  BarUdommeo  di  Pietro, 

(1)  BoURASSB,  Archeologia   Cristiana^  pag.  251. 

(2)  VasaIii,  Vita  di  Guglielmo  di  Marcilla,  in  prìnc.  Ne  piace  ri- 
cordare come  eziandio  il  celebre  orefice  e  scultore  Benvenuto  Gcllìnt,  per 
fagglre  dalle  mani  della  giustìzia,  che  persegnìvalo  a  cagione  di  una  sua  rissa, 
TicoTeratosì  in  Santa  Maria  Novella  e  vestito  l'abito  domenicano,  potè  fug- 
girsi natoosamente  da  Firenxe.   Vitay  rap.  HI,  in  fine. 


Digitized  by 


Google 


214  MEMORIE 

che  colori  il  gran  finestrone  del  coro  di  S.  Domenico  dì  Perugia, 
non  che  il  beato  Giacomo  d'Ulma,  e  i  vari  ed  eccdlenti  suoi  al- 
lievi  in  quest'  arte.  Ma  Guglielmo  di  Marcillat  tutti  dovea  tìd- 
cerli  e  superarli. 

Dimorando  pertanto  il  Marcillat  nel  suo  couT^nto,  tutto 
inteso  aUe  cose  della  religione,  contrasse  amicizia  con  un  certo 
Claudio,  artefice  valentissimo,  se  più  veramente  non  fu  quegli 
il  maestro  che  aveva  introdutto  il  Marcillat  negli  studi  deDa  v^ 
trarla.  Con  i  di  lui  esempi  e  consigli  studiava  venirsi  ognor  più 
perfezionando  in  quest'  arte  diflScile,  la  quale  deve  trionfare  degli 
ostacoli  che  le  oppongono  la  materia  debilissima  e  poco  arrende- 
volo  aUa  mano,  non  meno  che  di  queg^  assai  maggiori  che  le 
oppone  il  fuoco  nella  cottura  dei  vetri,  a  In  questo  mentre ,  segui- 
teremo col  Vasari,  fu  per  ordine  di  Papa  Giulio  II  data  ami- 
missione  a  Bramante  da  tlrbino  di  tar  fare  in  palazzo  mdte  fi- 
nestre di  vetro.  Perchè  nel  domandare  che  egli  fece  de'  più  ec- 
cellenti fra  gli  altri  che  di  tal  mestiero  la  ventavano,  gli  fu  dato 
notizia  d' alcuni  che  facevano,  in  Francia  cose  maravigliose ,  e 
ne  vide  il  saggio  per  lo  ambasciator  francese  che  negoziava  al- 
lora appresso  sua  Santità,  il  quale  aveva,  in  un  telaro  per  fine- 
stra dello  studio,  una  figura  lavorata  in  un  pezzo  di  vetro  bianco 
con  infinito  numero  di  colori  sopra  il  vetro  lavorati  a  fuoco; 
onde  per  ordine  di  Bramante  fu  scritto  in  Francia  che  venissero 
a  Roma,  offerendogli  buona  provvisione.  Laonde  maestro  Claa- 
dio  francese  capo  di  quest'  arte,  avuta  tal  nuova,  sapendo  l' ec- 
cellenza di  Guglielmo,  eoa  buone  promesse  e  danari  fece  si,  che 
non  gli  fu  diflicile  trarlo  fuor  de' fra  ti,  avendo  egli,  per  le  discor- 
tesie usategli  e  per  le  invidie  che  sono  di  continuo  fra  loro,  più 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  m.  GAP.  XI.  215 

voglia  di  partirsi,  che  maestro  Claudio  bisogno  dì  trario  ftaora.» 
Qui  interrompendo  per  poco  il  racconto  del  Vasari,  ci  faremo 
lecita  alcona  riflessione,  che  il  lettore  concederà  facilmente  al- 
l' amore  che  ognuno  debbo  sentire  per  il  proprio  Instituto.  Qual 
fosse  la  cagione  che  ayea  tratto  il  MarciUat  ai  chiostri  domeni- 
cani fu  già  narrato;  non  superna  vocazione  che  lo  rinfrancasse 
ndl'arduo  cammino,  non  desio  di  cogliere  una  palma  immortale; 
ma  si  il  timore  della  umana  giustizia  che  perseguiva  chi  potè 
farsi  in  qualche  modo  autore  di  una  grande  scelleratezza.  Nò  so 
quanto  lusinghiero  elogio  sia  quello  del  nostro  biografo  verso 
del  suo  lodato,  scrivendo  che  con  buone  promesse  e  danari  mae- 
stro Claudio  trasselo  fuori  del  chiostro.  La  qual  cosa  ^  quando 
fosse  vera ,  apporrebbe  al  MarciUat  brutta  nota  di  animo  venale; 
e  che  più  dei  giuramenti  fatti  appiè  degli  altari,  facesse  capitale 
delle  promissioni  e  del  guadagno.  Se  non  che  poco  innanzi  il 
termine  della  sua  biografia,  il  Vasari,  quasi  dimentico  di  quanto 
avea  scritto,  soggiunge:  ti  rimorso  della  coscienza  per  la  partila 
che  fece  dai  frati  lo  teneva  molto  aggravato ....  parendogli  aver 
molto  obbligo  a  \ueUa  religione.  E  per  certo  doveagU,  se  non  la 
vita,  certo  la  libertà,  quanto  quella  cara  e  preziosa.  Del  rima- 
nente, delle  acèrbe  parole  dell*  aretino  Vasari  non  dovrà  mara- 
vigliare chiunque  pensa,  essere  stato  uso  questo  scrittore  a  lace- 
rare la  fama,  non  pure  dei  claustrali,  abbenchè  da  loro  avesse 
grossi  guadagni  per  i  molti  lavori  che  di  continuo  e  poco  avve- 
dutamente a  lui  affidavano,  ma  quanto  ingiustamente  e  tal  fiata 
crudelmente  eziandio  mordesse  la  vita  e  le  opere  dei  più  grandi 
e  lodati  artefici  dell'  età  sua,  segnatamente  di  Pietro  Perugino , 
del  Pinturicchio  e  di  Francesco  Francia. 


Digitized  by 


Google 


210  MEMORIE 

Recatisi  perUmto  in  Roma  maflstrp  Claudio  e  fra  GugUebuo, 
presero  a  coknire  insieme  molte  finestre  per  il  palazzo  pootifi- 
cale  che  più  non  esistono.  Rimangono  però  due  sole  da  loro 
eseguite  neUa  chiesa  di  S.  Maria  del  Popolo  nella  cappella  dietro 
alta  Madonna  y  in  una  delle  quali  fecero  sei  storie  relative  alk 
vita  di  G.  C.;e  nell'altra  sei  della  vita  della  Vergine;  le  quali  ftirono 
e  sono  lodatissime.  Essendo  morto  in  questo  mentre  maestro 
Claudio,  rimasero  a  fra  Guglielmo  lutti  i  disegni  e  le  masserizie 
del  compagno,  onde  cominciò  da  solo  a  operare  in  Roma  in  sor* 
vigio  del  pubblico  e  dei  privati  cittadini;  e  avendo  per  alcuni 
Alemanni  colorita  una  finestra  ndla  loro  chiesa,  piacque  dia  sif- 
fattamente al  cardinale  Silvio  Passerini,  che  condusse  seco  il  pit- 
tore in  Cortona  perchè  ri  eseguisse  alcune  cose  deli'  arte  6ua«  £ 
come  il  MarciUat  non  era  men  [»*atico  coloritore  di  vetri,  che  va- 
lente disegnatore  e  buon  frescante,  la  prima  opera  che  facesse 
per  il  detto  cardinale  fu  la  facciata  eh  casa  sua  che  è  volta 
sulla  piazza,  la  quale  dipinse  di  chiaroscuro,  e  dentro  vi  fece 
Crotone  e  i  primi  fondatori  di  quella  città.  Dopo  colori  due  fine- 
stre nella  cappeDa  maggiore  della  Pieve  di  Corfooa,  nelle  quali 
fece  la  Natività  di  G.  C.  e  F  Adorazione  dei  Magi.  Queste  due  ra- 
rissime storie,  ignoro  il  come  e  il  quando,  passarono  nd  coro  della 
cattedrale;  ma  per  breve  tempo,  perciocché  vendute,  non  sono 
molti  anni,  frirono  comperate  dalTIU*^  sig.  Rìdoifini  Corazzi,  che 
con  grande  amore  le  conserva.  Avend(rfe  potute  considerare  a 
tutfagio,  per  la  somma  cortesia  del  suddetto  cavaliere,  ne  dirò 
alcune  parole.  Nella  prima  di  queste  finestre  è  la  Vergine  che 
adora  Gesù  bambino;  due  Angioli  in  ginocchio  con  i  ceri  accesi 
pongono  in  mezzo  il  divino  Infante;  e  8.  Giuseppe  in  disparte 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XI.  217 

considera  quella  scena  de? ola  insieaie  e  affettaosa:  d' appiedi  tì 
è  scritto:  Quem  genuU  odoraviL 

L' Adorazione  dei  Magi  à  cosi  conceputa.  La  Vergine  è  se- 
data; il  Bambino  erge^  iU/piedi  su  i  ginocchi  deUa  madre,  e  fa 
segno  di  benedire  i  Magi,  che  prostrati  a  lui  dinnanzi,  lo  adorano; 
dietro  è  la  numerosa  comitiva  di  fanti  e  di  cavalli.  Tutte  queste 
figure,  sono  grandi  al  vero.  li  disegno  è  corretto  e  grandioso  ; 
l'aria  delle  teste  assai  bella  in  tutte  le  figure,  ma  alquanto 
ignobile  nella  Vergine;  il  nudo  del  putto  ben  disegnato;  i  fregi» 
i  velutì,  i  ricami  e  tutti  gli  adornamenti  sono  meravigliosi.  Que- 
ste due  finestre  sono  veri  quadri  di  una  eccellaite  composizione. 
Ciò  che  stimo  mirabile  veramente,  è  la  finitezza  di  tutto  il  lavoro; 
come  i  contorni  del  nudo  disegnati  con  grandissima  precisione, 
contro  l'uso  dei  quattrocentisti  che  nella  pittura  dei  Tetri 
dintomavano  assai  debolmente.  La  disposizione  delle  tinte, 
la  fireschezza  e  trasparenza  dei  colori,  è  tale  da  vincere' 
quanto  mai  si  è  operato  in  questQ  genere  nel  giro  di  molti 
secoli. 

Ndr abitazione  dell' lil""*  sig.  conte  Tommaso  Passerini,  si 
conservano  i  vetri  colorati  di  due  piccole  finestre  in  quattro 
sportelli,  dell'  altezza  di  due  palmi  e  mezzo.  In  ognuno  di  que- 
sti è  una  figura  simbolica*,  cioè  la  Prudenza,  la  Fortezza,  la  Tem- 
peranza e  la  Giustizia,  rappresentate  nel  modo  medesimo  tenuto 
poi  da  Raffaello  nelle  Loggie  Vaticane.  Non  è  a  dire  quanta  bel- 
lezza sia  in  queste  quattro  figurine,  assai  correttamente  di- 
segnate e  morbidamente  colorite;  ma  guaste  in  modo  che  di 
alciùic   non  si  hanno  che  pochi   e  miseri  avanzi.  Io   non  du- 


Digitized  by 


Google 


218  MEMORIE 

bìto  punto  essere  qaelle  stesse  flnestre  che  il  Vasari  scrive 

aver  colorite  U  Varcillat  per  il  cardinal  Passerini  (1). 

Ma  seguitiamo  il  nostro  biografo,  a  Dimorando  dunque, 
come  si  è  detto,  costui  in  Cortona,  mori  in  Arezzo  Fabiano  di 
Stagio  Sassoli  Aretino,  stato  buonissimo  maestro  di  fare  finestre 
grandi,  onde  avendo  gli  Operai  del  Vescovado  alk^to  tre  fine- 
stre che  sono  nella  'cappella  principale,  di  venti  braccia  X  una, 
a  Stagio  figliuolo  del  detto  Fabiano  ed  a  Domenico  Pecori  pit- 
tore, quando  furono  finite  e  poste  ai  luoghi  loro,  wxl  molto  sod- 
disfecero agli  Aretini,  ancoraché  fossero  assai  buone  e  piuttosto 
lodevoli  che  no.  Ora  avvenne  che  andando  in  quel  tempo  M.  Lo- 
dovico Bellichini,  medico  eccellente  e  dei  primi  che  governasse 
la  città  di  Arezzo,  a  medicare  in  Cortona  la  madre  del  detto  car- 
dinale, egli  si  dimesticò  assai  col  detto  Guglielmo,  col  quale 
quanto  tempo  gli  avanzava  ragionava  molto  volentieri;  Guglidmo 
parimente,  che  allora  si  chiamava  il  Prwrt  per  avere  di  quei 
giorni  avuto  il  beneficio  di  una  prioria,  pose  afiezione  al  detto 
medico:  il  quale  un  giorno  domandò  Guglielmo  se,  con  buona 
grazia  del  cardinale,  anderebbe  a  fare  in  Arezzo  alcune  finestre, 
ed  avendogli  promesso,  con  lic^za  e  buona  grazia  del  cardinale, 
là  si  condusse.  Stagio  dunque,  del  quale  si  è  ragionato  di  sopra, 
avendo  divisa  la  compagnia  con  Domenico,  raccettò  in  casa  sua 

(1)  yila  di  Guglielmo  da  Marci  Ila.  «  Non  aveva  Guglielmo'  (fuando 
prima  arrivò  a  Roma ,  sebbene  era  pratico  nelV  altre  cose ,  molto  dise- 
gno; ma  conosciuto  il  bisogno  t  sebbene  era  in  là  con  gli  anni,  si  diede 
a  disegnare  e  studiare ,  e  cosi  a  poco  a  poco  Io  migliorò  ,  tjuanto  si  vide 
poi  nelle  finestre  che  fece  nel  palazzo  del  detto   Cardinale  in   Cortona.  » 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XI.  ai9 

Guglielmo  (1);  il  quale  per  la  prima  opera  in  ima  finestra  di 
S.  Lucia,  cappella  degli  Àlbergotti  nel  Vescovado  di  Arezzo,  fece 
essa  Santa  ed  un  S.  SHvestro  tanto  bene,  che  quest'opera  può 
dirsi  veramente  fatta  di  vivissime  figure  e  non  di  vetri  cdorati 
e  tra^arenti,  o  almeno  pittura  lodata  e  maravtgliosa  (2);  perchè 
oltre  il  magistero  delle  carni,  sono  squagliati  i  vetri,  cioè  levata 
in  alcun  luogo  la  prima  pelle,  e  poi  colorita  d'altro  colore, 
come  sarebbe  a  dire  posto  in  sul  vetro  rosso  squagliato  opera 
gialla,  e  in  su  r  azzurro  bianca  e  verde  lavorata,  la  qual  cosa 
iti  questo  mestiero  è  diflScile  e  miracolosa.  Il  vero  dunque  e  primo 
colorato  viene  tutto  da  uno  de'  lati,  come  dire  il  color  rosso,  az- 
zurro, o  verde,  e  l' altra  parte,  che  è  grossa  quanto  il  taglio  di 
un  coltello  o  poco  più,  bianca.  Molti  per  paura  di  non  spezzare 

(1)  Quando  avvenbse  questa  gita  del  Marcillat  in  Areuo  non  è  noto, 
ma  è  molto  teroAÌraile  che  fosse  V  anno  1510;  perchè  di  qnest'  anno  sotto 
il  giorno  31  Ottobre  il  Dottor  Gaje  trovo  un  ricordo  reladvo  al  contratto 
fra  gli  Operai  del  duomo  di  Àreaxo  e  Guglielmo  di  Marcillat,  concepito 
nei  termini  seguenti:  /  Signori  Operai  al  Vescovado  ano  alogato  ajare 
ire  Jinestre  di  vetro  in  Vescovado  a  maestro  Guglielmo  di  Pietro ,  Jran- 
cese,  maestro  a  far  finestre  di  vetro,  cioè  una  finestra  sopra  la  eappella 
di  San  Francesco,  una  finestra  sopra  la  cappella  di  San  Matio^  una  fi- 
nestra sopra  la  cappella  di  San  Niccolò ,  per  pretto  di  lire  15  per  cia- 
scheduno braccio  —  coiti  a  fuoco ,  non  a  olio;  e  dehale  avere  finite  per 
tutto  giugno  prossimo  i520.  Ebbe  poi  per  ogni  finestra  ducad  180,  come 
apparisce  da  un  licordo  del  31  dicembre  1520.  Vedi  Carteggio  Inedito,  te. 
loc.  cit. 

(2)  Esistono  tuttavia,  ma  alquanto  guaste,  essendosi  supplito  con  vetri 
bianchi  a  quei  colorati  che  si  erano  infranti. 


Digitized  by 


Google 


2&0  MEMORIE 

i  vetri»  per  non  avere  gran  pratica  nel  maneggiarìi,  non  adope- 
rano punta  di  ferro  per  squagliarli,  ma  in  quel  cambio  per  più 
sicurtà  vanno  incarando  i  detti  vetri  con  una  ruota  dì  rame  con 
in  cima  un  ferro,  e  cosi  a  poco  a  poco  tanto  fanno  con  lo  sme- 
riglio, che  lasciano  la  pelle  sola  del  vetro  bianco,  il  quale  vioie 
molto  netto.  Quando  poi  il  sopradetto  vetro  rimaso  bianco  si  vuol 
fiu*  di  odor  giallo,  allora  si  da,  quando  si  Tuole  metter  a  fuoco 
appunto  per  cuocerlo,  con  un  pennello  d' argento  calcinato,  che 
é  un  color  simile  al  bolo,  ma  un  poco  grosso,  e  questo  al  ftiooo 
si  fonde  sopra  il  vetro  e  Cs  che  scorrendo  si  attacca,  penetrando 
a  detto  vetro,  e  fli  un  bellissimo  giallo;  i  quali  modi  di  tee 
ninno  adoperò  meglio  né  con  più  artificio  del  pricve  Guglielno; 
ed  in  queste  cose  consiste  la  difficoltà,  perchè  il  tingere  di  colorì 
a  olio  o  in  altro  modo  è  poco  o  niente,  e  che  sia  diafano  a  tra- 
sparente non  è  cosa  di  nudto  momento,  ma  il  cuocerli  a  fuoco  e 
fare  che  reggano  alle  percosse  dell'acqua  e  si  conserrìno  sempre, 
è  ben  fatica  degna  di  lode.  Onde  questo  eccellente  maestro  me- 
rita lode  grandissima,  per  non  essere  chi  in  questa  professione 
di  disegno  d'invenzione  di  colore  e  di  bontà  abbia  mai  fatto  tanta 
Fece  poi  F  occhio  grande  di  detta  chiesa,  dentrovi  la  venuta 
dello  Spirito  Santo  (1),  e  cosi  il  battesimo  di  Cristo  per  S.  Gio- 
vanni, dove  egli  fece  Cristo  nel  Giordano  che  aspetta  S.  Giovan- 
ni, il  quale  ha  preso  una  tazza  d'acqua  per  battezzarlo,  men- 
tre che  un  vecchio  nudo  si  scalza  e  certi  angioli  preparano  la 
veste  per  Cristo,  e  sopra  è  il  Padre  che  manda  lo  Spirito  Santo 

(IJ  Essendo  questa  invetriata  danneggiata  non  poco,  veime  con  molta 
bravura  restaurata  a  nostri  giorni  dal  sìg.  Raimondo  Zaballi  aretino. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  XI.  221 

al  Figlinolo  (1).  Questa  finestra  è  sopra  il  battesimo  in  detto 
Duomo,  nel  qoàfe  ancora  lavorò  la  finestra  della  resurrezione 
di  Lazzaro  quatriduano,  doie  è  impossibile  mettere  in  A  poco 
spazio  tante  figure,  mila  quale  si  conosce  lo  spavento  e  Io  stu^ 
pore  di  quel  popolo,  ed  il  fetore  del  corpo  di  Lazzaro,  il  quale 
fa  piangere  ed  insieme  rallegrare  le  due  sorelle  della  sua  resur^ 
rettone*  Ed  jn  qnesta  ope^a  sono  squagliamenti  infiniti  di  colore 
sopra  colore  nel  tetro,  e  vivisaidia  certo  pére  ogni  minima  cosa 
nel  suo  genere.  E  chi  luxA  vedere  quanto  abbia  in  quest'  arte 
potuto  la  mano  dd  Priore  nella  finestra  di  S.  Matteo  sopra  la 
capp^a  d' esso  Apostolo,  guardi  la  mirabile  invenzione  di  que- 
sta istoria,  e  vedrà  vivo  Cristo  chiamare  Matteo  dal  banco  che 
lo  seguiti,  il  quale  aprendo  le  braoda  per  riceverlo  in  se»  ab- 
bandona te  acquistate  ricchezze  e  tesori,  ed  in  questo  mentre 
un  apostcdo  addorltoaiUato  a  pie  di  certe  scak  si  vede  essere 
svegliato  da  un  altro  con  prontezza  grandissima,  e  nd  medesimo 
modo  vi  si  vede  ancora  un  &  Pietro  fatdkre  con&  Giorattii,  si 
belli  r  uiK>  e  V  altro,  che  ? eramenle  paiono  divini.  In  questa 
finestra  mederima  sono  i  tempj  di  prospettiva,  le  scale  e  le  fi- 
gure talaaente  composte,  ed  i  paesi  sì  pnqprio  fatti»  che  mai  Jion 
si  poiserà  che  siano  fetri,  ma  cosa  piovuta  dal  ddo  a  consola- 
zione degli  uomini.  Fece  in  detto  luogo  la  finestra  di  S.  Antonio 

(1)  Gate,  Carteggio  Inedito^  ec.,  loc.  cit  «  Due  altre  finèstre  si  allo- 
gano al  medesimo  Guglielmo  il  1  giugno  11123.  Una  ioprù  V  aliare  di 
San  Francesco f  V  altra  sopra  il  Battesimo;  dere  levare  tfueU§  ehe  vi 
erano  f  e  finire  V  òpera  fino  al  novembre  prossimo.  Il  3  di  marzo  1524, 
riceve  per  una  rappresentazione  delV  Adultera  e  per  mC  altra  d*  una  Fla- 
gellazione lire  660.  » 


Digitized  by 


Google 


222  MEMORIE 

e  di  S.  Niccolò  bellissime  (1),  e  dae  altre,  dentroTi  nell'ima  la 
storia  quando  Cristo  caccia  i  Tenditori  dal  tempio,  e  nell'  altra 
r  adultera;  opere  yeramente  tutte  tenute  egregie  e  meraTigliose. 
E  talmente  furono  degne  di  lode,  di  carezze  e  di  premj  le  fati- 
che e  le  virtù  del  Priore  dagli  Aretini  riconosciute,  ed  egli  di 
tal  cosa  tanto  contento  e  soddisfatto,  che  risolvette  eleggere 
qudla  città  per  patria,  e  di  francese  che  era  diventare  aretino. 
Appresso  considerando  seco  medesimo  Farte  dei  vetri  essere  poco 
etema  per  le  rovine  che  nascono  ognora  in  tali  opere,  gli  venne 
desiderio  di  darsi  alla  pittura,  e  cosi  dagli  Operai  di  quel  vesco- 
vado prese  a  fare  tre  grandissime  volte  a  fresco,  pensando  la- 
sciar di  se  memoria  ;  e  gli  Aretini  in  ricompensa  gli  fecero  dare 
un  podere  eh*  era  della  fratanita  di  S.  Maria  della  Miseric(H4it 
vicino  alla  terra,  con  bonissime  case  a  godimento  della  vita  sua, 
e  volsero  che  finita  tale  opera,  fosse  stimata  per  uno  egregip 
artefice  il  valor  di  qudla,  e  che  gli  Operai  di  ciò  gli  facessioo 
buono  il  tutto  (2).  Perchè  egli  si  mise  in  animo  eh  farsi  in  ciò 
valere,  q  alla  similitudine  delle  cose  della  cappella  di  Michela- 
gndo,  fece  le  figure  per  altezza  grandissime.  E  potè  in  lui  tal- 
molte  la  voglia  di  farsi  ecceHente  in  tale  arte,  che  ancora  che 
ei  fosse  di  età  di  cinquant'  anni,  migliorò  di  cosa  in  cosa  di 

(1)  Queste  due  finestre  più  non  esìstono. 

(2)  Dae  di  queste  storie  erano  state  dipinte  dal  Marcillat  nel  maggio 
del  1524,  ed  erano  state  stimate  da  Ridolfo  del  Ghirlandaio  ducati  400. 
Il  giorno  10  ottobre  1526  gli  furono  allogate  sei  volte;  cioè  quelle  picehci e 
che  al  presente  non  sono  dipinte ,  col  campa  tT  oro  fino  e  colori  fini  e 
altri  omamenlif  per  pretto  di  ducati  70,  a  lire  7  per  ciascheduno  ducalo. 
Gaik,  loc.  cit. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XI.  223 

modo,  che  mostrò  non  meno  conoscere  ed  intendere  il  bello,  che 
in  opera  dilettarsi  di  contraffare  il  bnono.  Figurò  i  principi  del 
Testamento  nuovo^  come  nelle  tre  grandi  il  principio  del  vec- 
chio aveva  fatto.  » 

Queste  storie  a  fresco,  che  adomano  la  volta  del  duomo  di 
Arezzo  nella  nave  di  mezzo,  esistono  tuttavia,  e  a  quanto  mi 
parve,  benissimo  conservate.  In  esse  si  ammira  ugualmente  la 
bontà  del  disegno,  e  la  ricca  e  felice  composizione;  solo  mi  par- 
vero alquanto  deboli  nel  cdore.  Non  ignorò  il  MarciUat  il  modo 
del  dipingere  a  olio,  e  ne  lasciò  un  saggio  ndla  tavola  ddla  Con- 
cezione per  la  chiesa  di  S.  Francesco  di  Arezzo,  nella  quale  il 
Vasari  loda  alcune  vestìmenta  molto  bene  condotte  e  molte  te- 
ste mvissime  e  tanto  belle  ^  che  egli  ne  restò  onorato  per  sem- 
pre ,  essendo  questa  la  prima  opera  che  egli  a/vesse  mai  fatto  a 
olio. 

Nel  tempo  di  questi  dipinti  non  intralasciò  V  opera  delle  fi- 
nestre di  vetro,  1q  quali  noi  verremo  brevemente  rammemo- 
rando. Nella  chiesa  di  S.  Francesco  di  Arezzo,  l'occhio  grande  di 
fondo,  che  è  bellissimo  ed  ottimamente  conservato.  Per  i  dome- 
nicani fece  parimente  la  invetriata  grande  della  loro  chiesa, 
nella  quale  rassembrò  una'  vite,  che  partendosi  da  S.  Domenico 
mostrava  fra  i  rami  ed  i  viticci,  tutti  i  santi  di  quello  Instituto; 
e  nella  sommità  era  la  B.  V.  e  Gesù  Cristo  che  disposava  santa 
Caterina  da  Siena.  Della  quale  invetriata,  che  fu  lodatissima , 
non  volle  prezzo  alcuno,  parendogli  aver  molto  obbligo  a  quella 
religione  (Vasari).  Di  presente  più  non  esiste.  Alcune  finestre  co- 
lori per  la  chiesa  della  Madonna  delle  Lagrime;  per  quella  di 
San  Girolamo  e  V  altra  di  San  Rocco.  Ne  inviò  eziandio  fuori  di 


Digitized  by 


Google 


224  MEMORIE 

Arezzo;  cioè  ona  a  Firenze  in  Santa  Felicita  (1);  una  a  Casti- 
glion  del  Lago,  e  due  o  tre  in  Perugia  (2).  E  perchè  era  molto 
▼ago  delle  cose  di  architettara,  fece  per  Arezzo  assai  disegni  di 
^fabbriche  e  di  ornamenti  ai  privati  cittadini;  le  due  porte  di 
S.  Rocco  di  pietra,  e  T ornamento  di  macigno  che  fu  posto  alla 
taTola  di  Lnca  Signorelli  nella  chiesa  di  S.  Girolamo.  Cno  fif 
fece  nella  badia  di  Anghiari;  e  im  altro  nella  compagnia  della 
Trinità  alla  cappella  del  Crocifisso;  non  che  un  ricchissimo  la- 
vamani nella  sacristia.  <  Laonde  egli  che  di  lavorare  sempre 
aveva  diletto,  continuando  il  verno  e  la  state  il  lavcxD  del  moro, 
il  quale  chi  è  sano  fa  divenire  infermo,  prese  tanta  umidità,  che 
infermatosi  in  pochi  giorni  rese  V  anima  a  chi  glie  ne  aveva  do- 
nata, e  come  buon  cristiano  prese  i  Sacramenti  della  Chiesa  e 
fece  testamento.  Appresso  avendo  speciale  divozione  nei  romiti 

(1)  Quando  gianse  ìd  Firenze  la  ìnretrlata  del  Marcìllat,  i  Padri 
Gesaats  tht  erano  maestri  in  q«est*  arte ,  la  decomposero  tutta  per  vedere  il 
modo  tettato  daìi*  artefice.  Vedi  Vìsari. 

(2)  Secondo  tcrrre  il  P.  Timoteo  Bottonio,  la  ìnTetrtata  f  rande  per 
la  chìeaa  di  San  Domenico  di  Arewo  sarebbe  stata  coloriu  intorno  il  1525 , 
e  soggiunge  :  È  ancor  suo  V  occhio  grande  a  pie  la  chiesa  di  San  Loremo^ 
duomo  della  nostra  ciuà  (di  Perugia);  et  al  medesimo  si  atln'buisee  la 
invetriata  della  cappella  del  Rosario  in  chiesa  nostra ,  opera  molto  bella 
come  si  vede,  ninnali  MMSS.  voi.  2,  pag.  241,  ad  ann.  1525.  Quella  del 
duomo  rovinò  nella  metà  del  passato  secolo.  Quella  in  San  Domenico  più 
non  esìste.  Il  P.  Keginaldo  Boarini  ricorda  una  invetriata  del  Marcìllat  già 
esistente  nella  cappella  dì  San  Lorenzo  della  stessa  chiesa  dì  San  Dome- 
nico di  Perugia.  Vedi  Descrizione  Storica  della  chiesa  di  San  Domenico, 
pag.  #5. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  in.  CAP.  XI.  225 

Camaldolesi,  i  quali  vicino  ad  Arezzo  venti  miglia  sol  giogo 
d' Appennino  fanno  congregazione,  lasciò  loro  Favere  ed  il  corpo 
suo;  ed  a  Pastorino  da  Siena  suo  garzone,  ch'era  stato  seco  molti 
anni,  lasciò  i  vetri  e  le  masserizie  da  lavorare,  e  1  suoi  disegni... 
Visse  il  Priore  anni  sessantadue,  e  morì  l'anno  1537  (1).  o  Farona 
suoi  allievi  nella  vetraria,  il  suddetto  Pastorino  da  Siena,  del  quale 
può  vedersi  la  vita  nel  Baldinucci  (:2);  Maso  Porro  cortonese , 
Battista  Borro  aretino;  e  nel  disegnare  e  nel  colorire,  Benedetto 
Spadari,  non  clie  lo  storico  Giorgio  Vasari. 

Alle  lodi  che  il  Vasari  tributò  al  nome  di  questo  rarissimo 
dipintore  di  vetri,  non  è  facile  aggiungerne  di  maggiori  ;  e  noi 
dopo  avere  ripetutamente  considerate  le  mirabili  vetriate  della 
cattedrale  di  Arezzo,  abbiamo  dovuto  confessare,  che  il  merito 
del  Marcillat  era  di  gran  lunga  maggiore  di  ogni  più  splendido 
encomia. 

Con  esso  si  chiude  la  serie  dei  pittori  di  vetro  dell'  Ordine 
Domenicano;  cosi  che,  se  non  furono  appo  loro  oscuri  i  comin- 
ciamenti  di  quest'  arte  nel  secolo  XIV,  ognuno  dovrà  confessare 
altresì  che  non  potea  esserne  più  luminoso  il  tramonto. 

(1)  Vasari,  yUn  di  Guglielmo  di  M ardila  ^  io  fine. 

(2)  Notizia  dei  Projessori  del  Disegno.  Voi.  V,  Deceim.  V.  parte  i . 


15 


Digitized  by 


Google 


22G  MEMORIE 

CAPITOLO    XII. 

Del  pittore  Fra  Paolino  da  Pistoia^  discepoh  di  Fra  BarloUmmeo 

della  Porta. 


m  istoia,  città  cara  alle  lettere,  lodata  nelle  armi ,  per  commercio 
fiorente,  ricca  dei  più  bei  doni  della  natura,  quali  certamente 
sono  un  aer  puro,  un  suolo  ubertoso,  ed  un'aurea  farclii, 
non  vanta  molti  e  grandi  cultori  delle  arti  belle;  perciocché 
,  sopra  ogni  altra  delle  italicbe  città  provò  tremenda  V  ira  ddle 
ciyili  fazioni.  La  sua  storia,  scrive  l'egregio  Contmcci ,  è  un 
quadro  spaventoso,  terribile,  di  battaglie,  d' affrontamentì,  d'uc- 
cisioni ìmmanissime,  orrende,  di  devastamenti  e  di  rovine  (1). 
Né  vi  ba  animo  tanto  efferato,  che  da  alcuna  pietà  non  sia  com- 
preso' in  leggendo  i  mali  che  fecero  infelice  e  diserta  quella  vaga 
e  illustre  città.  Per  la  qual  cosa,  alloraquando  le  arti  comincia- 
rono a  scuotere  l'antica  barbarie, 'e  a  prender  forme  e  modi 
gentili,  troppo  i  Pistoiesi  aveano  l'animo  da  feroci  passioni  esa- 
gitato perchè  potessero  volgere  la  mente  a  quegli  studi,  che  la 
pace  e  l' agiatezza  sogliono  e  possono  con  prospero  successo  ali- 
mentare. Pur  nondimanco  nella  pistoiese  terra  sortiva  i  natali 

(1)    Opere    edite  e  inedite   del  Prof,  Pibtro  CoNTuccci.  Pistoia  1841. 
4   Tol.  in  8.  Vedi  voi.  IV,  pag.  133. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  XII.  227 

quel  Giunta,  che  dal  )aogo  in  cui  lungamente  ylsse  e  mori»  Tu 
poi  (detto  Pis^o  (l).  Ebbe  in  Pistoia  culto  ed  onore  la  orifice- 
ria;  e  nel  secolo  più  felice  alle  arti,  ella  diede  i  natali  a  quel 
Paolino  delSignpY'accio,  che  pella  pittura  e  nella  professione  della 
vita  claustrale  seguitò  sempre  fra  Bartolommeo  della  Porta; 
del  quale  dovendo  ora  noi  per  ragion  dei  tempi  e  del  nostro 
Istituto  fi^Tellare,  se  non  portiamo  fiducia  di  dame  una  rita  in 
ogni  parte  compinta,  si^mo  certi  però  di  porgerla  assai  più  estesa 
e  copiosa  di  notizie,  che  non  sono  i  brevi  cenni  che  il  Tolomei 
ne  ha  lasciati  di  questo  artefice. 

Da  Bernardino  del  Signoraccio,  ragionevole  dipintore,  e  se- 
guace déUa  maniera  di  Domenico  del  Ghirlandaio,,  nacque,  in 
Pistoia  il  nostro  Paolino  V  anno  1490^  ultimo  rampollo  di  quella 
famiglia  (2).  Dal  genitore  apprese  i  rudimenti  deU' arte ,  non 
arendovi  forse  in  patria  pittore  più  valente  di  lui.  Quando  e  ove 
vestisse  le  divise  domenicane  si  ignora,  per  essersi  smarrite  le 
cronache  del  conventi  di  Prato  e  di  Pistoia  (3);  ricercati  però  i  li- 
bri delle  vestizioni  dei  due  conventi  di  S.  Dqmc^co,  di  Fiesole  e 

(1)  Il  Prof.  CaT.  Sebastiano  Ciampi  ha  rìiiTenati  documenti  dai  quali 
Apparisce,  Gianta  esser^  oriundo  di  Pistoia  ove  dipingeva  nel  1202. 

(2)  Fraucksco  TolombIi  Guida  di  Pistoia,  Un  voi.  in-8.  1821,  p.ig. 
i09  e  seg.  Debbesi  avvertire,  che  il  vero  nome  di  questo  pittore  era  Paolo, 
ma  per  essere  di  breve  statura  fu  universalmente  detto  Paolino»  ed  anche  il 
fratino. 

(3)  U  P  Serafino  Razzi  ha  scritta  una  Cronaca  del  conv.  di  S.  Do* 
noenico  di  Pistoia^  da  me  non  conosciuta  innanzi  si  imprendesse  a  stam- 
pare il  presente  volume;  e  della  qunle  alcuni  amici  mi  inviarono  qualche 
notizia  per  la  vita  di  fra  Paolino. 


Digitized  by 


Google 


228  MEMORIE 

di  S.  Marco  di  Firenze,  che  tuttavia  rìmangono,  né  avendovi  rin- 
venuto il  suo  nome ,  dedussi  con  tutfa  ragione  che  ei  pure, 
siccome  il  Porta,  facesse  il  noviziato  nel  ccAvento  di  S.  Dome- 
nico di  Prato.  Veduto  nel  giovine  pistoiese  amore  e  attitudine 
alle  arti  belle,  i  superiori  divisarono  associarlo  a  Fra  Bartolom- 
meo  per  èssere  indirizzato  al  dipìnger^;  lieti  di  potere  cosi  per- 
petuare nel  loro  chiostri  un'arte,  che  fino  dai  cominciamenti  deDa 
loro  Congregazione  vi  avea  ricevuto  un  culto  solenne.  Il  perchè 
lasciati  gli  studi  in  divinità,  pe' quali  non  aveva  alcuna  attitudine, 
Tra  Paolino  si  recava  in  Firenze,  se  il  vero  narra  il  P.  Serafino 
Razzi,  Fanno  1503,  tredicesimo  della  sua  e(è;  al  che  però  non 
so  prestare  T intiero  mio  assenso.  Poteva  egli  per  siffatta  guisa  gio- 
varsii  dei  consigli  e  degli  esempi  del  più  grande  coloritore  deUa 
scuola  Fiorentina,  non  che  della  amicizia  degli  altri  valenti 
dipintori,  scultori  ed  architetti,  che  in  tanta  copia  accoglieva 
la  capitale.  Scribi  nella  yita  di  fra  Bartolommeo ,  aver  ^li 
voluto  che  il  Signoraccì  si  adusasse  al  modellare  di  terra ,  se 
più  veramente  non  si  giovò  del  ministero  di  quel  frate  Ambro- 
gio della  Robbia,  che  era  valente  plasticatore ,  come  lo  dimo- 
strano alcuni  suoi  lavori  che  tuttavia  rimangono  in  Siena  (1).  lo 

(1)  Nel  1^  voi.  di  queste  Memorie,  dando  il  catalogo  degli  artefici  che 
per  la  influenza  del  Savonarola  vestirono  le  divise  Domeiiìcane,  posi  altiino 
tra  essi  fra  Ambrogio  della  Robbia,  come  semplice  mia  conghiettara.  Di 
presente  son  lieto  di  potere  accertare,  che  veramente  questo  nipote  di  Loca 
della  Robbia  era  perito  nella. plastica,  e  ne  lasciò  un  bel  saggio  nella  chiesa 
di  Santo  Spirito  in  Siena.  Debbo  questa  notizia  con  altre  molte  ai  sigg.  fra- 
telli Milanesi.  Nella  Cronaca  di  quel  convento  dei  Domenicani ,  che  si  con- 
serva   nell*  Archivio    del  Duomo  di  Sicna^  a    carte  80.  si  legge:    Tempore 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  UL  GAP,  XII.  229 

stimo  che  1* accoppiare  al  disegno  l'esercizio  del  modellare  sia 
di  grandissimo  alato  ai  giovani  studiosi  della  pittura ,  e  certa* 
mente  allora  famigliare  più  che  per  il  presente  agli  artefici.  U 
primo  saggio  che  di  questo  suo  studio  ci  lasciasse  frate  Paolino , 
risale  all'anno  1513;  nel  qual  tempo  invitato  da' suoi  religiosi  a 
modellare  due  statue  grandi  la  metà  del  vero,  le  quali  doveano 
collocarsi  nella  chiesuola  di  S.  Maria  Maddalena  in  Pian  di  Mu- 
gnone,  forse  col  disegno  di  fra  Bartolommeo,  fece  un  S.  Dome- 
nico ed  una  S.  M.  Maddalena,  che  nella  castigatezza  del  disegno, 
e  nella  bellezza  delle  pieghe,  rivelano  tosto  la  maniera  del  Porta. 
Soltanto  nel  1516  furono  colorite  dal  Sìgnoracci,  e  coUocate  in 
due  nicchie  delle  testate  laterali  al  maggiore  altare  (1}« 

memorati Jratris  Roberti  (è  l'Ubaldini  «rnialìsta  di  San  Marco),  M Dilli 
Jactum  Juit  Pre$epium  Domini  in  E  celesta ,  arte  ftc  diligentia  fratri$  Am- 
hrosit  de  Rubia  fiorentini ,  quem  Prior  et  Patres  ipsius  eostruendi  Pre- 
$epii  gratia  huic  contentai  postularuntf  receperunt,  et  plures  per  mente s 
retinuerunt.  Questo  presepio  in  terra  cotta  invetriata,  si  vede  tuttavìa  nella 
cappella  detta  degli  Spagnoli,  la  quale  ha  pitture  a  fresco  delRazai.  Il  presepio 
si  compone  di  quattro  6gure  grandi  al  vero,  non  compreso  il  Baipbino; 
hannovi  pure  i  due  ammali  in  mezzo  ai  quali  nacque  il  Salvatore.  Bellis- 
sima è  la  figura  del  San  Giuseppe^  segnatamente  la  testa,  modellala  con  molta 
bravura.  Quella  di  un  pastore  alla  destra  dello  stesso  santo,  mi  parve  assai 
ragionevole.  Inferiori  poi  e  forse  di  altra  mano  posteriore,  quella  della  Ver- 
gine e  di  un  altro  pastore. 

(1)  Libro  Debitori  e  Creditori  delV  Ospizio  di  S.  M.  Maddalena 
in  pian  di  Mugnone  de^ Frati  di  S.  Marco;  un  voi.  in  fol.  MS.:  giunge 
dal  1482  al  1520  a  carte  112.  —  1516.  Ricordo  come  adj  17  giugno 
mt^  fen  fare  quello  smalto  sopra  al  presepio  el  quale  fece  Marco- di 
SaWestro  et  Thomaso  Ciachi  ce.;  el  adj  10  di  detto  si  posono  in  chiesa 


Digitized  by 


Google 


230  MEMORIE 

Quando  il  Signoracci  giunse  in  Firenze,  studiavano  la  pit- 
lara  sotto  la  direzione  di  fi*a  Bariolomtneo,  altri  àae  religiosi 
domenicani,  Trate  Andrea  e  frate  Agostino.  Del  primo  non  ci  è 
rimasto  alcun  siaggio,  e  sembra  aiutasse  il  maestro  nei  lavori  dì 
minor  rilevanza.  Il  secondo  associatosi  a  ft'a  Paolino,  e  gareg- 
giando seco  lui  neir  arte,  giunse  ad  uìia  certa  cotal  perizia,  die 
di  poco  eccede  la  mediocrità  (1).  Nella  primavèra  dèlTannolSU 

in  quelli  nicchi  di  pietra  quelle  figure  di  terra  fatte  da  frate  Pagolo  da 
Pistoja  estendo  giovanetto^  et  per  tuo  ingegno  ti  mi  tono  nel  luogo  loroy  et 
nota  die  non  tono  cotte  estendo  astai  dure  perchè  erano  ttate  Jatte  più 
che  tre  anni,  et  per  lui  ti  tono  depinte,  ad  laude  de  Dio  et  de  S»  Do- 
menico et  de  Santa  Maria  Magdalena.  £  sotto  il  giorno  12  taglio  1916, 
ti  dice  cbe  le  stesse  figure  furono  finite  di  dipingere  in  detto  giorno,  e  si 
aggiunge,  che  tono  collìgate  insieme  con  fili  di  ferro  in  modo  non  è  paura 
abbiano  a  cascare^  et  ciascuna  e  di  tre  petti.  Dalle  stesse  rneoìorie  si  de- 
duce: cbe  le  figure  del  presepio  furono  opera  di  Andrea  della  Robbia  ps- 
dre  di  fra  Ambrogio. 

(1)  Chronica  Conv.  S.  Spirìtus  de  Senit  ec.  Anno  Domini  MDIT. 
fol.  14.  «  Tempore  quo  hujut  eonvent.  prior  erat  vir  R.  Dominut  Fraier 
Malatetta  Sacromorut  de  A  rimino  ec.  .  .  .  prò  nova  eccletia  exornanda 
atciti  tunt  Jratret  Augustinus  et  Andreat  converti  de  Florentia  picto- 
ret,  quorum  arte  ac  pio  labore  ornatut  omnis  ecclesie^  quicumque  in  pa- 
rietibus  cemitur  pietas,  » 

£  d'uopo  avvertire  come  due  pittori  domenicani  eoi  nome  di  Ago- 
stino SI  trovino  ricordati  nelle  cronache  dell' Ordine.  Uno  dét^  AgotUno 
di  Paolo  del  Mugello^  affigliato  al  conv.  di  S.  Marco.  L'altro  detto  J§o- 
itino  di  Paolo  di  Marco  Macconi  o  de* Alacconi,  pistoiese,  già  al  secolo 
pittore^  aggregato  al  conv.  di  S.  Domenico  di  Fiesole  nel  giorno  30  gen- 
naio 1490.  Stimo  essere  il  primo  quegli  che  aiutò  in  Siena  fra  Paolino. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  XII.  231 

abbiam  veduto  che  tra  Bartolommeo  della  Porta  sì  era  recato 
in  Roma  onde  ammirare  i  capi  lavori  del  Sanzio  e  del  Buonar- 
roti. Reduce  in  Firenze,  mal  fermo  di  salute,  si  portò  all'Ospi- 
zio dei  domenicani  in  Pian  di  Mngnone.  Narrano  le  memorie 
dell'Ospizio  medesimo,  che  egli  conducesse  seco  due  suoi  disce- 
poli, e  che  ivi  dipingessero  alcune  storie  di  Santi  Padri  (1). 
Abbcnchè  non  siano  ricordati  i  nomi  di  questi  allievi  del  Porta, 
stimo  non  pertanto  assai  verosimile  che  fossero  fra  Paolino  e 
fra  Agostino.  Le  storie  dei  Santi  Padri ,  che  dovettero  avere  ese- 
guite con  i  disegni  o  sotto  la  direzione  del  maestro,  più  non  esi- 
stono. Esiste  però  in  una  cella  del  dormentorio  superiore,  un 
fresco  assai  guasto  dai  ritocchi,  rimanendo  però  intatta  e  benis- 
simo conservata  una  Ggura  di  S.  Tommaso  di  Aquino  in  atto  di 
orare.  La  maniera  è  evidentemente  di  fra  Bartolommeo ,  ed  es- 
sendo alquanto  debole  nel  disegno,  stimo  poter  essere  opera 
de'  suoi  discepoli. 

Il  Signoracci  non  avea  da  natura  sortito  grandissimo  inge- 
gno, e  nella  invenzione  mi  parve  povero  anzi  che  no;  ma  gli 
esempi  e  i  consigli  del  valente  maestro,  un  amore  fortissimo  al- 
l'arte, lo  sollevarono  ben  sovente  sopra  la  schiera  innumerevole 
dei  mediocri.  Allorché  prese  a  imitare  il  Porta,  questi,  lasciata 
la  seconda  maniera  semplice  e  graziosa  ,  si  cimentava  sul  sen- 
tiero dei  Michelangioleschi.  Al  nostro  Pistoiese  non  fu  dato  se- 
guitarlo in  quel  difficile  arringo,  che  voleva  arte  grandissima , 
franchezza  nell'  operare ,  ed  un  fuoco  rispondente  a  quella  so- 
prabbondanza di  vita,  che  gli  artisti  di  quella  età  volevano  im- 
primere nelle  opere  loro;  laddove  fra  Paolino,  d'indole  dolce,  e 

(i^  Vedi  libro   Debitori  e   Creditori,   loc.   cit. 


Digitized  by 


Google 


232  MEMORIE 

di  mite  ingegno,  aspirava  piuttosto  aUa  lode  di  grazioso  e  dilì- 
gente pittore.  Per  la  qual  cosa,  eziandio  nei  dipinti  che  eseguì 
con  i  cartoni  del  Porta,  si  vede  il  pia  delle  volte  temperato 
siffattamente  il  primiero  concetto,  che  se  le  pieghe  e  il  col(»^ 
rivelano  tra,  Bartolommeo,  l'arieggiare  più  dolce  ed  eziandio 
più  nobile  annunzia  tostamente  Tra  Paolino. 

Compiute  con  sua  molta  lode  le  due  figure  di  terra  in  Pian 
di  Mugnone,  i  domenicani  del  convento  di  Santo  Spirito  di  Siena 
invitarono  Tra  Paolino  e  fra  Agostino  ad  un*  opera  di  maggiore 
importanza.  Quell'  anno  stesso  1516  era  trapassato  in  Siena  un 
maestro  Cherubino  Ridolfini  da  Narni.  Il  fratello  Giovanni  Bat- 
tista, che  lo  avea  fatto  tumulare  nel  chiostro  del  suddetto  con- 
vento di  S.  Spirito,  volendone  condecorare  il  sepolcro,  diede  ai 
religiosi  certa  quantità  di  danaro  perchè  vi  facessero  eseguire 
un'opera  di  pittura.  Non  potendo  verosimilmente  fra  Bartolommeo 
recarsi  in  Siena,  per  le  molte  e  gravissime  occupazioni,  proferse 
in  quella  vece  i  due  suoi  discepoli;  fornendo  forse  loro  eziandio  i 
disegni  della  storia,  che  si  doveva  eseguire  a  buon  fresco  nel 
chiostro  suddetto.  Giunti  iu  Siena,  o  nel  termine  dell'agosto,  o  nei 
primi  del  settembre,  diedero  tosto  cominciamento  al  lavoro ,  e 
colorirono  un  Crocifisso  con  ai  lati  la  B.  Vergine  e  S.  Giovanni 
Evangelista;  e  dappiedi, prostrate  in  ginocchio,  S. Maria  Madda- 
lena e  S.  Caterina  da  Siena,  tutte  figure  grandi  al  vero.  Non 
dirò  perfetto  questo  dipinto;  non  pertanto  vi  sono  alcune  parti 
bravissimamente  eseguite,  siccome  è  la  figura  della  Vergine  e 
quella  di  S.  Caterina.  Il  nudo  del  Cristo,  di  forme  alquanto  esa- 
gerate, non  offre  molto  palese  e  molto  corretto  lo  studio  della 
notomia,  e  nelle  giunture  delle  estremità  mi  parve  vedere  quella 


Digitized  byLaOOQlC 


LIBRO  HI.  GAP.  Xll.  233 

debolezza  dì  disegno,  che  si  ravvisa  nelle  altre  opere  del  Signo- 
racci.  Piacemì  non  pertanto  in  questo  dipinto  il  fare  grandioso^ 
il  forte  impasto  delle  tinte,  fl  largo  e  insieme  facile  piegare  dei 
panni.  Non  cosi  mi  aggrada  T  ultima  figura  del* Santo  Evange- 
lista, a  tutte  inferiore  nel  maneggio  del  pennello;  forse  opera  di 
frate  Agostino.  Per  lunga  pezza  questa  storia  fu  universalmente 
giudicata  opera  di  fra  Bartolommeo  della  Porta,  e  ciò  sia  a  lode 
dei  due  discepoli;  ma  gli  egregi  fratelli  Milanesi,  diligenti  inda- 
gatori delle  patrie  memorie,  non  ha  molto  rinvennero  i  nomi 
dei  due  dipintori  in  un  libro  di  Ricordanze  nel  sopra  citato  ar- 
chivio (1).  Reduce  fra  Paolino  in  Firenze,  fu  nel  seguente  anno 

(1)  Segnato  H.  VII.  Ricordo  come  nelV  anno  MDXFI  M.  Gio- 
s^anhattista  Ridolfini  da  Narni  dette  per  helemosina  L.  trentacinque  per 
conto  di  un  suo  fratello ^  Maestro  Cherubino^  el  quale,  propinquo  al 
doctorato  dell'  arte  et  medicina  si  morì  a  Siena ,  et  elesse  la  sepoltura  in 
questo  convento:  et  di  tale  helemosina  di  volontà  di  decto  M»  Oiovanb. 
$i  Jece  un  Crocifixo  con  quattro  figure  da  eantOf  a  capo  el  chiostro  aU 
Iato  alla  porta  che  entra  in  chiesa  :  et  lo  dipinse  fra  Paulo  da  Pistoja^ 
et  ebbe  i/f  compagnia  fra  Agostino  converso  ;  et  sotto  el  Crocifixo  si  messe 
el  corpo  dì  decto  Maestro  Cherubino ,  colla  sita  arme^  come  in  tal  htogo 
apparisce;  el  quale  Crocifixo  sarebbe  costo  molto  pia;  ma  per  lo  averlo 
dipincto  li  nostri  Jrati ,  non  si  spese  più  denari ,  excetto  alcuni  vestimenti 
che  decte  el  convento  ai  detti  frali  Paulo  et  fra  Agostino  in  segno  di 
gratitudine  della  loro  fatica.  Dipintesi  el  Septembre  et  Octobre  i5i6. 
L'ìscmione  posta  sul  sepolcro  del  defunto  appiedi  del  dipinto,  dice: 

SEMA   VETUS   CBEROBIII 
CEMUIT    QOBM    MARlllA    GimS 

CLARA    RODOLPHIMB 
FEBRB    RAPIT    CLARIO.      (sìc) 


Digitized  by 


Google 


Wk  MEMORIE 

graodettwte  amar^iato  per  la  perdita  del  maestro,  morto  come 
si  disse  nell'ottobre  del  1517.  E  ciò  fìi  a  graye  damio  del  Signo- 
racciy  coDciosiachèse  avesse  per  tempo  più  loogo  potuto  giovarsi 
degù  esempi  e  dei  consigli  di  fra  Bartolommeo,  tengo  indubitato 
avrebbe  di  assai  migliorato  il  disegno*  nel  quale  era  debole  tut- 
tavia (l].Rimasto  possessore  di. tutti  i  disegni  e  di  tutti  i  cartoni  dd 
Porta,  potè  con  quelli  condurre  moltissimi  dipinti.  Dapprima 
si  diede  a  ultimare  alcuni  quadri,  che  il  maèstro  avea  la- 
sciati  o  disagn^ti  soltanto,  o  non  del  tutto  finiti;  fra  questi  de- 
vési  noverare  quella  Deposizione  di  Croce  che  vedesi  nella  gal- 
leria dell^A^ccadeo^ia  fiorentina,  contrassegnata  dal  N.  48.  Fino  al 
presente  era  stata  tenuta  come  opera  di  fra  Bartolommeo,  ma 
dalle  memorie  dell*  Ospizio  di  S.  M.  Maddalena  in  Pian  di  Mu- 
gnone  appare,  essere  stata  solo  dintomata  dal  Porta,  e  poscia, 
sopravvenuta  la  morte  di  lui,  colorita  da  f^a  Paolino.  Yenne 
collocata  in  sul  maggiore  altare  di  quella  chiesa,  nel  giorno  21  lu- 
glio 1519  (2).  In  questa  tavola  è  la  Vergine  che  tiene  in  grembo 

(1)  Nella  ricordata  Cronaca  del  cony.  di  S.  Domemco  di  Pistoia, 
scritta  dal  P.  Serafino  Razzi,  dicesi  che  fra  Paolino  stiede  in  San  Marco 
sotto  la  disciplina  di  fra  Bartolonitneo  della  Porta,  ben  quattordici  annu 
Ma  di  ciò  non  so  persuadermi ,  perche  farebbe  mestieri  credere  fra  Pao- 
lino vestito  dell*  abito  domenicano  nella  età  di  soli  anni  1 2. 

(2)  Ubro  Debitori  e  Creditori  dell'  Ospizio  di  S.  M,  Maddalena 
in  Pian  di  Mugnone.  fol.  112.  —  1519.  Ricordo  come  la  vigilia  di 
S.  M.  Maddalena  1519>  ti  messe  in  chiesa  una  tavola  ali* altare  dise- 
gnata per  mano  di  Jrate  Bartolomeo  già  dipintore,  et  preventus  morte  la 
Unì  frate  Pagolo  da  Pistoia  nostro  Jrate,  nella  quale  v'  è  dentro  queste 
figure;  la   Vergine  Sancta   col  suo  liunico  figliuolo   morto,  et    san   Gio- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  GAP.  XII.  W& 

r  esanime  spoglia  del  Figlio;  alla  destra  è  S.  Giocami  Evangeli- 
sta; a  manca  S.  M«  Maria  Maddalena;  e  qnasi  in  un  fnor  d'opera, 
il  SL  P.  Domenico  e  S.  Tommaso  di  Aqaìno.  Non  so  se  debba  at* 
triboirsi  alle  ingiurie  del  tempo  oa  qoelk  degU  uomini^  ma 
piarmi  a^sa4  detiohnente  colorita;  né  certamente  fra  le  migliori 
cose  disegnate  dal  Porla  ed  eseguite  dal  Signoracci.  Nella  obiesa 
suddetta  ne  è  al  presente  una  bella  copia,  che  non  lascia  gran 
desiderio  dell'  originale. 

Ignoro  se  vivente  tuttavia  il  maestro^  o  dopo  il  s^q  trapas- 
samento,  fra  Paolino  colorisse  la  grandissimi!  e  bellissima  tavola 
della  Vergine  Assunta  in  cielo;  che- posseggono  i  Domenicani  in 
3:  M.  del  Sasso  pres^  Bibbieiia.  Questo  quadro  dalla  più  parte  è 
giudicato  dipinto  nella  metà  superiore  d^'  fra:  fiaptolommeo,  e 
nella'  metà  inferiore  da  fra  Paolino;  ma  il  dMfgente  P.  Vincenxo 
Finesebi  rinvenne  certissimi  documenti  per  i  quali  si  prova,  es- 
sere  stato  solo  disegnato  dal  Porta^  e  colorito  intiera^iente  dal 
discepdo  (1).  Popò  vedute  molte  opere  del  Pistoiese,  ed  eziandio 
la  tavola  del  S.  Paolo  in  patria,  è  d'uopo  confessare  che  giam- 
mai colorì  con  tanto  vigore  di  tipte,  e'  con  si  felice  impasto,  come 
ih  questa  tavola  dell'  Assunta.  Al  Signoracci  attribuisce  il  P.  Fi- 
mseìà  il  quadro  del  S.  Vincenzo  Ferreri,  che  vedasi  netta  chiesa 
medesima,  stimato  già  opera  del  Porta;  ma  certamente  di  fra  Pao- 
lino è  una  tavola  che  adorna  V  altare  di  S.  L^cia  nella  inferiore 

panni,  et  Maria  Maddalena  col  p.  san  Domenicho  et  san  Thomasa  da- 
qaino. 

(f)  Compendio  Storico  Critico  sopra  le  due  Immagini  di  M>  San-- 
tissima  che  si  venerano  nella  chiesa  di  S,  M.  del  Sasso  presso  Bibbiena. 
Firente  1792,  un  voi.  in.i6.   —  Vedi  c»p.  VI,  pag.  45  e  47. 


Digitized  by 


Google 


236  MEMORIE 

chiesa  del  Sasso,  ove  espresse  la  Vergine  col  Figlio  in  braccio, 
S.  Lucia  geouflessa,  e  alcuni  Santi  domenicani,  nei  quali  il  Fi- 
neschi  crede  essere  i  ritratti  dei  religiosi  di  quel  convento.  Il 
pittore  ?i  pose  le  iniziali  del  suo  nome,  e  l'anno  MDXXV  [1). 
Dal  medesimo  anno  contrassegnata  era  una  tavola,  al  presente 
perduta,  che  lo  stesso  dipintore  colori  per  il  noviziato  di  S.  Do- 
menico di  Fiesole.  Ofleriva  la  Vergine  genuOessa  in  atto  di  ado- 
rare il  pargoletto  Gesù,  sorretto  da  un  Angelo.  Dai  Iati  oravi 
S.  Giuseppe,  e  S.  Agnese  Vergine  domenicana  (2). 

Quando  fosse  provato  che  i  due  grandi  quadri  gìk  esistenti 
nel  soppresso  convento  dì  S.  Domenico  in  S«  Gemignano,  dei  quali 
uno  passò  nella  chiesa  di  S.  Agostino,  e  l'altro  in  quella  di  S.  Lu- 
cia a  Barbiano,  fossero  veramente  opera  del  Signoracci,  come 
uìolti  intelligenti  mi  accertarono,  farebbe  mestieri  crederli  pitturati 
in  questo  tempo  medesimo,  sendovi  scritto  in  sottilissimi  numeri 
d*oro  l'anno  1525.Io  per  non  averli  veduti  nonposso  fame  accurata 
menzione;  ma  da  una  copiosa  descrizione  favoritami  dal  sig.  Sal- 
vatore Gabrielli  sanese,  deduco  che  in  essi  il  Pistoiese  volesse  se- 
guitare le  traccio  del  maestro,  e  cimentarsi  a  quelle  grandiose 
composizioni,  nelle  quali  il  Porta  fa  singoiar  pompa  d'arte  e  di  in- 
gegno. Rappresentano  ambedue  la  Vergine  seduta  in  trono,  con  ai 

(1)  F.  P.   O.   P.  (Frater  Paulus  Ordinis  Pradicatorum) 

(2)  Cronaca  Conv.  S.  Dominici  de  Fesulis,  Ord.  PrcBdìc.  hi.  7, 
a  tergo  (1525)  Reedificatum  et  ampliaium  fuii  capitulum  novitiorum,  ec... 
ilem  depicla  fuit  tabula  aitarli  cap.  novitiorum  in  qua  est  imago  Kirgi- 
ni$  M.  adoranlis  genn/ltxes  puerum  existentem  in  'manibus  Angeli  ,  et 
Joseph,  et  figura  S.  Agnetis  virgtnis ,  quat  pietà  Juit  a  fratre  Paulo  de 
Pistorio  Jraler  nosUrce  Congregattonis.  , 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  111.  GAP.  Xll.  287 

Iati  alcuni  santi,  e  sol  gradino  del  trono' il  consoeto  Angioletto 
in  atto  di  suonare  II  Unto;  argomento  che  ei  trattò  più  roUe 
in  patria  e  fuori. 

In  tempo  che  il  Signoracci  nel  silenzio  della  sua  cella  esc- 
gniYa  questi  ed  altri  dipinti ,  si  andavano  svolgendo  i  più  terri- 
bili avvenimenti.  Non  dirò  ddl'  Alemagna  e  di  gran  parte  di 
Europa,  le  quali  da  religiose  discordie  esagitate,  si  bruttavano 
spietatamente  di  sangue  civfle;  né  di  Roma,  che  dalle  armi  di 
Cesare  pativa  quei  danni  che  il  furore  di  Attila  non  avea  osato 
inferirle;  ma  per  ciò  che  spetta  a  Firenze,  ben  era  tristo  il  ve- 
derla straziata  da  coloro  che  più  doveano  tutelarne  la  gloria  e 
la  libertà.  I  Medici,  non  corretti  dall^esiglio,  non  commossi  ai 
diuturni  mali  deUa  patria;  tre  volte  cacciati,  tre  vdCe  tornanti 
all'eccidio  di  lei,  tentavano  opprimerla  di  rovina.  E  la  bella  e  la 
generosa  Firenze,  dopo  il  martirio  di  un  lungo  e  crudele  assedio, 
caduta  in  braccio  dellMnfaqie  Alessandro,  offeriva  uno  spettacolo 
del  quale  la  storia,  dopo  i  tempi  neroniani,  non  so  qual  altro  ci 
narri  più  spaventoso.  E  quando  uno  pensa  che  consigliero  e  as- 
sentafore  di  questo  mostro  era  quello  stesso  Guicciardini,  il  quale, 
in  narrando  i  delitti  del  Valentino,  sembra  fremere  di  generosa  e 
terribile  indignazione;  allora  uno  chiede  a  se  stesso  quale  con- 
cetto debba  formarsi  del  padre  della  storia  italiana!  Forse  al 
buon  frate  Paolino  non  resse  l'animo  alla  vista  di  tanti  mali;  nò 
più  il  veggiamo  in  Firenze,  ma  tramutandosi  d*uno  in  altro  luogo, 
da  ultimo  ridursi  in  patria.  Di  un  viaggio  del  Signoracci  in  Viterbo 
sembra  non  potersene  dubitare;  narrandoci  le  cronache  del  con- 
vento di  S.  Maria  della  Quercia,  in  quel  tempo  aggregato  alla  Con- 
gregazione di  Toscana,  che  egli  compiesse  un  quadro  ivi  lasciato 


Digitized  by 


Google 


338  MEMORIE 

imperfeUo  da  fra  Bartolonuneo  nel  suo  recarsi  ia  Roma  o  nel 
ricondursi  in  patria.  Noi  preghiamo  il  lettore  a  riandare  quanto 
ne  abbiamo  scritto  nella  vita  del  Porta  (1);  solo  aggiungerò  la 
notizia  originale  tratta  dalle  cronache  di  quel  convento. 

<r  L' anno  poi  1&43,  al  tempo  del  priorato  del  R.  P«  F.  Tbo- 
maso  Buoninsegni  senese,  si  messe  la  tavola ,  et  0gura  di  nostra 
Donna  in  quel  modo  che  ancora  si  vede  al  presente ,  et  il  pittore 
fu  il  Padre  fra  PaoUno  da  Pistoia  deU' ordine  nostro ,  et  hebbe 
in  nome  di  pagamento  quarantacùaque  scudi  d' oro,  se  bene  si 
dice,  che  il  disegno  di  iale  figura  è  dell'  eccellentissimo  fra  Bar- 
tolommeo  oonverso  anoor  esso  dell'ordine  nostro  (2):  e^  perchè 
si  babbi  maggior'  notitia  della  tavola^  in  cima  a  qudla  è  un 
mezzo  tondo  dove  è  dipinto  un  Dio  padre  ia.atto  di  dare  la 
benedizione,  '  ornato  intorno  d'angioli.  Neliipiadro  poi  d^  basso 
vi  è  una  gratiosa  Vergine  in  ginocohioni  quale  è  coronata  dal 
Signore  intorno  di  molti  angioli^  a  basso  vi  sono  in  ginocchioni 
tutti  i  santi  nostri,  co.  di  molti  altri  santi;  tenuta  molto  bella 
opera  da  quelli  che  sono  dell'  arte,  i  si  conosca  >che  è  opera  di 
fra  Bartolonuneo.  j>  Non  paghi  i  religiosi  di  quel  convento  di 
fare  ultimare  dal  Signoraeci  quella,  tavola,  gli  commisero  un 
dipìnto  di  tutta  sua  invenzione. -Ne  è  ricordanisa  nelle  cronache 
stesse,  a  La'  cappella  che  seguita  sotto  quella  di  Val  di  Marco  si 
ha  padrone,  et  è  di  M«'  Pacifico  Caprino  di  Mont'alto,  il  quale  la 
fece  dipingere  a  fra  Paolino  da  Pistoia,  e  si  chiamala  cappella 

(1)  Véd;  libro  III.  cap.  VI,  pag.  96. 

(2)  Quivi  è  nnof  sbaglio  evidente  del  cronista,  pcrcioccbò  si  prova 
con  certi jsimi  documenti,  che  né  fra  Bartolonuneo ,  né  fra  Paolino  erano 
conversi ,  ma  kenal  diaconi. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  Ul.  GAP.  XII.  239 

della  pietà/e  fu  mosso  a  fiir  questa  clippeila  da  ona  gra.  che  gli 
fece  la  Madonna,  ec«  (1).  o  Per  le  qnali  parole  non  è  ben  chiaro 
se  il  Pistoiese  vi  colorisse  alcuna  storia  in  fresco,  ovvero  alcuna 
tavola;  certo  si  è  che  di  fra  Paolino  non  si  ha  in  quella  chiesa 
che  la  gran  tavola  del  coro,  dintomata  dal  Porta  e  colorita 
dal  Signoracci. 

Condotti  a  termine  questi  dipinti,  sembra  fra  Padino  si  eoo- 
ducesse  in  patria,  ove  esegui  un  graii  novero  di- quadri,  molti  dei 
quali  rimangono'  tuttavia.  Noi  per  ìkyetlì  potuti  considet^re  a 
nostro  bell'agio  ndf  autunno  del  18t^4,  ne  ragioneremo  con  accu- 
ratézà:a  alquanto  maggiore. 

Nella  chiesa  di  S.  Domenico  vedesi  al  presente  un  quadro, 
che  dalla  sacri$tia,'ove  stava  per  lo  innanzi.  Al  trasportalo  tiel 
coro  (2).  Nel  concetto  ritrae  alquanto  da  quella  stupenda' tavola 
che  fra  Bartolommeo  colori  per  la  sua  chiesa' 'di  SauMarco,  al 
presente  ornamento  bellissimo  della  galleria  psllatina:  ES^vi,  sic- 
come in  quella,  la  Vergine  seduta  in  trotto,  avente  in  grembo 
il  Bambrao  ignudo,  il  quale  con  fancfullesca  grazia  disposasi  a 
Santa  Caterina  da  Siena;  e  questa  santa  è  una  molto  beUa  e  gra- 

(1)  Libro  delle  Croniche  della  chiesa  e  $acre$iia  del  conv,  dclln 
Quercia,  MS.  a  carte  4.  Debbo  questa  notìzia  con  altre  spettanti  a  quella 
chiesa,  alla  somma  gentilesca  d<i  PP.  LL.  Aquaroni  e  Masetti,  religiosi  di 
queir  osservandssìmo  convento.  La  tavola  della  quale  parla  la  cronaca  credo 
sia  quella  cbe  vedesi  all'altare  *del  coro;  e  per  la  debole  reminiscenza  cbe 
ne  conservo,  panni  cbe  nella  bellezza  del  colorito  molto  somigli  VAssunta 
cbe  è  in  S.  M.  del  Sasso  a  Bibbiena. 

(2)  Questo  quadro  dicesi  fosse  «seguito  per  il  monastero  di  S.  Cate- 
rina, e  quindi  portato  nella  cbiesa  di  S.  Domenico. 


