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GL'INGEGNERI MILITARI
THE OPERARONO 0 SCRISSERO
IN PIEMONTE
DALL'ANNO MCCC ALL'ANNO MDCL
NOTIZIE R-\CCOLTE
Dà
CARLO PROMIS
S7/
AVVERTENZA
Dopo le vite de' Ire ingegneri Girolamo Maggi, Muzio Oddi, Francesco Paciolto vO, e dopo quelle de Bolognesi e de' Mar- chigiani (^\ vengo ora agi' ingegneri nati o no in Piemonte, ma qui operanti dal principio del xir secolo alla metà del xvii. Premetto le notizie deglingegneri costì vissuti nel tre e quat- trocento con quelle di coloro, che minori essendo, o poche opere avendo qui condotto, od anche per ingiusta dimenticanza, non son guari ricordati dagli scrittori e dai documenti. Seguon le vite di coloro pei quali, vissuti in età meno da noi remota, mi fu possibile raccogliere più estese notizie.
Nel cinquecento scarsamente da noi attendendosi agli studi, gli uomini badanti alle cose geometriche ed alle architettoniche e dai quali forniti erano occasionalmente gli ingegneri di guerra , qui difeltavan assai, come difeltavan in Germania, Francia, Spagna, Inghilterra, ovunque insomma tarda fosse la coltura. Appunto perchè più colte, numerosi ingegneri diedero allora To- scana e Venezia in opera di studi primeggianti in quel secolo senza contrasto; e la luce che neWarti, se non nelle lettere, di tanto sfolgorava in Lombardia, mandava sì suoi raggi a Vercelli, ma senza penetrar più in là.
Coltura e civiltà qui progredivano a modo transalpino, sicuro cioè ma lento , e , per figura , i nostri che pur atteso avevano alla poesia provenzale, prova alcuna non fecero in quella italiana. Insigni esempi di bravura e cavalleresca lealtà diedero nelle Crociate i Principi monferrini, quando i signorotti d' Italia od
(1) Misceli, di storia Italiana, Voi. I, IV; Antologia di Torino, anno 1846. ,2) Misceli, cit. Voi. IV e VI.
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altro guari non pensavaìw che ad ammazzare od a far in modo da non essere ammazzati; insigne esempio di valor disinteressato diede Amedeo VI a Mesemhria, a Yarna e liberando dal re Bulgaro il sire di Costantinopoli ; sempre sconosciuto qui il re- gicidio prodigato in Italia orribilmente. Oltr alpi ed oltre mare sue venture cercava la nobiltà, povera ed inerte vivendo la bor- ghesia, latente ogni germe d'operosità che posto non fosse nella spada , né altri diletti cercandosi che i materiali. Colti non erano i Piemontesi, ma neppur corrotti, fra essi prepotendo la violenza, ma non l'inganno.
A quel campo, che non fruttava, perchè nessuno avealo dis- sodato, pose mano Emanuel Filiberto gran principe, grand' uomo, venerando e venerato per incontrastati diritti, per {sventure for- temente sofferte, per gloriosa vittoria, per operosa sapienza; ei disse, il Piemonte può essere ed il Piemonte fu. Con lui e per lui la patria nostra progredì militarmente , cioè giusta la morale informata a disciplina, d'oltre Sesia prendendo la coltura, da se stesso e d'oltre monti l'operosità, l'armi, le leggi. Ma di questo creator secondo della patria nostra più partitamente sarà detto in Ferrante Vitelli e laddove sarà considerato come ingegnere.
E cosa nota come sino circa Fanno 1650 in uno slesso in- dividuo si accomunassero l'ingegnere e l artigliere e (quanto più si risale ai tempi anteriori vi fosser unite eziandio le professioni di armaiuolo, pokerista e meccanico, e che [uomo stesso ado- prava allora le piccole e le grandi artiglierie , dopo averle fuse , fabbricatane la polvere, curatine i carri ed i letti. Compiva poi tutte le parti dell' ingegnere , chi provvedeva altresì alle piante delle fortezze ed a costrurle, come altresì alla loro espugnazione e difesa; tutto ciò tanto all'età dell' artiglierie antiche, quanto nn primordii di quelle a fuoco.
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I. FRA MARCELLO DA GASSINO.
Do principio alle scarse ed incompiute notizie degl'in- gegneri e bombardieri vissuti in Piemonte anteriormente all'anno mille cinquecento, adducendo Tor risorto nome di Fra Marcello, pel quale ne' conti della castellania di Gassino (dal 4 novembre i326 allo stesso giorno del i32'7) è detto come il castellano Guglielmo Dro abbia pagato '-2 soldi e 7 denari viennesi infactura cuiusdam instrumenti seu artifici facti per fratrem Marcellum ad proiiciendum balotas plumbeas ; la pubblicazione del qual documento debbesi alle solerti cure del capitano Ange- lucci , che fu primo a parlarne (0. Dove nasce spontanea l'ossei^azione che, dopo il documento antichissimo fio- rentino del 1826, parlante di pilae seu palloctolae fer- reae et canones de metallo prò ipsis canonibus esistente nei Regesta di Firenze , primamente accennato da Tar- gioni Tozzetti e dato poi del Gaye '■^^) , posteriore soltanto di un anno è quest'altro di Gassino a sedici chilometri da Torino. Dov è anche da osservare che lo strumento lanciante palle di piombo non aveva ancora da noi spe- ciale denominazione.
(1) Ricordi e documenti di uomini e trovati italiani per tervire alla storia militare. (Torino, 1866) pag. 143. L'originale è negli archivi di Torino. [ì'' Carteggio d'artisti, Voi 4. pag, 469.
Marcello è nome singolarissimo per quella età^ piCi non trovandosi dopo il V secolo e per mille anni^ co- sicché io penso che questo non fosse il nome suo ori- ginale, ma sì quello di religione e desunto dal papa e martire Marcello I. Di lui , altra notizia non c'è per- venuta, ma essendo frate possiam conghietturare che Francescano fosse , ossia de' Minori , alle usanze di questi acconciandosi quel lavorar ch'ei fece pel comune , il quale od eragli patria o davagli almeno il soggiorno. Nel do- cumento nostro è mentovato l'artefice, del quale poi tacesi in quello di Firenze ; e siccome nelle carte fio- rentine il nome dell'operaio od artista non è quasi mai omesso , ne possiamo inferire che a Firenze cannoni e pallottole fossero comprati anziché fal^bricativi , mentre il frate artefice lavorava veramente in Gassino. Aggiungo che questa terra spettava allora al Monferrato e che nel i329 ebbe guerra colla vicina Ghieri (0.
II.
PERETTO DURANDI E PIETRO PELLIPARI.
Mi si permetta eh io ponga qui tra gl'ingegneri codesti fabbricatori di macchine da guerra, accomunandosi allora la professione di costrurre ingegni con quella di ado- perarli. Leggesi ne' conti di Antonio consignor di Barge (dal ly ottobre i32r al 22 agosto 1822 ): Lihravit
Peretta Darandl carpentatori quod Delphiniis
castnim et villam Voji'onis ohsidere debebat, videlicet prò uno ingenio et una troja , qiiae ibidem incepta fuerunt per Petruni Pelliparii y omnibus conplendis et
Cl^ Cibrario, Storia di Clìieri ^182"5\ capo iJO,
417 perficiendis j et prò garrotlo et espinguella ibidem pre- par andis , inclusis ^ triginta solidis viennen. prò duobus coriis vachonum prò frandis dictorum ingenii et trojac faciendis , et inclusis 5 solidis 6 denariis prò 5 libris sagrinis et duobus libris sipi prò ungeìidis dictis frandis , et inclusis quinque solidis prò una pelle trojae ad idem^ et inclusis viginti uno solidis tribus denariis prò ferra- tura dictorum ingenii et trojae (0.
Il castello di Voyron nel Delfinato spettava ai Delfini, coi quali ebbe Amedeo V guerre continue. Il nome Durandi è frequentissimo in Piemonte; parmi che il se- condo sia di Vercelli ove trovasi nel mille cinquecento uno stampatore così chiamato, ne questa casata capitan- domi altrove.
III. TEODORO I PALEOLOGO MARCHESE DI MOI^FERRATO.
Piacemi che la serie di chi in Piemonte scrisse di cose militari cominci da un nobilissimo Principe figlio di Andronico Comneno Paleologo imperatore di Costan- tinopoli e di Violante di Monferrato discendente da quel Bonifacio che dai gentiluomini francesi fu posto a capo alla IV crociata, dall'eroe Corrado dilensor di Tiro, da Guglielmo il vecchio e dal Longaspada, degli encomii de' quali son pieni gli scrittori delle guerre sacre.
Contava soli sedici anni quando nel i3o5 la madre Violante erede del Monferrato mandollo di Grecia costì , dove diede numerosi esempi di lealtà e bravura ricosti- tuendo quel derelitto marchesato. Chiamato dal padre a Costantinopoli per valersene contro i suoi nemici , si
(1) Archivi camerali j conto della castellania di Ciamberi dal 1270 al 1399.
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dispose ad andaivi; ma meglio è eh io adduca le parole di Galeotto del Carretto scrivente sullo scorcio del xv se- colo : « Volendo partire, non havendo conseguito l'intento » suo cum far qualche cosa egregia nell'arte militare, » dispose in detti di lassarli qualche memoria di lui; d » perchè nel mille trecento vintisei compose in greca )) lingua uno elegante libro di dottrine militari , qual egli
)) lassò ne la partita Traslatò poi il detto libro
» di greco in latino nella città di Vercelli nell'anno mille y> trecento trenta CO ». Ma né del manoscritto greco ne dell'altro (rimasti sconosciuti allo stesso diligente Fabricio) non si ha notizia alcuna; non faccia poi meraviglia che Teodoro voltato al^bia il libro in latino anziché in italiano, poclii a que' tempi palliando , nessuno scrivendo in Pie- monte la lingua volgare; che se tutti i versificatori e segnatamente in corte di Monferrato, cantavano proven- zalmente, istorici e trattatisti non altra lingua adopravano che la latina. Siccome d'uomo Greco e di quel secolo, ho tuttavia sospetto che non contenesse il suo libro fuor- ché luoghi comuni tolti da antichi scrittori, appunto come, circa il mille, fatto avevano Leone il Sapiente e Costan- tino Porfirogenito imperatori di Bisanzio.
IV. GUIDO DA VIGEVANO.
Agli scrittori Vigevanaschi è sconosciuto il lor con- cittadino Guido medico di professione e vivente in prin- cipio del secolo xiv ; né monta , che si appelli anche da Pavia, essendoché a quella diocesi spettava allora Vigevano.
ri) Cronaca di Monferrato in M. H. V. Scriptonim, Voi. Ili, col. 1177.
419 Di esso non altro mi fu dato sapere se non che un suo inedito scritto conservasi nella biljlioteca di Parigi , fondo Colbert , n.° 9640 , 3 ; prisno a darne contezza fu il Montfaucon, quindi il Carpentier, più tardi io stesso 'S. Il titolo né. Thesaurus Regis Fz-cmciae , acquisitionis Terrae Sanctae de ultraniare , nec non sanitatis corporis eius et vitae ipsius prolungatioìiis , ac etiam cum cu- stodia propter venenum. E diviso il trattato in due parti, versando la prima sui rimedii del corpo ; la seconda , in XIII capi, sulle macchine e sui mezzi guerreschi per prendere le città.
Comincia : Ego Guido de Vigewino de Papia , olim medie US impevatoris Henrici ^^/ et qui nane per Dei gratiani Johannae de Burgundia, per Dei gratiam re- ginae Franciae ; le quali parole me lo farmo creder nato circa il 12^0. Espone quindi come il passaggio in Terra- santa, che doveva aver a capo Filippo di Nalois, do- vendosi fare in quell'anno i335^ a Deo datus est mihi modus leviter conquìrendi Terram Sanctam de ultra mare, quem rescribo serenissimo principi Philippo Fran- corum regi. L'espostavi materia concerne la meccanica militare del medio evo ma senza cosa alcuna di nuovo, a quest'arte essendo Guido tropp'estraneo. Nel codice son le macchine disegnate , colorite e descritte , e chi ne bra- masse notizia , consulti il Carpentier . che ne fece lo spoglio ricavandone trentotto articoli , i titoli de' capi essendo editi dal Montfaucon. Codesto trattato non fu noto a Naudé, Michaud, Tiraboschi, Fabricio, Mansi, né ai piiì accurati scrittori di storia e bibliografia letteraria e militare.
'O'
(0 Bibliotheca Bibl. manuscriptorum , voi. ll,pag. lOll, Supplemeuium ad Ducange, Voi. IV, pag. 81 , libri latini mss. ; Architettura di Fr. di G. Martini, Voi. 11, pag. 14.
(2) Enrico VII di Lucemburgo morto nel 1313.
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V. MARINO DA PINEROLO.
Altro ingegnere ai nostri ignoto è Marino vivente in / Pinerolo coi principi d'Acaia e che a Lodovico di Savoia fu richiesto dai Dieci di baUa di Firenze con lettera delh i6 settembre i4o5: Aadivimus relatione veridica , quod habetis quendam Marinum Ingeniariwn intellectus ac vivtutis eximiae in fortilidis obtinendis bellicis instru- mentis , qui in Pieneruola continuum morani trahit : cum autem eius opera egeamus ^ magnifìcam fraterni- tatem vrani affectuose rogamus y quatenus amore nostri magnificentia vra dignetur , dominum Magistrum inge- niariwn nobis transmiitere quam celerius esse potest. Cui providebimus de adventu, mora atque discessu (0.
Non faccia caso quel Pieneruola, siffatta trasformazione voluta essendo dal dialetto toscano, come Monsanese, Geresuola, Golfmara o Golfonara. Motivo della chiamata di Mainno (di cui non si ha altra notizia) , fu la guerra che Fiorentini facevano a Pisa, volendola suddita perchè l'avevan pagata a Gabriele Visconti; epperciò, oltre il nostro , chiamarono anche Bartolomeo ossia Bartolino da Novara (non già di Novara nostra, ma sì Ferrarese), coll'altro di cui ora diremo.
VI. GIANNINO DA VIGOINE.
Dobbiam pure al Gaye la notizia di altro mgegnere nevro-balistico in Giannino da Vigone chiesto egualmente (!) Gaye. Carteggio d'artisti (1839\ Voi. 1, pag. 84.
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allora al principe d'Acaia dalla signoria di Firenze , la quale, dopo adopralolo, rimandavalo in Piemonte con questa lettera delli l'j ottobre i4o6. Principi Achajae. Revertitur presentialiter lares ad proprios probus vir Magister Janninus de J^igone , ingeniarius , vir , quem ad nri cois requisitionem atque servitia tam letanter , tamque celeriter transmisistis. De quo fraternitati vre referimus debita mimerà gratiaruin. Et quum idem Magr. Janninus vir est perspicacis ingenii in gubernatione et opere instrumenti bellici, quod vulgo Briccola nomi- natur , sicut in obsidione et debellatione Castri vici Pi- sani Experientia dimonstravit. Et quia nobis diligenter et cum fidelitate servivit, Blagnif. vre eundem affectuo- sissime commendamus. Discedit enim , suis exigentibus meritiSy cum omnium Jlorentinorum benivolentia et a- more ('). Narra infatti il contemporaneo Giovanni Morelli che al campo sotto Vicopisano si ebbero lìiolte bombarde e briccole coi mangani; alla sua resa poi, dopo otto mesi d'assedio, Trovossi gettate in Vico pietre co' dijici del comune ; // castello è fortissimo , e non era possibile averlo per forza (^). A quell'espugnazione intervenne con Giannino anche il Brunellesco, del quale fiiron poi i riat- tamenti di Vicopisano (3).
Così tra Toscana e Piemonte accadeva allora uno scambio d'uomini come volevanlo le diverse condizioni civili e so- ciali de' due paesi, ricevendo il secondo monetieri ed ar- tisti Toscani i^) , ricevendo il primo ingegneri di guerra Piemontesi. Venne allora da Firenze in corte di Savoia
(1) Gaye 1. cit. pag. 85, 8G.
(2) Morelli. Cronica (1718), Voi. I, pag. 335.
(3) Targioni. Piaggi in Toscana, Voi. I, pag. 339.
(4) Promis Domenico. Monete dei Reali di Savoia (1841) Voi. 1, pag. 23 e segg.; sono citati più di sei monetieri fiorentini.
ili
un pittore adornante coll'arte sua chiese e castelli ('), che meno esattamente è dai nostri nomato maestro Giorgio dell'Aquila, famiglia che non trovo tra le Fiorentine, ed è fatto che i conti di Costantino de Jaillon (dal [ agosto l'ò^i al i febbraio 1342) hanno: Libravit magistro Georgia DelaigU pictori Domini ecc. Ora , quel Delaigli fu dai nostri emendato francesemente in De VAigle^ ossia del- l'Aquila, mentre altro non è per me che il vulgatissimo delli Jgli (2).
YII. GIOVAMI DI LONGUECOMBE, PERRINO SELVATICO.
Nell'assedio che Amedeo VI pose a Gex nel i353 eranvi minatori delle valli della Stura torinese sotto il castellano di Lanzo Aimone di Challant che dirigeva mac- chine e mine, essendone maestro ingegnere un Giovanni di Longuecombe. Quindici anni dopo riparavansi sul Po alquante navi per cura dell'ingegnere e maestro delle macchine da guerra Ferrino Selvatico (^).
VIII. FRETLI>0 DE MERCADILLO DA CHIERI.
In fama assai maggiore venne al principio del xv secolo maestro Freylino della nobil famiglia de Mercadillo di
(1) Archivi camerali, conti della castellania di Ciamberì. Dipinse pel castello di Bourget, per quello di S. Martino in Bugey , per la chiesa dei Francescani di Ciamberì.
(2) Forse primo a propagar quest'errore fu l'autore delle note francesi apposte al documento stesso. Della famiglia delli Agli parla frequente l'Ammirato.
(3) Gibrario. Istituzioni della Monarchia di Savoia, Voi. II , pag. 147, 160.
4-23 Chieri, professante, giusta i tempi, le arti di fonditor di hombarde, artigliere ed ingegnere. Non appellavasi già For- lino o Ferlino, ma Frejlino, così chiamandosi, per figura, un daPralormo ed un Provana i). Nella gueiTa combattuta Tanno 1426 tra Amedeo Vili ed il duca Filippo Maria Risconti adoprossi Freylino qual bombardiere al servizio d'Amedeo, tanto ricavandosi dal conto (serbato nell'ar- chivio di stato) delle artiglierie di Savoia per quell'anno. Bavagli il Duca paga annua di cento fiorini d'oro , spettan- doorli ancora in guerra il soldo duna lancia da due cavalli in un col vitto dalla casa ducale; fattagli inoltre facoltà dincettar il salnitro per tutto lo Stato, purché lo vendesse al Principe a prezzo determinato v2\
Fatta la pace col Visconti, mediante la cessione di Vercelli, passò Freylino al soldo del nuovo duca di Milano Francesco Sforza, e quando combattè questi nel i/\5'ò coi Veneziani in Bresciana ed assediò Ponte Vico , nar- rava d Simonetta come: trinas in aggerem vallumque bombardas Ferlini Pedemontani artifìcis peritissimi et fama clari, opera usiis , disponit ^^ .
Adiuvando i tempi, che nelle artiglierie amavano una infinita suddivisione, da quell'esperto bombardiere che era ne trovò Freylino una nuova specie adoprata poscia, per figura, da Costanzo Sforza signor di Pesaro nell'attacco di un castello del Parmigiano, ch'ei battè con tres in- gentes bombardas^ scilicet Coronavi^ Galeazinam et Ferlinam v^X Dove chiara è l'allusione del nome Corona; Galeazina fu detta dal nome del figlio di Francesco Sforza,
;i) L. cit. II, 9G; Misceli, di St. Il , VI, pag. 620. La famiglia Freylìna è anche ricordata dal Uossotto a p. 373 del Syllabus. (2; L. cit. Voi. I. pag. 44.
3) De rcbux gcstis Fr. Sforlice. R. I. S. Voi. XX.I , col. 615. ^4 Diarium Parmense, in R. 1. S. Voi. XXII, col. 385, anno 1481,
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e la Ftìiina appellavasi dal nostro ingegnere, che, sino all'età corrente, fu solo a dar nome ad un'artiglieria. Trovo poi nelle ordinazioni sulla difesa di Ferrara del i483 come tra le artiglierie estensi eranvi due Forline (0, dal numero loro comparato a quattro bombarde ed a otto passa volanti ricavandosi che grande doveva esser la palla da esse gittata. Pare eziandio che questa denominazione varcato abbia le Alpi, essendovi in Teroana di Piccardia, e nel i553, una grossa colubrina detta Madame de Frelin (^\
IX. LODOVICO II MARCHESE DI SALUZZO.
Spiacemi che di questo Prìncipe io debba dire , ma sol- tanto per escluderlo dagli ingegneri piemontesi. Fuvvi da noi, alla metà dello scorso secolo un subitaneo ardentissimo incremento d'ogni sapere, essendone a capo Alfieri e Lagrange ; agli studi storici attendevano , con altri , Mey- ranesio , Sciavo , De Levis , Carena , Durandi , Malacarne , ma dei primi tre qui non occorre dire troppo essendo noti quali falsari; insigne l'ultimo per infaticabile operosità e per vasto sapere, non seppe ostare alla malaugurata smania di produr libri e documenti da esso inventati.
Adunque il saluzzese Malacarne mise in giro , circa il 1780, una sua manoscritta dissertazione sulla letteratui'a di sua patria a' tempi di Lodovico II (i 475 al i5o4) ed
(1) Codice Riccardiano di Firenze, N. 2711. La parte di esso che con- cerne le truppe fu stampata dal Corio all'anno detto e da Marin Sanuto in R. 1. S. Voi. XXII , col. 1529.
(2) Rabutin. Guerres de la Caule Belgique enlre Henry li et Charles ì' , libro V.
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in essa fece autor Lodovico delle seguenti opere da lui solo e da nessun altro mai vedute: Del buon governo dello stato, stampata in Saiuzzo nel 14997 ed altra avente per titolo: Della difensione delle rocche assediate e della espugnazione delle medesime e dello guadamento delle riviere. A detta sua, questa riscontrolla memorata in una supposta relazione manoscritta di Bernardino Orsello, dalla quale pure simulò di togliere la notizia della traduzione latina del libro greco di Leone imperatore De bellico apparatu e vi aggiunse quello delle Elucubrationes super librum primum P'egetii de re militari. Volle piu'e il Ma- lacarne dimostrare che il Livre des faits d'armes et de chevalerie Tstampato a Parigi da Verard, 1488) fosse anch'esso di Lodovico, attesoché nell anno 148'- egli era in Parigi .0. Vero è che di quel trattato ignoravasi allora il vero autore, ma io ho poi dimostrato altrove esserne autrice Cristina da Pizzano letterata bolognese vivente in corte di Francia circa l'anno i4oo, essendone poi stampato il nome nella edizione di Londra del 1489^2. Nessuno , fuorché il Malacarne , vide mai lo scritto del Vivalda, che delle citat? opere fornirebbe qualche cenno. Quanto alle palmole dell'Orsello, trovansi esse veramente nella Memorabile ossidioìie di Saiuzzo dell'anno 1487; ma è da sapersi che il codice antico memorato dal Ma- lacarne a nessuno fu mai noto , mentre quello moderna- mente adoprato per la stampa è im esemplare di mano del Malacarne stesso e nel quale lo stile, le frasi, i
(l) Sulla fede del Malacarne ne parlarono il Tiraboschi a pag. 52 del voi. VI; l'Affò nel voi. Ili , pag. 249 Ae%\'\ Scrittori Parmigiani; il Muletti a pag. 398, 401 delle Memorie storiche di Saiuzzo ed altri ancora.
(2' Di ciò ho ampiamente discorso nella vita di Cristina a pag. 17, voi. II, àeW Architettura di Francesco di Giorgio Martini ^1841) ed in quella che inserii nel voi. IV della Miscellanea di Storia Italiana ; To- rino, 1863;.
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pensiei'i , le voci medesime , ogni cosa insomma è recen- tissima alFatto. Ad esempio di ciò , dirò solo come narri rOrsello essersi allor fatto nell'assediata Saluzzo due ospe- dali volanti per le urgenze , tra li quali si osservarono le separazioni consuete a distinzione degli infermi di febbre dalli feriti e piagati ! ! (0, Cos\ il nuovo Annio (ch'era pm^ un valente letterato ed un valente seguace d'Ippocrate) trasfuse nel libro d uno scrittor quattrocentista concetti e parole, che non potevano affacciarsi fuorché ad un medico del secolo xviii. Ma di ciò basti; che se le contraffazioni del Malacarne, dovute soltanto ad un fanatico amor patrio , furono sinora accolte senza sospetto, la presente critica a modo nessuno non le può accettare.
X. MICHELE CANALE.
Ad un imaginario scrittor militare tenga dietro un imaginario ingegnere. Quello fra i bastioni di Torino che fu già detto Bastion Verde, per essere stato di terra e piota , e che ora appellasi il Garitton de' fiori e conserva ancora la metà a nord, agli scrittori nostri fu soggetto di poco sapienti verbosità. Primo a dirlo eretto nel 1461 e dal duca di Savoia fu Francesco Agostino della Chiesa (2), avvegnaché, sole sei pagine avanti, più sanamente scri- vendo, attribuito avesseio ai Francesi ed agli anni seguenti da vicino il i536; poi, or fa un secolo, il celebre D'An- toni lo disse fatto appunto nell'anno 1461 e compiuto nel 64 , a controllarne la spesa destuiato essendovi il pro-
ci) Slarapato in calce al voi. V del Muletti (1832), pag. là. ;2) Corona reale di Savoia (1G35), parte I, pag. 2GG.
427 fessoi- Michele Canale Tk Le parole del DAntoni fui'ono poi a gara riprodotte dai nostri e da altri, col Piemonte rallegrandosi il generale Oudinot per aver dato nn così illustre ino[e£:nere X. La sincera storia invece ne avverte che i bastioni di Torino, cominciati di terra dal Duca nel i535, proseguiti furono allo stesso modo dai Francesi, dai quali furon poi incamiciati di muro circa il i54o (3); ne quel Michele Canale fu mai professore, ma sì colla- terale nel 1472, presidente ducale patrimoniale dodici anni dopo e dei signori di Cumiana '^\ Che poi, la fon- dazione di quel bastione , preteso primo , deljba postici- parsi di più che settant'anni . l'ho già provato abbondan- temente altrove.
Dirò qui del vocabolo Baluardo o Bastione in quanto concerne la storia della fortificazione nella patria nostra. Come la seconda voce venne dal francese Bastìe, Bastillon, così la prima è originata dal tedesco Bolhverck da noi venuto per la via di Francia, cioè già mutato in Boide- vert e Boulevart. L antichità della parola Bastione risale in Piemonte almeno al xiii secolo v^), ed il Belluard o Balliiardiis (nel valore di Boilwerck. ossia opera di legno) qui fu d uso più remoto che non nelle altre parti d'Italia. Infatti, soltanto all'anno rSif) notollo in Milano, primo di tutti , l'architetto Ciserano , siffatta voce avendovela portata Tedeschi e Svizzeri *') ; da noi, invece, comparisce
(1) jàrchitettura militare (n78\ Introduzione, pag. XX. {■2) De l'Italie et des ses forces militaires (1835,\ pag. 569.
(3) Architettura di Fr. di G. Martini, voi. II, pag. 290, 294.
(4) Sclopis. Stati generali ',1851', pag. 122; Galli, Cariche del Piemonte (1790), voi. I, pag. 345; Della Chiesa Ignazio, Genealogie di famiglie nobili del Piemonte, p. 53, Ms. delia biblioteca del Re.
(5) Ad bastionandim Carta del 129'ì in M. H. P. Chartarum voi. I, col. 1628.
6} Svevi et Alvetii dicono Spok'er , al lib. I, capo 5 dei Commenti a Vitruvio Como, 1521). Il Caporali, che riprodusse Ciserano, nella sua
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quella parola mezzo secolo innanzi , avendosi negli Ordinati della città di Torino, ed all'anno 14^7? queste provvi- denze circa le mura urbane : Fieri faciat unum helluar- dum nemoris in meniis , con evidente raddoppiamento del valore dell'originaria voce tedesca. Poi, unum belluard ante portam novam, e qui è un rivellino. Poi ancora,
construahtur tres belluardi , prope castrum fieri
faciant unum helluardum (0. Delle fortificazioni erette, sullo scorcio del xv secolo, a Vercelli ed a Chivasso (^), non si conoscono gl'ingegneri.
XI. ANONIMO DI BOEMIA.
Nell'anno 1499? instando la calata dell'esercito di Francia, munì Lodovico il Moro le città e terre sue pili esposte a quell'impeto, quelle cioè che fronteggiavano il Piemonte. In bella fama militare venuti erano allora i Boemi per la resistenza opposta ottant'anni prima in Praga alle truppe crociate del Re de' Romani Sigismondo , consistendo l'opere loro difensive soprattutto in Capannelli (Cofani, Casematte) cinti di fosso e murati di legno, terra e sassi (^). Allora, come sempre, il valor de' difensori confuso venendo col sapere di chi apprestato aveva le difese, singoiar rinomanza ottennero per tutto il xv secolo gl'ingegneri Boemi. Uno di essi chiamato fu da Lodovico affinchè munisse Novara, Cameriano, Vigevano ed altri luoghi; della prima scriveva
traduzione di Vitruvio dice a f." 30 (Perugia, 1536) che Svcvi et Elvetii, cioè Svizzeri, gli chiamano Spolveri.
(1) Nei volumi LXXXVI di Ordinali ras. dal 1325 al 1507.
(2) Cibrario, Istituzioni, voi. I, pag. 119.
(3) Ne trattai a lungo in Fr. di G. Martini, voi. II. pag. 286 e segg.
429 allora il Duca che cum t ingenio et arte de uno Boemo hai'emo trovato esser tanto gagliardamente fortificata , che la si può numerare tra li loci inexpugnabili j tanti e tali sono li repari et bastioni de li quali è circondata ; la seconda è stata fortificata dal medesimo artefice cum tanta gagliardeza de opere che non è homo quale non ne restasse stupefacto ; di Vigevano dice che , per V opera del Boemo predicto è anchora lei reducta in termine da posserla appellare inexpugnabile (0.
Certa cosa è che nulla di meglio poteva in questo caso far l'ingegnere di Boemia, che ripetere costì quanto già si fosse praticato a Praga, ma l'istantanea resa di quei luoghi provò l'inettezza loro a difendersi, e dopo allora più non fu parlato del sistema difensivo Boemico.
XII. ANDREA BERGAINTE DA VERRUA.
Un ingegnere è questi, che meritato avendo molta ri- nomanza, non n'ebbe per altro nessuna, avvegnaché stato sia tra i primi affatto che praticamente applicato abbia le nuove maniere difensive di fortificazione principiante il XVI secolo.
Le mura erette nel i^^o dal Duca di Savoia a Nizza erano certamente all'usanza de' tempi , che è quanto dire incapaci di resistere alla cresciuta potenza delle artiglierie. Volle riformarle Carlo III nel iSi-y ed addossonne il carico al Bergante, ch'era da Verrua in Monferrato. Vi aggiunse questi, dice il GiolTredo (2) « dalla parte di
(1) Relazione del settembre 1499 presso Rosmini Storia di Milano, voi. IV , pag. 256. (1) Storia delV Alpi marittime, col. 1241.
430
» tramontana tre grossi e fortissimi baluaidi tutti comjx)sti » di pietre quadre , al di fuori de' quali per sprofondare )) il fosso si distrusse un'antica torre detta di Malvicino; » di più, fece fare un bastione dalla porta occidentale » che guarda la città e diversi forti bassi con le sue )) contrascarpe, casematte e contramine, e di struttura » cosi soda e così ben intesa , che non è maraviglia » nel 1543 cosi bene dette mura resistessero alle fortis- » sime batterie de' Turchi e de' Francesi » . Sulla porta di un corpo di guardia fu collocata quest'iscrizione :
ANDREAS BERGANS VERRVCAE CLARVS ALVIYINVS ISTIVS EST lYlOLlS CONDITOR EXIMIVS. 1549.
E sopra im baluardo leggevasi quest'altra :
ANDREAE BERGANTIS OPVS LAVDABILE SEMPER. 1320.
Da noi allora non iscrivevasi guari, ne usavasi menar vanto delle proprie cose , cosicché sconosciuti rimasero quegli antichissimi documenti storici della novella fortifi- cazione di dieci anni precedenti i bastioni Veronesi del Sanmicheli, di nove quelli di Piacenza, di sette quelli di Bari, di quattro quelli che si voller fare a Firenze (^/. Solo a tenerne allora discorso, ma senza entrare ne' par- ticolari, fu Domenico Maccaneo a que' giorni insegnante m Torino, e dal quale impariamo ancora che il Bergante, come volevano i tempi, era eziandio bombardiere ducale. Dic'egli adimque, parlando del castello di Nizza: Huius castelli architecturam peritissimus Bombarderius Ducali s ad nomen leggi noì'inam) perpetidiculumqiie formam
'S Jichilettuia di Fr. di G. .) far lini , voi. II, pag. 299.
434
quadravit , erexit adeo ut nobile aedificiuiìi munitissima qiiaecumque Italiae castella , tiim loci sìtii , tum muni- mentis aequiparaturum sit (C. Ma di quei bastioni (che facevansi allora assai piccoli), uno solo ne rimaneva nel i65o, trovandosi segnato nella pianta che di quel forte dava il ÌMorello ; non è desso né maggiore ne minore di quelli che nel 1 5 2 r furono innalzati in Urbino , non avendo che m. 12,00 nella gola (2).
Ad esempio di quanto erasi fatto in Orvieto, fu pure ne' seguenti anni cavato in quel castello un pozzo pro- fondissimo e nel vivo sasso (3). Alla metà del secolo xvi vi dirigeva le opere della cittadella un maestro Bartolomeo da Campione , che non so dire se fosse del villaggio presso Pinerolo, o di quello Ticinese, e forse era soltanto un impresario o capomastro.
Qui per la storia della fortificazione in Piemonte apresi im nuovo stadio in cui le fortezze piiì non sono innalzate da Piemontesi adoprantisi pel loro Principe , ma quasi sempre da Veneti o da Lombardi al soldo di Francia , Spagna ed Impero , soli Piemontesi apparendo il Pelloia ingegnere per Francia col Delli Faci militante per la pa- tria sua.
Allestendosi Francesco I a euerressij»re nel 1 535-36 il Duca di Savoia, aveva questi coll'opera di Gian Giacomo
. (l) Manoscritto negli Archivi di Stato in Torino.
(2) I quattordici fatti allora nelle mura di questa città esistono tuttora; li ho veduti e si possono riscontrare nella pianta che accompagna la Lettera di Jacopo Fusti Castriotto , Urbino, 1854.
(.■^) Gioffredo col. 1242.
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de' Medici Marchese di Marignano , qui mandato dall'Im- peratore, dato principio in Torino ad un baluardo di terra avanti al castello ed a quattr'altri minori agli angoli della città W sotto la direzione d'un ingegnere qui chiamato nel mai'zo del i535 (-). Chi fosse questi non m'è noto, ma (stante l'alleanza stretta allora con Carlo V ed il susseguente soccorso delle sue truppe), penso che fosse un Lombardo, di c|uesta patria essendo allora tutti gl'in- gegneri di Spagna ed Impero, come tutti Italiani gl'in- gegneri d'Europa.
XIII.
STEFANO COLOMNA DA PALESTRINA, BETTO E GIROLAMO DE' MEDICI DA CASTEL DURANTE.
Appena occupata Torino dai Francesi nel i536, pensò l'Annebault a munirla compiendo le difese già iniziate dal Duca ; per esse fu data lode al valente Romano Stefano Colonna de' signori di Palestrina , che ne comandava il presidio, e tal cosa è naiTata dal Guazzo (^) e da Be- nedetto Varchi dicente che colle proprie mani diede co- minciamento alla fortificazione di Torino (^). Ma essendo cosa volgare troppo di scambiare nella difesa d'una piazza la scienza di chi l'afforza colla bravura di chi la propugna ,
^1) Cambiano Historico discorso, col. 1033; Pingone Atig. Taur. pag. 77 , Propugnacula inde a Duce coepta; Stefano Rugerio nel suo inedito Som- mario , etc.
(2) Cibrario, Istituzioni, voi. II, pag. 317.
(3) Historie (1554) pag. 339.
(4) Orazione in morte di Stefano Colonna.
433 io volentieri aderisco al Terzi scrivente nel mille cinque- cento le cronache di Castel Durante, ossia delle Ripe in quel d Turbino , ed affermante che fortificatori di Torino , Moncalieri , Asti, Pinerolo furono allora i Durantini fratelli Betto e Girolamo de' Medici X.
Mirabili parvero agi ingegneri e scrittori contemporanei le nuove opere difensive di Torino, nelle quali, a vero dire, altro non fecero i Francesi che compiere e poi mu- rare i quattro bastioni angolari posti ai saglienti del qua- drato perimetrale della cittì , cosicché la lode ne deve andare allo sconosciuto ingegnere ducale. Pene ineocpu- gnabilis a Gallis reddita^ dice Pingone, aggiungendo il Segni che da Francesco I fu Torino rifortificata di grossi presidili'^', parla il Marchi della gran fortezza di To- rino ^"^' , ed il matematico Tartaglia si fa dire dall'inge- gnere Gabriele Tadino di Martinengo : vedeti qua , questo è il dissegno della pianta de Turino , qual da gli huo- mini de ingegno è giudicato esser inexpugnabile , e così di seguito, apponendovi egli sue ojjbiezioni '^\ Finalmente, a tacer di molti , il giocoso Francesco Rabelais , che col cardinale Du Beilay fratello del governa tor di Torino fu in questa città poco dopo cpiell anno , dice scherzando : Frère Jean apporta quatre horrifiques pastez de jam- bons, si grands ^ quii me souvint des quatre bastions de Turbi. Vrai Dieu , comment il j fut beu et gale '^^\
{\] Presso Colucci Antichità Picene ^'1796' voi. XXVII , pag. 38. Quella lerra o città dicesi ora Urbania.
(2) Storie fiorentine, libro IX, all'anno 1537. Presidio appellavasi allora la guarnigione ed il luogo stesso fortificato.
(3~ Codice Maglibecchiano, libro li, cap. 110.
^4) Quesiti et in\>entioni diverse ^1546), lib. VII. A proposilo di questo , che chiamavasi Fontana ed era Bresciano, aggiungerò che un altro Bresciano, Ottaviano Canavcro, ingegnere di Emanuel Filiberto, fu fatto cittadino di Torino nel 1560. Cibrario, Istituzioni, II, pag. 357.
y PantagruPÌ (1553) lib. IV, cap. 64.
58
434
Ei li vide ancor di terra, del luglio 153"^ essendo la lao^nanza dei Torinesi al Re di Francia, che les haUiiavs de Thurin sont seiilement hastiz, cioè facili a rovinare, non essendo rivestiti di muro 0. I quattro baluardi furono murali nella tregua dell'anno seguente 2}, costituite essen- done le cortine da un terrapieno parallelo all'antica cer- chia e contro il quale terminava la campagna. Il fosso tra terrapieno e muro fungeva l iifiìcio eh' è laudato dal Machiavello (3).
XIY. BALDASSARE AZZALE DA MASSA LOMBARDA.
Dirò qui degl'ingegnei'i che in Piemonte adopraronsr per Francesco I ed Enrico II, poi di quelli operanti per Carlo V , notando però che esercitando quasi tutti la pro- fession di soldato, alla fortificazione non badarono che per incidenza.
Questo patrizio Ferrarese, ma nativo di Massa Lom- barda in Romagna (*), per Francia militò in Piemonte nel i536, dove concorse a fortificar Cherasco e Pinerolo (^). Presidiando (^hieri , fugli dal marchese del Vasto intimata la resa, cui rispose con estrema iattanza; ma tornatovi il Vasto nel iSS^, v'entrò d'assalto, uccidendo il pre- sidio e cattivando l'Azzale. Per questo fatto e per non so qiial ira coprillo d'ingiurie Paolo Giovio nel xxxviii delle Storie ; alle accuse di quel giornalista del tempo
;i) Molini, Documenti di Storia Italiana (18;i6' , voi. II , pag. 400. (9) Mémoires de M. de Bdlatj (1586\ f.° 407.
(3) Arte della guerra, libro VII.
(4) Tonduzzi, Historie di Faenza (16*5; pag. 63'2 ed indici; Marchesi, Memorie dell'Accademia dei Filergili (1741' pag. :J69.
;5 Cambiano col. 1030.
43o oppose FAzzale una difesa alla inodcina. comprandosi il Huscelli , che nel Supplemento e nelle Imprese si accinse a mondarlo d'ogni taccia. Incaricato del processo l'onorato e valente Martino dii Bellay , l'Azzale fu dannato a morte , ma il Re gli fé' grazia della vita (0 , né lo cassò dal servizio. Per Francia rivide poscia ed ordinò le piazze di Bor- gogna ed « il Re lo mandò in Piemonte col grado di » mastro di campo; ov'egli con molto onor suo et com- » mendatione di tutti così amici , come nemici , fece cose » notabilissime nel fortificar alcuni luoghi importantissimi » alla sicurezza del passo da Francia, i quali da Francesi n eran risoluti di abbandonarsi, non confidando di poterli » fortificare (^S). Meglio avrebbe fatto il Ruscelli adirci quali fossero codesti passi , essendoché delle conoscenze difensive dell'Azzale altro non sappiamo fuorché il vieto e strano impiego di tavole irte di chiodi e sparse di pol- vere, ch'ei praticò in Chieri, ma senza alcun risultato. Servì poi la Chiesa, .Mantova, Siena e la sua morte fu dopo il i55'j.
XV.
GIILIO CESARE BRANCACCIO DA NAPOLI.
Instabile ne' propositi e grande estimator di se stesso fu il Brancaccio nobile Napoletano per Carlo V militante dapprima in Affrica , Provenza e Piemonte dove negli anni 153^, i538 trovossi nelle piazze di Chieri, Cuneo, Alba; rollo stesso Imperatore fu poscia ad Algeri^ Clèves, s. Désir,
'1) Mémoires de du Bellay , lib. Vili, pag. 270. Delle accuse si disdisse il Giovio in lettera del 1650 fra le raccolte dal Domenichi (1560; f ° 67. (2'' Ruscelli, Imprese (158-2;* pag. 374.
436
alla battaglia di Miihlberg , a Tripoli, nella qual' ultima impresa inopportunamente vantossi autore della celebrata batteria di otto pezzi su due navi congiunte '^\ Malcon- tento di Spagna , fu con Enrico II a Renty e , tornato nel i555 in Piemonte prese parte alle espugnazioni di Moncalvo e di Volpiano; avviatosi col Guisa all'impresa di Napoli, strada facendo trovossi alla sorpresa di Valenza del Po. Ultima sua campagna fu quella della Goletta in Afirica nell'anno 1572.
Tolgo queste notizie dalla vita che di se stesso egli scrisse ed è nell'Ambrosiana di Milano con molt' altri scritti suoi inediti e tutti brevi , altro non avendo mandato a stampa che la f^era disciplina (-). Considerandolo sol- tanto quale ingegnere in Piemonte, dirò ch'ei si vanta domesticissimo di Emanuel Filiberto (3) , al quale, come a tutti i Principi, olFrì la sua cittadella mobile, col modo di espugnar fortezze senza pericolo degli assedintori, dove dice che chi rinvenisse tal ingegno riputato sarebbe un uom divino , anzi un angelo , soggiungendo ora quel- l'angelo son io che tho trovato, e dicendo pure che a tempo e luogo Io paleserebbe ai Principi. Nel Discorso della militia dice a f.° i34 del codice Vaticano che coi suoi metodi aggressivi (purché non manchi terra da lavoro) si può sicuramente ed in pochi giorni espugnar qualunque fortezza. Protesta però che un tanto segreto ei lo vuol tacere, e n'ha ben donde. Ma nella sua proposta non altro vedendo questi fuorché una puerile volgarità (come quella
(1) Il Paruta nella Storia della guerra di Cipro (1718) pag. 33G ne fa autore il Fiorentino Giuseppe Bonello a Modone; è descritta anche dal Caracciolo ne' Commentari libro li.
(2) Il Brancatio , della vera disciplina et arte militare sopra i eommen- fari di Giulio Cesare. Venezia, 1582, 1585.
(3) Discorso della milizia, ms. dell'Ambrosiana . R , 105; e nella Vaticana al N." 2597.
437 messa innanzi all'età stessa da Giacinto Barozzi (0 e da altri), la pensarono col Tarducci che i sistemi del Bran- caccio fossero promesse d'alchimista di fare i monti di oro (^). Oltre la J^era disciplina ed i cartelli passati tra lui ed mi Tassoni (3)^ dodici manoscritti ne conosco serbati a Firenze , Roma , Torino , Siena , Parigi e soprattutto a ^Milano ; ma della vita e bibliografia sua non è qui luogo di parlare. Una sua lettera (da Padova , 1 1 ottobre 1 585) è nell'Ambrosiana i^) ed in essa dice di aver assistito a più di cinquanta espugnazioni di fortezze; ma, nell'anzi- citala sua vita ingrossa questo numero nel frontispizio colle parole : Memoria di G. Ces. Brancaccio che si tro<>^ò in 23 guerre, battaglie 6, ed in altri infiniti scontri simili a fatti d'armi, et prese di terre pia di loo.
XVI. GIAIN TOMMASO SCALA DA VENEZIA.
Questo \'eneziano^ figlio d\m vaiaio (o vai'oter, come dicon colà), fallito in suo commercio, si volse al soldato ed all'ingegnere (^\ Godest'ultima professione non da altri
(1) Offerta di un nuovo modo di difendere qualsivoglia fortezza per debole che sia riputata, da qualsivoglia numeroso esercito; ras. nell'Archivio di Firenze. Una seconda proposta fu poi stampata dallo stesso a Roma 1558, Perugia 1581 ; vedi anche l'articolo del conte Calori Cesis negli opuscoli di Modena , voi. II , serie li.
(2) Macchine, ordinanze et quartieri (1601), pag. 13 in 19.
(3' Giustificationi et cartelli passati tra G. Brancaccio, et il sig. conte G. Estense Tassoni. Senza luogo né data, ma Parigi, 1558 o 59.
(4) Codice Q, 115.
(5) Annali delle cose della Rep.di Fenezia, ms. del cav. Cicogna citato da M. d'Ayala n^W Antologia di Napoli , voi. XIV , pag. 259.
438
allora esercitavasi che da Italiani (*), colla solita mala con- seguenza che, non solo i valenti, che numerosi erano, ma eziandio gli assassini ed i falhti dltalia (come il Vi- mercate, il Locadelli e codesto Scala) avvegnaché ricchi di sola audacia, pure, m virtù di lor patria, impuden- temente spacciavansi per ingegneri e come tali erano in tutta Europa accettati.
Le notizie delle poche opere sue in Lombardia e Pie- monte le tolgo dalla propria vita da lui inserita a f." 4^ del suo codice autogi'afo. «■ Del 02 andai a servir con » al signor Ant.° da leva e stiti con sua selenzia in fina » a la sua morte che fu innexais (in Aix), dove quando )) andete lultima volta in Provenza, in 8 ani (2; chio serviti » li feci molti disegni e modeli deli quali li fé quel debia » grassa (de Biagrasso) et fò la zonta che si volse far )) al Castel di Pavia et in Cremona la traversa et fra tante » io mi trovai al principo de Versei quando Fran° bon- » signor (^) de Salus viveva et el marchex de marignan » stete dentro 3(j zoi'ni donde io stiti fino fui supilito ecc. » .
Servì dapprima Venezia^ poi Francia, poi gF Inglesi in guerra con questa ; di nuovo a Venezia , e di nuovo in Francia contro Inglesi e Tedeschi, d'onde nel 155 2 tornò a servir ^ eneziani sotto Peschiera e Marano. Il citato codice, importantissimo per la storia degl'ingegneri di guerra, fatto primamente conoscere dal sig. Mariano
(1) >elle memorie del Sire di Vieilleville (lib. V, cap. 4), che Irovossi nelle guerre del XVI secolo , l'autore Carloix , detto del S. Rémy ingegnere e fuochista Francese , aggiunge che la fama sua redonde grandement à la gioire frangoise , car Ics Ualiens s'attribuent la science des fortifications sur tout le reste de la chrétienté ; encnres , par une honne desbordee van- tance et trop audacieuse présomption , ilx s'en d'isent invrnleìnx. \n qiiej-lo caso gli Italiani avevano rauioiie.
(2) Leggasi iìì 6 anni.
(3} 1 Veneti dicono Honxignur per Monsignor.
439 d'Ayala, trovasi oia a Torino nella biblioteca ilei Re. Rannosi pure di lui le Cose narrate da M. Gìo. Tomaso da P'^euetiay ingegniere eccellentissimo ^ già di Carlo Imperatore , et or dell' Illustrissimo Dominio , in materia di fortezze, difese et offese , et altri awertimenti , appar- tinenti a. cose della militia ; e sono nei Precetti della militia moderna raccolti dal Ruscelli e stampati in Ve- nezia nel iSgS evidentemente togliendoli dal codice dello Scala; ma questo essendo anonimo, vennero quei precetti malamente attribuiti dall'editore al Bellici o Bellucci da S. Marino.
XVII. GIROLAMO WARIIMI DA BOLOGNA.
Di questo ingegner Bolognese , non mai rammentato dai concittadini suoi, diedi nel i863 le prime notizie (0, troppo meschina cosa essendo quanto un secolo prima detto ne aveva il Piacenza (^). Per Francia militando in Piemonte, trovossi nel i537 a fortificar Pinerolo , che il ^farchese del Vasto non attentossi poi di assediare; la pianta n'è in Coronelli e nella galleria di Minerva (3) ed è probabile che sue pur fossero le difese allora erette a Bene, Centallo, Moncalieri. Dopo ciò ei comparisce allo assedio di Perpignano , poi alle espugnazioni e difese delle tante fortezze francesi di Fiandra e Piccardia, sinché nel i553 periva combattendo a Teroana \^). Errava dunque il Campana narrante che nella rotta di Carignano era il
(1) Miscellanea di Storia Italiana, Ionio IV, pag. 614.
(2) Notizie de' professori del disegno (1768-1820), voi. V, pag. 455.
(3) Fortezze dello Stato di Milano (1693); voi. II (1696), pag. 232.
(4) Sozzini, Decorso dell'Assedio di Siena, pag. 153, nell'Archivio Storico Italiano.
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Marini luogotenente dell' Aussun l^) , essendoché, giusta Monti uc, questi cliiamavasi Magrini e non Marini e, per altra parte , il nostro già da più anni seguiva le guerre sulla Sambra e sulla Mosa. Camillo figliuol suo, ed inge- gnere esso pure per Francia, veniva ucciso difendendo Metz.
XVllI. SEBASTIANO SERLIO DA BOLOGNA.
Di questo architetto bolognese sul quale si hanno tanti scritti dal Vasari sino al Bolognini, al Maggiori ed a me stesso, che lo considerai solo quale ingegner militare (2), non è questo il luogo d'indagai'ne notizie artistiche. Sin dal iSSg abitava la Francia, dove, alla metà del secolo, vecchio e povero, vendeva a Iacopo Strada antiquario Cesareo l'ultima parte del suo trattato d'architettura, cioè « l'ottavo libro, il quale appartiene tutto alla guerra, e
)) sono in questo volume due Castrametatione
» L'altra si è la stessa Castrametatione, ma ridotta in » forma d'una cittadella murata e senza fortezza G^) ». Del qual libro Vili, per cura dello Strada e sin dal iSyS, erano già intagliate le stampe , che poi andarono smarrite.
Meglio ancora c'interessa il brano seguente del docu- mento notato neir Index Ubroruni dallo Strada istesso presentato nel i58i al gran Duca di Toscana e conser- vato nell'archivio di Firenze C^), di questo catalogo di
(1) ma di Filippo II, Deca 11, f." 98; all'anno 1543.
(2) Miscellanea di Storia Italiana (1803), tomo IV, pag. COI.
(3) Il settimo libro d'' architettura di Sebastiano Serglio ecc. Prefazione dello Strada; italiano e latino. Francoforte al Meno, 1575, f.»
{4) Archivio 3Iediceo, carte e spogli Strozziani.
4il libri essendone altro esemplare nell'iniperial biblioteca di Vienna al N.° ioidi 'S). In esso di nuovo parla lo Strada delle due cas trame tazioni colle parole : Et hanc fecit in Gallici Sebastianus Serlius Bononiensis arcliitectus ad christianissimi regis instantiani et mandatum. In altera etiam habetiir castvametatio eiusdeiìi magnitudinis et formae. Differt tamen a priori, quod haec tantum cincta est muro , et in ea fabricata sunt palatia et aliae habi- tationes. Quae quoque facta est ab ipso Sei'lio , instante dicto Franciae rege, cum velie t duo castra ad eam formam et niodum , unum in Pedemontanis , alterum contra Flan- dros construere. Has ambas tabulas , ego dum essem in Francia, ab ipso autore emi. nec in ullius alterius ma- nibus nunc similes habentur.
Ma questi due campi fortificati, uno al confine Fiam- mingo, altro a quello Piemontese e probabilmente sulla Dora Baltea, amlDidue disegnati dal Serlio ad istanza di Francesco I, gli storici Francesi contemporanei non trovo che li ricordino. Solo G. M. Stella (Sterni) descrivendo nel iv543 le fortificazioni di Vienna d Austria , dopo notati gl'inconvenienti dei fossi di poca ampiezza e detto che giusti erano quelli del castello di INIilano , aggiunge : Hoc imitati sunt postmodum Galli in Turinis et Morini (sic) (^^; dove io francamente emendo in Taurinis et Mo- rinis , vale a dire in Piemonte ed in Piccardia. Forse in queste poche parole ed in quelle dello Strada sta il solo ricordo a noi pervenuto di que' campi fortificati, i quali se non mai fatti, furono almeno pensati e predisposti da Re Francesco ai due più deboli confini del reame.
(I) Presso Hiibner Inscripliones Hispaniae Latinae (1869); prefazione, N.° XIV. (•2) Apud Schardium Historicinn Opus 'J57i), lotno li, pag. 15T5.
44^2
XIX.
PIETRO ANGELO PELLOIA DA CHIVASSO.
Nella prima metà del xvi secolo viveva in Chivasso (città posta sul Po a ventitré chilometri a valle da To- rino) ed era signore di S. Raffaele sui prossimi colli un Pietr' Angelo Pelloia, che si dice cavaliere di non so qiial ordine e che, giusta lo storico di sua patria (^), Francesco I avrebbe fatto commissario e maestro generale delle fabbriche e fortificazioni del Re in Piemonte. Altre notizie non fornisce circa costui . che rimase sconosciuto agli scrittori , senonchè da esso fu disegnata ed eseguita la nuova fortificazione di Chivasso nel i543; aggiungendo a pag. 3'y5 che sotto la sua direzione si alzarono i due ordinati bastioni e poi la piattaforma.
Per ventura j di questo ingegnere hannosi in Torino alcune piante U Una è quella di Valfenera, scrittovi: di . senio . fato . del . chavalere . pe . loia . chon . li . mi- sure . trabuche . de . nove piedi lune. Dove convien av- vertire che il Pelloia doveva essere in dipendenza dal Veneto ingegnere Francesco Orologi (di cui sarà detto ampiamente più sotto), che tanto adopravasi qui allora per Francia; ora, l'Orologi non volendo lasciar la misura ch'eragli più ovvia, cioè il piede di Venezia, e per esser inteso dagl'impresari e capimastri dovendo pur far uso del trabucco piemontese, pose che i sei piedi liprandi di questo fossero eguali a nove piedi veneziani ^^ ; per tal
(1) Memorie sloriche della città di Chivasso pel P. Giuseppe Boria, libro I, pag. 249. ms. della biblioteca del Re in Torino.
(2) Archivi di Stato ; piante di fortezze, voi. V.
