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Full text of "Gl'ingegneri militari che operarono o scrissero in Piemonte dall' anno MCCC all' anno MDCL"

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n. 


THE  LIBRARY 

OF 

THE  UNIVERSITY 

OF  CALIFORNIA 

LOS  ANGELES 


P  ilo  /Vi  t  £ 


4H 


GL'INGEGNERI  MILITARI 

THE    OPERARONO    0    SCRISSERO 

IN  PIEMONTE 

DALL'ANNO    MCCC    ALL'ANNO    MDCL 

NOTIZIE  R-\CCOLTE 

Dà 

CARLO    PROMIS 


S7/ 


AVVERTENZA 


Dopo  le  vite  de'  Ire  ingegneri  Girolamo  Maggi,  Muzio  Oddi, 
Francesco  Paciolto  vO,  e  dopo  quelle  de  Bolognesi  e  de'  Mar- 
chigiani (^\  vengo  ora  agi'  ingegneri  nati  o  no  in  Piemonte,  ma 
qui  operanti  dal  principio  del  xir  secolo  alla  metà  del  xvii. 
Premetto  le  notizie  deglingegneri  costì  vissuti  nel  tre  e  quat- 
trocento con  quelle  di  coloro,  che  minori  essendo,  o  poche  opere 
avendo  qui  condotto,  od  anche  per  ingiusta  dimenticanza,  non 
son  guari  ricordati  dagli  scrittori  e  dai  documenti.  Seguon  le 
vite  di  coloro  pei  quali,  vissuti  in  età  meno  da  noi  remota,  mi 
fu  possibile  raccogliere  più  estese  notizie. 

Nel  cinquecento  scarsamente  da  noi  attendendosi  agli  studi, 
gli  uomini  badanti  alle  cose  geometriche  ed  alle  architettoniche 
e  dai  quali  forniti  erano  occasionalmente  gli  ingegneri  di  guerra , 
qui  difeltavan  assai,  come  difeltavan  in  Germania,  Francia, 
Spagna,  Inghilterra,  ovunque  insomma  tarda  fosse  la  coltura. 
Appunto  perchè  più  colte,  numerosi  ingegneri  diedero  allora  To- 
scana e  Venezia  in  opera  di  studi  primeggianti  in  quel  secolo  senza 
contrasto;  e  la  luce  che  neWarti,  se  non  nelle  lettere,  di  tanto 
sfolgorava  in  Lombardia,  mandava  sì  suoi  raggi  a  Vercelli,  ma 
senza  penetrar  più  in  là. 

Coltura  e  civiltà  qui  progredivano  a  modo  transalpino,  sicuro 
cioè  ma  lento ,  e ,  per  figura ,  i  nostri  che  pur  atteso  avevano  alla 
poesia  provenzale,  prova  alcuna  non  fecero  in  quella  italiana. 
Insigni  esempi  di  bravura  e  cavalleresca  lealtà  diedero  nelle 
Crociate  i  Principi  monferrini,  quando  i  signorotti  d' Italia  od 

(1)  Misceli,  di  storia  Italiana,  Voi.  I,  IV;  Antologia  di  Torino,  anno  1846. 
,2)  Misceli,  cit.  Voi.  IV  e  VI. 


11?4179 


444 

altro  guari  non  pensavaìw  che  ad  ammazzare  od  a  far  in  modo 
da  non  essere  ammazzati;  insigne  esempio  di  valor  disinteressato 
diede  Amedeo  VI  a  Mesemhria,  a  Yarna  e  liberando  dal  re 
Bulgaro  il  sire  di  Costantinopoli  ;  sempre  sconosciuto  qui  il  re- 
gicidio prodigato  in  Italia  orribilmente.  Oltr  alpi  ed  oltre  mare 
sue  venture  cercava  la  nobiltà,  povera  ed  inerte  vivendo  la  bor- 
ghesia, latente  ogni  germe  d'operosità  che  posto  non  fosse  nella 
spada ,  né  altri  diletti  cercandosi  che  i  materiali.  Colti  non  erano 
i  Piemontesi,  ma  neppur  corrotti,  fra  essi  prepotendo  la  violenza, 
ma  non  l'inganno. 

A  quel  campo,  che  non  fruttava,  perchè  nessuno  avealo  dis- 
sodato, pose  mano  Emanuel  Filiberto  gran  principe,  grand' uomo, 
venerando  e  venerato  per  incontrastati  diritti,  per  {sventure  for- 
temente sofferte,  per  gloriosa  vittoria,  per  operosa  sapienza;  ei 
disse,  il  Piemonte  può  essere  ed  il  Piemonte  fu.  Con  lui  e  per 
lui  la  patria  nostra  progredì  militarmente ,  cioè  giusta  la  morale 
informata  a  disciplina,  d'oltre  Sesia  prendendo  la  coltura,  da  se 
stesso  e  d'oltre  monti  l'operosità,  l'armi,  le  leggi.  Ma  di  questo 
creator  secondo  della  patria  nostra  più  partitamente  sarà  detto 
in  Ferrante   Vitelli  e  laddove   sarà  considerato  come  ingegnere. 

E  cosa  nota  come  sino  circa  Fanno  1650  in  uno  slesso  in- 
dividuo si  accomunassero  l'ingegnere  e  l artigliere  e  (quanto  più 
si  risale  ai  tempi  anteriori  vi  fosser  unite  eziandio  le  professioni 
di  armaiuolo,  pokerista  e  meccanico,  e  che  [uomo  stesso  ado- 
prava  allora  le  piccole  e  le  grandi  artiglierie ,  dopo  averle  fuse , 
fabbricatane  la  polvere,  curatine  i  carri  ed  i  letti.  Compiva  poi 
tutte  le  parti  dell'  ingegnere ,  chi  provvedeva  altresì  alle  piante 
delle  fortezze  ed  a  costrurle,  come  altresì  alla  loro  espugnazione 
e  difesa;  tutto  ciò  tanto  all'età  dell' artiglierie  antiche,  quanto  nn 
primordii  di  quelle  a  fuoco. 


415 


I. 
FRA  MARCELLO  DA  GASSINO. 


Do  principio  alle  scarse  ed  incompiute  notizie  degl'in- 
gegneri e  bombardieri  vissuti  in  Piemonte  anteriormente 
all'anno  mille  cinquecento,  adducendo  Tor  risorto  nome 
di  Fra  Marcello,  pel  quale  ne'  conti  della  castellania  di 
Gassino  (dal  4  novembre  i326  allo  stesso  giorno  del 
i32'7)  è  detto  come  il  castellano  Guglielmo  Dro  abbia 
pagato  '-2  soldi  e  7  denari  viennesi  infactura  cuiusdam 
instrumenti  seu  artifici  facti  per  fratrem  Marcellum  ad 
proiiciendum  balotas  plumbeas  ;  la  pubblicazione  del  qual 
documento  debbesi  alle  solerti  cure  del  capitano  Ange- 
lucci  ,  che  fu  primo  a  parlarne  (0.  Dove  nasce  spontanea 
l'ossei^azione  che,  dopo  il  documento  antichissimo  fio- 
rentino del  1826,  parlante  di  pilae  seu  palloctolae  fer- 
reae  et  canones  de  metallo  prò  ipsis  canonibus  esistente 
nei  Regesta  di  Firenze ,  primamente  accennato  da  Tar- 
gioni  Tozzetti  e  dato  poi  del  Gaye  '■^^) ,  posteriore  soltanto 
di  un  anno  è  quest'altro  di  Gassino  a  sedici  chilometri 
da  Torino.  Dov  è  anche  da  osservare  che  lo  strumento 
lanciante  palle  di  piombo  non  aveva  ancora  da  noi  spe- 
ciale denominazione. 


(1)  Ricordi  e  documenti  di  uomini  e  trovati  italiani  per  tervire  alla  storia 
militare.  (Torino,  1866)  pag.  143.  L'originale  è  negli  archivi  di  Torino. 
[ì''  Carteggio  d'artisti,  Voi  4.  pag,  469. 


Marcello  è  nome  singolarissimo  per  quella  età^  piCi 
non  trovandosi  dopo  il  V  secolo  e  per  mille  anni^  co- 
sicché io  penso  che  questo  non  fosse  il  nome  suo  ori- 
ginale,  ma  sì  quello  di  religione  e  desunto  dal  papa 
e  martire  Marcello  I.  Di  lui ,  altra  notizia  non  c'è  per- 
venuta, ma  essendo  frate  possiam  conghietturare  che 
Francescano  fosse ,  ossia  de'  Minori ,  alle  usanze  di  questi 
acconciandosi  quel  lavorar  ch'ei  fece  pel  comune ,  il  quale 
od  eragli  patria  o  davagli  almeno  il  soggiorno.  Nel  do- 
cumento nostro  è  mentovato  l'artefice,  del  quale  poi 
tacesi  in  quello  di  Firenze  ;  e  siccome  nelle  carte  fio- 
rentine il  nome  dell'operaio  od  artista  non  è  quasi  mai 
omesso ,  ne  possiamo  inferire  che  a  Firenze  cannoni  e 
pallottole  fossero  comprati  anziché  fal^bricativi ,  mentre 
il  frate  artefice  lavorava  veramente  in  Gassino.  Aggiungo 
che  questa  terra  spettava  allora  al  Monferrato  e  che 
nel    i329  ebbe  guerra  colla  vicina  Ghieri  (0. 

II. 

PERETTO  DURANDI  E  PIETRO  PELLIPARI. 

Mi  si  permetta  eh  io  ponga  qui  tra  gl'ingegneri  codesti 
fabbricatori  di  macchine  da  guerra,  accomunandosi  allora 
la  professione  di  costrurre  ingegni  con  quella  di  ado- 
perarli. Leggesi  ne'  conti  di  Antonio  consignor  di  Barge 
(dal    ly    ottobre     i32r    al    22    agosto    1822  ):    Lihravit 

Peretta    Darandl    carpentatori quod    Delphiniis 

castnim  et  villam  Voji'onis  ohsidere  debebat,  videlicet 
prò  uno  ingenio  et  una  troja ,  qiiae  ibidem  incepta 
fuerunt  per  Petruni    Pelliparii y   omnibus   conplendis  et 

Cl^  Cibrario,  Storia  di  Clìieri  ^182"5\  capo  iJO, 


417 
perficiendis  j  et  prò  garrotlo  et  espinguella  ibidem  pre- 
par  andis ,  inclusis  ^  triginta  solidis  viennen.  prò  duobus 
coriis  vachonum  prò  frandis  dictorum  ingenii  et  trojac 
faciendis ,  et  inclusis  5  solidis  6  denariis  prò  5  libris 
sagrinis  et  duobus  libris  sipi  prò  ungeìidis  dictis  frandis , 
et  inclusis  quinque  solidis  prò  una  pelle  trojae  ad  idem^ 
et  inclusis  viginti  uno  solidis  tribus  denariis  prò  ferra- 
tura dictorum  ingenii  et  trojae  (0. 

Il  castello  di  Voyron  nel  Delfinato  spettava  ai  Delfini, 
coi  quali  ebbe  Amedeo  V  guerre  continue.  Il  nome 
Durandi  è  frequentissimo  in  Piemonte;  parmi  che  il  se- 
condo sia  di  Vercelli  ove  trovasi  nel  mille  cinquecento 
uno  stampatore  così  chiamato,  ne  questa  casata  capitan- 
domi altrove. 

III. 
TEODORO  I  PALEOLOGO  MARCHESE  DI  MOI^FERRATO. 

Piacemi  che  la  serie  di  chi  in  Piemonte  scrisse  di 
cose  militari  cominci  da  un  nobilissimo  Principe  figlio 
di  Andronico  Comneno  Paleologo  imperatore  di  Costan- 
tinopoli e  di  Violante  di  Monferrato  discendente  da  quel 
Bonifacio  che  dai  gentiluomini  francesi  fu  posto  a  capo 
alla  IV  crociata,  dall'eroe  Corrado  dilensor  di  Tiro,  da 
Guglielmo  il  vecchio  e  dal  Longaspada,  degli  encomii 
de'  quali  son  pieni  gli  scrittori  delle  guerre  sacre. 

Contava  soli  sedici  anni  quando  nel  i3o5  la  madre 
Violante  erede  del  Monferrato  mandollo  di  Grecia  costì , 
dove  diede  numerosi  esempi  di  lealtà  e  bravura  ricosti- 
tuendo quel  derelitto  marchesato.  Chiamato  dal  padre  a 
Costantinopoli    per   valersene    contro    i   suoi    nemici ,    si 

(1)  Archivi  camerali  j  conto  della  castellania  di  Ciamberi  dal  1270  al  1399. 

27 


418 

dispose  ad  andaivi;  ma  meglio  è  eh  io  adduca  le  parole 
di  Galeotto  del  Carretto  scrivente  sullo  scorcio  del  xv  se- 
colo :  «  Volendo  partire,  non  havendo  conseguito  l'intento 
»  suo  cum  far  qualche  cosa  egregia  nell'arte  militare, 
»  dispose  in  detti  di  lassarli  qualche  memoria  di  lui;  d 
»  perchè  nel  mille  trecento  vintisei  compose  in  greca 
))    lingua  uno  elegante  libro  di  dottrine  militari ,  qual  egli 

))   lassò    ne  la  partita Traslatò  poi  il  detto  libro 

»  di  greco  in  latino  nella  città  di  Vercelli  nell'anno  mille 
y>  trecento  trenta  CO  ».  Ma  né  del  manoscritto  greco  ne 
dell'altro  (rimasti  sconosciuti  allo  stesso  diligente  Fabricio) 
non  si  ha  notizia  alcuna;  non  faccia  poi  meraviglia  che 
Teodoro  voltato  al^bia  il  libro  in  latino  anziché  in  italiano, 
poclii  a  que'  tempi  palliando ,  nessuno  scrivendo  in  Pie- 
monte la  lingua  volgare;  che  se  tutti  i  versificatori  e 
segnatamente  in  corte  di  Monferrato,  cantavano  proven- 
zalmente, istorici  e  trattatisti  non  altra  lingua  adopravano 
che  la  latina.  Siccome  d'uomo  Greco  e  di  quel  secolo, 
ho  tuttavia  sospetto  che  non  contenesse  il  suo  libro  fuor- 
ché luoghi  comuni  tolti  da  antichi  scrittori,  appunto  come, 
circa  il  mille,  fatto  avevano  Leone  il  Sapiente  e  Costan- 
tino Porfirogenito  imperatori  di  Bisanzio. 

IV. 
GUIDO  DA  VIGEVANO. 

Agli  scrittori  Vigevanaschi  è  sconosciuto  il  lor  con- 
cittadino Guido  medico  di  professione  e  vivente  in  prin- 
cipio del  secolo  xiv  ;  né  monta ,  che  si  appelli  anche  da 
Pavia,  essendoché  a  quella  diocesi  spettava  allora  Vigevano. 

ri)  Cronaca  di  Monferrato  in  M.  H.  V.  Scriptonim,  Voi.  Ili,  col.   1177. 


419 
Di  esso  non  altro  mi  fu  dato  sapere  se  non  che  un  suo 
inedito  scritto  conservasi  nella  biljlioteca  di  Parigi  , 
fondo  Colbert ,  n.°  9640  ,  3  ;  prisno  a  darne  contezza  fu 
il  Montfaucon,  quindi  il  Carpentier,  più  tardi  io  stesso  'S. 
Il  titolo  né.  Thesaurus  Regis  Fz-cmciae ,  acquisitionis 
Terrae  Sanctae  de  ultraniare ,  nec  non  sanitatis  corporis 
eius  et  vitae  ipsius  prolungatioìiis ,  ac  etiam  cum  cu- 
stodia propter  venenum.  E  diviso  il  trattato  in  due  parti, 
versando  la  prima  sui  rimedii  del  corpo  ;  la  seconda , 
in  XIII  capi,  sulle  macchine  e  sui  mezzi  guerreschi  per 
prendere  le  città. 

Comincia  :  Ego  Guido  de  Vigewino  de  Papia ,  olim 
medie  US  impevatoris  Henrici  ^^/  et  qui  nane  per  Dei 
gratiani  Johannae  de  Burgundia,  per  Dei  gratiam  re- 
ginae  Franciae  ;  le  quali  parole  me  lo  farmo  creder  nato 
circa  il  12^0.  Espone  quindi  come  il  passaggio  in  Terra- 
santa,  che  doveva  aver  a  capo  Filippo  di  Nalois,  do- 
vendosi fare  in  quell'anno  i335^  a  Deo  datus  est  mihi 
modus  leviter  conquìrendi  Terram  Sanctam  de  ultra 
mare,  quem  rescribo  serenissimo  principi  Philippo  Fran- 
corum  regi.  L'espostavi  materia  concerne  la  meccanica 
militare  del  medio  evo  ma  senza  cosa  alcuna  di  nuovo, 
a  quest'arte  essendo  Guido  tropp'estraneo.  Nel  codice  son 
le  macchine  disegnate ,  colorite  e  descritte ,  e  chi  ne  bra- 
masse notizia ,  consulti  il  Carpentier .  che  ne  fece  lo  spoglio 
ricavandone  trentotto  articoli ,  i  titoli  de'  capi  essendo 
editi  dal  Montfaucon.  Codesto  trattato  non  fu  noto  a  Naudé, 
Michaud,  Tiraboschi,  Fabricio,  Mansi,  né  ai  piiì  accurati 
scrittori  di  storia  e  bibliografia  letteraria  e  militare. 


'O' 


(0  Bibliotheca  Bibl.  manuscriptorum ,  voi.  ll,pag.  lOll,  Supplemeuium 
ad  Ducange,  Voi.  IV,  pag.  81  ,  libri  latini  mss. ;  Architettura  di  Fr.  di  G. 
Martini,  Voi.  11,  pag.  14. 

(2)  Enrico  VII  di  Lucemburgo  morto  nel  1313. 


4  20 

V. 
MARINO   DA   PINEROLO. 

Altro  ingegnere  ai  nostri  ignoto  è  Marino  vivente  in 
/  Pinerolo  coi  principi  d'Acaia  e  che  a  Lodovico  di  Savoia 
fu  richiesto  dai  Dieci  di  baUa  di  Firenze  con  lettera  delh 
i6  settembre  i4o5:  Aadivimus  relatione  veridica ,  quod 
habetis  quendam  Marinum  Ingeniariwn  intellectus  ac 
vivtutis  eximiae  in  fortilidis  obtinendis  bellicis  instru- 
mentis ,  qui  in  Pieneruola  continuum  morani  trahit  : 
cum  autem  eius  opera  egeamus  ^  magnifìcam  fraterni- 
tatem  vrani  affectuose  rogamus y  quatenus  amore  nostri 
magnificentia  vra  dignetur ,  dominum  Magistrum  inge- 
niariwn nobis  transmiitere  quam  celerius  esse  potest. 
Cui  providebimus  de  adventu,  mora   atque  discessu  (0. 

Non  faccia  caso  quel  Pieneruola,  siffatta  trasformazione 
voluta  essendo  dal  dialetto  toscano,  come  Monsanese, 
Geresuola,  Golfmara  o  Golfonara.  Motivo  della  chiamata 
di  Mainno  (di  cui  non  si  ha  altra  notizia) ,  fu  la  guerra 
che  Fiorentini  facevano  a  Pisa,  volendola  suddita  perchè 
l'avevan  pagata  a  Gabriele  Visconti;  epperciò,  oltre  il 
nostro ,  chiamarono  anche  Bartolomeo  ossia  Bartolino  da 
Novara  (non  già  di  Novara  nostra,  ma  sì  Ferrarese), 
coll'altro  di  cui  ora  diremo. 

VI. 
GIANNINO   DA   VIGOINE. 

Dobbiam    pure  al  Gaye    la  notizia   di    altro    mgegnere 
nevro-balistico  in  Giannino  da  Vigone  chiesto  egualmente 
(!)  Gaye.  Carteggio  d'artisti  (1839\  Voi.  1,  pag.  84. 


424 

allora  al  principe  d'Acaia  dalla  signoria  di  Firenze ,  la 
quale,  dopo  adopralolo,  rimandavalo  in  Piemonte  con 
questa  lettera  delli  l'j  ottobre  i4o6.  Principi  Achajae. 
Revertitur  presentialiter  lares  ad  proprios  probus  vir 
Magister  Janninus  de  J^igone ,  ingeniarius ,  vir ,  quem 
ad  nri  cois  requisitionem  atque  servitia  tam  letanter , 
tamque  celeriter  transmisistis.  De  quo  fraternitati  vre 
referimus  debita  mimerà  gratiaruin.  Et  quum  idem  Magr. 
Janninus  vir  est  perspicacis  ingenii  in  gubernatione  et 
opere  instrumenti  bellici,  quod  vulgo  Briccola  nomi- 
natur ,  sicut  in  obsidione  et  debellatione  Castri  vici  Pi- 
sani Experientia  dimonstravit.  Et  quia  nobis  diligenter 
et  cum  fidelitate  servivit,  Blagnif.  vre  eundem  affectuo- 
sissime  commendamus.  Discedit  enim ,  suis  exigentibus 
meritiSy  cum  omnium  Jlorentinorum  benivolentia  et  a- 
more  (').  Narra  infatti  il  contemporaneo  Giovanni  Morelli 
che  al  campo  sotto  Vicopisano  si  ebbero  lìiolte  bombarde 
e  briccole  coi  mangani;  alla  sua  resa  poi,  dopo  otto 
mesi  d'assedio,  Trovossi  gettate  in  Vico  pietre  co'  dijici 
del  comune  ;  //  castello  è  fortissimo ,  e  non  era  possibile 
averlo  per  forza  (^).  A  quell'espugnazione  intervenne  con 
Giannino  anche  il  Brunellesco,  del  quale  fiiron  poi  i  riat- 
tamenti di  Vicopisano  (3). 

Così  tra  Toscana  e  Piemonte  accadeva  allora  uno  scambio 
d'uomini  come  volevanlo  le  diverse  condizioni  civili  e  so- 
ciali de'  due  paesi,  ricevendo  il  secondo  monetieri  ed  ar- 
tisti Toscani  i^) ,  ricevendo  il  primo  ingegneri  di  guerra 
Piemontesi.  Venne  allora  da  Firenze    in  corte    di  Savoia 


(1)  Gaye  1.  cit.  pag.  85,  8G. 

(2)  Morelli.  Cronica  (1718),  Voi.  I,  pag.  335. 

(3)  Targioni.  Piaggi  in  Toscana,  Voi.  I,  pag.  339. 

(4)  Promis  Domenico.  Monete  dei  Reali  di  Savoia  (1841)  Voi.  1,  pag.  23 
e  segg.;  sono  citati  più  di  sei  monetieri  fiorentini. 


ili 

un  pittore  adornante  coll'arte  sua  chiese  e  castelli  ('),  che 
meno  esattamente  è  dai  nostri  nomato  maestro  Giorgio 
dell'Aquila,  famiglia  che  non  trovo  tra  le  Fiorentine,  ed  è 
fatto  che  i  conti  di  Costantino  de  Jaillon  (dal  [  agosto  l'ò^i 
al  i  febbraio  1342)  hanno:  Libravit  magistro  Georgia 
DelaigU  pictori  Domini  ecc.  Ora ,  quel  Delaigli  fu  dai 
nostri  emendato  francesemente  in  De  VAigle^  ossia  del- 
l'Aquila, mentre  altro  non  è  per  me  che  il  vulgatissimo 
delli  Jgli  (2). 

YII. 
GIOVAMI  DI  LONGUECOMBE,  PERRINO  SELVATICO. 

Nell'assedio  che  Amedeo  VI  pose  a  Gex  nel  i353 
eranvi  minatori  delle  valli  della  Stura  torinese  sotto  il 
castellano  di  Lanzo  Aimone  di  Challant  che  dirigeva  mac- 
chine e  mine,  essendone  maestro  ingegnere  un  Giovanni 
di  Longuecombe.  Quindici  anni  dopo  riparavansi  sul  Po 
alquante  navi  per  cura  dell'ingegnere  e  maestro  delle 
macchine  da  guerra  Ferrino   Selvatico  (^). 

VIII. 
FRETLI>0  DE  MERCADILLO  DA  CHIERI. 

In  fama  assai  maggiore  venne  al  principio  del  xv  secolo 
maestro   Freylino   della   nobil   famiglia   de  Mercadillo  di 

(1)  Archivi  camerali,  conti  della  castellania  di  Ciamberì.  Dipinse  pel 
castello  di  Bourget,  per  quello  di  S.  Martino  in  Bugey ,  per  la  chiesa  dei 
Francescani  di  Ciamberì. 

(2)  Forse  primo  a  propagar  quest'errore  fu  l'autore  delle  note  francesi 
apposte  al  documento  stesso.  Della  famiglia  delli  Agli  parla  frequente 
l'Ammirato. 

(3)  Gibrario.  Istituzioni  della  Monarchia  di  Savoia,  Voi.  II ,  pag.  147,  160. 


4-23 
Chieri,  professante,  giusta  i  tempi,  le  arti  di  fonditor  di 
hombarde,  artigliere  ed  ingegnere.  Non  appellavasi  già  For- 
lino  o  Ferlino,  ma  Frejlino,  così  chiamandosi,  per  figura, 
un  daPralormo  ed  un  Provana  i).  Nella  gueiTa  combattuta 
Tanno  1426  tra  Amedeo  Vili  ed  il  duca  Filippo  Maria 
Risconti  adoprossi  Freylino  qual  bombardiere  al  servizio 
d'Amedeo,  tanto  ricavandosi  dal  conto  (serbato  nell'ar- 
chivio di  stato)  delle  artiglierie  di  Savoia  per  quell'anno. 
Bavagli  il  Duca  paga  annua  di  cento  fiorini  d'oro ,  spettan- 
doorli  ancora  in  guerra  il  soldo  duna  lancia  da  due  cavalli 
in  un  col  vitto  dalla  casa  ducale;  fattagli  inoltre  facoltà 
dincettar  il  salnitro  per  tutto  lo  Stato,  purché  lo  vendesse 
al  Principe  a  prezzo  determinato  v2\ 

Fatta  la  pace  col  Visconti,  mediante  la  cessione  di 
Vercelli,  passò  Freylino  al  soldo  del  nuovo  duca  di  Milano 
Francesco  Sforza,  e  quando  combattè  questi  nel  i/\5'ò 
coi  Veneziani  in  Bresciana  ed  assediò  Ponte  Vico ,  nar- 
rava d  Simonetta  come:  trinas  in  aggerem  vallumque 
bombardas  Ferlini  Pedemontani  artifìcis  peritissimi  et 
fama  clari,  opera  usiis ,  disponit  ^^  . 

Adiuvando  i  tempi,  che  nelle  artiglierie  amavano  una 
infinita  suddivisione,  da  quell'esperto  bombardiere  che  era 
ne  trovò  Freylino  una  nuova  specie  adoprata  poscia,  per 
figura,  da  Costanzo  Sforza  signor  di  Pesaro  nell'attacco 
di  un  castello  del  Parmigiano,  ch'ei  battè  con  tres  in- 
gentes  bombardas^  scilicet  Coronavi^  Galeazinam  et 
Ferlinam  v^X  Dove  chiara  è  l'allusione  del  nome  Corona; 
Galeazina  fu  detta  dal  nome  del  figlio  di  Francesco  Sforza, 


;i)  L.  cit.  II,  9G;  Misceli,  di  St.  Il  ,  VI,  pag.  620.  La  famiglia  Freylìna 
è  anche  ricordata  dal  Uossotto  a  p.  373  del  Syllabus. 
(2;  L.  cit.  Voi.  I.  pag.  44. 

3)  De  rcbux  gcstis  Fr.  Sforlice.  R.  I.  S.  Voi.  XX.I ,  col.  615. 
^4    Diarium  Parmense,  in  R.  1.  S.  Voi.  XXII,  col.  385,  anno  1481, 


424 

e  la  Ftìiina  appellavasi  dal  nostro  ingegnere,  che,  sino 
all'età  corrente,  fu  solo  a  dar  nome  ad  un'artiglieria. 
Trovo  poi  nelle  ordinazioni  sulla  difesa  di  Ferrara  del  i483 
come  tra  le  artiglierie  estensi  eranvi  due  Forline  (0,  dal 
numero  loro  comparato  a  quattro  bombarde  ed  a  otto 
passa  volanti  ricavandosi  che  grande  doveva  esser  la  palla 
da  esse  gittata.  Pare  eziandio  che  questa  denominazione 
varcato  abbia  le  Alpi,  essendovi  in  Teroana  di  Piccardia, 
e  nel  i553,  una  grossa  colubrina  detta  Madame  de 
Frelin  (^\ 

IX. 
LODOVICO  II  MARCHESE  DI  SALUZZO. 

Spiacemi  che  di  questo  Prìncipe  io  debba  dire ,  ma  sol- 
tanto per  escluderlo  dagli  ingegneri  piemontesi.  Fuvvi  da 
noi,  alla  metà  dello  scorso  secolo  un  subitaneo  ardentissimo 
incremento  d'ogni  sapere,  essendone  a  capo  Alfieri  e 
Lagrange  ;  agli  studi  storici  attendevano ,  con  altri ,  Mey- 
ranesio ,  Sciavo ,  De  Levis  ,  Carena ,  Durandi ,  Malacarne , 
ma  dei  primi  tre  qui  non  occorre  dire  troppo  essendo 
noti  quali  falsari;  insigne  l'ultimo  per  infaticabile  operosità 
e  per  vasto  sapere,  non  seppe  ostare  alla  malaugurata 
smania  di  produr  libri  e  documenti  da  esso  inventati. 

Adunque  il  saluzzese  Malacarne  mise  in  giro ,  circa  il 
1780,  una  sua  manoscritta  dissertazione  sulla  letteratui'a 
di  sua  patria  a'  tempi  di  Lodovico  II  (i 475  al  i5o4)  ed 


(1)  Codice  Riccardiano  di  Firenze,  N.  2711.  La  parte  di  esso  che  con- 
cerne le  truppe  fu  stampata  dal  Corio  all'anno  detto  e  da  Marin  Sanuto 
in  R.  1.  S.  Voi.  XXII ,  col.  1529. 

(2)  Rabutin.  Guerres  de  la  Caule  Belgique  enlre  Henry  li  et  Charles  ì' , 
libro  V. 


4^3 

in  essa  fece  autor  Lodovico  delle  seguenti  opere  da  lui 
solo  e  da  nessun  altro  mai  vedute:  Del  buon  governo 
dello  stato,  stampata  in  Saiuzzo  nel  14997  ed  altra  avente 
per  titolo:  Della  difensione  delle  rocche  assediate  e  della 
espugnazione  delle  medesime  e  dello  guadamento  delle 
riviere.  A  detta  sua,  questa  riscontrolla  memorata  in  una 
supposta  relazione  manoscritta  di  Bernardino  Orsello,  dalla 
quale  pure  simulò  di  togliere  la  notizia  della  traduzione 
latina  del  libro  greco  di  Leone  imperatore  De  bellico 
apparatu  e  vi  aggiunse  quello  delle  Elucubrationes  super 
librum  primum  P'egetii  de  re  militari.  Volle  piu'e  il  Ma- 
lacarne dimostrare  che  il  Livre  des  faits  d'armes  et  de 
chevalerie  Tstampato  a  Parigi  da  Verard,  1488)  fosse 
anch'esso  di  Lodovico,  attesoché  nell  anno  148'-  egli  era 
in  Parigi  .0.  Vero  è  che  di  quel  trattato  ignoravasi  allora 
il  vero  autore,  ma  io  ho  poi  dimostrato  altrove  esserne 
autrice  Cristina  da  Pizzano  letterata  bolognese  vivente 
in  corte  di  Francia  circa  l'anno  i4oo,  essendone  poi 
stampato  il  nome  nella  edizione  di  Londra  del  1489^2. 
Nessuno ,  fuorché  il  Malacarne ,  vide  mai  lo  scritto  del 
Vivalda,  che  delle  citat?  opere  fornirebbe  qualche  cenno. 
Quanto  alle  palmole  dell'Orsello,  trovansi  esse  veramente 
nella  Memorabile  ossidioìie  di  Saiuzzo  dell'anno  1487; 
ma  è  da  sapersi  che  il  codice  antico  memorato  dal  Ma- 
lacarne a  nessuno  fu  mai  noto ,  mentre  quello  moderna- 
mente adoprato  per  la  stampa  è  im  esemplare  di  mano 
del    Malacarne    stesso    e    nel    quale  lo    stile,  le  frasi,  i 

(l)  Sulla  fede  del  Malacarne  ne  parlarono  il  Tiraboschi  a  pag.  52  del 
voi.  VI;  l'Affò  nel  voi.  Ili ,  pag.  249  Ae%\'\  Scrittori  Parmigiani;  il  Muletti 
a  pag.  398,  401  delle  Memorie  storiche  di  Saiuzzo  ed  altri  ancora. 

(2'  Di  ciò  ho  ampiamente  discorso  nella  vita  di  Cristina  a  pag.  17, 
voi.  II,  àeW Architettura  di  Francesco  di  Giorgio  Martini  ^1841)  ed  in 
quella  che  inserii  nel  voi.  IV  della  Miscellanea  di  Storia  Italiana  ;  To- 
rino, 1863;. 


4^26 

pensiei'i ,  le  voci  medesime ,  ogni  cosa  insomma  è  recen- 
tissima alFatto.  Ad  esempio  di  ciò ,  dirò  solo  come  narri 
rOrsello  essersi  allor  fatto  nell'assediata  Saluzzo  due  ospe- 
dali volanti  per  le  urgenze ,  tra  li  quali  si  osservarono 
le  separazioni  consuete  a  distinzione  degli  infermi  di 
febbre  dalli  feriti  e  piagati  !  !  (0,  Cos\  il  nuovo  Annio 
(ch'era  pm^  un  valente  letterato  ed  un  valente  seguace 
d'Ippocrate)  trasfuse  nel  libro  d  uno  scrittor  quattrocentista 
concetti  e  parole,  che  non  potevano  affacciarsi  fuorché 
ad  un  medico  del  secolo  xviii.  Ma  di  ciò  basti;  che  se 
le  contraffazioni  del  Malacarne,  dovute  soltanto  ad  un 
fanatico  amor  patrio ,  furono  sinora  accolte  senza  sospetto, 
la  presente  critica  a  modo  nessuno  non  le  può  accettare. 

X. 
MICHELE   CANALE. 

Ad  un  imaginario  scrittor  militare  tenga  dietro  un 
imaginario  ingegnere.  Quello  fra  i  bastioni  di  Torino  che 
fu  già  detto  Bastion  Verde,  per  essere  stato  di  terra  e 
piota ,  e  che  ora  appellasi  il  Garitton  de'  fiori  e  conserva 
ancora  la  metà  a  nord,  agli  scrittori  nostri  fu  soggetto 
di  poco  sapienti  verbosità.  Primo  a  dirlo  eretto  nel  1461 
e  dal  duca  di  Savoia  fu  Francesco  Agostino  della  Chiesa  (2), 
avvegnaché,  sole  sei  pagine  avanti,  più  sanamente  scri- 
vendo, attribuito  avesseio  ai  Francesi  ed  agli  anni  seguenti 
da  vicino  il  i536;  poi,  or  fa  un  secolo,  il  celebre  D'An- 
toni lo  disse  fatto  appunto  nell'anno  1461  e  compiuto 
nel  64  ,  a  controllarne  la  spesa  destuiato  essendovi  il  pro- 


ci) Slarapato  in  calce  al  voi.  V  del  Muletti  (1832),  pag.  là. 
;2)  Corona  reale  di  Savoia  (1G35),  parte  I,  pag.  2GG. 


427 
fessoi-  Michele  Canale  Tk  Le  parole  del  DAntoni  fui'ono 
poi  a  gara  riprodotte  dai  nostri  e  da  altri,  col  Piemonte 
rallegrandosi  il  generale  Oudinot  per  aver  dato  nn  così 
illustre  ino[e£:nere  X.  La  sincera  storia  invece  ne  avverte 
che  i  bastioni  di  Torino,  cominciati  di  terra  dal  Duca 
nel  i535,  proseguiti  furono  allo  stesso  modo  dai  Francesi, 
dai  quali  furon  poi  incamiciati  di  muro  circa  il  i54o  (3); 
ne  quel  Michele  Canale  fu  mai  professore,  ma  sì  colla- 
terale nel  1472,  presidente  ducale  patrimoniale  dodici 
anni  dopo  e  dei  signori  di  Cumiana  '^\  Che  poi,  la  fon- 
dazione di  quel  bastione ,  preteso  primo ,  deljba  postici- 
parsi di  più  che  settant'anni .  l'ho  già  provato  abbondan- 
temente altrove. 

Dirò  qui  del  vocabolo  Baluardo  o  Bastione  in  quanto 
concerne  la  storia  della  fortificazione  nella  patria  nostra. 
Come  la  seconda  voce  venne  dal  francese  Bastìe,  Bastillon, 
così  la  prima  è  originata  dal  tedesco  Bolhverck  da  noi 
venuto  per  la  via  di  Francia,  cioè  già  mutato  in  Boide- 
vert  e  Boulevart.  L  antichità  della  parola  Bastione  risale 
in  Piemonte  almeno  al  xiii  secolo  v^),  ed  il  Belluard  o 
Balliiardiis  (nel  valore  di  Boilwerck.  ossia  opera  di  legno) 
qui  fu  d  uso  più  remoto  che  non  nelle  altre  parti  d'Italia. 
Infatti,  soltanto  all'anno  rSif)  notollo  in  Milano,  primo 
di  tutti ,  l'architetto  Ciserano ,  siffatta  voce  avendovela 
portata  Tedeschi  e  Svizzeri  *')  ;  da  noi,  invece,  comparisce 

(1)  jàrchitettura  militare  (n78\  Introduzione,  pag.  XX. 
{■2)  De  l'Italie  et  des  ses  forces  militaires  (1835,\  pag.  569. 

(3)  Architettura  di  Fr.  di  G.  Martini,  voi.  II,  pag.  290,  294. 

(4)  Sclopis.  Stati  generali  ',1851',  pag.  122;  Galli,  Cariche  del  Piemonte 
(1790),  voi.  I,  pag.  345;  Della  Chiesa  Ignazio,  Genealogie  di  famiglie  nobili 
del  Piemonte,  p.  53,  Ms.  delia  biblioteca  del  Re. 

(5)  Ad  bastionandim  Carta  del  129'ì  in  M.  H.  P.  Chartarum  voi.  I, 
col.  1628. 

6}  Svevi  et  Alvetii  dicono  Spok'er ,  al  lib.  I,  capo  5  dei  Commenti  a 
Vitruvio    Como,  1521).  Il  Caporali,  che  riprodusse    Ciserano,    nella  sua 


428 

quella  parola  mezzo  secolo  innanzi ,  avendosi  negli  Ordinati 
della  città  di  Torino,  ed  all'anno  14^7?  queste  provvi- 
denze circa  le  mura  urbane  :  Fieri  faciat  unum  helluar- 
dum  nemoris  in  meniis ,  con  evidente  raddoppiamento 
del  valore  dell'originaria  voce  tedesca.  Poi,  unum  belluard 
ante  portam   novam,    e  qui   è   un  rivellino.    Poi   ancora, 

construahtur  tres  belluardi , prope  castrum  fieri 

faciant  unum  helluardum  (0.  Delle  fortificazioni  erette, 
sullo  scorcio  del  xv  secolo,  a  Vercelli  ed  a  Chivasso  (^), 
non  si  conoscono  gl'ingegneri. 

XI. 
ANONIMO  DI  BOEMIA. 

Nell'anno  1499?  instando  la  calata  dell'esercito  di  Francia, 
munì  Lodovico  il  Moro  le  città  e  terre  sue  pili  esposte 
a  quell'impeto,  quelle  cioè  che  fronteggiavano  il  Piemonte. 
In  bella  fama  militare  venuti  erano  allora  i  Boemi  per  la 
resistenza  opposta  ottant'anni  prima  in  Praga  alle  truppe 
crociate  del  Re  de'  Romani  Sigismondo ,  consistendo  l'opere 
loro  difensive  soprattutto  in  Capannelli  (Cofani,  Casematte) 
cinti  di  fosso  e  murati  di  legno,  terra  e  sassi  (^).  Allora, 
come  sempre,  il  valor  de'  difensori  confuso  venendo  col 
sapere  di  chi  apprestato  aveva  le  difese,  singoiar  rinomanza 
ottennero  per  tutto  il  xv  secolo  gl'ingegneri  Boemi.  Uno 
di  essi  chiamato  fu  da  Lodovico  affinchè  munisse  Novara, 
Cameriano,  Vigevano  ed  altri  luoghi;  della  prima  scriveva 


traduzione  di  Vitruvio  dice  a  f."  30  (Perugia,  1536)   che   Svcvi  et  Elvetii, 
cioè  Svizzeri,  gli  chiamano  Spolveri. 

(1)  Nei  volumi  LXXXVI  di  Ordinali  ras.  dal  1325  al  1507. 

(2)  Cibrario,  Istituzioni,  voi.  I,  pag.  119. 

(3)  Ne  trattai  a  lungo  in  Fr.  di  G.  Martini,  voi.  II.  pag.  286  e  segg. 


429 
allora  il  Duca  che  cum  t ingenio  et  arte  de  uno  Boemo 
hai'emo  trovato  esser  tanto  gagliardamente  fortificata , 
che  la  si  può  numerare  tra  li  loci  inexpugnabili j  tanti 
e  tali  sono  li  repari  et  bastioni  de  li  quali  è  circondata  ; 
la  seconda  è  stata  fortificata  dal  medesimo  artefice  cum 
tanta  gagliardeza  de  opere  che  non  è  homo  quale  non 
ne  restasse  stupefacto  ;  di  Vigevano  dice  che ,  per  V opera 
del  Boemo  predicto  è  anchora  lei  reducta  in  termine 
da  posserla  appellare  inexpugnabile  (0. 

Certa  cosa  è  che  nulla  di  meglio  poteva  in  questo  caso 
far  l'ingegnere  di  Boemia,  che  ripetere  costì  quanto  già 
si  fosse  praticato  a  Praga,  ma  l'istantanea  resa  di  quei 
luoghi  provò  l'inettezza  loro  a  difendersi,  e  dopo  allora 
più  non  fu  parlato  del  sistema  difensivo  Boemico. 

XII. 
ANDREA  BERGAINTE  DA  VERRUA. 

Un  ingegnere  è  questi,  che  meritato  avendo  molta  ri- 
nomanza, non  n'ebbe  per  altro  nessuna,  avvegnaché  stato 
sia  tra  i  primi  affatto  che  praticamente  applicato  abbia 
le  nuove  maniere  difensive  di  fortificazione  principiante 
il  XVI  secolo. 

Le  mura  erette  nel  i^^o  dal  Duca  di  Savoia  a  Nizza 
erano  certamente  all'usanza  de'  tempi ,  che  è  quanto  dire 
incapaci  di  resistere  alla  cresciuta  potenza  delle  artiglierie. 
Volle  riformarle  Carlo  III  nel  iSi-y  ed  addossonne  il 
carico  al  Bergante,  ch'era  da  Verrua  in  Monferrato.  Vi 
aggiunse    questi,    dice    il    GiolTredo  (2)   «  dalla    parte    di 

(1)  Relazione   del   settembre  1499  presso   Rosmini   Storia  di  Milano, 
voi.  IV  ,  pag.  256. 
(1)  Storia  delV Alpi  marittime,  col.    1241. 


430 

»  tramontana  tre  grossi  e  fortissimi  baluaidi  tutti  comjx)sti 
»  di  pietre  quadre ,  al  di  fuori  de'  quali  per  sprofondare 
))  il  fosso  si  distrusse  un'antica  torre  detta  di  Malvicino; 
»  di  più,  fece  fare  un  bastione  dalla  porta  occidentale 
»  che  guarda  la  città  e  diversi  forti  bassi  con  le  sue 
))  contrascarpe,  casematte  e  contramine,  e  di  struttura 
»  cosi  soda  e  così  ben  intesa ,  che  non  è  maraviglia 
»  nel  1543  cosi  bene  dette  mura  resistessero  alle  fortis- 
»  sime  batterie  de'  Turchi  e  de'  Francesi  » .  Sulla  porta 
di  un  corpo  di  guardia  fu  collocata  quest'iscrizione  : 

ANDREAS  BERGANS  VERRVCAE    CLARVS  ALVIYINVS 
ISTIVS  EST  lYlOLlS  CONDITOR   EXIMIVS.  1549. 

E  sopra  im  baluardo  leggevasi  quest'altra  : 

ANDREAE  BERGANTIS  OPVS  LAVDABILE  SEMPER.  1320. 

Da  noi  allora  non  iscrivevasi  guari,  ne  usavasi  menar 
vanto  delle  proprie  cose ,  cosicché  sconosciuti  rimasero 
quegli  antichissimi  documenti  storici  della  novella  fortifi- 
cazione di  dieci  anni  precedenti  i  bastioni  Veronesi  del 
Sanmicheli,  di  nove  quelli  di  Piacenza,  di  sette  quelli  di 
Bari,  di  quattro  quelli  che  si  voller  fare  a  Firenze  (^/. 
Solo  a  tenerne  allora  discorso,  ma  senza  entrare  ne'  par- 
ticolari, fu  Domenico  Maccaneo  a  que'  giorni  insegnante 
m  Torino,  e  dal  quale  impariamo  ancora  che  il  Bergante, 
come  volevano  i  tempi,  era  eziandio  bombardiere  ducale. 
Dic'egli  adimque,  parlando  del  castello  di  Nizza:  Huius 
castelli  architecturam  peritissimus  Bombarderius  Ducali s 
ad  nomen      leggi    noì'inam)   perpetidiculumqiie    formam 

'S  Jichilettuia  di  Fr.  di  G. .)  far  lini ,  voi.  II,  pag.  299. 


434 

quadravit ,  erexit  adeo  ut  nobile  aedificiuiìi  munitissima 
qiiaecumque  Italiae  castella ,  tiim  loci  sìtii ,  tum  muni- 
mentis  aequiparaturum  sit  (C.  Ma  di  quei  bastioni  (che 
facevansi  allora  assai  piccoli),  uno  solo  ne  rimaneva  nel 
i65o,  trovandosi  segnato  nella  pianta  che  di  quel  forte 
dava  il  ÌMorello  ;  non  è  desso  né  maggiore  ne  minore  di 
quelli  che  nel  1 5  2  r  furono  innalzati  in  Urbino ,  non 
avendo  che  m.    12,00  nella  gola  (2). 

Ad  esempio  di  quanto  erasi  fatto  in  Orvieto,  fu  pure 
ne'  seguenti  anni  cavato  in  quel  castello  un  pozzo  pro- 
fondissimo e  nel  vivo  sasso  (3).  Alla  metà  del  secolo  xvi 
vi  dirigeva  le  opere  della  cittadella  un  maestro  Bartolomeo 
da  Campione ,  che  non  so  dire  se  fosse  del  villaggio  presso 
Pinerolo,  o  di  quello  Ticinese,  e  forse  era  soltanto  un 
impresario  o  capomastro. 


Qui  per  la  storia  della  fortificazione  in  Piemonte  apresi 
im  nuovo  stadio  in  cui  le  fortezze  piiì  non  sono  innalzate 
da  Piemontesi  adoprantisi  pel  loro  Principe ,  ma  quasi 
sempre  da  Veneti  o  da  Lombardi  al  soldo  di  Francia  , 
Spagna  ed  Impero ,  soli  Piemontesi  apparendo  il  Pelloia 
ingegnere  per  Francia  col  Delli  Faci  militante  per  la  pa- 
tria sua. 

Allestendosi  Francesco  I  a  euerressij»re  nel  1 535-36 
il  Duca  di  Savoia,  aveva  questi  coll'opera  di  Gian  Giacomo 

.    (l)  Manoscritto  negli  Archivi  di  Stato  in  Torino. 

(2)  I  quattordici  fatti  allora  nelle  mura  di  questa  città  esistono  tuttora; 
li  ho  veduti  e  si  possono  riscontrare  nella  pianta  che  accompagna  la 
Lettera  di  Jacopo  Fusti  Castriotto ,  Urbino,  1854. 

(.■^)  Gioffredo  col.  1242. 


432 

de'  Medici  Marchese  di  Marignano ,  qui  mandato  dall'Im- 
peratore, dato  principio  in  Torino  ad  un  baluardo  di 
terra  avanti  al  castello  ed  a  quattr'altri  minori  agli  angoli 
della  città  W  sotto  la  direzione  d'un  ingegnere  qui  chiamato 
nel  mai'zo  del  i535  (-).  Chi  fosse  questi  non  m'è  noto, 
ma  (stante  l'alleanza  stretta  allora  con  Carlo  V  ed  il 
susseguente  soccorso  delle  sue  truppe),  penso  che  fosse 
un  Lombardo,  di  c|uesta  patria  essendo  allora  tutti  gl'in- 
gegneri di  Spagna  ed  Impero,  come  tutti  Italiani  gl'in- 
gegneri d'Europa. 


XIII. 

STEFANO  COLOMNA  DA  PALESTRINA, 
BETTO  E  GIROLAMO  DE'  MEDICI  DA  CASTEL  DURANTE. 

Appena  occupata  Torino  dai  Francesi  nel  i536,  pensò 
l'Annebault  a  munirla  compiendo  le  difese  già  iniziate  dal 
Duca  ;  per  esse  fu  data  lode  al  valente  Romano  Stefano 
Colonna  de'  signori  di  Palestrina ,  che  ne  comandava  il 
presidio,  e  tal  cosa  è  naiTata  dal  Guazzo  (^)  e  da  Be- 
nedetto Varchi  dicente  che  colle  proprie  mani  diede  co- 
minciamento  alla  fortificazione  di  Torino  (^).  Ma  essendo 
cosa  volgare  troppo  di  scambiare  nella  difesa  d'una  piazza 
la  scienza  di  chi  l'afforza  colla  bravura  di  chi  la  propugna , 

^1)  Cambiano  Historico  discorso,  col.  1033;  Pingone  Atig.  Taur.  pag.  77 , 
Propugnacula  inde  a  Duce  coepta;  Stefano  Rugerio  nel  suo  inedito  Som- 
mario ,  etc. 

(2)  Cibrario,  Istituzioni,  voi.  II,  pag.  317. 

(3)  Historie  (1554)  pag.  339. 

(4)  Orazione  in  morte  di  Stefano  Colonna. 


433 
io  volentieri  aderisco  al  Terzi  scrivente  nel  mille  cinque- 
cento le  cronache  di  Castel  Durante,  ossia  delle  Ripe 
in  quel  d Turbino ,  ed  affermante  che  fortificatori  di  Torino , 
Moncalieri ,  Asti,  Pinerolo  furono  allora  i  Durantini  fratelli 
Betto  e  Girolamo  de'  Medici  X. 

Mirabili  parvero  agi  ingegneri  e  scrittori  contemporanei 
le  nuove  opere  difensive  di  Torino,  nelle  quali,  a  vero 
dire,  altro  non  fecero  i  Francesi  che  compiere  e  poi  mu- 
rare i  quattro  bastioni  angolari  posti  ai  saglienti  del  qua- 
drato perimetrale  della  cittì ,  cosicché  la  lode  ne  deve 
andare  allo  sconosciuto  ingegnere  ducale.  Pene  ineocpu- 
gnabilis  a  Gallis  reddita^  dice  Pingone,  aggiungendo  il 
Segni  che  da  Francesco  I  fu  Torino  rifortificata  di  grossi 
presidili'^',  parla  il  Marchi  della  gran  fortezza  di  To- 
rino ^"^' ,  ed  il  matematico  Tartaglia  si  fa  dire  dall'inge- 
gnere Gabriele  Tadino  di  Martinengo  :  vedeti  qua  ,  questo 
è  il  dissegno  della  pianta  de  Turino ,  qual  da  gli  huo- 
mini  de  ingegno  è  giudicato  esser  inexpugnabile ,  e  così 
di  seguito,  apponendovi  egli  sue  ojjbiezioni  '^\  Finalmente, 
a  tacer  di  molti ,  il  giocoso  Francesco  Rabelais ,  che  col 
cardinale  Du  Beilay  fratello  del  governa tor  di  Torino  fu 
in  questa  città  poco  dopo  cpiell  anno ,  dice  scherzando  : 
Frère  Jean  apporta  quatre  horrifiques  pastez  de  jam- 
bons,  si  grands ^  quii  me  souvint  des  quatre  bastions 
de  Turbi.  Vrai  Dieu ,  comment  il  j  fut  beu  et  gale  '^^\ 

{\]  Presso  Colucci  Antichità  Picene  ^'1796'  voi.  XXVII ,  pag.  38.  Quella 
lerra  o  città  dicesi  ora  Urbania. 

(2)  Storie  fiorentine,  libro  IX,  all'anno  1537.  Presidio  appellavasi  allora 
la  guarnigione  ed  il  luogo  stesso  fortificato. 

(3~  Codice  Maglibecchiano,  libro  li,  cap.  110. 

^4)  Quesiti  et  in\>entioni  diverse  ^1546),  lib.  VII.  A  proposilo  di  questo  ,  che 
chiamavasi  Fontana  ed  era  Bresciano,  aggiungerò  che  un  altro  Bresciano, 
Ottaviano  Canavcro,  ingegnere  di  Emanuel  Filiberto,  fu  fatto  cittadino 
di  Torino  nel  1560.  Cibrario,  Istituzioni,  II,  pag.  357. 

y  PantagruPÌ  (1553)  lib.  IV,  cap.  64. 

58 


434 

Ei  li  vide  ancor  di  terra,  del  luglio  153"^  essendo  la 
lao^nanza  dei  Torinesi  al  Re  di  Francia,  che  les  haUiiavs 
de  Thurin  sont  seiilement  hastiz,  cioè  facili  a  rovinare, 
non  essendo  rivestiti  di  muro  0.  I  quattro  baluardi  furono 
murali  nella  tregua  dell'anno  seguente  2},  costituite  essen- 
done le  cortine  da  un  terrapieno  parallelo  all'antica  cer- 
chia e  contro  il  quale  terminava  la  campagna.  Il  fosso 
tra  terrapieno  e  muro  fungeva  l  iifiìcio  eh' è  laudato  dal 
Machiavello  (3). 

XIY. 
BALDASSARE  AZZALE  DA  MASSA  LOMBARDA. 

Dirò  qui  degl'ingegnei'i  che  in  Piemonte  adopraronsr 
per  Francesco  I  ed  Enrico  II,  poi  di  quelli  operanti  per 
Carlo  V  ,  notando  però  che  esercitando  quasi  tutti  la  pro- 
fession  di  soldato,  alla  fortificazione  non  badarono  che 
per  incidenza. 

Questo  patrizio  Ferrarese,  ma  nativo  di  Massa  Lom- 
barda in  Romagna  (*),  per  Francia  militò  in  Piemonte 
nel  i536,  dove  concorse  a  fortificar  Cherasco  e  Pinerolo  (^). 
Presidiando  (^hieri ,  fugli  dal  marchese  del  Vasto  intimata 
la  resa,  cui  rispose  con  estrema  iattanza;  ma  tornatovi 
il  Vasto  nel  iSS^,  v'entrò  d'assalto,  uccidendo  il  pre- 
sidio e  cattivando  l'Azzale.  Per  questo  fatto  e  per  non 
so  qiial  ira  coprillo  d'ingiurie  Paolo  Giovio  nel  xxxviii 
delle  Storie  ;   alle   accuse    di  quel    giornalista    del    tempo 

;i)  Molini,  Documenti  di  Storia  Italiana  (18;i6' ,  voi.  II ,  pag.  400. 
(9)  Mémoires  de  M.  de  Bdlatj  (1586\  f.°  407. 

(3)  Arte  della  guerra,  libro  VII. 

(4)  Tonduzzi,  Historie  di  Faenza  (16*5;    pag.  63'2   ed  indici;    Marchesi, 
Memorie  dell'Accademia  dei  Filergili  (1741'  pag.  :J69. 

;5   Cambiano  col.  1030. 


43o 
oppose  FAzzale  una  difesa  alla  inodcina.  comprandosi  il 
Huscelli ,  che  nel  Supplemento  e  nelle  Imprese  si  accinse 
a  mondarlo  d'ogni  taccia.  Incaricato  del  processo  l'onorato 
e  valente  Martino  dii  Bellay ,  l'Azzale  fu  dannato  a  morte , 
ma  il  Re  gli  fé'  grazia  della  vita  (0 ,  né  lo  cassò  dal  servizio. 
Per  Francia  rivide  poscia  ed  ordinò  le  piazze  di  Bor- 
gogna ed  «  il  Re  lo  mandò  in  Piemonte  col  grado  di 
»  mastro  di  campo;  ov'egli  con  molto  onor  suo  et  com- 
»  mendatione  di  tutti  così  amici ,  come  nemici ,  fece  cose 
»  notabilissime  nel  fortificar  alcuni  luoghi  importantissimi 
»  alla  sicurezza  del  passo  da  Francia,  i  quali  da  Francesi 
n  eran  risoluti  di  abbandonarsi,  non  confidando  di  poterli 
»  fortificare  (^S).  Meglio  avrebbe  fatto  il  Ruscelli  adirci 
quali  fossero  codesti  passi ,  essendoché  delle  conoscenze 
difensive  dell'Azzale  altro  non  sappiamo  fuorché  il  vieto 
e  strano  impiego  di  tavole  irte  di  chiodi  e  sparse  di  pol- 
vere, ch'ei  praticò  in  Chieri,  ma  senza  alcun  risultato. 
Servì  poi  la  Chiesa,  .Mantova,  Siena  e  la  sua  morte  fu 
dopo  il    i55'j. 

XV. 

GIILIO  CESARE  BRANCACCIO  DA  NAPOLI. 

Instabile  ne'  propositi  e  grande  estimator  di  se  stesso 
fu  il  Brancaccio  nobile  Napoletano  per  Carlo  V  militante 
dapprima  in  Affrica  ,  Provenza  e  Piemonte  dove  negli  anni 
153^,  i538  trovossi  nelle  piazze  di  Chieri,  Cuneo,  Alba; 
rollo  stesso  Imperatore  fu  poscia  ad  Algeri^  Clèves,  s.  Désir, 

'1)  Mémoires  de  du  Bellay  ,  lib.  Vili,  pag.  270.  Delle  accuse  si  disdisse 
il  Giovio  in  lettera  del  1650  fra  le  raccolte  dal  Domenichi  (1560;  f  °  67. 
(2''  Ruscelli,  Imprese  (158-2;*  pag.  374. 


436 

alla  battaglia  di  Miihlberg ,  a  Tripoli,  nella  qual'  ultima 
impresa  inopportunamente  vantossi  autore  della  celebrata 
batteria  di  otto  pezzi  su  due  navi  congiunte  '^\  Malcon- 
tento di  Spagna  ,  fu  con  Enrico  II  a  Renty  e ,  tornato 
nel  i555  in  Piemonte  prese  parte  alle  espugnazioni  di 
Moncalvo  e  di  Volpiano;  avviatosi  col  Guisa  all'impresa 
di  Napoli,  strada  facendo  trovossi  alla  sorpresa  di  Valenza 
del  Po.  Ultima  sua  campagna  fu  quella  della  Goletta  in 
Afirica  nell'anno   1572. 

Tolgo  queste  notizie  dalla  vita  che  di  se  stesso  egli 
scrisse  ed  è  nell'Ambrosiana  di  Milano  con  molt' altri 
scritti  suoi  inediti  e  tutti  brevi ,  altro  non  avendo  mandato 
a  stampa  che  la  f^era  disciplina  (-).  Considerandolo  sol- 
tanto quale  ingegnere  in  Piemonte,  dirò  ch'ei  si  vanta 
domesticissimo  di  Emanuel  Filiberto  (3) ,  al  quale,  come 
a  tutti  i  Principi,  olFrì  la  sua  cittadella  mobile,  col  modo 
di  espugnar  fortezze  senza  pericolo  degli  assedintori, 
dove  dice  che  chi  rinvenisse  tal  ingegno  riputato  sarebbe 
un  uom  divino ,  anzi  un  angelo ,  soggiungendo  ora  quel- 
l'angelo son  io  che  tho  trovato,  e  dicendo  pure  che  a 
tempo  e  luogo  Io  paleserebbe  ai  Principi.  Nel  Discorso 
della  militia  dice  a  f.°  i34  del  codice  Vaticano  che  coi 
suoi  metodi  aggressivi  (purché  non  manchi  terra  da  lavoro) 
si  può  sicuramente  ed  in  pochi  giorni  espugnar  qualunque 
fortezza.  Protesta  però  che  un  tanto  segreto  ei  lo  vuol 
tacere,  e  n'ha  ben  donde.  Ma  nella  sua  proposta  non  altro 
vedendo  questi  fuorché  una  puerile  volgarità  (come  quella 

(1)  Il  Paruta  nella  Storia  della  guerra  di  Cipro  (1718)  pag.  33G  ne  fa 
autore  il  Fiorentino  Giuseppe  Bonello  a  Modone;  è  descritta  anche  dal 
Caracciolo  ne'  Commentari  libro  li. 

(2)  Il  Brancatio ,  della  vera  disciplina  et  arte  militare  sopra  i  eommen- 
fari  di  Giulio  Cesare.  Venezia,  1582,  1585. 

(3)  Discorso  della  milizia,  ms.  dell'Ambrosiana  .  R  ,  105;  e  nella  Vaticana 
al  N."  2597. 


437 
messa  innanzi  all'età  stessa  da  Giacinto  Barozzi  (0  e  da 
altri),  la  pensarono  col  Tarducci  che  i  sistemi  del  Bran- 
caccio fossero  promesse  d'alchimista  di  fare  i  monti  di 
oro  (^).  Oltre  la  J^era  disciplina  ed  i  cartelli  passati  tra 
lui  ed  mi  Tassoni  (3)^  dodici  manoscritti  ne  conosco  serbati 
a  Firenze ,  Roma ,  Torino ,  Siena ,  Parigi  e  soprattutto  a 
^Milano  ;  ma  della  vita  e  bibliografia  sua  non  è  qui  luogo 
di  parlare.  Una  sua  lettera  (da  Padova ,  1 1  ottobre  1 585) 
è  nell'Ambrosiana  i^)  ed  in  essa  dice  di  aver  assistito  a 
più  di  cinquanta  espugnazioni  di  fortezze;  ma,  nell'anzi- 
citala  sua  vita  ingrossa  questo  numero  nel  frontispizio 
colle  parole  :  Memoria  di  G.  Ces.  Brancaccio  che  si 
tro<>^ò  in  23  guerre,  battaglie  6,  ed  in  altri  infiniti  scontri 
simili  a  fatti  d'armi,  et  prese  di  terre  pia  di   loo. 


XVI. 
GIAIN  TOMMASO  SCALA  DA  VENEZIA. 

Questo  \'eneziano^  figlio  d\m  vaiaio  (o  vai'oter,  come 
dicon  colà),  fallito  in  suo  commercio,  si  volse  al  soldato 
ed  all'ingegnere  (^\  Godest'ultima  professione  non  da  altri 


(1)  Offerta  di  un  nuovo  modo  di  difendere  qualsivoglia  fortezza  per  debole 
che  sia  riputata,  da  qualsivoglia  numeroso  esercito;  ras.  nell'Archivio  di 
Firenze.  Una  seconda  proposta  fu  poi  stampata  dallo  stesso  a  Roma  1558, 
Perugia  1581  ;  vedi  anche  l'articolo  del  conte  Calori  Cesis  negli  opuscoli 
di  Modena  ,  voi.  II ,  serie  li. 

(2)  Macchine,  ordinanze  et  quartieri  (1601),  pag.  13  in  19. 

(3'  Giustificationi  et  cartelli  passati  tra  G.  Brancaccio,  et  il  sig.  conte  G. 
Estense  Tassoni. Senza  luogo  né  data,  ma  Parigi,  1558  o  59. 

(4)  Codice  Q,  115. 

(5)  Annali  delle  cose  della  Rep.di  Fenezia,  ms.  del  cav.  Cicogna  citato 
da  M.  d'Ayala  n^W Antologia  di  Napoli ,  voi.  XIV  ,  pag.  259. 


438 

allora  esercitavasi  che  da  Italiani  (*),  colla  solita  mala  con- 
seguenza che,  non  solo  i  valenti,  che  numerosi  erano, 
ma  eziandio  gli  assassini  ed  i  falhti  dltalia  (come  il  Vi- 
mercate,  il  Locadelli  e  codesto  Scala)  avvegnaché  ricchi 
di  sola  audacia,  pure,  m  virtù  di  lor  patria,  impuden- 
temente spacciavansi  per  ingegneri  e  come  tali  erano  in 
tutta  Europa  accettati. 

Le  notizie  delle  poche  opere  sue  in  Lombardia  e  Pie- 
monte le  tolgo  dalla  propria  vita  da  lui  inserita  a  f."  4^ 
del  suo  codice  autogi'afo.  «■  Del  02  andai  a  servir  con 
»  al  signor  Ant.°  da  leva  e  stiti  con  sua  selenzia  in  fina 
»  a  la  sua  morte  che  fu  innexais  (in  Aix),  dove  quando 
))  andete  lultima  volta  in  Provenza,  in  8  ani  (2;  chio  serviti 
»  li  feci  molti  disegni  e  modeli  deli  quali  li  fé  quel  debia 
»  grassa  (de  Biagrasso)  et  fò  la  zonta  che  si  volse  far 
))  al  Castel  di  Pavia  et  in  Cremona  la  traversa  et  fra  tante 
»  io  mi  trovai  al  principo  de  Versei  quando  Fran°  bon- 
»  signor  (^)  de  Salus  viveva  et  el  marchex  de  marignan 
»   stete  dentro  3(j  zoi'ni  donde  io  stiti  fino  fui  supilito  ecc.  » . 

Servì  dapprima  Venezia^  poi  Francia,  poi  gF  Inglesi 
in  guerra  con  questa  ;  di  nuovo  a  Venezia ,  e  di  nuovo 
in  Francia  contro  Inglesi  e  Tedeschi,  d'onde  nel  155 2 
tornò  a  servir  ^  eneziani  sotto  Peschiera  e  Marano.  Il 
citato  codice,  importantissimo  per  la  storia  degl'ingegneri 
di  guerra,   fatto    primamente    conoscere  dal  sig.  Mariano 


(1)  >elle  memorie  del  Sire  di  Vieilleville  (lib.  V,  cap.  4),  che  Irovossi  nelle 
guerre  del  XVI  secolo ,  l'autore  Carloix ,  detto  del  S.  Rémy  ingegnere  e 
fuochista  Francese ,  aggiunge  che  la  fama  sua  redonde  grandement  à  la 
gioire  frangoise ,  car  Ics  Ualiens  s'attribuent  la  science  des  fortifications 
sur  tout  le  reste  de  la  chrétienté ;  encnres ,  par  une  honne  desbordee  van- 
tance  et  trop  audacieuse  présomption ,  ilx  s'en  d'isent  invrnleìnx.  \n  qiiej-lo 
caso  gli  Italiani  avevano  rauioiie. 

(2)  Leggasi  iìì  6  anni. 

(3}  1  Veneti  dicono  Honxignur  per  Monsignor. 


439 
d'Ayala,  trovasi  oia  a  Torino  nella  biblioteca  ilei  Re. 
Rannosi  pure  di  lui  le  Cose  narrate  da  M.  Gìo.  Tomaso 
da  P'^euetiay  ingegniere  eccellentissimo  ^  già  di  Carlo 
Imperatore ,  et  or  dell'  Illustrissimo  Dominio ,  in  materia 
di  fortezze,  difese  et  offese ,  et  altri  awertimenti ,  appar- 
tinenti  a.  cose  della  militia  ;  e  sono  nei  Precetti  della 
militia  moderna  raccolti  dal  Ruscelli  e  stampati  in  Ve- 
nezia nel  iSgS  evidentemente  togliendoli  dal  codice  dello 
Scala;  ma  questo  essendo  anonimo,  vennero  quei  precetti 
malamente  attribuiti  dall'editore  al  Bellici  o  Bellucci  da 
S.   Marino. 

XVII. 
GIROLAMO  WARIIMI  DA  BOLOGNA. 

Di  questo  ingegner  Bolognese ,  non  mai  rammentato 
dai  concittadini  suoi,  diedi  nel  i863  le  prime  notizie  (0, 
troppo  meschina  cosa  essendo  quanto  un  secolo  prima 
detto  ne  aveva  il  Piacenza  (^).  Per  Francia  militando  in 
Piemonte,  trovossi  nel  i537  a  fortificar  Pinerolo ,  che  il 
^farchese  del  Vasto  non  attentossi  poi  di  assediare;  la 
pianta  n'è  in  Coronelli  e  nella  galleria  di  Minerva  (3)  ed 
è  probabile  che  sue  pur  fossero  le  difese  allora  erette  a 
Bene,  Centallo,  Moncalieri.  Dopo  ciò  ei  comparisce  allo 
assedio  di  Perpignano ,  poi  alle  espugnazioni  e  difese  delle 
tante  fortezze  francesi  di  Fiandra  e  Piccardia,  sinché 
nel  i553  periva  combattendo  a  Teroana  \^).  Errava  dunque 
il  Campana  narrante  che  nella  rotta  di  Carignano  era  il 


(1)  Miscellanea  di  Storia  Italiana,  Ionio  IV,  pag. 614. 

(2)  Notizie  de'  professori  del  disegno  (1768-1820),  voi.  V,  pag.  455. 

(3)  Fortezze  dello  Stato  di  Milano  (1693);  voi.    II  (1696),  pag.  232. 

(4)  Sozzini,  Decorso  dell'Assedio  di  Siena,  pag.  153,  nell'Archivio  Storico 
Italiano. 


440 

Marini  luogotenente  dell' Aussun  l^) ,  essendoché,  giusta 
Monti uc,  questi  cliiamavasi  Magrini  e  non  Marini  e,  per 
altra  parte ,  il  nostro  già  da  più  anni  seguiva  le  guerre 
sulla  Sambra  e  sulla  Mosa.  Camillo  figliuol  suo,  ed  inge- 
gnere esso  pure  per  Francia,  veniva  ucciso  difendendo 
Metz. 

XVllI. 
SEBASTIANO  SERLIO  DA  BOLOGNA. 

Di  questo  architetto  bolognese  sul  quale  si  hanno  tanti 
scritti  dal  Vasari  sino  al  Bolognini,  al  Maggiori  ed  a  me 
stesso,  che  lo  considerai  solo  quale  ingegner  militare  (2), 
non  è  questo  il  luogo  d'indagai'ne  notizie  artistiche.  Sin 
dal  iSSg  abitava  la  Francia,  dove,  alla  metà  del  secolo, 
vecchio  e  povero,  vendeva  a  Iacopo  Strada  antiquario 
Cesareo  l'ultima  parte  del  suo  trattato  d'architettura,  cioè 
«  l'ottavo  libro,  il  quale  appartiene  tutto  alla  guerra,  e 

))   sono  in  questo  volume    due    Castrametatione 

»  L'altra  si  è  la  stessa  Castrametatione,  ma  ridotta  in 
»  forma  d'una  cittadella  murata  e  senza  fortezza  G^)  ».  Del 
qual  libro  Vili,  per  cura  dello  Strada  e  sin  dal  iSyS, 
erano  già  intagliate  le  stampe ,  che  poi  andarono  smarrite. 

Meglio  ancora  c'interessa  il  brano  seguente  del  docu- 
mento notato  neir  Index  Ubroruni  dallo  Strada  istesso 
presentato  nel  i58i  al  gran  Duca  di  Toscana  e  conser- 
vato   nell'archivio   di    Firenze  C^),  di  questo   catalogo  di 


(1)  ma  di  Filippo  II,  Deca  11,  f."  98;  all'anno  1543. 

(2)  Miscellanea  di  Storia  Italiana  (1803),  tomo  IV,  pag.  COI. 

(3)  Il  settimo  libro  d'' architettura  di  Sebastiano  Serglio  ecc.  Prefazione  dello 
Strada;  italiano  e  latino.  Francoforte  al  Meno,  1575,  f.» 

{4)  Archivio  3Iediceo,  carte  e  spogli  Strozziani. 


4il 
libri  essendone  altro  esemplare  nell'iniperial  biblioteca  di 
Vienna  al  N.°  ioidi  'S).  In  esso  di  nuovo  parla  lo  Strada 
delle  due  cas trame tazioni  colle  parole  :  Et  hanc  fecit  in 
Gallici  Sebastianus  Serlius  Bononiensis  arcliitectus  ad 
christianissimi  regis  instantiani  et  mandatum.  In  altera 
etiam  habetiir  castvametatio  eiusdeiìi  magnitudinis  et 
formae.  Differt  tamen  a  priori,  quod  haec  tantum  cincta 
est  muro ,  et  in  ea  fabricata  sunt  palatia  et  aliae  habi- 
tationes.  Quae  quoque  facta  est  ab  ipso  Sei'lio ,  instante 
dicto  Franciae  rege,  cum  velie t  duo  castra  ad  eam  formam 
et  niodum ,  unum  in  Pedemontanis ,  alterum  contra  Flan- 
dros  construere.  Has  ambas  tabulas ,  ego  dum  essem  in 
Francia,  ab  ipso  autore  emi.  nec  in  ullius  alterius  ma- 
nibus  nunc  similes  habentur. 

Ma  questi  due  campi  fortificati,  uno  al  confine  Fiam- 
mingo, altro  a  quello  Piemontese  e  probabilmente  sulla 
Dora  Baltea,  amlDidue  disegnati  dal  Serlio  ad  istanza  di 
Francesco  I,  gli  storici  Francesi  contemporanei  non  trovo 
che  li  ricordino.  Solo  G.  M.  Stella  (Sterni)  descrivendo 
nel  iv543  le  fortificazioni  di  Vienna  d  Austria  ,  dopo  notati 
gl'inconvenienti  dei  fossi  di  poca  ampiezza  e  detto  che 
giusti  erano  quelli  del  castello  di  INIilano ,  aggiunge  :  Hoc 
imitati  sunt  postmodum  Galli  in  Turinis  et  Morini 
(sic)  (^^;  dove  io  francamente  emendo  in  Taurinis  et  Mo- 
rinis ,  vale  a  dire  in  Piemonte  ed  in  Piccardia.  Forse  in 
queste  poche  parole  ed  in  quelle  dello  Strada  sta  il  solo 
ricordo  a  noi  pervenuto  di  que' campi  fortificati,  i  quali 
se  non  mai  fatti,  furono  almeno  pensati  e  predisposti  da 
Re  Francesco  ai  due  più  deboli  confini  del   reame. 


(I)  Presso  Hiibner  Inscripliones  Hispaniae  Latinae  (1869);   prefazione, 
N.°  XIV. 
(•2)  Apud  Schardium  Historicinn  Opus  'J57i),  lotno  li,  pag.  15T5. 


44^2 

XIX. 

PIETRO  ANGELO  PELLOIA  DA  CHIVASSO. 

Nella  prima  metà  del  xvi  secolo  viveva  in  Chivasso 
(città  posta  sul  Po  a  ventitré  chilometri  a  valle  da  To- 
rino) ed  era  signore  di  S.  Raffaele  sui  prossimi  colli  un 
Pietr' Angelo  Pelloia,  che  si  dice  cavaliere  di  non  so 
qiial  ordine  e  che,  giusta  lo  storico  di  sua  patria  (^), 
Francesco  I  avrebbe  fatto  commissario  e  maestro  generale 
delle  fabbriche  e  fortificazioni  del  Re  in  Piemonte.  Altre 
notizie  non  fornisce  circa  costui .  che  rimase  sconosciuto 
agli  scrittori ,  senonchè  da  esso  fu  disegnata  ed  eseguita 
la  nuova  fortificazione  di  Chivasso  nel  i543;  aggiungendo 
a  pag.  3'y5  che  sotto  la  sua  direzione  si  alzarono  i  due 
ordinati  bastioni  e  poi  la  piattaforma. 

Per  ventura  j  di  questo  ingegnere  hannosi  in  Torino 
alcune  piante  U  Una  è  quella  di  Valfenera,  scrittovi: 
di  .  senio  .  fato  .  del  .  chavalere  .  pe  .  loia  .  chon  .  li .  mi- 
sure .  trabuche  .  de  .  nove  piedi  lune.  Dove  convien  av- 
vertire che  il  Pelloia  doveva  essere  in  dipendenza  dal 
Veneto  ingegnere  Francesco  Orologi  (di  cui  sarà  detto 
ampiamente  più  sotto),  che  tanto  adopravasi  qui  allora 
per  Francia;  ora,  l'Orologi  non  volendo  lasciar  la  misura 
ch'eragli  più  ovvia,  cioè  il  piede  di  Venezia,  e  per  esser 
inteso  dagl'impresari  e  capimastri  dovendo  pur  far  uso 
del  trabucco  piemontese,  pose  che  i  sei  piedi  liprandi  di 
questo    fossero   eguali  a  nove    piedi  veneziani  ^^  ;  per  tal 


(1)  Memorie  sloriche  della  città  di  Chivasso  pel  P.  Giuseppe  Boria,  libro  I, 
pag.  249.  ms.  della  biblioteca  del  Re  in  Torino. 

(2)  Archivi  di  Stato  ;  piante  di  fortezze,  voi.  V. 

(3)  Infatti ,    nella  sua  inedita  proposta  per  la  cittadella  di  Torino  dice 
piedi  .15,  che  seria  trabucchi  4  marìco  un  piede. 