Digitized  by 


Google 


240  MEMORIE 

zioM  figura.  Né  di  molto  le  cede  quella  di  S.  M.  Maddalena  >  che 
prostrata  in  ginocchio,  vedési  dal  lato  opposto.  Fanno  corona  alla 
Vergine,  S.  Apollonia,  S.  Domenico,  S.  Pietro  M.  e  S.  Cecilia.  Co- 
mecché la  composizione  di  questo  quadro  non  sia  al  tulio  origi- 
nale, pur  nondimanco  le  figure  tì  sono  bene  aggruppate,  il  di- 
segno sufficientemente  corretto,  ma  il  colore  ha  patiti  non  lie?i 
danni  (1).  Assai  maggiore  considerazione  merita  una  Adorazione 
dei  Magi,  che  vedesi  nella  cappella  del  SS.  Sacramento,  laterale  al 
maggiore  altare,  in  quella  chiesa  medesima;  quadro  tutto  origi- 
nale, e  da  annoverarsi  fra  i  più  belli  che  mai  facesse  il  Signo- 
racci.  n  Tolomei,  che  vide  le  antiche  memorie  di  quel  convento 
(U  S.  Domenico  innanzi  la  sua  soppressione,  afierma  che  quella 
tavola  fosse  dipmta  V  anno  1539 ,  e  soggiunge  che  il  dipintore 
avesse  allora  anni  36  di  età;  ma  con  troppo  manifesto  errore; 
perciocché  scrivendo  egli  stesso  che  fra  Paolino  sortisse  ì  natali 
nel  1490  (3),  noverava  allora  ben  49  anni 

La  composizione  di  questo  quadro  é  mcdto  semjdice.  La 
Vergine  é  seduta  sopra  un  imbasamento  di  pietra;  tiene  il  putto 
ignudo  su  i  ginocchi,  e  presentalo  al  primo  dei  Magi,  che  pro- 
strato a  lui  d'innanzi,  con  grandissima  divozione  fa  segno  di  vo- 
lere imprimere  un  bacio  su  i  piedi  del  bambmello.  Bellissima 
é  la  figura  della  Vergine,  improntata  di  tale  una  grazia  ed 


(i)  Il  P.  Serafino  Ra^ti  scrìve  che  fra  Paolino  dì  Pistoia  colorìjM 
tre  tavole  per  la  tua  chiesa  di  S.  Domenico.  Vedi  Istoria  degli  Uomini 
Illustri t  ec.  pag.  354,  N.  IX.  Verosìmilmente  la  terza  è  quella  che  nella 
ftessa  chìeta  offre  un  Crocifìsso  con  la  Vergine  e  S.  Tommaso  di  Aqui- 
no;  tavola  molto  rovinata   e  peggio  restaurata. 

(2;  Guida  di  Pistoia^  pag.  109. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  111.  GAP.  XII.  241 

sta,  che  poche  Yargìiii  vidi  al  paro  di  questa  con  tanto  decoro 
eflBgiate.  Il  Bambino,  se  ne  togli  che  ha  i  braccìni  un  po'corti, 
è  nel  rimanente  ben  disegnato,  e  molto  vezzoso.  Le  altre  figure, 
siccome  S.  Giaseppe,  i  due  Magi,  e  le  persone  di  seguito,  collocò 
dietro  V  imbasamento;  ed  è  bella  quanto  mai  dir  si  possa  quella 
di  un  giovine,  che  ei  pose  nella  estremità  del  quadro  dal  lato 
manco  del  riguardante,  e  veduta  sol  di  profilo,  nella  quale  il 
Tdomei  scrive  essere  rassembrato  il  noslro  pittore,  e  ciò  leggersi 
ndle  memorie  del  convento.  Il  fondo  del  quadro  è  formato,  a 
destra,  dalla  abitazione  della  Vergine,  disegnata  con  bella  pro- 
spettiva; ove  si  rodono  alcune  piccolissime  e  graziosissime  figurine 
nelle  scale  e  sulle  loggie,  come  di  persone  accorrenti  alla  novità 
di  quello  spettacolo;  alla  mancina,  da  un  paese,  se  non  bellis- 
simo, certo  ragionevole.  In  questo  dipinto  a  me  sembra  vedere 
assai  miglior  disegno  che  in  altro  qualsiasi  del  frate  Pistoiese  ; 
piacemi  r  armonia  del  colore,  sebbatie  nel  chiaroscuro  lasci  alcun 
desiderio;  le  estremità  sono  ben  dìntomate,  e  nelle  teste  vi  è  una 
vita,  che  forse  uguale  non  ho  trovata  in  altri  suoi  quadri.  Solo 
appariscono  nei  contomi  alcune  crudezze,  e  più  che  altrove  nello 
svolgere  e  nel  piegare  dei  panni. 

Ha  a  cui  piacesse  meglio  conoscere  il  merito  di  fra  Paolino, 
deve  a  mio  avviso  considerare  la  gran  tarola  che  al  presente 
si  vede  nella  chiesa  di  S.  Paolo  della  stessa  città  di  Pistoia,  potendo 
a  buon  diritto  appaiarsi  il  suo  capo  lavora  Ivi  più  che  altrove 
addimostrasi  seguace  e  imitatore  di  fra  Bart(dommeo  della  Porta; 
e  se,  veduti  gli  altri  dipmti  che  egli  lasciò  alle  chiese  ed  agli 
Oratorj  della  sua  patria,  siamo  sovente  portati  a  crederlo  sol- 
tanto mediocre  pittore;  dopo  veduta  la  tavola  del  S.  Paolo  e 
IL  16 


Digitized  by 


Google 


2i2  MEMORIE 

r  Adorazione  dei  Magi,  gli  si  coooede  fadhnente  un   seggio 
onorato  fra  i  migliori  del  secolo  XVI. 

n  concetto  ivi  espresso  non  è  del  totto  originale,  ma  mollo 
somiglia  qudle  grandiose  composizioni  delle  quali  assai  piacevasi 
il  Porta.  Due  nudi  Angioletti  in  alto  sorreggono  le  tende  di  un 
padiglione,  sotto  del  quale  si  erge  il  trono  della  Regina  del  Cielo. 
Essa  nobilm^te  seduta,  e  spirante  dal  volto  materna  tenerezza, 
tiene  ignudo  in  su  i  ginocchi  il  pargoletto  Gesù.  Appiedi  del 
trono  collocò  quattro  sante;  due  sul  gradino,  due  sul  piano;  e 
sono,  S.  Caterina  V.  e  M.,  S.  Appollonia,  S.  M.  Maddalaia,  e 
S.  Agnese  V.  e  M.  Intorno  al  trono  dispose  simmetricamente  una 
corona  di  santi.  Alla  destra  della  Vergine  sono,  S.  Paolo,  S.  Già 
Battista,  S.  Domenico,  e  un'ultima  figura  deUa  quale  ad  vedesi 
il  YoUo  di  profilo,  che  dice»  é  sembra  essere  il  ritratto  di  fra  Gi- 
r(damo  Savonarola;  tributo  forse  d'ammirazione  che  eì  por^ 
gera  alle  virtù  e  ai  patimenti  di  questo  grande  uomo.  A  mano 
manca  ritrasse  S.  Pietro,  S.  Iacopo,  S.  Lorenzo,  S.  Anto- 
nino, e  un  altro  santo  del  quale  appare  sd  parte  del  v<dto,  e 
cbe  non  hesa  saprebbe»!  determinare.  A^q^edi  del  trono ,  se- 
duto sopra  il  gradino,  fece  un  Angioletto  che  suona  il  liuto, 
come  neHe  composizioni  di  fra  Bartolommeo.  In  questo  di- 
pinto non  loderò  aver  collocate  le  due  principali  figure  degli 
apostoli  Pietro  e  Paolo  in  modo,  cbe  quasi  volgono  il  tei^  alla 
Vergine,  e  sembrano  non  curarsi  di  Lei,  che  siede  in  tanta  mae- 
stà, e  coronata  di  tanta  gloria,  fòrore  gravissimo,  perchè  toglie 
quell'  unità  la  quale,  nei  dipìnti  come  nel  dramma,  è  severamente 
voluta  e  dalt*  uso  e  dalla  ragione.  Tutto  il  dipinto  è  condotto  con 
uno  stile  largo  e  grandioso;  e  più  cbe  in  naolti  altri  quadri  ^ 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XII.  243 

questo  pittore,  vi  si  ammira  mi  tingere  vigoroso  e  benissimo  con- 
tempcrato nei  passaggi  dei  lami  e  delle  ombre,  per  guisa  da  ri- 
lerame  gradatamente  le  masse  con  ottima  prospettiva.  Nell'arìeg- 
giare  dei  volti  è  vario,  e  in  qaello  della  Vergine  e  del  Figlio, 
cosperso  di  raffaellesca  bellezza;  ma  negli  altri  desiderasi  una 
scdta  migliore,  e  fors'  anco  più  vita.  Nel  piegare  dei  panni,  co- 
mechè  assai  felice,  avvi  non  pertanto  qua  e  colà  del  trito  e 
del  secco.  Ma  ciò  che  porge  all'occhio  una  gradevole  illusione, 
è  lo  sfuggire  dei  piani  per  le  linee  prospettiche  tirate  con  molta 
bravura.  Né  stimo  sia  alcuno  il  quale  possa  considerare  questo 
dipinto  del  Signoracci,  senza  essere  compreso  da  subita  e  gran- 
dissima riverenza  nauti  ad  una  scena  tanto  solenne.  Che  se  da 
queste  generali  considerazioni  si  procede  alla  disamina  delle 
singole  parti,  un  giudice  alquanto  severo  potrebbe  forse  censu- 
rare il  putto  che  suona  il  liuto,  atteggiato  in  modo  non  naturale; 
le  mani  di  S.  Lorenzo  mancanti  di  proporzione;  e  quella  di 
S.  Pietro  che  r^ge  un  libro,  la  quale  appare  rotta  nella  giun- 
tura. Malgrado  queste  scorrezioni  e  la  mancanza  di  originalità, 
è  nel  suo  insieme  un  quadro  da  onorarsene  grandemente  la 
patria  e  il  pittore  (1). 

Alla  gloria  di  fra  Paolino  devono  bastare  i  dipinti  fin  qui 

(1)  Nei  gradi  del  trono  si  legge:  Opus  f.  Pkvli,  db  Pist.  or.  Prab. 
MDXXVIU.  —  Quetu  gran  tavola  era  «tata  dipinta  per  i  religioéi  del  con- 
vento di  San  Domenico  di  Pistoia  ;  ma  sembrando  loro  non  adatta  al  luogo 
ove  dovea  collocarsi,  fu  dai  medesimi  vendota  alla  chiesa  priorale  di  S.  Paolo. 
Ora  fan^o  pochi  ami,  venne  per  ordine  del  governo  con  ogni  diligensa 
restaurata.  » 


Digitized  by 


Google 


24&  MEMORIE 

noverati.  Un  più  copioso  elenco  può  vedersi  nel  Tcdomei  (1).  Or 
fanno  quattro  anni,  venne  fortuitamente  scoperto  nd  refettorio 
del  convento  dì  S.  Domenico  di  Pistoia  un  grande  a  fresco,  sul 
quale  era  stato  dato  di  bianco.  Si  trovò  essere  una  storia  della 
vita  di  S.  Domenico,  che  il  eh.  Repettì  per  ^rore  scrìve  essere 
una  cena  degli  Apostoli  vestiti  da  domenicani  (2).  Fu  creduta 
opera  di  fra  Paolino;  ma  per  essere  giudicata  inferiore  alle  altre, 
venne  di  bel  nuovo  sepolta  sotto  V  inesorabile  pennello  degli  im- 
biancatorì  (3). 

Dal  fin  qui  detto  4>armi  doversi  tenere,  che  il  Signoracd 
fosse  alquanto  debole  nel  disegno,  segnatamente  del  nodo;  non 
molto  fecondo  nella  invenzione,  ma  lieto  e  sovente  vigoroso  co- 
lorìtore;  nella  prospettiva  lineare  a  ninno  secondo;  nell'aerea  a 
suflBcienza  versato;  nel  piegare  dei  panni  ritrae  alquanto  dal 
Porta;  ma  è  più  di  lui  gentile,  grazioso  e  devoto  ncUe  V^^, 
spiranti  celestiale  bellezza.  Tenne  molte  e  diverse  maniere  così 
nel  colorire  come  nel  comporre,  e  soventi  volte  si  dubiterebbe 
de' suoi  dipinti,  se  a  chi  ha  veduti  quelli  di  fra  Bartcdommeo, 

(1)  Nella  Gold  a  citata  dì  Pistoia  si  ricordano  come  dipinti  da  fra  Paolino 
alconi  quadri,  i  quali,  abbenchè  abbiano  non  pcichl  tratti  di  somìgliania 
con  le  altre  sue  cose,  sono  non  pertanto  si  deboli,  anaì  scorretti  nel  di- 
segno del  nudo,  che  per  l* onore  del  Signoracci  amo  meglio  tacerne. 

(2)  Dizionario  Stòrico,  FiiicOy   Geogrqf.,  Voi.  IV,  pag.  437. 

(3)  Abbiamo  omesso  di  favellare  di  un  dipinto  attribuito  a  fra  Pao- 
lino da  Pistoia,  che  Tedesi  nell'Accademia  fiorentina,  perciocché  a  noi 
sembra  ravvisarvi  altra  mano.  Bappresenta  la  Vergine  Assunta  in  cielo,  che 
lascia  la  sua  cintura  a  S.  Tommaso  Apostolo.  L  contrassegnato  dal  N.  53, 
e  dicesi  appartenesse  al  soppresso  monastero  di  S.  Vincenao  d'Aimalena. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  111.  GAP.  XII.  34S 

Don  vi  ravvisasse,  non  pnre  gU  stessi  concetti,  ma  tal  fiata  le 
figure  medesime. 

I  giorni  del  nostro  dipintore  à  chiusero  nel  silenzio  e  ndla 
pace  del  chiostro,  divisi  fra  gli  esercizi  del  culto  e  quelli  del- 
l'arte; il  che  ci  è  grato  ricordare  dopo  la  vita  di  tre  artefici  do- 
menicani, i  quali  deposte  le  divise  del  proprio  istituto  e  tornati  al 
secolo,  patirono  le  influenze  di  una  età  corrottissima.  Siccome 
il  Porta  e  gli  altri  reUgiosi  di  quella  Congregazione  i  quali  col- 
tivarono la  pittura,  fra  Paolino  non  ascese  negli  Ordini-  sacri 
più  oltre  del  Diaconato.  Narrano  le  antiche  memorie,  che  con  il 
frutto  delle  sue  fatiche  il  Pistoiese  facesse  fabbricare  un  chipstro 
piccolo  nel  suo  convento  di  S.  Domenico  in  patria;  una  parte  del 
chiostro  grande;  l'ospizio;  non  che  rinnovasse  l'organo,  e  facesse 
altre  spese* per  l'adornamento  della  chiesa.  Fu  il  Signoracci,/8Ìc- 
come  scrive  il  P.  Serafino  Razzi,  religioso  buono ^  semplice,  retto, 
divoto,  timorato  ed  obbediente»  E  questo  farà  sempre  ragione 
della  virtù  di  frate  Paolino,  che  scudo  di  quel  tempo  in  Prato 
la  Santa  Vergine  Caterina  de' Ricci,  suora  del  suo  Istituto, 
levata  poi  all'onor  degli  altari,  egli  ne  meritò  e  ne  consegui  la 
stima  e  l'amicizia.  Sembra  che  negli  ultimi  anni  del  viver  suo 
prendesse  eziandio  conoscenza  di  suor  Plautilla  Nelli,  monaca  e 
pittrice  domenicana  nel  monastero  di  S.  Caterina  in  Firenze, 
alla  quale,  come  altrove  si  disse,  lasciò  in  morte  tutti  i  disegni 
di  fra  Bartolommeo.  Chiuse  i  suoi  giorni  in  patria,  nella  notte 
del  terzo  giorno  di  agosto,  vigilia  della  solennità  del  Padre 
San  Domenico,  l'anno  15^7,  e  dell'età  sua  quinquagesimo  set- 
timo (a),  l  suoi  concittadini,  che  ne  aveano  in  pregio  le  rare  doti 

(a)  Vedi  Documento^  (l^) 


Digitized  by 


Google 


246  MEMORIE 

della  m^te  e  del  cuore,  g^  fecero  coniare  una  medaglia  in 
bronzo,  che  insieme  a  quelle  dei  più  illustri  Pistoiesi  attesta  il 
Lanzi  aier  leduta  presso  il  dottore  Yitoni  (1). 

(1)  Storia  Pittorica  delV\ltalia^  Scuola  Fiorent,  Epoca  %  Questo 
medagliere  del  Vìtoni  fo  in  seguito  vendato,  e  se  ne  ignora  l'attuai  pos- 
sessore. Di  tanto  accertavamì  il  sig.  Giuseppe  Tigri  pistoiese,  al  quale soo 
debitore  di  alcune  notiaie  intomo  fra  Paolino. 


Digitized  by 


Google 


2i7 


CAPITOLO   Xlfl. 

Di  fra  Damiano  da  Bergamo ,  rarissimo  intarsiatore. 
Sue  opere  in  patria ,  in  Bologna  e  altrove.  —  Suoi  discepoli. 


A  Husnra  che  noi  procediamo  innanzi ,  ci  sentiamo  sor- 
gere nell'animo  una  dolce  fidanza,  che  qaesle  povere  nostre 
fatiche  siano  per  afqportare  nn  qaakhe  firntto  ben  più  rilevante, 
che  non  è  qneUo  di  riempiere  una  lacana  nella  storia  delle  Arti. 
Questo  popolo  di  ceD(rf)iti  pittori,  sctdtori  e  architetti,  che  nel 
silenzio  del  chiostro  si  viene  educando  alla  fatica  e  alla  prece; 
che  si  adopera  con  ogni  caldezza  onde  alimentare  il  fuoco  sacro 
delle  Arti;  che  dopo  aver  lasciato  alla  terra  r  opera  del  suo  in- 
gegno e  della  sna  mano,  si  va  a  perdere  ndla  oscurità  del  sepolcro, 
geloso  perGno  di  quel  silenzio  misterioso  che  ricuopre  il  suo  nome  ; 
parmi  unnobile  esempio  che  noi  ofleriamoai  nostri  fratelli  di  chio- 
stro, ed  insieme  un  invito  a  quegli  arteGci  i  quali,  disingannati  dei 
beni  presentì,  volessero  cercare  una  gloria  non  peritura  nel  seno 
slesso  deUa  religione.  Così  Y  opera  più  bella  delF  Angelico,  del 
P<»rta  e  del  Signoracci,  non  sarà  dì  avere  rivaleggiato  con  i  più 
valenti  artefici  del  loro  secolo,  ma  di  aver  lasciati  degni  imita- 
tori e  seguaci  delle  loro  virtù.  E  questa  età  agitata  da  discor- 


Digitized  by 


Google 


248  MEMORIE 

danti  dottrine,  vanitosa  e  le(|^iera,  più  che  di  naoTe  teorie  ab- 
bisogna di  esempi  generosi.  Noi  entriamo  a  rayellare  di  mi 
arteGce,  il  quale,  nel  tempo  che  tutto  congiurava  ali'  abbassa- 
mento dell'  Italia,  e  che  gli  animi  inviliti  si  volgevano  ad  adulare 
lo  straniero  che  ci  calpestava,  questo  artefice,  povero  fraticdlo, 
seppe  dare  a  Carlo  V  imperatore  V  esempio  di  una  indepen- 
denza,  della  quale  Cesare  dovette  forte  meravigliare.  Egli  é 
questi  quel  fra  Damiano  da  Bergamo ,  che  nel  magistero  della 
Tarsia  tutti  vinse  e  superò  i  contemporanei;  e  che  dopo  il  corso 
di  tre  secoli  è  tuttavia  al  possesso  di  una  gloria,  che  il  tempo 
non  ha  potuta  menomare.  Di  costui  prendiamo  a  scrivere  con 
ogni  possibile  accuratezza,  mandando  prima  innanzi  akune  no- 
tizie, che  stimiamo  opportune  a  meglio  chiarirne  la  vita. 

Le  opere  di  intarsio,  conosciute  dagli  antichi  sotto  la  g^ie- 
rica  appellazione  di  Opiu  Sectile^  meglio  concernevano  le  oMnet- 
titure  dei  marmi  ad  uso  del  musaico;  perciocché  ignoro  se  vera- 
mente avessero  notizia  e  pratica  di  quelle  che  noi  volgarmente 
diciamo  Tarsie.  Nei  tempi  più  a  noi  vicini,  conunciossi  quest'arte 
a  coltivare  in  Italia  alloraquando  la  prospettiva  si  andò  perfe- 
zionando con  r  opera  del  Brunellesco.  Posevi  amore  il  rinomato 
scultore  Benedetto  da  Maiano,  e  la  coltivò  con  molta  sua  lode, 
siccome  può  vedersi  per  gli  armadj  della  sacristia  della  catte- 
drale fiorentina,  che  sono  bellissimi;  e  per  le  porte  di  una  sala 
del  Palazzo  Vecchio,  ove  di  legni  commessi  fece  una  figura  di 
Dante  Alighieri,  ed  una  di  Francesco  Petrarca;  per  tacere  di 
quello  stupendo  lavoro  ricordato  dal  Vasari,  che  lo  stesso  artefice 
inviò  in  Ungheria  a  Mattia  Corvino  (1).  Ma  i  Toscani,  come  quelli 

(1)  Vasari,   F'ita  di  Benedetto  da  Maiano, 


Digitized  by 


1_ 


Google 


UBRO  HI.  GAP.  XIII.  249 

che  erano  occupali  in  arti  assai  più  nobili  e  darature,ladciarono  la 
tarsia  ai  Veneti,  che  la  portarono  a  rarissima  perfezione.  Padora, 
Venezia y  Trevigi,  Verona,  si  abbellirono  di  opere  stupende  di 
commesso,  dovute  in  gran  parte  a  tre  monaci  Olivetani,  il  più 
cdebre  dei  quali  è  fra  Giovanni  da  Verona.  E  questo  proverà 
sempre  il  merito  suo,  che  volendo  il  Sommo  Pontefice  Giulio  II 
adomare  con  siffatti  lavori  le  porte  e  ì  sedili  del  palazzo  Vati- 
cano, invitato  a  Roma  fra  Giovanni,  gli  fece  con  disegno  di  Raf- 
faello eseguire  tutta  quell'opera,onde  egli  trasse  bellissima  lode(l]. 
E  invero,  chi  non  lo  predicherà  sommo  in  quest'arte  dopo  veduti 
i  postergali  del  còro  nella  cattedrale  di  Siena  ivi  trasportati  da 
Uont'  Olivete?  Tutto  ciò  che  possa  la  tarsia  nel  genere  di  pro- 
spettiva, vi  si  ammira  eseguito  con  una  bellezza  di  disegno^  con 
una  verità  ed  una  diligenza  meravigliose.  Potrei  citare  altresì 
molti  altri  artefici  italiani,  i  quali  operarono  egregiamente  nei 
cori  delle  certose  di  Pavia  e  dì  Bologna;  in  quello  di  S.  France- 
sco di  Assisi  (2),  e  segnatamente  in  quello  della  cattedrale  dì  Città 
di  Castello,  le  tarsie  del  quale  si  credono  in  parte  eseguite 
con  i  disegni  di  Raffaellino  dal  Colle  (3).  Ma  come  sono,  quasi 
direi,  infiniti  in  Italia  i  lavori  di  que^a  sorte,  per  non  dilun- 

(1)  Vasari,  Introduiionef  cap.  XXXI,  e  f^ita  di  RaJUaelìo  di  Ur- 
lino, 

(2)  Il  coro  di  S.  Francesco  di  Assisi  è  opera  di  Domenico  Indovini 
da  Sanseverino,  del  quale  ponno  vedersi  le  notizie  presso  il  eh.  Amico 
Ricci,  Memorie  degli  Artisti  della  Marca  d^ Ancona,  voi.  I,  pag    234. 

(3)  Fu  eseguito  da  diversi' artefici  in  diversi  tempi,  come  prova  il 
eh.  cav.  Giacomo  Mawcjmi.  Vedi  Istruzione  Storico-Pittorica  di  Città  di 
Castello,  un  voi.  In-S.  pag.  24. 


Digitized  by 


Google 


350  MEMORIE 

garmi  soverchiamente,  dirò  che  tutti  coloro  ì  quali  presero  a  col- 
tivare questo  grazioso  genere  di  scultura  (e  come  tale  meritò 
aver  luogo  nella  storia  del  conte  Cicognara  (1)),  o  si  attennero  a 
sole  opere  di  prospettiva,  come  più  facili  a  produrre  una  grata 
illusione,  e  allora  fa  di  mestieri  che  tutti  riconoscano  sovrano 
maestro  di  quest'  arte  frate  Giovanni  da  Monte  Olivete;  o  pre- 
sero a  ritrarre  storie  e  figure,  e  allora  è  d' uopo  confessare  che 
ninno  ebbe  mai  vinto  fra  Damiano  da  Bergamo,  come  quegli 
che  non  pure  era  dilìgentissimo  nella  esecuzione,  ma  sapendo 
tingere  a  maraviglia  con  diversi  colori  i  legni  dei  quali  dovea 
giovarsi  nelle  sue  storie,  sollevò  la  tarsia  al  merito  della  pittura. 
I  primi  anni  della  vita  di  questo  artefice  sono  dalle  più  fitte 
tenebre  ricoperti,  e  noi  ne  ignoriamo  tuttavia  l' anno  della  na- 
scita, i  genitori,  la  condizione;  rimastoci  solamente  il  nome  ddla 
patria,  per  Fuso  invalso  presso  i  religiosi  Mendicanti,  nei  primi 
due  secoli  della  loro  istituzione,  di  denominarsi,  non  già  dalla  Si- 
miglia, ma  dal  luogo  del  nascimento.  11  conte  Tassi,  che  scrisse 
a  lungo  intomo  gli  artefici  bergamaschi,  confessa  essere  stato 
deluso  nelle  sue  ricerche  ;  sebbene,  è  d' uopo  il  dirlo,  non  fossero 
troppo  accurate.  Segna  per  semplice  conghiettura  i  natali  di  fra 
Damiano  nei  primi  del  1500,  al  che  non  possiamo  assentire,  tro- 
vandosi nel  1527  già  celebralissimo  nel  magistero  delle  tarsie.  11 
perchè  stimo  più  simile  al  vero  collocarne  il  nascimoito  nel  1490 
0  in  quel  tomo.  All'  anonimo  autore  della  Notizia  di  opere  del 
disegno  della  prima  metà  del  secolo  XVI,  pubblicata  dal  dotto 
Morelli  bibliotecario  della  Marciana  in  Venezia,  andiamo  dd>i- 
tori  di  una  molto  rilevante  scoperta,  per  la  quale  a  viene  a  co- 

(1)  Storia  della  Scultura,  voi.  V,   Ub.  V,  pag.  524. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  XIII.  251 

noflcere  m  parte  il  maestro  dì  fra  Damìaiio  nei  labori  dèlia  tar^ 
sia.  Ricordando  egli  pertanto  akone  eccellenti  opere  di  arte  in 
Bergamo  nella  chiesa  di  S.  Domenico,  soggiunge:  In  la  cap- 
pella maggiore  li  banchi  de  tarsia  ton  de  man  de  fra  Damian  Ber- 

gamaeco  converso  in  S.  Domenegho,  che  fu  discepolo  di  fra 

Schiavon  in  Venezia,  li  disegni  de  le  dette  tarsie  furono  de  mano  de 
Troxo  de  Monza  e  de  Bernardo  da  Trevi,  del  Bramantino  e  altri; 
e  sono  istorie  del  Testamento  vècchio  e  prospettive  (1).  Per  la  qnale 
autorità  si  deduce,  che  fra  Damiano  fti  discepolo  di  un  religioso 
Illirico  e  fecihnente  domenicano;  e  che  ad  apprendere  quest'arie 
si  recasse  in  Venezia  ;  se  in  queDa  Tcce  non  voglia  credersi  piut- 
tosto, che  quel  frate  Schiavone  cosi  si  appellasse,  non  dal  luogo 
dei  natali,  ma  dal  vero  cognome  della  famiglia. 

La  prima  Tolta  che  ci  è  dato  rinvenire  il  nome  di  fra  Da- 
miano da  Bergamo  nelle  antiche  memorie,  non  è  già  in  patria, 
ma  sì  in  Bologna,  ove  questo  artefice  passò  la  pia  parte  del  viver 

(1)  Notizia  d^ Opere  di  Disegno  nella  prima  metà  del  teeolo  XF'I, 
esistenti  in  Padova,  Cremona f  Milano,  Pavia,  Bergamo,  Crema  e  Ve- 
netia,  scritta  da  un  Anonimo  di  quel  tempo,  pubblicata  e  illustrata  da 
D.  Iacopo  Morelli  custode  della  R,  Biblioteca  di  S.  Marco  di  Venezia. 
Bassano  1800,  un  voi.  iii-16.  Vedi  pag.  ISO.  In  Bergamo  al  presente  non 
sì  ha  di  fra  Damiano,  per  ciò  che  scrive  il  conte  Tassi,  se  non  i  qua- 
dretti dì  tarràa  nelle  sedie  del  coro  dei  Domenicani ,  le  quali  tarsìe  furono 
trasportate  dalla  loro  chiesa  in  S.  Stefano  nell'anno  1561,  quando  per  le 
nuove  fortificazioni  fu  distrutta  la  chiesa  antica  ed  il  convento.  Soggiunge 
lo  stesso  biografo ,  che  queste  tarsìe  sono  inferiori  a  quelle  eseguite  in  Bo- 
logna. Vedi  Vite  dei  PiUori,  Scultori,  Architetti  Bergamaschi,  scritte 
dal  conte  Frahcesco  M.  Tassi.  Un  voi.  in-4.,  pag.  62. 


Digitized  by 


Google 


252  MEMORIE 

suo.  In  on  libro  dei  Consigli  del  convento  di  S.  Domenico  di  que- 
st'ultima città,  veduto  dal  conte  Tassi,  sotto  Tanno  1518  leggevasi 
la  seguente  partita:  Ann.  1518  firater  Damianus  de  Bergamo 
homo  perUis$imuSf  $ingulari8$imu$  et  tmicìu  in  f  arte  della  tar- 
siOf  conversusy  receptatus  fuit  in  fiUum  conventus.  La  data  del  1518 
dovrebbe  essere  un  errore  di  stampa;  perciocché  neU'aprfle 
del  1842,  sendomi  recato  in  Bologna  in  cerca  di  notizie  onde 
scrivere  la  vita  di  questo  insigne  artefice;  e  rinvenuto  un  antico 
libro  dei  Consigli  di  quello  stesso  convento,  vi  lessi  il  seguente 
ricordo,  sotto  il  giorno  24  di  ottobre  deir  anno  1528.  Fra  Da- 
miano converso  fu  accettato  per  figliuolo  del  convento  dal  P.  Ste^ 
(ano  da  Bologna  priore^  e  vocali  del  capitolo^  havendo  prima 
havuta  la  licenza  dal  Vicario  deWOrdine  P.  fra  Paolo  Buttigella, 
e  dal  Vicario  Generale  della  Congregazione  di  Lombardia^  fra  Do- 
menico da  Cortamedulo^  e  daUi  de/finitori  di  detta  Congregaxiume. 
Questo  fra  Damiano  è  quello  che  ha  fatte  le  sedie  del  coro  co#t 
bene  intagliate  che  è  un  miracolo  del  mondo  [1}.  Quindi  possiamo 
ragionevolmente  conghiettnrare ,  che  volendo  i  domenicani  di 
Bologna  adomare  d*  opere  d' intaglio  e  di  commesso  il  proprio 
coro,  intesa  la  celebrità  di  questo  loro  confratello,  lo  invitassero 
a  quell'opera,  e  a  meglio  afTezionarlo  al  convento,  ve  lo  aggre- 
gassero, o  come  dicono,  lo  afBgliassero  al  medesimo;  e  invero 
r  anno  dell'  affigliazione  risponde  a  quello  in  cui  diede  comin- 
ciamento  al  lavoro.  Che  poi  fosse  di  già  grandissima  l'estimazione 
in  cui  era  fra  Damiano,  si  deduce  facilmente  da  questo ,  che 
sendo  in  quel  tempo  medesimo  in  Bologna  un  altro  valente  in- 

(i)  Liber   Consiliorum  S.  Dominici  Bononia.    Un  toI.  in  fol.  BIS. 
Comincia  dall*  anno  1459  —Vedi  ad  hunc.   ano. 


L 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XIII.  253 

tarsiatore  domenicano  e  bolognese,  denominato  Antonio  Asinelli, 
il  quale  intorno  il  1520  aiutaya  Paolo  Sacco  da  Cr^na  nei  lavori 
del  coro  di  S.  Giovanni  al  Monte,  non  pertanto  a  lui  preferi- 
rono il  da  Bergamo. 

Determinare  con  certezza  F  anno  in  cui  quest'artefice  venne 
in  Bologna  noncièdato,  ma  indubitatamente  vi  dimorava  nel1527, 
e  forse  alcun  tempo  innanzi.  L'opera  del  nuovo  coroy  alla  quale  era 
stato  invitato  fra  Damiano,  non  ebbe  principio,  come  si  disse,  che 
nel  1528;  e  in  prima  i  religiosi  lo  richiesero  di  uno  sperimento. 
Consisteva  questo  in  fare  sette  seggi  con  ogni  possibile  diligenza 
e  beOezza  di  disegno  e  di  intaglio,  a  norma  de' quali,  quando 
soddisfacessero,  doveano  seguitarsi  gli  altri.  Disegnò  egli  prima- 
mente tutta  r  architettura  dei  medesimi ,  cioè  il  corm'ciene  e  i 
pilastrini,  sotto  de'qnali  fece  ricorrere  un  doppio  imbasamento. 
Entro  gli  specchi  dei  postergali,  e  dappiedi  ai  sedili,  fece  qual^ 
tordici  stxme  fra  grandi  e  piccole,  con  sette  teste  di  santi.  Nel 
primo  seggio  ritrasse  la  storia  di  un  santo,  che  non  potei  cono- 
scere se  fosse  un  S.  Petronio  vescovo  di  quella  città,  o  un  S.  Nic- 
colò di  Bari  già  titolare  di  quella  chiesa.  Neil'  imbasamento  vi 
fece,  in  piccole  figure,  il  sacrifizio  d' Isacco,  che  è  cosa  raris^ 
sima.  Dappiedi  vi  effigiò  la  testa  di  S.  Giovanni  Battista.  Nel  2"*  un 
fotto  della  vita  di  S.  Niccolò;  nella  base  il  battesimo  di  G.  C; 
dappiedi  la  testa  di  S.  Domenico.  Nel  3^  rassembrò  la  lapidazione 
di  S.  Stefano  protomartire;  nella  base  Adamo  ed  Eva  nel  para- 
diso terrestre;  dappiedi  la  testa  di  S.  Pietro.  Nel  4^  ritrasse  la 
conversione  di  S.  Paolo;  nella  base  1'  adorazione  dei  Magi;  dap- 
piedi un  Agnus  Dei.  Nel  ^  la  Maddalena  appiedi  di  G.  C.  nel 
convito  del  Fariseo;  nella  base  l'Angelo  che  discaccia  Adamo  ed 


Digitized  by 


Google 


254  M  E  xM  O  R  I  E 

Eva  dal  paradiso  terrestre;  dappiedi  la  testa  di  S.  Paolo.  Nel  &»  il 
martirio  di  S.  Caterina  dalle  Ruote;  nella  base  F  uccisioiie  di 
S.  Pietro  da  Verona;  dappiedi  la  testa  di  detto  santo.  Nel  7<>  le 
nozze  di  Canaan;  nella  base  Mosè  che  rioere  le  tavole  ddla 
legge;  dappiedi  la  testa  di  S.  Alessandro. 

In  questo  lavoro  fra  Damiano  diede  tale  un  saggio  dd 
suo  valore  nell'  arte  d' intagliare  ^  commettere  e  tingere  il 
legno»  da  superare  di  lunga  mano  tutti  qudli  che  innanzi  a 
lui  avevano  operato  di  tarsia,  e  tc^liere  agli  avvenire  ogni 
speranza  di  mai  poterto  raggiungere.  Imperciocché,  infino  a 
quel  tempo  la  più  parte  degli  artefici  si  erano  tenuti  paghi,  in 
opere  cosi  fatto,  a  soli  lavcHÌ  di  prospettiva,  perchè  qudk  ave- 
vano termine  di  canti  vivi,  che  commettendo  insieme  i  pezzi 
Tacevano  il  profilo,  e  pareva  tutto  d' un  pezzo  il  piano  dell'  open 
loro,  sebbene  fosse  stato  di  innumerevdi  parti  composto  :  coloro 
poi  che  impresero  a  tratterà  la  storia,  non  adoperarono  che  due 
sole  tìnte,  il  bianco  cioè  e  lo  scuro;  laddove  fra  Damiano  conobbe 
il  modo  di  tingere  il  legno  con  nuovi  e  diversi  colori,  più  per- 
fettomente  che  non  avea  fritto  fra  Giovanni  di  Monte  Oliveto, 
adoperando  egli  il  primo,  acque  di  solimati  e  d'arsenico,  e  olio  £ 
zolfo  (1);  con  l'opera  dei  quali  giunse  a  colorire  e  lumeggiare  le 
sue  piccole  storie  tento  bene,  che  non  sembrano  già  opera  d'in- 
taglio, ma  si  di  libero  e  franco  pennello.  Nei  sette  postergali  or 
dianzi  ricordati,  si  ammira  squisita  bdlezza  di  disegno,  ricchezza 
e  varietà  di  composizione,  dolcezza  e  perfezione  d' integlio,  ezian- 
dio nelle  più  picode  e  minute  parti;  come  piante,  erbe,  animali, 
ft^i  e  ornamenti  di  fabbriche,  ec.  Alcune  di  queste  storie ,  e  se- 

(1)  Vasari,  IntrojJur.ìone ,  cap.  XXXI. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  XIII.  aS5 

gnatamente  quella  delle  nozze  di  Canaan ,  non  che  il  Convito  del 
Fariseo,  sembrano  bozzelli  di  on  quadro  dì  Paolo  Veronese;  e 
credo  non  possa  vedersi  opera  più  bella  di  queste,  e  per  il  modo 
onde  sono  aggrappate  e  vestile  le  Ggure,  e  per  la  ricchezza  ed 
eleganza  dell'architettura;  ammirandosi  in  esse  la  varietà  e  pre- 
ziosità dei  marmi^nelle  cotonnct  nel  pavimento,  ed  in  tatto  il  rima- 
nente dell*  edificio.  Vero  è  che  i  dis^ni  di  queste  storie  non  sono 
opera  del  nostro  frate,  al  quale  sola  sì  deve  la  esecuzione  ;  ma 
noi  ne  loderemo  il  buon  gusto  in  procurarseli  ottimi,  e  nel  va- 
lersi, in  Catto  di  architettura,  di  quelli  ddcdebre  Vignola,  come 
è  indubitato  facesse  (1).  A  tutto  ciò  si  aggiungano  gli  stupendi  la- 
vori di  rabeschi,  di  ornato,  d'intaglio,  segnatamente  quelM  del 
cornicione,  che  sono  un  miracolo  di  pazienza  e  di  buon  gusto.  Se 
il  conte  Tassi,  quando  fu  in  Bologna,  avesse  con  diligenza  mag- 
giore considerata  quest'  op^a  di  fra  Damiano,  vi  avrebbe  rinve- 
nute alcune  notizie  preziose  per  la  cronologia  della  di  lui  vita. 
Nel  primo  seggio  adunque  l'artefice  segnò  il  suo  nome  in  que- 
sto modo  :  Frater  Damianui  de  Bergamo  faciebat.  Nella  storia 
del  Convito  del  Fariseo,  vedesi  pendere  dal  mezzo  ddla  volta  del- 
l'edificio un  cartellino  raccomandato  a  sottilissimo  filo,  nel  quale 
si  legge  l'anno  1528,  che  è  quello  in  cui  l'intagliatore  diede  co- 
minciamento  al  lavoro.  Dappiedi  al  pritno  seggio,  ove  è  la  testa 
di  S.  Giovanni  Battista,  è  segnato  l'anno  1530,  in  cui  terminò  il 
detto  sperimento;  che  è  a  dire,  nel  periodo  di  soli  due  anni.  Ciò 

(i)  Narra  Florent  Le  Conte  »  che  sendo  in  Bologna  il  celebre  archi- 
tetto Giacomo  Baroxio  da  Vignola ,  questi  fece  alcuni  di&egni  per  Messcr 
Francesco  Guicciardini,  lo  storico,  allora  governatore  di  quella  città,  il 
quale  datili  a  fra  Damiano,  li  fece  eseguire  con  opera  di  commesso. 


Digitized  by 


Google 


256  MEMORIE 

leggesi  chiaramente  neU^altìmo  stallo,  appiedi  del  quale  avendo 
flgurato  un  libro  aperto,  vi  scrisse:  Inehoatumhoc  opus  atttptms 
R.  P.  F.  Stephani  Futcararif  eoque  GU.  Vie."*  feìiciier  expìeium 
anno  MDXXX.  Fra  gli  ornamenti  di  un  pilastrino  sta  scritto, 
Frater  Damianui  de  Bergamo^  e  in  un  altro  Fraier  Siepk 
Fot.  Nella  base  poi  di  un  altro  pilastrino,  si  legge  :  TRE. 
K.  IPEro'CORONABÀTUR  (quo  tempore  Karohu  imperator 
coronabatur).  E  veramente  in  queir  anno  1590,  alti  24  feb- 
braio, Carlo  y  imperatore  cingeva  in  Bologna ,  per  le  mani  di 
Gemente  VII,  la  corona  imperiale.  Sendo  questo  fatto  stretta- 
mente legato  alla  storia  del  nostro  artefice,  ci  è  mestieri  spen- 
dervi alcune  brevi  parole. 

^  Era  tuttavia  lacrimabile  V  aspetto  di  Roma,  che  le  armi  im- 
periali avevano  contaminata  di  sangue,  di  nefandezze  e  di  rapina; 
il  Pontefice,  per  Tonta  e  p^  lo  danno,  smarrito;  l'Italia  dalle 
continue  guerre  diserta;  Bologna  stessa  da  crudelissima  fame 
travagliata  (1).  In  tanta  cagione  di  lutto,  in  tanta  universale  de- 
solazione, r  imperatore  giungeva  in  Bologna  per  cingervi  la  co- 
rona imperiale.  Precedevalo  Clemente  VII  Pontefice  Massimo; 

(1)  In  quella  dolorosa  occorrenza  sì  parve  quanta  carità  albergasie  nel 
petto  del  P.  Sebastiano  Foscarari  priore  dei  Frati  Predicatori ,  il  quale  renduta 
una  possessione  del  convento,  e  portati  gli  argenti  della  chiesa  alla  zecca 
di  Bologna,  fattone  coniare  moneta  sopperì  in  parte  ai  gravi  bisogni  della 
patria.  Rimangono  tuttavia  alcune  di  queste  monete  le  quali  da  un  lato 
hanno  lo  stemma  dell'  Ordine ,  e  dall*  altro  quello  della  Città ,  con  l' iscri- 
xione  seguente:  Ex  collato  aere  de  rebus  sacris  et  prophanù  in  ttgeiw- 
rum  tubUdìum.  MDXXIX*  Bononia,  Nel  rovescio  .*  Rei  frumentarim  co» 
genie  inopia.  • 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  XIll.  257 

seguivalo  1*  innumereYole  turba  dei  prÌDcipi  italiani  e  aleman- 
ni ;  e  quelle  stesse  truppe  che  avevano  spietatamente  saccheggiata 
la  santa  citt^,  ornavano  il  trionfo  di  Cesare.  Nel  giorno  cinque 
novembre  del  1529,  Carlo  V  si  appresentava  al  cospetto  di  Cle- 
mente ;  e  al  primo  ragguardarsi  in  viso ,  dicesi  che  per  poco 
impallidissero  entrambi.  Cesare  allora  solennemente  dichiarò, 
al  cospetto  della  moltitudine,  che  senza  ordine  suo  Carlo  di  Bor- 
bone aveva  commessa  tanta  scelleratezza  a  danno  e  sfregio  di 
Sua  Santità,  e  della  veneranda  religione  di  Cristo....  non  aver 
^li  dato  giammai  un  ordine  cosi  barbaro  e  funesto;  sentirne 
profondo  dolore,  e  averlo  con  pubblici  segni  manifestato;  ed 
esser  pronto  a  far  palese  a  tutto  V  universo  quanta  fosse  la  ri- 
verenza che  ei  nutriva  per  il  Vicario  di  Cristo.  Se  papa  Cle- 
mente prestasse  fede  a  queste  parole,  non  so;  certo  si  abbrac- 
ciarono; ed  evvi  chi  scrive  che  da  quell'abbraccio  fermaronsi 
i  miserandi  fati  della  Fiorentina  repubblica! 

Di  mezzo  ai  lieti  festeggiamenti,  Carlo  e  «Clemente  non  isde- 
gnarono  prender  diletto  delle  Arti  che,  a  solennizzare  quel  me- 
morabile avvenimento,  faceano  pompa  di  maravi^ìose  bellezze. 
Bravi  allora  in  Bologna  il  Tiziano,  Alfonso  Lombardi,  il  Bagna- 
cavallo,  Giacomo  Francia,  quel  tristo  di  Amico  Aspertini,  ed 
altri  moltissimi.  Chiese  il  Pontefice  della  celebre  scultrice 
Properzia  de' Rossi,  e  fugli  risposto  che  in  quei  giorni  me- 
desimi r  infelice  avea  chiusa  la  sua  carriera  mortale;  la 
qual  nuova  assai  dolse  al  Pontefice.  Nel  giorno  5  dicembre  del- 
l' anno  1529 1' imperatore  recossi  a  venerare  il  sepolcro  del 
P.  S.  Domenico;  e  dopo  avere  considerati  i  molti  e  rarissimi  capo 

lavori  delle  arti  italiane,  onde  vagamente  si  adorna  la  chiesa 
n.  17 


Digitized  by 


Google 


258  MEMORIE 

del  santo  Fondatore,  fermossl  meravigliato  nauti  le  tarsìe  di  fra 
Damiano  da  Bergamo.  Né  potendo  egli  credere  qoelie  storie 
eseguite  di  legni  commessi,  ma  dubitando  in  queDa  vece  fossero  di- 
pinte sull'asse,  a  meglio  chiarirsene,  sfoderato  lo  stocco,  scatti 
e  tolse  alcune  parti  del  lavoro;  le  quali  in  memoria  del  fotlo 
non  furono  più  restitnite  (!].  Preso  da  fortissima  ammirazìoiie, 
dopo  che  ebbe  cìnta  la  corona  imperiale  ToDe  di  bel  nuovo  e 
più  accuratamente  disaminare  Topera  del  tràìie  domenicano,  e 
conoscere  il  modo  da  lui  tenuto  in  eseguire  quegli  stupencfi  lavori. 
Il  giorno  7  di  marzo  delFanno  1530,  pertanto  Cesare 
tolto  seco  Alfonso  d' Este  duca  di  Ferrara,  e  alcuni  principi  della 
sua  corte,  si  portò  al  convento  dei  frati  Predicatori  (2);  e  andando 
difilato  alla  povera  cella  di  fra  Damiano,  picchiò  all'  oscie  on- 
d'essere  introdotto.  Il  frate  avendo  aperto  e  conceduto  Vm- 
gresso  al  solo  imperatore,  prestamente  il  richiuse.  Fermate,  (fisse 
l'imperatore;  è  quegli  11  doca  di  Ferrara  che  mi  sicgne.— Co- 
nosco costui,  rispose  fra  Damiano;  per  ciò  appunto  ei  non  avrà 
mai  accesso  in  mia  cella.  —  E  che?  ripigliò  Carlo  V,  avete  forse 
onde  dolervi  di  lui?— Udite,  Maestà,  soggiunse  il  laico:  dovea  io 
dì  Bergamo  recarmi  in  Bologna  per  imprendere  Fopiera  di  questo 
coro;  avca  meco  questi  ferri  che  qui  vedete,  pochi  nel  numero, 
e  necessari  al  lavoro,  onde  mi  studio  giovare  aBte  Arti,  e 
spendere  degnamente  la  vita.  Toccato  appena  il  confine  del  fer- 
rarese, non  pure  si  volle  che  io,  povero  frate,  pagassi  un  prave 

(i)  Tassi,   f^ita  di  fra  Damiano  da  Bergamo, 

(2)  Il  Pontefice  e  l'Imperatore  avevano  mmniì  assìememente  ascoltata 
la  sanra  Mesia  nella  chiesa  di  S.  Domemco,  nella  cappella  dì  S.  Tr.mmaso  ài 
Aquino,  del  quale  in  quel   giorno  ricorreva  la  solennità. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  GAP.  Xlll.  259 

ed  iDgiusto  bakello;  ma  il  modo  ne  fa  al  tulio  viUaBo:  ora  dac- 
ché quel  daca  comporta  bei  suoi  stati  simili  ribalderie,  beo  è 
dotere  che  egli  non  feda  quest'opera  che  toì  Tedete.  Questo 
tratto  di  independenza  dorette  s^nbrare  molto  nuovo  a  Carlo  V, 
oso  a  non  rioyeaire  che  vilissimi  adulatori;  pure  sorrìdendo, 
si  {nrofferse  di  ottenergli  dal  dsca  Alfiraiso  ogni  più  ampia 
satisfazione.  Escito  di  cella,  e  narrati  all'Estense  i  motiTì 
della  collera  di  fra  Damiano,  il  duca  non  pure  promise  rl^ 
storarlo  del  sofferto  danno,  ma  gli  concedette  eziandio  patenti 
pa*  le  quali  così  esso  che  i  suoi  allievi,  transitando  nel  ferrarese, 
fossero  francati  per  sempre  da  qualsivoglia  dazio  e  gabeUa. 
Quindi,  non  senza  gioconde  risa,  entrarono  tutti  nella  cella  di 
fra  Damiano,  il  quale  a  ftor  loro  conoscere  che  le  sue  storie  di 
commesso  non  erano,  siccome  dubitavano,  dipinte  ed  pennello 
sutt'  asse,  tolto  un  piallettino,  passdlo  con  forza  sopra  le  mexte- 
sime;  e  mortrò  come  i  colori  fossero  ivi  rimasti  m  tutta  la  loro 
integrità  e  bellezza.  Quindi  offerì  m  dono  all'  imperatore  una 
storia  vaghissima  della  Crocifissione,  ed  un'altra  al  duca  di 
Ferrara,  che  molto  l' ebbero  cara  (1). 

Dal  Convento  di  8.  Domenico  di  Bologna  il  pensiero  facil- 
mente si  trasporta  a  quello  di  S.  Giusto  nella  Spagna.  Quante 
volte  Carlo  V  nella  sua  solitudine  si  sarà  rammentato  di  questo 
colloquio  con  fra  Damiano! 

(1)  Gaktaiio  GiORDARi,  Della  venula  e  dimora  in  Bologna  del  Somhio 
Pontefice  Clemente  VII  pet  la  C.oronatióne  di  Carh  V  imperatore. 
\)n  Volttme  ìn-8.  Bologna  1842,  ptg.  163.  Vedi  anche  il  Mcllohi  »  Alti  e 
Memorie  degli  Uomini  Illustri  in  santità,  Voi.  IH.  yi/a  del  B.  Gio' 
corno  d*  Vlma,  pag.  271   in  nota. 


Digitized  by 


Google 


260  MEMORIE 

Continuandoci  alla  vita  del  nostro  arteflce,  ornai  chianti 
i  religiosi  Domenicani  del  merito  rarissimo  dì  questo  intar- 
siatore, per  il  saggio  dei  sette  stalli  già  ultimati,  gti  diedero 
ordine  di  compiere  nel  modo  stesso  il  rimanente  del  coro. 
Il  conte  Tassi  accenna  assai  brevemente  quest'opera,  tace 
r  anno  in  cui  ebbe  cominciamento,  e  solo  avverte,  che  dal  li- 
bro dei  Consigli  di  detfo  c«>nvento  si  deduce,  come  nel  1534 
fu  fatta  una  ringhiera  all'arca  di  S.  Domenico,  ed  un  pal- 
pito nella  chiesa  (1).  Ecco  il  tutto.  Avendo  noi  avuta  la  sorte 
di  rinvenire  gli  antichi  libri  della  fabbrica  della  chiesa  e  del 
convento  medesimo,  ove  sono  copiose  notizie  delle  opere  dì  fra 
Damiano,  ci  studieremo  favellarne  con  ogni  possibile  diligenza. 

Tre  opere  grandissime  sembra  che  simultaneamente  fossero 
affidate  a  questo  artefice.  Una  Spalliera  (cosi  trovasi  denomi- 
nata ],  cioè  a  dire,  alcuni  grandi  armadj  da  collocarsi  neDa  cap- 
pella di  S.  Domenico  per  chiudervi  i  vasi  sacri  e  i  paramenti  ad 
uso  del  culto;  un  palpito  nella  chiesa;  e  il  proseguimento  del 
coro.  Questa  moltitudine  di  lavori  abbisognava  dell'  aiuto  di  più 
braccia.  £  veramaite  fino  dall'  anno  1529  era  stato  posto  ai  servigi 
di  fra  Damiano  un  certo  Zanetto  da  Bergamo;  e  nel  1530,  un  Fran- 
cesco di  Lorenzo  Zambelli,  per  anni  quattro,  con  «afono  come  era 
solito  tre  anni  fa  prima  che  tornasse  a  Bergamo  (2).  Da  ciò  si 

(i)  Tassi,  Ioc.   clt.  pag.  61. 

(2)  Annali  del  convento  di  S.  Domenico  di  Bologna,  MS.  ab  anno 
MD.  Fabbrica  del  Coro — 1tf29,  pag.  808,1eggesì:  il  primo  atoede  con  fra 
Damiano  un  anno  solo,  ed  il  secondo' tutti  <faattro.  Per  sinnl  guisa,  nel 
Giornale  del  1544,  alla  pag.  238,  notasi,  che  si  concede  possa  rimanere 
per  »nnì  sei   ad  imparar  l*  arte  da  fra  Damiano,  certo  Bernardino  figlio  di 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  XIII.  261 

deduce  che  fino  dal  1527  fra  I^amìano  fosse  in  Bologna,  ed  avesse 
seco  il  detto  Zambelli.  Un'  altra  notìzia  ci  somministra  il  Gior- 
nale della  chiesa;  ed  è,  che  trovansi  dati  scudi  sei  aUo  stesso 
Zambelli,  danaro  di  fra  Damiano  suo  Maestro^  che  dice  aver 
avuto  dai  Monaci  di  S.  Cfio.  di  Parma  per  giudizio  che  diede 
al  loro  coro.  Per  le  quali  parole  ci  è  manifesto  che  il  nostro 
converso  intarsiatore  fosse  chiamato  in  Parma  a  porgere  giudì- 
zio di  un'opera  di  molta  rilevanza;  e  ciò  ne  dice  la  estimazione 
in  cui  era  tenuto  in  altre  città  delT  Italia.  Di  quel  fra  Antonio 
Assinelli,  che  il  Masini  scrive  aiutasse  fra  Damiano  nei  lavori 
del  coro  di  S.  Domenico,  e  che  operasse  in  quelli  di  S.  Michele  in 
Bosco,  non  rinvenni  alcuna  notizia.  È  ricordato  però  nelle  an- 
tiche carte  un  altro  valentissimo  intarsiatore  domenicano,  allievo 
certamente  del  Da  Bergamo,  ed  ignorato  da  tutti.  Appella  vasi 
frate. Bernardino,  era  ugualmente  converso,  e  dicesi  dissipulo  di 
fra  Damiano.  Di  questo  frate  Bernardino  è  quella  bellissima 
porta  che  dalla  chiesa  mette  nella  sacristia.  Ci  è  rimasto  tuttavia 
un  elenco  di  spese  occorse  per  la  medesima,  scritto  da  un  certo 
fra  Lodovico  Archista,  o  vogliamo  dire ,  custode  dell'  Arca  del 
P.  S.  Domenico.  Comincia  li  6  giugno  1532,  e  fra  le  varie  spese 
trovasi  quella  pei  disegni  fatti  eseguire  da  un  pittore;  e  si  ricorda 
segnatamente  quello  di  una  Vergine  Annunziata.  Venne  ultimata 
e  collocata  al  suo  luogo  nel  giorno  21  giugno  1533  (1).  Questa 

Gìo.  Batta ,  maestro  di  Menacordi.  Vedi  anche  il  Libro  dell*  Arca  di 
S.  Domenico,  fol.  303.  (Ambedue  questi  MSS.  sono  nell*  Archivio  pubi, 
del  Demanio.  ) 

(1)  Alcune  tiotifiie  intomo  fra  Damiano   mi  sono  state   graziosamente 
favorite  dal  eh.  sig.  Vincenzo  Vannini  bolognese. 


Digitized  by 


Google 


262  MEMORIE 

porta  ha  due  sole  storie»  non  che  alcuni  lavori  di  prospettifa, 
ed  è  eseguita  in  ogni  sua  parte  tanto  maestrevofaneiite,  che  si 
stimerebbe  opera  dì  fra  Damiano.  Ma  per  ciò  che  spetta  a  qni&- 
st' ultimo,  diede  egli  cominciamento  in  prima  ai  lavori  degli 
armadj  intomo  V  Arca  di  S.  Domenico,  ai  13  dicembre  1530. 
Ne  segnò  con  ogni  accuratesza  tutte  le  spese  lo  stesso  fra  Lodo- 
vico (1);  e  nel  principio  si  legge  quella  per  i  disegni  di  tulio  il 
lavoro;  e  dappiedi  del  giornale,  scrive  lo  stesso  Archisia,  che 
questi  disegni  furono  procurati  da  fra  Leandro,  che  è  l' Alberti, 
celebre  scrittore  di  quel  convento,  il  quale  con  magnifiche  lodi 
rammenta  in  pKi  luoghi  delle  sue  opere  la  virtù  di  fra  Da- 
miano  (2).  Questa  Spalliera^  o  Armadio,  ebbe  il  suo  termine 

(1)  Libro  dell*  Arca  dì  S,  Domenico,  pag.  310.  Ne  pì«oe  riportare 
la  dicbiarMÌone  del  detto  ArchistA  sul  conto  di  qucst'  oper»  di  fra  Datmano. 

Questa  ai  t  la  tpesa  quale  io  fra  Lodovico  ArehUta  ho  faUo  per  Ut  te- 
iera quale  ha  fatto  Jra  Damiano  da  Bergamo  oonvMreo,  homo  in  fM«il« 
arte  unico  al  mondo  a  tempi  nostri,  quale  ha  usato  questa  atlucia  con 
mi  per  cavarmi  quattrini  assai  dalle  mani;  mai  me  ha  detto  che  /acessi 
di  bisogno  pagare  quattro  lire ^  ne  uno  scudo,  ne  quaranta  bologninif  o 
mezzo  scudo,  ma  sempre  usava  simili  termini:  credete  fra  Lodovico  mio^ 
solamente  è  necessario  al  presente  comprare  carta  ,  over  altre  cose ,  *  piit 
non  vi  darò  impazzo ^  et  con  sue  dnlce  parolette  me  ha  cavato  dalle  mani 
tutta  questa  somma  ec-   ec. 

•/8)  Descrizione  di  tutta  Italia  ec,  pag.  366.  Frate  Damiano  con- 
verso delV  Ordine  dei  Predicatori  è  stato  huomo  di  tanto  ingegno  quanto 
si  ^ia  ritrovato  insino  ad  hora  al  mondo  (  che  si  sappia  )  in  eotnettere  le- 
gni insieme  j  con  tanto  artificio  ^  che  paiono  pitture  fatte  col  pennello  ^ 
come  chiaramente  si  può   veder  ncìV  opere  dn  Ini  fatte    nella   sua  patriti 


Digitized  by 


Gòogle 


LIBRO  III.  CAP,  XUI.  263 

Del  gKHno  19  aprile  dell'anno  1534.;  cioè  nello  spazio  di 
circa  tre  anni  e  mezzo.  Eziandio  questo  lavoro  di  poco  ec- 
cede in  lunghezza  i  sette  stalli  che  abbiamo  già  descritti. 
Venne»  non  so  quando,  dalla  chiesa  trasportato  nella  sacristia, 
e  serre  all'uso  di  chiudere  i  paramenti  sacri.  Sono  quat- 
tro armadi  a  destra ,  e  quattro  alla  ministra;  in  ognuno  dei 
quali  sono  otto  storie,  quattro  nella  parte  superiore,  e  altret- 
tante ndla  inferiore.  I  superiori  sono  fatti  dall'  antico  Testa- 
mento; gli  inferiori  sono  storie  ddla  vita  del  P.  S.  Domenico. 
Nel  primo  a  manca  si  legge:  Fratris  Damiani  Bergwnensis  opm 
insigne,  E  veramente  ò  questo  uno  dei  più  perfetti  lavori  del*no- 
stro  intarsiatore,  e  f&r  bellezza  di  disegno  e  squisita  esecuzione, 
non  cede  punto  ai  seggi  eseguili  dallo  stesso  nel  1528  (1). 

Non  per  anche  era  del  tutto  compiuta  l'opera  di  questi  arma- 
dj,  che  i  religiosi  del  convento,  nel  giorno  12  aprile  del  1534,  si 
raccoglievano  a  consiglio  p^  deliberare  su  i  lavori  che  restavano 
a  farsi  per  la  continuazione  del  coro.  In  questa  adunanza  furono 
proposti  tre  quesiti.  1^  Se  si  dovesse  proseguire  il  nuovo  coro 
del  quale,  oltre  i  sette  stalli  che  or  sono  da  cima,  ne  erano  di 
già  stati  esegniti  altri  due.  2°  Se  quei  giovani  secolari  chiamati 
in  aiuto  di  fra  Damiano,  si  dovessero  ten^e  tuttavia  in  suo  ser- 

nella  chiesa  di  S.  Domenico ,  et  nella  città  di  Bologna ,  et  in  più  luo- 
già  di  Europa  ove  sono  state  portate  le  sue  eccellenti  opere  ec.  ec. 

(1)  L' Arcfaista  fìra  Lodovico  chiade  il  suo  giornale  nei  termini*  se- 
guenti*. Explicit  el  fastidio  di  fra  Damiano  per  pagare  come  appare  di 
sopra,  et  incipit  el  fastidio  de'seculari  et  de  religiosi  per  causa  di  vedere 
questa  spallerà  :  el  citi  vuole  sapere  come  sia  fatta  il  dimanda  al  P.  fra 
Leandro  nostro  (che)  glia  speso  di  buoni  scudi  in  fare  i  disegni. 


Digitized  by 


Google 


mk  MEMORIE 

vigio.  3**  Se  in  luogo  dei  medesimi  non  stimassero  i  Padri  più 
opportuno  valersi  dell'  opera  di  alcaoi  laici  del  convento,  o  faiiì 
venire  da  altrove.  Per  siffatta  guisa  si  sarebbero  ammaestrati  in 
quesl'  arte  altri  giovani  religiosi  con  loro  profitto  e  dell'  Ordine. 
I  Padri  con  unanime  deliberazione  rispondevano:  cbe  considerate 
le  spese  gravissime  importatejdai  già  fatti  lavori,  nofrratnjMRipfr- 
totem  deformantihus  y  non  {solamente  non  se  ne  dovessero  im- 
prendere dei  nuovi,  ma  né  eziandio  proseguire  quelli  del  coro; 
e  che  con  la  Spaliera^  già  prossima  al  suo  termine,  si  volevano 
compiute  tutte  le  opere  di  fra  Damiano.  Al  secondo  quesito  ri- 
spondevano, che  tosto  decorso  il  tempo  per  il  quale  Francesco 
Zambelli  si  era  obbligato,  si  licenziasse,  né  altri  subentrasse  in 
sua  vece.  Al  terzo,  che  non  dovendosi  imprendere  più  alcun 
lavoro,  non  era  necessario  aum^itare  il  novero  dei  conversi,  ma 
che  fra  Damiano,  il  Zambelli,  e  i  due  conversi  che  in  quel 
mentre  lo  aiutavano,  soli  dovessero  ultimare  quanto  ancora 
rimaneva  a  farsi  (1). 

Per  questa  deliberazione  si  indugiò  altri  sette  anni  a  ripren- 
dere i  lavori  del  coro.  Sotto  1'  anno  1535,  si  legge  nei  libri  del 
convento,  come  a  tra  Damiano  fosse  tolto  il  locale  a  lui  conce- 
duto per  uso  della  sua  professione,  concedendogliene  in  quella 
vece  un  altro  per  lo  scopo  medesimo.  Nel  1536,  siccome  scrive 
il  conte  Tassi,  fra  Damiano  otteneva  dal  Sommo  Pontefice 
Paolo  III  un  Breve,  in  data  degli  otto  settembre,  per  il  quale  si 

(1)  Questi  due  conver»  che  aiutavano  fra  Damiano ,  dovrebbero  es- 
sere quel  frate  Bernardino ,  del  quale  altrove  si  è  parlato,  e  un  certo  fra 
Antonio  da  Lunigiana,  indubitatamente  discepolo  dell* intarsiatore  Bergamasco. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  UI.  GAP.  Xm.  365 

confeUnavano  tutte  le  indolgenze  che  Clemente  VII,  sendo  in 
Bologna 9  areva  concedute  alla  cappella  del  P.  S.  Domenico  dì 
quella  città  (1). 

Il  consiglio  preso  dai  Padri  del  convento  di  far  cessare  tutte 
le  opere  di  fra  Damiano  non  durò  lungamente;  conciossiachè  nd 
Giornale  dell' Archista  fra  Lodovico  si  rinviene  una  memoria»  la 
quale  narra  come  net  1537  fosse  dai  medesimi  ingiunto  al  nostro 
intarsiatore  di  proseguire  i  lavori  del  pulpito,  e  dar  principio  a 
quelli  della  porta  del  coro.  Cosi  queMo  che  questa  più  non, 
esistono,  e  si  ignora  che  ne  avvenisse.  Lo  sterminato  lavoro  del 
coro  non  venne  intrapreso  che  cinque  anni  dopo.  Ma  innanzi 
vogliamo  accennare  un'  opera  assai  piccola,  ma  non  meno  pre- 
gevole, eseguita  dal  nostro  artefice  alcuni  anni  prima. 

I  monaci  Benedettini  di  Perugia,  intesi  ad  abbellire  il  loro 
tempio  con  ogni  maniera  di  arti  (e  veramente  pochi  in  Italia  gli 
Tanno  innanzi  per  questo  pregio  j,  avevano  divisato  di  fare  ese- 
guire un  magnifico  coro  con  V  opera  dei  più  valenti  intagliatori 
ed  intarsiatori  di  quel  secolo.  Diceai  ne  ottenessero  da  RaCEaello 
di  Urbino  il  disegno;  e  al  certo  egli  è  tale,  che  giammai  vidi,  né 
yedrò  cosa  più  rara  di  quella;  tanta  è  l'eleganza,  la  varietà,  la 
ricchezza  del  lavoro,  che  come  meraviglia  dell'  arte  si  viene  di 
presente  illustrando  e  incidendo  per  le  sollecitudini  del  Rev"»»  Ab. 

(1)  E  verosimile  che  in  quella  occorrenza  fra  Damiano  offerisse  allo 
stesso  Pontefice  Paolo  III  Una  cappellelta  con  V  Ancona  dell'altare,  simile 
ad  urC altra  fatta  per  Enrico  li  re  di  Francia,  ambedue  eseguite  con  legni 
commesii,  e  delle  quali  ragiona  Lbawdro  Alberti.  V.  Descrizione  delV Italia, 
pag.  366.   a  tergo. 


Digitized  by 


Google 


266       ,  M  B  MO  A  I  B 

Bini,  reUgìoso  di  quello  stesso  insigne  monastero  di  S.  Pietro  (1). 
Chi  fosse  r  artefice  che  tanto  maestrevolmente  esegai  un  si  stu- 
pendo lavoro  d^  intaglio,  si  trova  ricordato  dagli  scrittori  Peru- 
gini e  dal  conte  Tassi,  col  nome  di  maestro  Stefano  da  Bergamo; 
ma  credo  che  universalmente  si  ignori  che  questo  Stefano  da 
Bergamo  fbsse  fratello  di  fra  Damiano.  U  nome,  la  patria,  r  età, 
la  professione  (  poiché  fra  Damiano  aveva  un  fratello  appellato 
Stefano  ed  intagliatore),  tutto  concorre  a  persuadercene.  Doven- 
dosi fare  una  porta  al  detto  ooro^  ornata  di  commesso^  sembra 
che  maestro  Stefano  offerisse  l'opera  del  fratello  domenicano,  e 
a  lui  venne  tosto  affidata.  Vi  fece  egli  pertanto  nelle  due  im- 
poste, due  storie  e  due  teste  di  Santi:  cioè  ndla  parte  snperioie, 
una  Vergine  Annunziata  dall'  Angelo,  e  la  figlia  dì  Faraone  che 
campa  il  pargoletto  Mosè  dalle  acque  del  Nilo;  e  ndla  inferiore, 
la  testa  di  S.  Pietro  e  quella  di  S.  Paolo,  che  sono  refdica  dì 
quelle  eseguite  nel  coro  di  S.  Domenico  di  Bologna.  Questo  la- 
voro gli  venne  fatto  assai  bene  e  con  grandissima  diligenza;  mi 
al  presente  è  molto  danneggiata  Dicesi  che  fra  Damiano  lo  ese- 
guisse nel  1535,  e  ne  avesse  120  scudi  di  mercede. 

Ma  egli  è  omai  tempo  che  prendiamo  a  favellare  dell'opera 
più  importante  di  questo  celebre  intarsiatore,  nella  quale  spese 
il  rimanente  della  sua  sua  vita,  vuo'dire  il  coro  di  S.  Domenico. 
Manderemo  innanzi  alcune  notizie  storiche,  e  quìpdi  passeremo 
a  descriverlo. 