(3) Infatti , nella sua inedita proposta per la cittadella di Torino dice piedi .15, che seria trabucchi 4 marìco un piede.
443 modo, la nona parte del trabucco essendo - o,3425 ri- sponde con lieve differenza al piede veneto = 0^3473. L'Orologi, supremo ingegner di Francia in Piemonte, deve aver fatto invalere questo suo sistema, la qiial cosa ci spiega come il trabucco piemontese del Pelloia pareggi il trabucco di nove piedi veneziani.
Vengono quindi le piante di Carmagnola e di Saluzzo ambe con eguale indicazione, poi altra e notatovi Pianta ilei forte del Borgo S. Martino fatto del i558; final- mente quella della [Mirandola scrittovi: Disegno fatto per ma del cavalier Peloia ingegìiiero del re. Contiene questo disegno una proposta d'ingrandimento della città (terra nova de la Mirandola), ed essendo stata assediata nel 1 55 1 da Giulio III avente ad alleato il Re di Francia, avràgli il Papa chiesto un suo ingegnere , e ciò spiega come alla pianta della Mirandola sia sottoscritto il Pelloia. Dalle riferite indicazioni apparisce la poca sua coltura, ma era questo il caso comune degf ingegneri d'allora, che non fossero d'illustre nascita; ho detto altrove v') come scrivere non sapessero il Bramante ed il Frate da Modena , e qui aggiungo come il Marchi non imparasse a leggere ed a scrivere che da sé stesso ed in et'i di trentadu' anni (^).
XX. GABRIELE SlMEONl DA FIREINZE.
Fra la colluvie d'uomini diffamanti l'Italia nel xvi se- colo, fra l'Aretino, il Franco, il Giovio e tant'altri va posto il Fiorentino Gabriele Simeoni d'ogni cosa scrivente
(l) L'arc'iilettura e gli architetli presso i Romani (ISTT, pag. IO".
^•2; Ronchini Cento Irlterc di Francescn Marelii ^ISC.G ,N.o UV e LXXXVll.
e con lievi mutazioni tlunLe come nuovi i lil>ri suoi «ià stampati, affinchè le rinnovate dediche gU fruttasser no- vello danai'o. Egli scrittor Italiano, Francese, Latino, egli Ellenista ed Ebraizzante, egli filologo, antiquario, epi- grafista, moralista, teologo, geogi'afo, poeta, ingegner di guerra, e non so quant'altre cose, come può vedersi in Manni, Zeno, Tirabosclii e soprattutto in Menckenio ; presuntuoso, millantatore, girovago, e per menar vita lieta e non faticante, successivo adulator di tutti.
Restringendomi alle cose militari del Piemonte, dirò che, alla metà del secolo, per un triennio militò il Si- meoni nel presidio di Torino sotto il governatore Principe di Melfi W ; dicendo egli : J'ai eu autrefois quelque petite charge en Piémont clic temps de Monsieur et plus que pére le boii Prince de Melphe , et en labsence de Mon- sieur d'Ossum gouverneur de Tur in, enpartie la garde de la diete ville C^); nella qual città mandava eziandio in luce nel i549 ^® ^^^ Satire e Rime (3). Nell'elogio poi ch'ei scrisse di se stesso, dopo i più boriosi vanti, non si perita a dire: Leges a se inventas militibus dedit , murorum propugnacula direxit , locoruni metitus inter- valla regiones pinxit Ipse animo salteni vixi
nec Regibus impur. In un sonetto poi ei si compara a Dante, conchiudendo :
CKuom di virtù poco alla patria è grato ('^). Vagava intanto in Italia e Francia, indifierentemente
(1) In militiam triennium apud Augustam Taurinorum. Nel proprio elogio posto nel Dialogo pio et speculativo, Lione, 1560, pag. 204.
(2) Cesar renouvellé , Parigi, 1558, cap. 16.
(3) Per Martin Cravotto , 8°. La satira II è diretta all'Aretino pregan- dolo di volere sbrattar dall'avarizia il mondo con la tua lingua intrepida immortale.
(4) Stampato nella Galleria di Minerva (1696), volili, pag. 283.
445 limosinando da Ferrante Gonzaga oppur da Diana di Poi- tiers , ed egli che cantato aveva le larghezze di Francesco I e di Enrico II, stampava poi nel i56o a Lione le Sen- tenziose Imprese , così intitolandole ad Emanuele Filiberto :
Sin qui cercando huom pio , prudente e giusto ,
Giacciuto sono in torbida procella j Hor lieto sorgo, che^ cangiata stella,
Ho ritrovato Enianuello Augusto.
JNarrano gli scrittori suoi concittadini come gli ultimi anni li vivesse il Simeoni in corte di Torino, ma non ne adducon prove, e gli Archivi nostri così ricchi di docu- menti di Emanuel Filiberto non ne fanno parola , ne amava il Duca e tanto meno premiava que' pretesi rappresentanti dell'opinione pubblica. Diceva nel Dialogo pio il Simeoni di aver in pronto un libro sulle antichità di Lione, e questo, dedicato al Duca, conservasi in Torino (^) e fu poi stampato in Lione, or son pochi anni, da una società di cultori della storia patria. Il titolo n'è : L'origine et le antichità di Lione di in. Gabriel Sjmeoni al magna- nimo et potentissimo Princ. Emanuel Filiberto Duca di Savoia. Sue inedite poesie a Cosimo I per la restitu- zione fattagli da Spagnuoli nel i543 delle fortezze di Firenze, Livorno e Pisa stanno negli Archivi Toscani in uno con certe sue lettere sopra le fortificazioni che Cosimo andava facendo sulla marina contro il Barbarossa.
(1) Ne diede notizia il Boissieux nelle Inscriptions antiques de Lyon (1854) in fine alla prefazione. L'originale è negli Archivi di Sfato ed al f." 12 è detto che fu scritto nell'anno 1550.
446
XXI.
ABRA DE RACOINIS.
Agliiigegneri che qui nel secolo xvi operarono e mi- litarono per Francia faccio tener dietro uno scrittor coevo ti artiglieria che, grazie al nome personale e patrio, fu creduto Piemontese , ma ch'io ritengo Francese , avvegna- ché oriundo fosse del paese nostro. Da ducencinquant'anni è conosciuto sotto questo nome, e sotto quello di Dahra Draconis, l'autore di un manoscritto trattato d'artiglieria, ch'era nel 1600 nella biblioteca di Renato Morey d'onde passò nella Reale di Parigi.
Primo a darne contezza fu nel i63'j Gabriele Naudé '.' , che lo descrisse, ma tacendone il Montfaucon nella bi- blioteca de' manoscritti, nonché il grande catalogo pari- gino; di esso parecchi brani furono addotti nella dotta opera Le passe et tavenir de Vartillerie distesa da Na- poleone III e dal colonnello Fave. Finalmente l'operoso e solerte capitano Angelucci riducendo quelle denominazioni di persona e di patria a lezione Piemontese ed Italiana, addusse parecchi argomenti a dimostrare come sotto quel nome apparentemente Francese , si ascondesse quello di Abrà (od Abrate) da Racconigi città del Piemonte supe- riore (^X In Racconigi infatti e nelle vicinanze abbondano le famiglie appellate con quei nomi.
Narra il nostro di aver servito i re Francesco I ed Enrico II, aggiungendo che nel i54o o 4^ fii l'i Francia
(1) Syntagma de studio militari (Roma, 163"7^. Ho a mano l'edi/ione di Iena (1683 con titolo: Gàbrielis N audaci Bibiiographia mililaris^ a pag. 76 vi si paria dell'Abrà.
(2) Ricordi e dncumenti di nnmini r di trovati italiani ecc. ^Torino , 1866'^, pag. 39.
447 iiiiglioraLa la fabbricazione della polvere; dunque egli scrisse alla metà del secolo e la sua nascita si può sup- porre circa l'anno i5oo. Non era TAbrà soldato in nessun modo, ma commissario delle artiglierie nell'ar- senale di Parigi, come risulta dal suo libro; grado ci- vile di tutta fiducia, ne solito darsi a forestieri. Adopra egli un modo di dire dal capitano Angelucci creduto proprio de maestri Italiani d'allora, cioè che la polvere già facevasi in Francia di sei asso ed asso (^ , cioè di sei unità di nitro, una di zolfo, una di carbone. Io però la credo espressione professionale, già, per figura, usandosi in quella lingua l'antico verbo Assommer nel significato di far addizione delle unità od assi.
Ora dirò delle ragioni persuadentimi che l'Abrà non in Piemonte sia nato ma in Francia , avvegnaché certa cosa mi paia altresì che da Racconigi ( come sovente accadeva allora in Piemonte) siansi gli avi suoi por- tati colà, o conservando od acquistandovi una nobiltà inferiore. Racconta infatti il P. Anselme che Maddalena d' Abrà de Raconis , figlia di Francesco d-Ahra-de- Raconis signore di Perdreauville e di Alevu e tesoriere àeWextraordinaire des guerres , nel 1624 sposò un Billy de Montguignard (2) . Per ragion di tempo , Francesco doveva esser figlio o nipote paterno del nostro ed era anch'esso impiegato civile di guerra.
Parlano Monsignor della Chiesa ed il Mazzucchelli del vescovo Carlo Francesco Abrà di Racconigi , da essi creduto di questa città , e lo dicono addottorato nel
(1) La poudrc qui se faisail de mon tcmps estoit de six as et as , pour parler selon les termes etc. {Le passe et l'avenir de l'artiUerie, voi. IH , pag. 232).
(2) Hisloire généalogique et chronotogique de la maison Royale de France, des Pairs etc. (1736), voi. II, pag. 121.
448
Parigino collegio di Navarra , predicatore ed elemosi- niere di Luigi XIII ^ pel quale (morto nel i643) recitò 1 orazion funebre^ essendo eziandio autore di qualche libro, come sarebbe la vita di Maria di Lucemburgo Duchessa di Mercoeur; ma qui il Mazzucchelli attinge dal Della Chiesa, che dalla assonanza de' nomi sovente fu tratto in errore, come quando disse essere da Barge in Pie- monte il Toscano Bargèo. Di questo Abrà non fa parola il Della Chiesa nella prima edizione del Catalogo degli Scrit- tori Piemontesi, ma si nella seconda (i), quindi è chiaro che siffatta notizia ei la desunse dai Sammartani , che la Gallia Cristiana pubblicarono nel i656. Narrano questi le cose stesse di Carlo Francesco Dabra de Raconis (nome questo nobiliare e non di patria) vescovo di Lavaur in Linguadocca venuto a morte nel 1646 in domo sua de Raconis juxta Monfortium Amaiirici , cioè nella casa domestica o villa di Raconis presso Montlort l'Amaury neirodierno dipartimento di Scine et Oise (^). Cosicché, qualunque ne fosse l'origine, era il nostro un gentiluomo di Linguadocca. Anzi io penso, che lo sconosciuto suo nome di battesimo fosse Francesco, trovandolo ripetuto, giusta l'usanza patrizia, in coloro che a me paiono figlio suo e nepote.
In Abrà de Raconis avrei desiderato di trovare uno scrit- tor militare Piemontese esponente, a mezzo il secolo xvi, lo stato deirartiglieria Francese e le sue prime riduzioni a sistema; ma le addotte ragioni mi astringono a la- sciarlo a Francia, avvegnaché io lo tenga originario di nostra patria e che il nome Raconis , imposto ad una casa o villa di que' gentiluomini, vi stesse per richiamar quello della patria de'lor maggiori.
(1) Torino, 1614; Carmagnola, 1660.
(2) Gnllia Christiana, voi. Ili, pac 11 L'i.
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xxir.
RIKALDO MARSILll DA BOLOGNA (?)
Allorquando il INJarchese del Vasto portossi cogl" Im- periali nel i53'y ad assediar Pinerolo tenuta dai Francesi, il cavalier Rinaldo Marsilii, ch'era col presidio, mise a profitto gli accidenti del luogo onde ricavare dentro le mura una strada di molta larghezza per potervi far le ritirate ed alloggiarvi le truppe, aiutato in ciò da Malatesta e da Galeotto Malatesti. 11 fatto è esposto dal dotto ingegnere Girolamo Maggi, che udillo dal presi- diario Vincenzo Boda (0, e fu questa tra le cagioni che indussero il Vasto a mutar l'assedio in blocco, tolto poi esso pure per la breve tregua fattasi nel novembre. E probabile che appartenesse Rinaldo alla nobil famiglia Bolognese di tal nome, ma nulla deve avere scritto, tacendone il Fantuzzi.
XXIII. GUIDO RAINGOÌNE DA MODENA.
Sotto le bandiere di Francia in Piemonte lu pure allora il Conte Guido qual colonnello delle Fanterie Italiane, manifestandosi ovunque non solo intelligente d'architet- tura militare, ma eziandio in essa versato al paro di qualunque ingegnere pratico. Narra infatti il Du Bellay come nel iSS-y capitanasse il Rangone il presidio di Pinerolo, la quale est une grande ville vaglie, laquellc
{{] Fortificazione delle città (1564) lib. II, cap. I, e lib. II, cap. VHI. L'ul- tima pianta di Pinerolo, come l'avevan allora fortitìcata i Francesi è nel voi. 1 di piante di fortezze negli Archivi, e sottoscritta Tillicr , 1561.
29
4oO
pour l étrangeté de tcissictte , estant en montagne et valiées, avoit esté aupavavant estimée nj avoir mojen de la fortifier ; toutefois le comte Guy de Rangon coH'o- pera di Girolamo Marini (e certamente anche del Marsilii anzidetto) la munì per modo che il Vasto non istimò di assediarla t'^; aggiunge poi il Maggi che « il conte » Guido Rangone già in Piemonte capitan generale e » luogotenente del Crist. Re Francesco, fortificando » Pinaruolo, nel far cavare i fossi, volse che si lasciasse » tra '1 muro e 1 fosso una panca di terreno larga da 1) 8 braccia incirca. Poi la fece tagliare dal cominciar » della muraglia fino al fondo del fosso, si che si venne » a fare scarpa. Per la qual cosa il fosso più largo » divenne, e la muraglia non rimase scalzata (^).
Non era quella la prima sua fortificazione, impercioc- ché, ott'anni innanzi, mifitando per la Chiesa, aveva con bastioni e trincee munito Piacenza C-^), delle quali opere parla anche in sue lettere Bernardo Tasso i^) ; poi, un anno prima che difendesse Pinerolo, aveva già egli abbastionato la terra di Savigliano in Piemonte ^^ , cioè cintala di terrapieno e fors' anche di baluardi non murati, alta ogni cosa ventiquattro piedi.
XXIV. MATTEO SANMICHELI UÀ VERDINA.
Qui riunisco i nomi di due uomini , limo de quali fortificò la capitale del Monferrato pel suo Principe
;i) Mémoires, lib. VII; Ruscelli, Supplemento, pag. 12.
'2) Fortificazione, lib. I, cap. 12.
,3) Locati, Cronica di Piacenza ^1564', pag. idi.
(4) Sovente e soprattutto nella XI del libro I.
(5) Molini, Documenti di Storia Italiana, voi. II. pag. 393; Martin du Bcllay, pag. 291, anno 1538.
451 naturale, 1 altro . quale artigliere , pel Duca di Savoia adoprossi nella difesa di una principal città del suo Stato. Narrando adunque il ^ asari come il celebre Michele Sanmicheli ito fosse a visitar le fortezze di Lombardia (la qual cosa fu circa il i53o, del Monferrato essendo signore Bonifacio IN Paleologo)-, aggiunge che. prima di tornar a Venezia, portossi Michele u a Casale di » Monferrato per veder quella bella e fortissima città )ì e castello, stati fatti per opera e per 1 architettura di » Matteo Sanmichele, eccellente architetto e suo cugino ». Parla in sèguito di un sepolcro da ^Matteo innalzato in quella città, che dev" esser quello, tuttor conservato, dello storico Benvenuto da S. Giorgio morto nel i52'j vO. Di uno stupendo lavoro architettonico , che ne primi lustri del secolo Matteo condusse in Torino e poi sullo scorcio di esso fu dai nostri concittadini demolito, par- lerò altrove come di niirabii cosa ed a (Fatto sconosciuta ai ricercatori della storia di Torino.
Quanto alla città e castello di Gasale fnon dico della cittadella perchè posteriore), sola guida che ne abbiamo, onde poter dire delle loro mura, è la pianta datane a f.° 145 del Morello circa il i65o. cioè anteriore agli assedi ed alle susseguenti demolizioni e riforme. In essa la città conserva l'antico tracciamento e non ha bastioni, ma semplici puntoni; esagono è il castello, con quattro torrioni, due rivellini coprenti i lati minori e due aloni o controguardie coprenti i saglienti formati dai quattro lati maggiori; il piano della controscarpa sviluppasi in otto saglienti.
Dalle quali cose, e singolarmente dall assoluta mancanza
(I) Temanza a pag. 151 copia Vasari; il della Valle nelle note parla assai senza dir nulla.
452
dei bastioni; vedesi come Matteo (che gran parte di sua -vita passò in Piemonte) ancor non conosceva la nuova for- tificazione trovata appunto a quegli anni e per la quale venne in tanta fama il suo cugino; seppure non voglia dirsi che il Principe, poco edotto di tali studi , sforzato abbialo a seguir il vecchio sistema. Le mura della città sono disfatte da gran tempo, ma il castello esiste tuttora presso il Po.
XXV. GIOVANM DELL! FACCI DA BARGE.
A mezza via tra Saluzzo e Pinerolo è Barge patria del nostro, il quale pare che altrove e per altri, fuorché in Piemonte e pel Piemonte, non abbia militato mai. L'anonima relazione dell'assedio posto dai Francesi nel- l'anno i557 a Cuneo, detto come alli 25 giugno ribut- tassero i cittadini un fierissimo assalto, prosegue: « E » molto ofìfesero i nemici molte opere di fuoco dalli )) assaliti fabbricate et gettate contro la fronte loro , » massimamente le fascine impegolate con solforo et )) altre materie; e certe palle di metallo, buse dentro » (inventione nuova trovata dall'Ingignier nomato Mastro » Giovanni Delli Facci da Bargie); tal palle si puonno » tirar con l'artegliaria et con mano; ma differentemente » acconciate: traendole con l'artegliaria fanno duoi effetti, » cioè la sua passata, poi crepano; tirandole con mano, )) fanno il medesimo effetto: le quali tratte in buon nu- j) mero nelle squadre de' nemici, toccando terra in molli » pezzi et diverse parti si spezzavano et gettavano con )i terribil furia per le materie che vi erano dentro , fa- )) cendo suoni et sbaragliando lutt*^ quello che attorno
453 )) trovavano, come fossero stati colpi de sagri; onde, » per questo, gran numero di Francesi morse ^0 ».
Non mi estenderò su queste granate reaii (Schrappnells) e granate a mano, avendone lungamente discorso altrove (-', da un secolo già conosciute essendo , avvegnaché non di- vulgate; cosicché si deve credere che il trovato del Delli Facci suo realmente fosse. Respinse allora Cuneo l'assedio postole dal re di Francia Enrico II, come altro ne aveva respinto quindici amii prima, e come ne' due secoli se- guenti tre altri ne respinse posti da Luigi XIII , dal XIV, dal XV. Al qual proposito noterò le parole del Boldiì, che poco dopo era orator di Venezia costì : « Cuneo , » che così valorosamente si difese contro tanta hiria di » batterie ed assalti dei Francesi, sola in Piemonte non » ha voluto presidi i di forestieri , né gridato mai altro .') die Savoia (^/ ».
XXVI.
BENEDETTO ALA DA CREMONA.
Vengo ora a coloro che in qualità d'ingegneri di guerra militarono in Piemonte ed in quel secolo, ma sotto le bandiere di Austria e Spagna e do cominciamento da Benedetto Ala, che fu ingegnere per Carlo V e di cui parlano gli scrittori di sua patria Arisi , Campi , Grasselli , Lancetti, Zava e fu posto dall'Imperatore a capo delle fortificazioni dello Stato di Milano con stipendio di 2000 monete ^'*'. Non apparendo che l'Ala sia mai stato in
1) La pubblicai uel voi. X dell'Appendice dell'Archivio Storico Ualiano.
(2) Jrchitettura di Fr. di G. Martini, voi, li, pag. 16G in J70.
(3) Relazione del 1561; Serie II, voi. I, pag. 415. ^4) Arisi, Cremona Uterata (t702), voi. Il, p. 253.
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Fiandra , convien clii e the Einanueie Filiberto conosciuto abbialo in Piemonte quando , come alleato di Carlo V , vi lu nell anno i552 e probabilmente opera sua furono le fortificazioni del castello di Ceva erette l'anno seguente (*X Pel Duca fu adoprato quindi attorno ai forti di Montal- bano e S. Elmo sul golfo di Villafranca, come da let- tera del febbraio iSSg scritta ad Emanuel Filiberto dal governatore Andrea di Leynì dicente che: « sino a qui » non si ha preteritto un punto dall'ordine lassato dal » M. Benedetto Alli Cremonese , et del creato del cap." » Giovali Maria , quali ordinarono questo modelo di » Santo Elmo (^) ». Fu uomo dotto e dimostrollo nelle sue illustrazioni di Vitruvio rimaste sconosciute ai tanti editori e commentatori di questo; morì in età di anni 52 e l'epitafio suo nella cattedrale di Cremona fu dettato da Girolamo Mda.
XXYII. FILIPPO TORINIELLl DA INOVARA.
Gli storici contemporanei e singolainiente il Missaglia ed il Contile nelle vite di G. G. Medici Marchese di Marignano e di Cesare Maio o Maggi da Napoli, ambidue gueiTeggianti per Carlo V in Piemonte C^), parlan so- vente della perizia di costoro nel fortificare ; altro però non trovo liiorchè , in virtù di lor patria . avevane una
(1) Pingone , Augusta Taurinorum, pag. 81.
(2) Archivi camerali in quelli di Stalo, voi. II, N." 53. Cf. Cambiano, col. 1121.
(3) nia di G. G. de' Medici (1G05); Historia de' fatti di Cesare da Napoli (15f>2). Questo generale Cesareo era gran rubatore di bestie bovine che vendeva poi in Lombardia, cosicché dai contadini nostri gli fu cambiato nome chiamandolo Cesare delle vacche. Cosi il borghese di Rivoli.
4t)5 generica conoscenza, mentre i capitani stranieri ne igno- ravan i primi elementi. Lasciati que' due, vengo a Filippo Tornielli.
Uscito di nobil famiglia Ghibellina , nacque Filippo in Novara e nelle guerre tra Impero e Francia prese soldo da quello , salendo in breve ad esser uno de' principali capitani Cesarei contro Turchi , Francesi e Protestanti. Già nell'anno 1622 presidiava Novara con 2000 fanti (0 e, dodici anni dopo, chiamato a Torino dal Duca, la occupava (-). Nel i544 visitò in Ungheria la fortezza di Strigonia, riferendo che non si poteva difendere perchè <^omandata e senza fianchi i-^) ; poi , onde impedir il passo a Solimano fortificò con navi l'isola di Comar nel Danubio (4). Fu pure in quell'anno alla difesa di Alba Reale , dove i borghi anziché abbatterli, si voller tenere, dando con ciò ai Turchi ogni facilità j^er gli approcci cosicché la città fu presa. Colpa di tanto errore la danno gli storici all'in- gegner Milanese Ottaviano Scrosato, il quale però del fallo fece emenda , lasciando in quella difesa la vita (5\
XXVIII. YIINCENZO LOCADELLl DA CREMONA.
Da Mercandino Locadelli patrizio di Cremona nacque in codesta città Vincenzo ne' primi lustri del secolo xvi '<*).
(1) Aggiunte di Mambrin Roseo (1585), lib. I, pag. 70. (9) Pingone, pag. 76; Du Bellay (1586), pag. 215. ,3) Giovio, libro XLIII.
(4) Bugati, Historie (1570), pag. 920; Guazzo pag. 603.
(5) Ulloa, r^ita di Ferdinando l (1565), pag. 193: M. Roseo, libro IV, pag. 307.
6) Arisi, Cremona illustrata , voi. H, pag. 306; Gavitelli, Annales Cre- ìiìonenses (1588), f." 345.
456
Ad un tratto appaiisc' egli capitano ed ingegnere pel re di Francia Enrico li, la qual cosa ne fa supporre che Tessersi reso ribelle al suo Principe naturale e la successiva sua fuga dai dominii Spagnuoli , avessero a movente un qualche grave delitto da lui commesso, cosa di tutta frequenza a que' giorni. Ad ogni modo , nel i SS-y divisando Enrico di fortificar la Roccella, posposti i celebri ingegneri Migliorino e Castriotto , ne die' ca- rico al Locadelli persona segnalata nella scienza della guerra, e molto professa in materia di fortezze (0, ed egli comincio\'vi la cittadella che poi non ebbe termine; accompagnando quindi Piero Strozzi, ed in mentito abito di contadino , andò a levar a vista la pianta di Calais e del forte di Risbau (2\ Uno sconosciuto motivo indus- selo ancora a lasciar il servizio di Francia per quello di Spagna intervenendo nel iSGy all'agguato teso dal Duca d'Alba ai capi Fiamminghi, principal consigliere ed ese- cutore essendone il Locadelli, che di quel perfido inganno fii pili reo dell'Alba istesso (3), Quando poi re Filippo fecelo sovrintendente delle fortezze di Sicilia , allor pa- gògli il prezzo del sangue.
Tanto del Locadelli narrano minutamente gli storici , ma delle sue avventure e di quanto si riferisce al Pie- monte più partitamente scrive egli stesso nella propria vita stampata senza luogo ed amio , ma non prima del 1 565 e così rara eh io non ne conosco che un solo esem- plare. Il titolo n' è : Manifesto del capitan Vincentio Locadelli da Cremona : nel quale si contiene la giusti- fication sua contro le oppositioni false et dishoneste ,
(1) Natale Conti, Historie , lib. II, pag. 292, 293.
(2) Conti, pag. 483; Chappuys, Gucrrcs de Fiandre, Uh. VI, p?g. 347; Campana, Guerre di Fiandra, II, f.» 33.
(3) Così gli storici del tempo e Campi, Cremona illustrata (1585), lib. HI, pag. LXVII.
457
che da suoi malevoli gli sono state fatte ecc. (52 fo- glietti, 4.°).
Degna dell'età è la fattagli accusa , di avere cioè nel i563 ed in un giorno solo ucciso e derubato uno Zoppino suo nemico; per isvaligiarli, assaliti due Ebrei; feriti due servitori del giudice di Cremona. Agli accusatori risponde : Dico con animo costante et forte haver ammazzato di mia propìzia mano lo Zoppino . e che , consigliato dap- prima a fai'lo sostenere come sicario , noi fece , perchè : a me pare questo procederle non esser da soldato né da par mio. Tra i documenti uno ne adduce di Emanuel Filiberto (da Vercelli, i gennaio i56o), che lo pone nel numero de' suoi capitani e gentiluomini con promessa di dargli la compagnia.
Scrive poi nella sua vita che , giovinetto , fu di presidio in Ceva, quindi al soccorso di Nizza ed alla guerra di Piemonte dove gli piacque molto il modo che si tenne di ripararsi dalle forze super chlevoli; militava egli allora colle truppe di Carlo V. Poi, nella pace seguente, attese allo studio della fortificazione sotto il capitan Frate da Modena. Del Locadelli al Irò non dico, qui non iscrivendo se non delle cose da lui fatte in Piemonte, solo notando che il Duca fecelo suo gentiluomo e capitano per averlo conosciuto in Fiandra e prima che fosse processato come ladino ed assassino. Tengo pure che di lui si parli in let- tera inedita del i553, ove dicesi dun ingegnere, che se n'è andato a Cremona e si capisce che stava con Spagnuoli; pure nella sua vita narra il Locadelli di essere stato con quelle truppe alle guerre di Parma, Mirandola e Siena,, combattuta quest'ultima appunto in queiranno.
45S
XXIX.
DOMENICO CILLEINIO GRECO.
rson credo che costui si chiamasse Cillenio, né che fosse nativo della Grecia, Comasco dicendolo gli scrittori di quella provincia, ne altro essendo quel nome fuorché uno degli appellativi topografici di Mercurio; insomma, fec'egli a modo de' letterati de' tempi suoi che tutti la- tinizzavano e pili sovente grecizzavano i nomi loro per- sonali e patrii, cosicché egli probabilmente appellavasi Domenico Mercurio da Greco villaggio di Comasca.
Viveva egli in Venezia, dove ad istanza del Malopera orator di Savoia , mandò alle stampe un libro intitolato ^d Emanuelem Philibertum Sereniss. ac hivictiss. Sa- haudlae Ducein etc. Dominici CjUenii Graeci de vetefe et recentiore scientia militari etc. (Venezia, iSdq, f°;. Promette n?lla prefazione che altra volta avrebbe dato un trattato sulle marchine terrestri e navali; ma questo non fu visto mai , ne v' è danno , altro non essendo il Cillenio che un parolaio cinquecentista; però, nel libro X, eh' è delle artiglierie, vien fuori con qualche nozione teo- rica non affatto sprezzabile sulle qualità delle curve de- scritte dai vari proietti. Dicono gli scrittori Comaschi che codesto libro fu riprodotto ne" Consilia di Marc' An- tonio Natta stampati nel iS-j/j ^'^; ma io non ve li ho trovati , né so come potrebbero star insieme.
Pare tuttavia che dal fino giudizio di Emanuel Filil^erto non abbia ricavato il premio che si aspettava, essendoché l'opuscolo cui impose lo strano titolo Dell ordine militare de' Romani, Greci e Latini e da Ini fu edito in \erona
^1) Giovio, Glittomini illustri della Comasca Diocesi r\e\\oì. XXVllI del .Vuo^n giornale de" letferali d'Italia, pag. 89.
459 nel 1^94, indirizzollo al conte Fulvio di Porcia v^). Cosi pure all'Albuquerque governator di Milano dopo il iS-jo dedicò egli il codice Ambrosiano N. i52 offerto Aitili!"" et eccellJ"° D. Gabriele della Ciieva, Duca di Jìbuqiierque, della Catholica Maestà de Re Filippo, generale gover- natore de tutto il stato de Milano, di alloggiamenti del campo secondo Romani, Greci, Ebrei, Persiani. Turchi et moderni , operetta. Dominico Cillenio Greco auctore. 11 quale scritto e 1 altro dedicato al conte di Porcìa sono una cosa stessa , e tutti due contengono nulla più che un riassunto di quello primo e latino. Avvegnaché tratti il Cillenio di cose attinenti all'arte dell ingegnere , il sog- getto suo neppur lo conosce, dicendo nell'ultimo libro che gli alloggiamenti han da essere di figura quadra , o lunga o sferica.
Laudando G. B. Giraldi Cintio i tanti dotti che fre- quentavan 1 Università e la corte di Emanuel Filiberto C^) enumera fra essi un Michele Sofiano da cui può haversi Quanto spiegato fu nel parlar Greco. Probabil cosa eli' è che ^lichele avesse ad avolo quel Giovanni Sofiano au- tore, circa il 1470- ^1^1 libro intitolato Machinarum belUcarum ex antiquis praecipue anctoi'ibus descriptio- nes et imagines ad Bessarionem Cardinalem, eh' è nella Marciana di Venezia •^;. Queste cose dice lo Zanetti, ma nel suo codice da me veduto nella biblioteca Vaticana al N.° 985 e dal Sofiano dedicato a Francesco del Borgo S. Sepolcro scrittore Apostolico (Marini, Archiatri Ponti- ficii, voi. n, N.° LX), dice il Sofiano che questo lil^ro De re militari et instrumentis bellicis ei lo tiadusse dal greco.
(1' Liruti, Letterati del Friuli, voi. IV, pag. 215. (2) >elle terzine in calce agli Hecatommiti, aventi per titolo Vautore all'opera (Mondovì, 1565), voi. II, p. 81.3.
;3) Zanetti, Lativa rt Italica D. Marci Bihlirdhrca (t74l', pag. M'i.
460
XXX.
ANTONIO ED IPPOLITO ARDOINI DA FERRARA.
Nell'anno i5'y2 Emanuel Filiberto, credendo col suo secolo alla potenza che certi uomini avevano di fare age- volmente le cose impossibili, facevasi promettere da questi due fratelli Ferraresi di servirlo de loro segreti in ma- teria di fortificazioni ed altre e di non rivelarli a nis- siino a pena d'esser tenuti traditori (0. Questo trovato maraviglioso, ma del quale non è piiì parlato in sèguito, doveva essere come la cittadella mobile del Brancaccio o come le casematte ambulanti che Giacinto Barozzi an- dava offrendo a tutti i Principi, e le quali custodite da soli trecento uomini non avrebber temuto l'attacco di sessanta e di centomila ; cosa dimostrante che in quell'età di venturieri e ciurmatori, contava i suoi anche la for- tificazione.
XXXI.
GIACOMO ANTONIO GROMO DA BIELLA.
Le notizie di questo patrizio Biellese del millecinquecento stanno quasi tutte nell'inedito libro suo portante il seguente titolo : GROMIDJ , cioè cose di Giacomo Antonio Gromo , ti'a le quali dichiara il modo da ordinare un Essercito prestamente et facilmente ; col modo di sanare le ferite prestissimo senza spesa, né dolore del ferito in vali modi, stagnandone subito il sangue ^ et col modo da sanare gli amalati estraordinariamente , con diverse altre singolarità utilissime. Il qual libro voglio che sia
(1) Cibrario, I.siUuzioni, voi. 1, pag. 52.
461 stampalo a beneficio del mio prossimo. Però questo suo desiderio non fli mai attuato, e l'originale manoscritto passò agli eredi del general Verani , una copia moderna essendone nella biblioteca del Duca di Genova.
Precedono sette odi latine in propria lode, poi dice sé esser Biellese e trovatosi nel iSS-y in Ivrea assediata dai Francesi , poi aver militato con Carlo V in Lombardia. Nan-a quindi i suoi viaggi , le avventure , l'opera data all'arte magica ed all'alchimia ed il perpetuo suo studio per ravvivare gli ordini militari de' Romani. Discorre delle da lui inventate difese portatili , con mine volanti ed ar- tiglierie a braccio e di ferraccio o di lamina atte ad esser caricate di dietro , con la loro mezza culatta , col suo maschio che non respiri, col fogone posticcio fatto a vite che vada diminuendosi al basso , atto a cavarsi facilmente, sendosi inchiodata la tua artiglieria. Parla poscia di palle infuocate e di vetro e smalto , poi scende a proposte talfìata importanti , tal altra e sovente strava- ganti affatto.
Tratta quindi del metter in battaglia al modo Romano e della formazione di un esercito, spaziando attorno alle strane figure nelle quali i tattici di quello e del seguente secolo amavano disporre le truppe ed in teoria e, ciò eh' è peggio , in pratica. Discorre di palle artificiate , di fumi mortiferi e del modo di guarentirsene , di palle cave, fuochi perpetui, palle ardenti nell'acqua, vapori letali; scende alle preparazioni dell'antimonio, vetriolo, zolfo, oro e via dicendo; poi degli spiriti, ohi, estratti e via. Detto della conservazione de' viveri per le armate di mare, torna all'arte del bombardiere ; dà assai modi per amman- nire proietti infuocati , passatoi , fiaschi , lanterne , per temprar le armi, fare armature impenetrabili, andando poi a terminare in preparati e ricette attestanti essere
462
l'aulore un caldo seguace deiralchimia. Di questo libro
volli dir a lungo, come di quello eh' è sconosciuto affatto,
ed è bene che tale rimanga , avvegnaché esprima l^)enis-
simo lo stato della scienza d'allora misto di realtà e di
vaneggiamenti.
Conservansi negli Archivi di Stato di Torino due lettere ad Emanuele Filiberto, date da Padova nel gennaio del iSyS, e scrittegli dal Gromo e da Giovanni Alvise Cor- nero; è detto in esse aver il Cornerò trovato il vero or- dine militare de Romani e che il Re di Francia lo chiamò per averne comunicazione: poi nella lettera del Gromo è detto eh' ei vorrebbe che al Duca ed al figliuol suo venisse desso insegnato. In altra lettera, di egual data aggiunge il Gromo che la pratica ne riuscirà assai pii^i facile della teorica e che il Cavalier Chieregato , che si trova hora in Candia colonnello di quella infanteria . se ne è servito con grandissima sua lode in Dalmatia contra Turchi. Oltre di ciò questo gentiluomo (cioè il Cornerò) adopra di modo la spada, che tutta l arte della scrima resta morta. Cavalca benissimo et al gioco del tallone non ha paro.
Quest'opera del Chieregato (che allora e per tutto lo scorso secolo fu tenuta un capolavoro , sino a dire che fu alacremente cercata da Federico II (^)), rimase inedita ed io la vidi in Venezia per cortesia del Cav. Cicogna e posso dire che non è da piiì delle tante scritte a quei tempi da chi, senza apprezzare le mutazioni volute dalle armi a fuoco, ammirava coi maestri la tattica Romana. Assai più savio ed opportuno è il Discorso al general Foscarini sopra la difesa della Dalmatia, eh' ei distese in Vicenza e datò colli 5 marzo i574j presso il Cav. Cicogna se ne serbava una copia sincrona o. forse, loriginale.
(2;; Tiraboschi , voi. VII, pag. 555; Zeno, Noie. Classe VII, cap. XI; A. G. (la S. Maria, Scntfori ricrnlini , voi. IV, pag. 137 in 143.
463 XXXII.
CESARE E DOMEINICO POINCELLI.
Eran costoro padre e figlio e li trovo pur chiamati Ponzelli d'onde erroneamente furon detti Donzelli; la patria loro non m' è certa , dicendoli taluno da Mon- dovi, altri da Vercelli o da Genova. Nella qui unita vita di Ferrante Vitelli addurrò poi due scjuarci di lettere scritte ad Emanuel Filiberto da quest'ingegnere e da Paride Pro vana dicenti che a Villano va d'Asti col ter- reno del fosso si farà la strada coperta traitanto che il figlio del Ponzello tornerà qui; ed altrove , che il Vitelli era giunto a Fossano, ove: col piccol Ponsello hano fatto grandi e varii discorsi sopra questo luoco '^\ Però, tanto ai luoghi citati, come in altra lettera del 15^2, scritta da Fossano C^), sempre apparisce il Poncello quale capomastro od impresario di molta solerzia, come quello che assai era beneviso al Duca , giammai quale inge- gnere, come parve ad un nostro scrittore (^X Cesare è rammentato una volta nell indice militare degli Archivi di Stato in Torino circa il 1670; più frequente è la menzione di Domenico , eh' io tengo impresario delle opere di fortificazione di Torino, Vercelli, Fossano, Cuneo ed altri luoghi del Piemonte; in effetto, si l'uno che 1 altro anziché compiuti ingegneri, appariscono esecutori delle fortezze imaginate dal Vitelli e dal Pacciotto ; con ciò tuttavia potevan esser ingegneri , come tali essendo
(I' Archivio Camerale ora in quello di Stalo. // picco/ Ponsello qui signiflca Ponsello figlio.
(-2) Archivio storico; Appendice >'." 13 (1846), pag. i:o.
(3) Cibrario, Governatori ecc. de' Principi di Savoia. Accad. di Torino , >'. S. voi. II, pag. 12.
464
stipeiiiliati dallo Stato , uno di essi pagato essendo con
iuinue L. 1929 '^).
Appena tornato in Piemonte Emanuel Filiberto, tosto pensò di condurre un canale da Cuneo a Gasalgrasso, il quale (probabilmente con acque riunite da Stura, Grana e Maii'a) giovasse ali agricoltura ed al commercio; epper- ciò, con lettere i dicembre i56o, ne diede carico al molto diletto architetto nostro MS Domenico Pomello, ingiungendogli di trasferirsi per visitar et livellar i luo- ghi, dove detto navilio avrà dafar^i (2), Ma forse le que- rele de' possessori contermini mandarono a monte T im- presa.
XXXIII. FRA PIETR' AiMOMO BOERO DA INIZZA.
Codesto frate Francescano, dal Gioffredo detto mate- matico ed isterico, dava nel i564 ed in lingua latina la più antica e compiuta descrizione de magnifici trofei d'Augusto alla Turbia (3). Pare ch'egli non abbia lasciata mai la patria sua dove si adoprava quale ingegnere idrau- lico e militare in servizio di Emanuel Filiberto, scriven- dogli nel giugno 1077: « Nella fabbrica del Castello an-
)) diamo appresso alla cortina le fondamenta
5) delle muraglie dalla cittade al mare sono già fuori ('*) ». E forse più probabile che il nome suo fosse Bolero, come lo trovo detto qualche volta.
(1; Ricotti, Storia della Monarchia Piemontese, voi. II, pag. 528. {% Galli, Cariche del Piemonte, voi. Ili, pag. 113. '3) Stampate in Gioffredo Storia dell'alpi marittime, pag. 147. (4) Archivi Camerali in quelli di Stato.
465 XXXIV.
GIUSEPPE CARESANA DA VERCELLI.
Il Vercellese Caresana fu di coloro che , anche nella somma sventura , mai non abbandonarono la causa dei Principi di Savoia , per essi ovunque combattendo 0,\ Usava allora di metter al governo delle piazze vecchi soldati, che alla lealtà e bravura unissero la pratica co- noscenza della fortificazione. Nell'anno i558^ ancor tro- vandosi Emanuel Filiberto in Fiandra, dava opera alle fortificazioni di Mont Albano e di Nizza, sovr'esse indi- rizzando il Caresana al Duca la seguente relazione: Di- scorso intorno il forte di Villafranca ^ del cap. Giuseppe Caresana al DS" Ein. Filiberto cap. gen. delt esercito di S. M.y ed è dato da Yercelh alli io novembre i558 (^\ Dice in esso, chei parla da soldato e che non vuol far calcoli di muraglie e simili cose, non essendo affhr suo e tanto piiì che giìi un modello ne fu mandato al Duca. Passa quindi alla fortificazione di Nizza ed al modo Ai migliorarla, sempre protestando ch'ei non entra ne' par- ticolari per evitare taccia di presuntuoso. Non è gran cosa , ma scritta con criterio e con piglio soldatesco.
Compiuta nel ]566 la cittadella di Torino, il Duca ve lo pose governatore ?^ , e Tanno stesso creollo co- lonnello nella milizia paesana: dodici anni dopo, ulti- mata essendo la cittadella del Mondovl, il Caresana (che pare che colà avesse il comando delle milizie locali (•*))
J) Cambiano, Historico discorso, pac. 1160. [Tj Archivio di Stato. 3) Pingone , Jug. Taurin., pag. 86.
(4) In lettere del Mondovi del gennaio 157ò, parla di ana levata di 600 fanti , che sta facendo per la Contessa di Tenda.
30
466
n'ebbe il governo v' . Da soldato qual era vedendo le cose , ma non la ragione di esse, egli sprezzava le teorie, e quando costruivasi la cittadella di Torino, non vi vo- leva gli orecchioni , con diì' che non era uso a veder tal cosa, et che in quanto a lui ìioti li trovava buoni; quindi le gare, i dissapori, gli sdegni col valente ma iroso Pacciotto che, rettamente o no, ci^edè il Caresana istromento delle sue traversìe in Piemonte ('^).
E poiché cade in acconcio , dirò ancom che un altro ingegnere, ch'emmi affatto sconosciuto, disegnò le piante della città e fortezza di Pinerolo, scrivendosi Tillier, i 56i ; sono negli Archivi di Stato,
XXXV. IACOPO ANTOIVIO DELLA PORTA DA CASAL MONFERRATO.
Casalasco fu questi e vissuto nel secolo xvi , trovan- dosi che, circa il i58o, adoprato si fosse attorno al recinto bastionato di sua patria tenuta allora dai Gonzaga Duchi di Mantova. Quattr'anni dopo e per altro Gonzaga costruiva due baluardi nella nuova cinta , che il duca Ferrante II innalzava attorno a Guastalla , essendone i documenti presso l'AfTò (^).
XXXYI. GIACOMO PERRET DA CIAMBERI'.
Narra il Grillet come Giacomo Penet gentiluomo Sa- voiardo atteso avesse alle matematiche e che , onde le
;t) Pingone, pap. no,
f2) Lettera del Pacciotto nella sua > ita , pag. 56
'■'^) Storin ili GunxfaHa (1785 . libro >i . pag;. 77.
467 potesse insegnare , la città di Ciamberi avesse per lui fondato una cattedra in un suo collegio (0. Altro di lui non sappiamo se non che nell'anno 1602 venne in luce un suo libro intitolato: Des fortifications et artifices de Jacques Fervei Gentilhomme Scwojsien. Mis en lumière par la vefue et les cleux fils de Tliéodore de Bry. Im- primé par IVolf Richter aiix despens desdicts de Brj. A Francfort sur le Mein, 1602, f° piccolo, non niunerato. Sono tavole XI di piante di fortezze; I d'ingegni e barche; XIV di case e ville, ed è libro pochissimo co- nosciuto in Italia , essendo l autore al soldo di Francia. Nella pagina ultima, dopo laudati i modelli, aggiunge: J en ay jaict aucuns en cartons accomplis de villes entières fortifiées et de chasteaux , teviples , pavillons , et autres bastimeiUs particnliers de ce livre , qui ne sont pas plus grands que leurs proporiions , cioè della pro- porzione stessa tenuta in queste tavole.
XXXVII. PIETRO E DOMEiMCO ARDIZZI.
Di qual patria fossero questi due fratelli ed ingegneri della prima metà del secolo xvii non mi è noto, come di essi non conosco neppure nessuno scjitto, sola notizia avendone ne' lor disegni. Serbasi nella biblioteca del Re un volume in foglio di piante di città e fortezze del Piemonte ; fra esse , sono segnate Arduzzi una pianta di Torino con proposta di bastionamento; altre di Vercelli, Alba,' Torre Pel lice , Cuneo, Carmagnola, Ivrea; un progetto di muraglia bastionata , che doveva estendersi
Vj Dirtwn. de In Savoie ,1807;, voi. II, pasj tl3.
468
da Villafranca a JSizza, in uno coi Profili et rile^'ati in misura del castello di Nizza. Finalmente nella raccolta del capitan Morello a f.° 22 v'è la pianta di Cherasco e scrittovi aggiustata con la prudenza del S. CapJ"^ Pietro Ar dalli ^ ma dev'essere errore dell'amanuense in- vece di Arduzzi.
XXXYIIL
FILIPPO CODAZZO DA CUNEO.
Sola notizia di questo ingegnere è nella patente di nomina rilasciatagli da Carlo Emanuele I , conservata negli Archivi di Stato, e che qui riporto ad informazione del modo che in esse allor tenevasi , la ragione della pro- mozione motivata essendo dagli esposti meriti della per- sona con opportuna e gentile usanza ripresa nel 1814, smessa dopo il 1848. Dice adunque la patente:
« Se noi soliamo avanzare et ritenere nella servitiì )) nostra etiandio i forestieri che procurano di rendersene » degni con viiluose attioni et honorati diportamenti , » tanto pili dobbiamo farlo se sono sudditi nostri, e che » ad imitatione dei loro antecessori ci hanno già servito » et lasciato molte prove della fedeltà, zelo et devotione » che professano verso le cose di nostro servilio come )) ha fatto da parecchi anni in qua Falfiere Filippo Co- 1) dazzo di Cuneo sotto il Gap.'"* Acceglio di Demonte )) et altri: et indi nel carico d'alfiere della militia nostra n di Cuneo et suo fmaggio sotto il capitaneato del Magg."'° » nostro Ferrerò havendo seguitato parimenti circa do- )) deci anni il Cap.""" Mocchia , come ha anco fatto la )) persona del generale di nostra artiglieria Conte di » S. Fronte durante questi ultimi motivi di guerra: mas- » sime nentre larmata Spagnola è stata campata presso
469 i) Asti ove CI ha servilo attoitio le triiichiere clie vi fa- » cessimo fare con molta vigilanza e valore : mostrandosi )» vero imitatore delle pedate del iu Carlo suo padre , rt quale già insino dal tempo del duca Em. Filiberto » nostro Sig/^ e Padre di felice memoria cominciò a 1) servire nell occasione dell assedio di Cuneo durante il » quale egli si portò sempre honoratamente come sap- » piamo per buone informationi. Et dopo continuò a )) portar l'armi molto tempo nella compagnia de cavalli » del fu Asinari. Onde noi per questo et per dar animo » al suddetto Alfiere Filippo Codazzo di continuar di » ben in meglio, volendo bora provederlo et gratificarlo » di carico proportionato ai meriti suoi de quali il med.° » conte di S, Fronte ci ha fatta pari/ relatione a gusto n nostro : ci è parso di crearlo, constituirlo ....... per
» capitano et ingegnerò nostro trattenuto con gli ho-
» nori et col stipendio et trattenimento di
» quindeci elFettivi ducatoni al mese Torino
» 2 di aprile i6r6. Carlo Emanuel ».
Alla copia di questa patente addossò il Verna zza un ritratto a stampa dellingegnere , portante la leggenda: Philippus Codatiiis JSob. Civis Cuneas. An. 47- Più sotto, in una carieWdi. Ichnogi^iphia Architeclura Pictura aliisq. f^iriiitibus clarus. L'assedio di Cuneo ricordato nella pa- tente è quello del iSS^, e gli ufficiali nominativi occorron frequenti presso i nostri scrittori; certo è che nel i6i6 doveva egli essere di età assai inoltrata.
XXXIX. CESARE ARBASIA DA SALUZZO.
Circa l'anno i6oo ebbe termine l'età in cui i pittori facevan da architetti e questi da ingegneri militari , uno
470
decli ultimi stato essendo l'Arhasia. Nato in Saluzzonel i 5/1'-, lu tra 1 primi insegnanti dell'Accademia di S. Luca in Roma (•). Nel i6oi fu da Carlo Emanuel I nominato provveditore e commissario generale delle riparazioni e fortificazioni nel Marchesato di Saluzzo (ch'eragli patria), in Centallo e valle di Stura con trattenimento di scuti cento a Jiorini dodici limo (2/. Lo storico Muletti, che ciò ri- ferisce dai documenti , scrive pure di aver veduto un suo ritratto colla scritta: Cesare Àrbasia pittore famosissimo di S. A. R. Carlo Emanuele Duca di Sai'oia ^ d'età d'anni 6o. Anno del Signore i6o-.
XL. CONTE GUIDO BIAINDRATE DI S GIORGIO.
Gli scrittori delle guene combattute in Fiandra da Alessandro Farnese mentovan con grandissime lodi la perizia fortificatoria e la bravura di Guido S. Giorgio che colà militava. De' suoi consigli per assediare e battere Maestricht , consigli concordanti con quelli dell' illustre (Gabrio Serbelloni , fece suo prò il Farnese ; in quella stessa espugnazione, e nell'anno iSyg, rimaneva ucciso di cannonata v^\
Non minor fama ebbesi l'altro Guido figliuol suo , il quale disgustatosi coi Gonzaga suoi sovrani e fattosene ribelle, alzate le insegne di Savoia diresse nel j6i3 le opere d'assedio per le quali in breve caddero Alba , Mon- calvo ed altre terre, a lungo parlandone gli scrittori di
(1) Lanzi, Storia pittorica, libro VI, Epoca l.
(2) Così la patente in Muleltì Memorie storiche di Saluzzo (I83.T , voi. VI. pag. 60.
(3) Strada, De hrlìn BrJgim :i617), Dee. li, png:. 19, 59.
quella guerra 'X. Per l'opeie loio militari trovasi 1 elogio dei S. Giorgio dove men si crederebbe, dico nel Savor- gìiano y ovvero del gueri'iero novello , che Ciro Spontone stampava in Bologna nell'anno i6o3.
XLl. CARLO E MAURIZIO \ AJNELLI,
Ignoro se fratelli fossero questi due ingegneri militanti ]>er Savoia nel principio del xvii secolo, ed ignoro pure qual ne fosse la jxitria. Nella guerra mossa ai Genovesi nel 1625 da Carlo Emanuel I, adoprossi Carlo alla espu- gnazione di Ventimiglia forando la contrascarpa ed attac- cando la mina alla punta del baluardo opposto, poi dispose una batteria che motivò la resa della città (2).
L'ingegner ducale Maurizio nella giierra civile del i638 parteggiava per la Duchessa, né di ciò lo biasimo, chiaro non essendo allora, come non l'è neppur adesso, da qual parte stessero bontà e giustizia; ma in rivoluzione i cat- tivi diventan pessimi , ed a prova di zelo il Vanelli si fé' delatore d'un amico. Quetate le cose, ebbe ricompensa del mal atto dalla Duchessa che diègli 200 lire d'argento per aiuto di costa in considerazione di sua servitù (^l
Non so a quale di questi due spetti il codice intitolato Avertimenti per riconoscere le provincie e luoghi (fac-. riate 19, 4-° ^ con 4 tavole), che vedesi nella, biblioteca del Duca di Genova ed è l'originale stesso dall'autore
(1) li bando contro di lui allora pubblicato in Mantova è messo in ri- dicolo dal Tassoni in ledeva stampata nella sua vita dal Muratori, pag. 36,
fS) Cambiano, Histonco discorso, col. 1834, 35.
(3) Claretta, Storia della reggenza di Cristina di Francia (1868\ Parte I, pag. 359, 711.
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dedicato al Marchese di Pianezza , essendo scritto per conseguenza nella prima metà di quel secolo ; in calce a^Ia dedica e poi nel dosso vi si legge : VanelU. Questi 145 avvertimenti, tratti dal buon senso e versanti singo- larmente sulle fortezze, pare a me che l'autore li aJjbia desunti dal codice di F. Vitelli, ch'era ed è in Torino, e s' intitola : Instrultione per riconoscere le provincia et luoghi. Del qual codice do notizia al N.° XIX della bi- bliografia eh' è in calce alla vita dello stesso Vitelli.
XLII. ALESSANDRO RESTA.
A quest'ultimi un poco anteriore, come quegli che visse nel xvi secolo, fu Alessandro Resta d'ignota patria, ma probabilmente da Parma , attesoché a quegli anni appunto TEdoari da Erba lo pone tra gl'illustri Parmensi contemporanei (^). Era egli ingegnere universale, sotto la pianta d'una fortezza di Piemonte (anonima, ma ch'essendo al confluente dell'Orco in Po, dev'essere Chivasso) trovo sottoscritto : Di Sua Altezza Ser."*" fedele e perpetuo In- gegnere Alessandro Resta C'^); evvi unito il presuntivo delle spese. Ho veduto eziandio nell'Archivio Mediceo una lettera del Resta (settembre iSyii) al Gran Duca, colla quale lo informa di aver dato tennine all'arbitrato da pronunciarsi da Emanuel Filiberto circa la contestazione di confini tra Barga e l.i Pieve a Pelago vertente tra i Principi Medicei e gli Estensi. Finalmente , nel 1 583 in Vinadio nella valle superiore della Stura di Cuneo edificò
(1) Compendio curiosissimo de T origine ecc. di Parma. Corìice della Par- mense H H, Il , 61 ; scritto nel 1572. (2" Piante di fortezze negli Archivi, voi. I, f.° 5.
473 un pala/.zo pel Duca con acquedotti e serbatoi dell acqua pe bagni 'X'.
XLIII. CONTE CARLO CASTELLAMONTE.
Carlo della nobil famiglia Castellamonte de' Conti del Canavese e della quale lo steinina gentilizio risale al- l'anno rogo, spettava al ramo di Cognengo (2) e proba- bilmente nacque nell'avito castello feudale che a' suoi diede il nome. Fu ai servizi di Carlo Emanuele I, e delli 26 aprile 1606 è la patente che gli attribuisce i8- scudi al mese onde possa più comodamente attendere all'esercizio d'ingegnere ducale; il quale stipendio, con altra patente delli 18 ottobre 1612, venne portato a scudi 400 d'oro da fiorini 16.
: Moltissime fiirono le opere sue singolarmente in To- rino e nei palazzi e ville ducali , ma chiaro essendo che nelle cose d'architettura civile ei si condusse come quasi sempre e quasi tutti gl'ingegneri si conducono, apponendo cioè il nome suo a disegni altrui ; delle fabbriche che i- contemporanei disser sue , alcune infatti son lodevoli , altre pessime, segno evidente di troppo diversa origine.