443 
modo,  la  nona  parte  del  trabucco  essendo  -  o,3425  ri- 
sponde con  lieve  differenza  al  piede  veneto  =  0^3473. 
L'Orologi,  supremo  ingegner  di  Francia  in  Piemonte, 
deve  aver  fatto  invalere  questo  suo  sistema,  la  qiial  cosa 
ci  spiega  come  il  trabucco  piemontese  del  Pelloia  pareggi 
il  trabucco  di  nove  piedi  veneziani. 

Vengono  quindi  le  piante  di  Carmagnola  e  di  Saluzzo 
ambe  con  eguale  indicazione,  poi  altra  e  notatovi  Pianta 
ilei  forte  del  Borgo  S.  Martino  fatto  del  i558;  final- 
mente quella  della  [Mirandola  scrittovi:  Disegno  fatto  per 
ma  del  cavalier  Peloia  ingegìiiero  del  re.  Contiene  questo 
disegno  una  proposta  d'ingrandimento  della  città  (terra 
nova  de  la  Mirandola),  ed  essendo  stata  assediata  nel  1 55 1 
da  Giulio  III  avente  ad  alleato  il  Re  di  Francia,  avràgli 
il  Papa  chiesto  un  suo  ingegnere ,  e  ciò  spiega  come  alla 
pianta  della  Mirandola  sia  sottoscritto  il  Pelloia.  Dalle 
riferite  indicazioni  apparisce  la  poca  sua  coltura,  ma  era 
questo  il  caso  comune  degf  ingegneri  d'allora,  che  non 
fossero  d'illustre  nascita;  ho  detto  altrove  v')  come  scrivere 
non  sapessero  il  Bramante  ed  il  Frate  da  Modena ,  e  qui 
aggiungo  come  il  Marchi  non  imparasse  a  leggere  ed  a 
scrivere  che  da  sé  stesso  ed  in  et'i    di  trentadu'  anni  (^). 

XX. 
GABRIELE  SlMEONl  DA  FIREINZE. 

Fra  la  colluvie  d'uomini  diffamanti  l'Italia  nel  xvi  se- 
colo, fra  l'Aretino,  il  Franco,  il  Giovio  e  tant'altri  va 
posto  il  Fiorentino  Gabriele  Simeoni  d'ogni  cosa  scrivente 


(l)  L'arc'iilettura  e  gli  architetli  presso  i  Romani  (ISTT,  pag.  IO". 

^•2;  Ronchini  Cento  Irlterc  di  Francescn  Marelii  ^ISC.G  ,N.o  UV  e  LXXXVll. 


e  con  lievi  mutazioni  tlunLe  come  nuovi  i  lil>ri  suoi  «ià 
stampati,  affinchè  le  rinnovate  dediche  gU  fruttasser  no- 
vello danai'o.  Egli  scrittor  Italiano,  Francese,  Latino,  egli 
Ellenista  ed  Ebraizzante,  egli  filologo,  antiquario,  epi- 
grafista, moralista,  teologo,  geogi'afo,  poeta,  ingegner  di 
guerra,  e  non  so  quant'altre  cose,  come  può  vedersi  in 
Manni,  Zeno,  Tirabosclii  e  soprattutto  in  Menckenio  ; 
presuntuoso,  millantatore,  girovago,  e  per  menar  vita  lieta 
e  non  faticante,  successivo  adulator  di  tutti. 

Restringendomi  alle  cose  militari  del  Piemonte,  dirò 
che,  alla  metà  del  secolo,  per  un  triennio  militò  il  Si- 
meoni  nel  presidio  di  Torino  sotto  il  governatore  Principe 
di  Melfi  W  ;  dicendo  egli  :  J'ai  eu  autrefois  quelque  petite 
charge  en  Piémont  clic  temps  de  Monsieur  et  plus  que 
pére  le  boii  Prince  de  Melphe ,  et  en  labsence  de  Mon- 
sieur d'Ossum  gouverneur  de  Tur  in,  enpartie  la  garde 
de  la  diete  ville  C^);  nella  qual  città  mandava  eziandio  in 
luce  nel  i549  ^®  ^^^  Satire  e  Rime  (3).  Nell'elogio  poi 
ch'ei  scrisse  di  se  stesso,  dopo  i  più  boriosi  vanti,  non 
si  perita  a  dire:  Leges  a  se  inventas  militibus  dedit , 
murorum  propugnacula  direxit ,  locoruni  metitus  inter- 
valla regiones  pinxit Ipse   animo  salteni  vixi 

nec  Regibus  impur.  In  un  sonetto  poi  ei  si  compara  a 
Dante,  conchiudendo  : 

CKuom  di  virtù  poco  alla  patria  è  grato  ('^). 
Vagava   intanto    in   Italia   e  Francia,    indifierentemente 

(1)  In  militiam  triennium  apud  Augustam  Taurinorum.  Nel  proprio 
elogio  posto  nel  Dialogo  pio  et  speculativo,  Lione,  1560,  pag.  204. 

(2)  Cesar  renouvellé ,  Parigi,  1558,  cap.  16. 

(3)  Per  Martin  Cravotto ,  8°.  La  satira  II  è  diretta  all'Aretino  pregan- 
dolo di  volere  sbrattar  dall'avarizia  il  mondo  con  la  tua  lingua  intrepida 
immortale. 

(4)  Stampato  nella  Galleria  di  Minerva  (1696),  volili,  pag.  283. 


445 
limosinando  da  Ferrante  Gonzaga  oppur  da  Diana  di  Poi- 
tiers  ,  ed  egli  che  cantato  aveva  le  larghezze  di  Francesco  I 
e  di  Enrico  II,  stampava  poi  nel  i56o  a  Lione  le  Sen- 
tenziose Imprese ,  così  intitolandole  ad  Emanuele  Filiberto  : 

Sin  qui  cercando  huom  pio ,  prudente  e  giusto , 

Giacciuto  sono  in  torbida  procella  j 
Hor  lieto  sorgo,  che^  cangiata  stella, 

Ho  ritrovato  Enianuello  Augusto. 

JNarrano  gli  scrittori  suoi  concittadini  come  gli  ultimi 
anni  li  vivesse  il  Simeoni  in  corte  di  Torino,  ma  non  ne 
adducon  prove,  e  gli  Archivi  nostri  così  ricchi  di  docu- 
menti di  Emanuel  Filiberto  non  ne  fanno  parola ,  ne  amava 
il  Duca  e  tanto  meno  premiava  que'  pretesi  rappresentanti 
dell'opinione  pubblica.  Diceva  nel  Dialogo  pio  il  Simeoni 
di  aver  in  pronto  un  libro  sulle  antichità  di  Lione,  e 
questo,  dedicato  al  Duca,  conservasi  in  Torino  (^)  e  fu 
poi  stampato  in  Lione,  or  son  pochi  anni,  da  una  società 
di  cultori  della  storia  patria.  Il  titolo  n'è  :  L'origine  et 
le  antichità  di  Lione  di  in.  Gabriel  Sjmeoni  al  magna- 
nimo et  potentissimo  Princ.  Emanuel  Filiberto  Duca 
di  Savoia.  Sue  inedite  poesie  a  Cosimo  I  per  la  restitu- 
zione fattagli  da  Spagnuoli  nel  i543  delle  fortezze  di 
Firenze,  Livorno  e  Pisa  stanno  negli  Archivi  Toscani  in 
uno  con  certe  sue  lettere  sopra  le  fortificazioni  che  Cosimo 
andava  facendo  sulla  marina  contro  il  Barbarossa. 


(1)  Ne  diede  notizia  il  Boissieux  nelle  Inscriptions  antiques  de  Lyon 
(1854)  in  fine  alla  prefazione.  L'originale  è  negli  Archivi  di  Sfato  ed  al 
f."  12  è  detto  che  fu  scritto  nell'anno  1550. 


446 

XXI. 

ABRA  DE   RACOINIS. 

Agliiigegneri  che  qui  nel  secolo  xvi  operarono  e  mi- 
litarono per  Francia  faccio  tener  dietro  uno  scrittor  coevo 
ti  artiglieria  che,  grazie  al  nome  personale  e  patrio,  fu 
creduto  Piemontese ,  ma  ch'io  ritengo  Francese ,  avvegna- 
ché oriundo  fosse  del  paese  nostro.  Da  ducencinquant'anni 
è  conosciuto  sotto  questo  nome,  e  sotto  quello  di  Dahra 
Draconis,  l'autore  di  un  manoscritto  trattato  d'artiglieria, 
ch'era  nel  1600  nella  biblioteca  di  Renato  Morey  d'onde 
passò  nella  Reale  di  Parigi. 

Primo  a  darne  contezza  fu  nel  i63'j  Gabriele  Naudé '.'  , 
che  lo  descrisse,  ma  tacendone  il  Montfaucon  nella  bi- 
blioteca de'  manoscritti,  nonché  il  grande  catalogo  pari- 
gino; di  esso  parecchi  brani  furono  addotti  nella  dotta 
opera  Le  passe  et  tavenir  de  Vartillerie  distesa  da  Na- 
poleone III  e  dal  colonnello  Fave.  Finalmente  l'operoso  e 
solerte  capitano  Angelucci  riducendo  quelle  denominazioni 
di  persona  e  di  patria  a  lezione  Piemontese  ed  Italiana, 
addusse  parecchi  argomenti  a  dimostrare  come  sotto  quel 
nome  apparentemente  Francese ,  si  ascondesse  quello  di 
Abrà  (od  Abrate)  da  Racconigi  città  del  Piemonte  supe- 
riore (^X  In  Racconigi  infatti  e  nelle  vicinanze  abbondano 
le  famiglie  appellate  con  quei  nomi. 

Narra  il  nostro  di  aver  servito  i  re  Francesco  I  ed 
Enrico  II,  aggiungendo  che  nel  i54o  o  4^  fii  l'i  Francia 


(1)  Syntagma  de  studio  militari  (Roma,  163"7^.  Ho  a  mano  l'edi/ione  di 
Iena  (1683  con  titolo:  Gàbrielis  N audaci  Bibiiographia  mililaris^  a  pag. 76 
vi  si  paria  dell'Abrà. 

(2)  Ricordi  e  dncumenti  di  nnmini  r  di  trovati  italiani  ecc.  ^Torino  ,  1866'^, 
pag.  39. 


447 
iiiiglioraLa  la  fabbricazione  della  polvere;  dunque  egli 
scrisse  alla  metà  del  secolo  e  la  sua  nascita  si  può  sup- 
porre circa  l'anno  i5oo.  Non  era  TAbrà  soldato  in 
nessun  modo,  ma  commissario  delle  artiglierie  nell'ar- 
senale di  Parigi,  come  risulta  dal  suo  libro;  grado  ci- 
vile di  tutta  fiducia,  ne  solito  darsi  a  forestieri.  Adopra 
egli  un  modo  di  dire  dal  capitano  Angelucci  creduto 
proprio  de  maestri  Italiani  d'allora,  cioè  che  la  polvere 
già  facevasi  in  Francia  di  sei  asso  ed  asso  (^  ,  cioè  di 
sei  unità  di  nitro,  una  di  zolfo,  una  di  carbone.  Io  però 
la  credo  espressione  professionale,  già,  per  figura, 
usandosi  in  quella  lingua  l'antico  verbo  Assommer  nel 
significato  di  far  addizione  delle  unità  od  assi. 

Ora  dirò  delle  ragioni  persuadentimi  che  l'Abrà  non 
in  Piemonte  sia  nato  ma  in  Francia ,  avvegnaché  certa 
cosa  mi  paia  altresì  che  da  Racconigi  (  come  sovente 
accadeva  allora  in  Piemonte)  siansi  gli  avi  suoi  por- 
tati colà,  o  conservando  od  acquistandovi  una  nobiltà 
inferiore.  Racconta  infatti  il  P.  Anselme  che  Maddalena 
d' Abrà  de  Raconis  ,  figlia  di  Francesco  d-Ahra-de- 
Raconis  signore  di  Perdreauville  e  di  Alevu  e  tesoriere 
àeWextraordinaire  des  guerres  ,  nel  1624  sposò  un  Billy 
de  Montguignard  (2) .  Per  ragion  di  tempo ,  Francesco 
doveva  esser  figlio  o  nipote  paterno  del  nostro  ed  era 
anch'esso  impiegato  civile  di  guerra. 

Parlano  Monsignor  della  Chiesa  ed  il  Mazzucchelli  del 
vescovo  Carlo  Francesco  Abrà  di  Racconigi ,  da  essi 
creduto  di    questa    città  ,    e    lo    dicono    addottorato   nel 


(1)  La  poudrc  qui  se  faisail  de  mon  tcmps  estoit  de  six  as  et  as ,  pour 
parler  selon  les  termes  etc.  {Le  passe  et  l'avenir  de  l'artiUerie,  voi.  IH  , 
pag.  232). 

(2)  Hisloire  généalogique  et  chronotogique  de  la  maison  Royale  de  France, 
des  Pairs  etc.  (1736),  voi.  II,  pag.  121. 


448 

Parigino  collegio  di  Navarra ,  predicatore  ed  elemosi- 
niere di  Luigi  XIII  ^  pel  quale  (morto  nel  i643)  recitò 
1  orazion  funebre^  essendo  eziandio  autore  di  qualche  libro, 
come  sarebbe  la  vita  di  Maria  di  Lucemburgo  Duchessa 
di  Mercoeur;  ma  qui  il  Mazzucchelli  attinge  dal  Della 
Chiesa,  che  dalla  assonanza  de' nomi  sovente  fu  tratto 
in  errore,  come  quando  disse  essere  da  Barge  in  Pie- 
monte il  Toscano  Bargèo.  Di  questo  Abrà  non  fa  parola  il 
Della  Chiesa  nella  prima  edizione  del  Catalogo  degli  Scrit- 
tori Piemontesi,  ma  si  nella  seconda  (i),  quindi  è  chiaro 
che  siffatta  notizia  ei  la  desunse  dai  Sammartani ,  che  la 
Gallia  Cristiana  pubblicarono  nel  i656.  Narrano  questi 
le  cose  stesse  di  Carlo  Francesco  Dabra  de  Raconis 
(nome  questo  nobiliare  e  non  di  patria)  vescovo  di  Lavaur 
in  Linguadocca  venuto  a  morte  nel  1646  in  domo  sua 
de  Raconis  juxta  Monfortium  Amaiirici ,  cioè  nella  casa 
domestica  o  villa  di  Raconis  presso  Montlort  l'Amaury 
neirodierno  dipartimento  di  Scine  et  Oise  (^).  Cosicché, 
qualunque  ne  fosse  l'origine,  era  il  nostro  un  gentiluomo 
di  Linguadocca.  Anzi  io  penso,  che  lo  sconosciuto  suo 
nome  di  battesimo  fosse  Francesco,  trovandolo  ripetuto, 
giusta  l'usanza  patrizia,  in  coloro  che  a  me  paiono  figlio 
suo  e  nepote. 

In  Abrà  de  Raconis  avrei  desiderato  di  trovare  uno  scrit- 
tor  militare  Piemontese  esponente,  a  mezzo  il  secolo  xvi, 
lo  stato  deirartiglieria  Francese  e  le  sue  prime  riduzioni 
a  sistema;  ma  le  addotte  ragioni  mi  astringono  a  la- 
sciarlo a  Francia,  avvegnaché  io  lo  tenga  originario  di 
nostra  patria  e  che  il  nome  Raconis ,  imposto  ad  una 
casa  o  villa  di  que'  gentiluomini,  vi  stesse  per  richiamar 
quello  della  patria  de'lor  maggiori. 

(1)  Torino,  1614;  Carmagnola,  1660. 

(2)  Gnllia  Christiana,  voi.  Ili,  pac   11  L'i. 


449 

xxir. 

RIKALDO  MARSILll  DA  BOLOGNA  (?) 

Allorquando  il  INJarchese  del  Vasto  portossi  cogl"  Im- 
periali nel  i53'y  ad  assediar  Pinerolo  tenuta  dai  Francesi, 
il  cavalier  Rinaldo  Marsilii,  ch'era  col  presidio,  mise 
a  profitto  gli  accidenti  del  luogo  onde  ricavare  dentro 
le  mura  una  strada  di  molta  larghezza  per  potervi  far 
le  ritirate  ed  alloggiarvi  le  truppe,  aiutato  in  ciò  da 
Malatesta  e  da  Galeotto  Malatesti.  11  fatto  è  esposto  dal 
dotto  ingegnere  Girolamo  Maggi,  che  udillo  dal  presi- 
diario  Vincenzo  Boda  (0,  e  fu  questa  tra  le  cagioni  che 
indussero  il  Vasto  a  mutar  l'assedio  in  blocco,  tolto  poi 
esso  pure  per  la  breve  tregua  fattasi  nel  novembre.  E 
probabile  che  appartenesse  Rinaldo  alla  nobil  famiglia 
Bolognese  di  tal  nome,  ma  nulla  deve  avere  scritto, 
tacendone  il  Fantuzzi. 

XXIII. 
GUIDO  RAINGOÌNE  DA  MODENA. 

Sotto  le  bandiere  di  Francia  in  Piemonte  lu  pure  allora 
il  Conte  Guido  qual  colonnello  delle  Fanterie  Italiane, 
manifestandosi  ovunque  non  solo  intelligente  d'architet- 
tura militare,  ma  eziandio  in  essa  versato  al  paro  di 
qualunque  ingegnere  pratico.  Narra  infatti  il  Du  Bellay 
come  nel  iSS-y  capitanasse  il  Rangone  il  presidio  di 
Pinerolo,  la  quale  est  une  grande  ville  vaglie,  laquellc 

{{]  Fortificazione  delle  città  (1564)  lib.  II,  cap.  I,  e  lib.  II,  cap.  VHI.  L'ul- 
tima pianta  di  Pinerolo,  come  l'avevan  allora  fortitìcata  i  Francesi  è  nel 
voi.  1  di  piante  di  fortezze  negli  Archivi,  e  sottoscritta  Tillicr ,  1561. 

29 


4oO 

pour  l  étrangeté  de  tcissictte ,  estant  en  montagne  et 
valiées,  avoit  esté  aupavavant  estimée  nj  avoir  mojen 
de  la  fortifier  ;  toutefois  le  comte  Guy  de  Rangon  coH'o- 
pera  di  Girolamo  Marini  (e  certamente  anche  del  Marsilii 
anzidetto)  la  munì  per  modo  che  il  Vasto  non  istimò 
di  assediarla  t'^;  aggiunge  poi  il  Maggi  che  «  il  conte 
»  Guido  Rangone  già  in  Piemonte  capitan  generale  e 
»  luogotenente  del  Crist.  Re  Francesco,  fortificando 
»  Pinaruolo,  nel  far  cavare  i  fossi,  volse  che  si  lasciasse 
»  tra  '1  muro  e  1  fosso  una  panca  di  terreno  larga  da 
1)  8  braccia  incirca.  Poi  la  fece  tagliare  dal  cominciar 
»  della  muraglia  fino  al  fondo  del  fosso,  si  che  si  venne 
»  a  fare  scarpa.  Per  la  qual  cosa  il  fosso  più  largo 
»   divenne,  e  la  muraglia  non  rimase  scalzata  (^). 

Non  era  quella  la  prima  sua  fortificazione,  impercioc- 
ché, ott'anni  innanzi,  mifitando  per  la  Chiesa,  aveva 
con  bastioni  e  trincee  munito  Piacenza  C-^),  delle  quali 
opere  parla  anche  in  sue  lettere  Bernardo  Tasso  i^)  ; 
poi,  un  anno  prima  che  difendesse  Pinerolo,  aveva  già 
egli  abbastionato  la  terra  di  Savigliano  in  Piemonte  ^^  , 
cioè  cintala  di  terrapieno  e  fors'  anche  di  baluardi  non 
murati,  alta  ogni  cosa   ventiquattro  piedi. 

XXIV. 
MATTEO  SANMICHELI  UÀ  VERDINA. 

Qui  riunisco  i  nomi  di  due  uomini ,  limo  de  quali 
fortificò    la    capitale    del    Monferrato    pel    suo    Principe 

;i)  Mémoires,  lib.  VII;  Ruscelli,  Supplemento,  pag.  12. 

'2)  Fortificazione,  lib.  I,  cap.  12. 

,3)  Locati,  Cronica  di  Piacenza  ^1564',  pag.  idi. 

(4)  Sovente  e  soprattutto  nella  XI  del  libro  I. 

(5)  Molini,  Documenti  di  Storia  Italiana,  voi.  II.  pag.  393;  Martin  du 
Bcllay,  pag.  291,  anno  1538. 


451 
naturale,  1  altro .  quale  artigliere  ,  pel  Duca  di  Savoia 
adoprossi  nella  difesa  di  una  principal  città  del  suo  Stato. 
Narrando  adunque  il  ^  asari  come  il  celebre  Michele 
Sanmicheli  ito  fosse  a  visitar  le  fortezze  di  Lombardia 
(la  qual  cosa  fu  circa  il  i53o,  del  Monferrato  essendo 
signore  Bonifacio  IN  Paleologo)-,  aggiunge  che.  prima 
di  tornar  a  Venezia,  portossi  Michele  u  a  Casale  di 
»  Monferrato  per  veder  quella  bella  e  fortissima  città 
)ì  e  castello,  stati  fatti  per  opera  e  per  1  architettura  di 
»  Matteo  Sanmichele,  eccellente  architetto  e  suo  cugino  ». 
Parla  in  sèguito  di  un  sepolcro  da  ^Matteo  innalzato  in 
quella  città,  che  dev" esser  quello,  tuttor  conservato, 
dello  storico  Benvenuto  da  S.  Giorgio  morto  nel  i52'j  vO. 
Di  uno  stupendo  lavoro  architettonico  ,  che  ne  primi 
lustri  del  secolo  Matteo  condusse  in  Torino  e  poi  sullo 
scorcio  di  esso  fu  dai  nostri  concittadini  demolito,  par- 
lerò altrove  come  di  niirabii  cosa  ed  a  (Fatto  sconosciuta 
ai  ricercatori  della  storia  di  Torino. 

Quanto  alla  città  e  castello  di  Gasale  fnon  dico  della 
cittadella  perchè  posteriore),  sola  guida  che  ne  abbiamo, 
onde  poter  dire  delle  loro  mura,  è  la  pianta  datane  a 
f.°  145  del  Morello  circa  il  i65o.  cioè  anteriore  agli 
assedi  ed  alle  susseguenti  demolizioni  e  riforme.  In  essa 
la  città  conserva  l'antico  tracciamento  e  non  ha  bastioni, 
ma  semplici  puntoni;  esagono  è  il  castello,  con  quattro 
torrioni,  due  rivellini  coprenti  i  lati  minori  e  due  aloni 
o  controguardie  coprenti  i  saglienti  formati  dai  quattro 
lati  maggiori;  il  piano  della  controscarpa  sviluppasi  in 
otto  saglienti. 

Dalle  quali  cose,  e  singolarmente  dall  assoluta  mancanza 


(I)  Temanza  a  pag.    151    copia   Vasari;   il  della   Valle   nelle  note  parla 
assai  senza  dir  nulla. 


452 

dei  bastioni;  vedesi  come  Matteo  (che  gran  parte  di  sua 
-vita  passò  in  Piemonte)  ancor  non  conosceva  la  nuova  for- 
tificazione trovata  appunto  a  quegli  anni  e  per  la  quale 
venne  in  tanta  fama  il  suo  cugino;  seppure  non  voglia 
dirsi  che  il  Principe,  poco  edotto  di  tali  studi ,  sforzato 
abbialo  a  seguir  il  vecchio  sistema.  Le  mura  della  città 
sono  disfatte  da  gran  tempo,  ma  il  castello  esiste  tuttora 
presso  il  Po. 

XXV. 
GIOVANM  DELL!  FACCI  DA  BARGE. 

A  mezza  via  tra  Saluzzo  e  Pinerolo  è  Barge  patria 
del  nostro,  il  quale  pare  che  altrove  e  per  altri,  fuorché 
in  Piemonte  e  pel  Piemonte,  non  abbia  militato  mai. 
L'anonima  relazione  dell'assedio  posto  dai  Francesi  nel- 
l'anno i557  a  Cuneo,  detto  come  alli  25  giugno  ribut- 
tassero i  cittadini  un  fierissimo  assalto,  prosegue:  «  E 
»  molto  ofìfesero  i  nemici  molte  opere  di  fuoco  dalli 
))  assaliti  fabbricate  et  gettate  contro  la  fronte  loro , 
»  massimamente  le  fascine  impegolate  con  solforo  et 
))  altre  materie;  e  certe  palle  di  metallo,  buse  dentro 
»  (inventione  nuova  trovata  dall'Ingignier  nomato  Mastro 
»  Giovanni  Delli  Facci  da  Bargie);  tal  palle  si  puonno 
»  tirar  con  l'artegliaria  et  con  mano;  ma  differentemente 
»  acconciate:  traendole  con  l'artegliaria  fanno  duoi  effetti, 
»  cioè  la  sua  passata,  poi  crepano;  tirandole  con  mano, 
))  fanno  il  medesimo  effetto:  le  quali  tratte  in  buon  nu- 
j)  mero  nelle  squadre  de' nemici,  toccando  terra  in  molli 
»  pezzi  et  diverse  parti  si  spezzavano  et  gettavano  con 
)i  terribil  furia  per  le  materie  che  vi  erano  dentro ,  fa- 
))   cendo  suoni  et  sbaragliando  lutt*^   quello  che  attorno 


453 
))  trovavano,  come  fossero  stati  colpi  de  sagri;  onde, 
»   per  questo,  gran  numero  di  Francesi  morse  ^0  ». 

Non  mi  estenderò  su  queste  granate  reaii  (Schrappnells) 
e  granate  a  mano,  avendone  lungamente  discorso  altrove  (-', 
da  un  secolo  già  conosciute  essendo ,  avvegnaché  non  di- 
vulgate; cosicché  si  deve  credere  che  il  trovato  del  Delli 
Facci  suo  realmente  fosse.  Respinse  allora  Cuneo  l'assedio 
postole  dal  re  di  Francia  Enrico  II,  come  altro  ne  aveva 
respinto  quindici  amii  prima,  e  come  ne' due  secoli  se- 
guenti tre  altri  ne  respinse  posti  da  Luigi  XIII ,  dal  XIV, 
dal  XV.  Al  qual  proposito  noterò  le  parole  del  Boldiì, 
che  poco  dopo  era  orator  di  Venezia  costì  :  «  Cuneo , 
»  che  così  valorosamente  si  difese  contro  tanta  hiria  di 
»  batterie  ed  assalti  dei  Francesi,  sola  in  Piemonte  non 
»  ha  voluto  presidi i  di  forestieri ,  né  gridato  mai  altro 
.')   die  Savoia  (^/  ». 

XXVI. 

BENEDETTO  ALA  DA  CREMONA. 

Vengo  ora  a  coloro  che  in  qualità  d'ingegneri  di  guerra 
militarono  in  Piemonte  ed  in  quel  secolo,  ma  sotto  le 
bandiere  di  Austria  e  Spagna  e  do  cominciamento  da 
Benedetto  Ala,  che  fu  ingegnere  per  Carlo  V  e  di  cui 
parlano  gli  scrittori  di  sua  patria  Arisi ,  Campi ,  Grasselli , 
Lancetti,  Zava  e  fu  posto  dall'Imperatore  a  capo  delle 
fortificazioni  dello  Stato  di  Milano  con  stipendio  di  2000 
monete  ^'*'.    Non   apparendo   che   l'Ala   sia   mai   stato   in 

1)  La  pubblicai  uel  voi.  X  dell'Appendice  dell'Archivio  Storico  Ualiano. 

(2)  Jrchitettura  di  Fr.  di  G.  Martini,  voi,  li,  pag.  16G  in  J70. 

(3)  Relazione  del  1561;  Serie  II,  voi.  I,  pag.  415. 
^4)  Arisi,  Cremona  Uterata  (t702),  voi.  Il,  p.  253. 


151 

Fiandra ,  convien  clii e  the  Einanueie  Filiberto  conosciuto 
abbialo  in  Piemonte  quando ,  come  alleato  di  Carlo  V  , 
vi  lu  nell  anno  i552  e  probabilmente  opera  sua  furono 
le  fortificazioni  del  castello  di  Ceva  erette  l'anno  seguente  (*X 
Pel  Duca  fu  adoprato  quindi  attorno  ai  forti  di  Montal- 
bano  e  S.  Elmo  sul  golfo  di  Villafranca,  come  da  let- 
tera del  febbraio  iSSg  scritta  ad  Emanuel  Filiberto  dal 
governatore  Andrea  di  Leynì  dicente  che:  «  sino  a  qui 
»  non  si  ha  preteritto  un  punto  dall'ordine  lassato  dal 
»  M.  Benedetto  Alli  Cremonese ,  et  del  creato  del  cap." 
»  Giovali  Maria ,  quali  ordinarono  questo  modelo  di 
»  Santo  Elmo  (^)  ».  Fu  uomo  dotto  e  dimostrollo  nelle 
sue  illustrazioni  di  Vitruvio  rimaste  sconosciute  ai  tanti 
editori  e  commentatori  di  questo;  morì  in  età  di  anni  52 
e  l'epitafio  suo  nella  cattedrale  di  Cremona  fu  dettato  da 
Girolamo  Mda. 

XXYII. 
FILIPPO  TORINIELLl  DA  INOVARA. 

Gli  storici  contemporanei  e  singolainiente  il  Missaglia 
ed  il  Contile  nelle  vite  di  G.  G.  Medici  Marchese  di 
Marignano  e  di  Cesare  Maio  o  Maggi  da  Napoli,  ambidue 
gueiTeggianti  per  Carlo  V  in  Piemonte  C^),  parlan  so- 
vente della  perizia  di  costoro  nel  fortificare  ;  altro  però 
non  trovo  liiorchè ,  in  virtù    di    lor   patria .    avevane   una 

(1)  Pingone ,  Augusta  Taurinorum,  pag.  81. 

(2)  Archivi  camerali  in  quelli  di  Stalo,  voi.  II,  N."  53.  Cf.  Cambiano, 
col.  1121. 

(3)  nia  di  G.  G.  de'  Medici  (1G05);  Historia  de' fatti  di  Cesare  da  Napoli 
(15f>2).  Questo  generale  Cesareo  era  gran  rubatore  di  bestie  bovine  che 
vendeva  poi  in  Lombardia,  cosicché  dai  contadini  nostri  gli  fu  cambiato 
nome  chiamandolo  Cesare  delle  vacche.  Cosi  il  borghese  di  Rivoli. 


4t)5 
generica  conoscenza,  mentre  i  capitani  stranieri  ne  igno- 
ravan  i  primi  elementi.  Lasciati  que'  due,  vengo  a  Filippo 
Tornielli. 

Uscito  di  nobil  famiglia  Ghibellina ,  nacque  Filippo  in 
Novara  e  nelle  guerre  tra  Impero  e  Francia  prese  soldo 
da  quello ,  salendo  in  breve  ad  esser  uno  de'  principali 
capitani  Cesarei  contro  Turchi ,  Francesi  e  Protestanti. 
Già  nell'anno  1622  presidiava  Novara  con  2000  fanti  (0 
e,  dodici  anni  dopo,  chiamato  a  Torino  dal  Duca,  la 
occupava  (-).  Nel  i544  visitò  in  Ungheria  la  fortezza  di 
Strigonia,  riferendo  che  non  si  poteva  difendere  perchè 
<^omandata  e  senza  fianchi  i-^)  ;  poi ,  onde  impedir  il  passo 
a  Solimano  fortificò  con  navi  l'isola  di  Comar  nel  Danubio  (4). 
Fu  pure  in  quell'anno  alla  difesa  di  Alba  Reale ,  dove  i 
borghi  anziché  abbatterli,  si  voller  tenere,  dando  con  ciò 
ai  Turchi  ogni  facilità  j^er  gli  approcci  cosicché  la  città 
fu  presa.  Colpa  di  tanto  errore  la  danno  gli  storici  all'in- 
gegner Milanese  Ottaviano  Scrosato,  il  quale  però  del 
fallo  fece    emenda ,    lasciando  in  quella   difesa  la  vita  (5\ 

XXVIII. 
YIINCENZO  LOCADELLl  DA  CREMONA. 

Da  Mercandino  Locadelli  patrizio  di  Cremona  nacque 
in  codesta  città  Vincenzo  ne'  primi  lustri  del  secolo  xvi  '<*). 


(1)  Aggiunte  di  Mambrin  Roseo  (1585),  lib.  I,  pag.  70. 
(9)  Pingone,  pag.  76;  Du  Bellay  (1586),  pag.  215. 
,3)  Giovio,  libro  XLIII. 

(4)  Bugati,  Historie  (1570),  pag.  920;  Guazzo  pag.  603. 

(5)  Ulloa,  r^ita  di  Ferdinando  l  (1565),  pag.  193:  M.  Roseo,  libro  IV, 
pag.  307. 

6)  Arisi,  Cremona  illustrata ,  voi.  H,  pag.  306;  Gavitelli,  Annales  Cre- 
ìiìonenses  (1588),  f."  345. 


456 

Ad  un  tratto  appaiisc' egli  capitano  ed  ingegnere  pel 
re  di  Francia  Enrico  li,  la  qual  cosa  ne  fa  supporre 
che  Tessersi  reso  ribelle  al  suo  Principe  naturale  e  la 
successiva  sua  fuga  dai  dominii  Spagnuoli ,  avessero  a 
movente  un  qualche  grave  delitto  da  lui  commesso,  cosa 
di  tutta  frequenza  a  que'  giorni.  Ad  ogni  modo ,  nel  i  SS-y 
divisando  Enrico  di  fortificar  la  Roccella,  posposti  i 
celebri  ingegneri  Migliorino  e  Castriotto ,  ne  die'  ca- 
rico al  Locadelli  persona  segnalata  nella  scienza  della 
guerra,  e  molto  professa  in  materia  di  fortezze  (0,  ed 
egli  comincio\'vi  la  cittadella  che  poi  non  ebbe  termine; 
accompagnando  quindi  Piero  Strozzi,  ed  in  mentito  abito 
di  contadino ,  andò  a  levar  a  vista  la  pianta  di  Calais  e 
del  forte  di  Risbau  (2\  Uno  sconosciuto  motivo  indus- 
selo  ancora  a  lasciar  il  servizio  di  Francia  per  quello  di 
Spagna  intervenendo  nel  iSGy  all'agguato  teso  dal  Duca 
d'Alba  ai  capi  Fiamminghi,  principal  consigliere  ed  ese- 
cutore essendone  il  Locadelli,  che  di  quel  perfido  inganno 
fii  pili  reo  dell'Alba  istesso  (3),  Quando  poi  re  Filippo 
fecelo  sovrintendente  delle  fortezze  di  Sicilia ,  allor  pa- 
gògli  il  prezzo  del  sangue. 

Tanto  del  Locadelli  narrano  minutamente  gli  storici , 
ma  delle  sue  avventure  e  di  quanto  si  riferisce  al  Pie- 
monte più  partitamente  scrive  egli  stesso  nella  propria 
vita  stampata  senza  luogo  ed  amio ,  ma  non  prima  del 
1 565  e  così  rara  eh  io  non  ne  conosco  che  un  solo  esem- 
plare. Il  titolo  n'  è  :  Manifesto  del  capitan  Vincentio 
Locadelli  da  Cremona  :  nel  quale  si  contiene  la  giusti- 
fication   sua   contro   le   oppositioni  false   et   dishoneste , 

(1)  Natale  Conti,  Historie ,  lib.  II,  pag.  292,  293. 

(2)  Conti,  pag.  483;  Chappuys,  Gucrrcs  de  Fiandre,  Uh.  VI,  p?g.  347; 
Campana,  Guerre  di  Fiandra,  II,  f.»  33. 

(3)  Così  gli  storici  del  tempo  e  Campi,  Cremona  illustrata  (1585),  lib.  HI, 
pag.  LXVII. 


457 

che  da  suoi  malevoli  gli  sono  state  fatte  ecc.  (52  fo- 
glietti,  4.°). 

Degna  dell'età  è  la  fattagli  accusa ,  di  avere  cioè  nel 
i563  ed  in  un  giorno  solo  ucciso  e  derubato  uno  Zoppino 
suo  nemico;  per  isvaligiarli,  assaliti  due  Ebrei;  feriti  due 
servitori  del  giudice  di  Cremona.  Agli  accusatori  risponde  : 
Dico  con  animo  costante  et  forte  haver  ammazzato  di 
mia  propìzia  mano  lo  Zoppino .  e  che ,  consigliato  dap- 
prima a  fai'lo  sostenere  come  sicario ,  noi  fece ,  perchè  : 
a  me  pare  questo  procederle  non  esser  da  soldato  né  da 
par  mio.  Tra  i  documenti  uno  ne  adduce  di  Emanuel 
Filiberto  (da  Vercelli,  i  gennaio  i56o),  che  lo  pone  nel 
numero  de'  suoi  capitani  e  gentiluomini  con  promessa  di 
dargli  la  compagnia. 

Scrive  poi  nella  sua  vita  che ,  giovinetto ,  fu  di  presidio 
in  Ceva,  quindi  al  soccorso  di  Nizza  ed  alla  guerra  di 
Piemonte  dove  gli  piacque  molto  il  modo  che  si  tenne 
di  ripararsi  dalle  forze  super chlevoli;  militava  egli  allora 
colle  truppe  di  Carlo  V.  Poi,  nella  pace  seguente,  attese 
allo  studio  della  fortificazione  sotto  il  capitan  Frate  da 
Modena.  Del  Locadelli  al  Irò  non  dico,  qui  non  iscrivendo 
se  non  delle  cose  da  lui  fatte  in  Piemonte,  solo  notando 
che  il  Duca  fecelo  suo  gentiluomo  e  capitano  per  averlo 
conosciuto  in  Fiandra  e  prima  che  fosse  processato  come 
ladino  ed  assassino.  Tengo  pure  che  di  lui  si  parli  in  let- 
tera inedita  del  i553,  ove  dicesi  dun  ingegnere,  che  se 
n'è  andato  a  Cremona  e  si  capisce  che  stava  con  Spagnuoli; 
pure  nella  sua  vita  narra  il  Locadelli  di  essere  stato  con 
quelle  truppe  alle  guerre  di  Parma,  Mirandola  e  Siena,, 
combattuta  quest'ultima  appunto  in  queiranno. 


45S 

XXIX. 

DOMENICO  CILLEINIO    GRECO. 

rson  credo  che  costui  si  chiamasse  Cillenio,  né  che 
fosse  nativo  della  Grecia,  Comasco  dicendolo  gli  scrittori 
di  quella  provincia,  ne  altro  essendo  quel  nome  fuorché 
uno  degli  appellativi  topografici  di  Mercurio;  insomma, 
fec'egli  a  modo  de' letterati  de' tempi  suoi  che  tutti  la- 
tinizzavano e  pili  sovente  grecizzavano  i  nomi  loro  per- 
sonali e  patrii,  cosicché  egli  probabilmente  appellavasi 
Domenico  Mercurio  da  Greco  villaggio  di  Comasca. 

Viveva  egli  in  Venezia,  dove  ad  istanza  del  Malopera 
orator  di  Savoia ,  mandò  alle  stampe  un  libro  intitolato 
^d  Emanuelem  Philibertum  Sereniss.  ac  hivictiss.  Sa- 
haudlae  Ducein  etc.  Dominici  CjUenii  Graeci  de  vetefe 
et  recentiore  scientia  militari  etc.  (Venezia,  iSdq,  f°;. 
Promette  n?lla  prefazione  che  altra  volta  avrebbe  dato 
un  trattato  sulle  marchine  terrestri  e  navali;  ma  questo 
non  fu  visto  mai ,  ne  v'  è  danno ,  altro  non  essendo  il 
Cillenio  che  un  parolaio  cinquecentista;  però,  nel  libro  X, 
eh' è  delle  artiglierie,  vien  fuori  con  qualche  nozione  teo- 
rica non  affatto  sprezzabile  sulle  qualità  delle  curve  de- 
scritte dai  vari  proietti.  Dicono  gli  scrittori  Comaschi 
che  codesto  libro  fu  riprodotto  ne"  Consilia  di  Marc' An- 
tonio Natta  stampati  nel  iS-j/j  ^'^;  ma  io  non  ve  li  ho 
trovati ,  né  so  come  potrebbero  star  insieme. 

Pare  tuttavia  che  dal  fino  giudizio  di  Emanuel  Filil^erto 
non  abbia  ricavato  il  premio  che  si  aspettava,  essendoché 
l'opuscolo  cui  impose  lo  strano  titolo  Dell  ordine  militare 
de' Romani,  Greci  e  Latini  e  da  Ini   fu  edito  in  \erona 

^1)  Giovio,  Glittomini  illustri  della  Comasca  Diocesi  r\e\\oì.  XXVllI  del 
.Vuo^n  giornale  de"  letferali  d'Italia,  pag.  89. 


459 
nel  1^94,  indirizzollo  al  conte  Fulvio  di  Porcia  v^).  Cosi 
pure  all'Albuquerque  governator  di  Milano  dopo  il  iS-jo 
dedicò  egli  il  codice  Ambrosiano  N.  i52  offerto  Aitili!"" 
et  eccellJ"°  D.  Gabriele  della  Ciieva,  Duca  di  Jìbuqiierque, 
della  Catholica  Maestà  de  Re  Filippo,  generale  gover- 
natore de  tutto  il  stato  de  Milano,  di  alloggiamenti  del 
campo  secondo  Romani,  Greci,  Ebrei,  Persiani.  Turchi 
et  moderni ,  operetta.  Dominico  Cillenio  Greco  auctore. 
11  quale  scritto  e  1  altro  dedicato  al  conte  di  Porcìa  sono 
una  cosa  stessa ,  e  tutti  due  contengono  nulla  più  che 
un  riassunto  di  quello  primo  e  latino.  Avvegnaché  tratti 
il  Cillenio  di  cose  attinenti  all'arte  dell  ingegnere ,  il  sog- 
getto suo  neppur  lo  conosce,  dicendo  nell'ultimo  libro 
che  gli  alloggiamenti  han  da  essere  di  figura  quadra ,  o 
lunga  o  sferica. 

Laudando  G.  B.  Giraldi  Cintio  i  tanti  dotti  che  fre- 
quentavan  1  Università  e  la  corte  di  Emanuel  Filiberto  C^) 
enumera  fra  essi  un  Michele  Sofiano  da  cui  può  haversi 
Quanto  spiegato  fu  nel  parlar  Greco.  Probabil  cosa  eli' è 
che  ^lichele  avesse  ad  avolo  quel  Giovanni  Sofiano  au- 
tore, circa  il  1470-  ^1^1  libro  intitolato  Machinarum 
belUcarum  ex  antiquis  praecipue  anctoi'ibus  descriptio- 
nes  et  imagines  ad  Bessarionem  Cardinalem,  eh' è  nella 
Marciana  di  Venezia  •^;.  Queste  cose  dice  lo  Zanetti,  ma 
nel  suo  codice  da  me  veduto  nella  biblioteca  Vaticana  al 
N.°  985  e  dal  Sofiano  dedicato  a  Francesco  del  Borgo 
S.  Sepolcro  scrittore  Apostolico  (Marini,  Archiatri  Ponti- 
ficii, voi.  n,  N.°  LX),  dice  il  Sofiano  che  questo  lil^ro  De 
re  militari  et  instrumentis  bellicis  ei  lo  tiadusse  dal  greco. 


(1'  Liruti,  Letterati  del  Friuli,  voi.  IV,  pag.  215. 
(2)  >elle  terzine  in  calce   agli  Hecatommiti,   aventi  per  titolo  Vautore 
all'opera  (Mondovì,  1565),  voi.  II,  p.  81.3. 

;3)  Zanetti,  Lativa  rt  Italica  D.  Marci  Bihlirdhrca  (t74l',  pag.  M'i. 


460 

XXX. 

ANTONIO  ED  IPPOLITO  ARDOINI  DA  FERRARA. 

Nell'anno  i5'y2  Emanuel  Filiberto,  credendo  col  suo 
secolo  alla  potenza  che  certi  uomini  avevano  di  fare  age- 
volmente le  cose  impossibili,  facevasi  promettere  da  questi 
due  fratelli  Ferraresi  di  servirlo  de  loro  segreti  in  ma- 
teria di  fortificazioni  ed  altre  e  di  non  rivelarli  a  nis- 
siino  a  pena  d'esser  tenuti  traditori  (0.  Questo  trovato 
maraviglioso,  ma  del  quale  non  è  piiì  parlato  in  sèguito, 
doveva  essere  come  la  cittadella  mobile  del  Brancaccio 
o  come  le  casematte  ambulanti  che  Giacinto  Barozzi  an- 
dava offrendo  a  tutti  i  Principi,  e  le  quali  custodite  da 
soli  trecento  uomini  non  avrebber  temuto  l'attacco  di 
sessanta  e  di  centomila  ;  cosa  dimostrante  che  in  quell'età 
di  venturieri  e  ciurmatori,  contava  i  suoi  anche  la  for- 
tificazione. 

XXXI. 

GIACOMO  ANTONIO  GROMO  DA  BIELLA. 

Le  notizie  di  questo  patrizio  Biellese  del  millecinquecento 
stanno  quasi  tutte  nell'inedito  libro  suo  portante  il  seguente 
titolo  :  GROMIDJ ,  cioè  cose  di  Giacomo  Antonio 
Gromo ,  ti'a  le  quali  dichiara  il  modo  da  ordinare  un 
Essercito  prestamente  et  facilmente  ;  col  modo  di  sanare 
le  ferite  prestissimo  senza  spesa,  né  dolore  del  ferito 
in  vali  modi,  stagnandone  subito  il  sangue ^  et  col  modo 
da  sanare  gli  amalati  estraordinariamente ,  con  diverse 
altre  singolarità  utilissime.  Il  qual  libro    voglio  che  sia 

(1)  Cibrario,  I.siUuzioni,  voi.  1,  pag.   52. 


461 
stampalo  a  beneficio  del  mio  prossimo.  Però  questo  suo 
desiderio  non  fli  mai  attuato,  e  l'originale  manoscritto 
passò  agli  eredi  del  general  Verani ,  una  copia  moderna 
essendone  nella  biblioteca  del  Duca  di  Genova. 

Precedono  sette  odi  latine  in  propria  lode,  poi  dice 
sé  esser  Biellese  e  trovatosi  nel  iSS-y  in  Ivrea  assediata 
dai  Francesi ,  poi  aver  militato  con  Carlo  V  in  Lombardia. 
Nan-a  quindi  i  suoi  viaggi ,  le  avventure ,  l'opera  data 
all'arte  magica  ed  all'alchimia  ed  il  perpetuo  suo  studio 
per  ravvivare  gli  ordini  militari  de' Romani.  Discorre  delle 
da  lui  inventate  difese  portatili ,  con  mine  volanti  ed  ar- 
tiglierie a  braccio  e  di  ferraccio  o  di  lamina  atte  ad  esser 
caricate  di  dietro ,  con  la  loro  mezza  culatta ,  col  suo 
maschio  che  non  respiri,  col  fogone  posticcio  fatto  a 
vite  che  vada  diminuendosi  al  basso  ,  atto  a  cavarsi 
facilmente,  sendosi  inchiodata  la  tua  artiglieria.  Parla 
poscia  di  palle  infuocate  e  di  vetro  e  smalto ,  poi  scende 
a  proposte  talfìata  importanti ,  tal  altra  e  sovente  strava- 
ganti affatto. 

Tratta  quindi  del  metter  in  battaglia  al  modo  Romano 
e  della  formazione  di  un  esercito,  spaziando  attorno  alle 
strane  figure  nelle  quali  i  tattici  di  quello  e  del  seguente 
secolo  amavano  disporre  le  truppe  ed  in  teoria  e,  ciò 
eh'  è  peggio ,  in  pratica.  Discorre  di  palle  artificiate ,  di 
fumi  mortiferi  e  del  modo  di  guarentirsene ,  di  palle  cave, 
fuochi  perpetui,  palle  ardenti  nell'acqua,  vapori  letali; 
scende  alle  preparazioni  dell'antimonio,  vetriolo,  zolfo, 
oro  e  via  dicendo;  poi  degli  spiriti,  ohi,  estratti  e  via. 
Detto  della  conservazione  de' viveri  per  le  armate  di  mare, 
torna  all'arte  del  bombardiere  ;  dà  assai  modi  per  amman- 
nire  proietti  infuocati ,  passatoi ,  fiaschi ,  lanterne ,  per 
temprar  le  armi,  fare  armature  impenetrabili,  andando 
poi  a  terminare  in    preparati    e  ricette    attestanti    essere 


462 

l'aulore  un  caldo   seguace    deiralchimia.    Di  questo  libro 

volli  dir  a  lungo,  come  di  quello  eh' è  sconosciuto  affatto, 

ed  è  bene  che  tale  rimanga ,  avvegnaché   esprima  l^)enis- 

simo  lo  stato  della   scienza  d'allora   misto  di  realtà  e  di 

vaneggiamenti. 

Conservansi  negli  Archivi  di  Stato  di  Torino  due  lettere 
ad  Emanuele  Filiberto,  date  da  Padova  nel  gennaio  del 
iSyS,  e  scrittegli  dal  Gromo  e  da  Giovanni  Alvise  Cor- 
nero;  è  detto  in  esse  aver  il  Cornerò  trovato  il  vero  or- 
dine militare  de  Romani  e  che  il  Re  di  Francia  lo  chiamò 
per  averne  comunicazione:  poi  nella  lettera  del  Gromo  è 
detto  eh'  ei  vorrebbe  che  al  Duca  ed  al  figliuol  suo  venisse 
desso  insegnato.  In  altra  lettera,  di  egual  data  aggiunge 
il  Gromo  che  la  pratica  ne  riuscirà  assai  pii^i  facile  della 
teorica  e  che  il  Cavalier  Chieregato ,  che  si  trova  hora 
in  Candia  colonnello  di  quella  infanteria .  se  ne  è  servito 
con  grandissima  sua  lode  in  Dalmatia  contra  Turchi. 
Oltre  di  ciò  questo  gentiluomo  (cioè  il  Cornerò)  adopra  di 
modo  la  spada,  che  tutta  l arte  della  scrima  resta  morta. 
Cavalca  benissimo  et  al  gioco  del  tallone  non  ha  paro. 

Quest'opera  del  Chieregato  (che  allora  e  per  tutto  lo 
scorso  secolo  fu  tenuta  un  capolavoro ,  sino  a  dire  che 
fu  alacremente  cercata  da  Federico  II  (^)),  rimase  inedita 
ed  io  la  vidi  in  Venezia  per  cortesia  del  Cav.  Cicogna 
e  posso  dire  che  non  è  da  piiì  delle  tante  scritte  a  quei 
tempi  da  chi,  senza  apprezzare  le  mutazioni  volute  dalle 
armi  a  fuoco,  ammirava  coi  maestri  la  tattica  Romana. 
Assai  più  savio  ed  opportuno  è  il  Discorso  al  general 
Foscarini  sopra  la  difesa  della  Dalmatia,  eh' ei  distese  in 
Vicenza  e  datò  colli  5  marzo  i574j  presso  il  Cav.  Cicogna 
se  ne  serbava  una  copia  sincrona  o.   forse,  loriginale. 

(2;;  Tiraboschi ,   voi.  VII,   pag.   555;  Zeno,   Noie.  Classe  VII,  cap.  XI; 
A.  G.  (la  S.  Maria,  Scntfori  ricrnlini ,  voi.  IV,  pag.  137  in  143. 


463 
XXXII. 

CESARE  E  DOMEINICO  POINCELLI. 

Eran  costoro  padre  e  figlio  e  li  trovo  pur  chiamati 
Ponzelli  d'onde  erroneamente  furon  detti  Donzelli;  la 
patria  loro  non  m'  è  certa ,  dicendoli  taluno  da  Mon- 
dovi,  altri  da  Vercelli  o  da  Genova.  Nella  qui  unita  vita 
di  Ferrante  Vitelli  addurrò  poi  due  scjuarci  di  lettere 
scritte  ad  Emanuel  Filiberto  da  quest'ingegnere  e  da 
Paride  Pro  vana  dicenti  che  a  Villano  va  d'Asti  col  ter- 
reno del  fosso  si  farà  la  strada  coperta  traitanto  che  il 
figlio  del  Ponzello  tornerà  qui;  ed  altrove ,  che  il  Vitelli 
era  giunto  a  Fossano,  ove:  col  piccol  Ponsello  hano 
fatto  grandi  e  varii  discorsi  sopra  questo  luoco  '^\  Però, 
tanto  ai  luoghi  citati,  come  in  altra  lettera  del  15^2, 
scritta  da  Fossano  C^),  sempre  apparisce  il  Poncello  quale 
capomastro  od  impresario  di  molta  solerzia,  come  quello 
che  assai  era  beneviso  al  Duca ,  giammai  quale  inge- 
gnere, come  parve  ad  un  nostro  scrittore  (^X  Cesare  è 
rammentato  una  volta  nell  indice  militare  degli  Archivi 
di  Stato  in  Torino  circa  il  1670;  più  frequente  è  la 
menzione  di  Domenico ,  eh'  io  tengo  impresario  delle  opere 
di  fortificazione  di  Torino,  Vercelli,  Fossano,  Cuneo  ed 
altri  luoghi  del  Piemonte;  in  effetto,  si  l'uno  che  1  altro 
anziché  compiuti  ingegneri,  appariscono  esecutori  delle 
fortezze  imaginate  dal  Vitelli  e  dal  Pacciotto  ;  con  ciò 
tuttavia    potevan     esser    ingegneri  ,    come    tali    essendo 


(I'  Archivio  Camerale  ora  in  quello  di  Stalo.  //  picco/  Ponsello  qui 
signiflca  Ponsello  figlio. 

(-2)  Archivio  storico;  Appendice  >'."  13  (1846),  pag.  i:o. 

(3)  Cibrario,  Governatori  ecc.  de' Principi  di  Savoia.  Accad.  di  Torino , 
>'.  S.  voi.  II,  pag.  12. 


464 

stipeiiiliati  dallo   Stato  ,    uno    di  essi  pagato  essendo  con 

iuinue  L.    1929  '^). 

Appena  tornato  in  Piemonte  Emanuel  Filiberto,  tosto 
pensò  di  condurre  un  canale  da  Cuneo  a  Gasalgrasso,  il 
quale  (probabilmente  con  acque  riunite  da  Stura,  Grana 
e  Maii'a)  giovasse  ali  agricoltura  ed  al  commercio;  epper- 
ciò,  con  lettere  i  dicembre  i56o,  ne  diede  carico  al 
molto  diletto  architetto  nostro  MS  Domenico  Pomello, 
ingiungendogli  di  trasferirsi  per  visitar  et  livellar  i  luo- 
ghi, dove  detto  navilio  avrà  dafar^i  (2),  Ma  forse  le  que- 
rele de' possessori  contermini  mandarono  a  monte  T  im- 
presa. 

XXXIII. 
FRA  PIETR'  AiMOMO  BOERO  DA  INIZZA. 

Codesto  frate  Francescano,  dal  Gioffredo  detto  mate- 
matico ed  isterico,  dava  nel  i564  ed  in  lingua  latina  la 
più  antica  e  compiuta  descrizione  de  magnifici  trofei 
d'Augusto  alla  Turbia  (3).  Pare  ch'egli  non  abbia  lasciata 
mai  la  patria  sua  dove  si  adoprava  quale  ingegnere  idrau- 
lico e  militare  in  servizio  di  Emanuel  Filiberto,  scriven- 
dogli nel  giugno    1077:    «  Nella  fabbrica  del  Castello  an- 

))   diamo  appresso  alla  cortina le  fondamenta 

5)  delle  muraglie  dalla  cittade  al  mare  sono  già  fuori  ('*)  ». 
E  forse  più  probabile  che  il  nome  suo  fosse  Bolero,  come 
lo  trovo  detto  qualche  volta. 


(1;  Ricotti,  Storia  della  Monarchia  Piemontese,  voi.  II,  pag.  528. 
{%  Galli,  Cariche  del  Piemonte,  voi.  Ili,  pag.  113. 
'3)  Stampate  in  Gioffredo  Storia  dell'alpi  marittime,  pag.  147. 
(4)  Archivi  Camerali  in  quelli  di  Stato. 


465 
XXXIV. 

GIUSEPPE  CARESANA  DA  VERCELLI. 

Il  Vercellese  Caresana  fu  di  coloro  che ,  anche  nella 
somma  sventura ,  mai  non  abbandonarono  la  causa  dei 
Principi  di  Savoia  ,  per  essi  ovunque  combattendo  0,\ 
Usava  allora  di  metter  al  governo  delle  piazze  vecchi 
soldati,  che  alla  lealtà  e  bravura  unissero  la  pratica  co- 
noscenza della  fortificazione.  Nell'anno  i558^  ancor  tro- 
vandosi Emanuel  Filiberto  in  Fiandra,  dava  opera  alle 
fortificazioni  di  Mont  Albano  e  di  Nizza,  sovr'esse  indi- 
rizzando il  Caresana  al  Duca  la  seguente  relazione:  Di- 
scorso intorno  il  forte  di  Villafranca  ^  del  cap.  Giuseppe 
Caresana  al  DS"  Ein.  Filiberto  cap.  gen.  delt  esercito 
di  S.  M.y  ed  è  dato  da  Yercelh  alli  io  novembre  i558  (^\ 
Dice  in  esso,  chei  parla  da  soldato  e  che  non  vuol  far 
calcoli  di  muraglie  e  simili  cose,  non  essendo  affhr  suo 
e  tanto  piiì  che  giìi  un  modello  ne  fu  mandato  al  Duca. 
Passa  quindi  alla  fortificazione  di  Nizza  ed  al  modo  Ai 
migliorarla,  sempre  protestando  ch'ei  non  entra  ne' par- 
ticolari per  evitare  taccia  di  presuntuoso.  Non  è  gran 
cosa ,  ma  scritta  con  criterio  e  con  piglio  soldatesco. 

Compiuta  nel  ]566  la  cittadella  di  Torino,  il  Duca 
ve  lo  pose  governatore  ?^ ,  e  Tanno  stesso  creollo  co- 
lonnello nella  milizia  paesana:  dodici  anni  dopo,  ulti- 
mata essendo  la  cittadella  del  Mondovl,  il  Caresana  (che 
pare  che  colà  avesse  il  comando  delle  milizie  locali  (•*)) 


J)  Cambiano,  Historico  discorso,  pac.  1160. 
[Tj  Archivio  di  Stato. 
3)  Pingone  ,  Jug.  Taurin.,  pag.  86. 

(4)  In  lettere  del  Mondovi  del  gennaio  157ò,  parla  di  ana  levata  di  600 
fanti  ,  che  sta  facendo  per  la  Contessa  di  Tenda. 

30 


466 

n'ebbe  il  governo  v'  .  Da  soldato  qual  era  vedendo  le 
cose ,  ma  non  la  ragione  di  esse,  egli  sprezzava  le  teorie, 
e  quando  costruivasi  la  cittadella  di  Torino,  non  vi  vo- 
leva gli  orecchioni ,  con  diì'  che  non  era  uso  a  veder 
tal  cosa,  et  che  in  quanto  a  lui  ìioti  li  trovava  buoni; 
quindi  le  gare,  i  dissapori,  gli  sdegni  col  valente  ma 
iroso  Pacciotto  che,  rettamente  o  no,  ci^edè  il  Caresana 
istromento  delle  sue  traversìe  in  Piemonte  ('^). 

E  poiché  cade  in  acconcio ,  dirò  ancom  che  un  altro 
ingegnere,  ch'emmi  affatto  sconosciuto,  disegnò  le  piante 
della  città  e  fortezza  di  Pinerolo,  scrivendosi  Tillier,  i  56i  ; 
sono  negli  Archivi  di  Stato, 

XXXV. 
IACOPO  ANTOIVIO  DELLA  PORTA  DA  CASAL  MONFERRATO. 

Casalasco  fu  questi  e  vissuto  nel  secolo  xvi ,  trovan- 
dosi che,  circa  il  i58o,  adoprato  si  fosse  attorno  al 
recinto  bastionato  di  sua  patria  tenuta  allora  dai  Gonzaga 
Duchi  di  Mantova.  Quattr'anni  dopo  e  per  altro  Gonzaga 
costruiva  due  baluardi  nella  nuova  cinta ,  che  il  duca 
Ferrante  II  innalzava  attorno  a  Guastalla ,  essendone  i 
documenti  presso  l'AfTò  (^). 

XXXYI. 
GIACOMO  PERRET  DA  CIAMBERI'. 

Narra  il  Grillet  come  Giacomo  Penet  gentiluomo  Sa- 
voiardo   atteso    avesse    alle    matematiche  e  che ,    onde    le 

;t)  Pingone,  pap.  no, 

f2)  Lettera  del  Pacciotto  nella  sua  >  ita ,  pag.  56 

'■'^)  Storin  ili  GunxfaHa  (1785  .  libro  >i .  pag;.  77. 


467 
potesse  insegnare ,  la  città  di  Ciamberi  avesse  per  lui 
fondato  una  cattedra  in  un  suo  collegio  (0.  Altro  di  lui 
non  sappiamo  se  non  che  nell'anno  1602  venne  in  luce 
un  suo  libro  intitolato:  Des  fortifications  et  artifices  de 
Jacques  Fervei  Gentilhomme  Scwojsien.  Mis  en  lumière 
par  la  vefue  et  les  cleux  fils  de  Tliéodore  de  Bry.  Im- 
primé par  IVolf  Richter  aiix  despens  desdicts  de  Brj. 
A  Francfort  sur  le  Mein,  1602,  f°  piccolo,  non  niunerato. 
Sono  tavole  XI  di  piante  di  fortezze;  I  d'ingegni  e 
barche;  XIV  di  case  e  ville,  ed  è  libro  pochissimo  co- 
nosciuto in  Italia  ,  essendo  l  autore  al  soldo  di  Francia. 
Nella  pagina  ultima,  dopo  laudati  i  modelli,  aggiunge: 
J  en  ay  jaict  aucuns  en  cartons  accomplis  de  villes 
entières  fortifiées  et  de  chasteaux ,  teviples ,  pavillons ,  et 
autres  bastimeiUs  particnliers  de  ce  livre ,  qui  ne  sont 
pas  plus  grands  que  leurs  proporiions ,  cioè  della  pro- 
porzione stessa  tenuta  in  queste  tavole. 

XXXVII. 
PIETRO  E  DOMEiMCO  ARDIZZI. 

Di  qual  patria  fossero  questi  due  fratelli  ed  ingegneri 
della  prima  metà  del  secolo  xvii  non  mi  è  noto,  come 
di  essi  non  conosco  neppure  nessuno  scjitto,  sola  notizia 
avendone  ne'  lor  disegni.  Serbasi  nella  biblioteca  del  Re 
un  volume  in  foglio  di  piante  di  città  e  fortezze  del 
Piemonte  ;  fra  esse ,  sono  segnate  Arduzzi  una  pianta  di 
Torino  con  proposta  di  bastionamento;  altre  di  Vercelli, 
Alba,' Torre  Pel  lice ,  Cuneo,  Carmagnola,  Ivrea;  un 
progetto    di    muraglia    bastionata ,    che  doveva  estendersi 

Vj  Dirtwn.  de  In  Savoie  ,1807;,  voi.  II,  pasj    tl3. 


468 

da  Villafranca  a  JSizza,  in  uno  coi  Profili  et  rile^'ati  in 
misura  del  castello  di  Nizza.  Finalmente  nella  raccolta 
del  capitan  Morello  a  f.°  22  v'è  la  pianta  di  Cherasco 
e  scrittovi  aggiustata  con  la  prudenza  del  S.  CapJ"^ 
Pietro  Ar dalli ^  ma  dev'essere  errore  dell'amanuense  in- 
vece di  Arduzzi. 

XXXYIIL 

FILIPPO  CODAZZO  DA  CUNEO. 

Sola  notizia  di  questo  ingegnere  è  nella  patente  di 
nomina  rilasciatagli  da  Carlo  Emanuele  I ,  conservata 
negli  Archivi  di  Stato,  e  che  qui  riporto  ad  informazione 
del  modo  che  in  esse  allor  tenevasi ,  la  ragione  della  pro- 
mozione motivata  essendo  dagli  esposti  meriti  della  per- 
sona con  opportuna  e  gentile  usanza  ripresa  nel  1814, 
smessa  dopo  il   1848.  Dice  adunque  la  patente: 

«  Se  noi  soliamo  avanzare  et  ritenere  nella  servitiì 
))  nostra  etiandio  i  forestieri  che  procurano  di  rendersene 
»  degni  con  viiluose  attioni  et  honorati  diportamenti , 
»  tanto  pili  dobbiamo  farlo  se  sono  sudditi  nostri,  e  che 
»  ad  imitatione  dei  loro  antecessori  ci  hanno  già  servito 
»  et  lasciato  molte  prove  della  fedeltà,  zelo  et  devotione 
»  che  professano  verso  le  cose  di  nostro  servilio  come 
))  ha  fatto  da  parecchi  anni  in  qua  Falfiere  Filippo  Co- 
1)  dazzo  di  Cuneo  sotto  il  Gap.'"*  Acceglio  di  Demonte 
))  et  altri:  et  indi  nel  carico  d'alfiere  della  militia  nostra 
n  di  Cuneo  et  suo  fmaggio  sotto  il  capitaneato  del  Magg."'° 
»  nostro  Ferrerò  havendo  seguitato  parimenti  circa  do- 
))  deci  anni  il  Cap."""  Mocchia ,  come  ha  anco  fatto  la 
))  persona  del  generale  di  nostra  artiglieria  Conte  di 
»  S.  Fronte  durante  questi  ultimi  motivi  di  guerra:  mas- 
»    sime  nentre  larmata   Spagnola   è  stata  campata  presso 


469 
i)    Asti  ove  CI  ha  servilo  attoitio  le  triiichiere  clie  vi  fa- 
»   cessimo  fare  con  molta  vigilanza  e  valore  :  mostrandosi 
)»   vero    imitatore    delle    pedate    del  iu  Carlo   suo  padre , 
rt   quale    già   insino   dal    tempo    del   duca  Em.    Filiberto 
»   nostro    Sig/^   e   Padre    di    felice    memoria   cominciò   a 
1)   servire    nell  occasione   dell  assedio   di  Cuneo  durante  il 
»   quale  egli  si  portò   sempre   honoratamente   come   sap- 
»   piamo    per   buone    informationi.    Et   dopo    continuò   a 
))   portar  l'armi  molto  tempo  nella  compagnia  de  cavalli 
»   del  fu  Asinari.  Onde  noi  per  questo  et  per  dar  animo 
»    al  suddetto    Alfiere   Filippo    Codazzo    di    continuar    di 
»   ben  in  meglio,  volendo  bora  provederlo  et  gratificarlo 
»    di  carico  proportionato  ai  meriti  suoi  de  quali  il  med.° 
»    conte  di  S,  Fronte  ci  ha  fatta  pari/  relatione  a  gusto 
n    nostro  :  ci  è  parso  di  crearlo,  constituirlo .......  per 

»   capitano    et    ingegnerò    nostro    trattenuto   con    gli  ho- 

»   nori et  col  stipendio  et  trattenimento  di 

»   quindeci  elFettivi  ducatoni  al  mese Torino 

»    2  di  aprile    i6r6.  Carlo  Emanuel  ». 

Alla  copia  di  questa  patente  addossò  il  Verna  zza  un 
ritratto  a  stampa  dellingegnere ,  portante  la  leggenda: 
Philippus  Codatiiis  JSob.  Civis  Cuneas.  An.  47-  Più  sotto, 
in  una  carieWdi.  Ichnogi^iphia  Architeclura  Pictura  aliisq. 
f^iriiitibus  clarus.  L'assedio  di  Cuneo  ricordato  nella  pa- 
tente è  quello  del  iSS^,  e  gli  ufficiali  nominativi  occorron 
frequenti  presso  i  nostri  scrittori;  certo  è  che  nel  i6i6 
doveva  egli  essere  di  età  assai  inoltrata. 

XXXIX. 
CESARE  ARBASIA  DA  SALUZZO. 

Circa  l'anno  i6oo  ebbe  termine  l'età  in  cui  i  pittori 
facevan  da  architetti  e    questi  da   ingegneri    militari ,  uno 


470 

decli  ultimi  stato  essendo  l'Arhasia.  Nato  in  Saluzzonel  i  5/1'-, 
lu  tra  1  primi  insegnanti  dell'Accademia  di  S.  Luca  in 
Roma  (•).  Nel  i6oi  fu  da  Carlo  Emanuel  I  nominato 
provveditore  e  commissario  generale  delle  riparazioni  e 
fortificazioni  nel  Marchesato  di  Saluzzo  (ch'eragli  patria), 
in  Centallo  e  valle  di  Stura  con  trattenimento  di  scuti  cento 
a  Jiorini  dodici  limo  (2/.  Lo  storico  Muletti,  che  ciò  ri- 
ferisce dai  documenti ,  scrive  pure  di  aver  veduto  un  suo 
ritratto  colla  scritta:  Cesare  Àrbasia  pittore  famosissimo 
di  S.  A.  R.  Carlo  Emanuele  Duca  di  Sai'oia  ^  d'età  d'anni 
6o.   Anno  del  Signore   i6o-. 

XL. 
CONTE  GUIDO  BIAINDRATE  DI  S   GIORGIO. 

Gli  scrittori  delle  guene  combattute  in  Fiandra  da 
Alessandro  Farnese  mentovan  con  grandissime  lodi  la 
perizia  fortificatoria  e  la  bravura  di  Guido  S.  Giorgio 
che  colà  militava.  De' suoi  consigli  per  assediare  e  battere 
Maestricht ,  consigli  concordanti  con  quelli  dell'  illustre 
(Gabrio  Serbelloni ,  fece  suo  prò  il  Farnese  ;  in  quella 
stessa  espugnazione,  e  nell'anno  iSyg,  rimaneva  ucciso 
di  cannonata  v^\ 

Non  minor  fama  ebbesi  l'altro  Guido  figliuol  suo ,  il 
quale  disgustatosi  coi  Gonzaga  suoi  sovrani  e  fattosene 
ribelle,  alzate  le  insegne  di  Savoia  diresse  nel  j6i3  le 
opere  d'assedio  per  le  quali  in  breve  caddero  Alba ,  Mon- 
calvo  ed  altre  terre,   a  lungo   parlandone    gli  scrittori  di 

(1)  Lanzi,  Storia  pittorica,  libro  VI,  Epoca  l. 

(2)  Così  la  patente  in  Muleltì  Memorie  storiche  di  Saluzzo  (I83.T  ,  voi.  VI. 
pag.  60. 

(3)  Strada,  De  hrlìn  BrJgim  :i617),  Dee.  li,  png:.    19,  59. 


quella  guerra  'X.  Per  l'opeie  loio  militari  trovasi  1  elogio 
dei  S.  Giorgio  dove  men  si  crederebbe,  dico  nel  Savor- 
gìiano  y  ovvero  del  gueri'iero  novello ,  che  Ciro  Spontone 
stampava  in  Bologna  nell'anno    i6o3. 

XLl. 
CARLO  E  MAURIZIO  \  AJNELLI, 

Ignoro  se  fratelli  fossero  questi  due  ingegneri  militanti 
]>er  Savoia  nel  principio  del  xvii  secolo,  ed  ignoro  pure 
qual  ne  fosse  la  jxitria.  Nella  guerra  mossa  ai  Genovesi 
nel  1625  da  Carlo  Emanuel  I,  adoprossi  Carlo  alla  espu- 
gnazione di  Ventimiglia  forando  la  contrascarpa  ed  attac- 
cando la  mina  alla  punta  del  baluardo  opposto,  poi  dispose 
una  batteria  che  motivò  la  resa  della  città  (2). 

L'ingegner  ducale  Maurizio  nella  giierra  civile  del  i638 
parteggiava  per  la  Duchessa,  né  di  ciò  lo  biasimo,  chiaro 
non  essendo  allora,  come  non  l'è  neppur  adesso,  da  qual 
parte  stessero  bontà  e  giustizia;  ma  in  rivoluzione  i  cat- 
tivi diventan  pessimi ,  ed  a  prova  di  zelo  il  Vanelli  si  fé' 
delatore  d'un  amico.  Quetate  le  cose,  ebbe  ricompensa 
del  mal  atto  dalla  Duchessa  che  diègli  200  lire  d'argento 
per  aiuto  di  costa   in  considerazione  di   sua  servitù  (^l 

Non  so  a  quale  di  questi  due  spetti  il  codice  intitolato 
Avertimenti  per  riconoscere  le  provincie  e  luoghi  (fac-. 
riate  19,  4-°  ^  con  4  tavole),  che  vedesi  nella,  biblioteca 
del  Duca    di    Genova  ed  è    l'originale   stesso    dall'autore 


(1)  li  bando  contro  di  lui  allora  pubblicato  in  Mantova  è  messo  in  ri- 
dicolo dal  Tassoni  in  ledeva  stampata  nella  sua  vita  dal  Muratori,  pag.  36, 

fS)  Cambiano,  Histonco  discorso,  col.  1834,  35. 

(3)  Claretta,  Storia  della  reggenza  di  Cristina  di  Francia  (1868\  Parte  I, 
pag.  359,  711. 


472 

dedicato  al  Marchese  di  Pianezza ,  essendo  scritto  per 
conseguenza  nella  prima  metà  di  quel  secolo  ;  in  calce 
a^Ia  dedica  e  poi  nel  dosso  vi  si  legge  :  VanelU.  Questi 
145  avvertimenti,  tratti  dal  buon  senso  e  versanti  singo- 
larmente sulle  fortezze,  pare  a  me  che  l'autore  li  aJjbia 
desunti  dal  codice  di  F.  Vitelli,  ch'era  ed  è  in  Torino, 
e  s' intitola  :  Instrultione  per  riconoscere  le  provincia  et 
luoghi.  Del  qual  codice  do  notizia  al  N.°  XIX  della  bi- 
bliografia eh' è  in  calce  alla  vita  dello  stesso  Vitelli. 

XLII. 
ALESSANDRO  RESTA. 

A  quest'ultimi  un  poco  anteriore,  come  quegli  che 
visse  nel  xvi  secolo,  fu  Alessandro  Resta  d'ignota  patria, 
ma  probabilmente  da  Parma ,  attesoché  a  quegli  anni 
appunto  TEdoari  da  Erba  lo  pone  tra  gl'illustri  Parmensi 
contemporanei  (^).  Era  egli  ingegnere  universale,  sotto  la 
pianta  d'una  fortezza  di  Piemonte  (anonima,  ma  ch'essendo 
al  confluente  dell'Orco  in  Po,  dev'essere  Chivasso)  trovo 
sottoscritto  :  Di  Sua  Altezza  Ser."*"  fedele  e  perpetuo  In- 
gegnere Alessandro  Resta  C'^);  evvi  unito  il  presuntivo 
delle  spese.  Ho  veduto  eziandio  nell'Archivio  Mediceo  una 
lettera  del  Resta  (settembre  iSyii)  al  Gran  Duca,  colla 
quale  lo  informa  di  aver  dato  tennine  all'arbitrato  da 
pronunciarsi  da  Emanuel  Filiberto  circa  la  contestazione 
di  confini  tra  Barga  e  l.i  Pieve  a  Pelago  vertente  tra  i 
Principi  Medicei  e  gli  Estensi.  Finalmente ,  nel  1 583  in 
Vinadio  nella  valle  superiore  della   Stura  di  Cuneo  edificò 

(1)  Compendio  curiosissimo  de  T origine  ecc.  di  Parma.  Corìice  della  Par- 
mense H  H,  Il  ,  61  ;  scritto  nel  1572. 
(2"  Piante  di  fortezze  negli  Archivi,  voi.  I,  f.°  5. 


473 
un  pala/.zo  pel  Duca  con  acquedotti  e  serbatoi  dell  acqua 
pe  bagni  'X'. 

XLIII. 
CONTE  CARLO  CASTELLAMONTE. 

Carlo  della  nobil  famiglia  Castellamonte  de' Conti  del 
Canavese  e  della  quale  lo  steinina  gentilizio  risale  al- 
l'anno rogo,  spettava  al  ramo  di  Cognengo  (2)  e  proba- 
bilmente nacque  nell'avito  castello  feudale  che  a' suoi 
diede  il  nome.  Fu  ai  servizi  di  Carlo  Emanuele  I,  e 
delli  26  aprile  1606  è  la  patente  che  gli  attribuisce  i8- 
scudi  al  mese  onde  possa  più  comodamente  attendere 
all'esercizio  d'ingegnere  ducale;  il  quale  stipendio,  con 
altra  patente  delli  18  ottobre  1612,  venne  portato  a 
scudi  400  d'oro  da  fiorini   16. 

:  Moltissime  fiirono  le  opere  sue  singolarmente  in  To- 
rino e  nei  palazzi  e  ville  ducali ,  ma  chiaro  essendo  che 
nelle  cose  d'architettura  civile  ei  si  condusse  come  quasi 
sempre  e  quasi  tutti  gl'ingegneri  si  conducono,  apponendo 
cioè  il  nome  suo  a  disegni  altrui  ;  delle  fabbriche  che  i- 
contemporanei  disser  sue ,  alcune  infatti  son  lodevoli , 
altre  pessime,  segno  evidente  di  troppo  diversa  origine. 

Sui  disegni  suoi  non  venne  costrutta  alcuna  fortezza,' 
ma  pai'ecchie  egli  ne  andò  migliorando  e  sua  fu  l'am- 
pliazione  della  cinta  bastionata  di  Torino,  per  la  quale 
dal  contemporaneo  Morello  gli  si  muovono  acerbe  criti- 
che. Dice  questi  a  f  **  1 5  de'  suoi  Avvertimenti ,  e  par- 
lando  della   cinta    ingrandita   di    Torino    già    alVidata    al 

(1;  Gioffredo,  Storia  dell' Jlpi  Marittime,  col.  1588. 
(2}  Chiesa,  Relalione  del  Piemonte,   pag.  55;  id.  Genealogie  di  famiglie 
nrif/ili  del  Piemome ,  ms.  della  Biblioteca  del  Re. 