Che  il  coro  sopraccitato  avesse  cominciamento  l'anno  1541» 
chiaro  apparisce  da  questa  cifra  che  leggesi  nel  primo  seggio, 
MXLl  (leggi  MDXLl  ).  In  un  libro  di  spese  della  chiesa  medesima, 

(1)  Dalla  Tipografia  di  Crispino  Puccinelli  in  Roma  1845. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  GAP.  XIU.  ^7 

sotto  r  anno  1544,  si  trova  la  importante  notizia,  che  maestro 
Stefano  da  Bergamo,  fratello  di  fra  Damiano,  si  dava  in  aiuto  al 
medesimo  per  i  lavori  del  coro,  per  ordine  del  P.  priore  F.  Ste- 
fano da  Bologna  (1);  e  che  questo  maestro  Stefano  avea  seco  per 
garzone  on  certo  Zampiero  da  Padova*  Ambedue  avevano  stanza 
in  convento,  erano  spesati  di  tutto,  e  avevano  di  mercede  scudi 
sei  e  mezzo  d' oro  fra  l' uno  e  l'altro.  Soggiunge  la  memoria, 
che  cominciarono  a  lavorare  nel  giorno  26  aprile  1544,  e  prose- 
gohrono  fino  a  tutto  il  S4  agosto  di  quello  stesso  anno.  Nd 
giorno  25  partirono  ambedue,  forse  invitati  altrove  per  alcun 
sollecito  lavoro,  ma  nel  24  settembre  già  erano  di  ritomo,  e  ri- 
pigliavano r  opera  del  coro.  Per  quanto  tempo  maestro  Stefano 
aiutasse  il  fratello,  non  è  ricordato.  Avvertoho  però  le  memorie 
sopraccitate,  come  nell'  ultimo  pagamento,  maestro  Stefano  in 
luogo  di  scudi  sei  e  mezzo,  come  erasi  convenuto,  ne  ^dàd  sette 
e  mezzo,  dicendo  che  innanzi  di  venbe  a  Bologna  fra  Damiano 
gli  avea  fatto  scrivere  che  tanti  ne  avrebbe  ricevuti.  Per  cessar 

(1)  Libro  delU  èpent  JaUe  per  la  chiesa  di  S.  Domenico  di  Boto- 
la, S€sn.  con  lett.  F.  G.  H.  N.  5.  (Archivio  pubi,  del  Demanio),  pag.  58^ 
«ODO  1544.  Ricordo  come  maestro  Stepliano  da  Bergamo  J rateilo  de  fra 
Damiano  se  accordato  cum  mi  fra  Stephano  da  Bologna  Priore  del  con- 
vento e  con  fra  Damiano  sop.  sto.  (iul  proposito)  de  lavorare  al  nostro 
choro  con  un  garzone  chiamato  Zampiero  da  Padua  per  salario  de  à 
(scudi)  sei  e  mezzo  doro  per  messo  et  a  rosone  de  messo  tenendoli  in 
convento  et  Jacendole  le  spese  de  ogni  cosa  pel  lor  vivere.,.,  comenzorno 
a  di  ^^  de  aprile  11544 ,  nel  qual  zorno  comenzorno  a  lavorare.  Et  cossi 
siamo  liccordali.  jimno  lavorato  infino  a  di  ^  d.  jégosto  et  si  partirono 
adi  2o  seguente;  re. 


Digitized  by 


Google 


268  MEMORIE 

le  quislioni,  gli  venne  dato  quanto  chiederà,  e  si  parti.  Qaai  la- 
vori siano  dovuti  a  questo  rarissimo  arteGce,  non  ci  è  noto;  ma 
con  tutta  ragione  possiamo  credere  che  opera  sua  siano  nella 
più  parte  gli  intagli  del  coro,  e  segnatamente  il  Lavoro  stupendo 
del  cornicione,  nel  quale  non  ben  sai  che  più  debba  ammirare,  il 
disegno  vario,  ricco  ed  elegante,  o  la  dih'gentissima  esecuzione  [ì). 
Frattanto  il  buon  laico  domenicano,  aiutato  verosimilmente  dai 
frati  Bernardino ,  Antonio  Asinelli ,  e  Antonio  da  Lunigiana, 
proseguiva  V  intrapreso  lavoro.  Nel  seggio  XIX  scrisse  r  anno 
1542;  e  finalmente  nel  cornicione  sopra  V  ultimo  seggio  del 
Iato  destro  è  a  chiare  note  scritto:  1550  Fr.  Damianus  Bergo- 
menàis  Ord.  Praedic.  fecU  (2). 

Dopo  le  quali  notizie,  ci  faremo  a  parlare  del  merito  di 
tutto  il  lavoro.  V  attuai  coro  della  chiesa  di  S.  Domenico  di  Bo- 
logna novera  nella  sua  lunghezza  28  seggi  superiori  per  parte;  ed 
altri  28  inferiori,  cioè  in  tutto  ben  112,  de'quali  però  è  istoriata 

(1)  Fra  le  altre  cose,  è  mirabile  in  questo  cornicione  T  iscriùone  la- 
tina che  yì  è  apposta  per  tutta  la  sua  lunghezza  ;  ogni  lettera  della  quale, 
di  cubitale  grandes&a,  offre  gruppi  di  angioletti  vagamente  schenanti  io- 
tomo  la  stessa,  tanti  nel  numero,  e  tanto  ben  fatti,  che  non  paò  Tedeni 
cosa  più  bella. 

(2)  Questa  iscritione  vi  fu  indubitatamente  apposta  alcuni  mesi  dopo, 
perciocché  fra  Damiano  in  quell'anno  era  già  morto.  Il  conte  Tassi  scrive 
di  aver  rinvenuto  nell*  archivio  del  conv.  di  S.  Domenico  di  Bologna  la 
seguente  notiaia  delPanno  1»(50.  Completai  cliorus  mirabilis  Ecclesia  no- 
stra opere,  ut  vulgo  dicuntf  tarsilo  ex  ligno^  opera  fratria  Damiani  con- 
versi Bergomensisy  Jilii  monasterii  nostri ,  qui  et  preshiterium  et  pulpitam 
cum  la  Spalerà  delV  Arca  simili j>per e  effinxerat. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XIII.  269 

la  sola  parte  superiore.  Nella  destra  parte  ritrasse  la  storia 
del  Nuovo  Testamento;  nella  sinistra  quella  dell'  Antico.  In  que- 
sta scAo:  la  creazione  del  mondo;  Adamo  ed  Eva  discacciati  dal 
Paradiso;  la  morte  di  Abele;  il  diluvio;  il  sacrifizio  di  Melchise- 
decco;  Abramo  in  atto  di  adorare  i  tre  Angioli;  il  sacrifizio 
d'Isacco;  la  rendita  di  Giuseppe;  il  trionfo  dello  stesso;  il  Ro- 
veto ardente;  Mosè  che  intima  a  Faraone  di  lasciar  partire  il 
popolo  ebreo  ;  il  mangiare  dell'  Agnello  pasquale  ;  il  passaggio 
del  mar  rosso  ;  la  caduta  della  manna  ;  Mosè  che  percuote  la 
pietra;  lo  stesso  orante  sul  monte;  lo  stesso  sul  Sina  nell'atto  di 
ricevere  le  tavole  della  legge;  l' Arca,  ed  il  fiorire  della  verga 
di  Aronne;  il  serpente  di  bronzo  innalzato  nel  deserto  a  salvezza 
del  popolo;  Sansone  che  atterra  il  tempio  de' Filistei;  Davide 
che  uccide  Golia;  la  disfatta  de' Filistei;  Davide  danzante  in- 
nanzi l'Arca  del  Testamento;  la  regina  Saba  innanzi  a  Salo- 
'  mone:  Giobbe;  Tobia  che  risana  il  padre  dalla  cecità;  Giuditta 
che  uccide  Oloferne;  e  da  ultimo  la  storia  dei  tre  fanciulli  nella 
fornace  di  Babilonia,  siccome  è  descritta  nel  libro  di  Daniele.  In 
tutto  sono  N**  28. 

Questo  primo  braccio  del  coro  domenicano,  nella  esecuzione 
non  pure,  ma  nel  disegno  eziandio,  è  di  molto  inferiore  ai  sette 
specchi  di  fronte,  ed  alla  parte  opposta,  perciocché  il  nudo  vi  é 
assai  debolmente  dintomato;  il  piegare  dei  panni  è  trito  e  secco; 
le  estremità  non  bene  indicate;  il  paese,  le  fabbriche,  troppo  re- 
mote dalla  perfezione  delle  altre  cose  di  fra  Damiano;  ed  io  sono  di 
avviso,  che  se  veramente  questa  parte  è  contemporanea  a  quella 
di  fronte,  del  che  dubito  forte,  fra  Damiano  solo  dirigesse  il  la- 
voro, ma  non  lo  eseguisse,  o  al  più  in  alcuna  parte  soltanto.  E  va- 


Digitized  by 


Google 


870  MEMORIE 

glia  il  vero,  ore  nei  teggi  éì  fronte  ed  in  quelli  del  lato  opposto 
yì  è  ad  ogni  tratto  e  in  luogo  assai  palese  ripetato  il  nome  di 
fra  Damiano»  e  Fanno  in  cui  esegui  il  lavoro,  in  questa  sinistra 
parte  non  vi  è  mai  ricordato.  Il  perchè  sarebbe  assai  ragio- 
nevole la  congettura,  che  questo  celebre  iirtarsialore  facesse  hA- 
tanto  la  parte  destra;  e  che  seodo  stato  nei  tempi  posteriori 
trasfmto  il  coro  dalla  nave  di  mezxo  della  chiesa  nel  raso  am- 
plissimo ove  si  trova  al  presente,  non  bastando  i  seggi  a  quda 
sterminata  lungliezza,  dovessero  fame  eseguire  quasi  altrettanti 
per  mano  di  ignoto,  e  forse  discepolo  dello  stesso  Damiano  (1). 
Certo,  ella  è  troppo  palese  la  differenza  dei  due  bracci  del  coro 
suddetto ,  nd  abbisogna  di  molto  stadio  a  ranisare  le  due  di- 
verse mani  che  eseguirono  quel  lavora 

Prendendo  a  ragionare  del  braccio  destro,  opera  indubita- 
bilmente di  fra  Damiano,  esso  oBro  le  storie  seguenti:  L'Aih 
nunziazione  della  B.  V.;  la  Visitazione  di  S.  Elisabetta;  la  Nati- 
ci) tm  mia  cgngettura  ai  convalida  per  U  segaeoti  Botìzi«.  Nei  libri 
dei  Consigli  del  conv.  di  S.  Domenico  di  Bologne  tolto  V  sano  1603  ^àì 
19  mano  $i  legge:  Fra  Giuse/fo  Pasqualini  da  Bologna  converso  fu  **- 
stilo  dal  P.  Letlore  Paolo  da  Capriata^  ec.  ec.  eolle  elemosine  che  rac- 
coglieva dai  nobili  e  ciliadìni  fece  finire  il  coro  che  non  era  ne  anche 
mezzo.  Nel  libro  medesimo  si  legge  una  deliberazione  dei  Padri  sotto  il 
giorno  5  luglio  1605,  nella  quale  si  disamina  e  si  approva  di  concedere 
ad  un  patrizio  bolognese ,  ivi  non  nominato ,  la  facoltà  di  fabbricarsi  una 
cappella  prò  trasferendo  choro;  e  nel  1621,  sotto  il  giorno  23  giugno,  si 
defibera  se  per  ultimare  la  fabbrica  del  coro  ianditt  ineoatam  et  nondum 
eoopertam ,  si  debba  prender*  a  cetiso  la  somnaa  di  scadi  50a,  il  rhr 
v«mie  ugvaknefite  approvato. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IIL  GAP.  XIII.  271 

vita  dì  G.  C;  la  Preseotazione  al  tempio;  V  Adorazione  dei  Magi; 
la  Parificazione  ddla  Vergine;  la  Strage  degli  Innocenti;  la  Di- 
sputa di  6.  C.  con  i  dottori;  il  Battesimo  di  G.  C;  lo  stesso  ten* 
tato  nel  deserto;  la  Trasfigurazione  sul  Tabor;  G.  G.  che  guarisce 
gl'infermi;  la  Moltiplicazione  dei  pani;  la  Resurrezione  di  Laz- 
zaro; l'Ingresso  trionfale  di  G.  C.  in  Gerusalemme;  lo  stesso  che 
discaccia  i  profanatori  dal  tempio;  V  ultima  Cena  di  Cristo  con 
gli  Apostoli;  G.  C  che  laya  i  piedi  ai  medesimi;  Cristo  orante 
néll'  orto  degli  Ulivi;  la  Flagellazione;  la  Coronazione  di  spine; 
la  Crocifissione;  G.  C.  che  discende  al  Limbo  dei  Padri;  la  Hi»- 
surrezione;  T  Ascensione  al  cielo,  e  la  discesa  deDo  Spìrito  Santo 
nel  Cenacola 

Noi  9  ad  oggetto  di  non  dilungarci  sorerchiamente,  non  ci 
faremo  a  noverare  tutti  i  pregi  e  le  bellezze  onde  splende  cfae- 
sta  destra  parte  del  coro  bolognese;  solo  avvertiremo  che  per 
correzirae  di  disegno,  ricca  e  variata  composizione,  dolcezza 
d' intaglio,  e  diligentissima  esecuzione,  non  cede  punto  ai  primi 
seggi  eseguiti  dal  1538  al  1590. 

In  ciò  che  spetta  aDa  architettara  di  queste  storie,  appare 
manifestamente  disegnata  da  un  valente  architetto;  e  già  si  disse 
che  di  alcune  Cmiisse  i  disegni  il  celebre  Barozio  da  Vignola.  Per 
simil  guisa  stimo  che  di  un  valente  pittore  siano  quelli  delle  figure, 
tanto  correttmente  vi  è  dintornato  il  nudo,  piegati  i  panni, 
dbposti  gruppi  delle  figore.  Mirabile  è  un  paese  eseguito  neOa 
storia  del  batteshno  di  G.  C.,nd  quale,  superate  tutte  le  diffi- 
coltà della  materia,  ti  appare  morbido,  sfumato,  diiigentissimo. 
L' ultima  Cena  di  G.  C«  con  i  discepoli  ti  rammenta  il  meravi- 
glioso Cenacolo  di  Leonardo  alle  Grazie.  A  contraffare  la  varietà 


Digitized  by 


Google 


272  MEMORIE 

e  preziosità  dei  marmi,  venati ,  macchiati  in  mille  maniere,  si 
gìoTÒ  molto  avvertitamente  delle  radiche  degli  alberi,che  offrono 
simili  scherzi  di  macchie  e  di  vene.  Ma  per  ciò  che  spetta  al  co- 
lore onde  avea  saputo  tingere  tanto  vagamente  i  snoi  piecoli 
qaadri,  invano  l'occhio  lo  cerca,  che  il  tempo  lo  ha  cancellato  dd 
tutto;  e  solo  ne  appariscono  alcune  tracce  nei  primi  sette  specchi 
da  cima;  onde  dubitai  alcun  tempo  se  in  fuori  di  quelli,  il  rima- 
nente fosse  eseguito  a  colore,  o  solamente  ombrato  a  chiaroscuro. 
Ma  le  parole  dell'  Alberti,  che  in  favellando  di  queste  tarsìe  ne 
loda  la  bellezza  e  varietà  del  colore,  debbono  persuaderci  che  il 
lungo  reflesso  del  sole  abbia  ogni  tinta  distrutta.  Avrenturosa- 
mente  la  parte  che  sola  noi  stimiamo  eseguita  da  fra  Damiano, 
trovasi  benissimo  conservata,  né  il  tempo ,  né  gli  uomini ,  né  il 
tarlo,  osarono  offèndere  tanto  perfetto  lavoro;  ma  non  cosi  av- 
venne al  braccio  sinistro,  ove  crudelissimi  sono  i  danni  che  do- 
vette patire  più  che  dal  tarlo,  dalla  mano  stessa  degli  uomioi; 
essendosi  alcuno  preso  il  barbaro  diletto  di  scalfire  gran  parie 
delle  figure,  togliervi  i  legni  commessi,  per  sostituirvi  lamina  di 
piombo,  e  ciò  a  contraffare  gli  elmi,  gli  scudi,  le  corazze,  le 
spade  dei  soldati ,  nelle  varie  storie  ivi  efiBgiate ,  che  a  ve- 
derle ti  senti  bollire  nell'animo  dolore  e  sdegno  contro  gli  autori 
di  tanta  rovina  (1). 

Ciò  è  quanto  per  noi  si  é  potuto  rinvenire  intomo  la  vita 
e  le  opere  di  questo  rarissimo  intarsiatore.  Egli  mori,  come  ne 
attesta  Leandro  Alberti,  il  giorno  30  di  agosto  dell'anno  1549, 
avendo  qmui  già  finito  U  coro  per  dirizzarlo  nella  chiesa  di  S.  Do- 

(i)  Ksìandio  opera  di  fra  Damiano  credesi  il  gran  leggìo   in  metto 
al  coro  medetimo. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  XIH.  273 

menico  (cereamente  cosa  mirabile  al  mondo)  (1).  Alle  magnìfiche 
lodi  che  a  lui  tributarono  il  Vasari  e  I*  Alberti  aggiongeremo 
qoelle  di  mons.  Sabba  da  Castiglione,  il  quale  ne'  suoi  Ricordi , 
fovellando  degli  adornamenti  di  una  casa,  così  ne  ragiona: 

a  Chi  le  adoma  di  commesso  di  mano  di  fra  Giovanni  da 
Monte  OlivetOy  o  di  fra  Raffaello  da  Brescia  (OUvetano  ancKetso), 
0  delli  Legnaghì  maestri  eccdkntissimi  in  tali  esercizi,  massi- 
mamente neUe  prospettive.  Ma  sopca  tutto,  chi  le  può  avere  le 
appara  e  le  adoma  con  le  opere  piuttosto  divine  che  umane  del 
mìo  Padre  frate  Damiano  da  Bergamo  dell'  Ordine  dei  Predica- 
tori, il  quale  non  solo  nelle  prospettive  (come  questi  altri  buoni 
maestri],  ma  nelli  paesi,  nelli  casamenti,  nelU  lontani,  e  che  è 
più,  nelle  figure  fa  con  il  legno  tutto  quello  che  a  pena  farebbe 
il  grande  Apelle  col  pennello;  anzi  a  me  pare,  che  li  odori  di 
quei  legni  siano  più  vivi,  più  accesi,  più  vaghi  di  queUi  che 
usano  li  pittori,  di  sorte  che  questi  degnissimi  lavori  si  possono 
dire  essere  una  nuova  ottura  eccellentemente  colorita  senza  co- 
lori; cosa  m(dto  ammiranda,  ancoraché  non  manco  maraviglia 
sia  che,  essendo  le  opere  di  commesso,  V  occhio  quanto  più  si 
affatica  tanto  meno  comprende  le  commìssure,  che  non  è  senza 
stupore  de' riguardanti.  Questo  buon  Padre  in  tinger  legni,  ed 
in  qual  si  voglia  colore,  e  in  contraffar  pietre  macchiate,  e  mi- 
schie, siccome  é  stato  intomo  alli  secoli  nostri  unico,  così  penso 
che  alli  futuri  sarà  senza  pari  ;  e  certo,  nostro  Signor  Dio  gli 
presti  grazia,  come  io  credo,  perchè  il  vorrei,  per  esser  le  cose 
a  buon  termine,  di  poner  l' estrema  mano  all'  opera  di  S.  Dome- 
nico di  Bdk>gna.  Io  credo,  anzi  son  certo,  t^he  si  potrà  intitolare 

(1)  Loc.  cit. 

n.  18 


.  Digitized  by 


Google 


27&  MEMORIE 

r  oCUvo  spettaeolo  del  oioiido;  e  siccome  li  Bahiloiiesi,  li  Assiri, 
li  Egizi  e  i  Greci  si  avantaBo  de' loro  tempii,  piramidi,  colossi 
e  sepolcri,  cosi  la  fiolice  Bologiui  si  potrà  gloriare  e  vantare  dd 
coro  di  S.  Domenico.  E  perchè  io  boq  rorrei  che  l' amore  e 
r  aflezione  che  io  porto  al  mio  eccelleDtissimo  Padre  mi  facesse 
riputare  asseotatore,  cosa  da  me  mcdto  aliena,  e  massimam^te 
con  gli  amici,  con  gU  quali  sempre  il  vero  si  ha  a  dire,  mi 
estenderei  più  oltre,  anccHa  che  tutto  quello  che  io  sapessi  dire 
sarebbe  assai  meno  del  merito  deUa  sua  rara  e  singolare  rirtà, 
e  deDa  onestà  della  sua  religiosa  e  santa  TÌta  (1).  »  Dopo  tanto 
splendido  encomio  noi  non  aggiungeremo  più  altro  sul  conto  di 
fra  Damiano,  e  passeremo  a  dire  di  qwi  rehgiosi  che  egli  edooò 
all'  arte  dell'  intaglio  e  dd  commesso* 

Tre  laici  domenicani,  già  altrore  ricordati,  si  legge  essere 
stati  da  lui  ammaestrati  o  perfezionati  in  qoeste  arti  ;  cioè  (hi 
Bernardino,  fra  Antonio  Asinelli,  e  fra  Antonio  da  Lunigiana.  Dei 
(Hrimi  due  mm  abbiamo  che  qud  broTe  cenno  che  si  è  fétto  <M  loro. 
Del  terzo  ci  ha  conservate  alcune  poche  notizie  fl  P.Serafino  Razzi 
Cosi  egli  ne  scrive  nel  più  volte  citato  catalogo  degli  artisti  do- 
menicani. N^  Vn.  a  Fra  Antonio  di  Lunigiana,  converso  dd  con- 
vento di  S.  Romano  di  Lucca,  e  discepolo,  come  dicono,  dd  pre- 
fato fra  Damiano,  ha  fatto  nel  suo  convento  di  Lucca  neUe  porte 
dd  coro  e  della  sagrestia,  nd  leggii  e  aV  organo  akoni  quadri 
di  tarsia  molto  lodati.  Lavorò  ancora  la  libreria  dd  convento 

(i)  Vedi  presso  il  conte  Tassi,  yUe  dei  Pittori,  Scaltorì  e  circhi- 
tetti  BergftmasHti.  F'ita  di  Fra  Damiano,  in  fine.  Può  leggersi  eziandìo 
ntlU  Storia  della  Scultura  Italiana  del  conte  Cicocwara.  Voi.  V,  Kbi  V, 
pag.  524. 


Digitized  by 


Google 


LIBHO  in.  CAF.  XIII.  875 

driia  Mftdomia  della  Qt^rcia,  poco  flsorì  di  Viterbo.  Nei  qaal 
ooDvento  della  Quercia  aUreBl  Ètà^  podii  anni  sono,  i  fiomi  della 
ma  tita,  essendo  di  eie  di  circa  ottonf  aoni  (1).  »  Dei  latori  di 
questo  Arate  Antonio  mordati  dal  Kaxzi,  non  rimangono  che  i 
seguenti.  Nel  tuo  convento  di  S.  Romanodi  Locca,  sono  di  legid 
eomnelai  le  porte  deHa  aacristia  e  qoele  che  mettono  in  chiesa, 
ma  ^  le  ime  che  le  altre  efuate  e  malccneie  in  gnisa,  da  non 
restame  cbe  potthi  e  miseri  a?anri«  h  quelle  della  sacrf- 
stia  esegid  due  storie  dela  rita  di  Sansone,  quando  cioè 
porto  aeoo  le  porto  dalln  città  di  Gaia,  e  qtMndo  sharra  e  uc- 
cide il  leene4  In  qndle  poi  d»  dalla  sacrisiia  mettono  in  cMesa, 
fece  due  storie  deHa  B.  V«;  to  qnslì,  id>benekò  ndla  eMm- 
ziotte  siano  certamente  inferiori  a  qudle  di  Ara  Damiano  da 
Bergamo,  mm  peitanto  appalesano  AMdto  merito»  Fece  altre^ 
nel  gran  Iqigto  del  coroakuni  kmiri  di  prospettita,  e  due  teste 
bellissime  di  S.  Pietro  e  di  S.  Paolo ,  eiM  sembrino  repHea 
di  quelle  dal  maestro  eseguite  nei  cori  di  S.  Domenico  di 
Bologna ,  e  di  S.  Pietro  di  Perugia.  I  Irrori  ricordati  dal  Razzi 
nell'organo  della  stessa  chiesa,  e  quelli  della  libreria  deUa 
Quercia,  più  naa  esistono;  ma  rimangono  però  alcune  sue  opere 
di  tarsia  nel  presbiterio  di  S.  Maria  del  Sasso  presso  Bibbiena, 
tociute  dal  Razzi  e  ricordato  dal  P.  Fineschi  (2);  ddle  quali^  pw 
non  essere  meglio  determinato  dallo  stesso  scrittore,  e  per  essere 
molti  anni  che  più  non  l' ho  reduto,  non  ne  posso  dhr  altro. 
L' anno  della  morto  di  questo  religioso  artefice  vuol  credersi 
fosse  intomo  il  1584,  ovvero  1585;  perciocché  il  P.  Serafino 

(1)  Istoria  degli  uomini  illustri  ec,  pag.  380  e  seg. 

(2)  Compendio  Storieo-criticOf  te.  pag.  46. 


Digitized  by 


Google 


276  MEMORIE 

Razzi  scrìreva  la  sua  Istoria  degli  nomini  iUostri  faimo  1587,  ' 
come  appare  a  carte  362  della  medesima. 

Se  ad  alcono  sembrassero  povere  troppo  e  breyi  queste  no- 
tizie degli  intagliatori  dell'  Ordine  Domenicano,  noi  loro  rispon- 
deremo ciò  che  abbiamo  altrove  dovuto  dichiarare  e  riqpoodone, 
che  le  ricerche  per  noi  fatto  non  furono  potute  estendere  oltre  quei 
confini  che  a  noi  imposero  la  nostra  condizione  presente,  k 
mal  ferma  salute,e  i  doveri  del  chiostro.  Non  ignoriamo  in  molti 
luoghi  d' Italia  essere  fioriti  artefici  valentissimi  in  questo  ed  io 
altro  ramo  deU'arte;  e  veniamo  accertati  come  nei  Veneti  do- 
mimi esistano  di  un  mta^iatore  domenicano  opere  mararigliose; 
ma  le  ripetute  preghiere  fatte  agli  amici  di  fbmird  le  opportune 
notizie,  non  sortirono  alcun  eCEstto.  Ciò  basti  a  nostra  discolpa. 
Del  rimanente,  noi  stimiamo  che  il  solo  fra  Damiano  da  Bergamo 
basti  a  mantenere  ai  Domenicani  il  primato  nelle  qpere  dell'in- 
taglio e  del  commesso  (1). 

(1)  A  cagione  di  esempio,  il  coro  di  S.  Domenico  Maggiore  di  Na- 
poli, tutto  di  radica  di  noce,  venne  eseguito  Tanno  1562  dicesi  con  moha 
eleganza  di  disegno  e  di  intaglio ,  con  1*  opera  di  fra  Giuseppe  di  Pareta 
converso  di  quello  stesso  convento ,  e  con  la  spesa  di  ducati  866.  Vedi 
Dtscritione  htorica  di  S.  Domenico  Maggiore  di  Napoli,  del  P,  Per- 
rotta. 


Digitized  by 


Google 


277 


CAPITOLO  XIV.    - 
Di  alcuni  Artefici  minori  spettanti  al  secolo  X  VI. 


Ahbie^ìùo  divisato  accogliere  in  un  solo  Capitolo  alcuni  arte- 
fici di  patria  e  di  età  diCTerenti,  per  non  aversi  di  loro  che  poche 
ed  incerte  notizie,  le  quali  quando  non  fossero  di  alcuna  utilità 
alla  storia  generale  delle  arti  italiane,  varranno  certamente  a  pro- 
vare, come  disteso  pcfr  ogni  dove  e  in  ogni  tempo  fosse  nei  chio- 
stri domenicani  V  amore  e  lo  studio  delle  arti  imitatrici. 

Pongo  per  primo  fra  Bartolommeo  Coda  da  Rimini.  Questo 
pittore  non  fu  ignoto  al  Vasari  ed  al  Lanzi,  scrivendo  il  primo 
in  sullo  scorcio  della  vita  di  Giovanni  Bellini,  che  stette  con  esso 
/tit  ancora^  sebbene  non  fece  molto  frutto^  Benedetto  Coda  da  Fer- 
raray  che  abitò  in  Arimini  dove  fece  molte  pitture^  lasciando  dopo 
se  Bartolommeo  suo  figliuolo  che  fece  il  medesimo.  U  Lanzi  che  ne 
favella  nell'epoca  prima  della  scuola  Bolognese,  corregge  l'espres- 
sione del  Vasari,  che  Benedetto  sotto  il  Bellini  non  facesse  molto 
fruitOj  citando  di  lui  una  tavola  nel  duomo  di  Arimini  rappre- 
sentante uno  Sposalizio  della  Vergine,  che  a  luì  parve  assai  ra- 
gionevole; e  quella  d^  Rosario  presso  i  Domenicani  della  stessa 
città,  che  trovò  di  miglior  gusto  benché  non  ancora  moderno. 
Non  così,  ei  soggiungc,può  dirsi  del  Aglio  Bartolommeo,  del  quale 


Digitized  by 


Google 


278  MEMORIE 

vidi  un  quadro  a  5.  Rocco  di  Paoro,  dipinto  nel  1528  con  ionio 
buon  metodo  f  che  ^uasi  in  tutto  sente  dtV  aureo  stcoìo:  vi  è  espreseo 
il  titolar  della  chiesa  con  S.  Sebastiano  ùUomo  ai  trono  di  No- 
stra Donna;  e  vi  sono  aggiunti  angiolim  molto  graziosi  (1).  Ninno 
però  dei  due  scrittori  ci  fa  avvertiti  della  profisssioiie  religiosa  di 
questo  Bartolommeo  Coda.  È  molto  yerisiniile  che  Benedetto  Coda 
ammaestrasse  ei  stesso  il  figlio  nei  principii  dell'  Arte;  e  il  Ricci 
congettura  che  dopo  i  primi  rudimenti,  a  meglio  perfezionario, 
lo  inviasse  alla  scuola  del  Ramenghi  in  Bologna;  il  primo  che 
vi  prqMigasse  it  nuovo  stile»  Forse  a  qudla  9cuob  studiò 
eiiandìo  un  M.  Francesco  di  M*  Sebastiano,  nywte  di  fra  Barto- 
lommeo, che  poi  lo  rio  tolse  a  compagno  in  alcuni  $om 
dipinti;  non  altrimenti  che  il  Porta  avea  fatto  con  l'Al- 
bertinelli.  Nel  1562  li  troyiamo  ambedue  a  dipiugere  in  San* 
Severino,  città  della  Marca  di  Ancona.  Una  importante  notìiia 
ha  testé  pubblicato  il  citato  cav.  Ricci  intorno  questi  pittori,  tratta 
dal  pubblico  archivio  di  quella  città;  ed  è  uno  strumento  con  la 
data  del  4  novembre  di  quello  stesso  anno,  col  quale  frale  Ba^ 

(1)  Loc.  eh.  —  Gio.  Ahdrii  Làzzknm,  Catalogo  delle  pitture  di  Pe- 
saro, —  Pesaro  1783,  pag.  14.  S,  Rocco  Confraternita,  <c  L'  aitar  mag- 
giore ha  un  nobilissimo  quadro  in  tavola.  Nel  piedistallo  ove  sta  sedente 
la  Vergine  SS.  in  mezzo  ai  santi  Sebastiano  e  Rocco,  leggesi  come  in  una 
specie  di  bullettino,  Bartholomeus  ....  nsis  1528.  Sarà  questo  il  nome 
del  pittore.  » 

Scrìve  il  eh.  cav.  Amico  Ricci,  che  questa  tavola  di  S.  Rocco  in 
Pesaro  fu  venduta ,  e  ne  venne  sostituita  uà'  altr|  con  una  Annumiata  di 
Carlo  Paulqcci.  Stài  Memorie  degli  artisti  della  Marca  di  Ancona ,  voi.  % 
cap.  XV,  nota  45. 


L 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  XIV.  279 

(okmimeo  «  M.  Francesco  si  obbligano  ad  Antonio  Giacomo  Sara- 
ceni dj  pitturare  una  tavola  per J' altare  della  cappella  dei  Sa- 
racoii  nella  chiesa  di  S.  Domenico  di  Mercato,  giusta  lo  sguizzo 
(boizeti^)  disegnato  di  mano  A  fra  Binlolommeo,  per  il  qual  la- 
voro la  lamica  Saraceni  si  obbliga  dare  ai  dipintori  tavola,  te- 
la, ec,  e  fiorini  oltanto  di  moneta  della  Marca,  a  ragione  di 
XL  bohr  (fiorse  bolognini)  (1).  Qnest'  atto  venne  rogato  dal  no- 
taro  Giov.  Lorenzo  Noè  nella  odia  dd  ÌMore  di  S.  Domenico. 
L' argomento  cbe  si  volea  eseguito  dai  pittori,  ^a  una  Pietà.  Di 
questo  dipinto,  che  tuttavia  rimane,  per  non  averlo  veduto,  fa- 
velleremo con  le  parole  stesse  del  ch"'^'  sig.  Giuseppe  Ranaldi , 
il  quale  por  somma  gentilezza  ce  ne  favori  un*  accurata  descri- 
zione. 

«  Questa  tavola  è  nella  sua  attezza  palmi  5  e  oncie  4  di  mi- 
sura romana;  e  larga  palmi  2  e  oneie  10.  La  Nostra  Donna  stassi 
seduta  sopra  sede  che  forma  imbasamento,  da  cui  soi^e  il  po- 
stergale semicircolare.  Sostenta  essa  il  morto  figlio,  che  il  pittore 
lo  volle  rappresentato  sedente  sul  grembo  di  Lei,  reggendolo  essa 
addoloratissima  pel  capo  colla  destra,  e  colla  sinistra  per  un 
braccio,  mentre  l'altro  cade  giù  per  la  persona  quasi  disteso.  La 
Vergine  accompagna  in  tutto  l'assieme  la  circostanza  dolentis- 
sima, e  sa  ^lOStrare  il  lungo  sostenuto  dolore  che  tuttavia  la  tra- 
figge. Le  chiome  bionde  calano  giù  dìsciolte  aggraziatamen-  . 
te ,  accrescendo  cosi  la  mestizia  del  volto  di  Lei.  Ha  una  vesto 
quasi,  più  che  bianca,  azzurrignola.  Il  manto,  che  la  testa  ed  il 
grembo  le  ricopre,  è  di  un  colore  bigio  eseguito  con  magistero  di 
pieghe.  Ma  dalla  parte  della  sp(^lia  del  divino  Figliuolo  non  pò- 

(1)  Ricci,  loc.  cit,  p«g.  99  e  100.  Nota  44. 


Digitized  by 


Google 


280  MEMORIE 

(rà  ragionevole  parere  il  vederlo  che  segga  quasi  p^  suo  TÌgore: 
ammeno  che  T  artista  con  quella  postura  non  abbia  guardato  la 
sacra  spoglia^di  Dio  fatto  uomo  che  pienamente  vinse  la  morte, 
li  corpo  di  Lui  non  é  rigato  di  sangue,  se  non  che  alcune  stille 
vengono  dalla  corona  di  spine,  e  un  rivolo  ne  deriva  ddla  fiorita 
del  costato.  È  osservabile  in  questa  tavola*  come  il  Coda  cono- 
scesse le  ombre  e  i  riflessi  luminosi,  e  la  maniera  di  trattare  le 
incarnagioni ,  non  seccamente,  ed  in  singoiar  modo  mi  voUo  della 
Vergine  (1).  d  Questa  tav(da  parve  tanto  bella  al  cav.  Rìcci,  che 
stimò  meritasse  quegli  stessi  encomii  che  il  Lanzi  prodigò  alla 
tavola  pesarese. 

Compiuto  questo  dipinto,  e  soddisfatti  i  due  artisti  dalla  fa- 
miglia Saraceni  degli  ottanta  fiorini  pattuiti,  ne  fecero  ai  mede- 
simi ricevuta,  con  atto  dello  stesso  notaroGio.  Lorenzo  Noè,  nel 
giorno  i°  luglio  1563;  che  è  a  dire  dopo  circa  sette  mesi  (2).  Sog- 

(1)  Questa  tavola  non  è  più  nella  chiesa  «  ma  al  presente  vedesi    nel 

convento. 

(2)  Ricci  ,  loco  cìt.  11  ricordato  signor  Giuseppe  Ranaldi  neU* archì- 
vio dei  PP.  Domenicani  di  S.  Maria  di  Mercato,  rinvenne  la  seguente  no- 
tìzia relativa  alla  tavola  suddetta  :  Catasto  universale,  o  Campione  1710. 
jinn.  1862,  Giacomo  Saraceni  e  Ciuccione  della  Cialfa  Jecero  accordo 
conjr.  Bartolommeo  e  maestro  Francesco  Pittori  di  Riminif  acciò  dipin- 
gessero il  quadro  in  tavola  del  loro  aliare  con  la  spesa  di  fiorini  80 , 
quali  pittori  Jecero  il  saldo  e  quietanza  a  suddetto  Saraceni  il  1  luglio 
1563.  Ranaldi,  Memorie  Storiche  di  S.  M.  del  Glorioso  ^  pag.  51. 
Avverte  lo  stesso  corno  il.  pittore  M.  Francesco  di  M.  Sebastiano  da 
Riinini  si  trova  in  Sanscverìno  fino  ali*  anno  1576,  e  ciò  rilevasi  dal- 
l' archivio  pubblico  ,  nel  quale  e  un  atto  del  notaro  Lorenzo  Noè  delli  30 
aprile  1Ò76,  nel  quolc  e   tcsliraonio  lo  slcsso  pìllorc. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  m.  GAP.  XIV.  281 

giunge  lo  stesso  cav.  Ricci,  come  dalle  memorie  che  sì  conser- 
vano tuttavia  nell'  arclùvio  dei  PP.  Domenicani  io  Sanseverino, 
oltre  il  potersi  credere  che  que$H  piitori  aj^farteneesero  àUa  re- 
gola dei  Padri  Predicatori ^  si  ravvisa  ancora  che  per  lungo 
tratto  ebbero  stanza  in  questa  città ,  e  altresì  la  loro  vita  prdun- 
gata  (Aite  quella  gli  concedettero  vari  biografi  *  (1).  Farò  non 
pertanto  avvertire,  come  il  nipote  di  frate  Bariolommeo  Coda  tro* 
vandosi  nei  pubblici  documenti  appellato  sempre  col  titolo  di 
Maestro  Francesco  di  Maestro  Sebastiano,  non  può  ragionevoir 
aiente  credersi  appartaiere  ad  un  Ordine  religioso. 

Per  alcun  tempo  fununo  lusingati  di  rinvenire  più:  certe  e 
più  copiose  notizie  di  questo  valente  pittore  ndla  vita  scrit- 
tane dal  Barufialdi,  che  inedita  rimane  tuttavia  con  le  altre  degli 
artefici  ferraresi  nella  riccabiblioteca  Ercolani  di  Bologna;  ma 
fattane  per  mezzo  d' un  amico  ricrea,  non  si  trovò  rispondere 
alla  nostra  espettazione. 

Un  secondo  pittore  domenicano  ci  è  ricordato  dal  P.  Se- 
rafino Razzi,  che  potè  conoscerlo  di  persona.  È  questi  frate 
Onorio  Peruzzi,  figlio  di  quel  Baldassarre  Peruzzi  sanese,  eccel- 
lentissimo architetto,  e  grande  e  ricco  edelegante  pittore  di 
Grottesche,  non  che  buon  frescante  e  pittore  di  storie  eccellente. 
Non  ultimo  dei  molti  figli  di  Baldassarre  Peruzzi  fu  il  nostro 
Onorio,  del  quale  non  si  potrebbe  additare  la  patria,  per  essersi 
il  padre  incessantemente  tramutato  da  un  luogo  ad  un  altro,  fin 
che  chiuse  i  suoi  giorni  in  Roma  l'anno  1536,  nella  ancora  verde 
età  di  anni  55.  Sopra  la  lapida  che  ne  chiude  le  ceneri  al  Paur 
teon  presso  il  sepolcro  di  Raffaello  da  Urbino,  sono  ricordati  i 

(1)  Ricci,  loco  cit. 


Digitized  by 


Google 


282  MEMORIE 

figli  mioori  a  Baldawarre,  e  fra  qufi^  è  il  nostro  Onorio.  Ap- 
prese egU  dal  genitore  il  disegno»  ma  non  dovette  essere  a  lunga 
tempo;  e  verosimilmente  vokndo  seguitare  le  tracce  del  padre,  si 
aoeoncìòa  imparar  l'arte  con  alcuno  dei  molti  discepdi  di  Baf- 
foello.  Nel  1556  vesti  l'abito  domenicano  in  Roma,  nel  oonvo^ 
di  6.  Maria  sopra  Minerva,  e  Corse  negli  anni  80  dell'  éià  sua , 
spiando  poteva  aver  compiuti  i  suoi  studi  artistici.  In  luogo  di 
seguitare  gii  esempi  di  fra  Giovanni  Angelico,  di  fra  Bartoiom- 
meo  della  Porta,  e  de^  altri  suoi  religiosi  fratelli,  che  con  lode 
bellissima  coltivarono  la  pittura,  egli  fermò  nell' animo  di  non 
più  toccare  i  pennelli;  pur  nondimaneo,  sendo  inviato  nel  con- 
vento di  S.  Bomano  di  Lucca,  e  piegato  dal  superiore  a  dipin- 
gere gli  sportelli  dell'ottano  per  quella  chiesa,  non  seppe  rifia- 
tarsi aU'  invito.  Ti  fece  pertmìto  di  chiaro§eHro  una  beOMma 
froipeitwuy  e  vi  dipinse  poi  certi  putHni  ehe  accordano  una  mu- 
sica per  cantare^  tanto  ben  disposti,  tanto  ben  fatti,  ehe  pm  m 
qmì  genere  sembra  non  potersi  desiderare,  per  le  meravigliose  e 
vere  attitudini  di  quelU  ignudini  intentissimi  ad  accordare  dHta 
musica  (1).  Fu  con  tale  occasione  pregato  a  riprendere  l' arte 

(1)  Istoria  degli  uomini  illustri  rc.^pag.  254,  N.  XIII.  Questi  tpor- 
telli  più  non  esistono. — Lo  stesso  Scrittore  ricorda  al  N.  XI  un  frate  Repnaldo, 
nativo  di  Perugia  di  padre  alemanno ,  il  quale  faceva  maravigliosi  progressi 
nella  pittura.  Ma  quando  di  lui  si  aveva  una  vivissima  espettasione,  colto 
dalla  pestilenza  che  V  anno  1510  afflisse  quella  città,  morì  nella  sua  verde 
età  di  anni  24.  — Le  Cronache  di  S.  M.  Novella  lodano  in  questo  secolo  due 
dipintori  di  quel  convento,  un  Frate  Mattia  fiorentino,  morto  nel  1527, 
ed  un  fra  Salvatore  da  Arezzo  nel  1535:  di  costoro  più  nulla  rimane. 
Vedi  BofiGHiGiAHi^  Cronaca  Annalistica^  voi.  Ili,  pag    255  e  285. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  111.  GAP.  XIV.  288 

dismessa  e  ricercato  di  più  opere,  ma  cigli  non  Yotte  riiovoversi 
dal  sao  propanimento  di  non  più  dipiogere.  Mori  ki  Roma  non 
dopo  molti  amii  assai  doTotameate. 

Al  eh.  pioflass.  sig.  Camillo  RamelU  di  Fabriano  siamo  de- 
bitori della  scoperta  di  altro  pittore  domemcano.  Iq  questi  ter- 
mini egli  ne  scrifeva  al  più  volte  citato  bibliotecario  di  S.  Se- 
yerìnoy  Giqseppe  Ranaldi,  dal  quale  tenghiamo  questa  notizia. 

«  Nella  chiesa  parrocchiale  del  comune  di  CanoeUi,  appo- 
diato  di  Fabriano,  osservasi  un  dipinto  in  tavola  nell'  altare  a 
sinistra  presso  il  maggiore. 

Sta  nel  mezzo,  ed  a  metà  circa  deU'altezza,  la  Vergine  SS»* 
vestita  con  abito  sparso  di  fiori  dorati,  e  sedata  con  sulle  ginoc- 
chia il  Bambino  inghirlandato  da  fiori  ;  stanno  al  di  separa  che- 
rubiniy  e  due  angioli,  i  quali  pongono  sulla  Vergine  altra  corona 
di  fiori.  A  sinistra  de'  riguardanti  è  S.  Paolo,  più  a  basso  S.  Do- 
menico, che  ha  nei  piedi  un  libro  aperto,  suQe  di  cui  pagine  è 
scritto;  Opus  fae  Eva$igeU$UB:  ministerium  impk;  sohrm  e$io; 
qui  auiem  fecerit  et  docueritsic  homnes,  ec.  Più  basso  ancora, 
ma  dalla  stessa  parte,  è  S.  Gismondo,  alli  di  cui  piedi  è  un  libro 
aperto,  il  quale  ne  pare  aggiunto  posteriormente  da  altra  mano, 
siccome  diversi  sono  i  caratteri,  che  dicono  da  un  lato  —  Sancto 
Gismundo  A.D.  CICIDCIU  (sic)  ;e  dall'altro, ilev.I>omtn.5^i«ffttin- 
dus  Orlandus  de  Fabriano  doiavit  hanc  cappellam  juris  patrona- 
tus  0tiu8  stue  domus^  et  familÙB^  et  omnium  defcendentium  ex 
9uis  germanis  fratribus.  Nella  destra  parte  poi  del  dipinto  sono 
S.  Caterina  martire, più  a  basso  S.  Caterina  da  Siena;  nel  mezzo, 
sotto  la  Vergine,  un  capriccioso  ornato  di  tre  archi,  da  dne  dei 
quali  spunta  la  rosa  con  sotto  scritto  —  Sahe  Verbi  $mcra  Po- 


Digitized  by 


Google 


284  MEMORIE 

rens,  Salve  rosa  spina  carens;  e  più  sotto  ancora  un'  arme  dì  fa- 
miglia,  che  presenta  nn  braccio  con  spada  impugnata,  la^qaale 
tocca  la  stella  di  mezzo  fra  le  tre  soprastanti.  Belle  ne  sembrano 
le  teste,  specialmente  dei  SS.  Domenico  e  Gismundo,  ma  li 
15  quadretti  posti  attorno  come  a  cornice  del  qaadro,  e  rappre- 
sentanti li  15  misteri  del  rosario,  li  direi  di  altra  mano,  e  forse 
di  quella  del  libro  aggiunto,  come  sopra  coli'  anno  1603.  Frat- 
tanto ai  piedi  della  Vergine,  e  quindi  quasi  in  mezzo  della  ta- 
Tola,  si  legge  in  altro  cartello: 

FRAT.  FaBIAN.  UftBIIfAS 

Ord.  Prabdicator. 

PIN6BBAT  1533.  o 

Questo  pittore  è  stato  fino  al  presente  ignoto  nella  storia 
dell'Ordine  come  in  quella  dell'Arte.  Stimo  però  assai  yerosì- 
mile,  considerata  la  patria  e  l' età,  possa  essere  alIicTO  nella  pit- 
tura di  quel  fra  Carnevale  da  Urbino,  del  quale  abbiamo  scritta 
la  vita  nel  secondo  libro  del  primo  volume  di  queste  M^norìe  (tj. 

(1)  In  un  manoscritto  del  P.  Isidoro  Ugurgierì,  poissedoto  dal  signor 
Onorato  Porri  tipografo  in  Siena,  nel  quale  si  ricordano  alcuni  domenicani 
illustri  per  sapere  o  per  dignità,  o  per  altre  cagioni,  si  noverano  e&ìandio 
i  seguenti  artefici. 

Pag.  31.  «  1.  Fra  Sebastiano  Caccini,  che  vive  quest*  anno  1637, 
dipinge  con  buona  maniera,  e  si  pedono  di  suo  molte  pitture  assai  stiioate. 

2.  Fra  Serafino  da  Lucca  ,  converso ,  figlio  di  questo  convento  {dì 
S»  Domenico),  fu  pittore  e  scultore  egregio ,  il  quale  particolarmenle  faceta 
certe  imagini  di  terra  stimatissime.  Morì  Panno  159tf  li  4  agcisto. 

3.  Fr.  Alberto  Transerighi,  maestro  di  Teologia,  fu  pittore  e  scaltore 
gratiosiasimo,  ed  in  miniare  1*  imagini  di  cera  o  di  carta  non  ebbe  pari.  » 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  GAP.  XIV.  265 

Un  confronto  fra  lo  stile  dell'ano  e  quello  dell'altro  potrebbe  ri- 
solvere facilmente  questa  nostra  congettura.  Se  poi  fosse  alcuno 
il  quale  stimasse  cbe  questi  due  ultimi  dipintori  non  dovessero 
ayer  luogo  in  un'opera  dove  si  scrive  dei  più  intigni  artefici^  ri- , 
spenderò^  cbe  eziandio  i  valenti  pittori  non  rifiutano  nei  grandi 
dipinti y  dopo  avere  ben  lumeggiati  gli  oggetti  principali,  accen- 
nare in  più  tenue  luc§  e  in  più  remota  parte  i  minori,  con  l'opera 
dei  quali  meglio  trionfano  i  primi,  e  il  dipinto  forma  un  tutto 
armonizzato  da  diverse  parti  e  da  svariate  sbellezze.  Per  simil 
guisa,  noi  collocammo  nel  primo  e  più  degno  loco  Era  Bartolom- 
meo  della  Porta^  siccome  quegli  cbe  per  il  merito  suo  grandis- 
simo a  tutti  va  innanzi  nel  magistero  dell'  arie  ;  e  intomo  a  lui, 
quasi  pianeti  minori,  cbe  si  fanno  belli  della  altrui  luce ,  dispo- 
nemmo i  secondi  e  men  cbiari  artefici. 


wmm^ 


Digitized  by 


Google 


u. 


286  MEMORIE 

CAPITOLO   XV. 

Di  Suor  PlautìUa  NM  fùiriee  Ifommieama^  e  éà  aUre  MOigim 
dello  sUéioIUitulo,  ehó  coUkmnmo  la  finora,  ìavrinMwf% 
la  flatHoaf  in  Firenmt  im  Prai^  €  m  Lucca. 

Le  doDDe  loa  venule  io  eccellcma 
Di  citicm'Mle  ov'kMiM  poeto  con. 
iUioCTO,  OrUtmdù  Fur.  C  XX. 


]Nel  secondo  decennio  éA  secolo  XVI,  neUa  ooKa  BcriogM , 
una  giovine  leggiadrissima,  tolto  lo  scalpello  e  le  sabbie,  con  forza 
maggiore  dell'età  e  del  sesso,  tentava  l'arduo  aringo  di  Prassitele 
e  di  Fidia;  ed  in  quel  secoìo  dei  grandi  scultori,  giungeva  in  parte 
ad  emulare  le  grazie  del  Lombardi  e  l' evidenza  del  Buonarroti 
Questa  giovine  era  la  celebre  Properzia  de'  Rossi.  Un  ìnCdice 
amore  le  fu  scorta  nell'  arte,  e  poi  la  trasse  al  sepolcro;  in  dò 
ritraendo  da  quella  Saffo  di  Lesbo,  chiara  per  il  favore  ddk 
muse.  Ma  come  a  quella  il  canto  soavissimo,  cosi  a  Properzia  la 
lode  dello  scolpire  non  bastarono  a  rendere  la  fortuna  amica  e 
la  vita  diletta,  così  che  in  su  l' aprile  degli  anni,  l'una  e  l' altra 
lacrimate  discesero  nel  sepolcro.  Pochi  anni  innanzi  che  la 
De  Rossi  cessasse  dallo  scolpire  e  dal  vivere,  si  veniva  educando 
in  Firenze  una  giovine  nobilissima,  la  quale  nella  pittura  dovea 
raggiungere  quella  eccellenza  che  la  bolognese  ottenuta  aveya 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XV.  287 

nel  magistero  dei  marnri;  ma  di  lei  più  avventarosa,  ohe 
aTeodo  locato  i  suoi  aftiti  non  iti  bdlezza  caduca  e  terMia^ma 
celeste  ed  immortale,  consegid  n  bramato  fine  con  gk»ia  e  feli- 
cità troppo  maggiore,  btendo  fereBare  di  Suor  Piantina  Ndli 
pittrice  domenicaM. 

Da  Piero  di  Luca  Nelli  patririo  fioreirtiiio,  F  anno  1688 
nacque  suor  Plautina,  n  nome  <fena  gedtrice  non  fti  a  noi  tra- 
mandato. Bbbe  costei  una  soreUa,  che  la  seguitò  nel  chiostro  col 
nome  di  suor  Petronina,  fl  quando  si  ignora,  ma  rerosimilmente 
tra  fll588eU  15W>.  Nd  principi  di  questo  secolo  ayea  avuto  9suo 
compimento  in  Firence,  per  la  pietà  deHa  nobU  donna  CammiUa 
Rucellai,  rossenrantissimo  monastero  di  S.  Caterina  in  via  Lar- 
ga,  nel  qnak  la  institntrice  ,per  le  persuasioni  di  fra  Gerolamo 
Savonarola ,  aveva  introdotta  F  arte  del  dipingere  e  dd  miniare. 
Schive  dei  vani  e  caduclu  dUetU,  e  solo  anelanti  alle  pure  e 
sante  gioie  del  cidoi  queste  due  sorelle  si  chiusero  hi  quel  sa- 
cro recinto.  Dotate  di  fdice  ingegno,  e  nobUmente  educate,  si  die- 
dero a  coltivare  queUe  arti,  che  meglio  al  luogo  ed  al  sesso  si  ad- 
dicevano. La  PeironiUa,  non  affatto  digiuna  deUe  buone  lettere, 
scrisse  una  vita  del  Savonarola,che  avea  promossa  lafondazione  di 
quel  monastero;  vita  clie  tuttavia  rimane  manoscritta,  e  clie  servi 
al  P.  Serafino  Razzi  per  dettame  una  consìmile  (1).  La  PlautiUa 

(1)  Il  manoserìtto  di  Suor  Petronilla  si  conserva  presso  il  di.  sìg.  Pietro 
Bigani  in  Firense,  che  gentilmente  mi  permise  esaminarlo.  Sembra  che  in 
luogo  di  una  vita  originale  sia  in  parte  copia  della  vita  del  Savonarola 
scritta  dal  Borlàmacchi  e  pubblicata  in  Lucca  nel  1764.  La  Petroxnlla  vi 
aggiunse  i  racconti  e  le  tradiaioni  che  intomo  il  Savonarola  si  erano  con- 
tinuati fino  a  suoi  tempi.  E  invero  nella  citata  edi^one  del  Burlamacchi  vi 


Digitized  by 


Google 


288  MEMORIE 

cominciando  a  poco  a  poco  a  duegnare,  e  ad  imitare  coi  colori 
qaadri  e  pittare  di  maestri  ecceUenti^oon  tanta  diligenza  oondiuse 
alcmii  lavori  da  fame  maravigliare  gli  artefici.  Il  Razzi,  che  la 
conobbe,  scrive  che  non  fa  allieva  che  di  se  stessa  (1).  D  Vasari, 
che  dettava  le  vite  degli  artefici  italiani  vivente  lei,  e  che  la  ri- 
corda nella  seconda  edizione,  ne  loda  la  bontà  del  disegno  e  la 
pone  a  riscontro  della  Properzia  de'  Rossi.  Ma  non  è  mancaio, 
egli  dice,  ancorché  ella  disegnane  molto  bene,  chi  abbia  pareggiato 
Properzia  non  solamente  nel  disegno^  ma  fatto  così  bene  in  pit- 
tura^  come  ella  di  scultura.  Di  queste  laprisna  è  suor  Plau- 
tuia  ec.ù  (2).  Per  le  qaali  parole  del  biografo  aretino  panni  po- 

sooo  a^gnmte  dì  di^e  o  tre  scrìtiorì  postfrìorì,  alcmii  dei  qaiU  non  ucqaero 
il  proprio  nome,  e  di  altri  ti  de^ce  dal  radersi  narrati  alcum  fatti  av  fenati 
dopo  la  morte  del  Barlamaccbi.  Nel  fine  del  MS.  della  Nelli  si  legge  :  Fi- 
nisce el  libro  della  vita  del  beato  leronimo  e  iua  compagni  scritto  per 
me  peccatrice  suor  Petronilla  Nelli  ,  priegoyi  lettori  devoti  orate  per  wu  — 
Sotto  si  legge:  Questo  libro  è  del  monastero  di  S,  Caterina  da  Siena  di 
Firenze^  e  possiedelo  suor  Plautilla  Nelli  monaeha  del  detto  Monastero, 
sorella  della  sopraddetta  suora  Petronilla  ^  et  dipintora^  et  prega  tutte 
quelle  persone  a  chi  verrà  alle  mani  glielo  rendino  perchè  lo  tiene  molto 
caro  per  la  pretiosità  del  libro  et  per  memoria  della  sua  sorella,  la 
quale  è  passata  a  miglior  vita —  In  ultimo  si  legge:  Siano  queste  sorelle 
ambedue  in  gloria,  suor  Plautilla  pittrice  e  prelata,  e  Petronilla  che 
scrisse  la  Storia.  F.  S.^  R.  (Fra  Serafino  Haui)  Ord,  PradicaL  da  que* 
sta  vita  ne  scrisse  una  sua  abbreviata  e  più  corretta  ltf90.  In  carattere  dd 
Razzi  a  me  ben  noto.  Il  can.  Moreni  ricorda  il  MS.  della  Petronilla  nella 
sua  Bibliografia  S lorica- Rcigionaia  della   Toscana,  voi.  II,  pag.  231. 

(1)  Istoria  degù  Uomini  Illustri  domenicani,  pag.  355  e  356. 

(2)  Vita  di  Propersia  de'  Rossi,  in  fine. 


Digitized  by 


Google 


L1B»0  III.  CAP.  XV.  289 

tersi  dubitare  (MI'  asseriioue  del  Razzi  ;  perciocché  non  è  dato 
senza  r  indirìzaameDto  di  od'  pmcAlore  acquistare  btioiio  e  cor* 
retto  diwgno.  Aieà  fHto  Imiga  dimora  nel  vicino  conrento  di 
S.  Marco  quel  fra  Paolino  Oa.  Pistoia,  che  erede  deU'arte  e  dei 
disegni  del  PcNrla^lasoiò  tanti  quadri  iu  Firenze  ed  in  patria,  come 
si  disfio^  £g^  per  alcun  tempo  arra  diretto  questa  suora^e  for- 
nitala.de' suoi  disegnie  di  quelli  di  Ara  Bartolommee»  lasciando- 
gliene,  come  smre.  il  Vasari ,  il  riinanenle  aU'qpoea  dèUa  sua 
morte,  avvenuta  Tanno  ISUT^  Più  di.una  fiata  mi  è  occorso  rav- 
visare una  qualche  soitfglian2a  fra  la  Nelli  e  il  Signoracci,  cosi 
nel  dintomaire  come  nel  cohrii^^  sebbene  fl  pistoiese  vinca 
d' assai  la  fiorentina  pittrice. 

Un  grandissimo  impedimento  si  frq>poneva  non  pertanto 
agli  avanzamenti  neWarlodi  questa:  suora^  edera  la  severa  legge 
della  ckmsmra  monastica;  pereioodrò  non  potendo  studiare  il  ve- 
ro ,  né  conridarase  fltruomini  OMlla  società,  quando  agitati  da 
gagjiiarde  passioni,  alfiaggiano  e  compongono  il  volto  e  la  per- 
sona secondo  le  divBr^ .impressioni  d'ira,  di  amore,  di  odio, 
di  vendetta  ee.,  non  avea  modo  di  ritrarli  ne' suoi  quaAri  con 
quella  eviden!:a  del  .veiro/  che  et  pregio  principaliasimo  dì  qualsi- 
voglia dipinto;  Chiusa  in  luogo,  a  tutti  inaccessibile,  circondata 
da  volti  su'  quali. non  .teggetasi^  che  la  serenità:  e  la  calma,  e 
ai  quali  la .  somiglianza  deljie  vesti,  .la. medesimezza  delle  con- 
suetudini della  Tìta,  dava:una  tinta  unifonne  e  poca  sentita, 
trova  vasi  abbarrata  ogni  via  a  qudla  espressione  dei  grandi  affetti, 
nei  quali  trionfa  la  fantasia  re  la  mano  del  dipintore.  Arroge  che  le 
stesse  diffiooltà^efor^  maggiori^  rinveniva  nel  disegno  e  nel  co- 
lore, sendochè,  se  non  le  etk  conceduto  studiare,  non  dirò  già 
n.  19' 


Digitized  by 


Google 


290  MEMORIE 

il  ondo,  ma  nò  estandio  le  antiche  slaltie  eidipintidei  più  oele- 
braii  artefici;  non  avea  Qgnahnente  il  modo  di  oontempiaTe  net- 
l'aperta  campagna  i  mollitemi  retosi  detta  hice,  ecoiM  questa 
mite  e  soare  si  mariti  agii  xiggetti  sol  feraree  sol  tramontare  del 
soie;  come  per  forti  e  crudi  ornine  e  sbattimenti  ne  ingraadisca 
le  masse  nell'orror  della  notte,  quando  la  Inna  squarciando  il  seno 
alle  nubì^ripercuote  la  pallida  e  nibsla  sua  luce  snlTanif  erao^Nè  fi- 
nalmente poteva  far  tesoro  di  qtelle  moltissime  cogninoni  rohile 
dall'  arte,  che  solo  con  la  lettura  de'Ubri,  con  i  lunghi  viaggi,  e 
Tosar  di  continuo  con  i  cultori  delle  nwdesime  ponno  acqui- 
starsi. Da  tutto  ciò  lieve  coQdiittder8ì,'Ohe  a  suor  Hautilia  non 
rimanesse  altra  via,  che  addestrarsi  a  quelle  CmjIì  e  sempiici 
compesisiani  le  quali  «on  addiitwMiano  molta perida  nell'arie, 
come  saere FamigUe^mezze  figure  di  saDli,r8ndti,eo«NeD  pertanto 
questa  monaca  moUocpraggioBanKOtei  per  non  dive  aodacemente, 
si  cimentò  a  quelle  grandi  e  oopiose  oomposiaKini^  die  Togliono 
studio,  ingegno  ed  arte  grandissima*  Quindi  presso  che  tutti  i 
suoi  dipinti  sono  in  vasta  superficie,  e  popolati  dt  assai  figure. 
Nel  refettorio  di  &  Maria  Novdla  ò  una  gran  tela  colorita  già  da 
suor  Plantilla  per  il  ano  reOittorìo  4i  &  Caterina  in  via  Larga, 
nella  quale  fece  Gesù  Cristo  con  gH  ApoMoU  seduti  a  mensa  nd- 
r  ultiaia  cena,  tutte  figure  grand!  al  varò.  Ragionevole  è  la  di- 
sposizione deUe  figure;  il  fere  è  largo  e  grandioso  suHo  stile  dd 
Porta,  ma  vi  ò  insiememenle  una  durezza  nei  contcotii  che  non 
è  né  del  Porta  né  del  Siguoracci.  La  tinta  delle  incamagfoni  ha 
evidentemente  soflérto  dai  poeteriori  restauri.  L' arieggiare  de 
volti  ò  monotono  ed  insignificante.  Narraat  che  sovente  nelle  figure 
virili,  non  potendo  avere  modeHi  giusta  F  oppmiunità,  togliesse 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  m.  CAP.  XV.  291 

a  ritrtltare  alcoM  suora,  e  poi  con  Imigitt  mastacoU  e  prcdisaa 
barba  tentasse  tramutala  in  nomo;  se  non  cbe  i  lineamenti  rego* 
lariele  forme  poco  sentite  rivdanoloetononpurladonnaymala 
monaca.  Assai  meglio  le  venne  fallo  una  Deposizione  di  Crooe,da 
vedesi  neU'Aoeademia  flortnlina^ddBa  quale  scrive  il  Lanzi  cre^ 
dosane  V  invenziOM  del  celebre  pittore  Andrea  del  Sarto,  e  di 
suor  PlantiUa  la  esecniìone^  Certunente  che  nel  oonoetlo  alqcumto 
ritrae  da  quella  Deposizione  di  Croce^  che  ddrVannnoohisi  aia* 
mira  ndla  L  e  R.  Galleria  de*  Pitti*  Eziandio  m  questo  qnadro 
le  figure  sono  grandi  quasi  quanto  il  vero.  Nd  priaM>  piana  ve* 
desi  l'estinta  salma  del  Redentore  distesa  in  terra  sopra  un 
panno  bianco*  S.  Giovanni  in  ginocchio  lo  regge  cb  tergo:  dap* 
piedi  ugualmente  m  ginoccbio  è  la  Maddalena,  Il  nodo  del  Cri- 
sto^ sebbene  ragionevolmenle  disegnato»  non  d  ugualmente  ben 
dipinlOy  né  le  parti  sono  troppo  studiate,  e  ad  mi  volger  d' oc* 
cfaio  ognuno  ravvisa  che  all'  artista  talliva  la  cognizione  dd 
nudo.  Mei  secoi^lo  piano  vi  sono  in  ginoccbio  le  tre  Marie,  e  da 
ultimo  tre  Apostoli,  tutte  figure  atteggiate  di  vivo  dolore.  Il  fondo 
del  quadro  è  un  paese  peruginesco^  da  dove  si  vede  il  monte  Cat 
vario.  In  questo  dipinto  sono  visibili  tracce  della  maniera  di  fra 
Rartolommeoconlemperata  eoa  quella  di  Andrea  del  Sarto;  le 
torte  sono  bastovobnsnto  espressive,  ma  più  gialle  deUe  femmn 
ne.  Io  non  dubito  appellarlo  il  miglior  dipinto  che  mai  facesse 
questa  monaca.  È  tradizione  che  suor  Plautina  volendo  studiare 
il  nudo  per  la  figura  del  Cristo,  si  giovasse  di  quello  di  una  mo- 
naca defunta,  e  le  altre  suore  celiando  fossero  solite  dire,  che 
la  Nelli  in  luogo  di  Cristi  faceva  Criste. 

Uguali  difficoltà,  e  forse  maggiori,  per  ciò  che  spetta  alla 


Digitized  by 


Google 


298  MEMORIE 

composizione,  oflèriva  rargomento  della AdorazJooe  dei  Magi:  non 
pertanto  Tolle  eziandio  farne  sperimento,  n  Vasari  scriTe  che  né 
ottenesse  molte  lodi;  e  il  Lanzi  soggiunge,  es$er  quadro  di  Mia 
sua  invenzione  e  con  paeee  da  fare  onore  a  un  moderno  (1).  L'ori- 
ginale ignorasi  OTe  al  presente  si  trovi.  Alcuni  credettero  rarfi- 
sarto  in  una  Adorazione  dei  Magi  che  è  ndie  stanze  infieriori 
ddla  Galleria  degli  Ufflzj;  ma  ciò  yien  negato  da  molti,  e  certa- 
mente sarebbe  cosa  troppo  rea.  Inferiore  ad  altri  suoi  dipmtì  fu 
una  Discesa  deUo  Spirito  Santo,  allogatagli  da  nn  cittadino  di  Pe- 
ragia,  per  ciò  che  scrive  il  sig.  Serafino  Piepi,  intomo  Q 15U  (2). 
Poò  vedersi  tattaitia  nella  Chiesa  di  S.  Domenico  di  qudla  cittik, 
nell'  altare  sotto  V  organo.  Eziandio  in  questo  quadro  le  figure 
sono  grandi  al  vero.  Ignoro  se  per  cagione  dei  lumi  o  per  la  na- 
tura dei  colori ,  ma  fatto  è  che  trovasi  molto  rabbuiato  fino  a 
scomparirne  affatto  le  mezze  tinte.  Qui  è  la  consueta  debolezza 
di  disegno,  crudezza  di  linee,  e  uniformità  di  sembianze.  La  com- 
posizione sembra  tolta  da  una  mediocre  incisione  in  rame.  De- 
gli altri  dipinti  che  più  non  rimangono,  o  che  a  me  non  fu  dato 
di  vedere,  favellerò  con  le  parole  stesse  del  Vasari. 

er  Nel  monastero  di  S.  Luda  di  Pistoia  è  una  tavola  grande 
nel  coro,  neHa  quale  ò  la  Madonna  c<d  Bambino  in  braccio, 
8.  Tommaso,  &  Agostino,  S«  Maria  Maddalena,  S.  Caterina  da  Sie- 

(1)  Storia  Pittorica  delV  Italia^  Scuola  fiorentina.  Epoca  %  $0%- 
giunge  lo  stesso ,  cbe  in  Firense  U  nobile  famiglia  Nelli  possiede  di  mano 
di  Suor  Plaatìlla  una  Crocifissione  con  molte  figure  piccole  tutte  siadiaiis- 
sime.  Ignorasi  cbe  sia  avvenuto  di  questo  quadro. 

(2)  Descritione  Tropologico  l slorica  della  Città  di  Perugia.  \o].  Ili, 
pag.  51t. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III,  CAP.  XV.  .  293 

na,  S.  Agnese,  S.  Catmna  ìnartire,  e  S.  Lucia;  e  un'altra  ta- 
Vida  grande  di  mano  deDa  mede^ma  mandò  (nm  lo  spedalingo 
di  Lelmo.  Nel  refettovio  del  detto  monastwio  di  S.  Caterina  (in 
Firenze),  è.  un  cenacolo  grande^  e  nella  sala  dd  lavoro  una  ta- 
vola di  mano  ddla  detta:  e  per  le  case  dei  gentBuomini  di  Fi- 
renze  tanti  quadri,  che  troppo  sarei  lungo  a  volere  di  tutti  ra- 
gionare. Una  Nunziata  in  un  gran  quadro  ha  la  moglie  dd 
sig.  Mondra^Hie  Spegnuolo»  ed  un'  altra  simile  ne  ha  madonna 
Marietta  Pedini.  Un  quadretto^  Nostra  l>onna  è  in  S.  Giovan- 
nino a  Firenze;  e  una  predélU  d' altare  è  inS.  Maria  del  Fiore, 
nella  quale  sono  istorie  della  vita  di  S.  Zuobi ,  motto  belle.  E 
perchè  questa  veneranda  e  virtuosa  suora,  innanzi  che  lavorale 
tavole  ed  calere  d' importanza,  attese  a  fardi  mìnio,  sono  di  sua 
mano  molti  quadretti  belli  adDbtto  in  mano  di  diversi,  dei  quali 
non  accade  far  m^udone.  Ma  quelle  cose  di 'mano  di  costei  sono 
migliori,  che  eUa  ha  ricavato  da  altri,  nelle  quali  mostra  che 
avrebbe  fatto  cose  maravigliose  se,  come  fanno  gli  uomini,  ainsse 
avuto  comodo  di  studiare  ed  attendere  al  disegno  e  ritrarre  cose 
vive  e  naturali.  E  che  ciò  sia  vero,  si  vede  mamfestamente  in  un 
quadro  d*  una  Natività  di  Cristo  ritratto  da  uno  che  già  fece  il 
Bronzino  a  Filippo  Salviati.  Similmente  il  vero  di  ciò  si  mostra 
in  questo,  che  nelle  sue  opere  i  volti  e  fattezze  delle  donne,  per 
averne  vedute  a  suo  piacimento,  sono  assai  migliori  che  le  teste 
degli  uomini  non  sono,  e  più  simili  al  vero.  Ha  ritratto  in  alcuna 
delle  sue  opere  in  vcdti  di  donne.  Madonna  Costanza  de' Doni, 
stata  nei  tempi  nostri  esempio  d' incredibile  bellezza  ed  onestà, 
tanto,  bene,  che  da  donna  in  ciò  per  le  dette  cagioni  non  molto 
pratica,  non  si  può  più  oltre  desiderare  (1).  d 

(I)  Vasari,  FV/a  di  Properzia  de^  Rossi ^  In  fine. 