Sui disegni suoi non venne costrutta alcuna fortezza,' ma pai'ecchie egli ne andò migliorando e sua fu l'am- pliazione della cinta bastionata di Torino, per la quale dal contemporaneo Morello gli si muovono acerbe criti- che. Dice questi a f ** 1 5 de' suoi Avvertimenti , e par- lando della cinta ingrandita di Torino già alVidata al
(1; Gioffredo, Storia dell' Jlpi Marittime, col. 1588. (2} Chiesa, Relalione del Piemonte, pag. 55; id. Genealogie di famiglie nrif/ili del Piemome , ms. della Biblioteca del Re.
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S. Front, che: « il Duca confeiì il suo pensiero con lì » Sig. Carlo Gastellamonte come che geloso e totalmente » avversario del d.° M. di S. Fronte; cominciò a chime- » rizzare et metter tutto sotto e sopra il suddetto di- » segno, che era già stato principiato, per far egli una » nuova fortifìcatione , la quale chi più la vede, meno » 1 intende ». Scendendo poi ai particolari, parla dell'e- norme errore di aver lasciato a levante un angolo morto, per rimediar al quale dovette il Gastellamonte proporre di farvi un forte isolato. Dove convien notare che il Morello, come discepolo del S. Front, al nostro mostrasi sempre oltremodo ostile. Narra quindi lo stesso Morello a f.° "yG che del Gastellamonte furono le tanaglie nel fosso a Ver- celli; vi si può anche aggiungere i miglioramenti allora effettuati a Nizza ed a Monmeliano 0. Poi quando Fran- cesco I d Este mandò oratore a Torino il celebre Fulvio Testi, tra l'altre cose richieste a Garlo Emanuel II fu- ronvi anche consigli e disegni per la cittadella ch'egli intendeva d'innalzar in Modena; di queste diede carico il Duca al Gastellamonte, che compielle unendovi il cal- colo della spesa (^). Ma l'opera che pareva così bene avviata, fu poi proposta e condotta da altri.
Riconoscente a Vittorio Amedeo I, serbossi egli fedele alla vedova Maria Cristina, incorrendo perciò nell'ira dei Principi fratelli, cosicché, quando nel 1639 Tommaso sorprese Torino, fece subito arrestar il Gastellamonte (^); motivo di maggior fortuna dopo restituita Cristina. Bene stava la sua gratitudine alla Reggente, dal marito suo e da Garlo Emanuel I avendo avuto onori e benefìci, come la nomina a primo ingegnere, soprintendente delle fortezze
'1) Ferrerò, f'u/vto Testi a Torino 1863), pag. 155. % Relazione di Fulvio Testi; 1. cit. , pag. 137 e seg. ^3; Claretla, Parte 1, pag. 503
iti
e luogotenente delle fortezze di S. A. R. X. 11 Delht Chiesa che gli fu amico , lo dice « cosi ingegnoso nel )) fabbricar macchine di guerra, e così eccellente nello » indirizzar fortezze et altre fabbriche, che non ha forse rt pari in tutta Italia ». Così egli superlativamente parlando.
XLIV. COINTE AMEDEO CASTELLAWONTE.
Al padre segua il figlio Amedeo suo successore nei posti d'ingegner militare e di architetto civile; imper- ciocché a que' tempi il primo ingegner dello Stato era eziandio architetto di corte. Per ducale delli 4 dicembre 163-^, e ad istanza del Conte Carlo, l'annuo tratteni- mento di scudi 533 ^/s d'oro e sul tasso di Castellamonte , passò ad Amedeo , con riserva di assegnare al genitore altra pensione. Con altra del 1609 Carlo Emanuele II fecelo consiglier di Stato e sovrintendente generale delle fabbriche e fortificazioni"- ; ultimo di sua vita fu l'anno iG'yO.
Nel mezzo secolo occupato dal regno di Carlo Ema- nuel II e dalle due reggenze, quasi a nuUaltro si badò che alle regie ville e sontuosissima tra queste fu quella della Venaria edificata dal nostro. Allorquando nel i665 reduce di Francia, il Bernini passò da Torino, tolse occasione Amedeo dallessergli stalo guida in quella villa, per istamparne le cose più notevoli C^). Ma scorsi appena cinque lustri ed imperante Louvois, l'esercito Francese struggeva colle fiamme quelle con altre molte delizie.
(1) Galli, Cariche del Piemonte, voi. II, pa;;. 281. In data i dicembre 162":.
(2; Galli, voi. II, pag. 296, 299.
(3) La Fenaria Reale palazzo di piacere e di caccia ideato dall' J. R. di Carlo Emanuel II; disegnato et deacritto dal carile Amedeo di CattellamonU. Torino, 1674.
in
XLV.
G. BOETTO, M. A. RAYNERO, A. PAREINTANI, CASÉA, G G. QUADRUPLAJNI.
Nel XVI secolo furon visti parecchi pittori di figura professar l'ingegneria, ma nel xvii ciò non fecero più i figuristi, soli applicandovisi paesisti e prospettivi, uomini precedenti i moderni topografi; imperciocché allora, an- ziché lesattezza delle posizioni, cercavasi reflicacia del disegno, cosicché chi effigiasse fortezze, valevasi a pre- ferenza della prospettiva parallela; piìi dotte le odierne carte, meglio parlanti e più chiare le antiche.
Tra codesti ingegneri artisti tien luogo distintissimo il nobile Fossanese Giovenale Boetto, di cui non abbastanza conosciute, ma pregevolissime, sono le incisioni ad acqua- forte sul fare del Callot e di Stefano Della Bella. Avve- gnaché io non ne conosca opere di fortificazione , pure fu egli ingegner ducale, così appellandosi allora anche gli architetti civili. Intagliò il Boetto una rara pianta di Torino disegnata dal Saluzzese Michel Antonio Raynero, ch'era colonnello nell'esercito, non essendovi allora un corjx) di topografi. Vi sono espresse le opere stabili di approcci e di difesa durante l'assedio fattone nel 1640 dai Francesi e dalle truppe della Duchessa, colle quali dovevan militar que' due.
Da un Antonino Parentani che , circa l'anno 1600 , dipingeva nei palazzi ducali, dev'esser nato lingegnere e capitano Agostino autore di un'altra pianta degli attac- chi e delle difese di Torino in quello stesso assedio, e che fu incisa da un Gian Paolo Bianchi; doveva il Pa- rentani seguir le bandiere de' Principi, rioccupata Torino, essendone stati staggiti i beni dal governo della Duchessa.
"477 Di piante di Torino fatte circa quegli anni una n'è a mano e nella biblioteca del Re, sottoscritta dall'ingegner Casca, con altra della città di Mondovì. Piiì celebre riuscì il nome di Gian Gii'olamo Quadruplani, al quale, (accompagnando il Marchese Villa che con due reggimenti Piemontesi ed una squadra di gentiluomini volontari andò nel i665 in aiuto dei Veneziani assediati in Candia), toccò in sorte la difesa del bastione e dell'opera a corno detti di Panigrà, ov'ebbe luogo il maggiore sforzo dei Turchi e dei Cristiani sotto lo scoppio incessante di mine , di fornelli e di fogate, bene dicendo lo storico del Villa che il Quadruplani alla capacità tiene congiunta l intrepidezza ed il coraggio v^\
XLVI. CARLO MORELLO.
Nella biblioteca del Re in Torino trovasi un grande e bel codice di piante di fortezze Piemontesi, Lombarde, Genovesi, Napoletane, con titolo di: Awertimenti sopra le fortezze di S. R. A. del capitano Carlo Morello primo inge- gnier et logotenente generale di sua artiglieria, mdclvi. Contiene in loo tavole il più ricco e fedele repertorio di piante delle nostre città forti , ed è dedicato a Carlo di Simiana Marchese di Livorno e di Pianezza il miglior generale ed uomo di Stato che fosse allora in Piemonte. Finalmente in questo libro ci diede il Morello quasi tutte le notizie pervenuteci della sua vita, ed in esso impiegò Irent anni, come attesta Pier Paolo fìgliuol suo.
Opera sua giovanile fu un altare nella chiesa della
(1) Rostagno, l'iaggi del Marchese Ghiro» Francesco Filla in Levante. Torino, 1668, pag. iT.
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Trinità, poi datosi alla milizia fu nel i6i6 alle ritirate di Lucedio, di Palestro e della Motta nella guerra contro Spagna. Quando Carlo Emanuel I tramava nel 1626 contro Genova, mandò il Morello a levar ad occhio la pianta di quella città e deile strade che da Acqui e la Bocchetta vanno in riviera; ed ei racconta che giunto a Genova, i< si pose a passeggiar intorno ai bastioni , misurando )) tutto a passi andanti, e ciò e le memorie le registravo » nell'ufhcio della Madonna Santissima, come mi era stato 1) indicato dalla medesima Altezza » ; undici giorni impie- govvi fra sospetti gravissimi, e già tre anni prima levato aveva la carta di Val d'Aosta, dove vide quanto avrebbe potuto veder Buonaparte , essere cioè possibile il passo dalla valle di Challant a cpiella di Gressoney, scansando il forte di Bard; ed appunto per impedir cjuella via, il Duca fece far un trincierone a Carema. Nel 1629 fu a Pinerolo a migliorarne le difese , che vi furon poi com- piute dai Francesi che Tanno seguente 1 occuparono; dieci anni dopo andava cogli Spagnuoli a battere il castello di Cengio presidiato da Francesi e Piemontesi, e pel Leganes ne trattava la resa alli 3o marzo. INI a siccome a quei giorni andava il Principe Tommaso percorrendo e solle- vando il Piemonte, ciò dimostra che già il Morello, ab- bandonate le parti della Duchessa, si era volto a quelle de' Principi: cosa provata dall'accaduto nell anno iG.'jo, quando Cristina, ripresa Torino, puniva i ribelli e seque- strava i beni del Morello (0, che contro lei e Francia aveva afforzato Torino verso tramontana , modificando il tracciato del Castellamonte , al quale mostrasi sempre avverso, come quando recatosi nel 1641 a Vercelli, udì e trascrisse nell'opera sua le parole di quel governatore
(I) ClareUa, vot. 1, pag. iO.l, "722.
479 Spagnuolo in biasimo delle dilese fattevi da quell inge- gnere : El Consejo que poco antes se ha tenido en Milan a determinado de derrihar todas aquellas tenaias j me- dias lunns que aqtd estan, cre'iendo que en quenquiera oca Sion seria n sempre causa de la perdida de està Placa.
Nel 1645 guidò l'attacco dei Francesi contro Santhià , indizio che già erasi rappaciato colla Duchessa , poi fu l'anno seguente e sotto il Principe Tommaso ad espugnar la rocchetta di Vigevano, per la quale fece un progetto di fortificazione, che mandò in Francia. Così pure, era stato, durante le guerre civili, a munire pel Principe di Masserano la terra di Crevacuore; poi nel i65o aveva migliorato le opere del forte S. Elmo nel golfo di Villa- franca , e già prima, e nella ricuperazione di Asti tenuta dagli Spagnuoli, essendogli ordinato di far un attacco dalla parte del Tanaro , distese le trincee con ridotti in modo che il nemico non lo potè inquietare.
In calce al libro evvi una nota de' luoghi , ne' quali egli trovossi per espugnare o per difendere, e consta di N.° 53 fortezze , che diedergli occasione di 62 attacchi o difese; tra queste sono osservabili le piazze di Salerno, Precida, Vietri tutte presso Napoli, all'attacco delle quali egli certamente assistè nel 1648 colle truppe Francesi del Principe Tommaso colà spedito dal cardinal Mazza- rino. Poi viene un'altra nota di otto ritirate in vista del nemico, alle quali egli trovossi, e vanno tra il 1616 ed il 1645. Il Morello era certamente Piemontese, e l'epi- gramma da lui riferito in lode di Pavia è accidentale affatto e per nulla non accenna che quella città, suddita allora di Spagna, gli fosse patria. In nota inserita nel libro ed in data del 167 1, Pier Paolo figliuol suo parla del padre come d'uomo da molti anni uscito di vita.
XLVIl. EMANUELE FILIBERTO DUCA DI SAVOIA.
. iS
Questo gran Principe eccellente nel capitanar gli eser- citi, come nell'amministrar e dar leggi agli Stati, quìr vien considerato soltanto come ingegner di guerra e come studioso delle cose d'artiglieria. Apponevangli a difetto le poche lettere, ma ne aveva quanto a Principe si conviene, parlando il latino con cinque lingue moderne e studiando in Aristotile pregiatissimo allora tra gli autori (0. Del ri- manente, vertendo allora la lite quali più degni iossero d'onoranza tra cavalieri e letterati ed a quali de' due si dovesse la precedenza , a lui ricorsi i primi , n'ebbero questa risposta: / cavalieri mi hanno rimesso in istaio, e non i letterati (2)- e così dicendo, diceva il vero. Non è però che agli studi non procacciasse un incremento che dopo lui scomparve , la storia letteraria del suo regno (constasse dessa di nomi nostrani o d'uomini qui chia- mati) magnificamente esposta essendo ne' versi di Giraldi Gintio che ne fu del numero ("^).
Già in Fiandra e nell'anno i553, giunte essendo a ter- mine le opere d espugnazione ad Edino , con avvertimento nuovissimo per que tempi, minò il terreno sotto la larga breccia apertavi e sovr'essa concentrando il fuoco delle batterie, rese impossibile ogni difesa ed impadronissi della piazza i.^). Lì presso innalzò tosto un altro forte, egli stesso combinandone la pianta in uno coH'ingegner Fiammingo
^1) Relazione del Lippnmano (1573} in Alberi, serie 11, voi. Il, p. 198, 200. i (9) Domenico Mora, Il soldato (1570), lib. 1, cap. 5.
(3) Ifccathommiti ^Mondovi , 1565), voi. II, pag. 873.
(4) Natale Conti, Historie ( 1589), pag. 181; Commentali di Lodovico Cuicriardini (1565), pag. 110.
48! Sebastiano Oya; ed in memoria dell'antico Edino e del motto del suo collare, chiamollo Edinfert.
Tornato appena in Piemonte , né ancor tenendone la capitale, pensò a munirsi contro Francia e Spagna. Sul confine di questa stava Vercelli, cittì di molta importanza dove sin dal i56i « per ordine et disegno desso Duca » principiata fu la fondatione d uno amplissimo nuovo « castello, in faccia del confine dello stato di Milano (0 ». Ne curò la costruzione Orazio Pacciotto , ma per non ingelosire la Spagna, vi furon sospesi i lavori, con in- tenzione di ripigliarli più tardi (2).
La cittadella di Torino, fondata nel i564, tenevala egli come sua figliuola, di suo ingegno, adattatevi avendo ne' fianchi le casematte e cintala di uno stupendo sistema di contramine, che a due ordini e con piazze allargate e perpetue comunicazioni circuivano tutto il perimetro della magistrale, maravigliosamente costrutta ogni cosa. Resero desse uno stupendo servizio nell'assedio del 1706 e la lor perfezione si potè notar a' giorni nostri allor- quando vennero allegramente e barbaramente distrutte.
Que' sapienti estimatori delle cose di Stato, che furono a quell'etri gli ambasciatori Veneziani, non rifinivano di lodar la cittadella, scrivendone il Morosini che : « ha » ancora bellissimi e giudiciosissimi avvertimenti non mai » pili fatti da alcuno, per difesa delle bombardiere di » fuori, e per commodità de' soccorsi di dentro li quali » non meno riescono belli da vedere, che utili alla si- li curtà di essa fortezza (3) ». Riferiva il Lippomano che alla cittadella faceva far allora il Duca alcune casematte
(1) Bugati , Historia unWersale (t570ì, lib.VlII, pag. 1039.
(2) Morosini, pag. 119.
(3) Relazione (1570), serie II, voi. II , pa§. 159.
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di l'uori, e che andava sempre ad invigilarle (0, e notava il Molino come Torino u è forte con alcune casematte » ed altri sorti di nuove difese d'invenzione di Sua Al- )) tezza, che suol dire che non ha cosa più cara di » quella cittadella (-) n.
Delle contramine e de rivellini, mancanti ne' piani dell'Orologi e del Pacciotto e che il Duca vi aggiunse nel 1572, queste cose dice Pingone: Taurini Dux ex- trìnsecus aiicta acropoli subterraneis ad fossas praesidiis et aliis quibasdam quasi forcipibus admirandis , eam suomet ingenio inexpugnabileni omnium iudicio red- didit (3). Morosini e Gavalh lodano altresì a gara l'alacrità e diligenza colle quah ci si tratteneva cogl'ingegneri che con fino giudizio tratto aveva in Piemonte, la cura con cui badava agU studi ciixa il fortificar ed espugnar le piazze, far trinciere, mine, ai^tiglierie , i trovati suoi di meccanica militare e di fuochi artificiali, il lavorar di propria mano canne di pistole, archibusi, cannoni, il comandar ed amministrar gli eserciti. Insomma, come dice il gentiluomo spagnuolo di sua corte Tolomeo Mo- lignano: de justas , de fortalecas , de sitios, de perspectivas ^ de cosas de guerra j simildes tiene no solamente la theorica , mas la misma esperiencia '^ .
L'operosità sua nel procacciarsi i disegni delle fortezze che andavan facendosi in tutta Europa è attestata da cinque volumi che se n'hanno negli Archivi di Stato essendo in gran parte da lui raccolti; imperciocché di quasi tutte le fortezze d'Europa e d'Africa ingegnavasi il Duca di aver i disegni , della qual collezione n'era per modo sparsa
(1) Relazione (1573), nel Tesoro politico, voi. 1, pag, 178.
(2) Relazione (1574), serie II, voi. II, pag. 257.
(3) Augusta Taurinorum (1377), pag. 80.
(4) Libro de cavalleria entittdado el Cavallero Rcspìendor (Vercelli, 1562), non numeralo, parte II, in principio.
483 la liima, che quando Filippo II slava nel i56'] per in- traprendere la guerra de' Paesi Bassi , mandò ad Emanuel Filiberto 1 ingegnere Champigny accompagnato da un pittore e da un geometra o topografo , che ritraesser la strada da Savoia in Borgogna, e gii chiese ad un tempo note e piani di tutte le città e fortezze di Fiandra (0.
La sua cognizione pratica dell'ingegneria militare ci è poi messa sott'occhio dai Morosini dove , descrivendo il forte deir Annunziata presso Rumilly in Savoia, nota che u es- » sendo il sito un poco angusto per capir cinque buoni )) baluardi con le sue cortine di ragionevol lunghezza , » senza venir con le punte di essi baluardi giù pel colle )) alla pianura, ha trovato sua Eccellenza una nuova in- » venzione per non essere necessitata a far uno de' due » errori, cioè a tener i fianchi angusti, perniciosissimi » ad ogni fortezza , ovvero con il venir al piano esponersi n alla batteria dellhiimico con disvantaggio : ha però or- » dinata in modo la fabbrica, che così come facendo il » baluardo di giusta forma, doveva spinger la punta di » esso ali ingiù, l'ha ritirata indietro e fatti quasi due )) baluardi attaccati insieme, di maniera che la piazza » resta molto capace per il bisogno della difesa, ne è » esposta a quella batteria che, venendo ali ingiù col 1) fianco, le poteva nuocer assai: cosa che, oltre alla » sicurtà per non essere mai più stata fatta da altri , )i riesce anche bellissinia da vedere, tanto più che tutta )) la muraglia è fatta di pietre vive quadrangolari (2) ».
Altra cosa è ancora da esser osservata, ed è la man- canza di rapporti o relazioni degl'ingegneri circa le piazze allora costrutte o migliorate in Piemonte , e ciò mentre negli altri paesi esse abbondan di tanto. Ovvia né la
(1) Fainiano Strada, De bello belgico, Deca 1, lib.VI.
(2) Relazione, 1. cit pag. 139, 140.
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spiegazione ogniqualvolta si pensi che , altrove , dovevan gl'ingegneri dibattere lor disegni e proposte con Principi o ministri a questi studi affatto estranei, epperciò com- missioni e consulti seguiti da pareri, obbiezioni, risposte e contro risposte, fbrmolata ogni cosa in voluminosi car- teggi. Da noi invece andava la bisogna diversamente; for- nitosi il Principe d'ingegneri di molta vaglia, quali un Pacciotto, un Vitelli, un Orologi, un Busca, da solo a solo combinava con essi sue fortezze, le approvava, op- pure di propria mano le modificava; poi, come Sovrano solerte , ed attivo , a se stesso e non mai ai consiglieri riserbava la scelta del sito , la ciu'a dei materiali , la spesa, ad ogni cosa provvedendo che si attenesse alla ra- gion di Stato. E di tutte queste cose, minute sì ma im- portantissime, il carteggio di Emanuel Filiberto serba copiose testimonianze.
La fama dell'ingegno suo negli artifici meccanici e ne' segreti delle artiglierie fece si che, oltre le vere inven- zioni, gliene fosser attribuite di quelle che tali non erano. Scrive, per figura, il Ranzovio che troppo malagevole essendo il trasporto delle artiglierie ne' monti e nelle paludi, util cosa è romperle per fonderle poi di nuovo , come per consiglio della duchessa Margherita fece Emanuel Filiberto(0. Dove erra nel dir Margherita figlia di Carlo V, mentr'era sorella del re di Francia, ed il racconto delle artiglierie spezzate evidentemente si riferisce alle campane che Ugo- notti avevan rubato in Francia, e che comprate aveva il Duca e poi rottele per agevolarne il tragitto nellalpi allora quasi impervie; portatele in Piemonte ne fiise mol- tissimi cannoni da batteria con trecento minori (2).
(1) Henrici Ranzovii Producis Cimbriae commentarius bellictts M595). lìb. IV, cap. 1, § 11,
(2) Morosini, Relazione 1. cit., pag. 1 i8.
485 Il mal seme deliranni, che in Italia irutlificò sì rigoglioso, qui non attecchì giammai, seco traendo l'assoluta man- canza di quegli eroi assassini che son fomite principa- lissimo di pubblica coiTuzione. Onesti furono quasi tutti i nostri Principi, ma solo Emanuel Filiberto adornossi di quella forte , rigida , immutabile probità , che in non lungo regno fé' sì che per due secoli i Piemontesi met- tesser innanzi a tutto la pubblica e la privata onestà. Eccone un esempio; nel ìS'jo cercando Selim II di spo- destare i Veneziani dell'isola di Cipro e conoscendo i diritti sovr'essa del Duca di Savoia , mandògli un Miques che lo affidasse di quella conquista da farsi dall'armi turche: adunato il Consiglio, vari furono i pareri; ma non il Duca, che ributtò l'insidiosa proposta, dicendo come sin da' primi anni mai non avesse fatto cosa che alla sua dignità e fama recasse macchia , che non voleva lega con infedeli e rifiutava quel regno, non potendo averlo senza nota di biasimo. Ciò fatto , ne die avviso al Papa , al Re di Spagna, ai Veneziani affinchè munisser l'isola (*l Giovine ancora , già nota era sua probità per modo , che allorquando fu sparsa voce di suo probabil matrimonio con Elisabetta d'Inghilterra, fu nell'isola lietamente udita la novella, già essendovi amato il Principe per la sua virtiì(^). Nella vita ch'io scrissi di Francesco Pacciotto , addussi una sua lettera del iS-yi ad Emanuele Fililoerto, nella quale parlando della cittadella di Torino , dice l'ingegnere u \o l'ho posto nel mio libro per regola , come Ella sa , » che l'ha tradotto in lingua Spagnucla « . Certo , che un gran Principe il quale convertesi in traduttore del
(1) Cambiano, col. 1178.
% Michieli Relazione d' Inghilterra del 1557; in Alberi, serie I, voi. 11, pag. 37-2. Del suo viaggio in Inghilterra parla anche il Cavallero Resplendor al capo 9. Cf. Ricotti, voi. II, pag. 35.
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libro d'un suo stipendiato, a fatica siffatta da altro non può esser mosso, che dall intensa volontà d'insignorirsi della materia in esso trattata; e vieppiù quando n'è au- tore un Francesco Pacciotto , cioè il più riputato inge- gnere de' suoi tempi.
XLVIII. FRANCESCO BERNARDINO DA CAMNAGO DETTO VIMERCATE.
Quand'è turbata una nazione da guerre e da fazioni intestine, prorompe l'anarchia ed i ribaldi che di virtù e d'amor patrio non avevano che il sembiante, sapendo come pei delitti contro il vinto più non vi sia pena , ad essi si gettano certi di essere accolti e difesi dalla fazione avversa a chi regna o regnò in patria, poi, ai nuovi si- gnori rifuggendo, si dicon martiri e vittime di politiche persecuzioni. Siffatta opportuna avvertenza ho voluto pre- - mettere alla vita di Francesco Bernardino di genitori calzettai, privi, come sovente allor accadeva , di nome di casato, essendo egli nato da un Giovanni Antonio da Camnago presso Como in Lombardia ^^ , siccome paten- temente risulta da attestati notarili ne' quali è desso chiamato il Magnifico S. Francesco Bernardino di Cam- nago detto di Vimercato (-). Convien dunque dire che, salito poscia ad alti gradi militari in un esercito tutto ca- pitanato da gentiluomini, egli pure voless'esser gentiluomo e persistesse nel mutuar il nome dall illustre omonima fa- miglia Milanese cosi appellata (^). Quanto all'anno di sua nascita, penso che di poco precedesse il secolare i5oo,
(1) Raccolto delle cose allegate et produtte, eie. f.» 32, 33.
(2) L. cit. f.° 44.
(3) Dico persistesse, cosi chiamnnilosi già nella condanna a morte del 1530.
487 narrando Biagio di Montine come nel i553 già Ibsse Francesco in età inoltrala O.
Trovandosi nei i53o in Milano^ aggredì il giorno 6 set- tembre sulla pubblica strada certi mercanti Bergamaschi e li spogliò ; resosi latitante , quattro giorni dopo , d'ordine del tribunale , fu affissa all'albo pretorio la sentenza che lo dichiarava bandito e condannato, se preso , ad esser trascinato a coda di cavallo fin sotto il patibolo e quivi appeso come ladro (^). Gli furono rimesse le offese nel i536, quand'egli gi:\ militava per Francia ed annullata formalmente nel i544 1^ condanna. La vera causa del qual processo è atlrilKiita da Scipione figliuol suo all'odio contro di lui stante la devozion sua a Francia, antico e sempre nuovo modo di aver ragione secondo i tempi. Salito poi negli eserciti Francesi a bell'altezza, troppo cuoceva al Vimercate che il nome suo stesse in tal luogo e fra tali compagni, né senza l'opera del Re di Francia sarà egli poi stato graziato del tutto, trovando che l'ordine del governator di Milano marchese del Vasto onde dal- 1 infame ruolo fosse cancellato il nome del Vimercate, è delli 3o ottobre, quando fattosi pace a Crespi, fu lar- gito un generale indulto (^). Così giuns'egli a mutare agli occhi del volgo la condizion di bandito in quella d'esule; così un Vincenzo Locadelli da Cremona, dopo ucciso un nemico , svaligiati e feritine altri e tutto ciò (dic'egli in sua lettera) con animo costante e forte '^^\ andò soldato fuori patria, fu ingeg i^r di guerra e scrisse di fortifi- cazione.
(1) Commentaircs (1821), voi. II, p. 160.
(2) Condannatione di Francesco Bernardino nel Manifesto del Birago. Raccolto , eie. f.° 36.
(3) Raccolto, etc. f." 36; Infonnatione, p. 64.
(4) Manifesto del cap. F. Locadelli^ ecc. f.°3. Senza data, ma circa il 1565. Si veda il suo articolo al N." XXVIl.
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Menile a Milano la giustizia lo voleva morto, rifug- giva egli nel i53o in Francia presso il suo concittadino maresciallo Teodoro Trivulzio governa tor di Lione , al quale presentossi il Vimercate dicendosi perseguito dallo Sforza (come apparisce dalle parole del fìgliuol suo Sci- pione (0) , ch'era quanto dire esser egli di parte Guelfa ossia Francese, della quale in Lombardia erano capi i Triulzi. Ebbene liete accoglienze e fu posto tra i gen- tiluomini ordinarii della sua casa militare , nel qual posto poco tuttavia durò, essendo morto Teodoro nel seguente anno. Allora egli si pose al soldo di Francesco marchese di Saluzzo che , a quegli anni e per passion di regno erasi fatto vassallo della corona di Francia , dal marchese venendo fatto guidone delle sue genti d'arme e poi luo- gotenente e capitano generale del suo Stato ; ciò con pa- tente delli 3o luglio i536, notizia sfu^orita agli storici di quella città e provincia i^). Con siffatto grado fu egli uno de' primi che nel i536 entrassero in Torino ■^.
Ma lo scellerato marchese, a modo de Principi Ita- liani di quella età , i tanti mancamenti suoi compiva man- cando a Francia e volgendosi a parte imperiale, poi poco dopo, assediando Carmagnola, di cannonata rimaneva uc- ciso. Com'era naturale, il Vimercate che, per timor del patibolo , erasi già aderito a Francia , rifuggissi al campo di Filippo Chabot e dal re Francesco I n'ebbe in pre- mio una compagnia di duecento cavalli d'ordinanza e da non essere cassati in tempo di pace ^-^). Con questo
(1) Difesa del 5. Fr. Berti, fimercaln , nella Infnrinatione , eie. p.58.
(2) Patente nella In for mattone, pag. "72.
(3>) Sommario della guerra di Piemonte dall'anno ^536 al i 527 ^ per Stephano Rrigerio , Ms. degli Archivi di Stato.
(4) Difesa di Fr. Bernardino nella Informatione, ecc. pag. 59. Cronaca la- tina di G. B. Miolo nella Misceli, di Storia Italiana 'Torino, 1862\ voli, pag. 194.
iS9 grado militò egli nell'esercito di I^iccardia , e quando nel i53'~ i Cesarei assediarono Teroana , egli v'introdusse un convoglio di viveri; ma nel ritorno della scorta, assaliti i Francesi, malgrado la fatta resistenza, cadder prigioni tra essi l'Annehaidt ed il Vimercate, de' quali ognuno era a capo di duecento cavalleggeri (0. Di lì a non molto, o riscattato o sottrattosi , tornò a guerreggiar in Piemonte d'onde fu repentinamente mandato di nuovo in Navarra con tutta la cavalleria Italiana v^X Colà , assediando Per- pignano accaddegli di fai' cattura di certe dame spagnuole, ed egli spoglio affatto di que' sentimenti cavallereschi dai quali eran allora animati in modo singolare i genti- luomini Francesi, impose ad esse una grossa taglia (^;. La qual cosa, allora e dopo, diede origine a molte que- stioni di cavalleria.
^el seguente anno i543 era il Vimercate di nuovo in Piemonte col Ferrarese Baldassare Azzale (che con lui era stato all'impresa di Perpi guano colonnello di cinque mila fanti Italiani al soldo di Francia ^') ed ambidue rovinaron in fretta le mura di Carignano , onde non fosse la terra utilmente occupata dal marchese del Vasto che stanziava lì presso (5). Stava il Vimercate sotto gli ordini dell'Aussun ed instava per ima pronta ritirata, alla quale annuiva sì il d'Aussun , ma così lentamente la eseguì, che dagl'Imperiali forzato a battersi, n'andò in piena rotta. Scusavasene il Francese , imputando le sofferte perdite al Vimercate, il quale non solo aveva sconsigliato di venir
(t) Mém. de Martin du Bellay (l8-2r, lib. Vili, p. 204, 245.
(2) Campana, Fila di Filippo // (1601;, Deca II, lib. XVI, f.° 80.
(3) Brantòrae, Discnurs LX XIF [{1%1], pag. 149; Lettere di Principi 1563\ voi. I, f.° 166.
(4) Per l'Azzale vedasi il N.° XIV.
(5) Oltre parecchi scrittori, è ciò narrato anche dal Monlluc e dal Bu- gato nella Historia unii-ersale (15T0\ lib.\"II, pag. 926.
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alle mani, ma nella battaglia erasi poi anche valorosamente portato^ cosicché i Francesi stessi, e Montine fra i primi, apertamente tacciarono d imprudenza il loro compatriota ed ogni ragione dieder al Vimercate; mandògli allora il d'Aussun mi cartello di sfida , che fu da lui accettato , dando in hice ad mi tempo una sua difesa (^), procedendo poscia ambidue a mordersi nella riputazione e diffamarsi, com'era ed è usanza. Causa principale di quella rotta fii la poca saldezza delle fanterie guidate da Francesco (2\ Gran romore levò allora in Francia questa contesa e, cosi volendo Tetà , si stamparono libri in favor di questa e di quella parte. Ebbesi il Vimercate la sorte, che da me è chiamata sventura , di aver dalla sua quel Pietro Aretino cui, come a precursore de' giornalisti nostri, tri- butavano onori ed oro Pontefici, Re e privati; in sua lettera del i545 scriveva che il signor Francesco Ber- nardino è suto pur troppo modesto nel suo cavalieresco procedere : del che sinceramente è comendato da ciascun soldato di conditione , come persona degna dell'onore che gli acquista di continuo il glorioso mestier dell armi'\^\ Non so quanto donato avesse il nostro all'Aretino, che fattosi plebeio signore della pubblica opinione, la buona o la trista rinomanza dispensava a suon di danari; certo che conoscitor sommo de più riposti vizi fu quel Pietro e primo istitutor d'un'arte che non sarebbe mai più perita ; dico di quella che hanno gli audaci di asservire alla lor penna un'intiera nazione. Durò la questione sino all'anno 1546, allorquando, per finirla, prima confortoìii il Re, poi astrinseli a far pace W. Trovossi poscia nell anno i544
(t) È sola, che tra le scritture di Francesco io non abbia potuto vedere.
(2) Borghese di Rivoli, Misceli di St. Italiana, voi. VI , pag.609.
(:$) Lettere dell'Aretino (1609), vol.lM, f." 228.
(4) Monthir, lib. 1, p. 45" ; fnfonnntinne, ecc. p. 70; Campana, !. cit. f." 98.
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lììhì battaglia di Geresole guidando una compagnia di dn- cento uonuni d'arme ;i\
Circa que' tempi dev'egli essersi volto alla pratica, se non allo studio, della fortificazione, nella quale (a dif- ferenza de' capitani Spagnuoli, Francesi e Tedeschi) un qualche lume avevan pur sempre anche i più ignari uffi- ciali Italiani siccome nutriti in patria allor \)'m colta e di pii^i estrinseca civiltà che non quell'altre; la qual cosa spiega la lor facile accettazione e promozione in que' re- gni, imperciocché, nella parte scientifica della guerra , eran essi dappiù de' nazionali ; infatti , allora lo pose il Re soprintendente generale delle fortificazioni in Italia , cioè in Piemonte ove solo estendevasi la dominazione Francese. La prima opera che qui conducesse come inge- gnere fu, se non fallo, il forte di Monmeliano in Savoia cominciato nel giugno dell anno i547 e messo in difesa nel seguente inverno ; trovasi ( dice l'ambasciator Vene- ziano Matteo Dandolo i^)), in mezzo di una bella pianura circondata da monti , sopra un colle principiato a for- tificar al mio andare in là, e che al mio ritorno ho trovato esser posto in fortezza ; e questo per la diligenza e perizia del colonnello Francesco Bernardino da Milano,
il quale mi disse as\ai sì di questo luogo, come
di un altro . che faceva similmente fare il Be ad un certo passo vicino a Svizzeri.
Ho ragioni per credere che l'opera del Vimercate sia quella rappresentata in un volume Fiorentino di piante di fortezze C-^) ; è semplicissima, non avendo che due ba- stioni, avvegnaché l'andamento della magistrale, voluto
[1) Miolo , Cronaca cit. pag. 194.
(2) Relazione del 15i7 iii^Albèri, serie l, voi. 11, p. 183.
i'^) Cod. Magliabecchiaiio , f." 94. Ne diedi copia a Leone Menabrea , die pubblicolla nolla (avola l di ìfnntmplian et les Aìpcx ;1845\ p. 314, 417
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dagli scoscendimenti, gran fatto non difFensca dai trac- ciamenti rinnovati nell'età posteriori. Breve fu però la sua durata^ soli ventanni dopo avendo Emanuel Filiberto rifatto il forte in altra più opportuna maniera (0 e ca- vatovi il fosso nella rupe viva.
Intervenne poscia negli anni i549, ^" ^*^^ ^^ Enrico all'assedio di Bologna in Piccardia, nel quale sappiamo dal fìgliuol suo che militò in grado di maresciallo di campo. Poco tuttavia vi si trattenne , poiché prima ancora che fosse conchiusa la pace cogl'Inglesi nel marzo di quest anno , egli già n'era partito e recatosi a Borgo in Bressa ove, per ordine avuto dal Montmorency fu due giorni ad esaminar il sito e la fortificazione sin'allor con- dottavi, proponendo in fine che, essendo quasi tutta di terra e male intesa , meglio sarebbe stato tralasciarla af- fatto, supplendovi colla fabbrica di un castello del quale mviògli un suo disegno in uno con instanza che la cura ne fosse affidata al Senese Girolamo Bellarmati (2). Por- tatosi poscia a Lione, d'onde da tre anni era assente (^), ordinovvi quanto mancava alla sua fortificazione ; quindi, per Savoia ritornò in Piemonte (4) ove trovossi a gran parte di quegli assedi e fatti d'armi, facendo ancora nel i55?. le fortificazioni di Bra e del Mondovi (S); nell'anno «tesso era governator di Chieri e sorprendeva Alba (6) , narrando anche il cronista Miolo che allora e da un ful- mine inceneriti furono i cavalli al Vimercate a Foglizzo
(1) Relazione di Savoia di G. F. Moro si ni. Serie II, voi. II, pag. 138. (9) Fortificatore dell'IIàvre de Grace e di altre città di Francia; socio al Cellini {Fila, lib. II, cap. 13) nell'afTorzar Parigi del 1544.
(3) Lettera del marzo 1547 nella hiformatione, pag. 61.
(4) Tanto è narrato nella lettera presso Molini, DocMWpnfi, della quale parlasi qui in calce.
(5) Mémoires de Fillars, lib. IH , p. 206; Mém. de Montluc , lib. II, p. 104.
(6) Miolo, Cronaca p. 197, 194.
493 in Canavese. Pure in quell'anno muniva S. Martino in Ganavese (0 e trovavasi all'assalto di Ceva coiraltro ma- resciallo di campo Biagio di Montine che, lodandone il valore, lo disse tanto più commendabile che trovavasi egU in età avanzata i^\
Adoprossi nel i555 alla fabbrica di due forti che presso Torino stringessero Volpiano, piazza rilevante allor tenuta dall'esercito Cesareo (^), Fu ancora a Parigi nel i556, d'onde il maresciallo Brissac rinviollo in Piemonte a sol- lecitare il Termes e sue provvidenze circa l'ailiglieria ed i viveri. Ricominciata la guerra nell'anno seguente dopo- ché il Duca di Guisa, reduce dall'impresa dei GaratFa , aveva tolto Valenza agl'Imperiali, tosto vi accorse per metterla in difesa ; è narrata la cosa in una cronaca di Gasai Monferrato (4) colle parole : Appena i Francesi ebbero presa Valenza , diedero principio a fortificare esso luogo, e così fra pochi giorni fu mandato il sig. Ber- nardino Vimercato esule Milanese generale per il re di Francia di tutte le regie fortezze e capitano di caval- leggeri, con disegno di poterla far forte ed inespugnabile, come poi fece, che la mise in riputazione ed in gran fortezza, cosa che mai seppero fare gì Imperiali, con darle tutto quell'ordine che va esser dato e che bisogna ad una terra fortissima tanto di artiglieria come anco di munizioni e di un buon presidio di soldati.
Per le quali cose vieppiù dimostrato essendosi il Vi- mercate bene affetto a Francia, buon soldato e sufficiente
(1) Mém. de Montine, voi. I , p. 295.
(2) Ivi , lib. II , p. 160.
(3) Mém. de Fillars , lib. VI , p. 425.
(4) Cronachetta di C.Monf.dal i530 al /5S2-, auno 1557 pag. 29; e Vil- lars.lib. VII, p. 529; lib. Vili, p. 546. Valenza fu presa alli 20 gennaio 1557. La cronaca è quella edita nell'Archivio Storico (1847), voi. XIll, man- cante di questo come di molti altri passi.
494
iiiiresnere, prenuolio Enrico 11 nel ]558 in modo slraor- dinario creandolo cavaliere di S. Michele, rimanendo egli decimosesto Italiano fra i settanta che allor numeravansi nell'ordine '^X Non fregiandosi allora di quelle insegne fuorché uomini di antica nobiltà , convien credere o ch'egli SI sia valso del bel nome attribuitosi, o che molta sia stata nel Re e nel Brissac la prudenza nel premiar la realtà de servizi anziché la chiarezza del sangue. Tro- vando però che fra quegl'italiani non meno di undici erano fuorusciti adoprantisi ad abbatter i governi di lor patria a profitto proprio e di chi li tratteneva e guiderdonava, m'è forza dire che re Enrico ed i consiglieri suoi non diversamente fatto abbiano e non più e non meno di quanto sempre fecero i Principi tra le civili dissensioni. Dopo la pace di Gàteau-Cambresis fu egli da Brissac spedito a Parigi per rappresentare al Re lo stato delle cose militari in Italia, ed in quella città venne a morte ne' primi mesi dellanno i559 -.
Quanto alla scienza ovvero arte di fortificare, ei pos- sedella piuttosto come sicura intuizione di esperto soldato, che non ne' principii suoi, non essendone egli stato né buono né copioso scrittore. Il grado però di colonnello negli eserciti di Francia procacciògli la dedica tli un trattato di tattica, ossia dell arte dello squadronare, stam- pato in Torino nel i548 e scritto tra il /\2 ed il 4^ da Angelo Assinito della Marca d'Ancona (^;, antichissimo e rarissimo libro. Lo stato de' servizi suoi in Francia è dato dal figlio Scipione in questi otto alinea ('^). Maestro
(1) Mém.de Fillars , lib. IX, p. 605; Soranzo , Relaz. di Francia, in Alberi , serie 1 , voi. II, p. 410.
(2) Mcin.de Fdlars, lib. X, p. 662; Informationc , pag. 58.
(3"! Opera nova et alti huomini di guerra importantissima . quale insegna ordini, modi et forme, ecc. Torino, per Marlin Cravoto, 1548. (4) Difesa nella Informationc , pag. 58.
495 di casa ordinario del Re; Consigliere del Consiglio segreto; Gentiluomo ordinario della camera del Re; Governator di Chieri , Governator di Valenza; Generale Soprinten- dente delle fortificazioni e nnmizioni in Italia: Cavaliere dell'Ordine ; INlaresciallo di campo in Piccardia.
Ne' documenti Parigini di Storia italiana editi in Firenze nel i836 da G. Molini havvi una lunga lettera del Yi- mercate al IMontmorency e della quale ho detto e dirò ancora. E data da Lione li 20 marzo i55o e sottoscritta
Francesco VimercaLo. Parve all'annotatore di
que' documenti che fosse questa una sola e stessa persona coiromonimo Milanese che, quasi alla stessa età professò medicina in Parigi e Torino , ed osservò come sia questo il primo docimiento che lo dimostri anche ingegnere. Le perentorie ragioni d'identità della persona, del luogo, del tempo, che m'inducono ad attribuire quello scritto al soldato anziché al dotto , le ho già pienamente esposte altrove lO.
Ebbe Francesco mi figlio illegittimo di nome Scipione, natogli nel i533 in Lione da una Catterina da Savona, che per esser moglie d'un taverniere e tamburino era detta la Tambourineuse (2); intanto, mentre il Vimercate godevasi questa donna, godevasi pure le entrate del bene- ficio di S. Antonio in Cislago "^\ Fattosi esso pure soldato di Francia in Piemonte , ebbe a diciottanni una com- pagnia di ducento fanti e poi nel i544 altra ne capitanò di cinquanta celate ''y^\ Era egli buon soldato e nell'anno 1559, ^^ ^^^^ inorigli il padre, re Enrico II con pa- tente delli 4 ottobre nominollo scudier suo ordinario,
O o-
,1) Architettura di Fr. di G. Martini [ISAV , voi. Il , N.° 3' (9) Raccolto delle cose allegale et produtle , eJc. f.° 26, 29,
(3) Raccolto , f." 35.
(4) InformaMonc , p..55.
496
commissario e sovrintendente generale delle riparazioni e fortificazioni in Piemonte ^0; la qual cosa non significa già ch'ei fosse ingegnere, ma sì che non gli mancavano cognizioni pratiche circa la costruzione militare. E qui, per notar cosa che al vivo pinga i costumi del tempo, dirò che malgrado i canoni vietanti la collazione di be- nefìci ecclesiastici ad illegittimi, sin dal i55i Scipione fu fatto Ahate di S. Giusto di Susa con qualità di com- mendatario (-1 Ma, lasciata tosto l'abbazia per Farmi, la trasmise al nipote suo Giovanni da Camnago detto esso pure da Vimercate. Tanto ne' cataloghi loro è re- gistrato dal Della Chiesa e dal Sacchetti, errando in ciò che ne anticipan la nomina di un decennio. I fatti di Sci- pione son narrati singolarmente da Montluc e da Villars e soprattutto ne' libri stampati in difesa sua e del padre in occasione della sfida avuta coll'altro Milanese e qui soldato di Francia Lodovico Birago ; libri rari ed inte- ressanti assai , ma che a padre e figlio fruttaron poco onore.
BIBLIOGRAFIA DI FRANCESCO BERNARDINO DA VIHERCATE.
I. Giustificazione del signor Capitan Francesco Ber- nardino Vimercato nella querela sua con Monsignor d'Jussun. In Milano da Antonio Burgio, iS\5, 4-° ^o~ mincia : « Francesco Bernardino Vimercato a' lettori. Per- » ciocché nelle cose dell'honore » ecc. Finisce: «Perchè » tanto bastandomi di aver detto in questa Scrittura , » quella rimetto al giudicio di tutte le persone di honore, » et intendenti » ecc. Ne parla l'Argelati e Giovanni Sitoni
(1) L. cit. pag. 61.
(2) Raccolto, ecc. f." 55. Ne prese possesso alli H agoslo.
497 nella nota .\^\ , pag. 5g dei f^i ceco mi tu ni Genealogica Monumenta , i~ i\.
II. Lettera a yl/."'' di Montmoreucj (di Lione, 20 marzo i55o) sulla fortificazione di Borgo in Bressa e (li Lione. E un breve scritto edito dal ^Nlolini ne' Docu- menti di Storia Italiana (i836), ed evvi attribuito ad un omonimo Milanese.
Come di libri assai rari , unisco la descrizione di quelli che fm^ono stampati a proposito della sfida accaduta tra Scipione Vimercate ed il Birago e contenenti numerose notizie circa i due Vimercati.
III. Raccolto delle cose allegate et produtte per f illusi. S. Lodovico Birago, avanti il Re Christian iss. et suo consiglio. Nelle quali si dimostra chiaramente per prove et efficaci ragio7ii, quanto è successo fra esso S. Ludo- vico et Scipione detto de' P^imercati ; con le qualità di ciascuno. In Turino, appresso Martino Cravotto. m.d.lxi. 8." di fodietti II 3. Precede una dedica del Biras^o al Re di Francia, da Torino, 20 giugno i56i.
IV. Manifesto delTIll. Signor Lodovico Birago. Con altre scritture, per le quali si conosce quanto eseguito ira esso Signor, et Scipion detto de f'imercato. In fine : In Turino appresso Martino Cravotto m . d . lxi. Il primo di luglio; 4° <ii foglietti 5o non numerati. Precede una lettera del Bira£;o al Re Cristianissimo data da Torino a 20 di giugno del i56i. Questo libro ed il suddetto Raccolto sono similissimi, se non che da pagina 5^ in poi contiene il Raccolto ancora un Discorso del Birago e le sue Giustificazioni, cose mancanti nel Manifesto.
32
498
V. Infoì'inatione de la causa fra Scipione Viniercaio e Lodovico Birago , coìi la difesa de lo III. Sig. Fran- cesco Bernardino Vimercato , contra le calonnie di Lod. Birago. Aggiuntovi un parere del fu Duca dj^rbino Francesco Maria de la parità , e disparità , del sangue e del grado. E g dubbii del Fausto da Longiano tolti dal primo libro de i suoi pareri. Volume in 4° tli 1 08 pagine , senza data , né luogo , né stampatore ma certa- mente di Lione coi tipi di Giovanni de Tournes ed anche del i56i; imperciocché mentre il Birago soggiornante ni Torino faceva stampare in questa città, il Vimercato si valeva delle stampe del Lionese de Tournes. Sta in fronte la lettera del Vimercate al Re data in Sciolze il primo d'agosto i56i.
VI. Information du difjf'erent, qui est entre Scipion Vimercat, et Ludovic Birague , Auec la defense etc. In fine A Lyon par lan de Tournes , rue Raizin , à Ven- seigne des deux Viperes. Voi. l\ di 117 pagine. La let- tera al Re ha la stessa data ed il libro altro non è che una traduzione dell' Informatione anzidetta , apparendo tradotto da Scipione onde render leggibile il suo scritto in corte di Francia.
Ad ogni modo non doveva il Vimercate essere privo d una qualche coltura, di quella almeno che si prendeva frequentando a quo' tempi le compagnie signorili ; im- perciocché , Matteo Randello , che volontieri conviveva coi capi militari guerreggianti per Francia in Piemonte, a lui indirizza la Novella XX del volume III.
499
XLIX. FRAINCESCO OROLOGI DA VìCE>ZA.
Debbo ora far parola di un valoroso inojegner mililare del secolo xvi , cercato ed adoprato molto dai Principi , ma che, sconosciuto alla sua città nativa , non trovo chi abbialo sinora rammemorato. Quest è Francesco Orologi da Vicenza, che con tal nome , cognome e patria scrivesi in un suo codice di cui sarà parlato in sèguito.
La casa in cui nacque era tutta d ingegneri e studiosi , fratello suo essendo Giuseppe scrittor della vita di Ca- millo Orsino e d altri libri stampati tra il i56o ed il 65 (^); e penso che fratello gli fosse pure quel Giacomo , di cui (in lettera del i56o; parla il capitan di Brescia Gian- matteo Bembo (-) dicendolo valentissimo ingegnere dei nostri tempi. Quantunque non ne sia specificata la qualità , è chiaro però che attendeva Giacomo ali idraulica, discor- rendovisi di bonificazioni lluvi-ili per risanar regioni umide ed insalubri •"-.
Ignoro dove e da chi appreso abbia Francesco l'arte di fortificare, ma so pure che perciò non occorrevagli di portarsi in altra città che la sua , là essendo nato e vi- vendo al principio del millecinquecento , un insigne maestro (sconosciuto esso pure agli Italiani ed ai conterranei suoi)
(1) Cinque opere tra originali e tradotte ne enumera il Fontanini nel- r Eloquenza Italiana.
(2^! Lettere di Principi (1581', voi. Ili , f.° 207. Suo nonne presso Bembo, eguale a quello di famiglia Padovana , è Giacomo dairOrologio. Forse era Francesco di nobil casato , al suo nome trovando sempre annesso il titolo di cavaliere.
(3; Nella prima notizia che nel 1841 diedi dell'Orologi CJrchil. civ.r milit.di Fr.di G. Martini , voi. il , pag. 99), non conoscendo ancora il citato codice, di Francesco e di Giacomo feci erroneamente una persona sola.
500
nel Vicentino Basilio Dalla Scala, uno degl ignorati e primr fondatori di questa scienza, e del quale dirò qui breve- mente.
Sin del i5oi scriveva al suo Principe Torator di Fer- rara come veduto avesse in Venezia il modello d'una rocca con torri in triangolo, quadre , tonde e d'ogni sorta, opera di Basilio Della Scala da Vicenza, il quale, allora appunto e per far cosa grata alla Signoria, stato era rilasciato dalle prigioni di Napoli (0. Scrive poi Luigi Da Porto gentiluomo di quella città, nei marzo lòog, come instando la guerra di Cambrai (( i Veneziani hanno » mandato Basilio Dalla Scala nostro Vicentino a rivedere o tutte le artiglierie che sono nelle loro città e fortezze n di terra ferma, come uomo ch'essi tengono provvisio- » nato sopra le munizioni loro )) (^). Fu poi ai servigi dell'imperator Massimiliano, certamente non prima del- l'anno i5i7 in cui ebbe termine la guerra di Cambrai; ma la fama sua la dovette singolarmente alle difese da lui apprestate a Rodi, allorquando il Gran Maestro Fab- brizio del Carretto sapendo come non più proporzionate all'efficacia delle artiglierie turchesche fossero le mura, che nel 1480 resistito avevano agli attacchi di Maometto II, nell'anno i52o chiamò Basilio a porre in opera per quella città i nuovi trovati difensivi.
Ma lasciamo che la cosa sia narrata dallo storico del- l'ordine Gerosolimitano: u Deliberato havendo il Gran » Maestro di ridurre la fortificazione della città di Rodi » nel più sicuro e migliore stato, che ridurre si potesse; )) fece andare nel seguente anno in Rodi Basilio Della
(1} Lettere artistiche inedite pubblicate da G.Campori {1866", N." 1. In quesle addotte parole è chiaro il trapasso dall'antica alla moderna in- gegneria.
(2) Alcune lettere inedite di Luigi Da Porto (1829;, pag. 10.
oOl » Scuola ingegniero dell imperato!" Massimiliano, il quale )) era il maggior huomo di quella professione, che in » quei tempi vivesse; e col parer suo e di moli' altri » valent' huomini, che in Rodi si trovavano .... si fecero >ì molti utili e buoni ripari » (^X E poiché in gennaio del i5i9 mancò di vita Massimiliano, così, il Fontano ha cura di notare che delle mura e della fortezza di Rodi fu ordinatore Basilio architetto di Carlo V (2). Non disfece già egli le mura antiche, ma le terrapieno riducendole a cortine frapposte ai baluardi d'Alvernia , Spagna, In- ghilterra, Provenza, Italia, a quello di Cosquino ed al Carrettano C^)- tutta di Basilio fìi insomma quella nuova fortificazione, ad evidenza ricavandosi che nella difesa fatta nel 1480 dal d'Aubusson, le mura erano tutte ali an- tica v'^'. Ne fanno onore gli scrittori a Gabriele Tadino di Marlinengo, che ne hi acerrimo difensore, ma non essendo giimto in Rodi che il 22 luglio e quando già da ventiquattro giorni i Turchi battevano la piazza , alle opere stabili non potè il Martinengo prendere parte alcuna; e ciò essendo inconcusso, ne segue che furon desse pensate tutte e dirette dal Della Scala.
In Vicenza e da Basilio Dalla Scala potè dunque TOro- logi apprender l'arte di fortificar le città , e militar poscia coi Veneziani nella lunga guerra, che principiata nel iSog non ebbe ime che ventanni dopo. Ma tutto ciò, avve- gnaché probalDilissimo, pure non ha certezza, come certo
(1) Istoria delia religione di S. Giovanni, di Jacomo Bosio (1594), parie IT, pag. 516.
(2) Della guerra di Rhodi (1545;,, libro T, f.° 10. (3} Pag. 524, 557, 562.
(4) Fontanus, De Bello lUiodio ; Jacques de Bourbon , Oppugnation de Rhodcs; entrambi combattenti in quella difesa.