Ì74 

S.  Front,  che:  «  il  Duca  confeiì  il  suo  pensiero  con  lì 
»  Sig.  Carlo  Gastellamonte  come  che  geloso  e  totalmente 
»  avversario  del  d.°  M.  di  S.  Fronte;  cominciò  a  chime- 
»  rizzare  et  metter  tutto  sotto  e  sopra  il  suddetto  di- 
»  segno,  che  era  già  stato  principiato,  per  far  egli  una 
»  nuova  fortifìcatione ,  la  quale  chi  più  la  vede,  meno 
»  1  intende  ».  Scendendo  poi  ai  particolari,  parla  dell'e- 
norme  errore  di  aver  lasciato  a  levante  un  angolo  morto, 
per  rimediar  al  quale  dovette  il  Gastellamonte  proporre 
di  farvi  un  forte  isolato.  Dove  convien  notare  che  il  Morello, 
come  discepolo  del  S.  Front,  al  nostro  mostrasi  sempre 
oltremodo  ostile.  Narra  quindi  lo  stesso  Morello  a  f.°  "yG 
che  del  Gastellamonte  furono  le  tanaglie  nel  fosso  a  Ver- 
celli; vi  si  può  anche  aggiungere  i  miglioramenti  allora 
effettuati  a  Nizza  ed  a  Monmeliano  0.  Poi  quando  Fran- 
cesco I  d  Este  mandò  oratore  a  Torino  il  celebre  Fulvio 
Testi,  tra  l'altre  cose  richieste  a  Garlo  Emanuel  II  fu- 
ronvi  anche  consigli  e  disegni  per  la  cittadella  ch'egli 
intendeva  d'innalzar  in  Modena;  di  queste  diede  carico 
il  Duca  al  Gastellamonte,  che  compielle  unendovi  il  cal- 
colo della  spesa  (^).  Ma  l'opera  che  pareva  così  bene 
avviata,  fu  poi  proposta  e  condotta  da  altri. 

Riconoscente  a  Vittorio  Amedeo  I,  serbossi  egli  fedele 
alla  vedova  Maria  Cristina,  incorrendo  perciò  nell'ira  dei 
Principi  fratelli,  cosicché,  quando  nel  1639  Tommaso 
sorprese  Torino,  fece  subito  arrestar  il  Gastellamonte  (^); 
motivo  di  maggior  fortuna  dopo  restituita  Cristina.  Bene 
stava  la  sua  gratitudine  alla  Reggente,  dal  marito  suo  e 
da  Garlo  Emanuel  I  avendo  avuto  onori  e  benefìci,  come 
la  nomina  a  primo  ingegnere,  soprintendente  delle  fortezze 

'1)  Ferrerò,  f'u/vto  Testi  a  Torino    1863),  pag.  155. 
%  Relazione  di  Fulvio  Testi;  1.  cit. ,  pag.  137  e  seg. 
^3;  Claretla,  Parte  1,  pag.  503 


iti 

e  luogotenente  delle  fortezze  di  S.  A.  R.  X.  11  Delht 
Chiesa  che  gli  fu  amico ,  lo  dice  «  cosi  ingegnoso  nel 
))  fabbricar  macchine  di  guerra,  e  così  eccellente  nello 
»  indirizzar  fortezze  et  altre  fabbriche,  che  non  ha  forse 
rt    pari  in  tutta  Italia  ».  Così  egli  superlativamente  parlando. 

XLIV. 
COINTE  AMEDEO  CASTELLAWONTE. 

Al  padre  segua  il  figlio  Amedeo  suo  successore  nei 
posti  d'ingegner  militare  e  di  architetto  civile;  imper- 
ciocché a  que'  tempi  il  primo  ingegner  dello  Stato  era 
eziandio  architetto  di  corte.  Per  ducale  delli  4  dicembre 
163-^,  e  ad  istanza  del  Conte  Carlo,  l'annuo  tratteni- 
mento di  scudi  533  ^/s  d'oro  e  sul  tasso  di  Castellamonte , 
passò  ad  Amedeo ,  con  riserva  di  assegnare  al  genitore 
altra  pensione.  Con  altra  del  1609  Carlo  Emanuele  II 
fecelo  consiglier  di  Stato  e  sovrintendente  generale  delle 
fabbriche  e  fortificazioni"-  ;  ultimo  di  sua  vita  fu  l'anno  iG'yO. 

Nel  mezzo  secolo  occupato  dal  regno  di  Carlo  Ema- 
nuel II  e  dalle  due  reggenze,  quasi  a  nuUaltro  si  badò 
che  alle  regie  ville  e  sontuosissima  tra  queste  fu  quella 
della  Venaria  edificata  dal  nostro.  Allorquando  nel  i665 
reduce  di  Francia,  il  Bernini  passò  da  Torino,  tolse 
occasione  Amedeo  dallessergli  stalo  guida  in  quella  villa, 
per  istamparne  le  cose  più  notevoli  C^).  Ma  scorsi  appena 
cinque  lustri  ed  imperante  Louvois,  l'esercito  Francese 
struggeva  colle  fiamme  quelle  con  altre  molte  delizie. 

(1)  Galli,  Cariche  del  Piemonte,  voi.  II,  pa;;.  281.  In  data  i  dicembre  162":. 

(2;  Galli,  voi.  II,  pag.  296,  299. 

(3)  La  Fenaria  Reale  palazzo  di  piacere  e  di  caccia  ideato  dall' J.  R.  di 
Carlo  Emanuel  II;  disegnato  et  deacritto  dal  carile  Amedeo  di  CattellamonU. 
Torino,  1674. 


in 

XLV. 

G.  BOETTO,  M.  A.  RAYNERO, 
A.  PAREINTANI,  CASÉA,  G    G.  QUADRUPLAJNI. 

Nel  XVI  secolo  furon  visti  parecchi  pittori  di  figura 
professar  l'ingegneria,  ma  nel  xvii  ciò  non  fecero  più  i 
figuristi,  soli  applicandovisi  paesisti  e  prospettivi,  uomini 
precedenti  i  moderni  topografi;  imperciocché  allora,  an- 
ziché lesattezza  delle  posizioni,  cercavasi  reflicacia  del 
disegno,  cosicché  chi  effigiasse  fortezze,  valevasi  a  pre- 
ferenza della  prospettiva  parallela;  piìi  dotte  le  odierne 
carte,  meglio  parlanti  e  più  chiare  le  antiche. 

Tra  codesti  ingegneri  artisti  tien  luogo  distintissimo  il 
nobile  Fossanese  Giovenale  Boetto,  di  cui  non  abbastanza 
conosciute,  ma  pregevolissime,  sono  le  incisioni  ad  acqua- 
forte sul  fare  del  Callot  e  di  Stefano  Della  Bella.  Avve- 
gnaché io  non  ne  conosca  opere  di  fortificazione ,  pure 
fu  egli  ingegner  ducale,  così  appellandosi  allora  anche 
gli  architetti  civili.  Intagliò  il  Boetto  una  rara  pianta  di 
Torino  disegnata  dal  Saluzzese  Michel  Antonio  Raynero, 
ch'era  colonnello  nell'esercito,  non  essendovi  allora  un 
corjx)  di  topografi.  Vi  sono  espresse  le  opere  stabili  di 
approcci  e  di  difesa  durante  l'assedio  fattone  nel  1640 
dai  Francesi  e  dalle  truppe  della  Duchessa,  colle  quali 
dovevan  militar  que'  due. 

Da  un  Antonino  Parentani  che  ,  circa  l'anno  1600  , 
dipingeva  nei  palazzi  ducali,  dev'esser  nato  lingegnere 
e  capitano  Agostino  autore  di  un'altra  pianta  degli  attac- 
chi e  delle  difese  di  Torino  in  quello  stesso  assedio,  e 
che  fu  incisa  da  un  Gian  Paolo  Bianchi;  doveva  il  Pa- 
rentani seguir  le  bandiere  de' Principi,  rioccupata  Torino, 
essendone  stati  staggiti  i  beni  dal   governo  della  Duchessa. 


"477 
Di  piante  di  Torino  fatte  circa  quegli  anni  una  n'è  a 
mano  e  nella  biblioteca  del  Re,  sottoscritta  dall'ingegner 
Casca,  con  altra  della  città  di  Mondovì.  Piiì  celebre 
riuscì  il  nome  di  Gian  Gii'olamo  Quadruplani,  al  quale, 
(accompagnando  il  Marchese  Villa  che  con  due  reggimenti 
Piemontesi  ed  una  squadra  di  gentiluomini  volontari  andò 
nel  i665  in  aiuto  dei  Veneziani  assediati  in  Candia),  toccò 
in  sorte  la  difesa  del  bastione  e  dell'opera  a  corno  detti 
di  Panigrà,  ov'ebbe  luogo  il  maggiore  sforzo  dei  Turchi 
e  dei  Cristiani  sotto  lo  scoppio  incessante  di  mine ,  di 
fornelli  e  di  fogate,  bene  dicendo  lo  storico  del  Villa  che 
il  Quadruplani  alla  capacità  tiene  congiunta  l  intrepidezza 
ed  il  coraggio  v^\ 

XLVI. 
CARLO  MORELLO. 

Nella  biblioteca  del  Re  in  Torino  trovasi  un  grande  e 
bel  codice  di  piante  di  fortezze  Piemontesi,  Lombarde, 
Genovesi,  Napoletane,  con  titolo  di:  Awertimenti  sopra  le 
fortezze  di  S.  R.  A.  del  capitano  Carlo  Morello  primo  inge- 
gnier  et  logotenente  generale  di  sua  artiglieria,  mdclvi. 
Contiene  in  loo  tavole  il  più  ricco  e  fedele  repertorio 
di  piante  delle  nostre  città  forti ,  ed  è  dedicato  a  Carlo 
di  Simiana  Marchese  di  Livorno  e  di  Pianezza  il  miglior 
generale  ed  uomo  di  Stato  che  fosse  allora  in  Piemonte. 
Finalmente  in  questo  libro  ci  diede  il  Morello  quasi  tutte 
le  notizie  pervenuteci  della  sua  vita,  ed  in  esso  impiegò 
Irent  anni,  come  attesta  Pier  Paolo  fìgliuol  suo. 

Opera    sua    giovanile    fu   un    altare   nella    chiesa   della 

(1)  Rostagno,  l'iaggi  del  Marchese  Ghiro»  Francesco   Filla  in  Levante. 
Torino,  1668,  pag.   iT. 


478 

Trinità,  poi  datosi  alla  milizia  fu  nel  i6i6  alle  ritirate 
di  Lucedio,  di  Palestro  e  della  Motta  nella  guerra  contro 
Spagna.  Quando  Carlo  Emanuel  I  tramava  nel  1626  contro 
Genova,  mandò  il  Morello  a  levar  ad  occhio  la  pianta  di 
quella  città  e  deile  strade  che  da  Acqui  e  la  Bocchetta 
vanno  in  riviera;  ed  ei  racconta  che  giunto  a  Genova, 
i<  si  pose  a  passeggiar  intorno  ai  bastioni ,  misurando 
))  tutto  a  passi  andanti,  e  ciò  e  le  memorie  le  registravo 
»  nell'ufhcio  della  Madonna  Santissima,  come  mi  era  stato 
1)  indicato  dalla  medesima  Altezza  »  ;  undici  giorni  impie- 
govvi  fra  sospetti  gravissimi,  e  già  tre  anni  prima  levato 
aveva  la  carta  di  Val  d'Aosta,  dove  vide  quanto  avrebbe 
potuto  veder  Buonaparte ,  essere  cioè  possibile  il  passo 
dalla  valle  di  Challant  a  cpiella  di  Gressoney,  scansando 
il  forte  di  Bard;  ed  appunto  per  impedir  cjuella  via,  il 
Duca  fece  far  un  trincierone  a  Carema.  Nel  1629  fu  a 
Pinerolo  a  migliorarne  le  difese ,  che  vi  furon  poi  com- 
piute dai  Francesi  che  Tanno  seguente  1  occuparono;  dieci 
anni  dopo  andava  cogli  Spagnuoli  a  battere  il  castello  di 
Cengio  presidiato  da  Francesi  e  Piemontesi,  e  pel  Leganes 
ne  trattava  la  resa  alli  3o  marzo.  INI  a  siccome  a  quei 
giorni  andava  il  Principe  Tommaso  percorrendo  e  solle- 
vando il  Piemonte,  ciò  dimostra  che  già  il  Morello,  ab- 
bandonate le  parti  della  Duchessa,  si  era  volto  a  quelle 
de' Principi:  cosa  provata  dall'accaduto  nell  anno  iG.'jo, 
quando  Cristina,  ripresa  Torino,  puniva  i  ribelli  e  seque- 
strava i  beni  del  Morello  (0,  che  contro  lei  e  Francia 
aveva  afforzato  Torino  verso  tramontana  ,  modificando  il 
tracciato  del  Castellamonte ,  al  quale  mostrasi  sempre 
avverso,  come  quando  recatosi  nel  1641  a  Vercelli,  udì 
e  trascrisse  nell'opera   sua   le  parole   di  quel   governatore 

(I)  ClareUa,  vot.  1,  pag.    iO.l,  "722. 


479 
Spagnuolo  in  biasimo  delle  dilese  fattevi  da  quell  inge- 
gnere :  El  Consejo  que  poco  antes  se  ha  tenido  en  Milan 
a  determinado  de  derrihar  todas  aquellas  tenaias  j  me- 
dias  lunns  que  aqtd  estan,  cre'iendo  que  en  quenquiera 
oca  Sion  seria  n  sempre  causa  de  la  perdida  de  està  Placa. 

Nel  1645  guidò  l'attacco  dei  Francesi  contro  Santhià  , 
indizio  che  già  erasi  rappaciato  colla  Duchessa ,  poi  fu 
l'anno  seguente  e  sotto  il  Principe  Tommaso  ad  espugnar 
la  rocchetta  di  Vigevano,  per  la  quale  fece  un  progetto 
di  fortificazione,  che  mandò  in  Francia.  Così  pure,  era 
stato,  durante  le  guerre  civili,  a  munire  pel  Principe  di 
Masserano  la  terra  di  Crevacuore;  poi  nel  i65o  aveva 
migliorato  le  opere  del  forte  S.  Elmo  nel  golfo  di  Villa- 
franca ,  e  già  prima,  e  nella  ricuperazione  di  Asti  tenuta 
dagli  Spagnuoli,  essendogli  ordinato  di  far  un  attacco 
dalla  parte  del  Tanaro ,  distese  le  trincee  con  ridotti  in 
modo  che  il  nemico  non  lo  potè  inquietare. 

In  calce  al  libro  evvi  una  nota  de' luoghi ,  ne' quali 
egli  trovossi  per  espugnare  o  per  difendere,  e  consta  di 
N.°  53  fortezze  ,  che  diedergli  occasione  di  62  attacchi 
o  difese;  tra  queste  sono  osservabili  le  piazze  di  Salerno, 
Precida,  Vietri  tutte  presso  Napoli,  all'attacco  delle  quali 
egli  certamente  assistè  nel  1648  colle  truppe  Francesi 
del  Principe  Tommaso  colà  spedito  dal  cardinal  Mazza- 
rino. Poi  viene  un'altra  nota  di  otto  ritirate  in  vista  del 
nemico,  alle  quali  egli  trovossi,  e  vanno  tra  il  1616  ed 
il  1645.  Il  Morello  era  certamente  Piemontese,  e  l'epi- 
gramma da  lui  riferito  in  lode  di  Pavia  è  accidentale 
affatto  e  per  nulla  non  accenna  che  quella  città,  suddita 
allora  di  Spagna,  gli  fosse  patria.  In  nota  inserita  nel 
libro  ed  in  data  del  167 1,  Pier  Paolo  figliuol  suo  parla 
del  padre  come  d'uomo  da  molti  anni  uscito  di  vita. 


XLVIl. 
EMANUELE  FILIBERTO  DUCA  DI  SAVOIA. 


.  iS 


Questo  gran  Principe  eccellente  nel  capitanar  gli  eser- 
citi, come  nell'amministrar  e  dar  leggi  agli  Stati,  quìr 
vien  considerato  soltanto  come  ingegner  di  guerra  e  come 
studioso  delle  cose  d'artiglieria.  Apponevangli  a  difetto  le 
poche  lettere,  ma  ne  aveva  quanto  a  Principe  si  conviene, 
parlando  il  latino  con  cinque  lingue  moderne  e  studiando 
in  Aristotile  pregiatissimo  allora  tra  gli  autori  (0.  Del  ri- 
manente, vertendo  allora  la  lite  quali  più  degni  iossero 
d'onoranza  tra  cavalieri  e  letterati  ed  a  quali  de'  due  si 
dovesse  la  precedenza ,  a  lui  ricorsi  i  primi ,  n'ebbero 
questa  risposta:  /  cavalieri  mi  hanno  rimesso  in  istaio, 
e  non  i  letterati  (2)-  e  così  dicendo,  diceva  il  vero.  Non 
è  però  che  agli  studi  non  procacciasse  un  incremento 
che  dopo  lui  scomparve ,  la  storia  letteraria  del  suo  regno 
(constasse  dessa  di  nomi  nostrani  o  d'uomini  qui  chia- 
mati) magnificamente  esposta  essendo  ne'  versi  di  Giraldi 
Gintio  che  ne  fu  del  numero  ("^). 

Già  in  Fiandra  e  nell'anno  i553,  giunte  essendo  a  ter- 
mine le  opere  d  espugnazione  ad  Edino ,  con  avvertimento 
nuovissimo  per  que  tempi,  minò  il  terreno  sotto  la  larga 
breccia  apertavi  e  sovr'essa  concentrando  il  fuoco  delle 
batterie,  rese  impossibile  ogni  difesa  ed  impadronissi  della 
piazza  i.^).  Lì  presso  innalzò  tosto  un  altro  forte,  egli  stesso 
combinandone  la  pianta  in  uno  coH'ingegner  Fiammingo 


^1)  Relazione  del  Lippnmano  (1573}  in  Alberi,  serie  11,  voi.  Il,  p.  198,  200. 
i   (9)  Domenico  Mora,  Il  soldato  (1570),  lib.  1,  cap.  5. 

(3)  Ifccathommiti  ^Mondovi ,  1565),  voi.  II,  pag.  873. 

(4)  Natale  Conti,  Historie   (  1589),   pag.  181;  Commentali  di  Lodovico 
Cuicriardini  (1565),  pag.  110. 


48! 
Sebastiano  Oya;  ed  in  memoria  dell'antico  Edino  e  del 
motto  del  suo  collare,   chiamollo  Edinfert. 

Tornato  appena  in  Piemonte ,  né  ancor  tenendone  la 
capitale,  pensò  a  munirsi  contro  Francia  e  Spagna.  Sul 
confine  di  questa  stava  Vercelli,  cittì  di  molta  importanza 
dove  sin  dal  i56i  «  per  ordine  et  disegno  desso  Duca 
»  principiata  fu  la  fondatione  d  uno  amplissimo  nuovo 
«  castello,  in  faccia  del  confine  dello  stato  di  Milano  (0  ». 
Ne  curò  la  costruzione  Orazio  Pacciotto  ,  ma  per  non 
ingelosire  la  Spagna,  vi  furon  sospesi  i  lavori,  con  in- 
tenzione di  ripigliarli  più  tardi  (2). 

La  cittadella  di  Torino,  fondata  nel  i564,  tenevala 
egli  come  sua  figliuola,  di  suo  ingegno,  adattatevi  avendo 
ne'  fianchi  le  casematte  e  cintala  di  uno  stupendo  sistema 
di  contramine,  che  a  due  ordini  e  con  piazze  allargate 
e  perpetue  comunicazioni  circuivano  tutto  il  perimetro 
della  magistrale,  maravigliosamente  costrutta  ogni  cosa. 
Resero  desse  uno  stupendo  servizio  nell'assedio  del  1706 
e  la  lor  perfezione  si  potè  notar  a'  giorni  nostri  allor- 
quando  vennero    allegramente  e    barbaramente  distrutte. 

Que'  sapienti  estimatori  delle  cose  di  Stato,  che  furono 
a  quell'etri  gli  ambasciatori  Veneziani,  non  rifinivano  di 
lodar  la  cittadella,  scrivendone  il  Morosini  che  :  «  ha 
»  ancora  bellissimi  e  giudiciosissimi  avvertimenti  non  mai 
»  pili  fatti  da  alcuno,  per  difesa  delle  bombardiere  di 
»  fuori,  e  per  commodità  de'  soccorsi  di  dentro  li  quali 
»  non  meno  riescono  belli  da  vedere,  che  utili  alla  si- 
li curtà  di  essa  fortezza  (3)  ».  Riferiva  il  Lippomano  che 
alla  cittadella  faceva   far  allora  il  Duca  alcune  casematte 


(1)  Bugati ,  Historia  unWersale  (t570ì,  lib.VlII,  pag.  1039. 

(2)  Morosini,  pag.  119. 

(3)  Relazione  (1570),  serie  II,  voi.  II  ,  pa§.  159. 

31 


482 

di  l'uori,  e  che  andava  sempre  ad  invigilarle  (0,  e  notava 
il  Molino  come  Torino  u  è  forte  con  alcune  casematte 
»  ed  altri  sorti  di  nuove  difese  d'invenzione  di  Sua  Al- 
))  tezza,  che  suol  dire  che  non  ha  cosa  più  cara  di 
»    quella  cittadella  (-)  n. 

Delle  contramine  e  de  rivellini,  mancanti  ne'  piani 
dell'Orologi  e  del  Pacciotto  e  che  il  Duca  vi  aggiunse 
nel  1572,  queste  cose  dice  Pingone:  Taurini  Dux  ex- 
trìnsecus  aiicta  acropoli  subterraneis  ad  fossas  praesidiis 
et  aliis  quibasdam  quasi  forcipibus  admirandis ,  eam 
suomet  ingenio  inexpugnabileni  omnium  iudicio  red- 
didit  (3).  Morosini  e  Gavalh  lodano  altresì  a  gara  l'alacrità 
e  diligenza  colle  quah  ci  si  tratteneva  cogl'ingegneri  che 
con  fino  giudizio  tratto  aveva  in  Piemonte,  la  cura  con 
cui  badava  agU  studi  ciixa  il  fortificar  ed  espugnar  le 
piazze,  far  trinciere,  mine,  ai^tiglierie ,  i  trovati  suoi  di 
meccanica  militare  e  di  fuochi  artificiali,  il  lavorar  di 
propria  mano  canne  di  pistole,  archibusi,  cannoni,  il 
comandar  ed  amministrar  gli  eserciti.  Insomma,  come 
dice  il  gentiluomo  spagnuolo  di  sua  corte  Tolomeo  Mo- 
lignano:  de  justas ,  de  fortalecas ,  de  sitios,  de  perspectivas  ^ 
de  cosas  de  guerra  j  simildes  tiene  no  solamente  la 
theorica ,  mas  la  misma  esperiencia    '^ . 

L'operosità  sua  nel  procacciarsi  i  disegni  delle  fortezze 
che  andavan  facendosi  in  tutta  Europa  è  attestata  da 
cinque  volumi  che  se  n'hanno  negli  Archivi  di  Stato  essendo 
in  gran  parte  da  lui  raccolti;  imperciocché  di  quasi  tutte 
le  fortezze  d'Europa  e  d'Africa  ingegnavasi  il  Duca  di 
aver  i  disegni ,  della  qual  collezione  n'era  per  modo  sparsa 

(1)  Relazione  (1573),  nel  Tesoro  politico,  voi.  1,  pag,  178. 

(2)  Relazione  (1574),  serie  II,  voi.  II,  pag.  257. 

(3)  Augusta  Taurinorum  (1377),  pag.  80. 

(4)  Libro  de  cavalleria  entittdado  el  Cavallero  Rcspìendor  (Vercelli,  1562), 
non  numeralo,  parte  II,  in  principio. 


483 
la  liima,  che  quando  Filippo  II  slava  nel  i56']  per  in- 
traprendere la  guerra  de'  Paesi  Bassi ,  mandò  ad  Emanuel 
Filiberto  1  ingegnere  Champigny  accompagnato  da  un 
pittore  e  da  un  geometra  o  topografo ,  che  ritraesser 
la  strada  da  Savoia  in  Borgogna,  e  gii  chiese  ad  un 
tempo  note  e  piani  di  tutte  le  città  e  fortezze  di  Fiandra  (0. 

La  sua  cognizione  pratica  dell'ingegneria  militare  ci  è  poi 
messa  sott'occhio  dai  Morosini  dove ,  descrivendo  il  forte 
deir Annunziata  presso  Rumilly  in  Savoia,  nota  che  u  es- 
»  sendo  il  sito  un  poco  angusto  per  capir  cinque  buoni 
))  baluardi  con  le  sue  cortine  di  ragionevol  lunghezza , 
»  senza  venir  con  le  punte  di  essi  baluardi  giù  pel  colle 
))  alla  pianura,  ha  trovato  sua  Eccellenza  una  nuova  in- 
»  venzione  per  non  essere  necessitata  a  far  uno  de'  due 
»  errori,  cioè  a  tener  i  fianchi  angusti,  perniciosissimi 
»  ad  ogni  fortezza ,  ovvero  con  il  venir  al  piano  esponersi 
n  alla  batteria  dellhiimico  con  disvantaggio  :  ha  però  or- 
»  dinata  in  modo  la  fabbrica,  che  così  come  facendo  il 
»  baluardo  di  giusta  forma,  doveva  spinger  la  punta  di 
»  esso  ali  ingiù,  l'ha  ritirata  indietro  e  fatti  quasi  due 
))  baluardi  attaccati  insieme,  di  maniera  che  la  piazza 
»  resta  molto  capace  per  il  bisogno  della  difesa,  ne  è 
»  esposta  a  quella  batteria  che,  venendo  ali  ingiù  col 
1)  fianco,  le  poteva  nuocer  assai:  cosa  che,  oltre  alla 
»  sicurtà  per  non  essere  mai  più  stata  fatta  da  altri , 
)i  riesce  anche  bellissinia  da  vedere,  tanto  più  che  tutta 
))    la  muraglia   è  fatta  di  pietre  vive  quadrangolari  (2)  ». 

Altra  cosa  è  ancora  da  esser  osservata,  ed  è  la  man- 
canza di  rapporti  o  relazioni  degl'ingegneri  circa  le  piazze 
allora  costrutte  o  migliorate  in  Piemonte ,  e  ciò  mentre 
negli    altri    paesi    esse    abbondan  di  tanto.  Ovvia  né  la 

(1)  Fainiano  Strada,  De  bello  belgico,  Deca  1,  lib.VI. 

(2)  Relazione,  1.  cit  pag.  139,  140. 


484 

spiegazione  ogniqualvolta  si  pensi  che ,  altrove ,  dovevan 
gl'ingegneri  dibattere  lor  disegni  e  proposte  con  Principi 
o  ministri  a  questi  studi  affatto  estranei,  epperciò  com- 
missioni e  consulti  seguiti  da  pareri,  obbiezioni,  risposte 
e  contro  risposte,  fbrmolata  ogni  cosa  in  voluminosi  car- 
teggi. Da  noi  invece  andava  la  bisogna  diversamente;  for- 
nitosi il  Principe  d'ingegneri  di  molta  vaglia,  quali  un 
Pacciotto,  un  Vitelli,  un  Orologi,  un  Busca,  da  solo  a 
solo  combinava  con  essi  sue  fortezze,  le  approvava,  op- 
pure di  propria  mano  le  modificava;  poi,  come  Sovrano 
solerte ,  ed  attivo  ,  a  se  stesso  e  non  mai  ai  consiglieri 
riserbava  la  scelta  del  sito ,  la  ciu'a  dei  materiali ,  la 
spesa,  ad  ogni  cosa  provvedendo  che  si  attenesse  alla  ra- 
gion di  Stato.  E  di  tutte  queste  cose,  minute  sì  ma  im- 
portantissime, il  carteggio  di  Emanuel  Filiberto  serba 
copiose  testimonianze. 

La  fama  dell'ingegno  suo  negli  artifici  meccanici  e  ne' 
segreti  delle  artiglierie  fece  si  che,  oltre  le  vere  inven- 
zioni, gliene  fosser  attribuite  di  quelle  che  tali  non  erano. 
Scrive,  per  figura,  il  Ranzovio  che  troppo  malagevole 
essendo  il  trasporto  delle  artiglierie  ne' monti  e  nelle  paludi, 
util  cosa  è  romperle  per  fonderle  poi  di  nuovo ,  come  per 
consiglio  della  duchessa  Margherita  fece  Emanuel  Filiberto(0. 
Dove  erra  nel  dir  Margherita  figlia  di  Carlo  V,  mentr'era 
sorella  del  re  di  Francia,  ed  il  racconto  delle  artiglierie 
spezzate  evidentemente  si  riferisce  alle  campane  che  Ugo- 
notti avevan  rubato  in  Francia,  e  che  comprate  aveva 
il  Duca  e  poi  rottele  per  agevolarne  il  tragitto  nellalpi 
allora  quasi  impervie;  portatele  in  Piemonte  ne  fiise  mol- 
tissimi cannoni  da  batteria  con  trecento  minori  (2). 

(1)  Henrici  Ranzovii  Producis    Cimbriae  commentarius   bellictts  M595). 
lìb.  IV,  cap.  1,  §  11, 

(2)  Morosini,  Relazione  1.  cit.,  pag.  1  i8. 


485 
Il  mal  seme  deliranni,  che  in  Italia  irutlificò  sì  rigoglioso, 
qui  non  attecchì  giammai,  seco  traendo  l'assoluta  man- 
canza di  quegli  eroi  assassini  che  son  fomite  principa- 
lissimo  di  pubblica  coiTuzione.  Onesti  furono  quasi  tutti 
i  nostri  Principi,  ma  solo  Emanuel  Filiberto  adornossi 
di  quella  forte ,  rigida  ,  immutabile  probità ,  che  in  non 
lungo  regno  fé'  sì  che  per  due  secoli  i  Piemontesi  met- 
tesser  innanzi  a  tutto  la  pubblica  e  la  privata  onestà. 
Eccone  un  esempio;  nel  ìS'jo  cercando  Selim  II  di  spo- 
destare i  Veneziani  dell'isola  di  Cipro  e  conoscendo  i 
diritti  sovr'essa  del  Duca  di  Savoia ,  mandògli  un  Miques 
che  lo  affidasse  di  quella  conquista  da  farsi  dall'armi 
turche:  adunato  il  Consiglio,  vari  furono  i  pareri;  ma  non 
il  Duca,  che  ributtò  l'insidiosa  proposta,  dicendo  come  sin 
da'  primi  anni  mai  non  avesse  fatto  cosa  che  alla  sua 
dignità  e  fama  recasse  macchia ,  che  non  voleva  lega 
con  infedeli  e  rifiutava  quel  regno,  non  potendo  averlo 
senza  nota  di  biasimo.  Ciò  fatto ,  ne  die  avviso  al  Papa , 
al  Re  di  Spagna,  ai  Veneziani  affinchè  munisser  l'isola  (*l 
Giovine  ancora  ,  già  nota  era  sua  probità  per  modo ,  che 
allorquando  fu  sparsa  voce  di  suo  probabil  matrimonio 
con  Elisabetta  d'Inghilterra,  fu  nell'isola  lietamente  udita 
la  novella,  già  essendovi  amato  il  Principe  per  la  sua  virtiì(^). 
Nella  vita  ch'io  scrissi  di  Francesco  Pacciotto ,  addussi 
una  sua  lettera  del  iS-yi  ad  Emanuele  Fililoerto,  nella 
quale  parlando  della  cittadella  di  Torino  ,  dice  l'ingegnere 
u  \o  l'ho  posto  nel  mio  libro  per  regola ,  come  Ella  sa , 
»  che  l'ha  tradotto  in  lingua  Spagnucla  « .  Certo ,  che 
un  gran    Principe    il    quale    convertesi  in  traduttore  del 


(1)  Cambiano,  col.  1178. 

%  Michieli  Relazione  d' Inghilterra  del  1557;  in  Alberi,  serie  I,  voi.  11, 
pag.  37-2.  Del  suo  viaggio  in  Inghilterra  parla  anche  il  Cavallero  Resplendor 
al  capo  9.  Cf.  Ricotti,  voi.  II,  pag.  35. 


186 

libro  d'un  suo  stipendiato,  a  fatica  siffatta  da  altro  non 
può  esser  mosso,  che  dall  intensa  volontà  d'insignorirsi 
della  materia  in  esso  trattata;  e  vieppiù  quando  n'è  au- 
tore un  Francesco  Pacciotto ,  cioè  il  più  riputato  inge- 
gnere de'  suoi  tempi. 

XLVIII. 
FRANCESCO  BERNARDINO  DA  CAMNAGO  DETTO  VIMERCATE. 

Quand'è  turbata  una  nazione  da  guerre  e  da  fazioni 
intestine,  prorompe  l'anarchia  ed  i  ribaldi  che  di  virtù 
e  d'amor  patrio  non  avevano  che  il  sembiante,  sapendo 
come  pei  delitti  contro  il  vinto  più  non  vi  sia  pena ,  ad 
essi  si  gettano  certi  di  essere  accolti  e  difesi  dalla  fazione 
avversa  a  chi  regna  o  regnò  in  patria,  poi,  ai  nuovi  si- 
gnori rifuggendo,  si  dicon  martiri  e  vittime  di  politiche 
persecuzioni.  Siffatta  opportuna  avvertenza  ho  voluto  pre-  - 
mettere  alla  vita  di  Francesco  Bernardino  di  genitori 
calzettai,  privi,  come  sovente  allor  accadeva ,  di  nome  di 
casato,  essendo  egli  nato  da  un  Giovanni  Antonio  da 
Camnago  presso  Como  in  Lombardia  ^^ ,  siccome  paten- 
temente risulta  da  attestati  notarili  ne'  quali  è  desso 
chiamato  il  Magnifico  S.  Francesco  Bernardino  di  Cam- 
nago detto  di  Vimercato  (-).  Convien  dunque  dire  che, 
salito  poscia  ad  alti  gradi  militari  in  un  esercito  tutto  ca- 
pitanato da  gentiluomini,  egli  pure  voless'esser  gentiluomo 
e  persistesse  nel  mutuar  il  nome  dall  illustre  omonima  fa- 
miglia Milanese  cosi  appellata  (^).  Quanto  all'anno  di  sua 
nascita,  penso  che  di  poco  precedesse  il  secolare    i5oo, 

(1)  Raccolto  delle  cose  allegate  et  produtte,  eie.  f.»  32,  33. 

(2)  L.  cit.  f.°  44. 

(3)  Dico  persistesse,  cosi  chiamnnilosi  già  nella  condanna  a  morte  del  1530. 


487 
narrando  Biagio  di  Montine  come  nel  i553  già  Ibsse 
Francesco  in  età  inoltrala  O. 

Trovandosi  nei  i53o  in  Milano^  aggredì  il  giorno  6  set- 
tembre sulla  pubblica  strada  certi  mercanti  Bergamaschi 
e  li  spogliò  ;  resosi  latitante ,  quattro  giorni  dopo ,  d'ordine 
del  tribunale ,  fu  affissa  all'albo  pretorio  la  sentenza  che 
lo  dichiarava  bandito  e  condannato,  se  preso  ,  ad  esser 
trascinato  a  coda  di  cavallo  fin  sotto  il  patibolo  e  quivi 
appeso  come  ladro  (^).  Gli  furono  rimesse  le  offese  nel 
i536,  quand'egli  gi:\  militava  per  Francia  ed  annullata 
formalmente  nel  i544  1^  condanna.  La  vera  causa  del 
qual  processo  è  atlrilKiita  da  Scipione  figliuol  suo  all'odio 
contro  di  lui  stante  la  devozion  sua  a  Francia,  antico 
e  sempre  nuovo  modo  di  aver  ragione  secondo  i  tempi. 
Salito  poi  negli  eserciti  Francesi  a  bell'altezza,  troppo 
cuoceva  al  Vimercate  che  il  nome  suo  stesse  in  tal  luogo 
e  fra  tali  compagni,  né  senza  l'opera  del  Re  di  Francia 
sarà  egli  poi  stato  graziato  del  tutto,  trovando  che  l'ordine 
del  governator  di  Milano  marchese  del  Vasto  onde  dal- 
1  infame  ruolo  fosse  cancellato  il  nome  del  Vimercate,  è 
delli  3o  ottobre,  quando  fattosi  pace  a  Crespi,  fu  lar- 
gito un  generale  indulto  (^).  Così  giuns'egli  a  mutare  agli 
occhi  del  volgo  la  condizion  di  bandito  in  quella  d'esule; 
così  un  Vincenzo  Locadelli  da  Cremona,  dopo  ucciso  un 
nemico ,  svaligiati  e  feritine  altri  e  tutto  ciò  (dic'egli  in 
sua  lettera)  con  animo  costante  e  forte  '^^\  andò  soldato 
fuori  patria,  fu  ingeg  i^r  di  guerra  e  scrisse  di  fortifi- 
cazione. 

(1)  Commentaircs  (1821),  voi.  II,  p.  160. 

(2)  Condannatione   di  Francesco   Bernardino   nel  Manifesto  del  Birago. 
Raccolto  ,  eie.  f.°  36. 

(3)  Raccolto,  etc.  f."  36;  Infonnatione,  p.  64. 

(4)  Manifesto  del  cap.  F.  Locadelli^  ecc.  f.°3.  Senza  data,  ma  circa  il  1565. 
Si  veda  il  suo  articolo  al  N."  XXVIl. 


488 

Menile  a  Milano  la  giustizia  lo  voleva  morto,  rifug- 
giva egli  nel  i53o  in  Francia  presso  il  suo  concittadino 
maresciallo  Teodoro  Trivulzio  governa tor  di  Lione ,  al 
quale  presentossi  il  Vimercate  dicendosi  perseguito  dallo 
Sforza  (come  apparisce  dalle  parole  del  fìgliuol  suo  Sci- 
pione (0) ,  ch'era  quanto  dire  esser  egli  di  parte  Guelfa 
ossia  Francese,  della  quale  in  Lombardia  erano  capi  i 
Triulzi.  Ebbene  liete  accoglienze  e  fu  posto  tra  i  gen- 
tiluomini ordinarii  della  sua  casa  militare ,  nel  qual  posto 
poco  tuttavia  durò,  essendo  morto  Teodoro  nel  seguente 
anno.  Allora  egli  si  pose  al  soldo  di  Francesco  marchese 
di  Saluzzo  che ,  a  quegli  anni  e  per  passion  di  regno 
erasi  fatto  vassallo  della  corona  di  Francia ,  dal  marchese 
venendo  fatto  guidone  delle  sue  genti  d'arme  e  poi  luo- 
gotenente e  capitano  generale  del  suo  Stato  ;  ciò  con  pa- 
tente delli  3o  luglio  i536,  notizia  sfu^orita  agli  storici  di 
quella  città  e  provincia  i^).  Con  siffatto  grado  fu  egli  uno 
de'  primi  che  nel    i536  entrassero  in  Torino  ■^. 

Ma  lo  scellerato  marchese,  a  modo  de  Principi  Ita- 
liani di  quella  età ,  i  tanti  mancamenti  suoi  compiva  man- 
cando a  Francia  e  volgendosi  a  parte  imperiale,  poi  poco 
dopo,  assediando  Carmagnola,  di  cannonata  rimaneva  uc- 
ciso. Com'era  naturale,  il  Vimercate  che,  per  timor  del 
patibolo ,  erasi  già  aderito  a  Francia  ,  rifuggissi  al  campo 
di  Filippo  Chabot  e  dal  re  Francesco  I  n'ebbe  in  pre- 
mio una  compagnia  di  duecento  cavalli  d'ordinanza  e 
da  non  essere    cassati   in  tempo  di   pace  ^-^).  Con  questo 

(1)  Difesa  del  5.  Fr.  Berti,  fimercaln ,  nella  Infnrinatione  ,  eie.  p.58. 

(2)  Patente  nella  In for mattone,  pag.  "72. 

(3>)  Sommario  della  guerra  di  Piemonte  dall'anno  ^536  al  i 527  ^  per 
Stephano  Rrigerio ,  Ms.  degli  Archivi  di  Stato. 

(4)  Difesa  di  Fr.  Bernardino  nella  Informatione,  ecc.  pag.  59.  Cronaca  la- 
tina di  G.  B.  Miolo  nella  Misceli,  di  Storia  Italiana  'Torino,  1862\  voli, 
pag.  194. 


iS9 
grado  militò  egli  nell'esercito  di  I^iccardia  ,  e  quando  nel 
i53'~  i  Cesarei  assediarono  Teroana ,  egli  v'introdusse  un 
convoglio  di  viveri;  ma  nel  ritorno  della  scorta,  assaliti 
i  Francesi,  malgrado  la  fatta  resistenza,  cadder  prigioni 
tra  essi  l'Annehaidt  ed  il  Vimercate,  de'  quali  ognuno 
era  a  capo  di  duecento  cavalleggeri  (0.  Di  lì  a  non  molto, 
o  riscattato  o  sottrattosi ,  tornò  a  guerreggiar  in  Piemonte 
d'onde  fu  repentinamente  mandato  di  nuovo  in  Navarra 
con  tutta  la  cavalleria  Italiana  v^X  Colà ,  assediando  Per- 
pignano  accaddegli  di  fai'  cattura  di  certe  dame  spagnuole, 
ed  egli  spoglio  affatto  di  que'  sentimenti  cavallereschi 
dai  quali  eran  allora  animati  in  modo  singolare  i  genti- 
luomini Francesi,  impose  ad  esse  una  grossa  taglia  (^;. 
La  qual  cosa,  allora  e  dopo,  diede  origine  a  molte  que- 
stioni di  cavalleria. 

^el  seguente  anno  i543  era  il  Vimercate  di  nuovo  in 
Piemonte  col  Ferrarese  Baldassare  Azzale  (che  con  lui 
era  stato  all'impresa  di  Perpi guano  colonnello  di  cinque 
mila  fanti  Italiani  al  soldo  di  Francia  ^')  ed  ambidue 
rovinaron  in  fretta  le  mura  di  Carignano ,  onde  non  fosse 
la  terra  utilmente  occupata  dal  marchese  del  Vasto  che 
stanziava  lì  presso  (5).  Stava  il  Vimercate  sotto  gli  ordini 
dell'Aussun  ed  instava  per  ima  pronta  ritirata,  alla  quale 
annuiva  sì  il  d'Aussun ,  ma  così  lentamente  la  eseguì,  che 
dagl'Imperiali  forzato  a  battersi,  n'andò  in  piena  rotta. 
Scusavasene  il  Francese ,  imputando  le  sofferte  perdite  al 
Vimercate,  il  quale  non  solo  aveva  sconsigliato  di  venir 

(t)  Mém.  de  Martin  du  Bellay  (l8-2r,  lib.  Vili,  p.  204,  245. 

(2)  Campana,  Fila  di  Filippo  // (1601;,  Deca  II,  lib.  XVI,  f.°  80. 

(3)  Brantòrae,  Discnurs  LX XIF  [{1%1],  pag.  149;  Lettere  di  Principi   1563\ 
voi.  I,  f.°  166. 

(4)  Per  l'Azzale  vedasi  il  N.°  XIV. 

(5)  Oltre  parecchi  scrittori,  è  ciò  narrato  anche  dal  Monlluc  e  dal  Bu- 
gato  nella  Historia  unii-ersale  (15T0\  lib.\"II,  pag.  926. 


490 

alle  mani,  ma  nella  battaglia  erasi  poi  anche  valorosamente 
portato^  cosicché  i  Francesi  stessi,  e  Montine  fra  i  primi, 
apertamente  tacciarono  d  imprudenza  il  loro  compatriota 
ed  ogni  ragione  dieder  al  Vimercate;  mandògli  allora 
il  d'Aussun  mi  cartello  di  sfida ,  che  fu  da  lui  accettato , 
dando  in  hice  ad  mi  tempo  una  sua  difesa  (^),  procedendo 
poscia  ambidue  a  mordersi  nella  riputazione  e  diffamarsi, 
com'era  ed  è  usanza.  Causa  principale  di  quella  rotta  fii 
la  poca  saldezza  delle  fanterie  guidate  da  Francesco  (2\ 
Gran  romore  levò  allora  in  Francia  questa  contesa  e, 
cosi  volendo  Tetà ,  si  stamparono  libri  in  favor  di  questa 
e  di  quella  parte.  Ebbesi  il  Vimercate  la  sorte,  che  da 
me  è  chiamata  sventura ,  di  aver  dalla  sua  quel  Pietro 
Aretino  cui,  come  a  precursore  de' giornalisti  nostri,  tri- 
butavano onori  ed  oro  Pontefici,  Re  e  privati;  in  sua 
lettera  del  i545  scriveva  che  il  signor  Francesco  Ber- 
nardino è  suto  pur  troppo  modesto  nel  suo  cavalieresco 
procedere  :  del  che  sinceramente  è  comendato  da  ciascun 
soldato  di  conditione ,  come  persona  degna  dell'onore 
che  gli  acquista  di  continuo  il  glorioso  mestier  dell  armi'\^\ 
Non  so  quanto  donato  avesse  il  nostro  all'Aretino,  che 
fattosi  plebeio  signore  della  pubblica  opinione,  la  buona 
o  la  trista  rinomanza  dispensava  a  suon  di  danari;  certo 
che  conoscitor  sommo  de  più  riposti  vizi  fu  quel  Pietro 
e  primo  istitutor  d'un'arte  che  non  sarebbe  mai  più  perita  ; 
dico  di  quella  che  hanno  gli  audaci  di  asservire  alla  lor 
penna  un'intiera  nazione.  Durò  la  questione  sino  all'anno 
1546,  allorquando,  per  finirla,  prima  confortoìii  il  Re, 
poi  astrinseli  a  far  pace  W.   Trovossi  poscia  nell  anno  i544 

(t)  È  sola,  che  tra  le  scritture  di  Francesco  io  non  abbia  potuto  vedere. 

(2)  Borghese  di  Rivoli,  Misceli  di  St.  Italiana,  voi.  VI ,  pag.609. 

(:$)  Lettere  dell'Aretino  (1609),  vol.lM,  f."  228. 

(4)  Monthir,  lib.  1,  p.  45"  ;  fnfonnntinne,  ecc.  p.  70;  Campana,  !.  cit.  f."  98. 


491 

lììhì  battaglia  di  Geresole  guidando  una  compagnia  di  dn- 
cento  uonuni  d'arme  ;i\ 

Circa  que' tempi  dev'egli  essersi  volto  alla  pratica,  se 
non  allo  studio,  della  fortificazione,  nella  quale  (a  dif- 
ferenza de'  capitani  Spagnuoli,  Francesi  e  Tedeschi)  un 
qualche  lume  avevan  pur  sempre  anche  i  più  ignari  uffi- 
ciali Italiani  siccome  nutriti  in  patria  allor  \)'m  colta  e 
di  pii^i  estrinseca  civiltà  che  non  quell'altre;  la  qual  cosa 
spiega  la  lor  facile  accettazione  e  promozione  in  que'  re- 
gni, imperciocché,  nella  parte  scientifica  della  guerra  , 
eran  essi  dappiù  de'  nazionali  ;  infatti ,  allora  lo  pose  il 
Re  soprintendente  generale  delle  fortificazioni  in  Italia , 
cioè  in  Piemonte  ove  solo  estendevasi  la  dominazione 
Francese.  La  prima  opera  che  qui  conducesse  come  inge- 
gnere fu,  se  non  fallo,  il  forte  di  Monmeliano  in  Savoia 
cominciato  nel  giugno  dell  anno  i547  e  messo  in  difesa 
nel  seguente  inverno  ;  trovasi  (  dice  l'ambasciator  Vene- 
ziano Matteo  Dandolo  i^)),  in  mezzo  di  una  bella  pianura 
circondata  da  monti ,  sopra  un  colle  principiato  a  for- 
tificar al  mio  andare  in  là,  e  che  al  mio  ritorno  ho 
trovato  esser  posto  in  fortezza  ;  e  questo  per  la  diligenza 
e  perizia  del  colonnello  Francesco  Bernardino  da  Milano, 

il  quale mi  disse  as\ai  sì  di  questo  luogo,   come 

di  un  altro .  che  faceva  similmente  fare  il  Be  ad  un 
certo  passo  vicino  a  Svizzeri. 

Ho  ragioni  per  credere  che  l'opera  del  Vimercate  sia 
quella  rappresentata  in  un  volume  Fiorentino  di  piante 
di  fortezze  C-^) ;  è  semplicissima,  non  avendo  che  due  ba- 
stioni, avvegnaché    l'andamento    della    magistrale,    voluto 


[1)  Miolo  ,  Cronaca  cit.  pag.  194. 

(2)  Relazione  del  15i7  iii^Albèri,  serie  l,  voi.  11,  p.  183. 

i'^)  Cod.  Magliabecchiaiio ,  f."  94.   Ne  diedi  copia  a  Leone   Menabrea , 
die  pubblicolla  nolla  (avola  l  di  ìfnntmplian  et  les  Aìpcx  ;1845\  p.  314,  417 


493 

dagli  scoscendimenti,  gran  fatto  non  difFensca  dai  trac- 
ciamenti rinnovati  nell'età  posteriori.  Breve  fu  però  la  sua 
durata^  soli  ventanni  dopo  avendo  Emanuel  Filiberto 
rifatto  il  forte  in  altra  più  opportuna  maniera  (0  e  ca- 
vatovi il  fosso  nella  rupe  viva. 

Intervenne  poscia  negli  anni  i549,  ^"  ^*^^  ^^  Enrico 
all'assedio  di  Bologna  in  Piccardia,  nel  quale  sappiamo 
dal  fìgliuol  suo  che  militò  in  grado  di  maresciallo  di 
campo.  Poco  tuttavia  vi  si  trattenne ,  poiché  prima  ancora 
che  fosse  conchiusa  la  pace  cogl'Inglesi  nel  marzo  di 
quest  anno ,  egli  già  n'era  partito  e  recatosi  a  Borgo  in 
Bressa  ove,  per  ordine  avuto  dal  Montmorency  fu  due 
giorni  ad  esaminar  il  sito  e  la  fortificazione  sin'allor  con- 
dottavi, proponendo  in  fine  che,  essendo  quasi  tutta  di 
terra  e  male  intesa ,  meglio  sarebbe  stato  tralasciarla  af- 
fatto, supplendovi  colla  fabbrica  di  un  castello  del  quale 
mviògli  un  suo  disegno  in  uno  con  instanza  che  la  cura 
ne  fosse  affidata  al  Senese  Girolamo  Bellarmati  (2).  Por- 
tatosi poscia  a  Lione,  d'onde  da  tre  anni  era  assente  (^), 
ordinovvi  quanto  mancava  alla  sua  fortificazione  ;  quindi, 
per  Savoia  ritornò  in  Piemonte  (4)  ove  trovossi  a  gran 
parte  di  quegli  assedi  e  fatti  d'armi,  facendo  ancora  nel 
i55?.  le  fortificazioni  di  Bra  e  del  Mondovi  (S);  nell'anno 
«tesso  era  governator  di  Chieri  e  sorprendeva  Alba  (6) , 
narrando  anche  il  cronista  Miolo  che  allora  e  da  un  ful- 
mine inceneriti  furono  i  cavalli    al  Vimercate  a  Foglizzo 


(1)  Relazione  di  Savoia  di  G.  F.  Moro  si  ni.  Serie  II,  voi.  II,  pag.  138. 
(9)  Fortificatore  dell'IIàvre  de  Grace  e  di  altre  città  di  Francia;  socio 
al  Cellini  {Fila,  lib.  II,  cap.  13)  nell'afTorzar  Parigi  del  1544. 

(3)  Lettera  del  marzo  1547  nella  hiformatione,  pag.  61. 

(4)  Tanto  è  narrato  nella  lettera  presso  Molini,  DocMWpnfi,  della  quale 
parlasi  qui  in  calce. 

(5)  Mémoires  de  Fillars,  lib.  IH  ,  p.  206;  Mém.  de  Montluc ,  lib.  II,  p.  104. 

(6)  Miolo,  Cronaca  p.  197,  194. 


493 
in  Canavese.  Pure  in  quell'anno  muniva  S.  Martino  in 
Ganavese  (0  e  trovavasi  all'assalto  di  Ceva  coiraltro  ma- 
resciallo di  campo  Biagio  di  Montine  che,  lodandone  il 
valore,  lo  disse  tanto  più  commendabile  che  trovavasi 
egU  in  età  avanzata  i^\ 

Adoprossi  nel  i555  alla  fabbrica  di  due  forti  che  presso 
Torino  stringessero  Volpiano,  piazza  rilevante  allor  tenuta 
dall'esercito  Cesareo  (^),  Fu  ancora  a  Parigi  nel  i556, 
d'onde  il  maresciallo  Brissac  rinviollo  in  Piemonte  a  sol- 
lecitare il  Termes  e  sue  provvidenze  circa  l'ailiglieria  ed 
i  viveri.  Ricominciata  la  guerra  nell'anno  seguente  dopo- 
ché il  Duca  di  Guisa,  reduce  dall'impresa  dei  GaratFa , 
aveva  tolto  Valenza  agl'Imperiali,  tosto  vi  accorse  per 
metterla  in  difesa  ;  è  narrata  la  cosa  in  una  cronaca  di 
Gasai  Monferrato  (4)  colle  parole  :  Appena  i  Francesi 
ebbero  presa  Valenza ,  diedero  principio  a  fortificare 
esso  luogo,  e  così  fra  pochi  giorni  fu  mandato  il  sig.  Ber- 
nardino Vimercato  esule  Milanese  generale  per  il  re  di 
Francia  di  tutte  le  regie  fortezze  e  capitano  di  caval- 
leggeri,  con  disegno  di  poterla  far  forte  ed  inespugnabile, 
come  poi  fece,  che  la  mise  in  riputazione  ed  in  gran 
fortezza,  cosa  che  mai  seppero  fare  gì  Imperiali,  con 
darle  tutto  quell'ordine  che  va  esser  dato  e  che  bisogna 
ad  una  terra  fortissima  tanto  di  artiglieria  come  anco 
di  munizioni  e  di  un  buon  presidio  di  soldati. 

Per  le  quali  cose  vieppiù  dimostrato  essendosi  il  Vi- 
mercate  bene  affetto  a  Francia,  buon  soldato  e  sufficiente 

(1)  Mém.  de  Montine,  voi.  I  ,  p.  295. 

(2)  Ivi ,  lib.  II ,  p.  160. 

(3)  Mém.  de  Fillars ,  lib.  VI  ,  p.  425. 

(4)  Cronachetta  di  C.Monf.dal  i530  al  /5S2-,  auno  1557  pag.  29;  e  Vil- 
lars.lib.  VII,  p.  529;  lib.  Vili,  p.  546.  Valenza  fu  presa  alli  20  gennaio  1557. 
La  cronaca  è  quella  edita  nell'Archivio  Storico  (1847),  voi.  XIll,  man- 
cante di  questo  come  di  molti  altri  passi. 


494 

iiiiresnere,  prenuolio  Enrico  11  nel  ]558  in  modo  slraor- 
dinario  creandolo  cavaliere  di  S.  Michele,  rimanendo  egli 
decimosesto  Italiano  fra  i  settanta  che  allor  numeravansi 
nell'ordine  '^X  Non  fregiandosi  allora  di  quelle  insegne 
fuorché  uomini  di  antica  nobiltà  ,  convien  credere  o  ch'egli 
SI  sia  valso  del  bel  nome  attribuitosi,  o  che  molta  sia 
stata  nel  Re  e  nel  Brissac  la  prudenza  nel  premiar  la 
realtà  de  servizi  anziché  la  chiarezza  del  sangue.  Tro- 
vando però  che  fra  quegl'italiani  non  meno  di  undici  erano 
fuorusciti  adoprantisi  ad  abbatter  i  governi  di  lor  patria 
a  profitto  proprio  e  di  chi  li  tratteneva  e  guiderdonava, 
m'è  forza  dire  che  re  Enrico  ed  i  consiglieri  suoi  non 
diversamente  fatto  abbiano  e  non  più  e  non  meno  di 
quanto  sempre  fecero  i  Principi  tra  le  civili  dissensioni. 
Dopo  la  pace  di  Gàteau-Cambresis  fu  egli  da  Brissac 
spedito  a  Parigi  per  rappresentare  al  Re  lo  stato  delle 
cose  militari  in  Italia,  ed  in  quella  città  venne  a  morte 
ne' primi  mesi  dellanno    i559   -. 

Quanto  alla  scienza  ovvero  arte  di  fortificare,  ei  pos- 
sedella  piuttosto  come  sicura  intuizione  di  esperto  soldato, 
che  non  ne' principii  suoi,  non  essendone  egli  stato  né 
buono  né  copioso  scrittore.  Il  grado  però  di  colonnello 
negli  eserciti  di  Francia  procacciògli  la  dedica  tli  un 
trattato  di  tattica,  ossia  dell  arte  dello  squadronare,  stam- 
pato in  Torino  nel  i548  e  scritto  tra  il  /\2  ed  il  4^ 
da  Angelo  Assinito  della  Marca  d'Ancona  (^;,  antichissimo 
e  rarissimo  libro.  Lo  stato  de'  servizi  suoi  in  Francia  è 
dato  dal  figlio  Scipione  in  questi  otto  alinea  ('^).  Maestro 

(1)  Mém.de  Fillars  ,  lib.  IX,  p.  605;   Soranzo ,   Relaz.  di   Francia,  in 
Alberi ,  serie  1 ,  voi.  II,  p.  410. 

(2)  Mcin.de  Fdlars,  lib.  X,  p.  662;  Informationc ,  pag.  58. 

(3"!  Opera  nova  et  alti  huomini  di  guerra  importantissima  .  quale  insegna 
ordini,  modi  et  forme,  ecc.  Torino,  per  Marlin  Cravoto,  1548. 
(4)  Difesa  nella  Informationc ,  pag.  58. 


495 
di  casa  ordinario  del  Re;  Consigliere  del  Consiglio  segreto; 
Gentiluomo  ordinario  della  camera  del  Re;  Governator 
di  Chieri ,  Governator  di  Valenza;  Generale  Soprinten- 
dente delle  fortificazioni  e  nnmizioni  in  Italia:  Cavaliere 
dell'Ordine  ;  INlaresciallo  di  campo  in  Piccardia. 

Ne'  documenti  Parigini  di  Storia  italiana  editi  in  Firenze 
nel  i836  da  G.  Molini  havvi  una  lunga  lettera  del  Yi- 
mercate  al  IMontmorency  e  della  quale  ho  detto  e  dirò 
ancora.  E  data  da  Lione  li  20  marzo  i55o  e  sottoscritta 

Francesco VimercaLo.   Parve  all'annotatore  di 

que'  documenti  che  fosse  questa  una  sola  e  stessa  persona 
coiromonimo  Milanese  che,  quasi  alla  stessa  età  professò 
medicina  in  Parigi  e  Torino ,  ed  osservò  come  sia  questo 
il  primo  docimiento  che  lo  dimostri  anche  ingegnere. 
Le  perentorie  ragioni  d'identità  della  persona,  del  luogo, 
del  tempo,  che  m'inducono  ad  attribuire  quello  scritto 
al  soldato  anziché  al  dotto ,  le  ho  già  pienamente  esposte 
altrove  lO. 

Ebbe  Francesco  mi  figlio  illegittimo  di  nome  Scipione, 
natogli  nel  i533  in  Lione  da  una  Catterina  da  Savona, 
che  per  esser  moglie  d'un  taverniere  e  tamburino  era 
detta  la  Tambourineuse  (2);  intanto,  mentre  il  Vimercate 
godevasi  questa  donna,  godevasi  pure  le  entrate  del  bene- 
ficio di  S.  Antonio  in  Cislago  "^\  Fattosi  esso  pure  soldato 
di  Francia  in  Piemonte ,  ebbe  a  diciottanni  una  com- 
pagnia di  ducento  fanti  e  poi  nel  i544  altra  ne  capitanò 
di  cinquanta  celate  ''y^\  Era  egli  buon  soldato  e  nell'anno 
1559,  ^^  ^^^^  inorigli  il  padre,  re  Enrico  II  con  pa- 
tente  delli  4  ottobre    nominollo    scudier   suo   ordinario, 


O     o- 


,1)  Architettura  di  Fr.  di  G.  Martini  [ISAV ,  voi.  Il ,  N.°  3' 
(9)  Raccolto  delle  cose  allegale  et  produtle ,  eJc.  f.°  26,  29, 

(3)  Raccolto ,  f."  35. 

(4)  InformaMonc ,  p..55. 


496 

commissario  e  sovrintendente  generale  delle  riparazioni 
e  fortificazioni  in  Piemonte  ^0;  la  qual  cosa  non  significa 
già  ch'ei  fosse  ingegnere,  ma  sì  che  non  gli  mancavano 
cognizioni  pratiche  circa  la  costruzione  militare.  E  qui, 
per  notar  cosa  che  al  vivo  pinga  i  costumi  del  tempo, 
dirò  che  malgrado  i  canoni  vietanti  la  collazione  di  be- 
nefìci ecclesiastici  ad  illegittimi,  sin  dal  i55i  Scipione 
fu  fatto  Ahate  di  S.  Giusto  di  Susa  con  qualità  di  com- 
mendatario (-1  Ma,  lasciata  tosto  l'abbazia  per  Farmi, 
la  trasmise  al  nipote  suo  Giovanni  da  Camnago  detto 
esso  pure  da  Vimercate.  Tanto  ne'  cataloghi  loro  è  re- 
gistrato dal  Della  Chiesa  e  dal  Sacchetti,  errando  in  ciò 
che  ne  anticipan  la  nomina  di  un  decennio.  I  fatti  di  Sci- 
pione son  narrati  singolarmente  da  Montluc  e  da  Villars 
e  soprattutto  ne'  libri  stampati  in  difesa  sua  e  del  padre 
in  occasione  della  sfida  avuta  coll'altro  Milanese  e  qui 
soldato  di  Francia  Lodovico  Birago  ;  libri  rari  ed  inte- 
ressanti assai ,  ma  che  a  padre  e  figlio  fruttaron  poco 
onore. 

BIBLIOGRAFIA  DI  FRANCESCO  BERNARDINO  DA  VIHERCATE. 

I.  Giustificazione  del  signor  Capitan  Francesco  Ber- 
nardino Vimercato  nella  querela  sua  con  Monsignor 
d'Jussun.  In  Milano  da  Antonio  Burgio,  iS\5,  4-°  ^o~ 
mincia  :  «  Francesco  Bernardino  Vimercato  a'  lettori.  Per- 
»  ciocché  nelle  cose  dell'honore  »  ecc.  Finisce:  «Perchè 
»  tanto  bastandomi  di  aver  detto  in  questa  Scrittura , 
»  quella  rimetto  al  giudicio  di  tutte  le  persone  di  honore, 
»   et  intendenti  »   ecc.  Ne  parla  l'Argelati  e  Giovanni  Sitoni 


(1)  L.  cit.  pag.  61. 

(2)  Raccolto,  ecc.  f."  55.  Ne  prese  possesso  alli  H  agoslo. 


497 
nella  nota  .\^\ ,  pag.  5g  dei  f^i  ceco  mi  tu  ni  Genealogica 
Monumenta ,    i~  i\. 

II.  Lettera  a  yl/."''  di  Montmoreucj  (di  Lione,  20 
marzo  i55o)  sulla  fortificazione  di  Borgo  in  Bressa  e 
(li  Lione.  E  un  breve  scritto  edito  dal  ^Nlolini  ne'  Docu- 
menti di  Storia  Italiana  (i836),  ed  evvi  attribuito  ad  un 
omonimo  Milanese. 

Come  di  libri  assai  rari ,  unisco  la  descrizione  di  quelli 
che  fm^ono  stampati  a  proposito  della  sfida  accaduta  tra 
Scipione  Vimercate  ed  il  Birago  e  contenenti  numerose 
notizie  circa  i  due  Vimercati. 

III.  Raccolto  delle  cose  allegate  et  produtte  per  f  illusi. 
S.  Lodovico  Birago,  avanti  il  Re  Christian iss.  et  suo 
consiglio.  Nelle  quali  si  dimostra  chiaramente  per  prove 
et  efficaci  ragio7ii,  quanto  è  successo  fra  esso  S.  Ludo- 
vico et  Scipione  detto  de'  P^imercati  ;  con  le  qualità  di 
ciascuno.  In  Turino,  appresso  Martino  Cravotto.  m.d.lxi. 
8."  di  fodietti  II 3.  Precede  una  dedica  del  Biras^o  al 
Re  di  Francia,  da  Torino,   20  giugno    i56i. 

IV.  Manifesto  delTIll.  Signor  Lodovico  Birago.  Con 
altre  scritture,  per  le  quali  si  conosce  quanto  eseguito 
ira  esso  Signor,  et  Scipion  detto  de  f'imercato.  In  fine  : 
In  Turino  appresso  Martino  Cravotto  m  .  d  .  lxi.  Il  primo 
di  luglio;  4°  <ii  foglietti  5o  non  numerati.  Precede  una 
lettera  del  Bira£;o  al  Re  Cristianissimo  data  da  Torino 
a  20  di  giugno  del  i56i.  Questo  libro  ed  il  suddetto 
Raccolto  sono  similissimi,  se  non  che  da  pagina  5^  in 
poi  contiene  il  Raccolto  ancora  un  Discorso  del  Birago 
e  le  sue  Giustificazioni,  cose   mancanti  nel  Manifesto. 


32 


498 

V.  Infoì'inatione  de  la  causa  fra  Scipione  Viniercaio 
e  Lodovico  Birago  ,  coìi  la  difesa  de  lo  III.  Sig.  Fran- 
cesco Bernardino  Vimercato ,  contra  le  calonnie  di  Lod. 
Birago.  Aggiuntovi  un  parere  del  fu  Duca  dj^rbino 
Francesco  Maria  de  la  parità  ,  e  disparità ,  del  sangue 
e  del  grado.  E  g  dubbii  del  Fausto  da  Longiano  tolti 
dal  primo  libro  de  i  suoi  pareri.  Volume  in  4°  tli  1 08 
pagine ,  senza  data ,  né  luogo ,  né  stampatore  ma  certa- 
mente di  Lione  coi  tipi  di  Giovanni  de  Tournes  ed  anche 
del  i56i;  imperciocché  mentre  il  Birago  soggiornante  ni 
Torino  faceva  stampare  in  questa  città,  il  Vimercato  si 
valeva  delle  stampe  del  Lionese  de  Tournes.  Sta  in  fronte 
la  lettera  del  Vimercate  al  Re  data  in  Sciolze  il  primo 
d'agosto   i56i. 

VI.  Information  du  difjf'erent,  qui  est  entre  Scipion 
Vimercat,  et  Ludovic  Birague ,  Auec  la  defense  etc.  In 
fine  A  Lyon  par  lan  de  Tournes ,  rue  Raizin ,  à  Ven- 
seigne  des  deux  Viperes.  Voi.  l\  di  117  pagine.  La  let- 
tera al  Re  ha  la  stessa  data  ed  il  libro  altro  non  è  che 
una  traduzione  dell'  Informatione  anzidetta ,  apparendo 
tradotto  da  Scipione  onde  render  leggibile  il  suo  scritto 
in  corte  di  Francia. 

Ad  ogni  modo  non  doveva  il  Vimercate  essere  privo 
d  una  qualche  coltura,  di  quella  almeno  che  si  prendeva 
frequentando  a  quo'  tempi  le  compagnie  signorili  ;  im- 
perciocché ,  Matteo  Randello ,  che  volontieri  conviveva  coi 
capi  militari  guerreggianti  per  Francia  in  Piemonte,  a  lui 
indirizza  la  Novella  XX  del  volume  III. 


499 

XLIX. 
FRAINCESCO    OROLOGI   DA   VìCE>ZA. 

Debbo  ora  far  parola  di  un  valoroso  inojegner  mililare 
del  secolo  xvi ,  cercato  ed  adoprato  molto  dai  Principi , 
ma  che,  sconosciuto  alla  sua  città  nativa  ,  non  trovo  chi 
abbialo  sinora  rammemorato.  Quest  è  Francesco  Orologi 
da  Vicenza,  che  con  tal  nome ,  cognome  e  patria  scrivesi 
in  un  suo  codice  di  cui  sarà  parlato  in  sèguito. 

La  casa  in  cui  nacque  era  tutta  d  ingegneri  e  studiosi , 
fratello  suo  essendo  Giuseppe  scrittor  della  vita  di  Ca- 
millo Orsino  e  d  altri  libri  stampati  tra  il  i56o  ed  il  65  (^); 
e  penso  che  fratello  gli  fosse  pure  quel  Giacomo ,  di  cui 
(in  lettera  del  i56o;  parla  il  capitan  di  Brescia  Gian- 
matteo  Bembo  (-)  dicendolo  valentissimo  ingegnere  dei 
nostri  tempi.  Quantunque  non  ne  sia  specificata  la  qualità , 
è  chiaro  però  che  attendeva  Giacomo  ali  idraulica,  discor- 
rendovisi  di  bonificazioni  lluvi-ili  per  risanar  regioni  umide 
ed  insalubri  •"-. 

Ignoro  dove  e  da  chi  appreso  abbia  Francesco  l'arte 
di  fortificare,  ma  so  pure  che  perciò  non  occorrevagli  di 
portarsi  in  altra  città  che  la  sua ,  là  essendo  nato  e  vi- 
vendo al  principio  del  millecinquecento  ,  un  insigne  maestro 
(sconosciuto  esso  pure  agli  Italiani  ed  ai  conterranei  suoi) 


(1)  Cinque  opere  tra  originali  e  tradotte  ne  enumera  il  Fontanini  nel- 
r  Eloquenza  Italiana. 

(2^!  Lettere  di  Principi  (1581',  voi.  Ili ,  f.°  207.  Suo  nonne  presso  Bembo, 
eguale  a  quello  di  famiglia  Padovana  ,  è  Giacomo  dairOrologio.  Forse  era 
Francesco  di  nobil  casato ,  al  suo  nome  trovando  sempre  annesso  il  titolo 
di  cavaliere. 

(3;  Nella  prima  notizia  che  nel  1841  diedi  dell'Orologi  CJrchil.  civ.r 
milit.di  Fr.di  G.  Martini ,  voi.  il ,  pag.  99),  non  conoscendo  ancora  il 
citato  codice,  di  Francesco  e  di  Giacomo  feci  erroneamente  una  persona  sola. 


500 

nel  Vicentino  Basilio  Dalla  Scala,  uno  degl  ignorati  e  primr 
fondatori  di  questa  scienza,  e  del  quale  dirò  qui  breve- 
mente. 

Sin  del  i5oi  scriveva  al  suo  Principe  Torator  di  Fer- 
rara come  veduto  avesse  in  Venezia  il  modello  d'una 
rocca  con  torri  in  triangolo,  quadre ,  tonde  e  d'ogni 
sorta,  opera  di  Basilio  Della  Scala  da  Vicenza,  il  quale, 
allora  appunto  e  per  far  cosa  grata  alla  Signoria,  stato 
era  rilasciato  dalle  prigioni  di  Napoli  (0.  Scrive  poi  Luigi 
Da  Porto  gentiluomo  di  quella  città,  nei  marzo  lòog, 
come  instando  la  guerra  di  Cambrai  ((  i  Veneziani  hanno 
»  mandato  Basilio  Dalla  Scala  nostro  Vicentino  a  rivedere 
o  tutte  le  artiglierie  che  sono  nelle  loro  città  e  fortezze 
n  di  terra  ferma,  come  uomo  ch'essi  tengono  provvisio- 
»  nato  sopra  le  munizioni  loro  ))  (^).  Fu  poi  ai  servigi 
dell'imperator  Massimiliano,  certamente  non  prima  del- 
l'anno i5i7  in  cui  ebbe  termine  la  guerra  di  Cambrai; 
ma  la  fama  sua  la  dovette  singolarmente  alle  difese  da 
lui  apprestate  a  Rodi,  allorquando  il  Gran  Maestro  Fab- 
brizio  del  Carretto  sapendo  come  non  più  proporzionate 
all'efficacia  delle  artiglierie  turchesche  fossero  le  mura, 
che  nel  1480  resistito  avevano  agli  attacchi  di  Maometto  II, 
nell'anno  i52o  chiamò  Basilio  a  porre  in  opera  per  quella 
città  i  nuovi  trovati  difensivi. 

Ma  lasciamo  che  la  cosa  sia  narrata  dallo  storico  del- 
l'ordine Gerosolimitano:  u  Deliberato  havendo  il  Gran 
»  Maestro  di  ridurre  la  fortificazione  della  città  di  Rodi 
»  nel  più  sicuro  e  migliore  stato,  che  ridurre  si  potesse; 
))    fece  andare    nel  seguente   anno  in  Rodi  Basilio  Della 

(1}  Lettere  artistiche  inedite  pubblicate  da  G.Campori  {1866",  N."  1.  In 
quesle  addotte  parole  è  chiaro  il  trapasso  dall'antica  alla  moderna  in- 
gegneria. 

(2)  Alcune  lettere  inedite  di  Luigi  Da  Porto  (1829;,  pag.  10. 


oOl 
»  Scuola  ingegniero  dell  imperato!"  Massimiliano,  il  quale 
))  era  il  maggior  huomo  di  quella  professione,  che  in 
»  quei  tempi  vivesse;  e  col  parer  suo  e  di  moli' altri 
»  valent'  huomini,  che  in  Rodi  si  trovavano  ....  si  fecero 
>ì  molti  utili  e  buoni  ripari  »  (^X  E  poiché  in  gennaio 
del  i5i9  mancò  di  vita  Massimiliano,  così,  il  Fontano 
ha  cura  di  notare  che  delle  mura  e  della  fortezza  di  Rodi 
fu  ordinatore  Basilio  architetto  di  Carlo  V  (2).  Non  disfece 
già  egli  le  mura  antiche,  ma  le  terrapieno  riducendole 
a  cortine  frapposte  ai  baluardi  d'Alvernia ,  Spagna,  In- 
ghilterra, Provenza,  Italia,  a  quello  di  Cosquino  ed  al 
Carrettano  C^)-  tutta  di  Basilio  fìi  insomma  quella  nuova 
fortificazione,  ad  evidenza  ricavandosi  che  nella  difesa 
fatta  nel  1480  dal  d'Aubusson,  le  mura  erano  tutte  ali  an- 
tica v'^'.  Ne  fanno  onore  gli  scrittori  a  Gabriele  Tadino 
di  Marlinengo,  che  ne  hi  acerrimo  difensore,  ma  non 
essendo  giimto  in  Rodi  che  il  22  luglio  e  quando  già  da 
ventiquattro  giorni  i  Turchi  battevano  la  piazza ,  alle  opere 
stabili  non  potè  il  Martinengo  prendere  parte  alcuna;  e 
ciò  essendo  inconcusso,  ne  segue  che  furon  desse  pensate 
tutte  e  dirette  dal  Della  Scala. 

In  Vicenza  e  da  Basilio  Dalla  Scala  potè  dunque  TOro- 
logi  apprender  l'arte  di  fortificar  le  città ,  e  militar  poscia 
coi  Veneziani  nella  lunga  guerra,  che  principiata  nel  iSog 
non  ebbe  ime  che  ventanni  dopo.  Ma  tutto  ciò,  avve- 
gnaché probalDilissimo,  pure  non  ha  certezza,  come  certo 

(1)  Istoria  delia  religione  di  S.  Giovanni,  di  Jacomo  Bosio  (1594),  parie  IT, 
pag.  516. 

(2)  Della  guerra  di  Rhodi  (1545;,,  libro  T,  f.°  10. 
(3}  Pag.  524,  557,  562. 

(4)  Fontanus,  De  Bello  lUiodio  ;  Jacques  de  Bourbon ,  Oppugnation  de 
Rhodcs;  entrambi  combattenti  in  quella  difesa. 

(5)  Archit.  di  Fr.di  G.  Martini,  voi.  II,  pag.  "7,  303.  L'abate  Basilio  (di 
cui  il  V'archi  nel  libro  li)  pei  Fiorentini  militanti  in  Casentino  nel  1526, 
era  tutt'altr'uonio. 


b02 

é  cìiei  iu  ingegner  e  soldato  per  Francia  in  Piemonte 
in  quell  altra  guerra  lunghissima  ch'ebbe  cominciamento 
nel  i536  e  non  giunse  a  termine  che  dopo  trentatrè  anni. 
Quando  sia  egli  venuto  qui  e  quali  ne  siano  state  le  prime 
opere,  non  se  n'ha  memoria,  solo  nel  i552  (ma  chiara- 
mente accennando  a  servigi  anteriori)  narra  INIontluc  di 
essere  stato  con  lui  a  fortificar  Caselle  presso  Torino , 
terra  allor  cinta  di  mura  e  fosso,  ma  non  ancor  bastio- 
nata (0;  e  che,  per  aggiungervi  i  baluardi,  ebbe  seco 
deujc  ingénieurs ,  que  le  dit  31  aree  hai  (de  Brissac)  avait, 
futi  des  quels  fut  tue  a  la  prise  de  Piilpiaii ,  et  lautre 
est  le  chevalier  Reloge ,  qui  est  e?i  France,  qui  ed  altrove 
chiamandolo  le  chevalier  Reloge  e  significando  un'ono- 
ranza ricevuta  e  che  allor  non  si  dava  che  dopo  lunghi 
servigi.  ]Ma  qual  era  questordme?  Non  certamente  quello 
di  S.  Michele,  che,  poco  dopo,  noverava  settanta  cava- 
heri  soli  e  fra  essi  sedici  Italiani,  tutti  ben  noti  (^>;  pro- 
babilmente egli  era  cavalicr  di  Cristo,  come  i  due  Pac- 
ciotti.  Nell'anno  seguente  mandando  Montine  soccorso  a 
S.  Damiano,  chi  governavalo  per  Francia  gli  chiese  un 
ingegnere;  ne  avvertì  egli  il  Brissac,  il  quale:  envoja  en 
poste  à  Albe  pour  faire  venir  les  ingéiiieurs  qui  j  esioient; 
doni  le  chevalier  Reloge  en  étoit  un  •^).  Le  piante  di  Alba 
e  S.  Damiano,  come  furon  fortificate  dall  Orologi,  stanno 
nel  codice  suo  Magliabecchiano. 