Digitized  by 


Google 


294  MEMORIE 

Questa  valente  pittrice  domenicaBa  ebbe  (ode  ne'saoi  giorai 
di  rara  prudenza  e  ipecchiata  virtM,  di  sorta  che  fa  pia  ?aile 
eletta  saperiora  dd  suo  oaservaatissimo  ttanaslera  Maooò  di 
Tita  r  anno  1587,  secondo  serife  il  P.  Serafino  Ra«zi,  e  non  mè- 
r  auo  segnenle»  oome  leggesi  presso  il  P.  Richa  (1).  Lasciò  ia 
S.  daterina  akone  sue  attieTe  nella  pittura,  come  suor  Pmdema 
Cambi,  aoor  Agata  Traballeai,  suor  Maria  Buggeri,  ed  una  certa 
snor  Veronica,  U  fnofi  IMtIt,  acrife  il  Raszi,  vivami  neUo  $te$to 
wofKiCro  ootupai$  am  kmés  a  HpingH^  juaéri  tn  libi  a  ta  l#- 
vola  (2)«  A  qaeste  il  iUcba  aggiunga  dne  mintatrid,  doé  anor 
Felice  Lupkini,  e  smt  Angiola  Miaerbetti  {3)« 

Le  fin  qui  noverate  diaoepele  daHa  Naili  orila  pittnra, 
non  sono  le  iole  che  coltiraa^ro  il  disegno  in  quel  mona- 
stero; ma  altre,  ia  luògo  del  dipingere»  presero  a  operare  di 
terra,  modellando  figure  di  riiìeTa  li  sopraccitato  P.  Sera- 
fino Raiii  ci  viene  ricordando  alcune  religiose  dello  stesso 
monastero  di  S.  Caterina,  che  m  diedero  a  coltivale  que- 
st'arie con  amore  e  con  lode.  «  Snor  Dionisia  Niccolini,  egli 
soggiunge,  lavora  di  rilievo  figwe  di  tenra  molto  devote.  Dna 
deUe  quali,  cioè  ma  Madonna  col  Figlio  in  braocìoawito  beUa, 
non  ba  motti  mesi  che  io  vidi  m  Firenze  in  casa  di  Madonna 
Laura  da  GagUaao,  suocera  del  sig.  Antonio  Salviati.  Snor  An- 

(1)  Razxi,  iHoria  degli  Uomini  lUuttri  delVOrd,  dei  Predicatori. 
—  Monathe  Pittfiei.  N.  1  e  2.  — Bicha,  Koiitié  IstorieJie  delle  Chiese 
Fi^entirtéf  toI.  VUI»  pag .  SaS.  Il  P.  BilìottS  «crSye,  cbe  tossisse  fi  Ttrere 
neU'tU  di  anni  1»,  4opo  SS  di  «iu  cUiMtr^.  Vtdi  CAr&niea  S.  M.  N*- 
vtlìm^  cap.  LX,  pag.  7S. 

(2)  Loc.  cit. 

(3)  Loc.  cìt. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  UL  jCAE  XV.  495 

gelìea  Bairi,  soreBaoamlQ  <MtD  scrittore  di  qiiesU  Cronaca,  in 
detto  monastero  lavora  di  sonugUastì  figaro  di  terra,  doè  an- 
gioli, madcHine  e  altri  santi;  Onde  si  vede  di  lei  partiedarmente 
in  Perogia  alla  cappella  del  Rosario  nna  Madonna  che  siede  cxA 
Figlio  m  grembo  che  dorme,  la  qualo  -ò  stala  ricavala  da  una  che 
m  secolo  addietro  in  FireiiMsi  portava  con  gran  veneraiione 
in  procesmme.  E  «l'altra  simile  in  S«  Marco.  Vive  in  qnest'an- 
DO  16S7.  Nel  monastero  di  B.  Vineenso  di  Prato  soao  allreM 
DMdle  suore,  che  si  dilettano  di  pittura.  Onde  cettB  sorta  di  Àa* 
gioH  da  loro  dipinti  si  portano  qoasi  per  tnlta  Italia,  con  molta 
venerazione,  aache  per  «che  da  quel  senio  monastero  ove  sono 
ISOnobfli  serve  di  Dio,  oggi  sotto  il  governo  dcdaaM.R.M.  Priora 
sQor  Caterina  de"  Hìoci  {gentildonna  fiorentina  e  gran  serva  di 
IMo(l).» 

E  dappoiché  con  V  ocoasione  di  scrivere  la  vita  di  soor  Pian^ 
lilla  Nelli  abbiamo  ricordate  ^cone  veligiose  dedite  alle  arti, 
non  vogliamo  tacere  oMie;ndla  città  di  Lucca  nd  monastero  di 
S«  Domenico  flotiroiio  per  kmga  stagione  te  arti  medesime  così 
del  dipingere  come  del  modellare.  Ce  ne  fii  tramandata  noti* 
zia  dal  dnarissìmo  signor  Ibmmaso  Ti«enta  e  dal  P.  Federico 
di  Poggio^  i  qnaM  stimarono  ciie  non  dovessero  essere  dalla  obli- 

(1)  È,  quésta  5.  C aterina,  canoomata  poi  dal  Pontefice  Benedetto 
XIV  Tanno  1746.  Ne  piace  ricordare  come  nel  monastero  di  $an  Niccolò 
della  stessa  città  di  Prato,  viveva  in  qnel  tempo  medesimo  la  celebre  poe- 
tessa Suor  Lorenza  Strozzi  Domenicana,  versa^ima  nella  lingua  greca  e  la- 
tina, celebrata,  per  le  sue  Elegie  ed  Inni  latini,  che  meritarono  1' onore  di 
versioni  italiane  e  francesi,  ed  essere  commendati  dai  più  valenti  letterati 
della   sna  età.  Mori  di  anni  70  nel  i59l. 


Digitized  by 


Google 


S96  MEMORIE 

vione  ricoperti  i  nomi  di  afcunedi  qaatte  monache  die  piasi  di- 
stinsero in  si  nobile  arringa 

Prima  è  suor  Aureiia  Fioretttini,  la  quale  cosi  n^a  Tutù 
come  nell'arte  imitò  perfeUMEieDie  la  PlaoÉìlIa  Nelli;  e  ugual- 
mente che  questa,  tobe  a  modelli  d^'avle  fra  Bartolommeo  della 
Porta  e  Andrea  del  Sarta.  Trasse  oaeleìi  natali  in  Lucca  dal  dot- 
tore Andrea  Fiorentini  J'an^  1595»  ed  ebbe  al  secolo  il  nome 
d- Isabella.  Come  era  da  natura  .dotata  di  leggiadre  forme,  e  di 
pronto  e  svegliato  ingegno»  il  padre. studiò  ogni  yia  perchè 
con  le  grazie  della  persona  e  con  le  doti  della  mente  potesse  te- 
pere  nella  società  none  e  luogo  onorala,  e  operare  un  orrevole 
collocamento.  E  come  V  Isabdla,  di  oostumi  severi,  e  molto  stu- 
dioi»a  deUe  cose  spettanti  aUa  reHgieae,  mostrava  non  curare  i 
sollazzi  dell'età  e  le  vanezze  del  secolo,  il  genitore  temendo  ch^eBa 
non  volgesse  nella  mente  pensiero  di  monacarsi,  quasi  a  p(»gerie 
materia  di  distrazione  la  fece  ammaestriffe  nel  disegnare  e  nel 
colorire;  al  che  di  buon  aninio  ella  'ppeslossi  con  suo  ineatima- 
bile  diletto  e  meraviglioso  pnifitto.  Ma  non  che  per  ciò  dimettesse 
il  già  formato  concepiin^to  di  tutta  4edìcarsi.al  Signore,  anzi  in 
queUo  viemmeglio  ioftamynossi^  U  perchè  il  padre,  non  volendo 
più  lungamente  opporsi  a  quel  pict  desiderio,  da  ultimo  le  consentì 
rendersi  religiosa  nel  patrio  monastero  di  S.  ])omenico.Quivi  trovò 
che  la  Madre  suor  Costanza  Micheli  vi  aveva  da  alcun  tempo  in- 
trodotta la  pittoria  (cosi  appellavano  costoro  l' arte  del  dipingere 
e  del  modellare],  e  non  poche  religiose  che  già  si  venivano  in 
quella  ammaestrando.  In  questo  suo  ritiro  moltissime  cose  di- 
pinse la  Fiorentini,  per  modo  che  il  Trenta  novera  ben  dieciotto 
quadri  parte  in  tavola  e  parte  in  tela  ;  non  che  le  lunette  della 


IDigitized  by 


Google 


LIBRO  in.  CAP.  XV.  287 

saa  chiesa  di  S»  Domenieo,  le  quali  rimangono  tattaTÌa  (1).  Ma 
sopra  tutu  i  suoi  dipìnti  si  loda  uno  in  tavola  che  cdorl  per  la 
cappdla  della  soa  famìglia  in  S.  Lazzaro  di  Camaiore  Tanno  1623, 
neUa  ipiale  fece  la  Vergine  ohe  tiene  in  grembo  il  Bambino,  il 
quale  pòrge  l'aneUo  di  sposa  a  S.  Caterina  da  Siaia,  presenti 
S.  Maurizio,  S.  Vincenzo,  S.  Lucia,  S.  Lazzaro  e  S.  Carlo.  Eper^ 
che  la  Fiorentini  non  avea  apposto  il  suo  nome  a  questo  dipinto, 
un  nipote  della  pittrice,  stimando  che  per  quell'opera  meritasse 
essere  mantenuta  neHa  memoria  dei  posteri,  l'anno  1729  vi  aflBsse 
una  iscrizione  latina  la  quale  ricorda  il  nome  e  la  virtù  di  così 
degna  Supra.  Ignorasi  quando  la  FioraHìni  cessasse  di  vivere  (2). 

(1)  Qaeste  lunette  sono  in  numero  di  tre,  e  rappresentano  la  Coro- 
nazione dì  spine,  Gesù  Cristo-  che  cade  sotto  la  Croce ,  e  Gesù  morto  in 
grembo  aUa  Madre. 

(2)  Elenco  di  alcune  pitture  di  suor  Anrelia  Fiorentini  esistenti  nel 
convento  di  S.  Domenico  in  Lucca,  faToritoci  dal  cb.  sig.  prof.  Pietro 
Noocbi  Lucchese. 

Pitture  a  OKo. 

I»  Nella  stanza  del  Capitolo  sopra  1*  altare  vi  i  un  gran  quadro  rap- 
presentante la  Circoncisione,  denominato,  //  nome  di  Geiii  «e,  con  moke 
figure,  angeli  ec..  Questo  quadro  prima  esisteva  sopra  un  altare  nella  Chlfcsa 
esterna  dove  oggi  vi  è  un   quadro  del  Batoni   rappresentante  S.  Caterina. 

Neil'  infermeria  suU'  altare  vi  ò  un  piccolo  quadro  rappresentante  la 
B.  Vergine  con  Gesù  barobino  ec,  e  ad  una  parete  è  sospeso  un  gran  qua- 
dro rappresentante  La  Depoiitione  di  Croce. 

In  altra  stanza  del  Convento  vi  è  un  quadro  rappresentante  il 
Beato  Enrico  Susone  Domenicano. 

Nella  sala  esiste  un  gran  quadro  d'  alure  rappresenUnte  la  B.  Vergine 
in  trono  e  diversi  Santi  che  la  circondano,  cioè,  S.  M.  Maddalena,  S.  Lu- 


Digitized  by 


Google 


996  MEMORIE 

Come  uni  perita  od  dipingere  e  nel  modellare»  le  memorie 

eU,  S.  Cattrìq»  ed  Altri  smitt  protettori  del  eottvento  ec.  ;  a  pie£  del 
trono  tì  è  un  Angioletto,  che  toone  -«•  Quetto  im  raniioeau  di  eeerlo  «t- 
doto  in  addietro^  e  ehe  b  trorai  beUo,  e  dell»  nottere  di  Firn  Berto- 
lomaaeo. 

Qoedro  de  me  vedato,  oggi  enittnte  enll'elter  maggiore  della  ckieei 
pubblica,  dove  prima  etìateva  quello  di  Fra  Bartolommeo  »  ora  trasportato 
in  convento  —  Rappresenta  detto  quadro  la  Madonna  sedata  sopra  on  pie- 
distallo posto  sopra  una  gradinata,  dietro  al  quale  vi  h  una  nicchia  ove 
campeggia  la  Vergine  che  tiene  in  grembo  Gesù  bambino,  che  in  atto 
graziosissimo I  benedice  S.  Domenico  che  le  bacia  il  piede;  e  detto  santo  è 
collocato  al  destro  lato  del  quadro  accanto  al  detto  piedistallo  ,  e  soltanto 
ne  reeta  visibile  la  metà  superiore  della  figura  ,  restando  1'  altra  coperta 
dalla  figura  intiera  di  S.  Caterina,  che  primeggia  sul  davanti  a  mano 
destra  del  trono  suddetto.  Dal  lato  sinistro  simmetricamente  vi  è  rappre- 
sentato S,  Vincenso,  visibile  sokaoto  nella  meti  superiore  della  finora, 
restando  1*  inferiore  parata  dalla  figura  intiera  di  S.  M.  Maddalena , 
che  primeggia  nel  quadro  dalla  paste  sinistra  del  trono,  ai  piedi  del  quale 
sol  primo  gradino  nel  mezso,  vi  è  seduto  un  angioletto  ehe  suona  il  liuto. 
La  Vergine  ha  belle  pieghe  sullo  stile  di  Fra  Bartolommeo,  e  bella  ancora 
e  pastosa  è  la  veste,  che  sui  capelli  ha  involto  un  pannicello  J>ianco.  Nudo 
è  il  Bambino,  graaioso,  e  dipinto  con  molla  morbi dezaa  e  corrotto  dite* 
gnot  La  sua  mossa  è  aimile  ad  uno  di  Raffaello  ,  e  ad  un  altro  di  Lorenao 
di  Credi  da  me  veduti  a  Milano.  La  S.  Caterina  ha  belle  e  grandiose  pie> 
ghe.  La  testa  è  assai  bella,  facile  e  pastosa.  Ài  piedi  si  vede  un  pesao 
di  mota  con  punte  di  (erro;  in  mano  ha  la  palaia.  S.  Maria  Maddalena 
con  la  destra  mano  tiene  il  vaso  del  prezioso  balsamo,  e  nella  sinistra  un 
libro.  Tutto  insieme  lo  stila  è  un  misto  di  reminisceoae  di  Fra  Bartolo m- 
moo  e  di  Andrea  del  Serto. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IIL  GAP.  XV.  999 

iQedMsi  rieoriaso  «fiandio  tma  gnor  Brifida  Franeiotti,  religioM 
del  DMnastero  di  S.Giorgfoy  restita  del  sacro  abito  l'anno  15d2  (1); 
e  ndh  nuniatara^  ima  suor  Agnese Casducd  esmr  Eufrosina 
Borlamaccbi  (2)^  Ha  con  parziale  encomio  lodasi  una'  gnor  Bei^ 
sardina  Ruschi,  rriigìoaa  nel  citato  monattoro  di  S.  Giorgio , 
delia  quale  il  Necrologio  ùi  la  segaente.commetnoratEione  :  *—  A 
A 11  mttembn  aors  h  morì  suor  Bmnardina  Rmehi  pUiora  in 
ÉeltL.^  anmn  d^HH^  in  iomM  Iwoghi  mmagini  m  muro  9  in  Hk^ 
e  quiUm  deWmUar$  éi  thima^  e  %  erodUm  deUe  €$0$  in  Uhk  Ah- 
bimno  fatta  una  gran  piràiiayir  U  noitro  m(ma$Urù  (8)«  Sog^ 
giunge  a  questo  propofito  il  P.  Federico  di  Poggio,  che  ae  il 
quadro  che  ora  si  Tede  suU'  altare  della  chiesa  interiore  fosse 
suo,  sendo  molto  stimato,  sarebbe  stata  una  eccellente  pittrice. 
Certo  è  che  il  monastero  si  dolse  assai  deUa  di  lei  morte,  leggen- 
dosi, che  ella  era  di  grande  utile  al  monastero  per  r  arte  del  di- 
pingere in  tela  (&)•  Le  pitture  cattive  non  arrecano  grande  utilità. 
È  indubitato,  prosieguo  sempre  il  P.  Federico  di  Peggio,  che  nella 
stessa  Cronaca  si  dice  :  dipinge  eccellentemente  in  tela;  e  altrove: 
si  dipinse  là  Nunziata  di  chiesa ,  si  dipinse  i  vasi  sopra  i  cafritelU 
della  chiesa  f  e  si  dipinsero  e  fecero  nuovi  i  cornicione  Si  racco^ 

(1)  Documenti  per  servire  mila  ttoria  patria.  —  Storia  delle  Belle 
Artif  di  T0M11A.SO  Trbhta.  Lucca  ùpog.  Bertìni,  1822,  un  voi.  ìn-S.  pag. 
122  e  123.  — >  Federico  di  Poggio  ,  Memorie  riguardanti  la  Religione 
Domenicana  er.,  voi.  II,  cap.  59,  pag.  26tf. 

(2)  Loc.  cit. 

(3)  Vedi  pag.  339,  presso  il  P.  Federico  di  Poggio,  loc.  cit.  cap.  60, 
pag.  266.  Suor  Bernardina  Buschi,  vestita  nel  1619,  morì  nel  1649. 

(4)  Loc.    rìt. 


Digitized  by 


Google 


300  MEMORIE 

modo  il  quadro  del  P.  S.  Domenico  con  la  figura  detta  Vergini  e 
dette  due  sanie ,  il  tutto  dipinto  dallanoetra  euor  Bernardina  Ru- 
schi (1).  Come  miniatrici  di  libri  cwali,  la  sÉessa  Cronaca  ricorda 
siMff  Alessaodra  Gaidiocioiii  e  saot  Lodof  ica  CarlL 

M(dti  altri  nomi  ci  sar^ke  dato  facHmente  di  aggiungere  ai 
fin  qui  ricordati;  ma  alla  lode  delle  pittrici  domenicane  basterii 
questo  breresaggio.  Per  emo  si  farà  maniibsto  come,  a  mal- 
grado degli  ostacoli  grandissimi  cbe  si  frapponcTano  al  loro 
perfeiionamento  nelle  Arti  del  disegno,  partecipando  a  qndmo- 
Timento  artistico  impresso  nell'  istituto  dalT  Angelico  e  dal  Pòrta, 
tentarono  anch'esse  eleyarsi  a  non  comune  ^oria. 

(i)  CronAca  toprt  ciuu,  pag.  171  e  177.  —  Il  Soprani,  TEchard, 
il  P.  Spotorno,  e  il  eh.  Prof.  Rosinl,  lodano  nella  pittura  una  suor  Tom- 
masina  Fiaschi  domenicana,  nipote  di  S.  Caterina  di  Genova,  e  religiosa 
nel  monastero  de*  SS.  Giacomo  e  Filippo  di  quella  stessa  città  ;  ma  de'  suoi 
dipinti  al   presente  non  rimane  più  nulla. 


Digitized  by 


Google 


301 


CAPITOLO   XVI. 

Del  P.  Ignaxio  Dantiy  ìlatemaiieoy  CoitnografOf  Ing^nere^ 
e  ArehiUtlo. 


Uomeochè  tutte  le  arti  dd  diaegno  sieno  state  €Ofn  amore  e  con 
gloria  cdtiyate  nel  giro  di  molti  secoli  dai  frati  Predicatori,  non 
pertanto  due  parmi  dai  meàeaimi  afere  ottenuta  una  peculiare 
predilenoBOt  e  sono  la  pittura  e  r architettura;  per  guisa  ebe  non 
ben  sapresti  se  quella  o  questa  fosse  da  loro  più  teneramente  va- 
gheggiata.  Se  non  che  la  pittura  comindarooo  a  coltivare  soitanlo 
nel  secolo  XV;  ma  V  architettura  loro  preparò  la  culla,  uè  mai 
d>be  per  alcun  tempo  abbandonati  quei  chiostri,  che  ella  stessa 
si  aveva  innalzati.  La  pittura  novera  soltanto  fra  suoi  cultori 
umili  fraticelli  e  devote  suore;  laddove  T  architettura  ci  pre- 
senta nomi  chiarissimi,  non  solo  per  sapienia  civile  e  religiosa, 
ma  per  la  dignità  e  orrevolezza  degli  uflBci  e  del  grado  aacer- 
dolale;  intanto  che  non  pure  vedremo  esercitarvisi  teologi  e  lei* 
terati  preckrissimi,  ma  venerandi  pastori  dei  popoli,  e  principi 
deDa  Romana  Oiiesa.  CoA  la  storia  dell'  architettura  presso  i 
Domenicani  ha  oominciamento  dagli  umili  laici  fra  Sisto  e  fra 
Ristoro,  e  passando  quasi  per  tutti  i  gradi  della  gerarchia  ec- 
clesiastica ,  si  chiude  con  il  cardinale  Vincenzo  Maculano. 


Digitized  by 


Google 


302  MEMORIE 

E  yeramente  V  architettura  per  la  moltiplìcità  dello  cogni- 
zioni e  per  gli  studi  severi  che  addimanda,  sembra  in  qualche 
guisa  uscire  dal  dominio  delle  arti  per  locarsi  nel  seggio  al- 
tissimo della  scienze.  Essa  »  me§^o  che  la  pittura  e  che  |a  scul- 
tura, attesta  colle  sue  opere  la  maestà  della  religione,  la  fortuna 
dei  popoli,  e  la  possanza  dei  re;  e  più  di  ogni  altr'arte  richiede 
concetti  e  spiriti  grandi,  come  arte  di  nazione  e  non  d'uomini. 
Cosi  il  tempo  distruggendo  tutte  le  opere  del  pennello  e  dello 
scalpello,  sembra  alla  sola  architettura  concedere  Timmortalità, 
e  aflSdarle  V  uflBcio  di  tramandare  ai  posteri  contezza  delia  po- 
tenza e  della  prosperità  delle  naiion.  Le  sole  piramidi  del- 
l'Egitto ,  r  an6leatro  Flario  e  il  Partenone  baaUno  a  chiarire  il 
genio  e  la  possanza  degli  Egizi,  dei  Greci  e  dei  RomanL 

Det  P.  Ignazio  Danti,  arehitetlo  e  ingegnere  pei^gino,  con 
tata  copia  e  oob  tanta  aocuraterza  ha  scritto  il  ce^ebte  prof. 
Gio»  Batt  Vermlglìott,  da  rendere  ormai  impossibile  aggiogaere 
cosa  di  qualche  momenti  alla  vita  eaBeopere  di  questo  illustre 
italiano;  ma  come  darebbero  state  troppo  mancheroli  le  pre- 
senti Memorie  o?e  in  esse  invano  si  fosse  desiderato  questo  lume 
deUe  Rienzo  matematiche  ed  astronomiche,  abbiamo  divisato 
toccare  leggermente  qnella  psrte  ddla  vita  de)  P«  Ignaslo  che 
k>  riguarda  come  scienziato,  per  oocupard  più  partitameDle  di 
hd  sicoome  artefice,  poteodo  solo  per  fiesle  titolo  essere  aaao- 
varato  in  queste  umili  nostre  carta  B  veramenAa  Giorgio  Vasari 
non  gH  area  canceduto  seggio  fra  gli  artisti  italioB  che  per 
r  opera  del  dèliware  e  colorire  le  tavole  geegrafidie  in  servigio 
del  Gran  Duca  CosiaK»  I;  nel  qual  lavoro  avendo  troppo  più 
parte  la  scienza  che  V  arte ,  non  tenea  quel  posto  lira  gii  artisti 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IIL  GAP.  XVI.  808     . 

che  a  lai  era  dotato.  Ma  il  Daotiftì  veramcoitegraade  ingegnere 
e  architetto ,  e  come  tale  taolsi  da  noi  riomiare  (i)« 

Ignazio,  al  secolo  detto  Pellegrino,  8ortl  i  natdlin  Perugia 
da  GiaUo  Danti  orefice,  e  da  Biancofiore  degli  Alberti,  Fanno 
iidn.  La  famiglia  Danti  goderà  in  patria  di  tatto  qaello  onoranio 
con  le  qnali  ana  nobjle  e  colta  città  sa  rimanerare  la  tirtù; 
ma  segnatamente  per  lo  stadio  e  per  la  professione  delle  boone 
arti  era  tenuta  in  molta  celebrità ,  e  rimiovellata  in  Perugia 
gH  esempi  deUe  famiglie  fiorentine  de'  Gaddi  e  de'  Ghiriandai , 
nelle  qnali  l'arte  era  tradizionale,  e  si  perpetuata  d'ano 
in  altro  nepote.  E  intero  H  nostro  Pellegrino  era  stato  di  già 
preceduto  da  Pier  Vincenzo,  citile  architetto,da  GlotanniBattista, 
archiletto  militare ,  da  Teodora,  pittrice,  tutti  mioi  stretti  ed  as- 
sai ticini  congiunti;  e  il  flrateDo  Vincenzo,  pitto^,  scultore  e 
architetto  di  bdla  fama,  di  soli  sette  anni  lo  precorreta  nel  ca^ 
mino  della  rita  (2).  Per  siffatta  guisa  le  pareti  domestiche  furono 
la  palestra  ote  addestrossi  il  giotine  Danti,  e  ote  Tarte  insegnata 

(1)  I  PP.  £ch»r4  e  Quìetìf  non  conobbero  a  dovere  questo  ìnsìgae 
ilomenlcano  ^  e  quel  loro  articolo  biografico  farebbe  mefiieri  to  molta  pprte 
rifonderlo.  In  una  Cronaca  manoscritta  del  P.  Serafino  Raz»i,  che  si  con- 
serva nell'  Arcbivio  di  San  Marco  in  Firenze,  si  leg^c  una  importantissima 
biografìa  del  P.  Ignazio  Danti ,  che  il  Razzi  conobbe  di  persona.  Noi  così  * 
da  questa  come  dfa  quella  pubblicata  dal  eh.  Vermiglìoli,  trarremo  le  notì- 
zie del  Danti. 

(2)  Gio.  Batt.  Vermiolioli,  Biografia  degli  Scrittori  Perugini.  Pe> 
rugia  1S29.  —  Vedi  voi.  1,  part.  2,  pag.  366;  ma  più  distesamente  nell'Elo- 
gio che  dk  Ignazio  Danti  pubblicò  lo  stesso  professore  1*  anno  1626,  inserito 
nel  secondo  volume  de' suoi  Opuscoli.  Vedi  pag.   119 


Digitized  by 


Google 


Mi  MEMORIE 

dall'  amore  e  dalla  tìtIù  Taceva  parie  della  edocazione  civile  e 
religiosa.  Che  vale  assai  avere  dalla  prima  tenerezza  degli  ttmi 
esempi  cootiniii  e  preceiU  domestici  imianzl  gli  occhi,  e  sentir- 
seli dettare  con  amorevolezza  e  cuore  di  padre.  Dal  genitore 
pertanto  e  dalla  zia  Teodora  apparò  assai  per  t^npo  la  pit- 
tara  e  r  architettura  (1).  Non  era  però  il  nostro  Pellegrino  cosi 
preso  dall'  amore  del  bello,  che  non  cercasse  pascere  la  mente  e 
il  cuore  di  più  gravi  ed  utili  studi;  e  come  avea  da  natura  sor- 
tito ingegno  vigoroso  ed  atto  alle  più  sublimi  speculazioni ,  as- 
saggiato alquanto  il  disegno  e  il  colore,  si  diede  tutto  alle  mate- 
atiche  ed  alle  scienze  naturali.  E  come  studi  cosi  fotti  amano 
la  pace  e  il  silenzio  della  solitudine»  Pellegrino,  che  buono  era  e 
religioso,  pensò  ricoverare  i  giovinetti  suoi  anni  nei  chiostri  do- 
menicani, come  quelli  che  gli  oSerìvano  ogni  ozio  e  comodità 
di  coltivare  qualsivoglia  maniera  di  severe  discipline.  A  dì  per^ 
tanto  7  di  marzo  dell'anno  155S,  non  ancora  compiati  gli 
anni  19  dell'età  sua,  vesti  le  divise  di  frate  Predicatore  nel  patrio 
convento  di  S.  Domenico,  per  le  mani  del  P.  Angelo  da  Diaceto 
Ptovhidale  romano ,  mutando  il  nome  di  Pellegrino  in  quello 
di  Ignazio  (2).  Data  opera  agli  studi  della  filosofia  e  della  teologìa, 
come  fu  a  dovizia  fornito  di  celeste  sapienza ,  si  addestrò  nel 
porgere  al  popolo  la  divina  parola  ;  e  il  Razzi  ne  dice  fosse  gra- 
zioso predicatore.  Non  pertanto  come  da  natura  si  sentia  traùo 

(1)  Il  Lami  non  omise  dì  fare  onorata  menzione  di  Teodora  Danti 
nella  sua  Storia  Pittorica  della  Italia;  e  dice  seguitasse  la  maniera  di 
Pietro  Perniino  e  de*  suoi  scolaci.  Vedi  Scuola  Romana ,  Epoca  2. 

(2)  Rizftì,  Cronaca  della  provincia  Romana  deW  Ord*  dei  Frali 
Predicai,  MS.  pag.  55. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XVI.  3(». 

agli  stadj  appresi  nella  giovinezza,  senza  intralasciare  quelli 
delle  ecclesiastiche  discipline,  si  diede  con  fervore  grandissimo 
a  coltivare  le  Matematiche,  V  Astronomia  e  la  Geografia  ;  dila- 
tando, con  inestimabile  vantaggio  della  religione  per  siSatta 
guisa  quei  confini  ai  quali  sembravano  ristretti  gli  studj  degli 
Scolastici  in  qudla  età.  Perciocché  il  modo  più  facile  di  schian- 
tare dai  popoli  la  superstizione,  e  segnatamente  i  ddirii  della 
Strologia  Giudiziaria ,  cui  il  cieco  volgo  prestava  allora  tanta 
credenza,  non  è  già,  a  nostro  avviso,  V  uso  delle  minacce  o  dei 
castighi,  ma  bensì  diffondere  lo  studio  delle  scienze  fisiche  e  na- 
turali,  e  foro  di  esse  una  scala  per  ]:isalire  all'  Autore  sapientis- 
simo e  beneficientissimo  dell'Universo. 

Nel  tempo  di  questi  studj,  Vincenzo,  fratello  dignazio,  di- 
morava in  Firenze  ai  servigi  di  Cosimo  I,  il  quale  gli  avea  posto 
grandissimo  anunre,  per  vederlo  in  cosi  giovine  età  gareggiare 
con  i  più  valenti  artefici  fiorentini. 

Andava  Cosimo  divisando  di  fare  rifiorire  nel  dominio  nuo- 
vamente acquistato,  gli  studj  delle  matematiche  e  delle  cose  astro- 
nomiche ,  caduti  alquanto  in  basso  ;  e  favellando  di  questo  suo 
desiderio  con  Vincenzo  Danti,  egli  tosto  gli  proSerse  il  fratello,  co- 
me assai  versato  in  quelle  dottrine;  ilche  sendo  piaciuto  al  Gran 
Duca,  tosto  il  fece  venire  in  Firenze  con  titolo  e  provvisione  di  suo 
matematico.  Quando  ciò  avvenisse,  non  è  ben  certo,  ma  è  indubi- 
tato fosse  innanzi  al  1567,  e  verosimilmente  nel  1565.  Egli  è  forte  a 
meravigliare  come  in  tanta  verdezza  di  anni  (toccava  appena  i 
ventotto  ),  il  P.  Ignazio  avesse  potuto  siffisittamenle  addentrarsi 
in  que'diifidli  studj,  e  già  conseguirne  opinione  di  insigne  ma- 
tematico ed  architetto;  la  quale  opinione  non  ristretta  entro  i  ter- 
II.  20 


Digitized  by 


Google 


306  MEMORIE 

mìni  della  patria  e  della  Toscanaf-perveniva  in  Roma  agli  oreccbi 
del  SopremoGerarca.  Era  di  recente  asceso  sulla  cattedra  romanafl 
santo  Pontefice  Pio  V ,  eletto  li  7  gennaio  1566  ;  e  come  qne^  che 
professava  la  regola  dei  Trati  Predicatori,  volendo  nella  patria  t^rra 
del  Bosco,  non  molto  lungi  della  città  di  Alessandria,  fare  eri- 
gere dalle  fondamenta  un  magnifico  convento  ed  mia  chiesa  a 
suoi  religiosi ,  al  P.  Ignazio  Danti  ingiunse  fornire  il  disegno 
dell'  uno  e  dell'  altra ,  tenendogli  raccomandato  di  togliere  a 
modello  il  convento  di  S.  Marco  di  Firenze  (1).  La  bolla  di  fonda- 
zione è  del  i^"  agosto  dell'anno  1566  ;  ma  già  da  alcun  mese  si  face- 
vano gli  opportuni  provvedimenti.  E  ciò  si  deduce  da  una  lettura 
del  P.  Agostino  da  Garezio  del  giorno  18  maggio  neHa  quale, 
sendo  e^i  al  Bosco ,  cosi  scrìve  al  P.  Angelo  da  Cremona  inqui- 
sitore di  Milano.  //  P.  Ba$iadonne^  che  è  qua  nostro  coadimtor$ , 
kammi  consigliato  dar  la  nostra  fabbrica  a  Maestro  Giorgio  da 
Voghera  a  lire  due,  soldi  doi  di  moneta  di  Genova  il  trabucco^ 
ooéì  il  lavoro  sottile^  cioè  comici  ec. . . .  e  fornirla  come  lo  archi- 
tettore fiorentino  ha  fatto  il  schizzo^  et  è  andato  a  Genova  per 
farlo  tutto  di  rilievo.  S.  Santità  attende  a  crescere  F entrata ,  e  gU 
darò  avviso  di  quanto  occorre  (3).  p 

(1)  Razzi,  toc.  cit.  pag.  1(5  a  tergo.  Può  consuUarst  eziandio  la  sua 
Storia  degli  Uomini  Illuslrif  pag.  346,  §  Vili. 

(2)  EttraUo  della  Storia  del  Con,  di  S.  •{•  e  tutti  i  Santi  della 
terra  di  Bosco ,  dedicata  al  P,  M.  Pio  Tommaso  Schiara^  Maestro  del 
Sacro  Palatto,  Consenrasi  manoscritta  in  detto  convento,  in  foglio  graode 
di  pag.  611.  V  intiera  Storia  fa  pubblicata  in  Alessandria  l'anno  1600,  coi 
tipi  dì  Ercole  Quinaiano.  Queste  notizie  debbo  al  M.  R.  P.  Vincerne 
Morassi,  sottopriore  nello  stesso  convento  di  S.  Croce  del  Boaco. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XVI.  307 

Dall'  appellarsi  in  questa  lettera  fiorentino  T  architetto  di 
qaella  fabbrica»  non  debbe  ingenera]*3i  alcuna  dobitaiione  se  re- 
ramente  al  P.  Danti  perugino  ne  sia  dovuto  il  disegno ,  percioc- 
ché egli  è  evidente  essere  appellato  erroneamente  fiorentino  per 
essere  allora  in  Firenze  ai  servigi  del  Gran  Duca.  Del  resto 
la  storia  di  quel  convento,  dopo  riportato  quel  brano  di  let- 
tera del  P.  Agostino  di  Garezio,  così  soggiunge:  In  proporiio 
di  deiio  schizw  è  cosa  nota  che  S.  Pio  diede  ordine  di  fare  il 
disegno  del  convento  al  P.  Ignazio  Dante  da  Perugia  ^  do- 
menicano^ architetto  eccellente  ^  del  quale  così  parla  nel  suo  Di-' 
xionario  storico  f  oòfr.  Advocat  ec...  Da .  alcune  date  del  libro 
domale  della  /aòirtca,  cominciato  nel  lS6t>,  e  proseguito  fino  al 
i573,  appare  essere  al  Bosco  il  detto  Architetto  ;  e  segnatamente  in 
una  si  legge,  voler  esso  partire  per  Firenze  nel  mese  di  maggio 
1967  ;  e  per  altre  date  deducesi  avere  egli  dimorato  in  detto  luogo 
quasi  per  tutto  Fanno  1568.  Una  lettera  eziandio  scritta  da  Roma 
li  9  maggio  4567  dal  P.  D.  Serafino  Grindelli  Canonico  Regolare 
al  P.  Vincenzo  da  Pavia  priore,  conferma  lo  stesso,  leggendosi  in 
essa  quanto  segue:  Il  Maestro  ha  scritto  circa  la  chiesia,  se 
con  lui  et  fra  Ignazio  si  può  far  contento  Nostro  Signore;  a  suo 
modo  la  vole ,  li  par  lunga  grandemente ,  al  Maestro  Bassadonne 
li  pareva  piccola  misuratala  con  quella  del  Bosco.  In  detto  libro 
alti  ik  aprile  1569  sì  dicono  pagati  scudi  10  per  lo  viatico  di 
frate  Ignazio  sino  alla  sua  venuta  ;  et  altri  scudi  10  in  lo  sten- 
dardo della  fabbrica  (1).   Per  le  quali  notizie  si  chiarisce  la 

(1)  Loc.    ck.  pag.    43  e    scg.   Avverte    lo  storico  che    il  disegno  del 
convento  delineato  dal  P.  Ignasio  Danti  più  non  esiste;  e  che  nella  chiesa 


Digitized  by 


Google 


308  MEMORIE 

parte  che  ebbe  in  questo  edificio  il  P.  Ignazio;  la  dimora  falla 
dal  medesimo  nella  terra  del  Bosco  ;  e  V  aimo  del  suo  ritorno  m 
Firenze.  Due  cose  avvertirò-  sul  conto  di  questa  opera  dd  Danti. 
Non  essersi  Tedelmente  seguitato  il  disegno  primitivo  dell'  archi- 
tetto perugino  :  e  ciò  lo  prova  la  ninna  rispondenza  del  convento 
del  Bosco  con  quello  di  S.  Marco  di  Firoize  ;  come  il  non  ve- 
dersi unità  di  concetto  e  di  esecuzione  in  quella  fàbbrica.  P^ 
secondo  aggiungerò,  essere  stata  in  gran  parie  fraudata  la  mente 
e  la  generosità  del  Pontefice  fondatore ,  perciocché  considerata 
la  enorme  somma  di  ben  160,312  scudi  d*oro  che  S.  Pio  Y  versò 
per  la  medesima  (1),  ognuno  è  astretto  a  confessare^  che  non  po- 
teasi  ragionevdmonte  attendere  si  incomposto  è  inordinato  edifi- 
cio, quale  è  a  mio  avviso  il  convento  del  Bosco;  nel  quale  si 
ammirerà  facilmente  la  stabilità  e  la  magnificenza,  ma  non  già 
le  altre  doti  volute  da  Vitruvio  in  qual  si  voglia  edificio;  cioè  la 

sopra  r altare  di  S.  Antonino,  sì  vtàe  un  boatetto  del  disegno  dcUa  dùcsa 
medesima ,  ma  ignorarsene  V  autore.  Soggiunge  poi ,  la  mancanta  di  eoia 
tanto  considerabile  t  tia  per  motivo  di  perdita  f  sia  per  altra  qualunque 
cagione,  essere  ci  deve  mollo  sensibile,  perchè  almeno  col  tipo  davanti  ci 
figureressimo  quale  essere  doveva  la  pianta  di  questo  convento,  giacche 
vederla  non  ci  è  permesso  se  non  in  un  aspetto  molto  diverso  dalla  idea 
delV  ingegnoso  e  dotto  architetto.  Quello  che  anche  sorprende  si  è  confc 
avvenuto  sia ,  che  V  esecuzione  non  abbia  se  non  in  parte  corrisposto  al 
Jormato  disegno,  quale  al  certo  non  poteva  se  non  essere  in  ogni  sua  parte 
compito  e  perfettissimo,  o  si  riguardino  le  premure  ed  intenzioni  del  ma- 
gnanimo Jondatore ,  o  la  sperimentata  perizia  delV  illustre  ed  onorato 
architetto, 

(1)  Questa  somma  fu  versata  dal  1566  fmo  al  i572. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ITI.  CAP.  XVI.  309 

comodità,  e  la  ragionerole  disposizioiie  delle  parti,  e  la  distri- 
buzione dei  lami.  Stimo  pertanto  verisimile ,  che  siccome,  par- 
tito l'architetto  domenicano,  venne  con  pessimo  consiglio  affidata 
la  direzione  di  qudla  fabbrica  a  Martino  Longbi  ;  e  che  suc- 
cessivamente il  Pontefice  vi  spedi  lo  scultore  ed  architetto  lom- 
bardo Giacomo  della  Porta  a  misurare  e  stimare  tutto  il  lavoro 
già  fatto  (1);  costoro  o  arbitrariamente,  o  col  consenso  dello 
stesso  Pontefice,  mutassero  il  disegno  primitivo,  con  danno  gravis- 
simo di  quel  grande  edificio.  E  perchè  la  chiesa  forse  non  pati 
mutamenti  di  molta  rilevanza ,  meglio  mantiene  al  Danti  la  lode 
di  valente  architetto. 

Reduce  in  Firenze ,  tolse  nuovamente  ad  ammaestrare  la 
gioventù  fiorentina  nelle  matematiche ,  dando  opera  nel  tempo 
stesso  a*  diletti  suoi  studj  ddla  Astronomia  e  della  Cosmografia, 
nel  suo  convento  di  S.  M.  Novella,  ove  Cosimo  dei  Medici 
k)  onorava  sovente  di  visita ,  piacendosi  di  vederio  operare  map- 
pamondi y  astrolabi,  ed  altri  cosi  fatti  lavori  (2).  Frutto  di  questi 
studj  tu  un'  opera  che  egli  fece  di  pubblica  ragione  in  quello 
stesso  anno  1569,  intitolata,  DelF  V$o  e  fabbrica  délV  Astro- 
labio,  Nel  1572  delineava  il  primo  Gnomone  sulla  facciata  di 
S.  M.   Novella.  Nel  1573  voltava   in  italiano  il  trattato  della 

(1)  Loc.  eh.  pag.  tfl. 

(2)  Rakzi,  loc.  cìt.  pag.  tftf.  Favorito  da  esso  Gran  Duca  di  iuUo 
<juello  che  gli  faceva  di  bisogno;  il  quale  anco  non  si  sdegnò  di  andare 
tal  hora  in  persona  a  Santa  Maria  Novella,  e  nelle  stanze  dove  il  pa- 
dre lavorava f  familiarmente  seco  dimorare.  Lesse  in  detto  tempo  la  Sfera 
et  altre  scienzie  mothematiche  a'  piìi  nobilissimi  gios'ani,  et  anco  ad  al- 
cune illustri  Signore  ec. 


Digitized  by 


Google 


310  MEMORIE 

Srera  di  Proclo  Liceo,  e  lo  intitolava  al  cardinale  Ferdinando 
de*  Medici ,  suo  discepolo  negli  studj  delle  matematiclie.  In  qpel- 
r  anno  medesimo  pubblicava  la  Prospettiva  di<  Euclide  e  quella 
di  Eliodoro  Larisseo.  Con  le  quali  opere  quanto  servigio  ren- 
desse agli  studiosi  delle  buone  arti,  non  è  chi  possa  discono- 
scere. Nel  1574  delineava  il  secondo  Gnomone  sulla  facciata  di 
S.  M.  Novella  (1).  In  questo  mentre  il  Gran  Duca  Cosimo  I,  il 
quale  avea  fatti  costruire  alcuni  grandi  armadi  per  rìporvi  tutti 
gli  oggetti  preziosi  di  arti  e  di  antichità  che  egli  con  grandis- 
simo dispendio  andava  raccogliendo,  pregò  il  P.  Ignazio  a  ddi- 
nearvi  e  colorirvi  con  ogni  possibile  accuratezza  e  con  le  dovute 
proporzioni,  le  carte  geografiche  di  tutta  Europa  ;  e  il  Danti  ne  lo 
compiacque,  conducendo  a  termine  tutto  quel  lavoro  con  sua 
lode  bellissima  ;  onde  scrisse  il  Vasari,  che  di  quella  pr<^e$$ione 
non  è  stata  mai  per  tempo  nessuno  fatta  opera  né  la  maggiore  né 
la  più  perfetta  (2).  Ci  avverte  però  il  P.  Serafino  Razzi,  che  del 
P.  Ignazio  Danti  è  solamente  il  disegno  di  tutto  questo  stermi- 
nato lavoro,  ma  che  lo  fece  colorire  sotto  la  sua  direzione  da'suoi 
giovani,  non  consentendogli  forse  le  gravissime  sue  occupazioni  di 

(1)  Dì  questi  due  Gnomoni  parla  a  lungo  il  Ximenes  nel  Gnomone 
Fiorentino,  e  il  P.  Vincenzo  Fineschi  nella  sua  Lettera  sulla  /acciaia  di 
Santa  Maria  Novella,  pag.  5.  Il  medesimo  ci  fa  avvertiti  di  un  bella 
iscrisione  apposta  dal  P.  Ignazio  Danti  al  sepolcro  di  Mariotto  Angioletto 
di  lui  cugino,  sepolto  in  Santa  Maria  Novella  1*  anno  1570.  Vedi  Memorie 
sopra  il  Cimitero  antico  di  Santa  Maria  Novella.  Firenze  1787,  un 
voi.  in-16.,  pag.  7. 

(2)  Degli  Accademici  del  Disegno  circa  med.  voi  2,  pag.  1114  dci- 
r  edizione  di  David  Passigli  1838. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  Xyi.  311 

eseg:ttirlo  egli  stesso  (1).  Queste  tavole  geografiche  rimangono 
tuttavia  nel  Palazzo  Vecchio  (2)  ;  e  noi  in  laogo  di  riportare  la 
prolissa  descrizione  che  ne  porge  il  Vasari ,  stimiamo  far  cosa 
grata  ai  nostri  leggitori  offerendo  loro  il  giudizio  che  di  questo 
importante  lavoro  del  Danti  profferiva  l'egregio  geografo  Bfar- 
mocchi. 

<r  Fra  Ignazio  DanU  è  TOrtelio  dell*  Italia;  contemporaneo 
di  questo  grande  geografo ,  non  fu  né  meno  erudito  di  lui ,  né 
meno  diligente  nel  disegno  dei  globi  e  delle  carte  geografiche , 
e  ne  oostrusse  un  gran  numero  ;  celebri  sono  quelle  che  per  co- 
mandamento di  Gregorio  XIII  dipinse  nella  galleria  Vaticana , 
le  quali  rappresentano  le  varie  provincie  d' Italia  —  Quanto  poi 
a  quelle  che  dipinse  nelle  facciate  degli  armadj  nel  nostro  Pa- 
lazzo Vecchio,  le  sono  una  vera  meraviglia  d'erudizione  e  d'ele- 
ganza ;  dimostrano  palpabilmente  quanto  lo  studio  dei  classici 
avesse  gettate  radici  profonde  tra  noi  fino  da  que'  tempi»  e  come 
il  gusto  artistico  di  quel  secolo  famoso  del  cinquecento,  fosse  pe- 
netrato perfino  nelle  opere  più  severe  delle  scienze.  —  Quelle 
mappe  sono  costrutte  in  proiezione  piana;  e  sebbene  elle  conten- 
gano non  poche  tradizioni  della  Scuola  di  Tolomeo ,  nondimeno 
in  mdte  occasioni  dimostrano  quanto  fosse  vivace  nel  Danti  lo 
spirito  di  svincolarsi  dai  pregiudizi  di  essa  :  vi  si  veggono  accet- 
tati i  principi  geografici  di  Gerardo  Mercatore,  che  ^  quei  tempi 
consideravansi  come  arditissime  innovazioni ,  e  furono  di  fatto  il 

(1)  Loc.  cit.  Ciò  leggesì  exìandio  nel  PA$ct)Li ,  Vedi  yUe  dei  Pittori 
Scultori  £  Architetti  Perugini,  pag.  147. 

(2)  Sono  in  numero  dì  53,  delle  quali  14  comprendono  l*  Europa, 
Il  r  Africa  ,   14  r  Asia,  e  14  V  America. 


Digitized  byLaOOQlC 


312  MEMORIE 

germe  di  un  gran  progresso  nella  scienza  :  Mercatore ,  OrteUo  e 
Danti  denno  considerarsi  i  fondatori  della  moderna  geografia. 
—  Rispetto  alla  esecuzione,  non  v'ha  dubbio,  le  più  belle  ddle 
mappe  del  Palazzo  Vecchio  sono  quelle  che  rapfHreaentano  le 
diverse  regioni  di  Europa  e  le  contrade  Africane  :  il  mare  è  di- 
pinto in  verde  od  in  azzurro,  e  alla  foggia  delle  carte  nautiche 
vi  sono  tracciati  sopra  i  rombi  de'  venti  con  linee  d'oro  o  d'ar- 
gento; la  terra  è  diversamente  colorata  secondo  la  dlTcrsità 
ddle  contrade  ;  vi  sono  i  boschi  in  color  verde ,  e  spesso  soor- 
gesi  la  forma  degli  alberi  che  li  compongono  ;  le  montagne  sodo 
rappresentate  prospetticamente  e  dipinte  a  chiaroscuro  ;  i  laghi 
ed  i  fiumi  sodo  colorati  di  celeste  ;  e  sulle  mappe  che  rappre- 
saltano  le  remote  contrade  sono  dipinti  gli  «limali  più  strani 
o  caratteristici  deUe  medesime.  —  Le  iscrizioni  poi  non  potreb- 
bero desiderarsi,  per  la  forma,  né  più  precise,  né  più  uguali, 
né  più  regolari.  I  nomi  dei  monti,  dei  fiumi  e  delle  prorincie 
sono  scritti  spesso  di  color  rosso  ;  le  iscrizioni  dd  mare^  i  nomi 
dei  porti,  delle  isolette ,  scogli  ec.,  sono  tracciati  in  oro  od  in  ar- 
gento, per  cui  mirabilmente  risaltano  sul  fondo  verde  od  azzurro 
che  il  geografo  dipintore  dette  alle  acque  —  I  titdi  delle  mappe, 
con  molta  esattézza  e  concisione  espressi ,  leggonsi  a  caratteri 
d'oro  in  alto  delle  medesime;  e  le  note  e  le  epigrafi  nelle  quali 
il  geografo  volle  brevemente  descrivere  la  storia  della  estrada 
nella  mappa  rappresentata ,  o  le  curiosità  naturali  della  mede- 
sima ,  sono  contenuti  in  cartelli  quasi  sempre  dipinti  con  molto 
gusto  di  disegno  e  vaghezza  di  colore.  —  La  mappa  che  rap- 
presenta r  Asia  Minore ,  la  Siria  e  l' isola  di  Cipro  dà  alta  idea 
della  erudizione  classica  dd  nostro  geografo ,  come  la  nota  che 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  in.  GAP.  XVI.  318 

leggesi  in  quella  ov'  è  ritratta  la  porzione  d' Asia  Meridionale , 
che  oggi  dicesi  Indocina ,  e  le  vicine  isole ,  dimostra  quanta  in- 
gegnosa e  sana  ad  un  tempo  fosse  la  critica  della  quale  il  Danti 
andava  fornito;  in  qudla  nota  Fautore  vuol  provare  che  il  Cher- 
soneso  dell'Oro  degli  antichi  corrisp<Hide  per  tutti  i  segni  alla 
grande  isola  di  Sumatra,  e  non  alla  penisola  di  Malacca ,  come 
gli  eruditi  de' suoi  tempi  credevano  —  Concludo:  per  tutti 
questi  pregi ,  e  per  altri  mcdti  che  da  una  più  attenta  osserva- 
zione dei  lavori  del  Danti  sicuramente  emergerebbero,  è  evidente 
che  le  mappe  dipinte  sulle  facce  degli  sportelli  degli  armadj 
suddetti,  sono  un  monumento  veramente  prezioso  per  la  storia 
della  erudizione  geografica  e  dell'arte  difficile  della  cartografia(l).0 

Quando  il  P.  Ignazio  Danti  eseguisse  un  si  importante  la- 
voro non  è  alcuno  che  lo  accenni ,  solo  avvertirò,  come  il  Va- 
sari nella  seconda  edizione  delle  sue  Vite  dei  pittori,  scultori  e 
architetti ,  parlando  nel  luogo  citato  di  Vincenzo  e  di  Ignazio 
Danti ,  e  descrivendo  i  lavori  geografici  di  quest'  ultimo  negli 
armadi  del  Duca  Cosimo  I ,  ne  favella  in  modo  da  far  cono- 
scere che  quell'  opera  del  P.  Ignazio  non  fosse  ancora  condotta 
al  suo  termine  ;  e  come  la  secmda  edizione  deHe  Vite  del  Vasari  è 
del  1568,  deducesi  con  ragione,  che  in  detto  anno  ei  vi  lavcHrasse 
tuttora. 

Nel  tempo  che  questo  insigne  artefice  e  scienziato  dava  si- 

(1)  Filippo  Moisé,  Illustrazione  Slorico- Artistica  del  Palazzo  yec- 
cìdo,  —  Firenze  i843,.an  voi.  in- 16,  pag.  i2l$  e  seg.  —  Oltre  queste  53 
mappe  fece  il  P.  Danti  per  Cosimo  I,  due  grandi  mappamondi,  alti  eia- 
senno  braccia  tre  e  messo ,  dei  quali  parla  il  Vasari,  Ibc.  cit.  e  il  P.  Se- 
ra6no  Raui  nella  Cronaca  suddetta. 


Digitized  by 


Google 


3U  MEMORIE 

mnltaneameDte  opera  alle  Matematiche ,  all'  Asironomia  ed  alla 
Geografia,  an  vastissimo  proggelto  si  volgeva  nella  meote  del 
Gran  Doca  Cosimo;  se  già  non  voglia  credersi  che  il  P.  Ignazio 
Danti  ne  fosse  il  promotore.  La  natura  collocando  la  Toscana  quasi 
nel  mezzo  dell'Italia  e  in  un  ameno  giardino  »  sembrava  invi- 
tarla ad  essere  il  centro  e  Tomporio  delle  ricchezze  di  latta  la 
penisola ,  siccome  lo  fu  sempre  della  civiltà  italiana.  Se  noe  che 
opponevasi  invincibiltaiente.a  questa  sua  floridezza  l'aspra  ca- 
tena degli  Appennini,  la  quale,  tutta  cingendola  dai  lati  e  da  tergo, 
e  solo  lasciandole  aperto  un  varco  al  Mediterraneo,  la  divide 
dalla  Liguria  e  dalie  Romagne,  e  dinegale  la  via  alle  subappen- 
nine  provinde  della  orientale  Italia,  non  che  il  commercio  con 
l'Adriatico.  Ora ,  se  ad  alcuno  fosse  bastalo  l'ingegno  di  aprirsi  con 
perforamenti  l' adito  nelle  viscere  stesse  degli  Appennini  ;  o  eoo 
artefatti  canali  porre  in  comunicazione  l'uno  e  l'altro  mare, 
r  Adriatico  ed  il  Tirreno ,  Firenze  sarebbe  certamente  addive 
nula  r  emporio  dell'  Italia ,  ed  una  tra  le  più  floride  e  pqxdose 
capitali  di  Europa.  Questo  ardito  pensamento  non  dovea  collo- 
carsi fra  i  delirii  di  un  sognatore,  perciocché  difficoltà  o  uguali 
o  maggiori  di  queste  eransi  superate  e  vinte  negli  andati  tempi; 
e  allora  appunto  i  francesi  nella  Linguadoca  concepivano  il 
progetto  di  unire  il  Mediterraneo  all'Oceano,  progetto  che 
r  ingegno  meraviglioso  di  Pietro  Paolo  Riquet  alcun  tempo  dopo, 
condusse  a  termine  con  sua  gloria  immortale,  e  con  inestimabile 
ricchezza  della  Francia  (1). 

(i)  Ciò  aTvctme  Tanno  1680.  Nella  formaxìoae  di  questo  canale  di 
forte  tt5  leghe  in  lunghcua,  trascorsero  15  anni,  e  furono  ^pesi  17  ini- 
lioni,  che  sarebbero  94  a  dì  nostri.   Giusta  i  computi    di  Dupont    de   Ne- 


L 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XVI.  315 

Alla  esecozìone  di  tanto  vasto  concepimento  si  adcUmandava 
però  Tarte  e  l'ingegno  di  nn  peritissimo  matematico  od  ingegnere, 
e  tale  che  alla  vastità  e  sodezza  delie  teorie  accoppiasse  quella 
sicorczza  la  quale  è  frutto  della  età  e  dei  ripetuti  esperimenti;  e 
che  elevandosi  a  tutta  V  alt^za  dì  simile  impresa»  Tacesse  opera 
veramente  italiana.  D  Duca  Cosimo  rivolse  tosto  gli  occhi  al 
P.  Ignazio  Danti,  quando  questo  religioso  non  contava  che 
soli  35  anni,  ma  che  di  già  avea  dati  tali  saggi  del  suo  sapere 
e  della  sua  esperienza ,  da  meritare  una  piena  fiducia.  Di 
questo  fatto  onorevole  cotanto  al  principe  che  il  voleva  man- 
dare ad  effetto  e  all'architetto  prescelto,  abbiamo  distinta  con- 
tezza dal  Cantini  nella  sua  storia  di  questo  primo  Gran  Duca 
della  Toscana  ;  e  dice  aversene  notizia  da  una  lettera  di  Barto- 
lommeo  Conci  segretario  di  Cosimo,  indiritta  a  Mons.  Vincenzo 
Borghini,  con  la  data  di  Pisa  del  24  aprile  1572  (1).  Procede 
quindi  il  Cantini  a  esporre  il  concetto  del  P.  Ignazio  Danti  nel 
modo  seguente. 

or  Sulla  montagna  della  Consuma,  che  è  situata  nel  Casen- 
tino ,  e  che  è  una  continuazione  dell'  Appennino ,  esiste  verso  la 
parte  di  Prato  Vecchio  una  spaziosa  valle ,  neUa  quale  si  ave- 
vano a  raccogliere  le  acque  di  tutti  quei  monti  per  formare  un 
lago ,  dal  quale  forse  si  dovevano  partire  i  due  canali ,  cioè 
quello  per  introdursi  nelF  Adriatico ,  e  V  altro  per  scendere  nel- 
r  Amo ,  e  venire  nel  mar  Toscano ,  e  forse  odia  formazione  di 

moars,  nel  1797  aveva  aumentato  per  meglio  di  20  milioni  la  rendita  delle 
proprietà  territoriali  di  quella  parte  della  Francia  ,  e  prodotto  al  regio  Fi- 
sco in  tasse  ed  imposte  in  un  secolo,   a  dir  poco,  500  milioni. 

(I)  yUa  di  Cosimo  /,  Firense  1805,  un  voi    in4,  png,  477. 


Digitized  by 


Google 


316  MEMORIE 

un  altro  lago  nella  sommità  dell' Appomino  Toscano.  Questi  due 
canali  non  potevano  esser  navigabili  senza  m(dti  sostegni  e  cate- 
ratte, e  artificiali  ricettacoli  dove  si  dovessero  abbassare  ed  alzare 
le  acque  medesime ,  non  tanto  per  la  natura  del  paese  che  è 
sommamente  montuoso,  quanto  ancora  per  causa  delle  acque, 
che  da  quei  luoghi  non  in  molta  quantità  si  possono  raccogliere. 
Questa  operazione ,  se  fosse  stata  eseguita ,  avrebbe  facilitato  ai 
Toscani  per  V  abbreviamento  dd  viaggio  il  commercio  del  Le- 
vante,  e  la  Toscana  sarebbe  addivenuta  il  magazzino  deDe  merd 
orientali ,  come  era  stata  la  città  di  Pisa  nei  secoli  antichi.  I 
vantaggi  che  questo  canale  di  comunicazione  apportato  avrebbe 
alla  Toscana,  sarebbero  stati  ^andissimi ,  e  Firenze  rard>be  nd 
mondo  una  comparsa  non  meno  luminosa  di  quella  che  fanno 
le  città  più  commercianti  di  Europa ,  ec. . . .  Qual  fosse,  la  ca- 
gione per  la  quale  Cosimo  non  eseguisse  un'  impresa  tanto  utile 
n(m  è  noto;  forse  fu  la  morte,  che  dopo  non  mcdto  tempo,  come 
vedremo,  tolse  al  mondo  quel  principe ,  e  forse  per  V  inconve- 
niaite  della  congelazione  de'  ricettacoli ,  e  de'  canali  nd  crudo 
inverno ,  per  .cui  sarebbe  stata  in  quella  stagione  sospesa  la  na- 
vigazione ,  e  in  conseguenza  ritardato  il  viaggio ,  ed  aumentata 
la  spesa  dei  trasporti  ;  e  la  spesa  grande  che  era  indispoisabile 
in  quel  lavoro,  forse  spaventò  il  di  lui  successore  Gran  Duca 
Francesco ,  e  la  Toscana  restò  senza  un'  opera  che  certamente 
sarebbe  stata  una  sorgente  fecondissima  di  utilità ,  e  di  ric- 
chezze. 0 

Se  questo  divisamenlo  per  ignote  cagioni  non  ebbe  aUora 
il  suo  efletto,  non  pertanto  ci  farà  fede  della  estimazione  che 
godeva  il  Danti  in  quella  età,  vedendcrio  prescelto  ad  opera  tanto 


Digitized  by 


Qoogh 


LIBRO.  III.  CAP.  XVIL  317 

g^rande.  Né  già  concederemo  facilmente  al  Cantini  che  questo 
proggetto  ci  venisse  al  tutto  di  Francia,  come  egli  va  opinando, 
ma  in  quella  vece  volendo  procedere  per  via  di  conghietture , 
stimeremo  che  il  re  Francesco  !»  atuta  contezza  da  Cosimo  I 
di  questo  disegno  del  Danti,ne  chiedesse  copia  per  eseguire  quello 
della  Linguadoca.  Vero  è  che  nò  il  re  di  Francia  né  il  Gran 
Duca  di  Toscana  impresero  allora  quello  sperimento,  lasciando 
ai  posteri  di  maturarne  il  disegno.  E  noi  portiamo  fiducia,  che 
il  generoso  pensiero  dei  Medici  e  il  concito  grandissimo  del 
Danti,  non  sia  perduto  per  la  Toscana  e  per  l'Italia.  Che  forse 
non  é  lontano  il  giorno  in  cui ,  se  non  con  Y  opera  dei  canali 
e  delle  cateratte,  con  quello  del  perforamento  dei  monti  e  delle 
strade  ferrate,  i  popoli  dell'Emilia  e  della  Venezia  porgeranno 
la  mano  ai  popoli  della  Toscana  e  della  Liguria. 

L' anno  1574  il  P.  Ignazio  Danti  per  la  morte  di  Cosimo  I 
perdeva  il  suo  generoso  proteggitore;  ma  il  successore  France- 
sco I,  che  gli  era  stato  discepolo  nello  studio  delle  matemati- 
che, lo  raflérmò  nel  suo  servigio  con  la  stessa  provvisione  del 
padre.  Per  brevissimo  tempo  però;  conciosiachè  la  Università  di 
Bologna,  vedendo  giovarsi  di  cotanto  senno ,  invitato  il  Danti 
ad  occupare  la  cattedra  di  matematiche  e  di  astronomia, 
forse  interpostavi  Fautorità  del  Pontefice,  lo  toglieva  alla  To- 
scana. Sembra  ri  si  recasse  tra  il  1575  e  il  1576;  e  scrive 
r  Alidosi  vi  dimorasse  fino  al  1583  (1).  Io  non  verrò  noverandole 
dottissime  produzioni  di  questo  insigne  scrittore,  che  ponno  ve- 
dersi con  ogni  accuratezza  ricordate  dal  Yermiglioli,  non  avendo 
esse  uno  stretto  rapporto  con  l'argomento  che  abbiamo  tra  mano; 

(1)  Vermigligli )  loc.   cìt.  pag.  t31  in  nota 


Digitized  by 


Google 


318  MEMORIE 

ma  in  queDa  vece  acceimerò  un'opera  di  architettura  dal  mede- 
simo disegnata  nel  tempo  che  egli  dimorava  in  Bologna.  Fu 
questa  una  cappella  nella  chiesa  del  Padre  San  Domenico  deQa 
stessa  città.  Ce  ne  consertarono  memoria  il  P.  Serafino  Razzi  e 
rOrettiy  e  ambedue  soggiungono,  fosse  la  cappelta  di  tutie  ìe  Re- 
liquie. Ma  quest*  opera  del  Danti  più  non  esiste,  distrutta  nella 
rinnovazione  deUa  chiosa. 

Nel  tempo  di  questi  studj,  pregato  da  mona.  Pietro  Ghidieri 
governatore  di  Perugia,  il  P.  Ignazio  salutava  nuovamente  la 
patria,  e  a  richiesta  de' suoi  concittadini,  disegnava  secondo  k 
misure  e  le  regole  della  geografia,  tutti  i  dintorni  e  il  bellissimo 
paese  e  territorio  dell'augusta  sua  città  di  Perugia;  come  si  può 
vedere  in  una  sala  del  palazzo  dei  Signori.  Il  quale  lavoro  Ai 
poi  fatto  di  pubblica  ragione  in  Roma ,  aggiuntevi  le  castdla, 
le  rocche,  i  ponti  sopra  il  Tevere,  e  altri  luoghi  principali 
di  detto  territorio.  Fece  eziandio  una  descrizione  e  un  disegno 
del  territorio  di  Orvieto,  i  quali  vennero  pubblicati  in  Roma 
V  anno  1583  (1)  ;  opera  di  cui  non  sembra  avessero  notizia 
i  dottissimi  PP.  Echard  e  Quietif.  E  dappoiché  siamo  md 
favellare  di  carte  geografiche,  vogliamo  notare  per  inciden- 
za, come  r  Ordine  Domenicano,  pochi  anni  innanzi  al  Danti, 
avesse  noverati  due  altri  geografi  e  storid  italiani  di  molto 
merito.  Il  primo  è  il  P.  Leandro  Alberti  bolognese ,  del  quale 
si  è  più  volte  fatta  menzione.  Egli  descrisse  non  pure  tutta 
quanta  l'Italia,  ma  ri  aggiunse  le  carte  geografiche  della  Corsica, 

(1)  Razzi  I  loc.  cìt  Àbramo  Ortelto  inserì  qaeste  dae  carte  nella 
grand*  Opera ,  Theatrum  Orbis  Terrantm  N.  LXXXIll ,  Ednione  di  An- 
versa del  1592. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  XVI.  31» 

della  Sicilia  e  della  Sardegna^con  ogni  accuratezza  dal  medesimo 
delineate,  pubblicate  in  Venezia  Tanno  1568,  che  è  a  dire  dopo 
la  morte  ddl'autore,  e  inserite  quindi  dall'Ortelio  nella  sua  opera. 
11  secondo  è  mons.  Agostino  Giustiniani  genovese ,  yescovo  di 
Nebbio  in  Corsica,  celebre  per  la  sua  versione  poliglotta  della 
Bibbia,  e  per  i  suoi  Annali  della  repubbUca  di  Genova.  Fece 
una  simile  carta  dell'isola  suddetta,  della  quale  cosi  egli  stesso 
scrive  ne' suoi  Annali,  sotto  Y  anno  1470:  Ho  descritto  molto  mi- 
nuiamente  V  Isola  di  Corsica  per  utilità  della  mia  patria^  intito- 
UUa  al  Principe  Andrea  <f  Oria ,  e  messa  poi  la  descrissiane  in 
distinta  pittura^  V  ho  donata  al  magnifico  ufficio  di  5.  Giorgio. 
Questa  mappa  eseg:uita  dal  Giustiniani  intomo  l'anno  1531  venne 
inserita  dall' Ortelio  come  quelle  del  Danti  e  dell'Alberti,  nel  suo 
Teatro  ddl'  Universo. 

Per  tante  opere  di  Astronomia,  di  Blatematiche,  di  Cosmo- 
grafia e  di  Arti,  il  P.  Ignazio  Danti  chiaro  e  illustre  per  tutta 
Italia,  fu  dal  Sommo  Pontefice  Gregorio  XIII,  degli  artefici  e  dei 
letterati  proteggitore  munificentissimo,  invitato  a  Roma  col  ti- 
tolo di  Matematico  Pontificio,  consentendogli  non  pertanto  di  ri- 
tenere la  cattedra  della  bolognese  università;  ed  egli  ricusate  le 
offerte  generose  di  altri  regnanti ,  si  recò  ai  servìgi  del  Ponte- 
fice. Gregorio  XIU  tosto  ebbe  conosciuta  per  so  medesimo 
la  rara  virtù  dell'  animo ,  e  la  copia  delle  cognizioni  del 
Danti,  pose  in  lui  tanto  amore  e  tanta  fiducia,  che  ogni  giorno 
conferiya  seco  affari  eziandio  di  grandissimo  rilievo;  e  quanto 
egli  chiedeva  tosto  eragli  dal  Pontefice  conceduto  (1).  Quindi 
aflSdavagli  molte  e  diverse  maniere  di  lavori;  lo  chiamava 

(i)  Pascoli,  loc.  cit.  pag.  148. 


Digitized  by 


Google 


320  MEMORIE 

a  parte  della  Congregazione  detta  alla  riforma  del  Calendario 
Romano  (l),e.  contemporaneamente  gli  commetteva  la  diredooe 
di  tatti  i  lavori  della  Galleria  Vaticana.  E  qai  stimiamo  doverci 
alquanto  allargare  nel  nostro  racconto ,  onde  far  palesi  i  ser- 
vigi resi  dal  P.  Ignazio  a  tutte  le  arti  del  disegno  nel  tempo 
di  questo  suo  soggiorno  in  Roma. 