(5) Archit. di Fr.di G. Martini, voi. II, pag. "7, 303. L'abate Basilio (di cui il V'archi nel libro li) pei Fiorentini militanti in Casentino nel 1526, era tutt'altr'uonio.
b02
é cìiei iu ingegner e soldato per Francia in Piemonte in quell altra guerra lunghissima ch'ebbe cominciamento nel i536 e non giunse a termine che dopo trentatrè anni. Quando sia egli venuto qui e quali ne siano state le prime opere, non se n'ha memoria, solo nel i552 (ma chiara- mente accennando a servigi anteriori) narra INIontluc di essere stato con lui a fortificar Caselle presso Torino , terra allor cinta di mura e fosso, ma non ancor bastio- nata (0; e che, per aggiungervi i baluardi, ebbe seco deujc ingénieurs , que le dit 31 aree hai (de Brissac) avait, futi des quels fut tue a la prise de Piilpiaii , et lautre est le chevalier Reloge , qui est e?i France, qui ed altrove chiamandolo le chevalier Reloge e significando un'ono- ranza ricevuta e che allor non si dava che dopo lunghi servigi. ]Ma qual era questordme? Non certamente quello di S. Michele, che, poco dopo, noverava settanta cava- heri soli e fra essi sedici Italiani, tutti ben noti (^>; pro- babilmente egli era cavalicr di Cristo, come i due Pac- ciotti. Nell'anno seguente mandando Montine soccorso a S. Damiano, chi governavalo per Francia gli chiese un ingegnere; ne avvertì egli il Brissac, il quale: envoja en poste à Albe pour faire venir les ingéiiieurs qui j esioient; doni le chevalier Reloge en étoit un •^). Le piante di Alba e S. Damiano, come furon fortificate dall Orologi, stanno nel codice suo Magliabecchiano.
Sin dal principio della guerra aveva il Re fatto forti- ficare le piazze di Torino, Moncalieri. Savigliano, Cen- tallo , Bene, lodando INIartino du Bellav la fortezza di questi luoghi ("*). kà essi aggiunge il Boyvin quelle di
(1) Cnmmentaircs de Blaise de Monlluc (1821), lib. II, pag. 110. (2j Relazione di Francia del l.^óS di G. Soranzo; iit Allièvi, serie I, voi. II, pag. 410.
(.T, Montluc, lib. II, pag. 120.
'A) Memoires (183r, libro VIII, pag. 294.
o03 Chieri, S. Damiano, Alba, Lanzo, la Cisterna, dicendo che i Francesi avevano tortificato in Piemonte tredici piazze e ventitré castelli; anzi, dallo stato che dà in fin del libro , queste fortezze sommavano a cinquantotto , non computandovi quelle tenute da Spagnuoli e Piemontesi ('-. Le piante però delle fortezze del Piemonte date dall'Oro- logi stesso nel suo codice iMagliabecchino ne rappresentano soltanto trentacinque, comprendendovi quelle di la Cisterna, Moncalvo, Villafranca di Piemonte, S. Albano, Ormea non date dal Boyvin. E dimque da credere ch'esse od in tutto od in parte siano state fortificate dall'Orologi; impercioc- ché , gli ingegneri qui trattenuti da Francia non erano più che due. « Il v a deux ingénieux en Piedmont, si » mal payez et appointez , que ledit Marechal (de Brissac) » ne leur commande pas si absolùement qu il feroit, si » le contraire estoit; pom' ne desdaigner ceste manière » de gens , qui ont le nez si tendre que peu de chose » les ofience. Et de le faire au jour d'huy , ce seroit se )) mettre en danger , pour la cognoissance qu'ils ont de » la force ou de la faiblesse de toutes nos places (^) » . De' quali due uno era certamente l' Orologi , V altro im Bonnet fortificatore di Volpiano, che dall essere appellato Nicolò anziché Nicole o Nicolas v"^), io penso che fosse Italiano ei pure ed anzi lo direi Piemontese vista la fi'e- quenza costi di quel cognome ; notando eziandio come il Vimercate, che in Piemonte adopravasi eziandio da ingegnere , tale non apparisca mai , essendo invece so- prain tendente delle fortificazioni.
Infine , che le fortezze date da Francesco in quel codice
(1) Mémoxres sur les gucrres de Piedmont, de 1550 en t559 par Boyvin de yUlars ;i606 , pag. 408, 411 e passim. [i] ^femoires de Boyvin, libro VI, pag. 465. ,3; !.. cit. lib. Ili, pag. 155.
mi
f'osser veramente opera sua , ine lo prova il fatto che vi mancano quelle di Valfenera e ^ olpiano stanti tra le prin- cipali di queste parli. Famoso fu infatti l'assedio posto alla prima dal Brissac nel 155^ (0; e Volpiano, tenuta dagl'Imperiali, era lai piazza, che per impedir le correrie del presidio, dovettero i Francesi alzarvi contro due forti (2). Delle opere di difesa aggiunte allora a INIonte- chiaro nell'Astigiana è cenno in Boyvin nello stato anzi- detto, e di quelle di Moncalvo, che dovevan essere del- l'Orologi , n'è il disegno a pag. 54 del citato codice.
Aveva il re Enrico II, in premio de' suoi servigi, con- ferito airOrologi il castello di IMonenco , quando strettasi la pace nel i55o, e per essa dovendosi al Duca di Man- tova restituir il Monferrato , veniva egli a perdere ad un tempo la signoria e la pensione. Le condizioni sue lo consigliarono allora di presentarsi al Re ed amato essendo dal Maresciallo di Brissac, munillo questi della seguente lettera :
« Jl Cristianissimo Re Enrico Secondo.
« Sire. Presenterà questa mia lettera alla Maestà Vostra
» il Gavaliero Orologi. Il qual solo ha la cura delle for-
» tezze di qua da i monti, et vien alla Corte per farle
» intendere, che venendosi ora alla restitutione del paese
» di IMonferrato al signor Duca di Mantova, nel qual
» paese la Maestà Vostra gli havea donato l'entrata, et
» la signoria del castello di Monenco, egli rimarrà senza
» detto castello, et senza detta pensione, se non fusse
(1) Adriani, HUlorie de' suoi tempi, pag. 109 i; RoflTia, Narrazione della presa di Goìfonara nel i557; Arch. storico (1847), voi. XIII, pag. 444.
(2) Mémoirct de Boyvin, libro V, pag. 3"0. Una descrizione di quelle opere è in .Montine al libro IV.
505 ,) in piacei" della Maestà Vostra di tarli qualche altro » maggior dono. Onde la supplicherà così di questo, come » di un altro particolare in favor di Gioseppe Orologi, )) suo fratello. Et io ho voluto umilmente supplicarla, » che si degni haverlo per raccomandato , come meritano » le sue rare qualità, et i servigi grandi, che ha fatti » alla Maestà Vostra. Le dirà ancora il suo parere così » intorno alla fortilìcatione delle terre, che rimarranno, » come ancora intorno alla demolitione di quelle , che si )ì restituiranno. Et se questa è cosa , che si possa far con » prestezza, et prontamente per servitio suo, le piacerà )) di udirlo , et rimandarlo quanto più presto sia possibile , » in Piemonte. Prego Iddio, Sire, che doni alla Maestà » Vostra vita lunga et felice. Da Calugio. A' x di Mag- gio 1 559 » .
u Vmilissimo ser. di Mostra Maestà, Brisac » W.
•»
Il bel codice Fiorentino dell'Orologi, contenente l arte di fortificare, dimostrata colle piante di trentacinque for- tezze tutte Piemontesi, io penso che, giusta ogni proba- bilità , composto fosse dall'autore per presentarlo al Prin- cipe sotto il quale eransi fatte quell'opere, dico al re Enrico II in questa sua andata a Parigi, nonché per pro- cacciarsene il favore in suo nome chiesto al Re dal Brissac. Tra feste e tornei celebravansi allora colà le nozze di Enrico e di Emanuel Filiberto chiuse alli 3o giugno colla mortai ferita del Re. Ora, la lettera del Brissac è delli IO maggio, né cinquanta giorni parran troppi, avuto ri- guardo ai tempi, tra preparazioni, viaggio, inazione for- zata a Parigi, sino allo spuntare del fatale 3o giugno
(1' Lettere di Principi ;i5G2', voi. 1 , f.'' 185. Calugio è Calusa in Ca- navese, e la lettera è certamente tradotta dal Francese.
;ÌOG
seiTuito in breve dalla morte di Enrico. Mancato essendo questo , lingegnere portator del codice per farne omaggio al Re, avrallo presentato alla Regina Catterina de' Medici che lavrù dato a qualche amico di Toscana , ovvero , morta essa pure, sai'à il lihro coU'altre cose erediali ve- nuto a Firenze per andar poi tra gli Strozziani e quindi nella Magliabecchiana. Si badi eziandio che membranaceo è il codice, cioè fatto per essere offerto a gran perso- naggio ; la poca cura che s' ebbe di quel libro spiegan- dosi col fatto che pei Re di Francia non poteva piiì esso avere una presentanea importanza militare, stante i rapi- dissimi incrementi dell'arte e la susseguente demolizione di moltissimi castelli e fortilizi accaduta appunto a quegli anni.
Spertissimo nella fortificazione, Emanuel Fililjerto re- duce ne' suoi Stati conosceva come necessario fosse di afforzarne le città giusta i nuovi metodi; intanto, o dalla guerra da lui condotta in Piemonte nel i552, o dalTesame in Parigi dell' anzidetto codice , o dal libro sulla citta- della di Torino offertogli dal Boyvin, o più di tutto dalla fama dell ingegnere che vedeva attestata dalle opere sue costi, bramava il Duca di Savoia di abboccarsi col- r Orologi. Scrisse adunque alli 9 febbraio 1 56o a Giro- lamo Priuli doge di Venezia come « desiderando , che » il cavaliero Orologi, suo vassallo et servitore, venisse )' da me, per poter ragionare con lui et haver informa- » tione delle fortezze dello Stato mio , per haverne lui » molta pratica et notitia del modo et delle qualità, in » che erano avanti la demolition loro , essendosi lui ri- >^ trovato così nel fortificarle , come al demolirle , vengo » cortesemente a pregar la Serenità vostra di farmi » questa gratia di concedermi il detto cavaliero per due » o tre mesi , acciochè con la venuta sua io possa haver
507 » ravviso et la relatione delio stati» d'esse tortezze, che )) io desidero (0 ».
Per la venuta in Piemonte dell' Orologi già dovevasi aver verbalmente l'assenso ducale , poiché , senza frappor tempo alli io febbraio indirizzavagli il Duca questa let- tera d'invito.
Al Cmmlier Orologi.
u Magnifico cavaliero carissimo. Dall'Ambasciator nostro,
» et senator Malopera , et da altri degni di fede havemo
» intesa la notitia et gran pratica, che havete del sito
» et delle qualità delle nostre fortezze di Piemonte, et
» le virtù vostre , et scienza nel fortificare. Però desi-
» derando noi haver relatione con la viva voce vostra di
)■) detti siti et qualità d esse fortezze , vi preghiamo a vo-
» lervi trasferir da noi con la prima comodità vostra. Et
» acciochè possiate più liberamente disponervi di venire
» noi scriveremo al Serenissimo vostro^ et lo preghiamo
» che sia contento darvi licenza per due o tre mesi per
» questo eflTetto, la quale speriamo che vi darà volentieri,
» et dandovela, non tardate, come prima vi metta co-
» modo, di venir da noi alla volta di Piemonte. Et
)) s' bavera tal considera tione all'incomodità vostra, che co-
» noscerete haverla tolta per Principe grato. Et nostro
» Signore vi conservi felice. Da Nizza. A x di febbraro
» I 56o » .
« Al piacer vostro. Il Duca di Savoin, Emanuel Filiberto » .
Negli Archivi nostri e ne* conti del Tesorier generale non ho potuto trovar nulla che si riferisca alla venuta
J) LoUrre di Principi, Vdl. 1 , f." 193.
o08
dell'Orologi in Piemonte ed al premio datogli dal Duca. Venne però, vi stette e conferi col Principe, che acco- miatollo poscia con questa lettera al Doge.
Al Serenissimo Signor Principe di Veneda.
u Come io ho trovato nel cavalier Orologio effetti
» conformi allopinione, ch'io haveva delle qualità sue
)) et al desiderio mio, che mi traeva di conoscerlo di
» presenza, la qual m'ha recato molta soddisfatione, cosi
» ringratio quanto posso di core la Serenità Vostra della
» comodità, che di lui mi ha data , pregandola ad escu-
» sare ambedue del suo ritardar alquanto oltre il termine
» da me domandato, che ciò è avvenuto in parte per
» alcuni impedimenti occorsi , ma prmcipalmente per la
» confidenza ch'io aveva che la Serenità Vostra non lo
» haverebbe per male. Egli le dirà delle nostre nuove ecc.
» Da Lanzo. A mi di Giugno, i56r » (0.
Vedesi adunque come dalla richiesta delf Orologi fatta dal Duca alla partenza sua da Venezia sia corso assai tempo, essendoché mi comunica l'Abate Magrini di aver trovato un dispaccio del Doge allambasciator di Savoia, che il finale assenso per l'andata dellingegnere non fu che delli 3 marzo i56[. Panni tuttavia che, anche prima che il governo di Venezia vi assentisse , e certo prima della partenza officiale, fatto egli abbia costi una gita, tanto ricavando da lettera scrittagli, alli 20 gennaio i56i, da Luca Contile e da Milano « Non sapevo che voi vi )) trovaste in queste bande , piacemi che per quel che » vi siete venuto sia di servitio ni sig. Duca di Savoia et
(1) Leilerc di Principi, voi. 1 , i." 193.
509 » testimonianza del vostro sapere presso i sig. Venetiani )) vostri padroni '^\
La ragione, per cui il Duca bramava di trattenersi per- sonalmente coir Orologi , 111 la seguente. Oltre la stima che far doveva di quel principalissimo ingegner di Francia in Piemonte ed il desiderio di udir di sua bocca le ra- gioni strategiche con quelle offensive e difensive delle nostre fortezze, accadeva eziandio che, allorquando, trat- tandosi nel iSSg la pace di Càteau-Gambresis, erasi il maresciallo di Brissac portato a Parigi, qui lasciando il suo segretario Francesco Boyvin barone di VilJars ; sapendo questi come fra le carte di governo vi fosse una importante relazione dellingegnere sopra la cittadella che Francesi avevano già disegnato di fare a Torino, comu- nicolla al Duca colla seguente lettera d invio premessa alla relazione stessa.
« Monseigneur. L'atente en la quelle je suis du courrier » qiie j' ay depesché vers Monseigneur le Marechal de )) Brissac mon inattre m' a donne autant de loisir que » d'occasion d'emploier partie de mon seiour et à la » lecture des choses qui Ta assez heureusement execu- )) tées en cette votre Province et à celles quii avait aussi •» dessigné dy executer, si votre tant raisonable et de- » sire retour et reintegration en icelle ne luy eust donne )) si honorable occasion qu il a faict de laisser aussi bien » reposcr 1 esperit que les armes. Panni le remuement » et lecture de ces choses il m'en est inopinement venne » une en main que j'ai iugée piiis que im si grand prince, » tei qu'a esté le feu Rov Henry votre frere l'a estimée >) et tenue chere vous devoir pour plusieurs considérables » raisons estre agréable , mesmes vous estant naturel et
1) Lellere di Luca Conlile (1564), libro 111, f." 292.
bio
)) héréditaire Seigneiir du iieii du quel elle Iraicle. C esl,
)) Monseigneur, un petit discours qui lut faict sur le
» moyen quii y auroit de rendre ceste cité inexpugnable,
)) et paredlement sur la dopence qu il faudroit faire pour
» y parvenir. Et encores qiie la ferme alliance que vous
» avez faite avec la plus antique et illustre couronne
)) d'Europe ait apporté à Vous, vos sugectz et pays ielle
)) tranquillite que ne deviez plus craindre aucune suhversion
» ou remuement, qui vous puisse donner ialouzie ou sou-
)) pecon, ay par consequent argument de faire nouvelle
» fortification et que par ainsi tei discours vous soit
» maintenant inutile, si est-ce que vous cognoissant
)) Prince amateur singulier de toutes choses vertueuses
» et nouvelles i' ay bien voulu à la persuasion d'aucun
)) voz familiers serviteurs , entreprendre de vous e n faire
» un present. Acceptez le donc s il vous plaist, Monsei-
» gneur avec la mesme bonne volunté et devotion que
)) je le vous presente, acompaigné du desir que j'ay de
» vous faire treshumble et tresagreable service ».
« Votre treshumble et tres obeissant Serviteur » u Bovvin (0 ».
La cittadella di Torino, quale fu poi condotta dal Pac- ciotto ( 1 564-66) è intieramente giusta i divisamenti esposti in questo scritto, tolto il palazzo in forma di rocchetta , che fu sostituito dal maschio , e tolta la col- locazione, che doveva essere sull'asse di Doragrossa. La figura sua era un pentagono regolare bastionato , con piazze da allo e da basso e le due porte coperte da ri- vellini. Nel computo preventivo vi si discorre della qualità del terreno , de' mattoni e via dicendo ; del presidio in pace
(i) Manoscritto negli ArchiM di Sialo in Torino.
5H ed in guena , dell ai'maniento mobile e staljile numerante 83 pezzi in barbetta e casematte, con munizione di 7'"9oo palle ed i443ooo libbre di polvere. La spesa fu supposta in scudi G-jSoo, ma all'atto pratico, costò al Pacciotto scudi 1 00000 X.
Il nome dell'autore è taciuto tanto dal Boyvin quanlo entro il codice stesso, ma molte e difinitive ragioni mi persuadono ad attribuirlo all' Orologi. E dapprima le mi- sure Veneziane adropratevi, con qualche voce di quel dialetto , accusan la patria dell autore in uno col conoscersi che altro ingegnere Veneziano qui non v era che lui. Ag- giungasi la stima che ne fecero i governatori Montine e Brissac ed il naiTar che fa Giuseppe fratel suo come Ca- millo Orsino nelle fortezze ad ogni altra figura anteponesse la pentagona allora non guari usata ; cosicché io penso che Camillo tolta abbiala dall'Orologi, come quegli che militando per Venezia, potè conoscere il nostro ingegnere C^X
Pare eziandio che quando si recò in Piemonte , tenesse la via di Bergamo, delle fortificazioni di quella città avendo nel gennaio del i56[ fatto relazione alla Signoria, che altre n'ebbe pure distese da Sforza Pallavicino, dai Savorgnani, dai Martinengo, dal Malacrida e da altri de' migliori ingegneri di quell'età. Negli Archi\i di Venezia trovò 1 abate cav. Magrini e per sua gentilezza volle co- municai'mi alquante scritture dell'Orologi ; si riferiscon esse ad una porzione della cinta di Treviso (3), al perimetro
(1) >"e parlai più a luogo al N" 40 della Memoria H unita al trattalo di Fr. di G. Martini. In principio alla relazione ne fa salir la spesa a scudi 75000.
■2) Fila di Camillo Orsino pel sig. Giuseppe Horologgi (1669, pag. 49 e 129. La prima edizione è del 1565.
(3) Mi avverte l'abate Magrini che alla pianta di Treviso è apposto l'anno 1536. Se tale è la data , sarebbe questa la più antica opera cono- sciuta dell'Orologi.
512
bastionato della città di Fainagosta in Cipro, poi di nuovo attorno a vari progetti per la stessa , oltre una veduta del castello di Monfalcone nel Friuli. Convien però dire che qualche questione avuto avesse col celebre ingegnere conte Giulio Savorgnano, nel quale a ragione ogni fede metteva la Signoria di Venezia; imperciocché, nella visita di cin- quanta mesi da questo fatta alle fortezze di Levante , dopo scritto che ad un ingegnere egli ha commesso il modello delle fortificazioni di Famagosta , prega il Doge che sia fatto vedere a Sforza Pallavicino , il quale ne giudicherà , ma non al Malacrea , ne manco Loroglio ; dove pare a me che quel nome, così scritto giusta il dialetto Ve- neto, significhi L'Orologio. E questo l'ho letto nel libro primo de' discorsi del sig. Giulio Savorgnano sulle fortezze di Cipro , Candia , isole Ionie , Dalmazia e Friuli , che manoscritto stava presso 1 ottimo Emanuele Cicogna.
Altre notizie ne saranno senza dubbio negli Archivi di Venezia, essendoché le cose di quest'ingegnere convien cercarle tutte o negli Archivi o presso gli scrittori Francesi contemporanei mentovanti ingegneri nostri sconosciuti in patria , come già ebbi a notare per Cristina da Pizzano e pei due Marini (0 , e per altri noterò forse se avrò agio e vita. Ultimo cenno sulla sua vedova e sul matri- monio da lui contratto in Piemonte, lo trovai dov'era meno da aspettarsi, cioè nelle inedite Memorie per la casa di Riiffia, distese circa l'anno i6oo da Giulio Cesare Cambiano; è scritto al f." i3: iS'yy, d'agosto, il signor' alfonso Cambiano di questi signori di Biiffia , in Ri- grasso C^) habitante, ha sposato la signora Catherina
(1) GV ingegneri e gli scrillori militari Bolognesi del xy e xvi secolo 1863). JMiscellanea di Storia Italiana, voi. IV. 'X Borgata ne' pressi di Savigliano.
413 Ccwaniella di Ca^mllei'niaggioì'e vidiut del fa signor Ca- valiev Horologio ^\
BIBLIOGRAFIA DI FRANCESCO OROLOGI.
I. Brei'c ragioni di fortificare di Francesco Hoi'ologi f^icentino. Codice Strozziano nella Magliabecchiana di Fi- renze , classe XIX, N.° 12'j, membranaceo, f." figurato, in 83 foglietti. Comincia: Prima che si venghi a piantar il dissegno de la Fortezza , si deve ecc. , termina come resisteria ben posata et fatto buona presa. Seguono le Ragioni del fortificar di terra in sole tre pagine, e vi sono in fine le piante di trentacinque città e terre del Piemonte fortificate dall'autore. Due copie moderne se ne hanno in Torino e tratte, circa il i83o, per cura del Cavaliere Cesare Saluzzo , una trovandosi nella biblioteca del Re, Taltra in quella del Duca di Genova.
Ho già dimostrato come questo libro avesselo portato rOrologi a Parigi nel iSog per ofFrii'lo ad Enrico II, cosa impeditagli dalla morte del Re. Ad ogni modo , che esso sia stato composto prima di quellanno ed anterior- mente alla Relazione di cui sarà detto qui sotto, appa- risce da ciò , che nella pianta di Torino la cittadella dista un solo chilometro dal Po ed ha nel centro ^ castello delle quattro torri. La qual collocazione pessima e comandata dai vicini colli , accusa di necessità un primo pensiero.
II. Proposta di una cittadella da farsi a Torino fuori di Porta Susa. Codice anepigrafo dellArchivio di Stato in Torino, 4*" "^'^ figurato, segnato J. IV, 346; vi è premessa la lettera qui riferita a pag. Sop e fu scritto il
(1) MaMoscritlo dell' Università.
514
libro circa il i55o. Comincia con: Quel soldato et homo di guerra che è chiamato dal suo Prencipe ecc. ; termina con: Pohere libbre i^^'òooo. Il codice non è originale, ma tratto da quello dell'Orologi per cura del segretario Boyvin , com' è esposto più sopra , e fu già notato come a questo progetto siansi attenuti Emanuel Filil>erto ed il Pacciotto quando tre lustri dopo poser mano alla cittadella.
Delle relazioni sulle opere difensive delle piazze di Treviso , Bergamo , Famagosta fu detto più sopra e tro- vansi negli Archivi di ^enezia. dove certamente di lui non mancano altre ancora.
Altro suo scritto credo sia quello, che il Liruti (*- non sa se debba attribuirlo a Giulio Savorgnano od a qual- cuno a lui ignoto. E un dialogo tra M. A. da Mula, Lo- renzo Contarini, G. Savorgnano e G. G. Leonardi conte di Monte l'Abate; vi si parla de' difetti delle fortezze Veneziane, ed il Limiti lo crederebbe opera di Giulio,
se il codice non portasse scritto: fatto nella
di Asti. Al S. Giulio Savorgnano. Ora, dalla patria degli interlocutori e dalle cose dettevi risulta essere lo scritto di un ingegner Veneziano dimorante in Piemonte, cosicché non può essere che dell'Orologi. Non potè il Liruti legger quella lacuna, che, a parer mio, si compie agevolmente con Fatto nella cittadella d'Asti , trovandosi nelle piante del XVI e xvii secolo , che v'era in questa città un'antica rocca detta la Cittadella.
Giusta 1 uso di quell'età, i dialoghi si fingon sempre tra persone viventi ali atto della stampa; ora, morì il Leonardi alli 2 gennaio 1.562, come dalla sua iscrizione in Pesaro, cosicché si può ritenere che il dialogo sia stato scritto e mandato al Savorgnano allorquando soggiornava
^I) LcUrrad d^l Fiiuli (I7W}, voi. HI, capo l.
5fó rOrologi III Piemonte ai servi/.! di Francia , d ingegneri \eneLi non essendovi costi altri che lui.
L. GIOVAÌN MARIA OLGIATI DA MH>A>iO
Sul fine del xv secolo nacque l Ojgiati in Milano, come ne fan fede Lomazxo e IMoriggia 'X il nome suo derivato essendo da una terra di Olgiate^ che son tre in Lombardia, da esse appellandosi parecchie famiglie. Per aver vissuto assai tempo a Savona, fu detto dì questa città, usanza de' tempi , come per figura fu chiamato Urbinate il Sanese Francesco di Giorgio dall'essere stato lunghi anni in Ur- bino. Mandollo sì il governator di Milano ai Genovesi, ma non questi a quello ; dimodoché se qualche antico o re- cente scrittoi'e lo dice da Savona, intendasi che volle o dovette dirlo Milanese.
Allorquando, per opera di Andrea Dona, levossi Ge- nova nel 1028 dalla soggezione di Francia e si pose sotto la protezione di Carlo V esercitata dai governatori di Milano, accorsero tosto i soldati della repubblica ad as- sediar Savona, che nel precedente anno e pei Francesi staterà fortificata alla moderna dal fuoruscito Spagmiolo Pietro Navarro. Ridottala in obbedienza, vi edificarono i Genovesi nel 1042 e contro stranieri e cittadini una cit- tadella ; e siccome vivevano in dipendenza di Spagna, da essa (cioè dal governatore di Milano) eljbero a quest'uojx) r ingegnere Olgiati, il quale, previe distruzioni enormi, fondolla sur un colle caseggiato, già parte della città e
;i) Trattalo della pittura (1585), lib. VII. p. 65-2,689; La Nobiltà di Milano .scrina nel 1505', lib. V, cap- C.
510
u fu con irregolar pianta (dice il Monti (')) fiancheggiata )) et accomodata al sito ineguale e montuoso , bipartita » in due recinti con doppio fosso gran parte tagliato rt nella rocca, guarnita d'una falsabraga che difende le » sue ritirate e sortite , con rivellino che cuopre verso » la Foce lunga cortina con sue scarpe, contrascarpe e » strada coperta, che si ritirò per maggior conuinica- » zione a rispondere sulli balloardi della città. Da fosso » superiore è diviso il Maschio, che oltre l'essere molto )) superiore , ha un Cavaliere avanzo della torre dell'an- » tico forte di S. Maria , che con grosso apparato de » cannoni guarda tutta la campagna e terre vicine » . Ebbe fama questa cittadella dall'assedio del 1746 e dalla presa fattane dai Piemontesi; ma prima ancora del i542, già n'erano state finite le piante, avendosi negli Archivi di Torino e fra certe carte di Genova alquanti ordinati della repubblica per fortificar Savona nel iSS^ giusta i disegni di Gianmaria de Holgiatis.
Come d'ingegnere suddito del Re di Spagna, di lui amavano valersi i Genovesi, cui la foggia di governo e le pendenze de' pubblici rettori rendevan deditissimi a quella corona, al modo stesso che nel i56o fu chiamato alla lor città il celebre ingegnere di quella potenza Fran- cesco Pacciotto W. Aveva nell'anno i547 Gianluigi de' Fieschi tentato un ultimo sforzo per vantaggiar sé po- nendo la patria in potestà di Francia, usando le solite arti di guerra civile e gli omicidi. Si volle ammazzar Andrea Doria, fu ammazzato Giannettino, ma il moto fallì a tutto prò del governo ben affetto a Spagna; i Genovesi ebbersi
[i] Memorie sloriche di Savona (Roma, 1G87), pag. 187.
(2) 1560 I Signori Genovesi chiamaron il C. Pacciotlo per provvedere le loro fortezze: e fu del mese di magyio. Memoriale originale del Paciolto neUa sua vita per Carlo Prorais. Misceli, di Si. Hai ^Torino, 1863), voi. IV, p. 437.
517 aiuti Spagnuoli di Lombardia e tra essi l'Olgiati, scri- vendo il Doria al governator Ferrante Gonzaga da Genova, 9 marzo 1 547 ^^) : « Jeri sera giunse qui il cav. Gio. Maria » ingignero, il qual pensando di ritornar subito, e noi » altri di rimandarlo, se gli è interposto il tristo tempo » di continua pioggia, qual bisogna si facci buono per » poter andare lui medesimo con altri alla vista di Mon- » tobio, e col parer suo risolvere il disegno che altra- » mente senza la presenza sua sarebbe ogn'altro pensier » vano » ecc.
Pare che la sua fosse soltanto un'ispezione esterna del forte seguita da un parere per le opere d'attacco , sa- pendosi che più mesi durò l'assedio di quella rocca de' congiurati. Posto termine a quella sua gita , intervenne l'Olgiati a fortificar Vienna d'Austria con altri ingegneri Italiani e singolarmente col Veneziano Giantommaso Scala, e ne dobbiam notizia all' ino:egnere Gismondo da Prato- vecchio in Casentino che , in lettera da Vienna e del giugno 1547 ^^ duca Cosimo, ne scrive queste parole: « Uno cavalieri nella torre cominciato da me et avrà 5) choperta di terra et fascine a uno baluardo fé ganmaria » da Olgia mai non 1 a finito n C^).
Prestò quindi l'opera sua ai generali Cesarei nella guerra del Piemonte, il quale, cosperso com'era di fortezze an- tiche e nuove i^') , richiedeva molti ed operosi ingegneri. Aveva egli nel i544 fatto il castello a S. Damiano d'Asti, che era poi caduto in poter di Francia. Lo riprese il Gonzaga e volle fortificar la terra , ma «■ Gio. Maria
(1) Lettere artistiche pubblicate da G. Campori (1866), N." 24.
(2) Gualandi, Lettere d'artisti (1844), voi. I, pag. 365.
(3) Omesse Vercelli e Cuneo tenute dai Piemontesi, nella porzione occu- pata da Francia ben xxxv ne enumera l'Horologi Vicentino, ch'era qui in- gegnere per Francia circa il 1550. Assai più ne numera il Viliars.
1)18
M Olgialo ingegnere che in altro tempo vi aveva disegnato » il castello, aiferniava ancli'egli S. Damiano essere a due » colli molto soggetto, e potersi di subito entrar sotto )i ad un terraglio che vicinava col fosso comodamente » (0, Poi di nuovo lo perderono ed ingegnatisi nel i552 di riaverlo colla forza, non vi riuscirono.
Diede principio nel i548 il governator Gonzaga a cinger di mura bastionate la città di Milano , sin d'allora tra- mando egli l'uccisione di Pier Luigi Farnese duca di Parma, compiuta la quale prevedevasi immediata l'alleanza de' Farnesi colla Francia e più gagliarda guerra con questa. Volle Carlo V che si fortificasse quella città mettendovi dentro i borghi ; sollecitava lopera Don Ferrante ripar- tendo la spesa tra la città ed il Ducato, tanto narrandosi dal contemporaneo Adriani 'X\ Attendeva il nostro simul- taneamente a munir questa città e Pavia; doveva badare alle mura da farsi ad Alessandria e per identico scopo era dal governator di Novara colà chiamato. Chies'egli al Gonzaga, alli 3o luglio i55i. di poter attendere a questi lavori, instando la vecchiezza e perchè m campo si potè a manco di me C-^).
A mezzo il secolo fu l'Olgiati in Siena per la costru- zione della fortezza fattavi da Carlo V sui disegni del Pel ori v'*) e riniasevi sinché nell anno i552 ne furon cac- ciati gli Spagnuoli coi quali tornò a Milano a mezz'agosto, esponendosi la cosa da Giorgio Puoma in lettera al Duca di Savoia (^. Neil anno seguente lavorava alle fortificazioni
(1) Gosellini, rUa di Ferrante Gonzaga (18-21 , pag. 152.
(2) Istorie de' suoi tempi (1587^, lib. VII, pag. 456.
(3) Campori, Lett. Art., N.» 33.
(4) Ugurgieri, Pompe Sanesi (1640;, voi. I, Tit. XXI, pag. 159.
■^5) Hieri giunse il capitano Gio. Maria Oìgia ingigniero da Firenze, et si partì, adi 8 era in Siena per la fabbrica di qnel rasteìln ecc. ((ìi Milano, 1' agoste 1552). Archivi Camerali di Torino.
519 tii Milano venute allora m molta fatna avvegnaché non abbiano mai, né mai dovessero servir a nulla, per an- tica concessione avendo quella città il diritto di aprir le porte al nemico appena entrato fosse nel suo territorio. Non già che ciò facessero que' cittadini per amor de' nuo^'i signori , che troppo sono esplicite le parole del Muratori allorquando nellanno i6g6 fu testimonio di lor discorsi nell'imminente occupazione di Lombardia per 1 armi rette da Vittorio Amedeo II.
Importante fu pur senza dubbio l'incarico datogli circa que' tempi, avvertendomi il dotto e gentile marchese Giu- seppe Campori come sia in sue mani una lettera di Carlo ^ a Ferrante Gonzaga e dell'anno i55o , colla quale gli si ordina di mandar subito l'Olgiati ad impiegar larte sua nel munii' le isole Baleari. Ma. di questa chia- mata, o gita che fosse non ho altra notizia, seppure vi andò, imperciocché vedemmo che alla stessa epoca chie- deva vita pili riposata poi che ormai la età U ricerca. Proseguendo egli ne' lavori di Milano , pregava nel i553 Carlo V che gli fosse rdasciato un terreno inoc- cupato da quelle fortificazioni. « Qual terreno (scriveva » il Gonzaga alllmperatorc, ai 2f\ marzo i553) essendo » stato già più volte richiesto per esso per farne un » giardino in ricompensa delle molte fatiche che ha fatto )) et che di continuo fa in servitio di ^ . M.'^ et maxime » nella fortificatione della detta città et altre dello stato » insta il governatore aflinchè il Sovrano ne faccia dono al capitano Olgiati '^). Però in principio del detto anno erasi l'ingegnere portato in Fiandra come da lettera che da Brusselle i5 maggio i553 indirizzava al Gonzaga e che
y Archivio di S. Fedele in Milano- Filze Piazze Forti. Nello stesso Ar^ chivio ho pur copiata la sesuenle lettera.
5?0
qui riferisco a Lestimoniaiiza dell'essersi egli dato ali anni
anziché agli studi.
y//.'"» et Eccell." S. Mìo HobrJ>'°
« Con la gratia di Dio sono gionto in brusselli alli » 26 del mese passato et Abo Apresentato le litere a » raons d'aras il eguale il terzo di mi fese parlar alla » regina maria la quale mi dise che la cauza «he la m.** » sua mi avia a V, Eccell.* richiesto era perchè io do- » vese Andare a visitare le terre et presidii delle fron- » tere et cossi expecto la expedittion per andare. Abio » fato la suplica per il terno (terreno) del giardino per » il qualle V. Eccell.^ mi Ave fatto gratia della litera a » sua m.*^ , pero mosr d aras mi ave detto chel crede che » sua m.*^ no ne disponeva se prima dal mag.'^'^ magi- » strato no ne ave piena informatione per tanto umil- » mente suplico V. Eccell.* dignarsi con una sua far chel )) prefìTato magistrato ne la relacion siano temperati et » che considerano che in quanto al valore non si ave » a equiparare a le altre parte che sono drento in Mi- » lano , perchè esso terno è uno loco sensa forma et
)) sogietto al castello Io non mancarò de continuo
» dar avizo a V. Eccell. delle nove che in queste parti » intenderò comò S. mio hobr.™^ ^ ancora che io sia serto » che da più altri V. Eccell.* ne sarà avizata. Qui si » dise che alli 24 del presente si meterano li spagnoli « in campagna et che andarano sotto teroana dove de » presente si ritrovano. Il conte degemo , monsìi de » ostrach monsù laragn mosu bossu monsu de ruo et » altri baroni con cavalaria, però intendo per homo che » de là è venuto che sono distante 4 millia et che l'as- 1) sedio è più in soaramuse che in altro. Sua m.*^ di
521 » presente sta bene nel suo grado Dio il preserve et il » siiniile V. Eccell., Alla quale haxo la mano».
De hrusellis i5d3 alli 5 de magio.
De V. Eccell. nmil servitore. Joamaria olgiato.
Nei volumi di piante di fortezze adunate da Emanuel Filiberto e da Carlo Emanuel I, e che sono negli Archivi di Torino, trovo che TOlgiati mandava ad Emanuel Fi- liberto supremo general di Spagna nelle Fiandre la pianta del forte di Renty. che un maschio quadrato e turrito cinto di cortine e bastioni angolari colla scritta : Rent circonda 25oo (passi?); i553 alli 12 di settembre. Joamaria Jiolgiato. Restituissi poi egli tosto in Italia e nel i554 dava i disegni della nuova cinta di Albenga per la repubblica di Genova y^\
La bella difesa che la città di Cuneo opposto aveva nell'anno lò^i ai Francesi comandati dal maresciallo Annebaut e che, quindici anni dopo, avrebbe opposto al maresciallo di Brissac, aveva fatto sì che il Duca di Savoia vi curasse laggiunta di nuove fortificazioni a quel pro- pugnacolo del Piemonte. Scriveva perciò da Gand alli 12 settembre i556 al comune di Cuneo la seguente let- tera, eh è negli Archivi Camerali. « Mandiamovi dei mo- » delli per la fortiffìcatione , la qual si farà a la forma » di quello che meglio parrà a Messer Gio. Maria Olgreto » o altri il cardinal di Trento manderà costì per inge- )) niero, il qual anderà a questo etTetto n y^\
Dove sia morto lOlgiati non l ho potuto rinvenire, ma che mancato sia prima del iSSg lo deduco sì dal dirsi
(1) Rossi Girolamo, Storia della città e diocesi d'Jlbenga (1870), p. S^^9.
(2) Il Madrucci cardinal di Trento era allora sovernatore di Milano.
522
d'inoltrata età ottanni prima, che da lettera di Andrea Leyni (0 nella quale parlando de' forti eretti a difesa del golfo di Villafranca dice che « non ha preterito un punto » dall'ordine lasciato da M. Benedetto Alli (Ala Cremo- nese) e dal creato del capitano Giovan Maria » che è certamente l'Olgiati. Ma quegli che sul codice Ambro- siano^ N.° i52 di Domenico Cillenio Greco, segnò sulla coperta Felicibus auspicìis III."^^ Card. Federici Borro- inaeis, Olgiatus vidit anno i6o3 , per ragion di tempo non può essere il nostro. Ad ogni modo lo pone il Lo- mazzo fra gli ingegneri militari più segnalati (^X
Non mi venne fatto di riscontrare scritto alcuno a stampa od a penna dell'Olgiati, parendomi però proba- bile che suo sia quello in data i.° dicembre i556 tro- vantesi nel volume lxxviii de' manoscritti in foglio nella biblioteca del Re in Torino. Contiene ima relazione sopra le posizioni mihtari e le fortezze di Asti e dell Astigiana; nulla indica la persona dell'autore, ma è evidente ch'era desso al soldo di Spagna, l'anno in cui è scritto permet- tendo di attribuirlo all'Olgiati ed assentendolo la ragione slorica , poiché combattevasi allora la guerra dei Caraffa.
LI. GABRIO BUSCA DA MILAINO.
Bronzio ovvero Bregonzio Busca, che nel i533 abitava Pavia, ebbe a figlio un Giovanni Antonio, che fu fonditor d'artiglierie pel Re Cattolico nella città di Milano, ed a nipote Gabriele , detto Gabrio all'usanza Spagnuola e
(1) Da Villafranca di Nizza, 22 febbraio 1551) ad Emanuel Filiberto. Ar- chivi Camerali di Torino.
i) Trattato dfll'artr della jnftura. I.ib. VII, cap. 28, pag. 649.
523 Lombania di que' tempi (0. Nato egli probabilmente circa l'anno i54o, forse visse sua giovinezza seguendo l'arte de' suoi; ad ogni modo, doveva egli esser salito a bella fama nella professione paterna ed in quella dell'ingegner militare, che allora le si associava, al merito suo dovuto avendo di essere chiamato, circa il iS^o, dal duca Em- manuel Filiberto allorquando invitò a Torino, come fon- ditor d'artiglierie , il fi'atello suo con questa missiva : « Informati da più persone degne di fede della sufficienza, )') integrità ed isperienza nell'arte di fondere et gettar )) artiglierie , et altre buone qualità del molto diletto v) nostro Francesco Busca Milanese figlio di Gio. Antonio )) fonditore per Sua M.^^ Catolica nello stato di Milano, » con il quale attesa sua sufficienza in tale arte essendosi )) lungamente essercitato, meritamente può chiamarsi suf-
^» ficiente (vogliamo che sia). . . . fatto fonditore
->-) delle artiglierie che ci occorrerà far fondere e gettare » in tutti li nostri Stati. Vercelli xvii]. nov. i56o » C^). Alzandosi allora dal Duca le prime grandi fortezze di Savoia , mandò subito colà il giovane Gabrio a curarne le opere. Scriveva perciò questi al Principe : « Venuto » a Momiliano per dar ordine a montar le artillierie et » far condurre le balle a Borgo , ho ritrovato che poche )) hore innanzi Mons. di Gioten era passato da questa » vita, pensando cosi convenirsi al servitio di V. A., mi )) appresentai subito al locotenente del castello con il » ferraro de 1 artiglieria per ogni occasione che fosse » potuta occorrere pertenente alla carica et al servitio M di V. A., mi fece risposta non volere che io entrassi » fino a nuovo ordine di V. A.; ho dato avviso per aitile
{V Genealogia di alcune famiglie Milanesi; ms. nella biblioteca del Re in Torino, pag. 109.
(2) flonti delia Tesoieria Generale, «schede del Vernazza.
524
)) mie V. A. che le balle per la cittadella di Borgo erano
» fatte , ne altro si attende a condurle che ordine di
)) V. A. di poter comandare le navi et le carrette che
» faranno bisogno per tal condotta. Aspettare in Momi-
» liano quanto V. A. sarà servita di comandarmi. Da
» Momiliano il i3 di giugno iSyS.
n di V. A.
)•> humilissimo servitore )) Gabriel Busca » (0.
Nelle minute di Emanuel Filiberto per l'anno 1574 hannosi assai lettere al Busca parlanti di cannoni, polvere e palle, che il Re di Francia, travagliato dalle fazioni, aspettava dalla Savoia ed ebbesi tostamente. Satisfatto il Principe dell'opera di Gabrio gli accresceva il soldo , portandolo a -jS lire mensili, da 60 che ne aveva prima ; e ciò, dopo averlo promosso a Luogotenente del Capitan generale d'artiglieria di là da' monti (^); poi alli 5 luglio iS-yy portavane il soldo mensile a lire 90. E per riunir in una le cose toccanti alla sua migliorata condizione , dirò che alli 3i ottobre iS^q e da Ciamberì scriveva Emanuel Filiberto al suo Tesorier generale : u En con- » sideration de l'agreable et fidele service que recepvons » de notre cher et bien amé ingenieur et lieutenant du » cappitaine general de notre artillerie maitre Gabriel » Busca et de plusieurs voyages qu'il luy convient faire » pour notre service nous luy avons accreu ses gaiges de « dix escuz le moys. Si vous mandons )i . Finalmente con lettere di Torino, 20 giugno 1^94, Carlo Emanuele I
(1) Archivi di Stato in Torino portatavi dagli Archivi Camerali.
(2) Patenti date da Torino alli 27 giugno 1575.
525 accrebbegli lo stipendio sino a 1200 scudi annui di lire tre ciascuno ^^/.
Le principali fortezze da lui condotte oltremonti erano quelle di Monmegliano e di Borgo in Bressa, della prima dicendo egli stesso che : « Molte cose ho anco fatto fare » al castello di Momiiioliano frontiera della Savoia, for- » tezza et di sito et di fabrica molto rara, et tagliata ». una gran parte di essa nel sasso molto duro )) (2). Colà ebb'egli un aiuto neiringegnere Revel, del quale sono il mezzo bastione di Beauregai'd , un cavaliere lì presso e parte della muraglia del maschio. Una pianta disegnata circa quel tempo la trovai in Torino negli Archivi di Stato, e fu poi stampata nella storia di quel forte scritta da Leone Menabrea (^1
La cittadella di Borgo in Bressa fondata nel ì56g sui disegni e coll'opera di Francesco Pacciotto 'S, fu dapprima di terra; sullo scorcio del iS^i partitosi il Pacciotto dal servizio del Duca , toccò al Busca la cura dell'incami- ciarla sulle traccie lasciate dal primo ingegnere, il quale per ciò tenuto aveva un po' scarsi i baloardi (»' ; la porta, o maschio, vi fu poi fatta dal Busca ad imitazione del- Tesistente nella cittadella di Torino. La fortezza aveva nome da S. Maurizio ed era un pentagono regolare ba- stionato ; vi fece il Busca gli orecchioni tondi e, per essere di terra , non potè dare alle cortine che una lunghezza di 3o canne ^6). Nella guerra dellanno 1600 ebbe questa citta- della ima fortuna negata a Monmegliano nel governatore
(1) Schede del Vernazza nella biblioteca del Re, cartella 9.»
(9) Architettura militare, capo 17.
(3) Montmeillan et les Alpes (1^41). l'I. II, pag. 627; a pag. 418 v'è la pianta del forte nel xvi secolo.
(4) Vita del Pacciotto (1863,\ pag. 47.
(5) Archit. militare, cap. 56.
(6) L. cit. capo 40 e 52.
526
Bouvens die non scosso dalla dedizione di questa , dal mancar delle vettovaglie , dalla disperanza d'ogni soccorso, perdurò, riscuotendo le lodi dei nemici 0).
Alla lunga cura richiesta dalle opere di Borgo fram- metteva Gabrio la scrittura de libri di fortificazione e d'artiglieria, venuto essendo in luce quest'ultimo nel i584 ed a sua insajmta J^ . E già prima di quel l" anno , aveva egli fatto a Torino certe esperienze d'artiglieria ,* risul- tandone^ contro le dottrine di Tartaglia, Mora e Cardano, che quanto più accostasi un pezzo al resistente, di tanto cresce leffetto; avvicinatane la bocca al muro, fii gettato in aria molto materiale; posta quasi a contatto^ le palle di pietra si fransero minutamente (3).
Sorpreso da Carlo Emanuel I nel i588 il Marchesato di Saluzzo, si distinse il Busca a Carmagnola la notte delli 28 settembre, riunendo gli aggressori sbaragliati da un colpo d'artiglieria (4). Minacciata nel seguente anno Borgo in Bressa da Enrico IV , andovvi il Busca a difenderne la cittadella i^l, la quale però, per la morte del Re non fu attaccata. !Nelle guerre del Piemonte contro il Les- diguières, hi, come al solito, ingegnere e soldato, u Tre » forti, dic'egli, fabricai sopra monti l'anno iSga, e tutti )) senz'acqua natia, che mi diede molta fatica et trava- » glio. Mostrava la scorza del monte non essere molto )) repugnante al taglio : ma entrato che si fu un poco
(1) Botherey nella Storia, pag. 602 e nella Vita di Enrico IV. II forte è lodato da De Ville [Forti fìcations, 1628, pag. 53).
(2) Avverte il tipografo che « non ritrovandosi l'autore in queste parti, " non è stato possibile a renderlo consapevole et intendere il voler suo •■.
["^^ htruz. Bombardieri , capo 23 « Veggonsi tuttavia i segni di queste » prove nelle mura di Torino, infra la porta di piazza castello et il castello ». la porla di Piazza Castello stava allora sull'asse prolungato a levante della via Barbaroux.
(4) Raffael Toscano, Canto I, f. ò.
(5) Àrchil. milit. capo 56 ; I>c Saluces, voi. 11, p. 32i.
527 » dentro riuscì sopra modo duro et ditficile a lasciarsi » cavare. Et con tutte queste difficoltà feci cavare nel » sasso vivo et molto duro una conserva d'acque molto » grande nel forte di Santa Maria di Susa. L'altro feci fa- » bricare a Demonte, et chiamossi il forte della Consolata )) in bellissimo sito, et fa fronte nella ^ alle che va al » monte dell Argentiera per passar nella Provenza et nel » Delfmato. Il terzo si dice il forte di S. Francesco et è fron- » tiera al Delfinato nella valle che va al Monte Ginevra » (0. Egli stesso si rinchiuse allora in Susa, ed essendovisi, in fin di settembre , portato il Lesdiguières onde tentarvi un rapido assalto, dai Piemontesi, che già n'avevan in- cendiati i borghi, fii respinto, assai soffrendo dal cannone del forte di S. Maria ^'^\ ch'era diretto dal Busca. Tro- vossi poi nel maggio del iSgS all'assalto e presa del forte di Exilles, dove valentemente adopraronsi gì' inge- gneri trasportando le artiglierie su per que' gioghi i'^\ cantandone Raifael Toscano :
« Il Busca eccellentissimo ingegnerò, » Cui par forse non è sotto le stelle , » Molto operò col suo gran magistero » Di cui n"è fama in queste parti e in quelle ». Conendo l'anno i5g5 ed invasa la Borgogna dai Fran- cesi, il Busca, suddito di Spagna e ben noto al Velasco governatore di Lombardia per essere intervenuto al con- sulto sulla nuova fortificazione da esser aggiunta al ca- stello di Milano (4), fu richiamato al servizio Spagnuolo, e di qui passando il governatore avviato a Borgogna , portollo seco per adoprarlo in quella guerra, che con- dotta alla Spaglinola d'allora, cioè bene dai soldati e
(r L. cit. capi 17, 36. (2) Cambiano, col. 1298 ; R. Toscano, f. 14. (3} Cambiano, col. 1313; R. Toscano, f. 20. (4) Archit. milit., capo 49.
528
male dai capitani, finiva nel 1 598. Panni tuttavia che già da qualche tempo si maneggiasse il trasferimento del Busca, ad una sua domanda di assestar i conti risposto avendo il Duca di Savoia colla seguente da Torino i.° lu- glio 1594 diretta al Tesorier generale Giacomo Antonio della Torre, a Volendo noi che al molto magnifico Gon- )/ siglier di Stato et primo ingegnerò Gabriel Busca siano )) pagati gli avanzi del fu Francesco Busca suo fratello » già nostro fonditore dell'artiglieria , che rilevano alla )) somma di 23 12 ducatoni, et quello anchora che detto » nostro Consigliere di Stato deve havere de' suoi stipendi » sino per tutto giugno prossimamente passato . che » ascende a ducatoni l'ySS, come appare per li alligati » conti, v'ordiniamo che delli denari delle mesate che Sua » Maestà Cattolica ne fa pagare, habbiate da pagarli in » quattr'anni, et ognanno il quarto, la somma di duca- » toni 4095 a che ascendono le suddette somme » ^^).
Per fissar l'ingegnere al servizio di Spagna, nominollo il Contestabile Velasco capitano dellartiglieria dello Stato di Milano con onesto trattenimento (^X In questa città morì egli, probabilmente, nel principio del secolo xvii, essendoché, al primo libro dell'architettura militare, ivi stampato nel 1601, non ebbe campo di aggiungere i se- guenti; l'anno stesso, come ingegnere del Re di Spagna, era tra quelli che dirigevan il canale di Pavia (^). Ad ogni modo, nel 1619 era egli certamente già mancato, parlandone il Borsieri come di scrittor remoto i^\
(1) Schede del Vernazza. La fonderia de' cannoni diretta dal Busca stava nell'odierna Piazza Reale. ,'2) Jrcliil. militare, dedica al Velasco, di Milano, 1601.
(3) Bruschetti, Storia della ìiavigazione del Milanese (1821), pag. 57.
(4) Supplemento al Moriggia (1619), capo 12. Quanto del Busca dicono Moriggia ed Argelati è volgare affatto.
529 Amolio Carlo Emanuele I, che lo innalzò al posto di Gonsiglier di Stato e fecelo suo primo ingegnere con lauto stipendio avuto riguardo ai tempi. In corte del Duca co- nobb'egli il celebre matematico Veneziano Benedetti, che a lui indirizzò tre epistole contro alcune opinioni del Tartaglia ^0. Poi quando il Contestabile Velasco volle for- nire, cii'ca il i594, a Giusto Lipsio, onde ne illustrasse il suo Poliorceticon , i disegni delle antiche macchine da guerra giusta un codice di Francesco di Giorgio Martini, affidò al Busca la cura di trarne copia dalla ducal biblio- teca di Torino , come asseriva il Lipsio con queste pa- role : Sequentes figuras^ Gabriel Biischius delineavit ef- finxitque ex veteri libro, qui Urbinatium Ducis ^ nunc Allobrogum est (^).
Fratello di Gabrio fu Francesco esso pure gettator d'artiglierie e venuto al soldo di Emanuel Filil^erto, come dalle lettere surriferite ; figlio di Francesco fu un Giu- seppe prosecutore dellarte paterna di fondere artiglierie, detto essendo dal Moriggia (^) uno delli più eccellenti fonditori in bronzo che siano in Italia.
BIBLIOGRAFIA DI GABRIO BUSCA.
I. DelV espugnatione et difesa delle fortezze di Ga- briello Busca Milanese, libri due. Torino, pel Bevilacqua, i585, 4«° fig- Dedica dell'autore (di Borgo in Bressa i.° gennaio i58i) a Carlo Emanuele I, nella quale dice
(1) Diversarum speculationum mathem. etphys. (1585), p. 271 ; Nobilissimo necnon ingeniosìssimo Gabrieli Buschae Mediolanensi.
(i) Poliorceticon (1599), lib. HI, pag. 139, 40, 41, 42. Nel Museo Lipsiano in calce alia Bibliotheca Petaviana et Mansartiana ,La Haye, 1722) evvi al >'.° 267 una lettera del Busca al segretario del governo di Milano G. B. Sacco, che adoprossi in quest'affare.
(3) La Nobiltà di Milano (1595), lib- IH, capo 37.
34
530
di avere scritti questi libri quand'egli era tuttor Principe, cioè prima del i58o. Vedesi infatti negli Archivi di Stato in Torino un manoscritto di quest'opera dall'autore pre- sentato ÀI signor Carlo Emanuello di Savoia Principe di Piemonte e dato da Borgo in Bressa il primo gennaio iS-jS. Una versione tedesca dell'opera fu stampata nel- l'anno 1G19 in Francoforte (0, ma la ristampa Torinese del 1694 o 98^ accennata dall'Argelati, non esiste, sep- pure non vi si asconde un qualche inganno tipografico ; neppure furon mai le edizioni che trovo dette di Venezia e degli anni i545, 54, Srj, fatte cioè quando il Busca non era foise ancor nato.
11. InsiruUione de Bombardieri delsig. Gabrielle Busca Milanese. Contenente un brieve trattato delle cose più utili a sapersi per tale esercitio. Carmaj^nola per Marco Antonio Bellone, i58|. 4-'*
IH. Della Architettura militare di Gabriello Busca Milanese. Primo libro. Milano per Girolamo Bordone et Pietro Martire Locami, 1601 , 4-° Dedica dell'autore a G. Fernandez de Yelasco governator di Milano, 160 1. L'edizione del 16 19 presso l'Argelati penso che non abbia mai esistito.
IV. DelV Architettura militare. Libro secondo e teìzo. Promessi dall'autore a pag. 287 del libro primo, ma non mai pubblicati , ne conoscendosene esemplari a penna. Trattava il secondo di ogni genere di alloggiamenti antichi e moderni, in campagna e circonvallanti le città; il libro terzo concerneva la meccanica , cioè ponti , molini, mine
yl) Martini Lipenii. Bibliotheca phUosophica (1682), voi. I, col. 624,
534 che si fanno nelle na^n per fracassare o ponti o stec- cale et ancora le armate istesse.
\ . Discorso di fortificazione alVIllustr. sig. Carlo Fi- liberto d Este.