Sin  dal  principio  della  guerra  aveva  il  Re  fatto  forti- 
ficare le  piazze  di  Torino,  Moncalieri.  Savigliano,  Cen- 
tallo ,  Bene,  lodando  INIartino  du  Bellav  la  fortezza  di 
questi    luoghi  ("*).    kà    essi  aggiunge   il    Boyvin    quelle  di 

(1)  Cnmmentaircs  de  Blaise  de  Monlluc  (1821),  lib.  II,  pag.  110. 
(2j  Relazione   di  Francia  del  l.^óS  di  G.  Soranzo;    iit  Allièvi,    serie    I, 
voi.  II,  pag.  410. 

(.T,  Montluc,  lib.  II,  pag.  120. 

'A)  Memoires  (183r,  libro  VIII,  pag. 294. 


o03 
Chieri,  S.  Damiano,  Alba,  Lanzo,  la  Cisterna,  dicendo 
che  i  Francesi  avevano  tortificato  in  Piemonte  tredici 
piazze  e  ventitré  castelli;  anzi,  dallo  stato  che  dà  in  fin 
del  libro  ,  queste  fortezze  sommavano  a  cinquantotto ,  non 
computandovi  quelle  tenute  da  Spagnuoli  e  Piemontesi  ('-. 
Le  piante  però  delle  fortezze  del  Piemonte  date  dall'Oro- 
logi stesso  nel  suo  codice  iMagliabecchino  ne  rappresentano 
soltanto  trentacinque,  comprendendovi  quelle  di  la  Cisterna, 
Moncalvo,  Villafranca  di  Piemonte,  S.  Albano,  Ormea  non 
date  dal  Boyvin.  E  dimque  da  credere  ch'esse  od  in  tutto 
od  in  parte  siano  state  fortificate  dall'Orologi;  impercioc- 
ché ,  gli  ingegneri  qui  trattenuti  da  Francia  non  erano 
più  che  due.  «  Il  v  a  deux  ingénieux  en  Piedmont,  si 
»  mal  payez  et  appointez ,  que  ledit  Marechal  (de  Brissac) 
»  ne  leur  commande  pas  si  absolùement  qu  il  feroit,  si 
»  le  contraire  estoit;  pom'  ne  desdaigner  ceste  manière 
»  de  gens ,  qui  ont  le  nez  si  tendre  que  peu  de  chose 
»  les  ofience.  Et  de  le  faire  au  jour  d'huy ,  ce  seroit  se 
))  mettre  en  danger ,  pour  la  cognoissance  qu'ils  ont  de 
»  la  force  ou  de  la  faiblesse  de  toutes  nos  places  (^)  » . 
De'  quali  due  uno  era  certamente  l' Orologi ,  V  altro  im 
Bonnet  fortificatore  di  Volpiano,  che  dall  essere  appellato 
Nicolò  anziché  Nicole  o  Nicolas  v"^),  io  penso  che  fosse 
Italiano  ei  pure  ed  anzi  lo  direi  Piemontese  vista  la  fi'e- 
quenza  costi  di  quel  cognome  ;  notando  eziandio  come 
il  Vimercate,  che  in  Piemonte  adopravasi  eziandio  da 
ingegnere ,  tale  non  apparisca  mai ,  essendo  invece  so- 
prain tendente  delle  fortificazioni. 

Infine ,  che  le  fortezze  date  da  Francesco  in  quel  codice 


(1)  Mémoxres  sur  les  gucrres  de  Piedmont,  de  1550  en  t559  par  Boyvin  de 
yUlars  ;i606  ,  pag.  408,  411  e  passim. 
[i]  ^femoires  de  Boyvin,  libro  VI,  pag.  465. 
,3;  !..  cit.  lib.  Ili,  pag.  155. 


mi 

f'osser  veramente  opera  sua ,  ine  lo  prova  il  fatto  che  vi 
mancano  quelle  di  Valfenera  e  ^  olpiano  stanti  tra  le  prin- 
cipali di  queste  parli.  Famoso  fu  infatti  l'assedio  posto 
alla  prima  dal  Brissac  nel  155^  (0;  e  Volpiano,  tenuta 
dagl'Imperiali,  era  lai  piazza,  che  per  impedir  le  correrie 
del  presidio,  dovettero  i  Francesi  alzarvi  contro  due 
forti  (2).  Delle  opere  di  difesa  aggiunte  allora  a  INIonte- 
chiaro  nell'Astigiana  è  cenno  in  Boyvin  nello  stato  anzi- 
detto, e  di  quelle  di  Moncalvo,  che  dovevan  essere  del- 
l'Orologi ,  n'è  il  disegno  a  pag.   54  del  citato  codice. 

Aveva  il  re  Enrico  II,  in  premio  de'  suoi  servigi,  con- 
ferito airOrologi  il  castello  di  IMonenco ,  quando  strettasi 
la  pace  nel  i55o,  e  per  essa  dovendosi  al  Duca  di  Man- 
tova restituir  il  Monferrato ,  veniva  egli  a  perdere  ad  un 
tempo  la  signoria  e  la  pensione.  Le  condizioni  sue  lo 
consigliarono  allora  di  presentarsi  al  Re  ed  amato  essendo 
dal  Maresciallo  di  Brissac,  munillo  questi  della  seguente 
lettera  : 

«  Jl  Cristianissimo  Re  Enrico  Secondo. 

«  Sire.  Presenterà  questa  mia  lettera  alla  Maestà  Vostra 

»  il  Gavaliero  Orologi.  Il  qual  solo  ha  la  cura  delle  for- 

»  tezze  di  qua  da  i  monti,  et  vien  alla  Corte  per  farle 

»  intendere,  che  venendosi  ora  alla  restitutione  del  paese 

»  di  IMonferrato  al  signor    Duca    di  Mantova,    nel  qual 

»  paese  la  Maestà  Vostra  gli  havea  donato  l'entrata,  et 

»  la  signoria  del  castello  di  Monenco,  egli  rimarrà  senza 

»  detto  castello,    et  senza    detta  pensione,  se  non  fusse 


(1)  Adriani,  HUlorie  de'  suoi  tempi,  pag.  109 i;  RoflTia,  Narrazione  della 
presa  di  Goìfonara  nel  i557;  Arch.  storico  (1847),  voi.  XIII,  pag.  444. 

(2)  Mémoirct   de  Boyvin,   libro  V,  pag.  3"0.    Una  descrizione  di  quelle 
opere  è  in  .Montine  al  libro  IV. 


505 
,)  in  piacei"  della  Maestà  Vostra  di  tarli  qualche  altro 
»  maggior  dono.  Onde  la  supplicherà  così  di  questo,  come 
»  di  un  altro  particolare  in  favor  di  Gioseppe  Orologi, 
))  suo  fratello.  Et  io  ho  voluto  umilmente  supplicarla, 
»  che  si  degni  haverlo  per  raccomandato ,  come  meritano 
»  le  sue  rare  qualità,  et  i  servigi  grandi,  che  ha  fatti 
»  alla  Maestà  Vostra.  Le  dirà  ancora  il  suo  parere  così 
»  intorno  alla  fortilìcatione  delle  terre,  che  rimarranno, 
»  come  ancora  intorno  alla  demolitione  di  quelle ,  che  si 
)ì  restituiranno.  Et  se  questa  è  cosa ,  che  si  possa  far  con 
»  prestezza,  et  prontamente  per  servitio  suo,  le  piacerà 
))  di  udirlo ,  et  rimandarlo  quanto  più  presto  sia  possibile  , 
»  in  Piemonte.  Prego  Iddio,  Sire,  che  doni  alla  Maestà 
»  Vostra  vita  lunga  et  felice.  Da  Calugio.  A'  x  di  Mag- 
gio 1 559  » . 

u  Vmilissimo  ser.   di  Mostra  Maestà,  Brisac  »  W. 


•» 


Il  bel  codice  Fiorentino  dell'Orologi,  contenente  l  arte 
di  fortificare,  dimostrata  colle  piante  di  trentacinque  for- 
tezze tutte  Piemontesi,  io  penso  che,  giusta  ogni  proba- 
bilità ,  composto  fosse  dall'autore  per  presentarlo  al  Prin- 
cipe sotto  il  quale  eransi  fatte  quell'opere,  dico  al  re 
Enrico  II  in  questa  sua  andata  a  Parigi,  nonché  per  pro- 
cacciarsene il  favore  in  suo  nome  chiesto  al  Re  dal  Brissac. 
Tra  feste  e  tornei  celebravansi  allora  colà  le  nozze  di 
Enrico  e  di  Emanuel  Filiberto  chiuse  alli  3o  giugno  colla 
mortai  ferita  del  Re.  Ora,  la  lettera  del  Brissac  è  delli 
IO  maggio,  né  cinquanta  giorni  parran  troppi,  avuto  ri- 
guardo ai  tempi,  tra  preparazioni,  viaggio,  inazione  for- 
zata a  Parigi,    sino    allo    spuntare    del  fatale  3o  giugno 


(1'  Lettere  di  Principi  ;i5G2',    voi.  1  ,  f.''  185.    Calugio  è  Calusa  in  Ca- 
navese,  e  la  lettera  è  certamente  tradotta  dal  Francese. 


;ÌOG 

seiTuito  in  breve  dalla  morte  di  Enrico.  Mancato  essendo 
questo ,  lingegnere  portator  del  codice  per  farne  omaggio 
al  Re,  avrallo  presentato  alla  Regina  Catterina  de'  Medici 
che  lavrù  dato  a  qualche  amico  di  Toscana ,  ovvero , 
morta  essa  pure,  sai'à  il  lihro  coU'altre  cose  erediali  ve- 
nuto a  Firenze  per  andar  poi  tra  gli  Strozziani  e  quindi 
nella  Magliabecchiana.  Si  badi  eziandio  che  membranaceo 
è  il  codice,  cioè  fatto  per  essere  offerto  a  gran  perso- 
naggio ;  la  poca  cura  che  s' ebbe  di  quel  libro  spiegan- 
dosi col  fatto  che  pei  Re  di  Francia  non  poteva  piiì  esso 
avere  una  presentanea  importanza  militare,  stante  i  rapi- 
dissimi incrementi  dell'arte  e  la  susseguente  demolizione 
di  moltissimi  castelli  e  fortilizi  accaduta  appunto  a  quegli 
anni. 

Spertissimo  nella  fortificazione,  Emanuel  Fililjerto  re- 
duce ne'  suoi  Stati  conosceva  come  necessario  fosse  di 
afforzarne  le  città  giusta  i  nuovi  metodi;  intanto,  o  dalla 
guerra  da  lui  condotta  in  Piemonte  nel  i552,  o  dalTesame 
in  Parigi  dell'  anzidetto  codice ,  o  dal  libro  sulla  citta- 
della di  Torino  offertogli  dal  Boyvin,  o  più  di  tutto 
dalla  fama  dell  ingegnere  che  vedeva  attestata  dalle  opere 
sue  costi,  bramava  il  Duca  di  Savoia  di  abboccarsi  col- 
r  Orologi.  Scrisse  adunque  alli  9  febbraio  1 56o  a  Giro- 
lamo Priuli  doge  di  Venezia  come  «  desiderando ,  che 
»  il  cavaliero  Orologi,  suo  vassallo  et  servitore,  venisse 
)'  da  me,  per  poter  ragionare  con  lui  et  haver  informa- 
»  tione  delle  fortezze  dello  Stato  mio ,  per  haverne  lui 
»  molta  pratica  et  notitia  del  modo  et  delle  qualità,  in 
»  che  erano  avanti  la  demolition  loro ,  essendosi  lui  ri- 
>^  trovato  così  nel  fortificarle  ,  come  al  demolirle ,  vengo 
»  cortesemente  a  pregar  la  Serenità  vostra  di  farmi 
»  questa  gratia  di  concedermi  il  detto  cavaliero  per  due 
»    o  tre  mesi ,  acciochè  con  la  venuta  sua  io  possa  haver 


507 
»  ravviso  et  la  relatione  delio  stati»  d'esse  tortezze,  che 
))   io  desidero  (0  ». 

Per  la  venuta  in  Piemonte  dell'  Orologi  già  dovevasi 
aver  verbalmente  l'assenso  ducale ,  poiché ,  senza  frappor 
tempo  alli  io  febbraio  indirizzavagli  il  Duca  questa  let- 
tera d'invito. 

Al  Cmmlier  Orologi. 

u  Magnifico  cavaliero  carissimo.  Dall'Ambasciator  nostro, 

»  et  senator  Malopera ,  et  da  altri  degni  di  fede  havemo 

»  intesa  la  notitia    et  gran    pratica,  che  havete   del   sito 

»  et  delle    qualità  delle    nostre  fortezze  di  Piemonte,  et 

»  le  virtù    vostre ,  et    scienza    nel  fortificare.  Però  desi- 

»  derando  noi  haver  relatione  con  la  viva  voce  vostra  di 

)■)  detti  siti  et  qualità  d  esse  fortezze ,  vi  preghiamo  a  vo- 

»  lervi  trasferir  da  noi  con  la  prima  comodità  vostra.  Et 

»  acciochè  possiate  più  liberamente  disponervi  di  venire 

»  noi  scriveremo  al  Serenissimo  vostro^  et  lo  preghiamo 

»  che  sia  contento  darvi  licenza  per  due  o  tre  mesi  per 

»  questo  eflTetto,  la  quale  speriamo  che  vi  darà  volentieri, 

»  et  dandovela,    non    tardate,  come  prima  vi  metta  co- 

»  modo,    di    venir    da  noi    alla    volta    di    Piemonte.    Et 

))  s' bavera  tal  considera tione  all'incomodità  vostra,  che  co- 

»  noscerete   haverla   tolta  per  Principe  grato.  Et  nostro 

»  Signore  vi  conservi  felice.  Da  Nizza.  A    x  di  febbraro 

»  I 56o   » . 

«  Al  piacer  vostro.  Il  Duca  di  Savoin,  Emanuel  Filiberto  » . 

Negli  Archivi  nostri  e  ne*  conti  del  Tesorier  generale 
non  ho    potuto    trovar    nulla  che  si  riferisca  alla  venuta 

J)  LoUrre  di  Principi,  Vdl.  1  ,  f."  193. 


o08 

dell'Orologi  in  Piemonte  ed  al  premio  datogli  dal  Duca. 
Venne  però,  vi  stette  e  conferi  col  Principe,  che  acco- 
miatollo  poscia  con  questa  lettera  al  Doge. 

Al  Serenissimo  Signor  Principe  di  Veneda. 

u  Come    io    ho    trovato    nel  cavalier    Orologio  effetti 

»  conformi    allopinione,    ch'io  haveva  delle  qualità    sue 

))  et  al    desiderio    mio,    che  mi  traeva  di  conoscerlo  di 

»  presenza,  la  qual  m'ha  recato  molta  soddisfatione,  cosi 

»  ringratio  quanto  posso  di  core  la  Serenità  Vostra  della 

»  comodità,  che  di  lui  mi  ha  data ,  pregandola  ad  escu- 

»  sare  ambedue  del  suo  ritardar  alquanto  oltre  il  termine 

»  da  me    domandato,    che   ciò  è  avvenuto  in  parte  per 

»  alcuni  impedimenti    occorsi ,  ma  prmcipalmente  per  la 

»  confidenza    ch'io  aveva  che  la  Serenità  Vostra  non  lo 

»  haverebbe  per  male.  Egli  le  dirà  delle  nostre  nuove  ecc. 

»  Da  Lanzo.  A  mi  di  Giugno,    i56r    »    (0. 

Vedesi  adunque  come  dalla  richiesta  delf  Orologi  fatta 
dal  Duca  alla  partenza  sua  da  Venezia  sia  corso  assai 
tempo,  essendoché  mi  comunica  l'Abate  Magrini  di  aver 
trovato  un  dispaccio  del  Doge  allambasciator  di  Savoia, 
che  il  finale  assenso  per  l'andata  dellingegnere  non  fu 
che  delli  3  marzo  i56[.  Panni  tuttavia  che,  anche  prima 
che  il  governo  di  Venezia  vi  assentisse ,  e  certo  prima 
della  partenza  officiale,  fatto  egli  abbia  costi  una  gita, 
tanto  ricavando  da  lettera  scrittagli,  alli  20  gennaio  i56i, 
da  Luca  Contile  e  da  Milano  «  Non  sapevo  che  voi  vi 
))  trovaste  in  queste  bande ,  piacemi  che  per  quel  che 
»    vi  siete  venuto  sia  di  servitio  ni  sig.  Duca  di  Savoia  et 

(1)  Leilerc  di  Principi,  voi.  1  ,  i."  193. 


509 
»  testimonianza  del  vostro  sapere  presso  i  sig.  Venetiani 
))   vostri  padroni  '^\ 

La  ragione,  per  cui  il  Duca  bramava  di  trattenersi  per- 
sonalmente coir  Orologi ,  111  la  seguente.  Oltre  la  stima 
che  far  doveva  di  quel  principalissimo  ingegner  di  Francia 
in  Piemonte  ed  il  desiderio  di  udir  di  sua  bocca  le  ra- 
gioni strategiche  con  quelle  offensive  e  difensive  delle 
nostre  fortezze,  accadeva  eziandio  che,  allorquando,  trat- 
tandosi nel  iSSg  la  pace  di  Càteau-Gambresis,  erasi 
il  maresciallo  di  Brissac  portato  a  Parigi,  qui  lasciando 
il  suo  segretario  Francesco  Boyvin  barone  di  VilJars  ; 
sapendo  questi  come  fra  le  carte  di  governo  vi  fosse  una 
importante  relazione  dellingegnere  sopra  la  cittadella  che 
Francesi  avevano  già  disegnato  di  fare  a  Torino,  comu- 
nicolla  al  Duca  colla  seguente  lettera  d  invio  premessa 
alla  relazione  stessa. 

«  Monseigneur.  L'atente  en  la  quelle  je  suis  du  courrier 
»  qiie  j'  ay  depesché  vers  Monseigneur  le  Marechal  de 
))  Brissac  mon  inattre  m' a  donne  autant  de  loisir  que 
»  d'occasion  d'emploier  partie  de  mon  seiour  et  à  la 
»  lecture  des  choses  qui  Ta  assez  heureusement  execu- 
))  tées  en  cette  votre  Province  et  à  celles  quii  avait  aussi 
•»  dessigné  dy  executer,  si  votre  tant  raisonable  et  de- 
»  sire  retour  et  reintegration  en  icelle  ne  luy  eust  donne 
))  si  honorable  occasion  qu  il  a  faict  de  laisser  aussi  bien 
»  reposcr  1  esperit  que  les  armes.  Panni  le  remuement 
»  et  lecture  de  ces  choses  il  m'en  est  inopinement  venne 
»  une  en  main  que  j'ai  iugée  piiis  que  im  si  grand  prince, 
»  tei  qu'a  esté  le  feu  Rov  Henry  votre  frere  l'a  estimée 
>)  et  tenue  chere  vous  devoir  pour  plusieurs  considérables 
»   raisons  estre  agréable  ,  mesmes  vous  estant  naturel  et 

1)  Lellere  di  Luca  Conlile  (1564),  libro  111,  f."  292. 


bio 

))  héréditaire  Seigneiir  du   iieii  du  quel  elle  Iraicle.  C  esl, 

))  Monseigneur,    un    petit    discours    qui    lut  faict  sur  le 

»  moyen  quii  y  auroit  de  rendre  ceste  cité  inexpugnable, 

))  et  paredlement  sur  la  dopence  qu  il  faudroit  faire  pour 

»  y  parvenir.  Et  encores  qiie  la  ferme  alliance  que  vous 

»  avez    faite    avec  la   plus    antique    et    illustre    couronne 

))  d'Europe  ait  apporté  à  Vous,  vos  sugectz  et  pays  ielle 

))  tranquillite  que  ne  deviez  plus  craindre  aucune  suhversion 

»  ou  remuement,  qui  vous  puisse  donner  ialouzie  ou  sou- 

))  pecon,  ay  par  consequent   argument  de  faire  nouvelle 

»  fortification    et    que    par    ainsi  tei    discours    vous    soit 

»  maintenant    inutile,     si    est-ce    que    vous    cognoissant 

))  Prince   amateur   singulier   de  toutes  choses  vertueuses 

»  et  nouvelles    i'  ay  bien  voulu  à  la  persuasion  d'aucun 

))  voz  familiers  serviteurs ,  entreprendre  de  vous  e n  faire 

»  un  present.  Acceptez  le  donc  s  il  vous  plaist,  Monsei- 

»  gneur    avec  la  mesme  bonne  volunté  et  devotion   que 

))  je  le  vous  presente,  acompaigné  du  desir  que  j'ay  de 

»  vous  faire  treshumble  et  tresagreable  service  ». 

«  Votre  treshumble  et  tres  obeissant  Serviteur  » 
u  Bovvin  (0  ». 

La  cittadella  di  Torino,  quale  fu  poi  condotta  dal  Pac- 
ciotto  (  1 564-66)  è  intieramente  giusta  i  divisamenti 
esposti  in  questo  scritto,  tolto  il  palazzo  in  forma  di 
rocchetta ,  che  fu  sostituito  dal  maschio ,  e  tolta  la  col- 
locazione, che  doveva  essere  sull'asse  di  Doragrossa.  La 
figura  sua  era  un  pentagono  regolare  bastionato ,  con 
piazze  da  allo  e  da  basso  e  le  due  porte  coperte  da  ri- 
vellini. Nel  computo  preventivo  vi  si  discorre  della  qualità 
del  terreno ,  de'  mattoni  e  via  dicendo  ;  del  presidio  in  pace 

(i)  Manoscritto  negli  ArchiM  di  Sialo  in  Torino. 


5H 
ed  in  guena ,  dell  ai'maniento  mobile  e  staljile  numerante 
83  pezzi  in  barbetta  e  casematte,  con  munizione  di  7'"9oo 
palle  ed  i443ooo  libbre  di  polvere.  La  spesa  fu  supposta 
in  scudi  G-jSoo,  ma  all'atto  pratico,  costò  al  Pacciotto 
scudi   1 00000  X. 

Il  nome  dell'autore  è  taciuto  tanto  dal  Boyvin  quanlo 
entro  il  codice  stesso,  ma  molte  e  difinitive  ragioni  mi 
persuadono  ad  attribuirlo  all'  Orologi.  E  dapprima  le  mi- 
sure Veneziane  adropratevi,  con  qualche  voce  di  quel 
dialetto ,  accusan  la  patria  dell  autore  in  uno  col  conoscersi 
che  altro  ingegnere  Veneziano  qui  non  v  era  che  lui.  Ag- 
giungasi la  stima  che  ne  fecero  i  governatori  Montine  e 
Brissac  ed  il  naiTar  che  fa  Giuseppe  fratel  suo  come  Ca- 
millo Orsino  nelle  fortezze  ad  ogni  altra  figura  anteponesse 
la  pentagona  allora  non  guari  usata  ;  cosicché  io  penso 
che  Camillo  tolta  abbiala  dall'Orologi,  come  quegli  che 
militando  per  Venezia,  potè  conoscere  il  nostro  ingegnere  C^X 

Pare  eziandio  che  quando  si  recò  in  Piemonte ,  tenesse 
la  via  di  Bergamo,  delle  fortificazioni  di  quella  città 
avendo  nel  gennaio  del  i56[  fatto  relazione  alla  Signoria, 
che  altre  n'ebbe  pure  distese  da  Sforza  Pallavicino,  dai 
Savorgnani,  dai  Martinengo,  dal  Malacrida  e  da  altri  de' 
migliori  ingegneri  di  quell'età.  Negli  Archi\i  di  Venezia 
trovò  1  abate  cav.  Magrini  e  per  sua  gentilezza  volle  co- 
municai'mi  alquante  scritture  dell'Orologi  ;  si  riferiscon  esse 
ad  una  porzione  della  cinta  di  Treviso  (3),   al  perimetro 


(1)  >"e  parlai  più  a  luogo  al  N"  40  della  Memoria  H  unita  al  trattalo 
di  Fr.  di  G.  Martini.  In  principio  alla  relazione  ne  fa  salir  la  spesa  a 
scudi  75000. 

■2)  Fila  di  Camillo  Orsino  pel  sig.  Giuseppe  Horologgi  (1669,  pag.  49 
e  129.  La  prima  edizione  è  del  1565. 

(3)  Mi  avverte  l'abate  Magrini  che  alla  pianta  di  Treviso  è  apposto 
l'anno  1536.  Se  tale  è  la  data  ,  sarebbe  questa  la  più  antica  opera  cono- 
sciuta dell'Orologi. 


512 

bastionato  della  città  di  Fainagosta  in  Cipro,  poi  di  nuovo 
attorno  a  vari  progetti  per  la  stessa  ,  oltre  una  veduta 
del  castello  di  Monfalcone  nel  Friuli.  Convien  però  dire  che 
qualche  questione  avuto  avesse  col  celebre  ingegnere  conte 
Giulio  Savorgnano,  nel  quale  a  ragione  ogni  fede  metteva 
la  Signoria  di  Venezia;  imperciocché,  nella  visita  di  cin- 
quanta mesi  da  questo  fatta  alle  fortezze  di  Levante ,  dopo 
scritto  che  ad  un  ingegnere  egli  ha  commesso  il  modello 
delle  fortificazioni  di  Famagosta ,  prega  il  Doge  che  sia 
fatto  vedere  a  Sforza  Pallavicino  ,  il  quale  ne  giudicherà  , 
ma  non  al  Malacrea  ,  ne  manco  Loroglio  ;  dove  pare 
a  me  che  quel  nome,  così  scritto  giusta  il  dialetto  Ve- 
neto, significhi  L'Orologio.  E  questo  l'ho  letto  nel  libro 
primo  de'  discorsi  del  sig.  Giulio  Savorgnano  sulle  fortezze 
di  Cipro ,  Candia ,  isole  Ionie ,  Dalmazia  e  Friuli ,  che 
manoscritto  stava  presso   1  ottimo  Emanuele  Cicogna. 

Altre  notizie  ne  saranno  senza  dubbio  negli  Archivi 
di  Venezia,  essendoché  le  cose  di  quest'ingegnere  convien 
cercarle  tutte  o  negli  Archivi  o  presso  gli  scrittori  Francesi 
contemporanei  mentovanti  ingegneri  nostri  sconosciuti  in 
patria ,  come  già  ebbi  a  notare  per  Cristina  da  Pizzano 
e  pei  due  Marini  (0 ,  e  per  altri  noterò  forse  se  avrò 
agio  e  vita.  Ultimo  cenno  sulla  sua  vedova  e  sul  matri- 
monio da  lui  contratto  in  Piemonte,  lo  trovai  dov'era 
meno  da  aspettarsi,  cioè  nelle  inedite  Memorie  per  la 
casa  di  Riiffia,  distese  circa  l'anno  i6oo  da  Giulio  Cesare 
Cambiano;  è  scritto  al  f."  i3:  iS'yy,  d'agosto,  il  signor' 
alfonso  Cambiano  di  questi  signori  di  Biiffia  ,  in  Ri- 
grasso C^)  habitante,    ha    sposato    la   signora    Catherina 


(1)  GV  ingegneri  e  gli  scrillori   militari  Bolognesi   del  xy  e  xvi  secolo 
1863).  JMiscellanea  di  Storia  Italiana,  voi.  IV. 
'X  Borgata  ne' pressi  di  Savigliano. 


413 
Ccwaniella  di  Ca^mllei'niaggioì'e  vidiut  del  fa  signor  Ca- 
valiev  Horologio  ^\ 

BIBLIOGRAFIA  DI  FRANCESCO  OROLOGI. 

I.  Brei'c  ragioni  di  fortificare  di  Francesco  Hoi'ologi 
f^icentino.  Codice  Strozziano  nella  Magliabecchiana  di  Fi- 
renze ,  classe  XIX,  N.°  12'j,  membranaceo,  f."  figurato, 
in  83  foglietti.  Comincia:  Prima  che  si  venghi  a  piantar 
il  dissegno  de  la  Fortezza ,  si  deve  ecc. ,  termina  come 
resisteria  ben  posata  et  fatto  buona  presa.  Seguono  le 
Ragioni  del  fortificar  di  terra  in  sole  tre  pagine,  e  vi 
sono  in  fine  le  piante  di  trentacinque  città  e  terre  del 
Piemonte  fortificate  dall'autore.  Due  copie  moderne  se  ne 
hanno  in  Torino  e  tratte,  circa  il  i83o,  per  cura  del 
Cavaliere  Cesare  Saluzzo ,  una  trovandosi  nella  biblioteca 
del  Re,  Taltra  in  quella  del  Duca  di  Genova. 

Ho  già  dimostrato  come  questo  libro  avesselo  portato 
rOrologi  a  Parigi  nel  iSog  per  ofFrii'lo  ad  Enrico  II, 
cosa  impeditagli  dalla  morte  del  Re.  Ad  ogni  modo ,  che 
esso  sia  stato  composto  prima  di  quellanno  ed  anterior- 
mente alla  Relazione  di  cui  sarà  detto  qui  sotto,  appa- 
risce da  ciò ,  che  nella  pianta  di  Torino  la  cittadella  dista 
un  solo  chilometro  dal  Po  ed  ha  nel  centro  ^  castello  delle 
quattro  torri.  La  qual  collocazione  pessima  e  comandata 
dai  vicini    colli ,    accusa  di  necessità    un   primo  pensiero. 

II.  Proposta  di  una  cittadella  da  farsi  a  Torino  fuori 
di  Porta  Susa.  Codice  anepigrafo  dellArchivio  di  Stato 
in  Torino,  4*"  "^'^  figurato,  segnato  J.  IV,  346;  vi  è 
premessa  la  lettera  qui  riferita  a  pag.   Sop  e  fu  scritto  il 

(1)  MaMoscritlo  dell'  Università. 


514 

libro  circa  il  i55o.  Comincia  con:  Quel  soldato  et  homo 
di  guerra  che  è  chiamato  dal  suo  Prencipe  ecc.  ;  termina 
con:  Pohere  libbre  i^^'òooo.  Il  codice  non  è  originale, 
ma  tratto  da  quello  dell'Orologi  per  cura  del  segretario 
Boyvin ,  com'  è  esposto  più  sopra ,  e  fu  già  notato  come 
a  questo  progetto  siansi  attenuti  Emanuel  Filil>erto  ed  il 
Pacciotto  quando  tre  lustri  dopo  poser  mano  alla  cittadella. 

Delle  relazioni  sulle  opere  difensive  delle  piazze  di 
Treviso ,  Bergamo ,  Famagosta  fu  detto  più  sopra  e  tro- 
vansi  negli  Archivi  di  ^enezia.  dove  certamente  di  lui 
non  mancano  altre  ancora. 

Altro  suo  scritto  credo  sia  quello,  che  il  Liruti  (*-  non 
sa  se  debba  attribuirlo  a  Giulio  Savorgnano  od  a  qual- 
cuno a  lui  ignoto.  E  un  dialogo  tra  M.  A.  da  Mula,  Lo- 
renzo Contarini,  G.  Savorgnano  e  G.  G.  Leonardi  conte 
di  Monte  l'Abate;  vi  si  parla  de' difetti  delle  fortezze 
Veneziane,  ed  il  Limiti    lo    crederebbe    opera  di  Giulio, 

se  il  codice  non  portasse  scritto:  fatto  nella 

di  Asti.  Al  S.  Giulio  Savorgnano.  Ora,  dalla  patria  degli 
interlocutori  e  dalle  cose  dettevi  risulta  essere  lo  scritto 
di  un  ingegner  Veneziano  dimorante  in  Piemonte,  cosicché 
non  può  essere  che  dell'Orologi.  Non  potè  il  Liruti  legger 
quella  lacuna,  che,  a  parer  mio,  si  compie  agevolmente 
con  Fatto  nella  cittadella  d'Asti ,  trovandosi  nelle  piante 
del  XVI  e  xvii  secolo ,  che  v'era  in  questa  città  un'antica 
rocca  detta  la  Cittadella. 

Giusta  1  uso  di  quell'età,  i  dialoghi  si  fingon  sempre 
tra  persone  viventi  ali  atto  della  stampa;  ora,  morì  il 
Leonardi  alli  2  gennaio  1.562,  come  dalla  sua  iscrizione 
in  Pesaro,  cosicché  si  può  ritenere  che  il  dialogo  sia  stato 
scritto  e  mandato  al  Savorgnano  allorquando  soggiornava 

^I)  LcUrrad  d^l  Fiiuli  (I7W},  voi.  HI,  capo  l. 


5fó 
rOrologi  III  Piemonte  ai  servi/.!  di  Francia  ,  d  ingegneri 
\eneLi  non  essendovi  costi  altri  che  lui. 

L. 
GIOVAÌN  MARIA  OLGIATI  DA  MH>A>iO 

Sul  fine  del  xv  secolo  nacque  l  Ojgiati  in  Milano,  come 
ne  fan  fede  Lomazxo  e  IMoriggia  'X  il  nome  suo  derivato 
essendo  da  una  terra  di  Olgiate^  che  son  tre  in  Lombardia, 
da  esse  appellandosi  parecchie  famiglie.  Per  aver  vissuto 
assai  tempo  a  Savona,  fu  detto  dì  questa  città,  usanza  de' 
tempi ,  come  per  figura  fu  chiamato  Urbinate  il  Sanese 
Francesco  di  Giorgio  dall'essere  stato  lunghi  anni  in  Ur- 
bino. Mandollo  sì  il  governator  di  Milano  ai  Genovesi,  ma 
non  questi  a  quello  ;  dimodoché  se  qualche  antico  o  re- 
cente scrittoi'e  lo  dice  da  Savona,  intendasi  che  volle  o 
dovette  dirlo  Milanese. 

Allorquando,  per  opera  di  Andrea  Dona,  levossi  Ge- 
nova nel  1028  dalla  soggezione  di  Francia  e  si  pose  sotto 
la  protezione  di  Carlo  V  esercitata  dai  governatori  di 
Milano,  accorsero  tosto  i  soldati  della  repubblica  ad  as- 
sediar Savona,  che  nel  precedente  anno  e  pei  Francesi 
staterà  fortificata  alla  moderna  dal  fuoruscito  Spagmiolo 
Pietro  Navarro.  Ridottala  in  obbedienza,  vi  edificarono  i 
Genovesi  nel  1042  e  contro  stranieri  e  cittadini  una  cit- 
tadella ;  e  siccome  vivevano  in  dipendenza  di  Spagna,  da 
essa  (cioè  dal  governatore  di  Milano)  eljbero  a  quest'uojx) 
r ingegnere  Olgiati,  il  quale,  previe  distruzioni  enormi, 
fondolla  sur  un  colle  caseggiato,  già  parte  della  città  e 


;i)  Trattalo  della  pittura  (1585),  lib.  VII.  p.  65-2,689;  La  Nobiltà  di 
Milano  .scrina  nel  1505',  lib.  V,  cap-  C. 


510 

u  fu  con  irregolar  pianta  (dice  il  Monti  ('))  fiancheggiata 
))  et  accomodata  al  sito  ineguale  e  montuoso ,  bipartita 
»  in  due  recinti  con  doppio  fosso  gran  parte  tagliato 
rt  nella  rocca,  guarnita  d'una  falsabraga  che  difende  le 
»  sue  ritirate  e  sortite  ,  con  rivellino  che  cuopre  verso 
»  la  Foce  lunga  cortina  con  sue  scarpe,  contrascarpe  e 
»  strada  coperta,  che  si  ritirò  per  maggior  conuinica- 
»  zione  a  rispondere  sulli  balloardi  della  città.  Da  fosso 
»  superiore  è  diviso  il  Maschio,  che  oltre  l'essere  molto 
))  superiore ,  ha  un  Cavaliere  avanzo  della  torre  dell'an- 
»  tico  forte  di  S.  Maria ,  che  con  grosso  apparato  de 
»  cannoni  guarda  tutta  la  campagna  e  terre  vicine  » . 
Ebbe  fama  questa  cittadella  dall'assedio  del  1746  e  dalla 
presa  fattane  dai  Piemontesi;  ma  prima  ancora  del  i542, 
già  n'erano  state  finite  le  piante,  avendosi  negli  Archivi 
di  Torino  e  fra  certe  carte  di  Genova  alquanti  ordinati 
della  repubblica  per  fortificar  Savona  nel  iSS^  giusta  i 
disegni  di  Gianmaria  de  Holgiatis. 

Come  d'ingegnere  suddito  del  Re  di  Spagna,  di  lui 
amavano  valersi  i  Genovesi,  cui  la  foggia  di  governo  e 
le  pendenze  de'  pubblici  rettori  rendevan  deditissimi  a 
quella  corona,  al  modo  stesso  che  nel  i56o  fu  chiamato 
alla  lor  città  il  celebre  ingegnere  di  quella  potenza  Fran- 
cesco Pacciotto  W.  Aveva  nell'anno  i547  Gianluigi  de' 
Fieschi  tentato  un  ultimo  sforzo  per  vantaggiar  sé  po- 
nendo la  patria  in  potestà  di  Francia,  usando  le  solite 
arti  di  guerra  civile  e  gli  omicidi.  Si  volle  ammazzar  Andrea 
Doria,  fu  ammazzato  Giannettino,  ma  il  moto  fallì  a  tutto 
prò  del  governo  ben  affetto  a  Spagna;  i  Genovesi  ebbersi 

[i]  Memorie  sloriche  di  Savona  (Roma,  1G87),  pag.  187. 

(2)  1560  I  Signori  Genovesi  chiamaron  il  C.  Pacciotlo  per  provvedere  le  loro 
fortezze:  e  fu  del  mese  di  magyio.  Memoriale  originale  del  Paciolto  neUa 
sua  vita  per  Carlo  Prorais.  Misceli,  di  Si.  Hai  ^Torino,  1863),  voi.  IV,  p.  437. 


517 
aiuti  Spagnuoli  di  Lombardia  e  tra  essi  l'Olgiati,  scri- 
vendo il  Doria  al  governator  Ferrante  Gonzaga  da  Genova, 
9  marzo  1 547  ^^)  :  «  Jeri  sera  giunse  qui  il  cav.  Gio.  Maria 
»  ingignero,  il  qual  pensando  di  ritornar  subito,  e  noi 
»  altri  di  rimandarlo,  se  gli  è  interposto  il  tristo  tempo 
»  di  continua  pioggia,  qual  bisogna  si  facci  buono  per 
»  poter  andare  lui  medesimo  con  altri  alla  vista  di  Mon- 
»  tobio,  e  col  parer  suo  risolvere  il  disegno  che  altra- 
»  mente  senza  la  presenza  sua  sarebbe  ogn'altro  pensier 
»   vano  »  ecc. 

Pare  che  la  sua  fosse  soltanto  un'ispezione  esterna  del 
forte  seguita  da  un  parere  per  le  opere  d'attacco ,  sa- 
pendosi che  più  mesi  durò  l'assedio  di  quella  rocca  de' 
congiurati.  Posto  termine  a  quella  sua  gita ,  intervenne 
l'Olgiati  a  fortificar  Vienna  d'Austria  con  altri  ingegneri 
Italiani  e  singolarmente  col  Veneziano  Giantommaso  Scala, 
e  ne  dobbiam  notizia  all' ino:egnere  Gismondo  da  Prato- 
vecchio  in  Casentino  che  ,  in  lettera  da  Vienna  e  del 
giugno  1547  ^^  duca  Cosimo,  ne  scrive  queste  parole: 
«  Uno  cavalieri  nella  torre  cominciato  da  me  et  avrà 
5)  choperta  di  terra  et  fascine  a  uno  baluardo  fé  ganmaria 
»   da  Olgia  mai  non  1  a  finito  n  C^). 

Prestò  quindi  l'opera  sua  ai  generali  Cesarei  nella  guerra 
del  Piemonte,  il  quale,  cosperso  com'era  di  fortezze  an- 
tiche e  nuove  i^') ,  richiedeva  molti  ed  operosi  ingegneri. 
Aveva  egli  nel  i544  fatto  il  castello  a  S.  Damiano  d'Asti, 
che  era  poi  caduto  in  poter  di  Francia.  Lo  riprese  il 
Gonzaga    e    volle    fortificar    la    terra ,  ma    «■  Gio.   Maria 


(1)  Lettere  artistiche  pubblicate  da  G.  Campori  (1866),  N."  24. 

(2)  Gualandi,  Lettere  d'artisti  (1844),  voi.  I,  pag.  365. 

(3)  Omesse  Vercelli  e  Cuneo  tenute  dai  Piemontesi,  nella  porzione  occu- 
pata da  Francia  ben  xxxv  ne  enumera  l'Horologi  Vicentino,  ch'era  qui  in- 
gegnere per  Francia  circa  il  1550.  Assai  più  ne  numera  il  Viliars. 


1)18 

M  Olgialo  ingegnere  che  in  altro  tempo  vi  aveva  disegnato 
»  il  castello,  aiferniava  ancli'egli  S.  Damiano  essere  a  due 
»  colli  molto  soggetto,  e  potersi  di  subito  entrar  sotto 
)i  ad  un  terraglio  che  vicinava  col  fosso  comodamente  »  (0, 
Poi  di  nuovo  lo  perderono  ed  ingegnatisi  nel  i552  di 
riaverlo  colla  forza,  non  vi  riuscirono. 

Diede  principio  nel  i548  il  governator  Gonzaga  a  cinger 
di  mura  bastionate  la  città  di  Milano  ,  sin  d'allora  tra- 
mando egli  l'uccisione  di  Pier  Luigi  Farnese  duca  di  Parma, 
compiuta  la  quale  prevedevasi  immediata  l'alleanza  de' 
Farnesi  colla  Francia  e  più  gagliarda  guerra  con  questa. 
Volle  Carlo  V  che  si  fortificasse  quella  città  mettendovi 
dentro  i  borghi  ;  sollecitava  lopera  Don  Ferrante  ripar- 
tendo la  spesa  tra  la  città  ed  il  Ducato,  tanto  narrandosi 
dal  contemporaneo  Adriani  'X\  Attendeva  il  nostro  simul- 
taneamente a  munir  questa  città  e  Pavia;  doveva  badare 
alle  mura  da  farsi  ad  Alessandria  e  per  identico  scopo 
era  dal  governator  di  Novara  colà  chiamato.  Chies'egli 
al  Gonzaga,  alli  3o  luglio  i55i.  di  poter  attendere  a 
questi  lavori,  instando  la  vecchiezza  e  perchè  m  campo 
si  potè  a  manco  di  me  C-^). 

A  mezzo  il  secolo  fu  l'Olgiati  in  Siena  per  la  costru- 
zione della  fortezza  fattavi  da  Carlo  V  sui  disegni  del 
Pel  ori  v'*)  e  riniasevi  sinché  nell  anno  i552  ne  furon  cac- 
ciati gli  Spagnuoli  coi  quali  tornò  a  Milano  a  mezz'agosto, 
esponendosi  la  cosa  da  Giorgio  Puoma  in  lettera  al  Duca 
di  Savoia  (^.  Neil  anno  seguente  lavorava  alle  fortificazioni 


(1)  Gosellini,  rUa  di  Ferrante  Gonzaga  (18-21  ,  pag.  152. 

(2)  Istorie  de'  suoi  tempi  (1587^,  lib.  VII,  pag.  456. 

(3)  Campori,  Lett.  Art.,  N.»  33. 

(4)  Ugurgieri,  Pompe  Sanesi  (1640;,  voi.  I,  Tit.  XXI,  pag.  159. 

■^5)  Hieri  giunse  il  capitano  Gio.  Maria  Oìgia  ingigniero  da  Firenze,  et  si 
partì,  adi  8  era  in  Siena  per  la  fabbrica  di  qnel  rasteìln  ecc.  ((ìi  Milano,  1' 
agoste  1552).  Archivi  Camerali  di  Torino. 


519 
tii  Milano  venute  allora  m  molta  fatna  avvegnaché  non 
abbiano  mai,  né  mai  dovessero  servir  a  nulla,  per  an- 
tica concessione  avendo  quella  città  il  diritto  di  aprir  le 
porte  al  nemico  appena  entrato  fosse  nel  suo  territorio. 
Non  già  che  ciò  facessero  que'  cittadini  per  amor  de' 
nuo^'i  signori  ,  che  troppo  sono  esplicite  le  parole  del 
Muratori  allorquando  nellanno  i6g6  fu  testimonio  di  lor 
discorsi  nell'imminente  occupazione  di  Lombardia  per 
1  armi  rette  da  Vittorio  Amedeo  II. 

Importante  fu  pur  senza  dubbio  l'incarico  datogli  circa 
que'  tempi,  avvertendomi  il  dotto  e  gentile  marchese  Giu- 
seppe Campori  come  sia  in  sue  mani  una  lettera  di 
Carlo  ^  a  Ferrante  Gonzaga  e  dell'anno  i55o  ,  colla 
quale  gli  si  ordina  di  mandar  subito  l'Olgiati  ad  impiegar 
larte  sua  nel  munii'  le  isole  Baleari.  Ma.  di  questa  chia- 
mata, o  gita  che  fosse  non  ho  altra  notizia,  seppure  vi 
andò,  imperciocché  vedemmo  che  alla  stessa  epoca  chie- 
deva vita  pili  riposata  poi  che  ormai  la  età  U  ricerca. 
Proseguendo  egli  ne'  lavori  di  Milano ,  pregava  nel 
i553  Carlo  V  che  gli  fosse  rdasciato  un  terreno  inoc- 
cupato da  quelle  fortificazioni.  «  Qual  terreno  (scriveva 
»  il  Gonzaga  alllmperatorc,  ai  2f\  marzo  i553)  essendo 
»  stato  già  più  volte  richiesto  per  esso  per  farne  un 
»  giardino  in  ricompensa  delle  molte  fatiche  che  ha  fatto 
))  et  che  di  continuo  fa  in  servitio  di  ^  .  M.'^  et  maxime 
»  nella  fortificatione  della  detta  città  et  altre  dello  stato  » 
insta  il  governatore  aflinchè  il  Sovrano  ne  faccia  dono  al 
capitano  Olgiati  '^).  Però  in  principio  del  detto  anno  erasi 
l'ingegnere  portato  in  Fiandra  come  da  lettera  che  da 
Brusselle   i5  maggio   i553   indirizzava  al  Gonzaga  e  che 


y  Archivio  di  S.  Fedele  in   Milano-  Filze  Piazze  Forti.  Nello  stesso  Ar^ 
chivio  ho  pur  copiata  la  sesuenle  lettera. 


5?0 

qui  riferisco  a   Lestimoniaiiza  dell'essersi  egli  dato  ali  anni 

anziché  agli  studi. 

y//.'"»  et  Eccell."  S.  Mìo  HobrJ>'° 

«  Con  la  gratia  di  Dio  sono  gionto  in  brusselli  alli 
»  26  del  mese  passato  et  Abo  Apresentato  le  litere  a 
»  raons  d'aras  il  eguale  il  terzo  di  mi  fese  parlar  alla 
»  regina  maria  la  quale  mi  dise  che  la  cauza  «he  la  m.** 
»  sua  mi  avia  a  V,  Eccell.*  richiesto  era  perchè  io  do- 
»  vese  Andare  a  visitare  le  terre  et  presidii  delle  fron- 
»  tere  et  cossi  expecto  la  expedittion  per  andare.  Abio 
»  fato  la  suplica  per  il  terno  (terreno)  del  giardino  per 
»  il  qualle  V.  Eccell.^  mi  Ave  fatto  gratia  della  litera  a 
»  sua  m.*^ ,  pero  mosr  d  aras  mi  ave  detto  chel  crede  che 
»  sua  m.*^  no  ne  disponeva  se  prima  dal  mag.'^'^  magi- 
»  strato  no  ne  ave  piena  informatione  per  tanto  umil- 
»  mente  suplico  V.  Eccell.*  dignarsi  con  una  sua  far  chel 
))  prefìTato  magistrato  ne  la  relacion  siano  temperati  et 
»  che  considerano  che  in  quanto  al  valore  non  si  ave 
»  a  equiparare  a  le  altre  parte  che  sono  drento  in  Mi- 
»   lano ,  perchè   esso    terno    è    uno  loco   sensa  forma  et 

))   sogietto  al  castello Io  non  mancarò  de  continuo 

»  dar  avizo  a  V.  Eccell.  delle  nove  che  in  queste  parti 
»  intenderò  comò  S.  mio  hobr.™^  ^  ancora  che  io  sia  serto 
»  che  da  più  altri  V.  Eccell.*  ne  sarà  avizata.  Qui  si 
»  dise  che  alli  24  del  presente  si  meterano  li  spagnoli 
«  in  campagna  et  che  andarano  sotto  teroana  dove  de 
»  presente  si  ritrovano.  Il  conte  degemo ,  monsìi  de 
»  ostrach  monsù  laragn  mosu  bossu  monsu  de  ruo  et 
»  altri  baroni  con  cavalaria,  però  intendo  per  homo  che 
»  de  là  è  venuto  che  sono  distante  4  millia  et  che  l'as- 
1)   sedio    è    più    in    soaramuse    che    in  altro.    Sua  m.*^  di 


521 
»  presente  sta  bene  nel  suo  grado  Dio  il  preserve  et  il 
»   siiniile  V.  Eccell.,   Alla  quale  haxo  la  mano». 

De  hrusellis   i5d3  alli  5  de  magio. 

De  V.  Eccell.  nmil  servitore.  Joamaria  olgiato. 

Nei  volumi  di  piante  di  fortezze  adunate  da  Emanuel 
Filiberto  e  da  Carlo  Emanuel  I,  e  che  sono  negli  Archivi 
di  Torino,  trovo  che  TOlgiati  mandava  ad  Emanuel  Fi- 
liberto supremo  general  di  Spagna  nelle  Fiandre  la  pianta 
del  forte  di  Renty.  che  un  maschio  quadrato  e  turrito 
cinto  di  cortine  e  bastioni  angolari  colla  scritta  :  Rent 
circonda  25oo  (passi?);  i553  alli  12  di  settembre. 
Joamaria  Jiolgiato.  Restituissi  poi  egli  tosto  in  Italia  e 
nel  i554  dava  i  disegni  della  nuova  cinta  di  Albenga 
per  la  repubblica  di  Genova  y^\ 

La  bella  difesa  che  la  città  di  Cuneo  opposto  aveva 
nell'anno  lò^i  ai  Francesi  comandati  dal  maresciallo 
Annebaut  e  che,  quindici  anni  dopo,  avrebbe  opposto  al 
maresciallo  di  Brissac,  aveva  fatto  sì  che  il  Duca  di  Savoia 
vi  curasse  laggiunta  di  nuove  fortificazioni  a  quel  pro- 
pugnacolo del  Piemonte.  Scriveva  perciò  da  Gand  alli 
12  settembre  i556  al  comune  di  Cuneo  la  seguente  let- 
tera, eh  è  negli  Archivi  Camerali.  «  Mandiamovi  dei  mo- 
»  delli  per  la  fortiffìcatione ,  la  qual  si  farà  a  la  forma 
»  di  quello  che  meglio  parrà  a  Messer  Gio.  Maria  Olgreto 
»  o  altri  il  cardinal  di  Trento  manderà  costì  per  inge- 
))   niero,  il  qual  anderà  a  questo  etTetto  n    y^\ 

Dove  sia  morto  lOlgiati  non  l  ho  potuto  rinvenire,  ma 
che  mancato  sia  prima  del    iSSg  lo    deduco  sì  dal  dirsi 

(1)  Rossi  Girolamo,  Storia  della  città  e  diocesi  d'Jlbenga  (1870),  p.  S^^9. 

(2)  Il  Madrucci  cardinal  di  Trento  era  allora  sovernatore  di  Milano. 


522 

d'inoltrata  età  ottanni  prima,  che  da  lettera  di  Andrea 
Leyni  (0  nella  quale  parlando  de'  forti  eretti  a  difesa  del 
golfo  di  Villafranca  dice  che  «  non  ha  preterito  un  punto 
»  dall'ordine  lasciato  da  M.  Benedetto  Alli  (Ala  Cremo- 
nese) e  dal  creato  del  capitano  Giovan  Maria  »  che  è 
certamente  l'Olgiati.  Ma  quegli  che  sul  codice  Ambro- 
siano^ N.°  i52  di  Domenico  Cillenio  Greco,  segnò  sulla 
coperta  Felicibus  auspicìis  III."^^  Card.  Federici  Borro- 
inaeis,  Olgiatus  vidit  anno  i6o3  ,  per  ragion  di  tempo 
non  può  essere  il  nostro.  Ad  ogni  modo  lo  pone  il  Lo- 
mazzo  fra   gli  ingegneri  militari  più  segnalati  (^X 

Non  mi  venne  fatto  di  riscontrare  scritto  alcuno  a 
stampa  od  a  penna  dell'Olgiati,  parendomi  però  proba- 
bile che  suo  sia  quello  in  data  i.°  dicembre  i556  tro- 
vantesi  nel  volume  lxxviii  de'  manoscritti  in  foglio  nella 
biblioteca  del  Re  in  Torino.  Contiene  ima  relazione  sopra 
le  posizioni  mihtari  e  le  fortezze  di  Asti  e  dell  Astigiana; 
nulla  indica  la  persona  dell'autore,  ma  è  evidente  ch'era 
desso  al  soldo  di  Spagna,  l'anno  in  cui  è  scritto  permet- 
tendo di  attribuirlo  all'Olgiati  ed  assentendolo  la  ragione 
slorica ,  poiché  combattevasi  allora  la  guerra  dei  Caraffa. 

LI. 
GABRIO  BUSCA  DA  MILAINO. 

Bronzio  ovvero  Bregonzio  Busca,  che  nel  i533  abitava 
Pavia,  ebbe  a  figlio  un  Giovanni  Antonio,  che  fu  fonditor 
d'artiglierie  pel  Re  Cattolico  nella  città  di  Milano,  ed  a 
nipote    Gabriele ,  detto    Gabrio    all'usanza    Spagnuola    e 

(1)  Da  Villafranca  di  Nizza,  22  febbraio  1551)  ad  Emanuel  Filiberto.  Ar- 
chivi Camerali  di  Torino. 

i)  Trattato  dfll'artr  della  jnftura.  I.ib.  VII,  cap.  28,  pag.  649. 


523 
Lombania  di  que'  tempi  (0.  Nato  egli  probabilmente  circa 
l'anno  i54o,  forse  visse  sua  giovinezza  seguendo  l'arte 
de' suoi;  ad  ogni  modo,  doveva  egli  esser  salito  a  bella 
fama  nella  professione  paterna  ed  in  quella  dell'ingegner 
militare,  che  allora  le  si  associava,  al  merito  suo  dovuto 
avendo  di  essere  chiamato,  circa  il  iS^o,  dal  duca  Em- 
manuel Filiberto  allorquando  invitò  a  Torino,  come  fon- 
ditor  d'artiglierie ,  il  fi'atello  suo  con  questa  missiva  : 
«  Informati  da  più  persone  degne  di  fede  della  sufficienza, 
)')  integrità  ed  isperienza  nell'arte  di  fondere  et  gettar 
))  artiglierie ,  et  altre  buone  qualità  del  molto  diletto 
v)  nostro  Francesco  Busca  Milanese  figlio  di  Gio.  Antonio 
))  fonditore  per  Sua  M.^^  Catolica  nello  stato  di  Milano, 
»  con  il  quale  attesa  sua  sufficienza  in  tale  arte  essendosi 
))    lungamente  essercitato,  meritamente  può  chiamarsi  suf- 

^»    ficiente (vogliamo  che  sia).  .  .  .  fatto  fonditore 

->-)  delle  artiglierie  che  ci  occorrerà  far  fondere  e  gettare 
»  in  tutti  li  nostri  Stati.  Vercelli  xvii].  nov.  i56o  »  C^). 
Alzandosi  allora  dal  Duca  le  prime  grandi  fortezze  di 
Savoia  ,  mandò  subito  colà  il  giovane  Gabrio  a  curarne 
le  opere.  Scriveva  perciò  questi  al  Principe  :  «  Venuto 
»  a  Momiliano  per  dar  ordine  a  montar  le  artillierie  et 
»  far  condurre  le  balle  a  Borgo  ,  ho  ritrovato  che  poche 
))  hore  innanzi  Mons.  di  Gioten  era  passato  da  questa 
»  vita,  pensando  cosi  convenirsi  al  servitio  di  V.  A.,  mi 
))  appresentai  subito  al  locotenente  del  castello  con  il 
»  ferraro  de  1  artiglieria  per  ogni  occasione  che  fosse 
»  potuta  occorrere  pertenente  alla  carica  et  al  servitio 
M  di  V.  A.,  mi  fece  risposta  non  volere  che  io  entrassi 
»    fino  a  nuovo  ordine  di  V.  A.;  ho  dato  avviso  per  aitile 

{V  Genealogia  di  alcune  famiglie  Milanesi;  ms.  nella  biblioteca  del  Re 
in  Torino,  pag.  109. 

(2)  flonti  delia  Tesoieria  Generale,  «schede  del  Vernazza. 


524 

))  mie  V.  A.  che  le  balle  per  la  cittadella  di  Borgo  erano 

»  fatte ,  ne   altro    si   attende  a  condurle    che  ordine    di 

))  V.  A.  di  poter    comandare    le  navi  et  le  carrette  che 

»  faranno  bisogno  per  tal  condotta.  Aspettare  in  Momi- 

»  liano    quanto    V.  A.  sarà   servita    di   comandarmi.  Da 

»  Momiliano  il    i3  di  giugno   iSyS. 

n    di  V.  A. 

)•>   humilissimo  servitore 
))   Gabriel  Busca  »  (0. 

Nelle  minute  di  Emanuel  Filiberto  per  l'anno  1574 
hannosi  assai  lettere  al  Busca  parlanti  di  cannoni,  polvere 
e  palle,  che  il  Re  di  Francia,  travagliato  dalle  fazioni, 
aspettava  dalla  Savoia  ed  ebbesi  tostamente.  Satisfatto  il 
Principe  dell'opera  di  Gabrio  gli  accresceva  il  soldo  , 
portandolo  a  -jS  lire  mensili,  da  60  che  ne  aveva  prima  ; 
e  ciò,  dopo  averlo  promosso  a  Luogotenente  del  Capitan 
generale  d'artiglieria  di  là  da'  monti  (^);  poi  alli  5  luglio 
iS-yy  portavane  il  soldo  mensile  a  lire  90.  E  per  riunir 
in  una  le  cose  toccanti  alla  sua  migliorata  condizione , 
dirò  che  alli  3i  ottobre  iS^q  e  da  Ciamberì  scriveva 
Emanuel  Filiberto  al  suo  Tesorier  generale  :  u  En  con- 
»  sideration  de  l'agreable  et  fidele  service  que  recepvons 
»  de  notre  cher  et  bien  amé  ingenieur  et  lieutenant  du 
»  cappitaine  general  de  notre  artillerie  maitre  Gabriel 
»  Busca  et  de  plusieurs  voyages  qu'il  luy  convient  faire 
»  pour  notre  service  nous  luy  avons  accreu  ses  gaiges  de 
«  dix  escuz  le  moys.  Si  vous  mandons  )i .  Finalmente  con 
lettere  di  Torino,  20  giugno   1^94,  Carlo    Emanuele   I 


(1)  Archivi  di  Stato  in  Torino  portatavi  dagli  Archivi  Camerali. 

(2)  Patenti  date  da  Torino  alli  27  giugno  1575. 


525 
accrebbegli  lo  stipendio  sino  a  1200  scudi  annui  di  lire 
tre  ciascuno  ^^/. 

Le  principali  fortezze  da  lui  condotte  oltremonti  erano 
quelle  di  Monmegliano  e  di  Borgo  in  Bressa,  della  prima 
dicendo  egli  stesso  che  :  «  Molte  cose  ho  anco  fatto  fare 
»  al  castello  di  Momiiioliano  frontiera  della  Savoia,  for- 
»  tezza  et  di  sito  et  di  fabrica  molto  rara,  et  tagliata 
».  una  gran  parte  di  essa  nel  sasso  molto  duro  ))  (2).  Colà 
ebb'egli  un  aiuto  neiringegnere  Revel,  del  quale  sono  il 
mezzo  bastione  di  Beauregai'd  ,  un  cavaliere  lì  presso  e 
parte  della  muraglia  del  maschio.  Una  pianta  disegnata 
circa  quel  tempo  la  trovai  in  Torino  negli  Archivi  di 
Stato,  e  fu  poi  stampata  nella  storia  di  quel  forte  scritta 
da  Leone  Menabrea  (^1 

La  cittadella  di  Borgo  in  Bressa  fondata  nel  ì56g  sui 
disegni  e  coll'opera  di  Francesco  Pacciotto  'S,  fu  dapprima 
di  terra;  sullo  scorcio  del  iS^i  partitosi  il  Pacciotto  dal 
servizio  del  Duca  ,  toccò  al  Busca  la  cura  dell'incami- 
ciarla sulle  traccie  lasciate  dal  primo  ingegnere,  il  quale 
per  ciò  tenuto  aveva  un  po'  scarsi  i  baloardi  (»'  ;  la  porta, 
o  maschio,  vi  fu  poi  fatta  dal  Busca  ad  imitazione  del- 
Tesistente  nella  cittadella  di  Torino.  La  fortezza  aveva 
nome  da  S.  Maurizio  ed  era  un  pentagono  regolare  ba- 
stionato ;  vi  fece  il  Busca  gli  orecchioni  tondi  e,  per  essere 
di  terra  ,  non  potè  dare  alle  cortine  che  una  lunghezza  di 
3o  canne  ^6).  Nella  guerra  dellanno  1600  ebbe  questa  citta- 
della ima  fortuna  negata  a  Monmegliano  nel  governatore 

(1)  Schede  del  Vernazza  nella  biblioteca  del  Re,  cartella  9.» 

(9)  Architettura  militare,  capo  17. 

(3)  Montmeillan  et  les  Alpes  (1^41).  l'I.  II,  pag.  627;  a  pag.  418  v'è  la 
pianta  del  forte  nel  xvi  secolo. 

(4)  Vita  del  Pacciotto  (1863,\  pag.  47. 

(5)  Archit.  militare,  cap.  56. 

(6)  L.  cit.  capo  40  e  52. 


526 

Bouvens  die  non  scosso  dalla  dedizione  di  questa  ,  dal 
mancar  delle  vettovaglie ,  dalla  disperanza  d'ogni  soccorso, 
perdurò,  riscuotendo  le  lodi  dei  nemici  0). 

Alla  lunga  cura  richiesta  dalle  opere  di  Borgo  fram- 
metteva Gabrio  la  scrittura  de  libri  di  fortificazione  e 
d'artiglieria,  venuto  essendo  in  luce  quest'ultimo  nel  i584 
ed  a  sua  insajmta  J^ .  E  già  prima  di  quel l" anno ,  aveva 
egli  fatto  a  Torino  certe  esperienze  d'artiglieria  ,*  risul- 
tandone^ contro  le  dottrine  di  Tartaglia,  Mora  e  Cardano, 
che  quanto  più  accostasi  un  pezzo  al  resistente,  di  tanto 
cresce  leffetto;  avvicinatane  la  bocca  al  muro,  fii  gettato 
in  aria  molto  materiale;  posta  quasi  a  contatto^  le  palle 
di  pietra  si  fransero  minutamente  (3). 

Sorpreso  da  Carlo  Emanuel  I  nel  i588  il  Marchesato 
di  Saluzzo,  si  distinse  il  Busca  a  Carmagnola  la  notte  delli 
28  settembre,  riunendo  gli  aggressori  sbaragliati  da  un 
colpo  d'artiglieria  (4).  Minacciata  nel  seguente  anno  Borgo 
in  Bressa  da  Enrico  IV  ,  andovvi  il  Busca  a  difenderne 
la  cittadella  i^l,  la  quale  però,  per  la  morte  del  Re  non 
fu  attaccata.  !Nelle  guerre  del  Piemonte  contro  il  Les- 
diguières,  hi,  come  al  solito,  ingegnere  e  soldato,  u  Tre 
»  forti,  dic'egli,  fabricai  sopra  monti  l'anno  iSga,  e  tutti 
))  senz'acqua  natia,  che  mi  diede  molta  fatica  et  trava- 
»  glio.  Mostrava  la  scorza  del  monte  non  essere  molto 
))   repugnante    al  taglio  :  ma   entrato    che  si  fu  un  poco 

(1)  Botherey  nella  Storia,  pag.  602  e  nella  Vita  di  Enrico  IV.  II  forte  è 
lodato  da  De  Ville  [Forti fìcations,  1628,  pag.  53). 

(2)  Avverte  il  tipografo  che  «  non  ritrovandosi  l'autore  in  queste  parti, 
"  non  è  stato  possibile  a  renderlo  consapevole  et  intendere  il  voler  suo  •■. 

["^^  htruz.  Bombardieri ,  capo  23  «  Veggonsi  tuttavia  i  segni  di  queste 
»  prove  nelle  mura  di  Torino,  infra  la  porta  di  piazza  castello  et  il  castello  ». 
la  porla  di  Piazza  Castello  stava  allora  sull'asse  prolungato  a  levante  della 
via  Barbaroux. 

(4)  Raffael  Toscano,  Canto  I,  f.  ò. 

(5)  Àrchil.  milit.  capo  56  ;  I>c  Saluces,  voi.  11,  p.  32i. 


527 
»  dentro  riuscì  sopra  modo  duro  et  ditficile  a  lasciarsi 
»  cavare.  Et  con  tutte  queste  difficoltà  feci  cavare  nel 
»  sasso  vivo  et  molto  duro  una  conserva  d'acque  molto 
»  grande  nel  forte  di  Santa  Maria  di  Susa.  L'altro  feci  fa- 
»  bricare  a  Demonte,  et  chiamossi  il  forte  della  Consolata 
))  in  bellissimo  sito,  et  fa  fronte  nella  ^  alle  che  va  al 
»  monte  dell  Argentiera  per  passar  nella  Provenza  et  nel 
»  Delfmato.  Il  terzo  si  dice  il  forte  di  S.  Francesco  et  è  fron- 
»  tiera  al  Delfinato  nella  valle  che  va  al  Monte  Ginevra  »  (0. 
Egli  stesso  si  rinchiuse  allora  in  Susa,  ed  essendovisi,  in 
fin  di  settembre  ,  portato  il  Lesdiguières  onde  tentarvi 
un  rapido  assalto,  dai  Piemontesi,  che  già  n'avevan  in- 
cendiati i  borghi,  fii  respinto,  assai  soffrendo  dal  cannone 
del  forte  di  S.  Maria  ^'^\  ch'era  diretto  dal  Busca.  Tro- 
vossi  poi  nel  maggio  del  iSgS  all'assalto  e  presa  del 
forte  di  Exilles,  dove  valentemente  adopraronsi  gì'  inge- 
gneri trasportando  le  artiglierie  su  per  que'  gioghi  i'^\ 
cantandone  Raifael  Toscano  : 

«  Il  Busca  eccellentissimo  ingegnerò, 
»    Cui  par  forse  non  è  sotto  le  stelle , 
»    Molto  operò  col  suo  gran  magistero 
»   Di  cui  n"è  fama  in  queste  parti  e  in  quelle  ». 
Conendo  l'anno  i5g5  ed  invasa  la  Borgogna  dai  Fran- 
cesi, il  Busca,  suddito  di  Spagna  e  ben  noto  al  Velasco 
governatore  di  Lombardia  per  essere  intervenuto  al  con- 
sulto sulla   nuova   fortificazione  da  esser  aggiunta  al  ca- 
stello di  Milano  (4),  fu  richiamato  al  servizio  Spagnuolo, 
e  di   qui   passando   il    governatore    avviato  a  Borgogna , 
portollo  seco  per  adoprarlo  in  quella  guerra,  che  con- 
dotta  alla    Spaglinola    d'allora,  cioè    bene  dai    soldati  e 

(r  L.  cit.  capi  17,  36. 
(2)  Cambiano,  col.  1298  ;  R.  Toscano,  f.  14. 
(3}  Cambiano,  col.  1313;  R.  Toscano,  f.  20. 
(4)  Archit.  milit.,  capo  49. 


528 

male  dai  capitani,  finiva  nel  1 598.  Panni  tuttavia  che  già 
da  qualche  tempo  si  maneggiasse  il  trasferimento  del 
Busca,  ad  una  sua  domanda  di  assestar  i  conti  risposto 
avendo  il  Duca  di  Savoia  colla  seguente  da  Torino  i.°  lu- 
glio 1594  diretta  al  Tesorier  generale  Giacomo  Antonio 
della  Torre,  a  Volendo  noi  che  al  molto  magnifico  Gon- 
)/  siglier  di  Stato  et  primo  ingegnerò  Gabriel  Busca  siano 
))  pagati  gli  avanzi  del  fu  Francesco  Busca  suo  fratello 
»  già  nostro  fonditore  dell'artiglieria  ,  che  rilevano  alla 
))  somma  di  23 12  ducatoni,  et  quello  anchora  che  detto 
»  nostro  Consigliere  di  Stato  deve  havere  de'  suoi  stipendi 
»  sino  per  tutto  giugno  prossimamente  passato .  che 
»  ascende  a  ducatoni  l'ySS,  come  appare  per  li  alligati 
»  conti,  v'ordiniamo  che  delli  denari  delle  mesate  che  Sua 
»  Maestà  Cattolica  ne  fa  pagare,  habbiate  da  pagarli  in 
»  quattr'anni,  et  ognanno  il  quarto,  la  somma  di  duca- 
»   toni  4095  a  che  ascendono  le  suddette  somme  »  ^^). 

Per  fissar  l'ingegnere  al  servizio  di  Spagna,  nominollo 
il  Contestabile  Velasco  capitano  dellartiglieria  dello  Stato 
di  Milano  con  onesto  trattenimento  (^X  In  questa  città 
morì  egli,  probabilmente,  nel  principio  del  secolo  xvii, 
essendoché,  al  primo  libro  dell'architettura  militare,  ivi 
stampato  nel  1601,  non  ebbe  campo  di  aggiungere  i  se- 
guenti; l'anno  stesso,  come  ingegnere  del  Re  di  Spagna, 
era  tra  quelli  che  dirigevan  il  canale  di  Pavia  (^).  Ad 
ogni  modo,  nel  1619  era  egli  certamente  già  mancato, 
parlandone  il  Borsieri  come  di  scrittor  remoto  i^\ 


(1)  Schede  del  Vernazza.  La  fonderia  de' cannoni  diretta  dal  Busca  stava 
nell'odierna  Piazza  Reale. 
,'2)  Jrcliil.  militare,  dedica  al  Velasco,  di  Milano,  1601. 

(3)  Bruschetti,  Storia  della  ìiavigazione  del  Milanese  (1821),  pag.  57. 

(4)  Supplemento  al  Moriggia  (1619),  capo  12.  Quanto  del  Busca  dicono 
Moriggia  ed  Argelati  è  volgare  affatto. 


529 
Amolio  Carlo  Emanuele  I,  che  lo  innalzò  al  posto  di 
Gonsiglier  di  Stato  e  fecelo  suo  primo  ingegnere  con  lauto 
stipendio  avuto  riguardo  ai  tempi.  In  corte  del  Duca  co- 
nobb'egli  il  celebre  matematico  Veneziano  Benedetti,  che 
a  lui  indirizzò  tre  epistole  contro  alcune  opinioni  del 
Tartaglia  ^0.  Poi  quando  il  Contestabile  Velasco  volle  for- 
nire, cii'ca  il  i594,  a  Giusto  Lipsio,  onde  ne  illustrasse 
il  suo  Poliorceticon ,  i  disegni  delle  antiche  macchine  da 
guerra  giusta  un  codice  di  Francesco  di  Giorgio  Martini, 
affidò  al  Busca  la  cura  di  trarne  copia  dalla  ducal  biblio- 
teca di  Torino ,  come  asseriva  il  Lipsio  con  queste  pa- 
role :  Sequentes  figuras^  Gabriel  Biischius  delineavit  ef- 
finxitque  ex  veteri  libro,  qui  Urbinatium  Ducis  ^  nunc 
Allobrogum  est  (^). 

Fratello  di  Gabrio  fu  Francesco  esso  pure  gettator 
d'artiglierie  e  venuto  al  soldo  di  Emanuel  Filil^erto,  come 
dalle  lettere  surriferite  ;  figlio  di  Francesco  fu  un  Giu- 
seppe prosecutore  dellarte  paterna  di  fondere  artiglierie, 
detto  essendo  dal  Moriggia  (^)  uno  delli  più  eccellenti 
fonditori  in  bronzo  che  siano  in  Italia. 

BIBLIOGRAFIA  DI  GABRIO  BUSCA. 

I.  DelV espugnatione  et  difesa  delle  fortezze  di  Ga- 
briello Busca  Milanese,  libri  due.  Torino,  pel  Bevilacqua, 
i585,  4«°  fig-  Dedica  dell'autore  (di  Borgo  in  Bressa 
i.°  gennaio   i58i)  a  Carlo  Emanuele  I,  nella  quale  dice 

(1)  Diversarum  speculationum  mathem.  etphys.  (1585),  p.  271  ;  Nobilissimo 
necnon  ingeniosìssimo  Gabrieli  Buschae  Mediolanensi. 

(i)  Poliorceticon  (1599),  lib.  HI,  pag.  139,  40,  41,  42.  Nel  Museo  Lipsiano 
in  calce  alia  Bibliotheca  Petaviana  et  Mansartiana  ,La  Haye,  1722)  evvi  al 
>'.°  267  una  lettera  del  Busca  al  segretario  del  governo  di  Milano  G.  B. 
Sacco,  che  adoprossi  in  quest'affare. 

(3)  La  Nobiltà  di  Milano  (1595),  lib-  IH,  capo  37. 

34 


530 

di  avere  scritti  questi  libri  quand'egli  era  tuttor  Principe, 
cioè  prima  del  i58o.  Vedesi  infatti  negli  Archivi  di  Stato 
in  Torino  un  manoscritto  di  quest'opera  dall'autore  pre- 
sentato ÀI  signor  Carlo  Emanuello  di  Savoia  Principe 
di  Piemonte  e  dato  da  Borgo  in  Bressa  il  primo  gennaio 
iS-jS.  Una  versione  tedesca  dell'opera  fu  stampata  nel- 
l'anno 1G19  in  Francoforte  (0,  ma  la  ristampa  Torinese 
del  1694  o  98^  accennata  dall'Argelati,  non  esiste,  sep- 
pure non  vi  si  asconde  un  qualche  inganno  tipografico  ; 
neppure  furon  mai  le  edizioni  che  trovo  dette  di  Venezia 
e  degli  anni  i545,  54,  Srj,  fatte  cioè  quando  il  Busca 
non  era  foise  ancor  nato. 

11.  InsiruUione  de  Bombardieri  delsig.  Gabrielle  Busca 
Milanese.  Contenente  un  brieve  trattato  delle  cose  più 
utili  a  sapersi  per  tale  esercitio.  Carmaj^nola  per  Marco 
Antonio  Bellone,    i58|.  4-'* 

IH.  Della  Architettura  militare  di  Gabriello  Busca 
Milanese.  Primo  libro.  Milano  per  Girolamo  Bordone  et 
Pietro  Martire  Locami,  1601  ,  4-°  Dedica  dell'autore  a 
G.  Fernandez  de  Yelasco  governator  di  Milano,  160 1. 
L'edizione  del  16 19  presso  l'Argelati  penso  che  non  abbia 
mai  esistito. 

IV.  DelV Architettura  militare.  Libro  secondo  e  teìzo. 
Promessi  dall'autore  a  pag.  287  del  libro  primo,  ma  non 
mai  pubblicati ,  ne  conoscendosene  esemplari  a  penna. 
Trattava  il  secondo  di  ogni  genere  di  alloggiamenti  antichi 
e  moderni,  in  campagna  e  circonvallanti  le  città;  il  libro 
terzo  concerneva  la  meccanica ,  cioè  ponti ,  molini,  mine 

yl)  Martini  Lipenii.  Bibliotheca  phUosophica  (1682),  voi.  I,  col.  624, 


534 
che  si  fanno  nelle  na^n  per  fracassare  o  ponti  o  stec- 
cale et  ancora  le  armate  istesse. 

\ .  Discorso  di  fortificazione  alVIllustr.  sig.  Carlo  Fi- 
liberto d  Este. 

VI.  Discorso  sopra  le  misure  delle  cortine,  fianchi  e 
spalle  de'  bahiardi  d'' una  fortezza  reale.  Questi  due  scritti, 
ojiusta  l'Argelati  ed  il  Mazzuchelli  stavano  presso  i  fra- 
telli Marchesi  Visconti ,  ma  a  me  pare  che  non  fossero 
fuorché  due  capitoli  de'  libri  inediti  di  Architettura  militare. 