Gli  artefici  che  la  generosità  di  Leone  X  e  di  Oemente  VII 
aveva  accolti  nella  etema  città,  dalla  barbarie  delle  milìzie  di 
Cario  y  fugali  e  dispersi,  si  erano  ricoverati  nelle  diverse  Pro- 
vincie dellltalia,lasciando  ovunque  i  mirabili  esempj  della  scuola 
elettissima  dell'Urbinate.  Bla  cessata  la  ierale  procella,  e  purgata 
Roma  da  quella  maledizione,  volendo  i  Romani  Pontefici  richia* 
mare  all'  antico  seggio  le  arii  e  gli  artisti ,  trovarono  i  tempi  e 
gli  uomini  mutati  ;  onde  quella  stessa  generosità  che  versata  in 
seno  agli  artefici  dell'aureo  secolo  avea  levata  in  fiore  la  pittura 
e  tutte  le  arti  del  disegno,  versata  in  seno  ai  degeneri  successori, 
crebbe  sformatamente  il  male  e  lo  propagò.  Quando  Paolo  III 
apriva  con  la  Sala  Regia  un  nobilissimo  aringo  ai  pittori  de- 
siosi di  fortuna  e  di  gloria,  vedeva  mancare  ad  uno  ad  uno  i 
migliori ,  e  succedere  sempre  progeniem  vitiosiorem.  Giulio  Ro- 
mano era  morto  in  Mantova  ;  Pierin  del  Vaga  invitato  a  di- 
pingere tutti  i  lavori  della  sala,  in  quella  guisa  stessa  che  il  San- 
zio quelli  del  Vaticano ,  non  aveva  ancora  disegnate  le  storie, 

(1)  Nella  relazione  presentata  a  Gregorio  XllI  dalla  Congregazione 
formata  per  l;i  riforma  del  Calendario  Romano;  U  Danti  cosi  sottoftcrive: 
Ego  Frat.  Ignatius  Dantes  Orti,  Prcedicat.  in  almo  Gymnas.  Bononiens. 
Maihemai,  Profe$$,  perusin,  die  Jtrsto  Exaltationis  Crucis  anno  1580. 
Vedi  Vermìglìoli  loc.   cit. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  XV  321 

che  morte  il  forava  alle  speranze  del  Ponteflce.  Succedevagli 
quindi  Daniele  da  Volterra,  poi  ilSalviati,  poi  gli  Zuccheri,  e 
altri  più  deboli  dipintori.  Salito  al  soglio  pontificio  Gregorio  XIII 
r  anno  1572,  si  pose  in  cuore  di  sollevare  le  atti  italiane  a  glo- 
ria non  peritura;  e  lo  avria  conseguito,  se  Toro  bastasse  a  creare 
^  artisti,  e  ad  inspirar  loro  il  senso  del  bello.  Non  pago  di  avere 
fondata  la  celebre  Accademia  di  S.  Luca,  volle  continuate  le 
opere  che  la  celeste  fantasia  di  Ra£Eaello  avea  lasciate  nella  Gal- 
leria Vaticana  (1).  Ma  in  questo  periodo  di  tempo  l' arte  era  ve- 
nuta non  pur  scendendo  al  basso,  ma  rovinando.  Gli  artefici  in- 
vitati ad  opera  tanto  insigne  erano,  Niccolò  Circignani,  più  noto 
sotto  il  nome  di  Pomarancio,  Lorenzino  da  Bologna ,  il  Ron- 
calli, il  Tempesti ,  Raffaellino  da  Reggio,  il  Pahna  giovine,  Giro- 
lamo Massei,  e  Girolamo  Muziano  (2).  Due  sopraintendentì  elesse 
il  Pontefice  a  questi  lavori,  e  furono  il  Pomarancio  ed  il  Mu- 
ziano; a  tutti  prepose  il  P.  Ignazio  Danti.  E  molto  avveduta- 
mente, avendo  mostrato  V  esperienza ,  scrive  ¥  ab.  Lanzi ,  che 
r  abbandonare  intieramente  agli  artefici  la  direzione  dei  lavori 
nuoce  all'  esecuzione  ;  essendo  pochi  coloro  che  nella  scelta  dei 
pittori  subalterni  non  si  laschio  guidare  o  da  predilezione  o  da 
avarizia  o  da.  gelosia.  Adunque  tale  scelta  fu  riserbata  al  Danti, 
che  a  buona  pratica  delle  arti  del  disegno  univa  qualità  mo- 
rali da  ciò:  e  per  sua  opera  tutto  il  lavoro  fu  compartito  e 

(1)  Questo  nuovo  braccio  della  Gallerìa  Vaticana  sì  crede  eretto  con 
disegno  del  P.  Ignazio  Danti.  Lo  scrive  il  Ghilini,  e  sì  sa  eziandio  da  una 
lettera  inedita  dì  Mons.  Krcolani  domenicano  vescovo  di  Perugia,  amico  al 
Danti.  Vedi  Vermiglioli,  loc.  cit.  pag.   136,  in  nota. 

(2)  Lanzi  f  Storia  Pittorica  ^    Scuola   Romana^    Epoco  3 

II.  21 


Digitized  by 


Google 


332  MEMORIE 

condotto  in  guisa,  che  parve  tornare  nei  Vaticano  se  non  il  genio 
la  quiete,  la  soggezione,  il  buon  ordine  dei  tempi  raffàellcscfai.  E 
Agostino  Taia  soggiunge  sul  conto  del  medesimo:  «  Questo  inge- 
gnoso e  discreto  Padre  parve  in  quel  tempo  mandato  da  Dio,  e 
formato  apposta  alla  cultura  delle  belle  Arti,  ed  allo  stradamento 
dei  professori  delle  medesime,  tante  erano  e  cosi  rare  le  buone 
disposizioni  in  esso  a  simile  impiego  (i).t  E  perchè  non  mancasse 
r  opera  dell'  arte  e  dell'  ingegno  dello  stesso  P.  Ignazio,  il  Ponte- 
fice gli  fece  delineare  e  colorire  in  molte  tavole  tutta  l'antica 
e  la  nuova  Italia  ;  opera  che  rammenterà  sempe  ai  posteri  il 
nome  ed  il  naerito  di  questo  rdfgioso.  Scrive  il  eh.  Vermigliai, 
che  queste  mappe  geografiche  ftirono  fatte  dal  1677  al  1580  (2). 
Vogliamo  ricordare  eziandio  un  altro  servigio  reso  dallo  stesso 
alle  Arti,  abbenchò  poi  loro  tornasse  in  gran  parte  funesta  Fra  i 
giovmi  fattorini  che  aiutavano  i  dipintori  nell'opera  ddle  loggie, 
era  un  fanciulletto  napoletano  il  quale,  comechò  occupato  in  troppo 
umile  condizione,  e  confuso  nella  turba  degli  inservienti,  non  per- 
tanto avealo  il  Danti  veduto  furtivamente  disegnare  e  colorire 
alcune  figurine,  che  annunziavano  un  raro  talento;  onde  presen- 
tendo di  lui  grandi  cose ,  un  cotal  giorno  che  il  Pontefice  si  ora 
recato  a  vedere  i  dipinti  per  sua  munificenza  eseguiti,  il  Danti 
gli  additò  i  saggi  artistici  del  giovinetto,  i  quali  ammirati ,  il 
Pontefice    volle  fornirlo  dei  mezzi  opportuni  per  addivenire 
un  valente  artefice.  Questo  giovinetto  napoletano  era  Giuseppe 
Cesari,  più  conosciuto  sotto  il  nome  di  Cavaliere  di  ArpÙM ,  nel 

(1)  Agostino  Taia,  Dcscrizior\e  dei  Palano  praticano.  Rem»  1750, 
pag.  133. 

(2)  Loc.  cìt.  pag.  136,  in  nota. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IIL  GAP.  XVI.  393 

quale  fo  iniero  grande  ringegno,  ma  da  ree  masaime  forviato 
e  da  esempi  peggiori  si  diede  a  segoitare  le  yie  dei  manieristi, 
onde  crebbe  smisoratamente  e  propagò  la  corruzione  ddF  arte. 
Qui  non  si  ristayano  le  dotte  fatiche  del  P.  Ignazio  Dan- 
ti; ma  compiuta  appena  F  opera  ddle  mappe  geografidie, 
dettava  la  vita  del  celebre  ardiitetto  Iacopo  Barozzi  da  Yignda, 
e  pubblicava  con  preziosi  commenti  l'opera  dello  stesso  suUb  re- 
gole deUaProspettiva  Pratica  (1).  Asaociato  dal  Pontefice  affardna 
intrapresa  deD'ardiitetto  (Movanni  Fontana,  di  ricondurre  al  pri- 
mitivo uso  le  boccbe  del  furto  Claudio,  il  P.  Ignazio  ne  fece  tutti 
i  disegni,  cavandoli  dottamente  dai  ruderi  deUe  antiche  fobbri- 
cbe  (S).  Volendo  Gregorio  XIII  rimunerare  tanto  senno  e  tanta 
virtù,  creò  il  Danti  Vescovo  di  Alatrt,  città  deDa  Campagna  ro- 
mana, nel  novembre  dell'  anno  1583.  Quivi  giunto,  si  diede  tosto 
con  zelo  grandissimo  a  restaurare  il  divin  culto  e  la  piati  ne'po- 
poli  a  lui  affidati ,  oompiendo  tutte  le  parti  di  ottimo  e  vigilan- 
tissimo pastore.  Convocò  tosto  il  sinodo  diocesano,  con  l'opera 
del  quale  riformò  molti  abusi  ;  eresse  per  benefizio  dei  poveri 
un  monte  di  pietà;  restaurò  e  abbellì  il  palazzo  vescovile;  ornò 
di  ricchi  paramenti  la  chiesa;  e  nutricò  il  gregge  alla  sua  cura 
commesso  con  la  frequente  predicazione  deUa  divina  parola  (3). 

^(1)  Le  due  regole  della  Prospettiva  Pratica  di  3f esser  Iacopo  Ba- 
rozzi  da  VignoUif  con  i  Commenti,  tra  toI.  in-fol.  Roma  1583.  La  tiU  del 
Vignola  fu  riprodotta  dal  Baldiimcoi.  Vedi  Decen.  IV,-  del  secolo  IV.  — 

(2)  ViRMiGLioii,  loc.  cit.  p»f .  140.  —  Sorìre  lo  stesso  che  il  Danti 
facesse  altresì  una  preziosa  raccolta  di  disegni  originali  de*  più  valenti  artefi- 
ci ,  della  quale  sì  ignora  che  sia  avvenuto. 

(3)  Pascoli,  loc.  cit.  pag.  IttO. 


Digitized  by 


Google 


324.  MEMORIE 

Nel  1586  Sisto  V,  volendo  innalzare  sulla  piazza  del  Vaticano  il 
bellissimo  obelisco  che  vi  si  ammira  tuttora ,  nxm  pago  di 
averne  affidata  la  cura  aU'  architetto  Domenico  Fontana ,  invitò 
a  Roma  mons.  Ignazio  Danti,  perchè  aiutasse ^qnelFardoa  intra- 
presa con  i  suoi  consigli  (1).  Quindi  eretta  a  suo  luogo  la  mole , 
per  vo1m«  di  Sisto  il  vescovo  d' Alatri  vi  deUneava  alla  base  nn 
gnomone  col  quale  si  dimostrano  gli  equinozi  ed  i  solstizi  ;  di 
che  abbiamo  la  gravissima  autorità  del  P.  Serafino  Razzi,  scrit- 
tore contemporaneo,  con  la  quale  si  tolgono  le  dubitazioni  di  al- 
cuni che  non  seppero  prestarvi  fl  loro  assenso.  Reduce  il  Danti 
in  Alatri ,  vi  ammalò  di  febbre  ,  dalla  quale  oppresso,  in  otto 
giorni  mancò  di  vita,  l'anno  1586,  alli  19  di  ottobre,  odia  ancora 
verde  età  di  anni  49;  benedetto  e  compianto  da  tutto  il  suo  po- 
polo. 

Il  nome  del  P.  Ignazio  Danti  fia  sempre  caro  e  venduto  a 
quanti  portano  amore  alla  scienza  ed  alle  arti  italiane.  E  lo  fu,  vi- 
vente, a  due  Gran  Duchi  di  Toscana,  e  a  due  Pontefici,  non  die 
ai  più  chiari  sapienti  ed  artefici  della  sua  età.  Fu  eg^  tra  primi 
che  prendesse  a  scrivere  alte  dottrine  e  sottili  speculazioni  di 
Astronomia  e  di  Cosmografia  con  pura  e  tersa  lingua  italiana  ; 
onde  il  Perticari  si  ebbe  a  dolere  che  non  avesse  per  anco  otte- 
nuto onorato  seggio  nella  Crusca  (2).  Egli  che  aveva  fatto  innal- 

(1)  n  giorno  30  aprile  del  1586  fu  desùnato  alla  prima  operaùone 
dell*  inalz amento  dell*  obelisco.  Vi  si  operò  fino  al  13  giugno.  Interrotti  i 
lavori  a  cagione  dei  calori  estivi,  il  giorno  9  settembre  vennero  ripresi,  e 
l*iobelUco  (il  collocato  sulla  sua  base.  Milizia»  Memorie  te,  voi  2,  libro  UI. 
pag.  IDI. 

(2)  Degli  Scriflori  del  Trecento^  lib.   1,  cap.  XII,  pag.  06  —  Siamo 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  GAP.  XVL  325 

tare  al  fratello  Vincenzo  un  marmoreo  sepolcro,  non  consegui 
dopo  morte  dalla  gratitudine  dei  posteri  una  pietra  che  allo 
straniero  additi  il  luogo  ove  hanno  riposo  le  sue  ceneri. 

Possa  la  vita  d^na  ed  operosa  del  P.  Ignazio  Danti  essere 
specchio  in  cui  mirino  i  claustrali  della  presente  età  e  delle  fu- 
ture! 

fJebUori  al  più  volte  lodato  prof.  Gìo.  Batt.  Vermìglioli  se  Bartolommco 
Gamba  nella  quarta  edizione  de'  suoi  Testi  di  Lingua  pose  in  essa  più  opere 
ilei  P.  Ignazio  Danti.  Vedi  pag.  377,  400  ec. 


Digitized  by 


Google 


aae  memorie 


CAPITOLO   XVII. 


Del  P.  Domenico  Portigiani^  vakntisnmo  Fonditore  in  bronzo 
e  Architetto. 


l^empre  cbe  ci  è  occorso  sottrarre  dalle  ingiiirìe  del  tempo  % 
dalla  non  caranza  degli  uomini  alcon  nome  degno  di  ^sere  con 
venerazione  e  con  gratitudine  ricordato,  noi  ne  abbiamo  preso 
inestimabile  diletto ,  sembrandoci  per  tal  modo  ben  meritare 
dei  buoni ,  i  quali ,  se  negletti  o  ingiustamente  oppressati  in 
vita,  possono  vedere  cbe  veglia  su  di  loro  la  storiarla  quale,  tar- 
diva si  alcune  volte,  ma  pur  finalmente  viene  a  trarre  il  loro 
nome  dall*  oblio,  e  tramandarlo  immortale  alla  posterìtè.  Ma 
quando  per  la  pochezza  del  nostro  ingegno  non  fosse  a  noi 
conceduto  assicurare  ai  medesimi  la  perpetuità  della  fama,  ci 
stimeremo  non  pertanto  largamente  rimunerati  delle  nostre  fa- 
tiche col  solo  pensiero  di  averlo  tentato:  e  questo  dolce  diletto 
proviamo  ora  nel  parlare  del  P.  Domenico  PortigianL 

Egli  che  nel  suo  secolo  a  ninno  fu  secondo  nell'arte  dif- 
ficilissima del  getto  in  bronzo;  e  che  prestò  1*  opera  sua  nel 
fondere  molti  e  grandi  lavori  del  celebre  scultore  Gian  Bo- 
logna, del  quale  era  verosimOmente  discepolo  o  imitatore, 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  GAP.  XVII.  327 

meritava  a  nostro  avviso  onorata  menzione  nella  storia  della 
scultura  italiana.  Nondimanoo  (a  egli  non  pure  dimenticato 
dal  Cicognara/ma  il  Baldinucci  con  ingiustizia  troppo  pa- 
lese le  opere  del  Porligiani  attribuì  a  Gian  Bologna  e  ai  di 
luì  discepoli*  Il  perchè  ho  tolto  a  scriverne  brevemente  la  vita , 
pubblicando  del  medesimo  quelle  notizie  che  nell'  archivio  della 
insigne  cattedrale  di  Pisa ,  ed  in  quello  del  conv.  di  S.  Marco  di 
Firenze,  mi  è  stato  possibile  di  rinvenire  (1]. 

Da  un  maestro  Zanobi  Portigiani,  ugualm^ite  fonditore  di 
bronzi  y  nacque  il  P.  Domenico  l' anno  1536,  e  gli  fU  imposto  nel 
battesimo  il  nome  dì  Bartolommeo.  Ignoro  però  il  luogo  che  gli 
diede  i  natali,  e  sono  tuttavia  incerto  se  abbia  diritto  a  questa 
gloria  la  piccola  città  di  San  Mmiato  al  Tedesco  ,  ov- 
vero Firenze  (2).  Dal  genitore  apprese  per  alcuni  anni  l'arte 
del  getto  e  del  rinettare  1  bronzi  ;  e  come  da  questa  non  è 
dato  facilmente  partire  il  disegno  e  il  modellare  di  terra ,  si 
vuol  credere  ancora  in  queste  arti  ammaestrato.  Nel  tempo  di 
questi  studi  non  intralasciava  però  quello  delle  umane  lettere, 
nelle  quali,  come  che  non  facesse  straordinari  progressi ,  pur 
tanto  seppe  in  latinità ,  che  volendo  dedicarsi  al  Signore  nel  mi- 
nistero del  culto ,  chiese  ed  ottenne  Y  abito  Domenicano  nell'  in- 
signe convento  di  S.  Marco  in  Firenze,  nel  giorno  5  di  Agosto 

(1)  E  qui  mi  protesto  grato  a  tutti  quegli  animi  gentili  cke  in  Pisa 
mi  agevolarono  la  vìa  a  consultare  gli  Archivi  della  Cattedrale  e  del  Ca- 
pitolo. 

(2)  Nel  contratto  fra  gli  Operaj  del  Duomo  di  Pisa  e  il  Portigianì, 
questi  è  detto  fiorentino. 


Digitized  by 


Google 


338  MEMORIE 

dell'anno  1552 ,  per  le  mani  del  P.  Vincenzo  Ercolani  perugino, 
non  contando  di  età  che  soli  15  anni  e  sei  mesi  ;  sendo  annove- 
rato fra  i  religiosi  corali,  e  mutando  il  nome  di  Bartolommeo  in 
quello  di  Domenico  (1).  Sembra  indubitato  però,  che  tosto  ve- 
stite le  sacre  lane  fosse  inviato  nel  convento  di  S.  Domenico  di 
Pistoja  per  compiervi  V  anno  del  noviziato,  dicendosi  professato 
dal  P.  Lodovico  Buoninsegni,  sottopriore  di  qu^  convento ,  li  14 
Agosto  1553  (2). 

Allora  quando  il  Portigiani  giungeva  in  Pistoja,  il  pittore  fra 
Paolino  del  Signoraccio  era  da  alquanti  anni  mancato  ai  viventi, 
e  con  esso  si  era  chiusa  la  successionci  dei  pittori  della  Congrega- 
zione di  S.  Marco.  Viveva  però  in  Firenze  la  pittrice  suor  Plau- 
tiUa  Nelli,  ed  era  nel  fiore  degli  anni.  Io  ho  per  lunga  esperienza 
veduto  che  coloro  i  quali,  dotati  di  indole  buona  e  di  svegliato 
ingegno,  hanno  con  laudabile  fine  vestito  l'abito  religioso,  aiutati 
dalla  pace  e  dal  silenzio  del  chiostro,  si  sono  studiati  dedicarsi 
ad  alcune  utili  e  belle  discipline,  nelle  quali  ed  tempo  perfezio- 
nandosi, sonò  addivenuti  eccellenti,  ed  hanno  mantenuta  ad  un'ora 
la  integrità  della  vita,  e  la  onestà  del  costume.  E  se  io  volessi 
noverare  quelli  solamente  che  si  diedero  alle  arti  meccaniche, 
piuttosto  mi  mancherebbe  il  tempo  che  la  materia.  Tanto  avvenne 
al  P.  Domenico  Portigiani,  il  quale,  non  avendo  da  natura  sor- 
tito grande  attitudine  agli  studj  delle  scienze  ecclesiastiche ,  si 
yoltò  a  quello  delle  arti  del  disegno,  per  le  quali  sentiasi  tratto 

(1)  Ibid.  Sì  correggano  con  ciò  il  Gori  ed  il  Richa^  che    lo  dissero 
'  Converso. 

(2)  jénnaUum  conv.  S.   Marci  de  Florcntia^   fol.  264. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  GAP.  XVII.  329 

più  fortemente.  Si  diede  pertanto  a  leggere  e  meditare  le  opere 
di  architettura  di  Vitrurio  e  di  Leon  Battista  Alberti ,  primi  ed 
etemi  maestri  di  quest'arte  nobilissima  ;  e  in  essa,  aiutato  dallo 
studio  e  dall'ingegno,  fece  col  tempo  cosi  felici  progressi,  che  potò 
dirigere  importanti  fabbriche  in  prò  de' suoi  religiosi  in  Firenze 
ed  in  Fiesole  (1).  Ripigliando  nelle  ore  di  ozio  l'uso  del  modellare 
e  del  getto  in  bronzo,  condusse  molti  e  bellissimi  layori  di  vario 
genere  ;  intanto  che  le  memorie  del  convento  ricordano  da  lui 
fuse ,  statue,  fonti ,  cannoni,  campane,  utenti  domestici,  il  tutto 
conducendo  con  molta  bravura.  Ma  segnatamente  lodarono  sem- 
pre in  lui  la  pratica  e  diligenza  nel  rinettare  gli  ornamenti  di 
bronzo  con  bellissimo  pulimento;  il  che  quanto  malagevole  ria  e 
quanta  perizia  richieda ,  il  sanno  coloro  che  hanno  alcuna  noti- 
zia delle  arti  del  disegno;  sendo  mestieri  che  l'artefice,  fatto  U 
getto,  con  ferri  appropriati,  cioè  bulini,  ciappole,  strozze,  ce- 
selli ,  ec.,  levi  dove  bisogna,  e  dove  bisogna  spinga  ali* indentro 
e  rinetti  le  bave;  e  con  altri  ferri  che  radono,  raschi  e  pulisca 
il  tutto  con  diligenza ,  e  da  ultimo  con  la  pomice  dia  il  puli- 
mento. E  per  ciò  che  spetta  al  colore  onde  s'impronta  il  bronzo, 
adoperi  ove  l'olio,  ove  l'aceto  o  la  vernice,  secondo  si,vaoleche 
ritragga  in  nero,  o  verde.  Le  quali  considerazioni  ed  avvertenze 
richiedono  arte  e  pratica  singolare,  aflBnchè  il  concetto  e  il  dise- 
gno dell'  artefice  ne  emerga  in  tutta  la  sua  purezza  ed  integrità. 

(1)  Annoi.  S.  Marci,  loc.  cìt.  f^erum  hic  Pater  ^  ut  architectus  , 
multa  tedtficia  vel  collapsa,  aut  lapaui  proxima,  confirmavit,  aut  denuo 
erexit.  Fra  le  opere  dì  architetturai  può  ricordarsi  il  novitiato  di  S.  Dome- 
nico di  Fiesole  eretto  con  suo  disegno. 


Digitized  by 


Google 


330  MEMORIE 

E  certamente  Lorenzo  Ghibertì,  quando  dbbe  ooodoCte  eoo  bel- 
lissimo getto  le  porte  del  S.  Gioyanni  in  Firenze,  si  Tabe  per 
rinettarle  de'  primi  orefici  e  scultori  fiorentini»  e  in  special  modo 
di  Masolino  da  Panicale  e  di  Antonio  del  PoUaindo. 

Nel  tempo  della  sua  dimora  in  Firenze»  il  Pcnrtigiani  prese 
dimestichezza  col  celebre  scultore  ed  architetto  Gian  Bologna  di 
Dovay»  e  dal  medesimo  attinse  molte  cognizioni  onde  perfe- 
zionarsi nel  disegno  e  nell'  arte  fusoria.  Per  la  qual  cosa ,  do- 
vendo quegli  eseguire  di  continuo  per  il  Gran  Duca  di  Toscana 
molti  e  importanti  layon  di  getto»  talora  si  giovava  dell'opera 
del  nostro  fonditore.  Ora  avvenne  che  la  nobilissima  fiinn- 
glia  Salviati»  avendo  ottenuto  dai  Padri  di  &  Marco  il  gius  pa- 
tronato dell'  altare  di  S.  Domenico  »  uella  cui  parie  sotterranea 
.  giaceva  in  umile  deposito  il  corpo  incorrotto  del  gkMÌo^  Arci- 
rescovo  S.  Antonino  »  volle  imprendere  la  fabbrica  di  una  ma- 
gnifica cappella  per  trasportarvi  il  prezioso  corpo  del  santo.  U 
perchè»  con  splendidezza  piuttosto  regia  che  privata  »  invilo  i 
primi  artefici  fiorentini  a  decorarla  con  l' opera  deUa  ardùlet- 
tura  »  della  pittura»  della  scultura  e  dei  bronzi»  versando  in  essa 
meglio  che  80  mila  scudL  Di  tutti  i  lavori  fu  data  la  direzione 
a  Gian  Bologna»  col  disegno  del  quale  venne  eretta  dalle  fonda- 
menta la  cappella  non  solo ,  ma  finnovata  tutta  la  chiesa.  A  di- 
pingere la  cupola  e  la  tavola  principale  trasoelscro  Alessandro 
Allori»  detto'  il  Bronzino.  Le  due  tavole  laterali  dettero  a  colo- 
rire a  Francesco  Morandini  da  Poppi  »  e  a  Battista  Naldini  fio- 
rentino; e  le  due  grandi  storie  a  fresco  nel  vestibolo  fecero 
condurre  al  Passignano.  Delle  sei  statue»  una  tolse  a  scolpire 
)o  stesso  Gian  Bologna ,  e  le  altre  i  suoi  discepoli  Al  P.  Dome- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  HI.  GAP.  XVII.  331 

nico  Portigiani  fa  dtCa  la  cura  di  esq^oire  tatti  quanti  i  la- 
vori di  bronzo  (1). 

E  primieramente  volendosi  fireparare  ona  nobile  ama  per 
cbiaderri  il  corpo  del  santo,  fa  questa  eseguita  di  mtfmo  nero 
orientale ,  e  fo  divisalo  soprapporvi  in  bronco  la  figura  giacente 
di  6.  Antonino,  grande  al  vero.  Gian  Bologna  diede  il  disegno 
della  Medesima»  e  il  getto  fii  esegaito  dal  Portigiani.  Questa  sta- 
tua fii  condotta  con  grandiasiffia  dOigenza  ;  e  segnatamente  la 
testa  ai  vede  benissimo  modellata,  e  tutto  il  rimanente  del  lavoro 
rinettato  medio  pulitamente.  Sopra  le  sei  statue  cbe  vagamenie 
adomano  la  cappella,  fìirono  collocate  sei  storie  in  basso  rilievo 
di  bronzo ,  alle  braccia  due  e  due  leni,  e  lai^be  un  braccio  e 
due  terzi.  Eziandio  queste  tarano  disegnate  da  Gian  Bologna  ed 
eseguite  dal  P,  Domenico  Portigiani  con  uguale  bravura.  Le^ 
prima,  <die  è  sopra  la  statua  di  S.  Giovanni  Ballista,  rappresenta 
Su  Antonino  cbe  predica  al  popolo  fiorentino.  La  seconda,  sopra  k 
statua  di  S.  Filippo  Apostolo,  esprime  l' ingresso  di  S.  Antonina 
nella  città  di  Firenze,  sendo  nuovamente  detto  Arcivescovo ,  i( 
quale  rinunziato  per  umiltà  la  cavalcatura,  entra  piangendo, 
nudati  i  piedi,  e  accompagnato  dal  clero,  dal  magistrato  e 
dal  popola  Nella  terza,  sopra  la  alalua  di  S.  Tommaso  di  Aquino^ 
ci  ai  otbe  il  S.  .arcivescovo  nell'atto  di  risuscitare  da  morte  un 
uncinilo.  Ritrasse  nella  quarta ,  collocata  sopra  la  statua  di 
S.  Eduardo  re  d'In^terra,  S.  Antonino  che  fa  elemosina  ai  po- 
verellL  La  <piinte,  sopra  San  Domenico,  rappresenta  quando 

(t)  Vacrukmé  della  CappeOa  di  S.  Antonino  ArciftBco^o  di  Fi- 
rente  ec.  Firenxe  1728,  un  toI.  in-fol.  ù%nT.  V.  pag.  Vili.  -«  QnesU  de- 
scrìsìone  è  opera  del  celebre  Aoton  Frutoésco  Gori,  antiquario  6oreiitìiio. 


Digitized  by 


Google 


332  MEMORIE 

S.  Antonino  rìcoTe  V  abito  di  frate  Predicatore.  E  finalmaite  la 
sesta  9  sopra  la  stataa  di  S.  Antonio  Abate ,  mostra  il  Santo 
ArcÌTescoTo  in  atto  di  assolvere  il  magistrato  della  città  di 
Firenze  dalle  censore  incorse  per  la  violata  giorisdiziooe  ec- 
clesiastica. Sulla  facciata  della  cappella,  nella  parte  interio- 
re; fece  tre  statue  di  bronzo  di  squisito  lavoro,  e  sono  tre 
angioli,  dei  quali  quei  di  mezzo  sta  in  piedi,  e  gli  altri  due,  uno 
per  lato,  seduti.  Fuse  imrftre  quei  due  candelabri  di  bronzo 
che  si  vedono  collocati  innanzi  l'altare  del  santo  ;  e  alla  mensa, 
in  luogo  di  paliotto,  fece  un  bel  graticolato  di  metallo  lavorato 
di  rabeschi  di  ottimo  gusto. 

Per  tutti  questi  lavori  la  cappeOa  acquistò  un  raro  orna- 
mento ,  ed  il  nome  del  P.  Portigiani  betUssima  fama.  Per  la  qual 
cosa  l'I  Gran  Duca  (scrive  ilP.  Serafino  Razzi),  quando  UP.  Do- 
menico avesse  voluto  dedicarsi  a  cosiffatta  professione ^  F  avrebbe, 
come  dicono ,  provisianato ,  e  datigli  alcuni  giovani ,  che  colak 
arte  avessero  da  lui  appresa.  Ma  egli  parendogli  ciò  alieno  dalla 
sua  prima  professione ,  finita  la  predetta  opera  di  S.  AnUminOy  se 
dalFubbidienxa  non  sarà  costretto^  cotale  eserdgio  tralascerà.  Tro- 
vasi detto  buon  Padre  di  età  oltre  dnquanf  anni,  e  ora  è  confes- 
sore del  monastero  di  S.  Domenico  di  Firenxe  ;  e  un  suo  fratello 
carnale  per  nome  leronimo  è  ingegnere  presso  il  Duca  ài  Sa- 
voja  (1).  Soggiunge  poi  il  continuatore  degli  Annali  di  S.  Marco, 
come  avendo  il  re  dell'  Etiopia  fatto  richiedere  il  Gran  Duca  di 
Toscana  di  un  perito  fonditore  di  bronzi  perchè  in  quest'  arte 
ammaestrasse  alcuni  giovani  di  quel  regno  ,  quando  il  P.  Porii- 

(1)  Istoria  degli  Uomini  illustri  re,  pag.  354. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XVII.  333 

giani  vi  avesse  consentito,  sarebbe  stato  preferito  agli  altri 
artefici  fiorentini  (1). 

Ma  l'opera  che  eternerà  il  nóme  ili  questo  religioso,  è  il  bel-  . 
lissìmo  getto  delle  porte  di  bronzo  della  Cattedrale  di  Pisa,  che 
egli  condusse  per  la  sola  metà ,  sendo  dalla  morte  impedito  di 
portarle  all'  ultima  perfezione.  Di  questo  immenso  lavoro,  non 
ben  noto  allo  stesso  Morrona ,  noi  parleremo  alquanto  diste- 
samente, producendo  tutte  quelle  notizie  che  nell'archivio  di 
quella  cattedrale  ci  fu  dato  di  rinvenire. 

Nella  notte  del  25  ottobre  dell'anno  1595  un  voracis- 
simo incendio  avea  distrutto  il  tetto  e  le  porte  della  Catte- 
drale di  Pisa.  Ciò  era  avvenuto  per  incuria  di  un  capo  mastro 
stagnaio,  mentre  era  occupato  a  risaldare  alcune  lastre  di  piombo 
onde  è  coperto  l'edificio.  Rimase  perciò  distrutte  l'antichissima 
porte  di  bronzo  fatte  da  Bonanno  architetto  e  scultore  pisano 
Tanno  1160;  monumento  importantissimo  dell'arte  italiana  in 
tempi  non  ancora  alle  arti  propizi.  Volendosi  rifare  di  bronzo 
non  pure  la  porte  maggiore,  ma  eziandio  le  due  laterali,  si  ebbe 
ricorso  allo  scultore  Gian  Bologna,  il  quale  allora  teneva  il  pri- 
mato dell*  arte  in  Firenze.  Non  erano  più  i  bei  tempi  del  Ghi- 
berti ,  del  Brundlesco ,  di  Donatello ,  di  Iacopo  della  Quercia , 
quando  Firenze  volendo  fare  eseguire  le  due  porte  del  Battistero, 
ordinava  si  facesse  intendere  a  tutti  i  maestri  che  erano  tentUi 
migliori  in  Italia ,  che  comparissino  in  Firenze  per  fare  speri- 
mento di  loro.  (Vas.)  Ma  cadute  l' arte  da  quell'  altezza ,  spento 
0  menomato  lo  spirito  patrio ,  si  inviteva  uno  straniero  ad  eri- 
gere in  Pisa  questo  solenne  monumento.  Come  l'opera  era  grandis- 

(i)  Annal,   S,  Marcia  fol.  264. 


Digitized  by 


Google 


3U  MEMORIE 

ama,  ed  egK  aasii  kioltrito  negli  anni ,  si  asaociò  in  qnel  1»- 
Yoro  molti  de'  snoi  discepoli,  fra  qnali  si  norerano,  KetroFra»- 
caTiDa  f  Antonio  Sosini,  Pietro  Tacca ,  Oraxio  Mocchi ,  Giovanni 
dall'Opera  ec  Tatti  questi  dovevano  modellare  in  cera  le  storie 
disegnate  daGian Bologna:  ma  all'opera  diiBcilissima  del  getto 
in  bronxo^non  si  ebbe  artefice  più  atto  del  P.  Domenico  Porti- 
giani.  Errò  grandemente  il  sig.  Alessandro  da  Morrona  allora- 
qottido  scrisse ,  che  solamente  nell'  anno  1601  si  modellarono  le 
suddette  tre  porte  nella  città  di  Firenze;  percioccbò  sendo  morto 
appunto  Q  P.  Domenico  Portigiani  nei  primi  del  1601,  non 
avrebbe  potuto  eseguire  come  fece  la  metà  di  qadk>  sterminato 
lavoro  (!)•  E  invero,  fino  dall'  anno  1506  si  trovano  pagamenti 
Ditti  al  Padre  suddetto  per  le  porte  ddla  cattedrale  Pisma  (S); 
e  da  una  lettor  di  Giovanni  Battista  Cresci  ai  dqputati  dd- 
l'Opera,  in  data  del  30  novembre  dello  stesso  anno  1596 ,  sem- 
bra dedursi  che  il  Portigiani  a  modo  di  saggio  digià  lavorasse 

(1)  Pisa  iUutirala,  voi.  I,  parte  2,  cap.  Ili,  §  4,  pag.  109,  edi- 
lione  dì  LÌTorno  del  1812. 

(2)  E  questa  una  ncevuta  di  roano  del  Portigiani  scritta  da  FSfenxe 
li  e  giugno  1596,  nella  quale  dichiara  aver  rìcevuti  Se.  350f  delle  porte 
del  duomo  da  farsi  di  bromo.  Vedi  Recapiti  per  la  Restaurazione  del 
Duomo  dal  1596  al  1598  (archivio  dell'Opera  del  Duomo).  Un* altra  ri- 
cevuta ha  la  data  del  23  luglio  1596.  Nella  citata  fiUa,  sotto  il  N.  355,  si 
rinvengono  alcune  partite  di  danari  pagati  al  P.  Fr.  Domenico  Portigiani 
dai  Sigg.  Deputati,  per  mano  del  Camarlingo  di  Santa  Maria  Nuova,  nei 
giorni  27  luglio,  13  agosto  e  25  detto,  dello  stesso  anno  15M.  Le  rice- 
vute poi  àm  seguenti  aimi  s^mo  ia  nuoitro  molto  maggiore ,  •  noi  ooet* 
tiamò  ricordarle  per  amore  di  brevità. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  XVII.  335 

una  storia  e  alcuni  fregi  per  le  medesime.  Ecco  le  sne  parole  : 
Quando  il  P.  Portigiani  vorrà  danari  se  li  onderanno  paghando 
secondo  le  occasioni ,  et  ghe  n'ho  offerto  n$  se  ne  cura  per  adesso* 
Siccome  deve  haver  forse  scritto  alle  SS.  VV.  hanno  in  tutto  sta 
bilito  Pordine ,  et  come  ha  da  essere  la  porta  grande^  et  si  com 
piaciono  così  nello  adornamento  come  nel  comparto.  Il  quale  ere 
detemi  che  se  il  Signore  benedetto  concede  loro  vita  et  stmità^  sa 
ranno  cose  da  far  sttq^ire  chi  le  vedere^  si  del  loro  ordine ^  mi- 
sterj  et  significati^  come  della  nobiltà  del  lavoro;  se  voi  vedessi 
hora  quel  quadro  fornito^  vi  parrebbe  altra  cosa  ec  (1).  Il  con- 
tratto fra  i  Deputati  dell'Opera  ed  il  P.  Domenico  Portigiani  fa 
fermato  in  Pisa  il  giorno  22  aprile  1597^  forse  secondo  il  computo 
antico  pisanoi  Questo  importante  documento,  tuttavia  inedito  e 
da  noi  rinvmuto  nell'  archivio  del  Capitdo  della  Cattedrale , 
si  darà  nei  documenti  (a),  ter  esso  appare»  essere  stato  al 
Portigiani  affidato  il  getto  di  tutte  e  tre  le  porte,  e  cosi  i 
lavori  delle  storie  come  degli  ornamenti  secondo  %  modelli  di 
legno  messi  a  cera  consegnati  a  detto  Padre  ;  i  quali  modelli 
dover  essere  eseguiti  per  le  masU  di  buonissimi  maestri ,  il  la- 
verò dei  qttaU  debba  soddisfare  ed  essere  approvato  da  mes. 
Gio.  Bologna  e  mes.  Raffaello  di  Pagno  architetto  di  S.  A.  S: 
obbligarsi  il  Padre  suddetto,  tosto  compiuto  il  lavoro  delle  porte, 
di  farle  condurre  a  Pisane  stare  assistente  a  farle  mettere  et  ac- 
comodare come  hanno  a  slare:  esser  tenuti  i  Sig.  Deputati  di 
provvedere  il  Portigiani  di  luogo  atto  al  suo  lavoro  in  Firenze; 

(i)  Monumenta  Reataurationis  Pis.   Primatial,    Ecclesioì,   Lett.    M. 
miscellanea  di  conti  (arcbìvio  del  Capitolo). 
{a)  Vedi  Documento  (X.) 


Digitized  by 


Google 


336  MEMORIE 

fornire  latto  il  metallo  che  per  le  dette  porte  abbisognasse,  con 
fargli  buono  il  calo  di  dieci  per  cento  di  quello  feeeranno;  doTere 
il  lavoro  essere  ben  fattOy  pulito  e  netto:  e  nascendo  alcuna  qai- 
stione  fra  il  Portigiani  e  i  Deputati,  dichiararsi  arbitri  mes.  Gio. 
Bologna  e  mes.  Raffaello  di  Pagno  :  per  fattura  delle  quali  tre 
porte,  dovere  i  Signori  Deputati  pagare  *allo  stesso  Padre  Dome- 
nico Portigiani  scudi  duemila  dugento  di  lire  eette  per  scudo;  e 
per  sei  mesi  prossimi^  fargli  pagare  scudi  cinquanta  il  mese  « 
e  decorsi  %  sei  mesi ,  pagargli  m  proporiione  secondo  il  Imoro 
farà  alla  giornata;  il  saldo  di  ogni  suo  avere  solo  dova*si  fare 
quando  consegnerà  finite  le  dette  tre  porte,  le  quali  dovranno 
consegnarsi  ai  predetti  Deputati  in  Firenze  nel  termine  di  anni 
dui  proxinn  avvenire  f  da  incominciare  al  primo  maggio  prox.  del 
presente  anno  et  seguire  anzi  finire  come  segue  ec^  obbligarsi  da  ul- 
timo alla  osservanza  delle  predette  cose  cosi  il  P.  Domenico  Por- 
tigiani come  Zanobi  di  Girolamo  Portigiani  suo  nipote.  E  vera- 
mente si  trovano  le  firme  dell'  uno  e  dell'  altro  appiè  del  con- 
tralto. Per  questo  documento  non  vi  ha  più  ragione  alcuna 
di  dubitare  se  al  Portigiani  fosse  affidata  una  parte  o  1*  intiero 
lavoro;  e  la  Cronaca  di  S.  Marco  dice  apertamente  che ,  q%u  m*- 
rahili  artificio  vahae  et  Uminaria  trium  portearum^  et  portae  ipsae 
majoris  ecclesiae  civitaHs  Pisanae  e{a6oralae  «uni  (1).  Quel  Zanobi 
Portigiani  che  si  trova  ricordato  nel  contratto,  nipote  e  allievo  del 
P.  Domenico  nei  lavori  di  getto,  lo  aiutò  grandemente  nel  fondoe 
le  porte,  e  sembra  che  dopo  la  morte  ddUo  zio  le  conducesse  a 
termine.  Vero  è  che  si  trova  menzione  di  un  Agnolo,  il  quale  se- 

(1)  Jnnal.  S.  Marci,  fol.  264. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IIL  CAP.  XVIL  337 

coùdo  il  Morrona,  si  denominava  Serrano,  anch'esso  occupato  ai 
servigi  dei  Padre  Portigiani  (1). 

Con  questi  due  giovani  imprese  il  religioso  di  S.  Marco 
r  opera  diflBcilissima  del  getto  e  del  puUmento  delle  tre  porte. 
Nei  due  archivi  dell'Opera  del  Duomo  e  del  Capitolo,  rinvenni 
moltissime  ricevute  di  mano  del  P.  Domenico  Portigiani  per  da- 
nari ricevuti  dai  Provveditori  dell'Opera  del  Duomo  per  le  me- 
desime (2).  Per  quanto  il  buon  Padre  si  affaticasse,  il  lavoro  non 
potè  essere  tanto  sollecito  quanto  voleva  il  contratto.  Egli  aveva 
oltrepassati  gli  anni  sessanta  di  età,  era  cagicmevole  di  salute ,  e 
non  aveva  seco  che  due  soli  giovani.  Quindi  dal  continuo  aggi- 
rarsi intorno  la  fornace,  e  dall'  affaticarsi  di  soverchio  in  quella 
malagevole  operazione,contrasse una  gravissima  infermità,che  con 
acerbissimi  dolori  il  trasse  in  breve  al  sepolcro.  Neil'  archivio  del 
Capitolo  trovasi  una  lettera  del  P.  Filippo  Guidi,  religioso  dome- 

(1)  Pisa  illustrata,  loc.  cìt. 

(2)  Queste  ricevute  sono  in  nanaero  dì  34^  e  giungono  dal  1596  (ino 
al  20  dicembre  1601.  Ne  riporterò  due  sole  per  cagione  di  brevità,  jà  di 
16  di  luglio  1597.  lo  fra  Domenico  Portigiani  ho  ricevuto  da  M.  lacopi 
Provveditore  delle  Fortezze,  libre  due  mila  di  stagno  al  netto  in  verghe 
consegnatomi  alla  fonderia  (C  ordine  delli  sigg.  Deputati  ec.  La  seconda , 
addi  18  maggio  1597  (stile  Pisano)  è  un  ordine  di  pagamento  cosi  conce- 
pito. Francesco  di  Santo  Regolo  Camerlingo  pagate  a  Giovanni  Pro 
caccio  lire  otto,  sono  per  porto  delli  modelli  delle  porte  mandati  a  Pi- 
reme  al  Padre  Portigiani,  e  di  più  lettere  Jino  a  tutto  questo  giorno;  e 
ponete  a  conto  della  Restauratione  del  Duomo  L.  8. 

HoRATio  RowcioHi  ì     Deputati  di  S.  A.  S.   alla    rr^ 
PiiTRO  Maracci     1  stanratione  del  duomo  di  Pisa. 

II.  22 


Digitized'by 


Google 


338  MEMORIE 

nicano,  diretta  agli  Operaj  del  Duomo  di  Pisa,  scritta  di  Firenze 
li  3  febbraio  1601,  nella  quale  si  dice,  il  Padre  Portigiani  essere 
già  assai  presso  il  termine  della  sua  vita  ;  essa  è  del  tenore  se- 
guente  :  <t  Giunsi  hier  sera  che  fu  sabato  p.  la  Dio  gratta  in 
Firenze,  e  trovai  il  Padre  Fra  Domenico  in  peggiore  essere , 
e  benché  tuttavia  si  vada  consumando  pian  piano,  è  nondimeno 
bene  in  cervello ,  e  parla  molto  a  proposito  massimamente  nel 
discorrere  intomo  a  suoi  lavori,  et  ha  dato  et  da  di  continuo  av- 
vertimenti al  nipote,  rendendoli  conto  di  tutto  il  fatto  e  il  da  farsi. 
Et  egli  è  prontissimo  a  tirare  francamente  V  opera  al  fine  e  ser- 
virassi  d' uno  pratichissimo ,  fi  quale  ha  servito  et  attualmente 
serve  il  Padre  Fra  Domenico,    chiamato  Agnolo,   che  detto 
suo  nipote  vi  è  costi  a  posta  per  parlare  alle  SS.  W.  e  per  ap- 
puntar tutto  quello  che  a  loro  piacerà ,  il  quale  il  P.  F.  Dome- 
nico gli  raccomanda  con  tutto  TaOctto,  e  gli  accerta  essere  habi- 
lissimo  quanto  qualsivoglia  altro  in  quest'impresa  particolare. 
11  somigliante  fa  il  nostro  Padre  Priore  con  tutti  noi  altri,  peroc- 
ché si  vede  hoggi  havcr  fermo  Fanimo  et  attendeife  a  bottega,  e 
voler  più  che  mai  quetarsi.  E  caso  che  loro  havessero  qualche 
dubbio,  se  le  potrà  dare  la  materia  giornalmente  quale  gli  sia 
necessaria,  purché  non  se  le  dia  occasione  di  perder  tempo.  E  si 
rinquora  assai  più  presto  dargliele  finite,  che  non  haverebbe 
fatto  il  Padre,  perché  non  vuol  attendere  ad  altri  lavori  che  a 
questo,  come  più  largamente  da  lui  sentiranno  a  viva  voce. 
Hoggi  per  esser  festa  non  s' é  possuto  dar  principio  a  far  V  in- 
ventario come  hanno  ordinalo.  Si  comincierà  domani  se  però  sìa 
comodo  al  Sig.  Provveditore,  col  quale  saremo  pronti  per  eseguire 
il  desiderio  loro.  Fra  tanto  s'è  fermo  il  lavorare,  e  serrata  Li 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  XVII.  339 

boUega  cauUmente,  e  perchè  dod  di  perda  tempo  egli  viene  per 
rassegnarsi,  e  per  mantenere  là  promessa  sua  fatta  in  sa  la  scritta, 
e  tor  da  loro  parola ,  e  subito  tornarsene  e  eseguir  il  lavoro. 
Che  è  qnanto  mi  occorre  di  presente,  restando  per  servirle  dove 
giudicheranno  che  siamo  atti  ec.  d  Dopo  due  soli  giorQi  dalla 
presente  lettera,  il  Padre  Domenico  Portigiani  cessò  di  viv^e  ; 
cioè  il  5  febbraio  del  1601,  nella  sua  età  di  anni  65,  e  cinquanta 
di  vita  claustrale  (a).  Sembra  che  dopo  la  sua  morte  il  lavoro 
delle  tre  porte  di  bronzo  rimanesse  interrotto  per  lo  spazio  di 
circa  un  anno;  è  indubitato  però  che  solo  il  24  gennaio  dell'an- 
no 1603  i  deputati  del  Duomo  di  Pisa  delegarono  lo  scultore 
Antonio  Susini  fiorentino  a  stimare  il  lavoro  lasciato  dalPadreDo- 
meoico  Portigiani,  obbligando  i  Padri  Domenicani  del  convento 
di  S.  Marco  di  Firense^  a  delegare  ugualmente  un  anista  di  lor 
fiducia  per  la  cagane  medesima.  Il  Susini  a  maggior  sicwezaa 
tolse  compagno  a  quella  periziai  scultore  Pietro  Tacca  alitavo 
di  Gian  Bologiia,  ohe  ancora  esso  e  molto  informato  di  tutta  que- 
sf opera  et  avi  fatto  delle  storie  (intendi  i  moddli),  et  imieme  adth 
naie  otoiamo  fatto  legiere  f  inventario  di  tutti  i  lavori  gettati  da 
fra  DomeniàOy  ti  di  etorie  come  fregia  cornice  fascette,  e  ri»oli€t  di 
storie  interrale ,  cere  lavorate,  in  détte  storie  et  ogm  altra  cosa, 
dichiaramo  tuttadua  insieme,  ohe  le  porte  fra  Domenico  V  abbia 
lasciate  in  termine  della  metà  fatte ,  e  solo  si  abbia  da  aivere  ri- 
guardo di  quello  abbia  speso  fta  Domenieo  a  far  fare  U  storie  di 
cera ,  e  quelh  che  abbiano  speso  e  SS.  Deputati  in  esse  storie 
dopo  la  morte  di  fra  Domenico,  e  chi  di  loro  a^rd  speso  più  sia 
rifatto  Vuna  parte  all'altra  ....  e  si  deve  far  buono  a  qtielli  che 

(a)  Vedi    Documento  "(Xl.) 


Digitized  by 


Google 


SM  MEMORIE 

son  redi  {  eredi  j  di  detto  Padre ,  e  di  coti  ci  pare  che  sia  giusto  e 
dovere  ec.  (1). 

Se  le  porte  del  S.  Gioyannì  io  Firenze ,  opera  meraTÌglìosa 
di  Lorenzo  Ghiberti,  vincono  al  paragone  quanto  mai  si  è  ope- 
rato in  questo  genere  nel  giro  di  molti  secoli;  quelle  del  duomo 
di  Pisa  stimo,  dopo  le  fiorentine,  tenere  il  primo  luogo  in  Italia. 
La  porta  principale  è  nella  sua  altezza  braccia  12,  e  larga  6;  e  le 
due  laterali  sono  alte  braccia  8  {  e  larghe  k  |.  Un  grazioso  contorno 
di  fronde,  di  frutta  e  di  fiori,  che  imitano  assai  bene  la  natura,  e 
che  sono  di  un  getto  meraviglioso,  divide  in  quattro  quadrature 
ciascuna  imposta.  Vengono  in  esse  rassembrati  vari  tra  i  prin- 
cipali misteri  della  vita  della  B.  Y.  e  di  quella  di  G.  C.  Le  figure 
sono  bene  atteggiate  e  di  bei  panni  vestite ,  ed  alcune  quasi  dal 
piano  si  distaccano.  Nelle  divisioni  degli  ornamenti  sono  espressi 
gli  emblemi  relativi  alle  storie.  Nei  fregi  vedonsi  vari  profeti  e 
santi ,  che  nelle  estremità  loro  e  nelle  movenze  tengono  molto 
del  grave  stile  Michelangiolesco.  In  fine  vedonsi  diversi  gerogli- 
fici colle  epigrafi  relative.  Le  due  porte  laterali  sono  tutte  ricintc 
da  un  simile  contomo  in  tre  soli  riquadri  per  imposta.  Ugual- 
mente quei  della  destra  come  quelli  della  sinistra  porta  offix)oo 
effigiate  alcune  storie  della  vita  e  della  passione  di  G.  C.;e  nelle 
testate  e  negli  angoli,  otto  simulacri  di  santi.  Non  fa  mestieri  di 
una  grande  perizia  nell'ile  onde  ravvisare   subitamente   con 
quanta  bravura  siano  state  fuse  e  rinettate  le  storie  di  queste 
tre  porte,  ornamento  bellissimo  di  quella  insigne  cattedrale. 
Qui  diamo  termine  alle  notizie  del  P.  Domenico  Portigiani.  Il 

(1)  Lettera  di  Ant.  Susini,  del  24  gennaio  1602.  — Monumenta  Rt- 
Blaurulionis  Pis.  PrimatiaL  Ecclesia:.  Lelt.  M. —  Miscellanea  di  conti. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XVII.  341 

conlìnualore  degli  annali  del  conv.  di  S.  Marco  ne  loda  la  pietà 
e  la  prudenza,  e  scrìve  fosse  successivamente  maestro  dei  no- 
vizi, confessore  delle  religiose  dell'Ordine,  e  sottopriore  nel  suo 
convento  di  S.  Marco,  e  in  altri  di  qnella  Congregazione.  Sembra 
che  nell'  arte  del  getto  non  lasciasse  nel  sno  Istituto  alcun  suc- 
cessore. Quindi  la  storia  della  Scultura  presso  i  Domenicani  si 
compone  di  questo  nobilissimo  triumvirato  :  Fra  Guglielmo  ^ 
Agnelli,  nella  statuaria;  Fra  Damiano  da  Bergamo, nell'intaglio 
in  legno;  e  Fra  Domenico  Portigiani,  nel  getto  in  bronzo. 


Digitized  by 


Google 


342  MEMORIE 


CAPITOLO  xvni. 


Del  P.  Domenico  Paganelli  da  Faenza,  Architetta, 
ed  Ingegnere  civile. 


l9e  molta  lode  e  molta  estimazione  meritano  coloro  i  quali, 
con  l'opera  del  pennello  o  dello  scalpello  porgono  alla  società 
argomento  di  morali  e  religiosi  pensieri,  o  paghi  al  solo  diletto , 
ritraggono  in  tela  o  in  marmo  le  svariate  bellezze  della  natm*a; 
molto  maggior  gratitudine  meritano  coloro,  che  tutta  posero 
r  arte  e  l'ingegno  a  sopperire  ai  gravi  bisogni  della  patria  col 
mezzo  della  architettura  civile  e  militare,  e  segnatamente  per 
quella  parte  che  spetta  alla  Idraulica  ;  sendo  veramente  questo 
il  debito  delle  Arti,  offerirsi  in  prima  all'  utile  e  poscia  al  diletto 
dei  cittadini.  Onde  la.  Francia  benedirà  sempre  ai  nomi  di 
Craponne  e  di  Riquet;  l'Italia  a  quei  del  Giocondo,  del  Vinci  ec 
Nò  men  caro  debbe  essere  ai  Faentini  il  nome  e  la  virtù  del 
loro  Padre  Maestro  Domenico  Paganelli,  del  quale  non  avendo 
Gno  al  presente  alcuno,  che  io  sappia ,  preso  a  scrivere  la  vita . 


Digltized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  XVIII.  343 

noi  ci  studieremo  dì  farlo  alquanto  conoscere  ai  fiostrì  leggi- 
iiiri  (1). 

La  nobile  famiglia  dei  Paganelli ,  m  prestiamo  fede  al  Ton- 
doKU,  negU  andati  tempi  avea  tenuta  sede  in  ForUmpopoli;  po- 
scia dem(dito  quel  castello  nel  1360,  ebbe  fermato  dcmiicilio  nella 
yicina  Faenza  (2).  Ha  da  nna  notìzia  che  si  dice  cavata  da  an- 
tico manoscritto,  farebbe  mestieri  credere  che  ì  Pagandli  avesser 
tratta  la  origine  nel  castello  di  Conio,  donde  partitosi  Silvestro 
Paganelli,  venisse  a  stabilire  la  sua  dimora  m  Faenza,  intomo 
il  1200.  L'antico  castello  di  Cunio  era  situato  non  molto  distante 
da  Cotignola ,  ed  era  la  signoria  dei  conti  che  si  dissero  di  Cu- 
nio (3).  S^ttitando  sempre  le  memorie  inedite  tramandateòi  da 

4 

uno  scrittore  contemporaneo,  leggiamo  come  a  Stefano  terzo  figlio 
di  Vincenzo  Paganelli  fu  di  grazioso  aspetto  e  di  acuto  ingegno , 
in  ogni  cosa  sagace,  e  non  si  messe  mai  a  fare  cosa  (benché  giovane 
fosse  )  che  non  gli  riuscisse:  ma  tocco  da^o  Spirito  Santo  abban- 
donò il  mondo  con  ogni  sua  pompa  per  poter  megUo  attendere 
al  servizio  dd  suo  Creatore,  e  si  fece  religioso  nel  convento  di 
S.  Andrea  di  Faenza  de*  Frati  di  S.  Domenico,  facendosi  chia- 
mare Domenico;  ciò  fu  nell'anno  17  dell'età  sua,  e  alli  5  del 

(1)  Debbo  la  più  parte  dì  queste  notìzie  ai  miei  concittadini  e  con- 
fratelli, P.  L.  Sebastiano  Pallavicini,  e  P.  M.  Ferdinando  Romancngo,  ai 
quali  intendo  renderne  le  dovute  grafie. 

(2)  Historia  di  Faenza  di  Giulio  Cesabb  Tohduzzi.  Faenu  1675  , 
un  voi.  in-fol.  Vedi  pag.  426. 

(3)  Dì  questo  Castello  fanno  menzione,  il  Tomouzzi»  loc.  cit.  ;  il  Bo- 
zfOLi,  Storia  di  Cotignola;  Leandro  Alberti, /^e«cr<s.  delV Italia  ;  Mitta- 
RELLi,  Rerum  Favcntinar.   Scriptor.  ;  Savioli,  uénnali  Bolognesi. 


Digitized  by 


Google 


344  M  E  M  O  R  I  )E 

mese  di  giagno  dell'  anno  1562  (1)  ;  ed  entrato  nella  detta  reli- 
gione cominciò  a  fare  opere  religiose,  cioè  a  meditare,  orare  e 
digiunare,  faticarsi  nei  studj ,  e  impiegarsi  in  altre  cose,  che  ai 
frati  e  religiosi  si  convengono.  Studiò  nel  convento  di  Bologna , 
e  nei  primi  conventi  della  sua  religione  lesse  e  predicò  con 
frutto  degli  ascoltanti.  Tenne  la  dignità  del  priorato  in  più  con- 
venti e  più  volte  con  molto  ìsuo  decoro  :  ma  trasferitosi  all'  alma 
città  di  Roma ,  con  licenza  de'  suoi  superiori,  patria  e  rifugio  di 
tutti  i  letterati  e  virtuosi,  V  anno  di  Cristo  nato  1585,  e  con  la 
sua  virtù  clemenza  e  bontà  s'acquistò  e  guadagnò  la  grazia 
dell'  Uì^^  Rer^^  Card.  Alessandrino  de*  principali  Cardinali  delia 
chiesa  Romana  di  buona  memoria,  e  molto  stimato  in  quel  tempo^ 
e  molto  amato  per  la  buona  felice  e  santa  memoria  di  Pio  V. 
suo  zio,  al  qual  Cardinale,  avendo  servito  per  lo  spacio  di  tre- 
dici anni  e  sino  alla  sua  morte,  con  gran  satisfazione  di  esso  pre- 
Iato  e  laude  sua ,  il  qual  Cardinale  con  V  architettura  di  esso 
frate  Domenico  (  della  quale  si  dilettava  e  si  diletta,  ed  è  per- 
fetto architettore  al  presente  ),  fece  fare  in  Roma  un  palazzo , 
nel  quale  spese  da  sessanta  mila  scudi  e  più,  con  molto  suo  con- 
tento ,  gusto  e  laude  del  detto  frate ,  e  alla  sua  morte  gli  ri- 
nunciò una  pensione  di  cento  scudi  per  ricompensarlo  in  parte 
delle  sue  fatiche  per  lui  sostenute.  Prese  anco  per  mezzo  del 
detto  111"»°  e  Rev"»<»  Cardinale ,  e  per  il  suo  valore,  meriti  e  virtù, 

(1)  Il  P.  Domenico  Paganelli  era  dunque  nato  l'anno  1545.  —  Il 
Lanxl  ricorda  un  Niccolò  Paganelli  d.»  Faenza,  pittore,  buon  aìlicifo  della 
Scuola  Romana,  che  potrebbe  essere  uno  stretto  parente,  e  forse  fratello 
del  P.  Domenico  ;  dicesl  nato  nel  1538  e  morto  nel  1620.  Vedi  Storia 
PiUorica     Scuola   Bolognese^   Epoca   2. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  XVIII.  3fc5 

Della  detta  città  di  Roma  il  grado,  e  fatto  Maestro  di  sacra  teolo- 
gia della  sua  religione,  essendo' stato  conosciuto  per  la  prudenza 
di  tal  dignità  benemerito,  e  acquistò  anco  l'amicizia  di  molti 
altri  111°^  e  Rev"^  Cardinali,  Principi  e  Baroni  Romani.  Fu  fami- 
gUarissimo  di  Papa  Innocenzo  IX,  di  felice  memoria,  il  quale  gli 
diede  un  canonicato  vacato  nella  chiesa  Cattedrale  di  Faenza , 
quaTimpetrò  senza  alcuna  pensione  per  D.  Vincenzo  suo  nipote, 
e  gli  avria  ancora  dato  maggiori  cose,  ma  Iddio  lo  levò  troppo 
presto  da  questo  transitorio  conducendolo  all'eterno  seculo. 
Hebbe  anco  la  grazia  ed  amicizia  dell'Ili"»  e  Rev*^  Cardin.  Ales- 
sandro de'  Medici,  che  tu.  poi  Papa  Leone  XI,  che  gli  avria  fatto 
di  molto  bene,  ma  Ai  troppo  presto  levato  dagli  occhi  de'viventi, 
solo  gli  rinunciò  una  pensione  di  cento  scudi ,  avendolo  anco 
fatto  suo  architetto.  Vive  al  presente  il  detto  Maestro  Domenico 
neUa  detta  alma  città  di  Roma,  ed  attende  all'architettura,  nella 
quale  è  venuto  eccellente,  e  se  ne  servono,  e  se  ne  sono  serviti 
molti  di  detti  ni»*  e  Rev"*  Cardinali,  e  altri  Principi  e  Signori  e 
Baroni  Romani  con  molta  lor  soddisfazione  e  sua  laude,  ed  é  di 
età  di  anni  61,  molto  amato  e  in  grazia  di  detti  lU""  e  Rev»*  Si- 
gnori Cardinali  e  Baroni  Romani,  d 

Da  questa  memoria  tuttavia  inedita,  si  deduce  che  l'anonimo 
scrìveva  nel  1606.  D  Tonduzzi  e  gli  altri  scrittori  Faentini  ci 
forniranno  le  notizie  onde  riempiere  il  vuoto  lasciato  dall'  ano- 
nimo nella  vita  del  Paganelli ,  e  a  continuarla  per  gli  altri  die- 
ciotto anni  che  ancora  sopravvisse.  Simile  al  celebre  fra  Gio- 
condo e  al  Padre  Ignazio  Danti  ,  questo  religioso  coltivò 
molte  maniere  di  sludi  sacri  e  profani.  Nelle  matematiche 
fu  riputato  uno  dei  più  solenni  maestri  che  avesse  Roma  nel 


Digitized  by 


Google 


346  MEMORIE 

secolo  XVII,  e  nelle  scienze  sacre  e  nella  desterìtà  degli  affui 
più  malagevoli ,  ebbe  opinione  di  tanto  senno  e  di  tanta 
prudenza,  cbe  in  tempi  ne'  quali  Boma  adornarasi  di  cele- 
bratissimi  teologi  e  canonùti,  il  nostro  P.  M.  Domenico  Pa- 
'  ganelli  meritò  essere  ano  di  quei  pocbi  e  più  insigni  cbe  Tennero 
invitati  ad  una  Congregazione  per  la  riforma  del  cIoto;  riforma 
che  gli  avvertimenti  del  concilio  Tridentino  e  i  bisogni  gravis- 
simi della  età  richiedevano.  Nò  vuole  tacersi  eziandio»  come  il  Fon- 
teOoe  Clemente  Vili  seriosi  recato  Fanno  ttS98  nella  città  di  Ta- 
rara novellamente  acquistata  (1)»  e  seguitandolo  gran  parie  deBa 
sua  corte,  al  P.  M.  Paganelli  ingiunse  di  tenere  le  veci  del  Maestro 
dei  Sacro  Palazzo  fino  al  suo  ritomo  in  Roma  (2).  Ma  per  seguitar 
l'ordine  dei  tempi,  ei  faremo  a  favellare  della  più  importante  fra 
te  opere  del  Paganelli,  per  la  quale  debbesi  a  lui  maggior  lode  e 
maggior  gratitudine.  Ella  è  questo  la  Fonte  bellissima  che  ese- 
guì m  patria  con  inestimabile  utilità  de'saoi  ccmcittodini  e  ador- 
namento della  città,  onde  a  ragione  gli  storici  di  Faenza  ne 
scrissero  molto  partitomente,  ricordandoci  il  tempo  e  la  ragione 
di  opera  tonto  bella  e  tanto  utOe  (3).  Giulio  Cesare  Tonduzzi  e 

(1)  Clemente  Vili  si  partì  da  Roma  il  giorno  12  aprile  1898,  e 
non  vi  fece  ritomo  cbe  il  20  dicembre  di  quello  stesso  anno.  Muratori  , 
Annali  d*  Italia^   ad  hunc  ann. 

(2)  ToifD€£Zb  Storia  di  Faenza ^  pag.  727. 

(3)  Ne  piace  ricordare  rome  la  fonte  di  Perugia  ^  dovuta  eziandio 
'.\à  un  claustrale:  è  questi  un  certo  Guido  «innaco  Silvestrino,  cbe  vi  con- 
dusse l*  acque  dal  monte  di  Paciano  due  miglia  distante  dalla  citti  ;  fonte 
ornata  con  scultore  di  Niccola  e  di  Giovanni  Pisano,  e  nel  secolo  XVI  re- 
aitaurata   è    abbellita  da  Vìnceitto  Danti. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  CAP.  XVIII.  347 

Cristoforo  Scaletta,  ambedue  oontemporaDei,  ci  foroiraniio  le  no- 
tizie opportune, 

Già  dall'anno  1567,  sendo  preside  della  provincia  di  Roma- 
gna Blons.  Moniavalente,  cofam)  che  reggevano  la  città  di  Faenza 
erano  venati  nel  consiglio  di  sopperire  in  alcuna  guisa  alla  molta 
penuria  che  di  acqua  potabile  albura  pativano  i  cittadini  ;  ma 
lama  era  stata  la  disparità  dei  giudizi,  che  quel  savio  consiglio 
non  ebbe  alcuno  risottamento.  Succedolo  al  Blontavalente  il  Car- 
dinale Guido  Ferrerio  da  Vercelli,  nomo  Tdenteroso  di  adope- 
rarsi con  ogni  afletto  e  sollecitudine  a  prò  dei  pop<di  alla  sua 
cura  afBdali,  si  pose  neH'ttiimo  non  pure  di  fiutare  in  quell'opera 
il  magistrato  della  città,  nm  spronarvek)  eziandio  ove  abbisognasse 
di  eccitamento.  Correndo  pertanto  Tanno  1583,  adunato  il  Con- 
siglio degli  Anziani,  il  Card.  Ferrerio  propose  nuovamente  l'opera 
della  Fonte,  e  insìememfente  accennò,  che  avendo  Faenza  un  suo 
cittadino  si  valente  architetto  ed  ingegnere,  quale  era  certamente 
il  P.  M.  Paganelli ,  in  quel  tempo  ai  servigi  del  Pontefice,  a  nion' 
altro  meglio  ohe  a  lui  si  poteva  aifidare  sì  importante  lavoro. 
Approvato  l'uno  e  l'altro  partito,  invitato  da  Roma  il  Paganelli, 
gii  venne  ingiunto  di  fare  diligente  disamina  di  tutti  quei  luoghi 
che  egli  stimasse  più  atti  per  la  erezione  deUa  fonte  suddetta.  Ed 
egli  ben  considerato  il  sito  deUa  città,  formato  il  disegno,  accertò 
il  Cardinale  e  il  magistrato  della  possibilità  dell'impresa.  Vennero 
quindi  eletti  dal  Consiglio  generale  quattro  nobili  faentini ,  spe- 
cialmente incaricati  di  trattare  col  Paganelli  intomo  i  mezzi  op- 
portuni, e  scdleeitare  con  ogni  attività  il  lavoro;  i  nomi  dei  quali 
furono,  Africano  Severchi,  Cristoforo  Scaletta,  Cesare  Nonni ,  e 
Cesare  Buonacorsi.  Il  giorno  15  giugno  di  quello  stesso  anno  1583, 


Digitized  by 


Google 


QhS  MEMORIE 

ebbe  pertanto  il  suo  cominciamento;  e  per  provvedere  io  qualche 
parte  alle  spese ,  il  Cardinale  Legato  fece  imporre  il  balzello  ^ 
un  giulio  per  ogni  staro  di  pane  bianco,  come  qwUo  che  è  meno 
dannoso  per  la  povertà  (1).  Condottosi  il  lavoro  per  la  lunghezza 
di  200  pertiche ,  e  con  la  spesa  10500  lire ,  fu  mestieri  intrala- 
sciarlo più  e  più  volte,  e  per  la  partenza  dd  Card.  Legato,  e 
per  la  morte  di  lui  avvenuta  Y  anno  1585.  Si  ripigliò  non  pei^ 
tanto  di  bel  nuovo  Fanno  1589;  e  il  maggiore  Consiglio  onde 
aiutare  l'impresa,  deliberava  si  atterrasserQ  a  prò  di  quell'  opera 
tutti  gli  alberi  che  adomarano  le  pubbliche  strade;  si  imponesse 
un  nuovo  balzello  che  importasse  un  quarto  del  sussidio  triennale, 
co^  sopra  i  cittadini  come  sopra  i  forestieri  ;  e  si  versassero  in 
utilità  della  medesima  le  somme  proTenienti  da  alcuni  crediti 
della  Comunità.  Non  pertanto,  quale  che  ne  fosse  la  cagione, 
ben  ventiquattro  anni  decorsero  innanzi  che  si  proseguisse  il  la- 
voro. Soltanto  nel  16U,  essendo  Legato  del  Pontefice  Pado  V  il 
Cardinale  Domenico  Rivarola ,  con  ogni  calore  postosi  mano  al- 
l' impresa ,  fu  in  breve  tempo  condotta  ad  ottima  perfezione , 
con  gloria  bellissima  del  Paganelli,  e  soddisfazione  di  tutti  i  citta- 
dini. L' ordine  e  il  modo  tenuto  in  quel  lavoro  dall'  Ingegnere 
ci  fu  cosi  descritto  da  Cristoforo  Scaletta ,  uno  dei  Deputati. 

a  II  principal  pensiero  che  ebbe  l' architetto  nella  forma- 
zione di  questa  fabbrica,  si  fu  di  visitare  attentamente  tutti  i  siti 
intorno  alla  città,  massimamente  dalla  parte  di  mezzo  gi(»tìo, 
donde  discendono  tutte  V  acque  che  scorrono  per  lo  territorio , 
ad  effetto  di  ritrovare  qual  fosse  quello  che,  potesse  riuscire  più 
a  proposito  per  raccogliere  l'acque  bastanti  per  detto  fonte:  e 

(I)  ToNDUzxiy  toc.  cìt.  pag.   681. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  CAP.  XVIII.  349 

osservato  che  lungi  dalla  città  circa  dae  miglia  e  mezzo  verso 
mezzo  giorno  y  poco  distante  dalla  strada  maestra ,  che  conduce 
a  Brisighella,  in  luogo  detto  TOrvella,  vi  si  trova  un  sito  buono 
per  istabilirvi  una  sorgente ,  che  avrebbe  raccolte  Y  acque  di 
quelle  collinette  vicine,  che  a  sufficienza  avrebbero  mantenuto 
sempre  abbondante  detto  fonte;  tanto  più  che  la  strada  per  la 
condotta  di  dette  acque  era  sufficientemente  piana;  senza  che  il 
condotto  dovesse  intersecare  uè  fiumi ,  uè  canali',  che  potessero 
difficultare  il  suo  mantenimento  ;  e  fattone  il  saggio  con  repli- 
cati esperimenti  y  alla  fine  si  accertò ,  che  il  luogo  da  esso  scelto 
era  a  proposito  per  lo  bramato  fine.  A  tale  oggetto  fece  in  detto 
luogo  fabbricare  un  vaso  profondo,  che  a  forma  di  regolato  pozzo 
raccoglie  tutta  quella  quantità  d'  acque,  che  sono  sufficienti  al 
mantenimento  di  detto  fonte.  In  questo  vaso  si  raunano ,  come 
si  vede  ,  tutte  le  sorgenti  di  dette  collinette ,  e  quivi  scolano  le 
acque ,  le  quali  gonfiando  si  alzano,  finché  per  alcuni  spirami  si 
possano  incaminare  a  riempiere  un  ricettacolo  capace,  che  prima 
conserva  si  chiama  ;  da  questa  principia  il  condotto  maestro , 
per  lo  quale  s' incammina  Y  acqua  verso  la  città ,  che  scorrendo 
sempre  in  detto  condotto,  giunge  a  scaturire  sulla  pubblica  piazza, 
con  lo  scherzo  di  bizzarre  cadute,  che  fanno  ammirare  la  biz- 
zarria dell'artefice  (1).  o  Ciò  fatto,  T ingegnere  pensò  eziandio 
al  modo  del  perenne  mantenimento  delle  acque  e  a  quello  di 
ripararne  le  perdite;  e  il  fece  con  tutte  quelle  avvertenze  e  con 
quei  trovati  di  cui  non  è  mai  povera  la  scienza   a   chi   vi 
studia  bene  addentro.  Il  giudizio  dei  più  periti  architetti  ed  in- 
gegneri commendò  T opera  del  buon  Padre  Paganelli;  e  più 

(i)  Cristof.  Scaletta,  //  Fonte  di  Faenza^  cop.   2,  pag.   14» 


Digitized  by 


Google 


350  MEMORIE 

degli  oooiiiii  JI  tempo  cotnproTò  essere  sfUlo  maeftrerofaneBte  < 
gaito  si  importante  lavoro,  con  vantaggio  grandissimo  di  qndla 
città.  E  se  nella  ragione  dell'opera  mostrò  il  Paganelli  la  sua  pe- 
rizia nella  idraalica,  nel  disegno  della  fonte  diede  a  conoscere  es- 
sere dotato  eziandio  di  buon  gusto  e  di  bella  inrenrione.  Coocios- 
siachè  se  non  per  la  grandezza^  certo  per  la  elegamta  è  quella  finte 
vaga  molto  e  graziosa.  Essa,  munita^  alPmtomo  di  cancelli  di  fer- 
ro, si  compone  di  tre  grandi  leoni,  stemma  della  città,  e  di  Tarie 
aquile  e  draghi  di  bronzo,  dalla  cui  bocca  e  da  altre  parti  del 
corpo  schizza  T  acqua  a  lampilfi,  e  ricade  in  un  ampio 
sottoposto  lavacro  di  marmo,  ove  pure  accolgoosi  i  oiolti- 
plid  gettiti,  che  da  un  pertugiato  cannelletto  di  piombo,  spor- 
gente nel  mezzo  di  un  superiore  bacino,  vagamente  scatorìaooDo. 
Al  di  fuori  de*  cancelli,  Tna  ali*  altra  opposte,  sgorgano  ood- 
tinuo  due  minori  fontane,  fomite  ciaschedooa  d'un  capace  abbe- 
veratoio, per  servire  al  comodo  e  alla  necessità  dei  dUadìni. 
Qoest'  opera  maravigliosa  ebbe  il  suo  compimento  solo  nel  1617, 
come  scrive  il  Righi  (1). 