VI. Discorso sopra le misure delle cortine, fianchi e spalle de' bahiardi d'' una fortezza reale. Questi due scritti, ojiusta l'Argelati ed il Mazzuchelli stavano presso i fra- telli Marchesi Visconti , ma a me pare che non fossero fuorché due capitoli de' libri inediti di Architettura militare.
Credo che sia rinjasto inedito uno scritto d artiglieria già disteso dal Busca e che trovo soltanto mentovato da Ciro Spontone colle seguenti parole: « Lessi alcuni mesi )) sono in un componimento di Gabriele Busca Milanese » ingegnere del sig. Duca di Savoia, nel quale scrive di » haver mostrato a Emanuel Filiberto suo padre che in rt termine di dieci o di dodici giorni sarebbe stato pos- » sibile il gettare anche sulla montagna sei cannoni al- » meno e, subito raffreddati, potevasi di loro servire » 'S).
LII. GIROLAMO CATANEO DA NOVARA.
Di questo Novarese assai poco ne sappiamo, troppo scarse essendone le notizie date dal suo concittadino Cotta, il quale dice soltanto che servì Carlo V in Lombardia come capitano e sergente maggiore ^2) ; dell'epoche e del- l'uso di sua vita nulla ci è noto, chiaro essendo soltanto
^1) // SaKorgnano, ovvero del guerriero nodello 'f603\ pag. 38. l'i) Museo .Vovcrf*c (•'''01;, pag. 182.
532
ch'egli non eresse alcuna fortezza, né fu mai m guerra,
ne coprì uffici militari per la Spagna della quale era
suddito.
Visse gli anni suoi nelle provincie Venete, cioè a Verona e soprattutto a Brescia dove furono stampate l'opere sue. Infatti, in un suo libro, l'autore Iacopo Lanieri da Brescia introduce il Cataneo a disputar di fortificazioni coU'in- gegner Veronese Francesco Trevisi e con un giovane Bre- sciano, aggiungendo poi che, circa il i53o e nel castello d'Arco, il Cataneo ammaestrò nelle matematiche lui me- desimo con tre gentiluomini di quella famiglia (^). Del Cataneo (che par nato al principio del secolo, morto essendo dopo il iSyi ) sappiamo ancora che allorquando, circa il i56o. Vespasiano Gonzaga edificò di pianta la città sua di Sabbioneta , lo ebbe a sé per quelle fortifica- zioni assai stimate a que' tempi (2); una sua gita a Pavia, nel settembre del i562, parmi che non avesse scopo militare ^3 . Ecco ora l elenco de' suoi libri.
BIBLIOGRAFIA DI GIROLAMO CATANEO.
I. Nuovo ragionamento del Jabbricare le fortezze; si per pratile a , come per theoria; ove diffusamente si mostra tatto quello che a tal scientia si appartiene. Di Girolamo Cataneo Novarese. Brescia, iSyi, 4'*5 foglietti 35. Dice nella dedica al conte di Lodrone : « di queste cose scrissi » già in tre libri , uno di fortezze , uno delle ordinanze , » et uno per conto do" Bombardieri, i quali sono già ri- » stampati tre volte m Brescia, m meno de anni sette ».
(lì Bue dialoghi fi 557;. Il Cozzando nella Ltèrrna 5re5ciana parla di un Ghebelino da Chiari discepolo del Cataneo.
(2) Afio, Vita di Vespasiano Gonzaga (1780), pag. 43,
(3) Lettere di Luca Contile (1564\ f." 408,
533 [i Gotta ne riferisce una del i56'j. ma le altre due, eh' ei cita, mi sono sconosciute.
Le capitarne de Jerosme Cataneo. Contenant la ma- niere de fortijìer places , assaillir et defendre. avec l'ordre qiion doit tenìj' pour asseoiv un camp, et mespartir les logis diceliij. Mis en Francois ^ et der echef reveu, cor- 7'igé, et aicgmenté en plusieurs Uenx sujvant le derniére edition de Vauteur. Par Jean de Tournes CI3. lOC. di pag. 101. E l'impressione Lionese del I libro tradotto, e nulla più.
II. Avvertimenti et essamini intoj'no a quelle cose die richiede a un bombardiera , così circa al V Artiglieria , come anco a fuochi artificiati. Di Girolamo Cataneo Novarese. Da lui, in questa seconda impressione , in di- versi luoghi ampliati. Brescia, iSS-j ,4°; ^-^ 28. Comincia: u Considerando, che chi si vuole ben servire del libro » di far battaglie da me composto et dato in luce, et di » un altro delle fortezze pur da me composto, egli è » quasi necessario intendersi di polvere, d artegliaria ecc. » . Altra edizione è di Venezia, 1 583, presso Altobello Sali- cato, 39 tv
IH. Tavole br^evissime per sapere con prestezza quante file vanno a formar una giustissima battaglia con li suoi armati di corsaletti, da cento fino a ventimilia huomini, et appresso un facilissimo et approvato modo di archi- biigieì'i et di ale di cavalleria secondo fuso moderno. Di nuovo aggiunte et largamente ampliate, tanto nella diclìiaratione , come in esse tavole dal medesimo auttore. Di Gii'olamo Cataneo Novarese. Brescia, 1567, 4°? fo- glietti 29 fig. La dedica (che è tolta dalla prima edi- zione) è di Brescia 5 luglio i563. Con mutato frontispizio comparve di nuovo in Brescia, l'S'^^i.
534
Delfaite militare libri cinque, ne quelli si tratta il modo di fortificare , offendere et difendere una fortezza , con l ordine come si debbono fare gli alloggiamenti campali; et formare le battaglie, con Vessamine de' Bom- bardieri et di far fuochi artif ciati. Di Girolamo Cataneo Novarese. Brescia, i584, 4° ^^%- Edizione complessiva contenente né piiì né meno dei cinque libri anteriormente pubblicati; ne cita il Cotta un'edizione latina fatta in Basilea, 1600, e l'opera fu riprodotta in Brescia pei Marchetti, 1608, 4-"
IV, Opera del misurare di M. Girolamo Cataneo No- varese Libri IL Nel primo s'insegna a misurar et partir i campi. Nel secondo a misurar le muraglie, imbottar grani, vini , fieni et strami; col livellar Tacque et altre cose necessarie agli agrim,ensori. Libro primo. Brescia per Francesco e Piermaria di Marchetti fratelli, iS-ja, 4.'* di foglietti 55 fìg.
Precede la dedica dell'autore (di Brescia, 2 gennaio 1572) a G. F. Nicolini da Sovere in Bergamasca, e parla m essa delle angustie della miseria mia. Segue un indi- rizzo ai lettori.
Viene quindi : Del misurar le muraglie , imbottarle grani , vini , fieni et strami , col livellar dell'acque , et altre cose necessarie agli Agrimensori, di M. Girolamo Cataneo Novarese, Libico secondo. Brescia, i5'y2, per Vincenzo Sabbio ad istanza dei Marchetti. Segue la dedica dell'autore (di Brescia, i5 gennaio i^"'2) a tre gentil- uomini di Lovere in Bresciana. Il Colta enumera anche una seconda edizione Bresciana del i584, con una terza del 1682 , ma forse altro di mutato non v'é che il frontispizio.
Come scrittor di fortificazioni fu lodato dal Fiammelli i^) (1) // Principe dife.<to (1604% libro VI, cap. I.
535 ed anche più dal Lanieri che , avendolo conosciuto in Brescia, lo pose interlocutore ne suoi Dialoghi stampati poc' oltre la metà del xvi secolo'''.
LUI. ORAZIO PACCIOTTO DA IRBINO.
Duolmi di dover tacer qui de' casi e delle opere del- l'Urbinate Francesco Pacciotto il più illustre fra quanti ingegneri operato abbiano in Piemonte a quell età, la vita sua già avendola posta nel volume IV di queste Miscel- lanee ; cosicché dirò solo di Orazio Iratel suo e che in tutte l'opere gli si associa v^'. ZSato in Urbino e non lungi dal iSsS, di sua giovinezza non ho potuto conoscer nulla, convenendo però credere che sin d'allora volto siasi allar- chitettura civile e militare , un gran maestro avendo nel fratello, grandi e vivi esempi nella patria sua.
Edificatore di numerose fortezze in Italia , Francia e Fiandra abbisognava Francesco di un aiuto in cui riporre sua fede per sopravvegliar a tanti e sì lontani lavori in terra ed in muro , e questo sef ebbe nel fratello Orazio che nel i558 stavagli appresso nella guerra di Parma, finita la quale fu chiesto da Emanuel Filiberto per quattro mesi al Re di Spagna ed andò a fortificar ]Nizza, dove portaronsi ambidue i fratelli, come da lettera de' 20 no- vembre iSSg ad Ottavio Farnese, stampata dal Cav. Ronchini (^). Infatti, sin dal piimo giorno dell'anno i56o
(1) Due dialoghi \\ból); nei quali s'introducono messe)- Girolamo Catanio Novarese, ecc.
(9) Una breve notizia di Orazio fu edita dal Capitano Augelucci traen- dola da un mio manoscritto. Trovasi nel Supplemento all'Enciclopedia po- polare, voi. HI, pag. 496.
^3^ Francesco Pacciotto, pag. 1(J.
536
(cosa indicante un servizio anteriore), mentre a Francesco
già pagavasi un soldo di 60 scudi mensili, trovasi notato
nei conti del Tesorier generale di Savoia Scuti 2 25 a
Orazio Paciotto architetto di S. A. Patenti i gennaio
i56o(i).
Nel i562 già aveva condotte a termine le nuove mura di Savigliano e dirigeva la struttura del forte di Mon- megliano, disegnati ambidue dal fratello, di cui Orazio fu sempre in ufficio di luogotenente ('^). Nell'anno seguente sopraintendeva ai lavori della città e cittadella di Borgo in Bressa sempre a norma dei piani e profili di Francesco, ma introducendovi i miglioramenti suggeriti dall'atto pra- tico. Tanto viene esposto in lunghissima sua relazione ad Emanuel Filiberto, della quale unisco qualche brano .... « Inviai a V. A. due disegni al intorno del Castelvechio » et l'altro a Tintorno del bastione di S. Antonio, bora )) non mando a V. A. se non quello che è all'intorno )) del Castel vechio come migliore di tutti gli altri che » si potrebbe fare per batteria di mano, di manco spesa » et con più prestezza fatto, et perchè V. A. mi replica » nella seconda lettera se vi fosse strada di pigliar l'angolo » della porta di Macone con S. Antonio et far de fianchi » et cortine con mettere di dentro de case et gettarne » a basso secondo che sera necessario a ciò fare, replico » a l'Alt. V.'' che si può fare et in quanto a la fortezza » che si farà al di dentro de la Villa non seli potrà op- » porre che sera bellissima et bonissima, ma V. A. ha y> da sapere che fra le case ch'anderanno di dentro del » Castello et quelle che anderanno ruvinate arivano a la
(1) Schede del Vernazza nella biblioteca del Re in Torino.
(2) Lettera di Orazio, 22 maggio 1562, in CìhvAvw. Accad. delie Scienze di Torino, N. S. voi. II, pag. 19.
537
» somma di cento et passa Neil altra mia avisarò
» a V, A. come da ginaro in qua non ho mai havuto
» né mandato né asignatione per mio conto de la pro-
» visione, et son pi^n de debiti et non so come fare se
» non recorrere a la fonte, cioè a V. A. et m'asicuro
)) che quella per sua bontà vi metterà presto l'ordine
» che l'espetto con desiderio insieme con la risposta del
» Castello et con questa humilmente faccio la riverenza
)) a V. A. ecc. Di Borgo, oggi il di i4 di X'"'*"' i563.
» humil.""' sejvitore » Oratio Pacciotto » 'S).
I due anni seguenti si trattenne attorno alle fortifica- zioni di Savoia e Piemonte, sempre in dipendenza dal fratello. Lo trovo poi nel i566 adoprantesi a dirigere quelle di Cuneo , circa le quali abbiamo questa lettera del Duca: « Magnifico architetto nostro carissimo. Le » lettere vostre di 1 8 et 1 9 si sono ricevute , in risposta » delle quali vi dichiariamo l'intentione nostra essere che » sia in arbitrio de li Patroni delle case che si rovinano » di ritenere li legnami, ferramenta, coppi et simil cose » se gli piace, quando non resteranno in noi, non volendo )) astringergli a ritenergli se non gli mette conto. Tanto » farete sapere al controlore et altri a chi bisognerà. » Del modo de la fabrica si rimettiamo a quanto si scrive » vostro fratello. Ordinandovi che intorno i soprastanti » non prestiate orecchia a chiunque ve ne parli, ma esse- » quiate la mente nostra, come sapete. Procurate di haver n il maggior numero che si possa de guastadori, che » vogliamo il forte in esser per tutto ottobre. Fate pur
(t) Carteggio e lettere di Piemomte, ms. degli Archivi di Stato, voi. II,
N.° 82.
538
» fare ogni estrema diligenza per che l'opera riesca per » tutto ottobre, che del modo del danaro vi sarà bona » provisione : scriviamo al misurator di Savigliano che » venga da voi. Da Torino ali xxii di 7.'"^* 1 566. Il duca » di Savoia » ^0. La lettera al misuratore di Savigliano gl'ingiunge di recarsi a Cuneo e misurarvi le fondazioni del castello che vi si faceva.
Attendeva nel 156^ e nella Contea di Nizza a riattar il castello di Scros , scrivendo Emanuel Filiberto a quel governatore conte di Boglio alli i5 agosto: « Cii'ca la » reparatione del forte di Scros, troviamo bono quel » tanto che già liavete fatto fin qui, et per quel che » resta a fare", visto il parer che ci havete mandato et )) inteso dal detto Oratio Paciotto l'ordine che egli ha » lasciato, concorriamo ancor noi che si attenda dili- » gentemente a far far le case, cisterna et il resto eh' è )» stato disegnato » ecc. 'X.
Le frequenti assenze dal Piemonte di Francesco Pacciotto lasciavan il fi-atello Orazio senza autorità di provvedere e vegliar personalmente sulle tante fortezze in corso di fab- brica; onde ovviare agl'inconvenienti che ne sarebber seguiti, formilo il Duca di una lettera circolare ai gover- natori, castellani e capi di presidii e fortezze, la quale qui unisco traendola dalle carte, che stanti già in Urbino presso l'ultimo de' Pacciotti, assembrava il P. Piergirolamo Vernaccia al principio dello scorso secolo : « Emanuel » Filiberto ecc. Per qualche degno e considerabile rispetto, » havendo Noi ordinato al Nob. e molto diletto e fedele » Architetto nostro M. Horatio Pacciotti di transferirsi » per tutte le fortezze e castelli nostri, e desiderando » Noi che ciò esseguischi con tutta quella diligenza che
(1) Minute di Emanuel Filiberto, voi. per l'anno 1566, 67, f." .35.
(2) Volume citato, f.° 264.
539
» ricerca il servizio nostro, vi ordiniamo, et a ciascuno
» di Voi , a chi le presenti perveniranno , comandiamo
)) che habbiate da lasciargliele vedere e ben visitare, in-
1) formandolo di quanto vi parerà necessario per la si-
» curezza e riparamento del luogo, sopra il che esseguu'ete
)) quanto da lui vi sarà ordinato per parte nostra, ha-
)) vendone lui da Noi tale concessione e tale è la mente
» nostra. Dato in Turino alli 21 ag. i568.
)) Eni. Fil. L. Sig. » V. Stroppiana » 0.
Dalle memorie locali o di famiglia trasse pure il Ver- naccia come a quegli anni accudisse Orazio alle fortezze di Rumilly, Monmegliano, Borgo in Bressa, la Nunziata, Cuneo , nonché a Montalbano e Villafranca nel golfo di tal nome presso Nizza (2). Aggiunge che, scortato Orazio da una compagnia di cavalli Piemontesi, levò a vista la pianta delle mura di Ginevra. La qual cosa nulla ha che fare colla scalata tentata l'anno 1602 da Carlo Emanuele I, quando Orazio da 3o anni lasciato aveva il servizio di Savoia, parendomi fatta di sua volontà e per suo zelo; imperciocché , regnando allora l'onorato Emanuel Fili- berto, non sarebbe sceso un Duca di Savoia a notturne o diurne sorprese contro una città con lui vivente , se non in amicizia, almeno in pace.
Così, in condizione di alter ego del fratello, attendeva egli a costruzioni militari, allorquando da qualcuno fu
(1) Catalogo di memorie e scritture spettanti agli uomini illustri d'Urbino raccolte da P. G. Vernaccia; 1718. Ms. originale presso il fu Cav. De Prelis in Urbino, f.° 8. Nelle carte segnate Stroppiana il Vernaccia legge costan- temente Strozzi.
(2) Elogi degli nomini illustri d'Urbino del P. Vernaccia; 1720. Ampliato poi dal D.r Antonio Rosa. Ms. della Segreteria comunale d'Urbino, f.°125.
540
fatto intendere al Duca, che il Gavalier Francesco avesse commesso rubamenti nell'opere e ne' conti della cittadella di Torino e del Parco vastissimo luogo di caccia spa- ziante dal Po all'ultime fimbrie dell'alpi e che il Tasso pochi anni dopo avrebbe immortalato (*).
Fidando alle parole del Vernaccia, ch'ebbe a mano le carte di famiglia de' Pacciotti, io scrissi già che le accuse allor mosse a questi (2) lo furono da invidiosi rivali su- surranti al Principe che i Pacciotti comunicato avessero a Re stranieri i disegni delle sue fortezze. Ma dalla com- parazione de' documenti vedesi che i due Urbinati fallirono, senza però che risulti qual si fosse il movente di lor fallo. Le consuetudini e le leggi nostre, con santissima severità imposta dalla pubblica probità ed opinione , sin di morte punivano chi mettesse mano nel pubblico danaro. Eravi allora in Piemonte un Giuseppe Barbery capitano di giu- stizia , il cui ufficio (come d'uomo ch'era esecutor diretto degli ordini sovrani) andava a mezzo tra soldato, bar- gello, giudice istruttore con giurisdizione estesa anche alle cose militari (3), ed infatti aveva egli commissione di colonnello di 2000 archibugieri W. Ebbe dunque il Barbery dal Duca la seguente ingiunzione.
« Em. Philiberto per grazia di Dio Duca di Savoya ec. » Al Mag.'^'* Fedel nostro cappitano generale di iustitia « M. Giuseppe Barbery salute. Essendo mente nostra die » si conosca sopra li mancamenli, fraudi et inganni usati » con robamenti intorno alla fabbrica della nostra cittadella
CO Cazzerà, Trattato della Dignità di Torquato Tasso (Torino 1838), pag. 127. (9) Vita di FraiMiesco Pacciotto, pag. 50.
(3) Archivi di Stato, Mazzo I, IN." 4t. Editti riguardanti provvisioni par- ticolari.
(4) Ivi, Mazro I, N.» 38. Era fiscale generale e d'anni 60 addotiorossi al Mondo vi. Miscfìl. di St. Hai IX , p. 205.
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» (li Torino et parelio. Per queste nostre vi commettiamo
» che dobiate informarvi con ogni modo che meglio po-
» tretti et vi parerà di detti robamenti, mancamenti,
)) fraudi et inganni , et che procediate alla recognitione
» di essi et alla captura, processura et castigo contro
» tutti quelli che trovarete inditiati per principali autori,
» fautori o consapevoli. Et perchè fra li altri vi resta
» compreso il cavalier Pachiotto qual s' è absentato da
» questo nostro stato, et tutavia si nascondono, sui beni
» et credditi , falcete far pubblico bando che chadima per-
)ì sona qual habbi robbe appartenenti al detto Pachiotto
» debba consegnarle in mani vostre, et finalmente pro-
)) cederette a tuti queli atti che vi parriano espedienti
» circa le predette fatture et delinquenti. Che intorno
» a questo, com' ogni dependenzia, vi doniamo ampia
)) possanza non obstante qualunche cossa contraiiante.
)) Dichiarando li atti quali farete fare per voce de crida
» sopra la piazza di Torino, solita habitatione d'essi
)) intitulati, tanto valer siccome personalmente fossero
» ritrovati. Che tal è mente nostra. Dato in Torino alli
» sette di febraro md setanta uno ».
» E. Phihbert. n V/^ Sti'opp." .0.
Sin dall'agosto del i568 aveva Francesco chiesta ed ottenuta licenza di rimpatriare per breve tempo, e sog- giornato aveva in Roma ed in Urbino continuando il carteggio col Duca, che da Savona scrivevagli (21 aprile 1569). " ^® questa non vi giunge a tempo , il vostro » fratello andarà a Borgo in Bressa (^). Tra le opere di
;i) L. cit. Mazzo I, N.° 35.
(2) Archivi di Stato. Carteggi e Icllcrc di Piemonk. Voi, III, N." 17.
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questa città e quelle del forte della Nunziata divideva le sue cure Orazio, allorquando nel febbraio del iS-ji veniva sostenuto , sequestrate le robe sue e di Francesco, sospese ad entrambi le provvisioni. Di tutto ciò giunta notizia a Francesco eh era in Urbino e stava per tornar in Pie- monte, pertossi dal duca Guidobaldo II, ed esposegli l'accaduto, senza risalir alle cause, ma accagionandone gli emuli; questi, chiamalo a sé 1 insigne poligrafo Pietro Benedetti, con credenziali ii marzo 1071, mandollo a Torino a sollecitar Emanuele Filiberto onde Orazio fosse posto in libertà e ad amf)i i lìatelli restituiti onori e robe C^. Imperciocché, da alcuni della corte di Parma stat" era informato Francesco dello sdegno del Duca di Savoia contro di lai, del IJatello carcerato, de' sequestrati effetti, de sospesi stipendii e dell'essersi eziandio fatta mutazione d ingegneri.
Venuto il Benedetti a Torino, trovò che Orazio (tenuto qual prigioniero del Duca, e dovendolo seguire ovunque si recasse la corte, senza però appressarsi mai alla per- sona del Principe) era stato rilasciato sotto malleveria di 5oo scudi (2^ Emanuel Filiberto essendo allora a Nizza, colà ad implorar la grazia portossi il Benedetti, che dal Duca ebbe ripulsa; ma non volendo che si credesse ad una sua privata passione, commise la revisione dell'aifare ad Andi-ea di Leynì ed a M.°' della Croce Baldassare Ravoira, uomini prudentissimi e di molta fama nell'armi e nella toga.
Non mi è noto qual si fosse la credenza generata in que' due dalla cognizione e disamina del fatto , paren- domi tuttavia che a tutt' altro riuscisse che a dimostrar l'innocenza dei due fratelli, dicendo Emanuel Filiberto,
(1} Vernaccia, pag. 35, 56; Proruis, pag. 51 in 62. (^) Vernaccia, pag. 36, 37.
S43 in sua nsposla al Duca d L^rljino, che; quantunque l'ac- cusa data ai Pacciotti fosse di grande importanza, pure , a contemplazione di Guidobaldo . li ha ricevuti nei termini di prima, certo essendo che serviranno con ogni fedeltà (0, Ad Orazio scriveva poi Guidobaldo la seguente: « Nobile nostro dilettiss. Dal Benedetti, che mandammo » a S. Ecc. ^ havemmo inteso quanto Ella si è compia- » cinta fare in benefìzio vostro a nostra intercessione , r> che ci è piacciuto assai, che desiderando Noi alla » vostra casa ogni honorato avanzamento, non lascierò « mai indietro occasione, che mi pojgerete d'impiegarmi )) in vostro ser^^izio. Ricordandovi tra tanto a pigliare » sempre esempio e consiglio d;i vostro hatello^ massime » nelle cose della professione che essercilate, poiché assi- » ciu'atevi ch'eoli ha pochi o nessuno che lo pareggi. )> Attendete dunque a servire S. Ecc." con ogni fedeltà , » riputando servire in un tempo medesimo Noi ancora. » Che così veramente è, stimando Noi l'interesse di co- i) testo Principe quanto li nostri. Vi mandiamo la copia )) della lettera, che scriviamo a S. E., a ciò vediate » quanto ci promettiamo di voi, e state sano. Dall'Im- )) periale, il dì 25 mag. iS'yr. Al nob. nostro diletiss. » m. Orazio Paciotti » \^\
Nulla v'è in questo carteggio che accenni a gravami e ad accuse di peculato o di tradita fede a carico dei due Pacciotti. La prudenza di Emanuel Filiberto consi- gi iògli forse di non gravar l'uomo ch'era amico del Duca d'Alba, di Chiappin Vitelli, del Serbelloni, di quanti avevan con lui guerreggiato in Fiandra, di chi aveva la fiducia del moroso Filippo II? Oppure, siccome i Principi
(t) Da rsizza, 15 aprile 1571, presso Vernaccia Appendice, p, 67. (2} Vernaccia, Catalogo di memorie ecc.; ras. in Urbino.
non debbono mai aver torto , trovando egli falsa l'accusa, si attenne al partito di non piìi parlarne ? JNè l'una né l'altra cosa io posso asseverare, parendomi tuttavia che limpida non scaturisse l'innocenza dei Pacciotti , tante sono in quelle carte le reticenze, l'espressioni ambigue, i cauti- e generici sospetti non mai scendenti ad un latto parti- colare, ed il dirsi ovunque che il ritorno dei li'atelli nella buona grazia del Duca fu dovuto, non ali innocenza loro, ma alla intromissione di Guidobaldo.
In tanta oscurità e senza sospettar Francesco di pecu- lato e peggio, dirò soltanto che dalli scritti suoi (ogni- qualvolta non avesser luogo le ire d'artista e d ingegnere) apparisce egli quasi sempre vero gentiluomo in fatti ed in parole, ma altiero ad un tempo, presumente di se, assoluto ed imperioso con inferiori ed eguali; quindi, inamabile essendo, non solo non era amato, ma incon- trava, come accade, frequenti nemici. E poi, a que' tempi, informandosi le corti e gli eserciti ai modi de' gentil- uomini, delicatissimi tutti in questioni d'onore, giammai, dopo si gravi incolpazioni ed offese, avrebbe potuto piiì il Pacciotto frequentar quelle e militar con questi; eppure, io esposi già nella vita sua come vivesse in grande fa- migliarità colla Nobiltà e coi Re di Francia e Spagna, col Papa, coi Duchi di Savoia, Mantova, Firenze, Urbino e come per opere d'ingegneria, dopo queil anno come prima, venisse richiesto ovunque.
Pure, all'alterigia de' suoi modi fan riscontro i biasimi e le lagnanze de' coetanei, che li traducono in accuse contro il carattere suo nonché contro il sapere. Per figura, il Veneziano ambasciator Cavalli scrivendo nel 1 564 della piazza di Savigliano da lui innalzata, narra che il Pacciotto a Madrid e presente il Re u per aggrandir le cose sue, » disse a Sua Maestà che quella era la più importante
545 n c forle piazza del Piemonte » (' . Lagnavasi il Lucchese Vincenzo Civitali che, per pigliarsi un dono di 3oo scudi, avesse Francesco alterato, con danno dell'opera, un ba- stione da lui proposto ed avviato in quelle mura W. Nel congresso tenuto a Milano da vari architetti e scultori circa una questione di prospettiva in un bassorilievo , notava Martino Bassi come « vi fu anche un certo chia- » mato il Pacchiolto, il quale non mancò con un certo » suo modo ardito, di dire che vi erano stati degli altri » maestri , i quali non haveano guardato a colali sotti- )) gliezze ; perchè et di scultura e di pittura havevano
» fatto ciò che gli era tornato bene Ma V. S.
» conosce il Pacchiotto così bene come io et sa quel )) che sa dire et quel che sa fare » ■^\ Il celebre Fran- cesco De' Marchi, a quegli anni vivente in Fiandra, vinto da estrema passione per essere stati i piani della- citta- della d'Anversa fatti dall'Urbinate anteposti a' suoi, rac- conta come bastonato iòsse e pelatagli la barba; poi, come la Principessa t\i Parma alla oOerta fattale dal Pacciotto di accompagnarla in Italia, rispondesse u che )) nella sua compagnia non voleva così tristi uomini come » lui, e che con la compagnia sua, né di casa sua, non » venia »; poi, come Gabrio Serbelloni gli volesse di nuovo pelar la barba, e come nella cittadella d Anversa (( ha fatto molti errori d'importanza, li quali sono segna- ì) latissimi » i^\ Il piglio superbo, presuntuoso ed avventato del Pacciotto in nessun luosro così vivo ricorre come nella
(1^ ciò fu nel 1561. Belazionc di Sa^om, in Alberi, Serie H, voi. II, pag. 50.
X Anno 1562. Documenti per la Storia di Lucca, voi. Vili, pag. 229.
[I^) Fu dell'anno 1568. Dispareri in materia di architettura e di prospet- tiva ecc. Brescia, 1582, pag. 21.
,i] Ronclìini, Cento lettere di Francesco Marchi. l'arnaa, 1864, ^■." 75, 78, 80.
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Memoria testé dettatane dal Cav. Amadio Roncliini v^). Riportata prima mia bassa e sconcia lettera su Filippo II, viene al palazzo di Piacenza, che disegnato già dal Pac- ciotto, era poi stato riformato dal Vignola; all'irritabile ingegno del nostro fu quel palazzo soggetto di lettera al Duca Ottavio , nella qual dice: esseve la fabrica fora
(fogìU ordine , bontà e bellezza Dico che se questa
ììiacchinaccia va inante ^ non jii mai fatto ^ dal prin- cipio de' Goti in qua, la maggior barbarie, e profon- dendovi altrettali gentilezze. Altresì di un artista che fìngesse il malcurante per essere ricerco, dicesi in altra lettera (Roncliini, / due tignola, p. 5) eh' ei non pensi di fare il Pacciotto , ne Miclielangelo. Pur troppo, che gli uomini grandi e superbi contan sempre numerosi imitatori di loro stranezze; così facendo, pareva forse al Pacciotto di appressarsi alFmiico Buonarroti, oltremodo contagiosi essendo i cattivi esempi e tanto più se fortunati. Ma da tutto ciò altro non risulta senonchè altiere ed aspre essendo le maniere del Pacciotto, oircndendo gli altri, dovevano a sua volta venir offeso; a prova che nulla più fossero che male voci sparse, dirò che sempre caro fu e pregiato a Margheiita d'Austria, e che quel Serbelloni, giusta il Marchi, insultator del Pacciotto, nien che due mesi dopo ingiuriatolo, mandava con lodi a Filippo II la pianta della cittadella avente uno de' cinque bastioni già appellato Pacciotto dal nome dellingegnere (-). Tornando poi alla cittadella di Torino, dirò che la citata sdegnosa lettera dell ingegner nostro ad Emanuel Filiberto ne fa intendere come autor principale delle sue sciagure fosse, secondo lui. il Vercellese Giuseppe Caresana, che
(1) Francesco Paciotti, Modena, 1806, voi. Ili della Deputazione di Storia Patria per le provincie Modenesi e l'armensi, pag. 9, 13 ecc.
(2) (.achard, Corrrspovdonrr de Philippe II. (18i8), voi. IL pag. 0.
5i7 in prrniio de' Ijuojiì e leali servizi conie soliiaLo ed inge- gnere pralico , stat' era posto dal Duca a governator di essa (*),
Lasciato per sempre il Piemonte, toinava Orazio in Urbino, dove dal fratello Marc' Antonio ehbe rimproveri perchè dcirintromissione sua ringraziando GuidolDaldo, oITeso avesse l'onor del casato, trascorrendo sino a chia- marsi colpevole, dicendo che Tesser tornato in grazia al Duca di Savoia faceva sì che da lai riconoscesse V onore e la vita. A ciò di ripicco rispondeva Orazio: la lettera essere stata dettata dal Benedetti a lui confuso dall'ap- postagli accusa, d'onde nacque ne fratelli il sospetto, che avesse il Benedetli per sua malizia suggerite ad Orazio quelle parole. Ne trovavan le prove ( come accade ad animi pregiudicati) nelle circostanze delle trattative e nel lungo tempo ad esse dato dal Benedetti, cosicché con- vennero che Orazio sfidato avrehbelo a duello, come fece senza ritardo.
Ciò risaputo da Guidobaldo , proii^ì loro sotto gravi pene di battersi, ad informazione della querela deputando un Monaldi ed un INlarsigli. Introdotto il giudizio alli 23 luglio iD'ji, presentò il Benedetti un attestato del Duca di Savoia dicente com'egli compiuto avesse il suo mandato, mostran- dosi leale amico dei Pacciotti, egual cosa attestando anche Leynì e Della Croce. Alli i3 ottobre assoluto in Urbino il Benedetti, per ingiuste accuse condannati furono nelle spese Marc' Antonio ed Orazio (^). Quest'ultimo non vide pili il Piemonte, ma tornovvi Francesco in quell'anno stesso iS-'i, dopo sciitto alli 2 maggio al Duca dì Savoia la lunga e sdegnosa lettera eh' io stampai altrove ^•^), ma
(1) iSci 1566. ringoile, Jugusta Tuuniwrum , pag. 86.
(2) Vernaccia, rUa, pag. 38, 39; Appendice, pag. 58, 59, CO. ^3^ nia eli Fr. Parciottn , pag. 55.
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poco trattenendovisi ed appena quanto bastasse ad osten- tare i riavuti favori del Duca e colla sua presenza bra- vare gli accusatori, essendosi infatti ad ambi i fratelli restituiti i loro posti d'ingegneri.
Sin dal principio del 1 569 erasi Francesco portato ad Urbino ed a Roma, alla cura delle fortezze di Piemonte lasciando il fratello Orazio. Aveva Gregorio XIII, dal- l'anno 1571, addossato a Francesco il carico di aggrandir le fortificazioni d'Ancona (*, la qual cosa non potè aver luogo senzachè egli abbandonato avesse l'antico servizio di Savoia, per vincolarsi a cjp^iello del Papa; e penso pure che Orazio, solito a metter in atto i disegni di Francesco , e fastidito esso pure di quanto eragli occorso in Piemonte, seguito abbia il fratello ponendosi al soldo Pontificio. Trovò infatti il Vernaccia ne' documenti ori- ginali come Orazio servito avesse Papa Gregorio (^). Havvi ancora in Torino nella biblioteca del Re ima lettera scritta ad Emanuel Filiberto da un Cardinale Piemontese a nome del Castellano di Roma, entrambi compiutamente ignari di quanto era accaduto ed accadeva ai Pacciotti:
Serenissimo Signor mio colendissimo.
» Il Signor Castellano qui di Castel S. Angelo desidera
» servirsi di Messer Oratio Paciotto, et ha vend' inteso
» che stava a' servitii di Vostra Altezza, la supplica che
)) si degni fargli sapere s' egli è partito da lei con buona
« gratia sua, se sarà di suo buon piacere che sene serva,
)) o quando fosse ancora alli suoi servitii, che gli facci
n gratia di concederglielo, come di questo dice che
(1) Lettera di Guidobaldo, 27 agosto 1571, \n Q.Am\tox'\ Lettere artistiche inedite (1866), N.° 66. ^2) Catalogo di varie memorie ecc. , nis. in Urbino.
549 ?) parimente dal signor Mai'chese \'ostra Altezza ne sarà >) supplicata in nome suo, alla quale basando le mani ì) mi raccomando humilmente in sua buona gratia. » Di Roma alli xii di Gennaro m. d. lxxiii. » Di Vostra Altezza
» Humilissimo serv.' et vassallo r> 11 Cardinale Bobba » ^0.
Sin dal i5^3 il conte Pacciotto visitava, quale ingegner generale , le fortezze dello Stato Ecclesiastico (^^ ed è da credere che vi si adoperasse Orazio nella perpetua qualità di esecutore de' suoi disegni. Notava poi il conte ne' citati giorndi ed al lO']^ come: « è chiamato da Enrico III » di Francia a visitare le fortezze. Andò Orazio. Volle » i disegni di lui •»: ma non è detto quanto tempo egli vi rimanesse.
I seguenti anni sono agevolmente riempiuti dall'autore degli elogi dillustri Urbinati l^. col fai'lo trovare a Lucca, poi a Fermo, Terracina , Ostia, dicendolo quindi invi- tato da Rodolfo II imperatore e dal Re di Polonia; ma di tutto ciò nei documenti Lucchesi e nei tantissimi avuti a mano dal Vernaccia non v" è notizia né cenno, quelle opere dovendosi a Francesco, avvegnaché esecutore ne potesse essere Orazio. Solo sappiamo dal giornale di Francesco che nel iS-jS « il Conte Paciotto fece il di- » segno della bonificazione delle valli di Ravenna d'ordine » di Gregorio XIII, che il cap. Orazio suo fratello fece » pei eseguire »; dal qual incarico fu in breve licenziato.
'1) Marcantonio Bobba Vescovo d'Aosla. (2) Giornali del Pacciotto, nella Vita, pag. 83.
(3^ Degli uomini illnxtn d'Urbino, commentario (1819). N'è autore il P. Grossi.
ooO
torto o ra^iione eli egli avesse v^/. Scriveva nell'aijosto 1 56 f
DO O
Annidai Caro a Francesco Pacciotto soggiornanle in Lucca (( Vostro fratello non è quì^ ma col suo padrone )) a Sora «(^z; ma veramente non si capisce sVgli qui parli d Orazio oppure di Felice fratello suo famoso per le maldicenze e pili per la ribellione , che gli valse di essere dannato alle forche i^); ad ogni modo scriveva il Viceré di Napoli, i3 aprile i582, a Iacopo Buoncompagni Duca di Sora pregandolo a mandare in questa piccola città sul Liri il cavalier Orazio Pacciotto onde forlificarla pel Re di Spagna (""O. Forse per le fortificazioni da lui condotte nello Stato Romano avevalo il Papa fatto ca- valier di Cristo, come dello stess' ordine andava insignito Francesco dal Re di Portogallo.
Di Orazio , siccome aiuto al fratello Francesco, qualche cosa toccò il Cav. Ronchini nella citata Memoria, e qualche cosa pur se ne troverà nelle lettere tratte dal!" Archivio di Firenze e che saranno pubblicate in breve in codesta Miscellanea. Quanto ali incarico affidatogli dal Papa di prosciugar le valli di Ravenna, ed alla irrequietezza per la quale non poteva Orazio trovar luogo in nessun paese, non ometterò questo brano di lettera, che dall'Archivio Farnesiano comunicòmmi, per gentilezza sua, il Cav. Ronchini ed è scritta da Francesco al Duca di Panna, da Urbino, i4 giugno i58o.
« Quanto a Oratio, la cosa sta così. Egli ei'a
» a Ravenna mandato dal Papa per conto di quelle valli: » et essendo assaltato da una febre quartana, per con- p siglio de' medici sene venne a Urbino, con licenza
(1) Ronchini, pag 19.
(2) Della Valle, prefazione al voi. XI del Vasari, pan?. 11.
(3) Ronchini, Francesco Paciotti, pag. 17. ;4) Catalogo di varie memorie ecc., f." 7.
r>5i V) però del S.' Iacopo (cioè Iacopo Bonaielli), et apena » statovi certi pochi giorni scrisse che gh fosse levata V) la provisione, eh' il Papa non intendeva servirsi più 1) di lui per essere slato a Parma a cercar di venir » alli servitii di V. E. 111."'^ Et ancorché Oralio facesse » venire fede da Ravenna da Mons.^ della Cava, dal )) medico et da Urbino de' Medici et per fino da li » Priori de la Città, non fli verso che ne volesse creder » nulla, tenendo sempre il S/ lacomo eh' egli fosse venuto » a Parma. Finalmente per mio consiglio Oratio è gito » a Roma, et ha fatto toccar con mano ch'egli non è » stato a Parma, et che mai pensò tal viaggio. Il S.' » lacomo, rivoltatosi dalla prima ostinazione, ha detto )) che egli si lamenta di me, che i' son stato il malfat- » toi^ e fatto tal negotio: ma io, per essere innocente 0 di ciò, ho tanto investigato e' ho trovato esser slato » Lucantonio da Terni , e' ha scritto questo a Roma : et )) Felice (Paciotto) mei' ha detto: qnal dice anco che con )) saputa sua , e senza saputa d Oratio. V. E. IH.™* sa mo' >ì come sta il fatto: a lei tocca comandare, che Orazio » è per far quanto le comanderà. La licenza da Roma )ì e dal S."^ lacomo V ha avuta, et è fora della servitii )> . Dalle carte domestiche ricavò il ^ ernaccia come Orazio venisse a morte in Sora, ove gli fu letta lorazione fu- nebre e posta sul sepolcro un'iscrizione, la quale deve essere andata perduta, essendoché nelle memorie di f|uella città date. dal Tuzzi e dal Branca (0, non è punto ricordata, né potè averae notizia chi , a mia preghiera, ne fece ricerca. Delle relazioni da lui distese in Piemonte nulla c'è rimasto, né credo che ne ve fossero, imperciocché
(1) Memorie isloriche, massimamente sacre della citlà di Sora del P. Fran- rexco Tuzzi, Romn, 1727; Memnrir delta città di Sora per Caìliiio lifanca ^ Napoli, 1847.
il Duca, iiitendentissiino di queste materie, delle difficollà presenzialmente disputava cogl' ingegneri , combinava con essi il da farsi e direttamente dava gli ordini senza inter- mezzo di nessun agente o ministro.
Altre notizie circa Orazio e circa le questioni da lui avute coll'orator Urbinate Benedetti , vedransi nelle let- tere di Francesco Pacciotto, che in breve spero mandar alla luce. Qui noterò soltanto, che fra tante parole e tante lagnanze dei due Pacciotti circa l'aggravio ad essi fatto da Emanuel Filiberto, mai non evvi la piìi lontana ombra d'indizio sulle vere cagioni dell'imputazione gra- vissima ad essi mossa. E certo, che se innocenti fossero stati, non si sarebber tenuti dal prorompere contro l'ac- cusa di furto ed il susseguente processo; ma generiche sempre ed indeterminate sono lor lamentanze , né mai vengono al sodo.
LIV. FERRANTE VITELLI UÀ CITTA DI CASTELLO.
Ferdinando , che ali uso de' tempi fu detto Ferrando e solitamente Ferrante , nacque nell Umbria in Città di Castello (0 da sconosciuta donna concubina di Camillo conte di Montone figlio che fu di Vitello Vitelli segna- lato guerriero succeduto a Giovanni de' Medici nella ca- pitananza delle Bande Nere. Quando venisse in luce non m'è noto; sapendo però che Camillo padre suo moriva di soli ventinov'anni nel i557 (2), convien dire che la nascita del nostro non abbia guari preceduto la metà del
(1) Lomazzo, Tratlato della pUfurn (1585\ lil). VII, cap. 28. (■2; Lilla ne' Vitelli, tavola IV.
553 secolu. iSoii ha quindi nulla di comune coli altro Ferrante Vitelli , che per Carlo V militò in Toscana , Napoli e Piemonte e di cui parlano gli storici d'allora , Napolitano essendo egli, ossia da Gapiia (V. Del rimanente, agli scrit- tori non Piemontesi così mal noto fu il nostro Ferrante, che lo stesso diligentissimo Litta . parla sì di un Ferdi- nando Vitelli naturale legittimato , ma ignora che stato fosse soldato ed ingegnere , non essendogliene capitata notizia (coni' ebbe più volte a dirmi) , sicché pendeva a crederlo una cosa sola coli anzidetto Capuano. Di lui parla certamente TAdriani ^^ narrante allanno iSog come del castello di Montone « havevano tenuta la possessione » ^ itello e dopo eli lui il figliuolo Camillo ; il quale » morto , havevano presa la tutela di un piccolo figliuo- » letto , rimaso di lui non legittimo , il Cai'dinal Vitello » ed i fratelli: et essendo stato legittimato, ne fecero a » Papa Paolo Quarto fare la investitiu^a in lui in pregiu- » dizio de figliuoli di Niccolò » che erano Paolo e Chia|> pino Vitelli , d onde la violenta inimicizia col Duca di Firenze, di cui Chiappino era soldato.
Prima di venire a quanto Ferrante operò in Piemonte, mi conviene far sosta e notare le cagioni della sua chia- mala connesse tutte colla savia , retta ed operosa politica del Duca di Savoia in cosa di suprema rilevanza pel suo Stato. Ricuperato l'antico dominio , non in grazia di chi dettava la pace, ma come si addice a Principe guerriero, airinvasore sti^appato avendolo colla spada, gli si parava in patria orrendo spettacolo. La diuturna occupazione Francese comljattuta dalla equivalente forza di Spagna , coperto aveva il Piemonte di terrore, desolazione e miseria;
(1) Lettere di Vitello Vitelli (1555\ pag. 134; Giovio, Hisloriaritm (1578), lib. XXVllI, pag. 134; Ammirato St. Fiorentine (1641% lil». XXX, P- 190. [ì' Storia de' suoi tempi 158*;, lib. XVI, pag. 1130.
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cosicché in paese allora non ricco , non collo, non indu- strioso , accascialo sotto il feroce diritto bellico di un' età nella quale alla molla coltura de'capi accoppiavasi profonda barbarie di soldati d'omii linoua ed orni cosa mettenti alter- natamente a ruba, a sanoue, a sterminio, allra quiete, ma precaria ed angosciosa, più non restava agl'infelici po- poli che dentro le terre murate.
Dalle campagne percorse e devastate da quelle scelle- rate bande scomparsi erano gli agricollori, e tanta vi crebbe la fame, che n'andò laudatissimo il governatore du Bellay, allorquando provvide che nutriti fossero i Pie- montesi co' grani venuti di Francia 0). E quel Ferrante Gonzaga, che a Carlo V proposto aveva che, per assi- curar Milano, si riducesse il Piemonte a deserto, instava pili tardi presso Filippo II, onde a tutela di Lombardia convertisse la patria nostra in provincia Spagnuola v*^), ai Principi Sabaudi dando le Fiandre. x\rte antica e nuova di barattar i popoli, motivo essendone la cupidigia, pre- testo il ben pubblico.
Ho detto che qualche respiro dalla violenza esterna , se non dall'interna, oravi per le città, le quali tutte mu- nite essendo, pii^i raramente erano aggredite. Nelle minori terre, allora sempre cinte di nuiro esse pure, od oravi presidio e ne pativan gli abitanti soprusi e violenze con- tinue, giuntovi clie, prese dal nemico, soldati e terraz- zani andavano egualmente a fil di spada. Portava allora l'usanza di guerra che , anche con ninna probaliilità di
(1) Mémoircs de Marlin du Bellay, lib. Vili.
(9) Lettera Xll fra quelle edite da V. Promis nella Misceli, di SI. Italiana J871), voi. XI; Gosellini, yUa di Ferrante Gonzaga. Parte II, pag. 56 e 105. Carlo V consentiva, ma essendo già passato l'ottobre e sfruttati i campi , avvertiva il Gonzaga che il guasto non poteva più produrre tutto il male desiderato. Anche Lodovico della Chiesa nella Hintoria del Pie- monte J<;o8', pas. 244.
successo, dovesseio i difensori resistere ad ultiaiiza: e per converso necessario si ritenesse e giustissimo , che quanto men iorti fossero le difese stabili, tanto più rei si giudicassero ed al capestro si mandassero presidiarii e ijorghesi per la insolenza di opporsi in pochi ad un grande sterzo. A quell età ed in Piemonte, ad ogni terra presa d assalto, nota la storia come incendiate fosser le case, morte di ferro o di fiime le famiglie, impiccati i difen- sori ; emulandosi in ciò Francia da Spagna e questa da quella. Poco era quindi al fatto delle guerre nostre il Veneziano ambasciatore Bohiiì maravigliantesi alludir di tanti assedi per le bicocche del Piemonte , mentre le grandi fortezze ^ enete non trovava che nessuno le avesse molestate ; ma qui combattevano le due massime Potenze d allora e non aveva la terraferma Veneta veduto truppe straniere dopo la guerra di Cambrai.
Grandi furono allora le miserie d'Italia , ma non mai comparabili alle nostre né per intensità, né per durata, qui infierito avendo la guerra per ben trentacpiattr'anni continui. Nizza, Cuneo ed altre città diedero contro Turchi e Francesi stupendi esempi di fedeltà e bravura, di Pie- montesi e cittadini essendone i presidii , od almeno, come a ^Torino e sotto i cannoni di Francia, Piemontesi gli spiriti.
Tornato Emanuel Fdiberto nella squallidissima patria, trovovvi una generazione nuova altro diritto non cono- scorrée che quello della forza , epperciò oziosa essendo e manesca ; volto il paese in fozioni . tra esse imperversando la Francese che nel superior Piemonte, avendo a capi un Lodovico Bollerò ed un Antonio Torresano, rubando, bruciando, uccidendo correvan il paese, e re Francesco che accarezzato aveva il Torresano per delitti qui com- messi, facevalo squartare per delitti commessi in Francia.
So6
Più cauto o più fortunato il Bollerò, collocato ora dal
Re nella sede vescovile di Riez in Provenza C*).
Il reduce Emanuel Filiberto trovò qui valentissimi i fedeli, ma pochi; inditferenti molti per un Principe che neppur conoscevano, né mancavano i partigiani di Francia e Spagna, non contando la turba imbelle ed onesta, buona soltanto a rimpiangere i tempi passati e le sventure pre- senti; oltre gli antichi Cattolici, trovò gli agitantisi Val- desi coi nuovi Ugonotti adoprantisi a scinder il Piemonte in mille signorie ovver repubblichette e che già ne facevan esperimento in Francia, Trovovvi feroci ed insanguinate le fazioni de' Guelfi e Ghibellini scomparse altrove ; tro- vovvi gli Stati Generali, che immoti rappresentanti del passato, giammai capivano, sempre impacciavano le più necessarie riforme ; e dappertutto sette , ozio , miseria , ignoranza; prostrato il forte volere, pigri e depressi gli animi, molto il valor militai'e, ma troppo sovente ado- prato contro la patria. Ad infonder vita in quel cadavere era necessario un gran Principe che, rettamente vedendo, savio, sollecito, inesorabile operasse, e gran Principe fu Emanuel Filiberto.
La spertezza nell arti di Stato e lo squisito buon senso dimostravangli questa gran verità : la sapienza e la pra- tica sua sovrastare d'assai alla miseranda indolenza, alle miserande passioni de' sudditi ; giusto e savio essere per ciò, che chi gli altri vinceva in diritto, forza e sapere, in conoscenza de' tempi e del paese, forzasse chi loìjbe- diva a mutarsi in soldati buoni e fedeli; l'oziosa borghesia ad attender all'arti ed agli studi; a questi ed all'armi la ringhiosa nobiltà; badassero i mercanti all'industria, alle
(i^ Cronaca del Miolo, Misceli, di St. Italiana, voi. 1, pag. 189. Gallia sacra (1656), voi. Ili, pag. 941; Memorie del Borghese di /?(\o/i ; Misceli, cil., voi. VI, pag. 590.
557 terre i campagli uoli; a non opporre i magistrati la morta lettera della le£:£ie alle sue benevole intenzioni di eman- cipar le plebi; tutti operassero non in prò delle fazioni e di Spagna , Francia o Calvino , ma in prò della pa- tria. E siccome lo Stato, cosa astratta e sfuggevole, forza è che si concreti in uno od in parecchi uomini, egli, pel diritto della nascita, per la sua rinomanza, pel lustro della vittoria , per l'operosità , per la sapienza , per la sicura intuizione ne pubblici affari esterni ed interni, per tutte le qualità insomma che sempre sovrappongono un grande alla turba degli esseri inferiori (e vieppiù quand è moderato in ogni cosa da umanità, probità, religione che in lui erano eccellenti) egli, come già Cesare, come poi Napoleone, lo Stato personifìcollo in sé, ma senza gra- var nessuno e riuscendo ad uno de' piii bei tipi ideali del Principe assoluto, quale nel suo libro effigiavalo 1 A- teniese Senofonte; e certo che nessun Sovrano meglio di lui pose in atto il Coglie intrare de' libri sacri. E savia- mente fu detto che la peste delle rivoluzioni qui per tanti secoli non attecchì giammai, grazie all'assoluta potestà del Principe giunta ad un uso moderato della medesima. La ragione dellopere sue csprimevala con celebri detti: di tanto esseve un uomo più dell aitilo , quante pia cose sa. E poi: io sono ottimo consigliere a me stesso. D'uno, che di lui sparlava, disse: Iho io forse beneficato? Con unico esempio in ogni età spregiò egli e ributtò la tiranna ipocritamente appellantesi voce ed opinion pubblica , la quale da pochi audaci è imposta sempre alla turba dei non pensanti ; era dessa nel cinquecento in mano di scrit- tori capitanati da Pietro Aretino , com' oggi è in mano dei giornalisti. Per figura, proponevagli il Giovio un mer- cato di lodi e di danaro e rispondeva il Duca bastargli l'attestato della coscienza , cosicché il letterato riponeva
5)b8
la penna doro. Scrivevagli Luca (Contile che di già la cronica di P. Serenità è coìidotia a suo fine ^0, ma egli pure dev'esser rimasto inesaudito , più non avendo- sene novella nell Archivio nostro o nelle dilTiise sue let- tere: che se il Duca lo avesse regalato, non sarehher mancati i frequenti ringraziamenti sollecitatori di novelle generosità. Allorator di Savoia mandava Bernardo Tasso che: S. Altezza e nel mio poema e nelle mie istorie vedrà pili distesamente hi mia affezione e l suo merito (-) ; ma le storie, seppure scritte, rimasero inedite, e nel canto C dell'Amadigi è mentovato si Emanuel Filiberto, ma di volo e senza gli elogi profusi nel canto XLVII ad altri ottimati che di lui troppo cran minori. E questo pure è. indizio che alla servile svisceratezza del poeta fu risposto col silenzio o colla ripulsa, benché dicesse il Tasso che': non è Piincipe die piìc mi paia degno d'osservanza , ne che pia desiderassi di servir, di S. Altezza. Cosi portavasi Emanuel Filiberto coi venderecci distributori della fama. Più che ad altra cosa badò allarmi ed alle fortezze, senza le quali non v è Stato né Principe, ed a procacciarsi capaci ufficiali ed ingegneri. Vide che ninna fede poteva riporsi in Francia , Spagna ed Impero , po- tendo sì dagli Svizzeri aver ottimi soldati, ma d'ufficiali nessuno. Vide come gli ufficiali di Lomìjardia e regno di Napoli sarebbero stati sempre devoti a Spagna , e forse anche più quelli di Toscana, e da quelle provincie ninno cerconne, tolto pochi di Milano. Notando j^oi qualche spi- rito d'independenza a Venezia ed anche più a Roma, (love molti ed armigeri erano i Baroni, antica la coltura, pensò che quanto il Piemonte non poteva ancor dargli in numcio di soldati ed in ufficiali autorevoli ed istruUi
(1' Di Pavia, 5 marzo 156.1 >'eil'.\ichivio di Stalo.
(■2 La lettera del Tasso e la 188 do! voi. Il, ed è del t5C0.
559 da quei paesi avrebbel' avuto. Per l'amicizia, intatti, del Senato e del Pontefice non trovò ostacolo a che tratte- nesse alle case loro, con pensioni, nove colonnelli Italiani, i quali ali occasione, col credito e le aderenze, lo for- nissero di truppe de' lor paesi X.
Fra que capi militari ebbe il ^eronese Conte di S. Bo- nifacio, i \ icentini Piovena e Thiene, i Bresciani Mar- linengo di Malpaga e di ^ illachiara col capitan Demetrio Albanese, dal quale presso noi nasceva il celebre Giorgio Basta %2). Dallo Stato Ecclesiastico a lui vennero Onofrio Muti, il Gastrocaro, Brunoro Zampeschi signor di For- limpopoli, il Perugino Tosti, il Marchigiano Simonetti con Giacomo e Livio Fontini ; da Città di Castello un Guerini con due Vitelli Alessandro e Ferrante, di cui diremo; da Orvieto Ascanio e ^ittozzo ^ ittozzi. Man- dògU il Duca di Ferrara il capitano x4ristotile, quello d'Urbino gl'ingegneri Francesco ed Orazio Pacciotti, ed un Bonarelli Della Rovere , essendo questi due ducati feudi della Chiesa. Parma e Modena che (strette tra To- scana , Genova e Lombardia , guardavan favorevoli alla paiate che queste avversasse), diedergli il capitan Levo ordinator della sua milizia paesana; Alfonso e Filippo dEste. Enea Pio di Sassuolo, Alessandro Ranejone ed altri.