Credo  che  sia  rinjasto  inedito  uno  scritto  d  artiglieria 
già  disteso  dal  Busca  e  che  trovo  soltanto  mentovato  da 
Ciro  Spontone  colle  seguenti  parole:  «  Lessi  alcuni  mesi 
))  sono  in  un  componimento  di  Gabriele  Busca  Milanese 
»  ingegnere  del  sig.  Duca  di  Savoia,  nel  quale  scrive  di 
»  haver  mostrato  a  Emanuel  Filiberto  suo  padre  che  in 
rt  termine  di  dieci  o  di  dodici  giorni  sarebbe  stato  pos- 
»  sibile  il  gettare  anche  sulla  montagna  sei  cannoni  al- 
»   meno  e,  subito  raffreddati,  potevasi  di  loro  servire  »  'S). 

LII. 
GIROLAMO  CATANEO  DA  NOVARA. 

Di  questo  Novarese  assai  poco  ne  sappiamo,  troppo 
scarse  essendone  le  notizie  date  dal  suo  concittadino  Cotta, 
il  quale  dice  soltanto  che  servì  Carlo  V  in  Lombardia 
come  capitano  e  sergente  maggiore  ^2)  ;  dell'epoche  e  del- 
l'uso di  sua  vita  nulla  ci  è  noto,  chiaro  essendo  soltanto 

^1)  //  SaKorgnano,  ovvero  del  guerriero  nodello  'f603\  pag.  38. 
l'i)  Museo  .Vovcrf*c  (•'''01;,  pag.  182. 


532 

ch'egli  non  eresse  alcuna  fortezza,  né  fu  mai  m  guerra, 

ne    coprì   uffici    militari   per    la    Spagna   della    quale   era 

suddito. 

Visse  gli  anni  suoi  nelle  provincie  Venete,  cioè  a  Verona 
e  soprattutto  a  Brescia  dove  furono  stampate  l'opere  sue. 
Infatti,  in  un  suo  libro,  l'autore  Iacopo  Lanieri  da  Brescia 
introduce  il  Cataneo  a  disputar  di  fortificazioni  coU'in- 
gegner  Veronese  Francesco  Trevisi  e  con  un  giovane  Bre- 
sciano, aggiungendo  poi  che,  circa  il  i53o  e  nel  castello 
d'Arco,  il  Cataneo  ammaestrò  nelle  matematiche  lui  me- 
desimo con  tre  gentiluomini  di  quella  famiglia  (^).  Del 
Cataneo  (che  par  nato  al  principio  del  secolo,  morto 
essendo  dopo  il  iSyi  )  sappiamo  ancora  che  allorquando, 
circa  il  i56o.  Vespasiano  Gonzaga  edificò  di  pianta  la 
città  sua  di  Sabbioneta ,  lo  ebbe  a  sé  per  quelle  fortifica- 
zioni assai  stimate  a  que'  tempi  (2);  una  sua  gita  a  Pavia, 
nel  settembre  del  i562,  parmi  che  non  avesse  scopo 
militare  ^3 .  Ecco  ora  l  elenco  de'  suoi  libri. 

BIBLIOGRAFIA  DI  GIROLAMO  CATANEO. 

I.  Nuovo  ragionamento  del  Jabbricare  le  fortezze;  si 
per  pratile  a ,  come  per  theoria;  ove  diffusamente  si  mostra 
tatto  quello  che  a  tal  scientia  si  appartiene.  Di  Girolamo 
Cataneo  Novarese.  Brescia,  iSyi,  4'*5  foglietti  35.  Dice 
nella  dedica  al  conte  di  Lodrone  :  «  di  queste  cose  scrissi 
»  già  in  tre  libri ,  uno  di  fortezze ,  uno  delle  ordinanze , 
»  et  uno  per  conto  do"  Bombardieri,  i  quali  sono  già  ri- 
»   stampati  tre  volte  m  Brescia,  m  meno  de  anni  sette  ». 


(lì  Bue  dialoghi  fi 557;.  Il  Cozzando  nella  Ltèrrna  5re5ciana parla  di  un 
Ghebelino  da  Chiari  discepolo  del  Cataneo. 

(2)  Afio,  Vita  di  Vespasiano  Gonzaga  (1780),  pag.  43, 

(3)  Lettere  di  Luca  Contile  (1564\  f."  408, 


533 
[i  Gotta  ne  riferisce  una  del  i56'j.  ma  le  altre  due, 
eh' ei  cita,  mi  sono  sconosciute. 

Le  capitarne  de  Jerosme  Cataneo.  Contenant  la  ma- 
niere de  fortijìer  places ,  assaillir  et  defendre.  avec  l'ordre 
qiion  doit  tenìj'  pour  asseoiv  un  camp,  et  mespartir  les 
logis  diceliij.  Mis  en  Francois  ^  et  der echef  reveu,  cor- 
7'igé,  et  aicgmenté  en  plusieurs  Uenx  sujvant  le  derniére 
edition  de  Vauteur.  Par  Jean  de  Tournes  CI3.  lOC.  di 
pag.  101.  E  l'impressione  Lionese  del  I  libro  tradotto,  e 
nulla  più. 

II.  Avvertimenti  et  essamini  intoj'no  a  quelle  cose  die 
richiede  a  un  bombardiera ,  così  circa  al V Artiglieria , 
come  anco  a  fuochi  artificiati.  Di  Girolamo  Cataneo 
Novarese.  Da  lui,  in  questa  seconda  impressione ,  in  di- 
versi luoghi  ampliati.  Brescia,  iSS-j  ,4°;  ^-^  28.  Comincia: 
u  Considerando,  che  chi  si  vuole  ben  servire  del  libro 
»  di  far  battaglie  da  me  composto  et  dato  in  luce,  et  di 
»  un  altro  delle  fortezze  pur  da  me  composto,  egli  è 
»  quasi  necessario  intendersi  di  polvere,  d  artegliaria  ecc.  » . 
Altra  edizione  è  di  Venezia,  1 583,  presso  Altobello  Sali- 
cato,  39  tv 

IH.  Tavole  br^evissime  per  sapere  con  prestezza  quante 
file  vanno  a  formar  una  giustissima  battaglia  con  li  suoi 
armati  di  corsaletti,  da  cento  fino  a  ventimilia  huomini, 
et  appresso  un  facilissimo  et  approvato  modo  di  archi- 
biigieì'i  et  di  ale  di  cavalleria  secondo  fuso  moderno. 
Di  nuovo  aggiunte  et  largamente  ampliate,  tanto  nella 
diclìiaratione ,  come  in  esse  tavole  dal  medesimo  auttore. 
Di  Gii'olamo  Cataneo  Novarese.  Brescia,  1567,  4°?  fo- 
glietti 29  fig.  La  dedica  (che  è  tolta  dalla  prima  edi- 
zione) è  di  Brescia  5  luglio  i563.  Con  mutato  frontispizio 
comparve  di  nuovo  in  Brescia,    l'S'^^i. 


534 

Delfaite  militare  libri  cinque,  ne  quelli  si  tratta  il 
modo  di  fortificare ,  offendere  et  difendere  una  fortezza , 
con  l  ordine  come  si  debbono  fare  gli  alloggiamenti 
campali;  et  formare  le  battaglie,  con  Vessamine  de'  Bom- 
bardieri et  di  far  fuochi  artif ciati.  Di  Girolamo  Cataneo 
Novarese.  Brescia,  i584,  4°  ^^%-  Edizione  complessiva 
contenente  né  piiì  né  meno  dei  cinque  libri  anteriormente 
pubblicati;  ne  cita  il  Cotta  un'edizione  latina  fatta  in 
Basilea,  1600,  e  l'opera  fu  riprodotta  in  Brescia  pei 
Marchetti,   1608,  4-" 

IV,  Opera  del  misurare  di  M.  Girolamo  Cataneo  No- 
varese Libri  IL  Nel  primo  s'insegna  a  misurar  et  partir 
i  campi.  Nel  secondo  a  misurar  le  muraglie,  imbottar 
grani,  vini ,  fieni  et  strami;  col  livellar  Tacque  et  altre 
cose  necessarie  agli  agrim,ensori.  Libro  primo.  Brescia 
per  Francesco  e  Piermaria  di  Marchetti  fratelli,  iS-ja, 
4.'*  di  foglietti  55  fìg. 

Precede  la  dedica  dell'autore  (di  Brescia,  2  gennaio 
1572)  a  G.  F.  Nicolini  da  Sovere  in  Bergamasca,  e  parla 
m  essa  delle  angustie  della  miseria  mia.  Segue  un  indi- 
rizzo ai  lettori. 

Viene  quindi  :  Del  misurar  le  muraglie ,  imbottarle 
grani ,  vini ,  fieni  et  strami ,  col  livellar  dell'acque ,  et 
altre  cose  necessarie  agli  Agrimensori,  di  M.  Girolamo 
Cataneo  Novarese,  Libico  secondo.  Brescia,  i5'y2,  per 
Vincenzo  Sabbio  ad  istanza  dei  Marchetti.  Segue  la  dedica 
dell'autore  (di  Brescia,  i5  gennaio  i^"'2)  a  tre  gentil- 
uomini di  Lovere  in  Bresciana.  Il  Colta  enumera  anche  una 
seconda  edizione  Bresciana  del  i584,  con  una  terza  del 
1682 ,  ma  forse  altro  di  mutato  non  v'é  che  il  frontispizio. 

Come  scrittor  di  fortificazioni  fu  lodato  dal  Fiammelli  i^) 
(1)  //  Principe  dife.<to  (1604%  libro  VI,  cap.  I. 


535 
ed  anche  più  dal  Lanieri  che ,  avendolo  conosciuto  in 
Brescia,  lo  pose  interlocutore  ne  suoi  Dialoghi  stampati 
poc' oltre  la  metà  del  xvi  secolo'''. 

LUI. 
ORAZIO  PACCIOTTO  DA  IRBINO. 

Duolmi  di  dover  tacer  qui  de'  casi  e  delle  opere  del- 
l'Urbinate Francesco  Pacciotto  il  più  illustre  fra  quanti 
ingegneri  operato  abbiano  in  Piemonte  a  quell  età,  la  vita 
sua  già  avendola  posta  nel  volume  IV  di  queste  Miscel- 
lanee ;  cosicché  dirò  solo  di  Orazio  Iratel  suo  e  che  in 
tutte  l'opere  gli  si  associa  v^'.  ZSato  in  Urbino  e  non  lungi 
dal  iSsS,  di  sua  giovinezza  non  ho  potuto  conoscer  nulla, 
convenendo  però  credere  che  sin  d'allora  volto  siasi  allar- 
chitettura  civile  e  militare ,  un  gran  maestro  avendo  nel 
fratello,  grandi  e  vivi  esempi  nella  patria  sua. 

Edificatore  di  numerose  fortezze  in  Italia ,  Francia  e 
Fiandra  abbisognava  Francesco  di  un  aiuto  in  cui  riporre 
sua  fede  per  sopravvegliar  a  tanti  e  sì  lontani  lavori  in 
terra  ed  in  muro ,  e  questo  sef  ebbe  nel  fratello  Orazio 
che  nel  i558  stavagli  appresso  nella  guerra  di  Parma, 
finita  la  quale  fu  chiesto  da  Emanuel  Filiberto  per  quattro 
mesi  al  Re  di  Spagna  ed  andò  a  fortificar  ]Nizza,  dove 
portaronsi  ambidue  i  fratelli,  come  da  lettera  de'  20  no- 
vembre iSSg  ad  Ottavio  Farnese,  stampata  dal  Cav. 
Ronchini  (^).  Infatti,  sin  dal  piimo  giorno  dell'anno  i56o 

(1)  Due  dialoghi  \\ból);  nei  quali  s'introducono  messe)-  Girolamo  Catanio 
Novarese,  ecc. 

(9)  Una  breve  notizia  di  Orazio  fu  edita  dal  Capitano  Augelucci  traen- 
dola  da  un  mio  manoscritto.  Trovasi  nel  Supplemento  all'Enciclopedia  po- 
polare, voi.  HI,  pag.  496. 

^3^  Francesco  Pacciotto,  pag.  1(J. 


536 

(cosa  indicante  un  servizio  anteriore),  mentre  a  Francesco 

già  pagavasi  un  soldo  di  60  scudi  mensili,  trovasi  notato 

nei  conti  del  Tesorier  generale    di   Savoia  Scuti    2  25   a 

Orazio  Paciotto    architetto  di  S.  A.  Patenti    i    gennaio 

i56o(i). 

Nel  i562  già  aveva  condotte  a  termine  le  nuove  mura 
di  Savigliano  e  dirigeva  la  struttura  del  forte  di  Mon- 
megliano,  disegnati  ambidue  dal  fratello,  di  cui  Orazio 
fu  sempre  in  ufficio  di  luogotenente  ('^).  Nell'anno  seguente 
sopraintendeva  ai  lavori  della  città  e  cittadella  di  Borgo 
in  Bressa  sempre  a  norma  dei  piani  e  profili  di  Francesco, 
ma  introducendovi  i  miglioramenti  suggeriti  dall'atto  pra- 
tico. Tanto  viene  esposto  in  lunghissima  sua  relazione  ad 
Emanuel  Filiberto,  della  quale  unisco  qualche  brano  .... 
«  Inviai  a  V.  A.  due  disegni  al  intorno  del  Castelvechio 
»  et  l'altro  a  Tintorno  del  bastione  di  S.  Antonio,  bora 
))  non  mando  a  V.  A.  se  non  quello  che  è  all'intorno 
))  del  Castel  vechio  come  migliore  di  tutti  gli  altri  che 
»  si  potrebbe  fare  per  batteria  di  mano,  di  manco  spesa 
»  et  con  più  prestezza  fatto,  et  perchè  V.  A.  mi  replica 
»  nella  seconda  lettera  se  vi  fosse  strada  di  pigliar  l'angolo 
»  della  porta  di  Macone  con  S.  Antonio  et  far  de  fianchi 
»  et  cortine  con  mettere  di  dentro  de  case  et  gettarne 
»  a  basso  secondo  che  sera  necessario  a  ciò  fare,  replico 
»  a  l'Alt.  V.''  che  si  può  fare  et  in  quanto  a  la  fortezza 
»  che  si  farà  al  di  dentro  de  la  Villa  non  seli  potrà  op- 
»  porre  che  sera  bellissima  et  bonissima,  ma  V.  A.  ha 
y>  da  sapere  che  fra  le  case  ch'anderanno  di  dentro  del 
»   Castello  et  quelle  che  anderanno  ruvinate  arivano  a  la 

(1)  Schede  del  Vernazza  nella  biblioteca  del  Re  in  Torino. 

(2)  Lettera  di  Orazio,  22  maggio  1562,  in  CìhvAvw.  Accad.  delie  Scienze 
di  Torino,  N.  S.  voi.  II,  pag.  19. 


537 

»   somma  di  cento  et  passa Neil  altra  mia  avisarò 

»  a  V,  A.  come  da  ginaro   in    qua   non  ho  mai  havuto 

»  né  mandato  né  asignatione  per  mio  conto  de  la  pro- 

»  visione,  et  son  pi^n  de  debiti  et  non  so  come  fare  se 

»  non   recorrere  a  la  fonte,  cioè  a  V.  A.   et    m'asicuro 

))  che  quella  per  sua   bontà    vi   metterà  presto    l'ordine 

»  che  l'espetto  con  desiderio  insieme  con  la  risposta  del 

»  Castello  et  con  questa  humilmente  faccio  la  riverenza 

))  a  V.  A.  ecc.  Di  Borgo,  oggi  il  di  i4  di  X'"'*"'   i563. 

»  humil.""'  sejvitore 
»   Oratio  Pacciotto  »  'S). 

I  due  anni  seguenti  si  trattenne  attorno  alle  fortifica- 
zioni di  Savoia  e  Piemonte,  sempre  in  dipendenza  dal 
fratello.  Lo  trovo  poi  nel  i566  adoprantesi  a  dirigere 
quelle  di  Cuneo ,  circa  le  quali  abbiamo  questa  lettera 
del  Duca:  «  Magnifico  architetto  nostro  carissimo.  Le 
»  lettere  vostre  di  1 8  et  1 9  si  sono  ricevute ,  in  risposta 
»  delle  quali  vi  dichiariamo  l'intentione  nostra  essere  che 
»  sia  in  arbitrio  de  li  Patroni  delle  case  che  si  rovinano 
»  di  ritenere  li  legnami,  ferramenta,  coppi  et  simil  cose 
»  se  gli  piace,  quando  non  resteranno  in  noi,  non  volendo 
))  astringergli  a  ritenergli  se  non  gli  mette  conto.  Tanto 
»  farete  sapere  al  controlore  et  altri  a  chi  bisognerà. 
»  Del  modo  de  la  fabrica  si  rimettiamo  a  quanto  si  scrive 
»  vostro  fratello.  Ordinandovi  che  intorno  i  soprastanti 
»  non  prestiate  orecchia  a  chiunque  ve  ne  parli,  ma  esse- 
»  quiate  la  mente  nostra,  come  sapete.  Procurate  di  haver 
n  il  maggior  numero  che  si  possa  de  guastadori,  che 
»   vogliamo  il  forte  in  esser  per  tutto  ottobre.  Fate  pur 

(t)  Carteggio  e  lettere  di  Piemomte,  ms.  degli  Archivi  di  Stato,  voi.  II, 

N.°  82. 


538 

»  fare  ogni  estrema  diligenza  per  che  l'opera  riesca  per 
»  tutto  ottobre,  che  del  modo  del  danaro  vi  sarà  bona 
»  provisione  :  scriviamo  al  misurator  di  Savigliano  che 
»  venga  da  voi.  Da  Torino  ali  xxii  di  7.'"^*  1 566.  Il  duca 
»  di  Savoia  »  ^0.  La  lettera  al  misuratore  di  Savigliano 
gl'ingiunge  di  recarsi  a  Cuneo  e  misurarvi  le  fondazioni 
del  castello  che  vi  si  faceva. 

Attendeva  nel  156^  e  nella  Contea  di  Nizza  a  riattar 
il  castello  di  Scros ,  scrivendo  Emanuel  Filiberto  a  quel 
governatore  conte  di  Boglio  alli  i5  agosto:  «  Cii'ca  la 
»  reparatione  del  forte  di  Scros,  troviamo  bono  quel 
»  tanto  che  già  liavete  fatto  fin  qui,  et  per  quel  che 
»  resta  a  fare",  visto  il  parer  che  ci  havete  mandato  et 
))  inteso  dal  detto  Oratio  Paciotto  l'ordine  che  egli  ha 
»  lasciato,  concorriamo  ancor  noi  che  si  attenda  dili- 
»  gentemente  a  far  far  le  case,  cisterna  et  il  resto  eh' è 
)»    stato  disegnato  »   ecc.  'X. 

Le  frequenti  assenze  dal  Piemonte  di  Francesco  Pacciotto 
lasciavan  il  fi-atello  Orazio  senza  autorità  di  provvedere  e 
vegliar  personalmente  sulle  tante  fortezze  in  corso  di  fab- 
brica; onde  ovviare  agl'inconvenienti  che  ne  sarebber 
seguiti,  formilo  il  Duca  di  una  lettera  circolare  ai  gover- 
natori, castellani  e  capi  di  presidii  e  fortezze,  la  quale 
qui  unisco  traendola  dalle  carte,  che  stanti  già  in  Urbino 
presso  l'ultimo  de'  Pacciotti,  assembrava  il  P.  Piergirolamo 
Vernaccia  al  principio  dello  scorso  secolo  :  «  Emanuel 
»  Filiberto  ecc.  Per  qualche  degno  e  considerabile  rispetto, 
»  havendo  Noi  ordinato  al  Nob.  e  molto  diletto  e  fedele 
»  Architetto  nostro  M.  Horatio  Pacciotti  di  transferirsi 
»  per  tutte  le  fortezze  e  castelli  nostri,  e  desiderando 
»   Noi  che  ciò  esseguischi  con  tutta  quella  diligenza  che 

(1)  Minute  di  Emanuel  Filiberto,  voi.  per  l'anno  1566,  67,  f."  .35. 

(2)  Volume  citato,  f.°  264. 


539 

»  ricerca  il  servizio  nostro,  vi  ordiniamo,  et  a  ciascuno 

»  di  Voi ,  a  chi  le  presenti    perveniranno ,    comandiamo 

))  che  habbiate  da  lasciargliele  vedere  e  ben  visitare,  in- 

1)  formandolo  di  quanto  vi  parerà  necessario  per  la  si- 

»  curezza  e  riparamento  del  luogo,  sopra  il  che  esseguu'ete 

))  quanto  da  lui  vi  sarà    ordinato  per  parte  nostra,   ha- 

))  vendone  lui  da  Noi  tale  concessione  e  tale  è  la  mente 

»  nostra.  Dato  in  Turino  alli  21    ag.    i568. 

))   Eni.  Fil. 
L.  Sig.  »   V.  Stroppiana  »   0. 

Dalle  memorie  locali  o  di  famiglia  trasse  pure  il  Ver- 
naccia come  a  quegli  anni  accudisse  Orazio  alle  fortezze 
di  Rumilly,  Monmegliano,  Borgo  in  Bressa,  la  Nunziata, 
Cuneo ,  nonché  a  Montalbano  e  Villafranca  nel  golfo  di 
tal  nome  presso  Nizza  (2).  Aggiunge  che,  scortato  Orazio 
da  una  compagnia  di  cavalli  Piemontesi,  levò  a  vista  la 
pianta  delle  mura  di  Ginevra.  La  qual  cosa  nulla  ha  che 
fare  colla  scalata  tentata  l'anno  1602  da  Carlo  Emanuele  I, 
quando  Orazio  da  3o  anni  lasciato  aveva  il  servizio  di 
Savoia,  parendomi  fatta  di  sua  volontà  e  per  suo  zelo; 
imperciocché ,  regnando  allora  l'onorato  Emanuel  Fili- 
berto, non  sarebbe  sceso  un  Duca  di  Savoia  a  notturne 
o  diurne  sorprese  contro  una  città  con  lui  vivente ,  se 
non  in  amicizia,  almeno  in  pace. 

Così,  in  condizione  di  alter  ego  del  fratello,  attendeva 
egli  a  costruzioni    militari,    allorquando    da    qualcuno    fu 

(1)  Catalogo  di  memorie  e  scritture  spettanti  agli  uomini  illustri  d'Urbino 
raccolte  da  P.  G.  Vernaccia;  1718.  Ms.  originale  presso  il  fu  Cav.  De  Prelis 
in  Urbino,  f.°  8.  Nelle  carte  segnate  Stroppiana  il  Vernaccia  legge  costan- 
temente Strozzi. 

(2)  Elogi  degli  nomini  illustri  d'Urbino  del  P.  Vernaccia;  1720.  Ampliato 
poi  dal  D.r  Antonio  Rosa.  Ms.  della  Segreteria  comunale  d'Urbino,  f.°125. 


540 

fatto  intendere  al  Duca,  che  il  Gavalier  Francesco  avesse 
commesso  rubamenti  nell'opere  e  ne'  conti  della  cittadella 
di  Torino  e  del  Parco  vastissimo  luogo  di  caccia  spa- 
ziante  dal  Po  all'ultime  fimbrie  dell'alpi  e  che  il  Tasso 
pochi  anni  dopo  avrebbe  immortalato  (*). 

Fidando  alle  parole  del  Vernaccia,  ch'ebbe  a  mano 
le  carte  di  famiglia  de'  Pacciotti,  io  scrissi  già  che  le  accuse 
allor  mosse  a  questi  (2)  lo  furono  da  invidiosi  rivali  su- 
surranti  al  Principe  che  i  Pacciotti  comunicato  avessero 
a  Re  stranieri  i  disegni  delle  sue  fortezze.  Ma  dalla  com- 
parazione de'  documenti  vedesi  che  i  due  Urbinati  fallirono, 
senza  però  che  risulti  qual  si  fosse  il  movente  di  lor  fallo. 
Le  consuetudini  e  le  leggi  nostre,  con  santissima  severità 
imposta  dalla  pubblica  probità  ed  opinione ,  sin  di  morte 
punivano  chi  mettesse  mano  nel  pubblico  danaro.  Eravi 
allora  in  Piemonte  un  Giuseppe  Barbery  capitano  di  giu- 
stizia ,  il  cui  ufficio  (come  d'uomo  ch'era  esecutor  diretto 
degli  ordini  sovrani)  andava  a  mezzo  tra  soldato,  bar- 
gello, giudice  istruttore  con  giurisdizione  estesa  anche 
alle  cose  militari  (3),  ed  infatti  aveva  egli  commissione  di 
colonnello  di  2000  archibugieri  W.  Ebbe  dunque  il  Barbery 
dal  Duca  la  seguente  ingiunzione. 

«  Em.  Philiberto  per  grazia  di  Dio  Duca  di  Savoya  ec. 
»  Al  Mag.'^'*  Fedel  nostro  cappitano  generale  di  iustitia 
«  M.  Giuseppe  Barbery  salute.  Essendo  mente  nostra  die 
»  si  conosca  sopra  li  mancamenli,  fraudi  et  inganni  usati 
»    con  robamenti  intorno  alla  fabbrica  della  nostra  cittadella 

CO  Cazzerà,  Trattato  della  Dignità  di  Torquato  Tasso  (Torino  1838), 
pag.  127. 
(9)  Vita  di  FraiMiesco  Pacciotto,  pag.  50. 

(3)  Archivi  di  Stato,  Mazzo  I,  IN."  4t.  Editti  riguardanti  provvisioni  par- 
ticolari. 

(4)  Ivi,  Mazro  I,  N.»  38.  Era  fiscale  generale  e  d'anni  60  addotiorossi  al 
Mondo  vi.  Miscfìl.  di  St.  Hai  IX ,  p.  205. 


541 

»  (li  Torino  et  parelio.  Per  queste  nostre  vi  commettiamo 

»  che  dobiate  informarvi  con  ogni  modo  che  meglio  po- 

»  tretti   et   vi  parerà    di    detti   robamenti,  mancamenti, 

))  fraudi  et  inganni ,  et  che  procediate  alla  recognitione 

»  di  essi  et  alla    captura,    processura   et   castigo  contro 

»  tutti  quelli  che  trovarete  inditiati  per  principali  autori, 

»  fautori  o  consapevoli.  Et  perchè    fra    li   altri  vi   resta 

»  compreso  il  cavalier   Pachiotto   qual  s' è  absentato   da 

»  questo  nostro  stato,  et  tutavia  si  nascondono,  sui  beni 

»  et  credditi ,  falcete  far  pubblico  bando  che  chadima  per- 

)ì  sona  qual  habbi  robbe  appartenenti  al  detto  Pachiotto 

»  debba  consegnarle  in  mani  vostre,  et  finalmente  pro- 

))  cederette  a  tuti  queli  atti   che   vi   parriano  espedienti 

»  circa  le  predette   fatture    et   delinquenti.  Che  intorno 

»  a  questo,  com' ogni   dependenzia,    vi    doniamo    ampia 

))  possanza   non   obstante    qualunche    cossa   contraiiante. 

))  Dichiarando  li  atti  quali  farete  fare  per  voce  de  crida 

»  sopra   la    piazza    di   Torino,    solita   habitatione   d'essi 

))  intitulati,    tanto    valer   siccome   personalmente    fossero 

»  ritrovati.  Che  tal  è  mente  nostra.  Dato  in  Torino  alli 

»  sette  di  febraro  md  setanta  uno  ». 

»   E.  Phihbert. 
n   V/^  Sti'opp."  .0. 

Sin  dall'agosto  del  i568  aveva  Francesco  chiesta  ed 
ottenuta  licenza  di  rimpatriare  per  breve  tempo,  e  sog- 
giornato aveva  in  Roma  ed  in  Urbino  continuando  il 
carteggio  col  Duca,  che  da  Savona  scrivevagli  (21  aprile 
1569).  "  ^®  questa  non  vi  giunge  a  tempo  ,  il  vostro 
»   fratello  andarà  a  Borgo  in  Bressa  (^).  Tra  le  opere  di 

;i)  L.  cit.  Mazzo  I,  N.°  35. 

(2)  Archivi  di  Stato.  Carteggi  e  Icllcrc  di  Piemonk.  Voi,  III,  N."  17. 


542 

questa  città  e  quelle  del  forte  della  Nunziata  divideva  le 
sue  cure  Orazio,  allorquando  nel  febbraio  del  iS-ji  veniva 
sostenuto ,  sequestrate  le  robe  sue  e  di  Francesco,  sospese 
ad  entrambi  le  provvisioni.  Di  tutto  ciò  giunta  notizia  a 
Francesco  eh  era  in  Urbino  e  stava  per  tornar  in  Pie- 
monte, pertossi  dal  duca  Guidobaldo  II,  ed  esposegli 
l'accaduto,  senza  risalir  alle  cause,  ma  accagionandone 
gli  emuli;  questi,  chiamalo  a  sé  1  insigne  poligrafo  Pietro 
Benedetti,  con  credenziali  ii  marzo  1071,  mandollo  a 
Torino  a  sollecitar  Emanuele  Filiberto  onde  Orazio  fosse 
posto  in  libertà  e  ad  amf)i  i  lìatelli  restituiti  onori  e 
robe  C^.  Imperciocché,  da  alcuni  della  corte  di  Parma 
stat"  era  informato  Francesco  dello  sdegno  del  Duca  di 
Savoia  contro  di  lai,  del  IJatello  carcerato,  de' sequestrati 
effetti,  de  sospesi  stipendii  e  dell'essersi  eziandio  fatta 
mutazione  d  ingegneri. 

Venuto  il  Benedetti  a  Torino,  trovò  che  Orazio  (tenuto 
qual  prigioniero  del  Duca,  e  dovendolo  seguire  ovunque 
si  recasse  la  corte,  senza  però  appressarsi  mai  alla  per- 
sona del  Principe)  era  stato  rilasciato  sotto  malleveria  di 
5oo  scudi  (2^  Emanuel  Filiberto  essendo  allora  a  Nizza, 
colà  ad  implorar  la  grazia  portossi  il  Benedetti,  che  dal 
Duca  ebbe  ripulsa;  ma  non  volendo  che  si  credesse  ad 
una  sua  privata  passione,  commise  la  revisione  dell'aifare 
ad  Andi-ea  di  Leynì  ed  a  M.°'  della  Croce  Baldassare 
Ravoira,  uomini  prudentissimi  e  di  molta  fama  nell'armi 
e  nella  toga. 

Non  mi  è  noto  qual  si  fosse  la  credenza  generata  in 
que'  due  dalla  cognizione  e  disamina  del  fatto ,  paren- 
domi tuttavia  che  a  tutt' altro  riuscisse  che  a  dimostrar 
l'innocenza  dei  due  fratelli,  dicendo   Emanuel   Filiberto, 

(1}  Vernaccia,  pag.  35,  56;  Proruis,  pag.  51  in  62. 
(^)  Vernaccia,  pag.  36,  37. 


S43 
in  sua  nsposla  al  Duca  d  L^rljino,  che;  quantunque  l'ac- 
cusa data  ai  Pacciotti  fosse  di  grande  importanza,  pure , 
a  contemplazione  di  Guidobaldo .  li  ha  ricevuti  nei  termini 
di  prima,  certo  essendo  che  serviranno  con  ogni  fedeltà  (0, 
Ad  Orazio  scriveva  poi  Guidobaldo  la  seguente: 
«  Nobile  nostro  dilettiss.  Dal  Benedetti,  che  mandammo 
»  a  S.  Ecc.  ^  havemmo  inteso  quanto  Ella  si  è  compia- 
»  cinta  fare  in  benefìzio  vostro  a  nostra  intercessione , 
r>  che  ci  è  piacciuto  assai,  che  desiderando  Noi  alla 
»  vostra  casa  ogni  honorato  avanzamento,  non  lascierò 
«  mai  indietro  occasione,  che  mi  pojgerete  d'impiegarmi 
))  in  vostro  ser^^izio.  Ricordandovi  tra  tanto  a  pigliare 
»  sempre  esempio  e  consiglio  d;i  vostro  hatello^  massime 
»  nelle  cose  della  professione  che  essercilate,  poiché  assi- 
»  ciu'atevi  ch'eoli  ha  pochi  o  nessuno  che  lo  pareggi. 
)>  Attendete  dunque  a  servire  S.  Ecc."  con  ogni  fedeltà , 
»  riputando  servire  in  un  tempo  medesimo  Noi  ancora. 
»  Che  così  veramente  è,  stimando  Noi  l'interesse  di  co- 
i)  testo  Principe  quanto  li  nostri.  Vi  mandiamo  la  copia 
))  della  lettera,  che  scriviamo  a  S.  E.,  a  ciò  vediate 
»  quanto  ci  promettiamo  di  voi,  e  state  sano.  Dall'Im- 
))  periale,  il  dì  25  mag.  iS'yr.  Al  nob.  nostro  diletiss. 
»   m.  Orazio  Paciotti  »   \^\ 

Nulla  v'è  in  questo  carteggio  che  accenni  a  gravami 
e  ad  accuse  di  peculato  o  di  tradita  fede  a  carico  dei 
due  Pacciotti.  La  prudenza  di  Emanuel  Filiberto  consi- 
gi iògli  forse  di  non  gravar  l'uomo  ch'era  amico  del  Duca 
d'Alba,  di  Chiappin  Vitelli,  del  Serbelloni,  di  quanti 
avevan  con  lui  guerreggiato  in  Fiandra,  di  chi  aveva  la 
fiducia  del  moroso  Filippo  II?  Oppure,  siccome  i  Principi 


(t)  Da  rsizza,  15  aprile  1571,  presso  Vernaccia  Appendice,  p,  67. 
(2}  Vernaccia,  Catalogo  di  memorie  ecc.;  ras.  in  Urbino. 


non  debbono  mai  aver  torto ,  trovando  egli  falsa  l'accusa, 
si  attenne  al  partito  di  non  piìi  parlarne  ?  JNè  l'una  né 
l'altra  cosa  io  posso  asseverare,  parendomi  tuttavia  che 
limpida  non  scaturisse  l'innocenza  dei  Pacciotti ,  tante  sono 
in  quelle  carte  le  reticenze,  l'espressioni  ambigue,  i  cauti- 
e  generici  sospetti  non  mai  scendenti  ad  un  latto  parti- 
colare, ed  il  dirsi  ovunque  che  il  ritorno  dei  li'atelli 
nella  buona  grazia  del  Duca  fu  dovuto,  non  ali  innocenza 
loro,  ma  alla  intromissione  di  Guidobaldo. 

In  tanta  oscurità  e  senza  sospettar  Francesco  di  pecu- 
lato e  peggio,  dirò  soltanto  che  dalli  scritti  suoi  (ogni- 
qualvolta non  avesser  luogo  le  ire  d'artista  e  d  ingegnere) 
apparisce  egli  quasi  sempre  vero  gentiluomo  in  fatti  ed 
in  parole,  ma  altiero  ad  un  tempo,  presumente  di  se, 
assoluto  ed  imperioso  con  inferiori  ed  eguali;  quindi, 
inamabile  essendo,  non  solo  non  era  amato,  ma  incon- 
trava, come  accade,  frequenti  nemici.  E  poi,  a  que'  tempi, 
informandosi  le  corti  e  gli  eserciti  ai  modi  de'  gentil- 
uomini, delicatissimi  tutti  in  questioni  d'onore,  giammai, 
dopo  si  gravi  incolpazioni  ed  offese,  avrebbe  potuto  piiì 
il  Pacciotto  frequentar  quelle  e  militar  con  questi;  eppure, 
io  esposi  già  nella  vita  sua  come  vivesse  in  grande  fa- 
migliarità colla  Nobiltà  e  coi  Re  di  Francia  e  Spagna,  col 
Papa,  coi  Duchi  di  Savoia,  Mantova,  Firenze,  Urbino 
e  come  per  opere  d'ingegneria,  dopo  queil  anno  come 
prima,  venisse  richiesto  ovunque. 

Pure,  all'alterigia  de' suoi  modi  fan  riscontro  i  biasimi 
e  le  lagnanze  de'  coetanei,  che  li  traducono  in  accuse 
contro  il  carattere  suo  nonché  contro  il  sapere.  Per  figura, 
il  Veneziano  ambasciator  Cavalli  scrivendo  nel  1 564  della 
piazza  di  Savigliano  da  lui  innalzata,  narra  che  il  Pacciotto 
a  Madrid  e  presente  il  Re  u  per  aggrandir  le  cose  sue, 
»   disse  a  Sua  Maestà  che  quella   era  la  più    importante 


545 
n  c  forle  piazza  del  Piemonte  »  ('  .  Lagnavasi  il  Lucchese 
Vincenzo  Civitali  che,  per  pigliarsi  un  dono  di  3oo  scudi, 
avesse  Francesco  alterato,  con  danno  dell'opera,  un  ba- 
stione da  lui  proposto  ed  avviato  in  quelle  mura  W.  Nel 
congresso  tenuto  a  Milano  da  vari  architetti  e  scultori 
circa  una  questione  di  prospettiva  in  un  bassorilievo , 
notava  Martino  Bassi  come  «  vi  fu  anche  un  certo  chia- 
»  mato  il  Pacchiolto,  il  quale  non  mancò  con  un  certo 
»  suo  modo  ardito,  di  dire  che  vi  erano  stati  degli  altri 
»  maestri ,  i  quali  non  haveano  guardato  a  colali  sotti- 
))    gliezze  ;   perchè  et  di  scultura   e   di   pittura  havevano 

»   fatto  ciò  che   gli   era   tornato   bene Ma   V.  S. 

»  conosce  il  Pacchiotto  così  bene  come  io  et  sa  quel 
))  che  sa  dire  et  quel  che  sa  fare  »  ■^\  Il  celebre  Fran- 
cesco De'  Marchi,  a  quegli  anni  vivente  in  Fiandra,  vinto 
da  estrema  passione  per  essere  stati  i  piani  della-  citta- 
della d'Anversa  fatti  dall'Urbinate  anteposti  a' suoi,  rac- 
conta come  bastonato  iòsse  e  pelatagli  la  barba;  poi, 
come  la  Principessa  t\i  Parma  alla  oOerta  fattale  dal 
Pacciotto  di  accompagnarla  in  Italia,  rispondesse  u  che 
))  nella  sua  compagnia  non  voleva  così  tristi  uomini  come 
»  lui,  e  che  con  la  compagnia  sua,  né  di  casa  sua,  non 
»  venia  »;  poi,  come  Gabrio  Serbelloni  gli  volesse  di 
nuovo  pelar  la  barba,  e  come  nella  cittadella  d  Anversa 
((  ha  fatto  molti  errori  d'importanza,  li  quali  sono  segna- 
ì)  latissimi  »  i^\  Il  piglio  superbo,  presuntuoso  ed  avventato 
del  Pacciotto  in  nessun  luosro  così  vivo  ricorre  come  nella 

(1^  ciò  fu  nel  1561.  Belazionc  di  Sa^om,  in  Alberi,  Serie  H,  voi.  II, 
pag.  50. 

X  Anno  1562.  Documenti  per  la  Storia  di  Lucca,  voi.   Vili,  pag.  229. 

[I^)  Fu  dell'anno  1568.  Dispareri  in  materia  di  architettura  e  di  prospet- 
tiva ecc.  Brescia,  1582,  pag.  21. 

,i]  Ronclìini,  Cento  lettere  di  Francesco  Marchi.  l'arnaa,  1864,  ^■."  75, 
78,  80. 


o40 

Memoria  testé  dettatane  dal  Cav.  Amadio  Roncliini  v^). 
Riportata  prima  mia  bassa  e  sconcia  lettera  su  Filippo  II, 
viene  al  palazzo  di  Piacenza,  che  disegnato  già  dal  Pac- 
ciotto,  era  poi  stato  riformato  dal  Vignola;  all'irritabile 
ingegno  del  nostro  fu  quel  palazzo  soggetto  di  lettera  al 
Duca  Ottavio ,    nella    qual   dice:    esseve  la  fabrica  fora 

(fogìU  ordine ,  bontà  e  bellezza Dico  che  se  questa 

ììiacchinaccia  va  inante  ^  non  jii  mai  fatto ^  dal  prin- 
cipio de'  Goti  in  qua,  la  maggior  barbarie,  e  profon- 
dendovi altrettali  gentilezze.  Altresì  di  un  artista  che 
fìngesse  il  malcurante  per  essere  ricerco,  dicesi  in  altra 
lettera  (Roncliini,  /  due  tignola,  p.  5)  eh' ei  non 
pensi  di  fare  il  Pacciotto  ,  ne  Miclielangelo.  Pur  troppo, 
che  gli  uomini  grandi  e  superbi  contan  sempre  numerosi 
imitatori  di  loro  stranezze;  così  facendo,  pareva  forse  al 
Pacciotto  di  appressarsi  alFmiico  Buonarroti,  oltremodo 
contagiosi  essendo  i  cattivi  esempi  e  tanto  più  se  fortunati. 
Ma  da  tutto  ciò  altro  non  risulta  senonchè  altiere  ed 
aspre  essendo  le  maniere  del  Pacciotto,  oircndendo  gli 
altri,  dovevano  a  sua  volta  venir  offeso;  a  prova  che 
nulla  più  fossero  che  male  voci  sparse,  dirò  che  sempre 
caro  fu  e  pregiato  a  Margheiita  d'Austria,  e  che  quel 
Serbelloni,  giusta  il  Marchi,  insultator  del  Pacciotto,  nien 
che  due  mesi  dopo  ingiuriatolo,  mandava  con  lodi  a 
Filippo  II  la  pianta  della  cittadella  avente  uno  de'  cinque 
bastioni  già  appellato  Pacciotto  dal  nome  dellingegnere  (-). 
Tornando  poi  alla  cittadella  di  Torino,  dirò  che  la  citata 
sdegnosa  lettera  dell  ingegner  nostro  ad  Emanuel  Filiberto 
ne  fa  intendere  come  autor  principale  delle  sue  sciagure 
fosse,  secondo  lui.  il  Vercellese  Giuseppe  Caresana,  che 

(1)  Francesco  Paciotti,  Modena,  1806,  voi.  Ili  della  Deputazione  di  Storia 
Patria  per  le  provincie  Modenesi  e  l'armensi,  pag.  9,  13  ecc. 

(2)  (.achard,  Corrrspovdonrr  de  Philippe  II.  (18i8),  voi.  IL  pag.  0. 


5i7 
in  prrniio  de'  Ijuojiì  e  leali  servizi  conie  soliiaLo  ed  inge- 
gnere pralico ,  stat'  era  posto  dal  Duca  a  governator  di 
essa  (*), 

Lasciato  per  sempre  il  Piemonte,  toinava  Orazio  in 
Urbino,  dove  dal  fratello  Marc' Antonio  ehbe  rimproveri 
perchè  dcirintromissione  sua  ringraziando  GuidolDaldo, 
oITeso  avesse  l'onor  del  casato,  trascorrendo  sino  a  chia- 
marsi colpevole,  dicendo  che  Tesser  tornato  in  grazia  al 
Duca  di  Savoia  faceva  sì  che  da  lai  riconoscesse  V onore 
e  la  vita.  A  ciò  di  ripicco  rispondeva  Orazio:  la  lettera 
essere  stata  dettata  dal  Benedetti  a  lui  confuso  dall'ap- 
postagli  accusa,  d'onde  nacque  ne  fratelli  il  sospetto, 
che  avesse  il  Benedetli  per  sua  malizia  suggerite  ad  Orazio 
quelle  parole.  Ne  trovavan  le  prove  (  come  accade  ad 
animi  pregiudicati)  nelle  circostanze  delle  trattative  e  nel 
lungo  tempo  ad  esse  dato  dal  Benedetti,  cosicché  con- 
vennero che  Orazio  sfidato  avrehbelo  a  duello,  come  fece 
senza  ritardo. 

Ciò  risaputo  da  Guidobaldo  ,  proii^ì  loro  sotto  gravi  pene 
di  battersi,  ad  informazione  della  querela  deputando  un 
Monaldi  ed  un  INlarsigli.  Introdotto  il  giudizio  alli  23  luglio 
iD'ji,  presentò  il  Benedetti  un  attestato  del  Duca  di  Savoia 
dicente  com'egli  compiuto  avesse  il  suo  mandato,  mostran- 
dosi leale  amico  dei  Pacciotti,  egual  cosa  attestando  anche 
Leynì  e  Della  Croce.  Alli  i3  ottobre  assoluto  in  Urbino 
il  Benedetti,  per  ingiuste  accuse  condannati  furono  nelle 
spese  Marc'  Antonio  ed  Orazio  (^).  Quest'ultimo  non  vide 
pili  il  Piemonte,  ma  tornovvi  Francesco  in  quell'anno 
stesso  iS-'i,  dopo  sciitto  alli  2  maggio  al  Duca  dì  Savoia 
la  lunga  e  sdegnosa  lettera  eh'  io  stampai  altrove  ^•^),  ma 

(1)  iSci  1566.  ringoile,  Jugusta  Tuuniwrum  ,  pag.  86. 

(2)  Vernaccia,  rUa,  pag.  38,  39;  Appendice,  pag.  58,  59,  CO. 
^3^  nia  eli  Fr.  Parciottn ,  pag.  55. 


b48 

poco  trattenendovisi  ed  appena  quanto  bastasse  ad  osten- 
tare i  riavuti  favori  del  Duca  e  colla  sua  presenza  bra- 
vare gli  accusatori,  essendosi  infatti  ad  ambi  i  fratelli 
restituiti  i  loro  posti  d'ingegneri. 

Sin  dal  principio  del  1 569  erasi  Francesco  portato  ad 
Urbino  ed  a  Roma,  alla  cura  delle  fortezze  di  Piemonte 
lasciando  il  fratello  Orazio.  Aveva  Gregorio  XIII,  dal- 
l'anno 1571,  addossato  a  Francesco  il  carico  di  aggrandir 
le  fortificazioni  d'Ancona  (*,  la  qual  cosa  non  potè  aver 
luogo  senzachè  egli  abbandonato  avesse  l'antico  servizio 
di  Savoia,  per  vincolarsi  a  cjp^iello  del  Papa;  e  penso 
pure  che  Orazio,  solito  a  metter  in  atto  i  disegni  di 
Francesco ,  e  fastidito  esso  pure  di  quanto  eragli  occorso 
in  Piemonte,  seguito  abbia  il  fratello  ponendosi  al  soldo 
Pontificio.  Trovò  infatti  il  Vernaccia  ne'  documenti  ori- 
ginali come  Orazio  servito  avesse  Papa  Gregorio  (^).  Havvi 
ancora  in  Torino  nella  biblioteca  del  Re  ima  lettera  scritta 
ad  Emanuel  Filiberto  da  un  Cardinale  Piemontese  a  nome 
del  Castellano  di  Roma,  entrambi  compiutamente  ignari 
di  quanto  era  accaduto  ed  accadeva  ai  Pacciotti: 

Serenissimo  Signor  mio  colendissimo. 

»    Il  Signor  Castellano  qui  di  Castel  S.  Angelo  desidera 

»  servirsi  di  Messer   Oratio    Paciotto,    et   ha vend' inteso 

»  che  stava  a'  servitii  di  Vostra  Altezza,  la  supplica  che 

))  si  degni  fargli  sapere  s'  egli  è  partito  da  lei  con  buona 

«  gratia  sua,  se  sarà  di  suo  buon  piacere  che  sene  serva, 

))  o  quando  fosse  ancora  alli  suoi  servitii,   che  gli  facci 

n  gratia    di    concederglielo,    come    di    questo    dice   che 

(1)  Lettera  di  Guidobaldo,  27  agosto  1571,  \n  Q.Am\tox'\  Lettere  artistiche 
inedite  (1866),  N.°  66. 
^2)  Catalogo  di  varie  memorie  ecc. ,  nis.  in  Urbino. 


549 
?)   parimente  dal  signor  Mai'chese  \'ostra  Altezza  ne  sarà 
>)   supplicata  in  nome   suo,   alla    quale    basando  le  mani 
ì)   mi  raccomando  humilmente  in  sua  buona  gratia. 
»    Di  Roma  alli  xii  di  Gennaro  m.  d.   lxxiii. 
»   Di  Vostra  Altezza 

»   Humilissimo  serv.'  et  vassallo 
r>   11  Cardinale  Bobba  »  ^0. 

Sin  dal  i5^3  il  conte  Pacciotto  visitava,  quale  ingegner 
generale ,  le  fortezze  dello  Stato  Ecclesiastico  (^^  ed  è  da 
credere  che  vi  si  adoperasse  Orazio  nella  perpetua  qualità 
di  esecutore  de'  suoi  disegni.  Notava  poi  il  conte  ne'  citati 
giorndi  ed  al  lO']^  come:  «  è  chiamato  da  Enrico  III 
»  di  Francia  a  visitare  le  fortezze.  Andò  Orazio.  Volle 
»  i  disegni  di  lui  •»:  ma  non  è  detto  quanto  tempo  egli 
vi  rimanesse. 

I  seguenti  anni  sono  agevolmente  riempiuti  dall'autore 
degli  elogi  dillustri  Urbinati  l^.  col  fai'lo  trovare  a  Lucca, 
poi  a  Fermo,  Terracina ,  Ostia,  dicendolo  quindi  invi- 
tato da  Rodolfo  II  imperatore  e  dal  Re  di  Polonia;  ma 
di  tutto  ciò  nei  documenti  Lucchesi  e  nei  tantissimi  avuti 
a  mano  dal  Vernaccia  non  v"  è  notizia  né  cenno,  quelle 
opere  dovendosi  a  Francesco,  avvegnaché  esecutore  ne 
potesse  essere  Orazio.  Solo  sappiamo  dal  giornale  di 
Francesco  che  nel  iS-jS  «  il  Conte  Paciotto  fece  il  di- 
»  segno  della  bonificazione  delle  valli  di  Ravenna  d'ordine 
»  di  Gregorio  XIII,  che  il  cap.  Orazio  suo  fratello  fece 
»   pei  eseguire  »;  dal  qual  incarico  fu  in  breve  licenziato. 

'1)  Marcantonio  Bobba  Vescovo  d'Aosla. 
(2)  Giornali  del  Pacciotto,  nella  Vita,  pag.  83. 

(3^  Degli  uomini  illnxtn   d'Urbino,   commentario  (1819).  N'è  autore  il 
P.  Grossi. 


ooO 

torto  o  ra^iione  eli  egli  avesse  v^/.  Scriveva  nell'aijosto   1 56  f 

DO  O 

Annidai  Caro  a  Francesco  Pacciotto  soggiornanle  in 
Lucca  ((  Vostro  fratello  non  è  quì^  ma  col  suo  padrone 
))  a  Sora  «(^z;  ma  veramente  non  si  capisce  sVgli  qui 
parli  d  Orazio  oppure  di  Felice  fratello  suo  famoso  per 
le  maldicenze  e  pili  per  la  ribellione  ,  che  gli  valse  di 
essere  dannato  alle  forche  i^);  ad  ogni  modo  scriveva  il 
Viceré  di  Napoli,  i3  aprile  i582,  a  Iacopo  Buoncompagni 
Duca  di  Sora  pregandolo  a  mandare  in  questa  piccola 
città  sul  Liri  il  cavalier  Orazio  Pacciotto  onde  forlificarla 
pel  Re  di  Spagna  (""O.  Forse  per  le  fortificazioni  da  lui 
condotte  nello  Stato  Romano  avevalo  il  Papa  fatto  ca- 
valier di  Cristo,  come  dello  stess' ordine  andava  insignito 
Francesco  dal  Re  di  Portogallo. 

Di  Orazio ,  siccome  aiuto  al  fratello  Francesco,  qualche 
cosa  toccò  il  Cav.  Ronchini  nella  citata  Memoria,  e  qualche 
cosa  pur  se  ne  troverà  nelle  lettere  tratte  dal!" Archivio 
di  Firenze  e  che  saranno  pubblicate  in  breve  in  codesta 
Miscellanea.  Quanto  ali  incarico  affidatogli  dal  Papa  di 
prosciugar  le  valli  di  Ravenna,  ed  alla  irrequietezza  per 
la  quale  non  poteva  Orazio  trovar  luogo  in  nessun  paese, 
non  ometterò  questo  brano  di  lettera,  che  dall'Archivio 
Farnesiano  comunicòmmi,  per  gentilezza  sua,  il  Cav. 
Ronchini  ed  è  scritta  da  Francesco  al  Duca  di  Panna, 
da  Urbino,    i4   giugno    i58o. 

« Quanto  a  Oratio,  la  cosa  sta  così.  Egli  ei'a 

»  a  Ravenna  mandato  dal  Papa  per  conto  di  quelle  valli: 
»  et  essendo  assaltato  da  una  febre  quartana,  per  con- 
p    siglio  de' medici    sene    venne    a   Urbino,    con   licenza 

(1)  Ronchini,  pag    19. 

(2)  Della  Valle,  prefazione  al  voi.  XI  del  Vasari,  pan?.  11. 

(3)  Ronchini,  Francesco  Paciotti,  pag.  17. 
;4)  Catalogo  di  varie  memorie  ecc.,  f."  7. 


r>5i 
V)  però  del  S.'  Iacopo  (cioè  Iacopo  Bonaielli),  et  apena 
»  statovi  certi  pochi  giorni  scrisse  che  gh  fosse  levata 
V)  la  provisione,  eh'  il  Papa  non  intendeva  servirsi  più 
1)  di  lui  per  essere  slato  a  Parma  a  cercar  di  venir 
»  alli  servitii  di  V.  E.  111."'^  Et  ancorché  Oralio  facesse 
»  venire  fede  da  Ravenna  da  Mons.^  della  Cava,  dal 
))  medico  et  da  Urbino  de'  Medici  et  per  fino  da  li 
»  Priori  de  la  Città,  non  fli  verso  che  ne  volesse  creder 
»  nulla,  tenendo  sempre  il  S/  lacomo  eh'  egli  fosse  venuto 
»  a  Parma.  Finalmente  per  mio  consiglio  Oratio  è  gito 
»  a  Roma,  et  ha  fatto  toccar  con  mano  ch'egli  non  è 
»  stato  a  Parma,  et  che  mai  pensò  tal  viaggio.  Il  S.' 
»  lacomo,  rivoltatosi  dalla  prima  ostinazione,  ha  detto 
))  che  egli  si  lamenta  di  me,  che  i'  son  stato  il  malfat- 
»  toi^  e  fatto  tal  negotio:  ma  io,  per  essere  innocente 
0  di  ciò,  ho  tanto  investigato  e' ho  trovato  esser  slato 
»  Lucantonio  da  Terni ,  e'  ha  scritto  questo  a  Roma  :  et 
))  Felice  (Paciotto)  mei'  ha  detto:  qnal  dice  anco  che  con 
))  saputa  sua ,  e  senza  saputa  d  Oratio.  V.  E.  IH.™*  sa  mo' 
>ì  come  sta  il  fatto:  a  lei  tocca  comandare,  che  Orazio 
»  è  per  far  quanto  le  comanderà.  La  licenza  da  Roma 
)ì  e  dal  S."^  lacomo  V  ha  avuta,  et  è  fora  della  servitii  )> . 
Dalle  carte  domestiche  ricavò  il  ^  ernaccia  come  Orazio 
venisse  a  morte  in  Sora,  ove  gli  fu  letta  lorazione  fu- 
nebre e  posta  sul  sepolcro  un'iscrizione,  la  quale  deve 
essere  andata  perduta,  essendoché  nelle  memorie  di  f|uella 
città  date. dal  Tuzzi  e  dal  Branca  (0,  non  è  punto  ricordata, 
né  potè  averae  notizia  chi ,  a  mia  preghiera,  ne  fece 
ricerca.  Delle  relazioni  da  lui  distese  in  Piemonte  nulla 
c'è  rimasto,   né  credo  che  ne  ve  fossero,   imperciocché 

(1)  Memorie  isloriche,  massimamente  sacre  della  citlà  di  Sora  del  P.  Fran- 
rexco  Tuzzi,  Romn,  1727;  Memnrir  delta  città  di  Sora  per  Caìliiio  lifanca  ^ 
Napoli,  1847. 


il  Duca,  iiitendentissiino  di  queste  materie,  delle  difficollà 
presenzialmente  disputava  cogl'  ingegneri ,  combinava  con 
essi  il  da  farsi  e  direttamente  dava  gli  ordini  senza  inter- 
mezzo di  nessun  agente  o  ministro. 

Altre  notizie  circa  Orazio  e  circa  le  questioni  da  lui 
avute  coll'orator  Urbinate  Benedetti ,  vedransi  nelle  let- 
tere di  Francesco  Pacciotto,  che  in  breve  spero  mandar 
alla  luce.  Qui  noterò  soltanto,  che  fra  tante  parole  e 
tante  lagnanze  dei  due  Pacciotti  circa  l'aggravio  ad  essi 
fatto  da  Emanuel  Filiberto,  mai  non  evvi  la  piìi  lontana 
ombra  d'indizio  sulle  vere  cagioni  dell'imputazione  gra- 
vissima ad  essi  mossa.  E  certo,  che  se  innocenti  fossero 
stati,  non  si  sarebber  tenuti  dal  prorompere  contro  l'ac- 
cusa di  furto  ed  il  susseguente  processo;  ma  generiche 
sempre  ed  indeterminate  sono  lor  lamentanze ,  né  mai 
vengono  al  sodo. 

LIV. 
FERRANTE  VITELLI  UÀ  CITTA  DI  CASTELLO. 

Ferdinando ,  che  ali  uso  de'  tempi  fu  detto  Ferrando  e 
solitamente  Ferrante ,  nacque  nell  Umbria  in  Città  di 
Castello  (0  da  sconosciuta  donna  concubina  di  Camillo 
conte  di  Montone  figlio  che  fu  di  Vitello  Vitelli  segna- 
lato guerriero  succeduto  a  Giovanni  de' Medici  nella  ca- 
pitananza  delle  Bande  Nere.  Quando  venisse  in  luce  non 
m'è  noto;  sapendo  però  che  Camillo  padre  suo  moriva 
di  soli  ventinov'anni  nel  i557  (2),  convien  dire  che  la 
nascita  del  nostro  non  abbia  guari  preceduto  la  metà  del 


(1)  Lomazzo,  Tratlato  della  pUfurn  (1585\  lil).  VII,  cap.  28. 
(■2;  Lilla  ne' Vitelli,  tavola  IV. 


553 
secolu.  iSoii  ha  quindi  nulla  di  comune  coli  altro  Ferrante 
Vitelli ,  che  per  Carlo  V  militò  in  Toscana ,  Napoli  e 
Piemonte  e  di  cui  parlano  gli  storici  d'allora ,  Napolitano 
essendo  egli,  ossia  da  Gapiia  (V.  Del  rimanente,  agli  scrit- 
tori non  Piemontesi  così  mal  noto  fu  il  nostro  Ferrante, 
che  lo  stesso  diligentissimo  Litta .  parla  sì  di  un  Ferdi- 
nando Vitelli  naturale  legittimato ,  ma  ignora  che  stato 
fosse  soldato  ed  ingegnere ,  non  essendogliene  capitata 
notizia  (coni'  ebbe  più  volte  a  dirmi)  ,  sicché  pendeva 
a  crederlo  una  cosa  sola  coli  anzidetto  Capuano.  Di  lui 
parla  certamente  TAdriani  ^^  narrante  allanno  iSog  come 
del  castello  di  Montone  «  havevano  tenuta  la  possessione 
»  ^  itello  e  dopo  eli  lui  il  figliuolo  Camillo  ;  il  quale 
»  morto ,  havevano  presa  la  tutela  di  un  piccolo  figliuo- 
»  letto ,  rimaso  di  lui  non  legittimo ,  il  Cai'dinal  Vitello 
»  ed  i  fratelli:  et  essendo  stato  legittimato,  ne  fecero  a 
»  Papa  Paolo  Quarto  fare  la  investitiu^a  in  lui  in  pregiu- 
»  dizio  de  figliuoli  di  Niccolò  »  che  erano  Paolo  e  Chia|> 
pino  Vitelli ,  d  onde  la  violenta  inimicizia  col  Duca  di 
Firenze,  di  cui  Chiappino  era  soldato. 

Prima  di  venire  a  quanto  Ferrante  operò  in  Piemonte, 
mi  conviene  far  sosta  e  notare  le  cagioni  della  sua  chia- 
mala connesse  tutte  colla  savia ,  retta  ed  operosa  politica 
del  Duca  di  Savoia  in  cosa  di  suprema  rilevanza  pel  suo 
Stato.  Ricuperato  l'antico  dominio ,  non  in  grazia  di  chi 
dettava  la  pace,  ma  come  si  addice  a  Principe  guerriero, 
airinvasore  sti^appato  avendolo  colla  spada,  gli  si  parava 
in  patria  orrendo  spettacolo.  La  diuturna  occupazione 
Francese  comljattuta  dalla  equivalente  forza  di  Spagna , 
coperto  aveva  il  Piemonte  di  terrore,  desolazione  e  miseria; 

(1)  Lettere  di  Vitello  Vitelli  (1555\  pag.  134;  Giovio,  Hisloriaritm  (1578), 
lib.  XXVllI,  pag.  134;  Ammirato  St.  Fiorentine  (1641%  lil».  XXX,  P-  190. 
[ì'  Storia  de' suoi  tempi    158*;,  lib.  XVI,  pag.    1130. 


S54 

cosicché  in  paese  allora  non  ricco ,  non  collo,  non  indu- 
strioso ,  accascialo  sotto  il  feroce  diritto  bellico  di  un'  età 
nella  quale  alla  molla  coltura  de'capi  accoppiavasi  profonda 
barbarie  di  soldati  d'omii  linoua  ed  orni  cosa  mettenti  alter- 
natamente  a  ruba,  a  sanoue,  a  sterminio,  allra  quiete, 
ma  precaria  ed  angosciosa,  più  non  restava  agl'infelici  po- 
poli che  dentro  le  terre  murate. 

Dalle  campagne  percorse  e  devastate  da  quelle  scelle- 
rate bande  scomparsi  erano  gli  agricollori,  e  tanta  vi 
crebbe  la  fame,  che  n'andò  laudatissimo  il  governatore 
du  Bellay,  allorquando  provvide  che  nutriti  fossero  i  Pie- 
montesi co' grani  venuti  di  Francia  0).  E  quel  Ferrante 
Gonzaga,  che  a  Carlo  V  proposto  aveva  che,  per  assi- 
curar Milano,  si  riducesse  il  Piemonte  a  deserto,  instava 
pili  tardi  presso  Filippo  II,  onde  a  tutela  di  Lombardia 
convertisse  la  patria  nostra  in  provincia  Spagnuola  v*^),  ai 
Principi  Sabaudi  dando  le  Fiandre.  x\rte  antica  e  nuova 
di  barattar  i  popoli,  motivo  essendone  la  cupidigia,  pre- 
testo il  ben  pubblico. 

Ho  detto  che  qualche  respiro  dalla  violenza  esterna , 
se  non  dall'interna,  oravi  per  le  città,  le  quali  tutte  mu- 
nite essendo,  pii^i  raramente  erano  aggredite.  Nelle  minori 
terre,  allora  sempre  cinte  di  nuiro  esse  pure,  od  oravi 
presidio  e  ne  pativan  gli  abitanti  soprusi  e  violenze  con- 
tinue, giuntovi  clie,  prese  dal  nemico,  soldati  e  terraz- 
zani andavano  egualmente  a  fil  di  spada.  Portava  allora 
l'usanza  di  guerra   che ,    anche    con    ninna   probaliilità  di 

(1)  Mémoircs  de  Marlin  du  Bellay,  lib.  Vili. 

(9)  Lettera  Xll  fra  quelle  edite  da  V.  Promis  nella  Misceli,  di  SI.  Italiana 
J871),  voi.  XI;  Gosellini,  yUa  di  Ferrante  Gonzaga.  Parte  II,  pag.  56  e 
105.  Carlo  V  consentiva,  ma  essendo  già  passato  l'ottobre  e  sfruttati  i 
campi ,  avvertiva  il  Gonzaga  che  il  guasto  non  poteva  più  produrre  tutto 
il  male  desiderato.  Anche  Lodovico  della  Chiesa  nella  Hintoria  del  Pie- 
monte J<;o8',  pas.  244. 


successo,  dovesseio  i  difensori  resistere  ad  ultiaiiza:  e 
per  converso  necessario  si  ritenesse  e  giustissimo  ,  che 
quanto  men  iorti  fossero  le  difese  stabili,  tanto  più  rei 
si  giudicassero  ed  al  capestro  si  mandassero  presidiarii  e 
ijorghesi  per  la  insolenza  di  opporsi  in  pochi  ad  un  grande 
sterzo.  A  quell  età  ed  in  Piemonte,  ad  ogni  terra  presa 
d  assalto,  nota  la  storia  come  incendiate  fosser  le  case, 
morte  di  ferro  o  di  fiime  le  famiglie,  impiccati  i  difen- 
sori ;  emulandosi  in  ciò  Francia  da  Spagna  e  questa  da 
quella.  Poco  era  quindi  al  fatto  delle  guerre  nostre  il 
Veneziano  ambasciatore  Bohiiì  maravigliantesi  alludir  di 
tanti  assedi  per  le  bicocche  del  Piemonte ,  mentre  le 
grandi  fortezze  ^  enete  non  trovava  che  nessuno  le  avesse 
molestate  ;  ma  qui  combattevano  le  due  massime  Potenze 
d  allora  e  non  aveva  la  terraferma  Veneta  veduto  truppe 
straniere  dopo  la  guerra  di  Cambrai. 

Grandi  furono  allora  le  miserie  d'Italia ,  ma  non  mai 
comparabili  alle  nostre  né  per  intensità,  né  per  durata, 
qui  infierito  avendo  la  guerra  per  ben  trentacpiattr'anni 
continui.  Nizza,  Cuneo  ed  altre  città  diedero  contro  Turchi 
e  Francesi  stupendi  esempi  di  fedeltà  e  bravura,  di  Pie- 
montesi e  cittadini  essendone  i  presidii ,  od  almeno,  come 
a  ^Torino  e  sotto  i  cannoni  di  Francia,  Piemontesi  gli 
spiriti. 

Tornato  Emanuel  Fdiberto  nella  squallidissima  patria, 
trovovvi  una  generazione  nuova  altro  diritto  non  cono- 
scorrée  che  quello  della  forza ,  epperciò  oziosa  essendo  e 
manesca  ;  volto  il  paese  in  fozioni .  tra  esse  imperversando 
la  Francese  che  nel  superior  Piemonte,  avendo  a  capi 
un  Lodovico  Bollerò  ed  un  Antonio  Torresano,  rubando, 
bruciando,  uccidendo  correvan  il  paese,  e  re  Francesco 
che  accarezzato  aveva  il  Torresano  per  delitti  qui  com- 
messi, facevalo  squartare  per  delitti  commessi  in  Francia. 


So6 

Più  cauto  o  più  fortunato  il  Bollerò,    collocato    ora  dal 

Re  nella  sede  vescovile  di  Riez  in  Provenza  C*). 

Il  reduce  Emanuel  Filiberto  trovò  qui  valentissimi  i 
fedeli,  ma  pochi;  inditferenti  molti  per  un  Principe  che 
neppur  conoscevano,  né  mancavano  i  partigiani  di  Francia 
e  Spagna,  non  contando  la  turba  imbelle  ed  onesta,  buona 
soltanto  a  rimpiangere  i  tempi  passati  e  le  sventure  pre- 
senti; oltre  gli  antichi  Cattolici,  trovò  gli  agitantisi  Val- 
desi coi  nuovi  Ugonotti  adoprantisi  a  scinder  il  Piemonte 
in  mille  signorie  ovver  repubblichette  e  che  già  ne  facevan 
esperimento  in  Francia,  Trovovvi  feroci  ed  insanguinate 
le  fazioni  de'  Guelfi  e  Ghibellini  scomparse  altrove  ;  tro- 
vovvi gli  Stati  Generali,  che  immoti  rappresentanti  del 
passato,  giammai  capivano,  sempre  impacciavano  le  più 
necessarie  riforme  ;  e  dappertutto  sette ,  ozio ,  miseria  , 
ignoranza;  prostrato  il  forte  volere,  pigri  e  depressi  gli 
animi,  molto  il  valor  militai'e,  ma  troppo  sovente  ado- 
prato  contro  la  patria.  Ad  infonder  vita  in  quel  cadavere 
era  necessario  un  gran  Principe  che,  rettamente  vedendo, 
savio,  sollecito,  inesorabile  operasse,  e  gran  Principe  fu 
Emanuel  Filiberto. 

La  spertezza  nell  arti  di  Stato  e  lo  squisito  buon  senso 
dimostravangli  questa  gran  verità  :  la  sapienza  e  la  pra- 
tica sua  sovrastare  d'assai  alla  miseranda  indolenza,  alle 
miserande  passioni  de'  sudditi  ;  giusto  e  savio  essere  per 
ciò,  che  chi  gli  altri  vinceva  in  diritto,  forza  e  sapere, 
in  conoscenza  de'  tempi  e  del  paese,  forzasse  chi  loìjbe- 
diva  a  mutarsi  in  soldati  buoni  e  fedeli;  l'oziosa  borghesia 
ad  attender  all'arti  ed  agli  studi;  a  questi  ed  all'armi  la 
ringhiosa  nobiltà;  badassero  i  mercanti  all'industria,  alle 

(i^  Cronaca  del  Miolo,  Misceli,  di  St.  Italiana,  voi.  1,  pag.  189.  Gallia 
sacra  (1656),  voi.  Ili,  pag.  941;  Memorie  del  Borghese  di  /?(\o/i  ;  Misceli, 
cil.,  voi.  VI,  pag.  590. 


557 
terre  i  campagli uoli;  a  non  opporre  i  magistrati  la  morta 
lettera  della  le£:£ie  alle  sue  benevole  intenzioni  di  eman- 
cipar  le  plebi;  tutti  operassero  non  in  prò   delle  fazioni 
e  di  Spagna ,  Francia  o  Calvino ,    ma  in   prò    della  pa- 
tria. E  siccome  lo  Stato,  cosa  astratta  e  sfuggevole,  forza 
è  che  si  concreti  in  uno  od  in  parecchi  uomini,  egli,  pel 
diritto    della   nascita,    per   la   sua  rinomanza,    pel  lustro 
della   vittoria ,    per   l'operosità ,    per   la   sapienza ,  per  la 
sicura  intuizione  ne  pubblici  affari  esterni  ed  interni,  per 
tutte  le    qualità    insomma  che  sempre  sovrappongono  un 
grande  alla  turba  degli  esseri  inferiori  (e  vieppiù  quand  è 
moderato  in  ogni  cosa  da  umanità,  probità,  religione  che 
in  lui  erano  eccellenti)  egli,  come  già  Cesare,  come  poi 
Napoleone,   lo  Stato  personifìcollo  in  sé,  ma  senza  gra- 
var nessuno   e  riuscendo    ad   uno    de'  piii   bei  tipi  ideali 
del  Principe  assoluto,  quale  nel  suo  libro  effigiavalo  1  A- 
teniese  Senofonte;  e  certo  che  nessun  Sovrano  meglio  di 
lui  pose  in  atto  il  Coglie  intrare  de'  libri  sacri.  E  savia- 
mente fu  detto  che  la  peste  delle  rivoluzioni  qui  per  tanti 
secoli  non  attecchì   giammai,    grazie   all'assoluta   potestà 
del  Principe  giunta  ad  un  uso  moderato  della  medesima. 
La  ragione  dellopere  sue  csprimevala  con  celebri  detti: 
di  tanto  esseve  un  uomo  più  dell  aitilo ,  quante  pia  cose 
sa.  E  poi:  io  sono  ottimo  consigliere  a  me  stesso.  D'uno, 
che  di  lui  sparlava,  disse:  Iho  io  forse  beneficato?  Con 
unico  esempio  in  ogni  età  spregiò  egli  e  ributtò  la  tiranna 
ipocritamente  appellantesi   voce  ed  opinion   pubblica ,   la 
quale  da  pochi  audaci  è  imposta    sempre   alla  turba  dei 
non  pensanti  ;  era  dessa  nel  cinquecento  in  mano  di  scrit- 
tori  capitanati    da   Pietro  Aretino ,   com'  oggi  è  in  mano 
dei  giornalisti.  Per  figura,  proponevagli  il  Giovio  un  mer- 
cato di  lodi  e  di  danaro    e  rispondeva  il  Duca  bastargli 
l'attestato  della  coscienza  ,   cosicché  il  letterato  riponeva 


5)b8 

la  penna  doro.  Scrivevagli  Luca  (Contile  che  di  già  la 
cronica  di  P.  Serenità  è  coìidotia  a  suo  fine  ^0,  ma 
egli  pure  dev'esser  rimasto  inesaudito ,  più  non  avendo- 
sene novella  nell  Archivio  nostro  o  nelle  dilTiise  sue  let- 
tere: che  se  il  Duca  lo  avesse  regalato,  non  sarehher 
mancati  i  frequenti  ringraziamenti  sollecitatori  di  novelle 
generosità.  Allorator  di  Savoia  mandava  Bernardo  Tasso 
che:  S.  Altezza  e  nel  mio  poema  e  nelle  mie  istorie  vedrà 
pili  distesamente  hi  mia  affezione  e  l  suo  merito  (-)  ;  ma 
le  storie,  seppure  scritte,  rimasero  inedite,  e  nel  canto  C 
dell'Amadigi  è  mentovato  si  Emanuel  Filiberto,  ma  di 
volo  e  senza  gli  elogi  profusi  nel  canto  XLVII  ad  altri 
ottimati  che  di  lui  troppo  cran  minori.  E  questo  pure  è. 
indizio  che  alla  servile  svisceratezza  del  poeta  fu  risposto 
col  silenzio  o  colla  ripulsa,  benché  dicesse  il  Tasso  che': 
non  è  Piincipe  die  piìc  mi  paia  degno  d'osservanza , 
ne  che  pia  desiderassi  di  servir,  di  S.  Altezza.  Cosi 
portavasi  Emanuel  Filiberto  coi  venderecci  distributori 
della  fama.  Più  che  ad  altra  cosa  badò  allarmi  ed  alle 
fortezze,  senza  le  quali  non  v  è  Stato  né  Principe,  ed  a 
procacciarsi  capaci  ufficiali  ed  ingegneri.  Vide  che  ninna 
fede  poteva  riporsi  in  Francia  ,  Spagna  ed  Impero ,  po- 
tendo sì  dagli  Svizzeri  aver  ottimi  soldati,  ma  d'ufficiali 
nessuno.  Vide  come  gli  ufficiali  di  Lomìjardia  e  regno  di 
Napoli  sarebbero  stati  sempre  devoti  a  Spagna  ,  e  forse 
anche  più  quelli  di  Toscana,  e  da  quelle  provincie  ninno 
cerconne,  tolto  pochi  di  Milano.  Notando  j^oi  qualche  spi- 
rito d'independenza  a  Venezia  ed  anche  più  a  Roma, 
(love  molti  ed  armigeri  erano  i  Baroni,  antica  la  coltura, 
pensò  che  quanto  il  Piemonte  non  poteva  ancor  dargli 
in   numcio  di  soldati  ed  in  ufficiali  autorevoli   ed   istruUi 

(1'  Di  Pavia,  5  marzo  156.1  >'eil'.\ichivio  di  Stalo. 

(■2    La  lettera  del  Tasso  e  la  188  do!  voi.  Il,  ed  è  del  t5C0. 


559 
da  quei  paesi  avrebbel' avuto.  Per  l'amicizia,  intatti,  del 
Senato  e  del  Pontefice  non  trovò  ostacolo  a  che  tratte- 
nesse alle  case  loro,  con  pensioni,  nove  colonnelli  Italiani, 
i  quali  ali  occasione,  col  credito  e  le  aderenze,  lo  for- 
nissero di  truppe  de'  lor  paesi  X. 

Fra  que  capi  militari  ebbe  il  ^eronese  Conte  di  S.  Bo- 
nifacio, i  \  icentini  Piovena  e  Thiene,  i  Bresciani  Mar- 
linengo  di  Malpaga  e  di  ^  illachiara  col  capitan  Demetrio 
Albanese,  dal  quale  presso  noi  nasceva  il  celebre  Giorgio 
Basta  %2).  Dallo  Stato  Ecclesiastico  a  lui  vennero  Onofrio 
Muti,  il  Gastrocaro,  Brunoro  Zampeschi  signor  di  For- 
limpopoli,  il  Perugino  Tosti,  il  Marchigiano  Simonetti 
con  Giacomo  e  Livio  Fontini  ;  da  Città  di  Castello  un 
Guerini  con  due  Vitelli  Alessandro  e  Ferrante,  di  cui 
diremo;  da  Orvieto  Ascanio  e  ^ittozzo  ^  ittozzi.  Man- 
dògU  il  Duca  di  Ferrara  il  capitano  x4ristotile,  quello 
d'Urbino  gl'ingegneri  Francesco  ed  Orazio  Pacciotti,  ed 
un  Bonarelli  Della  Rovere ,  essendo  questi  due  ducati 
feudi  della  Chiesa.  Parma  e  Modena  che  (strette  tra  To- 
scana ,  Genova  e  Lombardia ,  guardavan  favorevoli  alla 
paiate  che  queste  avversasse),  diedergli  il  capitan  Levo 
ordinator  della  sua  milizia  paesana;  Alfonso  e  Filippo 
dEste.  Enea  Pio  di  Sassuolo,  Alessandro  Ranejone  ed 
altri. 