Egli  è  verosimile  che  dorante  un  cosi  famgo  lavoro,  il 
Paganelli^  sovente  lasciata  Roma,  si  recasse  in  patria  per  di- 
rigerlo (2).  Negli  ultimi  anni  volendo  cfatoda^e  i  giorni  in 
seno  a'  suoi  omcittadini  ^  si  recò  hi  Faenza ,  e  con  il  danaro 
raccolto  dalla   generosità  dei  Pontefici,  dei  Cardinali  e  dei 

(1)  Annali  di  Faenza,    pag.   9. 

(2)  Scrìve  il  Tonduj^zi,  che  il  Paganelli  nel  1600  fosse  tuttavia  in 
Roma,  e  pregato  dal  uiae.sU.tlo  della  città,  otttnessc  dal  Pontefice  che  la 
stessa  potesse  ogni  anno  rlegjicrsi  un  predicatore  quadragesimale.  Vedi  lor. 
cit.  pag.  727. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  m.  GAP.  XVUl.  351 

Prindpi  romani,  a' quali  areva  per  sì  gran  tempo  prestata 
r  opera  sua  nella  erezione  di  molte  fabbriche,  rimoTellò  e  am- 
pliò il  soo  convento  di  S.  Andrea  Apostolo  ;  e  se  deyesi  prestar 
fede  ad  un'  antica  iscrizione ,  farebbe  di  mestieri  credere  che  ei 
lo  ergesse  dalle  fondamenta,  leggendorisi  :  Hoc  D.  Àndreae  Coe- 
nobiìim  a  fundamenHs  eoctructo^  ec.  E  il  Magnani  soggiunge,  che 
col  diségno  dd  Paganelli  fosse  rinnovato  il  coro  e  abbellita  la  cap- 
pella del  Rosario  della  sna  chiesa  (1).  Tutto  inteso  aDa  comodile 
de' suoi  rdigiosi,  colla  provvisione  che  ritraeva  dalla  città  di 
Faenza  per  V  opera  della  fonte ,  comperata  una  villa,  ne  fece 
dono  al  convento  medesimo»  Pregato  a  dare  il  disegno  di  una 
magniGca  cappella  per  la  cattedrale  dì  ForD,  fece,  per  attestato 
di  Paolo  Bonoli  »  quella  bellissima  cappella  d' ordine  corintio  » 
detta  deHa  Madonna  del  Fuoco  (3);  sapientemente  poi  conserrata 
nella  totale  demolizione  della  Cattedrale,  stimando  non  poterla 
riedificare  né  più  ricca  né  più  elegante. 

Pervenuto  alla  grave  età  di  anni  79,  nel  giorno  23  dì  marzo 
dell'anno  1624  il  P.  M.  Paganelli  si  riposò  nel  Signore,  nel  patrio 
convento  di  S«  Andrea;  e  i  religiosi  memori  e  grati  dei  benefizj 

(i)  p^te  dei  Santi f  Beoti  e  Venerabili  Servi  di  Dio  della  città  di 
Facntay  Parte  I,  p«g.  87.  * 

(2)  Storia  di  Fora,  voi.  2,  l»b.  XII,  pag,  441,  anno  1619.  La/ab 
brica,  che  sicuramente  superò  ogni  altra  delle  già  mentovate^  fu  quella 
a  cui  si  die  principio  Vanno  presente^  cioè  la  cappella  della  B,  y.  del 
Fuoco  ;  ù  per  gli  ornati  Soro  e  di  argento,  che  per  le  dipinture ,  marmi 
ed  altri  lavori.  Dessà  è  disegno  del  Paganelli  Domenicano,  architetto 
del  Papa.  Ne  fa  menzione  eziandio  Gioliano  Bezzi  nell'opera  :  //  Fuoco 
Trionfante f  pag.   13. 


Digitized  by 


Google 


352  MEMORIE 

da  lui  ricevati,  gU  posero  nel  primo  daustro  un  povero  sì^  ma  af- 
fettuoso monumento.  Offi*e  questo  11  di  lui  busto  moddkto  in 
terra,  con  abito  e  insegne  di  dottore,  e  avente  nella  destra  una 
carta:  dappiedi  una  amplissima  iscrizione  narra  i  fatti  principali 
della  vita,  e  le  virtù  di  questo  insigne  Domenicano  (1). 

n  P.  M.  Domenico  Paganelli  venne  brevemente  rammenoK)- 
rato  dal  P.  Michele  Pio,  da  Francesco  Milizia,  dagli  storici  Faen- 
tini, e  segnatamente  dal  celebre  Àbb.  Gio.  Benedetto  Mittarelli 
Camàldolense,  il  quale  scrive,  che  il  Paganelli  lasciasse  alla  sua 
morte  non  pochi  scritti  delle  scienze  da  lui  coltivate;  ma  a 
quanto  sembra  andarono  perduti  (2). 

(i)  D.  O.  M.  F.  DOMINICO  .  PAGANBLLIO  .  FAVBNTINO  .  OÉD  .  PIABD. 
8ACBAB  .  THBOLOGtAE  .  MAGISTliO  .  BOMANA  .  CUBIA  .  tTEBBABlAB  . 
GOMlfOBAlfTB  .  CUM  ,  PONTinCB  .  ClBMBIVTB  Vili  .  8AGBI  .  PiXAm  .  MA- 
QISTBO  .  IN  .  CBBB  .  USQOE  .  AD  .  BEDITOM  .  SUBBOGATO  .  OB  .  EU»  . 
PBB6PICAGUM  .  Ui  .  BBFOBMATIONIS  .  CONGBEGATIONBII  .  COOPTATO  .  MATHE 
MATICIS  .  PBABTBBEA  .  CELEBBI  .  ABCffiTECTCBA  .  LONGB  .  PBAKSTAIfTI  . 
CCIUS  .  IN  .  BBM  .  Din  .  BOMAB  .  DBTENTUS  .  A  .  CABD  .  ALBXANDBINO  . 
AinSQUE  .  PfJBPDBATIS  .  TUM  .  A    .  «UMMIS  .  PONTIFIGIB  .  iNNOCKirno  IX . 

Clemente  Vili  .  Leone  XI  .  et  ,  Paulo  Y  .  ex  .  eodem  .  usu  .  munb- 

BIB  .  AUGTUS  .  DEMUM  .  SENE!  .  IN  .  PATBU  .  BEDUX  .  HOC  .  D  .  ANDRBAE  . 
GOENOBIUM  .  A  .  FUNDAMBNTIS  .  EYTBUCTO  .  CHOBO  .  GISTBBNA  .  DOBMI- 
TOBUE  .  P0BTICU8  .  FOBNIGE  .  ABOMATABU  .  OFFICINA  .  ADIUMGTISQUB  . 
GUBICULIS  .  AUXIT  .  IP8B  .  PECUNIA  .  VIBTUTIBU8  .  PABTA  .  FONTBM  .  AEBE  . 
PUBLIGO  .  DUXrr  .  PBETIUM  .  BELIQUIT  .  QUO  .  PBATENSI6  .  VILLA  .  COENO* 
BIO  .  QUAESTTA  .  EST  .  F  .  MAO  .  8BBAPHINU8  .  DE  .  ABGENTA  .  PBIOB  . 
AG  .  FBATBB8  .  BELIQUI  .  GBATI  .  ANIMI  .  MONUMBNTUM  .P.P.  YIIIT  . 
AN  .  LXXIX  .  OBirr  .  X  .  KAL  .  MABT  .  CQI^CXXIV. 
(2)  De  Ldieratura  Faventinorum,  co'.  13?. 


Digitized  by 


Google 


353 


CAPITOLO   XIX. 

Del  P.  Giovanni  battista  Mayno,  pittore  Spagnuolo , 
e  del  P.  Giovanni  Andrej  pittore  Francese. 


Il  secolo  Xyn  y  nebsto  alle  arti  come  alle  lettere  ed  ai  co- 
slami  4egli  italiani  a?ea  veduto  mancare  e  spegnersi  ad  una  ad 
una  tutte  le  tradizioni  dell'Arte  Cristiana»  e  la  pittura  ces- 
sata dalla  condizione  di  civOe  e  di  religioso  insegnamento , 
togliere  le  sue  ispirazioni  dall'Olimpo  pagano.  Onde  parea 
che  la  più  parte  degli  artisti  non  ayessero  patria  terrena,  e 
la  celeste  non  curassero.  Imperciocché  non  giova  ritrarre  in 
marmo  o  in  tela  religioso  argoménto ,  quando  non  si  rag- 
giunge  lo  scopo  dell'  Arte  Cristiana  o  se  ne  raggiunge  uno  a 
quella  contrario.  Né  per  essere  alcune  figure  vestite  del  saio  de- 
gli Apostoti  0  della  melote  dei  solitari,  dirò  che  Apostoli  e  solitari 
siano;  ma  solo  quando  vedrò  balenare  sul  volto  dei  primi  la 
fiamma  di  quella  carità  che  li  fece  benefattori  e  delizia  del  ge- 
nere umano  ;  e  in  quei  dei  secondi  leggerò  V  estasi  deU'  anima 
che,  sollevatasi  per  affetto  su  tutto  il  creato,  si  associa  anzi  tempo 

alle  beate  schiere  dei  comprensori.  Scaduta  da  tanta  altezza,  la 
n.  23 


Digitized  by 


Google 


SSfr  MEMORIE 

pittura  non  degnò  più  ?olga«  uno  sguardo,  o  solo  incerto  e  fur- 
tivoy  a  quei  chiostri  o?e  primamente  era  stata  aocdta  e  protetta, 
e  ove  brillato  aveva  di  una  luce  tutta  divina.  Quindi  vediamo 
in  Italia  spenta  la  successione  dei  pittori  Domenicani,  ed  ^sere 
lo  storico  tenuto  a  portare  le  sue  ricerche  in  lontane  regioni , 
a  flne  di  riempiere  quel  vuoto  che  nella  nostra  storia  artistica 
lasciò  quel  secolo  malaugurato   (1). 

La  Spagna  ci  oflre  nel  Padre  Giovanni  Battista  Mayno  un 
pittore  che  merita  luogo  distinto  fra  i  più  insigni  arteflci  nostri. 
Cosi  di  lui  ci  fossero  rimaste  più  copiose  notizie ,  che  noi  d  sa- 
remmo studiati  di  megUo  farlo  conoscere  ai  ndstrì  leggitori;  ma 

(i)  Non  Tt»gH«iDO  già  isierire  che  nltm  DomeaicaAo  ctMunàtt  !• 
pittar  A  hi  Itatfa  ttd  stcok»  XVD  e  XVIII;  m»  «he  nmno  «ì  tìetò  sopra  la 
iTMdiocrìtè.  MI  HmtftteBte)  nel  prind^  appunto  M  seoole  X¥1I  >  «(vevaio 
nel  convento  4i  S.  Domenico  £  Fiesole  ^e  relìgion  ft^Qanto  venati  in 
q««at*arte.  U  frimo  i  il  P.  Sesti  Tesici  »  che  akimi  per  errore  ooafnecrp 
con  il  beato  Angelico,  abbenchi  posteriore  ài  doeccAto  aoai.  Il  aecondo  è 
OD  converto  per  nome  fra  Giovanni  da  Fireme»  del  quale  nella  Cro- 
naca di  quel  convento  si  legge  la  seguente  memoria.  Ann.  1606,  Fr,  Ni- 
colaus  Pandulfini  sacrista  major  curavit  ut  fieret  in  oratorio  sacristi^ 
altare  cum  armario  in  quo  imago  sacra  Annunciata    depicta  fuit  colorì-' 

bus    oleo  fusis ,    necnon    armariola    addita  sunt    et    depicta   ad    ornatum 

t 

ejusdem  altaris  qua:  quidem  continebant  mysteria  sacra  Passionisi  de  /o- 
ris:  intus  vero  claustra  ipsa  armary  preseferebant  imagines  7Unc  S.  Ro- 
muU,  inde  S.  Antonini,  Tota  autem  plctura  hujusmodi  exarata  est  opera 
et  marni  fratrìs  Ioannis  de  Plorentia  conversi  Jilii  huius  emnobi.  Vedi 
Cronaca  eonv,  S.  Dominici  de  Fesuìis  ad  ann.  16#3  e  t606)/o/.  tl^e  17. 
Di  qneeti  due  pitteri  aon  rìiaan  più  unlia  di  certo. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IIL  GAP.  XIX.  355 

soli  brevissimi  cenni  ne  ha  conserTati  il  eh.  Sig.  marchese 
Luigi  Montecuooolì ,  il  quale,  non  sono  molti  anni,  ha  pubbli- 
cata una  breve  storia  della  pittura  Spagnuola,  scritta  con  molto 
ordine  e  accuratem  (1). 

Fra  i  molti  e  Talenti  discepoli  che  Domenico  Theotocopuli^pit- 
tore  e  scultore  greeo^  e  discepolo  di  Tiziano,  lasciò  alla  Spagna 
ove  si  era  trapiantato,  uno  tu  il  nostro  Mayno,  dd  quale  si 
tace  la  patria ,  e  la  condizione  della  famiglia  ;  e  solo  ci  è 
noto  aver  ef^ì  sortiti  i  natali  nd  1569.  Ugualmente  che  fra 
Bartolommea  deDa  Porta,  già  maturo  negli  ai^ìi,  vesti  le  divise 
di  Frate  Predicatore;  ma  se  ne  ignora  il  luogo  e  il  tempa  La 
prima  notizia  che  di  lui  ci  sia  rimasta,  ce  lo  addita  nel  1611 
già  valente  pittore,  invitato  a  dipingere  ndla  sacristia  della  catte- 
drale di  Toledo  una  storia  di  S.  fldefonso,  e  in  un  chiostro  la 
Circoncisione  di  G.  Grìsta  U  re  Filippo  IV,  che  nella  sua  giovi- 
necsa  avea  dal  Mayno  apparato  il  disegno,  volle  sempre  gio- 
varsi de' di  lui  consigli  hitomo  a  tutti  quei  lavori  che  egli  allo- 
gava agli  artisti;  e  per  questa  via  il  nostro  pittore  potè  loro 
essere  di  grandissima  utilità.  Gome  il  Theotocopuli,  o  il  Greco 
che  dir  si  voglia,  sendo  più  nolo  sotto  questo  nome,  avea  recato 
in  Ispagoa  lo  stile  dei  Veneziani,  tf  Majno  si  fece  una  maniera 
che  molto  ritraeva  da  quella  di  Paolo  Veronese;  e  soggiunge  il 
Montecuccoli,  ch*ei  fosse  ingegnoso  nelFinvenzione,  intelligente  nd 
chiaroscuro ,  castigato  nel  disegno,  e  franco  nel  maneggio  dd 
pennello.  I  suoi  migliori  dipinti  sono  :  La  tavola  dell'  aitar  mag- 
giore in  S.  Marco,  una  in  S.  Bartolommeo,  ed  una  in  S^  Pietro  mar- 

(1)  Lvici  MoRTiODCCDU,  Storia  della  Pittura  in  Ispagna  dal  risor- 
gimento fino  ai  nostri  giorni.  Un  voi.  in-8.,  Modena  1841.  Vedi  p»g.  79. 


Digitized  by 


Google 


336  MEMORIE 

tire  a  Toledo;  un  Cristo  morto  nelle  braccia  del  Padre  Eterno, 
presso  i  Carmelilani  scalzi  di  Talavera  de  la  Rejna;  un  S.  Dome- 
nico nel  convento  dei  Domenicani  di  Salamanca;  quattro  ta?olc 
e  due  Angioli ,  sui  sepolcri  laterali  della  chiesa  do' suoi  religiosi 
di  Toledo  ;  e  una  storia  rappresentante  la  conquista  del  Brasile 
fatta  da  D.  Fabrique  di  Toledo,  la  qual  pittura  Tcdesì  a  Ma- 
drid nel  Buenritiro.  Ignorasi  se  egli  lasciasse  tra  suoi  religiosi 
alcun  allievo  nell'  arte  ;  mori  nella  età  di  anni  T7  nel  1646. 

Due  altri  pittori  Domenicani  novera  la  Spagnai  i  nomi  da 
quali  sono,  Fra  Francesco  da  Figueroa,  e  Fra  Mickefe  Pasados, 
ma  cosi  oscuri  che  di  loro  non  ci  è  rimasto  che  il  nome  (1). 

Alquanto  più  copiose  sono  le  notizie  che  la  storia  ci  porge 
della  vita  e  delle  opere  del  P.  Giovanni  André^piitore  franoese,oon 
il  quale  noi  conduciamo  le  nostre  Memme  6bo  al  secolo  XVIIL 
Egli  usci  alla  luce  in  Parigi  Tanno  1662.  Ninno  ci  lasciò  contezza 
degli  anni  suoi  giovanili ,  né*  de'  suoi  genitori,  e  solo  ci  è  noto 
che  in  età  di  17  anni  si  rese  Frate  Predicatore  in  uno  dei 
due  conventi  che  nella  stessa  città  di  Parigi  possedevano  i 
Domenicani  ;  cioè  quel  di  S.  Giacomo  e  quello  di  S.  Onorala 
Avendo  i  superiori  scorto  nel  giovinetto  amore  e  attitudine  alla 
pittura,  in  luogo  di  un  teologo  o  di  un  oratore,  con  savio  divisa- 
mento,  pensarono  formarne  un  artefice,  ben  sapendo  che  andare  a 
ritroso  delle  naturali  disposizioni  o  non  è  dato,  o  mette  sovente 
a  termini  estremi:  e  la  natura  è  usa  vendicarsi  di  questa *vio- 

(1)  Del  P.  Miguel  Pasados  scrìve  il  Montecuccoli ,  che  appartenesse 
alla  provincia  2i  Aragona  ove  sorti  i  natali  l'anno  1711  e  mori  nel  1753 
Di  lai  sono  alcune  pitture  nel  suo  convento  di  Valenza.  Vedi  loco  citato, 
P»g.   174. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XIX.  357 

lenza  con  lasciare  nella  oscurità  quegli  ingegni ,  i  quali,  percor- 
rendo le  vie  da  lei  segnate^certamente  sarebbero  un  giorno  addive- 
nuti eccellenti.  Lo  inviarono  pertanto  a  Roma  perchè  facesse  lungo 
sperimento  di  sé  studiando  i  maravigliosi  dipinti  di  Raffaello  e 
di  Michelangìòlo  al  Vaticano.  Quando  ei  giunse  in  Italia  la 
Scu<da  Romana  wa  miseramente  divisa  in  due  fazioni,  le  quali 
con  grandissima  pertinacia  si  disputavano  V  impero  della  pittu- 
ra. Erano  nelTArte,  ciò  che  Mario  e  Siila  erano  stati  nei  tempi 
della  repubblica,  o  ciò  che  nei  bassi  teihpi  i  Guelfi  e  i  Ghibd- 
Inii.  In  Napoli  costóro  sarebbero  facilmente  venuti  alle  mani  ; 
ma  in  Roma  si  tennero  paghi  a  combattere  con  le  ingiurie  e  a 
gareggiare  di  strane2ze.  Queste  due  sette  erano,  quella  dei  Cor- 
toneschi^  capitanata  da  Ciro  Ferri  ;  e  quella  di  Andrea  Sacchi , 
guidata  da  Carlo  Maratta.  La  prima  prevaleva  nei  freschi,  la  se- 
conda nel  dipingere  a  olio;  quella  per  copia  e  fecondità,  questa 
per  finitesi  e  diligenza.  Se  non  che  morto  nel  1689  Ciro  Ferri, 
potè  Carlo  Maratta  assumere  la  dittatura  deU'  Arte,  e  giungere 
sotto  il  Pontificato  di  Clemente  XI,  già  suo  allievo  nel  disegno , 
a  dirigere  tutte  le  opere  che  si  eseguivano  in  Roma  ed  in  Urbi- 
no» Il  nostro  Giovanni  André,  veduta  piegar  la  fortuna  dal  lato 
dei  Maratteschi,  pensò  seguitare  le  parti  del  vincitot^,  con 
danno  dell'arte  e  della  sua  gloria.  Reduce  in  Francia,  vi  tra- 
piantò quelle  ree  massime  che  avea  trovate  tra' nostri;  e  perchè 
si  diede  a  conoscere  molto  pratico  e  immaginoso  pittore,  non  gli 
fallirono  giatnmai  numerose  le  commissioni.  I  primi  dipinti  che 
egli  fece  in  patria  dopo  il  suo  ritomo  da  Roma,  furono  in  una 
chiesa  che  i  suoi  religiosi  avevano  di  recente  ottenuta  in  via 
di  Bae;  ed  essendo  piaciuti  pa*  la  bene  intesa  composizione, e  per> 


Digitized  by 


Google 


356  MEMORIE 

un  Tigoroso  impasto  delle  Unte,  tosto  gli  stessi  religiosi  gli  alloga- 
roDO  presso  che  tutti  i  quadri  della  chiesa  di  S.  Onorato,  cosi 
del  tramezzo  come  ddle  cappdle  ;  nei  quali  ritrasse  ak^ini  fatti 
della  Passione  di  G«  C.  e  i  santi  del  suo  Istituto.  Nd  tempo  di 
questi  dipinti,  il  P.  André  era  assai  di  sovente  visitato  dai  celebri 
pittori  la  Hosse  e  Jonvenet;  ed  egli  in  breve  imitò  sì  bene  la 
maniera  di  quest'  ultimo,  che  alcuni  suoi  quadri  furono  credati 
ritoccati  da  questo  celd>re  artista.  Venuto  in  fama  di  valente 
dipintore,  i  Domenicani  di  altri  conventi  della  Francia  non 
tardarono  a  richiederlo  dell'opera  sua;  e  segnatamente  quei  di 
Lione  gli  commisero  un  quadro  in  grandi  dimensioiri ,  nel 
quale  ei  ritrasse  il  Convito  del  Fariseo;  quadro  che  già  ador- 
nava il  loro  refettorio,  e  che  ignoro  ove  al  presente  si  trovi 
Per  i  suoi  confratelli  di  Bordeaux  colorì  ugualmente  due 
grandi  quadri,  in  uno  dei  quali  espresse  le  nozze  di  Cana  in 
Galilea,  e  nell'altro  la  moltiplicazione  dei  pani.  Eziandio  i  bene- 
meriti figli  di  S.  Vincenzo  de* Paoli  vollero  adomare  0  loro  tem- 
pio con  alcun  dipinto  di  questo  artefice,  e  gli  diedero  ad  eseguire 
per  la  lor  chiesa  di  S.  Lazzaro  due  dipinti,  nei  quali  dovea  effi- 
giare alcuni  tratti  della  vita  del  loro  fimdatore  ;  ed  egU  fece  in 
uno,  S.  Vincenzo  de'  Paoli  che  predica  nello  spedale  del  nome 
di  Gesù,  da  lui  eretto  dalle  fondamenta ,  e  neU'  altro  il  santo 
coronato  della  gloria  dei  comprensori.  Questi  due  quadri  me- 
ritarono essere  pubblicati  colle  stampe  ,  e  fìirono  incisi  da 
Herisset ,  da  Carle  e  da  Dupin.  Il  biografo  francese  che  d  ha 
tramandate  queste  notizie  del  P.  André,  loda  nei  di  lui  dipinti 
la  sempre  nobUe  e  bene  intesa  composizione,  il  disegno  cor- 
retto, sebbene  non  mcdto  largo ,  e  già  manierato  saUo  stile  del 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  in.  GAP.  XIX.  358 

Maratta  ;  mU'  aoeoiioiare  dei  pamf  lo  prefct  egregio»  abben- 
obà  negli  andari  dette  pieghe  noi  dica  facile  e  natorak;  nel  co- 
lore si  Ue(o  e  TÌgoroao  »  d'andare  nnUo  appresso  «1  celebre 
Jkinrenet  Dal  che  si  pare»  ohe  in  altra  età  e  con  allrì  maestri 
questo  religiosa  avrdiibe  rianoTellati  gli  esempi  di  Ara  Barto- 
lommeo  deDa  Porta  e  del  P.  Marareja.  Nel  novero  de'  di  tati  mi- 
gliori dipinti  dcUMDo  a  suo  gindizìo  rioarAursi  ona  Adorazione 
dd  Magi  presso  i  Teatini  di  Parigi  ;  nna  Natività  £  G.  C,  ima 
Sacra  Fanii^  nella  chiesa  del  Buon  Pastore;  nna  Deposizione 
di  Croce  nella  chiesa  parrocchiale  di  Epinay;  e  inahneate  qna 
S.  Genovefa,  che  dovea  collocarsi  in  una  cappella  de*  snoi  re- 
ligiosiy  la  quale  dipìnse  nella  cadente  età  di  novant'  anni.  Nei 
ritratti  che  ei  fece  in  tanta  copia  ai  privati  cittadini,  dicono 
ammirarsi  sempre  verità  e  bellezza  di  tinte.  Avendo  conseguito 
bellissima  rinomanza ,  avrebbe  facilmente  ottenuto  l'onore  di 
essere  aggregato  all'Accademia  francese,  ma  a  lui  modestissimo 
parve  ciò  non  bene  affarsi  alla  umiltà  della  sua  condizione. 

Finalmente  chiuse  i  suoi  giorni  in  Parigi  nella  età  di 
anni  91  nel  1753.  Furono  discepoli  del  Padre  Giovanni  An- 
dré, Taravaly  che  poi  fu  primo  pittore  del  re  di  Svezia  ;  Dumont, 
volgarmente  detto  U  Aomano.che  ne'suoi  giorni  fu  eletto  Direttore 
della  accademia  di  pittura;  e  Chasle,  pittore  assai  dotto  nella 
prospettiva,  che  meritò  la  decorazione  del  Gordon  Nero  (!]• 

Con  queste  brevi  parole  che  noi  abbiamo  consecrate  alla 
memoria  dei  PP.  Mayno  e  André,  non  ci  crediamo  già  sdebitati 
verso  la  Spagna  e  verso  la  Francia,  tenendo  per  certo  essere 

(1)  Diciionnaire  Historiquc  Critique  et  Bibliographique»  Paris  1810. 
Tom,  I,  pag.  139. 


Digitized  by 


Google 


L 


360  MEMORIE 

fioriti  nei  cliiostri  di  quelle  due  illustri  e  possenti  ntzioni  arte- 
fici d*ogni  maniera;  ma  noi  confessiamo  con  dolore  che  d  man- 
cano le  opportune  notizie.  Dirò  non  pertanto  come  TOrdine  di 
S.  Domenico  pianga  tuttavia  la  perdita  testé  fatta  del  P.  Luigi 
Alessandro  Pici,  valente  architetto  firanoese,  il  quale,  abbendié 
in  giovine  età,  ci  porgeva  la  lieta  speranza  che  por  lai 
sarebbe  risorta  in  Francia  l'architettura  cristiana  »  e  l' istituto 
dei  Frati  Predicatori  avrebbe  conseguita  nuova  e  bellissima 
gloria  in  uà'  Arte,  che  essi  odKivaroiio  con  tanto  amore  fino  dai 
loro  cominciamento  (1). 

(1)  M.  TnssiBR  ha  pubblicata  tu  questo  religioso  una  Notice  Bio- 
graphique  sur  Louis-Alexandre  Pici  ,  né  à  Lisieux  ìe  20  aoi^t  1808, 
mori  à  BoscOf  en  Piémont,  religieux  de  Vordre  de  Saini-Dominiqut  y 
le  19  dicembre  1841.  Un  \fol.  grand  in  %. 


Digitized  by 


Google 


361 


CAPITOLO    XX. 

Del  P,  Vincenzo  Maculano^  Cardinale  di  Santa  Chiesa  ;  e  di  al- 
cuni altri  ArcMutti  e  Ingegneri  civili  e  miUtariy  con  i  quali 
si  conducano  le  presenti  Memorie  fino  al  secolo  XIX. 


JLe  Memorie  degli  artefici  Domenieaiìi,  dopo  avere  percorso  il 
lungo  periodo  di  dDqae  secoli ,  non  poteano  a  nostro  avviso 
ehiudersi  meglio  che  con  i  nomi  delcardinale  Vinoemo  Maculano^ 
e  quelli  di  alcnni  altri  architetti  ed  ingegneri  militari,  i  quali 
tutta  posero  r  opera  e  la  mente  nella  difesa  della  loio  patria;  o 
aff  ornamento  e  decoro  della  medesima  s' affaticarono.  Ck>sì  la 
storia  artistica  dei  Frati  Prodicatm  comincia  con  V  architettura 
sacra,  e  termina  con  l'architettura  civile  e  militare,  perchè 
Dio  e  la  patria  sono  i  termini  più  sublimi  dell'arte.  Che 
se  pur  fosse  alcuno  cui  sembrasse  questi  studi  non  bene  af- 
farsi alla  condizione  pacifica  e  contemplativa  del  chiostro,  come 
quelli  che  obbligano  i  loro  cultori  a  versarsi  di  continuo  fra 
gli  armati  in  tempo  di  guerra ,  o  nella  frequenza  del  popolo  in 
tempo  di  pace,  noi  risponderemo  che  a  ninna  condiziime  di  per- 
sone, quanto  mai  dir  si  possa  sacra  e  veneranda,  si  disdice  la  ca- 
rità del  loco  natio,  e  l' adoperarsi  in  sua  difesa.  E  invero,  la  sto- 


Digitized  by 


Google 


aeS  MEMORIE 

ria  degli  andati  secoli  ci  addita  un  Ponte6ce  ottaagenario,  nel  ri- 
gore del  verno,  cinto  d'armi  e  di  armati»  far  prova  di  cacciare  i 
barbari  dall'Italia,  stimando  opera  ugualmente  pietosa  il  bene- 
dirla e  il  difenderla. 

Gli  storici  Domenicani  nel  tramandare  alla  posterità  il  nome 
e  le  gesta  del  card.  Vincenzo  Maculano,  si  studiarono  presentarlo 
modello  di  religiose  virtù  ai  claustrali,  e  dì  civile  sapienza  e  di 
dottrina  ai  pastori  dei  popoli;  ma  ci  tacquero  nella  più  parte  la 
sua  rara  perizia  nella  scienza  delle  matematiche  e  della  militare 
architettura,  per  la  quale  meritò  che  il  di  lui  nome  fosse  associato 
a  quelli  del  Sammicheli,  del  Marchi,  del  Cattaneo,  del  Lantieri,  ec. 
Questo  l(m>  silenzio  e  la  perdita  delle  antiche  carte,  non  ci  con- 
sentono fiivdDare  del  Maculano  come  voleva  il  moHo  soo  merito 
e  il  debito  nostro.  Con  brevi  cenni  nonpertanto  tenteremo  rìen- 
piere  il  vuoto  lasciato  dagli  storici  suddetti  nella  vita  di  questo 
insigne  porporato. 

In  Firenzuola,castdlo  sni  termini  deHa  Toscana  e  delleRoma- 
gne,  nacque  Vincenzo  Maculano^  il  giorno  il  settembre  del  1578. 
In  età  di  8e<fici  anni  vesti  l' abito  Domenicano  neUa  città  di  Pa- 
via, ove  aiutato  daH'ingegno  e  dal  volere,  venne  ammaestrandosi 
nelle  umane  e  neUe  divine  lettere,  con  successo  e  fema  maggiore 
dell'  età ,  e  grandissima  espettazione  di  tutti  ;  intanto  che  avvan- 
taggiandosi di  continuo  nei  gradi  dell'  Ordine ,  gli  vennero  suc- 
cessivamente affidate  le  più  malagevoli  cure  deUa  ?  Ha  pnbbliea 
e  privata.  E  primamente  fu  per  alcun  tempo  Inquisitore  deDa 
Fede  in  ^via  ;  poscia  in  Genova  nei  16S7.  Ed  è  appunto  in  que- 
st'ultima città,  ohe  gli  fti  porta  occasione  di  rivelare  il  suo  in- 
gegno e  la  sua  perizia  nelle  militari  fortificazioni. 


L 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  XX.  363 

Carla  Emannele  duca  di  Sa?oja  da  timga  stagione  vagheg- 
giara  qua!  facile  e  ricca  preda  la  repubblica  di  Genova,  nò  pre- 
terirà arte  né  mezzo  alcuno  a  fare  che  spentayi  r  antica  libertà/ 
cadesse  in  suo  potere.  Par  tal  cagione  non  aveva  abbonito  dall'ar- 
mare  la  destra  parricida  di  Giulio  Cesare  Vachero^uomo  sceOera- 
tissimoy  perchè  fatta  una  segreta  congiurazione,  opprimesse  di  ro- 
vina la  infelice  patria.  Scoperta  la  trama  e  spento  il  nuovoCatilina, 
Carlo  Emanuele,  veduti  falliti  i  secreti  maneggi,  venne  ali*  aperta 
violenza.  Stretto»  pertanto  con  la  Francia ,  pretessendo  vane  ra- 
gioni, con  lunga  edesofaitrice  guerra  occupata  l'una  e  Feltra  ri- 
viera ,  per  opera  del  LesdigUères  stringeva  di  assedio  la  male 
arrivata  Genova.  Ma  i  cieli  vegliaTano  sirila  infelice  repubblica  ; 
e  nata  disparità  di  giudizi  fra  il  duca  e  il  LesdigbièroB ,  o  cùt- 
rotto  quest'  ultimo  col  danaro ,  tanto  tergiversava  alTassalto,  che 
di  Spagna  giungeva  ai  Genovesi  il  sospirato  aoccorsoi  e  Pannata 
francese  e  la  sabauda  dovevano  abbandonar  quell'  impresa  (1). 
Fu  in  questa  guerra  (la  quale  pose  ad  estremo  pericolo  la  città 
capitale  deUa  Liguria),  che  meglio  appalesossi  quanto  fosse  ivi 
potente  l' amore  del  luogo  natio.  Tre  procinti  di  mura  già  le  da- 
vano sicurezza  dal  lato  di  terra;  ma  le  creste  dei  monti,  che  d*ogni 
intorno  la  ricingono,  nude  ancora,  potevano,  sebbene  con  notabile 
malagevolezza  per  l' asprezza  dei  luoghi,  dar  adito  a  soldatesche 
leggieri  a  bersagliarla  dalla  parte  superiore.  La  sollecitudine  del 
governo,  l'amor  patrio  dei  cittadini  inlenti  al  bene  comune,  vi  ac- 
corsero con  pronto  ed  efficace  riparo.  Divisarono  pertanto  ed  ese- 
guirono un  quarto  procinto  di  mura.  Ilgiomo7  dicembre  dell'anno 
1627 ,  il  doge  Iacopo  Lomellini,  presenti  i  Collegj ,  il  clero  e  le 

(1)  Carlo  Botta  ,  Storia  d*  Italia,  lìb.  XX  e  XXI. 


Digitized  by 


Google 


364  MEMORIE 

confraternite,  con  solemiissima  pompa  poneva  la  prima  pietra. 
Solo  nel  1630  s'imprendeva  con  alacrità  il  lavoro,  e  nel  termine 
di  soli  due  anni  era  compiato!  Diecimila  braccia  si  affaticavano 
indereasamente  intorno  ai  naovi  lavori  indicati  e  regolati  dai  più 
esperti  architetti  ed  ingegneri  di  quella  età,  fra  i  quali  uno  era 
il  nostro  fra  Vincenzo  Maculano.  Sospendevasi  ogni  altro  edi- 
fizio.  Tutti  i  cittadini  contribuivano  del  proprio.  Grandiose  elar- 
gizioni facevansi  segnatamente  dalla  casa  di  S.  Giorgio,  dai  coUegj 
dei  notai  e  de'medici,  dagli  artisti  e  dai  sacri  oratori.  La  sola 
predica  di  un  Carmelitano  produceva  centomila  lire  di  offerte. 
Per  innalzare  rapidamente  le  nuove  mura,  i  Genovesi  spargevano 
Foro  come  Y  arena  del  mare.  Dieci  milioni  delleloro  lire  costò  la 
cerchia  maravigliosa  (1). 

La  descrizione  di  si  importante  lavoro,  nel  quale  ebbe  parte 
il  Maculano ,  la  toglieremo  da  Carlo  Botta.  <r  L' opera  era  da 
farsi  dentro  il  macigno.  Vinsero  la  natura  a^a  e  quasi  intrat- 
tabile coDe  mine,  coi  picconi,  con  gli  scarpelli.  Biostravasi  11  sito 
irregolare  e  diflBcilmente  consenziente  a  forma  regolare  di  forti- 
ficazione. Con  tutto  ciò  tanta  fu  la  industria ,  la  pazienza  e  la 
fcNTza  di  chi  lavcNrava  e  di  chi  il  lavorare  sollecitava,  che  si  vid- 
dero  uscire  da  quelle  masse  inoomposte ,  cortine ,  baloardi  e  ba- 
stioni coi  fossi  e  coi  fianchi ,  come  se  plastica  materia  si  fosse 
maneggiata.  Dove  poi  per  V  inegualità  del  sasso  restavano  vani , 
si  fabbricavano  mura  grossissime,  che  per  la  forza  emulavano 
quanto  quivi  la  natura  avea  creato  di  più  fòrte.  Se  alcuna  volta 
per  istanchezza  de*  lavoratori  le  opere  languivano,  tosto  i  so- 

(i)  Davide  Bertolotti,  Vioggio  nella  Liguria  Marittima  ^  voi.  2, 
lettera  XLVIII. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XX.  865 

vrainteDdenti  col  solo  nominare  Duca  di  Savojaf  le  rianimaTano  e 
riaccendevano.  Ciò  sulla  cima,  ciò  verso  la  campagna.  Ma  non 
minore  si  scorge  la  diligaiza  dalla  parte  interiore,  alla  quale 
tutto  aU' intomo  gira  una  strada  larga  sessanta  piedi  almeno, 
comodissima  alla  condotta  delle  artiglierie,  e  a  disporre  per  le 
mura  con  ordine  i  difensori.  Il  maggior  pericolo  era  verso  la  valle 
del  Bisagno;  dove  il  sito  si  trova  piano,  e  mancano  le  asprezze 
de' monti.  Provvidero  con  munizione  molto  gagliarda  anche  que- 
sta parte,  avendovi  costrutto  baloardi  doppi  coi  loro  spaldi, 
strade  coperte  e  mezze  lune.  E  quel  che  più  ancora  conferisce 
alla  fortezza  di  questo  piano ,  si  è ,  che  due  piccoli  e  rilevati 
colli  sporgendosi,  quasi  due  coma,  in  ftiori  ed  al  sottoposto  piano 
sovrastando,  danno  comodità  di  spazzarlo  colle  artiglierie  dalle 
due  bande.  Con  questi  propugnacoli  si  rende  Genova,  contro  cIb 
non  fosse  padrone  del  mare,  e  dalla  parte  di  terra  solamente  la 
assalisse ,  quasi  inespugnabile  (1).  d  Per  opera  tanto  insigqe  il 
nome  del  P.  Vincenzo  Maculano  e  degli  altri  ingegneri,  che  quelle 
fcH'tificazioni  aiutarcelo  di  disegni  e  di  consigli ,  sarà  sempre  be- 
nedetto dai  Genovesi ,  e  meritamente,  conciossiachè  non  so  in 
qual  altro  servigio  maggiore  potesse  il  Maculano  spendere  V  in- 
gegno, quanto  in  questo  a  prò  della  mia  diletta  patria. 

Nel  1629  per  gravissimi  affari  partiva  il  Maculano  di  Ge- 
nova; e  dopo  breve  tempo  il  Pontefice  Urbano  Vili,  che  dei  dotti 
era  non  pure  amido,  ma  ne  faceva  ricerca  e  premiavali  giusta 
il  merito  loro,  avuta  contezza  del  sapere  e  della  prudenza  del 
Maculano,  invitavalo  a  Roma  con  nome  e  ufficio  di  Procuratore 
Generale  del  Domenicanoinstitulo  presso  la  CuriaRomana.E  come 

(1)  Loc.  cit.  Ub.  XXI,  anno  1632 . 


Digitized  by 


Google 


366  MEMORIE 

di  qaéi  tempo  il  P^  Generale  si  recava  io  Francia  per  affari  del* 
rOrdine,  deputava  il  Maculano  a  tenerne  inRoma  le  veci«  Nd  1633 
Urbano  VII!  dichiaravalo  (Commissario  Generale  ddla  romana 
Inquisizione ,  e  nel  1639  Maestro  del  Sacro  Palazzo.  Per  questa 
via  il  PonteSce,  che  avea  riposta  in  questo  religioso  una  grande 
fiducia  e  una  grande  estimazione,  Io  andava  elevando  eoa  ra- 
pido avanzamento  onde  portarlo  in  bre?e  alla  porpora.  In  que- 
sto mentre  a  lui  si  afl^avano  molti  e  importanti  lavori  di  «rchi- 
teltura  civile  e  militare,  intorno  ai  quali  abbiamo  sventuratamente 
troppo  scarse  notizie.  Solo  ricorderò  che  al  P.  Vincenzo  Macu- 
lano sono  dovuti  i  restauri  e  le  fortificazioni  del  castello  Urbano 
nel  bolognese  ;  della  mok  Adriana  in  Roma ,  volgarmente  detta 
Castel  Sani'  Angdk);  e  delie  mura  della  stessa  dita  di  Roma  in 
4|nella  parte  cbe  eirconda  il  Vaticano  (1).  Né  qui  si  ristaTano  le 
sue  opere  di  militare  e  eifUe  areUtettura,  p^nàoccbè  minacciaBdo 
di  quel  tempo  l'Ottomano  l'isola  di  Malta,  e  facendo  mestiai 
sollecitamente  f(Mrtificarla ,  Tlnquisilor  Chigi,  che  poscia  col  nome 
di  Àlessancbe  VII  tenne  la  cattedra  di  S.  Pietro»  richiese  a  nome 
dei  Cavalieri  defflsola  il  Pontefice,  perchè  volesse  inviarvi  on  fa- 
lente  architetto  ed  ingegnere  militare,  con  l'opera  del  quale  si 
facessero  nuove  fortificazioni,  e  le  antiche  si  riparassero  ;  ed  il 
Pontefice  dapprima  vi  inviava  Pietro  Paolo  Floriani;  pascià  iiato 
alcun  dnbUo  su  i  lavori  eseguiti  dal  medesimo^  né  essendonei  Ca- 
valieri ben  satJsfatti,vi  spediva  il  Maculano  perché  il  tutto  diligen- 

(1)  Vedi  FoKTAKA.  Thetdr.  Dominio.  —  L'Eefaard  seguitando  1*  wto- 
rhà  del  Rovetta,  attrtimuce  al  Maculano  alcune  òpere  di  maftematica  e  ^ 
ardiìtettura  milkaTe  rìmaate  inedite;  non  che  i  disegni  e  le  descrbiopi  ^i 
lavori  che  abbiamo  accennati.  Vedi  Scripior.  Ord.  Prcedic.  VoL  2,  pag.  683. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XX.  367 

temeste  «onàtoassee  ri  proTredeese  (1).  Reduce  in  Roma,  Urba- 
QO  Vin  non  stimò  do? ergti  più  a  famgo  dtflerire  quella  dignità,  che 
i  resi  s^vigi  e  la  miirenale  estimazione  gli  a? evano  meritata.  Nel  ' 
giorno  pertanto  16  dicembre  1641  creatalo  Cardinale ,  e  insieme 
arcìTesooTOidi  Bepevento.  Recatosi  a  reggere  la  sua  chiesa,  dopo 
sqU  sedici  mesi,  il  Pontefice,  che  volea  giotnarsi  de'di  lui  consigli  t 
de&a  di  lui  opera,  io  richiamò  presso  di  sé;  ed  egli,  anzi  che  tenere 
una  sede  che  non  potea  regigere  e  governare,  rinunci(dfai  ad  Urba- 
no. Due  volte  si  ixofò  assai  presso  ad  ottenere  il  Pontificato.  La 
prima  dopo  la  morto  di  Urbano  Vin,  arvenuta  il  29  luglio  16U, 
e  non  ne  fa  discosto  che  d'un  sd  roto;  la  seceMla  dopo  la  mente 
di  Innocenzo  X,  ofaeéa  dhre  nd  7  gennaio  14(56,  e  neftì  escluso 
por  ì  secreti  maneggi  della  tro|^  celebre  D.  Olimpia  HaMac- 
chini.  Finalmente  il  Signore  diiamavalo  a  Ttta  migliore  il  15  feb- 
braio dell'  anno  1665 ,  nella  grave  età  di  anni  88;  lasciando  hi 
tutti  desiderio  di  sé  e  iama  di  dotto  e  integerrimo  ministro  dd 
santuario,  e  d'uno  tra  i  più  tosigni  ingegneri  militari  della  sua  età. 

Al  P.  Vincenso  Maculano  Boi  facciamo  succedere  il  P.  An- 
tonio Amhrogini,  le  notizie  del  quale  le  dobbiamo  al  più  tolte 
lodato  P.  Federico  di  Poggio,  storico  e  bibliotecario  del  suo  con- 
vento di  S.  Romano  di  Lucca;  il  quale  ne  scrisse  dietro  notizie 
avute  da  chi  con  Io  stesso  Ambrogini  era  lungamente  vissuto 
nel  citato  convento  di  S.  Romano. 

La  popolosa  terra  di  Iliecimo  nel  Lucchese   fa  la  patria 

(i)  SffORZA  PAtLAVicnro,  f^ita  di  Alessandro  VII,  Hb.  I,  cap.  X, 
pag.  B3,  cdiuone  dì  Prato  del  1840.  Echard»  loc.  cit — Tovkov,  Stistoir e 
desMommes  iUastres  de  VOrdre  de  S.  Dominique.  Tome  V,  livre  XXXVil, 
page  449. 


Digitized  by 


Google 


368  MEMORIE 

del  P.  Aotonio  Ambrogìni.  Volendo  oeDa  soa  giovinezza  yestire 
le  difise  domenicane,  tane  per  desiderio  di  maggiore  aosterezza, 
si  aggregò  alla  Provincia  di  S.  Caterina  da  Sioia  nell'  Abbmzzo, 
ov' erano  religiosi  di  grandissima  virtù.  Compiuti  gli  stadi  in 
divinità  ,  sentendo  particolare  inclinazioiie  per  quello  ddfe 
matematiche  e  delle  militari  fortificazioni,  a  questi  dì  proposito 
si  dedicò.  Narrasi  che  nel  fervore  di  quegli  studi,  al  tempo  dell'as- 
sedio di  Vienna ,  si  partisse  appositamente  dall' Abbruzzo  a  piedi, 
onde  ledere  e  con  ogni  diligenza  esaminare  quelle  tanto  celebrate 
fortificazioni.  Fattosi  nome,  fu  chiamato,  non  so  quando,  dal  Se- 
renissimo di  Modena  per  ingegnere,  e  fu  allora  verosimilmeote  che 
si  fece  figlio  del  convento  di  Modena.  Dal  servizio  di  qud  Duca 
passò  a  quello  della  repubblica  di  Lucca,  con  la  slessa  qualità 
di  matematico  ed  ingegnere,  sq;natameite  per  le  acque  (1). 
Fra  i  molti  e  utili  servigi  che  rese  alla  patria,  fu  la  scuok  di 
matematica  che  per  lui  in  breve  saU  a  molta  rinomanza,  e  dalia 
quale  uscirono  matematici  ed  ingeneri  celebratissimi.  Non  po- 
chi monumenti  del  raro  suo  ingegno  sono  fino  a  noi  pervenuti. 
Alcuni  hanno  asserito  che  Q  bel  ponte  di  S.  Pietro  sul  fiume  Sei^ 


(1)  Ldbro  Puhlico  della  Fortificaùont  della  città  di  Lucca  ,  fogl. 
110.  ^  <fi  26  maggio  1705.  Il  P.  M.  Amhrogini  Domenicano  Ju  dal- 
V  Eccellentitsimo  Consiglio  raffermaiOy^  e  di  nuovo  eletto  ntlla  carica  dì 
Ingegnere  della  Repubblica  di  Lucca,  per  tre  anni  prossimi  eoa  il  solito 
stipendio  di  scudi  10  il  mese,  da  principiare  dal  tempo  termimò  tultima 
sua  rafferma.  Con  dieìtiarazione  che  il  medesimo  sia  obbligato  tener  le- 
zione a  quei  giovani  che  volessero  attendere  alle  matematiche,  con  la  so- 
praintendenia   dell*  qffizio  sopra  le  fortificazioni. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  m.  GAP.  XX.  369 

chio  sia  opera  del  P.  Ambrogìni,  ma  altri  mostrarono  dubitarne. 
Del  medesimo  abbiamo  nella  biblioteca  del  convento  di  S.  Ro- 
mano di  lacca,  due  quinterni  in  assai  bel  carattere,  uno  di 
lettere  ai  Signori  sopra  il  fiume  ;  V  altro  contenente  una  lunga 
rdadone  delSerchio.  Le  lettere  offrono  la  data  del  1699  e  1700; 
e  dalle  medesime  e  dalla  detta  relazione  si  deduce  l' abilità  e 
perizia  del  P.  Ambrogini  in  cosiffatte  materie. 

I  suoi  conterranei  conservano  eziandio  una  bella  carta 
geografica  a  penna  dd  territorio  di  Diecimo ,  da  esso  delineata 
e  dedicata  al  card.  Buonvisi.  Similmente  in  casa  del  capitano 
Giuseppe  lacopi  era  altra  carta  geografica  dello  stato  di 
Milano,  e  questa  a  stampa  (1).  Il  P.  Federico  di  Poggio  scrive 
avere  per  alcun  tempo  possedute  le  dette  carte  geografiche.  Mori 
il  P.  Ambrogini  nella  t^rra  nativa  Tanno  1722  ai  17  agosto,  in  età 
di  anni  67.  Per  essere  ivi  appunto  mancato,  si  sono  perdute  molte 
altre  buone  cose  del  medesimo.  Dicesi  che  fosse  egli  quanto 
studioso,  altrettanto  malinconico,  astratto,  e  ognora  assorto  in 
profonde  meditazioni  (2). 

Con  rapida  narrazione  toccheremo  brevemente  di  al- 
cuni altri  artefici,  il  tacere  dei  quali  sarebbe  ingratitudine. 
E  primo  sarà  l' architetto  e  ingegnere  fiammingo ,  Padre 
Francesco  Romain ,  detto  volgarmente  II  Frate  Romano.  Nato 
in  Gand  nel  1646,  e  vestile,  non  so  quando,  le  divise  di 
frate  Predicatore,  si  diede  con  amore  grandissimo  allo  studio 

(1)  Offre  la  Mgaeote  .iscrizione.  Stato  di  Milano  diviso  nelle  sue 
parti,  dal  P.  F.  Antonio  Ambrogini  di  Diecimo^  delV  Ordine  dei  Predi- 
catòri, 1698. 

(2)  P.  Fbduico  di  Poggio,  loc.  cìt. 

II.  24 


Digitized  byLaOOQlC 


370  MEMORIE 

delle  matemaliche  e  dell'architettura.  Venato  in  fama  di  ya- 
lente  arteCce ,  gli  SUli  Generali  di  (Manda  nel  leSk  gli  da- 
?ano  il  carico  di  costruire  un  arco  del  ponte  di  Maestricfa.  In 
sonito  dovette  aver  condotte  in  patria  molte  e  belle  opere  di 
architeitnra,  perciocché  leggesi  che  Luigi  XIY  re  di  Francia, 
gran  Tavoreggiatore  delle  lettere  e  delle  arti,  saputo  del  merito 
di  questo  f^ate,  lo  invitasse  a  Parigi,  e  gli  ingmngesse  di  ulti- 
mare il  Ponte  Beale  cominciato  da  Gabriel;  il  che  egli  fiece  con 
grandissima  brayura»  e  con  soddisCicione  del  re.  Quest'opra 
gli  meritò  H  titolo  di  architetto  regio,  e  di  inspettore  generale 
dei  ponti  e  degli  argini;  il  che,  avuta  considerasione  a  quella 
età  nella  quale  la  Francia  avea  dovizia  di  Talenti  art^kà, 
quivi  tratti  dal  regio  patrocinio,  ne  dice  palesemente  come 
nel  Padre  Romano  dovette  esser  grande  la  scienza  e  la  pra- 
tica deUa  civile  architettura.  Alla  qual  lode  egli  ne 
un'  altra  bellissima;  condossiachò  lo  storico  che  di  lui  d 
servò  queste  poche  notizie,  soggiunge  come  il  Padre  Romano 
fosse  di  vita  grandemente  esemplare,  e  che  l'arte  e  la  religione 
tntta  ne  occupassero  la  mente  ed  il  cuore.  Chiuse  i  suoi  gionii 
in  Farigi  V  anno  1735,  netta  età  di  anni  ottantanove  (1). 

Onorevole  ricordanza  merita  eziandio  ^architetto  tm  Pietro 
Paolo  Belli,  col  nome  del  quale  noi  conduciamo  le  nostre  Me- 
morie fino  al  secolo  presente.  La  città  di  lesi  nella  Marca  di 
Ancona  Ai  patria  a  questo  kico  Domenicano.  L' amo  del  nasci- 
mento e  quello  della  sua  vestizione  religiosa  non  ci  son  noie. 
Da  alcune  notizie  trasmesseci  di  Romagna  apparisce,  come  nel 

.     (i)  Dìctionnaire  Historique^  Critique  et  Bibliographique.  Tome  VII, 
page  153. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  in.  GAP.  XX.  371 

1781  egli  dirigesse  tutti  i  lavori  delia  nuova  chiesa  de*  suoi 
correligiosi  in  Ancona,  della  quale  però  non  fu  suo  il  dise- 
gno. Nei  libri  consig^ari  del  convento  di  Pesaro  si  legge  die 
nel  1790  il  Belli  si  recasse  di  stanza  in  qudla  dtlà.  Nd  1791 
restaurava  alcune  fabbriche  di  proprietà  dei  Domenicani  pe- 
saresi; e  tre  anni  appresso  restaurava  ugualmente  la  chiesa 
degli  Angidi  in  Novillara.  Reggendo  il  convento^  di  Pesaro  il 
Padre  Maestro  Paolo  Lastrico,  e  sendo  venuti  i  rdigiosi  nd 
consiglio  di  erigere  nuova  chiesa  daUe  fondamenta,  ne  die- 
dero il  carico  al  Belli ,  il  quale ,  fatto  un  disegno  a  seconda 
dei  loro  desiderj,  si  accinse  con  ogni  sollecitudine  a  murare  la 
fabbrica*  Se  non  che  quel  turbine  devastatore  che  tutta  manomise 
e  desolò  la  penisola  sullo  scorcio  del  passato  secolo ,  avendo 
dispersi  i  claustrali,  il  Belli  dovette  nel  1797  abbandonare  il  suo 
edifizio.  Untate  alquanto  le  condizioni  dd  tempi,  e  torcati  i 
Frati  Predicatori  al  possesso  del  convento  pesarese  nd  gior- 
no 5  novembre  del  1802 ,  il  superiore ,  che  era  il  P.  M.  Vin- 
cenzo Camurati,  faceva  dal  Bdli  riprendere  i  lavori  della  chiesa 
nd  22  di  luglio  del  1803.  Nel  settembre  del  1806  già  erano  com- 
piuti, e  Fanno  seguente  Fra  Pietro  Paolo  Bdli  passava  agli 
etemi  riposi. 

Alcuni  architetti  vivuti  nel  secolo  XVII  e  da  noi  omessi 
attesa  la  penuria  delle  opportune  notizie^  vogliono  essere 
qui  almanco  da  noi  ricordati.  Il  Padre  Domenico  Paglia,  che 
ha  fornito  il  disegno  della  ricca  cappella  dd  P.  S.  Domenico 
alla  Minerva  in  Roma,  disegnò  eziandio  la  gran  piazza  alle  scale 
dd  ponte  S.  Antonio  presso  la  città  di  Sanseverino  ndla  Marca 
di  Ancona.  Al  P.  Domenico  PeparelU  si  attribuisce  il  palazzo 


Digitized  by 


Google 


372  MEMORIE 

Bonelli,  oggi  Imperlali,  nella  piazza  dei  Santi  Apostoli  in  Roma; 
palazzo  che  il  Milizia,  seTerìssimo  censore,  scrive  essere  di  hwma 
e  proporziofiata  architettura  (1).  Questo  architetto  è  appena  ri- 
cordato dal  Passeri  e  dal  Milizia  nella  yita  di  Martino  Longhi , 
per  un  grazioso  aneddoto  che  può  leggersi  in  ambedoe  qnesU 
biografi  (2).  In  quel  secolo  stesso  estivarono  V  architettura  fra 
Giovanni  da  Palermo,  col  disegno  del  quale  fu  restaurata  la  chiesa 
dei  Domenicani  in  San  Severino;  e  il  P.  M.  Giovanni  Buonvisi,cbe 
forni  il  disegno  e  diresse  i  restauri  della  sua  chiesa  di  San  Ro- 
mano di  Lucca  (3).  Onorata  memoria  merita  eziandio  il  Pa- 
dre Agostino  del  Riccio,  autore  di  una  storia  delle  Pietre,  che 
rimane  tuttavia  inedita  (4),  non  pure  lodata  dal  Gori  e  dal 

(1)  Memorie  degli  Architetti  Antichi  e  Moderni^  toI.  2,  lìb.  IH, 
cap.  3,  pag.  172.  lo  credo  però  che  U  paUsio  Bonellì  ala  disegnato  e  ar- 
chitettato dal  P.  Domemco  Paganelli,  del  qoale  abbiamo  acrltta  la  rita. 

(2)  Gio.  Batt.  Passiki,  Vite  dei  Pittori ,  Scultori  e  Architetti  eA« 
hanno  lavorato  in  Roma,  e  che  sono  morti  dal  1641  al  1673.  Un  voL 
in-4,  pag.  233  —  Milizia,  loc.  cit. 

(3)  I  bei  restauri  della  chiesa  -di  San  Romano  di  Locca  vennero 
cominciati  nel  giugno  del  1661,  e  compiuti  nel  1666.  Il  P.  L.  Tommaso 
Trenta  ne  pubblicò  nel  1670  una  piena  reiasione,  ricordata  dal  P.  Fede- 
rico di  Poggio.  Vedi  Notizie  della  Libreria  dei  Padri  Domenicani  dì  Som 
Romano  di  Lucca,  pag.  267;  un  voi.  in-8.  Lucca  1792. 

(4)  Istoria  delle  Pietre  ^  scritta  circa  V  anno  1597,  dal  P.  Agostino 
del  Riccio  fiorentino  delV  Ordine  dei  Predicai,  del  convento  di  S.  M. 
Novella  di  Firenze^  colle  figure  delle  medesime  dipinte  da  Vineenio 
Dosi  fiorentino.  Un  voi.  in-fol.  presso  il  eh.  Profess.  Targiont,  che  gentil- 
«Beate  ci  permise  esaminarlo.  Un*  altra  copia  con  alquante  variasioni  e  pos- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  CAP.  XX.  373 

Cicógnara,  ma  che  gioYò  non  poco  al  primo  per  la  sua  gran- 
d'opera  la  DacHUotheca  Smithiatia  (1).  Storia  scritta  con  pur- 
gata favella ,  e  della  quale,  ove  tu  ne  togliessi  le  inutili  digres- 
sioni ,  potrebbero  giovarsi  non  poco  gli  studiosi  di  questo  ramo 
dell'Arte  (2).  Nel  tócco  in  penna  meritò  molta  lode  il  P.  Benedetto 
Greyss,  alemanno  di  origine,  ma  che  a?ea  sortiti  i  natali  nella 
città  di  Livorno.  Per  il  suo  valore  nell'arte  di  ritrarre  in  p^ma  i 
più  ricchi  e  svariati  lavori,  intorno  Fanno  1750  Tu  dall'Imperatore 
e  Gran  Duca  di  Toscana, Francesco  I,  incaricato  di  tratteggiare 
in  piccolissime  dimensioni  tutti  i  quadri  della  Galleria  degli  DflBzi 
in  Firenze.  Che  avvenisse  di  questo  sterminato  lavoro  non  so  ; 
ben  pare  che  gli  procacciasse  rinomanza,  perciocché  a  lui  fu  con- 
ceduto r  onore  di  porre  il  proprio  ritratto  in  quella  stessa  Gal- 
'  leria  assieme  a  quello  dei  più  celebri  dipintori  di  Europa  (3).  In^ 

sedata  dai  libraio  editore  Molini  in  Firenze.  In  questa  storia  (fol.  2)  si  ri- 
corda on*  altra  opera  dello  stesso  religioso  su  i  fiori  ^  JrutUy  e  erbe,  che 
io  credo  smarrita.  I  Padri  Echard  e  Quietif  omisero  favellare  di  questo 
scrittore. 

(1)  Vedi  Yol.  2,  cap.  lY. 

(2)  Il  P.  Agostino  del  Riccio  mori  nel  giorno  iS  dicembre  1598,  e 
ne  è  il  ritratto  nel  chiostro  grande  di  S.  M.  Novella  in  quella  storia  a 
fresco  dipinta  da  Giovanni  Baldini ,  la  quale  rappresenta  il  transito  di  San 
Domenico.  Ivi  il  P.  del  Riccio  è  figurato  in  quel  religioso  che  asperge  il 
santo  con  V  acqua  benedetta.  L  questa  la  sola  notiaia  che  il  Necrologio  del 
convento  ci  abbia  bsciata  di  questo  dotto  Domenicano. 

(3)  Nel  suo  ritratto  egregiamente  eseguito  in  penna,  il  P.  Benedetto 
Greyss  pose  la  seguente  iscriaione,  che  leggesi  in  una  cartolina  che  ei  tiene 
in  mano: 

Fr.    Benedictus  Fin.  De  Greyss   Ord.  Prcedicat.  Theologus  ,  patria 


Digitized  by 


Google 


37^  MEMORIE 

Danzi  al  P.  Benedetto,  Firenze  avera  noverati  due  altri  rakoti 
tocchisti  in  penna ,  il  Cantagallina  ed  ì\  Mati  ;  ninno  però 
credo  giimgesse  mai  alla  facilità  e  aUa  diligenza  del  Gn^ss. 
Ognun  sa  quanto  del  tratteggiare  in  penna  si  dilettassero  ezian- 
dio i  due  celebri  pittori  bolognesi»  Bartolommeo  Passerotti  e  Ago- 
stino Caraccl,  giovandosene  assaissimo  qnest'  ultimo  per  addive- 
nire quel  celdire  incisore  cbe  poi  fu  (1).  ^  il  Greyss  simifaneate 
si  addestrò  al  maneggio  del  bulino;  ma  non  conosco  fra  le  cose 
da  lui  incise,  che  il  ritratto  del  cardinale  Albertino  di  Prato  do- 
menicimQ,  cavato  da  quello  di  Smone  Memmi  nel  cappellone 
degli  Spagnuoli  in  S.  M.  Novella  (2). 

Non  so  finalmento  togliere  la  mano  da  queste  pagine  sema 
ricordare  da  ultimo  la  pittrice  Domenicana  suor  Anna  Vittoria 
Dolara,  religiosa  del  Monastero  di  S.  M.  Maddalena  a  Monte  Ca-' 
vallo  in  Roma,  nella  quale  non  sapresti  che  più  si  debba  ammi- 
rare, se  la  in^gne  pietà  e  il  dono  delle  muse,  o  l'arte  del  pingere  e 
del  miniare,sendo  in  ciascheduna  di  questo  doti  rarissima.  Quando 
le  armi  francesi  con  sacrilego  attentoto  strapparono  da  Roma 
rimmortale  Pio  VI,  e  dispersero  e  fugarono  i  claustrali,  compresi 
quei  rapitori  da  insolita  pietà,  condonarono  al  monastero  di  S.  H. 
Maddalena,  per  la  v^rtù  di  quelle  osservanti  e  povere  suòre.  Tol- 

Liburrumis,  orìgine  Qermanus^  ah  Imperatore  Cacare  JFraneitco  Loiha- 
ringicOf  Pio ,  JF elice ,  Augusto  ,  talulis  pictis  signi»  anaglyptis ,  gua  ù 
regio  Cinteliarco  Florentias  asservantur,  calamo  delineandis  prapositutt 
tua  te  ipsum  manu  e/finxit  anno  salutis  17K8. 

(1)  Labzi,  Storia  Pittorica^  Scuola  Bolognese ,  Epoca  2. 

(2)  Del  P.  Benedetto  Greyu  si  fa  onorevole  inentìone  nell'  Osserva- 
tore Fiorentino.  Vedi  voi.  VI,  p«g.  28. 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XX.  376 

sera  p^^  loro  ogni  meszo  di  sussistenza,  fatti  crudeli  nell*  alto 
stesso  del  beneficio.  La  buona  Dolara  dipingendo  notte  e  giorno» 
e  con  le  elemosine  dei  pii  cittadini,  campò  la  vita  a  sé  e  alle  amate 
sorelle.  E  perchò  eantando  U  dolor  si  dùacerbajScrìsBe  allora  un 
poemetto  in  ottaya  rima  nel  quale  con  lamentevoli  accenti  ritrasse 
la  misera  condizione  cui  gli  stranieri  aveano  condotta  la  santa 
città.Non  ha  cuore  cosi  duro  e  fierrigno  che  in  leggendo  quei  carmi, 
e  in  pensando  alle  ? irtù  e  alla  miseria  di  qiwUe  infelici  suore , 
non  sia  da  alcuna  pietà  tocco  e  compreso  (1).  Seppe  costei  in  la- 

(1)  //  Pianto  delle  sacre  f^ergini  Romane  nella  /unesta  Democra- 
zia di  Roma^  Composizione  di  Suor  Ansa  Vittoria  Dolara  Domenicana 
in  S.  M.  Maddalena^  fra  gli  Arcadi  Florinda  Carisia.  Roma  18i8.  A 
dare  alcun  saggio  dello  stile  poetico  della  Dolara^  ne  piace  riportare  le 
due  seguenti  ottave,  che  sono  la  quarta  e  la  settima. 
Noi  siamo  oppresse  ed  a  lasciar  vicine 

Fra  Vincàia  e  il  dolor  V afflitla  spoglia; 

Crolla  il  sacro  edifitio,  e  le  rovine 

Pender  veggiam  con  ajjannosu  doglia  ; 

Ne  del  nostro  penar  si  scorge  il  fine  , 

Ne  il  pianto  nostro  v*  è  chi  terger  voglia; 

Se  tu  placalo  alfin.  Dio  de*  viventi , 

Dolce  pietà  del  nostro  mal  non  senti. 

Passa  la  tortorella  i  di  secura 

Dolcemente  gemendo  entro  il  suo  nidoy 

Torna  il  gregge  alV  ovil  dalla  pastura 

Senza  timor  di  tradimento  infido. 

Noi  pure  entrando  in  queste  elette  mura 

Credemmo  d*  afj errar  securo  lido; 

Ma  ad  insidiarne f  oh  del,  semhran  d^  accordo 

V  avoltoio  rapace  e  il  lupo  ingordo. 