Giovanissimo era il Vitelli nellanno i56^. ma di sve- gliato ingegno essendo, già atteso aveva alla teorica delle fortificazioni e bramava di trovarsi tra l'armi. Emanuel Filiberto che , difendendo il Re di Francia contro gli Ugonotti, difendeva se stesso, mandògli in quell'anno un soccorso di 3ooo fanti e i-^oo cavalli, che comandati da Alfonso d Este e guidati dal fiore della nobiltà Italiana
(1) Morosiiii, Relazione di Savoia (15'0\
;5' Riparlo del Rasta nell'articolo del (Jhislicri al N." LIX.
560
e Piemontese valeiilemenle si portarono alla battaglia di S. Dionigi , fra que' capitani essendovi Ferrante Vitelli con Alessandro fratello suo (•). Penso pure che a Torino il giovane offerto abbia allora al Duca il suo trattato di fortificazione^ come quello che stat'era disteso poco prima; ma di ciò sarà discorso nella bibliografìa.
Già notammo la savia politica di Emanuel Filiberto nel provvedersi di eventuali aiuti tra i Baroni Veneti e Romani, traendo in sua clientela i bellicosi gentiluomini di quelle provincie. Fra essi, per antica profession di guerrieri, erano segnalati i ^ itelli , a capo allora essen- done Chiappino illustre generale al soldo di Spagna e commilitone di Emanuel Filiberto, che forse per mezzo suo era anche amico dei figli di Camillo \ itelli Monsi- signor Giulio, Alessandro Maria già mentovato, Iacopo e Vincenzo, che di Ferrante eran fratelli. Alla loro parte aderivano i gentiluomini dell'Umbria, cioè infine a quella del Duca, che con molti favori erasi vincolato i Vitelli; tale quello che al giovane Ferrante faceva il Principe in quell'anno stesso , ponendolo colonnello di tremila fanti Italiani , quali sarebbersi levati nell'Umbria. Ecco la patente:
« Em. Filiberto ecc. Havendo noi non molto tempo » fa provisto et stabilito per la conservatione de' nostri n stati una militia ordinaria paesana la quale habbia ad
(1) Cambiano, col. 1166; Guichenon, p. 688; Pingone (1577), p. 87; Tosi, f^ita Em. Phil. (1596), p. 165. Dice questi a p. 165 che il Duca alle truppe preponeva i forti, qualunque ne fosse la nascita, ma: quod si quis esset magno loco natus , idemqiie bellica virtute et animi rohore ma- gnitudineque insignis: hunc dignissimuin censehat cui praefecturas de ferrei, quemque ad omnem mitilarrm ìionorem evocarci. Poi, a p. 171, dice che gli squadroni eran sotto dodici gentiluomini, tra essi ponendo Ferdinandum Fitellium. Tanto racconta pure il Borghese di Rivoli nello sue Memorie all'anno 1567.
561
11) esser presta et apparecchiata sempre che si presentare
» Toccasione: oltre la quale parendoci bene di haver
» qualche numero d'infanteria Italiana a noi non suddita
» et a tal effetto sia necessario di deputar alquanti co-
» lonnelli et officiali. Informati del valore, sufficienza,
n vigilanza, isperienza, che havete nell'arte militare et
n altre honorate parti sì dell animo come della persona
» che concorreno in voi 111/^ S. Ferrante Vitelli giunta
» insieme rafTettione che mostraste sempre al servitio
» nostro et il singoiar amore che ci porta Mons. 111."'°
)) et R."'° Vitelli Camerlengo di N. S/^ a contemplatione
» del quale e è parso elleggervi , crearvi et deputarvi ,
» come per le presenti vi elegiamo creamo et deputiamo
» Colonnello nostro de f fanti di gente Italiana co' gli
» honori, privileggi, prerogative, comodità etc. ^ » Chiambery 8 ottobre 156"^ ^^ ».
Introduttor di Ferrante presso il Duca di Savoia fu dunque M.""^ Vitellozzo , ch'ebbesi il Camerlengato nel i568, giusta ilLitta, che in tutto questo ramo dei Vi- telli e assai confuso. Aggiimgo che il motivo della spedi- zion di Francia, nella quale militò Ferrante, è espresso in lettera del Duca ad Alfonso d'Este (24 gennaio i568), ov'è detto che da quella spedizione « oltre la siciu'ezza, )) che lo stato mio ne può sentire, sarà importantissimo » servitio al Re. di conservargli il Delfìnato, che ne ha » grandissimo bisogno )i . Dicegli ancora che trattenga il Villachiara sino all'arrivo di Ferrante, ch'era allora a Torino.
Gli anni che avvicinano il iS-yo deve averli passati il Vitelli in minori incarichi di fortificazioni, in dipendenza
(l) Archivi di Slato in Torino. Carichi militari, Mazzo 10.
36
1)62
dai due Pacciotli, la poca età non rendendolo opportuno ad opere maggiori e volenti una segnalata pratica e pru- denza. Il Duca però, che lo amava, gli crebbe gli onori e la condotta colla patente che segue.
« Eni. Filiberto ecc. Considerando noi esser necessario y) per conservar li stati nostri in pace et tranquillità, et » difenderli da ogni invasione, che oltre lo stabilimento » de la militia nostra paesana habbiamo aiuti forestieri « delli quali si possiamo valer et servire nele occasioni » et bisogni che potrebbono sopravvenire , et conoscendo )) il valore prudenza et altre honorate et degne qualità » deirill."^^ Sig.'' Ferrante Vitelli et visto il saggio che ha )) dato di sé nel carico che hebbe da noi di Cavalleria in )) Francia gli anni passati, giunto a questo l'amorevolezza » et affettione particolare ch'egli ha sempre dimostrato » verso di noi c'è parso ritenerlo, costituirlo et dej)u- •» tarlo SI come per le presenti lo ritegniamo, costituiamo » et deputiamo per Gentilhuomo ordinario di nostra Ca- )) mera Gonsigliero di Guerra et Colonnello di tre milla » fanti et trecento cavalli Italiani, i quali havrà da con- » durci offrendosi l'occasione con l'autorità, preminenze, » et prerogative commodità immunità diritti et carichi )) che a tal grado aspettano et convengono et che hono- » rano gli altri simili gentilhuomini di Camera consiglieri -» di guerra et Colonnelli; et con le provvisioni a parte » stabilite a nostro beneplacito con che egli farà il de- » bito giuramento. Pertanto ecc.
» Dato in Turino i8 marzo iSGq ■^O ».
Il primo luogo stato fortificato giusta i suoi disegni fu
(1) Ricavata, come (fuasi tutte le altre, dalle minute di Emanuel Filiberto negli Archivi di Stato.
563 Villanuova d'Asti , terra famosa per assedi e difese nella guerra ultima. Con lettera delli 5 giugno 15^2 informa egli il Duca delle avvertenze avutevi e singolarmente delle traverse ad impedir che l'acqua non fosse cavata dal fosso. Quattro giorni dopo e da Possano scriveva Paride Provana al Principe ne' seguenti termini: « L'il- » lustre Signor Ferrante ^ itelli giunse qui venerdì pas- » sato, ove col picciol Ponsello hanno fatto grandi e rt varii discorsi sopra questo luoco, infine tolto la pianta, » si partirono domenica per il Mondo vi ».
E poiché cade il discorso di questa città , dirò che partivasi allora Mondovl in contrarie sette serbanti i vieti nomi di Guelfi e Ghibellini, capitanate dai Faussoni e dai Vivalda e senza posa trascorrenti a tumulti, sedizioni ed omicidi (0; Guelfi chiamandosi i partigiani di Francia, Ghibellini quelli dell'Impero. Vedeva il Duca come al prevalere duna fazione sarebbe seguita la rivolta della terra aiie volata dai non lontani Valdesi consenzienti cogli Ugonotti di Francia e Piemonte (^), e per assicurarsi dai settarii d'oltralpi e di Calvino stabili di fortificar la città ed imporvi una cittadella, addossando ogni cosa al Vitelli, come da lettera io giugno 15-^2 del governatore: « Il )) Sig. Ferrante Vitelli, secondo me fece scrivere V. A., » ha visitato et misurato il giro di questa città , cosi )) ancora il disegno d'una cittadella , come meglio da esso )) ne sarà ragguagliato ecc. «.
Copioso è il carteggio del Vitelli con Emanuel Filiberto circa le opere del Mondovi e circa le opposizioni fattevi
(1) Nana il Boldù, nel 1564, che a Mondovi due mila uomini delle or- dinanze paesane furono per tagliarsi a pezzi per le fazioni Guelfa e Ghi- bellina.
(2) Dal Memoriale di G. A. Saluzzo ricaviamo che gli Ugonotti eran qui detti Bigarrati (Bigarrcs). La lettera di presentazione del Vitelli al gover- natore di Mondovi è delli 4 giugno 15'72.
564
dai faziosi e poi dal Vescovo e dal Nunzio per la demolita chiesa di S. Domenico. A quest'ultimi metteva innanzi il Principe farsi que' baluardi contro le mosse degli ere- tici (0; degli altri, chiamati i Gappellazzi e uomini di con^ucci e di sangue, scriveva Tingegnere al Duca: « Io » non son dottore, ma son ben di parere che si castighi )) gli autori del rumor successo , con li lor seguaci , e ■)•> per lo avvenire , che detti autori di tumulto, si cac- » cino di qui et li lor padri si rileghino con grosse si- )) gurtà, et ai cagnotti si levi l'arme per levar l'occasione ^ delle pratiche e i seguiti , poiché questi non sono né » casa Colonna né casa Ursina, et io vedo queste lor » passioni esser tanto incarnate, ch'io non mi assicurerei » che qualcheduna delle parti per ruinarse l'una e l'altra » in qualche occasion di guerra (non fossero) per venir a » qualche lor disegno, né facessero cosa molto in desser- )) vitio di V. A. ». In altra consiglia il Duca a sospender In clemenza e severamente punir i cagnotti o bravi a ser- vizio de' capi e delle parti di quella città. Dice in altra di essere andato a Cuneo chiamatovi dal governatore temente degli eretici delle valli, concordando queste parole con quelle dell'ambasciator di Venezia Morosini (2) e con questa lettera che al Vitelli scriveva Emanuel Filil^erto il i .° set- tembre iS^S: (( Desidero che venendo V. S. passi a Cuneo )) et quivi lasci le memorie di quanto sarà piii necessario » fare in quella reparalione, che poi manderemo il danaro, )) et intanto scrivo al governatore et alla comunità per far » un poco di miglior guardia a le porte della città (^) ».
(1) L'abate di S. Solutore manda al Duca (di Roma, 18 luglio 157.T) essere il Papa informato che le opere del Mondovi furon fatte per anti- venir gli eretici, ma spiacergli il non consentito guasto delle chiese.
(-2) Relazione di Savoia (IS'yO). Dice che a Cuneo ha ora il Duca fatta la cittadella a freno degli eretici.
(3) Alia cittadella di Cuneo già aveva lavorato Francesco PaccioUo nel 156G, coiuc dal suo giornale nella rUa del PaccioUo (t863}. pag. 40 e 82.
565 In lettela autografa di Ferrante e delli 2 noveniJjre t5'j3 trovo che alla cittadella di Cuneo egli attendeva personalmente; e sin dalli io giugno iS-ja mandato aveva al Duca, che a Possano, a Cuneo e al Mondovl « come » hanno intesa la buona volontà di V. A., che tutto si » fa per quiete et sicurezza loro , si offeriscono servir » tutti, e di guastadori e soldati, come a V. A. parerà » comandai li; disegniano comandar le comuni del loro » finaggio et loro medesimi servir le piazze ; si ridurranno » molto bene, et è necessario tenerle sì perchè la qua- » lità loro lo ricerca, come perchè altri più potente a » spendere che V. A. non se ne servisse ; Taltre piccole » smantellarle, perchè alcune ch'io ne ho viste, sono in » termine da far molto danno et de ninno servitio ».
Così, la pratica fomentata dalla presenza loro alle grandi guerre dimostrava al Duca ed al Vitelli la verità di quell as- sioma, allor nuovissimo nella scienza militare, non do- versi sperperai' le forze in molti e deboli fortilizi, ma sì riunirle in eserciti ed in grandi piazze. Così, delle tante e tutte piccole fortezze di Toscana, nessuna era finita, mancandovi sempre terrapieno o muro o fosso, e sovente non essendovi che la vecchia muraglia, come a Firenze gii riputata fortissima (''.
Il molto affetto che al Vitelli portava Emanuel Filiberto per la valentìa e prontezza sua nel servirlo , unito alla brama di cattivarsi un uomo che, spettando a casato prin- cipesco, traeva seco gran parte dell'Umbria sua, induce- vaio a giovargli eziandio nelle cose private. Scriveva perciò a Roma al Cardinal di Vercelli Guido Ferrerò come: u Le )> qualità del Signor Ferrante Vitelli assai noto a V, S. 111."^ » et li meriti suoi verso di me non volgari ricercano ch'io » habbia le cose sue in non volgar prolettione, per questo
J] Friuli, Relazione di Firenze (I56G\ pag. GÌ.
566
» voglio particolaruienle raccouiiUKlurle a V. S. III.'"' come )) ad un mezzo particolare accomodatissimo et per volunta » et per autorità a conseguir il voto. Esso Sig. Ferrante » convenne col Papa defunto (Pio IV) di santa memoria )) di pagare - scuti de' quali ne resta a pagar mille, et » di più far a lui levar d'ordine di S. S. quattro pezze » d'artegliaria già fatte dal tempo di Pio 4-° che lo com- » portò, né vi corse prohihitione come che a simili case » di feudatarii sia stato comportato. Impertanto attesa la )) gravità della detta compositione, desidero ottenere da » N. S. in grazia di detto Signor Ferrante che se gli » rimettano detti mille scuti restanti et si restituisca l'ar- » tiglieria da poterla vender, o si paghi il valore se S. S. 1) la voi per suo servitio, o si rompi et dia il metallo, » in modo che si conosca qualmente mia intercessione » essere stata fructuosa. Preso V. S. III.*"* farmi Tufficio » con la S.'^ S. con l'amorevolezza che io confido. » Turino i8 eiugiio i572.
» Il duca di Savoia ».
Un anno e mezzo dopo , mandato era dal Duca ad Ottavio Farnese esso pure cercante. di ec[uilibrarsi tra Francia e Spagna. L'ufficio, intitolato Instruttione al Sig. Ferrante Vitelli per Parma e dato li io dicembre i5y3, non contiene in apparenza che profferte di devo- zione nella nascita di un Principe; ma chiudendosi colle parole : Confido che v ingegnerete di soddisfare come consapevole del tutto, son indotto a credere che l'am- basciata non si aggirasse soltanto su complimenti. Scri- vevagli poi ancora alli 9 agosto iS^S: « Ho havuto a » caro che la cittadella (del Mondavi) sia in buon ter- » mine, et che li baloardi restino finiti a suo segno.
567 » Quanto a quelli della cittìÀ sarà hene che mandino, » come V. S. dice, persone a fare grinstromenti et cose » necessarie ». Poi, qualche giorno dopo: « Desidero » che venendo V. S. passi a Cuneo et quivi lassi le )) memorie di quanto sarà più necessario fare in quella » riparatura ».
Trovavasi in fin dell'anno a Borgo in Bressa, la quale, cominciata a fortificare da Francesco Pacciotto ed inoltrata poi dal fratello Orazio, era ancor lungi dal compimento, non essendone Topere ancor murate (0. In una sua al Duca (i8 gennaio 1574) parla infatti Ferrante di fornaci, calcina e mattoni in tanta quantità da far otto mila tese di murata. Sul principio dell'anno seguente e stando egli tuttora in Savoia, vieppiiì graditi essendone i servigi ad Emanuel Filiberto, fu posto al grado primario della milizia attiva e, colla patente qui riferita, nominato Mastro di campo generale di tutte le truppe ducali. « Emmanuele » Fihberto ecc. Havendo noi sì per servicio di Dio come » per conservacione de' nostri Stati nuovamente stabilito » la sacra nostra Religione de' Santi Mauritio et Lazaro , » oltre la nostra militia paesana et forestiera tanto di » soldati da piedi che da cavallo, che prima vi era intro- » dotta; onde sia necessario di prò vedere de un maestro » di campo generale si delli cavaglieri et soldati di detta » Religione come delle sudette militie paesana et fore- )) stiera et di tutte le genti di guerra da piedi et da cavallo )) le quali abbiamo, et che occorrendo il bisogno venes- » simo ad bavere in detti nostri stati. Et essendo in- » formati del valore et delle altre degne et onorate » qualità che concorrono nella persona dell'Ili."' Sig. » Ferrante Vitelli sopra intendente generale delle nostre
(1) Morosini, Relazione di Savoia (1570).
568
» fortezze, et dell'isperienza et molta sufficienza eh egli
)) ha in simile professione, l'habbiamo costituito et tle-
)) putato .... per nostro mastro di campo generale di
)) detti cavaglieri et soldati della predetta Religione di
» Santi Mauritio et Lazaro et delle genti di guerra da
» piedi et da cavallo delle sudette militie paesana et
» forestiera che abbiamo et ci occorrerà liavere in qua-
)) lunque tempo nelU stati nostri: con gli honori .....
» Mandiamo perciò et commandiamo a tutti nostri mi-
» nistri , officiali ecc. ... tengano, istimino et reputino
)) il detto Signor Ferrante Vitelli per nostro mastro di
» campo generale .... Che tale è nostra mente. (( Dato in Turino alli 4 marzo i5'y4 »•
Richiedeva il nuovo grado che fosse diramata una generica istruzione ai subordinati circa le eventualità di molta rilevanza che potevan capitare frammezzo a tante armi, tante trame, tanti maneggi. Sottometteva perciò, alli 8 luglio i5'j/\, alla disamina ed approvazione del Duca un Memoriale per le cose di Borgo distinto in nove capitoli e coininciante colle parole: u Et prima, )) che continuando li sospetti che il Principe di Condé » o altre forze siano per passare in quelle parte, S. A. )) sia servita farmi dar particolar instruttione di quello » che io ho da fare, poiché per li ufficii che ho molle » cose mi ci potranno attribuire appresso al mondo, )) alle quali io non son per metter mano senza parti- » cular instructione e ordine di S. A. , e d'altra parte » puotria pregiudicare al honor mio et servitio suo » . Codesto Memoriale , per la importanza delle materie militari e civili e pel modo col quale vi son trattate , dà ottima idea dello squisito buon senso e delTacume del Vitelli, e noteronne soltanto il terzo capo: « Se
569 » io debba manilar spie in Lorena dove ho molti amici » e nel istesso esercito del Prencipe di Condé , e a » Geneva , e in altri luoghi dove può occorrere il bi- « sogno per servicio di S. A., et quelle far pagar e in )) che modo ». Seguono, per ogni capo, le savie ri- sposte del Duca , delle quali riporto quella sola segnata al N.° 3 : « Sarà bene mandare alcune spie tanto in Lo- » rena quanto nell essercito, le quali potrà far pagare delli » dinari della fabbrica havendo risguardo a non far in ciò » spesa salvo utile et necessaria^ come così S. A, confida ».
Accadde poi nell'anno iS-yS che il Vicentino Guido Piovene dal governo della piazza di Savigliano passasse a quello della cittadella di Torino (' . e che in vece sua fosse fatto governator di Savigliano il Vitelli ^-^ ; il qual posto (non privo sicuramente di lucri incerti) fruttava il tenue soldo di lire Piemontesi 877, 10 Ó^X Cosi pure, ad un colonnellato dei Piemonte rinunciato dal Piovene in quell anno, venne surrogato il VitelH, come da questa patente : « Eni. Filiberto ecc. Havendo il Govern.'^^ Pio- » vena rimesso nele nostre mani la Colonnelia de nostra » militia paesana del nostro Marchesato di Ceva per » liaverlo noi destinato qui ad altra carica, et perciò » convenendo provedere di un Colonnello a detta Co- » lonnelia , che sia persona da bene , fedele , vigilante , » esperta et prattica nelle cose di guerra , che possa » attendere alla cura et reggimento di essa , et cono- » scendo di lunga mano per prova le suddette et altre » honorate qualità concorrere nella persona dell'Ili.'^ S.' » Ferrante Vitelli sopraintendente generale delle nostre
(1) Pingone, yiug. Taurinorum , pag. 91.
(2) Novelli, Storia di Savigliano (1844', pag. 152.
(3) Ricotti, nia di Em. Filiberto (186r, voi. 11, pag. 511.
570
» fortificationi et fablDriche et Mastro de campo generale )) della nostra militia et gente da guerra sì a piedi che » a cavallo ; et con quanta fedeltà et affettione egli ci » ha servito ne' detti carichi con molta nostra sodisfat- » lione ; onde cene promettiamo all'avvenire ogni nota- » bile servitio ; aggiungendosi a questo il saggio che ha » dato della sua prudenza , valor et sufficienza : Ci è » parso costituirlo et deputarlo .... per nostro Consi- » gliere di guerra et Colonnello de nostra militia pae- » sana del Marchesato di Ceva con tutta l'autorità ecc. » Dato in Torino alli sedici di Giugno. M. D. settanta- » cinque » C^).
Vengo ora all'ultima delle grandi opere affidate al Vitelli e della quale narra il ^^eneziano storico contemporaneo Natale Conti come nel iS-yS il Senato « diede il carico » a Ferrante Vitelli valentissimo ingegnerò di fabbricar » un forte importante per la difesa di Gorfiì; il quale » togliesse dentro tutti i borghi : dove anco furono » rifatte et aggiunte certe cose alla fortezza vecchia. » In somma condussero l'isola a segno, ch'ella pareva » quasi inespugnabile da forze humane (-) ». Ma allora si saranno iniziate le trattative, l'andata del Vitelli stata essendo dell'anno seguente.
Usava allora che tra Principi amici e per opere im- portanti si chiedessero in prestanza i più celebrati inge- gneri, e ciò co' modi stessi coi quali negoziavansi gli affari di Stato ; così Emanuel Filiberto diede a Filippo II Francesco Pacciotto, poi dal Duca d'Urbino ebbe Orazio di egual nome, e l'Orologi da Venezia. Saranno allor seguite le solite negoziazioni, ma la ducal licenza non ebbela il Vitelli che a mezzo Tanno i5'y6 e dessa, con
(1) Archivi di Stato. Carichi militari.
(2) /Ustorie de' suoi tewpi (1589;. Parte li, pag. 23-i.
•)7I altre lettere riferentisi alla sua gita , fu recentemente messa in luce dall'Avvocato Nicolò Barozzi. Scrivendo al Doge Alvise Mocenigo, dice il Duca : « Il desiderio che ho n di servire a Vostra Serenità ed a cotesta Ser. Signoria » (ancorché con molto mio incommodo) mi comanda » di licenziare l' illustrissimo Sig. Ferrante Vitelli, so- » praintendente generale delle mie fortezze , per il tempo » di sei mesi, nel quale egli potrà visitare quelle for- )) tezze che alla Serenità Vostra piacerà e dare i ricordi y> che gli parranno necessari. Così se ne viene ispedito » per soddisfare a Lei ed a me, stimando ogni servizio r> di quella per mio proprio. La prego però che passato n detto tempo si contenti ch'egli se ne ritorni al mio » servizio, avendo lui molti uffici da me. Del che assi- » curandomi faccio fine, con pregar Nostro Signore che » felicissimo la conservi. Torino i.° lu2;lio iStG. E. Phi- » libert ^0 ».
Non so se la ducal licenza abbiala Ferrante avuta in Piemonte o fuori Stato, ma ad ogni modo la spedizione di essa era cosa accertata, poiché sin dal marzo di quell'anno stesso trovavasi egli in Roma , probabilmente, per definire le ultime contestazioni circa il feudo di Montone, che eragli stato surrepito dai cugini Marchesi di Cetona, sinché Pio V, per toglier alimento a sì lunghe liti, lo ebbe incamerato. E convien dire che il ritorno, almeno titolare, nella signoria dell'avito castello abbiala avuta da Gregorio XIII, tanto risultando dal testamento che, per rogito di Domenico Talacchio, faceva egli a Roma in S. Maria degli Angeli alle terme Diocleziano ; in esso è detto che Ferrante della buona memoria dell'Ili.'"'' S. Camillo Vitelli Conte di Montone, S. e Domicello
(1) Per nozze Zoccoletti Fracanzani (1863', pag. 12.
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di Castello , dovendo per diversi servitii del Sei."*" Duca di Savoia e dapoi della Ser."™* Repubblica Venetiana trasferirsi in diversi e lontani paesi, vuole: che, morendo in Italia, venga sepolto in una cappella da farsi in S. Fiorenzo nella patria sua, e se fuori d'Italia, pensino gli eredi a farlo seppellire. A ciascuna delle figlie destina scudi I200O di dote; il rimanente ai maschi legittimi, naturali e naturali da legittimarsi. Che se morisse senza figli, lascia ogni cosa per parti eguali a M. Giulio Vi- telli , lacomo , Vincenzo ed Alessandro Maria fratelli di Giulio (0, figli tutti di Camillo Vitelli, com'era egli stesso.
La deliberazione, nella quale venut'era il Senato di fortificare Corfù, fondavasi nella conoscenza della terribil possanza navale e terrestre de' Turchi. Circa quellisola già eransi chiesti parecchi pareri ai distinti ingegneri e comandanti dell'armi Sforza Pallavicino, Baldassare Ran- gone, Giulio Savorgnano, avendosi in Torino, e tanto più in Venezia, lor relazioni andanti tra gli anni i566 e 'j4- Lasciata Venezia il giorno i5 ottobre iS^G, ap- prodava il Vitelli a Corfù alli 23 novembre; una minuta relazione, ch'è fra i codici dell'Università di Torino, Io dice andato per Lesina, Ragusi, Castelnuovo, Cattare, Dulcigno, la Vallona ^2).
Parecchi scritti son contenuti in quei codici sulle for- tificazioni di Corfù e su quelle delle piazze da esso vi- sitate nel suo viaggio, come pure le opposizioni fatte a quella fortezza, ad ogni capo essendovi la risposta; poi, due pareri anteriori al viaggio, essendo in data i8 e 28
(1) Copia autentica dell'agosto 1610 l'ho veduta nell'Archivio di Firenze (Urbinate unito al Mediceo). Classe I, Divisione E, Filza 93.
(2) ^'e parlo nella bibliografia. Assai più cose devon essere in Venezia, ma quando visitai quelli Archivi nel 1842, ogni mio impegno circa queste ricerche fu eluso con arte finissima.
573 agosto lO-^G; uno sulla forlezza del Lido; uno sulla fortezza vecchia di Corfù ed altro sulla nuova e sui miglioramenti da farvisi, oltre assai lettere e relazioni al Doge ed ai Provveditori. E altresì evidente che i manoscritti di Torino contengono le prime bozze delle scritture mandate poi a Venezia.
Dove piacemi notare che appena giunto Ferrante m Venezia , sollecitato dal Doge a dargli un parere a priori sulle opere fatte e da farsi in Corfù, rispondeva con questa: « Ser,'"° Principe. Se bene non si suole né si )) deve, ne io mai Iho costumato, dar pareri sopra quello )) che io non ho visto et considerato bene prima , sì per )) non passar li termini della creanza, come per non )) haver a parlare in diversi modi. Il che avviene spesso )) dopo che si è veduto il luogo, 1 ho fatto però per » ubbidire, la Ser.'^ V. havendomelo comandato. Riser- )) vandomi quando Ella ordinarà ch'io veda il luogo, )) di poter dire quello di più et ogni altra cosa che » conoscerò essere suo maggior servitio sopra il fatto e » nell'effetto per non mancar di quello ch'io devo, al » comandamento che me ne ha fatto Sua Altezza mio )) Padrone et all'obligo che ho di servire alla Ser.'^ Vostra, » poiché questo parlar senza vedere io 1 ho solamente » fatto per ubbidirla » ecc.
Distese allora altresì una relazione sul sito di Ragusi, e nel volume V di fortificazioni negli Archivi di Torino trovandosi assai piante di città forti, ch'erano nei pos- sessi Veneziani di terraferma , Dalmazia e Levante e tutte di quegli anni, io credo che fossero allora raccolte dal Vitelli per poi offrirle ad Emanuele Filiberto, che ne andava mettendo assieme la gran raccolta di cui è parola nelle sue notizie al N.° xlvii, pag. 4^3. Nelle piante di due città venete, ma non specificate, leggesi ;
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Ferd'uuiìidi f^itellll iiwentum j altra, di città Veneta essa pure, ha la data del 1579, dimostrando che, per sod- disfare al Duca, proseguiva il Vitelli, anche dopo il suo ritorno in Piemonte, a farne raccolta non senza rischio e spesa, poiché il comunicar piante di fortezze allora ed oggi era tenuto caso di Stato.
Compiute a Corfù le nuove e vaste opere, inviò al Doge una relazione su quanto eravi stato da lui condotto e proposto, poi afflitto da malattie doveva abbandonar risola, egli stesso alFermando però che ciò non fece se non dopo messe in buon punto le principali difese. La licenza di sei mesi data al Vitelli scadeva collo spirare dell'anno i5'^6 o col principiar del seguente; ma siccome l'esatto impiego del tempo è qualità degli Stati militari e robusti , epperciò non poteva trovarsi ne' Principi Italiani d'allora e nel Senato Veneziano, così mandava questo allo Zane oratore a Torino che si presentasse al Duca e lo sollecitasse di una proroga, e da Nizza, i3 febbraio iS-y^ rispondeva Emanuel Filiberto all'amba- sciatore « scrivo al Signor Ferrante Vitelli che si fermi » al loro servizio sino a tanto che quella fortezza che » ha disegnato in Corfù sia in essere, salvo che fra » tanto mi sopravenisse qualche necessità, nel qual caso » sono certo che me lo rimanderanno ». Il giorno stesso ed in eguali termini scrivevane ancora personalmente al Doge Veniero (0,
Ma le fatiche, le malattie e l'insalubrità de' siti ave- vanlo affranto, cosicché chiese di tornar in Piemonte. Giunse a Venezia nell'autunno dell'anno 1078 e si pre- sentò al nuovo Doge Niccolò da Ponte col quale conferì, lasciandogli una relazione finale cominciante con queste
(1) Barozzi, Per le nozze Zoccolrtli Fracanzani , pa^. 13; id. Per le nozze MarcoUni Toscani (1863) f.° 22.
|)arole : « Piacque a V. S.'^ che in due udienze le facessi •» particola!' relazione di quanto si era operato a Corfù n dal giorno del mio arrivo sin a quello della mia par- )> lenza, et di udire le cinque scritture che in questo « proposito Le presentai con la particolar dimostrazione )) sopra il modello fatto con ogni diligenza con tutte le » sue misure d'ordin mio a questo effetto ». Espone quindi come i suoi piani, già presentati al Senato, fossero anteposti a quelli di tutti gli altri , di sé stesso e delle cose sue parcamente parlando, ma dicendosi Cavaliere ingenuo quasi per contro batter una frecciata lanciatagli dagli emuli a motivo dell'illegittima sua nascita. Aggiunge che la città colla nuova fortezza ci s'ofìfre a difenderla con soldati de' suoi paesi e con quelli degli amici e pa- renti , come 3ooo già n'aveva offerti sotto il colonnello Ridolfo Baglione suo germano iK, conte Federico Ubaldini ed Alessandro Vitelli nipote suo (2). Termina collo esporre i buoni servigi prestati dai primarii ufficiali e dagf inge- gneri operanti sotto di lui (3).
Non sei mesi, come diceva la dogai richiesta , ma du' anni durò il soggiorno del Vitelli in Corfù , avendo la data delli i8 novembre iS-jS la risposta fatta da Emanuel Filiberto alle lettere del Doge da Ponte stategli rimesse in Torino dallo stesso ingegnere (^\ Tornato ai suoi antichi uffici, affievolito e prostrato qual era, più non attese attivamente ad opere di fortificazione; infatti, nelle piante di fortezze, che sono in Torino, due ne trovo del castello di Poggetto The'niers (terra, che ora
(t) Era piuttosto suo zio, sposata avendo la Costanza sorella del padre suo Camillo Vitelli. Vedi LiUa.
(2) Come soldato di Carlo Emanuele I è questi memorato sovente nelle guerre di Provenza.
(3) Documento stante negli Archivi di Torino.
(4) tarozzi, Per (e nozze Gaudio Biagini (1863), pag. 16.
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non è più Nizzarda, nò Piemontese, ma di Francia), che vedonsi essere state piegate in lettera, colla sopra- scritta : Aitili.'"" S. Ferrante Vitelli generale de forti e presidii di S. A., 25 ottobre iSyg. In servizio attivo lo trovo però ancora nel i58o allorquando Carlo Emanuel I prese Saluzzo per meglio assicurarlo (diceva egli) al Re di Francia, al comando delle compagnie di fanteria e cavalleria trovandosi il Vitelli (0. Diede opera ancora nell'anno seguente a fortificar e munire la cittadella di Vercelli, non risultandone però gran cosa, essendoché « di quella fortificazione (scrive il Cambiano (^)), che » si sollecitava da Ferrante Vitelli sovraintendente delle » fortezze del Duca, e da lui in quel tempo molto stimato )) e favorito, non seguì altro che la rovina di alquante » case e chiese n. Ultima fatica militare per Emanuele Filiberto fu quella del iS-jq quando fu posto a capo delle truppe mandate da lui in aiuto al Nogaret, che fu poi Duca d'Epernon, onde conservare al Re di Francia il marchesato di Saluzzo (*^).
Il moltiforme ingegno ed il lungo usar co' Principi facevanlo atto eziandio a negoziar colle Corti. Ed appunto nell'anno i58o volendo Carlo Emanuele impalmar una Principessa ricca e di potente casato, pensò a Maria figlia di Francesco Gran Duca di Toscana ed a farne la proposta mandò a Firenze il Vitelli (^); la cosa però non ebbe efìTetto, volto essendosi il Duca a Catterina di Filippo II, molto sperando dagli aiuti, assai più dalle
(1) Cambiano, Historico discorso, col. 1210; Fantoni St. d'Avignone e del Contado Fenesino (1678) , p. 420.
(2) Loc. cit. , col. 1216.
(3) Guichenon, voi. I, pag. Q^'i.
(4) Guichenon, voi. I, pag. 869; Galluzzi , St. della Toscana sotto i Medici, voi. Il, pag. 334; Relazione di Francesco Barbaro (1581), in Alberi, Serie I! , voi. V. pag. 93.
spoglie di Spagna. Prese aiicom parte ad una fiirliva ricognizione di Casale, già pensando Carlo Emanuele alla violenta occupazione del Monferrato e la cosa è narrata dairambasciator Veneziano Costantino Molin (* . « Colle » genti che Tanno passato i58r) s impiegarono contro )) quei di Ginevra , lu veramente il primo ])ensiero, ma )) certissimo (e del quale sentirebbe malamente Sua Al- » tezza che si ragionasse) d occupar allimprovviso alcune » terre del Monferrato , e fu mandato il Sig. Ferrante « Vitelli medesimo a Casale per riconoscerlo, ma tornato » riferì che non vedeva come si potesse far cosa buona-, » cosa, che restarono gli animi assai sospesi », In nessun luogo parlandosi più di Ferr^mte, ne avrei ignorato 1 epoca della morte, ogniqualvolta Giulio di Ruffia, ne testé pubblicati Memorabili, non avesse notato che ne' primi mesi dell'anno ijS2 morì il Sig. Ferrante \ iteli i generale delle fortezze ^2 .
Fu egli assai esperto nell'arte sua e singolarmente perspicace nello sceglier i siti ed adattarvi le più con- venienti opere di difesa; ali uopo, sì rinchiuso che in campo, seppe difender colla mano quanto colla mente concepito avesse e condotto. [Nato di famiglia principesca e guerriera , apparentato con persone non men valenti che nobili, ebbe il sempre grande ed allor grandissimo vantaggio, di poter direttamente conferire col Principe, senza avvilir sé stesso, senza temer le gelosie di chi gli era minore, senza tremare al pensiero di perder un uf- ficio ed un lucro, elicgli teneva più ad onore che ad utile. L' mgegno , il valore, la fede avvicinavanlo ai
1) Relazione di Savoia di Costantino Molin ^1583;, in Alberi, Serie II, voi. V. , pag. 115.
(2^ Memorabili di G. Cantbinno di Ruffìa dal /ó42 al 16 H j per Vincenzo Promis MÌ!^rrU di Si. 1 1 aliava ^ voi. IX (1870 , pag 21?.
37
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migliori, mentre la chiarezza del sangue davagli la confi- denza de' Principi; cresciuto fra le rovine di tanti Stati signorili e municipali, sapeva le vie che comprimon le fazioni ed assicuran la possanza d'un solo , nel suo car- teggio apparendo egli ad un tempo ingegnere, consigUere del Principe ed esecutore delle sue volontà. Son pur da essere notati i garbati modi con lui adoprati dai Sovrani, che sempre lo appellano Illustre Signore, mentre agli altri scrivendo, usavano dii' soltanto Ingegner nostro.
Grandi furono i vantaggi conferiti a Ferrante dal sangue suo istesso. Nato d'uomo principale nella sua città, fra- tello o cugino ai Principi dellAmatrice, ai Marchesi di Giterna, ad un Gardinale, la parentela sua ed il feudo di Montone avuto da Paolo W davagli entratura in corte di . Roma, senza la quale e senza i baroni suoi non eran pos- sibili quelle tante spedizioni di truppe Italiane in Francia, Fiandra ed Ungheria, dove per onore e per tradizione militavan allora i gentiluomini Cattolici.
Di altro utile fugli pure l'altezza de' natali, che nutrito in gran famiglia , ricovero di letterati e palestra d affari e maneggi politici, da lui la naturai limpidezza delle idee e la frequenza de' pensieri esposta fu con elegante agevolezza ; il qual pregio raramente incontrasi negli scrittori militari d'allora, che, soldati sin dall'infanzia e tra rozzi compagni, dopoché, per prepotente vigor d" in- gegno, balenato lor fosse in mente un trovato qualunque od un perfezionamento, a significar i concetti falliva la penna; da ciò in essi l'oscurità, le ripetute lungaggini, il frequente scusarsi presso il lettore della propria igno- ranza e talvolta allietarsene come di cosa che ben s'at- taglia a schietto soldato.
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i{\Fi\ DI mmii \iTr,LLi
I. Trattato di aichUettiwa mi l ilare , ossia Libro delle piante del Sig. Ferrante Vitelli. Codice cartaceo, f.° fig. , di 0,4^5 per 0,280.
Un solo esemplare ne conosco e lo vidi m ^Milano presso il fu Cav. Antonio Litta , che acquistoUo in Roma , provenendo probabdmente dalla biblioteca Altieri. Manca il primo quaderno contenente frontispizio, prefazione e dedica , nonché il primo e secondo capo del libro primo.
E autografo, come da altre scritture di mano del Vitelli, oltracciò a piedi di ciascun capitolo essendovi il suo nome; il codice è dorato in fll di pagina e di antica legatura, sulla quale è miniato lo stemma dello scacchiere inquar- tato alla luna crescente, ed in capo il vitello accosciato col lauro tra le zampe ; dopo il primo libro leggesi : Libro secondo delle piante del 8.°'' Ferrante Pitelli, col motto Firidis non comburitur igne.
Il primo libro è diviso in 36 capi , ne' quali parlasi di altrettanti casi di terreno e dei diversi modi di for- tificarli ; ad ognuno è miito il rispondente disegno acqua- rellato, e tra essi le piante di Borgo S. Sepolcro , forte S. Antonio alla Mirandola , la Mirandola stessa, cittadella di Perugia, città di Pesaro. Il secondo libro numeia 3i ca- pitoli di altri casi di terreno e di fortificazione ad essi adatta, versando il 82° sul quadrante graduato. Seguono tre fogli con scale di misure, il modo di squadronar un esercito , un forte quadrato difeso agli angoli da soli cavalieri: nel capo 20.° del libro I parlasi pure di ar- tiglieria.
Quando fosse scritto è indicato al capo 2." del libro 11 : >ì Questa è la pianta della fortificatione nuovamente ag- n giunti nell'isola di Malta, fatta con tutte le sue misure:
o80
» nel recinto della quale vi è il castello di S. Elmo, » che fu battuto et preso per forza da Turchi l'anno pas- H sato de Lxiiij , et f\i battuto da quella parte dove bora » si aggiunge la nuova fortificatione » ecc. Da tutto ciò risulta essere il trattato anteriore al 1567, *^^^ 4"^^ anno venne il Vitelli in Piemonte, ne vi si parla mai delle fortificazioni qui erette con disegno altrui o col suo. Fecondissimo si mostra qui il Vitelli, ma non debbo lacere che parecchie invenzioni ei le tolse dalle stampe edite da Francesco Maixhi nel i546 (*;. Io penso che un esemplare ne abbia egli offerto ad Emanuel Filiberto nel iSS'j e che abbiagli questo aperta la via alle tante fortezze da lui poscia erette in Piemonte.
Nella bibhoteca dell'Università di Torino vi sono quattro volumi di Miscellanee segnati N. , II, i-4 e contenenti materie militari, delle quali noterò qui sol- tanto queUe scritte dal Vitelli.
II. Scritture et oppositioni per la fortezza di Corjìi.
III. Sommario di oppositione a le altre opitdoni pei' Corfà.
IV. Oppositioni che si possono fare alla fortijic azione nuova di Corju.
V. Relazione al Doge sopra la fortezza di Corju (Venezia, 28 agosto iS^G).
VI. Polizza a Sua Serenità pei' le provvisioni per la
(1) Gl'ingegneri Bolognesi del XV e XFl secolo di C. Prorais ^1863), pag. 63.
581 fiiiova Jbrtificazione et sollicitarUi per il tempo (al Doge, da S. Giorgio, 2 ottobre iS-jG).
VII. Scrittura et rellation prima fatta a Sua Serenità della fortezza di Corfh.
Viri. Relatione della fortezza di Corfh (Contiene il computo della spesa).
IX. Scrittura et parere del Vitelli di quello si possa fare per maggior sicurezza della fortezza vecchia di
Corfii.
X. Lettera ad un Proweditore sopra i miglioramenti della fortezza di Corfh ( Indirizzata al Provveditore Giacomo Foscarini, di Corfii 20 novembre i^']'])-
XI. Rellatione dei siti della fortezza di Corfh , con il conto di quello che s'è fatto, et che resta a fare per essere del tutto finita (Ad un Provveditore , e corroborata dalle firme degl ingegneri Io. lacomo Fiumizello e Gio. Batt. Buonhuomo).
XII. Viaggio dell'Illa" Sigr Ferrante Vitelli fatto da P enezia a Corfh cominciando alli xv di ottobre
fino alli XXIII di novembre, tanno iS-yS (Due esemplari].
XIII. Regola delle fortif cationi fatte a Corfh. Copia sincrona nella biblioteca Oliveriana di Pesaro.
XIV. 1578 in autunno, tllir° S."'' Ferrante Vitelli al Duce di Venetia sopra la fortezza di Corfìt nuova- mente fabìicata. Copia sincrona nell'Oliveriana di Pesaro:
582
in essa 1 autore accenna a cinque altre esposizioni già
da lui presentate al Doge su quella fortezza.
XV. Risposta di Ferrante fitelli alle obbiezioni fatte contro la fortezza di Corfh. Codice neirArchivio di Venezia, dove chi riunì in un volume questo con altri opuscoli, sedotto dal nome dell'autore, pensò che vi si trattasse di animali bovini , ed associowene altro intitolato Del modo di propagare i intelU in Bresciana. Principal avversario del sistema tenuto in quella fortezza fu allora Giulio Savorgnano, di cui nel catalogo de' manoscritti della biblioteca di Vienna (comunicatomi dal S."^ Tommaso Gar) è notato uno scritto al Doge sopra ventiquattro opposizioni alla fortezza nuova di Coi^ìj fatta dal Sig. Fer- rante ^ itelli.
XVI. Parere sopra la fortezza del Lido. Due esem- plari; di fuori è scritto: Del Vitelli, relazione sopra della
fortezza del Lido, fatta in Venezia. A Torino negli an- zidetti volumi in uno coi due seguenti opuscoli.
XVII. Lettera del Vitelli al Doge di Venezia sul forte vecchio e sul nuo\'0 del Lido.
XVIII. Relazione intorno al sito di Raugia.
XIX. Instruttione per riconoscere le provincie et luoghi. Codice di i5 foglietti negli Archivi di Stato in Torino; nel verso delTultimo foglietto è scritto di mano dell'autore : Instrutt.'' per Ferrante Tritelli per ricono- scere le fortezze dei Venetiani.
E uno stupendo lavoro riferentesi a ciò che or diciamo servizio di Stato Maggiore, distinto in 200 avvertenze
583 sui siti, le tortilìcazioiii ed artiglierie, le marcie, i pro- babili attacchi, i modi di dar soccorso, le vettovaglie, gli alloggiamenti , insomma su quanto spetta agli ufficiali di Stato Maggiore, che allora non esistevano distinta- mente, scegliendosi a ciò gli ufficiali che dotati fossero di maggior coltura, di operosità, giudizio, pronta e per- spicace intuizione. Insonmia questo scritto, con quello aii^alogo e su Cipro di Ascanio Savorgnano, meriterebbe di esser mandato a stampa, testimoniando le vaste e sicure vedute di quegli sconosciuti capitani del xvi secolo in un ufficio salito ora a tanta importanza. Al N.° xli (articolo sui due ^ anelli ) ho già notato come da questo codice debba essere ricavato quello con tilolo identico compilato da questi ingegneri.
Le anzidette scritture distese pei ^ eneziani sono copie autorevoli oppure primi abbozzi che il Vitelli portò seco ed alla sua morte lasciò in Torino. Ma si dirà, perchè mai tanti scritti sulle fortezze de' Veneziani e nessuno su quelle del Piemonte? Facile è la risposta come ho ^\h. detto di sopra; a Venezia essendo il Principe estraneo agli studi militari, i piani d'un ingegnere sottomettevansi a mille esaminatori ognun de' quali biasimava quanto non fosse opera sua; ne decidevan poi i Pro\^'editori, specie di Rappresentanti del popolo, che, anche volendo il bene, erano incapaci a scegliere, cosicché per ogni ripulsa vi ci voleva una nuova scrittura in difesa.
Ili Piemonte invece andava la discussione tra 1 inge- gnere ed Emanuel Filiberto in tal arte pratico ed inge- gnoso a segno da poter allistante suggerir sue proposte e migliorar le altrui senza intervento di terze persone , fosser desse ingegneri od amministratori. Così , presenziale essendo la disputa e tra uomini capaci , andava essa sol- l'^cit.i , restando superflue le scritture.
584
l.V.
ASCANIO VITOZZI DA ORVIETO.
Nella città d Orvieto posta sul Tevere superiore, e circa Tanno iSSq, da nobile ed antica famiglia nacque in Or- vieto il nostro Ascanio CX Penso che in giovinezza atteso abbia singolarmente all'architettura civile, facendosi seno- laro, se non della persona, almeno delle opere del celebre Vignola ; edificava questi allora il palazzo di Caprarola , e lappostovi cornicione vedesi ripetuto in quello coro- nante la vecchia facciata del castello di Torino opera del Vitozzi; il qiial cornicione, non so per quali argomenti, fu dai nostri creduto Palladiano. Qualche opera degli anni suoi giovanili è pur anche accemiata nella sua iscrizion sepolcrale dicente come militato avesse a Napoli di Ro- mania, a Toledo e sul Tago; delle quali guerre, la prima dev'esser quella in Grecia che ebbe nome dalla vittoria di Lepanto; l'altra contro i sollevati Mori di Spagna; la terza finalmente, quella combattuta in occasione della conquista di Portogallo fatta da Filippo II nel i58o.
Durava Carlo Emanuel I nel paterno pensiero di trarre al suo soldo ufficiali ed ingegneri dallo Stato Pontificio , dal Venelo e raramente da Lombardia, singolarmente poi dalle Provincie Romane. Bramava egli che glTtaliani chia- mati a' suoi servigi veniss?r da Stati poco o nulla guer- reschi, purché, militando per altri, gii fatto avesser le prime armi ed i primi studi pratici ne' campi di Spagna e di Germania. Guardando Carlo a chi si fosse levato in fama nelle guerre contemporanee , ebbe voce del giovane Vitozzi in lontane regioni soldato del re Filippo; chia- mollo a sé ne' primordii del regno e fecelo tosto suo
(1) Suo epitafiìo in Torino: f/istnrie di Ciprian Mancììtr (1561^ p. 3.'Vi.
:>8:ì urchitetti) ed ingegnere con patente tlelli r 8 ottobre i584 e con stipendio di scudi 3oo da lire 3 ducali ^\
Poi quando volle il Duca, nell'anno i588. espellere i Francesi dal Marchesato di Saluzzo . vi si adopi'ò il Vitozzi nel servizio delle ai'tiglierie , appianando la strada per condurvi ventotto pezzi 'X , cosa da lui felicemente eseguita col piantare le arliglierie svd monte di Riffreddo a so- jìracapo al Castel di Revello ; alla qual operazione, tanto più lodata che tenut'era impossibile, pose mano il Duca stesso co' suoi gentiluomini tirando i pezzi sull altura. Por- tata poi la guerra in Delfina to e Provenza, diede opera il \i tozzi a vai'ie piccole fortezze erettevi dai Piemontesi e segnatamente a quella di Furcos , chera un quadrato con quattro bastioni detti di S. Romano , S. Lazzaro , S. Maurizio e Vitozzi; dal nome dell ingegnere -^ il primo e l'ultimo, imperciocché, dalla vicinanza della patria sua a quella metropoli, Romano era egli detto ed in carte di que' tempi lo trovo appellato il capitan Ascanio da Roma.
Quando poi prevalsero le armi degli Ugonotti , egli ebbe carico di assistere alla difesa delle frontiere col go- verna tor di Nizza Grimaldi ^ . Al figlio di questi a Boglio mandava allora l'ammiraglio Andrea di Leynì: « Doppo )> scritto sapendo di quanta importanza è l'assicurarsi bene w nel luogo d Entrevaulx: per poter senza dubbio attender » al resto, ho supplicato S. A. di mandar a V. S. persona « che possi aiutai'si a barricar bene et in ogni caso che » possa fargli honore. cossi S. A. mi ha concesso il pre- » sente latore sÌ2:nor Ascanio Vitozzi Romano, della virtù
'D
l) Dal registro delle Patenti, >.<> 19, f." 27; Galli, Cariche del Pie- monte, voi. II , titolo IX. i;9) Cambiano, Historico Discorso, col. 12.39. (3) Voi. Ili di fortificazioni negli Archivi di Slato. '^4) r.iofTredo , Storia (ìelVAlpi marittimr, col 1(133.
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)» et valor che V. S. lo conosce, la prego di teiieilo caro )) et accarezzarlo assicurandovi che come sopra ho detto » in ogni occasione le farà honore , et con questo di » nuovo me le raccomando di cuore. Nizza li xxv aprile ■» 1^92 (^/ » .
Quindi, vieppiiì incalzando Tarmi regie condotte dal Duca d'Epernon, veduto imminente l'assedio d'Antibo, vi fu con numeroso presidio inviato alla difesa il Vitozzi, quando per viltà del governatore poco stante si arrese la piazza, e l'ingegnere, già prima portatosi a Nizza ^ per comando del conte Francesco Martinengo, pose mano ad abbattere il borgo di S. Eligio per meglio afforzar la città (^) ; opera sua dovette pur essere il ristauro alle mura, nonché il nuovo bastione a mezzogiorno contro la mai^na, i quali lavori furon condotti nel lòg'ò. Tro- vossi eziandio alla presa di Lucerna fatta dai Piemontesi con carico di dirigervi le artiglierie '3) • riconobbe quindi col S. Front il sito della ben munita terra di Bricherasco e ne diresse l'attacco, essendovi poi entrati i nostri d'as- salto nell'ottobre i594 ^"^^^ Nel qual assedio molta lode ebbesi il Vitozzi per la savia collocazione data alla bat- teria e contro batteria onde far breccia in un bastione ed in altro che lo fiancheggiava, non che per una terza indirizzata a togliere le difese superiori.
Finalmente, egli che aveva preso parte a tutta quella lunga guerra; ebbe pur la sorte di terminarla, togliendo ai Francesi l'ultima rocca che ancor avessero in Piemonte, dico il forte di Mirabouc nelle più erme valli dei Valdesi.
;i ■ Biblioteca del Re. Misceli, di St. Patria , voi. CLU, N.» 30. (•2) Gioffredo, col. 1658, 59.
(3} Le guerre del Piemonte per lìaffael Toscano. Ms. dell' Università di Torino, Canto III, f." 25.
4) Cambiano, Hhtoriro Pisrorsn , col. t;V-25, 28.
587 che già circuito dai nostri , e visto da Ascanio che ancoi' nulla erasi vantaggiato , oiTrissi di portar tre pezzi di bat- teria sull'altura di Villanovetta a cavalier del forte; cosa che impaurì per modo il castellano , che tosto si arrese O. Quando poi nel i Sg-j fu determinato a Torino di assalir la valle di Pragelato con tre colonne per diverse vie , quella di mezzo , che doveva avanzarsi pel colle della Rossa, fu affidata al Vitozzi, che nella sua mossa, per mancanza altrui, a nulla riuscì. Poi per chiudere quelle gole , alla Béche Dauphin fabbricarono un forte disegnato dall'ingegner nostro (2) ed al quale fu posto nome di S. Giovanni, avendosene negli Archivi la pianta originale colla scritta : Pianta del Forte di S. Giovanni Evangelista fabbricato d ordine della Seì'."^^ Infanta neltentrata della valle di Pragelato Vanno MDXCVij.
Rottasi nuovamente guerra nell'anno 1600 tra Carlo Emanuele ed Enrico W , mosse questi un corpo ad offesa di vai di Maira ; andovvi incontro il Vitozzi con una banda di cavalle^geri guidata dal sovente citato storico
DO O
Cambiano generale d'artiglieria , ed a Cartignano scontrato l'inimico, dopo varie scaramuccie l'impedì di spingersi più oltre ^'^X Poi, nel i6i3, Carlo Emanuele invadendo il Monferrato , vi fu egli al comando delle artiglierie , segnalandosi alla presa di Monasterolo 'Si ed anche meglio in quella di Moncalvo (^). In quella guerra fiu'ono le ultime sue fazioni, cessato avendo di vivere alli 28 ottobre dell'anno i6i5, correndo il settuagesimo sesto di sua età; seppur quella data non si deve correggere in 1625,
(1; Cambiano, col. 1342; R. Tosrano , Canto VII, f.° 74. (2) L. ciL, col. 1360, 62. S') L. cit., col. 1400.
(4) Possevino, Hist. Belli Monferratensis , pag. 158. (5' Pagani, Gnerrn dei Monferrato^ pag. 139.
attesoché una scritta dell ingegnere^ addotta più sotto, è del maggio 1621.
Nella chiesa della Trinità , edificata in Torino assai prima e con suo disegno, fu tumulalo, ed al suo sepolcro collo stemma gentilizio fu posta quest'iscrizione da Onofrio Muti Romano e capitan di cavalli in Piemonte laudato dal Guichenon e dal Cambiano pel valore dimostrato in quelle guen'e i^\
D 0 M ASCANIVS MODICA HIC TEGlTVR VlToTlVS VRNA
VRNA lACET VERVM FAMA CANORA VOLAI NAVPACTVS TVNETV . ALPES VARVSQ . TAGVSQ
INTREPIDI HAVD RETiCENT MARTIA FACTA VIRI QVID MVLTA IPSE ILLVIVI TORMENTa ATQ ARMA CIENTeM
GOELO SAEPE TVLIT CaROLVS EMANVEL
VlXIT ANNIS SEX ET SEPTVAGINTA OBIJT XXIII OCTOBRIS 4615
HONOFRIVS MVTlVS SOCIO IVCVNDISS . COMMILITONI FIDISSIMO .P.C
Attese pure Ascanio alle fabbriche civili , essendo l'opere sue singolarmente a Torino , dove , oltre la chiesa della Trinità , disegnò anche quella de' cappuccini al Monte ; lece pure uno studio d'una villetta , notandovi Crede il FUozzi die si debba ecc. i^) ed altre cose minori. Suoi
'1} Solo a stampar questa lapide, e con qualche menda, fu il Cibrario a pag. 220 del voi. II della .Storia di Torino. ^2> Archivi di Stato, voi. 1 , f.» .'16.