Giovanissimo  era  il  Vitelli  nellanno  i56^.  ma  di  sve- 
gliato ingegno  essendo,  già  atteso  aveva  alla  teorica  delle 
fortificazioni  e  bramava  di  trovarsi  tra  l'armi.  Emanuel 
Filiberto  che ,  difendendo  il  Re  di  Francia  contro  gli 
Ugonotti,  difendeva  se  stesso,  mandògli  in  quell'anno 
un  soccorso  di  3ooo  fanti  e  i-^oo  cavalli,  che  comandati 
da  Alfonso  d  Este  e  guidati  dal  fiore  della  nobiltà  Italiana 

(1)  Morosiiii,  Relazione  di  Savoia  (15'0\ 

;5'  Riparlo  del  Rasta  nell'articolo  del  (Jhislicri  al  N."  LIX. 


560 

e  Piemontese  valeiilemenle  si  portarono  alla  battaglia  di 
S.  Dionigi ,  fra  que'  capitani  essendovi  Ferrante  Vitelli 
con  Alessandro  fratello  suo  (•).  Penso  pure  che  a  Torino 
il  giovane  offerto  abbia  allora  al  Duca  il  suo  trattato  di 
fortificazione^  come  quello  che  stat'era  disteso  poco  prima; 
ma  di  ciò  sarà  discorso  nella  bibliografìa. 

Già  notammo  la  savia  politica  di  Emanuel  Filiberto 
nel  provvedersi  di  eventuali  aiuti  tra  i  Baroni  Veneti  e 
Romani,  traendo  in  sua  clientela  i  bellicosi  gentiluomini 
di  quelle  provincie.  Fra  essi,  per  antica  profession  di 
guerrieri,  erano  segnalati  i  ^  itelli ,  a  capo  allora  essen- 
done Chiappino  illustre  generale  al  soldo  di  Spagna  e 
commilitone  di  Emanuel  Filiberto,  che  forse  per  mezzo 
suo  era  anche  amico  dei  figli  di  Camillo  \  itelli  Monsi- 
signor  Giulio,  Alessandro  Maria  già  mentovato,  Iacopo 
e  Vincenzo,  che  di  Ferrante  eran  fratelli.  Alla  loro  parte 
aderivano  i  gentiluomini  dell'Umbria,  cioè  infine  a  quella 
del  Duca,  che  con  molti  favori  erasi  vincolato  i  Vitelli; 
tale  quello  che  al  giovane  Ferrante  faceva  il  Principe 
in  quell'anno  stesso  ,  ponendolo  colonnello  di  tremila 
fanti  Italiani ,  quali  sarebbersi  levati  nell'Umbria.  Ecco 
la  patente: 

«  Em.  Filiberto  ecc.  Havendo  noi  non  molto  tempo 
»  fa  provisto  et  stabilito  per  la  conservatione  de'  nostri 
n   stati  una  militia  ordinaria  paesana  la  quale  habbia  ad 

(1)  Cambiano,  col.  1166;  Guichenon,  p.  688;  Pingone  (1577),  p.  87; 
Tosi,  f^ita  Em.  Phil.  (1596),  p.  165.  Dice  questi  a  p.  165  che  il  Duca 
alle  truppe  preponeva  i  forti,  qualunque  ne  fosse  la  nascita,  ma:  quod  si 
quis  esset  magno  loco  natus ,  idemqiie  bellica  virtute  et  animi  rohore  ma- 
gnitudineque  insignis:  hunc  dignissimuin  censehat  cui  praefecturas  de  ferrei, 
quemque  ad  omnem  mitilarrm  ìionorem  evocarci.  Poi,  a  p.  171,  dice  che 
gli  squadroni  eran  sotto  dodici  gentiluomini,  tra  essi  ponendo  Ferdinandum 
Fitellium.  Tanto  racconta  pure  il  Borghese  di  Rivoli  nello  sue  Memorie 
all'anno  1567. 


561 

11)  esser  presta  et  apparecchiata  sempre  che  si  presentare 

»  Toccasione:    oltre    la    quale    parendoci    bene    di  haver 

»  qualche  numero  d'infanteria  Italiana  a  noi  non  suddita 

»  et  a  tal  effetto  sia  necessario   di  deputar  alquanti  co- 

»  lonnelli  et  officiali.   Informati    del   valore,    sufficienza, 

n  vigilanza,  isperienza,    che  havete   nell'arte   militare  et 

n  altre    honorate   parti  sì  dell  animo  come  della  persona 

»  che  concorreno  in  voi  111/^  S.  Ferrante  Vitelli  giunta 

»  insieme   rafTettione   che    mostraste    sempre    al   servitio 

»  nostro  et  il  singoiar    amore   che   ci  porta  Mons.   111."'° 

))  et  R."'°  Vitelli  Camerlengo  di  N.  S/^  a  contemplatione 

»  del  quale  e  è   parso    elleggervi ,    crearvi  et  deputarvi , 

»  come  per  le  presenti  vi  elegiamo  creamo  et  deputiamo 

»  Colonnello   nostro   de  f  fanti   di  gente   Italiana  co'  gli 

»  honori,  privileggi,  prerogative,  comodità  etc. 
^  »   Chiambery  8  ottobre    156"^   ^^    ». 

Introduttor  di  Ferrante  presso  il  Duca  di  Savoia  fu 
dunque  M.""^  Vitellozzo ,  ch'ebbesi  il  Camerlengato  nel 
i568,  giusta  ilLitta,  che  in  tutto  questo  ramo  dei  Vi- 
telli e  assai  confuso.  Aggiimgo  che  il  motivo  della  spedi- 
zion  di  Francia,  nella  quale  militò  Ferrante,  è  espresso 
in  lettera  del  Duca  ad  Alfonso  d'Este  (24  gennaio  i568), 
ov'è  detto  che  da  quella  spedizione  «  oltre  la  siciu'ezza, 
))  che  lo  stato  mio  ne  può  sentire,  sarà  importantissimo 
»  servitio  al  Re.  di  conservargli  il  Delfìnato,  che  ne  ha 
»  grandissimo  bisogno  )i .  Dicegli  ancora  che  trattenga  il 
Villachiara  sino  all'arrivo  di  Ferrante,  ch'era  allora  a 
Torino. 

Gli  anni  che  avvicinano  il  iS-yo  deve  averli  passati  il 
Vitelli  in  minori  incarichi  di  fortificazioni,  in  dipendenza 

(l)  Archivi  di  Slato  in  Torino.  Carichi  militari,  Mazzo  10. 

36 


1)62 

dai  due  Pacciotli,  la  poca  età  non  rendendolo  opportuno 
ad  opere  maggiori  e  volenti  una  segnalata  pratica  e  pru- 
denza. Il  Duca  però,  che  lo  amava,  gli  crebbe  gli  onori 
e  la  condotta  colla  patente  che  segue. 

«  Eni.  Filiberto  ecc.  Considerando  noi  esser  necessario 
y)  per  conservar  li  stati  nostri  in  pace  et  tranquillità,  et 
»  difenderli  da  ogni  invasione,  che  oltre  lo  stabilimento 
»  de  la  militia  nostra  paesana  habbiamo  aiuti  forestieri 
«  delli  quali  si  possiamo  valer  et  servire  nele  occasioni 
»  et  bisogni  che  potrebbono  sopravvenire ,  et  conoscendo 
))  il  valore  prudenza  et  altre  honorate  et  degne  qualità 
»  deirill."^^  Sig.''  Ferrante  Vitelli  et  visto  il  saggio  che  ha 
))  dato  di  sé  nel  carico  che  hebbe  da  noi  di  Cavalleria  in 
))  Francia  gli  anni  passati,  giunto  a  questo  l'amorevolezza 
»  et  affettione  particolare  ch'egli  ha  sempre  dimostrato 
»  verso  di  noi  c'è  parso  ritenerlo,  costituirlo  et  dej)u- 
•»  tarlo  SI  come  per  le  presenti  lo  ritegniamo,  costituiamo 
»  et  deputiamo  per  Gentilhuomo  ordinario  di  nostra  Ca- 
))  mera  Gonsigliero  di  Guerra  et  Colonnello  di  tre  milla 
»  fanti  et  trecento  cavalli  Italiani,  i  quali  havrà  da  con- 
»  durci  offrendosi  l'occasione  con  l'autorità,  preminenze, 
»  et  prerogative  commodità  immunità  diritti  et  carichi 
))  che  a  tal  grado  aspettano  et  convengono  et  che  hono- 
»  rano  gli  altri  simili  gentilhuomini  di  Camera  consiglieri 
-»  di  guerra  et  Colonnelli;  et  con  le  provvisioni  a  parte 
»  stabilite  a  nostro  beneplacito  con  che  egli  farà  il  de- 
»   bito  giuramento.  Pertanto  ecc. 

»    Dato  in  Turino   i8  marzo   iSGq  ■^O  ». 

Il  primo  luogo  stato  fortificato  giusta  i  suoi  disegni  fu 

(1)  Ricavata,  come  (fuasi  tutte  le  altre,  dalle  minute  di  Emanuel  Filiberto 
negli  Archivi  di  Stato. 


563 
Villanuova  d'Asti ,  terra  famosa  per  assedi  e  difese  nella 
guerra  ultima.  Con  lettera  delli  5  giugno  15^2  informa 
egli  il  Duca  delle  avvertenze  avutevi  e  singolarmente 
delle  traverse  ad  impedir  che  l'acqua  non  fosse  cavata 
dal  fosso.  Quattro  giorni  dopo  e  da  Possano  scriveva 
Paride  Provana  al  Principe  ne' seguenti  termini:  «  L'il- 
»  lustre  Signor  Ferrante  ^  itelli  giunse  qui  venerdì  pas- 
»  sato,  ove  col  picciol  Ponsello  hanno  fatto  grandi  e 
rt  varii  discorsi  sopra  questo  luoco,  infine  tolto  la  pianta, 
»   si  partirono  domenica  per  il  Mondo  vi  ». 

E  poiché  cade  il  discorso  di  questa  città ,  dirò  che 
partivasi  allora  Mondovl  in  contrarie  sette  serbanti  i  vieti 
nomi  di  Guelfi  e  Ghibellini,  capitanate  dai  Faussoni  e 
dai  Vivalda  e  senza  posa  trascorrenti  a  tumulti,  sedizioni 
ed  omicidi  (0;  Guelfi  chiamandosi  i  partigiani  di  Francia, 
Ghibellini  quelli  dell'Impero.  Vedeva  il  Duca  come  al 
prevalere  duna  fazione  sarebbe  seguita  la  rivolta  della 
terra  aiie volata  dai  non  lontani  Valdesi  consenzienti  cogli 
Ugonotti  di  Francia  e  Piemonte  (^),  e  per  assicurarsi  dai 
settarii  d'oltralpi  e  di  Calvino  stabili  di  fortificar  la  città 
ed  imporvi  una  cittadella,  addossando  ogni  cosa  al  Vitelli, 
come  da  lettera  io  giugno  15-^2  del  governatore:  «  Il 
))  Sig.  Ferrante  Vitelli,  secondo  me  fece  scrivere  V.  A., 
»  ha  visitato  et  misurato  il  giro  di  questa  città ,  cosi 
))  ancora  il  disegno  d'una  cittadella ,  come  meglio  da  esso 
))   ne  sarà  ragguagliato  ecc.  «. 

Copioso  è  il  carteggio  del  Vitelli  con  Emanuel  Filiberto 
circa  le  opere  del  Mondovi  e  circa  le  opposizioni  fattevi 

(1)  Nana  il  Boldù,  nel  1564,  che  a  Mondovi  due  mila  uomini  delle  or- 
dinanze paesane  furono  per  tagliarsi  a  pezzi  per  le  fazioni  Guelfa  e  Ghi- 
bellina. 

(2)  Dal  Memoriale  di  G.  A.  Saluzzo  ricaviamo  che  gli  Ugonotti  eran  qui 
detti  Bigarrati  (Bigarrcs).  La  lettera  di  presentazione  del  Vitelli  al  gover- 
natore di  Mondovi  è  delli  4  giugno  15'72. 


564 

dai  faziosi  e  poi  dal  Vescovo  e  dal  Nunzio  per  la  demolita 
chiesa  di  S.  Domenico.  A  quest'ultimi  metteva  innanzi 
il  Principe  farsi  que' baluardi  contro  le  mosse  degli  ere- 
tici (0;  degli  altri,  chiamati  i  Gappellazzi  e  uomini  di 
con^ucci  e  di  sangue,  scriveva  Tingegnere  al  Duca:  «  Io 
»  non  son  dottore,  ma  son  ben  di  parere  che  si  castighi 
))  gli  autori  del  rumor  successo  ,  con  li  lor  seguaci ,  e 
■)•>  per  lo  avvenire  ,  che  detti  autori  di  tumulto,  si  cac- 
»  cino  di  qui  et  li  lor  padri  si  rileghino  con  grosse  si- 
))  gurtà,  et  ai  cagnotti  si  levi  l'arme  per  levar  l'occasione 
^  delle  pratiche  e  i  seguiti ,  poiché  questi  non  sono  né 
»  casa  Colonna  né  casa  Ursina,  et  io  vedo  queste  lor 
»  passioni  esser  tanto  incarnate,  ch'io  non  mi  assicurerei 
»  che  qualcheduna  delle  parti  per  ruinarse  l'una  e  l'altra 
»  in  qualche  occasion  di  guerra  (non  fossero)  per  venir  a 
»  qualche  lor  disegno,  né  facessero  cosa  molto  in  desser- 
))  vitio  di  V.  A.  ».  In  altra  consiglia  il  Duca  a  sospender 
In  clemenza  e  severamente  punir  i  cagnotti  o  bravi  a  ser- 
vizio de'  capi  e  delle  parti  di  quella  città.  Dice  in  altra  di 
essere  andato  a  Cuneo  chiamatovi  dal  governatore  temente 
degli  eretici  delle  valli,  concordando  queste  parole  con 
quelle  dell'ambasciator  di  Venezia  Morosini  (2)  e  con  questa 
lettera  che  al  Vitelli  scriveva  Emanuel  Filil^erto  il  i .°  set- 
tembre iS^S:  ((  Desidero  che  venendo  V.  S.  passi  a  Cuneo 
))  et  quivi  lasci  le  memorie  di  quanto  sarà  piii  necessario 
»  fare  in  quella  reparalione,  che  poi  manderemo  il  danaro, 
))  et  intanto  scrivo  al  governatore  et  alla  comunità  per  far 
»  un  poco  di  miglior  guardia  a  le  porte  della  città  (^)  ». 

(1)  L'abate  di  S.  Solutore  manda  al  Duca  (di  Roma,  18  luglio  157.T) 
essere  il  Papa  informato  che  le  opere  del  Mondovi  furon  fatte  per  anti- 
venir gli  eretici,  ma  spiacergli  il  non  consentito  guasto  delle  chiese. 

(-2)  Relazione  di  Savoia  (IS'yO).  Dice  che  a  Cuneo  ha  ora  il  Duca  fatta  la 
cittadella  a  freno  degli  eretici. 

(3)  Alia  cittadella  di  Cuneo  già  aveva  lavorato  Francesco  PaccioUo 
nel  156G,  coiuc  dal  suo  giornale  nella  rUa  del  PaccioUo  (t863}.  pag.  40  e  82. 


565 
In  lettela  autografa  di  Ferrante  e  delli  2  noveniJjre 
t5'j3  trovo  che  alla  cittadella  di  Cuneo  egli  attendeva 
personalmente;  e  sin  dalli  io  giugno  iS-ja  mandato  aveva 
al  Duca,  che  a  Possano,  a  Cuneo  e  al  Mondovl  «  come 
»  hanno  intesa  la  buona  volontà  di  V.  A.,  che  tutto  si 
»  fa  per  quiete  et  sicurezza  loro ,  si  offeriscono  servir 
»  tutti,  e  di  guastadori  e  soldati,  come  a  V.  A.  parerà 
»  comandai  li;  disegniano  comandar  le  comuni  del  loro 
»  finaggio  et  loro  medesimi  servir  le  piazze  ;  si  ridurranno 
»  molto  bene,  et  è  necessario  tenerle  sì  perchè  la  qua- 
»  lità  loro  lo  ricerca,  come  perchè  altri  più  potente  a 
»  spendere  che  V.  A.  non  se  ne  servisse  ;  Taltre  piccole 
»  smantellarle,  perchè  alcune  ch'io  ne  ho  viste,  sono  in 
»    termine  da  far  molto  danno  et  de  ninno  servitio  ». 

Così,  la  pratica  fomentata  dalla  presenza  loro  alle  grandi 
guerre  dimostrava  al  Duca  ed  al  Vitelli  la  verità  di  quell  as- 
sioma, allor  nuovissimo  nella  scienza  militare,  non  do- 
versi sperperai'  le  forze  in  molti  e  deboli  fortilizi,  ma  sì 
riunirle  in  eserciti  ed  in  grandi  piazze.  Così,  delle  tante 
e  tutte  piccole  fortezze  di  Toscana,  nessuna  era  finita, 
mancandovi  sempre  terrapieno  o  muro  o  fosso,  e  sovente 
non  essendovi  che  la  vecchia  muraglia,  come  a  Firenze 
gii  riputata  fortissima  (''. 

Il  molto  affetto  che  al  Vitelli  portava  Emanuel  Filiberto 
per  la  valentìa  e  prontezza  sua  nel  servirlo  ,  unito  alla 
brama  di  cattivarsi  un  uomo  che,  spettando  a  casato  prin- 
cipesco, traeva  seco  gran  parte  dell'Umbria  sua,  induce- 
vaio  a  giovargli  eziandio  nelle  cose  private.  Scriveva  perciò 
a  Roma  al  Cardinal  di  Vercelli  Guido  Ferrerò  come:  u  Le 
)>  qualità  del  Signor  Ferrante  Vitelli  assai  noto  a  V,  S.  111."^ 
»  et  li  meriti  suoi  verso  di  me  non  volgari  ricercano  ch'io 
»    habbia  le  cose  sue  in  non  volgar  prolettione,  per  questo 

J]  Friuli,  Relazione  di  Firenze  (I56G\  pag.  GÌ. 


566 

»  voglio  particolaruienle  raccouiiUKlurle  a  V.  S.  III.'"'  come 
))  ad  un  mezzo  particolare  accomodatissimo  et  per  volunta 
»  et  per  autorità  a  conseguir  il  voto.  Esso  Sig.  Ferrante 
»  convenne  col  Papa  defunto  (Pio  IV)  di  santa  memoria 
))  di  pagare  -  scuti  de' quali  ne  resta  a  pagar  mille,  et 
»  di  più  far  a  lui  levar  d'ordine  di  S.  S.  quattro  pezze 
»  d'artegliaria  già  fatte  dal  tempo  di  Pio  4-°  che  lo  com- 
»  portò,  né  vi  corse  prohihitione  come  che  a  simili  case 
»  di  feudatarii  sia  stato  comportato.  Impertanto  attesa  la 
))  gravità  della  detta  compositione,  desidero  ottenere  da 
»  N.  S.  in  grazia  di  detto  Signor  Ferrante  che  se  gli 
»  rimettano  detti  mille  scuti  restanti  et  si  restituisca  l'ar- 
»  tiglieria  da  poterla  vender,  o  si  paghi  il  valore  se  S.  S. 
1)  la  voi  per  suo  servitio,  o  si  rompi  et  dia  il  metallo, 
»  in  modo  che  si  conosca  qualmente  mia  intercessione 
»  essere  stata  fructuosa.  Preso  V.  S.  III.*"*  farmi  Tufficio 
»  con  la  S.'^  S.  con  l'amorevolezza  che  io  confido. 
»   Turino    i8  eiugiio    i572. 

»   Il  duca  di  Savoia  ». 

Un  anno  e  mezzo  dopo ,  mandato  era  dal  Duca  ad 
Ottavio  Farnese  esso  pure  cercante. di  ec[uilibrarsi  tra 
Francia  e  Spagna.  L'ufficio,  intitolato  Instruttione  al 
Sig.  Ferrante  Vitelli  per  Parma  e  dato  li  io  dicembre 
i5y3,  non  contiene  in  apparenza  che  profferte  di  devo- 
zione nella  nascita  di  un  Principe;  ma  chiudendosi  colle 
parole  :  Confido  che  v  ingegnerete  di  soddisfare  come 
consapevole  del  tutto,  son  indotto  a  credere  che  l'am- 
basciata non  si  aggirasse  soltanto  su  complimenti.  Scri- 
vevagli  poi  ancora  alli  9  agosto  iS^S:  «  Ho  havuto  a 
»  caro  che  la  cittadella  (del  Mondavi)  sia  in  buon  ter- 
»   mine,    et   che    li   baloardi    restino   finiti    a   suo   segno. 


567 
»  Quanto  a  quelli  della  cittìÀ  sarà  hene  che  mandino, 
»  come  V.  S.  dice,  persone  a  fare  grinstromenti  et  cose 
»  necessarie  ».  Poi,  qualche  giorno  dopo:  «  Desidero 
»  che  venendo  V.  S.  passi  a  Cuneo  et  quivi  lassi  le 
))  memorie  di  quanto  sarà  più  necessario  fare  in  quella 
»    riparatura  ». 

Trovavasi  in  fin  dell'anno  a  Borgo  in  Bressa,  la  quale, 
cominciata  a  fortificare  da  Francesco  Pacciotto  ed  inoltrata 
poi  dal  fratello  Orazio,  era  ancor  lungi  dal  compimento, 
non  essendone  Topere  ancor  murate  (0.  In  una  sua  al 
Duca  (i8  gennaio  1574)  parla  infatti  Ferrante  di  fornaci, 
calcina  e  mattoni  in  tanta  quantità  da  far  otto  mila  tese 
di  murata.  Sul  principio  dell'anno  seguente  e  stando  egli 
tuttora  in  Savoia,  vieppiiì  graditi  essendone  i  servigi  ad 
Emanuel  Filiberto,  fu  posto  al  grado  primario  della  milizia 
attiva  e,  colla  patente  qui  riferita,  nominato  Mastro  di 
campo  generale  di  tutte  le  truppe  ducali.  «  Emmanuele 
»  Fihberto  ecc.  Havendo  noi  sì  per  servicio  di  Dio  come 
»  per  conservacione  de' nostri  Stati  nuovamente  stabilito 
»  la  sacra  nostra  Religione  de'  Santi  Mauritio  et  Lazaro , 
»  oltre  la  nostra  militia  paesana  et  forestiera  tanto  di 
»  soldati  da  piedi  che  da  cavallo,  che  prima  vi  era  intro- 
»  dotta;  onde  sia  necessario  di  prò  vedere  de  un  maestro 
»  di  campo  generale  si  delli  cavaglieri  et  soldati  di  detta 
»  Religione  come  delle  sudette  militie  paesana  et  fore- 
))  stiera  et  di  tutte  le  genti  di  guerra  da  piedi  et  da  cavallo 
))  le  quali  abbiamo,  et  che  occorrendo  il  bisogno  venes- 
»  simo  ad  bavere  in  detti  nostri  stati.  Et  essendo  in- 
»  formati  del  valore  et  delle  altre  degne  et  onorate 
»  qualità  che  concorrono  nella  persona  dell'Ili."'  Sig. 
»   Ferrante  Vitelli  sopra  intendente  generale  delle  nostre 

(1)  Morosini,  Relazione  di  Savoia  (1570). 


568 

»  fortezze,  et  dell'isperienza  et  molta    sufficienza  eh  egli 

))  ha  in  simile  professione,  l'habbiamo  costituito  et  tle- 

))  putato  ....  per  nostro    mastro   di  campo  generale  di 

))  detti  cavaglieri  et  soldati   della    predetta    Religione  di 

»  Santi  Mauritio  et  Lazaro  et  delle   genti  di  guerra  da 

»  piedi  et  da   cavallo    delle    sudette    militie   paesana   et 

»  forestiera  che  abbiamo  et  ci  occorrerà  liavere  in  qua- 

))  lunque  tempo  nelU  stati  nostri:  con  gli  honori  ..... 

»  Mandiamo  perciò  et  commandiamo    a   tutti   nostri  mi- 

»  nistri ,  officiali  ecc.  ...   tengano,  istimino   et  reputino 

))  il  detto  Signor  Ferrante  Vitelli  per   nostro    mastro  di 

»  campo  generale  ....  Che  tale  è  nostra  mente. 
((  Dato  in  Turino  alli  4  marzo   i5'y4   »• 

Richiedeva  il  nuovo  grado  che  fosse  diramata  una 
generica  istruzione  ai  subordinati  circa  le  eventualità  di 
molta  rilevanza  che  potevan  capitare  frammezzo  a  tante 
armi,  tante  trame,  tanti  maneggi.  Sottometteva  perciò, 
alli  8  luglio  i5'j/\,  alla  disamina  ed  approvazione  del 
Duca  un  Memoriale  per  le  cose  di  Borgo  distinto  in 
nove  capitoli  e  coininciante  colle  parole:  u  Et  prima, 
))  che  continuando  li  sospetti  che  il  Principe  di  Condé 
»  o  altre  forze  siano  per  passare  in  quelle  parte,  S.  A. 
))  sia  servita  farmi  dar  particolar  instruttione  di  quello 
»  che  io  ho  da  fare,  poiché  per  li  ufficii  che  ho  molle 
»  cose  mi  ci  potranno  attribuire  appresso  al  mondo, 
))  alle  quali  io  non  son  per  metter  mano  senza  parti- 
»  cular  instructione  e  ordine  di  S.  A. ,  e  d'altra  parte 
»  puotria  pregiudicare  al  honor  mio  et  servitio  suo  » . 
Codesto  Memoriale ,  per  la  importanza  delle  materie 
militari  e  civili  e  pel  modo  col  quale  vi  son  trattate , 
dà  ottima  idea  dello  squisito  buon  senso  e  delTacume 
del   Vitelli,   e   noteronne    soltanto    il    terzo    capo:    «  Se 


569 
»  io  debba  manilar  spie  in  Lorena  dove  ho  molti  amici 
»  e  nel  istesso  esercito  del  Prencipe  di  Condé ,  e  a 
»  Geneva ,  e  in  altri  luoghi  dove  può  occorrere  il  bi- 
«  sogno  per  servicio  di  S.  A.,  et  quelle  far  pagar  e  in 
))  che  modo  ».  Seguono,  per  ogni  capo,  le  savie  ri- 
sposte del  Duca  ,  delle  quali  riporto  quella  sola  segnata 
al  N.°  3  :  «  Sarà  bene  mandare  alcune  spie  tanto  in  Lo- 
»  rena  quanto  nell  essercito,  le  quali  potrà  far  pagare  delli 
»  dinari  della  fabbrica  havendo  risguardo  a  non  far  in  ciò 
»   spesa  salvo  utile  et  necessaria^  come  così  S.  A,  confida  ». 

Accadde  poi  nell'anno  iS-yS  che  il  Vicentino  Guido 
Piovene  dal  governo  della  piazza  di  Savigliano  passasse 
a  quello  della  cittadella  di  Torino  ('  .  e  che  in  vece  sua 
fosse  fatto  governator  di  Savigliano  il  Vitelli  ^-^  ;  il  qual 
posto  (non  privo  sicuramente  di  lucri  incerti)  fruttava 
il  tenue  soldo  di  lire  Piemontesi  877,  10  Ó^X  Cosi  pure, 
ad  un  colonnellato  dei  Piemonte  rinunciato  dal  Piovene 
in  quell  anno,  venne  surrogato  il  VitelH,  come  da  questa 
patente  :  «  Eni.  Filiberto  ecc.  Havendo  il  Govern.'^^  Pio- 
»  vena  rimesso  nele  nostre  mani  la  Colonnelia  de  nostra 
»  militia  paesana  del  nostro  Marchesato  di  Ceva  per 
»  liaverlo  noi  destinato  qui  ad  altra  carica,  et  perciò 
»  convenendo  provedere  di  un  Colonnello  a  detta  Co- 
»  lonnelia  ,  che  sia  persona  da  bene ,  fedele ,  vigilante , 
»  esperta  et  prattica  nelle  cose  di  guerra ,  che  possa 
»  attendere  alla  cura  et  reggimento  di  essa ,  et  cono- 
»  scendo  di  lunga  mano  per  prova  le  suddette  et  altre 
»  honorate  qualità  concorrere  nella  persona  dell'Ili.'^  S.' 
»   Ferrante  Vitelli  sopraintendente  generale  delle   nostre 

(1)  Pingone,  yiug.  Taurinorum ,  pag.  91. 

(2)  Novelli,  Storia  di  Savigliano  (1844',  pag.  152. 

(3)  Ricotti,  nia  di  Em.  Filiberto  (186r,  voi.  11,  pag.  511. 


570 

»  fortificationi  et  fablDriche  et  Mastro  de  campo  generale 
))  della  nostra  militia  et  gente  da  guerra  sì  a  piedi  che 
»  a  cavallo  ;  et  con  quanta  fedeltà  et  affettione  egli  ci 
»  ha  servito  ne'  detti  carichi  con  molta  nostra  sodisfat- 
»  lione  ;  onde  cene  promettiamo  all'avvenire  ogni  nota- 
»  bile  servitio  ;  aggiungendosi  a  questo  il  saggio  che  ha 
»  dato  della  sua  prudenza ,  valor  et  sufficienza  :  Ci  è 
»  parso  costituirlo  et  deputarlo  ....  per  nostro  Consi- 
»  gliere  di  guerra  et  Colonnello  de  nostra  militia  pae- 
»  sana  del  Marchesato  di  Ceva  con  tutta  l'autorità  ecc. 
»  Dato  in  Torino  alli  sedici  di  Giugno.  M.  D.  settanta- 
»   cinque  »   C^). 

Vengo  ora  all'ultima  delle  grandi  opere  affidate  al  Vitelli 
e  della  quale  narra  il  ^^eneziano  storico  contemporaneo 
Natale  Conti  come  nel  iS-yS  il  Senato  «  diede  il  carico 
»  a  Ferrante  Vitelli  valentissimo  ingegnerò  di  fabbricar 
»  un  forte  importante  per  la  difesa  di  Gorfiì;  il  quale 
»  togliesse  dentro  tutti  i  borghi  :  dove  anco  furono 
»  rifatte  et  aggiunte  certe  cose  alla  fortezza  vecchia. 
»  In  somma  condussero  l'isola  a  segno,  ch'ella  pareva 
»  quasi  inespugnabile  da  forze  humane  (-)  ».  Ma  allora 
si  saranno  iniziate  le  trattative,  l'andata  del  Vitelli  stata 
essendo  dell'anno  seguente. 

Usava  allora  che  tra  Principi  amici  e  per  opere  im- 
portanti si  chiedessero  in  prestanza  i  più  celebrati  inge- 
gneri, e  ciò  co'  modi  stessi  coi  quali  negoziavansi  gli 
affari  di  Stato  ;  così  Emanuel  Filiberto  diede  a  Filippo  II 
Francesco  Pacciotto,  poi  dal  Duca  d'Urbino  ebbe  Orazio 
di  egual  nome,  e  l'Orologi  da  Venezia.  Saranno  allor 
seguite  le  solite  negoziazioni,  ma  la  ducal  licenza  non 
ebbela  il  Vitelli  che  a  mezzo  Tanno    i5'y6  e  dessa,  con 

(1)  Archivi  di  Stato.  Carichi  militari. 

(2)  /Ustorie  de'  suoi  tewpi  (1589;.  Parte  li,  pag.  23-i. 


•)7I 
altre  lettere  riferentisi  alla  sua  gita ,  fu  recentemente 
messa  in  luce  dall'Avvocato  Nicolò  Barozzi.  Scrivendo  al 
Doge  Alvise  Mocenigo,  dice  il  Duca  :  «  Il  desiderio  che  ho 
n  di  servire  a  Vostra  Serenità  ed  a  cotesta  Ser.  Signoria 
»  (ancorché  con  molto  mio  incommodo)  mi  comanda 
»  di  licenziare  l' illustrissimo  Sig.  Ferrante  Vitelli,  so- 
»  praintendente  generale  delle  mie  fortezze ,  per  il  tempo 
»  di  sei  mesi,  nel  quale  egli  potrà  visitare  quelle  for- 
))  tezze  che  alla  Serenità  Vostra  piacerà  e  dare  i  ricordi 
y>  che  gli  parranno  necessari.  Così  se  ne  viene  ispedito 
»  per  soddisfare  a  Lei  ed  a  me,  stimando  ogni  servizio 
r>  di  quella  per  mio  proprio.  La  prego  però  che  passato 
n  detto  tempo  si  contenti  ch'egli  se  ne  ritorni  al  mio 
»  servizio,  avendo  lui  molti  uffici  da  me.  Del  che  assi- 
»  curandomi  faccio  fine,  con  pregar  Nostro  Signore  che 
»  felicissimo  la  conservi.  Torino  i.°  lu2;lio  iStG.  E.  Phi- 
»   libert  ^0  ». 

Non  so  se  la  ducal  licenza  abbiala  Ferrante  avuta  in 
Piemonte  o  fuori  Stato,  ma  ad  ogni  modo  la  spedizione 
di  essa  era  cosa  accertata,  poiché  sin  dal  marzo  di 
quell'anno  stesso  trovavasi  egli  in  Roma ,  probabilmente, 
per  definire  le  ultime  contestazioni  circa  il  feudo  di 
Montone,  che  eragli  stato  surrepito  dai  cugini  Marchesi 
di  Cetona,  sinché  Pio  V,  per  toglier  alimento  a  sì  lunghe 
liti,  lo  ebbe  incamerato.  E  convien  dire  che  il  ritorno, 
almeno  titolare,  nella  signoria  dell'avito  castello  abbiala 
avuta  da  Gregorio  XIII,  tanto  risultando  dal  testamento 
che,  per  rogito  di  Domenico  Talacchio,  faceva  egli  a 
Roma  in  S.  Maria  degli  Angeli  alle  terme  Diocleziano  ;  in 
esso  è  detto  che  Ferrante  della  buona  memoria  dell'Ili.'"'' 
S.    Camillo    Vitelli    Conte   di    Montone,   S.   e    Domicello 

(1)  Per  nozze  Zoccoletti  Fracanzani  (1863',  pag.  12. 


572 

di  Castello ,  dovendo  per  diversi  servitii  del  Sei."*" 
Duca  di  Savoia  e  dapoi  della  Ser."™*  Repubblica  Venetiana 
trasferirsi  in  diversi  e  lontani  paesi,  vuole:  che,  morendo 
in  Italia,  venga  sepolto  in  una  cappella  da  farsi  in 
S.  Fiorenzo  nella  patria  sua,  e  se  fuori  d'Italia,  pensino 
gli  eredi  a  farlo  seppellire.  A  ciascuna  delle  figlie  destina 
scudi  I200O  di  dote;  il  rimanente  ai  maschi  legittimi, 
naturali  e  naturali  da  legittimarsi.  Che  se  morisse  senza 
figli,  lascia  ogni  cosa  per  parti  eguali  a  M.  Giulio  Vi- 
telli ,  lacomo  ,  Vincenzo  ed  Alessandro  Maria  fratelli  di 
Giulio  (0,  figli  tutti  di  Camillo  Vitelli,  com'era  egli  stesso. 

La  deliberazione,  nella  quale  venut'era  il  Senato  di 
fortificare  Corfù,  fondavasi  nella  conoscenza  della  terribil 
possanza  navale  e  terrestre  de'  Turchi.  Circa  quellisola 
già  eransi  chiesti  parecchi  pareri  ai  distinti  ingegneri  e 
comandanti  dell'armi  Sforza  Pallavicino,  Baldassare  Ran- 
gone,  Giulio  Savorgnano,  avendosi  in  Torino,  e  tanto 
più  in  Venezia,  lor  relazioni  andanti  tra  gli  anni  i566 
e  'j4-  Lasciata  Venezia  il  giorno  i5  ottobre  iS^G,  ap- 
prodava il  Vitelli  a  Corfù  alli  23  novembre;  una  minuta 
relazione,  ch'è  fra  i  codici  dell'Università  di  Torino,  Io 
dice  andato  per  Lesina,  Ragusi,  Castelnuovo,  Cattare, 
Dulcigno,  la  Vallona  ^2). 

Parecchi  scritti  son  contenuti  in  quei  codici  sulle  for- 
tificazioni di  Corfù  e  su  quelle  delle  piazze  da  esso  vi- 
sitate nel  suo  viaggio,  come  pure  le  opposizioni  fatte  a 
quella  fortezza,  ad  ogni  capo  essendovi  la  risposta;  poi, 
due  pareri  anteriori  al  viaggio,  essendo  in  data  i8  e  28 


(1)  Copia  autentica  dell'agosto  1610  l'ho  veduta  nell'Archivio  di  Firenze 
(Urbinate  unito  al  Mediceo).  Classe  I,  Divisione  E,  Filza  93. 

(2)  ^'e  parlo  nella  bibliografia.  Assai  più  cose  devon  essere  in  Venezia, 
ma  quando  visitai  quelli  Archivi  nel  1842,  ogni  mio  impegno  circa  queste 
ricerche  fu  eluso  con  arte  finissima. 


573 
agosto  lO-^G;  uno  sulla  forlezza  del  Lido;  uno  sulla 
fortezza  vecchia  di  Corfù  ed  altro  sulla  nuova  e  sui 
miglioramenti  da  farvisi,  oltre  assai  lettere  e  relazioni 
al  Doge  ed  ai  Provveditori.  E  altresì  evidente  che  i 
manoscritti  di  Torino  contengono  le  prime  bozze  delle 
scritture  mandate  poi  a  Venezia. 

Dove  piacemi  notare  che  appena  giunto  Ferrante  m 
Venezia ,  sollecitato  dal  Doge  a  dargli  un  parere  a  priori 
sulle  opere  fatte  e  da  farsi  in  Corfù,  rispondeva  con 
questa:  «  Ser,'"°  Principe.  Se  bene  non  si  suole  né  si 
))  deve,  ne  io  mai  Iho  costumato,  dar  pareri  sopra  quello 
))  che  io  non  ho  visto  et  considerato  bene  prima ,  sì  per 
))  non  passar  li  termini  della  creanza,  come  per  non 
))  haver  a  parlare  in  diversi  modi.  Il  che  avviene  spesso 
))  dopo  che  si  è  veduto  il  luogo,  1  ho  fatto  però  per 
»  ubbidire,  la  Ser.'^  V.  havendomelo  comandato.  Riser- 
))  vandomi  quando  Ella  ordinarà  ch'io  veda  il  luogo, 
))  di  poter  dire  quello  di  più  et  ogni  altra  cosa  che 
»  conoscerò  essere  suo  maggior  servitio  sopra  il  fatto  e 
»  nell'effetto  per  non  mancar  di  quello  ch'io  devo,  al 
»  comandamento  che  me  ne  ha  fatto  Sua  Altezza  mio 
))  Padrone  et  all'obligo  che  ho  di  servire  alla  Ser.'^  Vostra, 
»  poiché  questo  parlar  senza  vedere  io  1  ho  solamente 
»   fatto  per  ubbidirla  »   ecc. 

Distese  allora  altresì  una  relazione  sul  sito  di  Ragusi, 
e  nel  volume  V  di  fortificazioni  negli  Archivi  di  Torino 
trovandosi  assai  piante  di  città  forti,  ch'erano  nei  pos- 
sessi Veneziani  di  terraferma ,  Dalmazia  e  Levante  e 
tutte  di  quegli  anni,  io  credo  che  fossero  allora  raccolte 
dal  Vitelli  per  poi  offrirle  ad  Emanuele  Filiberto,  che 
ne  andava  mettendo  assieme  la  gran  raccolta  di  cui  è 
parola  nelle  sue  notizie  al  N.°  xlvii,  pag.  4^3.  Nelle 
piante  di  due  città  venete,  ma  non  specificate,  leggesi  ; 


574 

Ferd'uuiìidi  f^itellll  iiwentum  j  altra,  di  città  Veneta  essa 
pure,  ha  la  data  del  1579,  dimostrando  che,  per  sod- 
disfare al  Duca,  proseguiva  il  Vitelli,  anche  dopo  il  suo 
ritorno  in  Piemonte,  a  farne  raccolta  non  senza  rischio 
e  spesa,  poiché  il  comunicar  piante  di  fortezze  allora  ed 
oggi  era  tenuto  caso  di  Stato. 

Compiute  a  Corfù  le  nuove  e  vaste  opere,  inviò  al 
Doge  una  relazione  su  quanto  eravi  stato  da  lui  condotto 
e  proposto,  poi  afflitto  da  malattie  doveva  abbandonar 
risola,  egli  stesso  alFermando  però  che  ciò  non  fece  se 
non  dopo  messe  in  buon  punto  le  principali  difese.  La 
licenza  di  sei  mesi  data  al  Vitelli  scadeva  collo  spirare 
dell'anno  i5'^6  o  col  principiar  del  seguente;  ma  siccome 
l'esatto  impiego  del  tempo  è  qualità  degli  Stati  militari 
e  robusti ,  epperciò  non  poteva  trovarsi  ne'  Principi 
Italiani  d'allora  e  nel  Senato  Veneziano,  così  mandava 
questo  allo  Zane  oratore  a  Torino  che  si  presentasse  al 
Duca  e  lo  sollecitasse  di  una  proroga,  e  da  Nizza,  i3 
febbraio  iS-y^  rispondeva  Emanuel  Filiberto  all'amba- 
sciatore «  scrivo  al  Signor  Ferrante  Vitelli  che  si  fermi 
»  al  loro  servizio  sino  a  tanto  che  quella  fortezza  che 
»  ha  disegnato  in  Corfù  sia  in  essere,  salvo  che  fra 
»  tanto  mi  sopravenisse  qualche  necessità,  nel  qual  caso 
»  sono  certo  che  me  lo  rimanderanno  ».  Il  giorno  stesso 
ed  in  eguali  termini  scrivevane  ancora  personalmente  al 
Doge  Veniero  (0, 

Ma  le  fatiche,  le  malattie  e  l'insalubrità  de'  siti  ave- 
vanlo  affranto,  cosicché  chiese  di  tornar  in  Piemonte. 
Giunse  a  Venezia  nell'autunno  dell'anno  1078  e  si  pre- 
sentò al  nuovo  Doge  Niccolò  da  Ponte  col  quale  conferì, 
lasciandogli  una  relazione  finale  cominciante  con    queste 

(1)  Barozzi,   Per  le  nozze  Zoccolrtli  Fracanzani ,  pa^.  13;   id.    Per   le 
nozze  MarcoUni  Toscani  (1863)  f.°  22. 


|)arole  :  «  Piacque  a  V.  S.'^  che  in  due  udienze  le  facessi 
•»  particola!'  relazione  di  quanto  si  era  operato  a  Corfù 
n  dal  giorno  del  mio  arrivo  sin  a  quello  della  mia  par- 
)>  lenza,  et  di  udire  le  cinque  scritture  che  in  questo 
«  proposito  Le  presentai  con  la  particolar  dimostrazione 
))  sopra  il  modello  fatto  con  ogni  diligenza  con  tutte  le 
»  sue  misure  d'ordin  mio  a  questo  effetto  ».  Espone 
quindi  come  i  suoi  piani,  già  presentati  al  Senato,  fossero 
anteposti  a  quelli  di  tutti  gli  altri ,  di  sé  stesso  e  delle 
cose  sue  parcamente  parlando,  ma  dicendosi  Cavaliere 
ingenuo  quasi  per  contro  batter  una  frecciata  lanciatagli 
dagli  emuli  a  motivo  dell'illegittima  sua  nascita.  Aggiunge 
che  la  città  colla  nuova  fortezza  ci  s'ofìfre  a  difenderla 
con  soldati  de'  suoi  paesi  e  con  quelli  degli  amici  e  pa- 
renti ,  come  3ooo  già  n'aveva  offerti  sotto  il  colonnello 
Ridolfo  Baglione  suo  germano  iK,  conte  Federico  Ubaldini 
ed  Alessandro  Vitelli  nipote  suo  (2).  Termina  collo  esporre 
i  buoni  servigi  prestati  dai  primarii  ufficiali  e  dagf  inge- 
gneri operanti  sotto  di  lui  (3). 

Non  sei  mesi,  come  diceva  la  dogai  richiesta  ,  ma 
du'  anni  durò  il  soggiorno  del  Vitelli  in  Corfù ,  avendo 
la  data  delli  i8  novembre  iS-jS  la  risposta  fatta  da 
Emanuel  Filiberto  alle  lettere  del  Doge  da  Ponte  stategli 
rimesse  in  Torino  dallo  stesso  ingegnere  (^\  Tornato  ai 
suoi  antichi  uffici,  affievolito  e  prostrato  qual  era,  più 
non  attese  attivamente  ad  opere  di  fortificazione;  infatti, 
nelle  piante  di  fortezze,  che  sono  in  Torino,  due  ne 
trovo  del  castello  di  Poggetto  The'niers  (terra,  che  ora 

(t)  Era  piuttosto  suo  zio,  sposata  avendo  la  Costanza  sorella  del  padre 
suo  Camillo  Vitelli.  Vedi  LiUa. 

(2)  Come  soldato  di  Carlo  Emanuele  I  è  questi  memorato  sovente  nelle 
guerre  di  Provenza. 

(3)  Documento  stante  negli  Archivi  di  Torino. 

(4)  tarozzi,  Per  (e  nozze  Gaudio  Biagini  (1863),  pag.  16. 


576 

non  è  più  Nizzarda,  nò  Piemontese,  ma  di  Francia), 
che  vedonsi  essere  state  piegate  in  lettera,  colla  sopra- 
scritta :  Aitili.'""  S.  Ferrante  Vitelli  generale  de  forti  e 
presidii  di  S.  A.,  25  ottobre  iSyg.  In  servizio  attivo  lo 
trovo  però  ancora  nel  i58o  allorquando  Carlo  Emanuel  I 
prese  Saluzzo  per  meglio  assicurarlo  (diceva  egli)  al  Re 
di  Francia,  al  comando  delle  compagnie  di  fanteria  e 
cavalleria  trovandosi  il  Vitelli  (0.  Diede  opera  ancora 
nell'anno  seguente  a  fortificar  e  munire  la  cittadella  di 
Vercelli,  non  risultandone  però  gran  cosa,  essendoché 
«  di  quella  fortificazione  (scrive  il  Cambiano  (^)),  che 
»  si  sollecitava  da  Ferrante  Vitelli  sovraintendente  delle 
»  fortezze  del  Duca,  e  da  lui  in  quel  tempo  molto  stimato 
))  e  favorito,  non  seguì  altro  che  la  rovina  di  alquante 
»  case  e  chiese  n.  Ultima  fatica  militare  per  Emanuele 
Filiberto  fu  quella  del  iS-jq  quando  fu  posto  a  capo 
delle  truppe  mandate  da  lui  in  aiuto  al  Nogaret,  che 
fu  poi  Duca  d'Epernon,  onde  conservare  al  Re  di  Francia 
il  marchesato  di  Saluzzo  (*^). 

Il  moltiforme  ingegno  ed  il  lungo  usar  co'  Principi 
facevanlo  atto  eziandio  a  negoziar  colle  Corti.  Ed  appunto 
nell'anno  i58o  volendo  Carlo  Emanuele  impalmar  una 
Principessa  ricca  e  di  potente  casato,  pensò  a  Maria 
figlia  di  Francesco  Gran  Duca  di  Toscana  ed  a  farne  la 
proposta  mandò  a  Firenze  il  Vitelli  (^);  la  cosa  però 
non  ebbe  efìTetto,  volto  essendosi  il  Duca  a  Catterina  di 
Filippo  II,  molto  sperando  dagli  aiuti,    assai    più    dalle 

(1)  Cambiano,  Historico  discorso,  col.  1210;  Fantoni  St.  d'Avignone  e  del 
Contado  Fenesino  (1678) ,  p.  420. 

(2)  Loc.  cit. ,  col.  1216. 

(3)  Guichenon,  voi.  I,  pag.  Q^'i. 

(4)  Guichenon,  voi.  I,  pag.  869;  Galluzzi ,  St.  della  Toscana  sotto  i 
Medici,  voi.  Il,  pag.  334;  Relazione  di  Francesco  Barbaro  (1581),  in  Alberi, 
Serie  I! ,  voi.  V.  pag.  93. 


spoglie  di  Spagna.  Prese  aiicom  parte  ad  una  fiirliva 
ricognizione  di  Casale,  già  pensando  Carlo  Emanuele  alla 
violenta  occupazione  del  Monferrato  e  la  cosa  è  narrata 
dairambasciator  Veneziano  Costantino  Molin  (* .  «  Colle 
»  genti  che  Tanno  passato  i58r)  s  impiegarono  contro 
))  quei  di  Ginevra  ,  lu  veramente  il  primo  ])ensiero,  ma 
))  certissimo  (e  del  quale  sentirebbe  malamente  Sua  Al- 
»  tezza  che  si  ragionasse)  d  occupar  allimprovviso  alcune 
»  terre  del  Monferrato ,  e  fu  mandato  il  Sig.  Ferrante 
«  Vitelli  medesimo  a  Casale  per  riconoscerlo,  ma  tornato 
»  riferì  che  non  vedeva  come  si  potesse  far  cosa  buona-, 
»  cosa,  che  restarono  gli  animi  assai  sospesi  »,  In  nessun 
luogo  parlandosi  più  di  Ferr^mte,  ne  avrei  ignorato 
1  epoca  della  morte,  ogniqualvolta  Giulio  di  Ruffia,  ne 
testé  pubblicati  Memorabili,  non  avesse  notato  che  ne' 
primi  mesi  dell'anno  ijS2  morì  il  Sig.  Ferrante  \  iteli i 
generale  delle  fortezze  ^2 . 

Fu  egli  assai  esperto  nell'arte  sua  e  singolarmente 
perspicace  nello  sceglier  i  siti  ed  adattarvi  le  più  con- 
venienti opere  di  difesa;  ali  uopo,  sì  rinchiuso  che  in 
campo,  seppe  difender  colla  mano  quanto  colla  mente 
concepito  avesse  e  condotto.  [Nato  di  famiglia  principesca 
e  guerriera ,  apparentato  con  persone  non  men  valenti 
che  nobili,  ebbe  il  sempre  grande  ed  allor  grandissimo 
vantaggio,  di  poter  direttamente  conferire  col  Principe, 
senza  avvilir  sé  stesso,  senza  temer  le  gelosie  di  chi  gli 
era  minore,  senza  tremare  al  pensiero  di  perder  un  uf- 
ficio ed  un  lucro,  elicgli  teneva  più  ad  onore  che  ad 
utile.    L' mgegno ,     il    valore,    la    fede    avvicinavanlo    ai 

1)  Relazione  di  Savoia  di  Costantino  Molin  ^1583;,  in  Alberi,  Serie  II, 
voi.  V. ,  pag.  115. 

(2^  Memorabili  di  G.  Cantbinno  di  Ruffìa  dal  /ó42  al  16 H  j  per  Vincenzo 
Promis  MÌ!^rrU    di  Si.  1 1 aliava  ^  voi.  IX  (1870  ,  pag    21?. 

37 


578 

migliori,  mentre  la  chiarezza  del  sangue  davagli  la  confi- 
denza de'  Principi;  cresciuto  fra  le  rovine  di  tanti  Stati 
signorili  e  municipali,  sapeva  le  vie  che  comprimon  le 
fazioni  ed  assicuran  la  possanza  d'un  solo ,  nel  suo  car- 
teggio apparendo  egli  ad  un  tempo  ingegnere,  consigUere 
del  Principe  ed  esecutore  delle  sue  volontà.  Son  pur  da 
essere  notati  i  garbati  modi  con  lui  adoprati  dai  Sovrani, 
che  sempre  lo  appellano  Illustre  Signore,  mentre  agli 
altri  scrivendo,  usavano  dii'  soltanto  Ingegner  nostro. 

Grandi  furono  i  vantaggi  conferiti  a  Ferrante  dal  sangue 
suo  istesso.  Nato  d'uomo  principale  nella  sua  città,  fra- 
tello o  cugino  ai  Principi  dellAmatrice,  ai  Marchesi  di 
Giterna,  ad  un  Gardinale,  la  parentela  sua  ed  il  feudo  di 
Montone  avuto  da  Paolo  W  davagli  entratura  in  corte  di 
.  Roma,  senza  la  quale  e  senza  i  baroni  suoi  non  eran  pos- 
sibili quelle  tante  spedizioni  di  truppe  Italiane  in  Francia, 
Fiandra  ed  Ungheria,  dove  per  onore  e  per  tradizione 
militavan  allora  i  gentiluomini  Cattolici. 

Di  altro  utile  fugli  pure  l'altezza  de'  natali,  che  nutrito 
in  gran  famiglia  ,  ricovero  di  letterati  e  palestra  d  affari 
e  maneggi  politici,  da  lui  la  naturai  limpidezza  delle 
idee  e  la  frequenza  de'  pensieri  esposta  fu  con  elegante 
agevolezza  ;  il  qual  pregio  raramente  incontrasi  negli 
scrittori  militari  d'allora,  che,  soldati  sin  dall'infanzia  e 
tra  rozzi  compagni,  dopoché,  per  prepotente  vigor  d" in- 
gegno, balenato  lor  fosse  in  mente  un  trovato  qualunque 
od  un  perfezionamento,  a  significar  i  concetti  falliva  la 
penna;  da  ciò  in  essi  l'oscurità,  le  ripetute  lungaggini, 
il  frequente  scusarsi  presso  il  lettore  della  propria  igno- 
ranza e  talvolta  allietarsene  come  di  cosa  che  ben  s'at- 
taglia a  schietto  soldato. 


579 

i{\Fi\  DI  mmii  \iTr,LLi 


I.  Trattato  di  aichUettiwa  mi l ilare ,  ossia  Libro  delle 
piante  del  Sig.  Ferrante  Vitelli.  Codice  cartaceo,  f.°  fig. , 
di  0,4^5  per  0,280. 

Un  solo  esemplare  ne  conosco  e  lo  vidi  m  ^Milano 
presso  il  fu  Cav.  Antonio  Litta ,  che  acquistoUo  in  Roma , 
provenendo  probabdmente  dalla  biblioteca  Altieri.  Manca 
il  primo  quaderno  contenente  frontispizio,  prefazione  e 
dedica ,  nonché  il  primo  e  secondo  capo  del  libro  primo. 

E  autografo,  come  da  altre  scritture  di  mano  del  Vitelli, 
oltracciò  a  piedi  di  ciascun  capitolo  essendovi  il  suo  nome; 
il  codice  è  dorato  in  fll  di  pagina  e  di  antica  legatura, 
sulla  quale  è  miniato  lo  stemma  dello  scacchiere  inquar- 
tato alla  luna  crescente,  ed  in  capo  il  vitello  accosciato 
col  lauro  tra  le  zampe  ;  dopo  il  primo  libro  leggesi  : 
Libro  secondo  delle  piante  del  8.°''  Ferrante  Pitelli,  col 
motto   Firidis  non  comburitur  igne. 

Il  primo  libro  è  diviso  in  36  capi ,  ne'  quali  parlasi 
di  altrettanti  casi  di  terreno  e  dei  diversi  modi  di  for- 
tificarli ;  ad  ognuno  è  miito  il  rispondente  disegno  acqua- 
rellato, e  tra  essi  le  piante  di  Borgo  S.  Sepolcro ,  forte 
S.  Antonio  alla  Mirandola ,  la  Mirandola  stessa,  cittadella 
di  Perugia,  città  di  Pesaro.  Il  secondo  libro  numeia  3i  ca- 
pitoli di  altri  casi  di  terreno  e  di  fortificazione  ad  essi 
adatta,  versando  il  82°  sul  quadrante  graduato.  Seguono 
tre  fogli  con  scale  di  misure,  il  modo  di  squadronar  un 
esercito ,  un  forte  quadrato  difeso  agli  angoli  da  soli 
cavalieri:  nel  capo  20.°  del  libro  I  parlasi  pure  di  ar- 
tiglieria. 

Quando  fosse  scritto  è  indicato  al  capo  2."  del  libro  11  : 
>ì  Questa  è  la  pianta  della  fortificatione  nuovamente  ag- 
n    giunti  nell'isola  di  Malta,  fatta  con  tutte  le  sue  misure: 


o80 

»  nel  recinto  della  quale  vi  è  il  castello  di  S.  Elmo, 
»  che  fu  battuto  et  preso  per  forza  da  Turchi  l'anno  pas- 
H  sato  de  Lxiiij ,  et  f\i  battuto  da  quella  parte  dove  bora 
»  si  aggiunge  la  nuova  fortificatione  »  ecc.  Da  tutto  ciò 
risulta  essere  il  trattato  anteriore  al  1567,  *^^^  4"^^ 
anno  venne  il  Vitelli  in  Piemonte,  ne  vi  si  parla  mai 
delle  fortificazioni  qui  erette  con  disegno  altrui  o  col 
suo.  Fecondissimo  si  mostra  qui  il  Vitelli,  ma  non  debbo 
lacere  che  parecchie  invenzioni  ei  le  tolse  dalle  stampe 
edite  da  Francesco  Maixhi  nel  i546  (*;.  Io  penso  che 
un  esemplare  ne  abbia  egli  offerto  ad  Emanuel  Filiberto 
nel  iSS'j  e  che  abbiagli  questo  aperta  la  via  alle  tante 
fortezze  da  lui  poscia  erette  in  Piemonte. 

Nella  bibhoteca  dell'Università  di  Torino  vi  sono 
quattro  volumi  di  Miscellanee  segnati  N. ,  II,  i-4  e 
contenenti  materie  militari,  delle  quali  noterò  qui  sol- 
tanto queUe  scritte  dal  Vitelli. 

II.  Scritture  et  oppositioni  per  la  fortezza  di  Corjìi. 

III.  Sommario  di  oppositione  a  le  altre  opitdoni  pei' 
Corfà. 

IV.  Oppositioni  che  si  possono  fare  alla  fortijic azione 
nuova  di  Corju. 

V.  Relazione  al  Doge  sopra  la  fortezza  di  Corju 
(Venezia,  28  agosto   iS^G). 

VI.  Polizza  a  Sua  Serenità  pei'  le  provvisioni  per  la 


(1)  Gl'ingegneri  Bolognesi  del  XV  e  XFl  secolo  di  C.    Prorais   ^1863), 
pag.  63. 


581 
fiiiova  Jbrtificazione  et  sollicitarUi  per  il  tempo  (al  Doge, 
da  S.  Giorgio,   2   ottobre   iS-jG). 

VII.  Scrittura  et  rellation  prima  fatta  a  Sua  Serenità 
della  fortezza  di  Corfh. 

Viri.  Relatione  della  fortezza  di  Corfh  (Contiene  il 
computo  della  spesa). 

IX.  Scrittura  et  parere  del  Vitelli  di  quello  si  possa 
fare  per  maggior  sicurezza   della  fortezza    vecchia   di 

Corfii. 

X.  Lettera  ad  un  Proweditore  sopra  i  miglioramenti 
della  fortezza  di  Corfh  (  Indirizzata  al  Provveditore 
Giacomo  Foscarini,  di  Corfii  20   novembre   i^']'])- 

XI.  Rellatione  dei  siti  della  fortezza  di  Corfh ,  con 
il  conto  di  quello  che  s'è  fatto,  et  che  resta  a  fare  per 
essere  del  tutto  finita  (Ad  un  Provveditore  ,  e  corroborata 
dalle  firme  degl  ingegneri  Io.  lacomo  Fiumizello  e  Gio. 
Batt.  Buonhuomo). 

XII.  Viaggio  dell'Illa"  Sigr  Ferrante  Vitelli  fatto 
da   P  enezia    a    Corfh   cominciando    alli   xv    di  ottobre 

fino  alli  XXIII  di  novembre,  tanno  iS-yS  (Due  esemplari]. 

XIII.  Regola  delle  fortif  cationi  fatte  a  Corfh.  Copia 
sincrona  nella  biblioteca  Oliveriana  di  Pesaro. 

XIV.  1578  in  autunno,  tllir°  S."''  Ferrante  Vitelli 
al  Duce  di  Venetia  sopra  la  fortezza  di  Corfìt  nuova- 
mente fabìicata.  Copia  sincrona  nell'Oliveriana  di  Pesaro: 


582 

in  essa  1  autore  accenna  a   cinque    altre    esposizioni    già 

da   lui  presentate  al  Doge  su  quella  fortezza. 

XV.  Risposta  di  Ferrante  fitelli  alle  obbiezioni  fatte 
contro  la  fortezza  di  Corfh.  Codice  neirArchivio  di 
Venezia,  dove  chi  riunì  in  un  volume  questo  con  altri 
opuscoli,  sedotto  dal  nome  dell'autore,  pensò  che  vi  si 
trattasse  di  animali  bovini ,  ed  associowene  altro  intitolato 
Del  modo  di  propagare  i  intelU  in  Bresciana.  Principal 
avversario  del  sistema  tenuto  in  quella  fortezza  fu  allora 
Giulio  Savorgnano,  di  cui  nel  catalogo  de'  manoscritti 
della  biblioteca  di  Vienna  (comunicatomi  dal  S."^  Tommaso 
Gar)  è  notato  uno  scritto  al  Doge  sopra  ventiquattro 
opposizioni  alla  fortezza  nuova  di  Coi^ìj  fatta  dal  Sig.  Fer- 
rante ^  itelli. 

XVI.  Parere  sopra  la  fortezza  del  Lido.  Due  esem- 
plari; di  fuori  è  scritto:  Del  Vitelli,  relazione  sopra  della 

fortezza  del  Lido,  fatta  in  Venezia.  A  Torino  negli  an- 
zidetti volumi  in  uno  coi  due  seguenti  opuscoli. 

XVII.  Lettera  del  Vitelli  al  Doge  di  Venezia  sul  forte 
vecchio  e  sul  nuo\'0  del  Lido. 

XVIII.  Relazione  intorno  al  sito  di  Raugia. 

XIX.  Instruttione  per  riconoscere  le  provincie  et 
luoghi.  Codice  di  i5  foglietti  negli  Archivi  di  Stato  in 
Torino;  nel  verso  delTultimo  foglietto  è  scritto  di  mano 
dell'autore  :  Instrutt.''  per  Ferrante  Tritelli  per  ricono- 
scere le  fortezze  dei  Venetiani. 

E  uno  stupendo  lavoro  riferentesi  a  ciò  che  or  diciamo 
servizio  di   Stato  Maggiore,    distinto    in    200    avvertenze 


583 
sui  siti,  le  tortilìcazioiii  ed  artiglierie,  le  marcie,  i  pro- 
babili attacchi,  i  modi  di  dar  soccorso,  le  vettovaglie, 
gli  alloggiamenti ,  insomma  su  quanto  spetta  agli  ufficiali 
di  Stato  Maggiore,  che  allora  non  esistevano  distinta- 
mente, scegliendosi  a  ciò  gli  ufficiali  che  dotati  fossero 
di  maggior  coltura,  di  operosità,  giudizio,  pronta  e  per- 
spicace intuizione.  Insonmia  questo  scritto,  con  quello 
aii^alogo  e  su  Cipro  di  Ascanio  Savorgnano,  meriterebbe 
di  esser  mandato  a  stampa,  testimoniando  le  vaste  e  sicure 
vedute  di  quegli  sconosciuti  capitani  del  xvi  secolo  in 
un  ufficio  salito  ora  a  tanta  importanza.  Al  N.°  xli 
(articolo  sui  due  ^  anelli  )  ho  già  notato  come  da  questo 
codice  debba  essere  ricavato  quello  con  tilolo  identico 
compilato  da  questi  ingegneri. 

Le  anzidette  scritture  distese  pei  ^  eneziani  sono  copie 
autorevoli  oppure  primi  abbozzi  che  il  Vitelli  portò  seco 
ed  alla  sua  morte  lasciò  in  Torino.  Ma  si  dirà,  perchè 
mai  tanti  scritti  sulle  fortezze  de'  Veneziani  e  nessuno 
su  quelle  del  Piemonte?  Facile  è  la  risposta  come  ho 
^\h.  detto  di  sopra;  a  Venezia  essendo  il  Principe  estraneo 
agli  studi  militari,  i  piani  d'un  ingegnere  sottomettevansi 
a  mille  esaminatori  ognun  de'  quali  biasimava  quanto  non 
fosse  opera  sua;  ne  decidevan  poi  i  Pro\^'editori,  specie 
di  Rappresentanti  del  popolo,  che,  anche  volendo  il  bene, 
erano  incapaci  a  scegliere,  cosicché  per  ogni  ripulsa  vi 
ci  voleva   una  nuova  scrittura  in  difesa. 

Ili  Piemonte  invece  andava  la  discussione  tra  1  inge- 
gnere ed  Emanuel  Filiberto  in  tal  arte  pratico  ed  inge- 
gnoso a  segno  da  poter  allistante  suggerir  sue  proposte 
e  migliorar  le  altrui  senza  intervento  di  terze  persone , 
fosser  desse  ingegneri  od  amministratori.  Così ,  presenziale 
essendo  la  disputa  e  tra  uomini  capaci ,  andava  essa  sol- 
l'^cit.i ,  restando  superflue  le  scritture. 


584 

l.V. 

ASCANIO  VITOZZI  DA  ORVIETO. 

Nella  città  d  Orvieto  posta  sul  Tevere  superiore,  e  circa 
Tanno  iSSq,  da  nobile  ed  antica  famiglia  nacque  in  Or- 
vieto il  nostro  Ascanio  CX  Penso  che  in  giovinezza  atteso 
abbia  singolarmente  all'architettura  civile,  facendosi  seno- 
laro,  se  non  della  persona,  almeno  delle  opere  del  celebre 
Vignola  ;  edificava  questi  allora  il  palazzo  di  Caprarola , 
e  lappostovi  cornicione  vedesi  ripetuto  in  quello  coro- 
nante la  vecchia  facciata  del  castello  di  Torino  opera  del 
Vitozzi;  il  qiial  cornicione,  non  so  per  quali  argomenti, 
fu  dai  nostri  creduto  Palladiano.  Qualche  opera  degli  anni 
suoi  giovanili  è  pur  anche  accemiata  nella  sua  iscrizion 
sepolcrale  dicente  come  militato  avesse  a  Napoli  di  Ro- 
mania, a  Toledo  e  sul  Tago;  delle  quali  guerre,  la  prima 
dev'esser  quella  in  Grecia  che  ebbe  nome  dalla  vittoria 
di  Lepanto;  l'altra  contro  i  sollevati  Mori  di  Spagna;  la 
terza  finalmente,  quella  combattuta  in  occasione  della 
conquista  di  Portogallo  fatta  da  Filippo  II  nel    i58o. 

Durava  Carlo  Emanuel  I  nel  paterno  pensiero  di  trarre 
al  suo  soldo  ufficiali  ed  ingegneri  dallo  Stato  Pontificio , 
dal  Venelo  e  raramente  da  Lombardia,  singolarmente  poi 
dalle  Provincie  Romane.  Bramava  egli  che  glTtaliani  chia- 
mati a'  suoi  servigi  veniss?r  da  Stati  poco  o  nulla  guer- 
reschi,  purché,  militando  per  altri,  gii  fatto  avesser  le 
prime  armi  ed  i  primi  studi  pratici  ne' campi  di  Spagna 
e  di  Germania.  Guardando  Carlo  a  chi  si  fosse  levato 
in  fama  nelle  guerre  contemporanee ,  ebbe  voce  del  giovane 
Vitozzi  in  lontane  regioni  soldato  del  re  Filippo;  chia- 
mollo    a  sé    ne'  primordii    del    regno    e  fecelo    tosto  suo 

(1)  Suo  epitafiìo  in  Torino:  f/istnrie  di  Ciprian  Mancììtr  (1561^  p.  3.'Vi. 


:>8:ì 
urchitetti)  ed  ingegnere  con  patente  tlelli  r 8  ottobre  i584 
e  con  stipendio  di  scudi   3oo  da  lire  3   ducali  ^\ 

Poi  quando  volle  il  Duca,  nell'anno  i588.  espellere  i 
Francesi  dal  Marchesato  di  Saluzzo .  vi  si  adopi'ò  il  Vitozzi 
nel  servizio  delle  ai'tiglierie ,  appianando  la  strada  per 
condurvi  ventotto  pezzi  'X  ,  cosa  da  lui  felicemente  eseguita 
col  piantare  le  arliglierie  svd  monte  di  Riffreddo  a  so- 
jìracapo  al  Castel  di  Revello  ;  alla  qual  operazione,  tanto 
più  lodata  che  tenut'era  impossibile,  pose  mano  il  Duca 
stesso  co'  suoi  gentiluomini  tirando  i  pezzi  sull  altura.  Por- 
tata poi  la  guerra  in  Delfina to  e  Provenza,  diede  opera 
il  \i tozzi  a  vai'ie  piccole  fortezze  erettevi  dai  Piemontesi 
e  segnatamente  a  quella  di  Furcos ,  chera  un  quadrato 
con  quattro  bastioni  detti  di  S.  Romano ,  S.  Lazzaro , 
S.  Maurizio  e  Vitozzi;  dal  nome  dell  ingegnere  -^  il  primo 
e  l'ultimo,  imperciocché,  dalla  vicinanza  della  patria  sua 
a  quella  metropoli,  Romano  era  egli  detto  ed  in  carte  di 
que'  tempi  lo  trovo  appellato  il  capitan  Ascanio  da  Roma. 

Quando  poi  prevalsero  le  armi  degli  Ugonotti ,  egli 
ebbe  carico  di  assistere  alla  difesa  delle  frontiere  col  go- 
verna tor  di  Nizza  Grimaldi  ^  .  Al  figlio  di  questi  a  Boglio 
mandava  allora  l'ammiraglio  Andrea  di  Leynì:  «  Doppo 
)>  scritto  sapendo  di  quanta  importanza  è  l'assicurarsi  bene 
w  nel  luogo  d  Entrevaulx:  per  poter  senza  dubbio  attender 
»  al  resto,  ho  supplicato  S.  A.  di  mandar  a  V.  S.  persona 
«  che  possi  aiutai'si  a  barricar  bene  et  in  ogni  caso  che 
»  possa  fargli  honore.  cossi  S.  A.  mi  ha  concesso  il  pre- 
»    sente  latore  sÌ2:nor  Ascanio  Vitozzi  Romano,  della  virtù 


'D 


l)  Dal  registro  delle  Patenti,    >.<>  19,    f."  27;  Galli,  Cariche  del  Pie- 
monte, voi.  II ,  titolo  IX. 
i;9)  Cambiano,  Historico  Discorso,  col.  12.39. 
(3)  Voi.  Ili  di  fortificazioni  negli  Archivi  di  Slato. 
'^4)  r.iofTredo  ,  Storia  (ìelVAlpi  marittimr,  col  1(133. 


586 

)»  et  valor  che  V.  S.  lo  conosce,  la  prego  di  teiieilo  caro 
))  et  accarezzarlo  assicurandovi  che  come  sopra  ho  detto 
»  in  ogni  occasione  le  farà  honore ,  et  con  questo  di 
»  nuovo  me  le  raccomando  di  cuore.  Nizza  li  xxv  aprile 
■»    1^92  (^/  »  . 

Quindi,  vieppiiì  incalzando  Tarmi  regie  condotte  dal 
Duca  d'Epernon,  veduto  imminente  l'assedio  d'Antibo,  vi 
fu  con  numeroso  presidio  inviato  alla  difesa  il  Vitozzi, 
quando  per  viltà  del  governatore  poco  stante  si  arrese 
la  piazza,  e  l'ingegnere,  già  prima  portatosi  a  Nizza ^ 
per  comando  del  conte  Francesco  Martinengo,  pose  mano 
ad  abbattere  il  borgo  di  S.  Eligio  per  meglio  afforzar 
la  città  (^)  ;  opera  sua  dovette  pur  essere  il  ristauro  alle 
mura,  nonché  il  nuovo  bastione  a  mezzogiorno  contro 
la  mai^na,  i  quali  lavori  furon  condotti  nel  lòg'ò.  Tro- 
vossi  eziandio  alla  presa  di  Lucerna  fatta  dai  Piemontesi 
con  carico  di  dirigervi  le  artiglierie  '3)  •  riconobbe  quindi 
col  S.  Front  il  sito  della  ben  munita  terra  di  Bricherasco 
e  ne  diresse  l'attacco,  essendovi  poi  entrati  i  nostri  d'as- 
salto nell'ottobre  i594  ^"^^^  Nel  qual  assedio  molta  lode 
ebbesi  il  Vitozzi  per  la  savia  collocazione  data  alla  bat- 
teria e  contro  batteria  onde  far  breccia  in  un  bastione 
ed  in  altro  che  lo  fiancheggiava,  non  che  per  una  terza 
indirizzata  a  togliere  le  difese  superiori. 

Finalmente,  egli  che  aveva  preso  parte  a  tutta  quella 
lunga  guerra;  ebbe  pur  la  sorte  di  terminarla,  togliendo 
ai  Francesi  l'ultima  rocca  che  ancor  avessero  in  Piemonte, 
dico  il  forte  di  Mirabouc  nelle  più  erme  valli  dei  Valdesi. 


;i  ■  Biblioteca  del  Re.  Misceli,  di  St.  Patria  ,  voi.  CLU,  N.»  30. 
(•2)  Gioffredo,  col.  1658,  59. 

(3}  Le  guerre  del  Piemonte   per  lìaffael   Toscano.  Ms.  dell'  Università  di 
Torino,  Canto  III,  f."  25. 

4)  Cambiano,  Hhtoriro  Pisrorsn  ,  col.  t;V-25,  28. 


587 
che  già  circuito  dai  nostri ,  e  visto  da  Ascanio  che  ancoi' 
nulla  erasi  vantaggiato ,  oiTrissi  di  portar  tre  pezzi  di  bat- 
teria sull'altura  di  Villanovetta  a  cavalier  del  forte;  cosa 
che  impaurì  per  modo  il  castellano ,  che  tosto  si  arrese  O. 
Quando  poi  nel  i  Sg-j  fu  determinato  a  Torino  di  assalir 
la  valle  di  Pragelato  con  tre  colonne  per  diverse  vie , 
quella  di  mezzo ,  che  doveva  avanzarsi  pel  colle  della 
Rossa,  fu  affidata  al  Vitozzi,  che  nella  sua  mossa,  per 
mancanza  altrui,  a  nulla  riuscì.  Poi  per  chiudere  quelle 
gole ,  alla  Béche  Dauphin  fabbricarono  un  forte  disegnato 
dall'ingegner  nostro  (2)  ed  al  quale  fu  posto  nome  di 
S.  Giovanni,  avendosene  negli  Archivi  la  pianta  originale 
colla  scritta  :  Pianta  del  Forte  di  S.  Giovanni  Evangelista 
fabbricato  d  ordine  della  Seì'."^^  Infanta  neltentrata  della 
valle  di  Pragelato  Vanno  MDXCVij. 

Rottasi  nuovamente  guerra  nell'anno  1600  tra  Carlo 
Emanuele  ed  Enrico  W ,  mosse  questi  un  corpo  ad  offesa 
di  vai  di  Maira  ;  andovvi  incontro  il  Vitozzi  con  una 
banda  di  cavalle^geri    guidata    dal  sovente    citato    storico 

DO  O 

Cambiano  generale  d'artiglieria ,  ed  a  Cartignano  scontrato 
l'inimico,  dopo  varie  scaramuccie  l'impedì  di  spingersi 
più  oltre  ^'^X  Poi,  nel  i6i3,  Carlo  Emanuele  invadendo 
il  Monferrato ,  vi  fu  egli  al  comando  delle  artiglierie , 
segnalandosi  alla  presa  di  Monasterolo  'Si  ed  anche  meglio 
in  quella  di  Moncalvo  (^).  In  quella  guerra  fiu'ono  le  ultime 
sue  fazioni,  cessato  avendo  di  vivere  alli  28  ottobre 
dell'anno  i6i5,  correndo  il  settuagesimo  sesto  di  sua 
età;  seppur  quella  data  non  si  deve  correggere  in  1625, 


(1;  Cambiano,  col.  1342;  R.  Tosrano ,  Canto  VII,  f.°  74. 
(2)  L.  ciL,  col.   1360,  62. 
S')  L.  cit.,  col.  1400. 

(4)  Possevino,  Hist.  Belli  Monferratensis ,  pag.  158. 
(5'  Pagani,  Gnerrn  dei  Monferrato^  pag.  139. 


attesoché  una  scritta  dell  ingegnere^  addotta  più  sotto,  è 
del  maggio    1621. 

Nella  chiesa  della  Trinità ,  edificata  in  Torino  assai 
prima  e  con  suo  disegno,  fu  tumulalo,  ed  al  suo  sepolcro 
collo  stemma  gentilizio  fu  posta  quest'iscrizione  da  Onofrio 
Muti  Romano  e  capitan  di  cavalli  in  Piemonte  laudato 
dal  Guichenon  e  dal  Cambiano  pel  valore  dimostrato  in 
quelle  guen'e  i^\ 

D         0         M 
ASCANIVS  MODICA   HIC  TEGlTVR   VlToTlVS  VRNA 

VRNA  lACET  VERVM   FAMA  CANORA  VOLAI 
NAVPACTVS  TVNETV  .  ALPES  VARVSQ  .  TAGVSQ 

INTREPIDI   HAVD  RETiCENT   MARTIA   FACTA  VIRI 
QVID  MVLTA   IPSE  ILLVIVI   TORMENTa  ATQ  ARMA  CIENTeM 

GOELO  SAEPE  TVLIT   CaROLVS   EMANVEL 

VlXIT  ANNIS  SEX   ET  SEPTVAGINTA 
OBIJT  XXIII  OCTOBRIS  4615 

HONOFRIVS  MVTlVS  SOCIO  IVCVNDISS  . 
COMMILITONI   FIDISSIMO  .P.C 

Attese  pure  Ascanio  alle  fabbriche  civili ,  essendo  l'opere 
sue  singolarmente  a  Torino ,  dove ,  oltre  la  chiesa  della 
Trinità ,  disegnò  anche  quella  de'  cappuccini  al  Monte  ; 
lece  pure  uno  studio  d'una  villetta ,  notandovi  Crede  il 
FUozzi   die   si  debba  ecc.  i^)  ed  altre  cose  minori.  Suoi 

'1}  Solo  a  stampar  questa  lapide,  e  con  qualche  menda,  fu  il  Cibrario 
a  pag.  220  del  voi.  II  della  .Storia  di  Torino. 
^2>  Archivi  di  Stato,  voi.  1  ,  f.»  .'16. 