Digitized  by 


Google 


376  MEMORIE 

Unità  più  che  al  sao  sesso  e  alla  soa  condizione  non  si  cosUuna; 
De  ignorò  le  leggi  del  snono  e  del  canto,  con  il  qnale  gli  abbat- 
tati spiriti  delle  suore  era  solita  rinfrancare.  Pio  VII,  che  in  gran- 
dissima estimazione  aveva  Y  ingegno  e  la  virtù  della  Madre  Do- 
lara,  più  fiate  si  portò  a  visitarla  nella  romita  sna  celiale  le  con- 
cedette che  potesse  ritrarlo  ripetntamente;  i  quali  ritratti  forono, 
a  quanto  si  dice,  somigliantissimi;  e  il  Pontefice  Leone  XII  le 
diede  una  simile  attestazione  di  stima.  L'Arcadia  di  Roma  non 
tardò  a  concederle  un  seggio  fra  i  socj  di  onore  sotto  il  nome  di 
Fhrinda  Cariiia.  Cosi  gli  esempi  della  pittrice  suor  Plautina 
Nelli ,  e  della  rimatrìce  suor  Lorenza  Strozzi,  si  rinnovellanNio 
in  Roma  nella  *sola  Dolara.  Fra  le  dipinture  lasciate  da  lei  si  no- 
verano, oltre  varj  ritratti  di  Pio  VII,  una  figura  di  S.  Pio  V, 
un  ritratto  depa  celebre  Beatrice  Cenci,  forse  copia  di  quello  di 
Guido  Reni;  due  ritratti  di  due  soreDe  romane  ;  uno  della  regina 
di  Etruria,  e  altre  cose  che  non  ricordo.  Mori  nel  1827,  sendo  su- 
periora dì  quell'osservantissimo  monistero,  nella  sua  età  di 
anni  63  (1}. 

(1)  Gì  è  grato  in  pensare  che  anco  al  presente  l'Ordine  dei  Frati  Pre- 
dicatori novera  alcun  valente  cultore  delle  Arti  belle.  Altrove  si  è  fatto 
menzione  del  P.  Serafino  Guidotti  fiorentino.  Ricorderò  adesso  il  converso 
fra  Gerolamo  Bianchedi  di  Faenza,  il  quale  diresse  tutti  i  restauri  della  ma- 
gnifica chiesa  di  S.  Domenico  in  Bologna.  Del  merito  suo  parla  a  lungo 
la  seguente  iscrizione  pubblicata  in  suo  onore^  che  ne  piace  di  riportare. 

ly  Agosto  MDCCCXUV.  GmoLAMO  .  bianchedi  .  da  .  pabnza  . 

FBATE  .  GONYBBSO  .  DOMBNICAlfO  .  PUJ  .  PBBSTO  .  MABAYIGLIOSO  .  CHE  . 
ABILISSIMO  .  MECCANICO  .  DI  .  MAB8TBI  .  CONSIGU  .  DI  .  GOBB  .  INCESSANTI  . 
VIUTANDO  .  COSPIBO    .  A  .  TUTTI  .  OBNÀMENTI .  TESTÉ  .  BINNOVATI  .  IN  .  BO- 


L 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  ni.  GAP.  XX.  3T7 

Qui  feociam.  fine  alle  nostre  Memorie.  Non  presumiamo  sif- 
fattamente di  noi  per  credere  di  avere  esamita  la  copiosa  messe 
che  aveyamo  tra  mano ,  né  di  avere  compiate  tutte  le  parti  di 
buono  e  accurato  storico;  ma  confidiamo  di  avere  offerta  ai  no- 
stri leggitori  una  suflSciente  notizia  della  vita  e  delle  opere  dei 
più  insigni  Pittori,  Scultori,  e  Architetti  Domenicani,  de'quali  sol- 
tanto ci  eravamo  proposto  dì  favellare.  Più  estese  e  più  diligenti 
ricerche  forniranno  agli  avvenire  materia  di  più  perfetto  lavoro. 

LOGNA  .  AL  .  nomo  .  94CtO  .  AL  .  GBANDB  .  QUZM A50  .  IIB  GIOVO  .  LA  . 
M AGIflPIGBNZA  .  CON  .  XSQUISITI  .  SCOI  .  LATOBl  .  IN  .  ISTUGGO  .  A  .  CAPI- 
TBLU  .  A  .  MENSOLE  .  A  .  FOGLUMI  .  DI  .  COLONNE  .  E  .  COBNICI  .  DIYISO  . 
ED  .  EBBE  .  CONGEGNATO  .  IN  .  8BBVIQI0  .  DI  .  OGNI  .  SOBTA  .  ABTIBBI .  PBIN- 
CIPALIIENTE  .  DB\  PITTOBI  .  OPEBANTI .  ALLA  .  CAPPELLA  .  DELL^ .  INCLTH)  . 
PATBIABCA  .  PONTI .  E  .  ABNE8I  .  ALTBI  .  PEB  BONTÀ'  .  DI  .  STBOTTOBA  .  E  . 
ADOPBBAM ENTO  .  LODATISSIMI  .  PEBGBk  /  DI  .  TANTA  .  VIBTU  .  E  SOLBB- 
ZIA  .  D*  INGEGNO  .  AMMIBANDOSI  .  LE  GENTI  .  PEB  .  QOBSTO  .  PUBBLICO  . 
SEGNO  .  DI  .  GBATCLAZIONE  .  E  .  D*  0S8EBVANZA  .  VOLLE  .  PIO  .  D^  UNO  . 
A  .  LUI  .  VBNIBNE  .  INTEBPBETB   .  LIETO  .  E  .  NABBATOBE. 

Di  D.  Giuseppe  Maccolini  Faentino. 


Digitized  by 


Google 


378  MEMORIE 

CAPITOLO    XXI. 

Origine  delk  presmii  Memorie;  ed  EpUogo. 


iSeW  autunno  del  1840,  superate  le  erte  cime  degli  Appen- 
nini liguri  y  io  discendeva  sulle  amene  rive  ddl'Amo.  Più  che 
la  bellezza  del  cielo  e  la  fertilità  della  terra ,  ammiraya  ^  in- 
numerevoli monumenti  che  il  genici  dì  quel  popolo  illustre  sparse 
e  disseminò  in  tanta  copia  nelle  popolose  città,  sulle  rìdenti  ag- 
line e  nelle  valli  ubertose.  Innamorato  alla  vista  di  tanta  eleganza, 
commosso  profondamente  nell'  animo  dalla  memoria  della  pas- 
sata grandezza ,  io  chiedeva  alla  mia  guida  il  nome  di  quegli 
artefici  che  aveano  fatte  opere  tanto  mera?igliose,  e  non  di  rado 
udiva  ricordare  un  mio  confratello  il  cui  nome  giammai  non  era 
^unto  fino  al  mio  orecchio.  Cosi  in  Pisa,  cosi  in  Prato,  in  Pì- 
stoja ,  in  Firenze,  in  Cortona,  in  Arezzo,  ec.  Meravigliato  di 
rinvenire  questa  colonia  di  artefici  Domenicani ,  ne  chiesi  alla 
storia  dell'Ordine,  e  ne  trovai  mute  le  pagine.  Diressi  allora  i 
miei  passi  su  i  monti  dell'Umbria,  discesi  nei  fertili  campi  delle 
Romagne,  ed  ivi  rinvenni  se  non  pari,  certo  non  povera  né  oscura 
la  schiera  degli  artefici  del  mio  Istituto.  Mi  chiusi  negli  archi- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  IH.  GAP.  XXI.  ST9 

vii ,  ricercai  le  bibliotecbey  e  potei  in  breve  tempo  raccogliere 
non  scarsa  messe  di  notizie  intomo  la  vita  e  le  opere  loro.  Ideai 
dapprima  un  cenno  storico  ;poscia  cresciuta  la  materia  tra  mano» 
dovetti  dilatare  i  confini  del  mio  lavoro.  Questo  lavoro  condotto 
a  termine  fra  i  dolori  di  una  inferma  salute»  ed  in  tempi  molto 
tristi  al  mio  cuore»  io  ho  osato  oSerirti»  o  lettore.  Per  esso  ti 
è  in  gran  parte  narrato  quanto  i  miei  confratelli  hanno  ope- 
rato in  prò  delle  arti  nel  giro  di  seicento  e  più  anni.  Nati 
nell'epoca  avv^urosa  del  risorgimento  delle  Arti,  li  tro- 
viamo tostamente  associati  a  Niccola  Pisano»  primo  restau. 
ratore  della  scultura  e  dell'architettura  in  Italia.  Assaggiata 
com*  ebbero  alquanto  la  scultura  »  e  lasciati  due  insigni  monu- 
menti del  loro  scalpello  nell'  Urna  di  S.  Domenico  in  Bologna»  e 
nella  facciata  del  duomo  di  Orvieto»  con  l'opera  di  fra  Guglielmo 
Agnelli,  tutti  rivolsero  gli  studi  e  le  soHedtudini  all'Architettura 
civile  e  religiosa.  E  se  alcuno  imprenderà  un  giorno  a  scrivere 
la  storia  di  quest'  arte  nobilissima»  si  chiarBranno  viemm^lio  i 
servigi  che  i  Domenicani  le  resero  nel  giro  di  quattro  secoli.  Fi- 
renze» Pisa»  Roma»  Venezia  »  ec.  viddero  in  essi  un  popolo  di  ar- 
chitetti» ingegnerìe  muratori»  adoperarsi  in  prò  del  pubblico  e 
dei  privati  cittadini  con  uno  zdo  ed  una  intelligenza  della  quale  li^ 
storia  monastica  non  so  se  ricordi  altro  simUe  esempio.  In  questo 
la  pittura  risorgeva  e  grandeggiava  con  Giotto»  col  Gaddi»  col 
llemmi»  ec.;e  facendo  eco  al  canto  divino  dell'Alighieri^  conso- 
lava r  Italia  nelle  sue  orribili  calamità.  I  frati  Predicatori  non 
potevano  essere  insensìbili  al  fascino  di  tante  bellezze,  e  non 
tardarono  ad  offerire  essi  pure  alla  pittura  quel  culto  medesimo 
che  offerto  avevano  all'architettura.  Esordirono  dalla  miniatura. 


Digitized  by 


Google 


380  MEMORIE 

perciocché  questo  era  yeramenle  il  coosaeto  tìrociDio  dei  Giot- 
teschi ;  e  le  fecero  andare  di  conserva  la  pittura  dei  yetrì,  come 
quella  che  nei  bassi  tempi  era  stata  sempre  indivisa  compagna 
della  miniatura;  potendo  asseverarsi  che  queste  due  arti  siano 
nate  ad  un  tempo  ed  abbiano  avuto  comuni  le  vicende  e  il  ter- 
mme  loro.  Quindi  la  nobile  schiera  d^li  artefici  che  abbiamo 
ricordati.  E  se  la  miniatura  va  superba  del  nome  del  beato  Gio- 
vanni Angelico,  la  pittura  dei  vetri  grandemente  si  onora  di 
quello  del  beato  Giacomo  d'Ulma,  ambedue  per  virtù  e  per  arie 
chiarissimi.  E  dopo  il  corso  di  due  secoli  e  mezzo,  dopo  tante 
opere  meravigliose,  Funa  e  l'altra  si  spensero  ad  un  tempo  con 
due  celebri  nomi,  fra  Eustachio  fiorentino,  e  fra  Guglielmo  di 
MarciUat 

Ma  alla  pittura  era  riserbata  vita  assai  più  durevole  e  più 
gloriosa.  Scrivemmo  a  lungo  dell'  Angelico  e  del  Porta ,  dolenti 
di  non  poterci  elevare  a  tutta  l' altezza  del  subbietto  :  ma  dopo 
che  uno  ha  veduto  la  Deposizione  di  Croce  e  il  Giudizio  finale  dd 
primo;  e  il  S.  Marco  e  i  dipinti  che  ha  Lucca  del  secondo ,  si 
comprende  che  allo  storico  altro  ufficio  non  rimane  che  additare 
e  tac^e.  UCorradini,  il  Buonsignori,  il  Maraveja,  il  Signoracd, 
la  Ndli ,  il  Majno  e  l'André  fanno  ai  due  primi  <Hiorata  corona, 
e  chiudono  le  serie  dei  pittori  Domenicani. 

La  scultura  in  marmo  dopo  Agnelli  non  porge  alle  nostre 
Memorie  alcun  nome  che  meriti  essere  ricordato  ;  ma  V  intaglio 
in  legno  e  il  getto  in  bronzo  si  onoreranno  sempre  dei  nomi  di 
fra  Damiano  da  Bergamo  e  del  P.  Domenico  Portigiani. 

Frattanto  lo  studio  di  Vitruvio  e  di  Leon  Battista  Alberti 
evocava  a  nuova  vita  la  classica  euritmia  dei  Greci  e  dei  Romani; 


Digitized  by 


Google 


UBRO  HI.  GAP.  XXI.  381 

e  i  frati  Predicatori  si  trovano  i  primi  in  questa  novella  tendenza 
dell'  Architettura,  come  erano  stati  tra  i  primi  in  quella  volgar- 
mente detta  Alemanna  o  Longobarda.  Il  Colonna ,  il  Giocondo , 
il  Danti,  bastano  essi  soli  alla  più  compiuta  gloria  della  nostra 
storia  artistica,  in  ciò  che  spetta  alla  architettura.  Essi  sono  gli 
anelli  di  quella  catena  di  ingegneri  civili  e  militari  i  quali ,  in 
tempo  che  l'Italia  era  corsa  e  straziata  da  eserciti  stranieri,  offe- 
rirono a  difesa  di  lei,  non  pur  l' ingegno,  ma  il  petto  e  le  brac- 
cia. Con  essi  hanno  termine  le  Memorie  degli  Artefici  Dome- 
nicani. 

A  chi  non  ignora  la  loro  storia  religiosa ,  politica  e  lette- 
raria, si  fa  manifesto  come  sovente  dallo  scrivere  un'opera  di 
teologia,  di  diritto  canonico,  o  di  filosofia,  passassero  a  delineare 
un  tempio  e  dirigerne  la  fabbrica;  dopo  aringato  il  popolo  nella 
tempesta  delle  guerre  civili,  e  disarmate  le  destre  omicide,  si  po- 
nessero a  miniare  un  codice  o  un  libro  da  coro;  e  dal  Irtto  di  un 
morente  non  di  rado  si  conducessero  a  colorire  su  la  tavola  o  sul 
muro  le  pagine  più  sublimi  della  Bibbia.  Associati  per  lunga  pezza 
a  tutte  le  gioie  e  a  tutti  i  dolori  della  società,  si  argomentarono 
sempre  di  sopperire,  non  pure  ai  grandi  bisogni  intellettuali  e 
morali  deUa  medesima,  ma  vollero  eziandio  abbellire  la  patria 
con  l'opera  dell'ingegno  e  della  mano.  E  il  tempo  che  tante  cose  ha 
distrutte,  e  gli  uomini  che  tante  ne  hanno  dimenticate ,  non  po- 
terono ancora  cancellare  le  tracce  del  loro  amore  inverso  questa 
bella  e  sventurata  Itah'a.  Il  secolo  decorso  ebbe  coli'  esigilo  e  col 
saccheggio  rimeritati  gli  ordini  religiosi  dei  servigi  per  loro  resi 
alla  società.  Il  presente  rivendicò  il  loro  nome  i  loro  diritti,  ma 
richiamandoci  a  nuova  vita,  egli  si  attende,  con  tutta  ragione,  che 


Digitized  by 


Google 


383  MEMORIE 

noi  ne  meritiamo  eoo  opere,  degne  la  fiducia  e  F  estimazìcme. 
Ridestare  la  fiamma  della  carità  nei  petti  vulnerati  dalTegoìsmo 
sociale;  ritemprare  con  la  virtù  gli  animi  disnerbati  dalla  {n'e- 
sente mollezza;  consecrare  le  nostre  sollecitudini  a  migliorare  la 
condizione  del  popolo  ;  porgere  la  mano  a  rinvigorire  ^  studj 
con  dottrina  maschia  e  profonda  »  mostrando  coll^  esempio  e  co- 
gli scritti  come  la  religione,  se  contraria  ad  uno  spurio  e  falso 
progresso ,  sia  amii^  del  vero  sapere  e  favoreggiatrice  di  ogni 
prosperità  nazionale;  ritirare  le  arti  da  una  fredda  e  servile  ìmU 
tazione  degli  antichi,  ed  inspirarle  di  nobili  ed  alti  afletti,  asso- 
ciandole alla  morale  filosofia,  alla  degna  eloquenza ,  e  alla  san- 
tità della  religione  :  ecco  la  nostra  missione.  Cosi  se  ad  alcuno 
non  bastasse  l'ingegno  nella  palestra  scientifica  e  letteraria, 
aperto  è  ti  campo  delle  arti:  parii  con  lo  scalpello  e  col  pennello 
cìà  non  sa  parlare  dalla  cattedra  e  dal  pergamo,  ma  tutti  par- 
liamo un  nobile  e  santo  linguaggio.  Rammentiamoci  che  già 
salvammo  le  arti  nelle  barbariche  devastazioni  ;  che,  riaorte,  le 
aiutammo  a  crescere  e  prosperare;  che  le  scaldammo  del  nostro 
aflétto,  e  le  educammo  ai  destini  e  alla  gloria  del  Cristianesimo; 
uè  vogliamo  ripudiare  una  gloria  che  è  tutta  nostra,  e  della 
quale  ninno  può  contrastarci  il  possessa  Così  facendo,  noi  mo- 
streremo aver  compresa  veramente  tutta  V  altezza  del  nostro 
ministera  Ai  nuovi  benefizi  seguiteranno  nuove  benedizioni  dei 
popcdi. 

Eccovi ,  o  lettore,  i  motivi  che  hanno  dato  origine  alle  Me- 
morie dei  più  ineigni  Pittori ,  Scultori ,  e  ArckitetH  Dow^m- 
coHiy  e  il  quadro  di  quanto  in  loro  s'acchiude.  Sia  questo 
un  tributo  lenue  si  ma  aflettuoso  di  gratitudine  che  noi  ren- 


Digitized  by 


Google 


LIBRO  III.  GAP.  XXI.  383 

diamo  alla  nostra  età,  e  aUa  nostra  patria,  per  il  molto 
che  le  dobbiamo;  onde  ne  piace  di  chiadere  con  quei  versi  del 
Ferrarese: 

Né  che  poco  io  le  dia  da  imputar  $onOj 
Che  quanto  posso  dar  tuUo  le  dono. 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


IIAIISTRAmiOin 


DI 


Beir  I.  «  I.  yitm 
muA*  ACCAsnu 


II.  25 


Digitized  by 


Google 


L«prc|^oti  ilmUnsM  (bjK>«^  ^Uilicate  M'«tliH«  wfUMivi  M4S»49  e  44, 
oeiropera  —  Gatleria  deìt  /.  t  R.  Accudemim  déUt  BélU  ArU  di  fìrmse ,  pmbòùcmUt 
con  indshni  m  rtitme  da  umm  SòcitiÀ  JrtMÌai,e  UluttrtUm  «fa  chiare  e  tmteHiggHti  pmat 
ludioM.  —  Tipogr,  Pausigli.  imJHÌh. 


Digitized  by 


Google 


[  : 

Il4 


BATTESIMO  DI  GESll  CRISTO 

QUADBO  m  TAVOLA 

'  DI  GIOTTO  DA  BONDONE  DA  VESPlfiNANO. 

Alto  solfi  H .  deiari  S.  —  Largo  soMi  11.  èmin  4. 


Fa  sorittOy  non  ao  se  celiando  o  da  seoiio»  essere  re* 
nota  r  Italia  a  tanta  disperazione  nei  tempi  di  mezzo  in 
fatto  di  Arti»  clie  ad  infonderlens  nuovamente  T  amore,  e 
in  quelle  ammaestrarla,  facesse  mestieri  venissero  i  Bizan- 
tini ad  appararle  la  pittura;  e  da  uguale  e  forse  maggior^ 
pietà  Tinti  gli  Alemanni,  a  lei  dessero  precetti  ed  esempi 
nello  scolpire  e  nel  fabbricare.  Poscia  a*  Bizantini  venuto 
meno*  1*  ingegno  o  il  volere,  aggiugnevasi  sembrare  cbe 
ai  soli  Tedeschi  passasse  V  ufficio  di  ammaestrarci  nelle 
tre  arti  sorelle;  e  di  questa  pellegrina  notizia  non  ta- 
ceasi  la  prova.  Valga  questa  per  tutte,  a  Tutte  le 
Arti  del  disegno  nd  corso  dei  due  secoli  XIIl  e  XIV, 
furono  indubitatamente  sotto  là  influenza  dell'Architettura,  e 
questa  per  confessione  del  Vasari  in  quei  tempi  era  tede- 
sca. Per  la  qnal  cosa  mal  si  avvisarono  coloro  i  quali  il 
primo  periodo  della  nostra  pittura  appellarono  antica  o 
giottesca,  ma  doversi  con  più  ragione  dire  pittura  tedesca 


Digitized  by 


Google 


388  IL  BATTESIMO  DI  GESÙ  CRISTO 

o  di  sesto  acuto,  n  Né  ciò-bastando^  per  ultimo  si  aggiun- 
geva: Già  da  lunga  pezza  avere  gli  Italiani  perduto  Arti, 
religione  e  poesia.  E  perciò  che  è  della  pittura  e  della  scul- 
tura, essere  di  bel  nuovo  trasmigrate  presso  quegli  stessi 
Alemanni  che  primi  a  noi»  dicesi,  le  insegnassero.  Ove  poi 
ne  andasse  la  religione,  ove  la  poesia,  e  qual  popolo  av- 
venturoso le  accogliesse,  non  io,  né  forse  V  autore  stesso 
saprebbe  dirlo. 

Questi  svarioni  furono  scritti  di  recente  da  un  oltra- 
montano in  un*  opera  solenne  intomo  le  Arti  in  Germania. 

Or  quei  Bizantini  venuti  a  cercare  tra  noi  uno  scampo 
dal  furore  degli  iconoclasti,  erano  cosi  poveri  di  arte  e 
d' ingegno,  che  Gimabue  non  che  Giotto  bastò  a  farli  per- 
fettamente obliare;  e  Niccola  Pisano  ecclissò  per  guisa  quei 
pochi  Alemanni  discesi  in  Italia,  non  so  se  ad  apprendere  o 
ad  insegnare  la  scultura  e  V  architettura,  che  da  lunga 
stagione  se  ne  è  dimenticato  il  nome  e  le  opere. 

Qual  mai  fra  le  nazioni  civili  di  Europa  può  vantare 
nei  primordi  del  secolo  XIV  tal  pittore  che  Giotto  vinca,  o 
pareggi?  Genio  tanto  singolare,  che  nello  studio  della  na- 
tura, e  nell'arte  di  significare  il  suo  concetto,  niuno  lo 
ebbe  mai  superato.  Laonde  bene  asseriva  il  eh.  Minardi, 
che  in  Giotto  V  espressione  non  pure  é  vivissima  ne'  suoi 
caratteri  essenziali,  ma  quel  che  é  più,  meravigliosamente 
ridotta  ad  unità  e  massima  semplicità,  in  guisa  che  né 
prima  i  Grecia  nò  poscia  Lionardo  e  Raflàello  stesso  fecero 
punto  di  meglio  (1).  Ma  perché  di  questo  padre  della  pittura 

(1)  Delle  qualità  esscniiali  della  Pittura  Italiana ^  dal  suo  rina- 
scimento fino  air  epoca  della  perjezions,  Disòorso  del  Profess.  Tommaso 
Minardi.  Boma  1834,  in- 4.  Vedi  pag.  8. 


L 


Digitized  by 


Google 


IL  BATTESIMO  DI  GESIT  CRISTO  389 

italica  copiosamente  scrìssero  i  valentissimi  signori  Guer- 
razzi e  La  Farina  nelle  precedenti  Illustrazioni,  ci  terremo 
paghi  a  poche  parole. 

n  battesimo  dì  G.  G.  che  ei  tolse  a  colorire  nel  com- 
partimento che  qui  si  dà  inciso ,  ha  tutte  le  doti  che  noi 
col  Minardi  abbiamo  in  Giotto  ravvisate.  Gonciossiachè  per 
ciò  appartiene  alla  evidenza  del  concetto,  ognuno  scorge 
di  leggieri  essere  il  Battista  compreso  da  riverenza ,  e  quasi 
pauroso  oflTerirsi  air  altissimo  ministero;  il  Redentore  in 
atto  umile,  e  come  chi  invita  a  fidanza,  piegare  la  fronte 
e  la  persona  al  sacro  lavacro;  devoti,  aCTettuosi  due  disce- 
poli tener  pronte  le  vesti.  È  poi  meravigliosa  la  figura  del 
divin  Padre,  e  sommamrate  vero  l' atto  dell'  inviare  il  Pa- 
racleto  sul  Verbo  umanato ,  onde  tosto  ricorrono  alla  mente 
le  parole  del  sacro  testo:  egli  è  il  mio  figlio  diletto;  ascolta^ 
telo.  Che  se  dopo  considerate  le  doti  del  concetto  e  il  modo 
di  significarlo,  si  vorrà  por  mente  alla  parte  geometrica 
della  composizione,  apparirà  quanto  rapidi  progressi  facesse 
r  arte  per  opera  di  Giotto  tosto  che  ebbe  preso  ad  emanci- 
parsi dalle  vecchie  tradizioni;  ben  disegnato  cosi  il  nudo 
del  Gristo,  come  la  figura  del  Precursore;  il  piegare  dei 
panni  facile  e  spontaneo  coprire  e  non  ascondere  la  per- 
sona; e  tutte  le  parti  cosi  legarsi  air  insieme  da  risultarne 
facilmente  quell'unità,  qbe  nella  pittura  come  nella  poesia 
è  pregio  essenzialissimo. 

Il  secol  nostro  restaurò  la  letteratura  con  lo  studio  di 
Dante  e  dell'aureo  trecento:  possa  la  pittura  italiana  rin- 
vigorire per  quello  di  Giotto  e  dei  seguacii 


Digitized  by 


Google 


STORIA  DI  SANTA  ODLTA 


QUADRO  IN  TÀVOLA 


DI  BUONAHICO  BUFFALMACCO. 

Alto  soldi  15.  dentri  8.  —Largo soldi  11. 


La  condizione  cÌTÌle  e  politica  deiritalia  nel  se- 
colo' xm  non  spaiigeva  certamente  di  rose  la  union  co- 
niugale. Sovente  la  pace  che  riamicaTa  doe  faumiglie  state 
lunga  pezza  nemiche,  accoppiava  pure  due  cuori  che  non 
si  amavano;  o  gli  odii  crudeli  di  parte  dividevano  due 
anime  fatte  per  strìngersi  insieme.  U  veleno  o  il  pugnale 
troncava  non  di  rado  un  nodo  formato  da  vii  sete  dì  oro; 
e  r  esigilo  dei  congiunti  vedovava  anzi  tempo  una  madre 
ed  una  sposa.  Allora  trovata  in  tutti  i  petti  V  ira  delle  fa- 
zioni e  la  sete  della  vendetta;  veduta  la  patria  misera  per 
gli  estranei,  più  misera  per  i  cittadini;  redarsi  gli  odii  più 
che  gli  averi;  il  cuore  lacerato  tanto  spietatamente,  ese- 
crava una  terra  bagnata  dalle  lacrime  e  dal  sangue  di  tanti 
cari,  e  sollevava  Tafiétto  lassù  ove  la  prepotenza  non 
giunge,  e  ove  non  cozzan  fra  loro  i  miseri  e  vili  interessi 
di  questa  vita. 


Digitized  by 


Google 


STORIA  DI  SANTA  DHILTA  391 

iDtorAO  la  iMtà  di  quel  secolo  una  AiDcìallay  o  m^ 
glio  diresti  un  angelo  sotto  ttmaiie  sembianze  »  soloaoeianle 
alle  caste  gioie  del  Cielo»  veniva  da  bassa  cupidigia  de*suoi 
astretta  ad  unirsi  con  nodo  maritale  ad  un  giovane  cava* 
liere.  Era  quella  Rosane,  e  questi  Ug(dotto  Gaccianemici  di 
Faenza;  ambedue  di  illustre  lignaggio»  ambedue  degni  di 
esser  felici  percbò  virtuosi,  ied*esser  felice  fbese  stato  pos** 
sibile  in  tanta  tempesta  di  odii  cittadini  e  di  guerre  civili* 
Un  cotal  giorno  la  giovine  «posa  prese  a  dire  al  eonaorte 
con  grandissimo  affetto:  dappoiché  loro  non  era  duto  gu^  - 
star  vero  bene  su  questa  terra,  agognassero  solo  a  quelli 
del  Cielo;  a  breve  tempo  si  separassero,  e  nella  solitudine 
romita  di  un  chiostro,  per  la  patria,  per  i  congiunti,  per  i 
cari  tutti  offerissero  di  so  medesimi  a  Dio  sacrifizio:  un 
giorno  si  ricongiungerebbero  in  Cielo,  ed  ivi  quella  felicità 
che  non  era  ad  essi  in  tanta  tristizia  dei  tempi  consentita 
sulla  terra,  allora  fruirebbero  pura,  ineffabile,  etema.  As-* 
^sentiva  lo  sposo;  ed  egli  e  Rosane,  la  quale  il  proprio  nome 
mutò  in  quello  di  Umiltà,  sotto  Y  abito  Yallombrosano  vis^ 
sero  santa  ed  austerissima  vita. 

La  commovente  epopea  di  questa  eroina  dei  bassi  tempi 
meritava  essere  tramandata  ai  posteri  dalla  pittura  ita- 
liana, che  appunto  in  quell*  età  amava  togliere  i  suoi  ar- 
gomenti non  pure  dalla  Bibbia,  ma  ancora  da  quelle  pie 
leggende,  le  quali  formavano  allora  le  delizie  del  popo- 
lo, e  dalle  quali  soltanto,  come  dalle  Cronache  del  Ma- 
laspinae  del  Villani,  è  dato  penetrare  neir intima  natura 
di  quel  secolo  cosi  possente  nel  bene,  e  così  tremendo  nel 
male.  È  Buonamico  Buffalmacco  prese  appunto  a  narrarla 


Digitized  by 


Google 


392  STORIA  DI  SANTA  UMILTÀ 

in  undici  piccole  storie,  delle  quali  una  ne  fii  data  nel 
precedente  Fascicolo.  Nella  presente  ritrasse  la  Santa  nel- 
r  atto  di  persuadere  lo  3poso  a  quella  separazione;  e  tu 
leggi  nel  volto  di  Rosane  tutta  la  gioia  di  chi  ha  conce- 
pito e  spera  mandare  ad  effetto  un  magnanimo  divisa- 
mento;  e  in  Ugolotto  mesto  e. pensante ,  1*  angoscia  di  chi 
pena  a  dividersi  dalla  bene  amata  consorte.  Come  in  tutte 
le  cose  sue,  il  pittore  in  questa  storia  die  prova  di  alta- 
mente sentire  la  forza  dei  nobili  affetti ,  che  egli  espresse 
con  quella  evidenza  che  noi  sovente  cerchiamo  indarno 
pelle  opere  dei  presenti. 

Tutto  ò  felice  in  questa  semplice  composizione;  im- 
perciocché il  disegno  vi  è  bastevolmente  corretto,  ottimo 
il  panneggiare,  né  quasi  vi  ò  traccia  dì  quella  durezza  che 
tanto  spesso  ci  offende  nei  Giotteschi;  e  per  soprappiù  Buo- 
namico  dio  un  cotal  saggio  di  prospettiva  lineare  degna  di 
un  pittore  del  secolo  seguente.  La  presente  tavola,  dapprima 
esistente  nel  Convento  di  S.  Salvi,  passata  poi  in  quello 
di  S.  Verdiana,  venpe  da  ultimo  nell'I,  e  R.  Accademia 
d^l  disegno. 


Digitized  by 


Google 


STORIA  DI  SANTA  UMILTÀ 


PITTUBA  IN  TAVOLA 


DI  BUONAMIGO  BUFFALMACCO. 

AIU  solili  13.  deuri  8.  —  Urga  soldi  11. 


Tre  pittori  sì  trova  aver  associati  i  loro  nomi  ai  tre 
padri  della  italiana  favella.  Giotto,  genio  moltiforme  e  su- 
blime, che  primo  si  aflfranca  dai  tipi  bizantini  e  crea  una 
pittura  nazionale,  solo  poteva  affarsi  a  quel  grande,  il 
quale  primo  ai  rozzi  carmi  de*  provenzali  sostituì  il  verso 
italiano,  e  fu  creatore  del  maraviglìoso  poema  cui  posero 
mano  cielo  e  terra.  Simone  Memmi  cbe,  dotato  di  squi- 
sito sentire,  ingentilisce  le  severe  forme  del  maestro,  e  va 
in  cerca  dì  un  bello  ideale,  ben  meritava  V  amore  e  la 
stima  del  cantore  di  Laura,  che  tanta  copia  ed  armonia 
trasfuse  neir  idioma  nostro;  e  come  questi  con  la  dolcezza 
del  verso  cantò  la  bella  avignonese,  quei  la  ritrasse  con 
la  magia  del  colore.  Buonamico  Buffalmacco  bizzarro,  fan- 
tastico, ciarliero,  vero  giullare  della  pittura,  cbe  si  pia- 
ceva ad  uccellare  ora  il  vecchio  Tafi,  ora  il  semplice  Ca- 
landrino, dovea  trovare  nel  Certaldese  chi  ne  ritraesse  al 


Digitized  by 


Google 


39i  STORIA  1)1  SANTA  DMILTA 

vero  r  indole  sollazzeyole  ed  i  costumi  faceti.  Quando  tutti 
andassero  perduti  i  loro  dipinti^  il  primo  vivrà  neDa  Di- 
vina Commedia,  il  secondo  nel  Canzoniere»  il  terzo  nel 
Decamerone.  Buffalmacco  come  artista  ebbe  grande  Y  ìnge- 
gnoy  ma  poco  sofferente  dello  studio;  fecondo  ma  non  gen- 
tile; qiuindo  però  volle  usar  diligenza  ed  affaticarsi  (il  che  di 
rado  avveniva)non  fu  inferiore  a  niun  altro  de'suoi  fempi.(Vas.) 
Ma  nella  evidenza  e  nella  facile  imitazione  della  natura, 
pochi  gli  vanno  innanzi  ed  in  quel  secolo  e  nei  seguenti. 
Primo,  al  dire  del  Redi,  usò  fare  il  volto  dei  santi,  noe 
sparuto  e  muflSto  alla  foggia  dei  Greci,  ma  pieno,  lieto 
e  rubicondo: 

Ei  dipingeva  i  Santi  nelle  mara 
Con  certi  visi  tutto  sangue  e  latte; 

e  chiederva  alle  monache  di  Faenza  della  buona  vernaccia, 
che  ai  suoi  santi  facesse  rinsanguinare  le  vene,  ed  a  lui 
confi»rtas8e  lo  stomaco.  Ben  sovente  per  esso  la  pittura  di-* 
scoide  fino  alla  parodia»  ed  i  suoi  dipinti  sembrano  od 
canto  deir  Orlando  Innamorato,  o  del  Morgante  Maggiore. 
La  tavola  che  diamo  incisa  fa  parte  di  alcune  piccole  sto- 
rie di  S.  Umiltà  colorite  per  le  monache  Yallombrosane, 
delle  quali  essa  fu  la  ìnstitutrice.  Rappresenta  la  Santa  che 
asriste  alla  vestizione  monastica  di  Ugolotto  suo  marito. 
Semplioissima  composizione.  Un  leggiero  peristilio  gotico 
dà  r  accesso  ad  una  cappella.  Innanzi  V  altare  è  un  sacer- 
dote in  atto  di  porre  il  sacro  abito  al  nuovo  candidato. 
Ugolotto  ^nuflesso  lo  riceve  con  profondo  raccoglimento. 
Due  religiosi  dietro  l'altare  sembrano  compiacersi  di  quella 


Digitized  by 


Google 


STORIA  DI  SANTA  DMILTA  395 

vista.  Piena  di  giubilo,  e  come  chi  fa  a  Dio  sacrifizio  di 
quanto  abbia  più  caro,  santa  Umiltà  oon  le  braccia  incro- 
ciate sul  petto,  e  gli  occhi  al  cielo  rivolti,  sembra  chie- 
dere forza  per  sé  e  per  il  consorte  a  ben  compiere  quella 
prova.  Il  difetto  di  gentilezza  nelle  forme  della  medesima 
è  assai  ben  compensato  dall*  affetto  grandissimo  che  si  ri- 
vela sul  volto  della  magnanima  sprezzatrice  di  ogni  umano 
diletto. 


Digitized  by 


Google 


ALCim  SANTI 

DI  FRA  GIOVANNI  AN6EUG0  DEL  MUGELLO 


oaiiAMSinro  ad  oha  sua  tavola 


WBMMJk  IMCPO0IBIO1VB  DI  CBOCB. 


La  feconda  e  sablime  scaola  di  Giotto  veniva  man- 
cando per  la  riforma  operata  dal  genio  grandissimo  di  Ma- 
saccio. Avea  tenuto  1*  impero  dell*  Arte  un  secolo  e  mezzo; 
e  ninn*  altra  d*  Italia,  eccetto  quelle  del  Sanzio  e  dei  Ca- 
racci»  vide  mai  tanta  e  si  eletta  schiera  di  artisti.  Primeg- 
giarono in  essa,  Taddeo  Caddi,  Andrea  di  Clone  Orgagna, 
Buffalmacco,  fiorentini,  Spinello  di  Arezzo,  Simone  Memmi 
di  Siena,  Pietro  Cavallini  romano;  e  quanto  valenti  fos- 
sero bene  il  mostrano  ancora  il  Camposanto  di  Pisa,  S.  Fran- 
cesco di  Assisi,  S.  Croce  e  S.  Maria  Novella  in  Firenze.  Ma 
la  nuova  scuola,  che  dicono  de*  NaturcUistU  nutrita  allo  stu- 
dio del  vero,  la  vinceva  nel  disegno,  nel  chiaroscuro,  nella 
prospettiva,  nel  nudo,  nel  paese,  nella  ricchezza  e  varietà 
degli  ornamenti;  e  quando  si  ebbe  preso  a  colorire  a  olio, 
al  fascino  di  tante  bellezze,  air  evidenza  di  tanto  vero,  fu 
stabilmente  fermata  la  caduta  deir  antica,  ed  il  trionfo 
della  novella. 


Digitized  by 


Google 


ALCUNI  SANTI  397 

Id  questo  mentre  si  era  venuto  educando  alla  pittura 
in  S.  Domenico  dì  Fiesole  un  umile  claustrale ,  il  quale  fe- 
dele alle  tradizioni  di  Giotto,  non  avea  preso  parte  alla 
nuova  riforma,  se  non  quanto  il  consentivano  le  severe 
massime  eh*  ei  professava.  Tenea  per  certo,  e  molti  il  ten- 
gono tuttora,  che  nella  pittura  sacra  la  via  battuta  da 
que*  primi  fosse  la  vera:  non  mirar  questa  a  solo  diletto 
dei  sensi  con  la  vaghezza  del  colorire  e  con  la  eleganza 
delle  forme,  ma  si  a  destare  nell'  animo  un  caldo  e  santo 
amore  del  cielo,  e  dividere  con  la  eloquenza  F  ufficio  del- 
r  ammaestrare  il  popolo  nelle  grandi  verità  della  fede,  e 
innamorarlo  della  virtù.  E  come  il  sentimento  religioso  non 
può  essere  tramandato  per  precetti,  né  1  trovati  dell*  inge- 
gno sopperirvi  se  il  cuore  noi  prova,  se  l'animo  n(m  ne  è 
compreso,  Fra  Giovanni  del  Mugello,  cosi  egli  chiamavasi, 
prosegui  nel  silenzio  della  sua  cella  a  pregare  e  a  dipin- 
gere, assorto  nelle  sue  celesti  contemplazioni.  Gh*egli  mm 
andasse  errato,  bene  il  conobbero  i  seguaci  della  nuova 
scuola,  i  quali  fattisi  a  ricercare  nella  natura  un  tipo  che 
uguagliasse  V  ideale  degli  antichi  nell*  Arte  Cristiana,  loro 
non  venne  fatto  di  rinvenirlo.  E  quando  il  solitario  di  Fie- 
sole ebbe  dipinte  quelle  sue  care  immagini  della  Vergine 
annunciata  dall'Angiolo  o  coronata  dal  Figlio,  il  popolo  e 
gli  artisti  meravigliando  chiedevansi  a  vicenda  ove  avesse 
trovati  contomi  cosi  puri ,  forme  cosi  celesti ,  quel  bello  in 
somma  che  non  era  di  terra;  e  a  tramandare  ai  posteri 
queir  universale  consentimento  di  ammirazione  gli  impo- 
neano  il  nome  di  Angelico^  come  a  colui  che  meglio  di  ogni 
altro  avea  rivelato  ai  mortali  la  gloria  dei  Celesti,  Con  lui 


Digitizedby 


Google 


398  ALCUNI  SANTI 

mancò  la  scuola  di  Giotto;  e  Je  tradizioni  sacre,  che  per  il 
corso  di  molti  secoli  erano  state  conservate  dai  Greci,  e 
da  questi  trasmesse  ai  giotteschi,  cessarono.  In  qnella  età 
di  tanti  e  si  grandi  mutamenti  politici  tutto  fti  in  breve 
cangiato,  1*  Arte  siccome  i  costumi.  La  società  feudale  die 
luogo  alla  società  moderna.  Ciò  non  pertanto  dopo  quattro 
secoli,  dopo  veduti  i  capo  lavori  dei  grandi  artefici  che  so- 
prarr vennero,  la  manie  ed  il  cuore  trova  sempre  nei  di- 
pinli  deir  Angelico  un  nuovo  e  soave  diletto,  come  il  rao* 
conto  di  quelle  sventure  e  di  quelle  glorie  italiane  ci  cava 
sovente  le  lagrime. 

Le  sei  figure  che  si  danno  incise  sono  come  un  colai 
Saggio  del  suo  valore,  e  verranno  seguitate  da  altre  assai 
maggiori  oonposiiioni.  Esse  formano  parte  del  ricco  orna- 
mento Mia  sua  Deposizione  della  Croce,  che  ne  novera 
ben  venti  tra  mezze  o  intiere,  senza  le  tre  piccole  storie 
della  cimasa,  le  quali  si  stimano  opera  di  quel  D.  Lorenzo 
monaco,  il  quale  nell'  arte  come  nella  virtù  molto  si  fa 
vicino  all'Angelica 

Il  S.  Michele  è  figura,  che  alla  terribile  maestà  del- 
r  aspetto  ricorda  il  duoe  delle  celesti  milizie  cantato  da 
Milton.  Alquanto  ritrae  del  S.  Giorgio  di  Donatello,  se  non 
ohe  alle  sembianze  si  pare  cosa  più  che  mortale.  Vi  è  ne*  con- 
tiurni  dolcezza  e  varietà  di  linee,  ed  è  altresì  ben  con- 
dotto nella  prospettiva,  il  che  prova  che  l'Angelico  potè 
talora  sembrar  noBcurante,  ma  non  ignaro  di  questa  parte 
principalissHna  della  pittura. 

S»  Pietro  contempla  quella  tragica  scena  della  Depo- 
siaone.  Quanta  pietà,  quanto  affetto  non  tralnce  in  quel 


Digitized  by 


Google 


ALCUNI  SANTI  399 

voHo!  Ver  aimil  guisn  T  artista  legò  abilmente  qaesta  parte 
accessoria  ali*  argomento  d^l  quadro.  Figura  nobilissima  e 
veneranda  quale  si  addice  al  principe  degli  Apostoli,  ed  al 
Tioarto  di  Cristo. 

Seguitano  S.  Andrea  e  S.  Paolo.  Quegli  ba  la  croce, 
questi  la  spada,  ambi  il  libro  degli  Erangel}.  La  predica- 
zione di  quelle  verità,  cbe  dovean  feHoitare  il  genere  ornano, 
fruttò  si  air  uno  che  alFaltro  il  martirio.  Due  uomini  stra* 
ordinari  ci  offirono  le  sacre  pagine:  Mosè  nell* antica,  Paolo 
nella  nuova  Legge.  II  primo  trovò  in  Micbelangiole  il  solo 
che  valesse  a  ritrarlo.  Il  secondo  io  non  spero  vederlo  me- 
glio che  dair  Angelico.  Dopo  lette  le  sue  epistole,  percorsi 
gli  Atti  apostolici,  e  considerato  1*  ardore  di  queir  animo, 
la  fermezza  di  quel  petto  nell'Areopago,  fra  le  catene  o 
sotto  la  scure  del  carnefice,  io  ben  lo  ravviso  alle  sem-* 
bianze  che  ce  ne  diede  l'artista,  in  quella  sua  fronte  aperta, 
in  quegli  occhi  scintillanti,  in  quel  franco  atteggiare  della 
persona.  Tiene -la  punta  del  ferro  sul  sacro  volume  a  di- 
notare eh'  ei  lo  avrebbe  promulgato  fino  alla  eflùsione  del 
proprio  sangue.  S.  Andrea  medita  nel  più  profondo  cordo- 
glio quel  mistero  di  amore,  e  sembra  impaziente  del  sa- 
crifizio che  lo  attende  sulla  Croce. 

Ultimi  sono  due  grandi  oratori  del  loro  secolo:  S.  Do- 
menicot  fondatore  dell'  Ordine  de'  Predicatori,  e  S.  Bernar- 
dino da  Siena,  dei  Minori.  Ambi  in  diversa  età  esercitarono 
a  prò  dei  popoli  il  difficile  ministero  della  parola,  il  primo 
in  gran  parte  di  Europa,  il  secondo  nella  sola  Italia;  e  se 
non  diedero  per  quello  il  sangue,  lungo  e  doloroso  mar- 


Digitized  by 


Google 


400  ALCDNI  SANTI 

tirio  fn  al  certo  quella  lor  vita  travagliata  da  tante  e  si 
grandi  fatiche. 

Tntte  queste  figure  hanno  merito  di  buon  disegno  e 
di  vago  colorito;  nelle  pieghe  sono  rare,  e  nella  proprietà 
e  nella  espressione  mirabili. 

La  tavola  della  Deposizione  proviene  dalla  chiesa  di 
S.  Trinità,  ed  è  ricordata  dal  Vasari,  e  dalla  cronaca  del 
convento  di  S.  Domenico  di  Fiesole. 


Digitized  by 


Google 


SANTA  BARBERA 


QUADBQ  IN  TATOLA 


DI  COSIMO  ROSSELLI 

Ilio  braccia  3.  mMì  11.  ^^^  Urfo  braccia  3.  Mi  1§. 


Un  cotal  giorno  raccoltisi  a  sollazzevol  brigata  al"- 
quanti  pittori»  scultori  e  architetti  fiorentini,  Andrea  Or* 
gagna  »  cbe  per  Y  ingegno  e  il  magistero  delle  tre  arti  so- 
relle fecilmente  andava  innanzi  agli  altri ,  volendo  porgere 
materia  a  lieti  e  lunghi  parlari,  mosse  quistione,  qual  fosse 
il  maggior  maestro  da  Giotto  in  fuori.  E  qui,  come  suole 
avvenire  peila  disparità  dei  giudizj,  chi  dicea  Gimabue, 
chi  Stefano,  chi  Buffalmacco,  e  chi  uno  e  chi  un  altro.  In 
ultimo  Taddeo  Caddi,  uditi  i  pareri  di  tutti,  proferi  que* 
sta  acerba  ma  vera  sentenza:  Per  certo  assai  valenti  di- 
pintori sono  stati,  ma  quesfarte  è  venuta  e  vien  mancando 
tuttora  Ci).  Or  chi  trasportatosi  in  Roma  fra  quella  schiera 
di  toscani  pittori  che  il  Pontefice  Sisto  IV  invitava  a  colo- 
rire in  Vaticano,  cioè  il  Botticelti,  il  Ghirlandaio,  il  Ros- 
selli, D.  Bartolommeo  di  Arezzo,  Luca  di  Cortona,  avesse 

(i)  FftAWco  SAcc;nETTf,  Novella  136. 

n.  26 


Digitized  by 


Google 


V02  SANTA  BARBERA 

onoYamente  agitata  quella  stessa  quistionet  che  sopra  celi- 
ti anni  innanzi  area  proposto  V  Oiigagna  in  Firenze,  par- 
tendo in  quella  vece  da  Masaccio,  non  so  se  avrebbesi  con 
ragione  potuto  ripetere  quella  severa  sentenza  che  al  Caddi 
era  piaciuto  di  proferire.  E  vaglia  il  vero,  se  per  opera  di 
costoro  sì  erano  aggiutite  non  poche  parti  alla  pittura,  e 
segnatamente  lo  studio  maggiore  del  nudo  e  della  prospet- 
tiva; panni  nondimeno  che  ninno  non  che  vincere,  giun- 
gesse mai  a  emulare  Masaccio,  creatore  piuttosto  di  uomini 
vivi  che  d' immagini.  Essendoché  la  più  parte  di  loro,  pa- 
ghi di  ricopiare  la  natura  miseramente  e  con  ogni  difetto, 
non  valsero  a  sollevarsi  fino  a  queir  ideale  ove  trionfarono 
Lionardo  e  Raffaello.  Che  ciò  sia  veramente  potrà  meglio 
chiarirsi  tosto  veduti  i  dipioti  di  Andrea  del  Gi^tagHo,  del 
Verrocchio  e  specialmente  di  Cosimo  Rosselli,  nei  quali 
invano  cerchi  grazia  e  gentilezza  di  forme,  una  natura 
scelta,  una  facile  imitazione  dék  vero,  ed  un  piegare  dei 
panni  che  ricordi  la  cara  aemplicità  dei  giotteschi  o  Farte 
nobilissima  dell*  Urbinate.  E  per  ciò  che  è  del  Rosselli, 
bene  avea  egli  posti  ottimi  principi  Al  dipingere,  e  fatto 
concepire  liete  speranze,  quando  in  Firenze  coloriva  in 
S.  Ambrogio  il  miracolo  del  SS.  Sacramento;  ma  Tarte  a 
lui  più  non  sorrise:  e  quando  si  accinse  al  difficile  Bpwìr 
mento  in  Vaticano  col  SignoreUi  e  col  Ghirlandaio,  parve 
troppo  minore  di  sé;  e  allora  fu  ohe  disperato  della  gloria 
si  rivolse  al  guadagno,  cercando  nei  fomeUi  d^i  alchi- 
misti quella  fortuna  che  il  povero  ing^iK>  a  lui  dinegata. 
Quindi  perduto  il  tempo  e  gli  averi,  disingannalo  delle 
arti  dei  ciurmadori,  morissi  poverissimo  di  oro  e  di  fama. 


Digitized  by 


Google 


SANTA  BARBERA  403 

L*  occhio  anche  il  meno  educato  al  bello  deir  Arte, 
tosto  veduta  la  tavola  che  diamo  incisa,  troverà  che  il  giu- 
dizio nostro»  se  fti  severo  »  fu  giusto  eziandio.  Perciocché 
queste  tre  figure  ci  sembrano  alquanto  deboli  nel  disegno^ 
ignobili  neir  arieggiare  dei  volti,  di  grazia  e  di  espressione 
sfomite.  Pur  loderemo  la  ragione  del  comporre,  nella  quale 
si  ammira  la  sobrietà  e  la  filosofia  dei  quattrocentisti;  e  la 
Santa  proteggitrìce  delle  militari  fortificazioni,  sotto  il  cui 
patrocinio  alquanti  buoni  Alemanni  si  eran  raccolti  in  Fi- 
renze, ha  tale  maestà  di  atto  e  di  sembianza,  che  ben  com- 
pensa il  difetto  di  gentilezza  nelle  forme.  A  render  poi  ra- 
gione di  quel  guerriero,  che  chiuso  nelle  armi  è  da  lei 
calpestato  (per  quanto  a  noi  sembra  disegnato  in  ottima 
prospettiva),  si  potrà  facilmente  svolgere  il  concetto  del- 
l' artefice  dicendo  volesse  significare  il  trionfo  della  virtù 
sulla  forza  brutale;  pittura  simbolica  della  quale  assai  si 
piacevano  i  greci  ed  i  giotteschi.  Nulla  aggiungeremo  in- 
tomo le  due  figure  di  S.  Giovanni  Battista  e  di  S.  Mattia 
Apostolo,  ma  in  quella  vece  ripeteremo  il  consiglio  dato 
da  Virgilio  a  Dante:  guarda  e  passa. 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


405 

DOCUMENTI 

PER  SERVIRE  ALLE  MEMORIE  DEGLI  ARTISTI 
DOMENICANI 


Libro  III.  cap.  IlL  pag.  3ft 

Miscellanea  N*"  a.  od  voi.  in-fol.  MS. 
(ArchÌTÌo  di  S.  Marco) 

Ckmtratto  di  fra  BartolommeQ  della  Porta  con  Mariotto 
,  AlbertìndliyOOii  il  quale  questi  si  obbliga  di  tutelare  gli  averi  di 
Pietro  dd  Fattmiiio  e  insegnargli  la  pittura* 

THS. 
Al  nome  didio  et  della  gìanoea  vergine  Maria  adi  primo  di- 
gennaio 1505  sia  manifesto  a  qualunque  persona  vedrà  o  leggerà 
la  presente  seripta  come  egli  è  vera  cosa  che  frate  Santi  daUueha 
(  da  Lucca  ]  dellordine  di  san  domenidio  priore  oggi  in  san  Mar- 
eho  di  firenxe.  AjUuoga  ovvero  acconcia  piero  di  pagolo  del  fatto- 
rino  con  Mariotto  di  biagio  dipintore  per  anni  sei  prosDime  ave- 
nire  cominciando  odi  pritno  digennaio  1505 ,  et  finendo  aA  primo 
digennaio  1511,  et  con  pacto  facto  daccordo  insieme  el  priore  et 
detto  MarioUo  che  detto  piero  stia  aimparare  Forte  del  dipintore, 
doè  di  metter  Soro  et  altre  cose  di  mazonerie  et  habbia  a  fare  et 
ubidire  tanto  quanto  parrà  et  piacerà  a  detto  Uariotto  senxa  preso 


Digitized  by 


GoGgle 


M6  DOCUMENTI 

o  cosa  alcuna  f^ tutto  stupra  d/UtO  UfVipo  <t  atwafrasono  daccordo 
k  sopradeUe  parte  che  tutti  i  beni  che  $i  truovono  deUa  hereiUà 
di  paiolo  di  Jacopo  dd  fattorino  che  rcda  il  dello  Piero^  inhbia  il 
detto  Mariotto  a  esserne  paratore  et  conservatore  et  allocatore  et 
affUtalore  come  gli  parrà  9tJi§o$rA  «Iftiì  et  che  hd  tenga  diligente 
cura  che  detti  beni  non  vadino  in  diclinatione  come  fedele  et  buono 
ministro  di  detti  beni  et  che  tutti  e  frutti  et  rendila  di  detti  beni 
sieno  liberamente  di  detto  Mariotto  durante  detti  anni  sei  sopra- 
detti.  E  quali  beni  sono  questi  cioè: 

Una  casa  posta  nelpopolo  di  satfpier9  gattoUni  et  una  tdgna 
posta  a  san  amalo  in  foggio  con  aUri  pezsU  di  terra  htvoraiiva 
posti  in  detto  popolo  et  un*  altra  vigna  et  terre  et  boschi  posti  alla 
castellina  di  FaUUgnew^  et  fiorini  cento  undici  di  sepie  per  cento 
tu  ini  monte  del  emmms  di  Fimnm. 

Et  ci»  ii  deUé  Uariotto  mhbia  a  Unere  in  casa  sua  et  detto 
piero  el  fargli  la  spesa  et  oalMario  et  mstirlo  seoendo  che  richiede 
lo  stalo  suoj  et  coA  ancora  se  piero  predetto  volessi  qualche  volta 
danaro  che  Moretto  nem  sia  okUgeèlo  a  dargli  pUche  ealdi  sepie 
ci  mm  èn  eaeo  che  delta  pifirù  gfi^ne  oUedeeei  ei  non  gUene  ehie- 
denda  non  ma/è  detto  Uariotlo  essere  oUigmlo  a  dargnieme  a  far- 
gniene  buoni  oib  fine  di  detto  iempOé  Ed  anàoru  detto  Mariotto 
deòki  fare  ogni  onno  ueu^  ufitioperfemima  di  pagalo  del  f^ttoris» 
nella  ohieea  di  eem  fiero  gtnHoVno  et  dare  al  prete  per  delio  ufiiio 
Ure  dita  et  Ukre  dua  di  candele  di  cera  come  i  consueto.  Et  pia 
sono  daepordo  le  sopra  delle  parie  ehe  tuUi  e  debitori  et  creditori 
della  detta  heredilà  el  anoora  dd  detto  fiero  si  Iruoeano  al  pre- 
sente che  il  dMo  Mariotto  come  parraiore  predetto  attenda  a  ri- 
scuotere et  pagare  con^  accadessi ,  el  che  dello  MoriaUo  possa 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  W7 

fiaière  et  fan  ofPit  cosa  come  parrà  et  piacerà  a  hti  et  tenerne 
diUgmte  conta  di  tuUo  queUo  che  riscuoterà  et  pagherà  per  potere 
rmitmocanto  Ma  firn  ài  detti  sei  anni.  Et  ancora  sona  daeeordo 
to  eopradette  parte  che  detto  Mariotio  caci  tanti  danari  da  questi 
dentari  che  lai  comodamente  in  questo  principia  rivesta  piero  so- 
pf  Odetto  et  così  ancora  si  acosèci  al  veroM  della  casa  et  del  terreno 
et  ancora  per  acconciare  un  poca  la  easadella  CastelHnaf  et  ogni 
aiira  cosa  che  si  hacessi  acconciare  per  P  aimenire  cavandone  le 
dette  tre  coee  di  sopra;  detto  Mariotto  sia  tsnuto'aconciarb  di  sua 
danari  9  et  in  caso  che  detto  Mariotto  non  riscotessi  tanto  quanto 
spendessi  netta  acconciare  dette  ire  cose  che  alia  fine  di  detti  sei 
mmi  Marictto  habUa  a  essere  rifatto  in  quel  modo  et  tempo  che 
parrà  al  priore  che  si  truoverà  in  San  Marco  di  Firenxe  a  quel 
tempo.  Et  ffi  casa  che  Mariotto  o  sua  ksredi  non  paresse  et  nùn 
gli  piaeesH  che  detto  piero  stesse  con  hd^  vuok  poterlo  Ucentiare 
et  rimmtiarc  a  sopra  detti  pacH  ietti  di  sopra;  ed  ancora  se  al 
detto  piero  non  piacesse  stare  col  detto  Mariotto  o  voleseisi  partire 
dattui  oda  sua  hereds  et  non  volessi  finire  detti  sei  anni ,  allora 
detta  piero  habhia  a  rifare  a  detto  Marioita  di  tanto  quanto  parrà 
etk  priore  che  si  trovassi  tu  quel  tempo  in  San  Marcho  di  Firenxe 
et  questo  perchè  se  U  detto  piero  volessi  mattinare  contro  al  detto 
Mariotto^  o  vedessi  havere  imparato  presto^  detto  Mariotto  non  si 
perdi  te  sua  fatieha  cT  avergK  ime^eato.  Et  ancora  il  dUlo  piero 
con  Hcentia  M  dHlopriore^  et  ancora  pnte  (premate)  flrate  bar- 
tolomeo  suo  fratetto^  promette  et  cosà  vuote  che  finiti  i  detti  sei  anni 
o  prima  se  lui  si  partissi  da  detto  Mariotto  a  sua  herede ,  che  la 
vigna  detta  CastMna  di  Yaldigneve  volendola  Im  affittare,  che 
détp^  piero  non  la  possi  talare  a  nessuno  se  none  al  detto  Ma- 


Digitized  by 


Google 


408  DOCUMENTI 

rioUo  per  prezzo  giuito  che  sarà  giudicato,  ed  m  caso  che  hU  ìa 
volessi  vendere  non  la  possi  vendere  se  none  al  detto  MarioUo  per 
imo  giusto  prezzo  giudicato  da  quattro  huowmi  del  paese  chiamati 
dua  per  parte ,  et  se  ancora  detto  piero  si  morissi  sensa  figUuoU 
legittimi  et  naturaU  infra  detti  sei  anni  o  dopo  deéti  sei  anni^ 
vuok  che  chi  redassi  la  detta  vigna  sia  obligato  a  venderla  al 
detto  Mariotto  o  sua  heredi  per  il  giusto  prezzo  come  è  detto  di 
sopra.  Et  in  quanto  a  detto  Mariotto  et  a  sua  heredi  non  piacene 
comperarla,  timo  liberi  da  venderla  et  tenerla  come  piace  alloro; 
et  ancora  sono  S  accordo  che  se  infra  detto  tempo  accadessi  cosa 
akuna  che  fossi  in  grande  danno  di  Mariotto  o  di  piero^  che  tutto 
quello  sia  rimesso  nel  priore  detto^  et  ha  rifacessi  nuovi  capir 
toH  come  bisognasse  secondo  il  suo  judicio^  per  correggere  il  (fanno 
che  fussi  seguito;  et  di  tutti  questi  sopra  dett%  pacti  sano  da^eràù 
et  vogliono  che  si  ohservino  F  uno  a  r altro  et  si^tomettonsi  a  ogni 
iuogho  o  stiUuto  dove  ragione  si  tenessi^  et  per  fede  di  ciò  el priore 
di  San  Marco  di  Firenze  si  sottoscriverà  sotto  questa  scripta  ^ 
sua  propria  mano  et  così  detto  Mariotto  ed  ancora  piero  di  sua 
mano  si  obligerrà  ed  ancora  frate  bartolomeo  suo  fratdlo  si  so- 
scriverà  per  modo  di  testimonio  et  di  consiglio  del  detto  Piero  suo 
fratello  ;  et  forassi  dua  scripte  delle  quali,  una  ne  terrà  Mariotto 
predetto,  et  l' altra  il  com)ento  di  San  Marco  cioè  il  sindico. 

Io  Niccolò  di  piero  di  bartolo  Ligi  ho  facto  questa  presente 
scripta  di  mia  propria  mano  a  preghiera  delle  sopra  dette  parte , 
oggi  questo  di  pròno  di  gennaio  1S05;  et  loro  si  scriveranno  qm 
dapié  di  loro  propria  mano. 

Io  frate  Sancti  di  paulino  pagnini  da  hiccha  priore  al  pre- 
sente di  San  Marco  di  Firenze ,  per  certa  autorità  la  quale  mi 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  409 

Uuciò  frate  Barthokmeo  di  paulo  del  f adorino  sopra  fiero  suo  fra- 
tello qtUMdo  li  fece  donatione  della  parte  sua  (  Rogato  ser  Lorenzo 
Violi)  j  consento  et  conferma  che  si  facci  et  observi  quanto  di  so- 
pra si  contiene.  Et  per  fede  di  ciò  ho  facto  qìéesti  versi  di  mia 
propria  mano  nel  sopradecto  anno^  mese  et  giorno. 

Io  frate  Bartholomeo  di  pagulo  fratello  di  Piero  decto  di  so- 
praj  consento  a  questi  poeti  decti  di  soprcu  Et  così  giudico  sia  il 
bisogno  di  Piero  qtumto  è  decto  di  sopra.  Et  per  fede  di  ciò  ho 
faeti  questi  versi  di  mia  propria  mano,  hoggi  decto  di. . 

Io  Piero  di  Pagulo  del  Fattorini  sapra  detta  sono  contento 
e  obligomi  a  tanto  quanto  he  detto  di  sopra  apartenente  ame.  E 
anehara  mi  obUgo  di  observare  quanta  ha  fatta  el  priore  detto  con 
Mariotto^  he  così  di  consiglia  di  fra  Bartholomeo  mio  firateOo^  mi 
oUigo  generalmente  a  quanto  di  sapra  si  contiene^  e  per  fede  di 
ciò  ho  facti  questi  versi  di  mia  propria  manOf  oggi  detto  di  primo 
di  gennaio  1505. 

Io  Mariotto  di  biagio  dipintore  sopradetto  san  contento  e 
hobrigomi  a  quanto  di  sopra  si  contiene  di  Keenxia  di  biagio  mio 
padre  el  quale  si  soscriverrà  qui  dappiè  di  sua  propria  mano 
hogi  di  detto  di  sopra. 

Io  Biagio  di  binda  sopra  detto  sono  contento  e  cosi  do  licenxia 
al  obrigho  di  Mariotto  mio  figUuolo  sopra  detto,  e  per  fede  di  dò 
0  fatti  questi  versi  di  mia  propria  mano  oggi  detto  di  sopra. 


Digitized  by 


Google 


410  DOCUMENTI 

Libro  III.  cap.  III.  pag.  43. 

LiBBO  DBIXB  Ricordanze  dbl  coiiTBifTo  di  S.  Marco 
(segnato  eoo  lettera  B  cod.  cartaceo,  un  voi.  in-t) 
MOVIL 
Pag.  31  e  seg. 

Richordo  eome  adi  XVIIII  di  fiwgfm  1507,  ptr  engimu 
d'ima  diffnrmuim  mata  tru  B^moirik  dì  bmoemìU^  drt  bianco  cU- 
tudku>  fkìrmumo  el  fra  Bartolomeo  iipmUiro  nootro  frase  ^  et  pn 
eon80ft$int  col  coaoaUù  tmoéro  fumaiaoola  da  aliare  ohe  hàvmm 
pre$a  a  dipingere  dio*  fina  BartoUmMo  da  detto  Bernardo  che  ha- 
oea  andare  meUa  badia  di  FirengOt  con  eerti  paeti  cerno  open  in 
WM  ecripta  prieaia  eoecripta  da  detti  frate  Bartotomeo  et  Ber- 
nardo, dove  9i  contiene  in  effetto  la  tavola  havere  in  se  certe  con- 
ditiom  che  qmei  apparieceno^  et  che  del  prezzo  pai  di  detta  tavola 
nen  $e  iir  accordando  thttemt  le  dette  parti,  habiei  a  chiatnare 
dm  amici  comunif  et  non  se  accordando,  kabioi  a  torre  estiwuh 
tori  delF  Arte,  et  lui  habi  a  torla  per  quel  prexo.  Et  coei  havea 
ricevuto  già  detto  fra  Bartotomeo  parte  de  preso,  et  tandem  finita 
la  tmoota<^  detto  Bernardo  fece  akmm  obiectione  et  nen  patema  rù 
squotere  b  intero  pretio  eotne  speravamo,  onde  rapportato  le  sa^ 
pra  scripte  cose  et  altre  più  volte  al  padre  priore ,  et  havuto  pia 
volte  consiglio  sopra  detta  cosa,  et  richiesto  parere  del  prexo  a  pia 
persone,  perchè  fra  Bartolomeo  diceva  venirsene  ducati  dugento, 
ma  che  per  ducati  cen0  sexanta  se  padri  la  davano  ne  facevano 
gran  piacere,  et  Bernardo  non  voleva  passare  più  che  ducati 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  411 

ocl0ttbi,  et  tromii  de  ditiparwi  sopra  della  coma,  deHber^rono  e 
padri  rimettere  detta  coma  nello  AbbeOe  di  badia  Uberamente  che 
ne  fcueai  H  tutto  quanto  a  lui  parea  juetOf  et  maxime  perchè 
detto  Bernardo  era  da  qualamo  reperito  a  frati^  che  era  huomo 
pntuoeo  (m)  da  litigare  et  cavillare  in  queeta comi»  et  volew  eie 
la  tamia  haeendoei  a  etimare  voleva  che  a  ofni  moda  $i  caoaen 
di  enea  noetra  et  poneeeiei  o  in  badia  detta^  «  tu  aUro  tertio  btoga^ 
et  queeto  el  noelro  dipintore  non  «otoa»  et  dieeiea  nm  eeeert  ne 
eonemto  ne  jueto  et  ohe  perdeva  la  tavola  di  suo  honore  et  re^ 
putatimef  et  mMo  aUre  ragione.  In  effetto  tutto  fu  rimino  Ubereh 
mente  in  detto  Abbate  pcroM  ne  vene  qui  a  parlare  a  fratiy  et 
iÈtirmmeeeei' offtrendoii  volerla  aehùnmatre^  credo  a  effbtto  che  la 
tavola ei  eondueeeei nella  cappeìh  al  euo  ktogo;  wm  dipoi havuta 
la  comeesione  libera  da  not,  referi  essere  stato  con  Bernard^  et 
non  httvere  de  lui  tale  parole^  ne  vederlo  in  tale  Aposilione  che 
lui  si  perMuadesei  poterla  aecùnmare.  PertatUo  dieee  detto  ÀbbaiOf 
andate  a  seguire  vostre  ragione  et  ordinL  Onde  httvendo  io  havuto^ 
a  ire  in  questo  tempo  a  Venetiap.  ragione  delcondurd  M.  Jfor-^ 
lino  a  leggeret  et  per  compraste  rasoe^  ee^  i  frtM  cemiseono  a  pra 
Qiavamii  de*  Medici  et  fra  Niccolò  di  Bartolo,  che.  lo  convenistìono 
a  larte  degli  SpexiaH  a  cU  sappartiene  ei  giudilio  di  tale  extime^ 
et  così  feciono.  Il  che  portori  ehe  si  fece  uno  compromesso  in  2. 
OMÌCi  comuni  secondo  la  scripta  per  comandamento  de'  Coneoli , 
et  lui  chiame  Giovanni  di  Piero  di  GUmanni  Francesehit  H  noi 
(Riamammo  Mariotto  dipintore^  ei  depositosei  k  taspa  della  ceti- 
matione  debita  secondo  loro  statuti  et  p.  partito  si  fece  date  lieen-^ 
tia  da  Considi  a  Mariotto  che  potessi  estimare  et  dare  iskfommir 
tkme  et  juditio  di  detta  tofcolOf  non  okstanle  la  prohibitiosie  di 


Digitized  by 


Google 


412  DOCUMENTI 

deiio  statuto^  tandem  non  si  accordorano  a  judicare^  et  tapiro  il 
cQ$nprame$so^  et  noi  rihavenuno  la  tana  dBCku 

(pag.  32.  )  Biehordo  cwne  per  cagione  della  difirenHa  che 
nella  faccia  ed  di  rimpetto  si  dice  della  tavotm  dipitUa  da 
fra  Bartolomeo  nostro  frate  p.  Bernardo  di  betscenuto  del 
Bianco^  essendo  seguite  le  cose  infino  al  termine  che  di  là  ei  è 
narrato  f  et  parendo  al  priore  nostro  et  Padri  che  noi  in  tal  cosa 
pia  presto  perdiamo  che  acquistiamo^  haioendo  a  comparire  ismansi 
a  uffkif  judiei  et  corte  per  cagione  di  Utigj  con  hMomini  secukari 
per  cose  temporali^  et  essendo  detto  Bernardo  huomo  lungo  et  U- 
Hgioso  come  si  disse  esser  reimportato  da  aleuti^  et  che  per  la 
necessità  che  in  Coftoenlo  è  di  danari,  ohe  si  trova  hawr  moU 
debiti  et  essere  accattati  per  bisogno  del  Concento  danari  insula 
assignamento  di  detta  tavola,  per  uscir  di  questa  briga  el  priors 
comisse  di  consigtto  dalcuni  de  padri,  a  me  Fra  Ruberto  sindieo 
dopo  la  mia  tornata  di  Venetia,  et  a  detto  Fra  Giowmni  de  Me- 
éiei,  che  noi  rifacessimo  detto  Compromesso  n^sopradetto  Ma- 
riotto  dipintore  et  Giovanni  Franceschi,  et  che  per  tertio  gli  des- 
simo lo  Abbate  della  Alfiatia  di  Firenze,  et  cosi  facemmo  detto 
di  XVIIII  di  Giugnio,  rogato  Ser  Bonaehorso  notaio  degh  Ufi- 
tiali  della  torre,  if  accordo  con  detto  Bernardo,  et  muUum  ami- 
cabiUter,  et  lo  Abbate  acceplò  dijudieare. 