589 disegni si hanno alf Università e specialmente della rin- novata facciata del castello dal Tempesta effigiata in quadro ed in istainpa , con altra che molto ritrae di quella ag- giuntavi poi dal Juvarra ed ha in calce il monogramma W ( Ascanius J-^itotius Faciehat). Ve altrove im altro pro- getto con approvazione ducale delli 9 novembre 1600.
Di sua invenzione sono pur anche le prime case di piazza Castello, giusta ordine edilizio delli 16 giugno 1606^0, come sue pur sono quelle proposte in istrada di Po senza portici, ne stipiti, alte m. i-y, 00, nel verso del foglio, ch'è ali Università , leggendosi: (c II retro di- )) segno è fatto con sattisfatione di S. A. S. qual agra- » disce ali quatro padroni del sito che anno nella strada « di Po , che fabrichino conforme a detto disegno , et cosi » mi ha comandato ch'io dica a detti particolari. In fede » di che li ho cossi detto et fatto la presente. Da Torino » li 17 di maggio 1621. Ascanio Vitozzi ». E più sotto: Vi Facciata delle case fiibbricate di nuovo nella strada di )) Po l'anno 1621 )>.
]Ma l'opera sua maggiore fu certamente la vastissima chiesa della Madonna di Vico presso Mondovi, nella cui pietra fondamentale è scritto che il vescovo Gastruccio (^)
PRIMARIVIVi LAPIDEIVl ASCANIO VICTOTIO ARCHITECTO
IN FVNDAMENTVIVl POSVIT
NONIS IVLII IVI . D . XC . VI.
L'edificio è alto m. -j 2 circa ; elhttica né la pianta con asse maggiore interno di m. 64 ; l'asse minore esterno di circa m. 5o ; l'interno di m. 26 e le stampe se n'hanno'
(1) Editto ducale a stampa.
(2) Nalliav , Corso àeir Ellero , pag. 49.
b90
nel teatro Pedemontano v^' , avendosi allUniversità certi disegni originali in cui il Vitozzi è detto Invento!' et Extructor , ma coll'anno 1616.
Pegli scritti suoi^ che pur dovettero esser numerosi, non mi fu dato di ritrovarne alcuno.
LVl.
VITOZZO VITOZZI DA ORVIETO.
Già prima di quelI'Ascanio , di cui furon date le notizie, vissuto era nel xvi secolo un altro ingegner Ascanio pel Duca di Firenze Alessandro Medici dante opera a risanar le Chiane, distendendone una relazione, che il Targioni Tozzetti promise di mandar in luce. Era intitolata : In- formazìone delle operazioni fatte nella disseccazione delle chiane Vanno i533 (2', ma forse non fu mai stampata. Altro ingegnere ed architetto fu Vitozzo , il quale , venuto a militar in Piemonte collo zio Ascanio. trovavasi nel 1 594 alla presa di Bricherasco ove fu ferito , siccome canta uno sciagurato poeta contemporaneo :
« Il Capitano Ascanio e '1 Capitano
» Vitozzo suo nipote in quel fracasso
» Mostrar con l'opre che 1 sangue Romano
n Tenne sempre '1 nemico humile e basso ,
» E se percosso fu da cruda mano
)> Poscia il nepote con rigido sasso
» Che malamente gli ruppe la fronte
» Si vendicò benissimo dell'onte (3) ».
- [Vj Theatrum Staluum R. Cel. Saftawrioe (Amsterdam, 1682). Voi. I, p. 96, 97.
(2) Prodromo della Corografìa e della Topografia fisica della Toccava (1754), pag. 91.
(3) RafTael Toscano, Guerre 'lei Piemonte, Canto IV, f." il , nis.
Neil anno seguente fu dato in aiuto allo zio Ascanio , con patente delli 3i ottobre, che lo dichiarano suo in- gegnere aiutante; poi alli 25 giugno dell'anno 1610 ebbe trattenimento mensile di ducatoni 3o da i3 fiorini per riguardo alla lunga serviti! verso il Duca sin dall'anno iSg-y (•', indizio che negli anni antecedenti aveva egli militato senza pubblico ufficio.
I. Ordine di quello s'ha da fare attorno il ì'ecitito di Torino, secondo il parere del Vitozzi.
Breve scrittura nelf Archivio di Stato in Torino, Fab- briche militiu'i e fortificazioni , INIazzo I. Si riferisce al da farsi al Ijastione della Consolata, alla piattaforma di Porta Palazzo ed a quella verso Porta Marmorea, nonché alle palizzate verso lo spalto. Il puro nome Vitozzi la- scierebbe dubbio se a lui i^ppar tenga lo scritto od allo zio , ogniqualvolta non vi fosse ripetutamente accennato al capitan Vitozzo, cioè al nipote d'Ascanio.
LVil. ERCOLE NEGRO DI SAN FRONT DA CENTALLO.
Da un Bartolomeo di Centallo cospicuo borgo presso Cuneo nacque, circa la metà del xvi secolo, Ercole Negro noto poi sotto nome di conte di San Front (^). La nativa sua terra era allora suddita di Francia (e come parte del Marchesato di Saluzzo, lo fu fino al 1601), dimodoché dovette porsi il giovane sotto le bandiere
'S) Cibraiio, Storia di Torino, noie al capo 3." del libro iV; sue schede nella biblioteca del Re.
(2) Cosi nel suo Icstaraento del 1616, di cui è copia presso l'ultimo suo discendente.
592
Francesi e deve essersi segnalato per nmltiforiiie capacita ^ poiché quando andò scisso quel regno in fazioni poli- tiche, aventi allora nome e veste di religiose , egli qual capitano, ingegnere ed architetto del Re (gradi avuti pro- babilmente da Enrico IH 0)), tenne dapprima le parti degli Ugonotti , che molti erano nel marchesato e terre unite a Francia, molti in Gentallo ed ancor più in Pro- venza e Delfmato.
In cjuest'ultima provincia e per gli Ugonotti era di presidio il Negro nel i58o alla Mura luogo Torte e tra monti disagiati, allorc|uando venne con truppe cattoliche a porvi assedio il Duca del Maine battendola per alquanti giorni sinché « essendone uscito il Capitan Ercole Negro » di Centallo ingegnere , che mostrò in c|ual parte si )) doveva piantar l'artiglieria per battere , fu tal terra )) presa (-) » . Dannabilissima azione, che se il Negro abbor- riva dallo stare contro i Cattolici, tanto meno doveva mancar di fede a chi ponevala m lui; di più direi, se non sapessi e vedessi come nelle politiche rivollurc primo ad esser ottenebrato sia il moral sentimento pubblico e privato , essendoché la morale , come Dio che n'è principio, è una, eterna e sola.
Militando poi sempre coi Cattolici, trovossi nell'anno stesso e nel seguente col Maine alla presa delle terre Delfinati di Bennes e Liveron, e poco stante al campo sotto Gap. E poiché il Negro, come quasi tutti gl'inge- gneri Italiani d'allora, era anche pittore e benissimo di- segnava prospettive e paesi , così in quattro fogli elfìgiò
(1) Capitano Ercole Negro di Geniale Iiig. el Architetto di S. M. C.liìnio e scrilto dì sua mano, e prima del 1588, in un esemplare dell' Istruttione del Busca stampata nel 1584.
(2) Parole dell'amico suo Giuseppe Cambiano gran maestro d'artiglieria neir Hislorico discorso, lih. IV, col. 1211 (Mon. Hisl. Patriac, Torino 18 iO, *<rriptornm , tomo I\
593 que' forti apponendovi scrilte analoghe a quesla : // veì'o disegno della Mura con il suo paisaggio et i luochi do\fe erano accampati li regimenti della Armata di sua Ma}"" Cris.""" sotto la condutta del Ecc."''' S."''' Duca di Humeina Generalle in essa Àrmatta , et presa lano i58o del Mese di ottobre. Per esso S.°'' Duca. Fatto per me Her colle Negro Architetto di S. M. Cr.'"^ '^). Altri di- segni di assai terre e città di Francia come Bordeaux, Angers, Marsiglia, Borgo in Bressa, Chàtillon en Guienne, Gap, la Napola attestan tutti la sua presenza in que' luoghi e certamente per ragion di guerra , ma portando la scritta Faite della main du capit. Hercoles Comte de Sanfi'ont, significan che dai disegni originali li mise in pulito stando in Piemonte e dopo il 1689, come sarà detto. Le quali vedute, a modo di prospettiva parallela o cavaliera, son toccate a penna con rara maestria e di poco sottostando alle opere degli eccellenti maestri d'allora.
Men felicemente attese alla meccanica, avendosi in co- dice deirUniversità // disegno del Molino qui disopia e chio feci fare a Centallo , è al Presente si l'iti'ova nella Cittadella di Cunio et ne è fatto far in molti altri luochi come in Bellilla , in la Cittadella de JSantes et di Sentes et di Dieppa et farra di farina ogni orra uno sacho. Hercole Negro. E piii sotto: // simile si farà per il forte di S.^° Bartolomeo. In calce al disegno di altro molino, che quasi in nulla differisce dal primo, leggesi : // disegno del Molino qui di sopra è quello che ò fatto fare Al forte di Demonte della Madona la Consolatta il presente Ano et ogni horra farra di farina un sacho. Hercole Negro (^). Faticosi son però
(1) Arcbivi di Stato in Torino; volunae IH di forliGcazione.
f9) Nella Relazione dell'assedio di Vercelli si ba : « Il conte Sairfronle
3S
mi
questi molini e complicati; sei cavalli fan girar l'asse di ìina ruota orizzontale dentata che ino;rana in una verti- cale a rocchetti, ingranante in altra orizzontale e dentata che morde ne' rocchetti sotto la macina. Convien tuttavia credere che, quantunque lento, questo molino paresse l^iiono, stato essendo effettuato in tanti luoghi diversi. Al qui indicato assedio di Chdtillon en Guienne, che fu del i586, ei trovossi col Duca del Maine.
Sino all'anno i588 aveva il Negro guerreggiato in Francia e per Francia or con Ugonotti , or con Cattolici. Ma in quell'anno un Principe di audacia ed ambizione singolari, così attivo ne' maneggi e mobile ne' trattati come prode nell'armi (JManzoni) ; che in nessuna stima avendo gli uomini e sempre ravviluppato in cospirazioni contro Re e Repubbliche, trovandone alieni i buoni, scen- deva a trattar coi perversi , da lui conosciuti per manca- tori di fede alla fede, ma tenaci nella perfidia {Botta) (0; che coll'armi e coll'oro aspirò alla corona di Francia, aspirò a quella dell'impero , e diceva la fama che mac- chinasse per diventar Papa, che dopo cinquantanni di regno lasciò menomato, invaso, stremo d'ogni bene il Piemonte, ne rischiarato di luce alcuna di lettere ed arti già dal padre con tanta alacrità fomentate: questo Prin- cipe, ossia Carlo Emmanuel I, sapendo come segnalato fosse il Negro in opere d'armi e d'ingegneria , avrà fatto sue arti per averlo a se, siccome nato in quella jwrzion di
» fece fare inolini da cavallo per tulli li quartieri, che molevano quasi » al paro de' molini da acqua, oltre gran numero di altri da braccio, tal- " raenlechè non si paliva di farina ».
l^ Sebbene fra questa gente non si spende più vii moneta della fede, ad ogni modo è meravigliosa cosa il vedere come ne sian tenaci nella perfidia. Parole poste in bocca al Duca da G. R. della Torre nella Congiura di G C. racchero (Firenze , 1847, pag. 585 ; Jrch. St. , voi XIII ).
59o Viemonle che la debole e divisa Francia non avrebhegli impediLo di far suo, come infatti selebbe.
Nell'anno medesimo, regnando in Francia, ma non sui Francesi sollevati, Enrico III, intesosi Carlo Ema- nuele con Filippo di Spagna e coi Guisardi, tolta l'occa- sione dell'avere il Lesdiguières occupato le vette di vai di Po , ad un tratto invase il Marchesato di Saluzzo e le valli sue ; ma respinto dai Delfmati posossi a Sampeyre nell alta valle della Vraita, dove dal JNegro (che abban- donato aveva Francia , ov' era ingegnere del Re , per darsi al Duca)^ fu fatto in sito assai comodo un forte di terra, che apri la via alla riconquista di vai di Po '^). Nel se- guente anno portossi alla guerra che dai Ginevrini facevasi al Duca, il quale pensando che un forte avrebbeli frenati ed intimoriti, ne diede carico al Negro. Fu scelto il luogo a due leghe dalla città , presso il villaggio di Songy (2) ed in riva al la2:o. volendo il Duca che celatamente vi si facesser e ricoverasser barche per la meditata sorpresa di Ginevra C^); la pianta n'era un pentagono simmetrico anziché equdatero, due cortine ed un bastione essendovi assai maggiori degli altri. Le opere vi fiu'on di terra, lavorandovi a gara i soldati delle varie nazioni e dal nome della Duchessa, il forte fu detto di S. Catlerina; ma, caduto nell'anno 1600 in potestà di Francia, fu spianato a furor di popolo dai Ginevrini (^).
Nell'anno 1090 avendo il Lesdiguières inoltrato entro
(1) Cambiano, Historico discorso, col. 1239.
(2) Guichenon, pag. "721.
(3) Fu disegnato da MonsU di S. Fronte ad effetto di dare un crollo ben da vicino a Ginevra. Ordinando parimenti farvi in questo mentre fabricare dentro barche et altri ordegni che per degno rispello tralascio. Cosi nel 1656 il capitano Carlo Morello negli Avvertimenti sopra Ir fortezze di S. R. A. nella Biblioteca del Re in Torino.
(4) Guichenon, pag. 7-21, 7*9; Cambiano, col. 1249.
596
l'alpi un corpo de' suoi che pel passo dell'Argentiera scendesse in vai di Stura, fu mandato ad opporvisi il Sanfront che si munì con trincieramenti , |X)i ebbe ordine di fortificar Demonte , il che tosto fece ponendovi le ar- tiglierie (0; fatta irruzione in Francia, le sue truppe pre- sero il Chàtelard, facendovi prigioni l'ingegner Ugonotto Davide Auban, diportandosi il Sanfront con bravura e sperienza nello approfittar de' siti e nel maneggio delle artiglierie (-X Ed appunto sin dal principio di questa cam- pagna ave vagli Carlo Emanuele attestato il caso che faceva dell ingegno e valor suo, investendolo (in data i3 aprile 1589) del feudo di Sanfront in vai di Po, con giurisdi- zione e titolo di Conte trasmissibile a' suoi discendenti (3),
dicendo il Della Chiesa che u Sanfronte hebbe
» etiandio titolo di contado nella persona di Hercole » Negro imo de' più eccellenti ingegnieri, e' habbi avuto » il Piemonte ne' giorni nostri, e che tra gli altri figliuoli )) lasciò Euclide, che vive Presidente nell' Eccell.™* Ca- » mera di Torino ».
Prese parte a quasi tutte quelle incessanti e minute alpestri fazioni , tra le quali va distinta la batteria data ad Exilles nel maggio del iSq^ W; riconobbe poi il silo di Bricherasco e suo forte , e vi piantò tre batterie cosi combinate che agevolaron l' assalto di quel castello e borgo (^); dii' anni dopo combattè i Francesi a Cels presso Exilles (^). Più luminosamente mostrò l' ingegno suo nel
(1) Gioffredo, Storia dell'Alpi Mariltime, col. 1634, 37.
(2) Cambiano, col. 1261, 62.
(3) Qnona reale di Savoia (16551, voi. I, pag. 4470. Cibrario, Notizie Genealogiche di famiglie nobili della Monarchia di Savoia (1866), p. 161.
(4) RaiTael Toscano, Guerra del Piemonte, Cod. dell' Università, Canto II, f." 20.
(5) Cambiano, col. 1.325 e segnenli.
(6) Ivi, col. 1334 e seguenti.
597 *^97' poiché avendo il Duca invano tentato di trarre a battaglia il Lesdiguières e perciò condotto l'esercito nel Grésivaudan, fece fare dal Sanfront a Barraiix in terra Francese un forte che molestasse Grenoble e coprisse Chaniljéry (0 ; vi si lavorò gagliardamente nell'autunno e fu appellato di S. Bartolomeo dal giorno in cui fìi fondato, benché dal De Thou e da altri Francesi pendenti a pro- testantesimo si asserisca essergli imposto il nome dalla famosa strage di venticinqu' anni prima. Sventurato tu però il Duca in quel forte , poiché postovi governatore un Bellegarde, da chi lo ingannava indotto questi a mandai' alla preda parte del presidio, fu in quel frattempo sor- presa la piazza dai Francesi, che la ritennero siccome fatta in lor territorio e, poiché era di terra, facendola tutta di muro. Tanto narra il Morello con queste pa- role (^): « Il Forte di Barò è stato fatto dil ordine di )•> S. A. S, Carlo Emanuel e disegnato da IM. di S. Fronte. » Fu questo forte fatto ad effetto di sei^vire di antemu- » rale al castello di Monmilliano, et per mezzo di questo » soccorrere in un bisogno il suddetto castello, et anco )) per bavere un piede nel Delfinato. Ma perchè non fu » osservata la legge di non mai fabbricare in casa d'altri, » perciò il suolo è restato con li nuovi ediflcii al suo )) patrone legittimo, restando intanto per stecco nelli » occhi del medesimo Castello di Monmilliano ». Il qual Morello ne aggiunge la pianta dimostrante l'assai lunga sua figura cinta da sei bastioni (uno de' quali appellavasi San Fronte) e terminata da due tenaglioni. Della caduta del forte fu causa precipua Tesserne lontano l'esercito andato col Sanfront a riconoscere il INIoriennese Castello
^l) Cambiano , col. 1358.
(2) A>>^;erti menti, ms. f." 17G, 177.
598
della Charboniiière (0, dove fu sconfino e fatto prigione
il Crequi luogotenente di Lesdiguières.
Dopo la pace di Lione del i6or, badando il Duca alle ojrosse ed imminenti guerre con Francia e Spagna, pose il Sanfront consigliere di Stato, sovrintendente generale delle fortezze e capitan generale deirartiglieria, statuendo che i legnami acconci agli afìfusti ed i bronzi delle cam- pane non fossero vendibili senza sua licenza (^); adopra- vasi intanto il Duca a riattar fortezze, migliorare e fon- dere artiglierie. . Rottasi poi la guerra nel i6i3 per la successione del Monferrato, vi si trovò il Sanfront a go- vernar le artiglierie alla presa di Trino, quindi a quella di Moncalvo (^i, come all'acquisto di Monasterolo ed alla presa di Crevalcuore ('*). Sapendo poi il Duca esser mi- nacciata Ivrea, mandovvi a fortificarla e difenderla il San- front (5).
La qual guerra , interrotta da breve e sospettosa pace, arse più fiera nel 1 6 1 -y , quando il governator di INIilano Pietro di Toledo, accennando ad un tempo a Santhià, Verrua , Crescentino e Vercelli indusse il Duca in incer- tezza, sfornendo quest'ultima terra per munir le altre; ottenuto il qual intento mosse rapidamente il Toledo ad assediar Vercelli. Visto il pericolo fu sollecito il Duca a spinger nella città mille fanti e trecento cavalli guidati da provati capitani e u dal sig. conte di Sanfront, il quale » spinto dal grande desiderio d'entrare, camino quasi
(t) Guichenon, pag. 763,
(2) Archivi di Stato. Materie militari. Mazzo !.<> (18 giugno 1605).
(3) Ideo, Hist. Tridinensia (17 ), lib. ITI, p. 343. Praefectus crai tor- mentariis Hercules Niger , in Gallicis expedi tionibus clari nominis Hbratnr; Possevino (1637) Bellum Monferratense , p. 115; Pagani, Guerra del Jlfon- ferrato (1613), pag. 11.
(4) Possevino, pag. 158, 551.
(5) Idem, pag. 515.
599 tó sempre con li carabini d'aiitigiiardia quali erano coiiian- » dati dal S. Gav. di \arax, et essendo egli detto Conte )) pregato di niarciai^e nella battaglia per maggiore caii- » tela di sua persona tanto necessaria dentro Vercelli , » egli rispose essere altrettanto necessario con lantiguardia » per provvedere ad ogni movimento che potessero fare
» gli Spagnuoli vuolse prima ch'entrare nella
» città il Conte di S. Fronte , non ostante ogni strac- » chezza , visitare la contrascarpa e tiùnciere intorno alla
» città et al Conte di S. Fronte fu rimesso
)) e comandato tutto il negozio della fortificazione in di- » fesa della piazza (•' ». Entrato inoffeso, per bella astuzia di guerra , trovò mancante ^ ercelli di fosso e di terra- pieno, dovendo egli ridursi a difender lo spalto con continue sortite (-). Sotto U fuoco degli Spagnuoli alzò una mezzaluna a difesa d'una cortina, fece di fascina un ba- stione ed una catena di rivellini e ridotti per tener lon- tano il nemico dal corpo della piazza ; miiiò le mezzelune, piantò un fortino dove il fosso era scoperto, altrove un ridotto ed un cofano e munì di parapetti e traverse le opere esterne correndo rischio alli i5 giugno di essere gettato in aria dall'esplosione d'una mina. Cavò nel fosso una cunetta e con cofani e strade coperte lo rese difen- dibile palmo a palmo j staccò dalla città per altro fosso tutto il corpo dun bastione trincierandolo al di dentro e fiancheggiandolo. Affralito dalla stanchezza, facevasi portar in sedia, e per rendere al nemico impossibile la mira, cinse di tele su pali le mura ov'era più violento
(1) Gap. Pietro Berardo, Relatione di quello è seguilo al' assedio di f^er- celli del 1G17. Ms. dell' Università di Torino. Questo, con altri squarci , manca nel codice che servi per l'edizione che io ne diedi nel voi. XII I (1847) dell'Archivio Storico Italiano.
(2; Ghislieri, Discord militari, Ms. degli Archivi di Stalo. Dedica.
,3) Berardo, pag. i05, 510 dello stampato.
600
il fuoco ed il tutto sparse di profondi pozzi cojjerti, Os- sian buche di lupo, con cavalli di Frisa e con riccioni (0,
Furono le opere esterne combattute d'ambe le parti con valor grandissimo e dal San Front difese con squisita perizia, avendo egli mostrato assai maggior ingegno e spe- rienza che non gì' ingegneri assedianti ; fu anzi cominciata la difesa con sortite dallo spalto per consiglio del San Front, che conoscendo la debolezza dell'altre opere, voleva a tutta forza ritardarne l'attacco. Dopo consumata ogni polvere e respinti tutti gli assalti , fu proposta la resa , assai ed invano opponendosi il San Front deciso a di- fender le breccie all' arma bianca (^) ; partito piuttosto temerario che audace e che di pochissimo tempo avrebbe prolungata la difesa , se non che pensava egli che col- l'acquisto di due o tre giorni sarebbesi dato agio al Duca di venire al soccorso G^). ^enne a patti Vercelli dopo sofferto due mesi d'assedio e tirato essendosi dalle due parti sessantasette mila cannonate ; mancando le miccie, requisì il San Front le corde delle campane ed in un con quelle dei fornimenti d'artiglieria le fece cuocer nel nitro; requisì tutti i metalli della città, e da' speziali e pizzicagnoli le vesciche per farne cartuccie ; la breccia era lunga piucchè trecento metri e vi si poteva salir a cavallo.
Quando uscì il presidio , D. Pietro di Toledo , fatto sostare il governator Caluso ed il San Front, abbracciolli rallegrandosi per la stupenda difesa (■*' , ma il Duca esa- sperato carcerò il Caluso ed il Tosti accusando l'ultimo
(I) Questi particolari della difesa sono estratti dal Berardo. (■2) li Ricci nelle Narrationes sui lemporis,%\\ mette in bocca una retorica orazione De non rcddendis rercellis.
(3) Nani, Historia della Rep. Fenda (1676), lib. IH, pag. 159.
(4) Nani, Assarini, Capriata, Fossati. Valgomi soprattutto degli storici mu- nicipali e degli scrittori militari come Berardo e Pier Paolo Floriani.
GOl delle scarse provvisioni, 1 altro di aver al tlover suo an- teposto la grazia del Toledo, solo dando lodi al San Front. Dicevasi infatti ovunque che « con la difesa di così im- )) portante piazza , contro esercito cosi grande , retto da )) capitani di grandissima perizia in guerra, e valore, si- » gillato aveva il San Front la sua fama e nome di sin- n golare nelle cose della fortificazione )) X ; e notava il Pasfani (2) essere il San Front « soldato vecchio nelle guerre » di Francia, et uno de' primi ingegneri de' nostri giorni ». Laudaronlo pure gli scrittori dell'arte e tra essi il Fio- riani l^) sovente parla di quell'assedio ; del quale scriveva il Tensini « Ultimamente , sotto Vercelli , che ha fatto » spargere tanto sangue agli Spaglinoli? Non altro che » la pratica della fortificazione di Monsù Sanfrone » ('*), e dal Ghislieri è detto difensore et espugnatore perfet- tionato (5).
Dopo la pace e ne' pochi anni corsi da essa alla sua morte , fece l' ingeonere le fortificazioni di Santhià nel Vercellese (^), ed a Vercelli aggiimse alcuni nvellini, oltre la strada coperta alla cittadella "^X Più importante però fu il progetto delle mura di Torino a norma dellingran- dimento che Carlo Emanuele voleva aggiimgere verso il Po; la qual fortificazione partendo da Porta Nuova, pro- cedeva al fiume, poi per Vanchiglia risaliva la Dora co- prendo Valdocco d'onde andava a congiungersi al bastione della Consolata e coprendo con nuove opere tutto il lato
(1) Emigliani, Guerre d'Italia (1618), pag. 51. (9) Della guerra del Monferrato (1613\ pag. 11.
(3) Difesa et offesa delle piazze (1630), lib. I, cap. 15, 16; lib. Ili, cap. 5, 19.
(4) Fortificalione (1624). Già l'aveva lodato ai capo 16 del libro I, chia- mandolo Monsù di Cianfrone.
(5) Discorsi militari, manoscritto degli Archivi di Torino.
(6) Durandi, Antica condizione del Vercellese, p. 143. 0) Morello, loc. cit. f. 76, 78.
602
occidentale della città. Combinò egli la pianta in modo che, supposto cadnta in man del nemico la cittadella (caso avveratosi nella guerra civile), si potesse da levante introdur soccorsi i quali fossero inoflesi dalla cittadella stessa. La qual fortificazione cominciata nel 1619 procede con lentezza vivente lingegnere (0, poi fu totalmente mutata, e non in meglio, dal Castellamonte che n'ebbe il carico.
Ma già erasi il San Front allontanato da Torino riti- randosi a Savigliano, tanto apparendo da lettera direttagli alli 3i marzo 1622 da Vittorio Amedeo II; questa città erasi egli scelto a pati'ia , ed ivi nel coro di S. Pietro , ovverà la cappella e sepoltura sua gentilizia , aveva per testamento voluto essere inumato. Ignoro in qual anno egli morisse, ma certamente non oltrepassò quello del 1628, imperciocché in quest'anno ed alli i5 aprile è l'infeuda- zione del villaggio di S. Front in capo di Ettore primo- genito della numerosa figliuolanza.
Alle tante opere da lui condotte non debbono esser mancate le opportune relazioni; ma di queste, come di ogn'altro suo scritto, non ho potuto trovare alcuna men- zione, ogni qualvolta debbasi dire che, combinando egli direttamente i piani suoi col Principe, ogni scrittura rie- scisse inutile, come già fu notato parlando degli ingegneri che servirono Emanuel Filiberto.
LVIIl.
GIACOMO SOLDATI DA MILANO.
Milanese lo dicono gli scrittori di quella città ed ap- plicatosi dapprima allo studio dell'architettura civile ed
(1) Morello, f. 15 e seguenti.
603 idraulica; però^ prima che si levasse in fama per l'opere sue, lo trovo in Piemonte ingegnere e cosmografo ducale nell'anno i566, cioè per Emanuele Filiberto (0: e nell'anno sesfuente dicesi considier militare del Duca di Savoia in lettera sulla nascita di Carlo Emanuele I C^X
Tornò in patria per assister al congresso tenutovi nel iS'jo per due questioni di prospettiva e di costruzione i-^). Avendo il Magistrato delle acque di Milano proposto agli ingegneri di trovar modo onde render costante la navi- gazione del naviglio grande , dando la rispettiva compe- tenza alle bocche degli utenti , affacciossi il Soldati , e sapendo quanto poco e male l'adottato partito condotto avrebbe alla desiata regolarità, si offrì di soddisfare con ima sua macchina a tutte le cose richieste. Approvato in massima il suo parere, fu mandato nel 15^2 alla visita del naviglio grande, rimanendogli la salisfazione di aver trovato le bocche dispensatrici costanti di egual quantità d'acqua v^).
Mosso dalle brighe de' col leghi oppur dalla brama di levarsi in fama eziandio come ingegner di guerra, pochi anni dopo Giacomo tornò in corte di Torino architetto ed ingegnere di Carlo Emanuele I , dove fu amico del matematico Benedetti (») e diede opera ad una di quelle
(1) Ricotti, rUa di Em. Filib. (1861), voi. II, pag. 370.
(2) Lettera del sig. Jacobo Soldati Consigliere militare del Ser. S. Duca di Savoia^ scritta in forma di relazione sopra la cerimonia e trionfi fatti nel battesimo del Ser. Principe di Piemonte, a cui fu posto nome Carlo Ema- nuelle, alla Suora Chiara Gosolina. Scritta ia Torino 11 marzo 1567, stam- pata iu Milano. >'ella Biblioteca volante del Cinelli, voi. IV^, pag. 252.
(3) Martino Bassi, Dispareri ecc. '1583, 1781), pag. 13. M. Giacopo Sol- data, uno degl'ingegneri di questa città, persona di molto spirito et valore.
(4) Ferrari , Sulle bocche che estraggon acqua dai navigli. >'el voi. II , pag. 73, 85 degli Opuscoli scelti di Milano. Ampiamente ne parlò il Bru- schetti (ma senza dir del Soldati) nella Storia de' progetti per la navigazione del Milanese, 1821.
(5) Diversarum Speculationum (1585), pag. 133.
604
fantasie irrite sempre e vane, dico al ricavar le leggi degli edifici da quelle della musica. Il Lomazzo, ch'eragli amico, detto de' cinqu'ordini, aggiunge: u II sesto novellamente » ritrovato da Giacomo Soldati architetto del Sereniss. » Duca di Savoia, che egli chiama Armonico, et col suono )) facilmente lo fa sentire all'orecchie, ma agli occhi stenta » rappresentarlo, volendo in questo imitar gli antichi che » non meno sonando che disegnando et fabricando fecero )) conoscere al mondo l'armonia dei suoi cinque ordini. » Cosa che riuscendoli è per apportar grandissima gloria rt alla nostra Italia » (0. Altrove due volte lo mentova come architetto militare (^\
Nella guerra del 1592 contro la Francia presidiò il Soldati il forte di Mirabouc nella valle di Lucerna, che assalito dal Lesdiguières fece poca l'esistenza, rimanendo prigione l'ingegnere per alquanti giorni (•^). La nota di poco valore, della quale macchiossi allora, pare che in- dotto abJDÌalo a vantar un assai dubbioso servizio, dicendo che nella sua prigionia ebbe colloquio con Lesdiguières, udendolo dire che con scelta truppa e 4000 guastatori, pensava di notte sorprender Torino ; dal qual pensiero egli lo dissuase facendogli credere munitissima la città di tutte quelle difese, che esposte sono nel Discorso qui citato al N." i. Ma tutto ciò mi pare vanità, da Lucerna a Torino incontrandosi allora assai luoghi forti , né po- tè vasi sorprender la cittadella, né tener la città contr'essa.
Sul cader del secolo tornò il Soldati in patria dove, come pericolosa e vana, fu reietta la sua proposta di aprir un canale dall' Adda in terreno ghiaioso W, e moriva
(1) Idea del tempio della pittura (1590), pag. 35.
(9) Trattato dell'arte della pittura (1584), pag. 652, 690.
(3) Cambiano, col. 1299.
(4) Bruschetti, pag, 125.
605 poco dopo. Nell'anno i58o riscuoteva egli in Piemonte l'annuo stipendio di L. i-jSS (0.
BIBLIOGRAFIA DI GIACOMO SOLDATI.
I. Discorso di Jacomo Soldati intorno al fortificare la città di Turino, servendosi dalla muraglia , baloardi, terrapieni et fosse che vi sono di presente^ senza alte- rare la forma del recinto pi^esente ; et sarà fortezza gagliardissima .
Archivi di Stato in Torino, materie militari, mazzo I ; originale. Propone d'ingrossar i muri e soprattutto murar porte e finestre delle case guardanti l'interno della mu- raglia, facendone un retrofosso.
II. Discorso di Jacomo Soldati architetto et cosmo- grafo del Sereniss. S. Duca di Savoia ecc. Del modo di defendere la cita di P^ercelli dal fumé Servo et Sesia.
Originale nella biblioteca Saluzziana ora del Duca di Genova, e dato da Torino, i° aprile i58o; in ij fo- glietti. Di Giacomo non fa menzione l'Argelati ed il Bru- schetti non rammenta che i suoi scritti idraulici riferenti&i a Milano. Negli lirchivi di Torino evvi pure la pianta della Villa di Rimbergs sul Reno, sottoscritta Carlo Sol- dati ingegnerò fecit e rappresentante l'assedio postovi dallo Spinola in principio del xvii secolo; questi doveva essere fratello o figlio di Giacomo.
Di lui trovo anche rammentato dal S. d'Ayala un Di- scorso sulle fortificazioni di Udine W, del quale non dà altra notizia e non mi è punto conosciuto.
(1) Ricotti, Storia della Monarchia Piemontese, voi. II, pag. 528. (9) Degl'ingegneri militari Italiani (I8G9), pag. 25.
606
UX.
FEDERICO GHISLIERI DAL BOSCO.
Sili del' secoli bassi fioriva in Bologna l'illustre famiglia de' Ghisilieri, mentr'era pure al Bosco presso Alessandria quella de' Ghislieri, né io so se sin d'allora si dicessero consanguinei. Ma allorquando fu assunto al Cardinalato e più ancora quando eletto fu pontefice Pio V, nato dai Ghislieri del Bosco, i patrizi Bolognesi, portanti con lieve diversità il nome stesso, si dissero stipiti della famiglia e parlarono di un Luciano che , circa cencinquant'anni prima , a Torino e presso Alessandria propagato aveva due rami di lor gente, ed il Pontefice stesso (con brevi del i566, yo) si riconobbe lor discendente 0). Checché sia di ciò, il lacobilli ed il Cesi, scrittori genealogici di quel casato, narrano che Luciano dimorando in Piemonte vi generasse un Lamberto, da cui nacque Francesco, che fu padre di quel Federico, del quale do qui le notizie i^\ Concordano però ambedue nel dire che Federico fosse del ramo di Torino; ma Cesare Campana, scrittore con- temporaneo ed in un libro qui stampato con più pro- babil ragione, lo dice del Bosco v^). Un altro scrittore lo vuol Romano ('', accennando all'origine di sua famiglia od
,^1) Soleva però dire Pio V: Nec alios illustrcs titulos velie se in gente m mam induccrc, quibus ea numquam antea darnisset. Bolland. Maggio, p. 61 G. Kpperciò ne tace il Canefri nella ras. genealogia de' Ghislieri d'Alessandria.
(2) l'amphili Caesii, ///. Ghisilicriorum genealogia (Foligno 1G6()); Lodo- vico Jarobilli, /'ita di cinque Santi de' Ghisilieri 'Todi 16G1).
(3; Historic del Mondo (Torino, 1598), libro XI, pag. 457.
(4) Cimarelli, Storia di Corinaldo, pag. 181. Ne so intendere per qual motivo un recente scrittore lo dica da Brescia, seppure non seguì la mal fondala opinione del cav. Cesare Saluzzo. Noto però essere cosa singolare come ne' tanti suoi scritti giammai accenni il Ghislieri alla parentela sua con Pio V.
607 ali aver militato per la Chiesa ; ma eh ei fosse della terra anzidetta, eh era allora parte di Lombardia, cioè suddita a Spagna , ricavasi eziandio dal fatto che le prime armi ei le fece per quella Corona.
Quando nascesse non mi è noto , ma dall'epoche de' suoi fatti ricavasi che ciò fu poco prima del i55o. Scarso vantaggio credo pure che gli recasse lo zio Pontefice av- verso al nepotismo, come anche, per essere questi morto nel 15^2, allorquando Federico non contava forse ancora quattro lustri. Ad ogni modo, se qualche cosa giovògli nella luminosa sua carriera, sarà stato il potersi dire con- sanguineo di un Papa venerato e di Michele Bonelli car- dinale Alessandrino , cui molto peso diede nelle corti e nel concistoro la fama della virtiì propria e quella dello zio; fatto è che ne' numerosi suoi scritti giammai fa pa- rola Federico di questa sua, e fosse pur remota, pai^eii- tela. Giovine ancora si volse alla profession dell'armi, come usavan i nipoti de' Papi, che sacerdoti non fossero e come usaron altri Bonelli e Ghislieri, nel suo rapido avanza- mento fomentato essendo dal lustro della famiglia.
Nell'esercito Spagnuolo militò egli dapprima in Fiandra venturiero , se non erro , sotto Alessandro Farnese col quale trovossi nel i582 presso Gant ad assalire l esercito di Francia , che col Duca d Alencon operava in favore de' Fiamminghi sollevati (^) ; fu pure collo stesso alla presa dell'Ecluse presso Cambrai tenuta essa pure dai Fran- cesi (^) , e poco stante andò a Namur a visitare Appio Conti, che da Lieiji venendo con scorta di dodici lancie, imbattutosi in quindici lancie nemiche , quattro ne cat- tivò, rilevando una stoccata ^^). Contro l'elettore Truchsess
(r Discorsi mililari, mss., f. 107.
(-2) Trattato dell' Espugnazione della Rncrrlla, nis , f. fi.
(3) Discorsi militari, f. 112.
608
Lrovossi nel i584 alia presa di Bornia fatta dall'esercito Bavaro adiuvato da 3 odo fanti e 5oo cavalli coi quali stava il Ghislieri (^). Militando in Fiandra deve aver av- vicinato il Farnese , il quale usando trai^re a se i pili degni uomini, deve averlo ricevuto nella corte del prin- cipe Ranuccio, a questi dicendo il Ghislieri nella dedica dei Cavaglier escili essercitii (di Parma, 22 aprile iSS^) ch'eragli stato maestro di scherma, avvegnaché, non questa, ma la milizia fosse la sua professione. Nel iSqo seguì in Francia il Farnese contro Enrico IV, trovandosi alla sanguinosa presa di Lagny-sur-Marne, ove notò che per passar il fosso adopraronsi barche pavesate con ponti cascatoi al modo già praticato all'Ecluse W. Nell'autunno di quell'anno tornò il Ghislieri in Italia, accompagnandosi, a quanto pare, con Pietro Gaetano, con Mario Farnese, col Principe di Gastelvetrano e coll'amico Appio Conti (3), recantisi ad ordinar le milizie della Chiesa per poi av- viarle in Francia ; fatta la massa e la rassegna al Castel- lazzo presso Alessandria , numeraronsi sotto il Gaetano nove compagnie di fanti, una delle quali ebbe a capitano il Ghislieri (4) , e tutte per la via di Savoia e Borgogna portaronsi in Lorena , ove si congiunsero col Duca di Parma.
Credo tuttavia che a quella guerra poco tempo si fer- masse e che tornasse in Italia prima ancor della pace conchiusa dal Papa con Enrico. Nell'anno stesso i SqS un grosso numero di truppe Ecclesiastiche andate essendo col- l'Aldobrandino in Ungheria, era fra esse il Ghislieri con una compagnia di fanti (^). Giunte nel settembre sotto Strigonia,
(1) Discorsi mililari , f. 115 ; F. Strada, Deca li, libro V, pag. 202.
(2) Discorso sopra l'espugnazione della Roccclla ; f. 6.
(3) Campana, Historic del mondo, pag. 457, 58.
(4) Campana, 1. cit.
(5) Idem, libro XVI, pag. 723.
609 alloggiarono contro la breccia aperta dai Tedeschi e fu- rono cagion principale dell'acquisto di quella piazza. Fu nel 1 597 air assedio di Giavarino , dove osservò che i Cristiani di giorno « non poterò retirar i pezzi che di » notte avevano appariti al parapetto per contrabattere » la batteria Turchesca appiazzata su cavalieri » (0^ nar- rando pure di aver veduto u un Perugino giostrato da » un Turco nella schiena, col gettarsi giù da cavallo, fu )) poco o debilmente ferito et liljerato da Noi, che con )) la spada sola et disarmati ricaricassimo lo nemico )•> (^). Stando in Ungheria sotto Vaccia fu mandalo da Giorgio Basta e dal Burgau a salvare certi fanti Italiani e Francesi oppressi dalla cavalleria de' zagaglieri Turchi; dove, soc- corso dal Basta , uccise settanta Turchi e prese uno stendardo (3).
Prosegue poscia a narrare come: u l'anno iSgS par- » titosi l'esercito imperiale da Altenburg , dove haveva » fatta la massa, s'indirizzò all'impresa di Pappa piazza » assai debole con torrioncelli all'antica et un poco ter- » rapieno : battuto che fu uno di questi dalla parte del » lago che lo bagnava (che alla destra mancava di difese), » fatta la breccia ed assalto guidato da me, lo sforzas- » simo il secondo giorno, et i Turchi retirati in un piccol » castello , la notte seguente si arresero a Camillo Ca-
» pizucchi, che preparava la batteria poi andammo
» ad assediar Giavarino dove sapevamo esservi poche )) vittovaglie e 2600 Turchi ; vi fecer sotto un campo » trincierato, ed un forte sopra la Rabanizza, col quale » si pretendeva di notte impedir il soccorso
(1) Trattato che il defemorc non può conlrabatterc le batterie delti espu- gnatori; ms., f. 10.
(2) Discorsi militari; ms., f. 107.
3) Ivi, f. Ufi. Questa scaramuccia è a lungo descritta dal Tarducci.
GIO
» fiutivo ^ venne avviso che il Turco con 80,000 coni--
)) battenti veniva per sloggiarci : si tenne conseglio et il
)> mio parere fu questo che diedi in scritto instato da
V Gio. Francesco Aldobrandino mio generale et persuaso
i> da Giorgio Basta Accostatosi il Turco a sei
» leghe, gittassimo il ponte et in un giorno intiero pas-
» sassimo nell'isola di Giavarino, et da quesla nell'altra
T) di Cornar; la retroguardia toccò a noi altri Italiani,
n che nel disfare il ponte fossimo combattuti dalle Sciac-
» che del Danubio et da poca fanteria e cavalleria )> ecc. (0. Fu nel 1602, come ingegnere, sotto Canissa dirigendo
le operazioni di quel celebre assedio e così descrivendole:
u E quando, per necessità del sito, bisognasse caminar
)) imboccato , quest'approccio sarebbe perfettissimo , ha-
» vendomelo fatto inventare il bisogno ch'hebbi d'esso
)) nell'assedio di Canissa, dove caminai per quel pantano
» sempre imboccato , e costrussi gli approcci di legno
n verde di cerqua e di pino , facendone anche spalle
» grossissime , sopra le quali componevo parapetti con
» botti terrapienati, feritore con sacchetti pieni di terra,
» e in diecidotto giorni feci trecento passi di trinciera ,
)) con sei di queste spalle che servivano per redutti. Et
» è bene che si sappi che le balle de' pezzi grossi dalle
)i spalle e da' fianchi della detta Canissa sparati , non
)) passavano queste construttioni di legno alla grossezza
» di 25 piedi, che sette od otto [piedi) e senza rompere
» né spellar i pezzi di quei arbori imprimevano la forma
» della balla forandoli e cavandone quella materia simile
)) alla segatura , e colà inventai la macchina battezzata
)) in Fiandra Salsiccione, ch'era un gabbione di diametro
» di quindici piedi e lungo altrettanti, ripieno di fascine
(r Discorsi militari, f. il, 50.
611 «molto l)?u ìigate in tre parli della loro Imigliezza e )i incrociato in travicelli , del quale mi servii per resi- » stente andante contro alle moschettate imI>occanti 1 ap- )) proscio, e non era poca la fatica e altrettanto perico- » Iosa, poiché convenia far la strada sopra agli arboscelli » naturali in quel pantano, tagliandoli e sopramettendovi ))^ lunghe e grosse fascine triligate con gli estremi che » si giuntassero nel mezzo , e sopra questi , graticci » e poi tavole , e coperta questa strada con materiali >) portati, si rotolava il detto gabbione, con la qual opera » stentata guadagnai la mela della fossa viva , che era » larga venti passi andanti, nella quale mi fermai dieci » giorni senza attaccar con la zappa il ramparo come » era conveniente, per aspettar 1 altre nationi, e soprave- )> nendo il temporale dell invei'no, facessimo quella poco » honorevole ritirata, non gii per mio conseglio, ma sì )) bene per quello di Rosbuna (Rosbaii) Mastro di campo » generale dell'esercito Imperiale, venuto da Alba Reale » ricuperata in quell'estate » ecc. X. Il qual salsiccione fu adoprato Tanno stesso ali assedio di Ostenda , essen- done tenuto inventore il conte di Buquoy ed è sovente descritto ne' libri di quell epoca; forse il Ghislieri lo avr.\ imaginato, ma lo imaginarono eziandio altri contemporanei. A^siung^e ancora : (( Ed io ho concertato sotto Canissa n una botte raccomandata a travi in bilico, sopra la quale ì) fabbricai una casetta a botta di moschetto con il lato » verso la piazza , che faceva ullìcio di ponte cascatoio •<) sopra la breccia, e un huomo solo bsn guardato gui- » dandolo, trainava il restante del ponte sopra botticelli, ») sicurissimo per essere stato largo a bastanza e reggente » grandissimo peso. E suole il Turco nelle fosse bagnale
^l Trattala snpra l'rxpìignazionc flrUn Roccrlla ; f. I.
6«2
)ì adoprar un trave con un hiiomo sopra per scarpellb- » nare la camiscia )> (0. Altrove poi dice : « Canissa in » Ungheria, all'assedio della quale ultimamente mi trovai, )) per essere in mezzo d'una valle appantanata , per i •» colaticci d'un lago detto Baiatone , facilmente si po- )) trebbe affogare, come in un mio discorso ho fatto co— )) stare all'Imper. Ridolfo ed all'Arciduca Ferdinando » (^). Affermano il lacobilli ed il Cesi, che da Clemente Vili fu poi promosso il Ghislieri a luogotenente generale del- l'esercito pontificio in Ungheria; la qual cosa, se fu, dovè essere posteriore all'anno i5g5, nel quale egli era soltanto capitano, grado rispondente a quello odierno di maggiore o capo di battaglione. Accenna pure, sebbene men chia- ramente, di essersi trovato nel i6o4 all'assedio di Rim- bers sul basso Reno ^■^).
Circa que' tempi credo pure che abbia trattato il Ghi- slieri per condursi al soldo non so se dell'Imperatore o del Re di Spagna, trovando nelle Miscellanee di Torino un Discorso comincianle cosi; (( Desidererei di servire a » S. M.*^ con uno terzo d'infanteria e questa armarla » d'armi da difesa secondo il costume; ma di più, dargli
)) una rotella con una mia inventione bellissima
)) Vorrei armarla et di una picca di nuova
)) inventione , la quale mi promette vittoria in ogni oc- )) casione. Vorrei dare tre sorti d'armi da fuoco a questo )•) terzo » ecc. Così egli senza dire qual sia questa in- venzione mirabile, lasciandocela credere della specie di quelle mirifiche del Barocci , del Brancaccio e di tanti altri. Una lettera del 1602 (data nella bibliografia sotto
(1) Trattato sopra l'espugnazione della Roccclla; f. 7.
(2) Discorsi militari; f. 47; vedi qui so» lo la Bibliografia A >"." V
(3) Dedica dei Discorsi militari.
il N." \) dimostra clie a quell'epoca face vasi egli racco- mandare al Re di Spagna dai Principi Austriaci.
Fu questa una dell' ultime sue imprese nelle guerre Fiamminghe e Pannoniche, nel i6o5 essendo al soldo di Toscana in qualità di Mastro di campo generale delle fanterie della Religione di S. Stefano , col qual comando trovossi , sotto 1 ammiraglio Iacopo Inghirami, a sorpren- dere, addì 3 maggio^ la città di INicopoli in Epiro, ossia Prevesa(0; del qual fatto egli scrive: «Come avvenne ») nella sorpresa eh' io feci della Prevesa in Grecia , che « nel borgo incontrati gli E lenenti , contro quelli mi » convenne combattere , e la fortezza toccò gagliarde « anni e sparò un pezzo ; con tutto ciò fatto lasciar le » scale ed altri ordigni , mandai ad attaccare il pet-
» tardo et riuscendo la sorpresa fossimo confermati
» nel detto del savio, che la fortuna aiuta gli audaci » '.^\
Lasciato in breve il servizio di Toscana , portossi a Roma dove, nella qualità sua di consanguineo di Pio V e del cardinale Alessandrino, doveva essere il benvenuto, come ancor per la fama acquistatasi combattendo Tui'chi e Protestanti. Infatti, nell'anno 1606 fu da Paolo V fatto colonnello delle milizie nella provincia del Patrimonio (^) ; ma, con migliori informazioni, scrive il lacobilli che al- lora fu nominato dal Papa mastro di campo generale ^^); più chiaramente Paolo Sarpi narra che, a motivo del famoso interdetto di Venezia, facendosi armi da Paolo V, fu mandato appunto nel 1606 « in Ancona il Colonel
(1^ Fontana, Imprese dei Cavalieri di S. Stefano (1701), pag. IH; Gio- vannelli, Cronistoria di /^o/tórra (1613), pag. 15-2; Orlandi, Relazione del- l'impresa della Prevesa (1605).
(2) Discorsi militari, f. 54.
(3) Cesi, Genealogia Ghisilierorum, N.» 107.
(4) nta di Pio r (166r, pag. 4.
614
» Federigo Fabio Gliisleri eletto Capitano de' cavalli leg- )) geri; il quale anco iece un rolo di l'yoo archibugieri » a cavallo descritti in diverse città dello stato Eccle- » siastico, la maggior parte però senza arme , et senza » cavalli, a quali non diede altro stipendio, che facoltà » di portar armi , ne però questi mai si ridussero in- » sieme » d Parla eziandio il Cimarelli di Fabio Ghisleri d'Alessandria luogotenente generale delle milizie dello stato Ecclesiastico , che nel 1 606 passò la rassegna in Ancona a quelle di Corinaldo ^'. Vivendo in Roma attese a parecchi de' suoi scritti, frutto delle osservazioni latte in tante campagne, come pure diede opera a quegli studi pratici che meglio si conducono in pace, come sarebbero le sperienze sui calibri e sulle gittate delle varie canne da fuoco, narrando egli stesso come: « In Tivoli 20 mi- » glia da Roma lontano, ho fatto fabbricar canne lunghe » 3[ oncie Bresciane, le quali sono riuscite da 20 a 21 » libre di peso , da un'oncia e mezza di palla , con le » quali di punto in bianco si tira 4oo passi andanti » (^). La guerra del Monferrato, scoppiata nel 161 3, lo trasse a militare con Carlo Emanuele I. Aveva il Ghislieri in quella circostanza offerto la persona sua al Duca di Mantova e del Monferrato, dal quale stato era ripulsato come uomo pigro e mal capace, ed egli, che di se alta- mente sentiva , offrissi allora al Duca di Savoia , che lo fece suo consiglier di guerra e colomiello trattenuto W, cioè col grado e gli onori del colomiellato. Per la in- giuriosa ripulsa struggevasi egli di poter provar al mondo e singolarmente al Gonzaga la propria virtìi. Ghisìliero
'\) Historia delle cose pas.fate li a Paolo V e Veneiia (1624), pag ItO.
(2) Histnrie dello Stato d'Urbino e di Corinaldo (1610', pag 102.
(3) Discorsi militari, f. 11. Once 31 Bresciane sarebbero circa m. 1,36. (4' Dedica dei Discorsi miliiari.
f)1!) ìuaxiììie in votis Jidsse accepimiis, ut nobili aliqiio fa- cinore virtutem suam omnibus, et ante alios Mantuano approbaret ; a quo ut segnis et parwn gnarus reiectus fueraty cwn belli initio operam suam Duci ij'requisitus obtuUsset. Equidem in parte Sabauda tvanslatus hono- rum militiam non uno documento dlu professus est (^/. Così Io sciagurato Duca di Mantova , dopo ributtato il conte Guido S. Giorgio, ril^uttava ora il Ghislieri, all'av- versario suo procacciando volontariamente due prodi ed operosi ufficiali superiori. Assai adoprossi il Ghislieri nella presa di S. Damiano d'Asti ed in quella di Crevalcuore, ove comandò una batteria, che in un'ora abbattute due torri, aprì una larga breccia ; fazioni combattute ambedue neil anno i6iy '•^).
Egli stesso, dedicando a Carlo Emanuele i suoi di- scorsi militari, ne fa intendere come si trovasse al soc- corso lanciato in Vercelli attraverso al campo Spagnuolo, parlando altrove dei fatti d'armi di Felizzano e d'altri luoghi. Dice altresì di essere stato assunto dal Duca, nellanno 1617, a Maestro di campo generale del suo esercito e del Piemonte, come anche a luogotenente del Terzo della guardia ducale.
Furon queste le sue ultime azioni belliche, attesoché fattasi la pace nel settemljre di quell'anno stesso, fissò il Ghislieri suo soggiorno in Torino , venendo da Carlo Emanuele gratificato del titolo di Marchese di Roasenda e del grado di general supremo della cavalleria \^) ; del
(1) A. Possevini, Belli Movfenatensis Historia (1637), pag. 522.
(2) Ivi, pag. 522, 531.
(3) Nel volume >\° 11,1 delle Miscellanee militari evvi una sua ili- fhiarazione a favore del Romano Michelangelo Sorci distintosi nella di- fesa di Vercelli ; è intestata : Noi Federico Ghisliero per gratta del Ser.'"" di Savoia Marchese di Roasenda, Mastro di Campo Generale, Colonnello del Reggimento delta sua Guardia et coìi.<<igHero di guerra.
qiial grado ben era degno per la special cognizione che aveva non solo di quest'amia , ma anche del cavallo, di cui non omette mai occasione di parlare e forse ne fu anche maestro al Principe di Parma. Né ciò faccia ma- raviglia , eguali stati essendo i cominciamenti del Marchi già maestro d equitazione del giovane cardinal Farnese ed, anche in età sessagenaria, arrischiato volteggiator su cavaUi (0. I quali gradi sono esposti dal lacobilli aggiun- gente essere in Torino morto il Ghislieri nel 1619, come attestan anche le memorie trovantisi presso i suoi omo- nimi e provenienti da Sale, non mai nel 1622 come vor- rebbe il Cesi. In lui si spense quel ramo de' Ghislieri i^), lasciato avendo Federico soltanto una figlia, di nome Barbara, sposatasi in un conte Bonida di Pinerolo l-M
Per la illustre prosapia dalla qual discendeva, viss'egli famigliarmente con Principi e grandi. Narra egli stesso come l'ultimo Duca di Giuliers gli avesse fatto vedere un petto di sette libbre, che, lui presente, resistè alle archibusate. Studioso qual era delle cose equestri , amava trovarsi a giostre e prendervi parte ; una ne vide in IMonaco di cavalieri armati di corsaletti in ferro ; in In- spruck giuoco a correr a cavallo col generale marchese di Burgau ; intervenne in Roma alle giostre tenute da Quinzio del Bufalo, Silvio Piccolomini (di cui dicesi di- scepolo (4)) ed A Scanio Ruggiero, ch'era primo tra' ca- vallerizzi d'Italia ; intervenne a Firenze a quella com- battuta da cento gentiluomini Sanesi capitanati dallo stesso Gran Duca , notando che non si trovarono quattro
(1) Ronchinì, Lettere del Marchi, pag. XXX, N." 22, 94.