589 
disegni  si  hanno  alf  Università  e  specialmente  della  rin- 
novata facciata  del  castello  dal  Tempesta  effigiata  in  quadro 
ed  in  istainpa ,  con  altra  che  molto  ritrae  di  quella  ag- 
giuntavi poi  dal  Juvarra  ed  ha  in  calce  il  monogramma  W 
( Ascanius  J-^itotius  Faciehat).  Ve  altrove  im  altro  pro- 
getto con  approvazione  ducale  delli  9  novembre   1600. 

Di  sua  invenzione  sono  pur  anche  le  prime  case  di 
piazza  Castello,  giusta  ordine  edilizio  delli  16  giugno 
1606^0,  come  sue  pur  sono  quelle  proposte  in  istrada 
di  Po  senza  portici,  ne  stipiti,  alte  m.  i-y,  00,  nel  verso 
del  foglio,  ch'è  ali  Università ,  leggendosi:  (c  II  retro  di- 
))  segno  è  fatto  con  sattisfatione  di  S.  A.  S.  qual  agra- 
»  disce  ali  quatro  padroni  del  sito  che  anno  nella  strada 
«  di  Po  ,  che  fabrichino  conforme  a  detto  disegno  ,  et  cosi 
»  mi  ha  comandato  ch'io  dica  a  detti  particolari.  In  fede 
»  di  che  li  ho  cossi  detto  et  fatto  la  presente.  Da  Torino 
»  li  17  di  maggio  1621.  Ascanio  Vitozzi  ».  E  più  sotto: 
Vi  Facciata  delle  case  fiibbricate  di  nuovo  nella  strada  di 
))   Po  l'anno    1621  )>. 

]Ma  l'opera  sua  maggiore  fu  certamente  la  vastissima 
chiesa  della  Madonna  di  Vico  presso  Mondovi,  nella  cui 
pietra  fondamentale  è  scritto  che  il  vescovo  Gastruccio  (^) 

PRIMARIVIVi   LAPIDEIVl   ASCANIO  VICTOTIO  ARCHITECTO 

IN  FVNDAMENTVIVl  POSVIT 

NONIS  IVLII   IVI  .  D  .  XC  .  VI. 

L'edificio  è  alto  m.  -j  2  circa  ;  elhttica  né  la  pianta  con 
asse  maggiore  interno  di  m.  64  ;  l'asse  minore  esterno 
di  circa  m.   5o  ;  l'interno  di  m.  26  e  le  stampe  se  n'hanno' 

(1)  Editto  ducale  a  stampa. 

(2)  Nalliav ,  Corso  àeir  Ellero ,  pag.  49. 


b90 

nel  teatro  Pedemontano  v^' ,  avendosi  allUniversità  certi 
disegni  originali  in  cui  il  Vitozzi  è  detto  Invento!'  et 
Extructor ,  ma  coll'anno   1616. 

Pegli  scritti  suoi^    che   pur  dovettero  esser    numerosi, 
non  mi  fu  dato  di  ritrovarne  alcuno. 

LVl. 

VITOZZO  VITOZZI  DA  ORVIETO. 

Già  prima  di  quelI'Ascanio ,  di  cui  furon  date  le  notizie, 
vissuto  era  nel  xvi  secolo  un  altro  ingegner  Ascanio  pel 
Duca  di  Firenze  Alessandro  Medici  dante  opera  a  risanar 
le  Chiane,  distendendone  una  relazione,  che  il  Targioni 
Tozzetti  promise  di  mandar  in  luce.  Era  intitolata  :  In- 
formazìone  delle  operazioni  fatte  nella  disseccazione  delle 
chiane  Vanno  i533  (2',  ma  forse  non  fu  mai  stampata. 
Altro  ingegnere  ed  architetto  fu  Vitozzo ,  il  quale ,  venuto 
a  militar  in  Piemonte  collo  zio  Ascanio.  trovavasi  nel 
1 594  alla  presa  di  Bricherasco  ove  fu  ferito ,  siccome 
canta  uno  sciagurato  poeta  contemporaneo  : 

«   Il  Capitano  Ascanio  e  '1  Capitano 

»  Vitozzo  suo  nipote  in  quel  fracasso 

»  Mostrar  con  l'opre  che  1  sangue  Romano 

n  Tenne  sempre  '1  nemico  humile  e  basso , 

»  E  se  percosso  fu  da  cruda  mano 

)>  Poscia  il  nepote  con  rigido  sasso 

»  Che  malamente  gli  ruppe  la  fronte 

»  Si  vendicò  benissimo  dell'onte  (3)  ». 


-  [Vj  Theatrum  Staluum  R.  Cel.  Saftawrioe (Amsterdam,  1682).  Voi.  I,  p.  96,  97. 

(2)  Prodromo  della  Corografìa  e  della  Topografia  fisica  della  Toccava 
(1754),  pag.  91. 

(3)  RafTael  Toscano,  Guerre  'lei  Piemonte,  Canto  IV,  f."   il  ,  nis. 


Neil  anno  seguente  fu  dato  in  aiuto  allo  zio  Ascanio  , 
con  patente  delli  3i  ottobre,  che  lo  dichiarano  suo  in- 
gegnere aiutante;  poi  alli  25  giugno  dell'anno  1610  ebbe 
trattenimento  mensile  di  ducatoni  3o  da  i3  fiorini  per 
riguardo  alla  lunga  serviti!  verso  il  Duca  sin  dall'anno 
iSg-y  (•',  indizio  che  negli  anni  antecedenti  aveva  egli 
militato  senza  pubblico  ufficio. 

I.  Ordine  di  quello  s'ha  da  fare  attorno  il  ì'ecitito 
di   Torino,  secondo  il  parere  del  Vitozzi. 

Breve  scrittura  nelf  Archivio  di  Stato  in  Torino,  Fab- 
briche militiu'i  e  fortificazioni ,  INIazzo  I.  Si  riferisce  al 
da  farsi  al  Ijastione  della  Consolata,  alla  piattaforma  di 
Porta  Palazzo  ed  a  quella  verso  Porta  Marmorea,  nonché 
alle  palizzate  verso  lo  spalto.  Il  puro  nome  Vitozzi  la- 
scierebbe  dubbio  se  a  lui  i^ppar tenga  lo  scritto  od  allo 
zio ,  ogniqualvolta  non  vi  fosse  ripetutamente  accennato 
al  capitan  Vitozzo,  cioè  al  nipote  d'Ascanio. 

LVil. 
ERCOLE  NEGRO  DI  SAN  FRONT  DA  CENTALLO. 

Da  un  Bartolomeo  di  Centallo  cospicuo  borgo  presso 
Cuneo  nacque,  circa  la  metà  del  xvi  secolo,  Ercole 
Negro  noto  poi  sotto  nome  di  conte  di  San  Front  (^). 
La  nativa  sua  terra  era  allora  suddita  di  Francia  (e  come 
parte  del  Marchesato  di  Saluzzo,  lo  fu  fino  al  1601), 
dimodoché    dovette    porsi    il    giovane    sotto    le    bandiere 


'S)  Cibraiio,  Storia  di  Torino,  noie  al  capo  3."  del  libro  iV;  sue  schede 
nella  biblioteca  del  Re. 

(2)  Cosi  nel  suo  Icstaraento  del  1616,  di  cui  è  copia  presso  l'ultimo 
suo  discendente. 


592 

Francesi  e  deve  essersi  segnalato  per  nmltiforiiie  capacita ^ 
poiché  quando  andò  scisso  quel  regno  in  fazioni  poli- 
tiche,  aventi  allora  nome  e  veste  di  religiose ,  egli  qual 
capitano,  ingegnere  ed  architetto  del  Re  (gradi  avuti  pro- 
babilmente da  Enrico  IH  0)),  tenne  dapprima  le  parti 
degli  Ugonotti ,  che  molti  erano  nel  marchesato  e  terre 
unite  a  Francia,  molti  in  Gentallo  ed  ancor  più  in  Pro- 
venza e  Delfmato. 

In  cjuest'ultima  provincia  e  per  gli  Ugonotti  era  di 
presidio  il  Negro  nel  i58o  alla  Mura  luogo  Torte  e  tra 
monti  disagiati,  allorc|uando  venne  con  truppe  cattoliche 
a  porvi  assedio  il  Duca  del  Maine  battendola  per  alquanti 
giorni  sinché  «  essendone  uscito  il  Capitan  Ercole  Negro 
»  di  Centallo  ingegnere ,  che  mostrò  in  c|ual  parte  si 
))  doveva  piantar  l'artiglieria  per  battere ,  fu  tal  terra 
))  presa  (-)  » .  Dannabilissima  azione,  che  se  il  Negro  abbor- 
riva  dallo  stare  contro  i  Cattolici,  tanto  meno  doveva 
mancar  di  fede  a  chi  ponevala  m  lui;  di  più  direi,  se 
non  sapessi  e  vedessi  come  nelle  politiche  rivollurc  primo 
ad  esser  ottenebrato  sia  il  moral  sentimento  pubblico  e 
privato ,  essendoché  la  morale  ,  come  Dio  che  n'è  principio, 
è  una,  eterna  e  sola. 

Militando  poi  sempre  coi  Cattolici,  trovossi  nell'anno 
stesso  e  nel  seguente  col  Maine  alla  presa  delle  terre 
Delfinati  di  Bennes  e  Liveron,  e  poco  stante  al  campo 
sotto  Gap.  E  poiché  il  Negro,  come  quasi  tutti  gl'inge- 
gneri Italiani  d'allora,  era  anche  pittore  e  benissimo  di- 
segnava  prospettive   e  paesi ,  così  in  quattro  fogli  elfìgiò 

(1)  Capitano  Ercole  Negro  di  Geniale  Iiig.  el  Architetto  di  S.  M.  C.liìnio 
e  scrilto  dì  sua  mano,  e  prima  del  1588,  in  un  esemplare  dell'  Istruttione 
del  Busca  stampata  nel  1584. 

(2)  Parole  dell'amico  suo  Giuseppe  Cambiano  gran  maestro  d'artiglieria 
neir  Hislorico  discorso,  lih.  IV,  col.  1211  (Mon.  Hisl.  Patriac,  Torino  18 iO, 
*<rriptornm  ,  tomo  I\ 


593 
que'  forti  apponendovi  scrilte  analoghe  a  quesla  :  //  veì'o 
disegno  della  Mura  con  il  suo  paisaggio  et  i  luochi 
do\fe  erano  accampati  li  regimenti  della  Armata  di  sua 
Ma}""  Cris."""  sotto  la  condutta  del  Ecc."'''  S."'''  Duca  di 
Humeina  Generalle  in  essa  Àrmatta ,  et  presa  lano  i58o 
del  Mese  di  ottobre.  Per  esso  S.°''  Duca.  Fatto  per  me 
Her colle  Negro  Architetto  di  S.  M.  Cr.'"^  '^).  Altri  di- 
segni di  assai  terre  e  città  di  Francia  come  Bordeaux, 
Angers,  Marsiglia,  Borgo  in  Bressa,  Chàtillon  en  Guienne, 
Gap,  la  Napola  attestan  tutti  la  sua  presenza  in  que' luoghi 
e  certamente  per  ragion  di  guerra ,  ma  portando  la  scritta 
Faite  della  main  du  capit.  Hercoles  Comte  de  Sanfi'ont, 
significan  che  dai  disegni  originali  li  mise  in  pulito  stando 
in  Piemonte  e  dopo  il  1689,  come  sarà  detto.  Le  quali 
vedute,  a  modo  di  prospettiva  parallela  o  cavaliera,  son 
toccate  a  penna  con  rara  maestria  e  di  poco  sottostando 
alle   opere  degli  eccellenti  maestri  d'allora. 

Men  felicemente  attese  alla  meccanica,  avendosi  in  co- 
dice deirUniversità  //  disegno  del  Molino  qui  disopia 
e  chio  feci  fare  a  Centallo ,  è  al  Presente  si  l'iti'ova  nella 
Cittadella  di  Cunio  et  ne  è  fatto  far  in  molti  altri 
luochi  come  in  Bellilla ,  in  la  Cittadella  de  JSantes  et 
di  Sentes  et  di  Dieppa  et  farra  di  farina  ogni  orra  uno 
sacho.  Hercole  Negro.  E  piii  sotto:  //  simile  si  farà 
per  il  forte  di  S.^°  Bartolomeo.  In  calce  al  disegno  di 
altro  molino,  che  quasi  in  nulla  differisce  dal  primo, 
leggesi  :  //  disegno  del  Molino  qui  di  sopra  è  quello 
che  ò  fatto  fare  Al  forte  di  Demonte  della  Madona 
la  Consolatta  il  presente  Ano  et  ogni  horra  farra  di 
farina  un  sacho.    Hercole    Negro  (^).  Faticosi  son  però 


(1)  Arcbivi  di  Stato  in  Torino;  volunae  IH  di  forliGcazione. 

f9)  Nella  Relazione  dell'assedio  di  Vercelli  si  ba  :  «  Il  conte  Sairfronle 

3S 


mi 

questi  molini  e  complicati;  sei  cavalli  fan  girar  l'asse  di 
ìina  ruota  orizzontale  dentata  che  ino;rana  in  una  verti- 
cale  a  rocchetti,  ingranante  in  altra  orizzontale  e  dentata 
che  morde  ne'  rocchetti  sotto  la  macina.  Convien  tuttavia 
credere  che,  quantunque  lento,  questo  molino  paresse 
l^iiono,  stato  essendo  effettuato  in  tanti  luoghi  diversi. 
Al  qui  indicato  assedio  di  Chdtillon  en  Guienne,  che  fu 
del   i586,  ei  trovossi  col  Duca  del  Maine. 

Sino  all'anno  i588  aveva  il  Negro  guerreggiato  in 
Francia  e  per  Francia  or  con  Ugonotti ,  or  con  Cattolici. 
Ma  in  quell'anno  un  Principe  di  audacia  ed  ambizione 
singolari,  così  attivo  ne'  maneggi  e  mobile  ne'  trattati 
come  prode  nell'armi  (JManzoni)  ;  che  in  nessuna  stima 
avendo  gli  uomini  e  sempre  ravviluppato  in  cospirazioni 
contro  Re  e  Repubbliche,  trovandone  alieni  i  buoni,  scen- 
deva a  trattar  coi  perversi ,  da  lui  conosciuti  per  manca- 
tori di  fede  alla  fede,  ma  tenaci  nella  perfidia  {Botta)  (0; 
che  coll'armi  e  coll'oro  aspirò  alla  corona  di  Francia, 
aspirò  a  quella  dell'impero ,  e  diceva  la  fama  che  mac- 
chinasse per  diventar  Papa,  che  dopo  cinquantanni  di 
regno  lasciò  menomato,  invaso,  stremo  d'ogni  bene  il 
Piemonte,  ne  rischiarato  di  luce  alcuna  di  lettere  ed  arti 
già  dal  padre  con  tanta  alacrità  fomentate:  questo  Prin- 
cipe, ossia  Carlo  Emmanuel  I,  sapendo  come  segnalato 
fosse  il  Negro  in  opere  d'armi  e  d'ingegneria ,  avrà  fatto  sue 
arti  per  averlo    a  se,    siccome  nato  in  quella  jwrzion  di 


»  fece  fare  inolini  da  cavallo  per  tulli  li  quartieri,  che  molevano  quasi 
»  al  paro  de'  molini  da  acqua,  oltre  gran  numero  di  altri  da  braccio,  tal- 
"  raenlechè  non  si  paliva  di  farina  ». 

l^  Sebbene  fra  questa  gente  non  si  spende  più  vii  moneta  della  fede,  ad 
ogni  modo  è  meravigliosa  cosa  il  vedere  come  ne  sian  tenaci  nella  perfidia. 
Parole  poste  in  bocca  al  Duca  da  G.  R.  della  Torre  nella  Congiura  di 
G  C.  racchero  (Firenze  ,  1847,  pag.  585  ;  Jrch.  St. ,  voi  XIII  ). 


59o 
Viemonle  che  la  debole  e  divisa  Francia  non  avrebhegli 
impediLo  di  far  suo,  come  infatti  selebbe. 

Nell'anno  medesimo,  regnando  in  Francia,  ma  non 
sui  Francesi  sollevati,  Enrico  III,  intesosi  Carlo  Ema- 
nuele con  Filippo  di  Spagna  e  coi  Guisardi,  tolta  l'occa- 
sione dell'avere  il  Lesdiguières  occupato  le  vette  di  vai 
di  Po ,  ad  un  tratto  invase  il  Marchesato  di  Saluzzo  e 
le  valli  sue  ;  ma  respinto  dai  Delfmati  posossi  a  Sampeyre 
nell  alta  valle  della  Vraita,  dove  dal  JNegro  (che  abban- 
donato aveva  Francia ,  ov'  era  ingegnere  del  Re ,  per  darsi 
al  Duca)^  fu  fatto  in  sito  assai  comodo  un  forte  di  terra, 
che  apri  la  via  alla  riconquista  di  vai  di  Po  '^).  Nel  se- 
guente anno  portossi  alla  guerra  che  dai  Ginevrini  facevasi 
al  Duca,  il  quale  pensando  che  un  forte  avrebbeli  frenati 
ed  intimoriti,  ne  diede  carico  al  Negro.  Fu  scelto  il  luogo 
a  due  leghe  dalla  città ,  presso  il  villaggio  di  Songy  (2) 
ed  in  riva  al  la2:o.  volendo  il  Duca  che  celatamente  vi 
si  facesser  e  ricoverasser  barche  per  la  meditata  sorpresa 
di  Ginevra  C^);  la  pianta  n'era  un  pentagono  simmetrico 
anziché  equdatero,  due  cortine  ed  un  bastione  essendovi 
assai  maggiori  degli  altri.  Le  opere  vi  fiu'on  di  terra, 
lavorandovi  a  gara  i  soldati  delle  varie  nazioni  e  dal 
nome  della  Duchessa,  il  forte  fu  detto  di  S.  Catlerina; 
ma,  caduto  nell'anno  1600  in  potestà  di  Francia,  fu 
spianato  a  furor  di  popolo  dai  Ginevrini  (^). 

Nell'anno    1090  avendo  il  Lesdiguières  inoltrato  entro 


(1)  Cambiano,  Historico  discorso,  col.  1239. 

(2)  Guichenon,  pag.   "721. 

(3)  Fu  disegnato  da  MonsU  di  S.  Fronte  ad  effetto  di  dare  un  crollo  ben 
da  vicino  a  Ginevra.  Ordinando  parimenti  farvi  in  questo  mentre  fabricare 
dentro  barche  et  altri  ordegni  che  per  degno  rispello  tralascio.  Cosi  nel 
1656  il  capitano  Carlo  Morello  negli  Avvertimenti  sopra  Ir  fortezze  di 
S.  R.  A.  nella  Biblioteca  del  Re  in  Torino. 

(4)  Guichenon,  pag.  7-21,  7*9;  Cambiano,  col.  1249. 


596 

l'alpi  un  corpo  de'  suoi  che  pel  passo  dell'Argentiera 
scendesse  in  vai  di  Stura,  fu  mandato  ad  opporvisi  il 
Sanfront  che  si  munì  con  trincieramenti ,  |X)i  ebbe  ordine 
di  fortificar  Demonte ,  il  che  tosto  fece  ponendovi  le  ar- 
tiglierie (0;  fatta  irruzione  in  Francia,  le  sue  truppe  pre- 
sero il  Chàtelard,  facendovi  prigioni  l'ingegner  Ugonotto 
Davide  Auban,  diportandosi  il  Sanfront  con  bravura  e 
sperienza  nello  approfittar  de'  siti  e  nel  maneggio  delle 
artiglierie  (-X  Ed  appunto  sin  dal  principio  di  questa  cam- 
pagna ave  vagli  Carlo  Emanuele  attestato  il  caso  che  faceva 
dell  ingegno  e  valor  suo,  investendolo  (in  data  i3  aprile 
1589)  del  feudo  di  Sanfront  in  vai  di  Po,  con  giurisdi- 
zione e  titolo  di  Conte  trasmissibile  a'  suoi  discendenti  (3), 

dicendo   il  Della   Chiesa  che   u  Sanfronte hebbe 

»  etiandio  titolo  di  contado  nella  persona  di  Hercole 
»  Negro  imo  de'  più  eccellenti  ingegnieri,  e'  habbi  avuto 
»  il  Piemonte  ne'  giorni  nostri,  e  che  tra  gli  altri  figliuoli 
))  lasciò  Euclide,  che  vive  Presidente  nell'  Eccell.™*  Ca- 
»   mera  di  Torino  ». 

Prese  parte  a  quasi  tutte  quelle  incessanti  e  minute 
alpestri  fazioni ,  tra  le  quali  va  distinta  la  batteria  data 
ad  Exilles  nel  maggio  del  iSq^  W;  riconobbe  poi  il  silo 
di  Bricherasco  e  suo  forte ,  e  vi  piantò  tre  batterie  cosi 
combinate  che  agevolaron  l' assalto  di  quel  castello  e 
borgo  (^);  dii'  anni  dopo  combattè  i  Francesi  a  Cels  presso 
Exilles  (^).  Più  luminosamente    mostrò  l' ingegno   suo  nel 


(1)  Gioffredo,  Storia  dell'Alpi  Mariltime,  col.  1634,  37. 

(2)  Cambiano,  col.  1261,  62. 

(3)  Qnona  reale  di  Savoia  (16551,    voi.  I,   pag.  4470.   Cibrario,  Notizie 
Genealogiche  di  famiglie  nobili  della  Monarchia  di  Savoia  (1866),   p.  161. 

(4)  RaiTael  Toscano,  Guerra  del  Piemonte,  Cod.  dell' Università,  Canto  II, 
f."  20. 

(5)  Cambiano,  col.  1.325  e  segnenli. 

(6)  Ivi,  col.  1334  e  seguenti. 


597 
*^97'  poiché  avendo  il  Duca  invano  tentato  di  trarre 
a  battaglia  il  Lesdiguières  e  perciò  condotto  l'esercito 
nel  Grésivaudan,  fece  fare  dal  Sanfront  a  Barraiix  in 
terra  Francese  un  forte  che  molestasse  Grenoble  e  coprisse 
Chaniljéry  (0  ;  vi  si  lavorò  gagliardamente  nell'autunno  e 
fu  appellato  di  S.  Bartolomeo  dal  giorno  in  cui  fìi  fondato, 
benché  dal  De  Thou  e  da  altri  Francesi  pendenti  a  pro- 
testantesimo si  asserisca  essergli  imposto  il  nome  dalla 
famosa  strage  di  venticinqu'  anni  prima.  Sventurato  tu 
però  il  Duca  in  quel  forte ,  poiché  postovi  governatore 
un  Bellegarde,  da  chi  lo  ingannava  indotto  questi  a  mandai' 
alla  preda  parte  del  presidio,  fu  in  quel  frattempo  sor- 
presa la  piazza  dai  Francesi,  che  la  ritennero  siccome 
fatta  in  lor  territorio  e,  poiché  era  di  terra,  facendola 
tutta  di  muro.  Tanto  narra  il  Morello  con  queste  pa- 
role (^):  «  Il  Forte  di  Barò  è  stato  fatto  dil  ordine  di 
)•>  S.  A.  S,  Carlo  Emanuel  e  disegnato  da  IM.  di  S.  Fronte. 
»  Fu  questo  forte  fatto  ad  effetto  di  sei^vire  di  antemu- 
»  rale  al  castello  di  Monmilliano,  et  per  mezzo  di  questo 
»  soccorrere  in  un  bisogno  il  suddetto  castello,  et  anco 
))  per  bavere  un  piede  nel  Delfinato.  Ma  perchè  non  fu 
»  osservata  la  legge  di  non  mai  fabbricare  in  casa  d'altri, 
»  perciò  il  suolo  è  restato  con  li  nuovi  ediflcii  al  suo 
))  patrone  legittimo,  restando  intanto  per  stecco  nelli 
»  occhi  del  medesimo  Castello  di  Monmilliano  ».  Il  qual 
Morello  ne  aggiunge  la  pianta  dimostrante  l'assai  lunga 
sua  figura  cinta  da  sei  bastioni  (uno  de'  quali  appellavasi 
San  Fronte)  e  terminata  da  due  tenaglioni.  Della  caduta 
del  forte  fu  causa  precipua  Tesserne  lontano  l'esercito 
andato  col  Sanfront  a  riconoscere  il  INIoriennese  Castello 


^l)  Cambiano  ,  col.  1358. 

(2)  A>>^;erti menti,  ms.  f."  17G,  177. 


598 

della  Charboniiière  (0,  dove  fu  sconfino  e  fatto  prigione 

il  Crequi  luogotenente  di  Lesdiguières. 

Dopo  la  pace  di  Lione  del  i6or,  badando  il  Duca  alle 
ojrosse  ed  imminenti  guerre  con  Francia  e  Spagna,  pose 
il  Sanfront  consigliere  di  Stato,  sovrintendente  generale 
delle  fortezze  e  capitan  generale  deirartiglieria,  statuendo 
che  i  legnami  acconci  agli  afìfusti  ed  i  bronzi  delle  cam- 
pane non  fossero  vendibili  senza  sua  licenza  (^);  adopra- 
vasi  intanto  il  Duca  a  riattar  fortezze,  migliorare  e  fon- 
dere artiglierie.  .  Rottasi  poi  la  guerra  nel  i6i3  per  la 
successione  del  Monferrato,  vi  si  trovò  il  Sanfront  a  go- 
vernar le  artiglierie  alla  presa  di  Trino,  quindi  a  quella 
di  Moncalvo  (^i,  come  all'acquisto  di  Monasterolo  ed  alla 
presa  di  Crevalcuore  ('*).  Sapendo  poi  il  Duca  esser  mi- 
nacciata Ivrea,  mandovvi  a  fortificarla  e  difenderla  il  San- 
front (5). 

La  qual  guerra ,  interrotta  da  breve  e  sospettosa  pace, 
arse  più  fiera  nel  1 6 1  -y  ,  quando  il  governator  di  INIilano 
Pietro  di  Toledo,  accennando  ad  un  tempo  a  Santhià, 
Verrua ,  Crescentino  e  Vercelli  indusse  il  Duca  in  incer- 
tezza, sfornendo  quest'ultima  terra  per  munir  le  altre; 
ottenuto  il  qual  intento  mosse  rapidamente  il  Toledo  ad 
assediar  Vercelli.  Visto  il  pericolo  fu  sollecito  il  Duca 
a  spinger  nella  città  mille  fanti  e  trecento  cavalli  guidati 
da  provati  capitani  e  u  dal  sig.  conte  di  Sanfront,  il  quale 
»   spinto    dal    grande    desiderio    d'entrare,    camino  quasi 


(t)  Guichenon,  pag.  763, 

(2)  Archivi  di  Stato.  Materie  militari.  Mazzo  !.<>  (18  giugno  1605). 

(3)  Ideo,  Hist.  Tridinensia  (17  ),  lib.  ITI,  p.  343.  Praefectus  crai  tor- 
mentariis  Hercules  Niger  ,  in  Gallicis  expedi tionibus  clari  nominis  Hbratnr; 
Possevino  (1637)  Bellum  Monferratense ,  p.  115;  Pagani,  Guerra  del  Jlfon- 
ferrato  (1613),  pag.  11. 

(4)  Possevino,  pag.  158,  551. 

(5)  Idem,  pag.  515. 


599 
tó  sempre  con  li  carabini  d'aiitigiiardia  quali  erano  coiiian- 
»  dati  dal  S.  Gav.  di  \arax,  et  essendo  egli  detto  Conte 
))  pregato  di  niarciai^e  nella  battaglia  per  maggiore  caii- 
»  tela  di  sua  persona  tanto  necessaria  dentro  Vercelli , 
»  egli  rispose  essere  altrettanto  necessario  con  lantiguardia 
»   per  provvedere  ad  ogni  movimento  che  potessero  fare 

»   gli   Spagnuoli vuolse  prima  ch'entrare  nella 

»  città  il  Conte  di  S.  Fronte  ,  non  ostante  ogni  strac- 
»   chezza ,  visitare  la  contrascarpa  e  tiùnciere  intorno  alla 

»   città et  al  Conte    di    S.  Fronte    fu    rimesso 

))  e  comandato  tutto  il  negozio  della  fortificazione  in  di- 
»  fesa  della  piazza  (•'  ».  Entrato  inoffeso,  per  bella  astuzia 
di  guerra ,  trovò  mancante  ^  ercelli  di  fosso  e  di  terra- 
pieno, dovendo  egli  ridursi  a  difender  lo  spalto  con 
continue  sortite  (-).  Sotto  U  fuoco  degli  Spagnuoli  alzò  una 
mezzaluna  a  difesa  d'una  cortina,  fece  di  fascina  un  ba- 
stione ed  una  catena  di  rivellini  e  ridotti  per  tener  lon- 
tano il  nemico  dal  corpo  della  piazza  ;  miiiò  le  mezzelune, 
piantò  un  fortino  dove  il  fosso  era  scoperto,  altrove  un 
ridotto  ed  un  cofano  e  munì  di  parapetti  e  traverse  le 
opere  esterne  correndo  rischio  alli  i5  giugno  di  essere 
gettato  in  aria  dall'esplosione  d'una  mina.  Cavò  nel  fosso 
una  cunetta  e  con  cofani  e  strade  coperte  lo  rese  difen- 
dibile palmo  a  palmo  j  staccò  dalla  città  per  altro  fosso 
tutto  il  corpo  dun  bastione  trincierandolo  al  di  dentro 
e  fiancheggiandolo.  Affralito  dalla  stanchezza,  facevasi 
portar  in  sedia,  e  per  rendere  al  nemico  impossibile  la 
mira,  cinse    di  tele  su    pali  le   mura  ov'era  più  violento 

(1)  Gap.  Pietro  Berardo,  Relatione  di  quello  è  seguilo  al' assedio  di  f^er- 
celli  del  1G17.  Ms.  dell'  Università  di  Torino.  Questo,  con  altri  squarci  , 
manca  nel  codice  che  servi  per  l'edizione  che  io  ne  diedi  nel  voi.  XII I 
(1847)  dell'Archivio  Storico  Italiano. 

(2;  Ghislieri,  Discord  militari,  Ms.  degli  Archivi  di  Stalo.  Dedica. 

,3)  Berardo,  pag.  i05,  510  dello  stampato. 


600 

il  fuoco  ed  il  tutto  sparse  di  profondi  pozzi  cojjerti,  Os- 
sian buche  di  lupo,  con  cavalli  di  Frisa  e  con  riccioni  (0, 

Furono  le  opere  esterne  combattute  d'ambe  le  parti 
con  valor  grandissimo  e  dal  San  Front  difese  con  squisita 
perizia,  avendo  egli  mostrato  assai  maggior  ingegno  e  spe- 
rienza  che  non  gì'  ingegneri  assedianti  ;  fu  anzi  cominciata 
la  difesa  con  sortite  dallo  spalto  per  consiglio  del  San 
Front,  che  conoscendo  la  debolezza  dell'altre  opere,  voleva 
a  tutta  forza  ritardarne  l'attacco.  Dopo  consumata  ogni 
polvere  e  respinti  tutti  gli  assalti ,  fu  proposta  la  resa  , 
assai  ed  invano  opponendosi  il  San  Front  deciso  a  di- 
fender le  breccie  all'  arma  bianca  (^)  ;  partito  piuttosto 
temerario  che  audace  e  che  di  pochissimo  tempo  avrebbe 
prolungata  la  difesa ,  se  non  che  pensava  egli  che  col- 
l'acquisto  di  due  o  tre  giorni  sarebbesi  dato  agio  al  Duca 
di  venire  al  soccorso  G^).  ^enne  a  patti  Vercelli  dopo 
sofferto  due  mesi  d'assedio  e  tirato  essendosi  dalle  due 
parti  sessantasette  mila  cannonate  ;  mancando  le  miccie, 
requisì  il  San  Front  le  corde  delle  campane  ed  in  un 
con  quelle  dei  fornimenti  d'artiglieria  le  fece  cuocer  nel 
nitro;  requisì  tutti  i  metalli  della  città,  e  da'  speziali  e 
pizzicagnoli  le  vesciche  per  farne  cartuccie  ;  la  breccia 
era  lunga  piucchè  trecento  metri  e  vi  si  poteva  salir  a 
cavallo. 

Quando  uscì  il  presidio  ,  D.  Pietro  di  Toledo  ,  fatto 
sostare  il  governator  Caluso  ed  il  San  Front,  abbracciolli 
rallegrandosi  per  la  stupenda  difesa  (■*' ,  ma  il  Duca  esa- 
sperato   carcerò  il  Caluso  ed  il  Tosti   accusando  l'ultimo 

(I)  Questi  particolari  della  difesa  sono  estratti  dal  Berardo. 
(■2)  li  Ricci  nelle  Narrationes  sui  lemporis,%\\  mette  in  bocca  una  retorica 
orazione  De  non  rcddendis  rercellis. 

(3)  Nani,  Historia  della  Rep.  Fenda  (1676),  lib.  IH,  pag.  159. 

(4)  Nani,  Assarini,  Capriata,  Fossati.  Valgomi  soprattutto  degli  storici  mu- 
nicipali e  degli  scrittori  militari  come  Berardo  e  Pier  Paolo  Floriani. 


GOl 
delle  scarse  provvisioni,  1  altro  di  aver  al  tlover  suo  an- 
teposto la  grazia  del  Toledo,  solo  dando  lodi  al  San  Front. 
Dicevasi  infatti  ovunque  che  «  con  la  difesa  di  così  im- 
))  portante  piazza ,  contro  esercito  cosi  grande ,  retto  da 
))  capitani  di  grandissima  perizia  in  guerra,  e  valore,  si- 
»  gillato  aveva  il  San  Front  la  sua  fama  e  nome  di  sin- 
n  golare  nelle  cose  della  fortificazione  ))  X  ;  e  notava  il 
Pasfani  (2)  essere  il  San  Front  «  soldato  vecchio  nelle  guerre 
»  di  Francia,  et  uno  de'  primi  ingegneri  de'  nostri  giorni  ». 
Laudaronlo  pure  gli  scrittori  dell'arte  e  tra  essi  il  Fio- 
riani  l^)  sovente  parla  di  quell'assedio  ;  del  quale  scriveva 
il  Tensini  «  Ultimamente ,  sotto  Vercelli ,  che  ha  fatto 
»  spargere  tanto  sangue  agli  Spaglinoli?  Non  altro  che 
»  la  pratica  della  fortificazione  di  Monsù  Sanfrone  »  ('*), 
e  dal  Ghislieri  è  detto  difensore  et  espugnatore  perfet- 
tionato  (5). 

Dopo  la  pace  e  ne'  pochi  anni  corsi  da  essa  alla  sua 
morte ,  fece  l' ingeonere  le  fortificazioni  di  Santhià  nel 
Vercellese  (^),  ed  a  Vercelli  aggiimse  alcuni  nvellini,  oltre 
la  strada  coperta  alla  cittadella  "^X  Più  importante  però 
fu  il  progetto  delle  mura  di  Torino  a  norma  dellingran- 
dimento  che  Carlo  Emanuele  voleva  aggiimgere  verso  il 
Po;  la  qual  fortificazione  partendo  da  Porta  Nuova,  pro- 
cedeva al  fiume,  poi  per  Vanchiglia  risaliva  la  Dora  co- 
prendo Valdocco  d'onde  andava  a  congiungersi  al  bastione 
della  Consolata  e  coprendo  con  nuove  opere  tutto  il  lato 


(1)  Emigliani,  Guerre  d'Italia  (1618),  pag.  51. 
(9)  Della  guerra  del  Monferrato  (1613\  pag.  11. 

(3)  Difesa  et  offesa  delle  piazze  (1630),  lib.  I,  cap.  15,  16;  lib.  Ili,  cap.  5,  19. 

(4)  Fortificalione  (1624).  Già  l'aveva  lodato  ai  capo  16  del  libro  I,  chia- 
mandolo Monsù  di  Cianfrone. 

(5)  Discorsi  militari,  manoscritto  degli  Archivi  di  Torino. 

(6)  Durandi,  Antica  condizione  del  Vercellese,  p.  143. 
0)  Morello,  loc.  cit.  f.  76,  78. 


602 

occidentale  della  città.  Combinò  egli  la  pianta  in  modo 
che,  supposto  cadnta  in  man  del  nemico  la  cittadella  (caso 
avveratosi  nella  guerra  civile),  si  potesse  da  levante  introdur 
soccorsi  i  quali  fossero  inoflesi  dalla  cittadella  stessa.  La 
qual  fortificazione  cominciata  nel  1619  procede  con 
lentezza  vivente  lingegnere  (0,  poi  fu  totalmente  mutata, 
e  non  in  meglio,  dal  Castellamonte  che  n'ebbe   il  carico. 

Ma  già  erasi  il  San  Front  allontanato  da  Torino  riti- 
randosi a  Savigliano,  tanto  apparendo  da  lettera  direttagli 
alli  3i  marzo  1622  da  Vittorio  Amedeo  II;  questa  città 
erasi  egli  scelto  a  pati'ia ,  ed  ivi  nel  coro  di  S.  Pietro , 
ovverà  la  cappella  e  sepoltura  sua  gentilizia ,  aveva  per 
testamento  voluto  essere  inumato.  Ignoro  in  qual  anno  egli 
morisse,  ma  certamente  non  oltrepassò  quello  del  1628, 
imperciocché  in  quest'anno  ed  alli  i5  aprile  è  l'infeuda- 
zione  del  villaggio  di  S.  Front  in  capo  di  Ettore  primo- 
genito della  numerosa  figliuolanza. 

Alle  tante  opere  da  lui  condotte  non  debbono  esser 
mancate  le  opportune  relazioni;  ma  di  queste,  come  di 
ogn'altro  suo  scritto,  non  ho  potuto  trovare  alcuna  men- 
zione, ogni  qualvolta  debbasi  dire  che,  combinando  egli 
direttamente  i  piani  suoi  col  Principe,  ogni  scrittura  rie- 
scisse  inutile,  come  già  fu  notato  parlando  degli  ingegneri 
che  servirono  Emanuel  Filiberto. 

LVIIl. 

GIACOMO  SOLDATI  DA  MILANO. 

Milanese  lo  dicono  gli  scrittori  di  quella  città  ed  ap- 
plicatosi   dapprima    allo    studio   dell'architettura  civile  ed 

(1)  Morello,  f.  15  e  seguenti. 


603 
idraulica;  però^  prima  che  si  levasse  in  fama  per  l'opere 
sue,  lo  trovo  in  Piemonte  ingegnere  e  cosmografo  ducale 
nell'anno  i566,  cioè  per  Emanuele  Filiberto  (0:  e  nell'anno 
sesfuente  dicesi  considier  militare  del  Duca  di  Savoia  in 
lettera  sulla  nascita  di  Carlo  Emanuele  I  C^X 

Tornò  in  patria  per  assister  al  congresso  tenutovi  nel 
iS'jo  per  due  questioni  di  prospettiva  e  di  costruzione  i-^). 
Avendo  il  Magistrato  delle  acque  di  Milano  proposto  agli 
ingegneri  di  trovar  modo  onde  render  costante  la  navi- 
gazione del  naviglio  grande ,  dando  la  rispettiva  compe- 
tenza alle  bocche  degli  utenti ,  affacciossi  il  Soldati ,  e 
sapendo  quanto  poco  e  male  l'adottato  partito  condotto 
avrebbe  alla  desiata  regolarità,  si  offrì  di  soddisfare  con 
ima  sua  macchina  a  tutte  le  cose  richieste.  Approvato  in 
massima  il  suo  parere,  fu  mandato  nel  15^2  alla  visita 
del  naviglio  grande,  rimanendogli  la  salisfazione  di  aver 
trovato  le  bocche  dispensatrici  costanti  di  egual  quantità 
d'acqua  v^). 

Mosso  dalle  brighe  de'  col  leghi  oppur  dalla  brama  di 
levarsi  in  fama  eziandio  come  ingegner  di  guerra,  pochi 
anni  dopo  Giacomo  tornò  in  corte  di  Torino  architetto 
ed  ingegnere  di  Carlo  Emanuele  I ,  dove  fu  amico  del 
matematico  Benedetti  (»)  e  diede   opera  ad  una  di  quelle 

(1)  Ricotti,  rUa  di  Em.  Filib.  (1861),  voi.  II,  pag.  370. 

(2)  Lettera  del  sig.  Jacobo  Soldati  Consigliere  militare  del  Ser.  S.  Duca 
di  Savoia^  scritta  in  forma  di  relazione  sopra  la  cerimonia  e  trionfi  fatti 
nel  battesimo  del  Ser.  Principe  di  Piemonte,  a  cui  fu  posto  nome  Carlo  Ema- 
nuelle,  alla  Suora  Chiara  Gosolina.  Scritta  ia  Torino  11  marzo  1567,  stam- 
pata iu  Milano.  >'ella  Biblioteca  volante  del  Cinelli,  voi.  IV^,  pag.  252. 

(3)  Martino  Bassi,  Dispareri  ecc.  '1583,  1781),  pag.  13.  M.  Giacopo  Sol- 
data,  uno  degl'ingegneri  di  questa  città,  persona  di  molto  spirito  et  valore. 

(4)  Ferrari ,  Sulle  bocche  che  estraggon  acqua  dai  navigli.  >'el  voi.  II , 
pag.  73,  85  degli  Opuscoli  scelti  di  Milano.  Ampiamente  ne  parlò  il  Bru- 
schetti (ma  senza  dir  del  Soldati)  nella  Storia  de'  progetti  per  la  navigazione 
del  Milanese,  1821. 

(5)  Diversarum  Speculationum  (1585),  pag.  133. 


604 

fantasie  irrite  sempre  e  vane,  dico  al  ricavar  le  leggi  degli 
edifici  da  quelle  della  musica.  Il  Lomazzo,  ch'eragli  amico, 
detto  de' cinqu'ordini,  aggiunge:  u  II  sesto  novellamente 
»  ritrovato  da  Giacomo  Soldati  architetto  del  Sereniss. 
»  Duca  di  Savoia,  che  egli  chiama  Armonico,  et  col  suono 
))  facilmente  lo  fa  sentire  all'orecchie,  ma  agli  occhi  stenta 
»  rappresentarlo,  volendo  in  questo  imitar  gli  antichi  che 
»  non  meno  sonando  che  disegnando  et  fabricando  fecero 
))  conoscere  al  mondo  l'armonia  dei  suoi  cinque  ordini. 
»  Cosa  che  riuscendoli  è  per  apportar  grandissima  gloria 
rt  alla  nostra  Italia  »  (0.  Altrove  due  volte  lo  mentova 
come  architetto  militare  (^\ 

Nella  guerra  del  1592  contro  la  Francia  presidiò  il 
Soldati  il  forte  di  Mirabouc  nella  valle  di  Lucerna,  che 
assalito  dal  Lesdiguières  fece  poca  l'esistenza,  rimanendo 
prigione  l'ingegnere  per  alquanti  giorni  (•^).  La  nota  di 
poco  valore,  della  quale  macchiossi  allora,  pare  che  in- 
dotto abJDÌalo  a  vantar  un  assai  dubbioso  servizio,  dicendo 
che  nella  sua  prigionia  ebbe  colloquio  con  Lesdiguières, 
udendolo  dire  che  con  scelta  truppa  e  4000  guastatori, 
pensava  di  notte  sorprender  Torino  ;  dal  qual  pensiero 
egli  lo  dissuase  facendogli  credere  munitissima  la  città  di 
tutte  quelle  difese,  che  esposte  sono  nel  Discorso  qui 
citato  al  N."  i.  Ma  tutto  ciò  mi  pare  vanità,  da  Lucerna 
a  Torino  incontrandosi  allora  assai  luoghi  forti ,  né  po- 
tè vasi  sorprender  la  cittadella,  né  tener  la  città  contr'essa. 

Sul  cader  del  secolo  tornò  il  Soldati  in  patria  dove, 
come  pericolosa  e  vana,  fu  reietta  la  sua  proposta  di 
aprir  un  canale  dall' Adda  in  terreno  ghiaioso  W,  e  moriva 


(1)  Idea  del  tempio  della  pittura  (1590),  pag.  35. 

(9)  Trattato  dell'arte  della  pittura  (1584),  pag.  652,  690. 

(3)  Cambiano,  col.  1299. 

(4)  Bruschetti,  pag,  125. 


605 
poco  dopo.  Nell'anno  i58o  riscuoteva  egli  in  Piemonte 
l'annuo  stipendio  di  L.  i-jSS  (0. 

BIBLIOGRAFIA  DI  GIACOMO  SOLDATI. 

I.  Discorso  di  Jacomo  Soldati  intorno  al  fortificare 
la  città  di  Turino,  servendosi  dalla  muraglia ,  baloardi, 
terrapieni  et  fosse  che  vi  sono  di  presente^  senza  alte- 
rare la  forma  del  recinto  pi^esente  ;  et  sarà  fortezza 
gagliardissima . 

Archivi  di  Stato  in  Torino,  materie  militari,  mazzo  I  ; 
originale.  Propone  d'ingrossar  i  muri  e  soprattutto  murar 
porte  e  finestre  delle  case  guardanti  l'interno  della  mu- 
raglia, facendone  un  retrofosso. 

II.  Discorso  di  Jacomo  Soldati  architetto  et  cosmo- 
grafo del  Sereniss.  S.  Duca  di  Savoia  ecc.  Del  modo  di 
defendere  la  cita  di  P^ercelli  dal  fumé  Servo   et  Sesia. 

Originale  nella  biblioteca  Saluzziana  ora  del  Duca  di 
Genova,  e  dato  da  Torino,  i°  aprile  i58o;  in  ij  fo- 
glietti. Di  Giacomo  non  fa  menzione  l'Argelati  ed  il  Bru- 
schetti non  rammenta  che  i  suoi  scritti  idraulici  riferenti&i 
a  Milano.  Negli  lirchivi  di  Torino  evvi  pure  la  pianta 
della  Villa  di  Rimbergs  sul  Reno,  sottoscritta  Carlo  Sol- 
dati ingegnerò  fecit  e  rappresentante  l'assedio  postovi 
dallo  Spinola  in  principio  del  xvii  secolo;  questi  doveva 
essere  fratello  o  figlio  di  Giacomo. 

Di  lui  trovo  anche  rammentato  dal  S.  d'Ayala  un  Di- 
scorso sulle  fortificazioni  di  Udine  W,  del  quale  non  dà 
altra  notizia  e  non  mi  è  punto  conosciuto. 


(1)  Ricotti,  Storia  della  Monarchia  Piemontese,  voi.  II,  pag.  528. 
(9)  Degl'ingegneri  militari  Italiani  (I8G9),  pag.  25. 


606 

UX. 

FEDERICO  GHISLIERI  DAL  BOSCO. 

Sili  del'  secoli  bassi  fioriva  in  Bologna  l'illustre  famiglia 
de'  Ghisilieri,  mentr'era  pure  al  Bosco  presso  Alessandria 
quella  de'  Ghislieri,  né  io  so  se  sin  d'allora  si  dicessero 
consanguinei.  Ma  allorquando  fu  assunto  al  Cardinalato  e 
più  ancora  quando  eletto  fu  pontefice  Pio  V,  nato  dai 
Ghislieri  del  Bosco,  i  patrizi  Bolognesi,  portanti  con  lieve 
diversità  il  nome  stesso,  si  dissero  stipiti  della  famiglia 
e  parlarono  di  un  Luciano  che  ,  circa  cencinquant'anni 
prima  ,  a  Torino  e  presso  Alessandria  propagato  aveva 
due  rami  di  lor  gente,  ed  il  Pontefice  stesso  (con  brevi 
del  i566,  yo)  si  riconobbe  lor  discendente  0).  Checché 
sia  di  ciò,  il  lacobilli  ed  il  Cesi,  scrittori  genealogici  di 
quel  casato,  narrano  che  Luciano  dimorando  in  Piemonte 
vi  generasse  un  Lamberto,  da  cui  nacque  Francesco,  che 
fu  padre  di  quel  Federico,  del  quale  do  qui  le  notizie  i^\ 
Concordano  però  ambedue  nel  dire  che  Federico  fosse 
del  ramo  di  Torino;  ma  Cesare  Campana,  scrittore  con- 
temporaneo ed  in  un  libro  qui  stampato  con  più  pro- 
babil  ragione,  lo  dice  del  Bosco  v^).  Un  altro  scrittore  lo 
vuol  Romano  ('',  accennando  all'origine  di  sua  famiglia  od 


,^1)  Soleva  però  dire  Pio  V:  Nec  alios  illustrcs  titulos  velie  se  in  gente m 
mam  induccrc,  quibus  ea  numquam  antea  darnisset.  Bolland.  Maggio,  p.  61 G. 
Kpperciò  ne  tace  il  Canefri  nella  ras.  genealogia  de' Ghislieri  d'Alessandria. 

(2)  l'amphili  Caesii,  ///.  Ghisilicriorum  genealogia  (Foligno  1G6());  Lodo- 
vico Jarobilli,  /'ita  di  cinque  Santi  de'  Ghisilieri  'Todi  16G1). 

(3;  Historic  del  Mondo  (Torino,  1598),  libro  XI,  pag.  457. 

(4)  Cimarelli,  Storia  di  Corinaldo,  pag.  181.  Ne  so  intendere  per  qual 
motivo  un  recente  scrittore  lo  dica  da  Brescia,  seppure  non  seguì  la  mal 
fondala  opinione  del  cav.  Cesare  Saluzzo.  Noto  però  essere  cosa  singolare 
come  ne'  tanti  suoi  scritti  giammai  accenni  il  Ghislieri  alla  parentela  sua 
con  Pio  V. 


607 
ali  aver  militato  per  la  Chiesa  ;  ma  eh  ei  fosse  della  terra 
anzidetta,  eh  era  allora  parte  di  Lombardia,  cioè  suddita 
a  Spagna ,  ricavasi  eziandio  dal  fatto  che  le  prime  armi 
ei  le  fece  per  quella  Corona. 

Quando  nascesse  non  mi  è  noto  ,  ma  dall'epoche  de' 
suoi  fatti  ricavasi  che  ciò  fu  poco  prima  del  i55o.  Scarso 
vantaggio  credo  pure  che  gli  recasse  lo  zio  Pontefice  av- 
verso al  nepotismo,  come  anche,  per  essere  questi  morto 
nel  15^2,  allorquando  Federico  non  contava  forse  ancora 
quattro  lustri.  Ad  ogni  modo,  se  qualche  cosa  giovògli 
nella  luminosa  sua  carriera,  sarà  stato  il  potersi  dire  con- 
sanguineo di  un  Papa  venerato  e  di  Michele  Bonelli  car- 
dinale Alessandrino  ,  cui  molto  peso  diede  nelle  corti  e 
nel  concistoro  la  fama  della  virtiì  propria  e  quella  dello 
zio;  fatto  è  che  ne'  numerosi  suoi  scritti  giammai  fa  pa- 
rola Federico  di  questa  sua,  e  fosse  pur  remota,  pai^eii- 
tela.  Giovine  ancora  si  volse  alla  profession  dell'armi,  come 
usavan  i  nipoti  de'  Papi,  che  sacerdoti  non  fossero  e  come 
usaron  altri  Bonelli  e  Ghislieri,  nel  suo  rapido  avanza- 
mento fomentato  essendo  dal  lustro  della  famiglia. 

Nell'esercito  Spagnuolo  militò  egli  dapprima  in  Fiandra 
venturiero ,  se  non  erro ,  sotto  Alessandro  Farnese  col 
quale  trovossi  nel  i582  presso  Gant  ad  assalire  l  esercito 
di  Francia ,  che  col  Duca  d  Alencon  operava  in  favore 
de'  Fiamminghi  sollevati  (^)  ;  fu  pure  collo  stesso  alla  presa 
dell'Ecluse  presso  Cambrai  tenuta  essa  pure  dai  Fran- 
cesi (^) ,  e  poco  stante  andò  a  Namur  a  visitare  Appio 
Conti,  che  da  Lieiji  venendo  con  scorta  di  dodici  lancie, 
imbattutosi  in  quindici  lancie  nemiche ,  quattro  ne  cat- 
tivò, rilevando  una  stoccata  ^^).  Contro  l'elettore  Truchsess 

(r  Discorsi  mililari,  mss.,  f.  107. 

(-2)  Trattato  dell'  Espugnazione  della  Rncrrlla,  nis  ,  f.  fi. 

(3)  Discorsi  militari,  f.   112. 


608 

Lrovossi  nel  i584  alia  presa  di  Bornia  fatta  dall'esercito 
Bavaro  adiuvato  da  3 odo  fanti  e  5oo  cavalli  coi  quali 
stava  il  Ghislieri  (^).  Militando  in  Fiandra  deve  aver  av- 
vicinato il  Farnese  ,  il  quale  usando  trai^re  a  se  i  pili 
degni  uomini,  deve  averlo  ricevuto  nella  corte  del  prin- 
cipe Ranuccio,  a  questi  dicendo  il  Ghislieri  nella  dedica 
dei  Cavaglier escili  essercitii  (di  Parma,  22  aprile  iSS^) 
ch'eragli  stato  maestro  di  scherma,  avvegnaché,  non  questa, 
ma  la  milizia  fosse  la  sua  professione.  Nel  iSqo  seguì 
in  Francia  il  Farnese  contro  Enrico  IV,  trovandosi  alla 
sanguinosa  presa  di  Lagny-sur-Marne,  ove  notò  che  per 
passar  il  fosso  adopraronsi  barche  pavesate  con  ponti 
cascatoi  al  modo  già  praticato  all'Ecluse  W.  Nell'autunno 
di  quell'anno  tornò  il  Ghislieri  in  Italia,  accompagnandosi, 
a  quanto  pare,  con  Pietro  Gaetano,  con  Mario  Farnese, 
col  Principe  di  Gastelvetrano  e  coll'amico  Appio  Conti  (3), 
recantisi  ad  ordinar  le  milizie  della  Chiesa  per  poi  av- 
viarle in  Francia  ;  fatta  la  massa  e  la  rassegna  al  Castel- 
lazzo  presso  Alessandria ,  numeraronsi  sotto  il  Gaetano 
nove  compagnie  di  fanti,  una  delle  quali  ebbe  a  capitano 
il  Ghislieri  (4) ,  e  tutte  per  la  via  di  Savoia  e  Borgogna 
portaronsi  in  Lorena ,  ove  si  congiunsero  col  Duca  di 
Parma. 

Credo  tuttavia  che  a  quella  guerra  poco  tempo  si  fer- 
masse e  che  tornasse  in  Italia  prima  ancor  della  pace 
conchiusa  dal  Papa  con  Enrico.  Nell'anno  stesso  i  SqS  un 
grosso  numero  di  truppe  Ecclesiastiche  andate  essendo  col- 
l'Aldobrandino  in  Ungheria,  era  fra  esse  il  Ghislieri  con  una 
compagnia  di  fanti  (^).  Giunte  nel  settembre  sotto  Strigonia, 

(1)  Discorsi  mililari ,  f.  115  ;  F.  Strada,  Deca  li,  libro  V,  pag.  202. 

(2)  Discorso  sopra  l'espugnazione  della  Roccclla  ;  f.  6. 

(3)  Campana,  Historic  del  mondo,  pag.  457,  58. 

(4)  Campana,  1.  cit. 

(5)  Idem,  libro  XVI,  pag.  723. 


609 
alloggiarono  contro  la  breccia  aperta  dai  Tedeschi  e  fu- 
rono cagion  principale  dell'acquisto  di  quella  piazza.  Fu 
nel  1 597  air  assedio  di  Giavarino  ,  dove  osservò  che  i 
Cristiani  di  giorno  «  non  poterò  retirar  i  pezzi  che  di 
»  notte  avevano  appariti  al  parapetto  per  contrabattere 
»  la  batteria  Turchesca  appiazzata  su  cavalieri  »  (0^  nar- 
rando pure  di  aver  veduto  u  un  Perugino  giostrato  da 
»  un  Turco  nella  schiena,  col  gettarsi  giù  da  cavallo,  fu 
))  poco  o  debilmente  ferito  et  liljerato  da  Noi,  che  con 
))  la  spada  sola  et  disarmati  ricaricassimo  lo  nemico  )•>  (^). 
Stando  in  Ungheria  sotto  Vaccia  fu  mandalo  da  Giorgio 
Basta  e  dal  Burgau  a  salvare  certi  fanti  Italiani  e  Francesi 
oppressi  dalla  cavalleria  de' zagaglieri  Turchi;  dove,  soc- 
corso dal  Basta ,  uccise  settanta  Turchi  e  prese  uno 
stendardo  (3). 

Prosegue  poscia  a  narrare  come:  u  l'anno  iSgS  par- 
»  titosi  l'esercito  imperiale  da  Altenburg ,  dove  haveva 
»  fatta  la  massa,  s'indirizzò  all'impresa  di  Pappa  piazza 
»  assai  debole  con  torrioncelli  all'antica  et  un  poco  ter- 
»  rapieno  :  battuto  che  fu  uno  di  questi  dalla  parte  del 
»  lago  che  lo  bagnava  (che  alla  destra  mancava  di  difese), 
»  fatta  la  breccia  ed  assalto  guidato  da  me,  lo  sforzas- 
»  simo  il  secondo  giorno,  et  i  Turchi  retirati  in  un  piccol 
»   castello ,  la  notte  seguente  si  arresero   a  Camillo  Ca- 

»   pizucchi,  che  preparava  la  batteria poi  andammo 

»  ad  assediar  Giavarino  dove  sapevamo  esservi  poche 
))  vittovaglie  e  2600  Turchi  ;  vi  fecer  sotto  un  campo 
»  trincierato,  ed  un  forte  sopra  la  Rabanizza,  col  quale 
»    si   pretendeva    di    notte   impedir   il   soccorso 


(1)  Trattato  che  il  defemorc  non  può  conlrabatterc  le  batterie  delti  espu- 
gnatori; ms.,  f.  10. 

(2)  Discorsi  militari;  ms.,  f.  107. 

3)  Ivi,  f.  Ufi.  Questa  scaramuccia  è  a  lungo  descritta  dal  Tarducci. 


GIO 

»  fiutivo  ^  venne  avviso  che  il  Turco  con  80,000    coni-- 

))  battenti  veniva  per  sloggiarci  :  si  tenne  conseglio  et  il 

)>  mio  parere  fu  questo    che   diedi  in    scritto  instato  da 

V  Gio.  Francesco  Aldobrandino  mio  generale  et  persuaso 

i>   da  Giorgio    Basta Accostatosi  il    Turco   a   sei 

»  leghe,  gittassimo  il  ponte  et  in  un  giorno  intiero  pas- 

»  sassimo  nell'isola  di  Giavarino,  et  da  quesla  nell'altra 

T)  di  Cornar;  la  retroguardia  toccò    a    noi   altri  Italiani, 

n  che  nel  disfare  il  ponte  fossimo  combattuti  dalle  Sciac- 

»  che  del  Danubio  et  da  poca  fanteria  e  cavalleria  )>  ecc.  (0. 
Fu  nel  1602,  come  ingegnere,  sotto  Canissa  dirigendo 

le  operazioni  di  quel  celebre  assedio  e  così  descrivendole: 

u  E  quando,  per  necessità  del  sito,  bisognasse  caminar 

))  imboccato ,  quest'approccio  sarebbe  perfettissimo ,  ha- 

»  vendomelo   fatto    inventare    il   bisogno  ch'hebbi  d'esso 

))  nell'assedio  di  Canissa,  dove  caminai  per  quel  pantano 

»  sempre  imboccato  ,  e  costrussi    gli   approcci  di  legno 

n  verde    di    cerqua   e  di    pino ,  facendone    anche    spalle 

»  grossissime  ,  sopra  le    quali    componevo  parapetti  con 

»  botti  terrapienati,  feritore  con  sacchetti  pieni  di  terra, 

»  e  in  diecidotto  giorni  feci  trecento  passi  di  trinciera  , 

))  con  sei  di  queste  spalle  che  servivano  per  redutti.  Et 

»  è  bene  che  si  sappi  che  le  balle  de'  pezzi  grossi  dalle 

)i  spalle  e  da'   fianchi    della    detta    Canissa   sparati ,  non 

))  passavano  queste  construttioni  di  legno  alla  grossezza 

»  di  25  piedi,  che  sette  od  otto  [piedi)  e  senza  rompere 

»  né  spellar  i  pezzi  di  quei  arbori  imprimevano  la  forma 

»  della  balla  forandoli  e  cavandone  quella  materia  simile 

))  alla  segatura  ,  e  colà    inventai    la  macchina   battezzata 

))  in  Fiandra  Salsiccione,  ch'era  un  gabbione  di  diametro 

»  di  quindici  piedi  e  lungo  altrettanti,  ripieno  di  fascine 

(r  Discorsi  militari,  f.   il,  50. 


611 
«molto  l)?u  ìigate  in  tre  parli  della  loro  Imigliezza  e 
)i  incrociato  in  travicelli ,  del  quale  mi  servii  per  resi- 
»  stente  andante  contro  alle  moschettate  imI>occanti  1  ap- 
))  proscio,  e  non  era  poca  la  fatica  e  altrettanto  perico- 
»  Iosa,  poiché  convenia  far  la  strada  sopra  agli  arboscelli 
»  naturali  in  quel  pantano,  tagliandoli  e  sopramettendovi 
))^  lunghe  e  grosse  fascine  triligate  con  gli  estremi  che 
»  si  giuntassero  nel  mezzo  ,  e  sopra  questi  ,  graticci 
»  e  poi  tavole  ,  e  coperta  questa  strada  con  materiali 
>)  portati,  si  rotolava  il  detto  gabbione,  con  la  qual  opera 
»  stentata  guadagnai  la  mela  della  fossa  viva ,  che  era 
»  larga  venti  passi  andanti,  nella  quale  mi  fermai  dieci 
»  giorni  senza  attaccar  con  la  zappa  il  ramparo  come 
»  era  conveniente,  per  aspettar  1  altre  nationi,  e  soprave- 
)>  nendo  il  temporale  dell  invei'no,  facessimo  quella  poco 
»  honorevole  ritirata,  non  gii  per  mio  conseglio,  ma  sì 
))  bene  per  quello  di  Rosbuna  (Rosbaii)  Mastro  di  campo 
»  generale  dell'esercito  Imperiale,  venuto  da  Alba  Reale 
»  ricuperata  in  quell'estate  »  ecc.  X.  Il  qual  salsiccione 
fu  adoprato  Tanno  stesso  ali  assedio  di  Ostenda  ,  essen- 
done tenuto  inventore  il  conte  di  Buquoy  ed  è  sovente 
descritto  ne'  libri  di  quell  epoca;  forse  il  Ghislieri  lo  avr.\ 
imaginato,  ma  lo  imaginarono  eziandio  altri  contemporanei. 
A^siung^e  ancora  :  ((  Ed  io  ho  concertato  sotto  Canissa 
n  una  botte  raccomandata  a  travi  in  bilico,  sopra  la  quale 
ì)  fabbricai  una  casetta  a  botta  di  moschetto  con  il  lato 
»  verso  la  piazza  ,  che  faceva  ullìcio  di  ponte  cascatoio 
•<)  sopra  la  breccia,  e  un  huomo  solo  bsn  guardato  gui- 
»  dandolo,  trainava  il  restante  del  ponte  sopra  botticelli, 
»)  sicurissimo  per  essere  stato  largo  a  bastanza  e  reggente 
»   grandissimo  peso.   E  suole  il  Turco  nelle  fosse  bagnale 

^l    Trattala  snpra  l'rxpìignazionc  flrUn  Roccrlla  ;  f.   I. 


6«2 

)ì  adoprar  un  trave  con  un  hiiomo  sopra  per  scarpellb- 
»  nare  la  camiscia  )>  (0.  Altrove  poi  dice  :  «  Canissa  in 
»  Ungheria,  all'assedio  della  quale  ultimamente  mi  trovai, 
))  per  essere  in  mezzo  d'una  valle  appantanata ,  per  i 
•»  colaticci  d'un  lago  detto  Baiatone  ,  facilmente  si  po- 
))  trebbe  affogare,  come  in  un  mio  discorso  ho  fatto  co— 
))  stare  all'Imper.  Ridolfo  ed  all'Arciduca  Ferdinando  »  (^). 
Affermano  il  lacobilli  ed  il  Cesi,  che  da  Clemente  Vili 
fu  poi  promosso  il  Ghislieri  a  luogotenente  generale  del- 
l'esercito pontificio  in  Ungheria;  la  qual  cosa,  se  fu,  dovè 
essere  posteriore  all'anno  i5g5,  nel  quale  egli  era  soltanto 
capitano,  grado  rispondente  a  quello  odierno  di  maggiore 
o  capo  di  battaglione.  Accenna  pure,  sebbene  men  chia- 
ramente, di  essersi  trovato  nel  i6o4  all'assedio  di  Rim- 
bers  sul  basso  Reno  ^■^). 

Circa  que'  tempi  credo  pure  che  abbia  trattato  il  Ghi- 
slieri per  condursi  al  soldo  non  so  se  dell'Imperatore  o 
del  Re  di  Spagna,  trovando  nelle  Miscellanee  di  Torino 
un  Discorso  comincianle  cosi;  ((  Desidererei  di  servire  a 
»  S.  M.*^  con  uno  terzo  d'infanteria  e  questa  armarla 
»   d'armi  da  difesa  secondo  il  costume;  ma  di  più,  dargli 

))   una  rotella  con  una  mia  inventione  bellissima 

))   Vorrei   armarla et   di    una   picca   di    nuova 

))  inventione ,  la  quale  mi  promette  vittoria  in  ogni  oc- 
))  casione.  Vorrei  dare  tre  sorti  d'armi  da  fuoco  a  questo 
)•)  terzo  »  ecc.  Così  egli  senza  dire  qual  sia  questa  in- 
venzione mirabile,  lasciandocela  credere  della  specie  di 
quelle  mirifiche  del  Barocci ,  del  Brancaccio  e  di  tanti 
altri.  Una  lettera  del   1602  (data  nella  bibliografia  sotto 


(1)  Trattato  sopra  l'espugnazione  della  Roccclla;  f.  7. 

(2)  Discorsi  militari;  f.  47;  vedi  qui  so» lo  la  Bibliografia  A  >"."  V 

(3)  Dedica  dei  Discorsi  militari. 


il  N."  \)  dimostra  clie  a  quell'epoca  face  vasi  egli  racco- 
mandare al  Re  di  Spagna  dai  Principi  Austriaci. 

Fu  questa  una  dell' ultime  sue  imprese  nelle  guerre 
Fiamminghe  e  Pannoniche,  nel  i6o5  essendo  al  soldo  di 
Toscana  in  qualità  di  Mastro  di  campo  generale  delle 
fanterie  della  Religione  di  S.  Stefano ,  col  qual  comando 
trovossi ,  sotto  1  ammiraglio  Iacopo  Inghirami,  a  sorpren- 
dere, addì  3  maggio^  la  città  di  INicopoli  in  Epiro,  ossia 
Prevesa(0;  del  qual  fatto  egli  scrive:  «Come  avvenne 
»)  nella  sorpresa  eh'  io  feci  della  Prevesa  in  Grecia ,  che 
«  nel  borgo  incontrati  gli  E  lenenti ,  contro  quelli  mi 
»  convenne  combattere ,  e  la  fortezza  toccò  gagliarde 
«  anni  e  sparò  un  pezzo  ;  con  tutto  ciò  fatto  lasciar  le 
»   scale  ed    altri   ordigni ,  mandai    ad    attaccare  il   pet- 

»   tardo et  riuscendo  la  sorpresa  fossimo  confermati 

»   nel  detto  del  savio,  che  la  fortuna  aiuta  gli  audaci  »  '.^\ 

Lasciato  in  breve  il  servizio  di  Toscana ,  portossi  a 
Roma  dove,  nella  qualità  sua  di  consanguineo  di  Pio  V 
e  del  cardinale  Alessandrino,  doveva  essere  il  benvenuto, 
come  ancor  per  la  fama  acquistatasi  combattendo  Tui'chi 
e  Protestanti.  Infatti,  nell'anno  1606  fu  da  Paolo  V  fatto 
colonnello  delle  milizie  nella  provincia  del  Patrimonio  (^)  ; 
ma,  con  migliori  informazioni,  scrive  il  lacobilli  che  al- 
lora fu  nominato  dal  Papa  mastro  di  campo  generale  ^^); 
più  chiaramente  Paolo  Sarpi  narra  che,  a  motivo  del 
famoso  interdetto  di  Venezia,  facendosi  armi  da  Paolo  V, 
fu    mandato    appunto    nel    1606    «  in  Ancona   il  Colonel 


(1^  Fontana,  Imprese  dei  Cavalieri  di  S.  Stefano  (1701),  pag.  IH;  Gio- 
vannelli,  Cronistoria  di  /^o/tórra  (1613),  pag.  15-2;  Orlandi,  Relazione  del- 
l'impresa della  Prevesa  (1605). 

(2)  Discorsi  militari,  f.  54. 

(3)  Cesi,  Genealogia  Ghisilierorum,  N.»  107. 

(4)  nta  di  Pio  r  (166r,  pag.  4. 


614 

»    Federigo  Fabio  Gliisleri  eletto  Capitano  de'  cavalli  leg- 
))    geri;  il  quale  anco  iece  un  rolo  di    l'yoo  archibugieri 
»   a  cavallo  descritti  in  diverse    città    dello  stato  Eccle- 
»    siastico,  la  maggior   parte  però    senza  arme ,  et  senza 
»   cavalli,  a   quali  non  diede  altro  stipendio,  che  facoltà 
»   di    portar    armi ,  ne    però  questi    mai  si  ridussero  in- 
»   sieme  »  d  Parla  eziandio  il  Cimarelli  di  Fabio  Ghisleri 
d'Alessandria    luogotenente    generale    delle   milizie    dello 
stato    Ecclesiastico ,  che    nel    1 606   passò    la  rassegna  in 
Ancona  a  quelle  di  Corinaldo  ^'.  Vivendo  in  Roma  attese 
a  parecchi  de'  suoi  scritti,  frutto  delle  osservazioni  latte 
in  tante  campagne,  come  pure  diede  opera  a  quegli  studi 
pratici  che  meglio  si  conducono  in  pace,  come  sarebbero 
le  sperienze    sui   calibri  e  sulle  gittate  delle  varie  canne 
da  fuoco,  narrando  egli  stesso  come:    «  In  Tivoli  20  mi- 
»   glia  da  Roma  lontano,  ho  fatto  fabbricar  canne  lunghe 
»    3[   oncie  Bresciane,  le  quali  sono  riuscite  da  20  a  21 
»    libre    di  peso  ,  da    un'oncia  e  mezza  di  palla  ,  con  le 
»   quali  di  punto  in  bianco  si  tira  4oo  passi  andanti  »  (^). 
La  guerra  del  Monferrato,  scoppiata  nel  161 3,  lo  trasse 
a  militare   con    Carlo  Emanuele   I.  Aveva  il  Ghislieri  in 
quella    circostanza    offerto    la    persona   sua    al   Duca    di 
Mantova  e  del  Monferrato,  dal  quale  stato  era  ripulsato 
come  uomo  pigro  e  mal  capace,  ed  egli,  che  di  se  alta- 
mente sentiva  ,  offrissi  allora  al  Duca  di  Savoia  ,  che  lo 
fece  suo    consiglier    di   guerra  e  colomiello  trattenuto  W, 
cioè   col   grado  e  gli    onori    del  colomiellato.  Per  la  in- 
giuriosa ripulsa  struggevasi  egli  di  poter  provar  al  mondo 
e  singolarmente  al  Gonzaga    la  propria  virtìi.   Ghisìliero 


'\)  Historia  delle  cose  pas.fate  li  a  Paolo  V  e  Veneiia  (1624),  pag    ItO. 

(2)  Histnrie  dello  Stato  d'Urbino  e  di  Corinaldo  (1610',  pag    102. 

(3)  Discorsi  militari,  f.  11.  Once  31  Bresciane  sarebbero  circa  m.  1,36. 
(4'  Dedica  dei  Discorsi  miliiari. 


f)1!) 
ìuaxiììie  in  votis  Jidsse  accepimiis,  ut  nobili  aliqiio  fa- 
cinore  virtutem  suam  omnibus,  et  ante  alios  Mantuano 
approbaret  ;  a  quo  ut  segnis  et  parwn  gnarus  reiectus 
fueraty  cwn  belli  initio  operam  suam  Duci  ij'requisitus 
obtuUsset.  Equidem  in  parte  Sabauda  tvanslatus  hono- 
rum militiam  non  uno  documento  dlu  professus  est  (^/. 
Così  Io  sciagurato  Duca  di  Mantova ,  dopo  ributtato  il 
conte  Guido  S.  Giorgio,  ril^uttava  ora  il  Ghislieri,  all'av- 
versario suo  procacciando  volontariamente  due  prodi  ed 
operosi  ufficiali  superiori.  Assai  adoprossi  il  Ghislieri  nella 
presa  di  S.  Damiano  d'Asti  ed  in  quella  di  Crevalcuore, 
ove  comandò  una  batteria,  che  in  un'ora  abbattute  due 
torri,  aprì  una  larga  breccia  ;  fazioni  combattute  ambedue 
neil  anno  i6iy  '•^). 

Egli  stesso,  dedicando  a  Carlo  Emanuele  i  suoi  di- 
scorsi militari,  ne  fa  intendere  come  si  trovasse  al  soc- 
corso lanciato  in  Vercelli  attraverso  al  campo  Spagnuolo, 
parlando  altrove  dei  fatti  d'armi  di  Felizzano  e  d'altri 
luoghi.  Dice  altresì  di  essere  stato  assunto  dal  Duca, 
nellanno  1617,  a  Maestro  di  campo  generale  del  suo 
esercito  e  del  Piemonte,  come  anche  a  luogotenente  del 
Terzo  della  guardia  ducale. 

Furon  queste  le  sue  ultime  azioni  belliche,  attesoché 
fattasi  la  pace  nel  settemljre  di  quell'anno  stesso,  fissò 
il  Ghislieri  suo  soggiorno  in  Torino ,  venendo  da  Carlo 
Emanuele  gratificato  del  titolo  di  Marchese  di  Roasenda 
e  del  grado  di  general   supremo   della    cavalleria  \^)  ;  del 

(1)  A.  Possevini,  Belli  Movfenatensis  Historia  (1637),  pag.  522. 

(2)  Ivi,  pag.  522,  531. 

(3)  Nel  volume  >\°  11,1  delle  Miscellanee  militari  evvi  una  sua  ili- 
fhiarazione  a  favore  del  Romano  Michelangelo  Sorci  distintosi  nella  di- 
fesa di  Vercelli  ;  è  intestata  :  Noi  Federico  Ghisliero  per  gratta  del  Ser.'"" 
di  Savoia  Marchese  di  Roasenda,  Mastro  di  Campo  Generale,  Colonnello 
del  Reggimento  delta  sua  Guardia  et  coìi.<<igHero  di  guerra. 


qiial  grado  ben  era  degno  per  la  special  cognizione  che 
aveva  non  solo  di  quest'amia ,  ma  anche  del  cavallo,  di 
cui  non  omette  mai  occasione  di  parlare  e  forse  ne  fu 
anche  maestro  al  Principe  di  Parma.  Né  ciò  faccia  ma- 
raviglia ,  eguali  stati  essendo  i  cominciamenti  del  Marchi 
già  maestro  d  equitazione  del  giovane  cardinal  Farnese 
ed,  anche  in  età  sessagenaria,  arrischiato  volteggiator  su 
cavaUi  (0.  I  quali  gradi  sono  esposti  dal  lacobilli  aggiun- 
gente essere  in  Torino  morto  il  Ghislieri  nel  1619,  come 
attestan  anche  le  memorie  trovantisi  presso  i  suoi  omo- 
nimi e  provenienti  da  Sale,  non  mai  nel  1622  come  vor- 
rebbe il  Cesi.  In  lui  si  spense  quel  ramo  de'  Ghislieri  i^), 
lasciato  avendo  Federico  soltanto  una  figlia,  di  nome 
Barbara,  sposatasi  in  un  conte  Bonida  di  Pinerolo  l-M 

Per  la  illustre  prosapia  dalla  qual  discendeva,  viss'egli 
famigliarmente  con  Principi  e  grandi.  Narra  egli  stesso 
come  l'ultimo  Duca  di  Giuliers  gli  avesse  fatto  vedere 
un  petto  di  sette  libbre,  che,  lui  presente,  resistè  alle 
archibusate.  Studioso  qual  era  delle  cose  equestri ,  amava 
trovarsi  a  giostre  e  prendervi  parte  ;  una  ne  vide  in 
IMonaco  di  cavalieri  armati  di  corsaletti  in  ferro  ;  in  In- 
spruck  giuoco  a  correr  a  cavallo  col  generale  marchese 
di  Burgau  ;  intervenne  in  Roma  alle  giostre  tenute  da 
Quinzio  del  Bufalo,  Silvio  Piccolomini  (di  cui  dicesi  di- 
scepolo (4))  ed  A  Scanio  Ruggiero,  ch'era  primo  tra'  ca- 
vallerizzi d'Italia  ;  intervenne  a  Firenze  a  quella  com- 
battuta da  cento  gentiluomini  Sanesi  capitanati  dallo 
stesso  Gran  Duca ,  notando  che  non  si  trovarono  quattro 

(1)  Ronchinì,  Lettere  del  Marchi,  pag.  XXX,  N."  22,  94. 