Dipoi  lo  Abbate  referi  a  fra  Giovanni  d^ Meéiei  che  non 
poteva  havere  informatione  di  q.  cosa  da  nessuno  dipintore ,  ne 
eOant  dagli  extimatori  deK  Arte^  et  così  quM  dipintori  che  da 
detto  abbaU  erano  stati  richiesti  di  parere,  et  venuH  a  vedere  detta 
tavola  su  in  Convento^  et  a  Atto  fra  Giovanni  et  fra  Beartolomito 
dipintore  riferito,  el  quale  molto  haveva  per  male  che  tale  juditio 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  413 

H  luwe$$e  a  dare  per  uno  che  ielVArte  non  si  tnleiMbm  né  havetn 
da  chi  $e  ne  miende  informatione.  Per  tanto  fra  Giovanni  essendo 
con  lo  Abbate  in  familiare  locuHone  qtuui  exhortando  disse ,  ha- 
biate  buona  informatione  acciocché  judichiate  rettamente ^  et  non 
la  potendo  hacere  credo  farete  bene  lasciarla  agli  extimatori  dd- 
r  Arie  perchè  non  satisfarete  a  frati  né  a  Bernardo ,  perchè  ha 
disse  Bernardo  havergH  detto  che  per  lui  si  faceva  che  la  fossi 
extimata  dalF  Arte  et  non  daUo  Abbate^  onde  o  per  questo  o  per 
àUro  panò  el  compromesso  et  non  si  lodò  (  sentenziò  ],  che  have^ 
fMuno  tempo  tutto  di  30  giugnio  1607. 

Onde  perchè  non  essendo  io  in  Firenze  ^  el  detto  Compromesso 
expiré  et  tornando  adi  1.  di  luglio  trovai  che  adi  30  de  giugnio 

10  Abbate  havea  a  San  Marco  mandato  per^me^  et  de  commissione 
del  Vicario  del  Convento  in  absentia  del  Priore  che  era  ito  col 
Generate  a  Roma,  andai  con  frate  Giovanni  sopradetto  a  lo  Abbate 
con  animo  di  rifare  el  compromesso ,  secondo  che  Giovanni  Fran- 
ceschi con  Lorenzo  di  Credi  dipintore,  et  Gherardo  Gherardi  ha- 
vea richiesto  et  per  parte  di  detto  Abbate  e  frati  in  mia  absentia 
r  ultimo  A  del  termino,  ovvero  protestato  a  fratt,  che  per  Ber- 
nardo non  stava  che  non  si  lodassi,  che  voleva  prorogare  qualche 
<fi  acciocché  lo  Abbate  potessi  avere  informatione  per  certo  modo 
che  diceva  di  nuovo  tenere  col  quale  sperava  haverla.  Ma  lo  Ab- 
bate ci  mandò  a  rispondere  essere  occupato  et  non  potere  atten- 
dere anoi,etche  el  A  di  innanzi  havea  mandato  per  me ,  perchè 
allora  accadeva,  bora  era  passato  il  tempo  et  ptà  non  bisognava. 

11  che  tutto  riferito  a  Giovanni  detto  et  dichiaratogli  che  etiam 
per  noi  stava,  et  hdjustificato,  rimanemmo  m  nuova  conventio- 
ne,  doè  che  Giovanni  detto  insieme  con  Lorenzo  di  Credi  dipin- 


Digitized  by 


Google 


414  DOCUMENTI 

Uire  8i  e6nte9ìshino  et  aeeorimri  del  pr^juo  di  dfHa  lovote,  U 
senxa  dire  nuHOr  a  noieoU  ci  dichimo:  noi$iamodttccordo,aUhof 
noi  ne  faremo  in  loro  commiseionò  per  coniracto  ei  raUhifiche' 
remo  el  hrojudiiio;  onde  detto  Giofxmni  fues$o  ofprobó  et  oc* 
ùBflà^  et  éndò  a  trovare  detto  Lorenuo,  et  taeidem  non  ei  eoenen- 
nono  a  fare  detta  e<Ktimaiione  per  riepetto  della  Ugge  deW  Arte  ; 
unde  fu  neceseario  amdare  a  latte  degli  Spmaìi^  et  faeema  ciUare 
detto  Bernardo^  et  fu  da  Contali  fatto  partito  che  ei  dòveeee  emtè- 
mare  dagli  extienatari  delP  Arte^  et  eoei  depeeitatnmo  deioati  em- 
que  per  gli  ordini  che  $ono  in  detta  arte  di  pagare  demari  VIUI 
per  lira^  et  perchè  non  pare  conveniente  a  reUgioei  etare  oMa  d- 
vite  nelle  loro  cauee^  parlando  ineieme  el  eindaeo  del  canmnte 
con  Frameeeeo  Magalotti  canieieeiMno  del  oonveeito  et  cognato  di  detto 
Bernardo  tat^dem  de  comeneeeiome  et  whmtà  dei  IL  Tieoria  G^ 
neirak,  et  del  Priore  et  Vie.  del  eonftentOf  et  Padri^  ei  rimiee  entta 
l4^  cauea  et  il  prego  p.  la  parte  del  convento  et  di  detto  Bernardo 
in  detto  Francesco  Magalotti^  et  Imx  fece  che  detto  Bermtrdo  ei 
doneeei  dare  oltre  a  quelli  ducati  quaratUa  che  già  havete  pagato 
al  convento ,  ducati  eeecauta  lar.  S  oro  in  orOf  et  quel  fiA  che 
parrà  al  )ietto  Bernardo  ei  sua  diecreti(m$,  et  noi  fummo  ooft- 
tenti  et  daccordo  al  euo  juditio^  et  non  ei  face  dipoi  altra  rap- 
porto o  etima^  unde  a  di  XVU  di  luglio  venono  qui  al  consento 
detto  Framcesco  Magalotti  et  C&aivanni  <£  Piero  Francuchii  et 
tfiowmm  mi  annoverò  sexanta  ducati  (foro  tn  oro»  et  portoroeui 
via  la  tavola^  et  fra  Giovanni  de  Medici  rihehe  el  deposito  del- 
r  arte,  pagando  perù  prima  a  quelU  eettimatori  4  giroesoni  per 
uno  per  loro  fatica^  et  erano  iSenuti  pim  wdde  a  vederla  per  exti' 
maria  ;  et  ano  grossone  a  famigli  dcW  Arte.  In  tuU0  L.  4.  S.  XL 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  MS 

Et  €ù$ì  i  $Ma  trattata  et  terrnmala  fuuta  cmm  ptr  grana  éi 
Dio.  ~  Vedi  Ubro  DMtcri  et  Creditcri  e  66. 

Libro  UL  cap.  IV.  pag.  63. 

RlCOBDANZE  B. 

(  Codice  sopra  citato  ) 
pag.  VI  a  tergo. 

Protesta  fatta  a  Frati  di  Murano  l'amio  1511. 

Richordo  come  già  più  anni  sono  »  che  etimo  fum  nd  1608 
daprik,  eeeendo  fra  Bartolomeo  nostro  dipintore  a  Venetìa  et  il 
sindico  del  nosWo  convento  di  S.  Marco  con  lui  ^  tolse  a  dipingere 
una  tavola  in  panno  da  fra  Bartolomeo  Dal  Zano  Vicario  del 
convento  di  S.  Pte^ro  snartire  del  nostro  ordi$ie  de  Sturano,^  et 
prese  tempo  a  expedirla^  et  poeti  fedono  che  si  dovessi  pagare  se- 
condo che  fussi  estimato  el  vaiare  da  amici  comuni  ;  fu  data  jsh 
strutione  che  passerebbe  ducati  70  m/ino  incento  o  piA,  et  fu  data 
arra  per  aHora  atamano  per  coniare  colori  a  Vinegia  eerta 
quantità  »  et  ordinato  che  per  infino  m  ducati  XXV  doro  ira  ^pmi 
e  altrove^  et  per  mano  de  Bart,  de  Monte  Zupo  dipitUore  ovvero 
Scullore^  che  si  trovava  atlora  a  Venetia^  et  per  mano  di  fira 
Barnaba  di  Gante  a  Firenu  che  haveva  in  ìnana  di  detto  fra 
Bartolomeo  Dal  Zano  libri  di  pistole  di  Seta*  Catherina  da  Siena 
stanne  a  vendere  che  si  traesse  per  arra  di  detta  pictura  deiH 
danarif  et  così  fu  fatto  infra  certo  tempo  ^  et  tenuto  conto ,  fattone 
creditore  detto  fra  Bartolomeo  Dal  Zano^  al  libro  dd  Congnio 
Q.  VI  et  debitor.  et  Credit.  Vili  e.  8k.  Et  la  pictura  fu  espedita 


Digitized  by 


Google 


416  DOCUMENTI 

tutta  9t  beUi$8ima  in  brem  tempii  ;  ita  che  quanto  alla  tUma  é 
cki  ha  di  decte  opere  iudieio  era  slimata  meglio  che  cento  du- 
cati doro^  et  fu  dato  di  tulto  aoviio  al  detto  Concento  di  San 
Piero  Martyre,  et  a  detto  fra  Bartolomeo  Vicario.  Di  che  per  ri- 
epetto  di  guerre  seguite  in  detti  luoghi  ^  et  di  poi  per  la  morte  à 
detto  fra  Bartolomeo  Vie.  per  la  parte  di  detti  frati  et  Convento 
di  Murano  non  si  è  mai  eseguito  la  presa  di  detta  tavola^  ma  bene 
si  sono  hamte  lettere  respomm  di  volerla  et  simile  coea  et  tmiameUe 
et  di  poi  mandarono  qui  due  frati  di  detto  Convento  con  commissione 
di  comporre  col  convento  nostro,  coeguali  havuti  più  ragionamenti 
fu  largito  loro  che  pagando  oltre  la  somma  che  habiamo  haouta, 
che  in  tutto  sono  ducati  XXVIIl,  come  appare  a  detto  libro,  e. 
9k;  anchora  ducati  cinquanta  doro,  la  tavola  sarebbe  aOoro  posta; 
et  ^pianto  che  no  che  se  gK  serverebe  loro  uno  mese  dal  (fi  della 
partita  loro  de  qua,  et  differirono  el  rispondere,  et  poi  non  ser- 
vati tempi  et  pacti,  pia  volte  si  è  avisato  et  protestato  che  habiamo 
che  la  vuole  tn.  (tamen)  per  esser  fedeli,  et  per  amore  che  vogUamo 
più  presto  sia  dellordine  per  manco  che  di  altri  pel  più.  Tandem 
visto  che  non  si  fa  conclusione  alcuna,  et  noi  volendo  volerò  dd 
nostro ,  et  perchè  la  tavola  perde  assai  stando  cosi,  de  comissions 
priorie  et  consiUi  passati  molti  lunghi  termini,  di  tutto  p.' sopra- 
scripto  tenore  si  fece  loro  lettera  protestativa  adj  XV  del  mese  ài 
Gennaio  Uii,  mandata  per  lo  banco  di  Nic.  del  Nero,  che  se  in- 
fra tempo  determinato  cioè  p.  di  qui  a  tutto  di  XXV  di  feb- 
braio 1511  proximo  futuro  non  mandavano  per  detta  taccia  et 
U  preso  debito  sopra  detta  arra  che  la  venderemo  ad  altri  per 
quello  troveremo  et  della  arra  non  renderemo  niente  ma  secondo 
che  è  costume  et  ragione  la  riterremo  per  noi. 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  kil 


a^Q 


Libro  III.  cap.  IV.  pag.  73. 

(  Codice  sopra  citato  ) 

YHS.  MARIA 

pag.  53. 

Ricordo  chome  addi  (manca)  di  giugnio  1513.  fu  fatto  uno 
stantiamento  daUa  Magnifica  et  ExctUa  Signoria  di  Firenze  al 
chamarlingo  del  monte  che  ci  dovessi  pagare  due.  cento  per  conto 
della  tavola  cmncata  (cominciata)  per  la  sala  del  Consiglio  chome 
habbiamo  strumento  di  mano  del  pubblicho  notajo  e  quali  debbe 
pagare  per  tutto  ottobre  proximo  advenire  1513.  —  due.  100.  — 

El  sopradetto  stantiamento  hebbi  io  fra  Gerolamo  Dandi 
Gini  come  sindacho  et  procuratore  del  Convento  adA  17  de  giu- 
gnio 1513  (*)  Et  addi  19  de  luglio  giunse  detto  stantiamento  dagli 
ufficiedi  del  monte  et  dal  loro  Cancelliere  sottoscritto. 

Et  più  di  poi  fu  sopto  scripto  dal  proveditore  di  detti  dieci 
et  da  Giovanni  Masolini  uno  degli  ufficiali  —  Posto  debitore  el 
Camarlingo  al  libro  Vili.  e.  12  — 

(*)  Questo  P.  GeroUmo  Dandi  Gini  si  trova  eletto  sindaco  del  con- 
vento dì  S.  Marco  nel  giorno  31  maggio  1513. 


II.  27 


Digitized  by 


Google 


418  DOCUMENTI 


Libro  III.  cap.  IV.  pag.  78. 

MlSCELLA>EA  N*^  2.  $  5. 

Copia  del  ricordo  della  divisione  della  Compagnia  fatta  fra 
Bartholomeo  dipintore  et  Mariotto  di  Biagio  dipintore,  daccordo 
con  consentimento  del  priore  di  San  Marco ,  come  sotto  scritto  si 
vedrà  el  quale  è  al  Mro  DeUtori  et  Creditori  et  Rieordanse  5. 
A,  ۥ  60* 

Ricordo  come  hoggi  questo  di&  di  gennaio  1512  fra  Barto- 
lomeo (ftptn/ore  isisieme  col  padre  priore  fra  Sanii  da  Luoeha  dì 
San  Marco^  e  io  Mariotto  di  Biagio  dipintore  siamo  f  aeeoréo 
di  dividere  la  Compagnia  e  finire  la  scripta  abbiamo  insieme  come 
appare  la  copia  in  questo^  e.  53,  diviso  colori  e  masserisie^  lavori 
cominciati  di  pitture  fatte  e  quali  si  nomineranno  qui  dappiè,  tf- 
poi  questo  saldo  e  divisa,  fra  Bartolomeo  dipintore  ^  et  priore  si 
soscriverd  di  lor  propria  mano.  E  prima  quelle  coso  che  toccai 
a  frati  ài  San  Marco,  doè: 

Una  tela  di  brada  sei  e  larga  k  drentod  un  dio  padre,  et  mkx 
Sca.  Maria  Magdalena  et  Sca.  CcUerina  dassiena^  del  preso  di  due. 
sessanta* larghi  doro  in  oro,  sbattutovi  due.  ventotto;  restano  a 
detti  frati  due.  trentadua,  e  tanto  si  contano  detta  tela.  E  ancora 
siamo  daccordo  che  venendo  per  caso  che  detta  tela  si  vendessi  più 
che  due,  sessanta  larghi  doro  in  oro,  quelpiit  siano  mezzi  de  frati 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  419 

el  mezzi  di  Mariotto;  non  $i  vendendo  jriù  sia  Uberamenie  de  frati 

tutta  la  detta  tela due.    32. 

Una  testa  d"  un   Cristo  ih  uno  quadro  el  quale 

dettono  e  frati  a  Lionardo  Bartolini.    .    .    due.      k. 
Dn  tondo  d^una  natività  di  braccia  duo.    .    .    .    due,    12. 


Queste  sono  che  toccano  a  Mariotto ^  cioè: 

Un  tondo  di  braccia  dua  dipinto.    .  .    .    due.    17. 

Un  Cristo  che  porta  la  crocie  co  ladroni  e  adorna- 
mento   due.    12. 

Dua  quadri  di  braccia  1  i  l'uno,  finitami  di- 
pinti     due.    12. 

Una  Nusiata  che  a  il  Gonfaloniere  in  un  qua- 
dretto   due.      6. 

Ancora  nomo  daecordo  insieme  dei  lavori  cominciati  e  non 
finiti  si  dividano  insieme  fra  noi;  et  daecordo  facciamo  che  que- 
sti tocchino  a  frati  di  S.  Marco  e  a  fra  Bartolomeo  dipintore 
cioè  —  La  tavola  grande  che  andava  (forse  anderà)  in  Consiglio 
in  sulla  sala  disegnata  di  spalto  (aspeìUo)  di  mano^  di  fra  Bar- 
tolomeo 9  sia  de' detti  frati. 

Ancora  siamo  daecordo  insieme  che  detti  lavori  cominciati  e 
non  finiti  che  saranno  qui  dappiè  in  compenso  della  tavola  del 
Consiglio  tocchi  a  frati,  e  questi  tocchino  a  Mariotto  e  siano  sua, 
e  prima  —  Una  tavola  disegnata  di  mano  di  Filippo  (forse  il  Lippì) 
che  andava  alla  Certosa  di  Pawia;  ancora  un'  altra  tavola  si- 
mile a  queUa  disegnata  di  mano  di  fra  Bartolomeo  che  va  appa- 


Digitized  by 


Google 


420  D  ()  C  U  M  E  N  T  I 

via  alla  Certota;  e  un  quadro  disegnato  àrea  dua  braccia  y  e  un 
quadrello  bozato  (abbozzato)  di  mano  di  fra  Bartolomeo ,  dren- 
lavi  uno  Adamo  a  sedere  e  un  Eva  ritta,  ciréa  uno  i  braccio  ^ 
siano  tutti  di  Mariotto  questi  di  sopra. 

Ancora  siamo  daccordo  che  queste  masserizie  che  restano  a 
comune  V  abbi  a  doperare  fra  Bartolomeo  a  servirsene  mentre  che 
vive,  e  dopo  la  morte  sua  siano  dette  masserizie  liberamente  di 
Mariotto  dipintore  et  sue  rede:  cioè  uno  modello  di  legno  quanto 
el  naturale  y  cioè  una  figura;  e  ancora  un  altro  modello  circa  dm 
braccio  gangherato  —  Un  paio  di  (forse  Seste)  grande  di  ferro 
circa  dun  braccio,  e  un  bambino  di  gesso  formato  da  uno  di  Sca, 
Croce  di  desidero  (Desiderio  da  Settignano  Scult). 

Copia  della  soscrizione  di  nutno  di  fra  Sancii  priore  sopradttto 
e  di  fra  BartoL 

Io  fra  Sci.  di  luccha  al  presente  priore  di  Sco.  Marco  retti- 
fico e  approbo  la  sopra  detta  divisione  della  Compagnia  fatta  tra 
fra  BartoL  e  Mariotto  sopra  scritti  nel  modo  e  forma  si  contiene 
nel  sopra  detto  accordo  di  mano  di  sopra  detto  Mariotto ,  che  co- 
mincia —  Ricordo  come  oggi,  ec.  a  carte  59  che  dura  e  durò  in- 
sino  a  questa  nostra  sottoscrizione,  la  quale  ho  fatta  di  mia  pro- 
pria mano,  nelTanno  e  giorno  sopra  descritti. 

lo  fra  Barthol.  dipintore  sopradetto  sono  contento  di  quanto 
di  sopra  si  contiene ,  e  in  fede  mi  sono  sottoscritto  di  mia  propria 
mano  questo  dì  sopra  detto. 

(Manca  la  sottoscrizione  di  Mariotto  Albertinelli) 


Digitized  by 


Google 


1)  O  e  U  M  E  N  T  I  121 


Libro  IH.  cap.  V.  pag.  85. 

Annalia  Convbwtus  S.  Marci 
De  Florenlia 

Almi  Praedicalor.  Ord.'» 
(un  voi.  infoi.  MS.) 

1  Religiosi  del  convento  di  S.  Marco  donano  a  ijiovanni 
Benintendì  una  tavola  dipinta  da  Fra  Barlolommeo  della 
Porta. 

fol.  3i. 

Die  3  februari  1534,  more  fiorentino  hora  1."  noctis  F.  Felix 
Dominici  de  Florenlia  prior  hujus  conv.  cum  omnibus  vocalibus..., 
qui  fuerant  numero  28  congregatis....  sponte  et  mera  wlunlate , 
non  coacti  sed  libere  omnes  concorditer  dederunt\  largiti  sunt,  et 
concesserunt  lofuinni  Mariae  filio  ex  domo  spectabilis  viri  Lau- 
rentii  Nicolai  de  Benintendis  cici  fiorentino  populi  S.  Marci  Fio- 
rentiae,  praesenti  et  acceptanti,  unam  tabulam  seu  Anconam 
pictam  manu  egregii  pictoris  fratris  Bartholomei  de  Florenlia 
Ordinis  S.  Dominici,  positam  in  Ecclesia  S.  Marci  in  parte  in- 
feriori ex  parte  occidentali^  intilulatam  nostrae  S.  Catherinae  de 
Senis,  in  qua  tabula  sunt  muUae  figurae  diver$orum  Sanctorum. 


Digitizéd  by 


Google 


422  DOCUMENTI 

Quam  donationem  concesserunt  praefato  lohanni  Mariae  et  here- 
dibus  de  domo  et  familia  de  Beninlendis,  ut  ipse  et  eitis  heredes 
ad  omne  suum  et  eorum  beneplacitum  dictam  tabuktm  ornent  et 
dotent,  et  omnia  alia  faciant  ad  honorem  et  laumdem  dictae 
S.  Catherinae,  prout  sibi  et  ejus  heredibus  melius  videbitur.  De  qua 
concessione  et  largitione^  et  omnibus  supradictis^  rogatus  fuit  s. 
Bartholomeus  Antonii  de  Azeis  cxvis  et  notarius  florentinusy  dieta 
dieSfebr.  1534.- 

Libro  III.  cap.  VI.  pag.  107. 

Libro  Debitori  e  Creditorp 
Dell*  Ospizio  di  S.  M.  Maddalena  in  Pian  di  Mugnone 

(un  ?ol.  in-foL  MS.  dal  1482  giunge  fino  al  1320). 

Comincia.  —  Al  nome  didio  et  della  gloriosa  vergine  madonna 
Sca.  Maria  et  messer  Sco.  Domeniche  padre  nro. ,  et  messer  Sco 
giovanni  batista  f  et  tutta  quanta  la  celestiale  corte  del  paradiso  f 
et  quali  preghiamo  ci  pstino  (prestino)  sanità  del  corpo  et  salute 
de  lanime  nostre. 

Questo  libro  è  deloratorio  e  frati  di  Sca,  Maria  Maddalena 
in  piano  di  Mugnone  e  chiamasi  debitori  e  creditori. 

foL  112.  Ricordo  come  oggi  X  luglio  1514  si /ini  di  fare  di- 
pingere la  madonna  della  cappella,.»  quella  apie  della  scala  del 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  423 

Convento  p.  {re.  Bisrtho.  nro.  piciorep.  suo  spasso  essendo  qui  ari- 
creatione  p.  sublevarsi  dalla  sua  infermità;  con  dua  sua  discipuU^ 
quali  depinsono  quel  historie  de  Sci.  padri, 

E  a  dH6  de  detto  depinst  el  sop.  dscto  frate  Bartho:  quella 
Madonna  della  infermeria  dove  mangiano  linfermi ,  di  sua  p.p» 
mano;  et  essendo  priore  de  Sco.  Marco  fra  Philippù  Strozzi  et  Vi- 
cario di  S.  M.  Magdakna  fra  Ant  2>'  Aradda. 

(E  sotto  ranno  1515.) 
Ricordo  come  quella  adnuntiata  che  è  neW  arco  del  presepio 
è  di  mano  di  frate  Barthotomeo^  et  quella  fu  facta  adi  4  d*  oto- 
br.  1515  sotto  sopradetti  padri,  a  spese  del  sopra  detto  frate  Ro- 
berto Salviati. 

Lib.  III.  cap.  Vili.  pag.  U9. 

Annalìa  Conv.  S.  Marci 
(Articolo  Necrologico  di  fra  Bartolommco) 

foL  S31.  F.  Bartholomeus  PauU  lacobi  de  Florentia  profes- 
SUB  in  Conventu  Pratensi;  sua  aetate  in  pictura  et  prospectiva 
supremum  hcum  tenens,  sicut  testantur  pbtra  opera  ab  eo  facta, 
Fhrentiaet  Lucae,  Pistoni  et  Romae  «  tum  etìam  ad  GaUias  oc 
Flandriam  multas,  tabulas  ab  eo  pietas,  Cum  redisset  ex  balneis 
S.  Philippi  mortuus  est  in  hoc  Conventu  die  6.  Oclobris  1517 , 
cuius  obitus  propter  eximiam  eius  virtutem  in  arte  pictoria,  ma- 


Digitized  by 


Google 


tó4  DOCUMENTI 

gno  fuit  omnibus  deUrimenio Obiti  vero  aetaiis  suae  ann.  48. 

Er€U  autem  Diaconus. 

Noi  abbiamo  scrìtto  esser  morto  fra  Bartolommeo  nella  età  dì  anni 
4S^  per  la  testimomiiisa  del  Vasari,  il  quale  lo  dice  nato  nel  1469,  e  morto 
nel  1517.  Nella  Cronaca  di  S.  Marco  si  dice  morto  negli  anni  46 ,  ma 
sotto  questa  cifra  si  legge  ancora,  abbencbè  cancellato,  il  numero  48. 
Essa  però  non  dice  in  quale  anno  nascesse  il  pittore;  il  perchè  abbiamo 
seguitato  il  Vasari. 

USL;. 

NbcroIìOGio,  ossu  Libro  dei  Morti 
del  Convento  di  S.  Domenico  di  Pistoia  MS. 
Dal  1500  al  1564. 

(Archivio  della  Cancelleria  Yescorile  di  detta  città). 

Frate  Paolino  pictore  figlitelo  di  M.  Bernardino  del  Signo- 
raccio  dipitore  Pistoiese  ^  di  anni  circa  57  morse  a  5  Aore  dinoete 
la  vig.  del  nostro  P.  S.  Domenico.  Fuit  vir  bonus  sin^kx  et 
rectus  defx>tus  UmoratuSf  obediens:  in  arte  sua  non  insegnis,  non 
jnger,  non  tardus^  summopere  diligenSy  et  admodum  peritus  ut 
eius  opera  [ostendunt.  Multa  n.  pinx  adeo  ut  si  enarrare  veìkm 
tabulas  et  quadra  nec  non  rectractus  innumefos  pagina  haec  ad 
scribendum  utique  non  suffieeret.  In  Ecclesia  ut  apparet  nostra 
in  primis  altaris  majoris  aspice  tabulam  viginti  continentem  fgw- 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  425 

Deinde  illa  D.  Augmiinù  Illa  iUm  Annuntiataetpostea  Crucifixi^ 
ultima  illa  Magorum  in  qua  iptemet  piclar  se  teiraxit,  qui  tum 
erat  iriginta  sex  annorum.  Suo  lucro  clausirum  porvtim....  et 
hospitium  fabricare  fecit..*..  Florentiae  in  S.  Marco  quatuordecim 
fere  annis  manisiL  Simul  ab  ipso  vidimus  et  copulavimus  ab  ilio 
tempore  quo  Pistorii'petiit^  ipsumaureos  octingentos  fuisse  lucra- 
tum.  In  omnibus  beniwlus  et  maxime  secularibus.  Ego  qui  modo 
scribOf  ingenue  fateor,  non  solum  in  quatuor  annis  ipsum  in 
confessione  Aoòtfì....  censendum  anima  ipsius  ccslum  evolasse, 
et  hmus  rei  testis  est  dilecta  soror  Chatharina  de  Riccis  quae 
pictori  multum  erat  famUiaris  nec  per  inde  mensis  pertransibat 
uUus  quin  ab  ea  licteras  propriis  manibiu  scriptas,  site  nuncia , 

sive  munera  non  reciperet In  vigilia  S.  lacobi  (ut  morie  est) 

euntibus  fratribus  processionaliter  ad  conventum  S.  Francisci 
prae  nimio  solis  calore  dolorem  capitis  vehementer  c^ectus ,  post 
decima  die  migravit  e  vita.  Sepultus  est  in  Ecclesia  nostra  in  mo- 
numento quidem  luvenum  quia Dicicontu  erat^non  cum  modica  la- 
crimarum  effusione  fratrum  nec  non  et  dvium  et  muUerum. 


Questo  docutnento,  che  ducesti  scritto  in  liogaa  Ottentotta!  ci  venne 
graziosamente  trasmesso  dal  signor  Giuseppe  Tigri  di  Pistoia  quando  era 
sotto  il  torchio  l'ultimo  foglio  della  vita  di  fra  Paolino.  Il  P.  Serafino  Razzi 
trasse  da  questo  il  suo  articolo  intomo  il  Signoracci,  ma  non  esattamente  , 
perciocché  ove  il  Cronista  pistoiese  scrive  che  fra  Paolino  dimorò  nel  con- 
vento di  S.  Marco  di  Firenze  intomo  a  quattordici  anni,  il  Razzi  aggiunge, 
che  il  suddetto  pittore  fu  per  lo  spazio  di  quattordici  anni  sotto  la  di- 
reaione  di  fra  Bartolommeo  della  Porta.  Che  poi  dipingesse  la  tavola  della 
Adorazione  dei  Magi  nella  età  di  trentasei  anni  sembra  non  potersene  dnbi* 


Digitized  by 


Google 


426  DOCUMENTI 

tàtt,  ma    allora  fari  di    metltarì  darla    dipinta  nel  I5S6,  e   non  già  nel 
1599,  come  scrive  il  Tolonwi  nella  Guida  di  Pistoia. 


Libro  III.  cap.  XVII.  pag.  335. 

Monumenta  Restaukat.  Pisanae  Paimat*  Ecclssiae. 

Contratto  degli  Operai  del  Duomo  di  Pisa,  col  P.  Domeaioo 
Portigiani ,  per  il  quale  questi  si  obbliga  a  gettare  di 
bronzo  le  tre  porte  della  suddetta  Cattedrale. 

(Archivio  del  Capitolo.  Miscellanea.  LetL  M.) 
A  dì  22  d'aprile  1597. 

Il  M.  R.  Fra  Damenieo  Portigiani  fiorentino  delT  ordine  à 
Se.  Domenico  f  in  virti*  della  presente  promette  et  si  obbliga  a 
S.A.  S.  et  p.  detta  alti  deputati  dalla  p.  f.  (prefaU)  5.  A.  S.  alla 
restaurazione  del  Duomo  di  Pisa  di  fare  tre  impiallacciature  di 
bronzo  a  tre  porti  che  vanno  alla  d.  chiesa  del  Duomo,  alte  et 
larghe  sdo.  (secondo)  t  lor  vani,  et  battenti ,  come  le  vanno,  neUe 
quaU  vanno  le  appresso  storie  et  altro,  cioè: 

Nella  porta  reale  del  mezzo  otto  storie  con  li  suoi  falsetti  se- 
condo e  modelli  di  legno  messi  a  cera,  consegnati  a  d«  Padre  Por- 
tigiani,  et  oltre  a  ciò  ne  fregi  fra  cornice  et  cornice ,  U  fogliami , 
0  trofei  di  basso  rUievo,  et  le  storie  sono  appresso. 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  427 

1.  La  NttiviUi  cUlla  Madonna  5.  La  VisitatioiM  ài  8.  EltubetU 

%.  La  Presentasione  al  tempio  della  detta  6.  La  Purìficatione  al  tempio 

3.  Lo  Sposalilio  di  e&sa  con  S.  Giuseppe  7.  Quando  fìi  Assunta  in  cielo 

4.  L' Annuntiatione  fatta  dall'Angelo  8.  Quando  fu  coronata  al  Cielo. 

Nelle  altre  dui  porte  vanno  altri  otto  storie  per  porta  ^  oltre 
e  sua  falsetti  con  fogliami  o  trofei^  come  sopra  è  detto ^  che  sono 
te  appresso  j  cioè  per  la  porta  verso  il  Campo  Santo. 

i.  La  Ciativil^  di  N.  Signore  5.  Quando  fu  batteuato  da  S.  Giovanni 

5.  La  Circumcisione  di  esso  6.  Quando  scaccia  i  Farisei  del  tempio 

3.  L*  Àdoratione  dei  Magi  7.  Quando  resuscitò  Lasero 

4.  La  Dispula  coi  dottori  nel  tempio  8.  Quando  entra  trionfante  in  lenualem 

NeWaltra  porta  di  verso  lo  Spedale  Nuovo. 

1.  Quando  N.  Signore  fa  oratione  nell'Orto  5.  Quando  e  levato  in  croce 

%.  Quando  h  battuto  alla  colonna  6.  Quando  è  messo  in  Cr.  in  mpsso  a  ladroni 

3.  Quando  h  coronato  di  spine  7.  Quando  è  sconfitto  di  Croce 

4.  Quando  porta  la  croce  e  incontra  la  madre  8.  Quando  è  sepolto. 

Dichiarando  che  ne  falsetti  dove  li  modelli  hanno  arme  nel 
mezzo  vi  si  faccia  Cherubini  o  Serafini,  o  altro  et  le  arme  si  tra- 
mutino  accanto  alti  stipiti  di  d.  porti  et  a  canto  il  battente  di 
,  mezzo  ^  ne  quali  scudi  di  d.  armi  d.  Padre  Portigiani  deve  metterci 
quelle  armi  o  scrittioni  che  da  essi  Deputati  gli  sarà  ordinato.  Con 
dichiaratione  che  li  guodrt  delle  soprad.  tre  porti  dove  vanno  le  fi- 
gure delle  sopra  notate  storie  hanno  a  essere  figure  di  basso 
rilievo. 

Che  le  forme  delle  cere  da  farsi  dallo  sciUtore  siano  fatte  per 
le  mani  di  buonissimi  maestri ,  i7  lavoro  dei  quali  deva  soddisfare 


Digitized  by 


Google 


428  DOCDMENTI 

et  essere  approvato  da  U.  Gio.  Bologna,  et  da  M.  Raffaele  di  Fo- 
gno architetto  di  S.  A.  S.  o  da  uno  di  essi  loro  almeno. 

Che  esso  R.  P.  Por tigiani  finite  che  averà  dette  tre  impiallaccia- 
ture di  d.  3  porti  deva  venire  con  esse  a  Pisa^et  stare  assistenita 
farle  mettere  et  accomodare  come  hanno  a  stare ,  ma  la  spesa  del 
legname,  bilichi,  et  trapanatura  di  essi  bilichi  attenga  alla  fabbrica. 

Che  li  predetti  Deputati  Steno  obbligati  consegnare  posto  in 
Firenze  al  pred.  p.  Portigiani  posto  in  sua  bottega  a  tutte  spese 
della  fabbrica,  e  tutto  il  metallo  che  per  dette  tre  impiallacciature 
di  d,  3.  porti  vi  andasse ,  col  farli  buono  il  caio  di  dieci  per  cento 
di  quello  peseranno  esse  tre  impiallacciature  finite  che  sieno  se- 
condo il  solito. 

Che  il  lavoro  di  esse  impiall.  deva  essere  ben  fatto ,  pulito  et 
netto,  et  in  ogni  caso  di  differenzia  fra  il  pred.  P.  Portigiani  et 
d.  Deputali,  dichiarono  <f  accordo  che  ne  levino  gituiici  M.  Gio» 
Bologna  et  M.  Raffaello  Pagno  architetti  di  S.  A.  5. 

Per  fattura  delle  quali  3  impiallacciature  deccino  essi  Depu- 
tati pagare  al  pred.  fra  Domenico  Portigiani  Scudi  duamikt  du- 
genio  di  L.  sette  per  scudo  in  Firenze,  et  per  sei  mesi  proximi 
deccino  farli  pagare  A  (ducati]  cinq.  il  mese,  et  passati  li  sei 
mesi  a  proportione  secondo  il  lavoro  farà  alla  giornata,  e  il  conto 
interamente  saldarli  quando  ne  consegnerà  finite  le  dette  3  tm- 
piallacc.  le  quali  3.  impiallacc.  di  esse  tre  porti,  il  R.  P.  Porti- 
giani  resti  obligato  et  così  in  virti^  della  presente  si  obliga  conse- 
gnarle a  predetti  Deputati  in  Firenze,  et  quivi  da  essi  devono  es- 
sere accettate  fra  il  termine  di  anni  dui  proximi  avvenire,  da  in- 
cominciare al  primo  maggio  prox.  del  presente  anno  et  seguire, 
anzi  finire  come  segue. 


u 


Digitized  by 


Google 


DOCDMENTl  429 

Per  osservanza  delle  predette  cose  il  Padre  fra  Domen.  Por- 
iigiani  et  Z anobi  di  Girol  Porligiani  suo  nipote,  insieme  et  in 
solido  promettono  et  si  obligano  a  quanto  in  questa  si  contiene , 
et  per  contro  li  predetti  Deputati  in  virtù  d'ogni  loro  autorità 
datali  da  S.  A  S.  obligano  al  d.  P.  Doth.  Portigiani  l'opera  del 
Duomo  di  Pisa,  sua  beni  presenti  et  futuri  per  il  mantenimento 
di  quanto  di  sopra  è  narrato ,  con  protestatione  che  non  s' inten- 
dino  obligati  essi  né  e  loro  beni  propri. 

Et  in  fede  del  vero  la  presente  con  una  copia  simile  sarà  sot- 
toscritta dalle  dette  parti  di  loro  propria  mano  questo  di  et  anno 
sopra  rf*.  — 

Io  fra  Domenico  Portigiani  sopra  scritto  mi  obligo  a  quanto 
in  questa  si  dice  et  in  fede  ho  sottoscritto  di  mia  propria  mano 
questo  dì  detto  in  Pisa. 

Io  Z anobi  Portigiani  soprascritto  mi  obligo  a  quanto  in  questa 
è  scritto,  e  in  fede  ho  sottoscritto  di  propria  mano,  questo  di 
rf*.  in  Pisa  — 

Libro  HI.  cap.  XVII.  pag.  339. 

Annalia  Gonv.  S.  Marci. 

(Artìcolo  Nccrologico  del  P.  Dom.  PortigiaDÌ.) 

fol.  264.  F.  Dominicus  Portisianus  hujus  ctus.  filius  Dei  sa- 
cerdos,  pietate  gravitaleque  non  modica  a  natura  dotatus  fuit,  et 


Digitized  by 


Google 


430  DOCUMENTI 

ii  non  admodum  Uckris  excuUu$;  (amen  prudentia,  et  tnoriftus 
religioiiSf  quo$  eum  banitaU  precipua  comuiurtì,  amatìu  eroi, 
ita  ut  Magister  Novitiorum  in  hoc  nostro  Ccsnobio  deligeretur^  tt 
a  confestionibu»  MoniaUum  S,  Dominici  et  alibi  preponeretur; 
atque  iupprior  hic  et  alibi  comtitueretur.  Sed  cum  genitoris  sui 
n%agisterio  in  seatio  adkuc  puer  didicisset  artem  fusoriamy  et 
iam  reUgiosus  factus,  successims  horis ,  etiam  Vitnwii  kctiombui , 
et  Baptistae  Leonis  Alberti  arehitecèorum  exeellentium  swsumpere 
delectaretur ,  in  eam  professionem  artis  fìuoriae  et  architectonicae 
evasit  ut  famosissimus  inter  ahos  htgus  artis  professores  eofsnh 
sceretur.  Eum  etenim  Serenissimus  Dux  noster  misisset  Regi 
EtKyopiae  (q%um  Prete  Ioannem  dicunt)  htguscemodi  artium  di- 
rectorem  et  magistrum,  si  hic  Pater  consensum  prebuisset.  Fé- 
rum  hic  Pater  ^  ut  architectus ,  multa  aedi/ieia  vel  coOopsa^  mt 
lapsui  proxima  confirmavUf  aut  denuo  erexit;  et  ut  fusoriae  ar- 
tis magister,  multa  instrumenta  aut  ad  sonum  edendum,  aut  ad 
globos  igneos  emittendos  apta^  aut  ad  omandum  constructionei 
aedium,  aut  fontium^  sive  aqueductuum  diligenti  oc  pulita  arie 
fudit.  Tabulas  quoque  aeneas  semiplenas  (bassi  rilievi],  imo  et 
ipsas  statuas  lepido  artificio  edebat,  Inter  quae  appositae  et  affixùe 
cemuntur  in  mirabili  ilio  sacello  Divo  Antonino  sacro  in  ecclesia 
nostra  S.  Marci,  sed  etiam  alibi  quorum  longa  esset  enarratio. 
Hoc  solum  sat  sit  recensere,  quod  ejus  mirabili  artificio  vahae  et 
liminaria  trium  portarum,  et  portae  ipsas  majoris  ecclesiae  etri- 
tatis  Pisanae  elaboratae  sunt.  Et  si  non  ad  perfectionem  de- 
duxerit,  morte  preventus,  relieto  discipulo  suo  qui  ea  omnia  fedi, 
et  suo  loco  ejus  nomine  collocavit.  Al  ipse  Magister  ob  nimiam 
defatigationem  et  animi  anxietatem  in  his  deducendis,  et  propter 


Digitized  by 


Google 


DOCUMENTI  431 

nimiam  oc  frequentem  ad  ignem  approximationemy  iam  iam  in- 
grave$cenU  aetate^  et  dum  stripsius  nulla  cura  gereret,  lapUlos 
fnuUo8  in  urinaria  vesica  contraxit.....  tandem  mciximis  doloribus 
deteniuSf  petitis  et  devote  susceptis  Sacramentis,  diem  clausit  extre- 
mum ,  anno  aetatis  suae  65/  et  post  habitus  susceptionem  SO,  die 
5.  februarii  ann.  1601;  et  sepuUus  est  apud  nos  in  ecclesia. 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


filDNTB  E  GORIEnONl. 


EMenilo  decono  ub  «ino  dalla  pubblìcatione  del  1*  volarne  a  quella 
del  ÌV*,  si  sono  in  questo  mentre  rinvenute,  altre  notiaie  che  ofinano  ai  no- 
stri leggitori. 

ir#IjlJIIE  rWOBBM. 

Lib.  /,  cap.  2,  pag.  41,  nota  2. 

Meglio  riscontrata  la  Guida  di  Firenze  del  signor  Federico 
Fantozziy  fa  rinvenuta  esattissima  in  ciò  che  s|>etta  alla  costru- 
zione del  Ponte  alla  Carraia. 

/(uf.»  càp^  F,  pag.  84,  nota  1. 

n  eh.  marchese  Davia  aveva  di  già  corretto  Terrore  di 
quella  data,  nella  seconda  edizione  delle  sue  Memorie  intorno 
V Arca  di  S.  Domenico;  che  è  a  dire,  innanzi  la  pubblicazione 
di  questo  nostro  lavoro.  Vedi  F  edizione  bok^inese  del  1842, 
tipograf.  Slarsigli ,  pag.  40,  45 ,  e  nota  23. 

/òid.,  pag.  85,  linea  6. 

In  luogo  di  quelle  parole:  solo  nei  primi  del  1266,  l^fgi: 

solo  nel  1265.  . 

11.  28 


Digitized  by 


Google 


4:U  GIUNTE  E  CORREZIONI 

Ibid,,  cap,  VI,  pag.  94^. 

II  eh.  sig.  Michelangiolo  Gualandi  lia  pubblicata  l'intiera 
Convenzione  fra  il  Legato  Gio.  Batta.  Savelli ,  il  MaesUrato  di  Bo- 
logna e  lo  scultore  Niccolò  di  Puglia  per  i  lavori  del  coperchio 
deir  Arca  di  S.  Domenico.  Ha  la  data  del  20  luglio  1^9.  Vedi 
Memorie  originaH  liatieme  ntgnetrdemH  le  Belle  Ani,  Bolo- 
gna 1844,  Serie  V. 

Ibid.,  pag.  99,  linea  14. 
Ove  dice:  metri  d,  IM^leffi:  fmmi  0,  e.  60. 
Ibid.,  cap.  Vili,  pag.  1:28. 

In  alcune  Memorie  MSS.  ddl'  archivio  Ercolani  di  Bologna 
ii  signor  Vinoenao  Vaniinii  rnvemc  il  nome  di  parecchi  arte- 
fici DomciiicMiL  II  primo  è  un  fra  Douenico  Bolognese»  che  nel 
testamento  di  Pietro  q.  Pietro  Martini»  è  detto  Ingegnerò,  e  fu 
uno  dei  testimonj  alla  consegna  del  detto  testamento.  Ne  è  me- 
moria negli  Annali  Domenicani  di  Bologna  sotto  il  giorno  24  mag- 
gio 1290,  V.  pag.  100.  Costai  può  avere  avuto  parte  alla  fabbrica 
della  primitiva  chma  che  fu  eseguila  con  disegno  di  Niccola 
Pisana.  L'altio  é  F  architetto  fra  Evangelista  Marani,  il  quale 
fece  un  disegno  éeà  portico  innanzi  la  diiesa  iM  8.  Domenico; 
disegno  tuttavia  esistente  neir  archivio  CMlrale  del  DemaakK 
Trovò  pure  memoria  di  fra  Bartolommeo  da  Vigevano  e  fra 
Gfcrolamo  de'  Mamolini,  i  quali  negli  anni  1466  e  1467  come 
capi  muratori  operavano  MUa  fiabbrica  deUa  biblioteca  e  del 
convento. 


Digitized  by 


Google 


GIONTE  E  <X»lRBZ10Nf  435 

ìbid.f  cap.  XIII,  pag,  207,  linea  12. 

Nella  Cronaca  del  convento  dì  S.  Spirito  de'  Predicatori  in 
Siena,  si  legge  la  seguente  notizia  intorno  fra  Eustachio  minia- 
tore. Anno  Domini  MDIf .  tempore  quo  huius  eonventus  prior  erat 
9Ìr  R.  Dom.  praier  MaUUesia  Saeromarus  de  Àrimimo^  Antvpkth 
narium  de  Sanctis  m  duohue  vohnninibus^  quod  plurei  ante  per 
annos  scribi  ceptum  fuerat  expensis  fratrum,...,  prò  quo  miniando 
atque  ligando  in  hunc  conventum  ascittu  est  fr.  Eustachiìis  con- 
wrsm  d%  Fhrentia,  qui  non  ipsum  moébo  Ubrum^  sed  tam  chori 
quam  Sacrarii  omhes  pene  Kbrès  restituit.  F.  Chronaca  Conv. 
S.  Spiritta  de  Senis  «Imi  Ord.  Pr^dkat.  Anno  Domimiim  Inoetr- 
nation.  MDIX  inehoa${t  pag.  14,  m  voi.  in  fot.  MS.  n^'  Archì- 
Tìo  dell'Opera  del  Duomo  di  Siena.  Notìzia  eonHnicataci  dal 
9ig.  Gaetano  Milanesi.  I  libri  oorali  del  suddetto  Convento  mi- 
niati da  frate  Eustachio  più  non  esistono. 

Libro  II,  cap.  IV,  pag.  243,  Unsa  S. 

—  soli  rèci  fissi ,  —  leggi  :  soH  Crocifissi. 

Ibid.      > 

—  THale  nm  usciva  —  leggi:  Vitale  quasi  mai  non  usciva. 

Ibid.y  cap.  F,  pag,  261,  linea  14. 

Presso  gli  eredi  del  sig.  Giovanni  Metzger  in  Firenze^  sono 
j  lucidi  di  questo  gradino.  Rappresenta  un  Cristo  risorto,  e  nella 
parie  inferiore  una  schiera  di  Angioli  che  suonano  diversi  stru- 
menti. Venni  accertato  che  il  sig.  Metzger  comperò  questo  gra- 


Digitized  by 


Google 


436  GIDNTE  E  CORREZIONI 

dino  dell'  Angelico  per  700  scudi,  é  lo  vendette  al  sig.  Valcn- 
tini  per  900. 

Ibid.,  pag.  269,  linea  21. 

La  tavola  dell'  Angelico  rappresentante  la  Incoronazione 
deUa  B.  V.  che  è  nella  Galleria  degli  Dffizj,  non  proviene  dalla 
Certosa,  ma  dalla  cliiesa  di  Santa  Maria  Noova. 

Ibid.,  cap.  VII,  pag.  310,  ittica  24, 

L*  annotatore  e  traduttore  del  Saggio  ituarno  Lionario  da 
Vinci  di  E.DBLÌGLDZB  (Siena  1844)  congettura  con  molta  ra- 
gione che  le  tre  piccole  storie  che  adomano  i  cupidi  della  De- 
posizione  di  Croce  del  beato  Angelico,  siano  opera  di  D.  Lorenzo 
monaco  Camaldolense;  e  che  perciò  fra  F  Angelica  e  Don  Lorenzo 
passasse  stretta  emkizia  e  frateilanta  artistica.  Vedi  pag.  87,  in 
nota. 

Ibid.,  cap.  Vili,  pag.  336,  linea  23. 

Le  due  tavole  dall'  Angelico  dipinte  per  la  chiesa  di  S.  M« 
sopra  Minerva  in  Roma,  si  crede  esìstano  tuttavia  nella  chiesa 
medesima,  ma  ricoperte  da  lele  colorite  da  mediocre  pittore* 
forse  per  celarle  agli  evidi  depredatori  nei  tempi  della  disper- 
sione dei  religiosi.  Desideriamo  ch^  venga  chiarito  questo  dobbio. 

Sommario  dei  Dipinti  di  fra  Gio.  Angelico  j  pag.  347.  Dopo 
la  pubblicazione  del  1**  volume  di  queste  Memorie,  ci  sono  ve- 
nuti a  notizia  i  seguenti  dipmti.  —  Firenze,  presso  gli  eredi  del 
sig.  Gio.  Metzger  7  tavolette:  cioè,  due  sportellini  di  un  Tritico, 
in  uno  dei  quali  è  la  salita  degli  eletti  al  cielo;  e  nelT  altro  la 


Digitized  by 


Google 


GIUNTE  E  CORREZIONI  437 

discesa  dei  daDtiati  DeU'inrenio.  —  Un  S.  Tommaso  di  Aquino 
che  ricefe  il  cingolo  dagli  Angioli.  —  Un  S.  Pietro'  martire.  — 
In  dne  tavolette,  due  Angioli  bellissimi,  ora  passati  neUa  R.  Gal- 
leria di  Torino.^ Un  presepio  stato  ridipinto.  Forse  appartiene  al* 
r  Angelico  una  B.  Y.  col  Figlio  in  braccio,  ma  per  essere  troppo 
ricca  di  fregi  e  troppo  aggraziata  nelle  vestimenta,  non  oserei  ac- 
certarlo.— Nella  Gallerìa  del  sig.Ugobaldi  in  Firenze,  è  una  tavola 
con  il  nrartirìo  de*SS.  Cosimo  e  Damiano,  in  piccole  figure.— Il 
sig.  Achille  Sandrini  possiede  delT  Angelico  una  tavola  di  medio- 
cre grandezza,  con  entrovi  la  Vergine  col  Figlio  in  braccio,  molto 
bella  e  devota;  alquanto  ritrae  da  quella  che  sul  muro  dipinse 
io  stesso  artefice  in  un  dormentorio  di  S.  Marco.  —  Roma. 
Nella  Galleria  del  fu  conte  di  Bisenzio,  una  B.  Y.  col  Bambino, 
circondato  da  alcuni  angidi  e  santi;  alta  p.  1 1,  larga  }$.  —  I  di- 
pinti che  sono  in  Hontefalco  presso  i  RR.  PP.  Francescani,  da 
alcuni  attribuiti  aU'  Angdico,  ftirono  da  altri  reputati  opera  di 
Benozzo  Gozzoli.  —  In  Civitella  di  Romagna  nel  Santuario  della 
Suasia,  si  venera  una  Immagine  miraéblosa  di  Maria  SS."^  col 
divin  Figlio,  colorita  sul  muro.  Una  tradizione  popolare  attribui- 
sce quel  dipinto  ad  un  artefice  Domenicano,  e  molti  sono  di  av- 
viso che  sia  opera  del  beato  Giovanni  Angelico.  Da  una  debole 
incisione  trasmessaci  di  Civitella,  non  abbiamo  potuto  chiarire 
questo  dubbio;  né  d'altronde  esistono  documenti  in  favore  di 
quella  opinione. 

Ibid.,  cap.  X,  pag.  363. 

Il  eh.  Prof.  Resini  scrive,  esistere  tuttavia  in  Mantova  di 
mano  di  fra  Gerolamo  Monsignori,  una  Vergine  dipinta  a  fre-v 


Digitized  by 


Google 


438  GtUNTS  £  CORRCZiONI 

900,  di  forme  grandiose  e  di  stile  Mwrtogtttsca  Fq  data  ificisa 
ed  iUusirata  dal  coate  Carlo  d*Arco,  neU' opera,  I  Momtmmti  di 
Mant(ma  lUmiroU,  voL  III»  pag.  321  RosiiUt  Skxrim  éeUm  Pit- 
tura lial.,  ToL  IV,  P.  k,  capi  94,  p^.  I9k 

Ibid.,  pag.  365. 

La  eo|Ha  del  Cenaecdo  di  Leonardo  fatta  da  fra  Geitriamo 
Monsignori,  scrive  il  conte  D'Arco^  fosae  rendala  ad  on  francese 
per  il  prezzo  di  13  Inigi;  p  soggiunge,  cbe  il  pittore  Domenicano 
avea  in  questa  copia  mutato  il  fondo  del  quadro,  convertendo  la 
sala  in  un  atrio.  Vedi  loc.  cit  pag..  10»  in  nota. 

Appendice. — Pittori  in  vetro.  Gap.  XIII^  pag.  390,  in  fine. 

Il  Vallancoli  [Annali  Pi$anh  voL  I,  pag«  kSB)^  citando  il 
Tronci  scrive,  che  la  invetriata  del  coro  di  S.  Caterina  da  Pisa 
fu  opera  di  un  converso  Domenicano  Polacco»  per  nome  Andrea, 
come  si  leggeva  appiè  di  essa.  Vi  era  eziandio  V  arme  dei  Ma- 
stìani,  onde  può  facilmente  dedursi  cbe  quella  bmiglia  ne  facesse 
le  spese.  Di  tale  notizia  siamo  ddHitori  all'amiciiia  del  ch.8ig.PKof. 
Cav.  GroitaneUi. 

Ibid.,  pag.  kO± 

Crediamo  far  cosa  grata  ai  nostri  le^itori  riportando  aj^ 
cune  notizie  di  fra  Barlolommeo  di  Pietro,  perugina,  autore 
della  bella  invetriata  del  coro  di  S.  Domenico  di  Perugia,  rac- 
colte dal  eh.  Profess.  Gio.  Batta.  Vennigliolì,che  gentilmente  ce 
le  comunicò  con  sua  del  21  aprile  1845.  ^  Nota  marginale  di 
mano  del  sig.  Gio.  Batta.  Vermiglioli,  apposta  alla  pag.  30  della 


Digitized  by 


Google 


GICNTB  E  CORREZIONI  439 

AcfcrisioAi  dsUa  Chiesa  di  S.  Domenico  di  JNru§iay  dopo  le  pa- 
rote  B€iriohmeo  éi  Pietro. 

«  Si  «cede  oooMuwineiite  che  qoil  fra  Bartoiomeo  di  Pietro, 
di  Perugie,  il  quale  Cbco  qvella  gran  finestra,  e  del  qvale  parla 
riscriiìODe  posta  a  pie  della  medesima,  fosse  della  famigUa  Gra- 
ziaoi  di  Pervgia,  e  che  alla  medetrima  faadiglìa  spetti  1  naiile* 
mmento  della  stessa  inr^ìala.  Questa  fii  sempre  V  opinione  te- 
nuta in  Perugia;  ma  il  P.  Boarini  Doroesicatio,  dalle  memorie 
del  convento  di  Perugia  raccolse  un  giorno,  che  il  Frate,  autore, 
e  fors' anche  semplice  promotore  di  qiella  grande  opera,  fosse 
un  n*ate  Bartolomeo  di  Pietro  di  Vanni  Accomandoni  perugino, 
Oomeoicano  anch'esso,  di  cui  si  trovano  memorie,  che  dimorava 
in  detto  convento  nel  1370,  quando  Pietro  suo  padre  bot  testa- 
mento, nel  quale  è  aommato  anche  Bartolomeo  con  altri  suoi 
fratellL  Goal  frate  B^^tolomeo  è  nominaAo  in  un  lodo  gittdì2iale 
del  di  1  ottobre  1383,  per  rogito  di  Cola  di  Michele  notaro  pe- 
rugìBOu  Viveva  similmeiite  nei  1415,  in  cui  nel  mese  di  ottobre 
convenne  per  Istrumento  perchè  si  facesse  una  Cnestra  di  vetro 
nella  Sacrestia  della  chiesa  di  S.  Domaùoo  di  Perugia;  e  da  que- 
ste notizia  può  congetturarsi  che  fosse  V  autore  anche  del  gran 
Gnestrone  nd  coro  lavorato  solamente  cinque  anni  prima,  come 
si  deduce  dall'iscrizione;  e  può  credersi  eziandio  che  Bartolomeo 
di  Pietro  di  Vanni  fecesse  quella  grande  opera  con  il  disegno  di 
Benedetto  da  Siena,  di  cui,  come  autore  di  altre  opere  ndlla 
stessa  chiesa  di  &  Domenico  di  P^ugta,  è  ricordanza  in  quella 
medesima  Descrizione.  Ciò  posto,  sembra  che  lo  stemma  della  fa- 
Duglia  Oraziani  vi  fosse  posto  unicamentQ  perchè  V  aitar  mag^ 
giore  dirimpetto  allo  stesso  finestrone  era  la  cappella  di  delta 


Digitized  by 


Google 


440  GIUNTE  E  CORREZIONI 

famiglia,  sotto  il  titolo  di  S.  Giacomo,  e  perchè  la  stessa  fomi- 
glia  fece  a  sue  spese  il  presbiterio,  come  si  nota  nella  stessa  De- 
scrizione alla  pag.  21.  In  segaito,  Pier  Antonio  Graziani  con  sno 
testamento  lasciò  on  legato  annuo  per  il  mantenimento  di  detta 
finestra,  del  presbiterio,  e  del  coro;  ed  in  seguito  Astorre  Gra- 
ziani nel  1574,  nel  di  1  di  aprile,  fece  transazione  intorno  a 
quel  legato,  ed  il  Capitano  Felice  Graziani  con  lo  sborso  di 
100  fimni  liberò  la  sua  famiglia  da  questo  legato,  b 

Lib.  II,  cap.  XI  r,  pag.  413. 

Di  un  valente  frfttocQ  di  vetri  Domenicano  nativo  di  Siena,  ba 
di  recente  rinvenute  copiose  notizie  nell'Archivio  dell'Opera  del 
Duomo,  il  eh.  sig.  Gaetano  Milanesi.  Riporteremo  per  intiero  i 
documenti  che  esso  ci  ha  favoriti.  —  In  un  libro  intitolato:  Pi- 
gioni  e  FiUi  de'  Beni,  dal  1349  al  1404,  a  carte  195,  si  legge: 
Jnno  1404  Memoria  chome  frate  Ambruogio  di  Bindo  de  frati  di 
Sco.  Domenico  da  Sien%  a  tolto  da  noi  Chaterino  di  Chorsino 
hoparaio  e  da  smi  chonsigUeri  a  fare  due  finestre  di  vetro  poste 
luna  a  chapo  Idltare  e  chappelh  di  sco.  Sano  (S.  Ansano),  e  F al- 
tra a  chapo  la  cappella  e  altare  di  sco.  Vettorio  a  ogrU  sua  spesa 
dogni  e  ciasckuna  chosa  così  vetri,  piombi  e  ogni  altra  ckosa, 
facte  et  poste  a  ogni  sua  spesa  ne'  de-,  (detti  )  luoghi  per  prezzo  et 
nome  di  prezzo  di  fior,  due  e  mjzxo  dora  in  fino  tre  per  braccio 
non  varcando,  come  dirà  e  piacierà  a  giovanni  pucci  ritagliare,  e 
giovanni  di  donato  chariaio  mezzani  al  detto  mercato.  Ancho  chel 
dco.  frate  Ambruogio  debba  fare  per  lo  dco.  prezzo  di  sopra  a  le 
dee.  finestre  la  rete  di  rame  e  acanciarla  e  porla  al  dco.  lavorio, 


Digitized  by 


Google 


GIUNTE  E  CORREZIONI  kki 

e  noi  gii  dmamo  dare  e  ferri  e  ponti  facti  a  k  decte  fineare^  e 
uno  manuak  quando  porrà  el  (fedo  lavorio. 

Menuniah  di  NaUagio  di  Francesco^  Scrittore  deV  Opera  — 
1404  a  carte  12.  Frate  Ambrogio  di  hindo  de  frati  di  Camporeggi 
[S.  Domenico]  che  fate  finestre  del  vetro  a  capo  Pattare  diSancto 
Savino  e  di  Sancto  Tettorio. 

Memoriale  di  Antonio  di  Giacomo  — 1409.  e.  66.  Frate  Am- 
brogio di  binda  de  frati  Predichatori  die  bavere  adi  XXIII  di 
marxo  fiorini  ventidue  p.  una  finestra  di  vetro  fighurata  a  fighure 
grandi  sopra  la  chapella  di^Santo  bastiano. 

(Archivio  dello  Spedale  della  Scala)  —  Quaderno  di  Frate 
Nello  di  Ser  Giovanni — e.  27.  nam.  antico,  e  92.  moderno.  Me- 
moria che  adi  XXII II  di  aprile  1411 ,  noi  f  Ghuglielmo  di  Mar- 
tino Sagrestano  de  lo  spedale j  e  frate  Nello  di  ser  Giovanni^  Scrit- 
tore dello  spedale ,  faciemo  chonpositione  e  patti  chon  frate  Am-^ 
hrtiogio  di  binda  de' frati  di  Champoreggi  in  questo  modo:  chesso 
i  debba  dare  fatte  due  finestre  di  vetro  e  di  piombo  e  stagnio,  ed 
tgni  altra  chiosa  apartenente  à  esse  finestre  dare  fatte;  salvo  che 
'a  rete  dovianw  fare  far  noi  ^  ed  ancho  i  feri  che  bisognaranno  p, 
fumare  esse  finestre  doviamo  fare  noi:  e  desso  lavorio  deba  avere 
dogni  braccio  di  quadro  fiorini  1^.  sanese^  e  ptu  gli  dobiamo  dare 
infino  a  uno  mezo  quarto  doglio ,  e  ptu  gli  dobiamo  dare  il  vetro 
che  bisogniarà  a  esse  finestre  dogni  fatta  ^  e  dobiamo  gligli  (sic) 
contiare  soldi  5.  den.  6.  Ubra.  E  non  deba  fare  niun  altro  lavorio^ 
se  non  a  fornite  le  dette  finestre.  E  perchè  ne  le  dette  finestre  vi 
vogliamo  fare  armi^  gli  dobiamo  fare  el  di^egnio.  E  più  p.  le  dette 
armi  che  vi  voliamOf  e  di  prima  non  erano  state  chontie^  rimasse 
chpntento  a  quella  discretione  para  af.  Ghuglielmo:  e  debialipre- 


Digitized  by 


Google 


442  GIUNTE  E  CORNBZIQNI 

stare,  fior,  tre  sanesi  al  presenUt  a  sehontiare  poi  de  la  iomma 
che  doterà  avere. 

Di  questo  Frate  Ambrogio  di  Btndo  aon  Ai  rìnTennto  il  nome 
Bel  Necrologio  del  conr.  di  S.  Domenico  della  città  di  Siena , 
né  eziandio  nella  Cronaca. 


Digitized  by 


Google 


GIUNTE  E  CORREZIONI  W3 


Libro  III,  Cap.  Ili,  pag.  84. 

In  luogo  di  quelle  parole  :  mi  termine  del  tuo  reggimento , 
cioè  ne/lSOG.  —  leggi:  nei  primi  mesi  del  stu>  reggimento ,  cioè 
intorno  il  1505. 

Und.  Cap,  X,  pag.  205  in  nota. 
Id  Yece  di  un  anno  e  mezzo, — lèggi:  un  anno  e  quasi  tre  mesi, 

ibid.  Cap.  XIV,  pag.  Wi,  linea  9. 
svariate  sbellezze.  —  lèggi  :  svariate  beUexxe. 

ibid.  Cap.  XX,  pag.  376  in  nota. 

VIUTANDO  —  leggi:  AIUTANDO. 

ibid.  pag.  377  in  nota, 
diviso  —  leggi:  divisò. 

ibid.  pag.  380,  linea  23. 
dopo  Agnelli ,  —  leggi:  dopo  T  Agnelli. 

FINE. 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


km 


IWDICE. 


LIBRO    TERZO 

Capitolo  L  Proemio.  Fra  Bartolommco  della  Porta.  Paj.    .    1 

Capitolo  IL  Origine,  patria  e  studi  di  frale  Barlolommeo 
della  Porla.  —  Vicende  della  sua  giovinezza, —  Dipinti 
di  questa  prima  epoca ...*.*     ti 

Capitolo  IILFra  Bartolommco  per  le  preghiere  degli  amici 
e  dei  religiosi  ritorna  alla  pittura.  —  Instittiisce  Mariotlo 
AJbertinelli  tutore  del  fratello-  —  St  dà  novameule  allo 
studio  e  alla  imilaicione  di  Lionardo  da  Vinci, —  Stringe 
amicizia  eoo  Kaflaello  da  Orbino.  —  Dipinti  eseguili  sotto 
la  influenza  di  questi  due  cdcbri  pittori.  —  Pregi  di 
questo  auo¥0  perìodo  della  carriera  artistica  di  fra  Bar- 
tolommco della  Porta ,    .     »    .    32 

Capitolo  IV-  Viaggio  di  fra  Bartolommco  in  Venezia.  — 
Dipinto  che  vi  loglio  ad  eseguire.  —  Suo  ritorno  in  Fi- 
YGnze.  —  Nuova  società  con  Mariotlo  AlbertinellL  — 
Discioglimento  di  della  società M 

Capitolo  V.  Fra  Barlolommeo  della  Porta  seguita  più  stret- 
tamente il  metodo  dei  Veneziani,  —  Pregi  e  difetti  di 
questa  sua  nuora  maniera.  —Dipinti  che  le  apparten- 
gono .     , ,    -    <    .    80 

riàPiTOLO  VL  Fra  Barlolommeo  in  Roma-  —  Chi  fosse  fra 


Digitized  by 


Google 


M6  INDICE 

Mariano  Petti  per  il  quale  questo  pittore  colorisce  due 
grandi  tavole. —  Prende  a  segakare  Michelangiolo  Buo- 
narroti.—  Ritorna  in  Firenze. —  Dipinti  di  questa  quarta 
ed  ultima  maniera Pag.    95 

Capitolo  VII.  Fra  Bartolommeo  si  reca  in  Lucca ,  in  Pi- 
stoia  f  in  Prato.  —  Dipinti  esefuiti  per  queste  città.  — 
Reduce  in  Firenze,  si  trova  presente  alla  venuta  di 
Leone  X.  -^  Per  cagione  <li  salute  si  porta  novamenle 
in  Pian  di  Mngnone  e  a  Leccelo 116 

Capitolo  Vili.  Ulthni  dipinti  di  fVa  Bartolommeo.  ^  Sua 
morte  «  suo  elogio.  Suoi  disegni  e  suoi  allievi  ....  Ii2 

SoMMAiito  dei  dipinti  di  fra  Bartolommeo  della  Porta.    .    .158 

Capitolo  IK.  Fra  Giovanni  Giocondo,  veronese,  Architetto, 
Ingegfiere  e. Antiquario 166 

Capitolo  X.  Fra  Marco  Pensaben  e  Fra  Marco  Maraveja, 
Pittori  veneziani.  ^  Si  disamina  e  si  confata  una  opi- 
nione del  P.  Federici  intomo  il  primo  di  questi  ar- 
tefici   199 

Capitolo  Xf.  Di  fra  Guglielmo  di  Marcillat,  celebre  colo- 
ritore di  vetri,  Architetto  e  Pittore.  —  Sue  opere  in 
Roma,  fn  Cortona ,  in  Arezzo,  e  in  Perugia 211 

Capitolo  Xn.  Del  Pittore  Ara  Paolino  da  Pistoia,  discepolo 
di  fra  Bartolommeo  della  Porta ^G 

Capitolo  XIIL  Di  fra  Damiano  da  Bergamo ,  rarissimo 
intarsiatore.  —  Sue  opere  tn  patria ,  in  Botogna  e  al- 
trove —  Suoi  discepoli 247 

(Rapitolo  XIV.  Di  alcuni  Artefici  minori  spettanti  al  se* 
colo  XVI 277 


Digitized  by 


Google 


INDICE  447 

Capitolo  XV.  Di  suor  PlautiUa  Nelli,  pittrice  Domenicana, 
e  di  altre  religiose  dello  stesso  Istituto  che  coltivarono  la 
pittura,  la  miniatura  e  la  plastica,  in  Firenze,  in  Prato 
e  in  Lucca  .    •    . Pag.  286 

CAPitOLo  XVI.  Del  P.  Ignazio  Danti,  Matematico,  Cosmo-    ' 
grafo,  Ingegnere  e  Architetto 301 

Capitolo  XVII.  Del  P.  Domenico  Portigìani,  yalentissimo 
Fonditore  in  bronzo,  e  Architetto   ......./  326 

Capitolo  XVIII.  Del  P.  Domenico  Paganelli  dà  Faenza, 
Architetto  ed  Ingegnere  cÌTÌle 342 

Capitolo  XIX.  Del  P.  Giovanni  Battista  Mayno,  Pittore 
spagnuolo,  e  del  P.  Giovanni  André,  Pittore  francese     .  353 

Capitolo  XX.  Del  P.  Vincenzo  Maculano,  Cardinale  di 
Santa  Chiesa;  e  di  alcuni  altri  Architetti  e  Ingegneri  ci- 
vili e  militari;  con  i  quali  si  conducono  le  presenti  Me- 
morie fino  al  secolo  XIX 361 

Capitolo  XXI.  Orìgine  delle  presenti  Memorie,  ed  Epì- 
logo. .    .    i    .    .    . 378 

Illustrazioni  di  alcuni  Dipinti  dell'I,  e  R.  Galleria  dell'Ac- 
cademia Fiorentina 385 

DOCUMENTI 405 

Giunte  e  Correzioni 433 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


Digitized  by 


Google 


/: 


Digitized  by