(2) Dello stipite suo era forse il colonnello Ghislieri morto in Candia Tanno 1647. Nani, Historia Veneta (1679), parte II, pag. 143.
(3) 1 Bonida non si trovano in Piemonte, e forse devesi intendere dei conti Bonadi di Chieri.
4) Regole di eavagliereschi essercitii. Dedica.
GI7 clie accettassero di urtarsi colla lancia ; il qual abbatti- mento fu forse quello del 1608 descritto dal Bracciolini. Affinchè poi si veda qual vita avessero allora in Italia gli esercizi equestri , addurrò le sue parole : u Nella » città di Sulmona, in quella di Cesena, et in Lombardia » in quella di Vicenza , si veggono i mantenitori delle » giostre star con la lancia aiTestata aspettando mentre » i loro cavalli attaccati senza briglia hanno la biada » avanti, che i cavalieri che vanno di carriera investirli, » per lo più sono scavalcati, et sopra le groppe de' loro » cavalli rinversati, tutto causato dal grande avvantaggio » che ha colui che si trova avere la lancia arrestala , )) che perciò più lunga diviene )ì ('). Dove notisi che queste tre città non eran certo delle prijne d'Italia.
Erudito scrittore fu il Ghislieri , e nell'opere sue co- piosamente addotte sono le migliori autorità de' tempi suoi e di quelli passati , stampate fossero desse oppur inedite , come la manoscritta storia dell'assedio di Siena di Vincenzo Pinelli ed il libro di un G. B. Raimondi per ancora non uscito a stampa ^^), ognor palesando una vasta lettura ; acuto osservatore, minutamente nota quanto conferisca a dar nerbo alle sue teorie da lui avvalorate colla sperienza delle gueiTe ch'ei combattè in Ungheria , Germania, Francia, Fiandra, Grecia e Piemonte; pure, uomo essendo della sua età, a quando a quando si svela peripatetico all'uso de' tempi. Note abbastanza sono le persone che Galileo frequentava in Roma , in casa loro svolgendo le sue dispute e difendendo sue proposizioni di meccanica, fisica ed astronomia, e certo che eran quegli
(1) Discorsi militari, f." 122.
(2) Ivi, f.° 5. De' libri militari, già da lui posseduti e portanti il suo nome, ho veduto un esemplare del Cinuzzi, uno del Tensini, altro del Lorìni.
618
uomini Ira i più dotti di que tempi; ora, del grande fdosofo , nel i(")io e da Roma scriveva il Querenghi al Cardinale d'Este : « Del Galileo avrebbe gran gusto V. S. » IH.'"'', se l'udisse discorrere come fa spesso in mezzo n di quindici o venti, che gli danno assalti crudeli, » quando in una casa e quando in un'altra .... Lunedì ») in particolare, in casa del signor Federico Ghisilieri fece « pruove maravigliose ; e quel che mi piacque in estremo, » fu che prima di rispondere alle ragioni contrarie, le » amplificava e rinforzava con nuovi fondamenti d'ap- » parenza grandissima, per far poi nel rovinarle rimaner » pili ridicoli gli avversarii ('-.
Fra i prosatori Italiani nessuno ne conosco che alla pittoresca maniera del Bartoli ed a' suoi felici ardimenti si appressi quanto il nostro, e ciò per eguali tempere d'animo, anteriore d'età essendo il Ghislieri e certamente sconosciuto al Bartoli ; codesta comunanza di stile e di lingua notandola io anzitutto negli scritti inediti , essen- doché il libro de' CavagUereschi esser citii punto non si presta a brio e ad eleganza di scrivere. Vibrato e militare n'è lo stile tutto fiorito di arditi e piacevoli neologismi a luogo a luogo e dove necessità li voleva ; e chi ha senno ben sa che, quando opportuni, essi son sangue e vita delle lingue parlate e che le nuove cose forza è enunciarle con vocaboli nuovi. Che se a tratto vi s'incontra qualche idiotismo romanesco (come cerqucty andassimo e simili), ciò si deve all'aver vissuto e lun- gamente praticato con Romani ; e già io antepongo sif- fatti idiotismi ai barbarismi altrui, de' quali qualcuno pur ne sfuggì al IMontecuccoli. Avvegnaché inediti siano i suoi libri, è maraviglia come da nessuno mai siano stati percorsi, vogliasi per le cose o per la lingua e, per figura,
(1' In Venturi, Memorie e ìellerc di Galiìen J818', parlo I,pag. 261.
619 avrelìhevi trovato il Cirassi pel suo Uizionaiio un tesoro ili voci nuove ed inaspettate ; ma agli studi bibliografici ed alla ricerca de codici egli era troppo estraneo.
In lui riscontransi certi politici avvedimenti e consigli nuovi , opportuni e profondi. Scelgo tra essi uno che si riferisce all'istoria nostra e che in quell'età parrà sin- golare, tanta n'è la prudenza, e che^, attuato da Prin- cipi nostri , valse a fissare lor fortuna militare ; rinfranca egli questo consiglio coH'esempio del pericolo corso allora da Venezia, e l'esposto dal Ghislieri fu quello appunto posto poi in pratica da Napoleone. Ecco le sue parole , dove discorrendo dell'accrescimento delle fortificazioni di Torino, nota (parlando al Duca) che « Per dirne il mio » parere di questa di Torino da farsi, se non fosse che la » vicissitudine delle cose mondiali mutano spesso faccia, et » che il suo stato si trova in mezzo alla maggior mole d'an- )) cudine et al piiì pesante martello del mondo, direi, » che stante l'immenso valore della Ser.™^ Casa di Savoia » e rafìfezione grandissnna de' suoi Popoli, non li bisognan » fortezze, ma il cumular danari, con li quali potrà sempre » accrescere le sue forze vassalle et procedere contro i )) suoi nemici, come ha fatto perfino a quest'hora, essendo )) molto bene noto alTAlt. S. che le fortezze hanno bisogno » d un esercito che le difenda, che qualvolta nemico po- » tente le attacca, in breve tempo se ne impadronisce e )) difficilmente si possono soccorrere, salvo che con un » esercito all'altro superiore, et il più. delle volte i soc- » corsi forestieri non possono arrivare in tempo, e che » nel fabricarle e nel mantenerle , in tempo di pace , » costano a Principi i milioni, co' cpiali , in tempo di » guerra , si haverebbeno molte migliara di soldati , e » che i Principi, per potenti che siano, non possono )) supplii'e alla spesa per tenerle munite.
f)20
» ProvoUo la S.'" Veneta alla venuta di Fuentes nello
)) stato di Milano, quale spese un milione e piiì per
» vettovagliar le sue fortezze e provvederle dell'altre
1) cose necessarie, credute in que' di le piiì provviste che
n fosseix) nel mondo, e quella Repubblica non sarà mai
» bastante a far guerra offensiva perchè mantiene milizia
1) morta al numero di quindici mila e più nelle dette
» sue fortezze, con le quali pensa solo alla difesa, et
1) sempre che non bavera esercito egual all'altro che
)) l'assaltasse, nello spatio d'un anno perderà e le for-
)) tezze e lo stato, maggiormente quando li fossero vie-
» tate le nationi mercenarie et l'altre ausiliarie , come
» havevano procurato li Spagnuoli , i quali radunando
n le loro forze e potendole sostentare anni , disegna-
» vano con cinquanta mila fanti e cinque mila cavalli
» impossessarsi di tutta terra ferma senza espugnar
» altra piazza che quella di Peschiera. Sapendo benis-
« simo l'A. V. che con essa si divideva il Veronese et
» Padovano dal Bresciano , Bergamasco et Cremasco ,
» acciocché queste non godessero il benefitio della ma-
)) rina Veneziana, et presa Asola et Desenzano sul lago
» di Garda assicurava la venuta dalla Lamagna ; dispo-
» nevano poi cinque mila fanti e cinquecento cavalli
» per l'assedio di Bergamo col Bergamasco, tre mila
» per il Cremasco ; volevano assediare Brescia col Bre-
» sciano con otto mila fanti e secento cavalli ; sopra il
» Veronese et Padovano dieci mila fanti e secento ca-
» valli; alloggiavano nel Polesine due mila, e chi sa se
» il Papa interessato per ricuperarlo havrebbe aiutato li
') Spagnuoli ; per assediare Treviso col Trevisano, e met-
rt tere in mezzo l'esercito loro che era nel Friuli, dieci
» mila fanti e tre mila cavalli , con quali forze e con
» quelle dell'Austriaco pretendevan Udine col restante
€2f » del Friuli ; cinque mila fanti poi assestavano nel Vi- » centine e con Tarmata, oltre l'impadronirsi del Zante, )) di Cefalonia, di Corfù pretendevano opporli (0 qualsi- » voglia soccorso Turchesco, Inglese o Olandese, a tal » che osservando buona polizia disegnavano goder le » vettovaglie di quel stato e con le contribuzioni pagare )) l'esercito loro, fortificando que' luoghi soli più pros- » simi alle città e fortezze » ecc. Colle quali fortezze occasionali chiuso avrebbero, come in un cinto, le città forti. Prosegue poscia :
« E creda pure quella Repubblica che l'A. V. l'ha » liberata da im grandissimo compromesso indubitata- » mente, perchè quel poco esercito loro nel Friuli già » consumato e distrutto, e quante forze vassalle avessero )) potuto metter insieme, non havrebbe portato allo Spa- )) gnuolo timore alcuno perchè nell'ingresso voleva subito )■) combatterle. Ma^ persistendo FA. V. nel voler che lo )ì Spagnuolo disarmasse voltò egli tutte queste numero- » sissime forze contro l'A. S., nulla curando alle schiene » le Veneziane, e pure senza fortezza nelle frontiere, cam- » peggio seco con la metà meno di fanteria e di caval- •» leria, havendolo alla Motta superato e rotto, e com- » battuto alla badia di Luxed nel Monferrato, che era n tutto il suo esercito et la retroguardia colà, lo spatio di » otto bore, di quattro in cinque mila fanti, e d'inverno » in faccia sua espugnò S. Damiano in sette giorni , che fu » già difeso da' Francesi et ributtato Ferrante Gonzaga » generale dell'esercito Imperiale » ecc. Gonchiude quindi :
c( Sendo dunque Torino la metropoli di Piemonte e » la residenza dell" A. V. col suo Ser."" sangue, et anche )) frontiera del Monferrato protetto da' Spagnuoli et es- )) sendo mestieri modernar la sua fortificazione difettosa,
t) Opporli, cioè impedirli i oppure opporsi a qualsivoglia.
^22
» con la qu.il convenia graiidirlo, stimo couvenghi ali A. S, » cingerlo con muraglie al tempo ti oggi usate dall ar- » chitettura fortificatoria , e questo è quanto m'occorre » dire sopra la proposta dell A. V. » . Insiste di nuovo che^ atteso il danaro richiesto per fare e mantener for- tezze, Torino non venga fortificato troppo, volgendone la spesa ad ammassar soldati (' .
In altra copia, ma alquinto diversa, delio stesso Di- scorso, dice eziandio, che Carlo Emanuele I con soldati, che appena potevan dirsi un esercito, tanto eran pochi (( difese Asti et dopo consumò et distrusse 3 potentissimi )) eserciti et ultimamente ha sforzato il suo nemico alla » pace, disfacimento de' suoi popoli et dell'erario et » perdita totale della sua reputazione ; ha ancora con )) straordinaria prudenza et negoziato voltate le cose » Francesi a suo prò, di prima tanto allA. Sua perni- » ziose, e procedendo la gloria del vincitore dalla qualità » del vinto, dicasi che a Savoiardo valor sol sii concesso )) il superar l'orgoglio di sì potente monarchia, e quanto » ha Ella operato in questo modo, tutto è stato senza ») ahito di fortezze, e per dirne il mio parere di questa 1) di Torino da farsi, se non fosse che la vicissitudine » delle cose mondiali mutano spesso faccia , et che il )) suo stato si trova in mezzo al inassior Scilla et al ì) maggior Gariddi del mondo, direi che, stante lim- » menso valore della Sereniss. Casa di Savoia e l'alFe- » zione grandissima de' suoi popoli, non li bisognar for- » tezze » e così di seguito. Le quali cose si riferiscon tutte alla guerra che il Duca di Savoia combattè contro Spagna dall'anno i6i4 al 1617, come nuova ed impor- tante è pure la rivelazione del piano di campagna che
(I) Discorso sopra Varie di far lo guerra.
623 occasioiialinente tenuto avreblìe Spagnuoli ed Austriaci contro Veneziani.
Della scienza del Ghislieri circa le fortificazioni e l'ar- tiglieria non è a dire, risultando dessa dai titoli stessi tle' suoi scritti ; ma era pur anco versato nell'architettura civile, come dalla Pianta di S." Maria di Piazza per Turino, che è tra suoi manoscritti ; avvertì pure come Romana fosse la nostra Porta Palazzo, con savio giu- dizio non avuto dai dotti sino alla nostra età. Gli squarci (juì riportati sono desunti dalle sue bozze originali, e ciò noto onde non faccian caso le imperfezioni di lingua e d'ortografia, che sarebbero scomparse nella copia pulita.
Di quel colonnello Ghislieri militante in Candia, dove morì, giusta gli storici Veneziani, nel 1647 ^^\ non ho nulla a dire , essendo affatto diverso dal nostro.
BIBLIOGRAFIA DI FEDERIGO GHISLIERI.
1. Regole di molti cavagliereschi essercitii. Raccolte dal Capitano Federico Ghisliero per serviiio del Ser.'"° Ranuccio Farnese^, Principe di Parma et Piacenza etc. (sic). In Parma, appresso Erasmo Viotto, iSSy, l\°, fig. di pag. 190.
Precede la dedica dell'autore (dal palazzo ducale di Parma, 22 aprile iSS-y) a Ranuccio. Dice in essa che il Principe da lui apprese la scherma, epperciò credesi egli obbligato a stendere codesto trattato, avvegnaché non questa, ma la profession della milizia sia la sua propria. E disteso in buona lingua e le voci professionali vi abbondano; ma due cose vi son singolari, una che le tavole esplicative son tutte a mano, disegnate essendo e
(1^ Nani, f/istoria f'enHa (i619), parie li, pag. 143.
624
toccale d'acquerello da un qualche allievo de' Caraccì : l'altra si è, che gli esemplari son tutti intonsi, e non cuciti od almeno non rifilati, con ciò palesando che il libro non fu mai pubblicato, attestandolo anche la sua estrema rarità, cosicché, malgrado le più accurate ri- cerche, ne potei vedere due copie sole a Bologna ed a Napoli.
II. Relazione aW Arciduca Massimiliano, della bontà delVesercito Cristiano da sotto Canissa.
Nella parte terza del Tesoro politico (Turnoni, i6o5, 8.°), dalla pag. 69 alla 86. Non v'è nome d'autore, il quale però si dice Colonnello; oltracciò l'Arciduca, cui è indirizzato lo scritto, la fortezza della quale si tratta, le materie espostevi ed il modo tenutovi, e più di tutto la lingua e lo stile, vogliono che senza esitanza si at- tribuisca al Ghislieri autore del discorso congenere che contemplato al N.° V. Stampati sono questi due libri, manoscritti i seguenti. ;
III. Narrazione dell assedio fatto da Turcìii di Gia- varino nelV Ungheria. Nel volume ultimo de' quattro di Miscellanea militare manoscritti alla biblioteca dell'Univer- sità di Torino e l'epoca di quest'assedio è l'anno i5q8.
IV. Parere dato a Gianfrancesco Àldobrajidini (gene- rale delle truppe pontificie in Ungheria), sopra ciò che dovevasi fare nel 1698 dal campo Cristiano sotto Gia- varino, allorché 80" Tui'chi s' inoltrarono al soccorso.
Lo riferisce al f 47 de' Discorsi militari e comincia colle parole : Considerato il sito nel qual si trova questo esercito Cristiano. Il parer suo fu di continuar un assedio largo, che avrebbe eziandio salvalo Strigonia.
625 V. Discorso ali Imp. Rodolfo ed ali Arciduca Ferdinando sul modo di prendere la città di Canissa in Ungheria. A f.'' 4/ <^^i Discorsi militari ha queste parole: Ca- nissa in Ungheria all'assedio della quale ultimamente mi trovai ecc., squarcio gii riferito di sopra a pag. 6 i o. Il qual modo di prender le città allagandole, già era stato usato, })er figiu'a, da Guglielmo re de" Romani circa il i25o ad Aquisgrana, dove fece affluire gli scoli dell'acque dolci e sulfuree X.
A Federico Ghislieri scriveva M."" Tornasi (da Gratz , senza data, ma certamente nel 1602) « Gustò grande- )) mente al Ser. Arciduca Ferdinando U libro col discorso » di Canissa inviato da \. Signoria, et io di havernela » ragguagliata mene raccordo (sic). Ma non so che m- » toppo incontrassero le lettere, che non le siano per- » venute. Di quelle di favore che desidera V. S. da queste )) Altezze alla Maestà di Spagna, se ne darà memoriale, » et io procacciandole non sarà punto otiosa l'opera mia, » che Ella si è già meritata con la fama del suo valore, u et io gliela devo anche in ricompensa dell amore, che » veggo essermi portato dalla gentilezza di \. S. , la )) quale il S. Dio prosperi, n ecc. v^'. Ho già detto che nella Biblioteca dell'Università di Torino hassi un esem- plare delle fortificazioni del Lorini (1609), postillato di mano del Ghislieri; or bene, a pag. -yS si legge annotato di suo pugno: A Canissa in Ungheria, il 7 ureo tìovò cannoniere in barba nella faccia del beluardo. E pei'chè la bocca del pezzo toccava la terra , mai si pottero imboccare. Nei citati volumi di miscellanee dell'Università ve n'è il primo abbozzo con un secondo pii'i compiuto.
,1' Sweerlius, Rerum Belgicanim Jnnalcs (1620), libro X\II, cap. 8. (2) Delle lettere di Monsignor Giorgio Tornasi segretario di Sigismondo Principe di TransilK-ania , libri due '1621 , 1, f." IT.
40
626
VI. Trattato del Marchese GhisUeri^ che nelle oppa- gnationi il difensore non può contrabattere le batterie dell'espugnatori. MS, originale negli Archivi di Stata (Z, II, 32), 4.°, di foglietti 20.
Comincia : « Dovend'io trattare delle batterie eseguite )) nelle espugnationi dell'ofiensore e delle contrabatterie » pretese nelle oppugnationi del difensore ; convienmi )) rinvenire le qualità dei tiri dell' artigliaria et del suo » effetto ecc. ».
Le ragioni addotte sono le seguenti. A riparo dei di- fensori la fortezza non ha che un parapetto , mentre gli assedianti ne posson avere a piacimento ; la fortezza riceve tutte le offese, non perdendone alcuna; non può impe- dire che l'offensore non sottentri nel terrapieno ; di notte il suo flioco è troppo incerto ; per loro difesa , gli asse- diati son talvolta astretti a disfare le fortificazioni della piazza ; perduto un membro d'essa , la resa non può tar- dare. Dove avverto che i radicali difetti delle fortezze notavali il Ghislieri sin da quando la trieimale difesa di Ostenda contro lo Spinola avea fatto invaler l'idea che quelle fatte a dovere fossero inespugnabili.
VII. Discorso di Federico Ghisliero sopra la fortifi- cazione di citici e terre intiere. Ms. della Biblioteca del- l'Università di Torino, e copia moderna in cpiella del Duca di Genova.
VIII. Discorso sopra la fortificazione delle piazze. Biblioteca dell'Università di Torino, foglietti 24: originale coi margini coperti di correzioni ed aggiunte.
Scritto dopo Tanno 1597. "^^ quale i Toscani occu- parono di sorpresa le isole d'If innanzi al porto di Marsiglia, del qual fatto egli parla ed io ne riferii le
627 parole nella vita di Ostilio Ricci ('), come parla ancora delle truppe toscane che trovaronsi in Barberia, a Canissa, a Namur in Francia.
IX, Discorso del S/ Federico Ghisliero. Nella Biblio- teca di Torino, 4-"i 35 facciate, distinto in dieci capi; copia sincrona fatta dall'amanuense deirautore. Comincia: Fortezza è un sito fatto in un modo dalla natura o dallarte y o dalVuna e dall'altra insieme, dove i pochi di dentro possino l'esistere per un determinato spazio di tempo ai molti di fora y e tanto più forte diras si qiLanto pia lungo sarà il tempo die quei di dentro possano ragionevolmente tenersi ecc. Le quali parole comprendono la vera definizione delle fortezze , quale la danno i recenti scrittori di strategia, indizio nell'autore di un potente spirito sintetico.
A metà del capo 'j.° è notato: Qui vanno le tavole dei modi di diverse piazze e de' fianchi ; e dentro il capo g.° si ha : Disegno di tanaglie e suoi remedii. Un altro esemplare autentico è anche alP Università, in 36 fac- ciate e vi si accenna a stampe di baluardi , tanaglie , cavalieri ed altro, delle quali non furono fatti mai neppur i disegni.
X. Discoì'so sulla maniera di attaccare e dijendere una fortezza. Manoscritto dell Università di Torino pieno di emendamenti e di addizioni. Ha molta analogia coi due ultnni descritti, ma n'è tuttavia diverso,
XI. Parere dato a VA. R. di Savoia in risposta alla dimanda dalla detta A. R. fatta se debbasi ingrandir
(1) Ingegneri militari della Marea d'Ancona, "S." Vili, ^ella Miscellanea di istoria Italiana, voi. VI.
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Toi'ino , ed in cjuul paite jarsi debba detto ingì'andi-
ìiiento, e particolarmente se il Pieal fiume Po debba chiu- dersi nella città. Codice dell'Università mancante nel fine. Vuol egli sempre che Torino non sia troppo fortificata onde non vi sian necessaire soverchie truppe , che son da essere risparmiate per Fesercito attivo, ciò dicendo con parole simili a quelle già riferite a pag. 619. Ad ogni modo, il nuovo recinto verso il fiume fu opera del Sanfi'ont dap- prima e poi del Castellamonte e, nonché inchiudervi il Po, fu tenuta la muraglia a quasi mezzo chilometro lungi da esso.
XII. Trattato del Marchese Federico Ghislieri sopra Vespugiiatione della Roccella. Codice originale nell'Uni- versità di Torino, proveniente dagli Archivi di Stato e, come gli altri tutti, già appartenente alla Biblioteca du- cale; 4°j ^4 foglietti.
Comincia : La pianta data in luce dal S.^' Bachot in- gegnere e geografo del Re , della Roccella , ha cagionato che io discorri sopra quella , la maniera che osservarei nel sforzarla con l'assedio attaccato. Posciachè nellas- sedio largo havendosi a consumar molti mesi, fa meglio e di maggior riputatione alla Mf^'- di Francia profittarsi del tempo e manifestar al mondo la sua potenza. Dal f° 19 in poi è il Parere del Ghislieri per la oppugnatione del- l'istessa e , nell ipotesi che si avanzi un esercito al soc- corso , propone che si alzi contr' esso un trincei'one fiancheggiato col fosso avanti e ridotto ad imitatione del fatto dal SerJ"" di Savoia nell'assedio che protesero i Spagnuoli contro Asti. Nota eziandio che, confidando i Francesi nelle loro guardie di cavalleria, trascurano negli assedi le trinciere; eccessiva confidenza in se e dalla quale a quella nazione vennero tanti danni ; simile incuria per- durato avendo anche nelle ultime guerre.
629 XI li. La real discìpliìm ìiiilitare et altri di segui di for- tificattioni et battaglie dedicate alVJlt.^ di Savoja da Fe- derico Ghisigliero. Codice dell'Università , segnato G , III, I, il primo aljbozzo essendone ivi nel volume III di Miscellanea militare (N." II, 3).
Contiene la pianta di uno schieramento giusta l'ordine di Giorgio Basta ; due poligoni irregolari bastionati ; quadrato , pentagono , esagono , ottagono bastionati e muniti di piatteforme; in 24 fogli parecchie disposizioni di marcia delle truppe. Vi è unito un quadro della le- gione Romana, dalla quale si dii'amano coorti, centurie, manipoli.
Gli elementi di questo libro stanno in un breve Di- scorso sopra la disciplina militare ed in un Discorso sopra la maniera di disporre un armata aventisi nello stesso volume III di Miscellanee. Della Disciplina militare aggiungo un saggio traendolo da altro codice acefalo delle
citate Miscellanee (( la seconda si otterrebbe con
» gli ordini, se con quelli la soldatesca (minor di numero) " talmente si disponesse che tutta unita attendesse a tal y> offesa , e mantenendo mai cessasse , maniera non ancor » praticata negli eserciti da' professori militari, ne cognita » in quelli che io ho praticati, né scritta da autori an- » tichi o moderni , et ancorché babbi trovato molti modi » in Eliano dalla falange Macedonica con la picca osser- » vati a questi miei simili, hanno altri inventato e con » grande avvantaggio applicatoli e le figure e le maniere il sono mie proprie e chi non è espertissimo del maneggio » dell'armi non potrà adattarli profittevoli nel fatto d'armi, 11 per il qual effetto non dispongo più le battaglie pic- » chiere guarnite con l'armi da fuoco, né con le forme » più solite, ma fortifico corpi di moschetteria con picca » da me inventata o pur con le ordinarie con le quali
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» felicemente lutti li nioscheltieri ili tali corpi a un tempo » potranno sparare per la concessione della lor forma , )) tra le quali di piiì ordini maniche mobili , le quali col » mezzo del moto continuano grandissima tempesta di )) moschettate ; per il qual cfìTetto l'imperator Rodolfo » domandandomi se sapevo le propositioni fattegli dal » Duca di Ferrara , che voleva con cinque mila moschet- » tieri causar leffetto di venti mila risposi che questo
» poteva avvenire (manca un quaderno).
In altro manoscritto, esso pure negli stessi volumi ed intitolato Discorso sopra la disciplina militare , racconta come: « Discorrendo coli 111.""° sig. Card.'"" Sforza, mi » disse che s'egli fosse potuto stare a casa sua, che havria » procurato di adunar 5 o 6 soldati (0 dei buoni di » questo tempo , et che io con quelli haveria potuto » metter insieme (pensava S. S. TU."') una fiorita disciplina f) militare , et in particolare desiderava che qualcuno di- » scorresse dell'uso della picca, dell'archibuso et mo- » schetto, parendo a S. S. 111."* che di ciò non vi sii » stato chi ne habbi scritto particolarmente , come in )) effetto è ; moss'io adunque dalle parole di questo S/^ , » ho tolto a trattar dell'uso della picca, non perch'io » creda d'haverne a dire a sufficienza, ma solo soddisfare -0 in parte alla mente di questo Signore e per mio eser- » cilio ». A pag. "7 poi aggiunge: « E ben vero che per » quello ])uoco tempo che ho militato , che pure è tutto )) il spatio di 2 2 anni et in guerre principali, non ho mai » visto ne in pratica ne in libri chi di questo habbino » scritto, e penso havergli letti tutti, parlo de moderni, » resoluta la definitione come si debba adoperar la picca, » l'archibuso e il moschetto n.
(1) Forse v'è lacuad e v'era scritto 50 o 60 soldati.
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XIV. Discorso sopra la marnerà di disporre unar- mata. E un trattato di tattica in 4 ' foglietti e pieno di cancellature e giunte, trovasi nel volume III della detta IVliscellanea.
XV. Discorso sopiti Vaiate di far la guei'ra. Codice dell'Università in yS facciate; comincia: « Hanno costu- » mato le Monarchie grandi fare grandissimo conto delle » cavallerie loro per mantenersi in possesso delle pro- » vincie acquistate trascurando le fortezze, ecc. ».
XVI. Discorso delt artiglieria. E il primo opuscolo del citato volume III di Miscellanee militari.
XVII. Dichiaratione et officio del Sergente generale. Ne parla ne Discorsi militari, poi n'è copia nel volume III. E noto che assai tempo, prima e dopo l'anno 1600, il Sergente generale era il capo supremo di tutta l'infan- teria quando armeggiava o comlDatteva.
XVIII. Discorsi militari di Federico Ghislievi , nei quali vien principalmente reprobato fuso della lancia, con una juiova militia contro alle forze Turchesche. Dedicati al SerJ^" Carlo Emanuel Duca di Savoia ecc. Volume di 129 foglietti nell'Archivio di Stato in Torino, presentato al Duca alli 20 marzo 161 8 e sottoscritto: Humil. Ser.^°^^ Federico Ghisliero; segnatura Z, II, 2*7. Ne è copia nella biblioteca del Duca di Genova.
Comincia la dedica colle seguenti parole: « Inviltis- » simo Sig.'% grandissima et superiore ad ogni mio me- » rito fu la gratia , quale si compiacque V A. V. Ser."'' » farmi, alfhor che nel suo gloriosissimo servitio accet- » tonimi suo Consigi ier di Guerra et Colonnello trattenuto
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» rreandoini: ben sicura che sotto l'ombra del suo virtuo- )ì sissimo sapere altri militando dal dritto camino deviar )) non poteva ecc. ». Termina significando com'egli avesse in pronto altre scritture e nuove teorie: « Ho io, Ser."" 1) Padrone, nomi, ordini et modi per combattere, supe- » riori agli usitati per sino al dì d hoggi : pronto bene di » esporli alla savia censura di V. A. , ma non già a quella » del mondo : essendo sempre le inventioni biasmate » dagl'inhabili a migliorare et assottigliare le arti ».
Espone egli con molta dottrina una breve storia del- l'armi a fuoco, poi dà la pianta della sua battaglia contro il Turco, che è un rombo a scacchiere di dodici quadrati numerosi di 5ooo fanti ciascuno in altrettante fortezze ambulanti ; due secoli dopo in simili forme di battaglia combatteva Bonaparte i Mamelucchi. Propone suoi ingegni contro la cavalleria, chiamandoli Spargi, Sparagiere, Spi- nosi, Triboli, Grate e con altri nomi; chiama Sepolture altri ingegni per gallerie d'approccio a modo di mantel- letti. Perpetuo scopo del suo scritto è di confutare, con esempi tratti dalle storie o da lui osservati in guerra , la teoria ed i libri dell'amico suo Giorgio Basta circa l'uso della lancia.
Il quale illustre generale di cavalleria e scrittore in qualche modo ci appartiene , nato essendo in Volpiano od in Casal Monferrato (0, non mai alla Rocca presso Taranto (2), madre sua stata essendo una dama Alessan- drina e padre l'Albanese capitan Demetrio per Francia militante in Piemonte nella lunga guerra ch'ebbe termine l'anno iSSg. Giorgio fu educato in Asti, poi servì Spagna ed Austria in Fiandra ed Ungheria e coprendo gradi
(1 Spontone, lltsloria della Transihania (1638), pag. 58. ,2' Così il D'Afflitto nelle Memorie degli scrittori Napolitani (1794), voi. I, pag. 76.
633 iillissimi ; scrisse Del goi'evno della cavalleria leggera ^.0, <:he promise di far leggere al Tarducci l*-. Ma il libro, che motivò le critiche del suo amicissimo Ghislieri , è quello inedito e rimasto ignoto , trovantesi nel volume III delle citate Miscellanee di Torino ed intitolato : Discorso di Giorgio Basta intorno alla lancia et alla corazza. Dove basti notare che, malgrado le speciose teorie del Ghislieri , la lancia è pur sempre la più terribil arma otFensiva della cavalleria.
XIX. Discorso della maniera di maneggiai' la spada. E un breve scritto nei volumi sovr accennati e nel quale tornò 1 autore alla materia già da lui trattata ne' Cava- gliereschi esser citi i.
XX. Progetto dell istituzione della militia Piemontese , ossia di quelle truppe che milizie comunemente appel- lansi. Ne sono due esemplari ne' mentovati volumi di Aliscellanee.
Indirizzandosi a Carlo Emanuel I egli dice : k Ser."* » Sig."^ l'institutione dell ordinanza presentata in iscritto » all'A.'^^ V/^ è stata fondata per apprestar esercito pronto, » pagato , sottoposto al castigo e anche per sanare l'in- n fermità della militia Piemontese, perchè non si trovando » soldato volontario per i tanti rispetti divisati, stabilita » che sarà questa mihtia e privilegiata e pagati gli offi- » ciali e i soldati mentre attualmente serviranno, con » grandissimo sparagno dell'erario di V.^ A."^ , si deva » credere che non solo saranno volontari! , ma veri sol- » dati afifettionati al mestiero dell armi , havendosene » esempi antichi e moderni; ho detto con grandissimo
(1) Venezia, 1612, postumo ed edito da Pietro Armiato. '2) Marchine, ordinanze, ere. JGOl), pag. 87.
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» sparagno dell'erario, poiché potrà colonnellare, uffì- )) cialare et capilanniare le leggioni con ^ii stessi al pre- » sente pagati e trattenuti ».
n L'Altezza V/' Seren."^ ha conosciuto che i Piemon- >i tesi fuggono dalla fatiga per debole patimento e ricu- » sano ancor il servitio perchè hanno necessità di atten- )) dere alle loro sostanze, hemmi però venuto in pensiero » di superar queste difficoltà e cavarne militia soddisfatta » e per i Presidii e per la Campagna. Vorrei per questo )) effetto dividere il Piemonte in quattro parti e in cia- n scheduna ereggei'e una leggione divisa in quattro Co- » lonnellie di mille fanti l'una e queste sarebbero delle » guardie delle loro A.% dandosene una al Ser.""" Prin- » cipe Cardinale ».
» Questo stabilito, ciascheduno luogotenente delle Alt.*' » loro dovrà con ampia autorità arrolare tutti gli habili » nella sua parte , e di quel numero che ne risultasse » farne una elettione di quattro mila con avvertenza però )■) di non aggravar le famiglie più che di uno: del rima- » nente si havrà da ripartire in due l'una per supplire » alla leggione , acciochè sempre sii di detto numero : )) l'altra perchè sii armata , ma non obligata alli esercitii. » Delli non habili si dovranno far /\ mila Guastatori n obligati a tenere zappone e pala dandosegli i suoi capi n e per non pagargli i suoi privilegi a parte : questi )) ancor saranno descritti per servitio di ciascheduna ^) leggione ». Vuole quindi che fra coloro che tengono cavalli si arruolino 200 archibugieri, dandone 5o ad ogni legione.
E questo sia lultimo scritto del Ghislieri dimostrante com'egli attendesse ad ogni singola parte della scienza militare.
635 LX.
I CONTI MAURIZIO, ANDREA, ANTON MAURIZIO VALPERGA DA TORINO.
Nascevano questi tre ingegneri dalla illustre famiglia de' Conti di Valperga in Ganavese, i due ni limi essendo figli del primo e tutti Torinesi.
Ne' registri del controllo trovo una patente delli 12 giugno 1626, colla quale viene stabilito un annuo trattenimento di ducatoni 100 a fiorini 18 ^/2 in favor di Maurizio Valperga, quale ingegnere aiutante sotto il conte Carlo Casteilamonte ; con altra del i.° luglio i634 gli vien fissata una pensione di scudi 240 d'oro da lire 3 come ad ingegnere di S. A.; con altra delli 20 marzo 1667 vien nominato primo ingegnere del Duca. A lui si attri- buisce la chiesa di S. Carlo in Torino, ma il nome non n'è ricordato in nessun'opera militare. Seguito avendo la parte de' Principi, ne furono sequestrati i beni dalla vin- citrice Duchessa.
Andrea figliuol suo già era ai servizi dopo la metà del secolo, avendosi in patente 20 marzo 1667 che Maria Cristina u volendo che il Barone Andrea Valperga inge- )) gnere ordinario di S. A. R. continui a goder l'annuo « stipendio e trattenimento di L. 1200, che gli fu sta- i> bilito da Carlo Emanuele I » ecc. (^). Ma neppur di lui non occorre che abbia posto mano ad alcuna forti- ficazione, quando non fosse di quelle di Monmeliano, ohe allora appunto furono migliorate.
Assai più lungo discorso possiam tenere circa Antonio Maurizio affettuoso seguace del Principe Tommaso e che
(1) Galli, voi. H, pag. :?()l.
036
in un suo libro a stampa si dice Torinese di patria. Non trovandone memoria nelle guerre civili , ne argomento che allor fosse tuttor giovinetto ; ad ogni modo , scrive egli stesso nella Fortificazione Beale difesa, che trovossi nell'anno i645 alla presa di Rosas in Catalogna asse- diata dall'esercito retto dal Plessis-Praslin, che allora fu fatto maresciallo. Quindi neWEsercitio militare , stampato nel i653, si dice maresciallo di battaglia per Sua Maestà Cristianissima; poi, neW Indirizzo del nuovo soldato , \e- nuto in luce due anni dopo , ostenta il grado di sergente maggiore di battaglia pel Re di Francia (0. I quali due gradi andavan allora fra i piìi elevati, chi li copriva dovendo sopravvegliar alle mosse ed agli armeggiamenti delle truppe. Voglioso il Cardinal Mazzarino di sottrarre all'impero di Spagna i forti marittimi appellati Presidii di Toscana , mandovvi nel 1646 un'armata capitanata dal Principe Tommaso, che sbarcatovi tutti li prese, eccettochè posto assedio ad Orbitello , dopo due mesi e mezzo , dalla mal' aria estenuate le truppe , dovette tornarsene in Francia (^l Pensò allora il Mazzarino ad altra impresa contro Piombino e contro Portolungone nell'Elba, affi- dandola al Meilleraye ed al ricordato Plessis-Praslin, che le espugnarono ambedue. Pare che a quegli assedii il Valperga si trovasse presente, dell'anno 1649 essendo un suo inedito discorso su quelle due piazze e sulla nuova fortificazione di esse; trovasi quel discorso a Parigi ed è diretto ad un Cardinale innominato, che dovrebb'essere appunto il Mazzarino; ma allora già eran tornate le due lortezze a divozion di Spagna (-^l
(1) Il suo servizio per Francia è anche accennalo a pag. 1G delVEsscr- Htio miniare.
(2) Giannone, Storia di Napoli, voi. IV, pag. 288; Galliizzi , Storia dì Toscana, voi. IV, pag. 83.
(3) r.iannonc, voi. IV, pag. 30ii.
637
Aveva Tomniaso, a capo all'esercito di Francia^ effet- tuata una spedizione contro Napoli, e giunto nel golfo, tentò l'Angellara, Vietri, Salerno; ma respinto dagli Spa- gnuoli, e tornate vane le mene de' cattivi l^emistocli e degt ignobili Coriolaiii (Botta), dico de fuorusciti che seco conduceva , riprese la via di Marsiglia. E cosa molto probabile , che in quell occasione cadesse nelle mani degli Spagnuoli il \alperga come seguace di Tommaso e sol- dato di Francia; ad ogni modo lu egli fatto prigioniero di guerra e sostenuto parecchi anni nelle carceri di Ca- stelnuovo di jNapoli, dove trovavasi ancora nel i655 e vi rimase probabilmente sino alla pace conchiusa nel 1660 tra Francia e Spagna.
Nelle dediche de" due libri stampati a Napoli, e da lui indirizzate a Carlo Emanuel II ed al Cardinal Maurizio, pai'la il Valperga della notte del suo carcere e della caverna in cui vive , dicendo che scrive tra le squallide solitudini delle prigioni , ma che ciò fa per fuggir lezio, che suole poi'tar un lungo carcere , nel quale io mi ritrovo come prigione di guerra. Solo addolcimento delle sue pene ebbe nella larghezza del libraio Torinese Giovanni Alberto Tarino vivente in Napoli, che fé' le spese per la stampa àeW Indirizzo del nuovo soldato.
Restituito in patria il Valperga nel 1660 ebbe pochi anni dopo acerbe gare col Canonico Livornese Donato Rossetti, il quale, già lettor in Pisa, poi venuto a Torino per affari domestici, fattosi conoscere a Carlo Emanuele II quale fisico, architetto, mgegner idraulico e militare, fu da lui nominato professore di matematica nel Torinese Collegio od Accademia de' Nobili. Nell'anno 16^4 trattò col Duca della fabbricazione d un vivaio d'ostriche nel porto di Villafranca 'S) e concorse cogl'ingegneri nostri
(1) Lettere medile d'uomini illustri ,n"5'^, voi. II, pag. 243.
638
nel disegno tl'un fosso e trmi gran Ijacino alla \ eneii'a^ notando non so quale « error grande d'archilettuia nel )) modello del tempio di Diana già staljilito per farsi alla » Veneria nel mezzo del sopraccemiato gran bacino ». La qual cosa io non so capire , la descrizione della Ve- nen'a , appmito in quell anno stampata dal Castellamonte, dando come esistenti tempio e bacino , e òome esistenti veduto avendoli il Bernini nov'anni prima.
Grande era l'ingegno del Rossetti, ma in filosofia e nelle allor nascenti scienze fisico-matematiche audace egli era anziché dotto , dando foga alla sregolata fantasia , mvece di attenersi alTosservazione ed all'esperienza pre- dicate dal Galileo maestro de' suoi maestri; poneva egli che il mondo fosse animato e che nel centro avesse la terra un cuore diviso in due ventricoli (i'; tal era insomma che , lui vivente , il savio e dotto M. A. Ricci scrivevane che il Rossetti inclina a dir cose nuove e stravaganti , ed è ancor facile a contradire agli altri, sicché sveglierà contro di sé molti i-\
Trovandosi egli a Torino in presenza del Duca , cadde discorso sulle fortificazioni di Vercelli e sul fiume Sesia che le minacciava , quando fattosi avanti il Rossetti disse coìnei pensava daver trovato un nuovo modo e sicuro per frenare e domare quei fiumi , che non hanno dalla loro l impossibile '^^). In una carrozza ducale portossi egli a Vercelli coli ingegnere Conte T^alperga , per vedere se io trovi essere possibile il por freno a quel fame , cosa che molti altri hanno tentata con profoìideie cen- tinaia di migliaia di ducati, ma sempre in vano; ma tli nuovo indarno riuscirono le avventate promesse del
(1) Tiraboschi ,1793), voi. Vili, pag. 232,
(2) Letlere citate, voi. Il, pag. 161.
(3) Loc. cit. , pag. 244.
639 Rossetti y proseguendo la Sesia neiriiidole sua di fiume alpino , irruente e sfrenato. E cosi in una scienza , ch'è tutta sperimentale, egli che punto non conosceva codesti fiumi, prometteva di por rimedio ad ogni corrosione entro il breve spazio d un mese.
In lettera al Principe Leopoldo di Toscana (di Torino, 5 settembre 1674) scrive di aver passato una settimana a Vercelli e di aver proposto nel ducal consiglio ( al quale intervennero i primi ufficiali dello Stato in un col Conte Valperga primo ingegnere ed il P. Guarini mate- matico di S. A.) di murar la sponda della Sesia e del Ceno e Cantarano. Parla poi delle miserande condizioni degli studi in Piemonte, conchiudendo che non ve chi sappia discorrere, che di gicerra, di caccia e di fab- bricare '^). La cosa era pm^ troppo vera , ma estremo fu il suo ardimento nel dii' facitore di cose strane il Guarini arcliitetto delle due mirabili e nuovissime cupole, e che, un secolo prima di Monge , vide l'ampiezza alla quale si sarebbe estesa la geometria descrittiva, raccogliendone le applicazioni in un volume da me veduto nella Vaticana.
Viene quindi il Rossetti alle offerte fattegli d'impiego in Torino con annui ducati 4*^0 ed anche con 5oo. Aggiunge che nel dicembre del i6'j4 « penso di metter » mano alla mia Architettura militare, che mi son pro- )) posto trattare in dialoghi, nella quale dove si discorrerà » di fortificarsi vicino a' fiumi piglierò l'occasione di pub-
)) blicare il mio nuovo metodo di frenare i fiumi
»> e dove si discorrerà di fortificare accanto al mare, » insegnerò il modo di murare sott'acqua » . Queste cose scriveva nel 1674 5 e circa quattr'anni dopo mandava in luce la sua Fortificazione a rovescio di Donato Rossetti
i}) Lettere citate, pag. 249.
640
Canonico di Lii'orno, Doli, in Sue. Teologia, già let- tore di filosofia nellLniversità di Pisa; e or Professore delle Matemaliche nelt Accademia di Piemonte e Male- malico di S. A. lì. Torino, 1678 (0. Viene esposto in questo libro il suo sistema , che non può esser lodato da nessuno; vi aggiunse la gentilezza o cortigianeria di chia- mar Ordine Piemontese (ora direbber sistema) in onore de nostri Principi, quello da lui proposto ed avente lan- golo fiancheggiato acuto, la qual cosa basterebbe a ren- derlo pessimo.
A quegli anni e da Asti avea egli scritto agli amici di Toscana una lettera in cui parlavasi del Piemonte con modi se non ingiusti, almeno inurbani. Questa lettera , non so come , fu divulgata , ed il Valperga ne fece uso contro il Rossetti colle parole da essa tolte: pubblicando d esser giunto nel paese de (sic) . . . procura trat- tar di quella a roverso, ecc.; quindi: La tua alchimia., la quale se nell università di Pisa ti rendeva cinquanta ducaloni , la bontà della ruggiada Piemontese te gli ha moltiplicati in cinquecenlo , di che con lettere scritte d' Asti a tuoi amici in Toscana ti congratulasti i^) , avvi- sandoli d^ esser tu giunto nel paese de' (sic)
Caporale, questi pur sono gli effetti ecc. ^•^). Altrove fa du'e al Rossetti : Riformai già la gramatica fieli ergastolo di Livorno, riformai in parte la fsico-matemalica in Pisa , et hora sto facendo l'if ormai' Euclide da un mio scoiaio , perchè , a dirtela , non mi degno di queste bassezze y ma presto le vedi'ai in luce; dal nome patrio, sempre poi lo chiama il Caporal Rovinaldo. Insomma ,
(1) Dedica (Torino, 15 gennaio 1678) a M. R. Gio. Battista.
^,2) Doveva questa lettera esser simile a quella al Principe Leopoldo, ch'è nell'opera citata, pag. 250.
(3) Fortificazione Reale difesa. Introduzione e Parte li, f." 4. Le due lacune le lascio come stanno, troppo agevole essendo il riempirle.
641 alle iattanze ed inurbanità del Rossetti rispose il Valperga con ingiurie e contumelie, fedeli ambidue all'usanza degli scrittori d'allora.
Il Toscano ed il Piemontese fondavansi ambidue su lor ragioni, ne potevan o sapevan confessare lor defi- cienze. Primeggiava allora la Toscana nelle scienze, ma nelle arti di Stato, dico nella diplomazia e nelle cose di guerra, solo in Italia a tener il campo era il Piemonte, e già da un secolo ne avea dato sperimento. Addurrò un solo esempio ; le fortezze che i Medici innalzarono in Toscana, con error singolare e perpetuo, riusciron tutte piccole epperciò inette alla difesa , nulla attingendo ai grandi esempi che dava Europa da un secolo e mezzo e durando nelle tradizioni de' bassi tempi allorquando a me- schini eserciti opponevansi con frutto meschine rocche. Indizio che mancava in essi il senso militare, giustissimo essendo il detto Francese che piccola piazza è cattiva piazza.
BIBLIOGRAFIA DI ASTON MAURIZIO VALPERGA.
Breve discorso dell' avvantaggio et disavvantaggio delle due piazze di Piombino et Isola delVElba, et la nuova Jortificatione d'essa , per resistere ad ogni attacco , o insulto nejnico^ et delle gran conseguenze che ne attri- buisce la Corona et la Francia insieme. Di A. M. Valperga, di Piombino, 28 novembre 1649, indirizzata ad un Car- dinale, che dev essere il Mazzarino. L'esemplare di dedica, che si può creder solo, trovasi ora nella grande biblioteca di Parigi, ma il Marsand, che lo registra, non ne dice altro (0. N'è copia moderna nella Biblioteca del Duca di Genova.
(I) Manoscrilti Ilaliani della Biblioteca parigina (IS36), voi. 1, N." 433.
41
642
Essercitio militare a beneficio del nuovo soldato. Nel quale si tratta del modo di squadronare , e porre in battaglia ogni sorte di militia. Composto da Ànt. Maur. V^alperga della città di Torino j Maresciale di battaglia per Sua Maestà Cristianìssima. In Napoli, per Dome- nico Maccarano, i653, 8.° piccolo. Dedicato a Carlo Emanuele II Duca di Savoia dalla prigione del Castel - nuovo di Napoli^ li io novembre i653.
La prima parte divisa in 22 capitoli insegna a squa- dronare le tmppe in quadrati , a gran fronte , triangoli , circoli, croci, tutti giusta il diverso numero de' soldati, le diverse nazioni ed armi, e della trasformazione d'una in altra figura. Nella seconda parte in io capitoli si tratta della maniera di distribuir la truppa occorrendo una bat- taglia. Le teorie son quelle de' tattici Italiani d'allora , che le avevan desunte dagli antichi ; la formazione delle truppe, il numero e la qualità degli ufficiali è giusta il sistema Spagnuolo.
Indrizzo del nuovo soldato diviso in due parti. Nella prima si tratta della Geometria prattica , e altre curio- sità concernenti alla militare Architettura^ e nella se- conda del modo di pervenire alla dimentione d'ogni superficie, e corpo, e come si debbia porre in pianta ogni sorte di fortezze , cittcì e provincie , con un breve trattato di Trigonometria molto necessaria alla prattica. Il tutto arricchito di molte figure, per maggior intelli- genza. D' Ant. Mauritio Valperga Sargente Maggiore di battaglia per Sua Maestà Cristianissima. In Napoli, per Ettorre Cicconio, i655, 8." piccolo. Dedicato al Pjin- cipe Mauritio di Savoia, da Castelnuovo di Napoli, i gen- naio i655. Ambi due questi libri furono stampati ad istanza del libraio Giovanni Alberto Tarino della famiglia
643 dei Tarino stampatori Torinesi , come notò il A ernazza nella inedita parte della sua stoi'ia della tipografia in Piemonte.
Il libro è diviso in due parti e seguito dal trattato di Trigonometria in fine al quale dice di passare « alla con- » struttione del secondo libro , nel quale verrà compreso » il metodo ed indrizzo di ben disegnare li poligoni , o )) figm'e regolari, secondo i moderni, ed uso di ben )) fortificare ». Ma, ch'io sappia, questo non fu mai stampato.
La fortificazione l'eale difesa dal conte Antonio Mau- rilio V^alperga Barone di S. Marsanotto , primo Inge- gneì'e delle A A. RR. di Savoia, divisa in pia dialoghi, data in luce a beneficio comniune et particolarmente della nobile Gioventù Piemontese contro la foitificazionc a Roverso.
Manoscritto dell Umversità di Torino, scrittura can- celleresca con frequenti correzioni dellaiitore. Non è nel catalogo del Pasini, ed ha la segnatura N. V. 54- È in dialogo e distinto in due parti, una di 'jo, altra di l\2 fo- glietti; procede il libro in dialogo tra un sergente, che il Valperga , ed un caporal Rovinaldo , cioè il Rossetti da Livorno. Com'è facile a prevedere, il sergente atterra l'avversario, le cui ragioni sono sempre fievolissime; ma agevol cosa era pure quella che un pratico ingegnere mo- strasse ad evidenza gli errori di un cosi strano sistema com'era quello della fortificazione a rovescio.
Siccome il Rossetti, insegnando matematiche nell Acca- demia militare, o de Nobili, in Torino, v'insegnava altresì l'architettura militare e non poteva a meno di dare a modo di precetti l'esposto nella sua fortificazione a rovescio , così credè il Valperga dover suo di struggere il mal seme
641
sparso da quel professore subito scrivendo quest'opera , la qpale, colle regole censorie allora da noi vigenti, non si sarebbe potuto mandar a stampa. Che la distendesse appena uscito il libro del Rossetti , lo ricavo da quanto dice a f.° •2'j : u In tre anni, o poco più, che ti sei » trattenuto in Torino , sei diventato ingegniero et inge- » gniero a rovescio? ».
645
INDICE DE' LXXIV INGEGNERI
E SCRITTORI DI FORTIFICAZIONE E D'ARTIGLIERIA COMPRESI IN QIESTE NOTIZIE
1. Abrà de Raconis . .
2. Ala Benedetto
3. Anonimo di Boemia
4. Arbasia Cesare . . ,
5. Ardoini Antonio . . .
6. Ardoini Ippolito . . , 1. Arduzzi Domenico . ,
8. Arduzzi Pietro . . . ,
9. Azzale Baldassare . .
. . . p. 446. . . . . p. 453. . . . . p. 428.
. . . p. 469.
. . . p. 460. , . . . p. 460.
...p.46]. , ...p.46].
...p. 434.
10, Bergante Andrea p. 429.
li. Boero, 0 Boiero, Pietr'Antonio p. 464.
12. Boetto Giovenale p. 416.
13. Brancaccio Giulio Cesare ..p.43D.
14. Busca Gabrio p. 522.
15. Canale Hichele p. 426.
16. Caresana Giuseppe p. 465.
11. Caséa p. 416.
18. Castellamonte Amedeo p. 415.
19. Castellamonte Carlo p. 413.
20. Calanco Girolamo ....... p. 531.
21. Cillenio Domenico Greco . . . p. 458.
22. Codazzo Filippo
23. Colonna Stefano
24. Della Porta Giacomo^ Antonio p.
25. Durandi Perelto p.
26. Emanuele Filiberto Duca di Sa- voia p.
27. Facci, delli, Giovanni .
28. Freylino de Mercadillo ,
29. Ghislieri Federico . . . ,
30. Giannino da Vigone . . .
31. Gromo Giacomo Antonio
32. Guido da Vigevano . . .
33. Locadelli Vincenzo p.
34. Ludovico 11 Marcliese di Saluzzo p.
35. Longuecombe, di, Giovanni . p.
36. Marcello, Fra . 31. Marini Girolamo
52. 22.
606. 20. 60. 18.
55. 24. 22.
15. 39.
646
38. Marino da Pinerolu
39. Ilaisilii Rinaldi) . .
40. Medici Bello
41. Medici Girolamo , .
42. Morello Carlo . . . .
p. 420. p. 449.
p. 432. p. 432. p.4u.
43. Negro Ercole p. 591.
4i. Olgiati Giovan Maria p. 515.
45. Oroloyi Francesco p. 499.
46. Pacciolto Orazio p. 535.
Per Francesco Pacciotlo se ne veda la Vila nel voi. IV di questa Miscellanea.
4i. Parentani Afjostino . .
48. Pellipari Pietro . , .
49. Pelloia Pietro Augelo
50. Perret Giacomo . . . .
51. Poncello Cesare . . . .
52. Poncello Domeuico . .
. p. 416. .p.4l6. . P.-142. .p.4fir). .p.4li3. . p. 4li3.
53. Quadniplani Gian Girolamo . p. 4ìC.
54. Ravnero Michel Aatonio
176.
55. Resta Alessandro
56. Rangone Guido .
51. Sanmicheli Matteo .
58. Scala Gian Tommaso
59. Selvatico Ferrino. . . .
60. Serlio Se! astiano . .
61.
S. Giorgio Guido
62. Simeoni Gabriele
63. Soldati Giacomo
p. kVL p.449.
, p. 450. ,p.43(.
p. 422. , p. 440.
p. 410.
p.443.
p. 602.
64. Teodoro I Marchese di Mon-
ferrato p. 4n.
65. Tornie'.li Filippo p. 454.
Valperga Andrea p. 635.
Valperga Anton Maurizio , . p. 635.
Yalperga Maurizio p, 635.
Vanelli Carlo p. 411.
Vanelli Maurizio p. 4ìl.
Vimercate (di Camnago) Fran- cesco Bernardino ...... p. 486.
Vitelli Ferrante p. 552.
Vitozzi Ascanio p. 584.
Viiozzi Vilozzo p. 590.
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