(2)  Dello  stipite  suo  era  forse  il  colonnello  Ghislieri  morto  in  Candia 
Tanno  1647.  Nani,  Historia  Veneta  (1679),  parte  II,  pag.  143. 

(3)  1  Bonida  non  si  trovano  in  Piemonte,  e  forse  devesi  intendere  dei 
conti  Bonadi  di  Chieri. 

4)  Regole  di  eavagliereschi  essercitii.  Dedica. 


GI7 
clie  accettassero  di  urtarsi  colla  lancia  ;  il  qual  abbatti- 
mento fu  forse  quello  del  1608  descritto  dal  Bracciolini. 
Affinchè  poi  si  veda  qual  vita  avessero  allora  in  Italia 
gli  esercizi  equestri  ,  addurrò  le  sue  parole  :  u  Nella 
»  città  di  Sulmona,  in  quella  di  Cesena,  et  in  Lombardia 
»  in  quella  di  Vicenza ,  si  veggono  i  mantenitori  delle 
»  giostre  star  con  la  lancia  aiTestata  aspettando  mentre 
»  i  loro  cavalli  attaccati  senza  briglia  hanno  la  biada 
»  avanti,  che  i  cavalieri  che  vanno  di  carriera  investirli, 
»  per  lo  più  sono  scavalcati,  et  sopra  le  groppe  de'  loro 
»  cavalli  rinversati,  tutto  causato  dal  grande  avvantaggio 
»  che  ha  colui  che  si  trova  avere  la  lancia  arrestala , 
))  che  perciò  più  lunga  diviene  )ì  (').  Dove  notisi  che 
queste  tre  città  non  eran  certo  delle  prijne  d'Italia. 

Erudito  scrittore  fu  il  Ghislieri ,  e  nell'opere  sue  co- 
piosamente addotte  sono  le  migliori  autorità  de'  tempi 
suoi  e  di  quelli  passati ,  stampate  fossero  desse  oppur 
inedite ,  come  la  manoscritta  storia  dell'assedio  di  Siena 
di  Vincenzo  Pinelli  ed  il  libro  di  un  G.  B.  Raimondi  per 
ancora  non  uscito  a  stampa  ^^),  ognor  palesando  una 
vasta  lettura  ;  acuto  osservatore,  minutamente  nota  quanto 
conferisca  a  dar  nerbo  alle  sue  teorie  da  lui  avvalorate 
colla  sperienza  delle  gueiTe  ch'ei  combattè  in  Ungheria , 
Germania,  Francia,  Fiandra,  Grecia  e  Piemonte;  pure, 
uomo  essendo  della  sua  età,  a  quando  a  quando  si  svela 
peripatetico  all'uso  de'  tempi.  Note  abbastanza  sono  le 
persone  che  Galileo  frequentava  in  Roma  ,  in  casa  loro 
svolgendo  le  sue  dispute  e  difendendo  sue  proposizioni  di 
meccanica,  fisica  ed  astronomia,  e  certo  che  eran  quegli 


(1)  Discorsi  militari,  f."  122. 

(2)  Ivi,  f.°  5.  De' libri  militari,  già  da  lui  posseduti  e  portanti  il  suo 
nome,  ho  veduto  un  esemplare  del  Cinuzzi,  uno  del  Tensini,  altro  del 
Lorìni. 


618 

uomini  Ira  i  più  dotti  di  que  tempi;  ora,  del  grande 
fdosofo ,  nel  i(")io  e  da  Roma  scriveva  il  Querenghi  al 
Cardinale  d'Este  :  «  Del  Galileo  avrebbe  gran  gusto  V.  S. 
»  IH.'"'',  se  l'udisse  discorrere  come  fa  spesso  in  mezzo 
n  di  quindici  o  venti,  che  gli  danno  assalti  crudeli, 
»  quando  in  una  casa  e  quando  in  un'altra  ....  Lunedì 
»)  in  particolare,  in  casa  del  signor  Federico  Ghisilieri  fece 
«  pruove  maravigliose  ;  e  quel  che  mi  piacque  in  estremo, 
»  fu  che  prima  di  rispondere  alle  ragioni  contrarie,  le 
»  amplificava  e  rinforzava  con  nuovi  fondamenti  d'ap- 
»  parenza  grandissima,  per  far  poi  nel  rovinarle  rimaner 
»   pili  ridicoli  gli  avversarii  ('-. 

Fra  i  prosatori  Italiani  nessuno  ne  conosco  che  alla 
pittoresca  maniera  del  Bartoli  ed  a'  suoi  felici  ardimenti 
si  appressi  quanto  il  nostro,  e  ciò  per  eguali  tempere 
d'animo,  anteriore  d'età  essendo  il  Ghislieri  e  certamente 
sconosciuto  al  Bartoli  ;  codesta  comunanza  di  stile  e  di 
lingua  notandola  io  anzitutto  negli  scritti  inediti ,  essen- 
doché il  libro  de'  CavagUereschi  esser citii  punto  non 
si  presta  a  brio  e  ad  eleganza  di  scrivere.  Vibrato  e 
militare  n'è  lo  stile  tutto  fiorito  di  arditi  e  piacevoli 
neologismi  a  luogo  a  luogo  e  dove  necessità  li  voleva  ; 
e  chi  ha  senno  ben  sa  che,  quando  opportuni,  essi  son 
sangue  e  vita  delle  lingue  parlate  e  che  le  nuove  cose 
forza  è  enunciarle  con  vocaboli  nuovi.  Che  se  a  tratto 
vi  s'incontra  qualche  idiotismo  romanesco  (come  cerqucty 
andassimo  e  simili),  ciò  si  deve  all'aver  vissuto  e  lun- 
gamente praticato  con  Romani  ;  e  già  io  antepongo  sif- 
fatti idiotismi  ai  barbarismi  altrui,  de' quali  qualcuno  pur 
ne  sfuggì  al  IMontecuccoli.  Avvegnaché  inediti  siano  i 
suoi  libri,  è  maraviglia  come  da  nessuno  mai  siano  stati 
percorsi,  vogliasi  per  le  cose  o  per  la  lingua  e,  per  figura, 

(1'  In  Venturi,  Memorie  e  ìellerc  di  Galiìen  J818',  parlo  I,pag.  261. 


619 
avrelìhevi  trovato  il  Cirassi  pel  suo  Uizionaiio  un  tesoro 
ili  voci  nuove  ed  inaspettate  ;  ma  agli  studi  bibliografici 
ed  alla  ricerca  de  codici  egli  era  troppo  estraneo. 

In  lui  riscontransi  certi  politici  avvedimenti  e  consigli 
nuovi ,  opportuni  e  profondi.  Scelgo  tra  essi  uno  che  si 
riferisce  all'istoria  nostra  e  che  in  quell'età  parrà  sin- 
golare, tanta  n'è  la  prudenza,  e  che^,  attuato  da  Prin- 
cipi nostri ,  valse  a  fissare  lor  fortuna  militare  ;  rinfranca 
egli  questo  consiglio  coH'esempio  del  pericolo  corso  allora 
da  Venezia,  e  l'esposto  dal  Ghislieri  fu  quello  appunto 
posto  poi  in  pratica  da  Napoleone.  Ecco  le  sue  parole , 
dove  discorrendo  dell'accrescimento  delle  fortificazioni  di 
Torino,  nota  (parlando  al  Duca)  che  «  Per  dirne  il  mio 
»  parere  di  questa  di  Torino  da  farsi,  se  non  fosse  che  la 
»  vicissitudine  delle  cose  mondiali  mutano  spesso  faccia,  et 
»  che  il  suo  stato  si  trova  in  mezzo  alla  maggior  mole  d'an- 
))  cudine  et  al  piiì  pesante  martello  del  mondo,  direi, 
»  che  stante  l'immenso  valore  della  Ser.™^  Casa  di  Savoia 
»  e  rafìfezione  grandissnna  de'  suoi  Popoli,  non  li  bisognan 
»  fortezze,  ma  il  cumular  danari,  con  li  quali  potrà  sempre 
»  accrescere  le  sue  forze  vassalle  et  procedere  contro  i 
))  suoi  nemici,  come  ha  fatto  perfino  a  quest'hora,  essendo 
))  molto  bene  noto  alTAlt.  S.  che  le  fortezze  hanno  bisogno 
»  d  un  esercito  che  le  difenda,  che  qualvolta  nemico  po- 
»  tente  le  attacca,  in  breve  tempo  se  ne  impadronisce  e 
))  difficilmente  si  possono  soccorrere,  salvo  che  con  un 
»  esercito  all'altro  superiore,  et  il  più.  delle  volte  i  soc- 
»  corsi  forestieri  non  possono  arrivare  in  tempo,  e  che 
»  nel  fabricarle  e  nel  mantenerle ,  in  tempo  di  pace , 
»  costano  a  Principi  i  milioni,  co' cpiali ,  in  tempo  di 
»  guerra ,  si  haverebbeno  molte  migliara  di  soldati ,  e 
»  che  i  Principi,  per  potenti  che  siano,  non  possono 
))    supplii'e  alla  spesa  per  tenerle  munite. 


f)20 

»   ProvoUo  la  S.'"  Veneta  alla  venuta  di  Fuentes  nello 

))  stato   di   Milano,   quale    spese    un   milione   e   piiì   per 

»  vettovagliar    le    sue    fortezze    e    provvederle    dell'altre 

1)  cose  necessarie,  credute  in  que'  di  le  piiì  provviste  che 

n  fosseix)  nel  mondo,  e  quella  Repubblica  non  sarà  mai 

»  bastante  a  far  guerra  offensiva  perchè  mantiene  milizia 

1)  morta  al  numero  di    quindici   mila   e   più   nelle   dette 

»  sue  fortezze,  con   le   quali    pensa   solo    alla   difesa,  et 

1)  sempre   che    non    bavera   esercito    egual    all'altro   che 

))  l'assaltasse,  nello  spatio   d'un    anno   perderà  e  le  for- 

))  tezze  e  lo  stato,  maggiormente  quando  li  fossero  vie- 

»  tate   le   nationi   mercenarie   et   l'altre    ausiliarie ,   come 

»  havevano   procurato   li   Spagnuoli ,    i   quali    radunando 

n  le   loro    forze  e   potendole    sostentare    anni ,    disegna- 

»  vano  con  cinquanta   mila   fanti  e   cinque    mila    cavalli 

»  impossessarsi    di    tutta    terra    ferma    senza    espugnar 

»  altra  piazza   che   quella   di  Peschiera.   Sapendo  benis- 

«  simo  l'A.  V.   che   con   essa  si  divideva  il  Veronese  et 

»  Padovano    dal    Bresciano ,    Bergamasco    et    Cremasco , 

»  acciocché  queste  non  godessero  il  benefitio  della  ma- 

))  rina  Veneziana,  et  presa  Asola  et  Desenzano  sul  lago 

»  di  Garda   assicurava  la  venuta  dalla  Lamagna  ;  dispo- 

»  nevano   poi    cinque    mila    fanti    e    cinquecento    cavalli 

»  per    l'assedio    di    Bergamo    col   Bergamasco,   tre   mila 

»  per  il  Cremasco  ;  volevano  assediare  Brescia  col  Bre- 

»  sciano  con  otto  mila  fanti  e  secento    cavalli  ;   sopra  il 

»  Veronese  et  Padovano   dieci    mila   fanti  e  secento  ca- 

»  valli;  alloggiavano  nel  Polesine  due  mila,  e  chi  sa  se 

»  il  Papa  interessato  per  ricuperarlo  havrebbe  aiutato  li 

')  Spagnuoli  ;  per  assediare  Treviso  col  Trevisano,  e  met- 

rt  tere  in  mezzo  l'esercito  loro  che  era  nel  Friuli,  dieci 

»  mila  fanti  e  tre  mila   cavalli ,    con    quali   forze   e   con 

»  quelle    dell'Austriaco    pretendevan    Udine    col    restante 


€2f 
»  del  Friuli  ;  cinque  mila  fanti  poi  assestavano  nel  Vi- 
»  centine  e  con  Tarmata,  oltre  l'impadronirsi  del  Zante, 
))  di  Cefalonia,  di  Corfù  pretendevano  opporli  (0  qualsi- 
»  voglia  soccorso  Turchesco,  Inglese  o  Olandese,  a  tal 
»  che  osservando  buona  polizia  disegnavano  goder  le 
»  vettovaglie  di  quel  stato  e  con  le  contribuzioni  pagare 
))  l'esercito  loro,  fortificando  que' luoghi  soli  più  pros- 
»  simi  alle  città  e  fortezze  »  ecc.  Colle  quali  fortezze 
occasionali  chiuso  avrebbero,  come  in  un  cinto,  le  città 
forti.  Prosegue  poscia  : 

«  E  creda  pure  quella  Repubblica  che  l'A.  V.  l'ha 
»  liberata  da  im  grandissimo  compromesso  indubitata- 
»  mente,  perchè  quel  poco  esercito  loro  nel  Friuli  già 
»  consumato  e  distrutto,  e  quante  forze  vassalle  avessero 
))  potuto  metter  insieme,  non  havrebbe  portato  allo  Spa- 
))  gnuolo  timore  alcuno  perchè  nell'ingresso  voleva  subito 
)■)  combatterle.  Ma^  persistendo  FA.  V.  nel  voler  che  lo 
)ì  Spagnuolo  disarmasse  voltò  egli  tutte  queste  numero- 
»  sissime  forze  contro  l'A.  S.,  nulla  curando  alle  schiene 
»  le  Veneziane,  e  pure  senza  fortezza  nelle  frontiere,  cam- 
»  peggio  seco  con  la  metà  meno  di  fanteria  e  di  caval- 
•»  leria,  havendolo  alla  Motta  superato  e  rotto,  e  com- 
»  battuto  alla  badia  di  Luxed  nel  Monferrato,  che  era 
n  tutto  il  suo  esercito  et  la  retroguardia  colà,  lo  spatio  di 
»  otto  bore,  di  quattro  in  cinque  mila  fanti,  e  d'inverno 
»  in  faccia  sua  espugnò  S.  Damiano  in  sette  giorni ,  che  fu 
»  già  difeso  da'  Francesi  et  ributtato  Ferrante  Gonzaga 
»   generale  dell'esercito  Imperiale  »  ecc.  Gonchiude  quindi  : 

c(  Sendo  dunque  Torino  la  metropoli  di  Piemonte  e 
»  la  residenza  dell" A.  V.  col  suo  Ser.""  sangue,  et  anche 
))  frontiera  del  Monferrato  protetto  da'  Spagnuoli  et  es- 
))    sendo  mestieri  modernar  la  sua  fortificazione  difettosa, 

t)  Opporli,  cioè  impedirli i  oppure  opporsi  a  qualsivoglia. 


^22 

»  con  la  qu.il  convenia  graiidirlo,  stimo  couvenghi  ali  A.  S, 
»  cingerlo  con  muraglie  al  tempo  ti  oggi  usate  dall  ar- 
»  chitettura  fortificatoria ,  e  questo  è  quanto  m'occorre 
»  dire  sopra  la  proposta  dell  A.  V.  » .  Insiste  di  nuovo 
che^  atteso  il  danaro  richiesto  per  fare  e  mantener  for- 
tezze, Torino  non  venga  fortificato  troppo,  volgendone 
la  spesa  ad  ammassar  soldati  ('  . 

In  altra  copia,  ma  alquinto  diversa,  delio  stesso  Di- 
scorso, dice  eziandio,  che  Carlo  Emanuele  I  con  soldati, 
che  appena  potevan  dirsi  un  esercito,  tanto  eran  pochi 
((  difese  Asti  et  dopo  consumò  et  distrusse  3  potentissimi 
))  eserciti  et  ultimamente  ha  sforzato  il  suo  nemico  alla 
»  pace,  disfacimento  de'  suoi  popoli  et  dell'erario  et 
»  perdita  totale  della  sua  reputazione  ;  ha  ancora  con 
))  straordinaria  prudenza  et  negoziato  voltate  le  cose 
»  Francesi  a  suo  prò,  di  prima  tanto  allA.  Sua  perni- 
»  ziose,  e  procedendo  la  gloria  del  vincitore  dalla  qualità 
»  del  vinto,  dicasi  che  a  Savoiardo  valor  sol  sii  concesso 
))  il  superar  l'orgoglio  di  sì  potente  monarchia,  e  quanto 
»  ha  Ella  operato  in  questo  modo,  tutto  è  stato  senza 
»)  ahito  di  fortezze,  e  per  dirne  il  mio  parere  di  questa 
1)  di  Torino  da  farsi,  se  non  fosse  che  la  vicissitudine 
»  delle  cose  mondiali  mutano  spesso  faccia ,  et  che  il 
))  suo  stato  si  trova  in  mezzo  al  inassior  Scilla  et  al 
ì)  maggior  Gariddi  del  mondo,  direi  che,  stante  lim- 
»  menso  valore  della  Sereniss.  Casa  di  Savoia  e  l'alFe- 
»  zione  grandissima  de'  suoi  popoli,  non  li  bisognar  for- 
»  tezze  »  e  così  di  seguito.  Le  quali  cose  si  riferiscon 
tutte  alla  guerra  che  il  Duca  di  Savoia  combattè  contro 
Spagna  dall'anno  i6i4  al  1617,  come  nuova  ed  impor- 
tante è   pure  la  rivelazione   del    piano   di   campagna    che 

(I)  Discorso  sopra  Varie  di  far  lo  guerra. 


623 
occasioiialinente  tenuto  avreblìe  Spagnuoli  ed  Austriaci 
contro  Veneziani. 

Della  scienza  del  Ghislieri  circa  le  fortificazioni  e  l'ar- 
tiglieria non  è  a  dire,  risultando  dessa  dai  titoli  stessi 
tle'  suoi  scritti  ;  ma  era  pur  anco  versato  nell'architettura 
civile,  come  dalla  Pianta  di  S."  Maria  di  Piazza  per 
Turino,  che  è  tra  suoi  manoscritti  ;  avvertì  pure  come 
Romana  fosse  la  nostra  Porta  Palazzo,  con  savio  giu- 
dizio non  avuto  dai  dotti  sino  alla  nostra  età.  Gli  squarci 
(juì  riportati  sono  desunti  dalle  sue  bozze  originali,  e 
ciò  noto  onde  non  faccian  caso  le  imperfezioni  di  lingua 
e  d'ortografia,  che  sarebbero  scomparse  nella  copia  pulita. 

Di  quel  colonnello  Ghislieri  militante  in  Candia,  dove 
morì,  giusta  gli  storici  Veneziani,  nel  1647  ^^\  non  ho 
nulla  a  dire ,  essendo  affatto  diverso  dal  nostro. 

BIBLIOGRAFIA  DI  FEDERIGO  GHISLIERI. 


1.  Regole  di  molti  cavagliereschi  essercitii.  Raccolte 
dal  Capitano  Federico  Ghisliero  per  serviiio  del  Ser.'"° 
Ranuccio  Farnese^,  Principe  di  Parma  et  Piacenza  etc. 
(sic).  In  Parma,  appresso  Erasmo  Viotto,  iSSy,  l\°,  fig. 
di  pag.    190. 

Precede  la  dedica  dell'autore  (dal  palazzo  ducale  di 
Parma,  22  aprile  iSS-y)  a  Ranuccio.  Dice  in  essa  che 
il  Principe  da  lui  apprese  la  scherma,  epperciò  credesi 
egli  obbligato  a  stendere  codesto  trattato,  avvegnaché 
non  questa,  ma  la  profession  della  milizia  sia  la  sua 
propria.  E  disteso  in  buona  lingua  e  le  voci  professionali 
vi  abbondano;  ma  due  cose  vi  son  singolari,  una  che  le 
tavole  esplicative  son  tutte  a  mano,  disegnate  essendo  e 

(1^  Nani,  f/istoria  f'enHa  (i619),  parie  li,  pag.  143. 


624 

toccale  d'acquerello  da  un  qualche  allievo  de'  Caraccì  : 
l'altra  si  è,  che  gli  esemplari  son  tutti  intonsi,  e  non 
cuciti  od  almeno  non  rifilati,  con  ciò  palesando  che  il 
libro  non  fu  mai  pubblicato,  attestandolo  anche  la  sua 
estrema  rarità,  cosicché,  malgrado  le  più  accurate  ri- 
cerche, ne  potei  vedere  due  copie  sole  a  Bologna  ed  a 
Napoli. 

II.  Relazione  aW Arciduca  Massimiliano,  della  bontà 
delVesercito  Cristiano  da  sotto  Canissa. 

Nella  parte  terza  del  Tesoro  politico  (Turnoni,  i6o5, 
8.°),  dalla  pag.  69  alla  86.  Non  v'è  nome  d'autore,  il 
quale  però  si  dice  Colonnello;  oltracciò  l'Arciduca,  cui 
è  indirizzato  lo  scritto,  la  fortezza  della  quale  si  tratta, 
le  materie  espostevi  ed  il  modo  tenutovi,  e  più  di  tutto 
la  lingua  e  lo  stile,  vogliono  che  senza  esitanza  si  at- 
tribuisca al  Ghislieri  autore  del  discorso  congenere  che 
contemplato  al  N.°  V.  Stampati  sono  questi  due  libri, 
manoscritti  i  seguenti.  ; 

III.  Narrazione  dell  assedio  fatto  da  Turcìii  di  Gia- 
varino  nelV  Ungheria.  Nel  volume  ultimo  de'  quattro  di 
Miscellanea  militare  manoscritti  alla  biblioteca  dell'Univer- 
sità di  Torino  e   l'epoca  di  quest'assedio  è  l'anno  i5q8. 

IV.  Parere  dato  a  Gianfrancesco  Àldobrajidini  (gene- 
rale delle  truppe  pontificie  in  Ungheria),  sopra  ciò  che 
dovevasi  fare  nel  1698  dal  campo  Cristiano  sotto  Gia- 
varino,  allorché  80"    Tui'chi  s' inoltrarono  al  soccorso. 

Lo  riferisce  al  f  47  de'  Discorsi  militari  e  comincia 
colle  parole  :  Considerato  il  sito  nel  qual  si  trova  questo 
esercito  Cristiano.  Il  parer  suo  fu  di  continuar  un  assedio 
largo,  che  avrebbe  eziandio  salvalo  Strigonia. 


625 
V.  Discorso  ali  Imp.  Rodolfo  ed  ali  Arciduca  Ferdinando 
sul  modo  di  prendere  la  città  di  Canissa  in  Ungheria. 
A  f.''  4/  <^^i  Discorsi  militari  ha  queste  parole:  Ca- 
nissa in  Ungheria  all'assedio  della  quale  ultimamente  mi 
trovai  ecc.,  squarcio  gii  riferito  di  sopra  a  pag.  6  i  o.  Il  qual 
modo  di  prender  le  città  allagandole,  già  era  stato  usato, 
})er  figiu'a,  da  Guglielmo  re  de"  Romani  circa  il  i25o  ad 
Aquisgrana,  dove  fece  affluire  gli  scoli  dell'acque  dolci  e 
sulfuree  X. 

A  Federico  Ghislieri  scriveva  M.""  Tornasi  (da  Gratz , 
senza  data,  ma  certamente  nel  1602)  «  Gustò  grande- 
))  mente  al  Ser.  Arciduca  Ferdinando  U  libro  col  discorso 
»  di  Canissa  inviato  da  \.  Signoria,  et  io  di  havernela 
»  ragguagliata  mene  raccordo  (sic).  Ma  non  so  che  m- 
»  toppo  incontrassero  le  lettere,  che  non  le  siano  per- 
»  venute.  Di  quelle  di  favore  che  desidera  V.  S.  da  queste 
))  Altezze  alla  Maestà  di  Spagna,  se  ne  darà  memoriale, 
»  et  io  procacciandole  non  sarà  punto  otiosa  l'opera  mia, 
»  che  Ella  si  è  già  meritata  con  la  fama  del  suo  valore, 
u  et  io  gliela  devo  anche  in  ricompensa  dell  amore,  che 
»  veggo  essermi  portato  dalla  gentilezza  di  \.  S. ,  la 
))  quale  il  S.  Dio  prosperi,  n  ecc.  v^'.  Ho  già  detto  che 
nella  Biblioteca  dell'Università  di  Torino  hassi  un  esem- 
plare delle  fortificazioni  del  Lorini  (1609),  postillato  di 
mano  del  Ghislieri;  or  bene,  a  pag.  -yS  si  legge  annotato 
di  suo  pugno:  A  Canissa  in  Ungheria,  il  7 ureo  tìovò 
cannoniere  in  barba  nella  faccia  del  beluardo.  E  pei'chè 
la  bocca  del  pezzo  toccava  la  terra ,  mai  si  pottero 
imboccare.  Nei  citati  volumi  di  miscellanee  dell'Università 
ve  n'è  il  primo  abbozzo  con  un  secondo  pii'i  compiuto. 

,1'  Sweerlius,  Rerum  Belgicanim  Jnnalcs  (1620),  libro  X\II,  cap.  8. 
(2)  Delle  lettere  di  Monsignor  Giorgio  Tornasi  segretario  di  Sigismondo 
Principe  di  TransilK-ania ,  libri  due  '1621  ,  1,  f."  IT. 

40 


626 

VI.  Trattato  del  Marchese  GhisUeri^  che  nelle  oppa- 
gnationi  il  difensore  non  può  contrabattere  le  batterie 
dell'espugnatori.  MS,  originale  negli  Archivi  di  Stata 
(Z,  II,  32),  4.°,  di  foglietti  20. 

Comincia  :  «  Dovend'io  trattare  delle  batterie  eseguite 
))  nelle  espugnationi  dell'ofiensore  e  delle  contrabatterie 
»  pretese  nelle  oppugnationi  del  difensore  ;  convienmi 
))  rinvenire  le  qualità  dei  tiri  dell'  artigliaria  et  del  suo 
»   effetto  ecc.  ». 

Le  ragioni  addotte  sono  le  seguenti.  A  riparo  dei  di- 
fensori la  fortezza  non  ha  che  un  parapetto  ,  mentre  gli 
assedianti  ne  posson  avere  a  piacimento  ;  la  fortezza  riceve 
tutte  le  offese,  non  perdendone  alcuna;  non  può  impe- 
dire che  l'offensore  non  sottentri  nel  terrapieno  ;  di  notte 
il  suo  flioco  è  troppo  incerto  ;  per  loro  difesa ,  gli  asse- 
diati son  talvolta  astretti  a  disfare  le  fortificazioni  della 
piazza  ;  perduto  un  membro  d'essa ,  la  resa  non  può  tar- 
dare. Dove  avverto  che  i  radicali  difetti  delle  fortezze 
notavali  il  Ghislieri  sin  da  quando  la  trieimale  difesa  di 
Ostenda  contro  lo  Spinola  avea  fatto  invaler  l'idea  che 
quelle  fatte  a  dovere  fossero  inespugnabili. 

VII.  Discorso  di  Federico  Ghisliero  sopra  la  fortifi- 
cazione di  citici  e  terre  intiere.  Ms.  della  Biblioteca  del- 
l'Università di  Torino,  e  copia  moderna  in  cpiella  del 
Duca  di  Genova. 

VIII.  Discorso  sopra  la  fortificazione  delle  piazze. 
Biblioteca  dell'Università  di  Torino,  foglietti  24:  originale 
coi  margini  coperti  di  correzioni  ed  aggiunte. 

Scritto  dopo  Tanno  1597.  "^^  quale  i  Toscani  occu- 
parono di  sorpresa  le  isole  d'If  innanzi  al  porto  di 
Marsiglia,   del    qual    fatto   egli    parla   ed    io  ne  riferii  le 


627 
parole  nella  vita  di  Ostilio  Ricci  ('),  come  parla  ancora 
delle  truppe  toscane  che  trovaronsi  in  Barberia,  a  Canissa, 
a  Namur  in  Francia. 

IX,  Discorso  del  S/  Federico  Ghisliero.  Nella  Biblio- 
teca di  Torino,  4-"i  35  facciate,  distinto  in  dieci  capi; 
copia  sincrona  fatta  dall'amanuense  deirautore.  Comincia: 
Fortezza  è  un  sito  fatto  in  un  modo  dalla  natura  o 
dallarte y  o  dalVuna  e  dall'altra  insieme,  dove  i  pochi 
di  dentro  possino  l'esistere  per  un  determinato  spazio  di 
tempo  ai  molti  di  fora  y  e  tanto  più  forte  diras  si  qiLanto 
pia  lungo  sarà  il  tempo  die  quei  di  dentro  possano 
ragionevolmente  tenersi  ecc.  Le  quali  parole  comprendono 
la  vera  definizione  delle  fortezze ,  quale  la  danno  i  recenti 
scrittori  di  strategia,  indizio  nell'autore  di  un  potente 
spirito  sintetico. 

A  metà  del  capo  'j.°  è  notato:  Qui  vanno  le  tavole 
dei  modi  di  diverse  piazze  e  de'  fianchi  ;  e  dentro  il 
capo  g.°  si  ha  :  Disegno  di  tanaglie  e  suoi  remedii.  Un 
altro  esemplare  autentico  è  anche  alP Università,  in  36  fac- 
ciate e  vi  si  accenna  a  stampe  di  baluardi ,  tanaglie , 
cavalieri  ed  altro,  delle  quali  non  furono  fatti  mai  neppur 
i  disegni. 

X.  Discoì'so  sulla  maniera  di  attaccare  e  dijendere 
una  fortezza.  Manoscritto  dell  Università  di  Torino  pieno 
di  emendamenti  e  di  addizioni.  Ha  molta  analogia  coi  due 
ultnni  descritti,  ma  n'è  tuttavia  diverso, 

XI.  Parere  dato  a  VA.  R.  di  Savoia  in  risposta  alla 
dimanda   dalla   detta   A.    R.  fatta  se  debbasi  ingrandir 

(1)  Ingegneri  militari  della  Marea  d'Ancona,  "S."  Vili,  ^ella  Miscellanea 
di  istoria  Italiana,  voi.  VI. 


628 

Toi'ino ,  ed    in   cjuul   paite  jarsi  debba  detto  ingì'andi- 

ìiiento,  e  particolarmente  se  il  Pieal  fiume  Po  debba  chiu- 
dersi nella  città.  Codice  dell'Università  mancante  nel  fine. 
Vuol  egli  sempre  che  Torino  non  sia  troppo  fortificata 
onde  non  vi  sian  necessaire  soverchie  truppe ,  che  son  da 
essere  risparmiate  per  Fesercito  attivo,  ciò  dicendo  con 
parole  simili  a  quelle  già  riferite  a  pag.  619.  Ad  ogni  modo, 
il  nuovo  recinto  verso  il  fiume  fu  opera  del  Sanfi'ont  dap- 
prima e  poi  del  Castellamonte  e,  nonché  inchiudervi  il  Po,  fu 
tenuta  la  muraglia  a  quasi  mezzo  chilometro  lungi  da  esso. 

XII.  Trattato  del  Marchese  Federico  Ghislieri  sopra 
Vespugiiatione  della  Roccella.  Codice  originale  nell'Uni- 
versità di  Torino,  proveniente  dagli  Archivi  di  Stato  e, 
come  gli  altri  tutti,  già  appartenente  alla  Biblioteca  du- 
cale; 4°j   ^4  foglietti. 

Comincia  :  La  pianta  data  in  luce  dal  S.^'  Bachot  in- 
gegnere e  geografo  del  Re ,  della  Roccella ,  ha  cagionato 
che  io  discorri  sopra  quella ,  la  maniera  che  osservarei 
nel  sforzarla  con  l'assedio  attaccato.  Posciachè  nellas- 
sedio  largo  havendosi  a  consumar  molti  mesi, fa  meglio 
e  di  maggior  riputatione  alla  Mf^'-  di  Francia  profittarsi 
del  tempo  e  manifestar  al  mondo  la  sua  potenza.  Dal  f°  19 
in  poi  è  il  Parere  del  Ghislieri  per  la  oppugnatione  del- 
l'istessa  e ,  nell  ipotesi  che  si  avanzi  un  esercito  al  soc- 
corso ,  propone  che  si  alzi  contr'  esso  un  trincei'one 
fiancheggiato  col  fosso  avanti  e  ridotto  ad  imitatione 
del  fatto  dal  SerJ""  di  Savoia  nell'assedio  che  protesero 
i  Spagnuoli  contro  Asti.  Nota  eziandio  che,  confidando 
i  Francesi  nelle  loro  guardie  di  cavalleria,  trascurano  negli 
assedi  le  trinciere;  eccessiva  confidenza  in  se  e  dalla  quale 
a  quella  nazione  vennero  tanti  danni  ;  simile  incuria  per- 
durato avendo  anche  nelle  ultime  guerre. 


629 
XI  li.  La  real  discìpliìm  ìiiilitare  et  altri  di  segui  di  for- 
tificattioni  et  battaglie  dedicate  alVJlt.^  di  Savoja  da  Fe- 
derico Ghisigliero.  Codice  dell'Università  ,  segnato  G  , 
III,  I,  il  primo  aljbozzo  essendone  ivi  nel  volume  III 
di  Miscellanea  militare  (N."  II,  3). 

Contiene  la  pianta  di  uno  schieramento  giusta  l'ordine 
di  Giorgio  Basta  ;  due  poligoni  irregolari  bastionati  ; 
quadrato ,  pentagono ,  esagono ,  ottagono  bastionati  e 
muniti  di  piatteforme;  in  24  fogli  parecchie  disposizioni 
di  marcia  delle  truppe.  Vi  è  unito  un  quadro  della  le- 
gione Romana,  dalla  quale  si  dii'amano  coorti,  centurie, 
manipoli. 

Gli  elementi  di  questo  libro  stanno  in  un  breve  Di- 
scorso sopra  la  disciplina  militare  ed  in  un  Discorso 
sopra  la  maniera  di  disporre  un  armata  aventisi  nello 
stesso  volume  III  di  Miscellanee.  Della  Disciplina  militare 
aggiungo  un  saggio  traendolo  da  altro  codice  acefalo  delle 

citate  Miscellanee   (( la  seconda  si  otterrebbe  con 

»  gli  ordini,  se  con  quelli  la  soldatesca  (minor  di  numero) 
"  talmente  si  disponesse  che  tutta  unita  attendesse  a  tal 
y>  offesa ,  e  mantenendo  mai  cessasse ,  maniera  non  ancor 
»  praticata  negli  eserciti  da'  professori  militari,  ne  cognita 
»  in  quelli  che  io  ho  praticati,  né  scritta  da  autori  an- 
»  tichi  o  moderni ,  et  ancorché  babbi  trovato  molti  modi 
»  in  Eliano  dalla  falange  Macedonica  con  la  picca  osser- 
»  vati  a  questi  miei  simili,  hanno  altri  inventato  e  con 
»  grande  avvantaggio  applicatoli  e  le  figure  e  le  maniere 
il  sono  mie  proprie  e  chi  non  è  espertissimo  del  maneggio 
»  dell'armi  non  potrà  adattarli  profittevoli  nel  fatto  d'armi, 
11  per  il  qual  effetto  non  dispongo  più  le  battaglie  pic- 
»  chiere  guarnite  con  l'armi  da  fuoco,  né  con  le  forme 
»  più  solite,  ma  fortifico  corpi  di  moschetteria  con  picca 
»   da  me  inventata  o  pur   con  le  ordinarie  con  le  quali 


B30 

»  felicemente  lutti  li  nioscheltieri  ili  tali  corpi  a  un  tempo 
»  potranno  sparare  per  la  concessione  della  lor  forma  , 
))  tra  le  quali  di  piiì  ordini  maniche  mobili ,  le  quali  col 
»  mezzo  del  moto  continuano  grandissima  tempesta  di 
))  moschettate  ;  per  il  qual  cfìTetto  l'imperator  Rodolfo 
»  domandandomi  se  sapevo  le  propositioni  fattegli  dal 
»  Duca  di  Ferrara ,  che  voleva  con  cinque  mila  moschet- 
»    tieri  causar    leffetto    di   venti  mila  risposi  che  questo 

»    poteva  avvenire (manca  un  quaderno). 

In  altro  manoscritto,  esso  pure  negli  stessi  volumi  ed 
intitolato  Discorso  sopra  la  disciplina  militare ,  racconta 
come:  «  Discorrendo  coli  111.""°  sig.  Card.'""  Sforza,  mi 
»  disse  che  s'egli  fosse  potuto  stare  a  casa  sua,  che  havria 
»  procurato  di  adunar  5  o  6  soldati  (0  dei  buoni  di 
»  questo  tempo ,  et  che  io  con  quelli  haveria  potuto 
»  metter  insieme  (pensava  S.  S.  TU."')  una  fiorita  disciplina 
f)  militare ,  et  in  particolare  desiderava  che  qualcuno  di- 
»  scorresse  dell'uso  della  picca,  dell'archibuso  et  mo- 
»  schetto,  parendo  a  S.  S.  111."*  che  di  ciò  non  vi  sii 
»  stato  chi  ne  habbi  scritto  particolarmente ,  come  in 
))  effetto  è  ;  moss'io  adunque  dalle  parole  di  questo  S/^ , 
»  ho  tolto  a  trattar  dell'uso  della  picca,  non  perch'io 
»  creda  d'haverne  a  dire  a  sufficienza,  ma  solo  soddisfare 
-0  in  parte  alla  mente  di  questo  Signore  e  per  mio  eser- 
»  cilio  ».  A  pag.  "7  poi  aggiunge:  «  E  ben  vero  che  per 
»  quello  ])uoco  tempo  che  ho  militato ,  che  pure  è  tutto 
))  il  spatio  di  2  2  anni  et  in  guerre  principali,  non  ho  mai 
»  visto  ne  in  pratica  ne  in  libri  chi  di  questo  habbino 
»  scritto,  e  penso  havergli  letti  tutti,  parlo  de  moderni, 
»  resoluta  la  definitione  come  si  debba  adoperar  la  picca, 
»   l'archibuso  e  il  moschetto  n. 

(1)  Forse  v'è  lacuad  e  v'era  scritto  50  o  60  soldati. 


G3I 

XIV.  Discorso  sopra  la  marnerà  di  disporre  unar- 
mata.  E  un  trattato  di  tattica  in  4  '  foglietti  e  pieno  di 
cancellature  e  giunte,  trovasi  nel  volume  III  della  detta 
IVliscellanea. 

XV.  Discorso  sopiti  Vaiate  di  far  la  guei'ra.  Codice 
dell'Università  in  yS  facciate;  comincia:  «  Hanno  costu- 
»  mato  le  Monarchie  grandi  fare  grandissimo  conto  delle 
»  cavallerie  loro  per  mantenersi  in  possesso  delle  pro- 
»    vincie  acquistate  trascurando  le  fortezze,  ecc.  ». 

XVI.  Discorso  delt artiglieria.  E  il  primo  opuscolo  del 
citato  volume  III  di  Miscellanee  militari. 

XVII.  Dichiaratione  et  officio  del  Sergente  generale. 
Ne  parla  ne  Discorsi  militari,  poi  n'è  copia  nel  volume  III. 
E  noto  che  assai  tempo,  prima  e  dopo  l'anno  1600,  il 
Sergente  generale  era  il  capo  supremo  di  tutta  l'infan- 
teria quando  armeggiava  o  comlDatteva. 

XVIII.  Discorsi  militari  di  Federico  Ghislievi ,  nei 
quali  vien  principalmente  reprobato  fuso  della  lancia, 
con  una  juiova  militia  contro  alle  forze  Turchesche. 
Dedicati  al  SerJ^"  Carlo  Emanuel  Duca  di  Savoia  ecc. 
Volume  di  129  foglietti  nell'Archivio  di  Stato  in  Torino, 
presentato  al  Duca  alli  20  marzo  161 8  e  sottoscritto: 
Humil.  Ser.^°^^  Federico  Ghisliero;  segnatura  Z,  II,  2*7. 
Ne  è  copia  nella  biblioteca  del  Duca  di  Genova. 

Comincia  la  dedica  colle  seguenti  parole:  «  Inviltis- 
»  simo  Sig.'%  grandissima  et  superiore  ad  ogni  mio  me- 
»  rito  fu  la  gratia ,  quale  si  compiacque  V  A.  V.  Ser."'' 
»  farmi,  alfhor  che  nel  suo  gloriosissimo  servitio  accet- 
»    tonimi  suo  Consigi ier  di  Guerra  et  Colonnello  trattenuto 


632 

»  rreandoini:  ben  sicura  che  sotto  l'ombra  del  suo  virtuo- 
)ì  sissimo  sapere  altri  militando  dal  dritto  camino  deviar 
))  non  poteva  ecc.  ».  Termina  significando  com'egli  avesse 
in  pronto  altre  scritture  e  nuove  teorie:  «  Ho  io,  Ser."" 
1)  Padrone,  nomi,  ordini  et  modi  per  combattere,  supe- 
»  riori  agli  usitati  per  sino  al  dì  d  hoggi  :  pronto  bene  di 
»  esporli  alla  savia  censura  di  V.  A. ,  ma  non  già  a  quella 
»  del  mondo  :  essendo  sempre  le  inventioni  biasmate 
»   dagl'inhabili  a  migliorare  et  assottigliare  le  arti  ». 

Espone  egli  con  molta  dottrina  una  breve  storia  del- 
l'armi a  fuoco,  poi  dà  la  pianta  della  sua  battaglia  contro 
il  Turco,  che  è  un  rombo  a  scacchiere  di  dodici  quadrati 
numerosi  di  5ooo  fanti  ciascuno  in  altrettante  fortezze 
ambulanti  ;  due  secoli  dopo  in  simili  forme  di  battaglia 
combatteva  Bonaparte  i  Mamelucchi.  Propone  suoi  ingegni 
contro  la  cavalleria,  chiamandoli  Spargi,  Sparagiere,  Spi- 
nosi, Triboli,  Grate  e  con  altri  nomi;  chiama  Sepolture 
altri  ingegni  per  gallerie  d'approccio  a  modo  di  mantel- 
letti.  Perpetuo  scopo  del  suo  scritto  è  di  confutare,  con 
esempi  tratti  dalle  storie  o  da  lui  osservati  in  guerra  , 
la  teoria  ed  i  libri  dell'amico  suo  Giorgio  Basta  circa 
l'uso  della  lancia. 

Il  quale  illustre  generale  di  cavalleria  e  scrittore  in 
qualche  modo  ci  appartiene ,  nato  essendo  in  Volpiano 
od  in  Casal  Monferrato  (0,  non  mai  alla  Rocca  presso 
Taranto  (2),  madre  sua  stata  essendo  una  dama  Alessan- 
drina e  padre  l'Albanese  capitan  Demetrio  per  Francia 
militante  in  Piemonte  nella  lunga  guerra  ch'ebbe  termine 
l'anno  iSSg.  Giorgio  fu  educato  in  Asti,  poi  servì  Spagna 
ed   Austria    in    Fiandra    ed   Ungheria   e   coprendo    gradi 

(1    Spontone,  lltsloria  della  Transihania  (1638),  pag.  58. 
,2'  Così  il  D'Afflitto  nelle  Memorie  degli  scrittori  Napolitani  (1794),  voi.  I, 
pag.  76. 


633 
iillissimi  ;  scrisse  Del  goi'evno  della  cavalleria  leggera  ^.0, 
<:he  promise  di  far  leggere  al  Tarducci  l*-.  Ma  il  libro, 
che  motivò  le  critiche  del  suo  amicissimo  Ghislieri ,  è 
quello  inedito  e  rimasto  ignoto ,  trovantesi  nel  volume  III 
delle  citate  Miscellanee  di  Torino  ed  intitolato  :  Discorso 
di  Giorgio  Basta  intorno  alla  lancia  et  alla  corazza. 
Dove  basti  notare  che,  malgrado  le  speciose  teorie  del 
Ghislieri ,  la  lancia  è  pur  sempre  la  più  terribil  arma 
otFensiva  della  cavalleria. 

XIX.  Discorso  della  maniera  di  maneggiai'  la  spada. 
E  un  breve  scritto  nei  volumi  sovr  accennati  e  nel  quale 
tornò  1  autore  alla  materia  già  da  lui  trattata  ne'  Cava- 
gliereschi  esser  citi  i. 

XX.  Progetto  dell  istituzione  della  militia  Piemontese  , 
ossia  di  quelle  truppe  che  milizie  comunemente  appel- 
lansi.  Ne  sono  due  esemplari  ne'  mentovati  volumi  di 
Aliscellanee. 

Indirizzandosi  a  Carlo  Emanuel  I  egli  dice  :  k  Ser."* 
»  Sig."^  l'institutione  dell  ordinanza  presentata  in  iscritto 
»  all'A.'^^  V/^  è  stata  fondata  per  apprestar  esercito  pronto, 
»  pagato  ,  sottoposto  al  castigo  e  anche  per  sanare  l'in- 
n  fermità  della  militia  Piemontese,  perchè  non  si  trovando 
»  soldato  volontario  per  i  tanti  rispetti  divisati,  stabilita 
»  che  sarà  questa  mihtia  e  privilegiata  e  pagati  gli  offi- 
»  ciali  e  i  soldati  mentre  attualmente  serviranno,  con 
»  grandissimo  sparagno  dell'erario  di  V.^  A."^  ,  si  deva 
»  credere  che  non  solo  saranno  volontari! ,  ma  veri  sol- 
»  dati  afifettionati  al  mestiero  dell  armi  ,  havendosene 
»    esempi  antichi  e  moderni;    ho  detto  con    grandissimo 

(1)  Venezia,  1612,  postumo  ed  edito  da  Pietro  Armiato. 
'2)  Marchine,  ordinanze,  ere.  JGOl),  pag.  87. 


634 

»  sparagno  dell'erario,  poiché  potrà  colonnellare,  uffì- 
))  cialare  et  capilanniare  le  leggioni  con  ^ii  stessi  al  pre- 
»    sente  pagati  e  trattenuti  ». 

n  L'Altezza  V/'  Seren."^  ha  conosciuto  che  i  Piemon- 
>i  tesi  fuggono  dalla  fatiga  per  debole  patimento  e  ricu- 
»  sano  ancor  il  servitio  perchè  hanno  necessità  di  atten- 
))  dere  alle  loro  sostanze,  hemmi  però  venuto  in  pensiero 
»  di  superar  queste  difficoltà  e  cavarne  militia  soddisfatta 
»  e  per  i  Presidii  e  per  la  Campagna.  Vorrei  per  questo 
))  effetto  dividere  il  Piemonte  in  quattro  parti  e  in  cia- 
n  scheduna  ereggei'e  una  leggione  divisa  in  quattro  Co- 
»  lonnellie  di  mille  fanti  l'una  e  queste  sarebbero  delle 
»  guardie  delle  loro  A.%  dandosene  una  al  Ser."""  Prin- 
»   cipe  Cardinale  ». 

»  Questo  stabilito,  ciascheduno  luogotenente  delle  Alt.*' 
»  loro  dovrà  con  ampia  autorità  arrolare  tutti  gli  habili 
»  nella  sua  parte  ,  e  di  quel  numero  che  ne  risultasse 
»  farne  una  elettione  di  quattro  mila  con  avvertenza  però 
)■)  di  non  aggravar  le  famiglie  più  che  di  uno:  del  rima- 
»  nente  si  havrà  da  ripartire  in  due  l'una  per  supplire 
»  alla  leggione  ,  acciochè  sempre  sii  di  detto  numero  : 
))  l'altra  perchè  sii  armata ,  ma  non  obligata  alli  esercitii. 
»  Delli  non  habili  si  dovranno  far  /\  mila  Guastatori 
n  obligati  a  tenere  zappone  e  pala  dandosegli  i  suoi  capi 
n  e  per  non  pagargli  i  suoi  privilegi  a  parte  :  questi 
))  ancor  saranno  descritti  per  servitio  di  ciascheduna 
^)  leggione  ».  Vuole  quindi  che  fra  coloro  che  tengono 
cavalli  si  arruolino  200  archibugieri,  dandone  5o  ad  ogni 
legione. 

E  questo  sia  lultimo  scritto  del  Ghislieri  dimostrante 
com'egli  attendesse  ad  ogni  singola  parte  della  scienza 
militare. 


635 
LX. 

I  CONTI  MAURIZIO,  ANDREA, 
ANTON  MAURIZIO  VALPERGA  DA  TORINO. 

Nascevano  questi  tre  ingegneri  dalla  illustre  famiglia 
de'  Conti  di  Valperga  in  Ganavese,  i  due  ni  limi  essendo 
figli  del  primo  e  tutti  Torinesi. 

Ne'  registri  del  controllo  trovo  una  patente  delli 
12  giugno  1626,  colla  quale  viene  stabilito  un  annuo 
trattenimento  di  ducatoni  100  a  fiorini  18  ^/2  in  favor  di 
Maurizio  Valperga,  quale  ingegnere  aiutante  sotto  il  conte 
Carlo  Casteilamonte ;  con  altra  del  i.°  luglio  i634  gli  vien 
fissata  una  pensione  di  scudi  240  d'oro  da  lire  3  come 
ad  ingegnere  di  S.  A.;  con  altra  delli  20  marzo  1667 
vien  nominato  primo  ingegnere  del  Duca.  A  lui  si  attri- 
buisce la  chiesa  di  S.  Carlo  in  Torino,  ma  il  nome  non 
n'è  ricordato  in  nessun'opera  militare.  Seguito  avendo  la 
parte  de' Principi,  ne  furono  sequestrati  i  beni  dalla  vin- 
citrice Duchessa. 

Andrea  figliuol  suo  già  era  ai  servizi  dopo  la  metà 
del  secolo,  avendosi  in  patente  20  marzo  1667  che  Maria 
Cristina  u  volendo  che  il  Barone  Andrea  Valperga  inge- 
))  gnere  ordinario  di  S.  A.  R.  continui  a  goder  l'annuo 
«  stipendio  e  trattenimento  di  L.  1200,  che  gli  fu  sta- 
i>  bilito  da  Carlo  Emanuele  I  »  ecc.  (^).  Ma  neppur  di 
lui  non  occorre  che  abbia  posto  mano  ad  alcuna  forti- 
ficazione, quando  non  fosse  di  quelle  di  Monmeliano, 
ohe  allora  appunto  furono  migliorate. 

Assai  più  lungo  discorso  possiam  tenere  circa  Antonio 
Maurizio  affettuoso  seguace  del  Principe  Tommaso  e  che 

(1)  Galli,  voi.  H,  pag.  :?()l. 


036 

in  un  suo  libro  a  stampa  si  dice  Torinese  di  patria.  Non 
trovandone  memoria  nelle  guerre  civili  ,  ne  argomento 
che  allor  fosse  tuttor  giovinetto  ;  ad  ogni  modo ,  scrive 
egli  stesso  nella  Fortificazione  Beale  difesa,  che  trovossi 
nell'anno  i645  alla  presa  di  Rosas  in  Catalogna  asse- 
diata dall'esercito  retto  dal  Plessis-Praslin,  che  allora  fu 
fatto  maresciallo.  Quindi  neWEsercitio  militare ,  stampato 
nel  i653,  si  dice  maresciallo  di  battaglia  per  Sua  Maestà 
Cristianissima;  poi,  neW Indirizzo  del  nuovo  soldato ,  \e- 
nuto  in  luce  due  anni  dopo ,  ostenta  il  grado  di  sergente 
maggiore  di  battaglia  pel  Re  di  Francia  (0.  I  quali  due  gradi 
andavan  allora  fra  i  piìi  elevati,  chi  li  copriva  dovendo 
sopravvegliar  alle  mosse  ed  agli  armeggiamenti  delle  truppe. 
Voglioso  il  Cardinal  Mazzarino  di  sottrarre  all'impero 
di  Spagna  i  forti  marittimi  appellati  Presidii  di  Toscana , 
mandovvi  nel  1646  un'armata  capitanata  dal  Principe 
Tommaso,  che  sbarcatovi  tutti  li  prese,  eccettochè  posto 
assedio  ad  Orbitello ,  dopo  due  mesi  e  mezzo ,  dalla 
mal'  aria  estenuate  le  truppe ,  dovette  tornarsene  in 
Francia  (^l  Pensò  allora  il  Mazzarino  ad  altra  impresa 
contro  Piombino  e  contro  Portolungone  nell'Elba,  affi- 
dandola al  Meilleraye  ed  al  ricordato  Plessis-Praslin,  che 
le  espugnarono  ambedue.  Pare  che  a  quegli  assedii  il 
Valperga  si  trovasse  presente,  dell'anno  1649  essendo  un 
suo  inedito  discorso  su  quelle  due  piazze  e  sulla  nuova 
fortificazione  di  esse;  trovasi  quel  discorso  a  Parigi  ed  è 
diretto  ad  un  Cardinale  innominato,  che  dovrebb'essere 
appunto  il  Mazzarino;  ma  allora  già  eran  tornate  le  due 
lortezze  a  divozion  di  Spagna  (-^l 

(1)  Il  suo  servizio  per  Francia  è  anche  accennalo  a  pag.  1G  delVEsscr- 
Htio  miniare. 

(2)  Giannone,  Storia  di  Napoli,  voi.  IV,  pag.  288;  Galliizzi ,  Storia  dì 
Toscana,  voi.  IV,  pag.  83. 

(3)  r.iannonc,  voi.  IV,  pag.  30ii. 


637 

Aveva  Tomniaso,  a  capo  all'esercito  di  Francia^  effet- 
tuata una  spedizione  contro  Napoli,  e  giunto  nel  golfo, 
tentò  l'Angellara,  Vietri,  Salerno;  ma  respinto  dagli  Spa- 
gnuoli,  e  tornate  vane  le  mene  de'  cattivi  l^emistocli  e 
degt ignobili  Coriolaiii  (Botta),  dico  de  fuorusciti  che 
seco  conduceva ,  riprese  la  via  di  Marsiglia.  E  cosa  molto 
probabile ,  che  in  quell  occasione  cadesse  nelle  mani  degli 
Spagnuoli  il  \alperga  come  seguace  di  Tommaso  e  sol- 
dato di  Francia;  ad  ogni  modo  lu  egli  fatto  prigioniero 
di  guerra  e  sostenuto  parecchi  anni  nelle  carceri  di  Ca- 
stelnuovo  di  jNapoli,  dove  trovavasi  ancora  nel  i655  e 
vi  rimase  probabilmente  sino  alla  pace  conchiusa  nel  1660 
tra  Francia  e  Spagna. 

Nelle  dediche  de"  due  libri  stampati  a  Napoli,  e  da  lui 
indirizzate  a  Carlo  Emanuel  II  ed  al  Cardinal  Maurizio, 
pai'la  il  Valperga  della  notte  del  suo  carcere  e  della 
caverna  in  cui  vive ,  dicendo  che  scrive  tra  le  squallide 
solitudini  delle  prigioni ,  ma  che  ciò  fa  per  fuggir  lezio, 
che  suole  poi'tar  un  lungo  carcere ,  nel  quale  io  mi 
ritrovo  come  prigione  di  guerra.  Solo  addolcimento 
delle  sue  pene  ebbe  nella  larghezza  del  libraio  Torinese 
Giovanni  Alberto  Tarino  vivente  in  Napoli,  che  fé'  le 
spese  per  la  stampa  àeW Indirizzo  del  nuovo  soldato. 

Restituito  in  patria  il  Valperga  nel  1660  ebbe  pochi 
anni  dopo  acerbe  gare  col  Canonico  Livornese  Donato 
Rossetti,  il  quale,  già  lettor  in  Pisa,  poi  venuto  a  Torino 
per  affari  domestici,  fattosi  conoscere  a  Carlo  Emanuele  II 
quale  fisico,  architetto,  mgegner  idraulico  e  militare,  fu 
da  lui  nominato  professore  di  matematica  nel  Torinese 
Collegio  od  Accademia  de' Nobili.  Nell'anno  16^4  trattò 
col  Duca  della  fabbricazione  d  un  vivaio  d'ostriche  nel 
porto  di   Villafranca  'S)  e    concorse  cogl'ingegneri  nostri 

(1)  Lettere  medile  d'uomini  illustri  ,n"5'^,  voi.  II,  pag.  243. 


638 

nel  disegno  tl'un  fosso  e  trmi  gran  Ijacino  alla  \  eneii'a^ 
notando  non  so  quale  «  error  grande  d'archilettuia  nel 
))  modello  del  tempio  di  Diana  già  staljilito  per  farsi  alla 
»  Veneria  nel  mezzo  del  sopraccemiato  gran  bacino  ». 
La  qual  cosa  io  non  so  capire ,  la  descrizione  della  Ve- 
nen'a ,  appmito  in  quell  anno  stampata  dal  Castellamonte, 
dando  come  esistenti  tempio  e  bacino  ,  e  òome  esistenti 
veduto  avendoli  il  Bernini  nov'anni  prima. 

Grande  era  l'ingegno  del  Rossetti,  ma  in  filosofia  e 
nelle  allor  nascenti  scienze  fisico-matematiche  audace  egli 
era  anziché  dotto ,  dando  foga  alla  sregolata  fantasia , 
mvece  di  attenersi  alTosservazione  ed  all'esperienza  pre- 
dicate dal  Galileo  maestro  de'  suoi  maestri;  poneva  egli 
che  il  mondo  fosse  animato  e  che  nel  centro  avesse  la 
terra  un  cuore  diviso  in  due  ventricoli  (i';  tal  era  insomma 
che ,  lui  vivente ,  il  savio  e  dotto  M.  A.  Ricci  scrivevane 
che  il  Rossetti  inclina  a  dir  cose  nuove  e  stravaganti , 
ed  è  ancor  facile  a  contradire  agli  altri,  sicché  sveglierà 
contro  di  sé  molti  i-\ 

Trovandosi  egli  a  Torino  in  presenza  del  Duca ,  cadde 
discorso  sulle  fortificazioni  di  Vercelli  e  sul  fiume  Sesia 
che  le  minacciava ,  quando  fattosi  avanti  il  Rossetti  disse 
coìnei  pensava  daver  trovato  un  nuovo  modo  e  sicuro 
per  frenare  e  domare  quei  fiumi ,  che  non  hanno  dalla 
loro  l  impossibile  '^^).  In  una  carrozza  ducale  portossi  egli 
a  Vercelli  coli  ingegnere  Conte  T^alperga ,  per  vedere 
se  io  trovi  essere  possibile  il  por  freno  a  quel  fame  , 
cosa  che  molti  altri  hanno  tentata  con  profoìideie  cen- 
tinaia di  migliaia  di  ducati,  ma  sempre  in  vano;  ma 
tli   nuovo    indarno    riuscirono  le  avventate    promesse    del 

(1)  Tiraboschi  ,1793),  voi.  Vili,  pag.  232, 

(2)  Letlere  citate,  voi.  Il,  pag.  161. 

(3)  Loc.  cit. ,  pag.  244. 


639 
Rossetti  y  proseguendo  la  Sesia  neiriiidole  sua  di  fiume 
alpino ,  irruente  e  sfrenato.  E  cosi  in  una  scienza ,  ch'è 
tutta  sperimentale,  egli  che  punto  non  conosceva  codesti 
fiumi,  prometteva  di  por  rimedio  ad  ogni  corrosione  entro 
il  breve  spazio  d  un  mese. 

In  lettera  al  Principe  Leopoldo  di  Toscana  (di  Torino, 
5  settembre  1674)  scrive  di  aver  passato  una  settimana 
a  Vercelli  e  di  aver  proposto  nel  ducal  consiglio  (  al 
quale  intervennero  i  primi  ufficiali  dello  Stato  in  un  col 
Conte  Valperga  primo  ingegnere  ed  il  P.  Guarini  mate- 
matico di  S.  A.)  di  murar  la  sponda  della  Sesia  e  del 
Ceno  e  Cantarano.  Parla  poi  delle  miserande  condizioni 
degli  studi  in  Piemonte,  conchiudendo  che  non  ve  chi 
sappia  discorrere,  che  di  gicerra,  di  caccia  e  di  fab- 
bricare '^).  La  cosa  era  pm^  troppo  vera ,  ma  estremo  fu 
il  suo  ardimento  nel  dii'  facitore  di  cose  strane  il  Guarini 
arcliitetto  delle  due  mirabili  e  nuovissime  cupole,  e  che, 
un  secolo  prima  di  Monge ,  vide  l'ampiezza  alla  quale  si 
sarebbe  estesa  la  geometria  descrittiva,  raccogliendone  le 
applicazioni  in  un  volume  da  me  veduto  nella  Vaticana. 

Viene  quindi  il  Rossetti  alle  offerte  fattegli  d'impiego 
in  Torino  con  annui  ducati  4*^0  ed  anche  con  5oo. 
Aggiunge  che  nel  dicembre  del  i6'j4  «  penso  di  metter 
»  mano  alla  mia  Architettura  militare,  che  mi  son  pro- 
))  posto  trattare  in  dialoghi,  nella  quale  dove  si  discorrerà 
»   di  fortificarsi  vicino  a'  fiumi  piglierò  l'occasione  di  pub- 

))   blicare  il  mio  nuovo  metodo  di  frenare  i  fiumi 

»>  e  dove  si  discorrerà  di  fortificare  accanto  al  mare, 
»  insegnerò  il  modo  di  murare  sott'acqua  » .  Queste  cose 
scriveva  nel  1674  5  e  circa  quattr'anni  dopo  mandava  in 
luce  la  sua  Fortificazione  a  rovescio  di  Donato  Rossetti 

i})  Lettere  citate,  pag.  249. 


640 

Canonico  di  Lii'orno,  Doli,  in  Sue.  Teologia,  già  let- 
tore di  filosofia  nellLniversità  di  Pisa;  e  or  Professore 
delle  Matemaliche  nelt  Accademia  di  Piemonte  e  Male- 
malico  di  S.  A.  lì.  Torino,  1678  (0.  Viene  esposto  in 
questo  libro  il  suo  sistema ,  che  non  può  esser  lodato  da 
nessuno;  vi  aggiunse  la  gentilezza  o  cortigianeria  di  chia- 
mar Ordine  Piemontese  (ora  direbber  sistema)  in  onore 
de  nostri  Principi,  quello  da  lui  proposto  ed  avente  lan- 
golo  fiancheggiato  acuto,  la  qual  cosa  basterebbe  a  ren- 
derlo pessimo. 

A  quegli  anni  e  da  Asti  avea  egli  scritto  agli  amici  di 
Toscana  una  lettera  in  cui  parlavasi  del  Piemonte  con 
modi  se  non  ingiusti,  almeno  inurbani.  Questa  lettera  , 
non  so  come  ,  fu  divulgata ,  ed  il  Valperga  ne  fece  uso 
contro  il  Rossetti  colle  parole  da  essa  tolte:  pubblicando 
d esser  giunto  nel  paese  de (sic)  .  .  .  procura  trat- 
tar di  quella  a  roverso,  ecc.;  quindi:  La  tua  alchimia., 
la  quale  se  nell  università  di  Pisa  ti  rendeva  cinquanta 
ducaloni ,  la  bontà  della  ruggiada  Piemontese  te  gli  ha 
moltiplicati  in  cinquecenlo ,  di  che  con  lettere  scritte 
d' Asti  a  tuoi  amici  in  Toscana  ti  congratulasti  i^) ,  avvi- 
sandoli d^ esser  tu  giunto  nel  paese  de' (sic) 

Caporale,  questi  pur  sono  gli  effetti  ecc.  ^•^).  Altrove  fa 
du'e  al  Rossetti  :  Riformai  già  la  gramatica  fieli  ergastolo 
di  Livorno,  riformai  in  parte  la  fsico-matemalica  in 
Pisa ,  et  hora  sto  facendo  l'if ormai'  Euclide  da  un  mio 
scoiaio ,  perchè ,  a  dirtela ,  non  mi  degno  di  queste 
bassezze y  ma  presto  le  vedi'ai  in  luce;  dal  nome  patrio, 
sempre  poi  lo  chiama    il    Caporal  Rovinaldo.  Insomma  , 

(1)  Dedica  (Torino,  15  gennaio  1678)  a  M.  R.  Gio.  Battista. 

^,2)  Doveva  questa  lettera  esser  simile  a  quella  al  Principe  Leopoldo, 
ch'è  nell'opera  citata,  pag.  250. 

(3)  Fortificazione  Reale  difesa.  Introduzione  e  Parte  li,  f."  4.  Le  due 
lacune  le  lascio  come  stanno,  troppo  agevole  essendo  il  riempirle. 


641 
alle  iattanze  ed  inurbanità  del  Rossetti  rispose  il  Valperga 
con  ingiurie  e  contumelie,  fedeli  ambidue  all'usanza  degli 
scrittori  d'allora. 

Il  Toscano  ed  il  Piemontese  fondavansi  ambidue  su 
lor  ragioni,  ne  potevan  o  sapevan  confessare  lor  defi- 
cienze. Primeggiava  allora  la  Toscana  nelle  scienze,  ma 
nelle  arti  di  Stato,  dico  nella  diplomazia  e  nelle  cose  di 
guerra,  solo  in  Italia  a  tener  il  campo  era  il  Piemonte, 
e  già  da  un  secolo  ne  avea  dato  sperimento.  Addurrò  un 
solo  esempio  ;  le  fortezze  che  i  Medici  innalzarono  in 
Toscana,  con  error  singolare  e  perpetuo,  riusciron  tutte 
piccole  epperciò  inette  alla  difesa ,  nulla  attingendo  ai 
grandi  esempi  che  dava  Europa  da  un  secolo  e  mezzo  e 
durando  nelle  tradizioni  de'  bassi  tempi  allorquando  a  me- 
schini eserciti  opponevansi  con  frutto  meschine  rocche. 
Indizio  che  mancava  in  essi  il  senso  militare,  giustissimo 
essendo  il  detto  Francese  che  piccola  piazza  è  cattiva 
piazza. 

BIBLIOGRAFIA  DI  ASTON  MAURIZIO  VALPERGA. 

Breve  discorso  dell' avvantaggio  et  disavvantaggio  delle 
due  piazze  di  Piombino  et  Isola  delVElba,  et  la  nuova 
Jortificatione  d'essa  ,  per  resistere  ad  ogni  attacco  ,  o 
insulto  nejnico^  et  delle  gran  conseguenze  che  ne  attri- 
buisce la  Corona  et  la  Francia  insieme.  Di  A.  M.  Valperga, 
di  Piombino,  28  novembre  1649,  indirizzata  ad  un  Car- 
dinale, che  dev  essere  il  Mazzarino.  L'esemplare  di  dedica, 
che  si  può  creder  solo,  trovasi  ora  nella  grande  biblioteca 
di  Parigi,  ma  il  Marsand,  che  lo  registra,  non  ne  dice 
altro  (0.  N'è  copia  moderna  nella  Biblioteca  del  Duca  di 
Genova. 

(I)  Manoscrilti  Ilaliani  della  Biblioteca  parigina  (IS36),  voi.  1,  N."  433. 

41 


642 

Essercitio  militare  a  beneficio  del  nuovo  soldato.  Nel 
quale  si  tratta  del  modo  di  squadronare ,  e  porre  in 
battaglia  ogni  sorte  di  militia.  Composto  da  Ànt.  Maur. 
V^alperga  della  città  di  Torino  j  Maresciale  di  battaglia 
per  Sua  Maestà  Cristianìssima.  In  Napoli,  per  Dome- 
nico Maccarano,  i653,  8.°  piccolo.  Dedicato  a  Carlo 
Emanuele  II  Duca  di  Savoia  dalla  prigione  del  Castel - 
nuovo  di  Napoli^  li   io  novembre   i653. 

La  prima  parte  divisa  in  22  capitoli  insegna  a  squa- 
dronare le  tmppe  in  quadrati ,  a  gran  fronte ,  triangoli , 
circoli,  croci,  tutti  giusta  il  diverso  numero  de' soldati, 
le  diverse  nazioni  ed  armi,  e  della  trasformazione  d'una 
in  altra  figura.  Nella  seconda  parte  in  io  capitoli  si  tratta 
della  maniera  di  distribuir  la  truppa  occorrendo  una  bat- 
taglia. Le  teorie  son  quelle  de'  tattici  Italiani  d'allora  , 
che  le  avevan  desunte  dagli  antichi  ;  la  formazione  delle 
truppe,  il  numero  e  la  qualità  degli  ufficiali  è  giusta  il 
sistema  Spagnuolo. 

Indrizzo  del  nuovo  soldato  diviso  in  due  parti.  Nella 
prima  si  tratta  della  Geometria  prattica ,  e  altre  curio- 
sità concernenti  alla  militare  Architettura^  e  nella  se- 
conda del  modo  di  pervenire  alla  dimentione  d'ogni 
superficie,  e  corpo,  e  come  si  debbia  porre  in  pianta 
ogni  sorte  di  fortezze ,  cittcì  e  provincie ,  con  un  breve 
trattato  di  Trigonometria  molto  necessaria  alla  prattica. 
Il  tutto  arricchito  di  molte  figure,  per  maggior  intelli- 
genza. D' Ant.  Mauritio  Valperga  Sargente  Maggiore 
di  battaglia  per  Sua  Maestà  Cristianissima.  In  Napoli, 
per  Ettorre  Cicconio,  i655,  8."  piccolo.  Dedicato  al  Pjin- 
cipe  Mauritio  di  Savoia,  da  Castelnuovo  di  Napoli,  i  gen- 
naio i655.  Ambi  due  questi  libri  furono  stampati  ad 
istanza  del  libraio  Giovanni  Alberto  Tarino  della  famiglia 


643 
dei  Tarino  stampatori  Torinesi ,  come  notò  il  A  ernazza 
nella  inedita  parte  della  sua  stoi'ia  della  tipografia  in 
Piemonte. 

Il  libro  è  diviso  in  due  parti  e  seguito  dal  trattato  di 
Trigonometria  in  fine  al  quale  dice  di  passare  «  alla  con- 
»  struttione  del  secondo  libro ,  nel  quale  verrà  compreso 
»  il  metodo  ed  indrizzo  di  ben  disegnare  li  poligoni ,  o 
))  figm'e  regolari,  secondo  i  moderni,  ed  uso  di  ben 
))  fortificare  ».  Ma,  ch'io  sappia,  questo  non  fu  mai 
stampato. 

La  fortificazione  l'eale  difesa  dal  conte  Antonio  Mau- 
rilio V^alperga  Barone  di  S.  Marsanotto ,  primo  Inge- 
gneì'e  delle  A  A.  RR.  di  Savoia,  divisa  in  pia  dialoghi, 
data  in  luce  a  beneficio  comniune  et  particolarmente 
della  nobile  Gioventù  Piemontese  contro  la  foitificazionc 
a  Roverso. 

Manoscritto  dell  Umversità  di  Torino,  scrittura  can- 
celleresca con  frequenti  correzioni  dellaiitore.  Non  è  nel 
catalogo  del  Pasini,  ed  ha  la  segnatura  N.  V.  54-  È  in 
dialogo  e  distinto  in  due  parti,  una  di  'jo,  altra  di  l\2  fo- 
glietti; procede  il  libro  in  dialogo  tra  un  sergente,  che 
il  Valperga ,  ed  un  caporal  Rovinaldo  ,  cioè  il  Rossetti 
da  Livorno.  Com'è  facile  a  prevedere,  il  sergente  atterra 
l'avversario,  le  cui  ragioni  sono  sempre  fievolissime;  ma 
agevol  cosa  era  pure  quella  che  un  pratico  ingegnere  mo- 
strasse ad  evidenza  gli  errori  di  un  cosi  strano  sistema 
com'era  quello  della  fortificazione  a  rovescio. 

Siccome  il  Rossetti,  insegnando  matematiche  nell  Acca- 
demia militare,  o  de  Nobili,  in  Torino,  v'insegnava  altresì 
l'architettura  militare  e  non  poteva  a  meno  di  dare  a  modo 
di  precetti  l'esposto  nella  sua  fortificazione  a  rovescio  , 
così  credè  il  Valperga  dover  suo  di  struggere  il  mal  seme 


641 

sparso  da  quel  professore  subito  scrivendo  quest'opera , 
la  qpale,  colle  regole  censorie  allora  da  noi  vigenti,  non 
si  sarebbe  potuto  mandar  a  stampa.  Che  la  distendesse 
appena  uscito  il  libro  del  Rossetti ,  lo  ricavo  da  quanto 
dice  a  f.°  •2'j  :  u  In  tre  anni,  o  poco  più,  che  ti  sei 
»  trattenuto  in  Torino ,  sei  diventato  ingegniero  et  inge- 
»   gniero  a  rovescio?  ». 


645 


INDICE  DE'  LXXIV  INGEGNERI 

E  SCRITTORI  DI  FORTIFICAZIONE  E  D'ARTIGLIERIA 
COMPRESI  IN  QIESTE  NOTIZIE 


1.  Abrà  de  Raconis  . . 

2.  Ala  Benedetto    

3.  Anonimo  di  Boemia 

4.  Arbasia  Cesare    .  . , 

5.  Ardoini  Antonio   . . . 

6.  Ardoini  Ippolito  . . , 
1.  Arduzzi  Domenico  . , 

8.  Arduzzi  Pietro   . . . , 

9.  Azzale  Baldassare  . . 


. . .  p.  446. 
.  . . .  p.  453. 
. . . .  p.  428. 

. . .  p.  469. 

. . .  p.  460. 
, . . .  p.  460. 

...p.46]. 
,  ...p.46]. 

...p.  434. 


10,  Bergante  Andrea p.  429. 

li.  Boero,  0  Boiero,  Pietr'Antonio  p.  464. 

12.  Boetto  Giovenale p.  416. 

13.  Brancaccio  Giulio  Cesare   ..p.43D. 

14.  Busca  Gabrio  p.  522. 

15.  Canale  Hichele p.  426. 

16.  Caresana  Giuseppe p.  465. 

11.  Caséa p.  416. 

18.  Castellamonte  Amedeo p.  415. 

19.  Castellamonte  Carlo p.  413. 

20.  Calanco  Girolamo  .......  p.  531. 

21.  Cillenio  Domenico  Greco  . .  .  p.  458. 


22.  Codazzo  Filippo 

23.  Colonna  Stefano 


24.  Della  Porta  Giacomo^  Antonio  p. 

25.  Durandi  Perelto p. 


26.  Emanuele  Filiberto  Duca  di  Sa- 
voia   p. 


27.  Facci,  delli,  Giovanni  . 

28.  Freylino  de  Mercadillo  , 

29.  Ghislieri  Federico  . . . , 

30.  Giannino  da  Vigone  . . . 

31.  Gromo  Giacomo  Antonio 

32.  Guido  da  Vigevano    .  . . 


33.  Locadelli  Vincenzo p. 

34.  Ludovico  11  Marcliese  di  Saluzzo  p. 

35.  Longuecombe,  di,  Giovanni  .  p. 


36.  Marcello,  Fra  . 
31.  Marini  Girolamo 


52. 
22. 

606. 
20. 
60. 
18. 

55. 
24. 
22. 

15. 
39. 


646 

38.  Marino  da  Pinerolu 

39.  Ilaisilii  Rinaldi)   .  . 

40.  Medici  Bello 

41.  Medici  Girolamo   ,  . 

42.  Morello  Carlo  . . .  . 


p.  420. 
p.  449. 

p.  432. 
p.  432. 
p.4u. 


43.  Negro  Ercole    p.  591. 

4i.  Olgiati  Giovan  Maria   p.  515. 

45.  Oroloyi  Francesco p.  499. 


46.  Pacciolto  Orazio   p.  535. 

Per  Francesco  Pacciotlo  se  ne 
veda  la  Vila  nel  voi.  IV  di 
questa  Miscellanea. 


4i.  Parentani  Afjostino  .  . 

48.  Pellipari    Pietro    .  ,  . 

49.  Pelloia  Pietro  Augelo 

50.  Perret  Giacomo  .  .  .  . 

51.  Poncello  Cesare .  .  .  . 

52.  Poncello  Domeuico  . . 


.  p.  416. 
.p.4l6. 
.  P.-142. 
.p.4fir). 
.p.4li3. 
.  p.  4li3. 


53.  Quadniplani  Gian  Girolamo   .  p.  4ìC. 


54.  Ravnero  Michel  Aatonio 


176. 


55.  Resta  Alessandro 

56.  Rangone  Guido   . 


51.  Sanmicheli  Matteo   . 

58.  Scala  Gian  Tommaso 

59.  Selvatico  Ferrino. .  . . 

60.  Serlio  Se!  astiano  . . 


61. 


S.  Giorgio  Guido 


62.  Simeoni  Gabriele 

63.  Soldati  Giacomo 


p.  kVL 
p.449. 


,  p.  450. 
,p.43(. 

p.  422. 
,  p.  440. 

p.  410. 

p.443. 

p.  602. 


64.  Teodoro  I    Marchese    di   Mon- 

ferrato    p.  4n. 

65.  Tornie'.li  Filippo p.  454. 


Valperga  Andrea p.  635. 

Valperga  Anton  Maurizio    ,  .  p.  635. 

Yalperga  Maurizio p,  635. 

Vanelli  Carlo p.  411. 

Vanelli  Maurizio   p.  4ìl. 

Vimercate  (di  Camnago)  Fran- 
cesco Bernardino    ......  p.  486. 

Vitelli  Ferrante p.  552. 

Vitozzi  Ascanio p.  584. 

Viiozzi  Vilozzo  p.  590. 


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Los  Angeles 
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